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-The Project Gutenberg EBook of Peregrinazioni d'uno zingaro per laghi ed
-Alpi, by Valentino Carrera
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and
-most other parts of the world at no cost and with almost no restrictions
-whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms
-of the Project Gutenberg License included with this eBook or online at
-www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll
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-this ebook.
-
-
-
-Title: Peregrinazioni d'uno zingaro per laghi ed Alpi
- Il Lago Maggiore, l'Ossola, la Frua e il Gries
-
-Author: Valentino Carrera
-
-Release Date: July 30, 2020 [EBook #62789]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO ***
-
-
-
-
-Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Distributed
-Proofreading team at DP-test Italia,
-http://dp-test.dm.unipi.it (This file was produced from
-images generously made available by The Internet Archive)
-
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-
-
- PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO
- PER LAGHI ED ALPI
-
-
- DI
-
- VALENTINO CARRERA
-
- IL LAGO MAGGIORE, L'OSSOLA,
- LA FRUA ED IL GRIES
-
- Io non viaggio mica
- Per il minimo scopo:
- Non vo' pensare al dopo,
- Non vo' durar fatica.
- Quel che vuol nascer nasca,
- Andrò dove mi porta
- Il vapore o la tasca,
- Sempre per la più corta.
- GIUSTI.
-
- Seconda edizione corretta ed accresciuta
-
-
-
- TORINO
- A SPESE DELL'EDITORE.
-
-
-
-
- Proprietà letteraria
-
- Tip. Letteraria, 1861.
-
-
-
-
- Miei cari genitori
-
-
-A voi che stimo ed amo sopra tutti, offro questo libro. Voi accettatelo
-con quel sorriso con cui accoglievate le prime parole che m'insegnaste
-a balbettare.
-
-Intanto vivete molti anni per la mia felicità.
-
-
-
-
-SOMMARIO
-
-
- PARTE PRIMA
- Il Lago Maggiore.
-
- 1. Che intitolo prefazione onde il lettore lo salti
- a piè pari _Pag_. 9
- 2. Chi fece l'Italia? » 16
- 3. Le illusioni ed i doganieri — Una cipolla
- fra le rose » 23
- 4. Viaggio al naso di _S. Carlone_ — Angera —
- Dalle corti d'Amore al Mormonismo » 31
- 5. Il Monterone — Studii fisiologici sopra i cinque
- sensi — Il lago a volo d'uccello — La prima
- idea » 36
- 6. I piroscafi — Una donna che mangia — Gli
- stranieri ed i laghisti — Primato mascolino
- — Il concertista di Cannobio — I contrabbandieri
- — Rivista di sponde » 45
- 7. Lesa e Manzoni — Ciarle letterarie — La calma » 55
- 8. Origine storica di Belgirate, senza documenti
- — Le isole Borromee » 62
- 9. D. Bussolini da Mergozzo, capitolo in cui si
- dimostra chiaramente che i più beati sono i
- poveri di spirito » 67
- 10. L'acqua, canto in prosa — Se l'acqua del
- Verbano fosse vino — L'arca di Noè e la
- nautica — Le _guide_ — La capitale del lago
- Pallanza — Laveno — Ghifa — Portovaltravaglia
- — Luino » 77
- 11. Cannero ed Ettore Fieramosca » 86
- 12. Scoperta del Ticino in Italia — Locarno e
- Magadino — Diversità di sistema metrico — Il
- Re Gambrino in Italia » 89
- 13. La malinconia a Cannobio — Non tutti i
- cattivi principii hanno cattiva fine — Al lettore
- indiscreto » 93
- 14. La tempesta sul lago — Quando non si
- fanno ceremonie » 101
- 15. Trafiume o Treffiume — Dammi amore e ti
- do un mondo » 106
- 16. Storia d'una pentola » 110
- 17. S'io avessi, Dio me ne guardi, un milione
- — La villa Poniatowski — Prina » 134
- 18. Intra non si trova che a Intra — Perchè
- delle ommissioni — Virgilio a Feriolo — Salute
- a chi resta » 136
-
- PARTE SECONDA
- Per le valli d'Ossola.
-
- 1. La sentinella dell'Ossola — Un bagno da
- trent'anni — I romantici a Vogogna — Domodossola
- — Il mercato » 139
- 3. L'Italia non è che un albergo — 17385
- iscrizioni e mezza — Lezioni archeologiche
- — Varietà di gusti — Apologia del farniente
- — Terzo primato dell'Italia — Quattro duelli
- — Che hanno la coda » 145
- 4. Una giovenca ed il più bel cuore del mondo
- — Avete buone gambe? — Re in Valvigezzo
- — Anche sull'Alpi si trovano traditori —
- _Requiescant in pace_ » 162
- 5. Trionfo delle castagne sopra la fama di una
- illustrazione Dantesca » 169
- 6. Il Sempione — Invenzione di un ponte per
- passarvi sotto » 175
- 7. Si parla di paesi non visti » 178
- 8. L'Anzasca — Un nuovo messia » 180
- 9. Quanti disprezzano l'oro » 182
- 10. Stonazioni della fama — Le ossolane non sono
- più quelle d'una volta — Caio Mario ed i Cimbri
- — Innocenzo IX di Cravegna — Banchetti funebri
- — La valle Diveria » 186
- 11. Premia — Storia nuova di cose vecchie —
- La Cravairola » 194
- 12. L'orrida forra di Unterwald » 207
-
- PARTE TERZA
- La Frua ed il Gries.
-
- 1. I casali della valle di Pommat o Formazza » 210
- 2. La Frua o cascata della Toce — Quanto
- costi un sorriso di donna » 216
- 3. Altipiani superiori » 227
- 4. Ascensione del Gries — Diacciaie — Le
- Alpi parlano » 230
- 5. Confini della valle — Le case, il desco,
- l'abito, il commercio, l'agricoltura » 241
- 6. Costumanze curiose — La scolaresca » 249
- 7. Lezione di meteorologia — Il frugnare e le
- volute — O mi date ragione, o non mi fate
- stare _sulle spese_ » 253
- 8. Dove il paese senza un eroe? — Vita e
- miracoli del capitano Guenza » 262
- 9. Ascensione del Retihorn — Il segreto della
- costanza in amore — Temporale sulle Alpi —
- Conversazione colle nuvole — Quanto si apprende
- viaggiando — Un'aurora sulle Alpi — Quando
- ci rivedremo? » 269
-
-
-
-
-PARTE PRIMA
-
-Il Lago Maggiore
-
-
-I.
-
-_Che intitolo prefazione, onde il lettore lo salti a piè pari._
-
- =Tutto il mondo è paese.=
- _Prov. ital._
-
-_Uno zingaro?_ Ma ce n'ha ancora degli zingari, fuorchè nella Russia e
-nel _Trovatore_? — Perchè, non ce ne dovrebbe più essere? Lo zingaro
-non è forse un pensiero errante di paese in paese, facendo suo con
-ardita frode quanto non gli verrebbe concesso dall'umana avarizia?
-Ammesso — il che veramente non so — il paragone, lo zingaro può avere
-subìto trasformazioni, non mai essersi perduto. Permettete, signor
-mio, che io cerchi di vincere, s'è possibile, la vostra ritrosìa
-nell'accettarmi a compagno, evocando i benigni influssi dell'eloquenza
-tradizionale de' miei avi novellatori e poeti: tolleratemi dieci
-minuti... Non sono discreto? Ne spendete tanti a sopportare il trionfo
-della ciarla su pelle gazzette e nei parlamenti!
-
-La storia dell'umanità nella nostra tribù dividiamo in tre ere: la
-scoperta della foglia di fico, quella dell'America e questa della
-fotografia. Dopo la fatale scoperta dei primi nostri nonni, ecco
-l'uomo-zingaro che migrando dall'Asia percorre poco alla volta le
-plaghe mondiali, lasciando qua e là un lambello del suo saio. Quell'età
-non avendo lasciato giornali, nè ritratti d'illustri contemporanei, per
-mancanza di sicuri documenti veniamo alla seconda. Scoperta l'America,
-gli zingari si precipitano su di essa: a sentirli sono venuti a
-seminare la libertà e le patate; tutto d'allora in poi deve spirare
-amore, felicità. Mentre gli umanitarii cianciano di quest'inezia di
-riformare quel mondo, pillottando colle solite spezie della cristiana
-uguaglianza e dei civili diritti la tiritera; mentre gl'indigeni
-buoni e semplici come un popolo che non sa un'acca di mutuo soccorso
-e di monte di pietà, aprono un tanto di bocca dalla meraviglia, i
-missionarii iniziano la riforma facendo scomparire nell'abisso delle
-loro tasche i tesori di quelle fortunate contrade: siccome però il
-mestiere di moralista è meno facile di quanto si crede, il tiro si
-scopre, proteste, recriminazioni, rivolta; il torto è necessariamente
-degli Americani poichè l'astuzia, la forza è agli zingari. I quali,
-smessi i lenocini della ciaccola, pagano a misura di carbone la
-cordiale ospitalità americana.
-
-Un bel dì però, per solenne grazia del proverbio, il gruppo venne al
-pettine, e gli zingari, scardassati addovere, sono costretti ad alzare
-i tacchi da quella terra _non ancora matura_.....
-
-— Ma — lasciando la storia in disparte — questi non mi paiono gli
-zingari della tradizione....
-
-— Eh! pensate se li conosco! Lo zingaro è volgarmente un vagabondo che
-va dicendo la buona ventura nelle capanne del contadino, pei trivii,
-nelle osterie e nelle canove in tempo di mercati, di fiere e di feste;
-sa rattoppare qualche volta i caldani e le pentole; compone farmachi
-e filtri preziosissimi; vende ai più generosi il prezioso segreto —
-oh! datene un po' anc'a me per amore di Dio! — di farsi amare; commuta
-minuterie dorate senza valore con antichi smanigli d'oro, non perdendo
-il destro d'accalappiarvi con quella sua cera da nesci e di farvi
-sparire di mano l'anello che ricusaste di vendergli.
-
-Ma ora tutta questa scienza a che può ancora servire? Vendono tuttora
-augurii di nozze e predizioni di fortuna? O, visto che nella capanna
-affumicata del contadino, comincia a penetrare la luce che guizza
-dai centri di civiltà e di corruzione, lo zingaro, nascosti nella
-foresta il tamburo, le nacchere, le carte divinatrici e la non più
-magica bacchetta, non è entrato di contrabbando nella città, e con
-mille vicende di fogge e di fortuna, non s'è fatto ora sollecitatore
-d'impieghi o tagliaborse, letterato di plagi e d'occasione, giornalista
-o mezzano? E la scienza per cui gli riusciva di imbarcare il lunario
-nei boschi deserti, fra i monti incresciosi, sarà poi sì feconda in
-espedienti da far fronte alla desta oculatezza dei cittadini, da sapere
-con rapida mano ordire trame impercettibili che pure ad un baleno si
-stringano sì fortemente con mille nodi attorno al meglio esperto da
-torgli ogni scampo — e se fallisce, quando tutto sta per naufragare
-sotto i colpi d'un galantuomo che non vuole perire invendicato, da
-risospingerlo al largo dalle secche, risoffiargli in poppa vento e
-fortuna in barba agli onesti?
-
-No, questa non è la nostra tribù — a cui non vorrete con dura
-parzialità negare l'istinto del progresso alla perfettibilità umana,
-che asserite innato in ogni creatura.
-
-No, questa non è la nostra tribù. Il lezzo della società non fu mai la
-parte del mondo che ne sia piaciuto di notomizzare, anzitutto per un
-certo istinto d'avversione alle dissecazioni, d'orrore per la tabe;
-e poi perchè sappiamo per durata esperienza che gli è impossibile il
-compiacersi, come oggi si fa con tanto studio, nel diguazzare in quanto
-ha di più sucido il maremagno del vizio, sia brutalmente spudorato o
-sia inorpellato da larva di passione, senza inzaccherarsi un tantino
-i sandali, quand'anche vi aggiriate nelle eleganti sale ove non si
-balbetta motto a vanvera — ove, non come nel trivio, manca la scusa
-della malsuadente fame e dell'ineducazione: perciò se mai solleticava
-le papille della vostra curiosità brama di una storia terribile d'uno
-zingaro dalla bruna tinta e dallo sguardo felino, che d'avventura in
-avventura, sulle _rotaje_ dell'adulterio e dell'omicidio, vi facesse
-correre per le vene il diaccio dello spavento od il fuoco della
-voluttà, serbandovi a morale della favola la bella soddisfazione
-di vederlo alfine fra le braccia dell'amata, riverginata — scusate
-la parola impossibile — dall'amore _puro_, mentre l'esoso marito
-sta in fondo del quadro lungo, disteso, inchiodato da due righe di
-pugnale..... per verità vi siete ingannato!
-
-La non sarà così perchè ne pare che tanta filza di delitti non possa
-essere figlia della serenamente gioconda fantasia italiana, e perchè
-lo zingaro che vi fa invito a peregrinare con lui non appartiene alla
-tribù antica, tradizionale, se non per la comunanza..... del peccato
-originale.
-
-L'antica s'è _riabilitata_, direbbe un drammaturgo, e la nuova non
-è meno curiosa. Anche essa corre, senza meta, balenando qua e là
-senz'altra guida che la bellezza della natura; — anch'essa ama le
-sagre, le fiere, i mercati per cogliere sul fatto la scena animata dei
-mille popolani dalle diverse foggie, dai diversi tipi; — anch'essa
-se può giuocare un bel tiro, lo fa con tutta coscienza, e ruba a
-man salva ad un crocchio di ciarloni il racconto che dice più d'un
-in-foglio su quella gente, un idilio d'amore ad una bella ragazza, il
-secreto d'una lagrima come d'un sorriso. Alcuna volta, quando il demone
-ruggente dell'arte non l'agita, e così gli è obbligato a starsene a
-bocca asciutta innanzi alla festosa mostra di cento zane di saporite
-frutta.... allora stende la mano ad una vezzosa fanciulla per averne un
-grappolo d'uva ancora imperlato dalla rugiada, una pesca erubescente...
-e non dubitate della sua riconoscenza, veh!
-
-Allo zingaro non mancano modi di trarsi di impiccio: quante volte
-pagò lo scotto della cena frugale, narrando alla bella ostessa una
-fantastica leggenda, con sì strana eloquenza rappresentandole i casi
-amorosi di fate, ondine e silfidi, di genii e di spiriti, che davvero
-parve alla curiosa di vedere laggiù nell'ombre l'amante tradito fra
-paurosi fantasmi, e di sentire sotto la scranna il rantolo del lupo
-che venne ad ingollarsi la perfida!... Chi osa rimprocciare la bella
-albergatrice se per schermirsi dagli amanti morti e dai lupi vivi si
-allaccia strettamente allo zingaro?
-
-Dirvi come la tribù nuova fiammante veneri come pura sorgente
-d'inspirazione la bellezza variata della natura, culto da cui sorge
-necessariamente il disprezzo per ogni affettazione; riassumere, anche
-per sommi capi, l'indole bizzarra del suo umore; dirvene, fuggendo,
-vita e miracoli, sarebbe ad un tempo noiosa cosa per voi e pericolosa
-per noi.
-
-Ma se poi non isdegnate la compagnia di questi zingari di buona
-pasta che intessendo alle descrizioni leggende e fantasie vi guida
-— senza bagnarvi — negli antri muschiosi ove fra i canneti lacustri
-amoreggia l'avvenente Verbania; nei casolari montani fra le usanze
-patriarcali; sulle diacciaie alpine a conversare colle nubi; sui
-nembosi picchi supremi a cantare un inno al sole, alla libertà, ed
-a farvi considerare di lassù che bruco microscopico è il cosiddetto
-re del mondo — accettate la mano e proverete che lo zingaro fra le
-divagazioni della mente e le aspirazioni del cuore non dimentica il
-positivo della vita, quella catena che ne rammenta ad ogni slancio che
-dessa è troppo corta e che il senso governa più della ragione il mondo,
-guidandovi in alberghi d'ogni fatta, quando il paese sia poco ospitale
-— e per giunta, se non pagherà lo scotto, condirà colle sue novelle la
-refezione.
-
-E poi chi sta a cà niente sa.
-
-Via, smetti l'abito incomodo che t'insacca; indossa la veste casalinga
-del viatore; allaccia calzari che sfidino le mordenti scheggie e le
-acute punte delle roccie; armati di lungo bastone ferrato ed uncinato
-che ti servirà d'appoggio e di spinta, di leva e di scala per l'erte e
-per le diacciaie — e quand'anche la tua borsa non sia sonante di molte
-monete d'oro, vieni, lo zingaro insegnerà a te ancora a raccontare la
-_storia del lupo_ alle belle ostesse.
-
-Se mai l'aspetto di diverse genti, la disuguale misura del bene e del
-bello col brutto, la lotta continua del debole col forte, l'armonia
-sublime della natura non caccieranno la noia che ti prostra intelletto
-e corpo nell'afa neghittosa del fannullare, lo zingaro con fratellevole
-cura ti guiderà a quelle regioni — ove si slancia sì sovente e con
-tanto desiderio il pensiero — che miseria di mente e di cuore fanno
-chiamare dell'impossibile...
-
-Non rigenereremo l'umanità, ma non ci annoieremo, forse.
-
-Intanto l'aurora festosa già piove le sue tinte onnicolori, la frescura
-del mattino ne invita; partiamo... all'Alpi!
-
-Un istante: anzitutto lo zingaro, secondo l'antica usanza de' suoi,
-tolta nelle mani la vostra destra, dovrebbe spiattellarvi l'avvenire
-come il passato, farvi i più lusinghieri augurii che egli si sappia....
-ma che volete? Egli, visti fallire i più cordiali vaticinii, da buona
-pezza tiene seco loro broncio, ed amico qual è degli antichi adagi, a
-chi lo richiede di predizioni, risponde:
-
-Chi il tutto può sprezzare, possiede il mondo.
-
-Così sia.
-
-
-II.
-
-_Chi fece l'Italia?_
-
- Uomo lento non ha mai tempo.
- _Prov. ital._
-
-.... e la vaporiera fugge rapidamente pei piani del Novarese, mentre
-l'occhio posandosi appena sulle borgate, sulle castella che si
-succedono una all'altra come le apparizioni d'un sogno febbrile,
-assiste ad una serie di scene più o meno curiose, varie sempre.
-
-Così sparve Novara, Bellinzago ed Oleggio che dalla sua altura
-contempla il bel pian lombardo, e la vaporiera arrestata un minuto,
-rifugge verso il Lago Maggiore.
-
-Presso lo scalo d'Oleggio vidi la storia della civiltà compendiata
-nell'area in cui i vetturali attendono l'arrivo delle merci destinate
-a quella cittadina. V'era il carro co' buoi, pesante, senza sponde,
-colle quattro ruote eguali e massiccie, il timone convergente all'insù
-e le cornute bestie che guardavano con occhio stupito la locomotiva
-sbuffante, e parevano appuntarsi sui pie' dinnanzi per timore
-di appressarlesi. V'era il carrettone dalle due altissime ruote,
-disadorno, coi cavalli attelati uno a coda dell'altro; la carrettella
-corrente; il cocchio de' nostri padri incomodo, sicuro, e l'elegante
-carrozza a doppie molle, verniciata lucente come uno specchio, leggiera
-e per ogni modo d'ornati e di agi vaghissima.
-
-Fra l'una e l'altra di queste vetture stavano secoli e stanno: dal
-carro de' buoi alla carrozza, il divario tra l'età dell'oro e l'età
-del ferro; ma fra essi e la vaporiera un mondo, una distanza quale
-fra l'antico copista e Bodoni, fra le torri a segnale ed i telegrafi
-elettrici, fra il volgare ed il genio....
-
-Occupiamo i pochi minuti di fermata osservando quegli antichi veicoli.
-Se la vaporiera ha immensi meriti, non siamo tanto ingiusti da negare
-ad essi i pregi per cui furono tenuti in conto dai nostri babbi.
-Oh! quando mi ricordo il bel tempo in cui piccino sedeva a capo del
-carro, poggiando i piedi sul timone e con impazienza infantile andava
-punzecchiando gli inirritabili buoi ad accelerare il passo verso
-i campi, ove poi di corone di millefiori loro cingeva le corna ed
-accarezzava con mano fidente il muso velluto e divideva con essi la
-merenda con mille feste dei compagni, io non ho più il coraggio di
-ridere dei viaggi eterni per cui i nostri vecchi si facevano saltellare
-le budella in corpo con una velocità in ragione di due ore per miglio.
-Due ore! La vaporiera quando le talenti, unisce Torino a Milano nello
-stesso spazio di tempo..... ma ch'è questo vociare?
-
-Una decina di ragazze, cogli spilloni d'argento che irradiano il capo,
-sta sopra uno di quei carri, ridendo e scherzando fra di loro: alcuna
-accenna al viaggiatore che dai carrozzoni della via ferrata ammicca
-con sguardo procace: questa riconosce fra i discesi allo scalo il suo
-bulo e lo vorrebbe, senza ch'altri se n'avvedesse, fare avvertito della
-sua presenza, mentre con una certa solfa tra il mesto d'una monotona
-cantilena e la languidezza d'una canzone che non è in voga, una voce
-sfibrata canterellava:
-
- Novara, Novara
- L'è bella città;
- Si mangia, si beve.
- Allegri si sta!
-
-Se tutta l'allegria dei Novaresi consiste nel mangiare e nel bere, come
-dice senz'altro la strofa, l'ha da essere una gaiezza molto dubbia,
-pensai; ma già ai poeti debbonsi accordare molte licenze, ed io non
-trovando miglior modo di sciogliere la questione, dimenticai il vate
-del campanile di S. Gaudenzio per riguardare quel veramente allegro
-gruppo di belle e non belle e tutte allegre contadine, le quali — ora
-che ci penso — mi ricordano a meraviglia un viaggetto fatto con una
-bella ritrosa sopra una stradaccia di campagna, tutta sassi e gore,
-per cui ad ogni improvvisa scossa io mi inchinava verso la giovinetta,
-e non è a dire s'io secondassi o non l'impulso, _e viceversa_, come
-dicono appunto delle vetture; finchè il carro essendo ad un tratto
-entrato nei profondi solchi di un campo, la vicenda dell'inchinarsi si
-fece sì violenta e rapida, che io coll'unico scopo di preservare quella
-cara personcina da ogni urto, non trovai che il mezzo di avvinghiarla
-strettamente nelle mie braccia....
-
-Un fischio — diretto forse alle mie reminiscenze — eccheggia fra le
-mura dello scalo, — un secondo acutissimo _che passa gli orecchi_,
-come dice un vicino, e tutto il convoglio si move, cammina, corre,
-rivola.... così il tempo da quei dì! Così pure io lascio nello scalo
-di Oleggio le riflessioni storiche sugli altri veicoli: il lettore non
-l'avrà a male; del resto sa dove andarle a prendere.
-
-Campi, risaie, prati, boschi, giardini, case, uomini ed animali, tutto
-resta indietro: la vaporiera è la nemica per eccellenza del verbo
-_stare_; essa corre da un popolo all'altro; cancella un pregiudicio
-a cui centomila volumi non bastarono; annulla i dialetti mettendoli
-a contatto, e insegna colla necessità la lingua nazionale, spegne
-l'ardente face delle antipatie, facendo conoscere con quanto equilibrio
-le eccedenze della forza di una regione compensino il manco di saggezza
-in un'altra, la virtù militare l'indifferenza artistica, la gentilezza
-dei costumi la sapienza civile, eccita e diffonde industrie — fa
-l'Italia.
-
-Ben a ragione certi governi avversarono quest'invenzione che rivaleggia
-per la forza morale colla stampa!
-
-Dell'inferno è dessa senza dubbio, dice con terrore il buon contadino
-nella notte quando dalla mal connessa impannata della finestra della
-capanna vede laggiù nella tenebria correre un fantasma dagli occhi
-sanguinosi, la bocca ardente e la fronte fumosa, mentre l'aria echeggia
-d'acuti sibili e la terra seminata di carboni ardenti trema sotto i
-piedi.... Ma direbbe egli che l'inferno inspirò ad un mortale questa
-terribile scoperta, s'egli sapesse che, mercè sua, si vince il tempo
-e la distanza, e suona con cristiano affetto la voce: Dammi la destra,
-anch'io sono tuo fratello?
-
-La vaporiera è dunque la più bella figlia della civiltà, poichè dessa
-non serve soltanto a beneficio del commercio, sibbene ai più vitali
-interessi dell'esistenza morale. Qual è l'uomo che dalle marine guardi
-una nave ad elice sortire, malgrado i venti contrarii e l'agitazione
-delle onde, la prora dal porto, ammainate le vele, senz'apparente
-impulso, salpando per le più rimote spiaggie dell'Oceano, ove recherà
-il nome della sua nazione, — senza sentirsi sollevare dall'entusiasmo,
-senza sclamare: questa è la più mirabile opera dell'uomo!?
-
-Vedete se col vapore si corre presto: in due minuti da Oleggio volai ai
-porti liguri e ne ritorno!
-
-Il convoglio attraversava le alture di Borgoticino, quando poco
-lungi da quel villaggio mi apparve — eureka! — la prima conca del
-desideratissimo Verbano — fra il Vergante e la rupe della festosa
-Angera — il quale disserrandosi poi dai colli, cola pel Ticino, al Po,
-nell'Adriatico.
-
-Una vaporosa nube si dislagava al cielo, ed i raggi vivissimi del
-sole di giugno penetrando qua e là fra gli squarci illuminavano con
-tale potenza di tocco la rôcca d'Arona, e laggiù in fondo la punta di
-Belgirate ove il lago si svolge a sinistra, che davvero il contrasto di
-quelle accese tinte colle ombre delle convalli armonizzava assai bene
-colla natura variatissima del quadro.
-
-Un ultimo fischio e il correre si rallenta gradatamente, il convoglio
-penetra nei campi, ritorna a riva, entra sotto una tettoia, ove cento
-voci — Arona, Arona! — ti fanno accorto che sei finalmente giunto alla
-sospirata sponda di quel Lago Maggiore che nella fantasia t'apparve
-certamente come una regione incantata a cui sorrida eternamente cielo e
-primavera, abitata dalle più avvenenti ondine, dai più amorosi silfi.
-
-Io vi confesso candidamente di non avere mai fatto questi sogni, e per
-la zinganesca mia esperienza che mi ha dimostrato i giudizi assoluti
-essere sempre in alcuna parte erronei, e il male dai mille aspetti
-mescersi con disuguale misura al bene, e perchè rifuggo dalle imaginose
-aspettazioni, le quali per lo più al contatto della realtà risolvonsi
-in dure delusioni. Mi pare quindi profittevole....
-
-— Cosa fa il signore? Scenda, il convoglio non procede mica oltre....
-
-— Benissimo; grazie. Parmi profittevole, diceva, di usare nel giudizio
-delle regioni che si percorrono, anche coll'intendimento di studiarle
-oltre l'epidermide, quella mite benevolenza che ogni onesto desidera
-praticata verso il campanile della sua parrocchia. Quanto al bello, al
-buono, quantunque spesso il miracolo non faccia il santo, il fidarvisi
-è la meglio; quanto al brutto ed all'incivile giova il credere che
-la virtù sta di casa dove meno si crede, e che tanti paesi, tante
-usanze... E poi gli uomini la pensano così diversamente! Aprite un
-libro di proverbii — li dicono la più bella eredità che le generazioni
-si tramandino, la sapienza delle nazioni — sentite che armonìa di
-opinioni:
-
- Chi sta bene non si move,
- e
- Non diventan porri che i trapiantati.
-
- Pietra mossa non fa musco,
- e
- Chi vuol far roba, esca di casa.
-
- Chi disse donna, disse danno,
- e
- Senza donna a lato l'uom non è beato;
-
-e cent'altri grossolani e dilicati, che vanno d'accordo che gli è un
-gusto ad appaiarli!
-
-— Signore — disse in quella una _guardiastazione_, la stessa che
-m'interruppe già una volta — questa è l'uscita; e m'indicò la porta.
-Se questo dabbenuomo non mi cacciasse con tutta quella buona grazia di
-cui è suscettibile un guardiano di via ferrata, io vorrei, o compagno,
-dimostrarvi come la bellezza oggettiva abbia meno cultori di quanto
-è voce.... ma non c'è verso, egli m'insegue sino all'uscita....
-Quest'insistenza mi desta un dubbio: ch'egli abbia inteso un motto
-delle nostre chiacchere più o meno estetiche, e voglia risparmiarne
-lo spettacolo poco architettonico della stazione? Chi lo sa? Dopo
-la _democratizzazione_ del sapere, chi può giurare che sotto il saio
-dell'artiere non s'asconda la giornea del professore?
-
-
-III.
-
-_Arona — Le illusioni ed i doganieri. — Una cipolla fra le rose._
-
- Chi tosto giudica, tosto si pente.
- _Prov. ital._
-
-Orta! — Angera! — Gozzano! — Varallo! — Domodossola! — Albergo della
-Posta! — Reale! — d'Italia! — A me il sacco! — Zolfanelli! — Sigari! —
-Ecco le strida che invariabilmente accolgono il viaggiatore all'uscire
-dallo scalo della ferrovia d'Arona: vociare che mette in non lieve
-imbarazzo il viaggiatore che non ha meta prefissa al suo vagare.
-
-Per mia fortuna, fra tanti vetturali, facchini, camerieri e ciceroni
-_pro domo sua_, una voce che partiva dal mezzo di una folta ispidissima
-barba, tuonò al mio orecchio, mentre mi sforzava di attraversare quella
-ressa di rompiscatole, il nome dell'ottava meraviglia del mondo e
-l'unica di Arona, _il S. Carlone_, e mi fece così risovvenire di un
-monumento intorno al quale aveva sentito nella prima adolescenza tante
-mirabilia. Si vada adunque al S. Carlone! Senza dare risposta ad alcuna
-delle insistenti domande — unico modo di liberarsene, a meno però
-vogliate farvi in dieci per non far torto a nessuno — mi avvio verso la
-cittadina, dando occhiate a destra ed a sinistra, come quegli che senza
-soffermarsi troppo vuole spendere poco e vedere molto.
-
-Appena uscito dalla casona dello scalo, un bel giovinotto, dall'assisa
-di doganiere — ad Arona vi sono più doganieri che mercanti — con un
-garbo da farmi strabiliare, (poichè a me un doganiere era sempre parso
-il rappresentante della prepotenza legale, dei pregiudicii economici,
-la barriera che impedisce il bacio cosmopolitico dei popoli) mi fece
-ricredere pienamente, avvisandomi che se io desiderava imbarcarmi
-sopra un piroscafo, il _S. Gottardo_ stava per salpare, aggiunto poi
-per soprassello che io avrei potuto girare e rigirare in lungo ed in
-largo il lago senza la noia del passaporto. Malgrado il desiderio di
-accettare l'invito della tintinnante campanella del _S. Gottardo_, io
-non volli partire senza visitare l'interno della città pittoresca — al
-di fuori — ed il famoso monumento al suo cittadino, benchè sapessi che
-vi sarei ritornato più d'una volta nelle corse ch'io aveva in animo di
-fare lungo le spiaggie verbanesi.
-
-Il _S. Gottardo_ diede l'ultimo tocco di squilla, si staccò con tutta
-facilità dallo scalo, e descritta una vaga curva, partì avvolgendosi,
-come d'un velo per difendersi dal sole cocentissimo, nei vapori della
-caldaia fumante.
-
-Serbatomi per la vetta del colle di S. Carlo il giocondo spettacolo del
-lago, come un ghiottone serba ultimo il manicaretto più sapido, entrai
-in città.
-
- *
- * *
-
-Eccomi in Arona! Salve, città dei Borromei!
-
-Seduta a riva del lago, pare tuttavia che tu ne sdegni la paternità,
-poichè ti volgi innamorata con occhi desiosi verso i clivi fiorenti di
-Oleggio Castello, lasciando al ceruleo nappo l'ammirazione della poco
-graziosa tua parte diretana. Almeno ne' calori della state le pendici
-superiori inviassero alle tue viuzzole il conforto delle aure profumate
-dei loro laureti!
-
-Attraversando la città, contai trentacinque osterie, trenta preti
-e ventisette accattoni. Era il meriggio caldissimo, ed io passava
-correndo per involarmi all'afa soffocante che, uscita dai canali
-sotterranei delle vie inferiori, mi inseguiva minacciosa, quando una
-frotta di creature che facevano ressa attorno ad una casa di modesta
-apparenza m'impedì di proseguire oltre.
-
-Erano ventisette accattoni.
-
-Voi che avete da accarezzare — in tasca — un _sovrano_, se vi avviene
-d'incontrarvi in quella turba, è d'uopo lo consigliate d'addivenire
-ad una transazione costituzionale dividendo il potere, salvo a voi suo
-ministro di farvi forse rompere le invetriate dai malcontenti — o senza
-transigere coll'_esigenze della situazione_, corriate attraverso ai
-chiedenti senza ascoltare quelle voci supplichevoli che sono pure una
-rampogna....
-
-Io mi arrestai. Qui più d'un ciarlone vi direbbe ch'egli, arrossendo
-quasi dell'eccellente salute, intenerito alle lagrime, divise la
-borsa coi mendici.... Io che non voglio farvi il torto di credere
-che mi stimereste un cicino di più, quando vi dicessi che ho dato a
-quegli infelici un obolo — che il più delle volte è un soldo asciutto
-come il sistema decimale — non vi dirò nemmeno d'aver fatto alcune
-considerazioni economiche sulle trentacinque osterie ed i trenta preti,
-e tiro innanzi, cioè mi fermo, poichè la porticina di quella casa
-s'aperse e v'apparve....
-
-Chi non l'avrebbe desiderata amante? Che bell'occasione di miniarvi
-un ritrattino sì sorridente da mandarvi in visibilio! Ma quest'oggi,
-dopo quella certa meditazione sulla fallacia dell'apparenza, temo che
-i colori della mia tavolozza diano troppo nel duro, nell'angolare;
-per non ripetere adunque su tutte le varianti le forme serene di tanta
-bellezza, lascio alla vostra fantasia di pennelleggiare co' rapidi suoi
-tocchi una di quelle soavi figure che le donne invidiano e gli uomini
-rispettano.
-
-Intanto i re della miseria, coi loro nodosi scettri nella destra,
-avvolti nei pidocchiosi palli onnicolori, mi avevano circondato,
-levandosi dalle nuche capellute un frusto di berretto spelato, e
-succhiavano con avido sguardo la borsa che teneva la fanciulla nelle
-mani.
-
-Io pure salutai riverente quell'apparizione che avrebbe potuto
-inspirare a Vela una vivissima idea della carità cristiana, ed ella....
-ma che? Al vedermi estatico contemplarla, sorrise di guisa che tutto
-ne fui scosso. Era derisione? Chi lo sa? Malgrado mio, nella limpida
-innocenza di quel volto primaverile, quel sorriso — non ridete —
-m'apparve come una cipolla nel bel mezzo d'un mazzolino di rose, quale
-io vidi farne dono per celia ad un appassionato cultore di antitesi.
-
-Ella porse agli accattoni le sue monete; una moneta ad ognuno che
-venisse ad invocarla un mattino di venerdì a quella porta: indi
-rinchiuse la porta senza strepito, senz'impazienza, quasi a tacita
-promessa di non negarne giammai l'accesso al mendico. Io, mentre si
-recitava attorno un _pater_ ed un'_ave_ per conto della fanciulla — a
-cui auguro ottengano un buon marito — dimenticato quel certo sorriso
-e la cipolla relativa, intonava fra dolcissimo pianto un inno alla
-pietà che ove fosse stato inteso da lei, forse io avrei fatto più lunga
-dimora in Arona....
-
-Ma ecco attraverso l'iride d'una lagrima la rosea fisionomia imberbe
-del doganiere. Gli racconto la commovente istoria; un'irresistibile
-curiosità mi sprona a ricercare chi sia quell'angelo che profonde
-le ricchezze di questo mondo per la beatitudine dell'altro, vero
-prestito ad usura — se ancor vi fosse usura. — Mi appaga ed aggiunge
-che i mendici convengono nella città dai dintorni una volta almeno per
-settimana.
-
-— Dunque, diss'io, ella dà loro tanto da alleviare i dolori di chi non
-ha sulla terra che la speranza del cielo e la compassione dei generosi
-— per una settimana? Oh tremila volte benedetta! Oh santa! Oh terra
-fortunata!
-
-— Signor sì, se per essere da tanto basta regalare un quattrino, antica
-moneta milanese!
-
-E imperturbabile, colla logica orribile dell'aritmetica, mi dimostrò
-che Iddio avrebbe dovuto fare per quegli sgraziati il giorno di cento
-ore senz'accrescere i bisogni del ventricolo, onde procurarsi lo
-stretto necessario per campare in ragione d'un quattrino ogni due ore;
-o, supposto che nelle ventiquattro ragranellassero altrettanto, ch'essi
-potessero stare, come i ragni, sei giorni senz'alimento.
-
-— (Mefistofele gabelliere!) Dunque muoiono di fame sei dì per settimana?
-
-— Morrebbero se altri non li soccorresse senza l'ironica ostentazione
-di chi dà quello spettacolo poco costoso. Tutto è apparenza! La saluto.
-
-— Tutto è apparenza, anch'esso lo sa! Ora comprendo quel certo
-sorriso, la cipolla fra le rose! E come sì giovane e sì presto senza le
-confidenti illusioni della verde età?
-
-Ma se n'era andato pe' fatti suoi — o per quelli degli altri,
-più facilmente — il che ne torna perfettamente uguale; sicchè
-la mia domanda dovette cercare una risposta nelle considerazioni
-dell'influenza che il mestiere aveva potuto esercitare sopra di
-lui. Ed io non ebbi a meditare gran fatto per accorgermi come in
-esso s'avvezzino a guardare ogni cosa attraverso la lente prosaica,
-spassionata che conta i fili della stoffa e stabilisce un prezzo alle
-creazioni delle arti — tanto che sarei quasi tentato di supporre che
-il famoso dilemma di Amleto _essere o non essere_ sia stato suggerito a
-Shakespeare da qualche doganiere pensatore.
-
-Povere le illusioni coi doganieri! La donna, quest'angelo che ecc.,
-ecc., non è per essi che un portamantello addobbato più o meno di raso;
-un ritratto, pegno di un soave affetto ricambiato ed infelice, su cui
-scoppiarono pianti sconsolati e baci frenetici, perde tutto il valore
-sotto gli occhiali del perito; una treccia di capegli, oh sacrilegio!
-può essere considerata concime; che più? il libro a cui pose mano cielo
-e terra, vale per essi secondo il peso, la legatura, i fermagli.....
-Se nelle lotte letterarie i _realisti_ potevano contare sull'aiuto
-dei doganieri, le nebulose fantasticherie alzavano i tacchi come
-altrettanti contrabbandieri.
-
-Scrivete la storia della dogana; narrerete quella dell'incivilimento.
-Narrate quante castronerie stampate ed illustrate giungono d'oltre
-Alpi, quante di queste, con veste nè forestiera nè italiana, cambiato
-il titolo con quello di originale italiano, si spargono a sollucherare
-la frega del forestierume, e non del buono certamente, ed a fare più
-sonnolenta ancora l'indifferenza italiana per il pane casalingo —
-narrerete le nostre, e anche un tantino le altrui miserie letterarie.
-Enumerate i gingilli, le festuche, i ciondoli, le minuterie e quella
-multispecie farragine di coserelle utili e disutili, strane e curiose
-che la moda ne manda da lontano, e che accettiamo senza desiderio di
-procurarcele da noi stessi — e narrerete che gli Italiani non solo non
-le sanno fornire, ma neppure battezzare colla loro lingua. Contate le
-armi che valicano le Alpi o varcano i nostri mari ad offesa o per aiuto
-— i quadri e le statue ed i manoscritti e gli oggetti che per arte o
-memoria i nostri antichi meno vanitosi di noi e più generosi raccolsero
-con religioso studio e con principesca magnificenza, e che ogni
-anno, senza ritorno o cambio, lasciano la terra che li aveva creati e
-venerati; — avrete irrepugnabili argomenti della floridezza e della
-decadenza delle genti. Possa l'indipendenza e la libertà far salire
-nel futuro a bosco i tanti bruchi che formano la speranza della nazione
-artistica!
-
-A proposito delle nazioni, la questione sanguinosa della loro
-indipendenza è sciolta dai doganieri — quando si ritrarranno ai
-confini naturali. Tuttavia, penso, se in quest'età meravigliosa in
-cui ogni dì annienta un secolo di tradizioni senza che si possano
-prevedere i prodigi della domane, la famiglia umana si confondesse in
-un fratellevole amplesso — concedetemi un istante l'ipotesi stranissima
-— dove, domando io, dove n'andrebbero le miriadi dei doganieri che
-incorniciano i mille regni?
-
-Proporrò il quesito alle disquisizioni degli economisti, degli
-umanitari, e di quanti s'avvisano di riformare la commedia comico-seria
-del mondo — a meno che in questo frattempo si scopra mezzo di rilegarli
-(parlo dei doganieri, è chiaro) nel mondo dei miti in compagnia di
-tante altre anticaglie.
-
-È tempo di fare ritorno alla nostra cittadina, da cui mi fece digredire
-il mal vezzo di camminare balenando corpo e mente, peccato di cui farò
-penitenza d'or innanzi col correre per qualche giorno la carreggiata
-della strada _maestra_, senza neppure guardare colla coda dell'occhio
-quanto m'invitasse a varcare la siepe ed a visitare ciò che non è nel
-programma tracciato sul nostro portafoglio. Ritornando adunque alla
-cittadina, dirò che nelle successive visite appresi che non solamente
-poche città hanno relativamente tante caritatevoli instituzioni
-quant'Arona, ma che io avrei preso un solenne granciporro se l'avessi
-giudicata dalla scena di cui io stesso era stato testimone.... tanto è
-vero che tutto è apparenza!
-
-
-IV.
-
-_Viaggio al naso del S. Carlone. — Angera. Dalle corti d'amore al
-mormonismo._
-
-La più bella passeggiata nei dintorni d'Arona è la salita del poggio
-su cui s'erge il monumento a S. Carlo, che per la mole il popolo suole
-chiamare il _S. Carlone_. Esso appare da quasi tutto il bacino da
-Taino a Belgirate, ed è bello vedere dal lago quel titano disegnare
-sull'azzurro del cielo la sua figura tranquilla.
-
-Ammezzo la salita incontrai un cortesissimo Bavarese che si recava
-pure lassù, per giudicare co' proprii occhi se la colossale statua
-della _Bavaria_ nel Valhalla presso Monaco la cedeva in fatto d'arte
-alla rivale italiana: ammirai la suscettibilità del Tedesco, il quale,
-poichè d'improvviso ne apparve sulla vetta il _S. Carlone_, dopo
-attento esame, colpito dalle mirabili proporzioni di tanta effigie, e
-dalla dignitosa e ad una soave espressione dell'immortale che benedice
-alla sua patria, confessava candidamente che se il monumento italiano
-era condotto meno splendidamente del bavarese, di contro per valore
-artistico e per situazione gli era di gran lunga superiore. Gloria
-adunque al Crespi che lo disegnò!
-
-Anch'io volli sedermi nell'interno di quel naso famoso; e quel dovermi
-arrampicare per un camino oscuro e pieno di schifosi ragnateli e di
-pipistrelli svolazzanti, spingendomi in su colle mani e coi piedi
-per certi piuoli di ferro — pericolosa ginnastica che meriterebbe
-all'ascensore almeno un'indulgenza — mi suscitò il dubbio che il Santo
-abbia suggerito all'artefice questa paurosa scala, onde ognuno pensando
-alla probabilità di rompersi se non altro il collo, sia richiamato ai
-giovevoli pensieri della morte dal tripudio fascinatore della natura
-che festeggia attorno lo sguardo. Chi lo sa!
-
-È vero che il dabbenuomo che dal vicino collegio vi reca una lunga
-scala per salire sul piedistallo e di là ad un buco — non posso
-assolutamente dirla una porta, nè una finestra — ripete a tutti che per
-privilegio concesso dal Santo nessuno mai si ruppe il surriferito osso
-del collo. Chi sarà il primo? Non io senz'alcun dubbio, avendo dopo la
-fortunata mia discesa giurato di non cimentare mai più la buona fede
-del dabbenuomo sulla validità del suo privilegio. Del resto — senza
-danno del privilegiato — direi che di lassù la vista non corre più
-lungi gran cosa che dalla vetta del poggio.
-
-Sotto e sopra il quadro che ti si para distoglie assai presto
-dall'osservare il monumento, se non dal pensare a chi raffigura,
-quantunque meritamente S. Carlo sia il personaggio storico-religioso
-più popolare nella Valle del Po, per non dire in tutta l'Italia.
-
-La collina del Vergante che alla mia sinistra abbraccia il lago
-declinando a Belgirate, tutta verzura e fiori, è sì vaga nelle sue
-curve; alla destra i facili poggi di Dormeletto e di Borgoticino corsi
-dalle vaporiere fumanti mi traggono col pensiero ai giardini liguri; il
-cielo e le onde quete sorridono con tanta armonia, che — se uno zingaro
-potesse gonfiare vesciche — direi che la natura canta sì bene le glorie
-dell'immortale che la melodia v'assorbe interamente a scapito del
-soggetto!
-
-Volete voi una scena pittoresca, una scena degna delle sponde del
-Reno? Guardate là — in prospetto d'Arona. Il castello d'Angera tutto
-fiero de' suoi sette od otto secoli, irto di merli che sfidano i denti
-adamantini del tempo, la fronte rugata dal fulmine, sta accoccolato
-senza barcollare, pensoso come un veterano, sopra una rupe sfiancata
-sotto cui si acquatta il villaggio, quale un pulcino sotto l'ali della
-chioccia. Lo direste un quadro _dal vero_ — vi sfido io a contraddirmi!
-— del medio evo, in cui appare con vivissimo contrasto la schizzinosa
-protezione del feudatario e la mormorante docilità dei vassalli. Il
-palazzo conta cinquecento anni.... Quant'acqua corse giù pel Ticino!
-
-— La torre però non novera che tre secoli circa, m'hanno detto.
-
-— E' bastano per formare un abisso fra noi e quei dì. Quante antitesi!
-Asili infantili e giochi di borsa; manicomii e crinolini; vetture,
-congegni, libri e legislazione a vapore; corrispondenza elettrica
-d'idee e di passioni, e.... tutto quel resto che voi sapete e che
-taccio per non romperla in viso alla modestia: mentre allora! Il po'
-di buono che quella tempra d'omacci aveva noi l'abbiamo cresciuto,
-raffinato, sublimato coi lambicchi del progresso....
-
-— Meno le lettere, le arti, e l'amore della famiglia....
-
-— Eh! Eh! La non mi conta nulla per le lettere questo turbinio di
-_riviste_, di giornali e di romanzi? E per le arti l'è forse cosa
-da smorfie la fotografia? Quanto al culto della donna, la verginità
-sospettosa delle idee dei nostri babbi semplicioni ha fatto luogo
-con altre credenze all'analisi razionale, la quale — a dirvela in un
-orecchio — tende in ciò dritto al mormonismo...
-
-— Messere, m'accorgo che non siete ammogliato...
-
-— Quest'aria frizzante mi persuade di parlare liberamente — ad essa
-la colpa. Il tempo delle corti d'amore, dei tornei, dei trovatori
-non è più; e lo sanno le donne. L'uomo ha capito che cantare e farsi
-sbudellare per l'incerta virtù d'una bella — sovente brutta — sarebbe
-un vero sciupìo di tempo.... E chi giura adesso sulla virtù di una
-donna, se non quegli che giura ancora sull'amor patrio dei tanti
-sollecitatori d'impieghi? — Io però sacramenterei tuttavia per l'onestà
-d'una donna con quella buona fede che invoco invano in me per i
-mercanti di parole d'ogni colore: che ciò stia fra parentesi.
-
-Quanto ai trovatori con qualche piccola variante, se non la chitarra,
-hanno cambiato metro; ma neppure quegli antichi cavalieri della
-bellezza giungerebbero al delirio platonico di accontentarsi, dopo
-la lizza, di portare i colori della signora. — Se io vi dicessi che
-uno dei meglio famosi poeti del giorno, che cantò tutti i santi del
-cielo e della terra, fu trovato poco tempo fa ginnocchioni innanzi
-all'arrendevole fantesca della sua bella rigorosa? — Oh?! — Sentite gli
-echi: Oh! oh! oh! —
-
-Per fortuna questi due ciarloni, nostri compagni di viaggio nella testa
-di S. Carlo, di piuolo in piuolo scomparvero giù del camino.
-
-Nel mirare dietro le torri del vecchio castello i monti di Varese,
-e più in là sfumanti nell'azzurro dell'aria quelli del lago di Como;
-attorno in semicerchio le vaghe colline di Lesa e di Arona dalle curve
-chiomate fra cui spicca nel verdoscuro della vegetazione qua e là una
-casa, un campanile, una chiesuola; dappertutto scoprendo varietà, sotto
-e sopra, nelle sponde e nei diversi toni dell'orizzonte e delle acque,
-compresi il perchè anche agli abitatori delle rive marine il lago
-inspira amore di sè.
-
-L'oceano se placido t'infonde quella malinconiosa riflessione che
-compenetra l'uomo all'aspetto d'ogni cosa infinitamente grande —
-riflessione da cui sorgono meditazioni profonde di cui a tutti non è
-dato l'assaporare l'intima voluttà — se burrascoso t'atterisce; il
-mare imponente nel golfo di Napoli come sulle sparute scogliere di
-Gibilterra o contro le dighe d'Olanda parla sempre — come Giove fra gli
-Olimpici — troppo grandiosi verbi perchè tutti li comprendano.... ma
-il lago riverbera sempre colla varietà de' suoi aspetti la vivacità, la
-piacevolezza; se una tempesta si scatena la notte sulle sue onde, essa
-ti fa prevedere come l'indomani le piante ritemprate dall'acquazzone
-saranno sfavillanti ai primi raggi del sole colle foglie ancora
-gemmate, e le frutta ed i fiori — se la grandine li risparmiò —
-più coloriti. Dopo la burrasca marina — tremo al solo rammentarne
-le orrende scene — scendi alla ghiaiosa spiaggia, e trovi fra gli
-scogli tuttora echeggianti dei sinistri ululi dell'aquilone il fusto
-d'una pianta divelta, sfrondata da un colpo di mare, una tavola — che
-servì forse ad una lavandaia — che t'evoca dagli abissi il naufrago
-disperato che un maroso divelse da essa, mentre la folaga pare s'aggiri
-turbinando per scoprire sui fiotti il cadavere che il mare ributta.
-Sulle sponde dell'oceano mediti, su quelle del lago sorridi: là
-l'eternità, qui la vita.
-
-
-V.
-
-_Il Monterone. — Studi fisiologici sopra i cinque sensi. — Il lago a
-volo d'uccello. — La prima idea._
-
-Mentre c'incamminiamo verso la vetta del Monterone per facili ed
-ombrosi sentieri, compagno mio, facciamo quattro chiacchere.
-
-Tu hai da sapere — prima ancora di descriverti le veramente inudite
-meraviglie di Intra e Pallanza — che ieri nelle ore pomeridiane mi sono
-rannicchiato fra alcuni scogli dell'isoletta di S. Giovanni, e godendo
-ad una la frescura vespertina dell'inverno ed il rezzo di alcune piante
-protendentesi ad ombrello sopra il mio capo, me ne stava pensando come
-fra tutti i libri il meno intelligibile sia l'uomo, questa edizione
-_princeps_, direbbe un bibliofilo, che fa sì splendida mostra nella
-biblioteca della natura. Dopo di avere scartabellato nella mia mente
-tante pagine non sempre terse, confortevoli, del misterioso volume,
-finii per domandare a me stesso quale dei sensi maggiore relazione
-avesse coll'anima.
-
-La fantasia volò coll'ali della memoria ai momenti fuggitivi, in cui
-una voce armoniosa colla parola che nega e promette m'avea scosso tutte
-le fibre del cuore; alle notti tumultuose in cui le briose note de'
-balli vertiginosi m'avevano tratto nella ridda quasi allucinato; alle
-sere in cui il _Barbiere_, il _Tell_, la _Lucia_ ed il _Rigoletto_
-versavano un fiume di melodìa nel mio animo, ed il rincrescimento che
-il tempo m'involasse sì presto quei divini concenti in mezzo a cui
-dimenticava le miserie e le prose della vita per slanciarmi ebbro di
-poesia nei mondo delle illusioni.... Oh! l'udito è pure il prezioso
-senso! Mercè sua comprendo l'espressione più viva del mondo: tutto
-parla; beato chi sente!
-
-Sennonchè tosto mi ricorse al pensiero come la voce dell'amata s'era
-fatta dopo poco tempo aspra, sarcastica; poichè ella troppo presto
-dimenticando quanto m'era costata la felicità effimera di pochi dì,
-mi piantava colla solita sua buona grazia un pugnale nel bel mezzo
-del cuore. È vero che non corse gran tempo che la civetta pietosa —
-s'era forse già annoiata del mio successore — volle svellerlo; ma il
-modo fu così gentile, delicato, che la tarda carità invece di guarire
-la ferita non fece che inasprirla. Strida da una e dall'altra parte,
-smanie e stridori di denti...... ancora mi suonano nell'aria orrende
-parole....... Lo credereste? A questo punto mi giunsero da ogni parte
-cigolì di ruote, e una miriade di stonazioni venne a grandinarmi
-intorno dal non lontano teatro di Intra dove si torturava non so quale
-delle opere più faticose di Verdi, con tanto strazio che dalla pietà
-e dal terrore mi si rattrappivano i nervi.... Benedetto l'udito, senso
-preziosissimo; ma tu non sei certo l'eccellente.
-
-Non aveva finito ancora questa frase che le rose, i gelsomini, le
-acacie, i limoni, i millefiori del giardino botanico di Rovelli
-m'inviarono una nebbia di sì acute fragranze ch'io allargando le nari
-per meglio aspirarne gli effluvii, imparadisato chiusi gli occhi e
-credetti d'essere volato all'olimpo di Maometto, in mezzo alle urì,
-sulla sponda d'un lago d'acqua di rosa.... O incostanza della fortuna!
-Un alito di vento involò ratto l'olezzo; sparì l'acqua di rosa, ed il
-lago senza moto, senz'aura, apparve come una conca immensa stagnante
-da cui emanava un fetore orribile di pesci imputriditi. Dubitai che la
-bella Verbania l'avesse abbandonato colle sue ninfe, m'alzai e pervenni
-presso la foce del fiume che bagna la Sassonia.... La Sassonia, qui?
-Gnorsì: gl'Intresi costruirono presso l'antica città un sobborgo a
-vie spaziose, allineate che corrono fra case più allietate dal sole
-e dallo spiro lacustre che non le catapecchie della vecchia parte:
-nel centro una piazza e nel mezzo di essa il teatro, il più bello di
-tutto il lago. Ora questo sito una volta non tanto lontana era una vera
-ciottolaia, un campo di sassi... capite? Gl'Intresi, pratici quanto
-gli altri popoli appiedi delle Alpi della lingua nazionale, d'una
-ciottolaia fecero una Sassonia, con grave sfregio della patria degli
-oficleidi e dei tromboni!
-
-Ma che volete? Io non poteva a nessun conto adagiarmi all'ombra di
-quelle mura senza che ne dovessi tosto sloggiare per sfuggire alle
-ammorbanti evaporazioni delle molli erbette,... A che serve il naso,
-sclamai scappando indispettito, se per l'olezzo d'un fiore ne tocca
-assorbire cento esalazioni ingrate o perniciose? Sì, senza dubbio,
-l'odorato è l'infimo dei sensi — me ne rincresce assai pei mercanti
-d'essenze!
-
-Ignoro se il correre per quelle spiagge sassose — stavo per dire
-sassoni — od il desiderio di trovare una soluzione lungi dalle praterie
-della parte suburbana d'Intra, mi condussero in un albergo vicino allo
-scalo dei piroscafi in Intra. — Compagno mio, tu sospetterai forse
-ch'io sia di quelli che giudicano di una terra dal modo con cui vi
-soddisfecero l'appetito: ti giuro in nome delle costolette che mangiai
-in quell'osteria, che per quanto male io possa dire del paese, io sarò
-sempre in credito.
-
-Accetto senz'esitazione l'invito dell'appetito, m'assido ad un desco,
-e mentre il cameriere lo apparecchia, fiuto a larghe nari il prosaico
-odor d'arrosto che dalla cucina di sotto saliva in quella sala. Dalla
-finestra io poteva vedere lo scalo affollato dai soliti fannulloni,
-il lago, e di là le capricciose curve dei monti di Laveno. Sennonchè
-fra lo zingaro ed il resto v'era una povera melensa creatura, magra,
-ossuta, spelata, che attelata ad una sbilenca carrettella stava
-menando i denti in un sacco di fieno più paglia che fieno. È innegabile
-che l'appetito riceve un notevole stimolo dalla vista di chi trinca
-allegramente — in grazia dell'asino il vostro compagno in attesa di
-meglio cominciò a mordere in una pagnotta del suo colore.
-
-Mezz'ora dopo quell'io che mi rammentava poc'anzi con sdegno di
-quel gastronomo, il quale sclamò al finire della mensa lussuriosa:
-felice chi ha fame! quell'io stesso usciva dall'albergo satollo ed
-indignatissimo sulla volgare ed animalesca indole del gusto; e sì che
-se non aveva assaporato i manicaretti più delicati, l'appetito m'aveva
-fatto golosi anche i cibi più anacoretici: l'asino malsazio coglieva
-colle labbra penzoloni gli ultimi frusti del pasto insufficiente....
-Quel certo gastronomo l'avrebbe — a pancia tesa — invidiato con
-ragione, poichè il senso del gusto poco su poco giù desta gli stessi
-stimoli e dà la stessa soddisfazione all'uomo ed agli altri animali —
-non razionalisti. Nella stessa sera di quel giorno incontrai due tomi;
-mi vollero secoloro a cena, cena largamente inaffiata dai vini meglio
-spiritosi del Piemonte.
-
-Alla domane mi svegliai tardi, e col capo indolenzito; la prima parola
-pronunciata da me fu per chiedere dell'acqua.
-
- . . . . . . .
-
-«Non so veramente quanto le dissi — forse quanto le diceva da un anno
-— ma troppo mi rammento com'ella all'inesperto amante, accomiatandolo,
-dicesse all'orecchio una parola per cui il povero giovinetto
-nell'uscire da quelle stanze, tentennante come un ebbro, fu lì lì per
-ruzzolare lungo le scale.
-
-«Domani! Rinuncio a descrivervi le vertiginose aberrazioni della mente
-in quelle eterne ventiquattr'ore; vi basti il sapere che quello era
-il primo amore e che d'amore non aveva pur anco conosciuto altro che i
-tormenti..... Quelle furono ad una le più dolci e le più affannose ore
-della mia vita: temeva di vedere giunto l'istante e lo sospirava...
-povere illusioni d'un cuore ardente! . . . . . . . . . Alla fantasia
-che guidava pei campi eterei i sogni immacolati dell'amore virginale,
-in quell'ora fatale si spennarono le ali possenti, e cadde giù
-turbinando nelle melmose plaghe della materia....»
-
- Salve, o del cielo primigenia figlia,
- O dell'Eterno coeterno raggio,
- Se tal nomarti senza biasmo io posso,
- O sacra luce!
-
-_Hosanna in excelsis!_ Eccoci sul Monterone!
-
-S'io fossi il re del mondo, avrei tanta fede da trasportare
-questo quadro incantevole nei giardini della mia reggia. Il bacino
-splendidissimo del Verbano, e le in esso ripetute sponde; i monti
-torreggianti dell'Ossola e dell'Intrasca co' loro cappucci di neve; là
-in prospetto la punta di Pallanza tutta fiori e verzura, e dietro le
-scheggiate vette della Cannobina; qui sotto colli fioriti tempestati
-di villeggiature, e le isole incantate; a sinistra le coste ondeggianti
-d'Ispra su cui spicca l'eremo di Santa Catterina nell'oscura tinta del
-macigno; dietro il lago d'Orta in cui il Monterone bagna le nordiche
-pendici; ed attorno le minori conche di Mergozzo, di Varese, di
-Bardello, di Monate, di Comabbio; un cielo sereno, freschissime aure
-— tutto in tanto mirabile contrasto armonizza a formare una scena, la
-quale — se vi molce l'animo la onniloquente bellezza della natura —
-adorerete genuflessi.
-
-Se tu credi d'esser poeta e qui non inneggi, non tentare più oltre le
-muse — la tua cetra non ha corde.
-
-Che tu sia adunque benedetta, o fonte vitale di tante aspirazioni,
-o vista! Per te la creazione è quasi opera nostra: per te nessuno è
-compiutamente infelice. Tu ne ravvivi nell'aspetto sereno de' nostri
-cari l'amore della famiglia e della patria: per te innanzi ai monumenti
-il cuore palpita di entusiasmo e di emulazione. Divina figlia del sole,
-come il sole dài gioia agli umani — orrendamente infelice quegli a cui
-tu non distrai il pensiero dall'idea fissa, eterna, del suo dolore!...
-No, no, Milton come Tamiri ed Omero, Tiresia e Fineo, furono cantori
-immortali — ma chi vorrebbe la loro gloria a patto di dover dire
-coll'angoscia del britanno:
-
- ... il giorno a me non riede: io non veggo
- Nè i dolci raggi del mattin che spunta,
- Nè quei del sol che cade; io più non veggo
- Di primavera i fior, nè rosa estiva,
- Non più scherzosi armenti, non più mandre,
- E non più volto d'uom, divina imago,
- Ma folta nube invece e buio eterno
- Mi cinge intorno, e dai piacer che dolce
- Fanno la vita, mi divide; invano
- Del bel saper, delle grand'opre sue
- Apre natura il libro; è per me tutto
- Oscuro, vôto, cancellato, e chiusa
- M'è a sapïenza una gran via per sempre!
-
-Nessun senso, come la vista, ti mette in comunicazione con Dio.
-
-Dopo d'averti dato il mondo visibile nell'immensa serie delle sue
-cose, l'occhio armato di lente scopre all'anima esterrefatta i misteri
-della creazione microscopica, dai quali nei muschi, nelle mucilagini,
-nelle ninfe, negli insetti effimeri nati ora per morire adesso, nei
-milliformi atomi ti si rivela una storia impensata, un nuovo mondo
-infinito, nè più nè meno di quello che scopri nelle miriadi dei globi
-celesti... cose ed anime che fanno presentire con delirosa vertigine
-l'incommensurabilità dell'invisibile, del non sensibile!
-
-Dunque, mentre ti dà il sensibile, lo sguardo ti fa intuire l'ignoto.
-
-Perciò nessun senso più divino della vista.
-
-Chi visitò i luoghi più famosi per la magnificenza, o la serena
-bellezza, od il terrore da cui natura li ha improntati, avrà
-trovato senza dubbio una folla di visitatori che profonde in punti
-d'esclamazione quanto sente, o crede, o finge di sentire. Di questi,
-quelli che sentono con palpito le parole del creato, raro è non
-tacciano; i secondi si svaporano in iperboliche frasi di romanzo.
-I terzi sono però i più curiosi: senza la buona fede dei secondi,
-non volendo ammettere in se stessi la negazione delle facoltà più
-sensitive, s'abbandonano a rompicollo alle declamazioni d'un lirismo
-che in nessun modo può sollevarsi da fior di terra.
-
-A cavaliere di un bel poggio fra le deliziose colline — bellissime
-fra quante vedere si possano — che adagiate lungo il Po, formano una
-catena lussureggiante di verzura in prospetto di Torino, sta un antico
-convento di cappuccini. Di lassù ampia, variata, stupenda la vista:
-il Po, Torino incastonata fra i suoi viali, un campo che è un immenso
-giardino, e in fondo, in giro, le Alpi, dalle marittime alle pennine
-in tutta la loro maestà. Un cotale con cui era salito lassù, dopo una
-fiumana di asmatiche declamazioni lardellate di citazioni storiche a
-fascio, da Annibale a Napoleone per Carlomagno, tacque ad un tratto
-— la vena era esaurita. Terminava l'inneggiare asserendo che chi non
-avesse ammirato addovere quel quadro e la stessa cornice, meritava di
-subire almeno almeno la sorte di Fetonte.
-
-Dopo qualche istante, a mezze labbra e facendo lo gnorri, gli susurrai:
-
-— Che Creso sarebbe il possessore di questo campo fertilissimo cinto
-dall'Alpi ed irrigato da dieci fiumi!
-
-— Veh! la prima idea che mi venne in capo quando m'affacciai a questo
-spettacolo...
-
-— E poi dicono, pensai tra me, che la prima idea non è la più giusta!
-
-Non so se questa sarà pure la prima idea che frullerà in capo a voi
-infaticabili amatori della natura, sul culmine del Monterone, ove la
-prospettiva compensa generosamente la fatica — prospettiva che non la
-cede per nulla in estensione ed in varietà a quelle più rinomate dei
-monti della Svizzera: — io però a conforto della maggior parte di voi,
-vi ho serbato fino a quest'istante una sorpresa la quale non influirà
-poco sui giudizi che darete della grandiosa scena... Vi dirò adunque
-che certo Cobianchi Intrese ha eretto nel mezzo di amenissima alpe un
-eccellente albergo... non vi dico altro...
-
-Buon viaggio; buon appetito non v'auguro... ve n'accorgete quando
-sarete giunti lassù. Ammirato il quadro, refocillato lo stomaco
-addovere, discenderete giurando che chi visita il Verbano e non il
-Monterone gli è come s'andasse a Roma senza vedere il papa — e che
-il Cobianchi, considerato il benefico influsso della sua ospitalità,
-merita almeno di essere insignito cavaliere... della tavola rotonda.
-
-
-VI.
-
-_I piroscafi. — Una donna che mangia. — Gli stranieri. — I laghisti. —
-Primato mascolino. — Il concertista di Cannobio. — I contrabbandieri. —
-Rivista di sponde._
-
- =Tanti paesi, tante usanze.=
- _Prov. ital._
-
-Sul Lago Maggiore come sul Lemano e sul Reno nella stagione propizia al
-girovagare chi viaggia sui piroscafi ha il destro di conoscere a certi
-tratti singolari la nazione della maggior parte dei compagni.
-
-Il S. Gottardo da pochi minuti aveva lasciato l'approdo d'Arona, quando
-io mi feci sulla tolda fra un ducento viaggiatori d'ogni età, pelo e
-colore, che parte in piedi, parte seduti, stavano guardando la città
-dei Borromei che spariva dalla vista. Un terzo della tolda era occupato
-da una catasta di cassette, bauli, valigie di cuoio e di stoffa
-ricamata, di gabbie di uccelli, di scattole e di fagotti d'ogni colore.
-
-Una mezza dozzina d'Inglesi s'era installata sulla coperta, attorno ad
-un tavolo, al miglior posto; coprirono il tavolo e gli scanni vicini di
-libri-guida, di album, di cannocchiali, di buste da sigari e di abiti
-in gomma — e si cinsero cogli ombrelli, le sacca ed i bastoni da alpi,
-d'una insuperabile bastita.
-
-Una signorina — ancora ne fremo! — doppiamente graziosa perchè bella
-e bionda, mi stava seduta dinnanzi; la personcina, in cui l'armonia
-delle forme pareggiava la gioventù freschissima, semplicemente vestita,
-suffusa dal tocco potente del nostro sole, s'inquadrava sì bene
-nell'orizzonte sereno che io finii nella mia ammirazione per crederla
-una fattura di Frate Angelico, il soave dipintore delle vergini e
-dei cherubini. E da quegli occhiacci quanta poesia, quanto candore —
-un poema sull'innocenza! Nel crescendo della mia meraviglia, dopo di
-aver passato in rassegna l'Eva di Milton, Ofelia e Zuleika e quante
-deità femminili aveva plasmato la fantasia de' meglio famosi poeti
-britannici, non m'avvidi punto che Intra — a cui mirava qual meta
-— mi passò dinnanzi come l'ombra di veloce rondinella, o per dirla
-più giusta, appunto come se il battello non l'avesse avvicinata. Non
-adirarti, Intra mia più buona che bella, in questo istante leggo in
-quegli occhi troppo vaghi pensieri perchè io possa pensare a te....!
-
-Il piroscafo s'era allontanato dallo scalo clamoroso della città
-industre; il cameriere apparecchiò un desco e la _divina_ vi sedette.
-Ritornò poco dopo portando un gigantesco piatto di costolette
-mezz'arroste e di patate fritte, un piatto per tre — anche letterati; —
-la _bella_ mangiò tutto. Il cameriere ritornò più volte con thè, latte,
-butirro, pane arrostito, salame — tanto da sfamare tre librai; — quella
-donna divorò, tracannò tutto, fino all'ultimo bricciolo, all'ultimo
-centellino....
-
-Perchè non aveva pensato di mettersi al travaglioso — non posso dire
-dilettoso — _asciolvere_ (e pranzerà tuttavia?!) prima di giungere ad
-Intra?
-
-Se tutte le donne inglesi mangiano di quella fatta, comprendo con
-quanta ragione Byron diceva che una donna bella _non deve mangiare_.
-
-I Tedeschi — se non sono studenti — circospetti, immoti, con una
-serietà bovina guardano fantasiando le spiagge. Benchè non trovino
-nella cucina lombarda dei piroscafi la zuppa alla birra di Manhein e le
-salsicce di Gottinga, pranzano a bordo, ma per tratto caratteristico
-scendono a maggiore agio nella sala, accontentandosi quanto al
-paesaggio di goderne quel po' che difila dietro le ovali finestruole.
-
-I Russi, quei Russi che, se non m'inganno, cent'anni fa Alfieri
-diceva barbari vestiti all'europea, oltre alle qualità negative degli
-Alemanni hanno nel loro contegno un certo che d'austero che s'attaglia
-mirabilmente alla robusta loro struttura. Ma come ogni singolarità
-nazionale va elidendosi al frequente contatto delle nazioni, alla
-crescente preponderanza delle mode di Francia e d'Inghilterra,
-anche quelle barbone che parvero ad Alfieri una fra le cose meno
-spiacevoli di quelle regioni della pelle d'oca vanno sparendo. E
-se la buon'anima sua rivedesse quelle capitali, non riconoscerebbe
-_l'antico accampamento di allineate trabacche_, tanto quella nazione
-seppe progredire nella conquista della civiltà, malgrado i secolari
-pregiudizi, la massima corruzione delle classi elevate e la retriva
-ignoranza del popolo.
-
-Ma che è mai questo chiasso?
-
-Quel tale, malgrado le rimostranze del pilota, vorrebbe stare in
-piedi sulla barriera a poppa; il suo compagno canterella una canzone
-di Béranger pipando, sdraiato sui sedili, senza curarsi un'ette di
-chi gli sta d'intorno; la signora, sfidando gli sguardi indiscreti,
-s'è arrampicata lesta come un gatto per la scaletta di ferro sul
-ponticello fra i tamburi delle ruote, non pensando alla difficoltà
-di scendere senza compromettere.... il crinolino! Chi non sa ora —
-anche senz'intendere l'epigrammatica canzone, ed il nasale cinguettìo
-dei compagni — che quella famiglia è francese? Amabili e spensierati
-figli della Francia, chi non vi perdona volentieri l'avventata vostra
-leggierezza, in grazia del coraggio con cui la vostra nazione guida le
-sorelle nella via del progresso civile? Volere o non volere, essa dà al
-mondo grandi lezioni — senza pedanteria, senz'annoiare i discepoli.
-
-Le strade ferrate, i telegrafi elettrici e forse più rapidi mezzi di
-comunicazione cancelleranno un giorno le poche qualità salienti che
-ancora distinguono le varie nazionalità; sarà un bene od un male?
-
- *
- * *
-
-A prua stava un centinaio di popolani seduti sopra zane e cestoni di
-frutta, d'ova e di polli; uomini abbronzati, secchi, temprati al gelo
-ed al sollione, alle fatiche ed alle privazioni; donne membrute, faccie
-poco leggiadre, di bel petto, risolute, e tanto nullatementi quanto
-procaci per verun verso; qualche ragazza avvenente, tra 'l montano
-e 'l marino, di nera capigliatura, di cera maliziosa; ragazzi vispi,
-di contorni gentili che presto la rude educazione e l'aria mordente
-rompe a forti linee. In un crocchio regnava una donna — dove non regna
-la donna l'uomo imbestia — la quale rintuzzava con tanto brio le più
-o meno (e meno anzi che più), spiritose frecciate che i compagni le
-saettavano a bruciapelo _sulla preminenza dell'uomo_ sopra il bel
-sesso, che da quel punto in poi io non lo chiamerò più il sesso debole.
-Un tale — ignoro se sinceramente o per mascherare la tendenza del cuore
-— non le scoccava dardi, ma pistolettate, avresti detto, del genere
-più mascolino, come: _La donna è una scopa_, _un serpe avvelenato_,
-_l'origine eterna d'ogni male_, ecc.; — senonchè quella furbacciona gli
-rispose interrompendolo con un'occhiata sì dolce, sì promettente, che
-la pistola fece cecca, l'uomo s'ingarbugliò, i compagni risero, ed io
-compresi una volta ancora essere molto più facile dire cose d'inferno
-della donna che sottrarsi all'impero, alla seduzione delle sue grazie.
-
-Arrivati a Meina, la brunotta disse: addio, compari, non vado più a
-Intra; ho cambiato pensiero, discendo qui. Discese nella barchetta
-di traghetto; — già vi stava rincantucciato a poppa il sere — a cui
-i compagni, ridendo a smascellarsi, gridavano: Eh! Pero, anche tu hai
-cambiato strada.... Non hai più paura del serpe? — La bella, puntati
-i suoi piedini sullo scanno di contro, guardò ghignando i coristi, e
-voleva dire: Avete un bel gridare cose da chiodi di noi; con un capello
-vi tiriamo sempre a' nostri piedi.
-
-Siccome non conosco il resto della storia, resto a bordo, augurando
-mille gioie a quelli che hanno cambiato pensiero — benchè _il primo sia
-sempre il migliore_!
-
-Appoggiati alle cabine del ponte, silenziosi, indifferenti al chiasso
-che si faceva sul piroscafo ed allo scorrere delle vedute lungo il
-lago, alcuni frati mendicanti....
-
-— Zingaro mio, accoccane loro una delle tue, delle più saporite... Non
-risparmiare questi fannulloni che in nome di Dio s'ingrassano a spese
-del povero....
-
-— Zitto là: anzitutto i frati in quistione non erano punto grassi; poi
-— se pure non l'ho detto ancora o non m'hai compreso — io non pretendo
-incastonare a mezzo di una passeggiata per godere e darsi bel tempo,
-quelle rancide quistioni di frati, carabinieri, trovatelli e compagnia,
-che oltre all'aria pedantesca di volere ad ogni passo riformare la
-società, spirano una tale afa di noia da farti dormire lì su due piedi.
-
-Zin, zin, ziroziro! Zitti tutti quanti! Largo ai concertisti di
-Cannobio!
-
-Fra le due ruote del battello, presso gli spiragli della macchina
-motrice, un vecchiotto segava un violino: attorno a lui col becco
-rivolto in su, una nidiata di ragazzini da sette ai dieci anni
-_accompagnavano_ il padre con violini e viole, — serii, malinconici,
-per non poter saltellare liberamente cogli altri putti; — ma nessuno
-avrebbe potuto guardar quella povera bimba accollata ad un grosso
-violoncello, stare tutt'occhi ed orecchi per dare il colpo di arco
-a seconda dei movimenti dei piedi paterni — e pestava sì forte
-il dabbenuomo che evocò dal loro antro vulcanico gli affumicati
-attizzatori dei fornelli del piroscafo — colpo d'arco che era dato
-tuttavia or troppo presto or troppo tardi — e le manine di lei
-impotenti a comprimere sulla tavoletta le corde, per cui ad ogni
-vibrazione il cattivo strumento si doleva con un zirlo acuto d'essere
-caduto in mani sì innocenti; nessuno dico avrebbe potuto guardare
-quella graziosa figurina ed i fratellini ed il babbo fornire quella
-musica faticosa, senza porgere loro una moneta ed un mesto sorriso...
-Zin, zin, ziroziro!
-
-E quando il ziro ziro finì, la ragazzina diede un lungo sguardo sugli
-astanti quasi per leggere sui visi altrui l'approvazione, mentre il
-povero padre si dimenava in mezzo alle sue creature per armonizzare —
-Dio sa come — i loro strumenti. Ma tutti i cuori erano perfettamente
-d'accordo per compiangervi, perchè tutti gettarono nel cappellaccio
-del _maestro_ un soldo: anzi credo che Verdi stesso di cui avevano
-scorticato il brindisi della Traviata, presente avrebbe dimenticato le
-giuste suscettibilità dell'autore. Raccolti i soldi, risonarono — una
-sinfonia, del papà, il caos. Zin, zin, ziro zin!
-
-Il concertista di Cannobio è un artista?
-
-L'artista è creatore — e qual creazione più originale della sua
-sinfonia? Chi potrebbe meglio rappresentare il disordine? L'effetto
-poi corrisponde al merito — lagrime, risa e soldi. Mi direte che il
-vecchietto non ha genio — ma se il genio, come disse quel valentuomo di
-Bouffon, è una lunga pazienza, chi può contrastarglielo?
-
- *
- * *
-
-Il laghista ha un carattere suo proprio, come quello che dipende in
-gran parte dalla posizione della sua terra. Vicino alla Lombardia,
-egli ha l'abbondante loquela, lo scherzo facile, l'arrendevolezza
-dei Lombardi; appiedi delle Alpi ama il lavoro, ed è schiettamente
-ruvido ed armigero come i Pedemontani; sull'acqua, ed è industre,
-bramoso d'arricchire come i Liguri. Quanto ai difetti, egli ama
-appassionatamente il suo bel paese — compresi i campanili — e lasciata
-in disparte la smania di considerare la città vicina, il villaggio
-della stessa costa inferiore al natale, esso ha ragione. La via
-ferrata, i piroscafi, la nuova strada al Ticinese faranno con eloquenza
-assai maggiore della mia comprendere che le sponde del Verbano su per
-giù non sono che una grande famiglia sotto un medesimo tetto.
-
-Chi non ha inteso parlare dei contrabbandieri del Lago Maggiore? Una
-volta — le date sono inutili — c'erano, e tomi indiavolati da tenere
-in sussulto le tre finanze; quistioni economiche che si risolvevano
-sovente con schioppettate, legnate a josa ed altre galanterie da ambe
-le parti. Molti contrabbandieri — non quelli che arrischiavano al gioco
-la pelle — arricchirono; la leggenda susurra che molti finanzieri si
-rimpolparono: ora chi ne seppe ammassare li gode; i tipi drammatici
-scomparvero ed il Verbanese non è ora più tenero del contrabbando di
-quanto lo sia ogni abitante di confine.
-
-Del resto — quà in un orecchio che nessuno ci senta — messa lontano la
-quistione del peccato — chi non si sente solleticare dalla tentazione
-del frutto proibito? Chi non è sotto qualche aspetto contrabbandiere?
-L'amante vorrebbe farla alla barba del Bartolo o del marito; il poeta
-introdurre di soppiatto un'idea birbona che _minerà l'edificio della
-tirannia_, e molti scrittori e librai arricchire l'opera e lo scrigno,
-malgrado la _proprietà letteraria_ — avvenire..... Oh! s'io potessi,
-senza che voi ve n'avvedeste, contrabbandare qualche imaginosa fantasia
-da cacciare lo sbadiglio dalle vostre labbra!
-
- *
- * *
-
-Non v'è mai capitato no di condurre un bimbo a compra di balocchi pelle
-strenne di capodanno?
-
-In mezzo a tanti cavalli, soldati e generali e cannoni di legno, eroi
-dal capo di cartapesta, asini col pelo, e pupazze cogli occhi vivi
-di cristallo, pallottole, racchette, cerchi, palloni volanti, archi
-e freccie come al tempo in cui Amore saettava, tamburi per rompere la
-testa ai vicini, trombe da chiamare in casa l'emicrania, fischietti e
-scuriade ed altri amenissimi trovati per assordare il mondo e rompere
-le scatole a chi li ha in casa, in mezzo a questo caos babelico il
-piccino non sa che scegliere; l'uccello dalle penne dorate par vivo;
-ma il cane abbaia...... la carrozzina corre in giro da sè stessa.....
-Così avviene a me in cerca d'un romitaggio ove riposarmi qualche
-giorno. Sesto-Calende, malgrado il nome romano, le memorie d'Annibale,
-l'antica abbadìa, i barconi che scendono il Ticino che vi sgorga dal
-lago, non mi rattiene. Di contro, a Castelletto su Ticino, ho perduto
-mezza giornata fantasticando, attorno al castellaccio, sui casi della
-Bice del Grossi. Angera, la città del sole — da non confondersi con
-quella di Campanella — mi rammenta un proverbio laghista, alla cui sola
-memoria mi sento bagnare la camicia. Ispra, quasi sul piano, in fondo
-ad un seno deserto, colla prospettiva di ampio tratto di lago e del
-Vergante..., ma il mausoleo alla contessa Castelbarco inspira troppo
-mesti pensieri.... Lesa tranquilla in placido golfo.... Belgirate
-ariosissimo.... Veh! Dimenticavo di notare come sia impossibile
-vedere la sponda destra del lago senza guardare ed ammirare l'ampia e
-solidissima strada al Sempione che si stende, a seconda dei seni e dei
-promontori, come un orlo bianchissimo tra la verzura della pendice e
-l'azzurro dell'onda. Non ultimo vanto di Napoleone è quest'opera degna
-dei grandi secoli di Roma. Al pari di Roma egli lasciò dovunque traccie
-di quel genio che volava sì alto sull'ali dell'aquile vittoriose da
-obbliare come gli uomini di quaggiù fra le altre miserie hanno un
-cuore. Tuttavia non v'ha, credo, Italiano che, malgrado il ricordo
-dell'ingratitudine sua verso la madre, la quale pure sola lo amò senza
-tradirlo mai e gli perdonò senz'amarezza di rimproveri, non abbia
-dimenticato Campoformio al racconto della passione di Sant'Elena.
-
-
-VII.
-
-_Lesa e Manzoni. — Ciarle letterarie. — La calma._
-
- Oh! quante volte ai posteri
- Narrar se stesso imprese,
- E sull'eterne pagine
- Cadde la stanca man!
-
-— Anche voi discendete qui? Mi chiese un biondo Alemanno che m'aveva
-udito susurrare a mezze labbra la bella lamentazione del Manzoni alla
-morte di quel fatalissimo.
-
-— E perchè no? Risposi a quella simpatica fisonomia. Voi scendete
-per...?
-
-— Vedere quel poeta i cui allori furono invidiati dal nostro grande
-Goethe.
-
-— Manzoni? qui? Allora ad un tratto mi parve che l'aure ripetessero
-in flebile armonia gl'inni, i cori e le scene dell'Adelchi e del
-Carmagnola, gli episodii dei Promessi Sposi.... A terra!
-
-Mentre da Belgirate ricorrevamo verso la vicina Lesa, l'Alemanno si
-meravigliò meco che gl'Italiani ignorassero dove dimorava l'immortale
-cantore. Il poverino ignorava che Manzoni aveva da non pochi anni
-pubblicate le opere sue migliori senza che gl'Italiani le avvertissero,
-quando Goethe, scopertone per caso il genio, gli schiudeva colle
-sue lettere l'immortalità. Ignorava che pochissimi illustri Italiani
-debbono la loro fama all'entusiasmo od alla riconoscenza de' paesani,
-e moltissimi la devono agli stranieri. Beccaria crebbe tosto in
-rinomanza per Voltaire, Morellet, Catterina II. Il Tedesco credeva che
-in Italia si leggessero avidamente gli scritti della nazione come in
-Germania. Non sapeva che qui, all'infuori de' compilatori e degli altri
-racapezzatori di libri, tristo chi aspetta un pane dall'arte!
-
-Quantunque io avessi detto più che non era forse necessario
-sull'ingrato tema, il dabben giovane insisteva con mille interrogazioni
-sulle abitudini del cantore; sicchè per troncarla, gli sfoderai ad
-un tratto che anche in Germania Mozart, il divino Mozart era morto
-miserabile. Quelli, a dir vero, erano altri tempi, meno gonfi di
-civiltà....... Intanto eravamo pervenuti alla prima palazzina di
-Lesa: ivi soggiorna sovente, nell'estiva stagione, il cantore di
-don Abbondio. La cera di quell'abitazione è pacata come la figura di
-fra Cristoforo. Venne ad aprire un vecchio senza livrea. — Il conte
-è in casa? — Egli ne introdusse senza fare motto. Annunciatici come
-desiderosi di sue novelle, e, se era possibile senza suo disturbo, di
-avvicinarlo, il servo che ne aveva uditi coll'indifferenza di chi sente
-spesso la medesima canzone, entrò lemme lemme nelle stanze interne.
-L'emozione era tanta che m'impedì di pensare ad ogni altra cosa,
-anche a dare uno sguardo alle semplici supellettili che arredavano
-l'abitazione. Ma ecco sentiamo nel salotto vicino una pedata: è il
-servo che ritorna forse a dirne....... Ne apparve fra la mite luce
-della stanza la veneranda dolcissima fisionomia del poeta. Ci movemmo
-balbettando verso di lui. Palpitavamo di religiosa riverenza. Il nostro
-cuore batteva con sussulto: anche noi vedremo, parleremo con lui!
-
-Non so il come, ma cinque minuti dopo ogni nostra esitazione era
-dissipata: nella fuggevolissima ora scorsa al suo fianco, ne parlò
-del lago, delle sue passeggiate, delle cose presenti, senza entrare
-in quelle disquisizioni critiche, dove sogliono annegarsi i letterati.
-Con un semplice motto chiuse la bocca agli elogi dell'Alemanno, senza
-quell'affettata modestia, sotto l'usbergo della quale certi professori
-di lettere sogliono cicalare due ore difilate delle loro scoperte
-Americhe nell'arte.
-
-Alessandro Manzoni ne accordò — quanto non speravamo — una stretta a
-quella destra che vergò le pagine ove armonizzano concetto e forma,
-ragione e fantasia, la vera essenza del genio! Dio solo sa poi quanto
-ne rincrebbe di non poterlo degnamente contraccambiare!
-
-Noto qui come, imperversante l'austriaco in Lombardia, fra gli
-assenti la _Gazzetta ufficiale di Milano_ richiamasse _certo Manzoni
-Alessandro_. Napoleone, conquistata l'Italia, mirava anzitutto ad
-amicarsi gli uomini di merito che il fulgore della sua stella non aveva
-abbagliato. Ma gli Austriaci sprezzavano apertamente ogni cosa italiana
-— eccetto l'oro.
-
-Manzoni donò all'Italia un libro, il quale, come tutti i veri
-capolavori, è ad una miracolo di mente profonda, di cuore appassionato,
-e un'azione buona. Da lungo tempo sdolcinate affettazioni d'idilii in
-cui attori e natura portavano la parrucca, epilettiche convulsioni di
-novellaccie di cui non era italiana nè l'origine, nè l'inspirazione, nè
-la veste, aspirazioni evirate alla luna, all'indefinito, avevano fatto
-dimenticare come lungi dai salotti profumati, e dalle barocche capanne
-dei Titiri incipriati, vivea attorno alle città, nei campi, attiva,
-oscura, un'immensa famiglia intenta al lavoro. Il poeta comprese
-il valore del popolo, d'una gente che dà il pane ed il soldato, le
-antitesi crudeli della forza, della necessità col diritto. Colla
-dignità vereconda d'un'arte cristiana, senza le basse adulazioni di chi
-fa un Marcello d'ogni villano, bussa alle porte del povero, ne illumina
-le poche gioie, ne conforta gli stoici dolori, ne mostra le virtù tutte
-sue ed i vizi non del tutto suoi. Colora colle tinte della verità il
-quadro, dipinge con sicura potenza di tocco scene gigantesche, e ti
-presenta i _Promessi Sposi_, in cui l'arte che tutto fa non si scopre —
-un libro fra i pochi che gl'Italiani possono leggere due, tre e quattro
-volte senz'annoiarsi.
-
-Poichè il merito dello scrittore italiano venne cresimato oltralpi, i
-_Promessi Sposi_ (che altrove avrebbero fruttato strepitose ovazioni
-e più strepitose somme) divennero malgrado la sonnolenza apatica
-degl'Italiani il libro più popolare della loro letteratura narrativa.
-
-Da Manzoni, Grossi, Azeglio, Cantù, Carcano. Grossi ed Azeglio però
-per vivacità di colore e scioltezza di disegno precedono tutti gli
-altri. Carcano è il poeta delle più soavi effusioni di cuore, il poeta
-della vita intima. Dopo questi buoni un temporale di mediocrità — non
-auree — che a passo di lumaca sulla falsariga maestra regalò all'Italia
-una moltitudine di buoni curati, di perseguitate, di Don Rodrighi e
-d'Innominati in diciottesimo, la quale ebbe per effetto di disviare
-sempre più dalla letteratura nazionale gl'Italiani.
-
- *
- * *
-
-Manzoni, Rosmini, D'Azeglio sono tre nomi che spargono una bella luce
-sul Lago Maggiore. Niuno dei tre nacque sulle sue sponde; ma chi
-passando innanzi a Lesa, a Stresa, a Cannero non ricorderà la loro
-dimora, le opere per cui il loro nome corre illustre?
-
-Mi ricordo che la prima volta in cui m'apparì Arona, tosto mi corsero
-alla mente le lettere di quell'anima sì altamente innamorata della
-natura ch'era il Foscolo, nelle quali, scrivendo all'amico Bottelli,
-si lagna spesso che i tempi incerti e l'indole irrequieta gli tolgano
-di riposare ancor lui in mezzo a tanto sorriso di cielo e di terra e
-d'onde.
-
- *
- * *
-
- =Chi dona al volgo, inimicizia compra.=
- _Prov. ital._
-
-Le chiacchere col buon Tedesco mi fecero nascere molte riflessioni
-sopra alcune qualità negative — almeno in questi tempi — degli
-italiani.
-
-Credo — vorrei ingannarmi — che la gente italiana considerata nelle
-masse, fatta astrazione delle individualità, sia appetto delle nazioni
-più colte dell'Europa, Francia, Inghilterra e Germania, quella che si
-dimostra più apatica per tutto quanto sorge dalle arti.
-
-Non illudiamoci col passato. Tanto le individualità sotto ogni aspetto
-non patiscono confronto, quanto le moltitudini sono incuranti, senza
-alcun entusiasmo o slancio per tutto che non solletica la fregola
-animale dei sensi.
-
-Spogliamoci una volta di quel falso amore di patria che pretende un
-primato in ogni cosa.
-
-Un dì — giova sperarlo ed augurarlo come grande ventura per la nazione
-— conquistata da senno l'indipendenza e la libertà, sotto le rugiade
-feconde della pace, rigermoglierà fra gl'Italiani raccolti finalmente
-ad un solo focolare la religione delle arti; allora forse le sapranno
-onorare con quella riconoscenza a cui hanno diritto. Esse sole
-mitigarono colle divine illusioni della speranza l'acerbità di grandi
-dolori; per esse eterne le glorie, sacre le sventure della nazione.
-
-Mercede al genio fu quasi sempre sola la coscienza. Onoriamo la memoria
-dei nostri grandi: sbattuti dai tempi fortunosi e dall'ingratitudine
-non s'avvilirono. Siamone alteri — Se uno dimenticò che il dolore e
-la miseria avvivano lo splendore del vero merito, cento elessero il
-soffrire.
-
-Siamone superbi — nessuna nazione può forse menarne sì giusto vanto.
-
-Ma non dimentichiamo mai come finora fummo ingrati verso di loro.
-
- *
- * *
-
- =Arco sempre teso si rompe.=
- _Prov. Ital._
-
-M'inganno, o tu non hai sentito il cuore battere così tranquillamente
-come oggi. Ho spinto la mia barchetta nel bel mezzo lago fra il golfo
-di Feriolo e quello di Laveno: i remi giacciono stillanti in fondo ad
-essa — quasi immobile fra la calma delle onde. Il corpo abbandonato
-a poppa sul tappeto, sorreggendo il capo con ambe le mani, puntati
-i gomiti sull'orlo della navicella, guardo l'acqua che s'increspa
-leggermente attorno alla carena, l'ampia pianura che riflette gli
-albori del tramonto — e sto pensando — a niente — o meglio al tutto.
-
-Una brezza sottile sfiora con ali delicate l'onda e mormora un mondo
-di cose. L'ascolto confusa colla voce delle campane stormenti a riva —
-poi il tintinnare cessa: il cielo è sereno, l'aria tranquilla, tutto è
-pace, armoniosa tranquillità — e allora sento più distinto il sommesso
-ciarlìo della brezza.
-
-— Tranquillità! Voi vi anelate nell'intimo dell'anima, mentre il
-vostro orgoglio fa della vita una continua battaglia! Un dì trovate la
-quiete che bramaste — il dì che per voi si schiude una tomba. — Nel
-giovin cuore avvampa la fiamma d'amore con slanci al settimo cielo
-— o trova ripulsa, ed erompe un grido disperato — o corresponsione,
-e dopo qualche tempo l'amore non è più che un'affinità simpatica
-di traspirazione. Dall'amore aspira alla gloria. Avversa fortuna,
-impotenza d'ali, impazienza la negano — o l'ottiene — morto. Deluso,
-la patria gli stende le braccia come la donna che sola si ama senza
-sazietà e senza rimorsi.... Ne ha — forse — ricchezze ed onori che
-galvanizzano il cuore sfibrato.... Ma dove la quiete che pure la natura
-v'insegnò ad amare? — Non nei trasporti dell'amore — non nella lotta
-contro l'invidia dei consorti Farisei — non nelle allucinazioni delle
-notti studiose — non nel tripudio dei baccanali. Bada, veh! a quanto ti
-dicono le onde sfiorate: fuggi la tempesta; — gli ombrosi declivi dei
-colli: quiete; — il cielo sereno: purità di desiderii....
-
-Ma che sarebbe degli uomini se tutti li compenetrasse questo soave
-linguaggio della natura?
-
-La tempesta è adunque necessaria nell'armonia del tutto?
-
-
-VIII.
-
-_Origine storica di Belgirate, senza documenti. Le isole Borromee._
-
-A Belgirate, cinque minuti oltre Lesa, passeggiai due ore ammirando
-quelle graziose palazzine a vari colori che difilano lungo il lago,
-sulla punta che si protende dalle colline nell'onde. In capo della fila
-sta la villa Conelli; in fondo in serrafila la Fontana Pino, e fra una
-casa ed un'altra stanno giardini, dove gli alberi hanno più frutti che
-foglie, e le aiuole più fiori che erbe.
-
-Sentite quanto trovai in antiche pergamene sull'origine di Belgirate.
-
-Pare che il grazioso villaggio se n'andasse una calda notte d'estate
-in cerca d'un sito per adagiarvisi. Capitano in testa e retroguardia
-in coda difilava lungo la strada del Sempione. Quando si trovò
-sull'estremo lembo del Vergante, sentì ad un tratto il venticello
-del Mergozzolo ed i zeffiri dell'_Inverna_ sibilare armoniosamente
-nei boschi superiori emulando l'usignuolo; l'onde tremole baciare la
-sponda, diffuse sui sassolini mormoranti; tale una voluttà profumata
-da mille fiori penetrare dalle finestre nell'animo, che gli archi,
-le torri, i comignoli al soffio di quella frescura fremevano, i rosai
-stendevano le loro braccia in atto di desio ai cantori dei boschi, e le
-case stanche dal viaggio sentivano proprio crescersi le radici sotto ai
-piedi..... Allora un prolungato ah! di soddisfazione fece echeggiare
-la sponda d'Ispra, la fila si fermò, le ondine ed i silfi del lago
-danzarono sulla spiaggia; essa si trovò così bella, così lieta, così
-arieggiata dall'aure tutte del lago, che spossata dal piacere si adagiò
-sul girare della punta, e così fu Belgirate. Ogni giorno dell'estate
-e dell'autunno, al tramonto, allora che il sole indora le cime dei
-monti di Varese, la fila delle graziose palazzine è passata in rivista
-da uno stato maggiore di signorine villeggianti, di cui più d'una può
-sconfiggere un esercito senza colpo ferire.
-
-La leggenda dice, che un buon albergo il quale in quella tal notte
-ramingava colle case vagabonde, essendosi fermato per istrada ad
-aggiustare un conto un po' elastico con un Inglese, giunto tardi e
-trovato ogni posto occupato, fu costretto ad andarsene altrove con
-non poco dispetto degli ammiratori dei fiori, degli usignuoli, del
-venticello, delle palazzine e delle signore.
-
- *
- * *
-
- Bellissima fra le isole! Ti porto
- impressa nel cuore....
- _U. D. Horn._
-
-Da Stresa, elegante villaggio appiedi al Monterone, grandiosa vista
-di tutto il golfo di Feriolo, la baia di Napoli del lago, e del lago
-sino a Luino; in prospetto le Isole Borromee, la Bella e la Madre dalle
-terrazze fiorite; Pallanza, Suna, e dieci villaggi a mezzo i monti
-dell'Intrasca.
-
-Stresa manca d'un viale per la ragione forse che ognuno ne ha nei
-propri giardini, i quali sono straordinariamente folti di verzura e di
-fiori come a Belgirate, Baveno e Pallanza.
-
-L'Isola Bella è una ricca collezione di piante disposte sopra varie
-gradinate adorne di marmi; il palazzo contiene oggetti d'arte preziosi;
-il tutto forma la più graziosa villeggiatura in cui i patrizii Lombardi
-abbiano profuso tesori.
-
-Se non garba a molti il manierismo dell'architettura e quel vedere
-ad ogni tratto la natura sopraffatta dalla mano dell'uomo, per tutti
-l'Isola Bella vista dalla parte prospiciente Pallanza, dove un folto
-bosco di piante variatissime rompe la monotonia delle linee, ed una
-serie di grotte ove mormora e gorgoglia l'onda del lago rileva affatto
-la massa, è spettacolo ammirevole.
-
-Io vorrei condurvi, o bella lettrice, a questa peregrina villeggiatura,
-approdare con voi alla scalona, visitare le ampie sale del palazzo,
-raccontarvi la storiella del pittore Tempesta che le adornò di tanti
-quadri dipinti nella sua dimora nell'isola, ammirare con voi pitture
-e scolture, e rigirati i viali ombrosi del giardino, cogliere un bel
-fiore; e — con vostra buona venia — adornarvene la capigliatura.
-
-Ma il profumo quasi eccessivo, la vista amenissima, il sorridere
-del cielo e dell'onda, la magnificenza della magione e la musica
-degli uccelli, potrebbero di leggieri all'ombra di un ananasso o
-d'un palmizio farmi credere d'essere un Nabab delle Indie, e voi, o
-lettrice, un amabile Urì..... e allora..... chi può prevedere tutti
-gli effetti di un sito incantato sulla mente e sui sensi del vostro
-compagno?..... Via, non temete, i miei polsi non battono frequenti,
-i miei sguardi sono tranquilli, il sangue mi serpeggia pacifico nelle
-vene, e voi non vi accorgerete punto che io sogni di essere un Bassà.
-
-L'isola Madre colla modesta sua casa, co' suoi giardini a terrazzi
-senza ornamenti, più vasta della Bella, quasi in mezzo al golfo, piace
-ad alcuni forse più della Bella, ove la natura sta più come ornamento
-che non base. Gian-Giacomo Rousseau poteva farne il soggiorno della
-sua Eloisa. Nell'una e nell'altra roseti e palmizi, magnolie e liane,
-camelie e pini e mille pianticelle di diverse patrie, che questo sole
-con mite temperie cresce ed affratella.
-
- *
- * *
-
-Il pittore che vuol dipingere un paesaggio a vividi colori ritragga
-l'isolotto dei Pescatori. Chi vuol conoscere come l'uomo possa amare
-uno scoglio a costo di starvi accatastato l'uno sopra dell'altro,
-entri in quella stretta viuzza dell'isolotto dei Pescatori. Barche
-rattoppate, reti al sole, sulla ghiaia, lungo i muri; pannolini e vesti
-a scacchi sciorinate alle finestre; portici oscuri, viottoli angusti,
-barconi di legno; una marmaglia di ragazzi che chiassano, scorre,
-sguizza, s'arrampica sulla spiaggia, sulle scale, sulle gondole;
-donne dalle fisonomie robuste ed abbronzate, intente alle chiacchere
-ed alle bisogna della vita; una chiesuola, un campanile che si drizza
-nell'orizzonte disopra a quelle case che gli fan ressa d'attorno per
-ispecchiarsi ancor lui nell'onde; un po' di spiaggia verso il nord,
-pochi alberi, poca verzura.
-
-Il lago qualche volta, la primavera o l'autunno, sdegna la solita
-sponda, gonfia, copre la spiaggia, lambe i piedi delle case, batte alle
-porte, entra nei pianterreni. Ecco l'isolotto scomparso, e tutte quelle
-casupole diguazzando nell'onda tranquilla hanno un aspetto nuovo,
-originale, come un quartiere di Cannareggio in Venezia.
-
-Il contrasto tra lo scoglio dei Pescatori e la grandiosità dell'isola
-Bella è sorprendente. L'aspetto dell'isolotto colle umili casette,
-colle sue barche fracide a riva, co' cenci all'aria, in quel cielo
-serenamente allegro, collo specchio dell'acqua che l'ingrandisce,
-con quella scena di verzura su cui si stacca vivamente non è quello
-della miseria certamente. Se l'isola Bella col suo grande palazzo ti
-fa conoscere l'opulenza del ricco, l'isolotto è un quadro animato
-dell'attività instancabile del povero che lotta spensierato colla
-fortuna — la quale, a quanto pare, non incappò mai nelle reti di un
-pescatore.
-
-
-IX.
-
-_Don Bussolini da Mergozzo; capitolo in cui si dimostra chiaramente
-come i più beati sieno i poveri di spirito._
-
- =O mente vaga, alfin sempre digiuna!=
- =A che tanti pensier? Un'ora sgombra=
- =Quel che 'n molti anni appena si raguna.=
- _Petrarca._
-
-Quest'oggi fui al lago di Mergozzo, limpido nappo che si stende per
-un miglio alle falde del monte Rosso, sulla strada che da Pallanza
-corre all'Ossola. Mergozzo poi è una terricciuola sulla sponda del
-lago, che da lei prende nome, la quale non ha nulla che possa attrarre
-il viaggiatore curioso di monumenti o di spettacoli grandiosi della
-natura: dopo le scene del Verbano si rimpicciniscono ben altre bellezze
-che non quelle della piccola conca.
-
-Mentre io passeggiava, rincrescevole che il povero zingaro nulla
-trovasse da far suo, passando presso la canonica del paese, casa di
-mesta apparenza anzi che no, vidi accosciato in atto di dolorosa
-meditazione un uomo dai quarant'anni sulla gradinata della porta.
-Egli teneva la lunga e scarna cera tra le mani affilate e smorte, e lo
-sguardo fiso nella terra, e quando gli passai accanto mormorò in tuon
-di lamento:
-
-— Eh! tanto gli è morto!
-
-Ritornai sui miei passi per meglio osservare l'incognito; il quale
-vestiva come un prete dei monti, di panni grossi e non troppo lindi;
-il cappello dalle tese rilevate e dagli orli spelati giaceva accanto
-a lui, come ad uomo che per soverchio calore del capo non lo possa
-tollerare sulla fronte. Quando io gli fui dinnanzi, ei levò gli occhi
-come smarrito, tolse di terra il cappello, si drizzò e voltosi a me
-salutando, mentre due grosse lagrime calavano sulle gote ispide, disse:
-
-— Sento che il poverino non è nemmeno morto qui, in paese! Lontano
-dalla sua parrocchia!
-
-Egli mi teneva forse per qualche terrazzano: nondimeno quand'egli seppe
-che io non era del paese e che anzi ignorava appuntino di chi parlasse,
-aggiunse:
-
-— Non è del paese..... tanto peggio o tanto meglio per lui. Ma, la
-senta, io ho un grande bisogno di sfogare con alcuno il mio dolore, e
-se il mio presentimento non m'inganna, non la vorrà deridere la fiducia
-d'un pover uomo.... Esciamo dai borgo.... la veda; io arrossisco, col
-mio abito, di piangere così in mezzo alla strada... E sono anch'io
-un uomo, alla carlona, ma un uomo, e il pensiero che quel caro Don
-Bussolini sia _morto così male_ mi strozza la parola in bocca.... Ed io
-non sapeva niente, io che sarei calato dalle mie montagne a salvarlo,
-io che conosceva quell'anima così bisognosa d'un cuore in cui versare
-la piena di tanti dolori! Ma io non ho saputo niente!
-
-Queste parole sgorgavano con tale accento di dolore, che io — ignaro
-dell'esser suo e dei fieri casi di Don Bussolini, me ne stava ad una
-commosso e confuso per non sapere, come avrei desiderato, porgere
-conforto a tanta ambascia.
-
-— Io vo' raccontargli come uno splendido ingegno ed un bel cuore
-possano perdere miserabilmente un uomo, quando agli studi non abbia
-conforto e direzione, e gli slanci del cuore ardente, appassionato, non
-vengano temprati dai consigli dell'amicizia.
-
-Don Bussolini era il più bell'ingegno che io m'abbia conosciuto in vita
-mia; aggiunga a ciò una perduranza nello studio piuttosto unica che
-rara, una memoria straordinaria e la più semplice indole del mondo.
-
-Noi stringemmo dolcissimi nodi di fratellevole affetto nel seminario;
-egli sempre il primo a sciogliere un problema, a trovare il motto,
-a comprendere coll'acutissima intuizione i passi più difficili, più
-oscuri dei Greci e dei Latini; e se noi studiavamo per guadagnarci
-un tozzo di pane o per aprire una carriera all'ambizione, se noi
-studiavamo quel tanto appunto che era strettamente necessario per
-essere promossi la fin d'anno, Bussolini studiava invece per dissetare
-l'ardendissima brama d'istruirsi, di sapere quanto più poteva. Tutta
-la polverosa biblioteca del seminario di Novara era volume a volume
-passata fra le mani del giovine curioso, e ancora quando alcuno di noi
-magnificava quella raccolta di opere, egli sorrideva....
-
-Alfine egli fu crismato sacerdote; pensate che festa! Non v'era tra
-quegli studiosi un solo che al Bussolini non profetizzasse la più
-luminosa carriera, poichè quanti dignitari della Chiesa erano venuti
-nel collegio, tutti aveva fatti stupire con quella strapotente facoltà
-intellettiva. La parrocchia di Mergozzo era vacante, Bussolini vi fu
-nominato, e con grande sua gioia, poichè la tranquillità di quella
-sede, la picciolezza della popolazione e la facilità del ministerio
-fra gente onesta ed arrendevole, gli promettevano largo campo a' suoi
-studii. Egli fu accolto da quella popolazione come un fratello ed in
-breve amato come un padre. Chi non lo avrebbe amato? A trent'anni,
-nell'età delle passioni, egli non aveva che una cura, un amore, una
-passione, lo studio. D'altronde la semplicità elegante de' suoi modi,
-la generosità del suo cuore sapevano cattivarsi la comune stima. Un
-bel dì, invitato già da lunga pezza a visitarlo nel suo novello eremo,
-giungo a Mergozzo; m'accoglie colle maggiori dimostrazioni d'affetto.
-
-— Senti, Giuseppe: non ti pare che io sia più giocondo dell'usato?
-In verità i suoi occhi sfavillavano di tanta luce, che io stetti un
-istante sopra il pensiero che egli avesse ricevuta la mitra vescovile.
-
-— Ho trovato finalmente, Giuseppe, quella luce, che io andava da tanto
-tempo cercando... A furia di brancolare fra le tenebre, giunsi alle
-sfere irraggiate del sole della verità, della poesia.... ed io da tanti
-anni sentiva mormorare attorno questo nome.... Dante.... questo nome,
-che è la lingua, la coscienza, il ciclo intellettuale dell'Italia;
-sentiva, dico, questo nome, che mi suonava all'orecchio come un
-verbo misterioso senza presentire quanto tesoro io vi avrei scoperto
-di civile sapienza, d'arte squisitissima? di sublime poesia! Vedi,
-Giuseppe, io non mi accorsi della vita del mio pensiero, se non quando
-Dante m'iniziò nei mondi dell'infinito.... Ma la mia ragione fu quasi
-per vacillare, allora che da ignaro che io era della vera bellezza,
-mi vidi ad un tratto trasportato sì presso al Verbo, che i miei occhi
-abbarbagliati da tanto fiume di raggi male reggevano allo spettacolo
-nuovissimo che mi si schiudeva innanzi. Dante m'insegna a parlare la
-favella della mia nazione; Dante mi scopre i nemici di Dio e della
-patria; Dante mi narra con parole di fuoco le ire umane e le giustizie
-divine, e mi fa piangere con ineffabile dolcezza sui casi di Francesca,
-della Pia e della Piccarda; Dante è ad una Omero e Colombo, Raffaello e
-Rossini!
-
-E mi condusse, fra altri parlari consimili, alla sua abitazione. Io
-pure aveva letto il poema del cantore immortale, ma l'ignoranza della
-storia dei tempi di mezzo annebbiandomi buona parte di quella stupenda
-narrazione, faceva sì che io non ne potessi assaporare i pregi più
-reconditi. Il poeta mi divinizzava: il filosofo m'atterriva.
-
-Quando noi fummo nel suo studialo, egli diè mano ad un grosso zibaldone
-di carte, su parte delle quali era scritto _storia_, ed erano commenti
-storici ai poema; su altre _teologia_, e chiarivano le astruserie
-di questa scienza in que' tempi; su altre _arte_, che parlavano
-dell'antiche e delle nascenti; _lingua_, e mostravano le origini latine
-e provenzali ed il successivo fondersi di buona parte dei vernacoli di
-tutta Italia, mirabili studi filologici che diceva base ad ogni sapere
-di filosofia; e su altri manoscritti altre denominazioni che non mi
-ricorda.
-
-Quindi mostrommi sopra uno scaffale una ventina di edizioni della
-Divina Commedia commentata dai più rinomati bibliofili, e sopra lo
-scaffale un'erma del poeta, cinte le tempia da corona di lauro, e sotto
-l'erma, in lettere d'oro: _Onorate l'altissimo poeta!_
-
-Così scorse quel giorno. La domane, accomiatandomi, con indefinibile
-slancio d'affetto, proruppe fra le mie braccia: Beppe, io sono felice!
-
-Comprendete voi, o signore, quanto quella parola dovesse poi
-suonarmi amara? Felice! Se per essere felice non v'ha che un mezzo
-solo, dimenticare la terra, pascersi di larve, Bussolini lo era!
-In quell'istante, o per vago presentimento di sventura, o perchè
-conoscendo io l'ardenza del carattere dell'amico mio, temessi si
-lasciasse trasportare dall'entusiasmo oltre i limiti dello studio
-ragionato, risposi:
-
-— Bussolini, guardati dalle passioni: se tu eccedi nella misura, il
-disinganno ti sarà atroce, forse mortale!
-
-— Disingannarmi? E come se la mia passione è tutta pel vero, pel bello,
-per Dio! Ma a che più rimembro questa storia, o signore, a voi cui
-forse nulla cale dell'amico mio, di me e di queste melanconie? Non
-v'è uggiosa questa rimembranza? No? Ebbene, quando farete ritorno a'
-vostri, raccontate ai giovani studiosi di gloria il doloroso racconto.
-
-Parecchi anni lavorò Don Bussolini attorno ad un nuovo commento della
-Divina Commedia, di cui conosceva omai a menadito ogni fase, ogni
-allusione, e quando io ritornai a Mergozzo credetti debito d'amico
-l'eccitarlo a scendere nella lizza della repubblica letteraria,
-pubblicando l'opera sua. Io fidava che l'ansietà febbrile del successo,
-gli sdegni per la critica superficiale, la dolcezza della lode, gli
-eccitamenti a migliori forme, avrebbero di leggieri tratto a più
-vasta sfera l'ingegno inteso in troppo ristretta cerchia d'azione. La
-battaglia sarebbe stata la vita per Don Bussolini. S'egli si fosse
-animosamente gettato da giovinotto fra la turba che di letterarie
-ciancie assorda il mondo, in quel caos di sistemi e di idee e di
-parole senza idee, in quel tramestìo di genii e di volgo, le potenze
-sue intellettive sarebbero sfuggite a quel soverchio concentramento,
-che invece d'affinare il pensiero colla meditazione, lo svia spesso
-nell'esagerazione. Avrebbe incontrato l'indifferente sogghigno
-dell'ignoranza plebea che crolla le spalle alla favella che solleva
-il pensiero dalla materia a più confortevoli aure; avrebbe forse
-incontrato l'invidia; sarebbe caduto, e allora, morto il poeta,
-rinasceva all'altare il sacerdote. O avrebbe vinto o sarebbe stato una
-gloria di più all'Italia. Invece!!
-
-A' miei eccitamenti rispose che da qualche tempo sentiva crescere
-nell'anima il bisogno d'espandersi.
-
-Scrisse a diversi librai: risposero i tempi volgere sì nefasti alle
-lettere, il mondo curarsi sì poco dei libri, che se Dante istesso
-fosse rinato con un nuovo poema, assai difficilmente avrebbe trovato un
-editore... Per quanto dura, era verità. Il giornale ammazzò il libro.
-A chi legge libri poi gli oltremontani ammaniscono un quotidiano pasto
-di oscenità al massimo buon prezzo. Seppi che Don Bussolini, ignaro
-di ogni cosa di questo mondo e anzitutto delle miserie di chi vuole
-lottare contro all'indifferenza e l'avarizia speculativa di certi
-editori, restò talmente sopraffatto da questa inaspettata rivelazione
-di cose che non aveva trovato nei libri, che stette molti giorni come
-uomo trasognato.
-
-So questi suoi affanni, e vengo a consolarlo. La veda, per ingegno
-io in paragone del mio amico era la formica presso l'elefante; ma io
-dalla prima gioventù aveva imparato assai sul gran libro della società
-umana io sono sempre stato uomo, e lui invece quando di poeta... Ma,
-Gesummaria, di questo anche troppo le dirò!
-
-Trovai Don Bussolini chiuso in casa, mentre per l'innanzi egli soleva
-studiare passeggiando, perocchè lo spettacolo della natura, egli
-diceva, invece di distralo, armonizzava felicemente in lui collo
-studio. Allo stropiccìo dei miei piedi si volse, s'alzò in furia dal
-tavolo a cui stava tutto intento sopra un librone, e gettatemi le
-braccia al collo, avvinghiandosi affettuosamente alla mia persona,
-sclamò:
-
-— Benedetto il mio Beppe! Tanto ti aspettava!
-
-— Delusioni, non è vero, o Bussolini?
-
-— No, non delusioni, ma una scoperta, che per me si è una vera America
-della mente. Siedi e ascoltami attentamente. Io non so se gli editori
-abbiano o no ragione: so però che io non ho acquistato un nome, per
-cui mi si debba aprire un varco nella ressa che assiepa il tempio
-della gloria! Ma ora il mio buon genio mi additò un mezzo portentoso,
-irrepugnabile, per cui il mio nome volerà ben oltre i confini della
-povera Mergozzo!
-
-E mi spiegò come il poema dantesco contenesse in se stesso quasi
-un altro poema, quando si trovasse il modo di scoprire il senso
-recondito in ogni terzina capovolta, rifusa, senza però nulla
-togliere, od aggiungere delle parole, conservando così e numero e
-dizione: aggiungeva poi che ogni terzina era strettamente legata alla
-susseguente pel senso, cosa che ad evidenza dimostrava, che l'Alighieri
-aveva impresso ne' suoi canti questa doppia espressione, manifesta
-fattura del vate divino, e non frutto di un casuale gioco di parole.
-La Divina Commedia, contemplata da questa faccia, non era, al dire del
-Bussolini, creazione meno gigantesca per concezione e profondità di
-pensieri.....
-
-Poco tempo dopo ricevo novelle dell'amico mio; sì grande per lui la
-necessità di trovare un essere che comprendesse il suo trovato, i suoi
-studi, che egli partiva per Milano. Ivi bussò alla porta di quanti
-avevano fama in capitolo.... mi scriveva:
-
-— Beppe, è venuta l'ora da te profetizzata! A Milano non trovai che
-un'anima sola, la quale si sia commossa al mio racconto. Quest'anima
-benedicila con me; mi ha ascoltato senza ridere della mia favella
-selvaggia; — sì, ho capito di non conoscere il gergo dei sapienti! —
-Quest'anima mi ha dette poche e confortevoli parole. È Manzoni.
-
-Torino, Parigi, o signore, risero come Milano di Don Bussolini. I
-sapienti non hanno che il loro orgoglio invece d'un cuore; adunque?
-
-A Londra, Rossetti, blandendo l'infelice strapazzato, lo fece di
-leggieri travedere Dante sotto la sua gotica lente.... Ahi! come il
-rividi! Dove l'occhio sfavillante e scrutatore? Dove la serena fronte?
-Dove l'amabile sorriso? La mente tentennava. Disperato delle voluttà
-dei mondi intellettuali, da cui lo aveva precipitato con sì amaro
-disinganno l'altrui glaciale indifferenza, l'infelice con reazione che
-gli costò senza dubbio orrende torture, si gettò nelle braccia della
-voluttà della materia.....
-
-Alcune volte, imbandito il desco per sè e due _incogniti_, rinchiuso
-nel salotto, favellava con Dante e Beatrice, amaramente dolendosi di
-essere stato ingannato dagli uomini.....
-
-Che più?
-
-Rilegato per un anno nel convento d'Arona, quella mente, che forse
-avrebbe splendidamente sfolgorato in altra condizione, derisa, in odio
-a se stessa, vacilla, non è più!.....
-
-Don Bussolini moriva poco dopo in Isvizzera, miserabile, senza conforto
-nè di patria nè di amici.
-
-Signore, l'ingegno è adunque alcuna volta una maledizione?!
-
- . . . . . . .
-
-
-X.
-
-_L'_acqua_, canto in prosa. — Se l'acqua del Verbano fosse vino. —
-L'arca di Noè e la nautica. — Le guide. — La capitale del lago. —
-Pallanza. — Laveno. — Ghifa. — Portovaltravaglia. — Luino._
-
- =Le onde non hanno forse un'anima?=
- _Byron_.
-
-— Dove indirizziamo la prua?
-
-— Dove ti pare; al largo. Quest'oggi desidero l'acqua, lo specchio
-del cielo. V'ha sulla terra cosa alcuna più bella dell'acqua? I fiori?
-Ecco, il vento solleva in minutissima polvere il maroso e distende al
-raggio del sole un vaghissimo iride contesto di rose, di garofani e di
-viole. Al fondo del mare i recessi delle ninfe stanno ornati di perle
-e conchiglie a tutt'i colori, dal languido della rosa al vivido del
-garofano, dall'azzurro dell'ortensia (ne ho visto delle azzurre), al
-candido del gelsomino.
-
-V'ha forse cosa più necessaria dell'acqua? Sei ammalato? Acqua. Vuoi
-forza, elasticità muscolare? Acqua. E tu, come il globo, che sei? Per
-quattro quinti acqua. Chi fece la terra? L'acqua. Chi la nutre, la
-feconda, la sana? Che cosa è il vino? Acqua.
-
-Altri cantò a lungo le piante, gli angioli, i fiori e l'asino: perchè
-non canterò io l'acqua, questa madre della natura? La voluttà del
-correre su dorata quadriga e sollevare colle ruote corruscanti la
-polvere del corso più lieto di dame, può forse paragonarsi a quella del
-sorvolare con agile schifo sull'ali del vento le onde cristalline di
-un lago, d'un bel lago? Voga, voga, gondoliere: vedi come la brezza,
-scherzando, arriccia la mia capigliatura, come un'innamorata al suo
-caro? Che mi guardi dal cadere?... Lasciami specchiare in questo
-cristallo sì terso: forse scoprirò nel fondo qualche bella ondina
-amoreggiare fra i canneti con un silfo. Può mai la bella affidare le
-membra purissime a più soffice letto? Oh! come tranquilla la sorregge!
-Come l'onda increspata lambe amorosa e ricerca i tesori del seno ed
-avviticchia pudica il corpo candido colle treccie copiose!
-
-Oh l'acqua! E i fisici poterono affermare, sacrileghi, che dessa non
-è un elemento, come credettero i nostri padri? Dove vi fermerete,
-o insolenti, colle vostre scoperte? L'acqua è il primo elemento:
-trovatemi un poema che di lei non parli.
-
-Omero canta l'onda ch'egli sentì morire in un flebile lagno sui
-ciottoli delle sponde greche. Virgilio le bricconate d'Enea in faccia
-all'oceano, senza il quale come sarebbe egli fuggito alla passionata
-Didone? Come sarebbe venuto a fondare quella Roma che... ecc., ecc.?
-Senza l'acqua avrebbe potuto Dante fare il più tremendo augurio a Pisa?
-Ma lasciamo da parte Dante: questo poeta s'intende che è stato letto,
-chiosato, commentato da quanti sanno leggere... Dante. Per la stessa
-ragione omettiamo il Tasso, l'Ariosto e gli altri poeti italiani.
-Shakespeare, obbedendo a questo irresistibile impulso dei poeti,
-trasportò la Boemia sulle sponde dell'oceano, forse per consolarla
-colle libere aure marine del paterno reggimento degli Absburgo.
-Byron ad ogni pagina canta la tempesta del mare e della mente: senza
-il mare egli non avrebbe attraversato a nuoto l'Ellesponto, e non
-avrebbe scritto le più belle pagine del _Childe-Harold_, e non avrebbe
-anzitutto avuta la soddisfazione di far annegare il suo maestro di
-scuola nel _D. Giovanni_.
-
-L'acqua fa le vendette dei discepoli e dei popoli. Barbarossa annegava
-nel Cidno. La Beresina puniva il novello Cesare. Senza l'acqua, Mosè
-non avrebbe scampato dalle ugne di Faraone gli Ebrei, questa razza così
-degna d'ammirazione sotto l'aspetto politico, religioso, universitario
-ed artistico. Se questo è il più tremendo prodigio delle antiche
-scritture, delle nuove, dice un Intrese, il più notevole è senza dubbio
-quello delle nozze di Cana......
-
-Senza l'acqua, senza il mare, Venezia non sarebbe giunta la prima
-al Cattaio, e Costantinopoli non si troverebbe in bocca al mare dei
-Russi. Senza il mare Colombo non avrebbe scoperta l'America — che non
-si chiamerebbe America; — senza il mare, che sarebbe la flotta inglese
-e la fama di Nelson? Che sarebbe stato di Gama, di Cadamosto, di Marco
-Polo, di Diaz, di Magellano, di Cabotto? — Certamente lord Franklin non
-sarebbe perito di fame e di freddo nei deserti polari.
-
-Il mare è la sorgente delle immagini più sublimi dei poeti e Gian
-Paolo Richter, quel gran pensatore, come avrebbe potuto asserire, che
-l'idea della vita avvenire è per l'uomo quale un punto nell'immensità
-dell'oceano allo stanco navigatore, se....
-
-L'acqua (e con questa faccio punto) fornì al divino Petrarca
-l'immaginoso paragone:
-
- «O felice colui, che trova il guado
- «Da questo alpestro e rapido torrente
- «Ch'ha nome vita, ch'a molti è sì a grado!
-
-Ma tutto ciò è un nulla.
-
-Laghisti del Verbano, che sarebbe del vostro bel paese, se i campi
-cilestrini del vostro lago non fossero cristalline onde acquose, ma
-spumanti fiotti..... di Barbèra?
-
-Oh! da quanto tempo, o Verbano, tu saresti una conca asciutta come il
-palato dei tuoi intrepidi bevitori!
-
- *
- * *
-
-È fama, che gli antichi imitassero il cigno nella costruzione delle
-navi. Da due ore m'arrovello per iscoprire il prototipo delle barche
-verbanesi, e mio malgrado non trovo che il rospo. O gondole veneziane
-dalla chiglia tagliente, dal felze bruno, dalla prua addentellata,
-rimontate il Po ed il Ticino!
-
-Sento ora esservi tradizione che l'arca di Noè siasi fermata sopra un
-alto monte del lago, sopra Intra — l'arca venne copiata; il lenzuolo
-che coperse le vergogne dell'inventore della vigna venne issato a
-cima di un coso che non è più bastone e non è ancora albero; un palo
-lungo lungo a timone; ecco la nautica tradizionale del Verbano. La
-ripida discesa del Ticino spiega la mancanza di chiglia nei barconi che
-commerciano con Milano e Pavia; ma le veliere e le barchette che fanno
-il _cabotaggio_, malgrado i bei modelli introdotti dai villeggianti,
-sono sempre conformi all'arca di Noè.
-
- *
- * *
-
-Compagno, la sbagliate grossa, se credete che io vi vada tessendo una
-guida. A che una guida, quando il vostro sguardo è tratto soavemente
-senza ombra di sforzo al bello? Quando la natura si apre liberamente
-a voi dinanzi? Quale necessità di registrarne le varietà, quando
-l'armonia v'allaga di arcane dolcezze il cuore? A che una guida?
-
-Nessuno si fida delle indicazioni date per gli alberghi o altro simile,
-perchè ciò che oggi è buono può essere pessimo domani. Quindi non tutti
-ignorano che gli scrittori di questa sorta di libri, _qualche volta_,
-per poche lire lodano, col dovuto rispetto alle discipline letterarie,
-il più furfante bettoliere, e d'una trabacca pidocchiosa fanno un
-castello.
-
-Dopo queste premesse il lettore può pensare se la mia indole girovaga
-e selvaggia poteva acconciarsi, armonizzare con quelle ispide cifre
-statistiche! Di più, io sapeva troppo bene che per quanto mi fossi
-arrovellato per soddisfare i lettori, io non avrei secondato i loro
-capricci variabili secondo le ore della giornata. I lettori laghisti
-variano di brama secondo il paese, la villeggiatura ed il giardino.....
-ed ogni tulipano vorrebbe un inno!
-
-Ma se tu hai desiderio di conoscere più ordinatamente il paese, leggi
-la Guida di L. Boniforti. È l'unica che lessi senz'annoiarmi, anzi con
-piacere.
-
- *
- * *
-
- =Non fu mai gloria senz'invidia!=
- _Prov. Ital._
-
-— Pallanza! Pallanza! Chi ha bagagli per Pallanza!
-
-Io che da varii giorni vagava pel lago e non era ancora sceso alla sua
-capitale politica, vistomi sorridere amabilmente da tante pianticelle
-fiorite che mi stendevano amorose le braccia, tosto mi lasciai
-vincere, e dissi fra me: _vada per Pallanza_, e scesi dal piroscafo _S.
-Gottardo_.
-
-— Oh! scusate.... già mi dimenticavo di salutare, prima d'andarmene, il
-capitano, persona squisitamente cortese.
-
-Disceso a terra m'avviai a sinistra, ammirando case, palazzine e
-giardini, e così senz'avvedermene fui a Suna, la quale facendo lo
-gnorri va avvicinandosi a Pallanza, di modo che fra pochi anni Pallanza
-divorerà Suna o Suna mangierà Pallanza.... seppure — sempre nel futuro
-— mentre le due sorelle si confondono in un amplesso, non arriva dalle
-spalle Intra e ne fa un boccone. S'io fossi Intra o Suna — perdonatemi
-la superba supposizione — io risparmierei Pallanza. L'essere proprio
-adagiata sull'estremo lembo della collina che dal Monte Rosso declina
-nel lago abbracciando a sinistra il golfo, proprio in faccia alle
-isole (quella di S. Giovanni non può risolversi a lasciare la sponda
-pallanzese), attorniata da vaghissimi giardini; l'essere risparmiata
-nell'inverno dalle staffilate che la tramontana sferra senza pietà
-sopra Arona, Intra, Luino e Cannobio; di più la torre antica de'
-Barbavara, e anzitutto la sua posizione centrale, dovrebbero farle
-perdonare di essere il capoluogo della provincia.
-
-Così pensava io dondolandomi attorno ai giardini graziosi e coltissimi,
-che cerchiano la cittadina verso il promontorio di San Remigio, quando
-eccomi dinnanzi uno di quei tali, che i Toscani dicono sì incisivamente
-uomini-colla. Era di Feriolo, ed aveva stretto conoscenza con lui
-visitando le cave del granito. Vedermi, riconoscermi ed impadronirsi
-della mia persona fu un istante.
-
-— Che ne dice di Pallanza?
-
-— Molto bene, benchè finora i giardini e le palazzine alla nostrana ed
-alla svizzera m'abbiano distolto dall'entrare in paese.
-
-— Eh! cosa vuol vedere in paese?
-
-— Le case, le botteghe e chi vende e chi compra, le donne, e se ve ne
-sono i monumenti.
-
-— L'ha visto quel povero vescovo di pietra nell'acqua, sul porto? Ecco
-i monumenti.
-
-— Ho capito: Pallanza non è la sua passione. Eppure ho sentito che vi
-si trova spirito socievole più che altrove, e da quel po' di storia
-che ho scartabellato parmi che i Pallanzesi, quantunque ora siano
-annegati nel nugolo dei forensi e degli amministratori politici,
-abbiano indole fieramente tenace d'amor patrio. Signor mio, dopo d'aver
-visto i giardini qui attorno, io non mi curo gran fatto di vedere le
-manifatture, se vi sono, le carceri che vi sono, ed i monumenti che
-non vi sono. Mi pare però cittadina appropriata a contenere la sede
-politica del governo del lago; tanto più che, seppure gli operai non
-_lunediggiano_, parmi che il commercio non ingombri soverchiamente le
-vie.
-
-— Mi scusi, signore, ma la è in grande errore.
-
-— Ciò è possibile. Nulla di più facile anche colla migliore volontà
-del mondo, che il dare giudizi poco retti, quando si viaggia. E dove
-vorrebbe stabilire questa capitale del lago?
-
-— Senta. Arona ha già troppi intoppi. Ferrovie, telegrafi, poste,
-dogana, piroscafi e dieci altre confraternite governative. Di Belgirate
-non parliamo. Con tutti quei fiori, con tutte quelle fate ammaliatrici
-del bel mondo, Temi non avrebbe la testa a segno; Pallanza è troppo
-ilare; Intra è troppo chiassona; Cannobio troppo triste; Luino e
-Laveno....
-
-— Ma dunque?
-
-— Quale è il paese più serio del lago?
-
-— Ho capito, dissi fra me ridendo, e poi a lui: la è dunque di Feriolo?
-
-— O cosa c'è da ridere? Feriolo non è mica da meno.....
-
-Per fortuna mia una gentile persona di Pallanza m'incontrava in quel
-punto, del resto chi sa dove si finiva.
-
-Del resto se gl'Italiani credono una sola città potere essere la
-metropoli della nazione, Roma, perchè, disse — a morale della favola
-— il Feriolese, i laghisti non possono optare per quella città che
-crederanno meglio atta a farne la sede del governo?!
-
- *
- * *
-
-Il piroscafo scorre, guizza sulle onde, e la scena varia ad ogni
-istante. Intra, la città del cotone e dell'allegria, salve! Verrò a
-te quando mi talenterà passare la serata fra la cricca solazzevole
-dei tuoi begli umori ed una dozzina di fiaschi. Verrò a te, e s'io
-corro adesso oltre le tue mura, pensa che la più lunga strada è la più
-prossima a casa. Tu mi dirai forse: chi ama non aspetta — ed io a te:
-chi aspettare puole, ha ciò che vuole. Intanto che tu mediti queste
-scappatoie, si maturano le mie nespole.
-
-Laveno, un nido tranquillo a fior d'acqua, in fondo ad un golfo
-verdeggiante, appiedi delle montagne più singolari della costa sinistra
-del lago — lo zingaro non può dimenticare la bella abitatrice dalle
-stupende chiome.... senza che io te ne profferisca il nome, m'intendi;
-parlo di quella gentile il cui sorriso basta a diradare le nubi dalla
-tua fronte,..... non vo' dir altro — già alla sua presenza il mio
-labbro non balbettò che le solite nullaggini, ed ella deve avermi in
-conto d'un ciuco senza basto.
-
-Portovaltravaglia..... non ho scarpe tali da potermi arrampicare e
-dinoccolare per le ciottolaie dei tuoi monti senza pericolo che dopo
-un'ora di prova facciano le boccacce.
-
-Ghifa — voghiamo oltre; i signori della villa Morigia non pensano a
-farmene dono.
-
-Oggebbio — troppo arrampicare troppo scendere.
-
-Luino, graziosissima Luino dai declivi ombrosi! Da Maccagno che se ne
-sta rincantucciato in seno solitario e queto — Maccagno deve essere
-stata costrutta da qualche filosofo stoico — alla torre fantastica
-dell'Agnelli sulla punta di Germignaga, le curve dei tuoi colli sono
-fra le più vaghe e le più arborate; sicchè dopo la pittoresca Angera,
-Laveno, e Luino, chi dice tutta la sponda sinistra uggiosa e deserta,
-mente per la gola con certe _guide_ scritte da chi passò — forse — una
-volta sul lago...... colla nebbia.
-
-
-XI.
-
-_Cannero ed Ettore Fieramosca._
-
-Il seno di Cannero v'invita colla pacatezza dell'onde e colla
-benigna temperanza dell'aure e col riso della sua primavera precoce;
-l'albergo dei _Tre Re_ spalanca le porte per accogliervi, se non colla
-splendidezza dei monarchi orientali, colla spontanea cordialità d'un
-ospite un po' alla carlona, ma che vi regala — a buon mercato — a
-mense frugali di quel certo rubino che mette in vena, e che vi farà
-travedere nell'orizzonte la stella dell'insegna. Ma facciamo punto, chè
-altrimenti qualche maligno potrebbe sospettare che messer l'oste abbia
-comprato con uno scotto la lode dello zingaro il quale finora non è
-in debito con quel galantuomo, e lascia gli annunzi alla quarta pagina
-delle gazzette. Anche i terrazzi co' limoneti m'invitano a passeggiare
-fra le loro ombre profumate, ma la villa del
-
- «. . . Cavalier che Italia tutta onora»
-
-mi rapisce al caro villaggio.
-
-La villa di Massimo d'Azeglio non ha nulla di monumentale, nulla di
-peregrino all'infuori della posizione: costrutta sopra uno scoglio
-che si protende nelle linfe lacustri, n'è bagnata da tre parti; dalla
-quarta guarda le ripide chine del monte boscato che sta a ridosso
-della riva cannerese. Da questa ha dinanzi il basso del lago fin
-oltre Laveno; da quella vede in primo aspetto i colli di Luino e di
-Germignaga, e, dietro, suffusi dal cilestrino dell'aria, i monti del
-Luganese; verso Cannero ne ha in vista le case, i vigneti, e nell'acqua
-i romantici castelli percossi dall'onda — più in là, oltre lago, la
-fronzute spalle delle erte dell'Alto-Maccagno, su cui fra cielo e terra
-biancheggiano boscherecci villaggi.
-
-All'intorno sulla spiaggia non case, nè orti; alberi, castagneti — il
-sito non poteva scegliersi più rimoto. La palazzina disegnava la stessa
-mano che coloriva a sì vivi tocchi l'Ettore Fieramosca, e se dessa
-non va distinta come opera d'arte, nulla manca in essa per rendere
-meglio agiata e confortevole la dimora. Il capace terrazzo a picco sul
-lago, innanzi alla Casina, orlato di fiorite pianticelle, con quelle
-vedute, è la cosa meglio acconcia per l'abile paesista e descrittore
-che, nella meditazione della natura, studia per l'arte i mutabili toni
-dell'orizzonte e delle spiagge, i contrasti e le armonie. La temperie
-del clima, la bellezza e la tranquillità del sito, i piaceri del lago
-e la solitudine che richiama al pensiero le tante memorie di chi è ad
-una poeta, pittore, uomo di stato e soldato, lo chiamano sovente a far
-dimora nel suo eremo.
-
-Il rimproccio che tutti fanno a Massimo d'Azeglio ed al suo maestro
-Manzoni è di essersi arrestato troppo presto in quell'arringo ove
-colsero sì gloriosi allori — ed hanno ragione. (_Qui, a vero dire, non
-si sa bene se lo zingaro abbia inteso dire che i due scrittori avessero
-ragione, od i primi; io, nella mia qualità d'editore, senza cantartene
-i perchè, do ragione agli ammiratori_).
-
-La brina dell'età non ha smorzato il brio vivacissimo di chi seppe
-fondere le pagine dell'_Ettore_ ed il racconto del sacco di Roma nel
-_Nicolò de' Lapi_; chi non ha letto con vero solluchero i troppo pochi
-frammenti delle _Memorie degli anni giovanili_, scorsi girovagando in
-Italia fra lo studio degli uomini e delle cose?
-
-Giusti, il suo caro amico, lo sollecitava con amorevole insistenza
-alla pubblicazione di tre altri lavori a cui aveva posto mano, _Corso
-Donati_, _L'Assedio di Siena_ e La _Lega Lombarda_. Che il desiderio
-del grande Toscano non debba essere più soddisfatto?
-
-
-XII.
-
-_Scoperta del Ticino in Italia — Locarno e Magadino — Diversità di
-sistema metrico — Il Re Gambrino in Italia._
-
-I Ticinesi, malgrado gli Svizzeri oltremontani, sono Italiani. Della
-Svizzera non hanno che le leggi. Cielo, clima, favella, istoria più
-ancora che la stessa giacitura del paese li fanno Italiani. Essi sono
-liberi, ma il giorno in cui tutta l'Italia sarà libera, essi non si
-chiameranno più Svizzeri. Allora si accorgeranno che i loro altissimi
-monti li invitano a scendere nella valle del Po, non a valicarli per
-discendere fra mezzo ad altre razze, ad altre idee.
-
-I Ticinesi non mangiano che pane italiano e respirano aure italiane.
-Dippiù, chi direbbe Vela uno Svizzero piuttosto che un compaesano di
-Canova? I Ticinesi non dicono d'essere Italiani più che Svizzeri,
-non lo dicono mai: ma ad ogni ora lo provano. Il Ticino non diede
-i congiurati del Grütli, nè gli eroi di Grandson e di Morat, alla
-Svizzera, ma diede all'Italia soldati ed artisti famosi. I Ticinesi
-sono Svizzeri nelle sale del loro governo; ritornati al sole, sono
-Italiani. Se i Ticinesi non fossero liberi, sarebbero ora con noi.
-Essi sentono tutto il pregio inestimabile della loro libertà, ed ogni
-volta che l'Italiano combattè per la sua propria si vide al fianco un
-Ticinese.
-
-Finchè l'Italia non è libera, il Ticino è svizzero per accogliere nelle
-sue braccia i nostri profughi.
-
-Il golfo elvetico ha sembianze severe. I monti altissimi sfiancati, a
-gran tratto nudi, scheggiati, proiettano ombre rotte sul paesaggio. Ma
-Locarno è in uno dei più deliziosi siti del lago, come ne è una delle
-più belle cittadine.
-
-La passeggiata al Santuario della Madonna, lassù è piena di belle
-viste. Peccato che da Locarno si vede poco lago.
-
-Magadino, il villaggio del lago forse più conosciuto in Europa dopo
-Arona, è forse il meno degno di esserlo per tutto che non è commercio.
-Dieci case, in cui nove depositi di merci, otto venditori di tabacco,
-sette caffè, sei spedizionieri, cinque alberghi, quattro pubblici
-funzionarii, tre uffici, due bigliardi, e dappertutto un odor di
-formaggio che assassina.
-
-A Magadino capitò un giorno, in una sdruscita barcaccia, di cui pagò
-il nolo cantando una deliziosa barcaruola, la Poesia. Un soldato, che
-stava all'approdo, veggendo quella figura divinamente strapazzata,
-tenendola per qualche affare di contrabbando, la condusse nanti il
-giudice del distretto. Siccome la poverina parlava un linguaggio
-inintelligibile per le orecchie _burocratiche_, questi mandò per un
-mercante che conosceva varie lingue. Il nuovo arrivato le chiese qual
-mestiere esercitasse.
-
-— Tesso con fiori la trama della vita umana.
-
-— Che diavolo di stoffa è questa! sclamò il mercante passando colla
-mente in rassegna le tele dell'Olanda, i pizzi del Belgio, e le mussole
-della Svizzera. Diede di mano ad un _metro_, che stava presso al banco
-del giudice, e mostrandolo alla poverina, le chiese se avesse inteso
-favellare di quella misura.
-
-Smarrita da tanta sconoscenza, ella, che pure aveva cantato tante
-glorie e consolato tanti dolori, fuggì ratta, e da quel dì più non si
-vide attorno.....
-
-Malgrado il continuo va e vieni di piroscafi, di barche, di vetture, di
-carri, di bestemmie e di pugni fra vetturali e facchini, noi passammo
-una deliziosa serata all'albergo del Belvedere, ammirando dal balcone
-esteriore della casa il bel golfo ticinese riflettere gli ultimi
-chiarori del sole che tramontava incendiando le nubi che coronavano
-le vette della Valticino, mentre il _maître d'hôtel_ ne raccontava le
-avventure dei suoi viaggi.
-
- *
- * *
-
-Sulla bella via che tende da Locarno a Bellinzona v'ha una graziosa
-casetta, che si pavoneggia in mezzo ad un giardino senza fiori. La
-domenica v'è un chiasso da non dirsi di strilli musicali, di danzatori
-che s'avvolgono in un turbine polveroso, di battimani degli assistenti,
-in mezzo ad un va e vieni di ciotole di birra; che quella è una
-birreria, la più bella, la più frequentata di Locarno. Una brigatella
-di suonatori, ignoro se di mestiere — non posso dire dell'arte — o
-dilettanti, — nel caso sono pur discreti a dilettarsi con sì poco!
-— soffiava a tutto polmone negli strumenti più o meno assordanti,
-inaffiando di quando in quando la gola riarsa con un sorso di spumante
-birra. I danzatori — i maschi stavano alle femmine in ragione del cento
-per uno — mescevano di quando in quando birra alle danzatrici, mentre
-i curiosi in giro e gli altri avventori ai tavoli in giardino, sullo
-steccato dinnanzi alla casina, gridavano battendo colle ciotole vuote:
-birra, birra! Io chiusi gli occhi — e, meno l'assenza dell'armonia nei
-chiasso strumentale — mi pensai di essere in Germania con un _schop_ in
-mano e l'inevitabile pipa in bocca.
-
-E mi parve di sentire attorno la lingua di Klopstok raccontare la
-curiosa leggenda di Gambrino, il quale, come Noè il vino, scopriva la
-birra, e meritavasi così di essere raffigurato tra Schiller e Goethe
-su tutte le ciotole delle birrerie tenere della gloria alemanna. Vispe
-e procaci ragazze correvano attorno servendo lo amarognolo liquore, e
-ritraendone il prezzo e per giunta lo scoccare d'una interrogazione
-galante o d'un bacio sulle umide mani; una sottile nebbia piena
-di visioni cominciava ad avvolgere coi veli incerti la sala.....
-Quell'avventore pensieroso era senza dubbio Fausto. — Quell'altro dalle
-unghie lunghe e la barba da caprone, se non spirasse la fatua gloria
-di un damerino provinciale, sarebbe senza fallo Mefistofele — quel tale
-che parla sì forte di patria e di forche pei tiranni è forse l'ombra di
-qualche Niebelungo in sessantaquattresimo — là una zingara che studia
-su fatidiche carte la vostra sorte — qui una canzone di Körner, più in
-là dal crocchio di studenti una lezione eretica di Strauss.....
-
-Io era ingolfato in piena Germania, e stava per essere anch'io della
-partita, quando un vicino importuno sclamò:
-
-— Io vi ripeto, che per un bicchiere di vino delle Fracce do tutta
-la birra e la birreria, colla musica per soprappiù. Che volete? sono
-Italiano!
-
-
-XIII.
-
-_La malinconia a Cannobio — Non tutti i cattivi principii hanno cattiva
-fine — All'indiscreto lettore._
-
-L'aria è soffocante: non un alito di venticello sfiora il lago;
-ma Cannobio che all'aspetto esteriore presi per la patria della
-melanconia, è dimora d'una costante brezza, che tutto mi fa fremere
-deliziosamente. È il più fresco villaggio di tutto il lago, come ne è
-forse il più freddo nell'inverno.
-
-Cannobio ha un aspetto originale. Adagiato in riva al lago fra una
-gola di erti monti boscati, presenta una serie di case variatissima.
-A destra verso la Cannobina, torrentaccio insolente, dieci o dodici
-antichissime case di pietra, la maggior parte delle quali in semirovina
-con finestre sfondate, usci disarpionati, tetti cadenti, mentre la
-spiaggia è popolata di lavandaie e di pescatori. Queste rozze topaie
-sono divise dal resto da una bella chiesuola, in cui — senza parlare
-di Bramante che la disegnava, nè del ricco pavimento a scacchiere di
-marmo — s'ammira una bella tela del Rafaello delle montagne, Ferrari
-Gaudenzio, rappresentante la discesa dalla Croce. Questo tempio
-sormontato da una cupola attorniata da colonnette a portico in giro è
-rivolto verso l'interno del paese.
-
-Dal tempio, che così visto dal lago non è meno bizzarro del resto,
-corre una fila di case, l'una dall'altra diversa, innanzi a cui
-s'innalzano antichi platani, che ombreggiano un tratto di terreno
-irregolare senza spiaggia, ma orlato al lago d'un muricciuolo su cui
-siedono e si appoggiano al rezzo delle piante foltissime ragazzi e
-fanciulle ed i faniente del paese. Di queste case una presso la chiesa
-ha la figura di una casa lombarda del XVI secolo: varie iscrizioni in
-marmo dormono sul muro grigiastro fatto più scuro dal contrasto dei
-muri vicini a colori vivi, qua e là un po' scoloriti dalla pioggia,
-come quelli delle villeggiature della Liguria. Quell'altra ha le
-inferriate gibbose alle finestre ed i balconi e le persiane e le tende
-delle case spagnuole. Poi nella ressa che fanno, stringendosi una
-addosso all'altra, per stare a vista del lago, un altro gruppo di case
-a portici, a piani sporgenti, slavate, scornicciate dal vento e dal
-tempo. Ecco Cannobio dal lago. Entrate, se è possibile, girando lungo
-la Cannobina dalla parte opposta, non lo riconoscerete. Un'ampia, lunga
-e pulita via adorna di belle abitazioni, una piazza con un bel tempio
-vi fanno affatto ricredere che il borgo sia un ammasso di trabacche
-annerite e spiombate come da buon tratto della sponda.
-
-Si direbbe che l'egoistico amore d'una tranquillità assoluta abbia
-vestito così tristamente la fisionomia esteriore della borgata per
-tener lungi ogni contatto straniero. Il laghista è generoso, ma poco
-socievole.
-
- *
- * *
-
-Passai varii giorni al rezzo dei platani di Cannobio. Tramontato il
-sole, in gondola. La sera vogava attorno alla rupe profonda di Pino,
-grazioso paesello sopra un erto promontorio vestito di castagni e che
-si pavoneggia mirandosi addoppiato dall'onda.
-
-Ritorniamo ad Intra; cerchiamo un barcaiuolo. Una ventina stanno alla
-spiaggia, parte racconciando attrezzi di pesca, parte dormendo distesi
-lungo il muricciuolo all'ombra dei castagni. Questo giovane tarchiato
-dallo sguardo insolente e col frusto di sigaro fra i denti, mi garba
-assai. Questo vecchio con quella nidiata di ragazzacci attorno è un
-vero tipo di quegli apostoli che il vigoroso pennello di Tintoretto
-scolpiva sulla tela a Venezia.
-
-Mentre io me ne stava guardando l'animato quadro, che mi si spiegava
-dinnanzi, apparì non so di dove una bella creatura, diciottenne, bionda
-come un'Inglese e tutta spilloni d'argento alla nuca, come la Lucia
-dei _Promessi Sposi_. Ella venne presso uno schifo legato a terra e vi
-depose un paniere. Quella testa era stupenda; non era un profilo greco
-e qualunque pittore l'avrebbe plasmato qual era. Sulla sua fronte non
-si leggeva un pensiero che non fosse di gioia; il sole le aveva indarno
-abbronzato il viso, mentre il collo appariva, sotto il fazzoletto
-rosso, di rara bianchezza..... Non parliamo di grazia del suo collo
-piegato a leggera curva più grassoccio che magro. Il petto ricolmo
-palpitava sotto una vestina, che aperta mostrava una bianca camicia
-raccolta a sottili pieghe. Due scarpe quadrate malfoggiate tradivano un
-piede snello, irrequieto.
-
-Saltò nella barca con agilità e mi sorrise. Che faccia la barcaruola?
-Perchè no? Ne ho viste tante ad Intra! E colla maggior grazia del
-mondo:
-
-— Vorreste, bella ragazza, noleggiarmi la vostra barca?
-
-— _Smorbion_! Mi rispose seccamente, mentre quel certo vecchio del
-Tintoretto senza nemmeno toccarsi il cappellaccio di paglia con un
-piglio tra l'arrogante e l'offeso mi si era piantato dinnanzi, tra me e
-la forosetta.
-
-— Cosa vuole da quella ragazza?
-
-— Ve lo dirò, quando mi avrete spiegata quella parola _smorbion_.....
-
-— Quella parola vuol dir insolente, petulante, cattivo soggetto.
-
-Davvero che quel vecchio animandosi, imporporandosi, mi diventava
-sempre più interessante; il petto velloso scoperto, gli occhi
-ancora raggianti di forza, i lineamenti improntati dalle tramontane,
-m'impedivano affatto di irritarmi.
-
-È inutile dire, che dopo poche parole il vecchio era tranquillo sulle
-proposizioni da me fatte a quella tosa, e che il cerchio ragunatosi
-d'allocchi desiderosi di essere spettatori d'una scena di pugilato,
-rimase con tanto di bocca quando mi vide saltare col vecchio nella
-barca, ove già stava la bella Peppina.
-
-La Peppina se ne andava a Maccagno: perchè non v'andrò io pure? Una
-mezz'ora con lei merita una visita a Maccagno. Nella gondola entrambi
-seduti a poppa, ella non era più così sospettosamente selvaggia. Non vi
-parlerò nè delle sue belle treccie, nè delle sue scarpe troppo grandi,
-non del corallo delle labbra, nè degli occhi azzurri come il lago, nè
-delle sue calzette bianche di bucato. Ma perchè non dirò che un eroe
-avrebbe desiderato di riposare il capo su quel petto palpitante di vita
-e d'amore? Nel paniere erano frutta: ne mangiammo assieme; scendemmo a
-Maccagno, salimmo una lunga erta boscata ed ombrosa in cima alla quale
-un piccolo villaggio.
-
-Passai qualche giorno a Maccagno fra la pipa, i disegni, i racconti,
-che la cara forosetta mi narrava sulle sponde dell'ameno Delio,
-percorrendo i boschi, e..... Che cosa è questo ammiccare degli occhi,
-garbato lettore?
-
-— Finisci adunque la frase.
-
-— Nossignore. Merita forse che io le faccia vedere i bei granchi a
-secco che la piglia, quando vuol dar retta alle mormorazioni della più
-volgare malizia? Se non capisce lo scopo dei miei racconti, peggio.....
-
-— Ho capito. Vorresti darmi ad intendere, che la laghista, popolana,
-è tanto amabile e generosa, stretta conoscenza, quanto è ritrosa e
-selvaggia, a primo incontro.
-
-— In verità, che se non fosse mio lettore le direi, in confidenza,
-che l'è un pesca granciporri... La laghista sotto ogni aspetto è più
-cara del laghista. Il sorriso del cielo e del paese le persuadono
-l'amore. Ma teme l'amore e lo sfugge volentieri... Innamorata è la
-donna — a quanto mi si disse — più generosa del mondo. Quante volte le
-grazie femminili temperano la volgarità maschile, qui come dapertutto!
-Le aggiungerò, signor lettore, che se i laghisti non fossero gelosi
-come tutti gli altri italiani, io vorrei intonare un inno, a grande
-orchestra, alle gentili abitatrici delle sponde verbanesi.... Torniamo
-dunque in buona pace alla Peppina. Se m'avesse risposto a Cannobio:
-
-— Signore, questa barca non m'appartiene; io non avrei passato una
-settimana lassù. Dopo questa, la bella Peppina partiva per Milano
-lasciandomi a ricordo una folla di pazze leggende, con cui aveva
-popolato i castelli di Cannero e i boschi di Maccagno.
-
-Che andava a fare a Milano? A cangiare di scarpe, mi rispose
-sorridendo. Ad ogni modo la fortuna ti sia propizia!
-
- *
- * *
-
-— Compagno mio, voi mi tenete il broncio, e mi pare di non avervene
-data cagione. Vi compatisco: il pensiero corre qualche volta laggiù
-fra le mura della vostra città... Voi non mi rispondete? Mi guardate
-sospettoso... Sotto il saio sgualcito, fantastico dello zingaro, Dio
-sa chi potrebbe nascondersi, n'è vero? L'abito abbottonato, una mano
-sulla tasca, un'educata smorfia di noia sulle labbra... La cera ed
-il silenzio parlano qualche volta con rara eloquenza. Chi sa quanti
-sotto queste spoglie non avrebbero sospettato un giornalista ricco
-di speranze e d'appetito in cerca d'_associati_; un aspirante al
-Parlamento in giro pel circondario promettendo il ritorno dell'età
-dell'oro; un commesso di libraio che pretende colla minaccia, o la
-borsa o la vita, _una firma_ per un'opera mai più vista, a cui posero
-mano cielo e terra!
-
-— Zingaro, mi pare che voi m'abbiate promesso di guidarmi dal Verbano
-alla Svizzera per l'Ossola e la cosa va alle calende greche. Sono
-oramai stanco di asolare. Alla fin fine che m'avete voi fatto vedere?
-Invero io m'aspettava.....
-
-— Una lanterna magica o un cicerone di piazza?
-
-Se desiderate _vedute_ compratevi delle fotografie. Vorreste forse
-sapere il nome di tutto ciò che sfila dinanzi agli occhi? Vorrei
-potervi dire il nome dei signori di questa e di quella villeggiatura;
-ma per mia disgrazia non oso ficcare il naso oltre il cancello del
-giardino per aspirare ad aperte narici l'olezzo dei miei carissimi
-fiori..... Se in quell'istante capita il portinaio, arrossisco come
-un ladro, tanto più che è difficile che m'inviti ad entrare. Cogli
-zingari, si è già troppo cortesi quando si lasciano traguardare da
-un'inferriata. Pensate, se mi capita un grazioso signore, se io con
-questa maledetta indole oserei dirgli:
-
-— Servitor suo, io sono uno zingaro, ma di quelli che rubano solamente
-cogli occhi e col naso... mi permetta... scombicchero un libro... farò
-cenno e lode di lei... Scusi... per mia regola... a che ora pranza? Non
-voglio disturbarla... — Metterei la mia rispettabile schiena a rischio
-di farsi gramolare.
-
-Con questo sistema, scrivendo difilato di tutto e di tutti, io,
-sapendolo fare, avrei scritto un librone in-folio, ed il lettore non
-l'avrebbe comperato per non saperlo ficcare in tasca. È vero, salto
-di palo in frasca; ma v'assicuro che ciò è unicamente per darvi agio a
-respirare. Insomma ditemi il vostro piato.
-
-— Voglio dirvi che voi non mi avete ancor dipinto qualche singolarità
-in mezzo ad una natura pur singolare per varia bellezza.
-
-— Giuggiole! E dove la prendo io?
-
-— Lo scultore del fango forma una Venere, e voi mi fate viaggiare in
-lungo e in largo il lago........
-
-— Annoiandovi?
-
-— L'avete detto. Voi non mi parlate che degli alberi, delle montagne e
-delle onde. Pare che il lago non sia abitato.
-
-— Ma e Manzoni e Massimo d'Azeglio?
-
-— Eh! Si conosceva come gente di casa, quando voi senza fallo eravate
-ancora cullato dalla balia colla cantilena del ninna nanna.
-
-— Che volete? Conversare dei morti non mi talenta, e dei vivi,
-quand'anche potessi loro conferire l'immortalità, non ne ho punto
-voglia. Se alcuno non trova il suo tornaconto, se la pigli col lettore
-indiscreto. I nomi maiuscoli di quelli che fanno parlare di sè in
-Italia, è inutile che io li ricanti. Parlare di sconosciuti è cosa
-poco allettevole per voi e pericolosa per me, chè nella lode non avrei
-sempre la sanzione dei conterranei del genio incompreso.
-
-Tutto il lago possiede uomini d'ingegno vivace, senza farne però gran
-caso: tutti i libri di laghisti pubblicatisi vi ebbero pressochè nessun
-esito. Non avete mai veduto in un frutteto un albero chiomato di fronde
-rigogliose di fiori e di frutta lasciarsi involare dal vento i più
-odorosi e le più saporite? Il laghista non legge.
-
-La popolazione industre, laboriosa ama il litro più del libro...
-Chi oserebbe rimprocciarnela? Lo stesso lord Byron direbbe che hanno
-ragione.
-
-
-XIV.
-
-_La tempesta sul lago. — Quando non si fanno cerimonie._
-
- =È cosa curiosa l'amore della vita!=
- _Un beccaio._
-
-Un'immensa nube nericcia s'addensava sui monti che rinserrano il
-lago al nord; il lampo di quando in quando guizzando in quell'oscuro
-vôlto rischiarava un istante i profili rotti delle montagne. L'aria
-soffocante, un'afa di prigione senza uno spiraglio, nessun tuono
-ancora.
-
-Verso le supreme cime dell'Ossola le nevi rischiarate dal tramonto,
-contrastavano coll'orizzonte come luccicanti armature mal celate sotto
-la bruna cappa d'un antico cavaliere.
-
-Il Mergozzolo, che d'ordinario soffia un alito di frescura sul
-golfo delle isole, pareva addormentato sui morbidi cuscini della sua
-verzura. Ma in fondo del lago, dalla pianura lombarda, sorgeva una
-straordinaria cortina di nubi rossiccie, sanguinose, che toccavano
-il cielo. Ad un istante, mentre i laghisti mirano le barchette, che
-s'involano con rapido alternar di remi dal mezzo della tremula pianura,
-un rombo lontano, crescente, incessante annunziò la tempesta colle sue
-artiglierie.
-
-Il vento inferiore o _inverna_, si scatenò subitamente sul lago, che
-si coprì tosto di spuma leggera, di piccole onde e in meno che il dico
-di grandi cavalloni, i quali emulando i marini venivano ad abbattersi
-sulla ciottolaia della spiaggia con un lungo stridìo.
-
-Sulla strada che orla il lago il turbine avvolgeva la polvere in
-altissimi spirali, in cui tratto tratto sparivano le vetture, le
-persone, gli animali fuggenti qua e là. A riva, le lavandaie malgrado
-il loro affaccendarsi a raccogliere i panni sciorinati, a gettar
-sassi su quelli che erano stesi a terra, videro una miriade di lini
-variopinti preda del vento svolazzare sulla strada, sulle case,
-sul lago. L'aria era tutta polvere, fiori divelti, foglie, profumi,
-cappelli di paglia, non senza qualche ombrello vagante a grado del
-turbine, divelto Dio sa da quali manine!
-
-Alla calma era successa di repente la più disordinata agitazione; era
-un correre generale, aria, gambe, remi. Lo sbattere delle persiane
-e delle invetriate che andavano in frantumi precorse d'un istante un
-lampo vivissimo ed un rumoroso tuono, che fu per la tempesta come nella
-battaglia il primo fuoco dei bersaglieri avamposti.
-
-L'uragano è precipitato; la schiuma dei fiotti vola a larghe falde
-nell'aria per ricadere sopra la nostra gondola in finissima pioggia.
-Col vento in poppa, con mezza vela in asta l'_invernone_ ne cacciò
-in poco d'ora dalle coste amenissime d'Intra fin presso Cannero. Allo
-svolto del monte, che si protende sul lago tra Cannero e Cannobio sotto
-al sasso Carmeno, il lago cambiò fisionomia. Un violento aquilone si
-abbatteva dalle gole del S. Gottardo sul lago. Una terribile lotta
-s'impegnò tra la tramontana e l'invernone. Le onde risospinte, mozzate,
-sbattute non avevano più direzione. Il lago era tutto bollente d'ira e
-di schiuma, mentre il cielo era tutto fuoco, ed i monti echeggiavano
-sordamente alle incessanti scariche dell'elettricità. Di quel lago
-sì variamente bello di monti e colline verdissime, d'onde azzurre del
-sereno del cielo nulla più appariva.
-
-Il vento sibilava sinistramente nelle pinete; le strade deserte dalla
-popolazione chiassona; le onde emulanti il furore del mare, mentre la
-grandine ed una pioggia a rovesci formavano una fitta cortina, fra cui
-apparivano in lontananza i paeselli a riva, a mezza costa, le isole
-in mezzo ad una tinta grigiastra. Dappertutto la forza, la maestà del
-temporale: la grazia era scomparsa.
-
-Il gondoliere abbassò ad un tratto la vela e fu in tempo. Le onde
-mentre alzavano alta la prua si gettavano da poppa sulla gondola. In
-quel tramestio il vento ne cacciò — i volti impallidirono — fra le
-torri dei castelli di Cannero, mura liscie, nere, senza porte, a picco
-nel lago da cui sorgono.
-
-Il loro aspetto tra il castello feudale, la prigione ed il covo di
-pirati è sinistro. Quando questi solitarii avanzi del delitto guardano
-dalle oscure occhiaie la ripa vicina, le piante rabbrividiscono. Più
-d'una divenne paralitica.
-
-Il vento entrando nella fessura dei muri, dalle finestruole, dalle
-fuciliere strideva orribilmente. Al barcaiuolo omai sfinito parve
-di sentire in quelle abbandonate stanze risa di scherno, che gli
-diacciarono le ossa.
-
-Mi assicurò che erano le ombre dei cinque fratelli pirati già re di
-quello scoglio. Per nostra fortuna l'aquilone in quel momento abbatteva
-il suo rivale: dietro al castello verso Cannero potemmo gettarci sopra
-una piccola spiaggia in faccia all'isolata torre della Malpaga. La
-barca tratta da quella furia di vento girò sopra se stessa rapidamente,
-passò innanzi alla torre, quando un'onda la sollevò in alto per
-stritolarla un momento dopo sulla scogliera. La notte era discesa cupa,
-oscurissima: in quella tenebrìa non si sarebbe potuto scorgere anima
-viva!
-
-Il barcaiuolo, tremante, accennava al chiarore dei lampi una frotta di
-spazzacamini già naufragati poco lungi presso Cannobio, che diguazzando
-cercavano colla rabbia della disperazione di salvarsi sopra i frantumi
-della barca. Quei volti gonfi, dai capelli verdastri, erano orribili.
-La caliginosa tinta lottava invano colla pallidezza cadaverica: gli
-occhi roteavano con sguardi di desiderio, di terrore nell'agonia. Un
-piccolo ragazzo fra i naufraghi era giunto ad impadronirsi d'un remo.
-Suo padre gli chiedeva aiuto, una mano per salvarsi. Il ragazzo attese
-che il padre fosse vicino, e con un colpo della rastia gli fracassò le
-cervella. L'annegato calò a fondo e ritornò a galla presso il figlio:
-afferratolo pei piedi lo sbalzò dal remo. Ogni frusto della barca
-era l'oggetto d'una lotta. Avviluppato nella vela, legato, soffocava
-il vecchio arruolatore di quei neri operai, invano chiedendo aiuto:
-una dozzina di ragazzi stringeva colle braccia convulse il corpo
-galleggiante di chi li nutriva.........
-
-Intanto presso Pino appiedi a quel crocifisso, che stende invano le
-braccia ai naviganti, succedeva una scena poco dissimile. Uno schifo,
-su cui due fidanzati, urtava in quella roccia e tutto spariva....
-In quella notte l'annegata veggendo il suo caro dormire fra l'alghe
-in fondo al lago, leggiera si spiccò alla superficie e dopo mille
-tentativi inutili, colle mani sanguinose potè appigliarsi ad uno
-sterpo, che sorgeva in una fessura della roccia.
-
-Lo sterpo è sufficientemente robusto: ancora un istante e la bella è
-salva, quando ad un tratto il suo corpo è strettamente avviticchiato.
-Prega la misera, prega, supplica, assicura, giura che lo farà salvo fra
-un istante: ma tutto è vano.
-
-Ella sente smarrirsi le forze, sdrucciolare sull'ammuffata roccia,
-lo sterpo sbarbicarsi per il soverchio peso..... la brutta morte
-s'appressa nuovamente inevitabile.
-
-Allora un pensiero d'inferno balena alla sua mente..... quella mano,
-che ha fra le dita l'anello nuziale, abbranca ratta un'affilata
-pietra... Il fidanzato non è più, ma il suo corpo non si è staccato
-dal funereo amplesso: le braccia, il petto non sono più animati, il
-volto pallente, la lotta è cessata, ma il nemico resta e implacabile,
-spaventoso. Ogni sforzo della bella è inutile, lo sterpo si sradica
-sempre più, ed ella si sente tirare al fondo dell'abisso fra le sue
-bestemmie all'amante, fra le convulsioni degli sforzi per guadagnare la
-vita.
-
-Mi svegliai madido di freddo sudore ad una bella aurora, che su tutto
-il lago spargeva fiori e perle, dopo queste orrende visioni dell'amore
-della vita, che mi richiamavano ancora confuse le parole a doppio senso
-del barcaiuolo a me che lo interrogava nella tempesta, se m'avrebbe
-condotto a riva a nuoto:
-
-— Eh! in queste occasioni non si fanno cerimonie!
-
-
-XV.
-
-_Treffiume o Trafiume — Dammi amore e ti do un mondo._
-
-Un bel mattino, di Cannobio m'avviai verso Trafiume di buon passo.
-L'aria frizzante della valle Cannobina, in cui io m'innoltrava,
-raffrescandomi tutta la persona, faceva sì ch'io corressi per quella
-stradicciuola come se avessi le ali ai piedi. Io non correva punto a
-deliberata meta; correva perchè.... correva!
-
-Chi potrebbe tentare l'enumerazione di tutti i moti dei quali non
-è ben nota la causa efficiente? Un giorno berresti un fiasco di
-lacrimacristi, al domani ti spinge una vera necessità di seppellirti
-lungo e disteso nelle lamentazioni di Young. Quel dì io avrei piuttosto
-bevuto alla vostra salute un sorso di lacrimacristi e lasciato ad
-altri il piagnone inglese. Come pensare a tante melanconie quando il
-cielo è sorridente, fresca l'aura, più verdi le piante, più garrule le
-rondini, e lo stesso torrente ha voce più armonica? La valle Cannobina
-triste per avarizia di natura era meno uggiosa. Con queste divagazioni
-mentre sto per passare sopra un antico ponte, eccomi là in fondo tra i
-castagneti Trafiume.
-
-Perchè _Trafiume_ s'egli non è a mezzo le acque? Dove sono gli archivii
-del comune? Le antiche pergamene? Il biricchino a cui io moveva queste
-domande per appagare il mio onestissimo desiderio di condire al lettore
-la passeggiata con un cicino di storia secondo i buoni costumi della
-buona letteratura... Dove mi trovo? Ecco cosa mi tocca con questo
-benedetto divagare e saltare di palo in frasca! Ah! Eccomi sulle
-rotaie. Il monello andava a scuola a Cannobio, ove studiava nientemeno
-che la storia, l'aritmetica, la geografia e la lingua italiana, ed
-a prova palpabile degli studii portava accollato al dosso un certo
-zibaldone di libri, o cartellone che vogliate, di tale mole, che
-il _puer sudavit et alsit_ non fu mai appiccicato sì a dovere. Quel
-professore in erba mi disse adunque che il villaggio in discorso era
-Treffiume.
-
-— Caspita! Tre fiumi? Dove sono questi fiumi? Il monello mi guardò
-estatico, poi di trotto che il fastello dei libri gli saltellava sul
-dosso, partì in mezzo ad un nugolo di polvere, piantandomi sul ponte a
-fare conversazione con una antica statua di pietra.
-
-Disperato di non trovare la sospirata etimologia, mi avanzo oltre il
-paesello nella vallea pensando se non mi sarebbe dato di essere il
-Colombo dei tre fiumi di Treffiume.
-
-Oh! eccomi chiusa la via: il torrente s'allaga nell'uscire da un oscuro
-e cavernoso canale fra due roccie ertissime congiunte lassù da un
-ponte, che da un tempietto valica l'orrida forra.
-
-Una provvidenza di barchetta mi attendeva, ed io meno confidente
-di Colombo, quando salpava coi legni Ispani per la patria delle
-contraddizioni e dei _rewolvers_, m'avventurai in quel quasi
-sotterraneo canale a mille doppi più periglioso della Manica.
-
-A dritta cento sassi screpolati, scagliosi, tentennanti sul tuo capo:
-a sinistra una roccia spossata di stare lassù abbracciata al monte
-e che aspetta forse una sola parola dell'eco per abbandonarsi nelle
-braccia della legge di gravità, e sotto al fragilissimo schifo un
-gorgo profondo.... Scilla e Cariddi! Eppure la voluttà vertiginosa
-del pericolo m'invita oltre la soglia della forra, ed io, compreso
-da religiosa temenza, susurro al gondoliere: voga! voga! Ed egli
-voga, ed i vivi raggi del sole non osano entrare con noi in quella
-misteriosa stanza, in cui certo fra l'ombre ed il mormorio delle acque
-amoreggiano.....
-
-Ma che? Il navicellaio è scomparso, e dall'onde una dolcissima figura
-nuotando silenziosa, conduce con una mano lo schifo, ed io ammiro
-quelle forme divine su cui le chiome diffuse e l'onde fanno dubbioso
-velo..... or eccola a prua, assisa, che con mano sicura, spingendo
-ora a destra ora a sinistra, m'addentra nell'umido laberinto. Io
-la guardo..... con occhi sì desiosi di una sua novella che valga a
-snebbiarmi il cervello, che essa mi sorride e mi dice che s'io bramo
-conoscere la sua storia, devo seguirla nelle sue stanze........ Il
-rauco fragore della cateratta, a' piedi della quale siamo giunti, si
-mesce al dolce suono delle parole dell'ondina....... Ella m'indica
-il profondo dell'abisso invitandomi a seguirlo. Io, palpitando con
-mille moti di terrore, di ansietà e d'ammirazione, l'ascolto e la fiso
-estatico........ La corrente lene lene ne conduce con essa, mentre la
-ninfa dello speco, appoggiato il gomito sulle ginocchia, ne fa sostegno
-al capo, e.....
-
-— Ricusi? Vieni laggiù con me ed io quante gioie ha amore tutte ti
-darò. Ancora ricusi? Sei tu ambizioso? Io ti farò re di queste onde,
-e non avrò altra cura che di foggiarti corone d'alghe intrecciate ai
-fiori delle spiaggie. Sei tu avido di novelle e di leggende? Tu poserai
-il capo sulle mie ginocchia, e ti racconterò un mondo di cose che
-ignori e ch'io ti farò amare. Sei vago di nuove acque? Ti condurrò nel
-lago, e di là pel Ticino e pel Po nell'Adriatico, nelle lagune popolate
-di tante memorie di gloria e d'amore! Vieni... vieni... io t'amo! Io
-ti farò colle mie mani un trono di conchiglie a mille colori più vaghi
-dell'iride, e quando ti sarà caro rompere il corso tranquillo dei dì,
-noi, lasciata la nostra reggia e spintici a galla, proveremo la nuova
-ineffabile voluttà d'abbandonarci ai fiotti, scendendo veloci nei
-gorghi e rimontando sui cavalloni in un letto di molle schiuma, mentre
-i canneti e i boschi lungo le rive ne susurreranno i segreti delle
-loro ombre. Oh! vieni, affidati a chi ti legherà sì strettamente a sè
-coll'amore, che tu non avrai più cuore di respingerla! Tu tremi?.... Io
-non sono bella per te!
-
-E la bellissima in atto di cordoglio copriva il volto colle palme e
-la persona colle treccie copiose. Vergognoso ed in una arse le vene
-di inusato foco, io mi gettai a' suoi piedi onde non mi sfuggisse...
-era troppo tardi!... Collo sguardo e co' dolci nomi e colla persona
-spirante bellezza singolare continuava a farmi invito... e lungo
-la strada a Cannobio io rivedeva di quando in quando quella strana
-apparizione fra le onde riottose del fiume; e mentre il piroscafo
-m'involava a quelle acque, io la vidi ancora nei fiotti schiumanti
-seguire il solco scintillante della nave, con mille invocazioni.....
-
-Se voi andrete a Treffiume a visitare l'orrido di S. Anna, e vi
-toccherà in sorte di vedere fra quelle misteriose ombre l'ondina
-assetata d'amore, Verbania, la regina del lago, ditele che senz'amarla
-non è dato allo zingaro di dimenticare il primo essere che volesse
-farlo felice di tanti doni in cambio di solo amore!
-
- . . . . . . .
-
-
-XVI.
-
-_Storia d'una pentola._
-
- =Il mondo è di chi se lo piglia.=
- _Prov. Ital._
-
-La tenebrìa notturna avvolgeva siffattamente Cannobio in una sera
-dell'inverno del 1627, che, eccettuati i gatti e i debitori morosi,
-nessuno vedeva oltre la punta del proprio naso. Una tramontana che
-s'era impregnata d'un nembo di atomi nevosi sulle diacciaie delle Alpi,
-arrotava con tanta furia il suo staffile sibilante nei chiassuoli,
-sulle poche insegne delle botteghe, e sulle impannate sconnesse delle
-finestre, che chiunque avesse fatto capolino dalla porta socchiusa,
-al sentire l'acuta trafittura sulla cera e sulla persona, avrebbe
-senz'altro rinchiuso in fretta, e sclamato sotto la cappa del focolare:
-
-— Brrr! la non è sera d'andare attorno.
-
-Eppure in quella tenebrìa, con quella tramontana, con quel gelo, due
-creature, che non erano gatti, e si tenevano amendue in credito l'una
-verso l'altra, stavano intese a stretto ed animatissimo colloquio sotto
-il portico di una casa verso il lago.
-
-Chi erano quei due? Due ladri? Due pazzi?
-
-Erano due amanti: basta la parola.
-
-Volete provare l'amore, l'amicizia, le passioni umane? Mettetele alla
-prova delle privazioni corporali. Quanti che ti si dicono amici per la
-pelle, quando minaccia aquilone o la temperatura è discesa alquanti
-gradi, ti passeranno dallato fuggendo senza fare cenno per tema di
-essere colti dalla bufera, o di levare la mano di tasca per stringere
-la tua, o per scoprire il capo! Vuoi conoscere, bella lettrice, se il
-tuo vagheggino t'ama? Fallo aspettare le ore e le ore sotto un portico,
-un albero, o meglio in piazza, al vento ed al sollione. Dopo due, tre
-ore, secondo il tuo buon cuore, arriva od apri la finestra... Eccolo
-là! Non si lagna? Chiede anzi perdono a te stessa? Via concedigli un
-sorriso: l'uomo è in gran parte tuo. — Che più? Chi accetterebbe la
-gloria a patto d'un serio mal di denti?
-
-Ma Giovanni Branca avrebbe resistito ai freddi della Groenlandia anche
-per udire solo la voce della vezzosa Bettina. La quale alla sua volta
-e per essere caldissima di gioventù e discretamente innamorata, non
-rifuggiva qualche volta dall'uscire sotto il portico a fare quattro
-ciancie col Giovanni.
-
-La sarebbe poi la magna indiscrezione la nostra, se cogliessimo al volo
-le parole sommesse degli amanti, facendo capolino dai massicci pilastri
-degli archi di quella casa? Con questa frescura la curiosità non si
-soddisfa a troppo buon mercato; ma chi sa? Due parole possono rivelare
-qualche gran mistero: una tresca od un idilio; seduzione, gelosia,
-rapimento e chi sa quant'altre saporitissime cose. Zitti adunque: è
-l'amante femminino che parla.
-
-— Giovanni! disse con timido accento la fanciulla tuttora incerta; tu
-non m'ingannerai?
-
-— Come lo posso io? perchè ingannarti? Vieni, e tu vedrai se i miei
-sogni, come tu li chiami, non hanno ombra di verità.
-
-— Ma se lo zio s'accorgesse della mia assenza? Sai quanto è burbero con
-me!?
-
-— Ho avvertito l'Angiolina. La fantesca dirà che tu sei andata a casa
-di tua cugina..... Ma, te ne prego, non perdiamo un istante... Tu esiti
-ancora?
-
-— Elisabetta! se alcuno ti vedesse, povero il tuo onore!
-
-Giovanni, malgrado la notte oscurissima, vide il volto della bella
-impallidire, e sentì la mano palpitante di lei sciogliersi dalle sue.
-
-— Bettina, io credeva che tu m'amassi! La voce di Giovanni era sì
-scorata, rivelava sì intenso dolore, che la fanciulla sentì venir meno
-il proposito di non accondiscendere al desiderio del giovane, e dato
-uno sguardo alla via buia sclamò:
-
-— Ebbene, sia; ma io non t'accordo che dieci minuti. Rientrò guardinga
-nell'abitazione, e dopo pochi istanti in cui al povero Giovanni pareva
-gli si dovesse dal gran battere scoppiare il cuore, ne uscì avvolta
-in un mantello, mentre la vecchia fantesca rischiarava il passo con
-una lucerna, facendole schermo dal ventare colla mano. Il giovane
-all'apparire subitaneo di una lunga striscia di luce, che dalla porta
-socchiusa dritta saettò nella strada, e sentendo la Bettina, che
-gridava più forte che non era necessario:
-
-— No, Marta, non ho bisogno di lume; siamo a due passi; sta in casa...
-avrebbe voluto gettarsi in un androne per non essere scoperto, se
-pure ei fosse stato in tempo: la vecchia lo avrebbe quindi scoperto
-senza fallo, se, appena essa fu sotto il portico, amore — gran
-contrabbandiere è amore! — non avesse con un buffo spento la lucerna...
-La sferza della tramontana, che con mille diverse orribili voci fischia
-attraverso alle piante brulle ed ai comignoli, assai più delle parole
-della padroncina, persuase eloquentemente la vecchia, che il meglio
-era ritornare ad accocolarsi al focolare. La fante sospirando: granchè
-questa gioventù! rientrò, richiuse, mentre la giovinetta si slanciava
-nelle dense ombre della via, ove, a pochi passi, il tutto suo Giovanni
-la raggiungeva.
-
-Entrambi, senza dir motto, sulla punta dei piedi, brancolando fra le
-mura ineguali e sporgenti, evitando le fossatelle e più gelosamente
-i passanti, dal portico sulla sponda del lago, giunsero all'ultima
-casa di Cannobio verso la valle. Giovanni, schiusa la porta, con
-mano trepidante introdusse l'amica nella stanza a pian terreno, poi
-serrate prudentemente le imposte delle finestre, per una scaletta
-angusta la trasse in un'ampia cameraccia al primo piano di quell'antica
-abitazione, dove in pochi minuti le vampe di un bel fuoco illuminarono
-le pareti stinte, quasi nude, ed intiepidirono l'ambiente.
-
-Ma l'una per la corsa affannosa e per quella certa trepidazione che
-non iscompagna mai la fanciulla che si trova per la prima volta sola in
-balìa dell'amante, l'altro pei mille sentimenti, che gli tumultuavano
-nell'animo, non che le punture del freddo, sentivano il sangue più
-bollente rifluire dal cuore al capo con insolita ardenza.
-
-Il giovane, messo innanzi alla Bettina un piatto di ciambelle, a cui
-ella fece il più bel viso del mondo, tolse da un cofano antico una
-grossa pentola, la quale invece di coperchio aveva sovrapposta una sì
-curiosa scattola pure di rame con certi congegni non mai visti, che
-la ragazza guardava l'ordigno con occhio stupito, e cessava un momento
-di masticare. Dai congegni della piccola caldaja una funicella correva
-all'asse di un arcolaio.
-
-Bettina, quando Giovanni pose dinnanzi a lei l'arcolaio, scoppiò in
-una solenne risata..... Il giovane, gettato con ira il cappello in un
-canto, proruppe:
-
-— Da te io non m'aspettava questa maniera di conforto..... Ma tu hai
-ragione, tu ignori che questa ruota rappresenta a' miei occhi un mondo
-d'innovazioni.
-
-Le fiamme avvampano crepitando sotto la caldaia, e già il vapore si
-sprigiona con veemenza, quando ad un tratto il giovane ottura il foro,
-da cui si sviluppa fumante... La giovinetta meravigliata si ritrae un
-passo dal focolare e vede la ruota dell'arcolaio girare rapidissima
-sopra il suo asse
-
-— Dunque non saremo più costretti a filare, n'è vero, Giannino?
-
-— Qua, francamente: che pensi della mia scoperta? Tu sola la conosci.
-
-La Bettina per dire la verità pensò in quel momento, che se
-l'invenzione di Giovanni _la liberava dalla noia del filare_, suo zio,
-il più intollerante ed intollerabile zio del mondo, non le avrebbe
-permesso tuttavia di starsene ad udire le novelle colle mani in mano —
-ed avrebbe voluto dirgli:
-
-— Caro Giovanni, a dirtela tonda, se tu non trovi che questi ordigni,
-il nostro matrimonio non si farà mai più.... Ed io dovrò essere la
-moglie d'un mercante d'arcolai? — E l'avrebbe forse detto, se la fronte
-di Giovanni non fosse stata sì pallida, se gli occhi non avessero
-interrogato con tanto desiderio... uno sguardo al soffrente fece
-svanire il pensiero che le balenava in mente. E poi il giovane, se non
-era un Apollo, poteva tuttavia dirsi una bella e maschia figura d'uomo,
-e s'egli invece di ritrarsi soletto a pensare le ore e le ore, si fosse
-mostrato meno restìo ad intervenire ai chiassosi convegni dei coetanei,
-per l'ingegno non comune e la piacente arrendevolezza dell'indole,
-egli sarebbe stato in breve tempo l'amico di tutti. Ma il Branca era sì
-timido! Bettina, se non di ferventissimo amore, lo amava come le donne
-amano quelle nature tenere, affettuose e pazienti, che s'accontentano
-di poco o nulla e non sanno mai chiedere.
-
-— Cosa penso io, o Giovanni? Penso che ti amo!
-
-Il Branca fu ad un pelo di cogliere un bacio su quelle labbra tanto
-eloquenti; ma egli s'era promesso di spiegare alla Bettina quante
-speranze avess'egli fondate sopra la sua invenzione. Ella si sedette
-presso al focolare, e Giovanni così prese a dire:
-
-— Che sia sempre benedetto il momento, in cui io ti conobbi... Sì,
-perchè questa mia invenzione, da cui attendo onore e compenso, non
-sarebbe, se il pensiero costante di trovar modo di possederti non
-avesse tutte occupate le facoltà della mia mente. Io non ti spiegherò
-come il vapore che emana dall'acqua bollente, compresso, abbia una
-forza movente, nè con quali congegni io sia riuscito a servirmene.
-
-Fatta questa premessa, di cui la Bettina gli seppe grado perchè le
-risparmiava una noiosa litania di nomi e di cose, delle quali non
-avrebbe capito un acca, il Branca cercò di farle comprendere come la
-sua invenzione applicata ad un mulino, risparmiasse tempo e fatica.
-
-— Questo tuttavia parmi non sia ancora tutto il frutto che io posso
-sperare dal trovato..... Mille progetti, mille idee tuttora incerte
-vagano nella mia mente. Mi recherò intanto a Milano: io presenterò
-al vicerè la mia macchinetta: i dottori verranno consultati, e se
-Dio vuole, otterrò un privilegio. Allora la mia sorte non sarà più
-dubbia; avrò un nome, ricchezze, e tuo zio si lascierà facilmente
-persuadere, che io ti piaccio più che Menico, il mercante di vino, a
-cui non sarà dato di possedere te così bella di gioventù e di grazie,
-come non giungerebbe mai a comprendere egli sì trivialmente positivo,
-la tua anima sì delicatamente sensitiva. Allora, proseguì il giovane
-avvicinandosi alla fanciulla, a cui buona parte delle parole del
-giovine suonavano come una musica dilettosa, di cui sentiva con piacere
-l'armonia senza comprendere il concetto — e prendendone nelle sue ambe
-le mani, allora io non chiederò più nulla a Dio per la mia felicità,
-poichè Bettina, quella Bettina che io amo...
-
-— Più della tua pentola, n'è vero? interruppe la ragazza.
-
-— E di me stesso, sarà mia, tutta mia.
-
-— Sì, Giovanni, per sempre! Ma lascia che io ritorni....... Senti
-l'orologio della torre? È un'ora che io son qui.....
-
-— Un istante! Ma no — tu hai ragione, ed io non mancherò alla mia
-promessa. Verrà presto il giorno in cui potremo amarci e dirlo e
-provarlo, senza tema di offendere Dio e l'onore. Mio malgrado.....
-Addio.
-
-Giovanni prese la lucerna, accompagnò l'amica per le scale alla porta
-di strada, depose il lume sull'ultimo gradino, e fatto più ardito dalle
-soavi parole di lei, con ineffabile affetto le disse sommessamente:
-
-— Bettina, ti ricorda che un giorno io ti chiesi un bacio, e tu
-mi rispondesti che io non l'aveva pure meritato.......... corsero
-quasi due anni, ed io, se è possibile, imparai ad amarti con maggior
-desiderio e rispetto..... E sì che fra le purissime gioie d'un affetto
-corrisposto, io soffro sovente crudeli torture.....
-
-— A cagione mia?
-
-— No... Sono io stesso che mi tormento. Quando io confuso nella folla
-dei balli, ti vedo, circondata da danzatori, sceglierne uno che potrà
-stringerti al suo petto, respirare il tuo alito, sentire la fragranza
-de' tuoi capelli, io sento una mano premermi il petto da soffocarmi,
-una voce che mi dice: quegli è felice! Lo invidio! E questa voce —
-sentimi e perdonami, o Bettina — quando questa voce mi dice, che il
-danzatore, giovinastro scapestrato, osa nella vertigine della danza
-confondere le sue labbra fra le ciocche...
-
-— Giovanni!
-
-— Sì, Bettina, io allora mi sento soffocare dalla gelosia, sento
-bisogno d'aria libera... e corro all'impazzata pei campi.
-
-— Povero Giovanni! Ma tu sai pure che io non posso danzare sempre con
-te... Del resto hai tu forse motivo di essere geloso? A me piacciono,
-lo confesso, lo scherzo, la danza, la musica, le feste, come a tutte le
-ragazze; ma anche allora io non ti dimentico, e quando sei là timido,
-quasi rincrescevole di trovarti fra la brigata festosa, il mio pensiero
-corre a te che solo stimo come il migliore, e che amo come quel solo
-che mi farà felice. Sei contento adesso?
-
-E la bella fanciulla gettò le braccia al collo del timido giovane che,
-tremante, ebbro d'amore, le colse sulle timide labbra un bacio, il
-primo, il più voluttuoso.
-
-Perchè come in tutte le cose vi sono nella medesima specie gradazioni
-infinite, vi hanno baci che non sono se non l'effetto di due labbra
-scoppiettanti sopra una gota, e baci che vi ricercano tutte le
-fibre dell'anima e del corpo: così avvenne al Branca, il quale
-sentendosi cingere il corpo dalle braccia della carissima amica,
-avrebbe desiderato morire allora allora e forse, se avesse conosciuto
-l'avvenire, non avrebbe avuto tutti i torti.
-
-Giovanni stava per dire addio all'amica, quando — gli si drizzarono i
-capelli in fronte, e Bettina, atterrita, si sciolse da lui — una voce
-schernevole dalla strada, attraverso alla porta, disse queste parole:
-
-— È questa la fine o il principio della fine? Giovanni Branca, hai
-dimenticato l'_audaces fortuna juvat_? Per voi, gentile fanciulla, io
-tradurrò il latino così: Una ragazza quando va in casa dell'amante, si
-marita senza prete.....
-
-Il giovane, passato il primo sgomento, volle slanciarsi, aperto
-l'uscio, sullo sconosciuto e farsi ragione dell'insulto, ma
-l'Elisabetta, smarrita, si frappose piangendo.
-
-Il lume, urtato, s'era spento cadendo dalla scala.
-
-— Non t'affannare, Giovanni, per le mie parole indiscrete. La tua
-fortuna è nelle tue mani colla tua felicità....... Osa! osa! chè il
-mondo è degli insolenti.
-
-La voce s'allontanò, Giovanni aperta rapidamente la porta, si
-gettò nella strada brandendo un ferro... Nessuno! Corse velocemente
-malgrado la notte verso il lago, verso la valle... Nessuno! Ritornato
-all'abitazione, il povero giovane trovò Bettina distesa sul pavimento
-priva di sensi. Esterrefatto rinchiude la porta, riaccende il lume e
-prodiga all'amica ogni cura.
-
-— Mio Dio! punitemi in altro modo, ma risparmiate la mia Elisabetta!
-La quale col pallore sulle gote, gli occhi socchiusi, le treccie
-cadenti sul petto, mostrava all'amante una nuova bellezza, forse più
-affascinante di quella che ne irradiava il volto nelle ore delle gioie:
-e quando al fine, riavendosi, balbettò:
-
-— Sei tu, mio Giovanni? e si strinse più fortemente a lui, come fa
-il timido bimbo alla mamma, le parole dell'incognito balenarono
-sinistramente nella sua mente, ed un istante fu per cedere alla
-tentazione; un istante solo, che soccorrendogli il pensiero delle
-promesse fatte alla fanciulla ed a se stesso, disse:
-
-— No... no... sarei un infame... sarò sventurato, ma senza rimorsi!
-Bettina, rincorati; l'ora è tarda, partiamo.
-
-— Ma quella voce!
-
-— Non pensarvi. A me solo spetta far rispettare il tuo onore.
-
-Dieci minuti dopo Elisabetta picchiava sommessamente alla porta della
-cugina la quale la riconduceva all'abitazione.
-
-Quella notte nè Giovanni nè la sua amante potevano dormire; l'uno
-rammaricandosi d'aver compromesso l'onore della sua amata, mentre con
-tanta vittoria aveva saputo rispettarlo, e l'altra pensando:
-
-— Come mai il Domenico, il vecchio mercante di vino, — perchè quella
-voce era senza dubbio la sua — potè sapere che io stava in casa di
-Giovanni?
-
-E l'uno e l'altra finirono per conchiudere che nessun pro s'era
-ritratto dal colloquio, perchè il Giovanni capì che la sua scoperta non
-aveva punto meravigliato la fanciulla ignara ed incurante di quanto
-non era ciarle d'amore, vesti e balli; ed ella si pentì di avere
-accordato all'amante un favore sì pericoloso... per vedere a girare
-un arcolaio! Ma come suole accadere, l'amore fecondo in consolazioni
-come in tormenti sovvenne a temperare la conclusione dei due amanti,
-soggiungendo all'uno:
-
-— Non sa apprezzare la mia scoperta, ma ella mi ama... posso
-ragionevolmente bramare maggiore felicità? Mi ama e me lo disse!
-
-E all'altra:
-
-— Egli non inventò che una pentola per far girare gli arcolai ed i
-molini... pazienza... Ma chi mi ama più di lui? Domenico dirà nulla e
-Giovanni mi sposerà. Domenico è danaroso; ma il suo sguardo non desta
-un palpito, la sua voce non scende all'anima... Peccato, che Giovanni
-sia così timido!
-
-E pensando curiosissime cose della dilicata timidezza dell'amante, finì
-per addormentarsi, e buona notte.
-
-
-Siamo oramai alla fine del febbraio ed un vivo raggio del sole penetra
-nelle stanze quasi a dire: orsù, levati dal focolare, esci all'aperto,
-che io richiamando a vita la natura, scioglierò le tue membra
-intirizzite. E voi lasciate la casa, che vi ha riparato per cinque
-mesi dalle trafitture della tramontana, scendete a riva, contemplate
-il lago snebbiato, limpido, le costiere spazzate dalla neve che non
-imbianca più se non le più alte falde dei monti, sulle plaghe più
-meridiane spuntare i primi fili d'erba, nelle vie squagliarsi la neve
-accumulata dal primo dì in cui coprì la terra, fondersi i diacciuoli
-delle grondaie, i passeri inneggiare festosi all'opera redentrice del
-sole. Senz'accorgervene, lasciaste a casa il pesante mantello, e levate
-di tasca le mani e battete palma a palma; sentite la molle aura del
-sirocco involgere tepidamente le membra, e ve ne state passeggiando a
-riva come in attesa di una grata novella. Ecco intanto che nelle case
-le finestre chiuse da tanto tempo e con tanta cura s'aprono, onde il
-sole e l'aria entrino liberamente, e una bella fanciulla si mostra sul
-balcone vivamente irradiata dal tocco della nuova luce per salutare
-l'annuncio della primavera. Le care sue pianticelle, i garofani, i
-geranii non staranno più nella uggiosa ombra delle stanze; essa pure
-la domenica potrà d'ora innanzi dopo la messa passeggiare colle amiche
-sulla spiaggia o verso la Cannobina, e quando Giovanni passa nella via
-— e Dio sa se passi soventi — uscire sul balcone e dargli uno sguardo,
-un saluto, lasciargli cadere un fiore... Venga dunque la primavera, la
-più bella stagione dell'anno, la stagione in cui i cuori si aprono alla
-festa della natura, come i calici dei fiori alla rugiada!
-
-Giovanni era proprio sulla spiaggia, collo sguardo alla casa di
-Elisabetta. Dopo quella certa sera egli aveva deciso di non lasciare
-intentato alcun mezzo — onesto — per ottenere la mano della giovinetta,
-ed aveva studiato parola per parola quanto avrebbe detto a Milano
-dinanzi ai fisici, al vicerè stesso — una curiosa apologia della
-propria scoperta, in cui pareva che la modestia dell'autore si
-sforzasse ad ogni conto di sminuire il valore del trovato. Elisabetta
-conoscendo quanta fosse la timidità del buon giovane e volendo tuttavia
-consolarlo, lo salutò con un cenno, e spiccando un bel garofano
-variegato, lo lasciò cadere sul lastrico della via. Giovanni accosta
-la destra alle labbra per ringraziarla, e s'appressa, lentamente
-— il correre avrebbe dato sospetti ai passeggieri — alla casa per
-raccogliere il fiore — già raccolto dal mercante di vino che da un
-chiassuolo era sbucato sulla piazza del lago in quell'istante.
-
-Il povero Giovanni trattenne a mala pena un grido — quel fiore era
-per me; — Menico che di leggieri aveva compreso, vista la Bettina sul
-balcone, la causa dell'improvviso pallore del giovane rimasto lì come
-di stucco, si mosse verso di lui e gli disse ridendo, ma senz'ombra di
-derisione:
-
-— Oh Giovanni!.... Ma guardate di grazia se mai più bel garofano cadde
-in istrada... fra due contendenti... (e guardando all'insù Bettina che
-rideva) il terzo gode!
-
-Giovanni balbettò:
-
-— Menico... il fiore è bello,... ma...
-
-— Ma? Chi disprezza vuol comprare... volete comprarlo?
-
-Giovanni diede uno sguardo a Bettina che voleva dire: Ah! io non lo
-venderei certamente! e rispose:
-
-— Come fiore trovato nella strada, esso non val nulla; ma se la signora
-Bettina lo ho gettato a voi, un mondo non basterebbe a pagarvelo....
-
-— Qui sta il nodo.... Signora Bettina, il garofano cadde in istrada non
-dalla pianticella sicuramente.... Il gambo venne tagliato dalle vostre
-forbici, è chiaro... È chiarissimo, che non essendo avvizzito, voi non
-ne avete voluto mondare la pianticella... dunque l'avete gettato per
-essere raccolto... (davvero che la è da ridere) da me o dal Giovanni?
-
-La Bettina guardò in istrada Domenico e Giovanni che attendevano lo
-scioglimento della questione; e... che batticuore!... stette un istante
-sopra pensieri, quindi rispose:
-
-— A voi... Domenico — e rientrò in casa, chiudendo le invetriate.
-
-Domenico diede nel più fragoroso scoppio di risa; Giovanni impallidì,
-e sentendosi venir meno la vita, s'appoggiò ad un pilastro della casa
-della traditrice.
-
- *
- * *
-
-Giovanni passava ogni ora meridiana sulla spiaggia passeggiando innanzi
-all'abitazione, ma la gioviale figura della Bettina non compariva
-più dietro le invetriate del balcone. Sulla sera andava al tempio: la
-Bettina, sempre colla vecchia fantesca, correva senza degnare d'uno
-sguardo chi la seguiva. E Giovanni vedeva spesso il mercante di vino
-entrare ed uscire dalla casa dell'amata con quel suo eterno sorriso
-sulle labbra!
-
-Un bel dì, sulla via di Trefiume, eccoti dinanzi la Bettina: non so se
-Giovanni si fosse destreggiato per sapere che quel dì l'andava dalla
-sua nutrice.
-
-La prima cosa che avrebbe voluto fare il buon giovane sarebbe stato
-gettarsele ai piedi invocando perdono — di che cosa veramente non
-sapeva — perchè non so se il naturale ingegno o le meditazioni avessero
-insegnato ad avere sempre torto colle donne. La seconda sarebbe stato
-il domandarle se le cure della salute non le permettevano più di stare
-sul balcone, di passeggiare colla cugina, di guardare dalle invetriate
-il lago, la sponda e chi passava dieci volte al giorno dinnanzi alla
-sua casa... La terza — dico terza, perchè le nostre azioni, come
-insegnavami un sapientissimo professore d'abbicì, non hanno giammai
-meno di tre motivi — la terza sarebbe stata... ma se io non me la
-ricordo, a Giovanni non sarebbe mancato modo di trovarne cento...
-cosa che tuttavia non gli impedì di balbettare maledettamente innanzi
-all'amata pel motivo — vi faccio grazia degli altri due — che quando
-l'avvenente fanciulla gli fu vicina, il pensiero che quella cara
-creatura dovesse appartenere al prosaicissimo mercante di vino gli
-serrava siffattamente la gola da non lasciargli proferire verbo. Gran
-demonio è l'amore!
-
-La Bettina non fu meno amabile del solito, sicchè Giovanni rinvenuto
-dalla commozione fu tanto coraggioso di chiederle il perchè avesse
-dato a Domenico il garofano che aveva spiccato per lui... La giovinetta
-arrossì; quindi con quel tatto sì fino proprio delle donne, invece di
-rispondere, domandò a Giovanni:
-
-— E voi l'avete avuto a male?
-
-— Io ho creduto che voi mi tradiste! Domenico sogghignò così
-satanicamente (e questa era una grossa bugìa!) Da quel giorno, Bettina
-perdonatemi, io cominciai a dubitare del vostro affetto... Quanto ho
-sofferto!
-
-— Io sono sempre la stessa! Gli disse la giovinetta stendendogli la
-destra.
-
-— Ma perchè destare delle speranze in Domenico, al quale mi diceste di
-aver negata la vostra mano?
-
-— Che ve ne importa, quando siete sicuro della mia fede? Via,
-lasciatemi, Giovanni... potrebbe passare alcuno, e allora...
-
-— Che male potete temere? Vi amo, e vi sposerò appena ritornato da
-Milano.
-
-— A proposito, quando aspettate a partire?
-
-— Domani.
-
-— Dunque addio; a rivederci — presto...
-
-— Bettina, la vostra mano...
-
-Bettina si guardò tutt'attorno, e veggendo la strada deserta diede
-la mano al povero innamorato, che coprendola di baci, tutto commosso,
-sclamò:
-
-— Oh, no, Bettina, tu non dimenticherai il tuo Giovanni, n'è vero?
-
-— Perchè dovrò dimenticarti?... E colto un fiore sulle zolle che
-orlavano quella stradicciuola, glielo porse, e fuggì ratto verso
-Cannobio.
-
-Giovanni stette buona pezza a riguardare come estatico la fanciulla che
-s'allontanava, ed ogni qualvolta essa si rivolgeva indietro sorridendo,
-parevagli di sentire agli orecchi quella voce:
-
-— Va, Giovanni, va a Milano ed osa!
-
- *
- * *
-
-..... E il Grande di Spagna s'alzò dal seggiolone, discese in mezzo a
-quell'eletta adunanza d'ingegni, e porgendo la mano al Branca, così gli
-favellava:
-
-— Questo giorno è senza dubbio fra i più felici della mia vita.
-Riconoscere il genio nell'infinita turba delle mediocrità e del volgo
-è per certo nobilissima cosa; ma il porgergli una mano soccorrevole,
-il poterlo premiare è ventura a pochi concessa. Giovanni Branca il
-vostro trovato è stato giudicato da questa sapientissima università,
-portentoso: ve ne sia lode quanto per noi si possa maggiore. Perciò
-in nome del nostro sovrano signore vi conferiamo il privilegio
-addimandato. Se nei dominii di S. M. Cattolica non tramonta il sole, il
-vostro nome non tramonterà nei secoli dell'umanità.
-
-Tanta gioia era troppa: Giovanni quasi fuori di sè venne portato al suo
-albergo: per le vie una gran moltitudine con mille voci gli acclamava.
-Una aggraziata giovinetta fattasi ad un verone gli rammentò Elisabetta;
-essa gli gettò un bel mazzo di garofani odoratissimi. Ma Giovanni
-Branca non ravvisò più l'umile osteria che l'aveva albergato fino a
-quel dì, nel palazzo in cui era stato trasportato — un palazzo tutto
-oro, tappeti storiati, marmi e dipinti vaghissimi. Egli salì ad una
-loggia, da cui si mirava gran parte della città e del piano lombardo, e
-di lassù gli parve di scorgere un moto continuo ed instancabile nelle
-officine, in cui le arti fabbrili si giovavano del suo trovato....
-E questa mostruosa rivoluzione nelle arti l'aveva fatta lui con
-tanta gloria; di questo insigne beneficio all'umana famiglia era
-lui l'autore con tanto plauso di coscienza..... Ma a quante cose non
-potrà applicarsi la scoperta? A che non la faranno utile, necessaria
-il bisogno e lo studio? Nessuno potè sapere quali strane visioni
-apparissero nella loggia al Branca, il quale, tratto quasi fuori di
-sè da tanto successo, si gettava prostrato a Dio, chiedendo mercè...
-Ma una voce interrompeva la preghiera, una voce più cara che non gli
-applausi della moltitudine, la voce di Bettina che veniva a gettarsi
-nelle braccia dell'amante: il quale sentendo fra le acclamazioni del
-popolo, fra i trionfi della gloria più ineffabili le gioie dell'amore,
-cominciò a dubitare fortemente che il proprio intelletto non
-vacillasse, e serrando al petto la fanciulla, gridò:
-
-— Mio Dio! non ammazzatemi, tanta felicità è troppa... Mi basta il suo
-amore!
-
-Chi sa quando Giovanni si svegliò nella sua cameretta in Cannobio,
-quanti auspicii trasse dal sogno? Chi lo sa? Io no, e voi?
-
- *
- * *
-
-Evviva! La danza ferve: è la mezzanotte... Il ballo è diventato un
-turbine, in cui si avvolgono venti coppie di danzatori; la musica
-accelera le sue note, gli evviva scoppiano più clamorosi... è una
-vertiginosa ebbrezza!
-
-Diresti che ad ogni amante riescì accoccare un bacio sulle spalle
-dell'amica sorridente; che ogni bella ha rapito un cuore, che ognuno
-ha dimenticato i dolori della vita!... I vecchi ritornano col pensiero
-agli anni della gioventù avventurata; i mercanti cessano di pensare
-al dare e all'avere, e se mai balena un pensiero che non sia follìa,
-tosto una spumante tazza di liquore lo seppellisce nel fondo al cuore.
-Venti coppie attendono in giro che i danzatori s'arrestino un istante
-per succedere loro, e la musica non cessa nè il tripudio sosta per
-riposare; ognuno si sente animato da una forza arcana.
-
-Bettina non fu mai sì raggiante di gioventù e di bellezza, gli occhi
-di lei non scintillarono mai così vivamente; ella è tutto sorriso e
-grazia ed i giovani le si affollano attorno bramosi di ballare con lei
-sì svelta, sì leggiera. Molti — allucinati forse dalla festa tumultuosa
-— non ravvisano più in lei la modesta Bettina, e nessuno è senza
-ammirazione per quelle spalle, che rammentano i busti di Fidia, tanto
-tempo nascoste sotto la succinta veste della vergine gelosa. In tanta
-ebbrezza chi oserebbe chiederle un pensiero pel lontano!... Oibò! ella
-non ha un istante per pensare... tutte le voci, tutti gli sguardi le
-dicono con tanta melodìa:
-
-— Bella! Bella! E la musica non è pure un inno alla bellezza di lei?
-No, in fede mia ella non può pensare se non che la è la regina della
-festa.
-
-Non v'ha donna, sposa o fanciulla, che in ballo non preferisca, spesso
-senza saperne la vera cagione, un danzatore agli altri; un danzatore
-a cui sarà lecito quanto ad altri verrebbe tacciato di petulanza.
-Se un compaesano, assente, supponiamo, due mesi, fosse giunto quella
-sera, avrebbe fatto le boccacce ravvisando nel favorito di Bettina —
-chi l'avrebbe creduto? — Domenico, il mercante di vino, che malgrado
-i suoi nove o dieci lustri pareva avesse quella sera riacquistato la
-baldanzosa gaiezza della gioventù: la bellezza fascinatrice di Bettina
-lo aveva galvanizzato.
-
-E Bettina era ora la sua sposa!
-
-Mentre fervevano con maggior calore le danze, entrò nell'amplissimo
-sterrato un giovane pallidissimo, Giovanni Branca.
-
-La navicella che lo trasportava da Sesto Calende stava per approdare a
-Cannobio, quando il giovane, levando dalle mani la faccia lacrimosa,
-intese quel mormorìo di lontani suoni che si diffonde armoniosamente
-nella solenne quiete della notte. La casa dell'amica era immersa come
-le altre nell'oscurità — ella dormirà certamente, meglio per lei!
-Ma dal lato opposto del borgo verso il Sasso Carmeno, le finestre
-e le porte d'una casa erano vivamente illuminate, e le invetriate
-lasciavano scorgere che vi era festa. I suoni, le grida, accostandosi
-alla spiaggia, giunsero al suo orecchio più distinte... il contrasto
-di quella gioia col dolore che lo straziava, piombò sul suo cuore come
-l'adunco artiglio del _lammergeier_ sulle tenere carni dell'agnello.
-Si rizzò sulla prua, ascoltò più attentamente un brindisi che
-echeggiava più sonoro, e fatto ormai certo della sua sventura, gridò ai
-barcaiuoli:
-
-— Per chi quella festa?
-
-— Domenico sposa la Bettina... Voi giungete a tempo ancora per danzare!
-
-Giovanni barcollò, corse in un canto della nave, gettò nel lago un
-pesante involto..... Le lacustri ondine intrecciarono una ridda attorno
-alla macchina del Branca, mentre la Verbania, la regina del lago,
-disponeva sull'arcolaio le più flessibili alghe, invitando l'infelice
-amante a scendere nei regni di lei ove avrebbe trovate amorose ninfe
-per costanza senza pari...
-
-Bettina intravide nella folla l'antico amante, capì l'espressione
-disperata di quella cera sconvolta, imparò da un'occhiata che pure non
-era odio la storia della pentola e dell'impressione che doveva fare sul
-cuore di lui sì appassionato la novella delle sue nozze con Domenico —
-e nascose sul petto dello sposo la faccia.
-
-Il mercante di vino affidò ad un amico la fidanzata, e andò incontro a
-Giovanni.
-
-I crocchi zittirono, la musica cessò: pareva che ognuno presentisse
-qualche cosa di terribile, una lotta.
-
-Menico, sorridente — egli sorrideva sempre — condusse il giovane in una
-camera vicina, lo fece sedere e gli disse:
-
-— Giovanni, io vi ho sempre stimato come il più dabbene, come il più
-onorato giovane di Cannobio. Mi piace l'Elisabetta: l'ho chiesta in
-isposa; mi venne accordata. So che essa era maltrattata da quel cane di
-suo zio; mi accettò più per isfuggire alla tirannia che per amor mio.
-_Si dice_ che voi l'avete amata, e che forse vi contraccambiava. Io non
-voglio dir altro, e voi mi capite. Se voi potete dire una parola, io mi
-ritiro, senza scandalo. Parlate.
-
-Giovanni fissò in volto il mercante, stette pochi istanti
-soprapensieri, come esterrefatto, indi balbettò:
-
-— Voi potete sposarla...
-
-Menico lo abbracciò dicendogli: Voi siete l'uomo più onesto che io
-abbia mai conosciuto.
-
-E lo trasse nella sala della danza... Giovanni bevve, danzò con
-Bettina, fece dieci brindisi alla felicità degli sposi; dopo un'ora
-era il danzatore instancabile, il ciarlone più ameno, più spiritoso,
-e nessuno riconosceva in lui il modestissimo giovane, il taciturno
-vagatore dei monti solitarii. Alle due dopo la mezzanotte gl'invitati
-erano congedati.
-
-Giovanni quando tutta la folla s'accalcava attorno agli sposi, fattosi
-largo, improvvisò una canzone, in cui l'armonia dei versi non la cedeva
-che alla delicatezza della concezione...
-
-Davvero che fra tanti giovani egli si mostrava ad un tratto il più
-spiritoso, il più gentile.... anzi più di una danzatrice lo trovò il
-più bello.....
-
-Mentre Domenico accomiatava gli amici, i parenti, o per meglio dire
-tutta Cannobio, la cugina della sposa disse a Giovanni sottovoce:
-
-— Venite con me sul balcone verso il lago.
-
-Egli la seguì macchinalmente, senz'addarsene, e vi trovò — sola —
-Bettina.
-
-— No, non partite, Giovanni, una sola parola. Voi potevate disonorarmi
-con un detto, strappare questa corona di gigli... Voi siete grande,
-ed io comprendo troppo tardi di non avervi conosciuto. Non maleditemi
-perchè ho concessa la mia mano ad un altro... Ma il cuore, o Giovanni,
-il cuore è sempre tuo...
-
-— Signora, rispose fieramente il giovane sciogliendo le mani da quelle
-della sciagurata, nessuno v'ha costretta a queste nozze. Quando a
-Milano mi si trattò da pazzo, io piansi di dolore..... eppure allora
-io era ancora felice; aveva fede nel vostro amore. Ma ora, Bettina è
-morta; è morta, vi ripeto; non v'ha più che la moglie di Domenico.....
-
-E scomparve.
-
-Il giovane trovò nella strada la compagnia dei chiassoni del borgo,
-che egli aveva fatto meravigliare colla nuova scioltezza dei modi e
-col brioso folleggiare dello spirito: tutti gli si fecero d'attorno,
-e cantando e schiamazzando, lo trassero pel resto della notte ora in
-una, ora in un'altra casa, ove nuove libazioni finirono per assopire
-— buon per lui — ogni ricordo delle sue sventure. Di quando in quando
-però una nube offuscava la serenità gioviale della sua fronte, ed egli
-rimaneva un istante pensoso, un istante solo, chè passate le mani sulla
-fronte, quasi per cacciare una brutta tentazione, ritornava a cioncare,
-a cantare più strepitosamente. Quando la brigata, scemata a poco a poco
-dal numero di quelli che restavano a serenare sui canti dove erano
-sdrucciolati a terra, si trovò dispersa, Giovanni se n'andò a letto,
-ove i narcotici fumi del vino tracannato non gli risparmiarono di
-raffigurarsi la Bettina nelle braccia del mercante di vino. Parendogli
-di soffocare fra quelle anguste pareti, decise d'uscire di casa.
-
-Quando fu sulla scala, ei stette atterrito..... chi non avrebbe detto
-a prima giunta che nella stanza terrena Bettina, vestita di bianco, lo
-attendeva, al fondo della scala, là ove gli aveva concesso il primo, il
-solo bacio?
-
-Giovanni, sentendo mancarsi la persona, si sedette sopra i gradini
-della scala; non era Bettina, ma un raggio di luna — che richiamandogli
-tuttavia i primi sguardi e le prime parole d'amore della fanciulla e il
-convegno in quella stessa casa e il bacio, e i desiderii di gloria e di
-ricchezza, e la speranza dalle mille lusinghe, faceva più profondo col
-contrasto del passato l'abisso che lo separava da quei dì avventurosi,
-perchè la gonfia stupidità del governo spagnuolo non aveva saputo
-scorgere sulla fronte del giovane modesto la luce del genio, e una
-donna si era fatto giuoco di lui... Ma egli era senza rimorsi, e questo
-pensiero sciolse alfine il pianto dai suoi occhi — ne aveva tanto
-bisogno!
-
-L'alba sorgeva; una luce mal certa cominciava a penetrare dalla
-finestra, dalle fessure della porta, quando una voce — la voce di
-quella notte — gridò dalla toppa:
-
-— Piangi, piangi la tua sventura! Non t'aveva io detto che il mondo è
-degl'insolenti? Osasti a Milano? No. Osasti colla Lisa?
-
-— No, gridò Giovanni sorgendo, ma non ho rimorsi.
-
-
-XVII.
-
-_S'io avessi, Dio me ne guardi, un milione! — Prina e la villa
-Poniatowski._
-
-Se io avessi un milione da profondere in una villeggiatura, sclamai
-io lungo e disteso sul promontorio di San Remigio, abbracciando collo
-sguardo l'ampia e multiforme scena, che di là scorgesi correre attorno,
-qui io l'eleverei, certo che se per l'arte potrebbe avere molte rivali,
-poche senza dubbio ne avrebbe per situazione.
-
-Tuttavia, siccome mi pare che per ora almeno non sorgerà nulla per mio
-conto su quel declivo, dopo d'aver passeggiato un'ora nella compagnia
-variata dei miei pensieri, me ne andai a visitare la villa del principe
-Poniatowski, a cinque minuti da Intra, sopra un gibboso declivo dei
-monti, in una posizione che dopo l'accennata è senza dubbio fra le più
-belle del lago.
-
-La casa povera per architettura come in generale le ville verbanesi,
-per quanto ricca di suppellettili e d'agi, è un nulla in confronto
-della bellezza di un bosco di alte piante, al rezzo delle quali
-s'asconde, è un nulla appetto della vista che vi si gode da tutti i
-lati; meno il golfo delle Isole, s'ha davanti la più estesa parte del
-lago. Dalla palazzina scendendo a riva verso la parte superiore del
-lago si scoprono gli avanzi della villeggiatura Prina, sui quali è
-basata in parte la villeggiatura Poniatowski; portici, terrazzi, scale
-in istile del secolo passato. In un istante mi concorsero alla mente
-le scene sanguinose del 1814 a Milano; Prina, Foscolo, il parroco di
-S. Fedele, la plebaglia della piazza e gli assassini che dalle sale
-dorate, dietro una persiana, miravano compiersi la loro opera. Mi
-pareva di vedere Prina seduto in riva al lago guardare con terrore la
-sponda lombarda, tentennando il capo quasi per dire: s'io non avessi
-mai abbandonato questi pacifici recessi in seno alla natura ed agli
-studii!....
-
-Prina era uomo onesto e di mediocre ingegno; l'assassinio solo scrisse
-con lettere di sangue il nome di lui nella storia.
-
-La villeggiatura Poniatowski è una bella scena di Walter Scott.
-
-
-XVIII.
-
-_Intra non si trova che a Intra. — Perchè delle ommissioni. — Virgilio
-a Feriolo. — Salute a chi resta._
-
-Eccomi finalmente a Intra.
-
-Gl'Intresi attendono quasi tutti al lavorìo del cotone.
-
-Gli operai d'Intra non esistono che ad Intra. Nelle grandi città spesso
-la sordida speculazione ammassa in oscure umide stanze centinaia di
-operai, che con rachitica pazienza tessono la ricchezza del padrone,
-muti, tristi, come in ragni da cantina. La sera appena il tardo
-orologio segna la breve libertà, uno ad uno, silenziosi lungo i muri
-sfilano alle loro topaie. Ad Intra in generale il fabbricante o per
-studii o per buon senno, per cuore quasi sempre, considera l'operaio
-qualche cosa più d'un istrumento da lavoro; lo considera come uomo e
-come cittadino. Industria attiva, intelligenza, non speculazione. Da
-ciò grandi opificii, ariosi, puliti, a cent'occhi; dappertutto acqua
-viva ed aria viva; la natura del lago e del laghista fa il resto.
-Entrate in una di queste fabbriche, ove migliaia di fusi dipannano,
-attorcono il cotone. Il carbone avvampa sotto le caldaie; il vapore
-sprigionandosi mette in moto mille ruote addentellate, attorno alle
-quali cento operai lavorano dodici ore della giornata. Il silenzio del
-capace opifizio non è rotto che dal cigolìo delle macchine e dalla voce
-del capo operaio.
-
-Tutto è ordine, moto, lavoro, instancabile lavoro. Ma in quelle lunghe
-stanze se tu t'appressi agli uomini sentirai un sottile cinguettìo
-rompere la noia delle ore, e dalle donne una cantilena a mezze labbra,
-cinguettìo e cantilene, che appena tradotte alla libera aria la sera
-scoppiano in allegri canti clamorosi. Nell'estiva stagione lungo le
-case della _Sassonia_, sulla via a Pallanza, a Trobaso, quanti gruppi
-di belle ragazze inneggianti! Alla domenica quante partite al Pizzo
-Marone, ai paeselli del lago!
-
-Non è raro trovare a varii deschi di albergo gli operai in baldoria, e
-nella stessa camera il padrone fare una partita a tarocchi cogli amici.
-
-Ma se gli operai d'Intra non si trovano che ad Intra, gli è che
-fabbricanti come ad Intra non si trovano che raramente altrove.
-
-Che cosa posso aggiungere sopra Intra? Del nuovo o del vecchio
-campanile? Gl'Intresi non se ne curano. O del faro senza lucerna? Un
-marinaio, per le nebbie, isserebbe lassù una campana.
-
- *
- * *
-
-Il caldo m'è insopportabile. La bella Baveno, al rezzo della quale
-io vagai richiamando l'ombra di Cavour invano — Cavour villeggiò
-alcuni anni in questo paesello, — non seppe trattenermi. E neppure la
-_bucolica_ di G. Prati in onore dell'oste. — Barcaiuolo, a Feriolo!
-
-Ricorrendo sull'ali della memoria la bella valle del Verbano, e
-sfogliazzando il libricciuolo su cui vo notando le sensazioni della
-vista, del naso, del cuore e della fantasia, ad un tratto mi si fè
-palese che io aveva saltato a piè pari nientemeno che il Santuario
-di S. Caterina del Sasso, la salita al Pizzo Marone e qualche altra
-rarità, su cui avrei potuto ammanire al lettore un succoso manicaretto,
-Dio sa con quanta sua e mia soddisfazione. Per fortuna nostra che
-in quel punto mi soccorse il pensare, che se mai qualche lettore
-innamoratosi de' miei ritratti volesse un giorno fare conoscenza cogli
-originali, s'io di tutto gli avessi favellato, nulla più gli sarebbe
-tornato nuovo..... Se non tenete per buona questa ragione, con poco
-dispendio e poca fatica potete accertarvi della verità.
-
-Addio, o Verbanesi!
-
-Credo che ci lasciamo amici per la pelle: io vi amerò sempre come un
-popolo forte, allegro, alla buona e senza maschera, come spero che voi
-ricordandovi — tutto può darsi — di me, non sdegnerete centellinarne
-una ciotola di quel rubino alla vostra ed alla mia salute...
-
-Mentre io scoccava sulle dita un sonoro bacio, e raccomandatolo ai
-zeffiri, lo inviava alle belle Verbanesi, un tintinnìo di sonagli,
-uno schioppiettìo di frusta e lo scalpitare di cinque cavalli, che
-mi rammentò il _quadrupedante putrem_ di Virgilio, m'avvisarono che
-s'avanzava entro un nugolo di polvere la corriera postale tra Arona e
-Domodossola.
-
-E salute a chi resta.
-
-
-
-
-PARTE SECONDA
-
-=Per le valli d'Ossola.=
-
-
-I.
-
-_La sentinella dell'Ossola — Un bagno da trent'anni — I romantici a
-Vogogna — Domodossola — Il mercato._
-
-Fra i monti da cui l'Italia è vallata verso settentrione, non v'ha
-certamente paese più pittoresco e che porga sì largo tema d'ammirazione
-e di studi quanto il grandioso bacino a cui convengono tra i
-contrafforti declinanti dalle Alpi Leponzie sette valli variatissime.
-Pel poeta, pel pittore e per quelli che corrono le cento miglia per
-vedere un paese straniero, una natura assai volte meno curiosa, quanti
-spettacoli!
-
-L'antica mitezza dei costumi pastorali, la vivezza dell'aere che frizza
-sui nervi, la serena pace che qui si respira, invitano a ritemprare il
-corpo e l'anima.
-
-L'abitare fra le Alpi rivergina le menti. Come l'antico gladiatore
-di quando in quando soffregava con oleosi sughi le membra, l'uomo
-— possibilmente — dovrebbe alcuna volta rinfrancarsi all'eloquente
-parola della natura, poichè il pensiero umano sulle Alpi, come sul
-mare, ingagliardisce, inspirandosi a quanto di grande emana dalla
-loro contemplazione. Lassù fra cielo e terra, il cielo ne attira; le
-basse passioni si spengono poco a poco e le generose si accrescono di
-coraggio e di forza.
-
-La sapiente antichità bene avvisò che il cielo si scala solo coi monti.
-
-Io quando incontro su queste nostre Alpi tanti stranieri e nessun
-Italiano, quasi sto per dire:
-
-— Che peccato che sì belle valli sieno in Italia!!
-
- *
- * *
-
-Prendendo le mosse da Feriolo, la natura poco prima sì rigogliosa e
-lussureggiante di fiori, di profumi e di verzura ad un tratto raggrinza
-la fronte e si mostra severa, trista.
-
-Il monte Orfano nudo, solitario, minaccioso sul varco, è la tomba
-senza dubbio d'uno fra gli arditi che ruppero guerra agli Olimpici.
-Sentinella avanzata dell'Ossola, come il Pirchiriano è alla valle di
-Susa, la sua fronte crucciata vide le orde Cimbriche scendere dal Gries
-e dal Sempione ed atterrite coll'aspetto barbaro le legioni romane,
-correre vittoriose ai campi novaresi a disputarvi l'Italia, questo
-eterno sogno dello straniero. Anche sul Pirchiriano stanno scritti i
-fati dei Longobardi. Mezz'ora prima dappertutto ghirlande di rose e
-tralci d'ubertose viti festeggiano l'umana famiglia: qui dall'una e
-dall'altra parte massi granitici ti pendono sul capo!
-
-I giardini incantati del Vergante e delle Isole Borromee furono una
-visione ariostesca?
-
- *
- * *
-
-Ornavasso e Vogogna coi loro neri castelli sono i villaggi principali
-su cui si passa.
-
-Poco prima di Vogogna, a Migiandone, l'antico ponte della strada del
-Sempione in una calda giornata d'estate fu preso da vaghezza di bagnare
-le sue membra polverose sulle fresche bionde acque della Toce; ma,
-ahi! sventura! colpito da inazione nervosa, sentendosi affogare, invano
-invocò aita, nessuno il soccorse. Da trent'anni l'infelice attende una
-mano provvidentemente pietosa che lo sollevi dalla Toce: pensate, che
-angoscia sarà pel poveretto vedersi passare ogni istante due brutte
-barcaccie sul muso, alla musica del sacramentare dei vetturali e dei
-viaggiatori!
-
-Vogogna, mi disse un cotale, fu fabbricata da un pittore paesagista
-della scuola romantica. I poggi rilevati su cui dondolano le vecchie
-mura di merlate torri, sopra il fondo verdastro della cortina alpestre,
-non potevano essere meglio disposti.
-
-Mentre si cambiavano i cavalli, io dava un'occhiata al paesaggio e
-un'altra ad una graziosa figurina, che da una finestra dell'albergo
-della Posta minacciava di saettare i passanti collo sguardo acuto,
-affilato di due begli occhi neri. _Veh vobis!_
-
-Il raggio di fuoco che dall'anima saetta col tuo sguardo accende in
-ogni cuore desiderii d'amore — a chi non arride il pensiero di cogliere
-un bacio su labbra non ancor schiuse all'amorose parole?
-
-Ma bada, veh! Bada che da un dì fatale nessuno più legga la bella
-epigrafe che ora rifulge sul tuo frontispizio:
-
-Onorate la vergine!
-
-Tutte queste belle idee, or che ci penso, mi vennero in capo quando la
-vettura allontanandosi rapidamente, la visione s'era dileguata... S'io
-restava a Vogogna, sarei stato così moralista?
-
-Mi ricordo che nelle storie corrono famosi, Giuseppe d'Israele e S.
-Antonio, per avere resistito al fascino della bellezza muliebre.
-
-Ma se Giuseppe non portava un mantello slacciato? Quanto a S. Antonio,
-se la bellezza della tentatrice corrispondeva al ritratto lasciatoci
-dal De-Colonia, è presto spiegata l'astinenza dell'anacoreta.
-
-La virtù è nella lotta.
-
-Dopo Vogogna la valle si stende ampia, piana, verdeggiante sotto un
-vôlto ceruleo.
-
-Il sole tramontava. Passando sopra un ponte di legno che cavalca la
-Toce, mi s'indicò il monte Rosa che faceva capolino sopra le altissime
-vette dell'Anzasca. Il suo capo ancora suffuso dai raggi solari, si
-confondeva quasi nelle aeree tinte del cielo, come quelle teste alate
-d'angeli degli antichi cartoni, i contorni delle quali sfumarono.
-
-Nell'Ossola, il popolo al passare delle corriere postali, si ferma e si
-leva rispettosamente il cappello.
-
-In breve le ferrate zampe dei cavalli risonarono strepitando sul
-lastrico d'una bella, pulita ed ampia via, che dritta corre come fra
-due linee di case modeste, allegre, colle persiane dal classico colore
-verde.
-
-Domodossola è una curiosa cittadina. Da vedute fotografiche —
-invenzione che fra gli altri meriti risparmia la fatica del viaggiare
-— molti conoscono, senz'essersi mossi di casa, la piazza del mercato
-circondata da case di varia fisionomia, tutte a portici irregolari, con
-pilastri in pietra, colle gallerie dai piani superiori a traforo, coi
-balconi sporgenti e le grondaie protettrici e i camini a banderuola e
-le botteghe tutte diverse d'insegna, di porta, d'addobbo, di profumo.
-
-Da questa piazza s'apre verso settentrione una via non meno bella
-di quella che vi scorge arrivando dal Lago Maggiore. Mi si disse che
-entrambe si devono alla strada del Sempione.
-
-Appena disceso dalla vettura, entrai nell'albergo. Un garzone, tutto
-miele e sentimentalismo, avendo senza dubbio scorto sulla mia cera
-intenzioni ostili al pollame, m'indicò una porticina che dal cortile
-scorgeva nel salotto. Una tavola stava imbandita verso il fondo,
-attorno alla quale erano seduti quattro signori, a quella distanza
-legale uno dall'altro, che è solita fra persone che il solo caso
-riunisce. Se io fossi un Centofanti potrei dirvi a quante lingue
-appartenesse il gergo che vi si biasciava. Uno d'essi a capo del
-tavolo, alto secco e nodato a foggia d'una canna, con un naso adunco
-come il becco d'un avoltoio, sulla cui gibbosa groppa s'inforcava un
-occhialetto verdognolo, senza barba, colle labbra sottili, strizzate,
-dalle vesti che pizzicavano l'originalità, colla fronte e le guancie
-raggrinzate dall'eccesso del piacere o del dolore, era inglese.
-
-La fisionomia giovialmente serena tra il meditabondo ed il michelaccio,
-la capigliatura biondocinerina, la ciera rotonda, un certo fare alla
-carlona e una bottiglia di birra spumante, tradivano nell'altro un
-figlio dell'Alemagna.
-
-L'accento dimostrava chiaramente francese il terzo.
-
-Ma chi avrebbe saputo dire all'ombra di quale campanile fosse nato il
-quarto? Egli in dieci minuti vestiva la sua ciera della melanconia
-degl'Italiani, dell'aggrottato _spleen_ degli Inglesi, della seria
-bonomia tedesca, dell'alterigia spagnuola, della follia francese. Lo
-sguardo era dolce, insinuante, ammaliatore; ora fosco, imponente,
-terribile; la bocca rosea come quella di una bella figlia della
-Georgia, spesso dal sorriso contraevasi al sogghigno.
-
-Se uno di quegli scultori che sanno dalla pietra ritrarre una forma
-evocatrice d'infiniti pensieri, avesse visto, guardato, studiato,
-analizzato tutti quei moti irrequieti, che male rappresentano passioni
-indecise e lo sconforto del dubbio, ne avrebbe tratto il tipo di
-questo secolo. Non un pelo di barba sulle labbra, sulle gote, ma le
-sopracciglia e la capigliatura stranamente folte; quest'ultima ad
-arricciate ciocche cadevagli nerissima sulle spalle. Era vestito come
-un signore di buon gusto. Il suo parlare era poliglotta, una vera _olla
-podrida_ di motti italiani, greci, spagnuoli, tedeschi, francesi,
-russi, britanni e fors'anche chinesi. Chi avrebbe potuto snebbiare
-questo mistero vivente?
-
-Quand'io entrai, il loro colloquio era animatissimo tanto che l'Inglese
-gesticolava come un telegrafo non elettrico.
-
-Anzi mi parve che tutti e quattro parlassero ad una volta secondo
-la buona usanza parlamentare di quelli che vogliono far prevalere la
-propria opinione senza ascoltare quella degli altri.
-
-Salutai: il Francese solo accennò.
-
-Mi sedetti senz'altro, tracannai un bicchiere di vino ad onore e gloria
-della cortesia francese, e mentre il garzone recavami la vittima, che
-io doveva immolare al mio appetito, ascoltai.
-
-
-III.
-
-_L'Italia non è che un albergo — 17835 iscrizioni e mezza — Lezioni
-archeologiche — Varietà di gusti — Apologia del farniente — Terzo
-primato dell'Italia — Quattro duelli — Che hanno la coda._
-
-_Francese_. Il bello è sempre lontano da casa: del resto anche la
-Francia non teme confronti. Io viaggio, cioè ho fatto un viaggio in
-Italia, perchè questo è l'uso d'ogni persona colta: ve lo dico senza
-velo. Credete voi che tutti vengano qui a sospirare le ore e le ore
-sotto un arco frantumato, un palazzo polveroso, un'iscrizione che non
-riescono a compitare, per amore delle antiche memorie? Tutta ipocrisia,
-miei signori. L'Italia è un grande albergo, a cui conviene il bel
-mondo europeo, e nulla più. Partii da Marsiglia per Napoli. Ho visto il
-cratere del Vesuvio, ho mangiato i maccheroni, ho danzato la tarantella
-e mi son fatto scorrazzare in corricolo. I lazzaroni mettono schifo ed
-il resto annoia... È un popolo lontano mille miglia da Parigi! A Roma
-ho veduto S. Pietro, il Colosseo, il Campidoglio ed il Papa. Grandi
-cose in mezzo a meschinissime. A Firenze, ho cercato nelle sale del
-bel mondo la tanto decantata favella toscana, ed ho udito biascicare
-la nostra gran lingua, la lingua del mondo intelligente. A Milano, a
-Genova, tolti i monumenti, trovai città da provincia; a Torino cera
-di capitale senza l'imponenza babelica d'una metropoli monumentale.
-La seria e disciplinata apparenza dei cittadini e della città spiega
-la loro storia e la loro gloria nella diplomazia e nelle armi. Tutto
-è ordine. Del resto per chi non è assai ricco ed ama la tranquillità,
-Torino sarebbe forse la città più _confortevole_ di tutta l'Italia:
-pare un convento di agenti del governo. Tutte queste città, compresa
-la scenica Venezia e le cento altre minori, è forse meglio vederle nei
-diorami del _Palais Royal_.
-
-In poche parole, appena lasciato il suolo francese, m'annoiai
-mortalmente!
-
-_Alemanno_. Signore, voi avete un adagio, che se non mi sbaglio suona
-che ognuno ha i suoi gusti. Giacchè parliamo senza circonlocuzioni,
-vi dirò schiettamente che ho dimorato molti mesi in questo paese, e lo
-lascio con grande rincrescimento, quantunque la birra sia pessima.
-
-L'Italia per noi Tedeschi è una immensa università, le cui mura son
-tutte tappezzate di lapidi e di monumenti, per chi sa leggerli.
-
-_Franc._ (a mezza bocca) Grazie mille.
-
-_Alem._ (facendo lo gnorri). Nessuna nazione porta sulla sua fronte
-così palesi le impronte della sua grandezza....
-
-_Franc._ (da semplicione). Per chi sa leggerci.
-
-_Alem._ (orecchio da mercante). Non tutti sono, grazie a Dio,
-letterati. Voi vedete là in quel canto quell'inviluppo mostruoso di
-carte? Sono 17835-1/2 iscrizioni trovate da me in Italia e commentate
-(mormorio di meraviglia).
-
-_Incognito._ E, se non sono indiscreto, a che queste tante iscrizioni?
-
-_Franc._ Io vi ammiro! Vi ammiro profondamente! — disse con ironico
-enfasi il Francese, ficcando il naso nel bicchiere e gli occhi in
-quelli dell'impassibile incognito per ispiare un zinzino di malignità
-nella sua domanda.
-
-_Alem._ (fermo come torre che non crolla). Queste 17835 iscrizioni e
-mezza serviranno per note ad una mia opera futura, a cui preparo le
-basi.
-
-_Franc._ E, se anch'io non sono troppo curioso, quale sarà il titolo di
-questo lavoro senza dubbio gigantesco? Anch'io sono baccelliere e non
-si sa mai... potrei anch'io associarmi alla sua pubblicazione (se pure
-vivrò tanto da vederne il fine!).
-
-_Alem._ Scrivo la storia del pensiero umano comparato nelle razze
-latine e nordiche.
-
-_Incogn._ L'idea di quest'opera deve avervi atterrito sulle prime. Essa
-non può essere concepita che da un figlio della Germania. Voi avete
-mente disquisitrice e rara, strana pazienza...
-
-_Alem._ E lunghi inverni e buona birra.
-
-_Franc._ (per tagliar corto). In Italia cattiva birra e buon vino.
-
-_Inglese._ Sì, buon vino, eccellente. Vino che rallegrerebbe un Inglese
-corroso dall'umore nero. Lasciando a parte le altre qualità che fanno
-bella l'Italia, io credo che essa merita una visita per questa volta.
-
-_Franc._ Se io vi ritorno, scriverò la storia comparata dei vini.
-
-_Alem._ Anche quest'opera gioverebbe assai all'umanità, se si
-considerassero le parole ed i fatti, che sono la conseguenza diretta
-del vino tracannato da Noè a noi, o per meglio dire, a voi.
-
-_Inglese_ (al garzone). Portatemi del vino piemontese... (mescendo agli
-altri) Signori... questo vino è buono; e sarebbe incomparabilmente
-migliore ove non si fabbricasse tuttora come ai tempi di Noè. Ah!
-l'Italia! Marsala, Lacrima, Chieti, Vin Santo, Canonao, Malvasìa,
-Caluso, Barolo, e voi classici vini dell'Astigiano! Il vino è la
-più bella gloria dell'Italia. Le altre non conosco. Dappertutto vidi
-macchine inglesi.
-
-_Franc._ E stoffe francesi...
-
-_Alem._ Gl'Italiani dormono sugli antichi allori.
-
-_Inglese._ Se pure quegli antichi eroi non furono tanti miti.
-
-_Franc._ Gl'Italiani sono il popolo di cui si piantarono e si piantano
-maggiori carote. I poeti, più bugiardi dei cavadenti, ne hanno
-assuefatti di là dell'Alpi a pensare all'Italia come ad un paradiso
-terrestre. Essi magnificarono il clima, i monumenti e le donne. Sì —
-voglio concederlo — qualche cosa di bello e di grande v'ha qui... come
-poco più poco meno dappertutto.... Il clima, se ne eccettuate due o tre
-spiaggie marine della parte meridionale, è incostante e freddo nella
-stagione invernale come da noi. A Torino si soffre il freddo assai
-più che a San Pietroburgo. De' monumenti ho già detto quanto penso:
-non sono in grado di apprezzare se non quelli che hanno un'insegna...
-Restano le donne... Qui piego il capo, e confesso di aver scoperto
-nel loro sguardo una dolcezza che manca al clima, e la grandezza,
-che non trovai nel resto. Facciamo, o signori, un brindisi a questi
-avanzi dell'antica imperatrice del mondo, su cui pure (al Tedesco) il
-signore non avrà mancato di studiare, nelle ore di ozio, senza cercare
-iscrizioni...
-
-_Alem._ _Miscere utile dulci!..._
-
-_Franc._ (al cameriere). Porta del Bordeaux. Spero che dopo il vino
-piemontese apprezzeranno anche il mio Bordeaux.
-
-Mentre il Francese mesce ai commensali, chiede all'incognito:
-
-— Non sarebbe ella mai Italiano?
-
-_Incogn._ No, non sono Europeo.....
-
-_Alem._ Nelle linee caratteristiche del suo volto leggo.....
-
-_Franc._ (scherzando) Un'iscrizione?
-
-_Alem._ Una leggenda della Grecia..... del Levante.....
-
-_Incogn._ Non sono nato sulla terra, o signori.
-
-_Tutti._ Oh! oh! questa è graziosa! marchiana!
-
-_Franc._ (a fior di labbra) Oh! mi casca adesso dalla luna.
-
-_Incogn._ Sono nato sopra una nave americana.
-
-_Ingl._ Siamo della stessa razza.
-
-_Alem._ La vostra nazione verrà un giorno a mettere in sesto l'Europa.
-
-_Americ._ Quanto a me dell'Europa non amo che l'Italia. Come nazione,
-noi non abbiamo avuto pietà delle sue lagrime, perchè non volle mai
-intensamente con tutte le forze l'indipendenza per conseguire la
-libertà! Quanto poi a ciò che l'Italia dà al mondo intero.....
-
-_Ingl._ Eh! poverina; se mi eccettuate i cappelli di paglia.....
-
-_Franc._ Non ha di suo che il far niente.
-
-_Amer._ Ecco la sorgente del suo merito a' miei occhi.
-
-_Tutti._ Oh! oh!
-
-_Amer._ Signori, voi tutti veniste in Italia per divertirvi. (al
-garzone) Mesci Malaga.
-
-_Franc._ Io vi venni, perchè la moda vuole così, ve l'ho già detto, e
-mi annoiai mortalmente.
-
-_Amer._ Perchè non vi siete divertito?
-
-_Franc._ Perchè? Strade ferrate poche: alberghi molti e cattivi. Mi
-dicono i ladri in quantità. Da pertutto si vede che Voltaire e Vatel
-non nacquero in Italia. Ecco l'Italia.
-
-_Alem._ Io mi divertii molto studiando. Se ci avesse della buona birra
-di Baviera, io l'amerei anzitutto, benchè gl'Italiani non amino i
-Tedeschi col pretesto degli Austriaci.
-
-_Amer._ Eh! mi sembra che abbiano imparato a far poca distinzione fra
-gli uni e gli altri.
-
-_Ingl._ Io, a dirla francamente, viaggio per fare economia. In
-Italia un uomo solo con una ventina di lire al giorno, se la sciala
-allegramente. Amo gl'Italiani perchè amo Byron. Ammiro la loro potenza
-artistica antica, e se con poche sterline posso portare via qualche
-tela affumicata dai loro palagi deserti, e non sto a lesinare. Quanto
-alle loro arti odierne, poco su poco giù, se ne potessero fare mostra
-in un centro, credo uguali alle straniere. Non crediate che io ami
-le arti come quelle che disterrano al ciel la mente, a dirla cogli
-Italiani, amo le arti che mi danno piacere. Il piacere, ecco quanto
-cerco, ecco la mia divisa.
-
-_Franc._ Chi non ama il piacere — anche sotto la forma di un'iscrizione?
-
-(Smorfia eloquente del Tedesco — a cui l'Americano mesce un bicchierone
-di Malaga, il quale trovato nel ventricolo il Bordeaux ed il Barolo,
-accende con essi e la birra un incendio, per cui il fumo comincia a
-sortire dal naso del pacato Alemanno).
-
-_Amer._ (_all'Inglese_) Bravo. Il piacere; ecco la molla d'ogni azione.
-Chi cerca il dolore? La vita non è che un circolo più o meno vasto, in
-cui l'uomo corre dietro al piacere, e fugge al dolore, che del resto ha
-le gambe molto lunghe e le braccia di ferro. Ora, viaggiando, qual è il
-paese in cui il circolo pare meno angusto? Se non l'.....Italia?
-
-_Ingl., Alem., Franc._ ad un fiato: L'Inghilterra! La Germania! La Francia!
-
-_Amer._ Nossignori..... L'Italia.
-
-_Tutti._ Oh!
-
-_Amer._ (mesce) A voi partito dalle sponde fumose del Tamigi non
-sarebbe stato dato il trovare un paese, che avesse cielo sorridente
-e dolci aure, ottimi vini, vita a buon mercato, e di che scialarla
-allegramente come in Italia, in tutto il mondo. Qui Shakespeare sognò
-i suoi drammi: senza vedere l'Italia egli comprese quanto colore
-dà questo sole alle minime cose. Ad ogni passo incontrate l'ombra
-di Byron. Come Inglese voi dovete essere appassionato delle scene
-naturali. Dove trovate maggior varietà? Qui presso eterne nevi e sulle
-rive mediterranee eterna primavera. Fate ora paragone coll'Inghilterra.
-Quanto v'appare triste e caliginoso quel suo aere pregno di _Goddam_ e
-di catrame!
-
-_Ingl._ (con una mezza tinta drammatica) Signore!
-
-_Amer._ E voi, amante pure del piacere, rimproverate agli Italiani il
-lor far niente? Voi non lo comprendete il loro far niente.
-
-Un giorno il sole amoreggiò colla fantasia: da essa nacquero
-gl'Italiani. La splendida natura del loro bel paese desta in loro
-non meraviglia, come in voi, ma una dolce melanconia che li invita a
-meditare, a fantasiare. Chi di essi riesce a plasmare la propria idea
-crea un capolavoro concepito fra l'aspetto di spettacoli grandiosi,
-fra le memorie d'una gloria immensa, ed in una meditazione continua,
-intensa.
-
-Questo far niente è adunque un gran lavoro. È il far niente che
-produsse i loro artisti, Raffaello e Rossini.
-
-Se tutti gl'Italiani dessero o potessero dare atto ai pensieri che
-concepisce il loro far niente, a quest'ora il mondo sarebbe una seconda
-volta di loro. Tutte le nazioni nutrono più o meno un certo rancore
-contro l'Italia. Perchè non contro la Curlandia, la Danimarca, la
-Turchia?
-
-Tutti cercano di soffocare i suoi gemiti gridando che essa a nulla è
-atta. Le altre nazioni quando si trovarono nella sventura annoiarono il
-mondo stridendo: quando l'Italia piange, un'arcana melodìa ne soggioga.
-
-O in una o in un'altra cosa l'Italia comanda sempre al mondo. Una volta
-coll'armi, ma i popoli battuti borbottavano male parole; ora colla
-musica, ed i soggiogati accettano l'impero battendo palma a palma. A
-mezzo l'_Otello_, il _Guglielmo Tell_, la _Norma_, la _Lucia_ od il
-_Rigoletto_ rimproverate agl'Italiani di non farvi le stringhe a buon
-mercato come in Francia. Io quando sento le note della
-
- «Casta Diva, che inargenti»
-
-chiudo gli occhi, ed assorto in una voluttà che non istanca comprendo
-tutti i misteri del cuore che nella solenne quiete della notte confida
-alle ombre i suoi palpiti. E mi terrei beato se io potessi rientrare
-nel nulla _accompagnato_ dalla sinfonia della _Semiramide_. Tutte
-queste armonie emanano in parte dall'influsso delle donne italiane,
-le sole che mi toccano più che i sensi, la mente. Voi mi direte che
-l'Alemagna e la Francia hanno grandi maestri non inferiori in merito
-agli Italiani... Senza discutere rispondo che la melodìa di questi mi
-tocca di repente il cuore: le armonie di quelli mi meravigliano, ma
-m'impongono uno studio.
-
-Intanto l'Italia riscuote da tutte le nazioni un tributo alle sue arti:
-noi lo paghiamo senza battere palpebra. Ora chiedete ai vostri telai,
-alle vostre macchine, il piacere!
-
-Tutti i vostri più grandi artisti non divennero tali se non dopo una
-certa dimora in Italia, ove direi che l'armonie di cui è pregna l'aria,
-destarono in essi le potenze _dinamiche_. Rubens? Vandych? Poussin?
-Thorwaldsen? Meyerbeer? Reynolds?
-
-La gretta gelosia delle nazioni verso l'Italia è giusta; se esse
-le avessero permesso di divenire politicamente una nazione, tutto
-il mondo sbadiglierebbe da lungo tempo alle malplagiate note dei
-nostri maestri, e allora addio, o piacere unico, divino! Perciò il
-risorgimento politico italiano, sotto quest'aspetto, non trova in me
-un fautore. Che volete? L'Italia oppressa piangeva così soavemente!
-Libera? la vedrete perdere lo scettro delle arti. Le nove vergini non
-amano il tamburo militare. Le vostre nazioni quando il gladio romano le
-affettò, che divennero? Scomparvero. L'Italia scompare nella politica
-e tosto rinasce nelle arti. Cos'è la Spagna divisa, sbattuta da mal
-certe passioni? Paragonatele l'Italia. E voi, Alemanno, troverete più
-facilmente qui la birra di Baviera, che 17835 iscrizioni in Germania.
-
-_Franc._ 17835 e 1/2. Ah! ah!
-
-_Alem._ Sì, 17835 e 1/2. Volete vederle?
-
-_Franc._, _Ingl._, _Amer._ Misericordia!
-
-Tutti s'alzarono per isfuggire alla terribile minaccia del buon
-Tedesco; questi offeso dalla dimostrazione eloquente credette lesa la
-patria nelle sue più profonde affezioni archeologiche, e per difendere
-la Germania non trovò mezzo più spiccio di quello di arrovellarsi
-contro l'Italia, dimenticando — o ingratitudine! — l'origine delle
-iscrizioni in appendice alla sua opera — postuma.
-
-Io in quella gazzarra pensate se me ne stetti a bocca chiusa!
-Desiderare che l'Italia sia schiava per sentirne il pianto... Oh!
-dunque la è una istriona? Un usignuolo da tenersi in gabbia? Voi siete
-altrettanti egoisti, e per me vorrei che non una nota di Rossini avesse
-varcate le Alpi.
-
-In pochi minuti i forestieri, obbliati i meriti musicali e viniferi ed
-il dolce far niente si unirono a' miei danni. Animato da un insolito
-calore, io sentiva ingagliardirsi in me tutte le potenze dell'amore,
-che fa della patria agl'Italiani una madre afflitta da consolare.
-Perciò rigettate le lodi ed il lascivo panegirico dell'Americano,
-intuonai, virgolato da più libazioni, un'eloquente difesa della povera
-nazione che getta finalmente la cetra, con cui ha saputo molcere i dì
-del dolore per impugnare il ferro della battaglia.
-
-Le vicine pareti della sala erano scomparse, ed io vedeva attorno
-attorno sulle pendici dell'anfiteatro ossolano un'immensa moltitudine,
-che cogli occhi m'incoraggiava col gesto. Erano ombre di remoti e di
-vicini secoli. Io riconoscendo in molti d'essi carissime conoscenze
-di biblioteca, eruttava faville. Le cruciate figure di Dante,
-di Michelangelo e di Giusti, parevano protestare contro il detto
-dell'Americano esser necessaria la schiavità all'Italia per serbare il
-primato nelle arti.
-
-Gli stranieri irritati a quella vista, crollando le spalle e facendo le
-boccacce, senza una riverenza al mondo per quei nostri illustrissimi,
-sacramentarono d'impiparsi di quelle anticaglie da ferravecchio, di
-miti, d'ombre chinesi.
-
-Se non m'isbaglio, mi diedero per corollario dell'asino — ma per non
-essere la prima volta in vita mia — non ne sentii troppa ira. Virgilio
-m'era pur costato delle sonore sferzate; Dante mi fa presentire la
-bolgia degli scioperati fannulloni; eppure al sacrilego dileggio
-perdonai i cavalli al pedagogo, e, gettato lo scudo, colla baionetta in
-canna assalii di botto tutte le nazioni in una volta.
-
-La faccenda diventava seria. Le ombre stesse malcontente parevano
-volermi suggerire, ma anch'esse tutte ad una volta. In due minuti il
-vino e l'amor di patria annebbiarono le idee; il colloquio diventò
-un turbine, una tempesta. L'ira alle fiamme accecanti del liquore
-s'accese. Gli era come cento suonatori disaccordi, un pandemonio di
-esclamazioni, di nomi proprii, un'enciclopedia a fascio, un vocabolario
-scucito, i cui fogli svolazzano confusi dall'uragano.
-
-Povera Italia! Dopo mezz'ora i quattro campioni giacevano in una gora
-sanguigna, attorno al tavolo, non morti e non del tutto vivi.
-
- *
- * *
-
-Il garzone sentimentale mi condusse nella mia camera da letto: il
-quale sormontato da un alto baldacchino a cortine — il letto, non il
-cameriere — stava in mezzo alla stanza col capo al muro. Ampie cortine
-d'un rosso dubbioso lo coprivano intieramente. Mi posi tosto a letto e
-spensi il lume. Un raggio di luna, sottile, lungo, mi tremolava presso
-alla finestra: la discussione, il vino e le cortine mi soffocavano: le
-apersi.
-
-In fondo alla camera stavano — non v'era dubbio — varie figure, dritte,
-minacciose, una presso all'altra stretta per le mani, come i congiurati
-del Grütli. Se non che quelli erano tre, questi quattro.
-
-Lo spavento fece abbrividire il midollo delle mie ossa.
-
-Erano proprio i commensali, forse ubbriachi, che venivano a farmi
-qualche brutto tiro. Volli scivolare dal letto, cercare nel sacco
-da viaggio una pistola; ma le gambe aggranchite mi negarono il loro
-ufficio. Volli chiudere gli occhi: non potei. S'avanzarono fin presso
-ai piedi del letto.
-
-Il primo a parlare fu il Tedesco.
-
-— Signore, egli borbottò, voi avete riso delle mie 17835 iscrizioni e
-mezza, e voi me ne renderete conto e tosto. Così vi sarà al mondo un
-nemico di Germania di meno.
-
-— Caro fratello in Schiller, gli risposi ritirando gli artigli, voi
-parlate come suole il mondo, una verità ed una menzogna. Anzitutto
-gli Italiani non odiano gli Alemanni; odiano gli stranieri che vengono
-giù dalle Alpi a rapina di ogni cosa — eccettuate le iscrizioni. Anzi
-rimarginate le piaghe fatte dagli Austriaci, la tanto percossa Italia
-vi stenderà una mano, amichevole. Se corsero rivi di sangue fra voi e
-noi, la colpa a voi: v'abbiamo detto:
-
- Ripassate le Alpi e tornerem fratelli...
-
-voleste restare! — Quanto alle iscrizioni, è vero, risi. Battiamoci
-dunque da buoni amici. Ma prima che cessi per me questa dolce abitudine
-di pensare ed agire, come dice il vostro Goethe, chiaritemi perchè
-l'ultima vostra iscrizione sia soltanto mezza.
-
-— Per la semplice ragione che io non la ritrovai intera.
-
-Io assentii con un profondo inchino alla magniloquenza di quella
-risposta, e quando alzai il capo, l'Inglese corrucciato, cogli occhiali
-sul fronte, masticò fra i denti:
-
-— Signore! voi avete sorriso all'Americano quando irrise la nostra
-povertà musicale. V'attendo.
-
-L'Americano coi capelli pioventi lungo il muso, come un salice
-piangente ombreggia il tronco de' suoi pieghevoli rami, s'avanzò,
-squassò la criniera, armò le labbra del più infernale sogghigno, e
-proruppe nell'attitudine del Mefistofele d'Ary Scheffer:
-
-— Uomo nato sulla terra, io compiango te come questi altri. Ognuno di
-voi crede che i cavoli maturino meglio all'ombra del patrio campanile.
-Vi disprezzo perchè egoisti; vi compiango perchè amate un pugno di
-terra invece d'amare il tutto. Perciò, a conto mio, ti dico: dormi!
-dormi! poichè non sei atto a spogliare quella veste nessea che tu
-chiami amor di patria, e che ti darà dolori, non mai gioie. Che Italia
-mi vai cantando? Vieni con me: t'insegnerà a dimenticarla il piacere.
-
-Un brivido glaciale mi corse per le vene tutte: i denti battevano come
-le nacchere d'una ballerina nelle ridde della tarantella, e la fronte
-mi gocciava ad un tempo di freddo sudore; tuonai:
-
-— Larva d'uomo, apprestati a lavare col tuo sangue l'insulto!
-
-Egli crollò le spalle impassibile e s'assise sopra il cassettone
-aspettando la sua volta.
-
-Il Francese con un fare tra lo sbadato e l'altero mi disse:
-
-— Voi sapete abbastanza che uno di noi due deve morire... e sarete
-voi...
-
-— Perchè non voi!
-
-— Forse ambidue, susurrò l'Americano.
-
-— Meglio ancora: ci batteremo al di là...
-
-Allora gli stranieri, prima discordi, vedendomi facile vittima, si
-strinsero a' miei danni. Anche quell'Americano che aveva cantato
-l'Italia, o miserabile! derideva la mia nudità!
-
-. . . . . . . Un velo sanguinoso passò dinanzi i miei occhi, saltai
-giù dal letto ed abbrancai furente la spada che m'offeriva il Tedesco.
-Pochi colpi ma di misura. Dopo cinque minuti egli cadeva nel proprio
-sangue. L'Americano, impassibile, mentre il Tedesco agonizzante gli
-raccomandava le sue 17835 iscrizioni e mezza, di un calcio lo rotolò
-sotto il letto.
-
-Pareva che il mio braccio fosse guidato da una magica forza misteriosa:
-il Francese nella sua furia lasciò un istante il cuore allo scoperto;
-fu l'istante della sua morte. Ed eccolo in compagnia del Tedesco sotto
-al letto.
-
-L'Americano, ad un tratto, mentre io, ebbro e sitibondo di sangue
-(e a dirla schietta, anche d'una chicchera di thè, a cacciar giù
-quell'imbroglio dallo stomaco), gli porgeva un ferro, trae di tasca
-una fiola, d'un sorso ne beve il contenuto, e borbottando un addio
-alla vita ed al piacere, s'abbandona mollemente a terra; quindi, oh
-meraviglia! per risparmiare a se stesso quel certo calcio surriferito,
-agonizzante, striscia, s'avvoltola, sdrucciola come un serpe ferito,
-sul pavimento, fin presso ai compagni sotto al letto.
-
-L'Inglese, masticando il soliloquio d'Amleto, si disponeva, con eroico
-disprezzo della morte, ad infilzarmi nello spiedo. Solamente per
-amore di verità assicurò che una partita a pugni gli sarebbe stata
-più cara; ma, considerato il pregiudizio degli Italiani, che lasciano
-questo duellare ai facchini, si dispose a rendermi quel buon ufficio
-che desiderava. Oh come lunga, accanita, disperata fu la sua difesa!
-Assolutamente non voleva cedere alla sorte dei compagni. Eppure.....
-già mi capite. Il suo cadavere, cadendo a terra, urtò il cadavere del
-Francese; una viva scintilla di fuoco illuminò la scena.
-
-Sfinito, mi coricai. Un lago di sangue innondava la stanza: le
-iscrizioni del Tedesco galleggiavano, come già i monumenti che le
-portavano in fronte soprastarono al deserto di ruine, che fecero le
-orde dei suoi connazionali. Il raggio di luna pareva si tuffasse con
-voluttà in quella gora, come una silfide nelle cilestri onde marine;
-dalla finestra socchiusa un venticello veniva a tergere colla sua
-fresca mano i sudori della battaglia, ed io me ne stava là sul letto
-come sopra un trono, o meglio sopra un carro di trionfo, allorchè la
-porta s'aperse, entrò una frotta d'uomini armati di _rewolvers_.
-
-Erano Americani; ed il loro capo, sbottonatosi, cavò dal giustacuore
-una carta, la lesse: o Dio! era la mia sentenza!
-
-Quella buona gente era partita di laggiù per accomodare per sempre
-la lite e disfare col ferro il nodo gordiano, cominciando la missione
-civilizzatrice col mandarmi le gambe in aria. Ed io, sentendomi ad un
-tratto più amante che mai della vita, e la morte già tirarmi pei piedi
-nelle sue gelide braccia, dato un rapido intensissimo addio a tante
-belle e care creature e cose, colla parola strozzata, balbettando,
-colle mani in aria ora in atto pietoso, ora irato, invano protestava
-aver io difeso l'onore della mia patria, invano invocava il nome del
-Licurgo americano, invano faceva appello agli scritti umanitarii
-della signora Beecher Stowe; già comprendeva che gl'italiani non
-debbono attendere soccorso che dalle proprie braccia, e un anello
-diacciato sulla fronte, la bocca d'una pistola, già stava per sbalzarmi
-addirittura al di là dello Stige, quando il garzone mi svegliò, come
-eravamo convenuti e mi presentò il conto dello scotto.
-
- *
- * *
-
-Se la sentenza dell'Americano mi faceva capire chiaramente come tutti
-i popoli non sono generosi se non finchè nella partita s'avvantaggia
-il loro interesse, — salvo a piantarvi dopo il primo acchito — quella
-dell'oste a prima vista m'apparve come l'arcobaleno dopo un diluvio; a
-seconda mi fece osservare che io era tenuto quale inglese — s'intende
-naturalmente di quelli del tempo in cui gli animali parlavano, ed i
-ricchi non venivano in Italia a rattoppare la fortuna compromessa dagli
-_Sport_...
-
-Dopo le prove della notte, uno scambio di nazionalità mi era troppo
-sensibile; quella birba, che aveva difeso l'Italia, m'aveva a prezzo
-della sua eloquenza, accollato il proprio scotto. Discesi e raccontai
-la cosa a ser l'oste: mi rispose che, quanto al prezzo, egli era
-convinto che gli stranieri potevano senza ragione di broncio pagare un
-po' più la sua ospitalità, quando godevano _gratis_ tanti spettacoli;
-e quanto all'incognito, avergli detto che io era suo intrinseco amico,
-ed essere convenuto fra di noi che io avrei soddisfatto ogni cosa.....
-Così per giunta era tenuto pel suo amico, o Dio sa che cosa! Tuttavia
-dopo poche mie osservazioni, d'un tratto di penna tagliò la coda
-al totale, coda che io in onore della nazionalità italiana donai al
-garzone.
-
-Non vidi più alcuni de' miei commensali. Il Tedesco era partito a
-mezzanotte colla corriera del Sempione in compagnia del Francese e
-delle sue 17835 iscrizioni — e mezza — l'uno pel Grimsel, l'altro
-per Ginevra. L'incognito era certamente passato ad intuonare un inno
-all'ospitalità svizzera (a 8, 10 e 12 lire al giorno, compreso il
-letto).
-
-
-IV.
-
-_Una giovenca ed il più bel cuore del mondo — Avete buone gambe? —
-Re in Valvigezzo — Anche sull'Alpi si trovano traditori — _Requiescant
-in pace.__
-
-Che bel mercato è il mercato del sabbato a Domodossola! Le svariate
-e strane foggie degli alpigiani di tutti i monti circondanti formano
-uno spettacolo veramente curioso. Le vie e la piazza del centro
-erano tutte assiepate di carri a cui stavano attelati buoi di piccola
-statura; di panche su cui cesti di pomi, pesche, uve e pere di non
-grande dimensione ma colorite e gustose; di ortaglia, di forme rotonde
-di cacio; stiacciate, bislunghe, ovali, di butirro fresco; di scansìe
-su cui bottoni, spilloni, pettini, collane e le altre minuterie di
-cui è sì golosa la nostra contadina nè più nè meno che la canadese;
-di tavolati a cui appesi il velo, il fazzoletto trinato, la veste di
-seta, di cotone e di lana, tutte a vivi colori e il rosso campeggia;
-ed intorno a tutte queste botteghe ad aria aperta uno sciame di
-montanine fresche rubizze, di ragazzacci, di contadini, di vecchierelle
-secche, olivastre e tuttora vegete; un vociare poi di venditori, che
-fanno a chi strilla più forte, ed un gridìo continuo di ooh! ooh! dei
-conducenti le carrettelle cariche di foresti e di merci che vengono o
-vanno alle valli ossolane o all'Intrasca.
-
-Sulla piazzetta che sta dinnanzi all'albergo, al primo mettere piè
-fuori, mi ferì la vista una bionda ragazza sui sedici anni, accoccolata
-presso il muro, coi dolcissimi occhi pregni di lacrime. Il volto aveva
-leggermente coperto d'una finissima lanugine tal e quale la peluria di
-una bella pesca di Lesa. E come una pesca _incarnata_ le gote erano
-erubescenti. Fattomi a domandarle della causa del suo dolore, dopo
-qualche peritanza mi rispose mostrandomi un canestro pieno di frutta
-fresca sconciamente battuta e pesta. Una giovenca infuriata datasi a
-scorazzare pel mercato, aveva urtato nel suo canestro quando appunto
-stava per venderlo, e ne aveva fatto quel scempio, e due grosse lagrime
-venivano terse col rozzo grembiale di tela azzurra. Forse la fanciulla
-aveva corso pericolo ella stessa; ma l'essere scampata non la consolava
-della perdita, a guisa di quella bimba che, sorpresa sopra le rotaie
-di una strada ferrata dall'imminente convoglio, mentre le attraversava
-portando un pentolino di latte, caduta a terra dallo spavento, si
-rialzava incolume ma piangente perchè aveva rotto il pentolino e
-versato il latte. Le profersi di comprare quella frutta. Ella mi
-guardò estatica, dubbiosa quasi non avesse compreso. Una vecchierella
-che dall'abito pareva sua convalligiana la persuase ad accettare
-quelle poche monete di rame di cui le era sì poco generoso. Ella non
-rispose che con una lunga occhiata, in cui io lessi cinque o sei ore
-di cammino, ed una buona tirata d'orecchi dal padre a lei risparmiata:
-poteva dimostrarsi più grata?
-
-Girellando per le vie, giunsi in faccia al duomo, che, fra parentesi,
-non ha ancora faccia. Entratovi, ammirai begli affreschi e quadri, che
-mi si dissero opera di valenti pittori ossolani.
-
-Poco lungi dalla cattedrale vidi pure un'antica magione in viottolo
-dimenticato, a porte e finestre ornate di pietra tagliata. Sopra
-ogni architrave un'iscrizione latina. Tutte le finestre chiuse: le
-invetriate polverose, le soglie e le porte intatte. Pare dorma da lungo
-tempo. Quella casa così abbandonata mi parve uno dei tanti palazzi di
-Venezia che, disabitati, lungo i canali dei quartieri meno popolosi,
-vanno morendo d'inedia e di noia.
-
-Nessuno indovinerebbe ciò che io trovai di ritorno all'albergo: sovra
-un piatto tersissimo di maiolica rossa, coperti da foglie di vite due
-grappoli d'uva perlati di rugiada... Quella fanciulla invero aveva un
-bel cuore.
-
-Giammai sì poca moneta fruttò allo zingaro tanto piacere. Il donare
-è veramente la più squisita di tutte le soddisfazioni... Non è vero,
-lettrici mie?
-
- *
- * *
-
-Lettore, hai tu buone gambe? Orsù, in moto; apparecchiati a salire e
-a scendere, ad arrampicarti e dirupinarti giù dei monti. Se poi non
-hai buone gambe, fermati a Domodossola, che io ti racconterò storie e
-ciarle millanta di apostoli e di soldati, di alpigiani e di monti, di
-foreste e di cascate.
-
-Il sole spunta sulle creste dei monti che si adagiano tra la valle
-Vigezzo e l'Intrasca: e la più ridente delle valli ossolane svelata
-agli occhi del cielo e degli uomini intuona il suo inno alla natura.
-
-Appaiatomi con uno di quegli onesti contadini dal saio meno ruvido,
-dalle grosse scarpe e dagli enormi solini della camicia, che,
-assiepando la testa — onde non perderla facendo cammino — gli segavano
-le orecchie, da Santa Maria Maggiore in due ore di cicalate giunsi al
-Santuario.
-
-— Ha da sapere il mio signore che nell'anno Domini 1494 un certo
-Zuccone scagliava una pietra nell'immagine della Vergine e la colpiva
-nella fronte. Pensi quale fu il suo terrore quando vide quell'immagine
-grondare sangue, e le campane, agitate da mano ignota, suonare a
-festa! Sicuro, mio signore, che ciò dopo tanti anni potrebbe essere
-messo in dubbio: ma grazie al cielo i miscredenti qui non possono
-sogghignare, perchè teniamo negli archivi un atto giudiziale, firmato,
-bollato ed autenticato dal podestà della valle e da tutti i notai della
-giurisdizione; e lei, che dalla ciera parmi debba sapere di lettera,
-capirà che tutti questi scriba non sarebbero andati così d'accordo se
-il miracolo non fosse stato evidente.
-
-— Tutti quei messeri erano convenuti in Re nell'istante di quel
-miracolo?
-
-— No, vi convennero chè il miracolo durò diciotto giorni continui, e se
-la vuol convincersi, venga con me che le farò leggere lo strumento.
-
-— Grazie, amico mio; io sono di quelli che amano meglio di credere che
-di accertarmi scrupolosamente del fatto.
-
-— Ah! sclamò con voce dolente il buon vecchierello stringendomi la
-destra fra le incallite mani, perchè non la pensano tutti come lei?
-
- *
- * *
-
-All'indomani, procedendo poco oltre Olgia, godetti lo spettacolo delle
-sottoposte Cento valli, per cui in poche ore, a quanto mi si disse, si
-scende, passando ad Intragna, all'amena Locarno. La quasi deserta valle
-Cannobina, a cui si potrebbe discendere varcando da Malesco (prima
-di giungere a Re) il brutto passo di Finero non mi tentò affatto. A
-Craveggia, nota pel bello stabilimento di eccellenti acque minerali,
-ebbe i natali Pietro Ferino che, acquistata sui campi napoleonici fama
-di esperto condottiero, veniva tenuto caro da Napoleone e dallo stesso
-Luigi XVIII, che lo creava pari di Francia.
-
-A S. Maria Maggiore, sul finire dello scorso secolo, accadeva una
-terribile scena. Una buona parte dei novatori che avevano occupato
-il forte di Domodossola, sentita la rotta dei compagni a Gravellona,
-si ritirava nella valle Vigezzo, donde nel giorno seguente, scendendo
-le Cento valli o la Cannobina, si sarebbe rifuggita nella repubblica
-cisalpina. A S. Maria i novatori stanchi dalla lunga marcia, abbattuti
-dalla fatica e dallo sconforto, sono ricevuti da certo Rassiga,
-il quale blatterando di politica in piazza era in voce di fautore
-dei Francesi. Egli corre incontro al drappello, e dopo di essersi
-rallegrato che il sole di S. Maria potesse vedere i redentori della
-patria, rincrescevole della troppo esigua capienza della sua casa, li
-guida in un albergo, li conforta di ciancie e di cibi, ed acconciatili
-alla meglio nelle stalle capaci, li lascia in preda ai sonno. Il
-loro capitano aveva colorito al Rassiga ed ai curiosi la precipitosa
-ritirata come una mossa strategica, tacendo dei disastri toccati. A
-mezzo la notte, buia come la gola del lupo, Rassiga è svegliato: che
-è che non è, un amico che giungeva allora allora dal piano, saputo
-dell'arrivo in S. Maria dei novatori e dell'accoglimento avuto, lo
-fa consapevole della loro rotta, e peggio, i soldati regi già stare
-alle porte del borgo, il pericolo imminente: fuggisse od in alcun modo
-provvedesse alla propria sicurezza. Rassiga era uno di quei tali che
-ignorano nulla essere più difficile che conservare un'opinione nel
-pericolo della vita. Che Dio non metta mai a questa prova la falange
-dei tanti!
-
-Nella lotta, seppure vi fu lotta, prevalse l'egoismo: alle strette di
-dover perdere avere e vita, scelse il tradimento. Corse incontro ai
-regii; sè disse corpo ed anima pel trionfo dell'ordine: sapere che
-una mano di turbolenti si era rifuggita fra quei monti pacifici per
-commettere Dio sa quali abbominii su popolazioni devote al re: suo
-dovere di svelare il covo che ricettava le fiere, onde immolarle alla
-giustizia.
-
-La paura dalle pallide sembianze condusse con mano tremante il
-tradimento attraverso le ombre della notte alla porta segnata; con
-passi di volpe varcano furtivi la soglia ospitale.
-
-Fra la sicuranza del ricetto fratellevole e la stanchezza per la
-faticosa marcia, i fuggiaschi s'erano abbandonati al sonno, e già la
-fantasia pingeva loro d'attorno le scene famigliari delle madri, delle
-spose e delle amiche lontane, quando — un lampo — un tuono orrendo
-scoppiò, e s'udì per l'aere commosso un urlo... dal sonno fidente erano
-trabalzati nel nulla — tutti!
-
-— _Requiescant in pace_, balbettò esterrefatto Rassiga.
-
-— Viva il re! gridarono i soldati.
-
-
-V.
-
-_Trionfo delle castagne sulla fama di un'illustrazione dantesca._
-
-M'aggirava nelle boscate colline di Trontano all'ombra dei castagneti.
-Stanco d'asolare entrai in una modesta capanna sull'orlo del villaggio,
-e vi trovai cortese ospitalità. Rifocillatomi in compagnia di quei
-buoni contadini, mi assisi al rezzo delle piante. L'esterno di quella
-casa campestre senza aver nulla di mirabile, mi colpiva; forse erano
-due finestre nel muro di pietra, basse, a sesto acuto, profonde, che mi
-guardavano fisso come se aspettassero una interrogazione per rivelarmi
-un segreto.
-
-L'antichità di quel muro contrastava singolarmente colla verzura
-d'una giovine vite, che abbracciandolo co' tralci, correva attorno
-in ghirlande: pareva la giovinezza che conforta col suo sorriso la
-vecchiaia. Un zampillo d'acqua scorrente poco lungi tra le foglie ed i
-sassolini, empieva l'aria d'un misterioso cicaleccio. Le mie palpebre
-s'andavano abbassando; il mio capo s'appoggiò al tronco d'un castagno,
-sbadigliai e m'assopii.
-
-Dopo poco d'ora, mentre io me ne stava tranquillamente dormendo, la
-porta della capanna si aprì, e ne uscì un frate che a passi furtivi
-venne presso di me.
-
-La sua alta statura, maestosa ed imponente, pareva averlo destinato
-al comando, mentre dallo sguardo ammaliatore refluiva una dolcezza
-persuasiva. Il suo capo era interamente nudo: anche le sopraciglia
-erano prive di peli. A chi lo guardasse attento, la sua pelle appariva
-arsiccia, screpolata; sì che moveva ad un tempo pietà e terrore.
-Anzi, se ben mi ricorda, parmi emanasse dalla sua persona un odore di
-bruciaticcio insolito. Si avanzò, ed a me meravigliato non stendesse
-la mano, disse pacatamente dopo di essersi guardato attorno con occhio
-sospettoso:
-
-— Perchè guardavate voi con tanto amore quell'avanzo d'una antica casa?
-
-— Non lo so io stesso: forse qui abitò qualche immortale che anche dopo
-secoli riempie di sè i luoghi ove s'aggirò vivente.
-
-— Voi sapete adunque di lui, dello sventurato fra Dolcino?
-
- «Or di' a frà Dolcin dunque che s'armi,
- «Tu che forse vedrai il sole in breve,
- «Se egli non vuol qui tosto seguitarmi,
- «Sì di vivanda, che stretta di neve
- «Non rechi la vittoria al Noarese
- «Ch'altrimenti acquistar non saria lieve.»
-
-Io cominciava a credere di sognare sentendo queste due terzine di
-Dante, da un frate, all'ombra di un castagno a Trontano.
-
-— Dunque qui nacque?...
-
-— Fra Dolcino. A voi che veniste a visitare questa mia contrada pel
-dolce amore della natura...
-
-— E dell'aria fresca, pensai tra me.
-
-— ... Voglio dire di sua vita, per appagare la vostra brama.
-
-Io veramente non pensava più che tanto a frà Dolcino; ma poichè una
-sì bella occasione di favellare dei famosi immortalati da Dante non
-si presenta ad ogni passo con un frate, tutt'orecchi ascoltai lo
-sconosciuto.
-
-— Verso il finire del secolo XIII, egli nacque in questa casa, figlio
-d'un prete. Suo padre decise di vestirlo della tonaca di frate.
-Ignorante d'ogni cosa di questo mondo, passava i suoi giorni fra le
-feste dell'età e della natura. Quando udì la volontà del padre gli
-parve tutto predicesse quanto sognava, virtù ed amore. Gli spiriti
-famigliari rallegravano la casa: i passeri sul tetto pareva gli
-dicessero colle loro note: va, tutto è amore! Condotto nel Trentino,
-indossò la tonaca degli Umiliati; ma in breve sendogli venuta a noia
-la solitaria quiete del claustro, in cui interrogava sè stesso, se chi
-serve Dio non deve tutto intraprendere per la salute degli uomini,
-pregava i priori con istanza di concedergli almeno la licenza della
-predicazione. L'indole irrequieta ed animosa lo tradiva ad imprese
-più clamorose. Fu cacciato da quel convento; in quella suo padre
-moriva. Soffrì come chi crede e spera, e non invano, chè la fortuna,
-rasserenato l'orizzonte, dopo tante traversìe gli serbava le ineffabili
-consolazioni dell'amore. Allogatosi quale procuratore di un convento
-di monache in Trento, conobbe allora una nobile e bella giovinetta
-che orfana come Dolcino s'era ritirata fra quelle mura, e l'anima sua
-caldissima se n'accese d'inestinguibile affetto corrisposto con quel
-tenero amore che riverbera sulla mente dell'uomo le aspirazioni d'una
-innocenza immacolata.
-
-Oh! come rapidi quei giorni!
-
-Intanto Segarello da Parma empieva l'Italia superiore delle sue ardite
-dottrine. Puri in mezzo a corrotti, generosi fino al sagrificio,
-fidenti nell'avvenire, entrambi s'interrogarono se essi pure non
-sarebbero discesi in Lombardia a propugnare la verità contro i
-profanatori del tempio. Abbandonato il Trentino coll'amica inspiratrice
-calò nella grande valle del Po, e predicando con tutto il calore
-e la forza della convinzione amore a Dio ed agli uomini, digiuni e
-mortificazioni, in breve tempo venne seguito da migliaia di proseliti,
-e sì alta ne echeggiava la fama, che lo stesso Dante colpitone scriveva
-di lui nelle immortali sue pagine. La favella piena di grazia e di
-carità, la soave bellezza di Margherita s'insinuava ad ammollire i
-cuori più duri, mentre fra Dolcino con ardire di apostolo assaliva i
-pregiudici più antichi senza temere d'incontrare la sorte di Segarello,
-arso vivo.
-
-Ahi! che i trionfi davanti gli uomini sono brevi! Cominciarono le prove
-di Dio. Il vescovo di Vercelli leva con indulgenze una crociata contro
-il ribelle a Roma. Fra Dolcino, rifugiatosi nei monti del Biellese
-con poca parte di tanti seguaci, ad una duce e soldato, sostiene un
-lungo assedio. Fratello, che Dio non faccia mai soffrire a te quanto
-soffrirono Dolcino e Margherita! Le legna e le vettovaglie vennero
-a termine: la fame ed il freddo! — la fame che desta la ribellione,
-che stanca ogni più saldo proposito; il freddo che intirizzisce il
-braccio ed affievolisce il valore! I difensori sfiniti cadevano attorno
-alle bastite... alcuni disertavano... e la breccia dal nemico veniva
-compiuta quasi senza difesa..... Che più?
-
-Il 23 marzo del 1307, dopo la più disperata difesa, stremati d'ogni
-forza, caddero nelle mani dei crociati, i quali, dopo ogni vituperio,
-a misura di tanaglie roventi e di carboni accesi fecero espiare ai due
-novatori il delitto d'aver sollevato migliaia di credenti contro i vizi
-del clero. Frà Dolcino sopra una catasta di legna nelle radure ghiaiose
-fra la Sesia ed il Cervio venne bruciato vivo. Per libidine di ferocia,
-Margherita dovette assistere all'estremo supplizio di chi dopo Dio
-l'aveva amata sopra ogni terrena cosa! Alla plebe Biellese era serbato
-lo spettacolo dell'animosa donna arsa sopra di un rogo. Di frà Dolcino
-non restarono neppure le ceneri: non resta che la memoria... non è
-vero?
-
-— Sì, frate, a chi conosce quei tempi. Frà Dolcino, lasciata da parte
-ogni questione religiosa, è una bella figura del medio evo: guerriero
-ed apostolo in diverse condizioni di tempo, avrebbe operato grandi
-cose.
-
-— Ma ora qual è la memoria di lui?
-
-— A chi non ha sviscerato le idee di quel secolo, essa non è che la
-memoria d'uno che animava i fedeli ad armarsi contro l'Anticristo.
-Questi tempi aritmetici non possono di leggieri comprendere lo slancio
-dei nostri nonni per un'idea filosofica. Ora gli eretici seggono nelle
-Università e nei Parlamenti nel più buon accordo coi devoti; e se corre
-qualche saetta, svanisce in un fuoco fatuo di diario. Colle indulgenze
-non armereste quattro scaccini di sagrestia. Non v'ha che la patria che
-possa suscitare legioni con un grido.
-
-— E Trontano... soggiunse dopo breve pausa il frate con voce scorata...
-e Trontano non s'onora di quel suo antico figlio?
-
-— A dire la verità io ho sentito sempre a celebrare Trontano per...
-
-— La patria di frà Dolcino?...
-
-— No, per le più eccellenti castagne del mondo. Dalla qual cosa voi
-ed io potremmo dedurre copia di pensieri sulla vanità della gloria e
-sulla inutilità di farsi arrostire pel trionfo d'un'idea... Ma che? voi
-impallidite?
-
-— Per le castagne! per le castagne!
-
-E il povero frate accasciato sotto il peso della mia rivelazione
-stralunò gli occhi, barcollò e sarebbe caduto ruzzoloni se io non mi
-fossi affrettato a raccoglierlo nelle mie braccia.
-
-Se non che in quel punto mi svegliai colle braccia conserte al
-castagno, contro il quale io aveva pure picchiato del naso nella furia
-di soccorrere il povero frà Dolcino.
-
-I passeri sul tetto, sui rami, cinguettavano la loro antica canzone:
-_tutto è amore_, la sorgente sussurrava un idilio a note sommesse, ed
-il muro secolare continuava a guardarmi colle sue oscure occhiaie. Il
-castagno sotto il quale m'era apparso frà Dolcino, stendeva, agitandole
-con frenetica gioia, le sue braccia all'aria, ed i ricci dei suoi
-frutti mi parevano straordinariamente ingrossati a dispetto della
-gloria antica del conterraneo. Celebrava quel birbo il trionfo delle
-castagne sulla fama di una figura dantesca! La vite sola s'attaccava
-più salda, più stretta alle vecchie mura, festeggiandole colla frescura
-della sua ombra e colle ghirlande de' suoi tralci pampinosi; ed io,
-alzatomi e stirando le membra indolenzite, m'incamminai non so più
-dove, zufolando coi passeri:
-
-— Tutto è amore!
-
-
-VI.
-
-_Il Sempione — Invenzione di un ponte per passarvi dissotto._
-
-La valle più nota ai viaggiatori ed agli studiosi fra quante convengono
-nel bacino ossolano, è la valle percorsa da quella meravigliosa strada
-che sale al Sempione congiungendo Milano a Ginevra.
-
-Valle Divedro diramasi da Crevola al valico del Sempione: il confine
-però tra gli Svizzeri e gl'Italiani sta a S. Marco, poco prima
-di giungere a Gondo. Nell'anno 1801 quella vastissima mente di
-Napoleone Bonaparte, ormai al colmo del potere, ideava una strada
-monumentale che valicando i gioghi alpini scorgesse dalla Svizzera
-all'Italia superiore: nel 1805 la grand'opera era già finita, a gloria
-principalmente degl'ingegneri italiani, i quali, quanto più ardua era
-la loro impresa in una valle selvaggia, ovunque dirupata ed asprissima,
-tanto più degna del nome romano seppero renderla, sì che gli stessi
-stranieri, troppo spesso ingiusti, dovettero rendere giustizia alla
-perizia loro.
-
-Il tratto da Iselle a Crevola, anzi quasi tutta la valle, presenta una
-delle più orrende scene di distruzione: dappertutto frane di monti e
-sassi minacciosi pendono sul capo al viaggiatore; qua e là le volute
-della neve precipitano nella stagione invernale nell'oscuro fondo della
-valle, avvallando spesso quanto incontrano nell'irrompente rovinìo.
-Chiunque vide questo cammino tracciato con tanto ardire e tanta
-sapienza, consiglia al governo italiano a non risparmiare cure e danari
-per conservare una strada che, larga otto metri, con sei gallerie,
-attraversa tre provincie del regno, formando l'ammirazione pur anco dei
-volgari.
-
-Ecco la tradizione storica che lo zingaro raccolse nel pulito e
-discreto albergo d'Iselle dalla bocca di un colto Ossolano.
-
-Sul Sempione nel 1799 vi furono varie fazioni guerresche tra Francesi
-ed Austriaci. Nel 1800 il generale Béthencourt con mille soldati
-francesi e svizzeri, mentre Bonaparte, attraversava arditamente il
-gran S. Bernardo venne inviato ad occupare i posti di Iselle e di
-Domodossola. Ma in una procellosa notte un ponte di quell'antica
-stradicciuola era sprofondato in un abisso: nessun modo di passar
-oltre. Un coscritto, senza dubbio nativo delle Alpi, offre al
-generale il mezzo di scavalcare la forra, e senz'altro, leggiero
-come uno scoiattolo, striscia sulle rocciose pareti di quel burrone,
-aggrappandosi ad ogni masso, ad ogni cespuglio, e giunto in fondo,
-guada il torrente e s'arrampica sull'ertissima parete opposta, mentre i
-più tremano che un piede in fallo, un sasso malfermo o la vertigine lo
-precipitino frantumato nella sottoposta fiumana.
-
-In questo la recluta è giunta, dopo infiniti sforzi, ad afferrare il
-ciglione dell'opposta parete — egli è giunto alla meta e tutti battono
-palma a palma. Il giovanetto s'era tratto con sè il cappio d'una grossa
-corda che egli aveva assicurato ad un pino dell'altra sponda, e tesala,
-l'annodò strettamente ad un macigno, sicchè venne così improvvisato
-un ponte sul quale, anzi sotto il quale sospesi alle proprie braccia,
-primo s'intende il Béthencourt, passarono i soldati armi e bagaglio ad
-armacollo. Di cinque cani che seguivano quella mano d'armati, due soli
-poterono giungere ai loro padroni: gli altri tre vennero trascinati
-dalla furia del torrente che non riuscirono a guadare.
-
-È opinione dei più che il Sempione abbia avuto questo nome da Servilio
-Cepione nella guerra contro i Cimbri, della quale l'Ossola fu teatro
-per molte pugna, quantunque Cepione abbia combattuto non qui, ma nella
-Gallia. Dell'antico passaggio restano molte vestigia, particolarmente
-dal lato svizzero.
-
-Presso Gondo, nella galleria più lunga della strada, havvi scolpita nel
-marmo quest'iscrizione, che meritava d'essere raccolta fra le 17385 e
-1/2 dell'archeologo tedesco, a cui l'attica semplicità che la informa
-avrebbe risparmiato le fatiche del commento:
-
- ÆRE ITALO 1805.
-
-Delle cose naturali di questa valle sono fra le più notevoli le cascate
-di Frassinone presso la galleria di Gondo, e di Zwischbergen poco
-lungi. Se lord Byron avesse veduto — il che ignoro — la fantastica
-scena che in questi dintorni la natura dispiega, ho per fermo che
-il poeta ne avrebbe fatto teatro alle evocazioni del suo Manfredi.
-L'oscura profondità dell'abisso, il terribile disordine dei massi, le
-nembose vette alpine che si disterrano al cielo, le cupe tinte della
-luce empiono l'anima di una misteriosa temenza: l'abisso vi spaventa,
-salire su quelle piramidi è impossibile... Non vi movete: non un ah!
-di meraviglia o di terrore, non un respiro, che potreste svegliare quei
-massi penzoloni.... Vedete cosa vi sta scritto?
-
- «È proibito di parlare sotto pena di morte!»
-
-
-VII.
-
-_Si parla di paesi non visti._
-
-La valle Isorno stendesi dalla valle d'Ossola alle falde del pizzo del
-lago gelato tra la valle Antigorio e la valle Vigezzo, confinando nel
-fondo col Ticinese, a cui guida un sentiero passando sulle creste del
-pizzo suddetto. Questa valle lieta di pascoli è popolata nella bella
-stagione di armenti e di greggie. È quasi sconosciuta ai viaggiatori.
-
-La val Bugnanco, a destra della Toce, sbocca presso Domo e si stende
-fino alla cima di monte Crescia, da cui precipita la Bogna, torrente
-minaccioso che portò molte volte gravi danni alla capitale dell'Ossola.
-Seguendo il letto della Bogna verso la sorgente, un sentiero scorge
-alla confine valle di Strumback nel Vallese: non è frequentato che rare
-volte da quei valligiani. Cisore, i due Bugnanco e Monte Ossolano sono
-i villaggi più notevoli.
-
-La valle di Antrona da Villa, poco prima di giungere a Domodossola,
-corre sino al pizzo di Botarello, detto dagli Svizzeri, se non
-m'inganno, il Fletschorn; valicato il quale, un sentiero guida nel
-Vallese, nella valle già nominata di Strumback. La valle Antrona è
-ricca di miniere d'oro, di ferro e di amianto. L'Ovesca, tributario
-della Toce, vi sbocca presso Villa. La strada di questo villaggio,
-passando a Seppiana, Monteschieno e Viganella, guida ad Antrona in
-un altipiano che credesi fosse ne' remoti tempi il bacino del lago.
-Antrona-piana venne nel secolo XVII distrutta da un'immensa frana
-staccatasi dai monti imminenti. — Lo zingaro sentì da un confratello
-di ritorno da una peregrinazione nelle tre valli d'Isorno, Bugnanco
-ed Antrona quanto sta qui sopra, e per quanto lo solleticasse il
-desiderio di scoprire terreni vergini ed incontaminati dalle guide,
-non avendo inteso neppure a parlare di una fata con cui amoreggiando
-potesse compensarsi della prosaica uniformità delle cose, trascrisse
-sul taccuino la poco immaginosa descrizione, rinunciò alle trote del
-laghetto d'Antrona, e s'avviò difilato alla volta della vall'Anzasca.
-
-
-VIII.
-
-_L'Anzasca — Un nuovo Messia._
-
-Più splendida giornata di questa non può darsi; tutto parla ai sensi,
-al cuore, la serena allegria della giovinezza. Dimentica il viatore
-ogni suo guaio per cantarellare coi passeri, che anche un pessimista
-non avrebbe potuto immaginare cosa più bella di questo mattino
-raffrescato da un venticello che vi fa più giovine di dieci anni, e
-suscita, con una voglia matta di correre, un appetito che non sarà
-l'ultimo premio ai tentatori delle Alpi.
-
-Un'antica sbilenca e sonante carrettella tirata da un cavallo più
-spigliato che snello di forme ne porta rapidamente all'Anzasca per la
-bella strada che quei valligiani intesero di condurre sino alle falde
-del Rosa da Piedimulera.
-
-Il cocchiere, che non aveva ancora aperto bocca da Domo, accennò in
-alto un villaggio, Cimamulera, e raccontò come un dodici o quindici
-anni fa un prete, che vi era curato, seppe con tali squisitissime
-arti abbindolare la gente semplice e credenzona, che in poco tempo
-venne idolatrato come novello Messia, e quando poi fu per altri
-misfatti carcerato in Novara, i montanari, in processione, a piedi
-nudi, scendevano al piano per andare a liberarlo dai Farisei o morirvi
-assieme! — Ma un drappello di carabinieri venne inopinatamente ad
-opporsi alla crociata per liberare _dal sepolcro_ il sedicente Cristo.
-Fu ad un tempo risìbile e compassionevole il vedere quegli apostoli di
-una fede che offeriva martiri, dispersi caritatevolmente dai soldati,
-mentre la Vergine — madre di più figli — S. Giuseppe e S. Pietro
-erano condotti a Domodossola innanzi al capo della provincia, il
-quale credette fare cosa assennata, dopo d'avere loro dato una buona
-scardassata, senza lavarsene le mani come Pilato, rimandarli al loro
-nido.
-
-Da questo racconto si può dedurre a quali eccessi potesse spingere il
-fanatismo religioso nei tempi remoti!
-
-Da Cimamulera scorgesi la patria di Dolcino; forse arrisero alla mente
-del nuovo settario, se non il fine, i trionfi di quell'antico. In
-nessun modo però puossi far paragone fra i due.
-
-A Ponte Grande salutai riverente un cucuzzolo del monte Rosa, l'Alpe
-più stupenda dell'Europa per la vastità degli aspetti, e che non la
-cede al Bianco in altezza se non di pochi metri.
-
-Oh! come è bella la cascata di Valbianca! Poche gareggiano con essa
-nella catena alpina.
-
-Da Bannio, uno de' più ameni paeselli della valle, costeggiando
-l'Anzino, l'auriga mi disse che si può, salito il Campello, scendere di
-là in Vallesesia.
-
-In tre ore, da Vanzone attraversai, pedestre, l'oscura gola del
-Morghen, e giunsi a val Macugnaga. La quale è a vall'Anzasca quello
-che è la Formazza all'Antigorio, un altipiano senza alberi fruttiferi,
-abitato da un'antica colonia germanica, che parla tuttavia un corrotto
-tedesco. Da questi pascoli, in una giornata di penoso cammino, si varca
-il monte Moro, dalle cui vette godesi il mirabile aspetto di tutto il
-Rosa.
-
-Da Pecceto alle pendici del Rosa, attraversando il monte Turlo, si
-scende in Alagna, donde, mi piace qui notare, partiva per ben quattro
-volte D. Giovanni Gnifetti per giungere l'ultima solamente sopra uno
-dei cinque pizzi più elevati di quel gigante. Non disanimato dalle
-bufere e dai pericoli d'un viaggio, ove ad ogni passo si apre una tomba
-all'ardito, pervenne, addì 9 agosto 1842, sul pizzo che giustizia vuole
-si chiami d'ora innanzi Gnifetti, come s'appellano Zumstein e Vincent i
-picchi su cui salirono gl'intrepidi di tal nome.
-
-
-IX.
-
-_Quanti disprezzino l'oro._
-
- _Auri sacra fames!_
-
-Ecco le miniere dell'oro. Indossata la sopraveste dei minieratori,
-salutai con animo trepidante la luce del sole, e discesi nella più
-profonda e più vasta e più antica delle miniere della valle, anzi
-dell'Italia. Duemila anni fa migliaia di schiavi dei Romani vi
-cercavano le vene del prezioso metallo, e non ancora esaurito è il
-tesoro. Il Rosa, siccome serba agli audaci che gli salgono sopra il più
-stupendo spettacolo del mondo, serba nel seno tant'oro da fare di voi,
-o mortali, altrettanti re Mida.
-
-— Dove scendiamo? Nel cuore della terra? Da un'ora ormai il piede
-incerto discende per iscale senza numero, di antro in pozzo, di
-pozzo in caverne immense, dove la tremolante luce delle lampade non
-rischiarando le stillanti e nere pareti, ne lascia supporre d'essere
-penetrati nelle bolgie dantesche. — E sotto a' piedi un'altra oscura
-bocca ne ingoia, e discendiamo... Ahi! Dov'è l'aura vitale della valle?
-La luce onnicolore, il canto della natura?
-
-— Discendi ancora, disse l'ospite, e vedrai quanto è grande la brama
-dell'oro. Ma il petto è ansante, le nari s'allargano invano per bere
-un sorso d'aria pura, e le ginocchia minacciano di lasciarmi ruzzolare
-nell'abisso..... Ah! ecco l'ultima caverna.
-
-Dove sono gli immortali cattivi di Minosse? Ma laggiù la turba che si
-smaniava non v'era precipitata per l'ira del Ghibellino — laggiù non
-le pietose visioni delle Francesche, delle Pie, delle Piccarde — ma sì
-l'urlo dell'Ugolino: ho fame, fame — d'oro! Le cere pallide, gli occhi
-intenti che sovente si chiudevano per attendere quasi un prodigio dalla
-sorte, il prodigio d'un _filone_, le labbra, balbettanti misteriose
-parole, tremavano convulsivamente; i ferri, gli scalpelli sonavano
-dolorosamente con affrettata vicenda sul sasso, e le girelle cigolando
-con lungo e monotono gemito sotto il peso della terra da razzolare
-lassù si lagnavano della faticosa bisogna. Presto, trovate l'oro, e
-risalirete all'aria libera, dove v'attende il piacere. Presto — la mano
-ingranchita nega l'ufficio suo — non importa, avrai tempo a riposarti
-stazzonando la coppa dell'ebbrezza. Presto — l'occhio stanco di fissare
-s'inietta di sangue — che vale? ti guarirà la vista di quella donna che
-prediligerai. Non morderti le labbra per dispettosa impazienza — quelle
-della bella si macchierebbero di sangue.
-
-Tutti hanno ragione. La sete degli agi, dell'ozio, del piacere cresce
-smisurata col ribrezzo per la povertà operosa ed onorata.
-
-Date loro dell'oro, o roccie avare! Perchè non posseggo io la verga
-di Mosè? Vi sdoccerei da questa rupe insensibile un torrente di
-scintillanti verghe.
-
-Resisterete voi al fascino di quanto vi si offre per la vostra
-ricchezza? Ecco a voi la coscienza dei sacerdoti e dei giudici; a voi
-pel pane e l'ozio del circo, le ovazioni della plebe; a voi l'arbitrio
-della fama; a voi chi per trenta nummi tradirà la patria; a voi, per i
-monili e le perle, la già pudica vergine non riluttante a vostra balìa
-— la madre, a cui procuraste mense lussuriose, tace ghignando — il
-marito già vendette la moglie; a voi geloso veleni e coltella; a voi
-ambizioso chi vi venderà l'ingegno e la fama — al massimo buon prezzo;
-— a voi vivo ancora monumenti; a voi artisti, che scambiato il vezzo
-dell'ozioso nell'amore splendido delle nove sorelle, inneggieranno e di
-mille fantasie abbelliranno la casa; a voi coll'oro la farsa orpellata
-delle frini o la tragedia a scelta, e, orribile a dirsi, il poeta che
-canta ed impreca a suono della moneta, della poca moneta, per cui tra
-secoli, oscurato Mecenate, rivivrete ancora nel sospiro del vate e
-della ballerina senza procolo!...
-
-Resistete? La vertigine vi attira, la virtù e l'onore impallidiscono
-al bagliore del vizio seduttore che vi tende le molli braccia..... Un
-grido forsennato s'eleva dalla folla ubbriaca: la vita è pel piacere —
-Dio è una noiosa chimera; tutti sacrificano al vitello d'oro, senza che
-un Mosè spezzi dallo sdegno le tavole sacre sulle loro teste.
-
-Ahi! dolorosa visione! Quanti vid'io nella turba affannata stendere
-la mano per sacrificare al Dio, che io aveva tenuti con religiosa
-riverenza come illibati! Attorno al tripudio, apparivano nelle fumose
-scene della bolgia monumenta e forche, feste e berline.....
-
-O infamia, sclamai cadendo sulle ginocchia, tutto adunque s'immolerà
-sul tuo altare?
-
-Quando, dalla parte opposta, come in ampia radura sconfinata, vidi
-raggiante la Carità in atto verecondo sovvenire con mano fratellevole
-al misero, e così trattenuto il braccio vendicatore dell'ira
-divina..... Attorno alla benedetta, in cerchio, chi cantò la verità e
-pugnò per la libertà per solo amore delle gemine sorelle.....
-
-Erano pochi.
-
-
-X.
-
-_Stonazioni della fama. — Le Ossolane non sono più quelle d'una volta.
-— Cajo Mario ed i Cimbri. — Innocenzo IX di Cravegna. — Banchetti
-funebri. — La valle Diveria._
-
-Di ritorno a Domodossola, senz'altra dimora, corriamo alla valle
-Antigorio, da cui, per l'altipiano di Formazza e la salita del Gries,
-discenderemo nella Svizzera.
-
-Crevola trovasi appunto là dove sboccano le valli Divedro ed Antigorio.
-La maraviglia, l'illustrazione di Crevola — all'ombra di qual campanile
-non havvi _un'illustrazione_? — è il ponte della strada al Sempione,
-che varca per la prima volta l'arrabbiata Diveria; i periti vi dicono
-che esso è largo otto metri — come la strada — lungo cento e alto
-trenta. A mezzo un'enorme torre di granito si erge dal letto della
-fiumana a sostenerlo; scendete la scala che sta presso le casipole
-vicine e guardate insù — neh, che il ponte ha del pittoresco? Ma gli è
-pur vero che questo ponte è più celebrato di quanto l'architettura o le
-difficoltà superate meritino. L'Amoretti lo dice imponente; l'Ebel un
-capolavoro d'architettura; Boniforti lo chiama famoso se non altro per
-constatare l'opinione universale. Io mi stringo umilmente nelle spalle
-e senza detrarre al merito del ponte, faccio a me stesso la semplice
-domanda: se questo è un famoso capolavoro, quali parole potranno
-adoperarsi per favellare del ponte sulla Dora del Mosca, di quello sul
-Niagara in America e del viadotto da Marghera a Venezia?
-
-Questa smania di celebrare, come sublimi, cose per nulla singolari,
-non è generalmente invalsa negli scrittori italiani, i quali debbono
-piuttosto accagionarsi (forse pel continuo spettacolo di cose grandi in
-arte ed in natura) di una certa indifferenza nel notare al viaggiatore
-ciò che per universale consentimento è veramente degno d'ammirazione.
-
-Non parlo delle guide renane e svizzere: ogni rigagnolo d'acqua che
-fila da una rupe di dieci metri è una meraviglia. Intanto gl'Italiani,
-sì poco curanti della patria loro, sanno generalmente raccontare d'aver
-visto questo e quello al di là dei monti, e ignorano quanto sta a dieci
-passi dalla loro casa.... Credo di non ingannarmi asseverando che gli
-Italiani sentono la bellezza della loro patria senza curarsene punto,
-come un nato ricco non dà pregio a quegli agi, ad ottenere i quali i
-poveri si travagliano spesso invano tutta la loro vita. Ma senz'altre
-digressioni entriamo nella valle Antigorio ritornando a Crevola.
-
-La lapide latina, che leggesi sopra un muro della Chiesa di S. Vitale,
-accenna ad una feroce pugna combattutasi presso Crevola nell'anno
-1487 tra gl'Italiani e gli Svizzeri: Bernardino Corio parla di questa
-battaglia nelle sue storie, ed in questa narrazione è notevole che
-gl'Italiani non avessero che _due_ morti, mentre gli Svizzeri ne
-contassero _duemila_, o secondo gli storici Alemanni soli _ottocento_,
-numero tuttavia troppo disparato per non eccitare al lettore alcun
-dubbio sulla veracità della storia. Ad ogni modo gli Svizzeri uccisi
-furono tanti che i loro cadaveri caduti nella Diveria avevano formato
-una chiusa di tale altezza da servire di ponte agli Italiani.
-
-Narrasi pure che le donne ossolane, inferocite dalla barbarie del
-nemico, che prima di questa pugna aveva manomesso ogni cosa in quei
-dintorni, quanti Svizzeri fuggenti s'erano ricoverati nei boschi o
-nelle capanne scannassero, e strappato il cuore sanguinoso dai loro
-petti ne ammanissero pasto ai cani.
-
-Ancora adesso le belle Ossolane vi rapiscono il cuore, ma non è provato
-che lo diano ai cani.
-
-Fra i morti vi furono Renato Trivulzio, capitano degli Italiani, ed
-Albino Desilinon, capitano degli Svizzeri.
-
-Sulle rupi di Crevola sorgeva nel medio evo un castello, che fu dei
-Silva, famiglia che diede prodi capitani. Di questo castello non
-rimangono se non macerie coperte di muschio e di obblìo.
-
- *
- * *
-
-Poco sopra Crevola, a destra, sopra un poggio lieto di vigne e di
-campi, scorgesi Montecrestese, al di là della Toce; il sole vi matura
-un vino schietto e rubino. Qui presso la Toce precipita fragorosa in
-un profondo gorgo, su cui, non sono molti anni, era gittato un ponte
-altissimo e senza parapetto, sul quale non si varcava quell'abisso
-senza pericolo.
-
-Proseguendo la strada, poco oltre a sinistra troviamo Vira attorniato
-da vigneti, e poi a destra Ponte Manlio, così detto dal Console Manlio,
-che vi si era accampato colle proprie legioni nella spedizione contro
-i Cimbri, ed aveva quivi gettato un ponte sulla Toce. Si sa — da chi
-non l'ignora — che i consoli Manlio e Cepione vennero sconfitti da
-quei feroci abitatori delle foreste nordiche, già vincitori di Cassio
-Longino; sconfitte che dovevano far risplendere di più la sanguinosa
-vittoria di Caio Mario, colla quale questo capitano di gran mente e
-di forme atletiche atterrava, al dire di Tito Livio, duecento mila
-barbari, e menava in trionfo novanta mila prigioni. La fortuna, dando
-lo scacco al suo collega Catulo vinto dai Cimbri sulle rive di questa
-stessa Toce, gli apparecchiava nuovi allori.
-
-Nei piani del Ticino, tra Novara e Vercelli, nei campi Raudj, si
-combattè l'estrema pugna tra Roma ed i Cimbri; Caio Mario, morti cento
-e quarantamila nemici, s'incamminava a Roma, traendo seco settantamila
-prigioni, a Roma che per la quinta volta lo eleggeva console.
-
-Meravigliosa cosa! Non v'ha paese anche nascosto fra inospitali monti
-in cui i Romani non abbiano impresso il marchio dell'arrogante loro
-grandezza.
-
-Ma lasciamo le glorie dei Romani ai pochi che le studiano, e _marciamo_
-su Crodo, capoluogo di mandamento di tutta la vallea, lasciato
-Campomanlio a destra e passando sotto una galleria tagliata a ferro
-e fuoco nella viva roccia. Presso Crodo credesi s'allagasse la Toce
-formando un bacino considerevole d'acqua; e monsignor Bescapè, vescovo
-di Novara, il quale nelle sue visite pastorali studiava e notava la
-natura e gli uomini, parla di un tempietto a S. Martino che allora
-chiamavasi Capolago, tempietto che tuttora esiste, a quanto mi si
-disse.
-
-Crodo è forse nella più infelice posizione della valle: ad ogni
-infuriare del torrente Alfenza, ogni abitante paventa non si
-rinnovellino per lui l'estreme scene del diluvio universale, senza la
-speranza di una novella arca di Noè; chè l'Alfenza, diroccando piante,
-ciottoli e massi immani, forma a sè dinnanzi barriere che un istante
-dopo distrugge, sfogando con tremende urla il rabbioso impeto sulle
-mura di Crodo. Perchè dunque i nostri nonni presero stanza in un sito
-tanto minacciato? Ciò diranno pure i Domodossolani: ma quei babbi —
-senza _ministeri d'agricoltura_ — rispettavano con religiosa temenza
-le foreste, sapendo — senza _studi forestali_ — come le piante mentre
-abbelliscono le falde montane e purificano l'aere, colle radici sì
-tenacemente s'abbarbicano alle zolle, alle roccie, che nessuna forza di
-torrente o di voluta che rovini sopra di loro, varrà a sterparle ed a
-strascinare con sè il terreno su cui sorgono. Se la improvvida cupidità
-dell'oro non viene frenata, fra poco tempo una pianta sulle Alpi sarà
-una curiosità, come una cascata.
-
-Pochi minuti sopra Crodo sta lo stabilimento idropatico con sorgente
-d'acqua minerale ed albergo: ve lo indico con piacere nel caso vi possa
-giovare; ed in ogni caso se non vi sarà utile la linfa colla doccia
-ed il bagno, vi gioverà senza dubbio l'albergo confortevole e più di
-tutto l'aria vivissima. La bella strada calessabile, la vicinanza a
-Domo, la freschezza del sito, invitano nella stagione estiva copia di
-visitatori.
-
-Quantunque l'appetito m'eccitasse a giungere presto a Baceno, non volli
-tralasciare di fare una visita a Cravegna, terricciuola microscopica
-sulle ultime falde del Corno Cistella, per soddisfare la mia curiosità
-di conoscere almeno di vista il villaggio che gli Ossolani citano
-volentieri come patria del compaesano che ebbe più splendida sorte fra
-quanti emigrano dai loro monti.
-
-Giovanni della Noce nasceva di padre cravegnese in Bologna sul
-principio del secolo XVI. I risparmi del padre, facchino, o la
-protezione di qualche mecenate strapparono il giovanotto all'oscura
-sorte della famiglia. Addottorato, egli seppe in breve schiudersi
-attraverso alla folla dei preti che assediano il Quirinale una
-via col proprio ingegno. Acciuffata così la fortuna colla stima
-dei pontefici, di grado in grado, canonico, vicario, referendario,
-vescovo, ambasciatore a quella Venezia che allora era ancora in grado
-di liberare l'Europa dai Turchi, fu poscia patriarca a Gerusalemme ed
-infine cardinale. Quando nel 1591 egli venne eletto pontefice assunse
-il triregno col nome d'Innocenzo IX. Scrisse varie opere che io non
-lessi e che voi non leggerete. Beneficò i compaesani. Uno dei tratti
-singolari della sua vita fu che egli cambiò il nome paterno con quello
-di Facchinetti per rammentarsi certamente nell'insperata prosperità la
-propria origine; come già gl'imperatori romani traevano dietro di loro
-nei trionfi campali uno schiavo, che di quando in quando rompeva le
-acclamazioni universali colla fatal voce: rammentati di essere mortale!
-
-Due discendenti d'Innocenzo furono cardinali nel secolo XVII.
-
- *
- * *
-
-Da Cravegna, seppure il curioso lasciata la strada vi si è portato,
-in mezz'ora di cammino si è a Baceno, la borgata più popolosa di tutta
-la valle, situata alle falde di Pizzo di Robbio contrafforte del monte
-della Gran Loccia, non lungi dalla foce della Diveria nella Toce.
-
-Compagno mio, non t'incresca di digredere dal cammino per visitare la
-solitaria vallata di Croveo, che qui appunto schiude le sue porte e
-della quale nessuno fece mai parola.
-
-Essa sta rinchiusa fra le Alpi culminanti che muniscono l'Italia
-verso il Vallese, la cortina dei contrafforti che digradano a destra
-dell'Antigorio dal Reti, e quella della sinistra della valle Divedro.
-Le tante pieghe delle Alpi Massime che si svolgono in questa conca
-formano una serie di valloncelli, che nella state verdeggiano per
-riaddormentarsi poi sotto la neve per sette mesi. Fra queste vallate
-la più nota è quella di Agaro, piccolo villaggio abitato tutto l'anno,
-alle sponde del torrente che sbocca poi sopra Croveo; torrente che
-nel secolo XVI distruggeva interamente il villaggio. Il cardinale
-Morozzo, considerate le pessime stradicciuole per buona pezza dell'anno
-coperte di ghiaccio, voleva accordare alla chiesa di Agaro il dritto
-di seppellire i morti in cimitero proprio senza recarli a Baceno; ma
-quei montanari ricusarono _per non perdere i diritti antichi_. Notevole
-è l'usanza degli Agaresi di convitarsi a funebre banchetto il giorno
-della tumulazione di un loro consanguineo, uso che dura tuttavia;
-ignoro poi se non avvenga qualche volta che il più addolorato, mercè a
-Bacco, non diventi il più brillo.
-
-Giacchè toccai qui di questi usi, aggiungerò che in tutta la valle
-Antigorio e la Formazza ognuno morendo lascia una o più libbre di sale
-per ogni focolare del suo villaggio.
-
- *
- * *
-
-Baceno è un grazioso, pulito, pittoresco villaggio. Nei tempi andati
-era il capoluogo di tutta la valle Antigorio, come ne è tuttora il
-borgo più popoloso. Esso siede sopra uno scaglione di monte sulle alte
-sponde della Diveria, poco lungi da Verampio, sito ove questa mesce le
-sue limpide onde colla Toce biancheggiante. In Baceno ebbero potenza i
-feudatari della valle Antigorio.
-
-I più conosciuti per le loro tiranniche giunterie furono i Valvassori
-De Rodes, i quali tanto malmenarono questi onesti valligiani da
-eccitarli a sorgere per scuoterne l'iniquissimo giogo. I Valvassori
-tenevano castello e corte in Premia, ed avevano una certa giurisdizione
-feudale anche sulla valle Formazza e sulla maggior parte della
-vall'Antigorio, secondo il diploma di Ottone IV imperatore dato a Pavia
-il 25 aprile 1210.
-
-Le terre di Baceno producono ancora vino, frumento, frutta ed erbaggi
-di ottima qualità. La strada costrutta recentemente dal ponte di
-Crevola e che fra breve — coll'aiuto di Dio e dello Stato — sarà
-condotta fino al confine svizzero, venne fornita a spese dei comuni
-della valle con considerevoli sacrifizi, avendo essi dovuto quasi
-dappertutto tracciarla nella viva roccia granitica, non senza costrurre
-una serie di ponti sopra i torrenti che ad ogni svolgere di pendice
-s'adimano nella Toce. Quello che cavalca la Diveria a Baceno, la quale
-mugge in un gorgo profondo, è dei più notevoli.
-
-
-XI.
-
-_Premia — Storia nuova di cose vecchie — La Cravairola._
-
-Premia, mezz'ora sopra Baceno, è un villaggio con discreto albergo. La
-parrocchiale di Premia venne costrutta dai Valvassori e conserva ancora
-qualche antica pittura. Amoretti nella sua escursione su queste alture
-accenna ai granati che si rinvengono in questi dintorni aggiungendo
-esservene di quelli del diametro di un pollice. Premia è sopra il
-livello del mare 800 metri.
-
-Entrai nell'albergo con eccellente appetito — che il cielo conservi
-sempre a me ed a voi, amabilissimi compagni. Nella sala due deschi
-erano occupati: presso una finestra stavano assisi ad una tavola
-imbandita di pochi piatti e di molte bottiglie tre uomini, di varia
-età e d'aspetto signorile, che facevano echeggiare il vôlto del
-frequente tintinnio dei bicchieri e dei motti che si cacciavano addosso
-a bruciapelo, il tutto frammezzato da qualche sonora apostrofe al
-cameriere ed al cuoco. Avevano intenzione di recarsi alla cascata della
-Frua in val Formazza.... ma dopo tre giorni d'esitazione, s'accorsero
-che le gambe non corrispondevano all'intenzione e ritornarono al piano.
-Ma di loro fra poco.
-
-Il vostro zingaro sedette dirimpetto all'altro tavolo, attorno al quale
-stavano assise due persone venerande, una per l'età, l'altra per pudica
-ed ingenua bellezza.
-
-Un vecchio prete egli era dei monti ossolani, che dalla Formazza faceva
-ritorno al presbiterio, conducendo con sè quella cara giovinetta, di
-sedici o diciott'anni, sua nipote. La ragazza, vestita alla montanina,
-aveva ad una un fare spigliato ed una confidenza rispettosa col vecchio
-prete, sì che ognuno, senza maliziare, la avrebbe detta sua parente.
-
-Il vecchio, malgrado i settantacinque che gli pesavano sulle spalle,
-era tuttora, come tutti i montanari, vegeto, rubizzo. Due occhi
-vivissimi ne illuminavano la serena fisionomia, su cui pure gli anni
-e molte fatiche e molti pensieri avevano tracciato profondi solchi.
-Egli, naturalmente, mangiava adagio; e la nipote, che aveva quelle
-due saldissime fila di denti, dei quali avrei dovuto favellarvi,
-per non correre la posta, occupava gli intermezzi, trangugiando,
-per passatempo, del pane. Il vecchio, fra un boccone e l'altro,
-chiacchierava tranquillamente della stupenda cascata della Frua e di
-certi loro parenti di lassù.
-
-Se non che — un guaio c'è dappertutto — la giovinetta si trovava
-proprio in faccia a quei signorini, che andavano a gara a darle certe
-occhiate, sul significato delle quali non v'era il menomo dubbio; per
-cui la poveretta arrossendo, una volta che fu anche l'ultima, stava col
-capo chino sul petto, sì che lo zio le serviva di schermo.
-
-Oh! ecco una scoperta! Guardando attentamente i tre commensali,
-ravvisai in essi tre zingari da me visti in una città dell'alta Italia,
-ove erano noti _lippis et tonsoribus_.
-
-Tre zingari; ma intendiamoci, non confratelli che s'accontentassero
-di guardare e di pensare come il vostro compagno di viaggio, che
-anzi la cronaca scandalosissima della repubblica artistica voleva che
-allungassero un tantino le mani sull'altrui, quando per far suo, quando
-per il bel vezzo di manomettere.
-
-Una volta fecero un tiro solenne alla Fama... la poverina, stanca
-dal continuo strombettare, godeva il fresco della sera sulla porta
-del tempio... i birboni, mascherati da grand'uomini, tentano di
-penetrare nel sacrario senza le debite carte di sicurezza... Ma sì!
-da quell'altura ritornarono ruzzolando fino al melmoso piano della
-mediocrità!
-
-Uno di questi, a vent'anni, scombiccherò un dramma. S'era tolto
-a maestro — s'intende alla prima — Shakespeare, e malgrado una
-quantità di falserighe, dopo aver violato la storia ed il senso
-comune, berteggiava la decenza sotto pretesto di romanticismo. Gli
-applausi di _centocinquanta amici_ — l'infelice non aveva nemmeno
-un nemico! — gl'inocularono il tenia della vanità. Da quella notte
-memoranda, il cappello rovesciato sulla nuca o sul naso, la chioma
-svolazzante attorno al viso senza parola, gli occhi spiritati,
-l'incesso barcollante, — finse d'essere invaso dal demone ruggente
-dell'ispirazione. Dopo quella notte Alfieri era _anche lui_ uno
-scrittore tragico.
-
-Il poverino diluì il poco midollo che gli restava in produzioni
-d'occasione, in cui riduceva in versi gli articoli dei diarii.
-
-Consumato quel foco che non riscaldava nessuno, un bel dì, fruga e
-rifruga, fa la terribile scoperta, che la fantasia non ha mai voluto
-covargli un pulcino nella zucca. Sacco vuoto, senza fede, roso
-dall'invidia e disperato di sè, un bel dì, o piuttosto, un brutto dì,
-volle finirla..... e si precipitò dalla soffitta della sua lirica
-senz'ali nel pozzo d'un giornale politico-letterario — sono tutti
-letterari i giornali! — e si fece critico.... Non c'è da meravigliarsi
-se di laggiù — guercio com'è — chiama sole una meteora passeggera.
-Gli scrittori che credono di potere prevenire le staffilate di quella
-severa ed acuta critica che ha illustrato i mondi delle arti, corrono
-ad ammansarlo.... È vecchia ed in gran parte giusta l'accusa, che
-gl'Italiani non s'occupano di studi critici. Ma, per Iddio, se vediamo
-uomini di solenne ingegno dopo d'avere declamato contro la vanità
-dei diarii, che benedicono e maledicono senza dare ragione, si fanno
-codazzo di scolaretti scribacchianti, e nonchè tollerare questi stupidi
-portachitarre, li incensano, li blandiscono! _O vanitas!_
-
-Del resto, menandogli buono il vezzo di scorrere a rompicollo i campi
-delle arti, su cui non ha mai saputo seminare, è un buon diavolaccio,
-niente scrupoloso, e se lo invitate a pranzo, vi divertirà assai.
-
-L'altro, dalla barba prolissa....
-
-Diamine, dirà il lettore, che capigliature, che barbaccie! Ve n'ha da
-imborrarne un pagliericcio! Eppure, lettore, mio, conviene sappiate
-che la capigliatura lunga e maledettamente ingarbugliata, la barba da
-Mosè sono per un artista che conosce il rispettabile pubblico una vera
-necessità. Che diavolo di talento volete voi sia racchiuso in una zucca
-pelata?
-
-La barba ed i capelli incolti danno chiaramente a conoscere:
-
-1. Che l'artista è tanto sublimato alla sfera della poesia, che
-ei riguarda le cesoie ed il pettine del parrucchiere come cose
-perfettamente inutili....
-
-2. Che è un originale, un capo scarico, un essere anfibologico che sa
-d'ora in ora farsi angelo o demonio, secondo il garbo che dà ai diversi
-peli coll'aiuto delle sole mani....
-
-Un maestro di musica, con cui ho stretta conoscenza, un giorno,
-dopo d'avermi dato un saggio d'un suo melodramma, mi confidava, che
-preparavasi a comparire degnamente innanzi al pubblico lasciandosi
-crescere i pochi capelli.
-
-3. La copia dei capelli è viva immagine della forza: la lunghezza
-esprime il disprezzo degli usi del bel mondo, e l'arruffatura la
-continua lotta delle idee: tre cose che hanno gli incontestabili
-effetti d'ingannare il pubblico e di economizzare alla barba dei
-parrucchieri.....
-
-— Signor scrittore, vorreste dirne quale affinità hanno i parrucchieri
-colle arti?
-
-— Più di quanto pensate. Vi faccio grazia di quanto potrei dirvi
-sull'influenza dei sarti e dei cappellai, ma vi domando:
-
-Amabili lettrici, come vi figurate — nel caso ci pensiate — il vostro
-umilissimo compagno di viaggio? Io giurerei sui peli della barba
-avvenire, che se io mi presentassi a voi colla faccia e la nuca
-pelata, con una di quelle ciere che non differiscono in nulla da quelle
-d'ogni galantuomo, senza eccentricità d'abiti e di modi, a chi dicesse
-presentandomivi:
-
-Ecco il tal dei tali, autore del tal libro e di molte opere future e
-postume — voi, con quel candore con cui solete ammazzare un uomo che vi
-è indifferente, rispondereste sbadigliando:
-
-— Ah! Sì..... è _proprio lui_ l'autore di quel libro?
-
-Lettrici mie, se mai sarò tanto fortunato di potermivi inchinare, io
-verrò a voi dopo d'aver fatto uso di tutti gli specifici infallibili
-(compreso quello d'una parrucca), onde ravvisiate sotto la posticcia
-figura iperbolica quell'io, che, ecc., ecc.
-
-O voi tutti genii perduti nella nebbia dell'indifferenza, consultate
-la quarta pagina dei giornali, se la natura non vi classificò fra gli
-animali pelosi! Colla _composition créatrice des cheveux et moustaches
-du professeur Derk de Sandwich _(anche laggiù vi sono professori)_,
-qui garantit la beauté, la multiplication et la création _(sic)_ de la
-barbe et des cheveux..._ (tra parentesi, costa L. 10 al vasetto)... in
-poco volgere di tempo vi sarà dato entrare nel tempio della gloria per
-non uscirne per tutti i secoli dei secoli, in grazia del capilligeno. O
-progresso... della chimica!
-
-Quel tale dalla barbaccia, per tornar a bomba, o alla barba se volete,
-si sognò d'essere Michelangelo, nientemeno. Dopo d'avere sonnecchiato
-per dieci anni nelle sale delle accademie, credette di svegliarsi
-_caricaturista_. Ignorava che non basta saper disegnare per mettere in
-ridicolo, che anzi il concetto è tutto.
-
-..... L'arte affacciatasi un istante al cervellino, vi trovò la
-parodìa: pensate se la pudica avrebbe voluto dividere la stanza
-con quella mezzana. Che volete? Nessuno capì le sue caricature,
-come nessuno aveva capito le sue dipinture storiche; sicchè adesso,
-lasciati i lapis, fa progressi rapidissimi nel facile mestiere di genio
-incompreso. Tanto peggio per l'Italia!
-
-Il terzo dall'occhialino, che inforca senza posa la groppa del naso
-bernoccoluto, mangia, beve, veste panni, fuma come un turco, e affetta
-articoli di politica nei diarii, frammezzando le serie disquisizioni
-sul riordinamento della carta mondiale con romanzi originali
-italiani tradotti dal francese... Intanto aspetta che un ministro
-scoprendo questo diamante nell'immondezzaio degli scribacchianti, lo
-incastoni in qualche ufficio. Da dodici anni egli è in attesa della
-propria scoperta: intanto qualche ciocca s'imbrina. Egli, ormai
-stanco d'aspettare, è deciso di gettarsi a capofitto nelle file
-dell'opposizione..... Guai alla vittima!
-
-Il bello poi sta nel sentire come questa confraternita s'incensa nei
-giornali... l'egregio mio amico... il celebre autore... _Sic itur ad
-astra!_
-
-Ma zitto, sentiamoli.
-
-— Sì, vi ripeto, che anch'io voglio ritirarmi alla campagna...
-
-— Per farti anacoreta? Hai ragione. Deciditi una volta a far penitenza
-de' tuoi peccati... il pelo si fa grigio, e Cristo ti guardi dal farla
-tardi!
-
-— E solo?
-
-— Oibò; aspetto solamente l'incontro d'una bella ragazza...
-
-— A che?
-
-— Per farne il bastone della mia vecchiaia.
-
-— È forse necessaria una ragazza? Prenditi una vecchia.
-
-— Puah! Io intendo sempre d'imitare chi fa professione di dare buon
-esempio.
-
-— Non ti sarà tanto facile trovare un modellino sì aggraziato... (cara,
-cara!)
-
-— Lo credo io. Tanto più che non porto in capo... mi capite... il
-salvacondotto.
-
-— Beati quelli! Paradiso di qua e di là; mentre noi aspettiamo
-l'inferno nel purgatorio... Se rinasco, m'immaschero anch'io.
-
-— E vedere come si conservano freschi, aitanti oltre il mezzo secolo...
-mentre io a quaranta...
-
-— Essi non consultano mai la quarta pagina dei giornali!
-
-— A proposito. Ieri all'ufficio postale ho letto l'_Armonia_: vi
-faccio sacramento che non vi ha diario che lo sopravanzi per spiritose
-concezioni, per purità di lingua e per strettissima logica...
-
-In breve tutti gli strali si spuntavano sulla tranquillità apatica del
-prete, il quale tuttavia lasciava spuntare a fior di labbra un certo
-risolino indefinibile, forse allora che una favilla spiccava da tanto
-fumo. Bevi e ribevi, trinca e cionca, i tre finirono per ingolfarsi nel
-razionalismo, e manomettendo quel po' che ne avevano letto stampato
-su per le gazzette, diedero un furioso assalto a tutte le religioni
-_positive_.
-
-Io che me ne stava fra tanta battaglia spettatore indifferente, pensai
-quanti pensieri dovevano frullare in capo al prete della montagna,
-certamente ignaro di ogni contesa filosofica, e che aveva forse creduto
-che non vi fossero al mondo religioni diverse dalla cristiana, turca ed
-ebrea. Ma egli sorbiva tranquillamente una fumante tazza di caffè.
-
-Intanto nella via stessa dell'albergo una donna vecchia, scarna,
-giallognola e quasi cieca, appoggiandosi ad un bastoncino, si recava
-innanzi ad un'immagine della madonna di Revalvegezzo da qualche
-Raffaello del paese tratteggiata sul muro, e ginocchioni vi orava tutta
-raccolta.
-
-Nella sala dell'albergo la discussione non cessava: discussione
-veramente non era poichè l'affare principale consisteva nel
-rincarire la dose a chi aveva parlato prima. Mentre s'arrovellavano
-sull'adorazione delle immagini, ad un tratto, vista la vecchierella che
-pregava, eccotela in ballo.
-
-— La vedete quella donna? Credete voi che nell'atto suo entri un cicino
-l'adorazione dell'Ente?
-
-— Impostura!
-
-— Ostentazione, dico io.
-
-— Nè l'uno, nè l'altro; ma idolatria, sempre idolatria, paganesimo,
-superstizione.
-
-— Farebbe molto meglio a filare alla conocchia!
-
-— Sarei curioso di sapere cosa n'avrà dopo di avere sonnecchiato un
-paio d'ore davanti quella crosta.
-
-E alzandosi anche lui, s'avanzò verso la tavola del prete, e fatto un
-leggero cenno col capo, col sorriso sulle labbra, chiese al vecchio:
-
-— Scusi, sor abbate, se le interrompo il _chilo_.....
-
-— Parli, signore, sono qua a sentirlo.
-
-— Dica un po' lei, che è della professione e che può parlarne in
-cattedra, se quella donna non farebbe molto meglio..... ma lei ha
-sentito certamente i nostri discorsi..... l'amico mio giornalista grida
-come un ossesso!... favorisca adunque dirne chi di noi gli pare abbia
-ragione.
-
-Il prete gli ficcò, _intus et in cute_, uno sguardo acutissimo, che
-tradotto in volgare voleva forse dire:
-
-— Voi vorreste divertirvi alle mie spalle, neh? Guardate che io vi
-faccio pagare lo scotto!
-
-— Signori, tutto quanto hanno detto, mi torna meno nuovo di quel che
-si credono. Dimorai lunghi anni in Allemagna ed a Parigi..... Io, me lo
-permettano, risponderò loro con una domanda.
-
-— Oh! pensi.
-
-— Quella donna è miserabile, si vede; è quasi cieca... è forse priva di
-famiglia, o, Dio non voglia, maltrattata da' suoi come un fastidioso
-mobile. Dunque senza gioventù, senza salute, senza vista, senza il
-cinismo d'un cuore isterilito nei disordini, senza conforti materiali
-e domestici, e quel che è più orribile, senza speranza! Agirà per
-ostentazione? Per carpire alle paesane sue il titolo di devota od un
-tozzo di pane? Poca ambizione e dura condizione. Ad ogni modo soffre e
-senza speranza di meglio, non è vero? Andate ora, sulla supposizione
-più onesta, a scalzare la predilezione idolatra che può per avere
-un'immagine anzichè per un'altra! Che vogliono darle, o signori, per
-consolazione, in cambio d'una fede, che vendica colla vita avvenire i
-dolori della presente?
-
- . . . . . . .
-
-E corse dietro alla vecchia per recarle il frutto d'una parola, atto
-che la fanciulla abbelliva colle grazie della giovinezza e della
-carità... Non dico che fosse tutta carità spontanea, pura... ma a buon
-conto, senza sofisticare, la carità venne posta in atto.
-
- *
- * *
-
-Da Premia, a destra, oltre la Toce, si sale per un cattivo sentiero
-alla Cravairola, regione al di là della catena dal Pizzo del Forno alla
-Corona del Groppo, la quale trovasi oltre al confine naturale e versasi
-nella valle Ticinese.
-
-Le dissensioni sorte anticamente fra gli Ossolani ed i Valmaggesi
-finirono per accendere quelle scaramuccie, le quali per essere
-guerreggiate fra contadini non sono meno micidiali; di qui rapinarsi il
-bestiame, spesso diruparlo, incendiare le capanne; finchè, stanchi di
-queste reciproche rappresaglie a cui avrebbe tenuto dietro la comune
-miseria, ricorsero ai proprii governi verso la metà del secolo XVII.
-Senatori della Camera di Milano ed inviati della Repubblica Elvetica
-convennero sul Lago Maggiore e là stabilirono i confini. È inutile
-il dire che avevano tutti ragione. Dopo la sentenza, infierirono più
-atroci le rappresaglie. Finalmente in una sanguinosa rissa essendo
-stato ammazzato l'istigatore principale, un bandito della Valmaggia, di
-cui si portò in giro la testa sopra una picca, placata col sangue l'ira
-comune, la luttuosa lite ebbe fine.
-
-Da Premia per Piedilago, detto dai valligiani Piedilatte, i due
-Cadarese e S. Rocco, si perviene in due ore sotto quel Salecchio già
-accennato da noi. Questo villaggio, il più alto della valle Antigorio,
-è situato sopra un breve gradino del monte della Punta di Campo. Da
-lassù godesi bella vista sopra una parte della sottostante valle,
-mentre tutt'attorno al villaggio rallegrano estesi pascoli smaltati
-di odorosissimi fiorellini. Chi da Salecchio volesse recarsi in valle
-Formazza, di cui di lassù scorgesi la bocca, senza discendere la via al
-basso malagevole assai, vi può pervenire con un sentiero che guida al
-santuario di Puneigen, in due ore.
-
-Questo sentiero corre sull'orlo del pendìo montano qua e là
-rapidissimo, e dopo la neve diventa pericoloso, non però come
-l'asprissimo che vi conduce da S. Rocco stagliato nell'immenso muro
-granitico, che s'aderge al N. O. Sicchè Salecchio è quasi segregato —
-nell'inverno — dal resto del mondo. Pochi inverni or sono il sindaco
-ed il vice-sindaco di Salecchio vollero discendere per quest'ultimo
-calle a S. Rocco; gli sciagurati sdrucciolarono sul vivo diaccio che lo
-copriva, e rimbalzarono — orribile a dirsi! — di roccia in roccia sino
-a valle.....
-
-Il santuario di Puneigen od Autilone non ha nulla di rimarchevole per
-architettura, ma il sito è assai pittoresco. Sorge sopra una balza del
-Martello tutta lieta di piante e di erbe, attorniata da rupi scoscese
-che si specchiano in un laghetto. Dall'estremo labbro verso levante,
-la vista sulle nudi rupi del Rizoberg, sull'abisso che si sprofonda
-nella sottostante Antigorio, e verso mezzodì sui pascoli che allegrano
-le falde dei due Salecchio, compensa la poca fatica di farvi una
-digressione dalle porte della Formazza.
-
-Da S. Rocco che ha una bella chiesuola ed una fisonomia ancora aperta,
-sorridente, italiana, in poco d'ora giunsi per Balmalarice, Passo, ad
-Arivasco.
-
-Bella cascata è quella del Vuova, qui presso.
-
-Io solo so quante volte incespicai sulla malagevole stradicciola per
-guardare le gigantesche rupi di granito venato a strati orizzontali che
-assiepano la valle. Gli obelischi egiziani appetto a quelli che se ne
-potrebbero trarre parrebbero birilli.
-
-Perchè non ho io la potenza della fede che rimove i monti ed il genio
-di Michelangelo? Vorrei innalzare sulla vetta suprema delle Alpi tale
-un monumento alla verità, che toccasse le stelle. Il granito non è ciò
-che manca per ora.
-
-Il gruppo di casupole, che è Arivasco, non ha nulla che possa
-trattenerci, se non fosse questa nidiata di vispi fanciullini, la
-folleggiante gaiezza dei quali contrasta non poco colla severità del
-paese. La valle sì spaziosa va chiudendosi: ecco Unterwald. Siamo
-finalmente in Formazza?
-
-Fra mezz'ora, rispose una donna.
-
-Perchè, dissi poi tra me, le mezz'ore di piacere non sono tutte lunghe
-quanto codesta per salire alla Formazza?
-
-
-XII.
-
-_L'orrida forra di Unterwald._
-
-Appena oltrepassato il malinconioso casolare di Unterwald (Foppiano),
-ci addentriamo in una stretta gola, oscura, sinistra. La scena che ti
-colpisce dal ponte d'Untergeschen è stranamente terribile. A destra,
-crollante sopra una rupe, una torre inghirlandata d'ellera e di
-muschio, sta per sfasciarsi. Forse è l'ultimo monumento della guerra
-contro i Cimbri — forse l'innalzarono i Cimbri nella loro discesa.
-
-Guardati dal favellare contro i Romani ed i Cimbri — essa potrebbe
-vendicare su te gli uni e gli altri.
-
-Lo Sternehorn, gigantesco monolite insofferente di neve; che inabissa
-quaggiù i fianchi repenti, soffoca la forra. Le pinete dalle funebri
-ombre incutono sacro terrore. Immani macigni rimbalzati qua e là
-sotto e sopra, s'arrestarono colpiti da spavento. Fra le poche zolle,
-nei loro crepacci, sugli scaglioni inferiori, lacrimano minutissimi
-zampilli. In mezzo si rivolta, s'arrabbia di masso in gorgo con orrendo
-muggito la Toce tutta spumeggiante d'ira. È l'acqua che si ribella
-contro la terra. Intanto il sentiero, incerto, s'innoltra serpeggiando
-fra i sassi e sale faticosamente verso il lembo dell'orizzonte che
-s'affaccia lassù.
-
-Dove sbocca questa fossa?
-
-Le membra si diacciano sotto la vampa settentrionale che dal cigliare
-del pozzo si sferra quaggiù in un turbine di nevischio e di spruzzi
-del fiume; il petto ansante chiede riposo e mite temperie — ma su!
-su! qui non consentono sosta nè le spinose selci della strada, nè
-le ombre assideranti. Su! anche i pini, i larici si slanciano con
-forza da quest'umida caligine all'insù per giungere ad ottenere un
-raggio di sole. I loro rami tremolando ne invocano la caldura onde
-gli uccelli migranti vi si posino in ciarle d'amore. Ma invano! Non
-un raggio scende di là ed i _merli d'acqua_ stessi (Wasseramsel) non
-osano soffermarsi alle loro radici. I corvi soli, gl'incresciosi corvi
-spiccano il volo dalle bozze soprastanti e scendono nel burrone sopra
-gli alberi infelici a funestarli col loro rauco gracidare.
-
-Se qui la natura sembra spirare soffocata dalle moli gigantesche e
-sfinire di languore, oh! come trista dev'essere la valle di Formazza!
-
-Un grazioso fanciullino incontrato ad una risvolta ne assicura che fra
-pochi istanti toccheremo l'altipiano desiderato.
-
-Rincorato, dando uno sguardo ancora allo spettacolo sottostante,
-invidiai — e non per la prima volta — il pennello del Gonin per
-ritrarre questa terribile scena, in cui per rafforzare il colore locale
-non sarebbe punto necessario d'innestare episodii drammatici — sì alto
-qui parla la natura!
-
-Ma ecco la bocca dell'androne, ecco la luce, il sole e col sole il
-sorriso della vita!
-
-Guardo in giù, attraverso ai pini, e auguro ai Formazzesi non venga
-giammai loro il ticchio di sterpare la boscaglia protettrice del mal
-passo — o nessuno s'addentrerà nella spaccatura senza che, eterna spada
-Damoclea, non minacci o voluta di neve o frana o macigno!
-
-Guai a voi!
-
-
-
-
-PARTE TERZA
-
-=La Frua ed il Gries.=
-
-
-I.
-
-_Valle di Pommat o di Formazza — Stafelwald, Andermatten, Touffwald,
-Wald, Zumsteg, Brenno, Gurfelen, Fruttwald._
-
- =Quanto non s'eleva nella solitudine=
- =delle Alpi l'immaginazione!=
- _Zimmermann._
-
-Eccoci al piano. Quattro o cinque scheggioni diroccati fin qui, Dio sa
-quando, dai vertici del Martello, e la valle Formazza si stende in là
-fra sublimi montagne.
-
-Due piccoli villaggi ne si presentano innanzi, amendue poco lieti:
-il primo, poco rallegrato dal sole, Stafelwald, allo sbocco di una
-ripidissima valletta che dichina dal Vandflühorn (2862 metri), solcata
-dal torrente Riebbo, per la quale un brutto sentiero guida nell'estate
-pel Criner o Forca del bosco, alla Maggia nel Ticinese: l'altro,
-Andermatten (1241 m.), colla parrocchia, sotto una scoscesa roccia che
-gli si aderge altissima alle spalle, pare temi di un finimondo.
-
-Non ha tutti i torti.
-
-Nulla di notabile nella parrocchia, fuorchè lo svelto campanile che
-sorge isolato. Nello sterrato allato alla chiesa il cimitero, come nei
-paesi protestanti della Svizzera. Ma prima di giungere al cimitero,
-fermiamoci, che n'abbiamo di mestieri, all'albergo del Cavallo bianco,
-pulito e discreto.
-
-La Catterina, l'ostessa, dà cento punti al marito a darvi lezioni di
-corografia. V'ha anche una bella giovinetta, semplice ed innocente
-quanto vezzosa. Sento da esse che convengono alla parrocchia quanti
-abitano nelle superiori frazioni di Touffwald, Wald, Zumsteg, Brenno,
-Gurfelen, Fruttwald, e nell'estate dai casali di Kerback e Morasck
-distanti tre o quattr'ore di cammino.
-
-Occupai la domane nel visitare i paeselli.
-
-Poco oltre Andermatten la valle si rivolge alquanto a sinistra ed
-assume quell'aspetto che faceva esclamare al celebre Saussure esser
-questa la valle d'aspetto più pastorale ed allettevole. Da Stafelwald
-a Touffwald corrono a destra rupi tragrandi di vivo macigno, coronate
-d'una sempre verde boscaglia di pini e larici, mentre alzando lo
-sguardo scorgonsi le vette supreme dell'Hirelihorn (2434 m.), del
-Gazoli, del Bedriol (2921 m.), le quali, correndo fino al Kastel (3276
-m.), dall'aprirsi al chiudersi della valle, a destra rimontando la
-Toce, segnano col taglio delle loro creste frastagliate il confine fra
-il regno italiano ed il cantone Ticino.
-
-Dalle balze dell'Hireli si lascia cadere quasi spossato di languore
-e di fatica lo Steibo, torrente che forma lunghesso quelle repenti
-chine una cascata di ben duecento metri, la quale appare da lungi quale
-tela d'argento sfavillante ai raggi del sole. Sempre a destra, prima
-di giungere a Touffwald, scendono dall'Alpe Gazoli il Fuldstuder e
-l'Ecco, amendue formanti variate cascatelle, le quali sono assai belle
-a riguardarsi, principalmente dopo qualche temporale nei valloncelli
-superiori.
-
-Touffwald, detto pure S. Michele, ha case pulite ed è bene esposto al
-mezzodì. La strada sotto le boscose falde del Montegiove o Retiberg
-(3007 m.), come qui lo dicono, procedendo lungo la Toce scorge a
-Wald, nel centro della valle. Siccome però le molteplici sorgenti
-che zampillano dal Witenbil, collinetta in mezzo alle praterie,
-nell'inverno formano scaglioni di diaccio durissimo, i quali coprono
-per lungo tratto la strada, gli alpigiani l'abbandonano passando da
-Touffwald alla sinistra della Toce.
-
- *
- * *
-
-In Wald in una casetta al ponte ha stanza il ricevitore della
-dogana italiana, gentilissimo giovine che ne fu largo d'ogni cortese
-indicazione.
-
-Ho fatto una visita alla tenebrosa nicchia in fondo alla quale il
-Lebenduner, prorompendo da un covacciòlo si precipita in sottilissima
-polvere; ma il denso velo degli spruzzi e l'altisonante ruggito
-m'impedirono d'interrogare i genii dello speco.
-
-Il sentiero che serpeggia su per la foresta, dal ponticello che valica
-il torrente, guida ai pascoli di Vannin, e di là, su per le murene
-ed i diacci del Minoio-Krüpfi al varco del monte — da cui sceso nella
-valletta suprema dell'Arbola, pel passo del Figascian, in una giornata
-di cammino, ad Aernen del Vallese.
-
-Zumsteg è la capitale della valle: è il più grosso villaggio, non il
-più bello. Le pendici a destra ed a sinistra sono tutte affoltate di
-pinete.
-
-A pochi minuti da Zumsteg, alla destra della Toce, un bel gruppo di
-case sulle ultime falde del Nacker, Brenn — (1322 m.); poco più in
-su, pittorescamente allogato sotto una rovina di giganti roccie che
-i secoli hanno vestito di muschio e di zolle, sta Gurfelen. Le ruine
-a cui s'addossa, lo riparano dalle bufere del settentrione — tutto il
-male non viene per nuocere.
-
-Al di là di Gurfelen, mentre la valle si ristringe, la strada sale,
-a sinistra del fiume, sopra una rupe che stagliata trabocca giù nei
-profondo in cui gorgoglia la Toce: di là, alla risvolta del cammino,
-ove s'innalza un'antica croce di legno, appare pressochè tutta la valle
-coi casali di Touffwald, Wald, Zumsteg, Brenn e Gurfelen.
-
-Da quest'ultimo in un quarto d'ora si giunge a Fruttwald, diviso dalla
-Toce, nel verde piano in cui riposa la valle fra le rupi del Nuefelgiuh
-e le balze del Tamier. Il Nuefelgiuh è un'orrida catasta di macigni
-aspri, scagliosi, nudi, penzoloni sul villaggio.
-
-Uno di essi, or faranno trent'anni, traboccava con intenso fragore
-sul villaggio — la terra traballò, i pendoli s'arrestarono, mura si
-screpolarono — ma il masso per miracolo sprofondava a dieci passi dagli
-abituri.
-
-Quelle creste ricise, addentellate non paiono accessibili che agli
-uccelli di rapina. Chi oserebbe del resto arrampicarsi lassù? Sentite
-una fiera istoria.
-
-Luigi Dellavedova aveva un figlio non ancora ventenne, di ottima indole
-e di belle forme. Luigi è l'espertissimo fra i cacciatori di camosci.
-Egli non aveva mai permesso al figlio di accompagnarlo a caccia,
-promettendogli però che non appena avesse compito vent'anni, avrebbe
-diviso con lui le fortune di quel passatempo che in fatti è una serie
-continua d'indicibili disagi, e di pericoli d'ogni maniera. Il giovane
-attendeva con vivo desiderio, con impazienza quel giorno avventuroso.
-Spesse volte il padre lo sorprendeva fiso estatico verso i culmini
-alpestri. Intanto s'addestrava ad imberciare con sicurezza per colpire
-il suo cappello a trecento passi.
-
-Una mattina, mentre il padre era assente, il giovanotto, malgrado
-le rimostranze della madre, mette ad armacollo la carabina paterna,
-parte per una scorsa sul Reti. Alla sera, prima dell'arrivo del padre,
-sarebbe di ritorno.
-
-Quella sera giunse il padre; ma s'attese invano il figlio. Anche la
-notte invano.
-
-La domane, la dopodimane, la povera madre correva di quando in quando
-alla porta della capanna con ansia infinita..... ma forse egli insegue
-con altri cacciatori un branco di camosci. Il padre interrogò i
-cacciatori della Formazza; seppe che nessuno s'era mosso di casa! Il
-padre smanioso, col figlio maggiore, sale sulle alture e le percorre
-senza posa per varii giorni; frotte di cacciatori e di pastori
-s'addentrano nelle solitudini di quella cerchia montana, tutto attorno
-alla valle — invano!
-
-L'ansietà cangiasi in angoscia. — Ogni valligiano palpita sulla sorte
-del giovane; le madri piangono colla madre.
-
-Ecco l'ottobre — nevica. La neve seppellisce ogni cosa, ogni speranza.
-La madre sola spera ancora — in Dio! Più d'una volta, la notte, balza
-dal letto e corre affannata alla porta ove le pare abbia picchiato
-una mano sospirata. Allo squagliare delle nevi in giugno, sotto
-le precipitose rupi del Nuefelgiuh un pastore scopre un cadavere
-orrendamente sfracellato..... Il padre solo potè riconoscere la sua
-creatura. La carabina, spezzata, trovossi lungi un cento passi dal
-cacciatore che per la prima ed ultima volta l'aveva impugnata.
-
- *
- * *
-
-Quantunque Fruttwald sia il più alto dei villaggi abitati tutto l'anno
-nella Formazza, la vista resta ivi circoscritta verso la valle da
-un gibboso declive che l'attraversa fra il Tamier ed il Nuefelgiuh,
-e verso settentrione da un contrafforte di quest'ultimo monte che
-rinchiude quasi il superiore valloncello di Unterderfrutt ove casca la
-Toce.
-
-La strada, lasciato Fruttwald alla sinistra, con breve giro appiedi del
-Tamier s'affretta alla Frua, spettacolo che si presenta ad un tratto,
-quasi per meglio colpire.
-
-S'io disegnassi come Schrimer non avrei a descrivertela a parole.
-
-
-II.
-
-_La Frua o cascata della Toce — Quanto costi un sorriso di donna._
-
-Il Valloncello di Unterderfrutt è circondato dalle falde del Picco
-di Gigeln, a destra — dalla rupe della Frua a settentrione, — e dalle
-ultime digradanti balze del Nuefelgiuh a sinistra ed al fondo. Al di là
-della Toce poche stalle in mezzo ad una breve prateria attorniata dai
-macigni dinoccolati dalle rupi imminenti, danno ricovero nell'estiva
-stagione agli armenti che si vengono a pascolare.
-
-Lo sguardo non può soffermarsi più d'un istante sulla cornice che
-inquadra il meraviglioso spettacolo della Toce, la quale ad un tratto,
-lasciato il queto alveo superiore, trabocca dal ciglione della rupe
-stagliata in tre orizzontali gradini, uno sull'altro cadente, ed
-irritandosi ad ogni labbro, rimbalza spumeggiante nell'aria, ricade
-in sottilissima polvere d'argento per spandersi nuovamente in mille
-spruzzi, cascatelle e zampilli, formando così una piramide gigantesca,
-la quale, allorchè il sole vi diffonde i suoi raggi luminosi, tutta
-sfavilla di mille diamanti.
-
-Bello è contemplarla all'aurora colorirsi a porporine tinte, smagliante
-come l'acciaio brillare al mite chiarore della luna, e nelle incerte
-ombre della notte innalzarsi come un immenso fantasma in mezzo a quelle
-moli rigorose. La severità del sito, i cento sibili confusi in un sol
-urlo dell'aria percossa, le scagliose rocce del Gigeln, le superiori
-macchie di larici, fra cui fischia il vento, destano nello spettatore
-il senso, non so se più di meraviglia o di terrore, che nega la favella
-innanzi agli spettacoli più sublimi.
-
-Nel fitto dell'inverno, benchè il volume delle acque montane scemi
-d'assai, la cascata presenta una vista non meno sorprendente: le
-notturne bufere ed il gelo asprissimo sogliono in poco d'ora indurare
-i fili, gli spruzzi, i zampilli, i veli cadenti; ed allora si vedono
-pendere e sorgere su quei lucidi macigni una serie infinita di
-stalattiti cristalline, che riflettono la luce con mille colori, mentre
-l'acqua scompare sotto questa scintillante armatura.
-
-Dal ciglio al piano la cascata misura duecento metri; è quindi delle
-più considerevoli per l'altezza, mentre per la mole dell'acqua essa
-non la cede forse ad alcuna delle più vantate di tutta l'Europa. La
-cateratta del Reno presso Sciaffusa non va annoverata propriamente
-fra le cascate. Lo Stauback presso Lauterbrunn supera in altezza la
-cascata della Toce di un quarto circa; ma siccome quel torrente è molto
-povero di linfe, ne avviene che buona parte va dispersa nell'aria in
-sottilissima nebbia; mentre la Toce, anche nell'inverno, per le molte
-sorgenti perenni, ha tuttavia una notevole quantità di acqua. Poco
-più, poco meno può dirsi lo stesso della Tamina, di quella di Martigny
-e della stessa del Reichenback, e d'altre che ometto per brevità o
-inferiori per l'altezza o pel volume dell'onde. Celeberrime in Italia
-sono le cascatelle di Tivoli: le quali a petto della Frua sarebbero
-meschina cosa, ove non concorressero a renderle più famose le memorie
-delle vicinanze, in cui ad ogni passo ti si rammenta la Sibilla
-Tiburtina, e Mario, Scipione, Virgilio, Sallustio, Flacco, Catullo,
-Orazio e Mecenate, i quali venivano dalla tumultuosa Roma a cercare
-silenzi e riposi al rezzo dei laureti sulle sponde dell'Aniene.
-
-Il Casalis, nelle poche linee consecrate alla valle di Formazza, dice
-la cascata della Toce essere la più bella dell'Europa; il Boniforti
-l'accenna come la bellissima delle Alpi italiane e non inferiore a
-nessuna della Svizzera; l'Amoretti, che unico percorreva queste valli
-fra gli scrittori italiani, quantunque non si lasciasse trasportare
-d'entusiasmo che per ciò che era mineralogia, tuttavia la dice
-mirabile. L'Ebel stesso la magnifica, benchè per errore la diminuisca
-d'un terzo d'altezza. Ecco le sue parole: «Siccome, eccettuata la
-cateratta del Reno, non vi ha nella vicina Svizzera una cascata con
-massa sì considerevole d'acque, quella della Frua, è, senza dubbio,
-delle più notevoli che vi abbia.»
-
-Salite in venti minuti le risvolte della strada tagliata nella rupe,
-dopo d'avere contemplato da vicino la caduta, eccoci sul ciglione da
-cui precipita il fiume; di quassù, come da lato, come dalle capanne
-d'Unterderfrutt, la scena si para sempre grandiosa. Da questo estremo
-limite al sud della valletta di Uberaufderfrutt o di Sant'Antonio, si
-spiega dinanzi una parte della valle, senza la vista però dei casolari
-nascosti nelle anfrattuosità delle falde montane; alla sinistra della
-Toce sorge una cappelletta con portico, dedicata a sant'Antonio, a lato
-del Gigeln, altissimo picco direi d'un sol pezzo di viva roccia, che si
-disterra da questi altipiani.
-
- *
- * *
-
-Catterina era la più bella ragazza della valle Formazza: gli occhi
-gareggiavano colle labbra nel sorriso, ed il suo cuore non era meno
-generoso dell'aspetto. Non era una sola fanciulla in tutta la vallata
-che nel segreto del cuore non le invidiasse la bionda e foltissima
-capigliatura, e l'arcana potenza di ammaliare quanti l'avvicinavano.
-
-Nell'estate, in mezzo al suo armento, quando cantava, gli animali
-alzavano il capo attenti, e cessavano di pascolare...
-
-Nelle lunghe giornate d'inverno, accanto a sua madre, filava il lino, e
-tutti credevano che passando fra le sue dita bianche e sottili il filo,
-s'indorasse.
-
-Nell'ampia e pulita stufa della sua casa convenivano nelle serate
-invernali i più formosi garzoni dei casolari, tutti innamorati di lei,
-che sorrideva a tutti senza conoscere l'amore.
-
-Quando in coro colle amiche intuonava una bella canzone, Pippo
-differiva alla domane la confessione di quanto sentiva per lei. Ma
-avrebbe potuto spiegarlo?
-
-Tuttavia un bel mattino, non si sa se a caso, Pippo incontrò Catterina
-nella foresta dell'Hireli che riconduceva una capra smarrita. Di
-tutte le cose toccantissime ch'egli s'era da tanto tempo studiato di
-favellarle, non potè dir motto. Ma quando alla sera la Catterina con
-voce più soave del consueto cantò:
-
- «Nel profondo del mio cuore v'ha una cellula ch'io sentii vuota
- fino a quest'oggi.
-
- Io viveva senza assaporare la vita; io vedeva senza guardare; io
- ignorava tutto.
-
- Ora la cellula è piena di un mondo — una tua parola ha fatto il
- miracolo.
-
- Attorno ad essa mille immagini — e son tutte la tua. Perchè sfugge
- tuttavia dall'anima un sospiro?»
-
-allora Pippo uscì dalla capanna troppo angusta. La brezza notturna
-gli ricompose gli spiriti, e il povero innamorato potè sclamare: dov'è
-l'uomo più felice di me?
-
-S'egli era intieramente felice, perchè la sera susseguente andò coi
-compagni in casa della fanciulla e ne tornò senza aver profferito
-parola in tutta la sera? Era desso geloso?
-
-Il vecchio Giovanni, il padre di Catterina, possedeva una foresta di
-pini secolari, ubertosi pascoli nella valle e meglio di cento capi di
-bestiame. Mentre stava un giorno soletto guardando il suo armento che
-pascolava sull'alpe di Balmarossa, vide venir a sè Pippo.
-
-— Benvenuto Pippo! cercate di me?
-
-— _Deo gratias_, potè rispondere il giovane, affannato dalla salita
-sotto la sferza del sole di agosto, e più ancora dalla tema di non
-ottener quanto bramava.
-
-— Sedete e parlate.
-
-— Se voi siete contento, io mi torrei in isposa la vostra figliuola.
-
-— Voi siete onesto... ma troppo povero. Sapete che la Catterina è fra
-le più ricche della valle?
-
-— Io non desidero che la fanciulla.... E volle soggiungere le mille
-cose che aveva pensato per istrada — ma la dura parola del vecchio gli
-annodò in gola ogni risposta.
-
-Giovanni, vedendo il meschino grondante di sudore impallidire, lo
-trasse con sè alla capanna dell'alpe, gli presentò una coppa di latte
-munto allora, e con voce meno acerba:
-
-— N'avete parlato alla Catterina?
-
-— Disse di amare me solo.
-
-— Poichè la è così, io non voglio fare due infelici. Voi siete giovane,
-e la fortuna ama i giovani. Quando avrete da pascolare dieci bovine,
-Catterina sarà vostra.
-
-Pippo, rasserenata la fronte, abbracciò il vecchio, e scese correndo
-quelle alture senz'accorgersi della malagevolezza del sentiero e della
-china precipitosa. Prese commiato dalla vecchia madre piangente invano,
-e dall'amata che sorrise alle promesse del giovine animoso — e partì
-per Roma, per Roma tanto lontana.
-
-Dopo un anno, Catterina seppe che l'amante spossato per incessanti
-fatiche era caduto ammalato. Da quel dì una mano ignota portava
-sull'altare della Vergine un mazzo di fiori perlati di rugiada, quali
-mai non si videro trapuntare le praterie della valle. Ve n'era di
-quelli a mille colori, come la spuma della Frua.
-
-Pippo, colto dalla febbre, consumò ogni sparagno: quando riebbe in
-parte l'antico vigore, i medici lo consigliarono di fare ritorno
-all'aria natia. Nullameno cercò lavoro coll'insistenza di un proposito
-che non vacilla: debole ancora, il frutto del lavoro bastava appena
-alle necessità della vita. Intanto la madre lo richiamava — si sentiva
-a morire e voleva rivedere ancora una volta il figliuol suo. Partì
-povero e sconfortato da quel paese ove era giunto con tante speranze.
-Di ritorno trovò nella sua capanna un cadavere. Dopo la sepoltura della
-madre, quella porta non s'apriva ed i vicini dicevano di sentire la
-notte dolorosi lamenti.
-
-Egli sarebbe morto di dolore, se un mattino una voce dilicata e
-tremante non avesse cantato sotto le finestre di quell'abituro
-la nota canzone dell'amore... Pippo venne fuora: quasi non era
-riconoscibile..... era anche povero — tuttavia Catterina gli sorrise.
-
-Pippo comprò una carabina ed in poco tempo divenne il più destro
-cacciatore di quelle alpi. Di quando in quando inviava alla fanciulla
-del selvaggiume. Scoprì un giorno appiedi delle orrende diacciaie di
-Cavergno una camozza col suo nato: decise di ammazzare la madre per
-avere vivente la piccola — fermò di averla ad ogni costo.
-
-Chi sa contare quante volte il cacciatore corse pericolo di morte? I
-camosci, in grazia del sottovento, sentirono l'appressarsi dell'uomo,
-valicarono le creste difficili del Kastel con piede snello e sicuro.
-E Pippo su per le roccie, dietro ai veloci animali. I quali s'erano
-indirizzati verso le giogaie del Thallihorn, sfiorando appena la
-cornice a picco, al di là del lago di Kastel, sull'abisso che si
-sprofonda giù giù fino al vallone di Kerback. Pippo, sicuro che per
-stanchezza la capretta non potrà correre lontano, s'avventura su quel
-passo, largo due palmi, fra il cielo e l'inferno — sente smottarsi
-sotto ai piedi il sentiero — non s'arresta; si mette carponi e così
-valica l'abisso, in fondo al quale, laggiù, acute roccie stendono in su
-le loro scarne ed affilate mani bramose di sangue.
-
-Il capretto alfine è quasi sfinito dal correre, e giace oltre il
-burrone della Toce a pie' della madre che lecca pietosa ed accarezza
-il nato, e guarda attorno con sospetto. Se Pippo giunge a varcare
-inosservato il burrone, le selvaggie creature sono sue. Bisogna
-dinoccolarsi al fondo e risalire la parete opposta. Ma se scivola
-sopra malsicuro sasso il piede? Sei morto. Se staccasi sopra il capo
-un macigno da lungo tempo desideroso di riposare in fondo all'oscura
-fossa? Sei seppellito. È facilissimo nella discesa repente avvallare
-a fascio; e non sarà impossibile arrampicarsi pell'ertissimo muro di
-fronte? E se mentre tu corri manifesto pericolo di orrenda morte, un
-sasso maledetto cade sonando sulle pietraie ed avverte la camozza?
-Mille terribili pensieri attraversarono come sinistro lampo la mente
-del cacciatore... ma Catterina, quando le avesse condotto la svelta
-capretta, come gli sorriderebbe!
-
-Scivolò al fondo, s'inerpicò — dopo dieci prove — sino all'orlo opposto
-del burrato, e di là, fra le scabre roccie imberciando con mano ed
-occhio sicuri la preda, scoccò il colpo. La palla sibilò acutamente —
-tutti gli echi si destarono — quando il fumo si diradò, vide la camozza
-fare ancora due passi, inginocchiarsi e cadere spirante presso il
-lattante... Povera ed innocente bestiuola! Ma che non vale un sorriso
-di Catterina?
-
-Il lattante smarrito trillava di dolore senza fuggire, sicchè Pippo
-potè di leggieri impadronirsene. Catterina lo accettò con festa, gli
-cinse il collo d'una rossa collana a cui penzolava uno squillante
-campanello, e lo diede ad allattare ad una capra. Ella stessa lo
-conduceva ai pascoli della Frua, tutta lieta di vederlo sì gaiamente
-saltellare.
-
-Da qualche tempo Pippo non s'avventurava più alla perigliosa caccia dei
-camosci: ritornava dai monti carico di pietruzze, delle quali alcune
-bianche come il latte, altre porporine come le labbra di Catterina,
-altre screziate d'oro. La cera raggiava di speranza e d'amore. Gli
-era apparso il genio delle Alpi e gli aveva indicato una caverna in
-cui stava nascosto un ricco tesoro di preziosi metalli e di rarissime
-perle. Il pavimento era tutt'oro — le pareti a colonne di malachite,
-smeraldo e lapislazzuli — il vôlto stellato di rubini e di granati.
-
-Da quel dì la ruggine cominciò a serpeggiare in arabeschi sulla canna
-della carabina dimenticata in un canto della casa, ed i ragni a tessere
-le loro tele polverose sull'acciarino.
-
-In quella un congiunto gli scrisse da Roma non indugiasse a partire a
-quella volta, gli affari procedere con meravigliosa fortuna; avrebbero
-diviso come le fatiche i frutti. Pippo sorrise alle esortazioni degli
-amici e partì in sua vece un altro.
-
-Egli vendette la fidata carabina e s'avviò all'Anzasca. Poco tempo
-appresso ritornava con alcuni di quei valligiani che saggiano e
-conoscono la virtù d'ogni pietra.
-
-La domane — appena s'inalbava l'orizzonte — con cinque altri giovani
-robusti, muniti di vanghe e di acute marre, tutta la frotta, Pippo in
-testa, s'incamminò spedita verso il Griesberg; a Bettelmatt penetrò
-nel deserto androne del Gemmsland, e, accesi branchi di pino, entrò nel
-tenebroso speco. Appena la luce delle torcie resinose arrossò la bocca
-dell'antro, un urlo spaventevole gelò il sangue e la parola ai compagni
-— ed un lupo si slanciò rabbioso fuori di quelle tane — ma Pippo non
-aveva più la carabina, ed il lupo fuggì ratto. Triste presagio! Pippo
-ed i suoi amici scavavano con ardore e trasportavano al sole un mucchio
-di pietre, ed i minieratori le esaminavano attentamente una dopo
-l'altra. A mezzo il giorno questi ultimi dissero ad alta voce: non v'ha
-qui indizio d'oro nè di granati. Pippo impallidì! I compagni pietosi
-lavorarono fino a sera, secondando la febbrile ansietà dell'amico.
-Venne la sera senza che nulla si fosse scoperto; le pietre scavate con
-tanta fatica e tanta speranza non avevano valore di sorta. Pippo stava
-tuttavia lavorando quando i tizzoni si spensero. Nessuno osava far
-motto. Oscurata la spelonca, Pippo si coricò estenuato sulla soglia di
-quell'antro malaugurato, gemendo; bagnava la polvere col sudore che gli
-gocciava dalla fronte; ma non una lagrima sola. Chiamatolo invano, i
-compagni coi minieratori discesero prima della notte nella valle.
-
-Chi non avrebbe detto Pippo morto? — Dormiva?
-
-Questo è certo che quand'egli fu solo gli apparve Catterina assisa
-a banchetto di nozze, su cui stava fumante la sua bella camozza.
-Sollevò il capo dal duro origliere, e smarrito discese fra le tenebre
-d'altipiano in altipiano. Di quando in quando una voce soffocata,
-disperata — o Catterina! Catterina! — ululava per quelle callaie
-dirupinate.
-
-Intanto un uragano precipitava dalle diacciale del Griesberg, ove le
-streghe menavano ridda al bagliore dei lampi ed assordava coll'orrendo
-frastuono il misero che s'aggirava in quei valloni. I lupi, turbati
-nei covili, scorrevano pei greppi cogli occhi di carbone, urlando
-attorno a Pippo, mentre le aquile ed i corvi turbinandogli sul capo,
-lo stordivano colle strida minacciose. Ma Pippo scendea sempre.
-Sdrucciolava sull'erba, sui macigni; cadeva nelle rabbiose fumane; ma
-discendeva sempre.
-
-Certamente l'anima della madre lo guidava.
-
-Quando l'aurora si raffresca nei vapori della Toce, egli grondante
-acqua da tutta la persona, coi capelli pioventi lungo le guancie
-livide, gli occhi stralunati, le mani peste e lacere, i piedi
-sanguinosi, giunse all'altipiano di Uberaufderfrutt da cui s'inabissa
-il fiume.
-
-Il cielo si rasserenava, ed i monti si spogliavano delle loro clamidi
-fumanti.
-
-Pippo, giunto sul ciglione della cascata, stava per discendere, quando
-— oh! come lampeggiarono di gioia i suoi occhi! — vide nel sottoposto
-piano la Catterina, che guidava al pascolo la diletta camozza. Pippo
-fuori di sè gridò: Catterina! — Stese le braccia e si slanciò verso
-l'amata. Ahi!... la rupe si sprofonda — Pippo, stretto nelle gelide
-braccia della cascata, sobbissa — rimbalza sui tre scaglioni — colora
-un istante del suo sangue la roccia omicida — e sdrucciola ai piedi di
-Catterina.
-
-La piccola camozza leccò il sangue che sgorgava a rivi dal corpo
-frantumato di chi le aveva ammazzato la madre, quindi fuggì alle libere
-aure del Gigeln.
-
-Ecco perchè ogni mattino, allo spuntare dell'aurora, la cascata si
-arrossa, e si sente dalle roccie superiori il trillo d'un camoscio.
-
-E Catterina?
-
-Credete voi che ella d'allora in poi sorridesse tuttavia?
-
-Così ha fine la leggenda della Frua.
-
-
-III.
-
-_Altipiani di Kerback, Valtoccia, Morasck e Bettelmatt._
-
-Dall'altipiano di Uberaufderfrutt, ove all'ombra del portico della
-cappelletta sull'orlo della cascata udiva la pietosa leggenda della
-Frua, in meno di mezz'ora giunsi al vallone di Kerbach attorniato
-da alte vette, delle quali la parte meridiana che si protende fino
-al vicino anfiteatro di Morasch, è tutta lieta di zolle e di fiori.
-L'aere risonava di monotone cantilene d'amore; erano falciatori
-che sulle sdrucciolevoli chine del Thalli fornivano il loro lavoro
-colla sicurezza de' contadini pianigiani. Le eccellenti disposizioni
-ad imitare gli eroi d'Omero, che ad ogni fermata facevano un pasto
-proporzionato alla grandezza delle loro imprese, mi fecero accettare
-di buon animo la refezione, che m'offriva l'ospitalità d'un vecchio
-ed onesto alpigiano. Quindi, poichè il sole già intiepidiva le
-freschissime aure, per un sentiero che già fu strada mulattiera
-selciata, ci arrampicammo per una buon'ora per la faticosa erta,
-e fummo alle bocche della Valtoccia, vasto altipiano tutto ricinto
-di picchi petrosi, mentre il suolo appiedi delle immense ciottolaie
-verdeggia qua e là di sapidissimi pascoli. Ma come melanconica è questa
-suprema convalle! I canti pastorali, il tintinnio delle collane degli
-armenti, il loro muggire, tutto pare un doloroso lamento. L'orida retta
-del Kastelhorn e le mute falde del picco del Nufenen-Stok spandono sul
-resto del quadro la tristezza del loro aspetto. Il laghetto di Castello
-rabbrividisce all'aspetto del Kastel che vi si specchia; il ruscello,
-che ne sgorga guizza tacito fra i massi, quasi pauroso non dinoccoli
-di lassù un macigno a riempire la limpida conca della sua sorgente. Il
-ruscello forma più in là il bacino del Pesce, ove le trote non osano
-amoreggiare che nel profondo.
-
-La Toce ne nasce con poca festa. Le sponde dei due nappi e del torrente
-sono sabbiose, nude: l'ombra del Kastel fece inaridire l'erba. Anche le
-mandrie rifuggono in là.
-
-In mezzo all'altipiano serpeggia il sentiero che pel passo confine
-(Auf der Mark) conduce alle radici della Val Bedretto, alla vetta del
-S. Gottardo, agevolmente in una giornata di cammino dai casolari di
-Formazza.
-
-Un mandriano, tutt'occhi e boccacce dalla meraviglia di vedere lassù
-un cotale che nè comprava, nè vendeva bovine e formaggi, mi disse che
-i Bedrettesi quando vogliono recarsi nel Vallese, invece di scendere
-dalla Valtoccia a Kerbach, e di laggiù per Morask e Bettelmatt varcare
-il Griesberg, usano per un sentiero difficile passare al di là del
-Nufenen-Stok e scendere così nell'Egina evitando il lungo giro.
-
-Intanto il cielo s'era coperto di nuvoloni fitti, lampeggianti,
-e mentre m'aggirava per quelle solitudini malinconiose, mi colse
-senz'alcuna difesa un acquazzone, che mi cacciò giù fino al casale di
-Kerback più in fretta che io non avrei voluto, molle, inzuppato fino
-alle ossa, fra le saette ed i tuoni, come già Mosè dal Sinai, colla
-differenza che io invece di trovare gli alpigiani in ridda attorno al
-vitello d'oro, li vidi raccolti attorno ad un bel fuoco tutti intenti
-chi a mondare castagne, chi a sbattere la crema, e tutti ad ascoltare
-le frottole d'un cacciatore, che all'appressarsi del nembo avea
-frettolosamente deserto l'agguato per ripararsi sotto quel tetto.
-
-Riazzurratosi l'orizzonte, lasciai Kerback e salii in mezz'ora a
-Morask, l'alpe più popoloso di tutta la val Formazza.
-
-Morask è meno ricco di pascoli di Kerback, ma è più lieto per più vasta
-zona di cielo. La giogaia asprissima che rinserra l'anfiteatro verso
-il meriggio, colle cuspidi eccelse del Zumstok e dell'Himmelberg, può
-dirsi una parete di un solo macigno. Qua e là il diacciaio del Gries
-che si stende dietro a quelle vette, lascia cadere un lembo del suo
-lenzuolo sfavillante nella valle.
-
-Prima della notte m'inerpicai ancora sulle erbose pendici del Thalli,
-e vidi smaglianti all'ultimo raggio del sole le nevi eterne che
-smaltano le nere orribili creste del Kastel, a levante, che voi dite
-inaccessibili e che vi fanno rabbrividire al pensiero di trovarvi
-sull'orlo del precipizio che si profonda giù fino alla radice del
-monte, mentre in quest'istante forse un ardimentoso cacciatore di
-camosci sta sul cigliare dell'abisso, fra la vita e la morte, spinto
-lassù dalla sua passione.
-
-Ma la notte già scolora ogni cosa: scendiamo.
-
-
-IV.
-
-_Ascensione del Gries — Diacciai — Le Alpi parlano._
-
- =Entrai per lo cammino alto e silvestro.=
- _Dante_.
-
-Partii da Morask pel Griesberg. Il sentiero addentratosi in una gola
-ove per poco le falde dei monti non si combaciano, orma sopra la neve
-ad una florida prateria, e di là, costeggiando per la ripida salita
-il torrente che gorgoglia nelle crepature della rupe erbosa, guida
-al valloncello di Bettelmatt, famoso pei cacii che fornisce l'Alpe
-Anderlin. Prima di giungervi, voi valicate un breve contrafforte che
-chiude anche da questa parte l'altipiano, mentre il torrente sbattuto
-di sasso in sasso in bianca spuma s'interra nella forra che a furia
-di pazienza e di secoli ha scavato attraverso al muro: badate veh! di
-non sdrucciolarvi dal sentiero; chi vi trarrebbe di là ai casali della
-valle? Il torrente solo.
-
-Eccoci alle cascine. Esse stanno addossate ai frantumi che ingombrano
-il passo nell'angusta bocca della scabrosa valletta del Gemmsland, in
-cui l'ombra eterna e i massi paurosi e il deserto d'ogni vita incutono
-orrore. La chiude in fondo il Siedel (3218 m.), dalla vetta del quale
-fra spaventose diacciaie or piane, or gonfie come onda marina, or rotte
-a bizzarre colonne d'ogni architettura, vedesi sorgere solitario il
-picco del Blinnenhorn (3552 m.) l'altissimo dei monti che s'estollono
-attorno alla nostra valle.
-
-Mi riposai presso il letto del Griesbach, dall'onde biancheggianti,
-dai ciotoli tersissimi, screziati a mille colori, e trovai fra le
-ghiaie l'_asbesto_ bianco che i montanari dicono sughero alpestre.
-Al di là del torrente, nella prateria un numeroso armento di bovine
-agitava pascolando i sonagli delle collane. Alcuno di quegli animali
-s'avvicinava a noi pauroso, e dopo averci a lungo guardato con occhio
-stupito per le foggie disusate, ricorreva in mezzo agli altri di
-gran galoppo. È incredibile il piacere che produce il tintinnìo dei
-campanelli, il muggire, lo scorazzare festoso delle giovenche e dei
-vitelli che con piede sicuro dichinano rapidissimamente per le pendici;
-in questi animali pascolati liberamente all'aria, giorno e notte, senza
-impacci di catene e di guinzagli, scorgi una sveltezza di moti che non
-trovi in quelli del piano, lenti e taciturni.
-
-Ma già il sole dardeggia; su ancora, un'ora, la più faticosa, e ti
-riposerai sulle sponde dei due laghetti da giardino, da cui zampilla il
-Griesbach.
-
-Pervenni sulla cima dell'erta trafelato ed ansante per la soverchia
-fretta con cui la brama di toccare la desiderata fronte dell'Alpe
-m'aveva spinto per l'erta. Con animo palpitante, varcata l'ampia
-murena, che con mirabile vicenda le diacciale ingoiano e rigettano,
-mi trovai sul lembo dell'eterno diacciaio che dorme su quelle vette
-supreme, dal Gries allo Stafelclogberg, abbracciando così dalla destra
-pressochè tutta la valle di Formazza.
-
-Eccomi sopra di esso. — Sento sotto di me — novissimo senso — un cupo
-rumoreggiare, — fiumi forse che cascano echeggiando dalle caverne nelle
-viscere del monte — forse, come la tradizione paesana, sono le anime
-dei defunti che cantano preci di remissione. Lunghi, diritti, immensi
-crepacci stagliano tutta la gigantesca massa — dove appena visibili,
-dove a bocca aperta come mostri.
-
-In questi crepacci, da cui il piede rifugge istintivamente, dormono
-laggiù negli antri sonori, da dodici anni, due giovani francesi. Io
-guardo in giù, nell'azzurra abisso senza fondo, e pavento di sentire
-che gli infelici vi sdrucciolarono, o vi furono spinti dalla bufera
-— non morti e che laggiù, feriti, col martoro di un'agonia che li
-sorprende esuberanti di vita, senza speranza di sfuggire alla loro
-sorte inevitabile, dolorosa, senza conforto alcuno d'affetti umani o
-divini, imprecano al fato, o rassegnati aspettano di agghiadare fra le
-braccia della morte, richiamando alla memoria le immagini dei cari...
-
-Forse i Francesi s'erano avvicinati al Faul, nero fantasima che sorge
-nel mezzo della diacciaia, ove dessa pare ondeggi come i fiotti marini.
-Forse venendo in Italia, non s'erano attenuti alla loro sinistra, verso
-la murena, ove i fessi sono meno frequenti e meno spaziosi — forse
-da animosi perlustratori s'erano addentrati, verso il Ritzenhörner,
-in quella vasta e terribile solitudine, su cui torreggia il Blinnen
-— forse avviluppati dalla bufera avevano dimenticato un momento di
-tastare coll'inseparabile _alpenstok_ se mai sotto il mobile strato
-della neve non si sprofondava un crepaccio.....
-
-L'Alpe tenta come il mare l'audace — ma spesso l'uno e l'altro, dopo
-avergli rivelato i misteri più stupendi, ingoia gelosamente il sedotto.
-L'uno e l'altro ti sfidano col loro fascino: se tu vinci una volta
-impune, pensa che essi possono vendicarsi atrocemente.
-
-Ambidue toccano il cielo. Ambidue cantano sì altamente la grandezza
-della natura che la tua piccolezza ne rimane subitamente atterrita.
-
-Dopo questo senso istintivo, tu osservi e le une e l'altro con
-desiderio. In breve mille attrazioni sorgono ad innamorarti di loro: da
-quell'istante non sono più due mostri, li ami e ti amano. Se loro sei
-fedele amico, ti riveleranno la meravigliosa armonia che li unisce al
-resto del mondo, la bellezza del loro essere e la grande generosità con
-cui spargono dovunque la vita.
-
-I diacciai dall'orrenda solitudine ti diranno che sotto la larva della
-morte alimentano la vita, i fiumi che fecondano le riarse pianure. La
-bufera stessa che schianta l'annoso pino come il tenero lichene, ti
-dirà colle mille voci come da queste supreme convalli ventando, fuga
-l'aria corrotta e sparge la salute. Così la tempesta marina. Mille
-naufraghi disperati ti fanno imprecare ad essa. Ma la morte è la vita:
-sono indivisibili, necessarie sorelle.
-
-Nè meno mirabili ti saranno per amore le foreste e gli intangibili
-pizzi nembosi.
-
-Affidati ad un legno sull'incerta superficie del mare, sali sui vertici
-alpini, e sentirai come necessità l'amore, come bella la libertà —
-sentirai come se ti battesse in petto cuore di poeta.
-
-Come l'anima, l'alpe ed il mare ti saneranno il corpo. Se la tua mente
-paralitica non si scote, se il tuo corpo non riacquista elasticità e
-vigore — tu sei già due volte morto.
-
-Dal cucuzzolo del Gries, a cui salii di qui in mezz'ora, scorgesi
-assai meglio il sottostante diacciaio, e meglio soprattutto lo stupendo
-panorama delle Alpi Vallesane e Bernesi, che compensa largamente della
-fatica della giornata. Il Grimsel, la Jungfrau, il Fisteraarhorn,
-lo Stokhorn ed altre celebrissime Alpi s'estollono al dissopra della
-verde cortina che separa dall'Oberland il Vallese; mentre a destra il
-Rothental, il Nufenenstock, il Kuliboden, ed a sinistra il Faul ed il
-Gemmsland pare sorgano a conversare con quelle fiere torri elvetiche.
-
-Disceso il cono del Gries, ecco a mezzo il diacciaio, venire verso
-di me a lunghi passi una strana apparizione. La doveva essere un
-cacciatore fanatico che s'avventurava soletto fra le solitudini alpine,
-col capo difeso da uno sdruscito cappellaccio a tre acque, le ossute
-gambe infilate e diguazzanti in un paio di brache spelate, le uose
-fino al ginocchio, due scarpaccie a mo' di barca da fare il giro del
-mondo, mare e terra, un grosso zaino alle spalle, la lunga carabina ad
-armacollo e il bastone ferrato nelle mani.
-
-L'abito di prete cozzava a vista sì duramente colle venatorie munizioni
-sotto cui sudava il poveretto, che al vederlo colla lunga e sparuta
-persona arrampicarsi brancicando per l'erta, gli era la più risibile
-cosa del mondo.
-
-Eppure il reverendo Blummenkranz era stimabile persona. I compaesani
-non lo dicevano _liberale_, nel senso popolare, — benchè fosse largo di
-cuore e di mano — perchè non frequentava le bettole; ma assicuravano,
-che, venuta la stagione delle foglie, il suo cervello ne andasse tanto
-in visibilio da farneticare. Dopo la prima neve rientrava in se stesso.
-Le stramberie della sua religione per la natura gli erano perdonate in
-grazia del fervore con cui pregava Iddio a non dimenticare le messi
-dei campi, i fiorellini delle praterie e le pinete. Don Blummenkranz
-nato in Germania era stato altra volta un abate del bel mondo. A Berna
-e a Ginevra non sono affatto spariti i ricordi delle sue dissertazioni
-sulla necessità dell'amore.
-
-La sua figura — innegabilmente ridicola — pareva una vivente
-confutazione delle sue parole. Disingannato dagli uomini, senz'odiarli,
-intese tutte le forze dell'anima nell'amore della natura dalla quale
-otteneva rivelazioni sconosciute e voluttà arcane.
-
-— Tutto parla, diceva Blummenkranz, ed io finirò per comprendere la
-meravigliosa espressione delle cose.
-
-Forse aveva amato una donna — ma qual donna avrebbe avuto compassione
-di un essere così strano?
-
-Malgrado i profondi studi naturali, egli dovette provare che la
-cosmologia non era che un intoppo per la carriera ecclesiastica. Da
-chierico fatto cappellano, e punto a capo.
-
-_Contentus parvo_, egli non si crucciava di nulla. La natura
-lo compensava largamente dell'irrisione degli uomini. Secondo
-Blummenkranz, un uccello parlava più chiaramente d'un avvocato; gli
-amori delle piante non erano una finzione imaginosa, ma una storia.
-Credeva — senza oltraggio alla religione — agli spiriti che popolano
-l'aria, l'acqua e le case, ed era in stretta famigliarità coi genii
-delle Alpi. Conosceva le cause per cui i pizzi erano stati battezzati
-con una parola anzichè con un'altra, quindi infinite leggende. Siccome
-non aveva mai posto piede oltre la Svizzera, si meravigliava alla
-descrizione delle vaste pianure, ed inorridiva al pensare, che vi
-potesse essere una radura così sconfinata da non scorgere un monte e
-che un uomo potesse vivere senza amare le Alpi.
-
-Di lassù, appaiatosi meco, in tre ore discendemmo nella valle Egina
-nel cantone Vallese, alle sponde del Rodano spumante, donde io contava
-di recarmi al vicino Obergestelen sulla via al Grimsel. Il varco del
-Gries, dal centro dell'alta Italia, è la via più breve al Bernese.
-
-Lasciato D. Blummenkranz, m'avvio alla volta della mia meta. Se
-non che io faceva i conti senza il temporale, che in pochi minuti,
-abbuiato l'orizzonte angusto, si rovesciava nella valle. Alle prime
-goccie ritornai frettolosamente sui passi miei, e ormai stanco dal
-lungo cammino, bussai ad una capanna presso una chiesuola, invocando
-ospitalità per amore di Dio e delle poche mie monete.
-
-La porta della capanna venne aperta, ed una pertica, voglio dire il
-reverendo Blummenkranz inchinandosi, m'offrì cordialmente il tetto
-ed il desco. Lo credereste? Fu quella una delle più belle sere delle
-mie peregrinazioni. La cena parchissima, forse insufficiente, ma
-l'anfitrione era sì curioso nel novellare! Compresi che il romito
-era miglior cultore dei piaceri dell'immaginazione che non della
-caccia. Perchè adunque la carabina? Perchè, mentre tutti tenevano
-per ragionevolissima cosa l'arrischiare la vita nella caccia, nessuno
-certamente avrebbe compresa e rispettata la passione entusiastica del
-povero cappellano.
-
-Accomiatandomi, il reverendo Blummenkranz mi pose nelle mani un foglio,
-dicendo: Serbatelo per memoria mia. — Risalendo, due giorni dopo la
-mia gita a Meyringen, allo Stauback, l'Eginenthal, lessi in fronte alla
-carta donatami:
-
- LE MONTAGNE PARLANO.
-
-Giunto oltre la diacciaia del Gries, sedutomi sul cigliare della balza
-imminente a Bettelmatt, mi riposai, leggendo quanto segue:
-
- «LE MONTAGNE PARLANO.
-
-«— Su, Blummenkranz, quest'oggi salirai sulle Alpi, le vere Alpi, le
-Alpi che mi dividono dall'Italia — il paese di cui non ho pronunciato
-una volta il nome senza sussulto. Quest'oggi sono felice — me ne
-rallegro cordialmente.
-
-Di lassù spingerò lo sguardo nelle sue valli, ove sole e terra vanno
-d'accordo nel fecondare e nel crescere — ove, senza dubbio, i fiori
-sono più coloriti e le frutta più gustose.
-
-Chi sa se non sentirò quell'aria piena di vita e d'armonie che suona sì
-melodiosa scossa dalle vibranti cetre dei suoi poeti?
-
-Forse i miei occhi vedranno poco — ma la mia anima? Dirò: conosco
-anch'io _la terra ove fioriscono gli aranci_!
-
-Pervenuto al vertice, m'inginocchiai riverente per salutare quel paese
-che amo senza conoscere, e con tutte le facoltà dell'animo mio, dissi:
-
-«T'amo, perchè io so da lunga pezza che noi abbiamo saldato ogni
-partita per l'antica ruggine coi Romani; perchè comprendo che se tu
-non vieni a noi col perdono sulle labbra, gli è che le ferite non sono
-ancora rimarginate — t'amo e mi auguro di vedere la mia patria stretta
-con fratellevoli nodi a te, che tutti i nostri bardi cantarono con
-esultanza, e che la sola tirannìa ed i suoi odii feroci ne hanno fatto
-sprezzare e combattere come maledetta.»
-
-Profondo silenzio regnava attorno. Sospeso fra terra e cielo, quella
-m'incantava, questo mi rapiva....... Le fronti delle Alpi corruscavano;
-i loro manti erano agitati; il cervello del Griesberg su cui posava
-era palpitante: dal rododendro esalavano inebbrianti profumi; in ampi
-circoli le aquile si libravano nell'aria; i tordi montani cominciavano
-a cinguettare misteriose note di amore, mentre il vento susurrava i
-pastorali accenti del _ranz des-vaches_... Era allucinato?
-
-Le nebbie, in cui i monti si avvolgevano, sfumarono; la luce innondò
-da capo a piedi quei giganti che s'avanzavano, oh meraviglia! da ogni
-parte attorno al Griesberg, come a parlamento — forse per ingannare la
-noia secolare.
-
-— Dunque noi che ardimmo scalare il cielo saremo turbati nella pace del
-nostro sepolcro da questi embrioni superbi?
-
-— O Grimsel, le parole che tu soffi, eruttando fumo e faville per
-lo sdegno della tua maestà conculcata, trovano nella mia anima una
-clamorosa eco. Sì, non vogliamo essere manomessi dall'uomo, o per la
-morte come i Diablerets mi sfascierò sopra di esso!
-
-— Meglio così, caro Firsteraarhorn, disse arrossando la Jungfrau
-pudica, che io non vedrei più questi nani insolenti arrampicarsi sul
-mio petto per baciare quella fronte che la sola bufera aveva per tanti
-secoli tôcca. O meglio un fulmine mi scaraventasse giù nelle valli,
-che gl'inverecondi baci di questi uccelli spennati!... Ahi! dove il mio
-verginal candore?
-
-Un'orrenda voce di scherno tuonò:
-
-— Gran cosa in verità! Quanto volonteroso io non mi torrei i baci, di
-cui fai sì grande scalpore, quando tu volessi scambiarli coll'atroce
-ferita, che mi aprono nel bel mezzo del corpo... A me che pure tanto li
-amai da nascondere la face che alta portava sul capo; ma guai a loro se
-io riapro il varco al torrente di fuoco, che m'arde e rugge in petto!
-
-— Infelice _Cenisio_, che sarebbe degli sciagurati senza di noi? Chi
-loro feconderebbe la terra coi fiumi e temprerebbe l'aria coi venti?
-
-La _Rocciamelone_ chiese la parola per la _Rosa_ immacolata.
-
-— Immacolata! mormorò ironicamente la _Jungfrau_..... e Saussure, e
-Vincent, e Zumstein, e il prete Gnifetti li conta per nulla?
-
-— Facciamo osservare alla maligna _Jungfrau_ che non tutte le cinque
-foglie vennero tocche.
-
-— Cessate, rituonò il _Bianco_, la ridicola questione. I Romani ci
-rispettarono con religiosa temenza, e questi vanerelli d'un secolo
-impertinente osano contaminarci le candide stole! Ma a che ragunammo
-questo onorando consesso? Per lagnarci delle clamidi insudiciate? Vi
-cruccia lieve offesa quando vedete in noi bollire una fiera passione?
-Se non vi talenta sentirvi prudere le membra da quest'insetti,
-inghiottiteli nelle pieghe de' vostri manti. Mi lagno forse io? La
-sventura del Cenisio è sventura che a noi tutti sovrasta. L'umana
-famiglia minaccia di ridersi di noi, di attraversarci in ogni
-guisa sotto mille pretesti. Confortiamo il Cenisio, e troviamo modo
-d'impedire tanta ingiuria.
-
-Il _Bianco_ stese una mano al _Cenisio_ — a cui mancavano per conforto
-anche le salmodie della Novalesa; — commosso dalla regale degnazione,
-svenne in braccio all'Iserano. Lo _Stock_ corse lesto in suo soccorso.
-Alle lamentevoli grida del vegliardo, alle parole del _Bianco_ erano
-accorse attorno attorno quant'Alpi regnano dal Simmering al Tenda.
-
-Aperto il parlamento dal monte _Bianco_, considerato il caso esposto
-— per un fatto personale — dallo stesso Cenisio, parlarono uno dopo
-l'altro e sovente anche due o tre alla volta — tacevano da tanto tempo!
-
-Il _Cenisio_ propose di sloggiare dall'Italia, terra ingrata per
-eccellenza alle Alpi; il _Cervino_, ponderato l'irresistibile amore al
-paese, propose di congiungersi tutte in sì orrenda maniera che nessun
-passo si aprisse. Un viva — a gran maggioranza — accolse il singolare
-progetto. Senonchè al punto di passare allo scrutinio, il _Viso_ chiese
-la parola con voce, che fu sentita quasi nota fuori di chiave.
-
-Il _Viso_ — siede a sinistra — educato a metà in Francia, tutto
-pieno d'idee cosmopolitiche e fors'anco perchè nessuno gli aveva
-sfiorato la pelle, cominciò a sfoderarne delle nuovissime sulla
-bella tendenza degli uomini ad unificarsi — parlò dell'abolizione dei
-neri, dei doganieri, dell'emancipazione della donna e di altre cose,
-che colorando le Alpi come i più cocciuti nemici della fratellanza
-universale loro minacciano più che mai la sorte d'essere traforate
-e affettate — e finì con tanta eloquenza per proporre ognuno si
-togliesse in pace il suo destino in grazia del progresso dei tempi,
-con tanta eloquenza che i venerandi oratori, ritornati al loro posto,
-ricominciarono a russare saporitamente.
-
- . . . . . . .
-
-
-V.
-
-_Confini della valle — Le case, il desco, l'abito, il commercio,
-l'agricoltura._
-
-Ho fatto una visita a Zumsteg, al _palazzo municipale_, antica casipola
-murata or fanno circa tre secoli lungo la Toce. Il fiume batte con
-impeto sulle fondamenta e le mura tremano screpolandosi. Al pian
-terreno s'apre verso la strada un'ampia finestra sbarrata da solida
-inferriata — è la finestra del carcere. Da essa lo sguardo corre ogni
-angolo della prigione, sicchè era ad una carcere e berlina. Al piano
-superiore la stanza del consiglio; in un armadio le vecchie pergamene
-del comune, delle quali sono oltremodo gelosi.
-
-Notai nel mio taccuino quanto appresi dalla cortesia dell'onesto ospite
-circa le costumanze de' suoi conterranei. Tu, compagno mio, forse
-non avrai queste novelle in pregio come io le scrissi con amore; ma
-pazienta lo stile dimesso e riposa, se vorrai aver lena da potere con
-sicurezza toccare l'ardua sommità del Reti, che di lassù ne sfida.
-
-I confini della giurisdizione di questo municipio comprendono la
-terricciuola di Unterstald sino al ponte di Untergeschen: da esso
-corrono, al mezzodì, al Minoio-Krüpfti passando sulla vetta del
-Martel, e da quello all'Ofenhorn, da cui col limite dell'Italia per
-le diacciaie fino al corno del Gries. Alla sinistra della valle poi
-dal Gries pel Nufenenstok ed il Markhorn (2963 metri) al culmine del
-Rizoberg segue l'orlo estremo del Canton Ticino; dal Rizoberg ritorna
-al ponte di Untergeschen.
-
-Il municipio senza reddito di sorta preleva le spese opportune da
-imposte; ciascun casale ha boschi e pascoli che si dividono equamente a
-beneficio d'ogni famiglia.
-
- *
- * *
-
-Entriamo nelle abitazioni. Le case sono quasi tutte di legno colla
-forma dei _châlets_ svizzeri, ed a tre piani: quello terreno è murato
-e serve di cantina. I piani superiori sono costrutti con travicelle per
-lo più di larice foderate internamente con tavolati bene mastiettati e
-disposti con qualche simmetria. Il pavimento ed il soffitto, piuttosto
-basso, sono pure di legno senza alcuna vernice.
-
-Tutte le case hanno una camera più vasta delle altre, riscaldata —
-forse soverchiamente — da una stufa di pietra, nella quale accendono
-grande quantità di legna, e ciò da una parete interna di pietra che
-contiene pure il camino della cucina. Tutte le stanze sono tappezzate
-d'immagini sacre o di statuette in cera trasportate da Roma e dal
-santuario di Einsiedelen in Isvizzera, dove si recano qualche volta in
-pellegrinaggio. Una cosa curiosa si è che hanno sì indicibile amore
-degli orologi a pendolo da averne anche tre nella stessa _stufa_:
-notate che quasi tutti hanno poi ancora nelle tasche un orologio
-d'argento.
-
-Un Formazzese, nel tepore della sua stufa con un po' di patate e di
-carne salata se ne ride della neve e del lungo inverno, e dice di stare
-meglio di un re — costituzionale.
-
-Ignoro perchè gli usci abbiano l'architrave tanto basso, che ad
-ogni uomo di mediocre statura conviene inchinarsi per entrare nelle
-case e per passare dall'una all'altra camera; forse questa stranezza
-ha lo scopo di mantenere costante l'uso del saluto di chi entra. I
-Romani scolpivano sulla loro soglia il motto che diceva benvenuto al
-visitatore, squisita cortesia, che i tempi s'involarono con tant'altre;
-i Formazzesi paiono invece più gelosi del rispetto dovuto al padrone
-della casa che non di quello all'ospite.
-
-Le finestre meritano una breve descrizione. Esse sono composte di tre
-telai rettangolari separati l'uno dall'altro da un travicello verticale
-a sostegno della parete superiore; ogni telaio è diviso in due sorta
-di vetri da una linea di legno orizzontale; i superiori sono fissi
-con piombo filato e per lo più esagoni, gli inferiori, più grandi,
-rettangolari ed incorniciati, scorrono o da una parte o dall'altra
-nella mastiettatura del telaio; ne viene perciò può sporgere al di
-fuori altro che il capo; per lo più i vetri inferiori sono diacciati,
-o, volgarmente, fatti a mandorle per nascondere ai vicini le proprie
-faccende senza diminuire la luce.
-
-Le stalle, le cantine sono senza finestre; nel trebbiale superiore si
-coreggia la segale.
-
-Se da una parte queste abitazioni sono asciutte, sane e comode,
-la quantità di legnami onde sono costrutte presenta mille pericoli
-d'incendio, tanto più da temersi per i venti e per la mancanza assoluta
-d'ogni istrumento atto a spegnerli. Morasck, pochi anni sono, ardeva
-interamente.
-
-Il Formazzese, come gli Alpigiani in genere, si nutre di patate,
-di carne salata, e beve vino ed acquavite. Sono golosi di caffè.
-Anticamente non si faceva il pane che al fine di novembre per tutto
-l'anno; ora suole farsi almeno due o tre volte all'anno.
-
-Ho visto più d'una volta la famiglia d'un agiato Formazzese assidersi
-senza distinzione fra il capo ed il servo ad una pulita tavola
-di acero, in mezzo della quale stava un gran piatto, in cui tutti
-pescavano colla forchetta o col cucchiaio; antichi costumi che i
-Formazzesi conservarono gelosamente sino al giorno d'oggi.
-
- *
- * *
-
-Ora i calzoni lunghi, la casacca di frustagno o di panno e il cappello
-di feltro hanno dato il cambio alle lunghe calze bianche trapunte,
-alle brache, al panciotto rosso, all'abito a grandi tasche, nonchè
-al cappello a larghe tese. Nell'inverno le gambe per diguazzare
-nella neve coprono con uose di lana sino al dissopra del ginocchio;
-alcune cordicelle legano alla scarpa la falda che copre il collo del
-piede. Alcuni fra quelli che furono in Roma recano ai patrii monti
-l'uso incomodo di quel cappello cilindrico — che rappresenta sì bene
-le tendenze artistiche del secolo — con non poca antitesi col resto
-dell'abito.
-
-Le donne, che vent'anni sono coprivano il capo d'un pittoresco
-cappellino adorno di nastri, lo coprono ora con un fazzoletto rosso
-annodato alla nuca. Il seno è coperto da un panciottino a varii colori,
-dal quale spunta attorno al collo un pizzo. Le vesti raccorciano la
-taglia e giungono a mezza gamba: nell'inverno sono di panno sottilmente
-piegato; le braccia ed il dorso coprono con una giubboncella a lunghe
-maniche. Nessuno va scalzo; gli stessi zoccoli in legno sono poco
-in uso. Nei giorni festivi principalmente il loro uniforme vestire è
-notevole per pulizia.
-
- *
- * *
-
-La fonte del benessere dei Formazzesi consiste negli ampii pascoli,
-dei quali si vantaggiano gli altipiani e le convalli superiori, per
-cui ben mille bovine vi traggono dalle proprie stalle e dall'Antigorio.
-Una parte di queste scende poi a svernare al piano. Falciano una volta
-all'anno il fieno nelle praterie meglio soleggiate, ed alquanta segale
-che non cresce sempre a maturità. In tutta la valle ho veduto un solo
-albero fruttifero nell'orto di una casa in Fracco, un povero ciliegio
-bramoso di sole e di nutrimento che intisichiva.
-
-Sul finire dell'estate, i Formazzesi più danarosi attraversano il Gries
-per recarsi alle fiere di Meyringen nell'Oberland, ove fanno incetta
-di giovenche e di vitelli che con loro infinito disagio conducono
-poi di qua dai faticosi gioghi del Grimsel e del Gries ai mercati di
-Domodossola, soddisfatti di un guadagno poco proporzionato a sette
-giorni di viaggio disastroso.
-
- *
- * *
-
-I Formazzesi sono di statura piuttosto alta, nerboruti, agili e svelti.
-
-Le donne sono più notevoli per robustezza che per avvenenza di forme,
-e meglio ritraggono la seria impronta dell'antica patria, che non la
-gentile finezza del profilo italiano.
-
-Quanto all'indole dei Formazzesi, sì largamente dotati dalla natura di
-saldissime membra, mi parve ottima. Del resto nella valle nè polizia,
-nè milizie comunali. Pochi doganieri perlustrano i confini nei quattro
-mesi della bella stagione.
-
-Le furie sanguinose della vendetta e della gelosia non agitano i loro
-cuori, in cui le passioni per l'indole pacata e riflessiva, pei nodi
-fratellevoli del sangue, per influsso della fede, e fors'anche per
-effetto benigno dell'aria che tutto volatizza, hanno meno impero che
-non avrebbero altrove.
-
-Ho già notato altrove che la maggior parte — e doveva dire la migliore
-— della gioventù maschile emigra a Roma. Avvenutomi un giorno in un
-crocchio di garzoni di recente ritornati da quella città, avendoli
-richiesti dell'arte che praticavano, uno d'essi risposemi: — vi eravamo
-ministri.
-
-Non crediate che i dabben uomini governassero colà il periglioso timone
-della pubblica cosa, come si crederebbe a prima vista da noi. Presso
-il popolo a Roma ministro è semplicemente il garzone di bottega. O
-ambiziosi!
-
- *
- * *
-
-Tutta la valle era anticamente una foresta, come lo indica lo stesso
-nome dei villaggi. I primi immigrati sterparono le foreste del piano,
-conservando a sicurezza della valle le folte boscaglie che vestono
-i monti, senza la quali in pochi anni l'intiera vallea sarebbe
-un deserto, un caos di frane, di ciottoli — forse il letto d'un
-ghiacciaio.
-
-Da Unterstalden alla Frua (1885 m.), oltre la quale non trovai che tre
-o quattro pini nei valloni di Kerback e di Morasch, s'elevano veri Dei
-Penati della valle, migliaia e migliaia di pini, di larici e d'aceri in
-foltissime foreste.
-
-In esse il balsamico profumo della pianta stessa, il muschio che copre
-da secoli la rupe, la misteriosa oscurità e quell'indefinibile musica,
-che fa il più lieve susurrare di vento fra i rami e le foglie, ti fa
-sostare le ore seduto appiè di quegli alberi secolari, assorto, rapito.
-La più bella di queste foreste è quella che copre il Reti fra Touffwald
-e Wald. La salita è rapidissima. Sopra la pineta poca verzura, e poi
-le nude roccie, fra cui ultimo l'odoroso rododendro, il quale fiorisce
-spesso sul freddo terriccio delle diacciaie. Di quando in quando —
-troppo sovente forse — si recidono i pini più annosi, anche sulle
-difficili cornici; ed io me ne andai più d'una volta presso Andermatten
-a vedere le travi scuoiate tratte dai legnaiuoli sulle fittizie rotaie
-scivolare rapidissime dalle balze del Krayhorn al fondo della valle.
-Ammassati questi fusti in cataste lungo la strada, le traggono poi
-nell'inverno sulle slitte sino alla rupe di Puneigen, sulle casse e
-li precipitano da quel ciglione. La Toce conduce poi queste travi al
-Verbano. I legnaiuoli che esercitano questa pericolosa tratta sogliono
-essere per lo più della valle Cannobina o del Lago Maggiore.
-
- *
- * *
-
-Entrai in un antico abituro a Gurfelen.
-
-Da lungo tempo vi abitava la miseria e la malattia. L'infelice sdraiato
-nel suo lettuccio di paglia, mi guardò con occhio stupito, e con fioca
-voce disse:
-
-— Non guarirò più, sa? Ho tentato ogni rimedio.
-
-— Che vi disse il medico?
-
-Mi guardò altra volta meravigliato.
-
-— Medico? Noi non abbiamo medici. La visita d'un medico da Domodossola
-rovinerebbe la mia famiglia. Ci curiamo con decozioni di erbe
-aromatiche, con acquavite, burro e grasso di marmotta. Ma io ho tentato
-tutto invano..... forse mi manca qualche pianticella... l'ho già
-sognata tre volte..... ma non ne so il nome. Gli è come il mio male, mi
-sento morire e non ne so il nome.
-
-Perchè non conosco io la pianticella che tu sogni!
-
-
-VI.
-
-_Costumanze curiose — La scolaresca._
-
-Stamane per tempissimo che appena la cuspide dello Sternehorn
-s'indorava ai primi raggi del sole, ed ancora soffiava nella valle
-la notturna brezza, uscito dalla capanna per godere il sempre nuovo
-spettacolo dell'aurora e bagnarmi in quella frescura, ecco a capo
-del ponte di Wald un drappello di questi buoni montanari che recano
-a battesimo un neonato. Il padrino coperta la testa d'un cappello
-di feltro tutto ornato di lunghi nastri svolazzanti e la persona
-d'un lungo mantello — qualunque sia la stagione — porta al tempio il
-pargoletto per esservi battezzato, tenendolo nascosto sotto le falde
-del pallio: sicchè il Formazzese al primo uscire alla libera luce dei
-campi non ha le molli donnesche carezze, ma comincia sotto quei ruvidi
-panni ad educarsi ad una vita tutta laboriosa e parca.
-
-E di tanto mi fu cortese la sorte che mentre io me ne sto quassù
-badaluccando s'ammogliasse il gallo della checca del villaggio di
-Zumsteg.
-
-Tutti gli amici ed i vicini sono concordi a festeggiarne le nozze con
-incondite canzoni, con moltissimi spari d'arcobugio e di pistola,
-onde tutti gli spechi montani e valloncelli attorno ne echeggiano
-lungamente. Al partire della sposa dal natio casale nessuno compare
-a far evviva: un canto, un colpo di carabina sarebbe un insulto. Così
-gli sposi s'avviano coi pochi più stretti di sangue al tempio. Appena
-usciti, ecco loro incontro una frotta di giovani stranamente mascherati
-che li saluta con fragoroso tuonare delle armi. Uno di questi, coperte
-d'una sottile maglia le vive carni, malgrado la brezza quasi invernale
-del mattino, precede gli altri e dalle penne ond'ha ornato il capo
-appare quale Caraibo. Egli tiene spiegata nella destra una piccola
-bandiera bianca orlata di fettuccie rosse, quasi simbolo di pace e
-d'amore. A parte le antitesi dell'abito colla temperatura, il nostro
-giovinotto fa bella mostra di tarchiate membra e di sporgente petto,
-quale scolpiva Spartaco il Vela. Quest'altro che inchina sul bastone
-la gibbosa persona, ti rappresenta al vivo un vecchierello di cent'anni
-fa, coll'abito rosso, le scarpe fibbiate, il cappello a tre punte e lo
-sparato della camicia trinato, tutto splendente di cento bottoni che
-non hanno pari se non lo scudo d'Achille.
-
-Questi dalla persona sottile, dritta ed alta come un pino, si è
-travestito da donna con non poca ingiuria al bel sesso.
-
-Alto là! Ecco una cricca di furfantelli ha sbarrato la strada: gli
-sposi non oltrepasseranno la barriera se non distribuiscono ad ognuno
-un fazzoletto. Durante il cammino gli amici continuano allegramente ad
-assordare collo sparo delle armi i poveri sposi gongolanti per tanta
-festa. Al giungere al casolare dello sposo la strada è nuovamente
-barricata con una tavola imbandita di ciotole e di boccali: nuovi
-evviva: nuove libazioni, nuovo fragore.
-
-Pagato anche qui il dazio e sgombrato il passo, essi si recano
-all'abituro dello sposo, ove nella _stufa_ li attende un desco tutto
-carico di caci, di carni salate. La sposa s'assiede a capo del tavolo,
-mentre lo sposo fa da coppiere: mesce ad ogni istante ai convitati,
-pago dei loro evviva; in quel giorno la sua casa è di tutti, chiunque
-ha dritto di cioncare a sua posta quando ha fatti voti per la felicità
-della sposa.
-
-Accade qualche volta, mi si disse da un burlone, che sopravvenuta la
-notte, lo sposo è ancora a digiuno, poichè nessuno ha pensato a lui ed
-egli solo ebbe a pensare a tutti.
-
- *
- * *
-
-Chi non si ricorda sorridendo dei primi tempi della scuola infantile?
-Allora forse il giorno era sovente affannoso pei rimbrotti ed i
-castighi nell'_ingiusto_ maestro, per le paterne tirate d'orecchi,
-per la perdita di qualche biglia al classico arringo dei birilli! Ma
-è destino dell'uomo rimpiangere il passato, sprezzare il presente
-e sperare nell'avvenire. Queste ed altre più cose per consolarmi
-della perduta fanciullezza io pensava quando entrai fra la scolaresca
-formazzese, una quarantina di biricchini che mi parvero italianamente
-svegliati, i quali convengono in Zumsteg da tutti i casolari della
-valle per imparare la lingua tedesca ed italiana, il conteggio
-elementare e lo scrivere. Entrato, zittirono: interrogati a prova,
-risposero a cappello — ed io a rallegrarmi coll'ottimo D. Pietro
-Anderlin per la veramente alemanna perduranza con cui pazienta a prò
-del suo paese. In Zumsteg ed Andermatten vi sono ancora scuole per le
-bimbe, e tutte fioriscono — anche perchè nella valle il saper leggere e
-scrivere è cosa da lungo tempo tenuta indispensabile.
-
-
-VII.
-
-_Una lezione di meteorologia — Il frugnare e le volute — O mi date
-ragione, o non mi fate stare _sulle spese_._
-
-Nella valle Formazza l'anno non si divide come altrove in quattro
-distinte stagioni: un vecchio adagio dice esservi nove mesi d'inverno
-e tre di freddo. L'inverno comincia generalmente coi primi giorni di
-novembre, benchè nella seconda metà di ottobre si faccia già sentire il
-gelo. Nel maggio si liquefanno le nevi, ed il giugno desta dappertutto
-la verzura. Ma luglio, agosto e settembre sono i tre mesi di questa
-state, nella quale non è raro alzarsi al mattino e vedere i declivi
-superiori ammantati d'un bianchissimo strato di neve, che poi i raggi
-solari fanno sparire in brev'ora.
-
-La valle essendo circondata attorno da estesi ghiacciai, la temperatura
-estiva è freschissima: in tutta la state il termometro Réaumur non
-segna all'ombra oltre i 16 gradi sopra lo zero: scendendo qualche
-volta sotto i 10 gradi, il che darebbe una media di 12 a 13 gradi di
-calore; d'onde chi vi villeggiasse può a suo bell'agio correre a caccia
-per le balze montane, al sole, senza che gli avvenga di ritornare
-all'albergo soffocato e tutto molle di sudore. Il sole intiepidisce le
-aure che scendono dal Gries e dalla Valtoccia e non sferza, illumina
-e non accieca. Perciò i valligiani vestono tutto l'anno pannilana, e i
-cappelli di paglia e gli ombrelli sono qui inutili.
-
-Quanto poi alla stagione invernale essa vi è veramente poco piacevole,
-e per la sua durata di otto mesi e per la quantità della neve che
-talvolta copre la terra di uno strato di ben tre metri di altezza.
-
- *
- * *
-
-Le volute, come le chiamano gli abitanti dell'Apennino toscano sulla
-strada dell'Abetone, e noi diciamo valanghe, sono, come non tutti
-sanno, frane di neve, che traboccando dai supremi pendii alpestri,
-ingrossatesi nel subitaneo cammino, rovinano al basso senza che capanne
-od alberi valgano a trattenerne l'impeto funesto. Il rombo della voluta
-è simile a quello del tuono, e la furia con cui avvalla è tanta che
-l'aria percossa da così ingenti masse sprigionandosi d'attorno abbatte
-uomini e bestiame non punto tocchi dalla neve.
-
-Vid'io staccarsi dalle somme rupi, in prospetto alla capanna ov'io
-dimorava, un'immensa massa di neve e precipitare sul pascolo detto del
-Bedriöli. Una capanna ed una stalla non poterono resistere allo scoppio
-dell'aria, e senza essere tocche dalla frana vennero schiantate di
-pianta e trasportate alla distanza di cento passi.
-
-A dare poi un'idea dell'irrepugnabile furia di queste masse nevose, non
-increscerà al lettore che io qui trascriva quanto trovo in un antico
-libro di memorie d'una famiglia di Fruttwald. Tralascio alcune risibili
-raccomandazioni di quell'autore _di non stare sicurtà_ e soprattutto la
-peregrina ortografia del testo.
-
-«L'anno di grazia 1701 cominciò a venire giù neve alli 6 marzo
-seguitando senza interruzione sino alli 16: per la qual cosa dalla
-Cima Rossa e dal Krayhorn rovinò sopra Andermatten una frana di neve
-tanto smisurata, che abbattè una casa e tre stalle, ruppe la porta e
-le invetriate della chiesa parrocchiale empiendo tutte le stanze di
-neve. Della cappella della confraternita sfondò le invetriate, fracassò
-l'angelo del trono di S. Pietro ed altri arredi. Pertanto Formazza
-è paese della neve, ed ognuno deve procurare di avere fieno sino al
-giugno, in cui, se prospera la stagione, comincia a crescere l'erba.
-_Soprattutto ognuno si guardi dalla miseria_: chi scrive per esperienza
-vi dice che le cose andranno ognora di male in peggio o come le
-stagioni.»
-
-Anche lo spiritosissimo Rabelais si lagnava, tre secoli or sono, che
-non vi fosse più nè state, nè verno.
-
- *
- * *
-
-La neve da lunga pezza copre vero lenzuolo funereo la natura: solo
-qualche fronte insofferente di velo s'aderge nuda. Nel silenzio rotto
-dal brontolio della Toce che serpeggia nella vallata, mi giunse
-all'orecchio un rombo lontano verso il Thalli, dove una cortina
-grigiastra pesa sulle alture.
-
-Che è? Presto in casa: fuggi, è la bufera che avvolgendo furiosa
-ne' suoi turbini quanto trova di leggiero sulla terra, la neve e le
-foglie, oscura l'aria ed acceca di modo che sarebbe impossibile di
-toccare la soglia prediletta dell'amica. Sbarra la porta — senz'indugio
-— e la finestra. Senti come picchia, come sbatte le imposte? Vieni
-a questa finestruola e sogguarda dal fesso... tu rabbrividisci? Le
-foreste sbattute s'inchinano timorose — l'aria percossa stride, urla
-orrendamente — le campane suonano a stormo da sè stesse — l'agnello
-smarrito trabocca nel precipizio — la capanna barcolla — il rododendro
-è schiantato e il frugnare passa avvolgendosi in un turbine di neve e
-di foglie.
-
-Qui colma il sentiero; là attraversa il piano scavando nella neve
-un fosso profondo, dritto, come farebbe un aratro gigantesco;
-quell'abituro, quella chiesa scompaiono sotto la mole nevosa che loro
-addossa il furibondo ventare, mentre queste siepi, poc'anzi sepolte,
-restano ad un soffio nudate, ripetendosi questa vicenda ad un batter
-d'occhio.
-
-Intanto dall'impercettibile fessura tra i vetri s'introduce in casa una
-nebbia di sottilissime falde nevose.
-
-Alle volte queste tempeste montane durano anche vari giorni. Passata la
-furia si trovano le bianche praterie solcate come da ondosi cavalloni,
-e qualche volta rami di piante portati da remote regioni, come pochi
-anni or sono sopra l'altipiano del Gries trovaronsi foglie di noci,
-castagni e di tigli.
-
-La bufera delle alpi è sorella del Simoun del Sahara.
-
-Mentre al di fuori mugge la bufera, per passare mattana in barba alla
-noia che appunto in questi tempacci vi s'incolla addosso, noi agiati
-nel tepore di questa capanna, in mezzo ad un crocchio di vezzose
-forosette — non farti troppo vicino, compagno mio, il soverchio rompe
-il coperchio — ascoltiamo dai novellieri le antiche tradizioni del
-paese. Fra queste è notevole, come avente origine alla primitiva
-immigrazione, quella che accenna all'esistenza di una famiglia che
-viveva a mo' delle fiere nell'ancora deserto Morasck negli spechi e
-nelle crepature dei macigni dell'Himmelberg. Ma cercheresti invano una
-leggenda, una tradizione che possa snebbiare il tempo e la contrada
-da cui presero le mosse, incalzati forse dalla fame o da qualche
-persecuzione alle felici terre di queste convalli italiane.
-
-Osservando attentamente dal modo di appellare nomi oltrealpini le
-acque diverse che irrigano la valle, — costumanza che senza fallo
-accenna alla cura amorosa, con cui i loro predecessori cercarono di
-rammentare l'abbandonata patria — onde chiamano tuttora la Toce Reuss
-ed il torrente del Gries Rhone — mi pare che si possa dedurre che i
-Formazzesi o emigrassero dalle non rimote valli della Reuss e Rodano, o
-tanto vi sostassero da rammentarsene con tenerezza. Wendel vuole queste
-genti Sassoni.
-
-Varii antichi storici chiamano Germani questi abitatori delle Alpi
-Pennine o Leponzie: di ciò ne accerta e la diversa struttura fisica e
-più di tutto la favella, la quale può dirsi un tedesco poco corrotto,
-se riflettasi che essi sono sempre stati in maggior contatto cogli
-Italiani che non cogli Svizzeri. L'italiano introdotto nelle scuole,
-la quantità dei giovani che vanno e vengono da Roma, e che lo parlano
-discretamente rendono ora lassù più comune la lingua nazionale.
-
-Essendo affatto incerta l'epoca in cui la colonia tedesca immigrò,
-occupiamo questa giornata piovigginosa scartabellando quel po' di
-storia trascritta qua e là a spiluzzico dalle pergamene e dalle
-cronache municipali. In essa non trovasi pagina, o motto, che dimostri
-la valle di Pommat indipendente per governo dalle vicissitudini
-dell'Ossola; ma dagli Sforza agli imperatori d'Austria conservò
-tuttavia sempre amplissimi dritti di giudicare nelle cause riflettenti
-il proprio comune, eccettuati i delitti e le controversie più gravi;
-per cui la valle Formazza formò senza dubbio per molti secoli una vera
-repubblica con vassallaggio verso i signori della Lombardia.
-
-È notevole che questi alpigiani ogniqualvolta discesero dalle loro rupi
-per recarsi alla Corte in Milano per protestare contro i feudatari
-dell'Antigorio, tennero sempre il linguaggio di chi ha l'intima
-convinzione che nessuna forza al mondo possa sopraffare la voce della
-verità.
-
-Recatisi una volta in Milano per ottenere giustizia contro i
-Valvassori De Rodes, da un giorno all'altro, siccome è tuttora uso,
-veniva procrastinata l'udienza. Annoiati d'aspettare e di spendere,
-cominciando a conoscere quanto sa di sale l'attendere nelle anticamere,
-scrissero al governatore in quella città si compiacesse ottemperare a
-quanto domandavano senza farli stare maggior tempo _sulle spese._
-
-Della loro franchezza, della loro fede nella giustizia, ecco un altro
-documento, che ne piace qui trascrivere.
-
-Il lettore, se non lo salta a piè pari, converrà con noi —
-paragonandolo a certe strisciature del giorno — che i Formazzesi,
-se erano poco versati negli affari di Stato, non temevano protestare
-altamente, a nome della loro povera e microscopica patria, in faccia
-a chi poteva sterminarli, come Giove olimpico, con un corruscare di
-sguardo.
-
- «(Anno 1700).
-
- «_Illustrissimo magistrato_,
-
-«Non mancava altro per dare il finale esterminio ai poveri habitanti
-della valle di Formazza che il notificato l'anno del Signore scorso
-sporto alle SS. VV. Ill.me di che godessero certi molini senza
-il pagamento di certe annate ad essi imposte. Pare bene stiano ai
-medemi il dovere contro il tenor preciso de' suoi privileggi, che qui
-l'esibiscono, restare ad un nuovo et impensato aggravio costretti,
-e quel che è più, che vengano chiamati molini certi edifitii che non
-valgono in tutta la corporatura quaranta lire, et che non macinaranno
-uno staro di grano, ò due, ò puoco più in un anno, quandochè i
-montanari puonno haverlo, come patente dalla Relatione stessa del
-dottore Scacciga che fu colà delegato dalle SS. VV. Ill.me con spesa
-di più di cento lire ai patroni di quei molini. Motivi al certo che
-obbligherebbero quelli habitanti ad abbandonare il paese, quando et
-l'innalterabile giustitia et l'innata equità di questo Ill.mo Tribunale
-non li lasciasse ancora sperare che, _ben conosciutisi_ i privileggi
-fatti a quel popolo tedesco dedititio, sempre vissuti sotto la corona
-di S. M. _più per via d'aderenza che soggettione et haventi leggi
-proprie et consiglio di giudicio proprio_, et che finalmente viene
-esentato da ogni genere di cotesti aggravii, et havutosi riflesso
-alla tenuvità d'edifitii, al lavorerio che fanno, non siino le SS.
-VV. Ill.me per molestarli, _lasciandoli vivere colla sua pace_, per
-la quale ricorre Gio. Tioli in nome di tutti gli altri, e _proprio
-servitore_ (!) a' piedi dell'Ill.mo magistrato, etc., etc.»
-
-Segue poi un altro documento in cui questi montanari espongono alla
-detta Camera di Milano come sia:
-
-«Dovere di osservare i loro privileggi, ai quali _derogare non puonno
-nè grida degli Is. Governatori, nè qualunque altra superiorità_.»
-
-Davvero che gli Spagnuoli in ispecie dovevano alla lettura di queste
-domande inarcare un tanto di ciglia.
-
-Venendo ora a quei privileggi diremo qualche cosa della loro origine.
-
-Giovanni Galeazzo Maria Visconti in Vigevano addì 20 aprile 1486
-concedeva ai valligiani il dritto di giudicare tutte le cause
-civili e commerciali nel loro tribunale, obbligati solamente a
-deferire al capitano commissario ducale in Domodossola quelle di
-gravi crimini o miste, e riconosce _ordines et statuta vallis ipsius
-hactenus observata_. Non trovando simili autorizzazioni governative,
-anteriormente si può credere con ragione che le leggi che reggevano la
-valle fossero state stabilite dai loro stessi maggiori poco tempo dopo
-la loro immigrazione.
-
-Ludovico Maria Sforza in Milano addì 7 maggio 1502 confermava i
-privileggi dei Formazzesi, aggiungendone qualche altro riflettente i
-feudatari De-Rodes. Nel 1531 questi tirannelli, abusando della loro
-forza, vollero aggiungere al loro feudo la valle: i nostri montanari
-presentarono tosto al Duca Francesco II una supplica per conservare la
-propria indipendenza, e riescirono anche questa volta nel loro intento.
-
-Filippo III di Spagna nell'anno 1611 da Madrid riconfermava queste
-antiche prerogative.
-
-È senza dubbio cosa curiosa l'osservare che i Formazzesi obliando che
-i loro signori con poche centinaia d'arcieri potevano sottomettere ad
-ogni loro capriccio la valle, in ogni protesta, anzi in ogni supplica
-rammentino con sicurezza di essersi _dati_ ai signori Lombardi e di
-non essere stati conquistati. Da ciò si può congetturare una primitiva
-sottomissione agli Svizzeri, o meglio una quasi assoluta indipendenza.
-La stessa posizione della valle conferma quest'ultima induzione, poichè
-per molti mesi dell'anno il Griesberg e la Valtoccia sono insuperabili
-per le altissime nevi; e verso l'Antigorio, dopo tanti secoli oggidì
-tuttora il passaggio è poco migliore di quello alla Svizzera.
-
-Il trattato di Vorms cedendo l'Ossola ai principi di Savoia, la maggior
-parte di quelle concessioni cessava: lo statuto del Re Carlo Alberto
-dichiarando tutti i sudditi eguali d'innanzi alla legge, abrogava
-finalmente ogni vestigio delle franchigie antiche.
-
-Nel manoscritto delle leggi che già governavano la valle, non trovai
-di notevole che una punizione severa a chiunque tentasse alienare
-gl'immobili a favore di persone non nate nella valle. Del resto esse,
-poco più poco meno, non differiscono da quelle che erano in vigore in
-quel tempo.
-
-
-VIII.
-
-_Dove il paese senza un eroe? — Vita e miracoli del capitano Guenza._
-
-Io non v'ho ancora tessuta la vita ed i miracoli di qualche Formazzese:
-nè voi avete dato segno d'accorgervene, quasi certi che sotto quelle
-ruvide sargie non possano ripararsi che omaccioni di forza erculea e di
-cervello tondo come l'O di Giotto. Niente affatto, signori miei. Non
-avete mai sentito la fama buccinare il nome del formidabile capitano
-Guenza? No? Tanto peggio per voi, obbligati a trangugiarne ora la
-biografia, e tanto meglio per me che potrò acquistarmi fama, dopo
-d'essere stato l'Amerigo Vespucci della valle Formazza e della cascata
-della Frua, di essere il Colombo del capitano Guenza, il quale era,
-come tanti altri eroi sconosciuti, nato fatto per conquistare mezzo
-mondo, se auspice alla sua culla era la _buona occasione_ arbitra
-suprema dei fati umani.
-
-O se questa dea volesse favorire quanti la invocano, che nebbia d'eroi!
-Andate in un caffè di provincia all'ora della chiacchera politica —
-sentite quei Machiavelli in erba, e ditemi se con una _buona occasione_
-non farebbero impallidire tutti gli astri diplomatici.
-
-Antonio Guenza era il più scapato ragazzo della valle, da Crevola al
-Gries; indole e persona senza paura, indomita, a tutta prova. Io,
-colla vostra buona venia, avrei una smania da non dirsi d'imitare
-i grandi maestri di biografie, i quali convengono tutti che i loro
-uomini illustri, piccini (anche a loro tocca nascere, poppare e fare
-tutte quelle altre cose che voi sapete), dimostravano una gran voglia
-di studio, una precocità d'idee straordinarie nella loro testolina da
-far prevedere qualcosa di grosso, sicchè tutto il resto della vita non
-è che una rettorica amplificazione della prefazione. Antonio Guenza
-invece era sempre al banco dell'asino della scuola: — se c'era la
-scuola — e il primo a scaraventare pugni a iosa a chi non la pensava
-come lui, malgrado la sferza dell'amoroso babbo a cui non veniva fatto
-di tenere il figlio fra le domestiche pareti, nemmeno sprangando la
-porta col catenaccio.
-
-Antonio era come l'aria natia; passava da tutti i buchi, correva sulle
-più perigliose cornici montane, e nell'inverno scivolava a precipizio
-per le chine più repenti coll'impassibilità con cui altri scenderebbe
-una comoda scala. Nutriva poi un disprezzo senza confini per le siepi,
-principalmente dei frutteti. Alla sera l'appetito più che la stanchezza
-lo menava a casa, ove lo attendeva la solita tirata d'orecchi e un po'
-di cena, dopo la rammanzina del povero babbo ed il serio proponimento
-che al domani senza fallo — avrebbe ricominciato da capo.
-
-Pensate se con quell'indole poteva starsene a lungo fra i quattro monti
-dell'Antigorio! Questa storia succedeva or sono più di due secoli — vi
-fo grazia della data — quando la Lombardia era tutta vesciche gonfie di
-Spagna.
-
-Un bel dì — forse grandinava!... granchè quest'usanza di parole! — un
-bel dì adunque quel Toniaccio scompare. Il babbo amoroso alla terribile
-notizia si sentì proprio sollevare dal capo un gran peso; forse se
-n'era ito a Roma a fare il fornaio, il famigliare di qualche prelato...
-chi sa? forse il frate?
-
-Zitto: ecco una missiva dell'Antonio al caro babbo.
-
-— «Voi mi cercate... (che granchio a secco!)... invano. Sono già
-abbastanza _grande_ per sapere che senza denari non si fa un icchese.
-Se non diventerò papa Facchinetti, non importa; ma ritornerò a
-casa ricco ancor io e potente. Non bevete tanta acquavite se volete
-conservarvi alla mia fortuna.» —
-
-Passa un mese, un anno, due, cinque, dieci, quindici e nessuno sente
-favellare di Tonio.
-
-Una triste giornata d'autunno, presso uno dei più remoti villaggi
-dell'Antigorio, cinque o sei birri giungevano alla casa del vecchio
-Guenza, debitore di non so quali gabelle alla Corte di Domodossola.
-Essi stavano per compire la loro bisogna, ch'era di portare via il
-meglio dell'abituro e di confiscare in nome dello Stato il peggio,
-quando di buon trotto un cavaliere sui quarant'anni, dal viso di
-bronzo, armato di spada e di pistole, giunse alla porta della casipola
-mentre il vecchio litigava coi gabellieri.
-
-Il nuovo arrivato chiese al vecchio di permettergli di mettere a
-sosta la cavalcatura trafelata, e di potersi riposare all'ombra dei
-castagni che stavano là intorno, e senz'altro, come a promessa di più
-larga rimunerazione, fatto portare un capace fiasco di vino da una
-osteriaccia vicina, offerse agli altri di dividere con lui il rezzo dei
-castagni e la bevanda. Al generoso signore nessuno disse di no.
-
-Tracannato il fiasco, lo sconosciuto disse essergli saltato il ticchio
-di mangiare due castagne arroste, se era possibile; al che gli astanti
-risposero che se ciò talentava alla sua signoria illustrissima essi ne
-avrebbero sbatacchiate, e in poco d'ora fatte cuocere; e già uno d'essi
-s'era levato per andare in cerca d'una pertica, quando lo sconosciuto
-s'alzò d'un tratto, e disse:
-
-— Fermate! Ora ci penso, la pertica è inutile: bastano le mie pistole.
-Vedete lassù sulla punta di quel ramo cinque o sei grossi ricci?...
-
-Imberciò un istante il ramo a cui pendevano i frutti, scaricò la
-pistola, e in mezzo a cento foglie spezzate le castagne caddero a
-terra.
-
-Mentre gli astanti guardavano stralunati l'autore d'un colpo sì
-meraviglioso, egli ricarica la pistola sparata, quindi indietreggiando
-sino al castagno, con voce terribile, appuntandole tutte e due contro i
-berrovieri di Domo, gridò:
-
-— Partite: questa è la casa del padre del capitano Guenza che vi fa
-sacramento di bruciare le cervella al primo che si volta indietro.
-
-Questa fu la prefazione che Antonio Guenza, di ritorno dall'armata di
-Spagna pieno l'animo d'intollerante audacia e le tasche di doppioni
-d'oro, pose alle sue opere future.
-
-Ad Arivasco, se non erro, havvi ancora una sua casa colle mura
-perforate da fuciliere.
-
-Salì poi in valle Formazza, ove regnò assoluto signore.
-
-La tradizione popolare, che conserva memoria vivissima di quell'uomo
-strano, lo raffigura piuttosto come superbiaccio che voleva imporre
-ossequio e timore che non uomo d'animo perverso. Nessuna contrattazione
-facevasi senza che il capitano avesse dato il suo beneplacito. Con
-lui non si scherzava punto: armato di stocco e di pistole, quando gli
-talentava uscire per le viuzzole dei casolari, i ragazzi correvano a
-nascondersi sotto il grembiale della mamma, e gli uomini s'affrettavano
-a cedergli il passo e ad inchinarlo.
-
-Tuttavia non mancò l'animo ad un certo Anderlin di tenergli bordone
-nella contesa di alcuni confini avvenuta fra lui e il capitano, il
-quale non amava punto si discutesse sulle proprie pretese. L'Anderlin,
-dopo d'avere recisamente negato al capitano la trasposizione del Dio
-Termine a proprio danno, sapendo per fama che manesco e prepotente uomo
-gli fosse, si teneva in guardia d'insidie, quantunque non apertamente
-minacciato. Una volta, stanco ed assetato, egli entra in una bettola a
-Foppiano... all'unico desco sedeva il Guenza! Tornare addietro sarebbe
-stato vigliaccheria, restare peggio: egli osò! Il Guenza, appena vide
-l'Anderlin avanzarsi verso di lui, levò di sotto certa pistola, e la
-pose sul tavolo, come una minaccia. L'Anderlin, salutato l'ospite e il
-capitano alla maniera paesana, sedè in faccia al Guenza pacatamente, e
-gli disse:
-
-— Sor capitano, quell'arnese lì mi pare inutile sul tavolo, tanto più
-— aggiunse in tuono di celia — che non supplisce nè ad un fiasco, nè ad
-un bicchiere.
-
-— E se potesse servire a castigo di un impertinente?
-
-— Allora, capitano, converrete che vi starà bene anche il castigo del
-prepotente, non è vero?
-
-L'alpigiano trasse di sotto una pistola a due bocche, luccicante, e
-coi congegni della piastra sì forbiti da non lasciare dubbio sugli
-effetti dell'acciarino, e la pose allato alla ciotola che aveva recato
-ser l'oste, come una posata. Sulla cera del capitano lampeggiò un
-istante ira mal repressa: ficcò negli occhi all'alpigiano uno sguardo
-acutissimo, che questi sostenne senza batter palpebra.
-
-Dopo cinque minuti in cui corse alla mente del capitano un mondo
-di pensieri, fra cui il più insistente era quello di sparare con
-destrezza l'arma sua a bruciapelo sull'Anderlin mentre quest'ultimo
-badava, facendo tuttavia il Gianni, a non lasciarsi sorprendere
-dall'avversario; dopo cinque minuti che parvero un secolo, il capitano
-prende la pistola — Anderlin fa lo stesso — la disarma, la ripone nella
-cinghia della durlindana, ed offre a trincare alla propria salute.
-
-L'Anderlin respirò liberamente ed accettò.
-
-Dopo qualche tempo l'Anderlin inerme incontrò nella salita delle casse
-il capitano che scendeva. Il passo stretto, il precipizio lì sotto: se
-l'Anderlin non cede la destra e non arresta i suoi muli, il capitano è
-obbligato a ritornare indietro o ad aggavignarsi alla parete montana,
-cosa poco dicevole all'orgoglio di un capitano di S. M. cattolica. Il
-capitano anche senza fare uso delle armi poteva spingere a rifascio
-le some nel burrone e ridurre l'Anderlin a mal partito. L'Anderlin
-fermò le cavalcature, e salutò il Guenza senza timidezza, e questi,
-passandogli allato, gli disse:
-
-— Buon dì, Anderlin: sapete cosa penso io adesso di voi?
-
-Rabbrividì l'onesto mulattiere a queste parole che potevano celare un
-disegno mortale contro di lui senza difesa; tuttavia rispose:
-
-— Che, se non bene?
-
-— Penso che voi siete la più stimabile persona della valle. Buon
-viaggio.
-
-Dunque il Guenza, a cui sarebbe stato facile trarre a mal fine
-l'avversario, non era d'animo feroce; bensì in mezzo a quelle timide
-genti adoperava il prestigio della fama delle prime prove, e il timore
-che incuteva l'erculea persona a tenere soggetta al proprio arbitrio
-quella popolazione.
-
-Dopo la sua morte nacque dal pensiero poco valoroso della libertà
-acquistata dal caso, l'adagio: è passato il tempo del capitano Guenza.
-
-Ultimi discendenti dal capitano vivono tuttora, io spero, due ottimi
-vecchi, celibi pacifici, che mi ricordo d'aver talvolta veduto intenti
-a faticosi lavori, uno e l'altro poco distanti d'età dal sedicesimo
-lustro. Per ampiezza di pascoli e per le case capaci, essi sono i
-meglio agiati abitanti del casolare di Wald.
-
-
-IX.
-
-_Ascensione del Retihorn — Il segreto della costanza in amore — Quando
-ci rivedremo?_
-
- =Lo monte che salendo altrui dismala.=
- _Dante_.
-
-Questi montanari vogliono che dopo il Gries, dal cui vertice apparisce
-la meravigliosa scena delle più celebrate vette Elvetiche, nessuna
-delle piramidi che accerchiano la loro pittoresca valle presenti dal
-culmine aspetto più grandioso del Retihorn, o Monte Giove come lo
-dicono gl'Italiani. Il quale, come parmi d'avervi già detto, s'aderge
-alla destra della Toce, al dissopra del casolare di Wald.
-
-Partito con alcuni compagni poco dopo il meriggio, m'avviai su per
-l'erta, sul sentiero che vi conduce all'altipiano di Vannino. Questa
-ascensione può fornirsi senza straordinaria fatica in una giornata:
-preferii tuttavia di spendervi mezzo il dì precedente, onde poter a mio
-bell'agio godere del giocondo spettacolo dell'aurora da quel supremo
-cigliare.
-
-In due ore giungemmo alla parte superiore dell'altipiano di Vannino, il
-quale si adagia verso l'occidente ed il mezzodì fra le petrose muraglie
-dello Stafelclogberg e le rapide chine del Reti. Il sentiero da Wald ai
-pascoli si rigira, salendo, nella folta oscura boscaglia che copre le
-falde inferiori di quest'ultimo monte, ed è fra i meno scoscesi della
-vallata. Rifocillatici poco lungi dal laghetto da cui ha sorgente il
-Lebenduner, ripigliammo l'erta che di qui in su è faticosa assai. I
-compagni, arditi cacciatori di camosci, verso il calare della notte,
-trovata una tana cavernosa fra i nudi macigni, decisero d'allogarvisi
-alla meglio onde passarvi la notte.
-
-La luce mancava di grado in grado: io mi assisi e mi guardai attorno.
-
-La cortina dello Stafelclogberg, verso la valle, è formata di
-roccie repentissime quasi inaccessibili, le quali colle loro
-creste addentellate e fantastiche formano un cinto grandioso a
-quell'altipiano, il cui rivo smeraldo contrasta singolarmente con
-quelle triste mura.
-
-Sulle cornici, fra le fessure nè i funerei pini, nè l'olezzante
-rododendro che spesso rallegra l'orlo delle diacciaie: lo Stafel non
-ha una zolla. Il vento che sprigionandosi dal Gries si precipita nella
-convalle superiore fra Vannino e Morasck, viene a rompersi contro
-queste pareti.
-
-Una densa nube vaporosa s'era innalzata dal profondo della valle di
-Formazza, avea coperte tutte le anfrattuosità, i valloni superiori; era
-il levare della notte. Le creste superbe dello Stafel si disegnavano
-tuttavia nell'orizzonte su cui svaniva via via il morente chiarore
-degli ultimi crepuscoli riflessi dalle nevi eterne, e quelle due
-statue giganti, uomo e donna, che da tanti secoli stanno ritte su
-quei vertiginosi cocuzzoli, parevami si movessero. Un irresistibile
-desiderio mi punse di sapere se quelle strane figure non fossero
-animate; l'immobilità non è sempre la morte. Chi mi provò mai
-con irrefragabili prove che animali, piante e pietre non avessero
-coll'anima una propria passione? Perchè le loro variate nature non
-possono costituire anche nelle qualità dell'anima, una concatenazione
-non meno armonizzante della materia e più meravigliosa?...
-
-Ditemelo voi, fantasmi del giorno e della notte! Non è forse vero
-che voi siete due prototipi dell'amore coniugale? Voi felici! Se vi
-sorprende il capogiro, se deve cessare questa comunanza di posizione
-e di pericoli, se vi sfascerete, cadrete entrambi di lassù nelle
-ciotolaie di Vannino... O costanza veramente... di pietra!
-
-E come vi venne fatto di serbare per sempre il fuoco dell'amore? Deh!
-vi prenda pietà dei mortali a cui spesso amore suona smanie e dolori,
-lagrime e tradimenti. Eccomi ai vostri piedi: a me per la prima volta
-genuflesso dinnanzi alla creatura di Dio, tu, donna beata, palesa
-il divino segreto, ond'io possa tutta la mia vita rendere coll'amore
-invidiata anche agli angeli. Tu mi guardi incerta: non temere ch'io lo
-divulghi... io sono uomo e l'egoismo ti deve essere arra sufficiente
-della mia discrezione. Via, dimmelo... io ti prometto di rinunziare
-a tutte le brame del mio avvenire... anche a quella di far correre i
-miei lettori per mari e monti sull'ali della fantasia. Come potrò io
-eternamente amare eternamente amato? Dimmelo, ed in quell'inno di gioia
-che sarà la mia vita io ti renderò grazie riconoscenti. Bella regina
-d'amore, chi t'avvinse sì strettamente all'amante?
-
-Le mie ginocchia su quelle scarne rupi s'erano indolenzite a modo che
-io stava per rinunciare alla scoperta, quando la gentile impietosita
-susurrò questa fatale parola: — il dolore!
-
- . . . . . . .
-
-La leggenda del paese susurra invece che quelle anime petrarchesche
-conservarono intatto l'amore perchè non fecero sciupìo del tesoro
-d'affetti nell'ebbrezza dei sensi.
-
- . . . . . . .
-
-Intanto essi nella sdegnosa loro solitudine, paiono ridersi del furore
-degli uragani, delle volute che precipitano dai loro piedi, e dei
-fulmini che solcano i loro granitici troni. La beatitudine della loro
-unione non vale il pericolo?
-
-Stanco della faticosa salita, dopo d'aver visto le tenebre sorgere
-dagli abissi e coprire tutte le valli, sentendo che i miei compagni
-russavano saporitamente, salutai i due fantasmi dello Stafel,
-m'acconciai anch'io alla meglio e il sonno, come avviene a tutti,
-mi sorprese senza che me ne avvedessi sul nudo macigno fatto meno
-ingrato dalla spossatezza. Sennonchè a mezza la notte un vivo bagliore
-attraversando le palpebre mi scote, uno scoppio tremendo che pare
-faccia traballare i monti e sfasciare i picchi mi sveglia affatto.
-
-Cupa, densissima oscurità rotta di minuto in minuto da sfolgorantissimi
-lampi: funebre silenzio interrotto solo dal fragore del tuono.
-Il temporale si abbassava e noi eravamo a mezzo le nubi. I lampi
-spesseggiavano vivissimi; il tonare assordante minacciava il finimondo,
-ed io m'aspettava ogni istante un fulmine spezzasse la roccia che
-ne pendeva sul capo. M'era seduto sopra una pietra tutto intento al
-guizzare delle saette, come quel pittore che nella tempesta s'era fatto
-legare all'albero d'una nave per meglio avvisarne le fasi. L'uragano
-nel massimo furore era disceso sotto ai miei piedi, mentre sopra il
-capo scintillavano le stelle: scena unica!
-
-Dopo la tempesta sul mare, la tempesta sulle alpi non ha spettacolo che
-la pareggi. La grandezza del luogo, il rapido alternare dei lampi che
-s'incrociano; gli echi che con mille diverse voci dalle caverne sonore
-addoppiano lo strepito; la furia del vento che urta, ammonta, sperde
-le nubi infiammate; il contrasto della scena infernale colla serena
-luce del cielo stellato; la solennità della solitudine; gli abissi a
-tratto a tratto rischiarati dal profondo all'imo; il pericolo d'essere
-incenerito; tutto t'empie l'anima di novissimo terrore, poichè il tutto
-ferma una satanica apologia della forza strapotente! Le sinistre voci
-del tuono e dell'aquilone non mi dimostrano forse che nella natura
-stessa la forza trionfa sopra il debole senza difesa? Chi difende il
-pino dall'ira del fulmine che lo schianta in mille schegge? Mentre
-imperversa la procella, chi difende dal lupo insidiatore le atterrite
-pecore? E se l'avoltoio, l'aquila od il _lammergeier_ mostruoso si
-precipitano sul piccolo agnello, potrà egli senza difesa respingere
-l'assalto? Tutte le più utili e graziose creature sono deboli,
-indifese, quasi affidate al soccorso dell'uomo. Lo schifoso ragno vive
-molti giorni senza cibo: un rovescio di pioggia abbatte la farfalla
-dall'ali curiose: la spina resiste al rovaio, alla grandine, al
-sollione; il vento sfoglia, sfronda, sterpa ogni gentil fiore. Invece
-con quale studio geloso la natura armò i prepotenti d'artigli di ferro,
-di denti adamantini, di acutissima vista, di agilissimo passo, di
-potentissime ali! Se fosse dato un giorno ai percossi vestire una volta
-sola la corazza degli assalitori, non farebbero essi scempio dei loro
-nemici in nome della giustizia?
-
-Non sarei tuttavia sicuro che la pecora imbaldanzita dalle novelle
-difese, non passasse armi e bagaglio nelle fila dei lupi.... è sì
-innebbriante la voluttà del potere!
-
-L'uragano spariva, e le nubi, come immense fantasime correnti per
-l'aere caliginoso sui bianchi destrieri sferzati dal vento, spaziavano
-per ogni parte del cielo senz'interrompere l'alto silenzio che col
-sibilo dell'aria rotta dalla veloce corsa.
-
-Passavano presso di me, guardavano meravigliate il loro osservatore
-e s'involavano. Una di esse, isolata dalle legioni, quasi perduta in
-mezzo a quella confusione, errava a minor passo attorno alla vetta. Oh
-quanto bella malgrado il pallore della morte! Quanto amore da quegli
-sguardi, da quella cera mestamente soave! E quelle folte, lunghissime
-chiome conteste di fiori che scherzavano sulle spalle? A breve tratto
-dalla vetta, il corsiero dagli occhi corruscanti rallentò il passo, sì
-che io, fatto ardito dalla brama di sentire quella errante, alte levate
-le braccia, pregai dalla bella una parola...
-
-Oh! se mi fosse dato inforcare con te il velocissimo corsiero e
-scorrere pei campi del cielo immensi come il desiderio sopra tutte le
-plaghe terrene, dal deserto del polo ai giardini dell'oriente! Ma la
-voragine che s'inabissa ai miei piedi m'avverte della vertigine che con
-sguardo affascinante m'avrebbe attirato nelle sue braccia... Almeno,
-diss'io, mi racconta quanto vedesti nella tua lunga pellegrinazione.
-Dimmi, l'uomo, quest'essere che doma il fulmine e non sè stesso, è
-ovunque il medesimo? Dove ha egli conquistato quella libertà che è
-sì cara? Non hai tu visto in qualche ignorata tribù delle Indie o
-delle Americhe avverati i sogni d'un anima generosa? Dove s'imparò ad
-ubbidire e comandare col Vangelo? Una sola parola dimmi, di grazia;
-qual è il motto che riassume quanto imparasti in tanto giro di zone
-sull'uomo? —
-
-La fantasima che aveva ascoltato benigna le curiose interrogazioni
-dello zingaro, crollò il capo in atto di diniego, e spronato il cavallo
-ratta s'innalzò da quel vertice... Se non che voltasi addietro e
-vistomi tuttora colle mani supplichevoli, tracciò nell'oscurità incerta
-della notte una parola colle dita scintillanti... Atterrito guardai
-quelle parole di fuoco che fiammeggiarono un istante nella tenebrìa, e
-lessi:
-
- CONTRADDIZIONI.
-
- . . . . . . .
-
-Il cielo s'era rasserenato, e le stelle luccicavano più di prima.
-
-Una buon ora prima dell'alba la frescura destava i compagni e tutti
-ci mettevamo in cammino, onde poter giungere prima del giorno sul
-culmine del picco alpino: sul quale arrivammo quando le ombre della
-notte, lottando invano colla luce, fuggivano nelle valli più anguste,
-nelle selve più folte, nei torrenti più profondi, mentre poco a poco il
-bacino dell'Ossola spogliavasi dei vaporosi veli dell'umida notte, ed
-i primi crepuscoli disegnavano con mano malsicura i profili dei monti
-sull'orizzonte biancheggiante.
-
-La notte a veloci passi fuggiva, avvolgendosi ne' suoi veli trapunti,
-ai poli opposti; dopo l'alba, l'aurora, il sole, e tutto è colori e
-vita.
-
-Da quel culmine, da cui un contrafforte si stende verso occidente
-collo Stafel alla Punta d'Arbola, si ha d'attorno una mirabile vista.
-A sinistra, laggiù, la valle di Formazza, le cortine dell'Hireli; e
-più in là verso il nord, qualche picco delle alpi Ticinesi; al nord,
-verso il Gries, tutte le piramidi più eccelse, dal Gigeln al gigante
-di queste valli, il Blinnenhorn, colle grandi ghiacciaie che qua e là
-interrotte da valloncelli o da rupi, formano corona alla Formazza; e
-verso il meriggio i monti dell'Ossola sino al Lago Maggiore. L'anima
-esaltata credeva sentire con divine armonìe cantare: esulta, tutto ciò
-che vedi è tuo! . . . . . . . . . . . . .
-
-Anche gli altipiani deserti, le nevose o sterili roccie, che di quassù
-appaiono alla nostra destra, di qua e di là del confine, malgrado tutta
-la loro incresciosa aridezza e la mancanza di ogni vegetazione, sono
-imponenti. Nulla sull'alpi senza parola, nè le murene, nè le fonti, nè
-le ciottolaie, nè le nevate. Ciò che altrove sarebbe insignificante,
-qui ti colpisce pei vivi contrasti.
-
- *
- * *
-
-La nostra peregrinazione è finita.
-
-Se voi ne accompagnaste pei laghi, per le valli, e vi siete arrampicati
-su per le vette alpestri con quel piacere con cui io ho cercato di
-svagarvi la mente intrecciando alle descrizioni le leggende ch'io
-raccolsi con amore, e le fantasie spesso incomposte che destò nella mia
-mente la variatissima natura, non volgerà, io credo, molto tempo che io
-ritornerò con maggiore sicurezza d'animo ad offrirvi la mia compagnia
-per zonzare in altre contrade della nostra bella Italia.
-
-Tuttavia seguendo le pedate di certi stranieri e nostri scrittori, io
-potrei benissimo, ad ingrossare il volume già soverchio, intitolare
-un nuovo capitolo col nome, ad esempio, del Cantone Ticino, e poi,
-senza movermi d'un passo, infilarti una insipida tiritera sulla
-libertà, sulla democrazia, sulle legnate che tempestano qualche volta
-nelle elezioni politiche, sulla legge agraria — e altre somiglianti
-reminiscenze di diari mal digeriti — la quale non mancherebbe di
-convincerti... che io non so cosa dire.
-
-Perchè non potrei io ancora condurre il lettore gentile nel bel paese
-della fantasia? Chi può negare che non siano quelle le più felici
-contrade?
-
-L'amore, la brama di gloria, il pensiero dalle mille forme,
-tutte le illusioni che trovarono sulla terra l'agghiadata parola
-dell'indifferenza, lo sprezzo, il disinganno, volano sulle ali
-dell'aspirazione a popolare coi sogni d'una vita migliore quei mondi
-fantastici...
-
-Quante volte seduto fra l'ombre d'una pianta viaggiai nel mio passato!
-
-I fiorellini delle zolle muschiose mi narrarono spesso l'istoria
-dell'infanzia paurosa, malaticcia, in cui fra i timori del _pensum_
-e dell'aggrottato cipiglio del _magister_ e le paure febbrili delle
-fantasime notturne, io levando ai tuoi mondi con invocazione le manine,
-chiedeva per volare a te delle ali!
-
-Le giovani frondi dell'albero mi ricordarono i primi battiti del cuore
-spensierato, e le gioviali risa della bella adolescenza, in cui la
-larga vena d'affetti esuberante dal cuore si spandeva in mille ciarle e
-perchè agli uomini e a Dio... Quando non trovava che cere indifferenti
-e scherno ai miei sogni, io chiedeva delle ali per volare a te!
-
-Quel pino desideroso di luce che si slancia nell'aere mi racconta la
-stagione della prima giovinezza, stagione di focose aspirazioni, tutta
-fede ed amore per la patria e per la donna.
-
-Passa qualche anno; uno, due, tre; pochissimi e brevissimi, e la patria
-ti si mostra quale palestra in cui un'infinita turba s'arrabatta
-lottando d'astuzia e di frode per strapparsi di mano un cencio di
-porpora!
-
-La donna... no, no, io non dirò ombra di male di quest'essere
-misterioso che s'aggira fra di noi, benchè una miriade d'idee
-crucciose, sarcastiche al nome di donna abbiano intrecciato nelle
-cellule della memoria una ridda sfrenata da cacciarmi addosso
-l'emicrania. Che vale il lagno, l'imprecazione contro una divinità che
-con un girare d'occhio, un sorriso, una lacrima, ti fa baciare commosso
-la tua catena?
-
-Via, lettore, non temere che io con desiderio indiscreto cerchi da te
-d'essere alla mia volta guidato nel viaggio attraverso al passato, al
-presente ed alla speranza della tua vita; io non ne voglio conoscere le
-pagine, nè ti voglio sciorinare della mia se non le tersissime.
-
-Ad ogni modo ti auguro salute — anco un tantino per mio amor proprio —
-affinchè io ti possa rivedere presto col bastone in mano, il cappello
-a larghe tese sul capo e il sacco sulle spalle battere alla porta dello
-zingaro e:
-
-Oeh! l'alba è sorta: affrettati ad allacciare i borzacchini ferrati, o
-maestro, che io t'aspetto impaziente.
-
-Ed io fattomi alla finestra della casupola, e ravvisato con gioia il
-compagno di piaceri e di pericoli, in tutta fretta discenderò — o dalla
-scala o dalla finestra non torna — ad offrirti una mano amica.
-
-Adagio, un istante; sai che sono donne, aspettiamole un tantino...
-come viaggeremo senza di loro? tu non ignori che esse, quando loro
-talenti, sono tali da divertirci, anche colla pioggia sulle spalle,
-raccontando le mille e mille storielle, che l'una ha imparato e l'altra
-inventa.....
-
-Eccole tutt'e due — non sono belline?
-
-Compagno mio, ecco la Leggenda e la Fantasia...
-
-Partiamo.
-
-
- FINE.
-
-
-
-
-
-Nota del Trascrittore
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-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
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-ed Alpi, by Valentino Carrera
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-*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO ***
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-The Project Gutenberg EBook of Peregrinazioni d'uno zingaro per laghi ed
-Alpi, by Valentino Carrera
-
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-
-
-
-Title: Peregrinazioni d'uno zingaro per laghi ed Alpi
- Il Lago Maggiore, l'Ossola, la Frua e il Gries
-
-Author: Valentino Carrera
-
-Release Date: July 30, 2020 [EBook #62789]
-
-Language: Italian
-
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-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO ***
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-
-
-
-Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Distributed
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-
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-
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-<div class="booktitle">
-<h1>
-PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO<br />
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-<div class="titlepage">
-<p class="main-t">
-<span class="x-small">PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO</span><br />
-PER LAGHI ED ALPI
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-<p class="i02"> Non vo' pensare al dopo,</p>
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-<p class="i01">Quel che vuol nascer nasca,</p>
-<p class="i02"> Andrò dove mi porta</p>
-<p class="i02"> Il vapore o la tasca,</p>
-<p class="i02"> Sempre per la più corta.</p>
-<p class="i08"> <span class="smcap">Giusti</span>.</p>
-</div>
-</div>
-
-<hr class="tiny" />
-<p class="pad1 small">
-Seconda edizione corretta ed accresciuta
-</p>
-
-<p class="pad4">
-TORINO<br />
-<span class="small">A SPESE DELL'EDITORE.</span>
-</p>
-</div>
-
-<div class="verso">
-<hr class="mid" />
-<p>
-Proprietà letteraria
-</p>
-
-<p>
-Tip. Letteraria, 1861.
-</p>
-<hr class="mid" />
-</div>
-
-<div class="dedica">
-<p class="indl">
-Miei cari genitori
-</p>
-
-<p>
-A voi che stimo ed amo sopra tutti,
-offro questo libro. Voi accettatelo con
-quel sorriso con cui accoglievate le prime
-parole che m'insegnaste a balbettare.
-</p>
-
-<p>
-Intanto vivete molti anni per la mia
-felicità.
-</p>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="somm">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span>
-</p>
-
-<h2>
-SOMMARIO
-</h2>
-
-<table class="indice" summary="">
- <tr>
- <td colspan="3" class="center">PARTE PRIMA</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3" class="center">Il Lago Maggiore.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">1.</td> <td>Che intitolo prefazione onde il lettore lo salti a piè pari</td> <td class="pag"><a href="#parte1-1"><i>Pag</i>. 9</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">2.</td> <td>Chi fece l'Italia?</td> <td class="pag"><a href="#parte1-2">16</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">3.</td> <td>Le illusioni ed i doganieri — Una cipolla fra le rose</td> <td class="pag"><a href="#parte1-3">23</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">4.</td> <td>Viaggio al naso di <i>S. Carlone</i> — Angera — Dalle corti d'Amore al Mormonismo</td> <td class="pag"><a href="#parte1-4">31</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">5.</td> <td>Il Monterone — Studii fisiologici sopra i cinque sensi — Il lago a volo d'uccello — La prima idea</td> <td class="pag"><a href="#parte1-5">36</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">6.</td> <td>I piroscafi — Una donna che mangia — Gli stranieri ed i laghisti — Primato mascolino — Il concertista di Cannobio — I contrabbandieri — Rivista di sponde</td> <td class="pag"><a href="#parte1-6">45</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">7.</td> <td>Lesa e Manzoni — Ciarle letterarie — La calma</td> <td class="pag"><a href="#parte1-7">55</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">8.</td> <td>Origine storica di Belgirate, senza documenti — Le isole Borromee</td> <td class="pag"><a href="#parte1-8">62</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">9.</td> <td>D. Bussolini da Mergozzo, capitolo in cui si dimostra chiaramente che i più beati sono i poveri di spirito</td> <td class="pag"><a href="#parte1-9">67</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">10.</td> <td>L'acqua, canto in prosa — Se l'acqua del Verbano fosse vino — L'arca di Noè e la nautica — Le <i>guide</i> — La capitale del lago Pallanza — Laveno — Ghifa — Portovaltravaglia — Luino</td> <td class="pag"><a href="#parte1-10">77</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">11.</td> <td>Cannero ed Ettore Fieramosca</td> <td class="pag"><a href="#parte1-11">86</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">12.</td> <td>Scoperta del Ticino in Italia — Locarno e Magadino — Diversità di sistema metrico — Il Re Gambrino in Italia</td> <td class="pag"><a href="#parte1-12">89</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">13.</td> <td>La malinconia a Cannobio — Non tutti i cattivi principii hanno cattiva fine — Al lettore indiscreto</td> <td class="pag"><a href="#parte1-13">93</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">14.</td> <td>La tempesta sul lago — Quando non si fanno ceremonie</td> <td class="pag"><a href="#parte1-14">101</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">15.</td> <td>Trafiume o Treffiume — Dammi amore e ti do un mondo</td> <td class="pag"><a href="#parte1-15">106</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">16.</td> <td>Storia d'una pentola</td> <td class="pag"><a href="#parte1-16">110</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">17.</td> <td>S'io avessi, Dio me ne guardi, un milione — La villa Poniatowski — Prina</td> <td class="pag"><a href="#parte1-17">134</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">18.</td> <td>Intra non si trova che a Intra — Perchè delle ommissioni — Virgilio a Feriolo — Salute a chi resta</td> <td class="pag"><a href="#parte1-18">136</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3" class="center">PARTE SECONDA</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3" class="center">Per le valli d'Ossola.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">1.</td> <td>La sentinella dell'Ossola — Un bagno da trent'anni — I romantici a Vogogna — Domodossola — Il mercato</td> <td class="pag"><a href="#parte2-1">139</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">3.</td> <td>L'Italia non è che un albergo — 17385 iscrizioni e mezza — Lezioni archeologiche — Varietà di gusti — Apologia del farniente — Terzo primato dell'Italia — Quattro duelli — Che hanno la coda</td> <td class="pag"><a href="#parte2-3">145</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">4.</td> <td>Una giovenca ed il più bel cuore del mondo — Avete buone gambe? — Re in Valvigezzo — Anche sull'Alpi si trovano traditori — <i>Requiescant in pace</i></td> <td class="pag"><a href="#parte2-4">162</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">5.</td> <td>Trionfo delle castagne sopra la fama di una illustrazione Dantesca</td> <td class="pag"><a href="#parte2-5">169</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">6.</td> <td>Il Sempione — Invenzione di un ponte per passarvi sotto</td> <td class="pag"><a href="#parte2-6">175</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">7.</td> <td>Si parla di paesi non visti</td> <td class="pag"><a href="#parte2-7">178</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">8.</td> <td>L'Anzasca — Un nuovo messia</td> <td class="pag"><a href="#parte2-8">180</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">9.</td> <td>Quanti disprezzano l'oro</td> <td class="pag"><a href="#parte2-9">182</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">10.</td> <td>Stonazioni della fama — Le ossolane non sono più quelle d'una volta — Caio Mario ed i Cimbri — Innocenzo IX di Cravegna — Banchetti funebri — La valle Diveria</td> <td class="pag"><a href="#parte2-10">186</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">11.</td> <td>Premia — Storia nuova di cose vecchie — La Cravairola</td> <td class="pag"><a href="#parte2-11">194</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">12.</td> <td>L'orrida forra di Unterwald</td> <td class="pag"><a href="#parte2-12">207</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3" class="center">PARTE TERZA</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3" class="center">La Frua ed il Gries.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">1.</td> <td>I casali della valle di Pommat o Formazza</td> <td class="pag"><a href="#parte3-1">210</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">2.</td> <td>La Frua o cascata della Toce — Quanto costi un sorriso di donna</td> <td class="pag"><a href="#parte3-2">216</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">3.</td> <td>Altipiani superiori</td> <td class="pag"><a href="#parte3-3">227</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">4.</td> <td>Ascensione del Gries — Diacciaie — Le Alpi parlano</td> <td class="pag"><a href="#parte3-4">230</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">5.</td> <td>Confini della valle — Le case, il desco, l'abito, il commercio, l'agricoltura</td> <td class="pag"><a href="#parte3-5">241</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">6.</td> <td>Costumanze curiose — La scolaresca</td> <td class="pag"><a href="#parte3-6">249</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">7.</td> <td>Lezione di meteorologia — Il frugnare e le volute — O mi date ragione, o non mi fate stare <i>sulle spese</i></td> <td class="pag"><a href="#parte3-7">253</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">8.</td> <td>Dove il paese senza un eroe? — Vita e miracoli del capitano Guenza</td> <td class="pag"><a href="#parte3-8">262</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">9.</td> <td>Ascensione del Retihorn — Il segreto della costanza in amore — Temporale sulle Alpi — Conversazione colle nuvole — Quanto si apprende viaggiando — Un'aurora sulle Alpi — Quando ci rivedremo?</td> <td class="pag"><a href="#parte3-9">269</a></td>
- </tr>
-</table>
-<hr />
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span>
-</p>
-
-<h2 id="parte1">PARTE PRIMA
-<span class="smaller">Il Lago Maggiore</span></h2>
-
-<h3 id="parte1-1">I.
-<span class="smaller"><i>Che intitolo prefazione, onde il lettore lo salti
-a piè pari.</i></span></h3>
-</div>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Tutto il mondo è paese.</b></p>
-<p class="i06"> <i>Prov. ital.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-<i>Uno zingaro?</i> Ma ce n'ha ancora degli zingari,
-fuorchè nella Russia e nel <i>Trovatore</i>? —
-Perchè, non ce ne dovrebbe più essere? Lo zingaro
-non è forse un pensiero errante di paese
-in paese, facendo suo con ardita frode quanto
-non gli verrebbe concesso dall'umana avarizia?
-Ammesso — il che veramente non so — il paragone,
-lo zingaro può avere subìto trasformazioni,
-non mai essersi perduto. Permettete, signor
-mio, che io cerchi di vincere, s'è possibile,
-la vostra ritrosìa nell'accettarmi a compagno,
-evocando i benigni influssi dell'eloquenza tradizionale
-de' miei avi novellatori e poeti: tolleratemi
-<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span>
-dieci minuti... Non sono discreto? Ne
-spendete tanti a sopportare il trionfo della
-ciarla su pelle gazzette e nei parlamenti!
-</p>
-
-<p>
-La storia dell'umanità nella nostra tribù dividiamo
-in tre ere: la scoperta della foglia di
-fico, quella dell'America e questa della fotografia.
-Dopo la fatale scoperta dei primi nostri
-nonni, ecco l'uomo-zingaro che migrando dall'Asia
-percorre poco alla volta le plaghe mondiali,
-lasciando qua e là un lambello del suo
-saio. Quell'età non avendo lasciato giornali, nè
-ritratti d'illustri contemporanei, per mancanza
-di sicuri documenti veniamo alla seconda. Scoperta
-l'America, gli zingari si precipitano su
-di essa: a sentirli sono venuti a seminare la
-libertà e le patate; tutto d'allora in poi deve
-spirare amore, felicità. Mentre gli umanitarii
-cianciano di quest'inezia di riformare quel
-mondo, pillottando colle solite spezie della cristiana
-uguaglianza e dei civili diritti la tiritera;
-mentre gl'indigeni buoni e semplici come un
-popolo che non sa un'acca di mutuo soccorso
-e di monte di pietà, aprono un tanto di bocca
-dalla meraviglia, i missionarii iniziano la riforma
-facendo scomparire nell'abisso delle loro
-tasche i tesori di quelle fortunate contrade:
-siccome però il mestiere di moralista è meno
-facile di quanto si crede, il tiro si scopre, proteste,
-recriminazioni, rivolta; il torto è necessariamente
-degli Americani poichè l'astuzia, la
-forza è agli zingari. I quali, smessi i lenocini
-della ciaccola, pagano a misura di carbone la
-cordiale ospitalità americana.
-</p>
-
-<p>
-Un bel dì però, per solenne grazia del proverbio,
-il gruppo venne al pettine, e gli zingari,
-<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span>
-scardassati addovere, sono costretti ad alzare
-i tacchi da quella terra <i>non ancora matura</i>.....
-</p>
-
-<p>
-— Ma — lasciando la storia in disparte —
-questi non mi paiono gli zingari della tradizione....
-</p>
-
-<p>
-— Eh! pensate se li conosco! Lo zingaro è
-volgarmente un vagabondo che va dicendo la
-buona ventura nelle capanne del contadino, pei
-trivii, nelle osterie e nelle canove in tempo di
-mercati, di fiere e di feste; sa rattoppare qualche
-volta i caldani e le pentole; compone farmachi
-e filtri preziosissimi; vende ai più generosi
-il prezioso segreto — oh! datene un po'
-anc'a me per amore di Dio! — di farsi amare;
-commuta minuterie dorate senza valore con antichi
-smanigli d'oro, non perdendo il destro
-d'accalappiarvi con quella sua cera da nesci e
-di farvi sparire di mano l'anello che ricusaste
-di vendergli.
-</p>
-
-<p>
-Ma ora tutta questa scienza a che può ancora
-servire? Vendono tuttora augurii di nozze e
-predizioni di fortuna? O, visto che nella capanna
-affumicata del contadino, comincia a penetrare
-la luce che guizza dai centri di civiltà
-e di corruzione, lo zingaro, nascosti nella foresta
-il tamburo, le nacchere, le carte divinatrici
-e la non più magica bacchetta, non è entrato
-di contrabbando nella città, e con mille
-vicende di fogge e di fortuna, non s'è fatto ora
-sollecitatore d'impieghi o tagliaborse, letterato
-di plagi e d'occasione, giornalista o mezzano?
-E la scienza per cui gli riusciva di imbarcare
-il lunario nei boschi deserti, fra i monti incresciosi,
-sarà poi sì feconda in espedienti da
-<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span>
-far fronte alla desta oculatezza dei cittadini,
-da sapere con rapida mano ordire trame impercettibili
-che pure ad un baleno si stringano
-sì fortemente con mille nodi attorno al meglio
-esperto da torgli ogni scampo — e se fallisce,
-quando tutto sta per naufragare sotto i colpi
-d'un galantuomo che non vuole perire invendicato,
-da risospingerlo al largo dalle secche,
-risoffiargli in poppa vento e fortuna in barba
-agli onesti?
-</p>
-
-<p>
-No, questa non è la nostra tribù — a cui
-non vorrete con dura parzialità negare l'istinto
-del progresso alla perfettibilità umana, che asserite
-innato in ogni creatura.
-</p>
-
-<p>
-No, questa non è la nostra tribù. Il lezzo
-della società non fu mai la parte del mondo
-che ne sia piaciuto di notomizzare, anzitutto
-per un certo istinto d'avversione alle dissecazioni,
-d'orrore per la tabe; e poi perchè sappiamo
-per durata esperienza che gli è impossibile
-il compiacersi, come oggi si fa con tanto
-studio, nel diguazzare in quanto ha di più sucido
-il maremagno del vizio, sia brutalmente
-spudorato o sia inorpellato da larva di passione,
-senza inzaccherarsi un tantino i sandali, quand'anche
-vi aggiriate nelle eleganti sale ove non
-si balbetta motto a vanvera — ove, non come
-nel trivio, manca la scusa della malsuadente
-fame e dell'ineducazione: perciò se mai solleticava
-le papille della vostra curiosità brama di
-una storia terribile d'uno zingaro dalla bruna
-tinta e dallo sguardo felino, che d'avventura
-in avventura, sulle <i>rotaje</i> dell'adulterio e dell'omicidio,
-vi facesse correre per le vene il diaccio
-dello spavento od il fuoco della voluttà,
-<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span>
-serbandovi a morale della favola la bella soddisfazione
-di vederlo alfine fra le braccia dell'amata,
-riverginata — scusate la parola impossibile
-— dall'amore <i>puro</i>, mentre l'esoso
-marito sta in fondo del quadro lungo, disteso,
-inchiodato da due righe di pugnale..... per verità
-vi siete ingannato!
-</p>
-
-<p>
-La non sarà così perchè ne pare che tanta
-filza di delitti non possa essere figlia della serenamente
-gioconda fantasia italiana, e perchè
-lo zingaro che vi fa invito a peregrinare con
-lui non appartiene alla tribù antica, tradizionale,
-se non per la comunanza..... del peccato
-originale.
-</p>
-
-<p>
-L'antica s'è <i>riabilitata</i>, direbbe un drammaturgo,
-e la nuova non è meno curiosa. Anche
-essa corre, senza meta, balenando qua e là
-senz'altra guida che la bellezza della natura;
-— anch'essa ama le sagre, le fiere, i mercati
-per cogliere sul fatto la scena animata dei mille
-popolani dalle diverse foggie, dai diversi tipi;
-— anch'essa se può giuocare un bel tiro, lo fa
-con tutta coscienza, e ruba a man salva ad un
-crocchio di ciarloni il racconto che dice più
-d'un in-foglio su quella gente, un idilio d'amore
-ad una bella ragazza, il secreto d'una lagrima
-come d'un sorriso. Alcuna volta, quando il demone
-ruggente dell'arte non l'agita, e così gli
-è obbligato a starsene a bocca asciutta innanzi
-alla festosa mostra di cento zane di saporite
-frutta.... allora stende la mano ad una vezzosa
-fanciulla per averne un grappolo d'uva ancora
-imperlato dalla rugiada, una pesca erubescente...
-e non dubitate della sua riconoscenza, veh!
-</p>
-
-<p>
-Allo zingaro non mancano modi di trarsi di
-<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span>
-impiccio: quante volte pagò lo scotto della cena
-frugale, narrando alla bella ostessa una fantastica
-leggenda, con sì strana eloquenza rappresentandole
-i casi amorosi di fate, ondine e silfidi,
-di genii e di spiriti, che davvero parve
-alla curiosa di vedere laggiù nell'ombre l'amante
-tradito fra paurosi fantasmi, e di sentire
-sotto la scranna il rantolo del lupo che
-venne ad ingollarsi la perfida!... Chi osa rimprocciare
-la bella albergatrice se per schermirsi
-dagli amanti morti e dai lupi vivi si allaccia
-strettamente allo zingaro?
-</p>
-
-<p>
-Dirvi come la tribù nuova fiammante veneri
-come pura sorgente d'inspirazione la bellezza
-variata della natura, culto da cui sorge necessariamente
-il disprezzo per ogni affettazione;
-riassumere, anche per sommi capi, l'indole bizzarra
-del suo umore; dirvene, fuggendo, vita
-e miracoli, sarebbe ad un tempo noiosa cosa per
-voi e pericolosa per noi.
-</p>
-
-<p>
-Ma se poi non isdegnate la compagnia di questi
-zingari di buona pasta che intessendo alle
-descrizioni leggende e fantasie vi guida — senza
-bagnarvi — negli antri muschiosi ove fra i canneti
-lacustri amoreggia l'avvenente Verbania; nei
-casolari montani fra le usanze patriarcali;
-sulle diacciaie alpine a conversare colle nubi;
-sui nembosi picchi supremi a cantare un inno
-al sole, alla libertà, ed a farvi considerare di
-lassù che bruco microscopico è il cosiddetto re
-del mondo — accettate la mano e proverete
-che lo zingaro fra le divagazioni della mente e
-le aspirazioni del cuore non dimentica il positivo
-della vita, quella catena che ne rammenta
-ad ogni slancio che dessa è troppo corta e che
-<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span>
-il senso governa più della ragione il mondo,
-guidandovi in alberghi d'ogni fatta, quando il
-paese sia poco ospitale — e per giunta, se non
-pagherà lo scotto, condirà colle sue novelle la
-refezione.
-</p>
-
-<p>
-E poi chi sta a cà niente sa.
-</p>
-
-<p>
-Via, smetti l'abito incomodo che t'insacca; indossa
-la veste casalinga del viatore; allaccia
-calzari che sfidino le mordenti scheggie e le
-acute punte delle roccie; armati di lungo bastone
-ferrato ed uncinato che ti servirà d'appoggio
-e di spinta, di leva e di scala per l'erte
-e per le diacciaie — e quand'anche la tua borsa
-non sia sonante di molte monete d'oro, vieni,
-lo zingaro insegnerà a te ancora a raccontare
-la <i>storia del lupo</i> alle belle ostesse.
-</p>
-
-<p>
-Se mai l'aspetto di diverse genti, la disuguale
-misura del bene e del bello col brutto,
-la lotta continua del debole col forte, l'armonia
-sublime della natura non caccieranno la noia che
-ti prostra intelletto e corpo nell'afa neghittosa
-del fannullare, lo zingaro con fratellevole cura
-ti guiderà a quelle regioni — ove si slancia sì
-sovente e con tanto desiderio il pensiero — che
-miseria di mente e di cuore fanno chiamare
-dell'impossibile...
-</p>
-
-<p>
-Non rigenereremo l'umanità, ma non ci annoieremo,
-forse.
-</p>
-
-<p>
-Intanto l'aurora festosa già piove le sue
-tinte onnicolori, la frescura del mattino ne invita;
-partiamo... all'Alpi!
-</p>
-
-<p>
-Un istante: anzitutto lo zingaro, secondo l'antica
-usanza de' suoi, tolta nelle mani la vostra
-destra, dovrebbe spiattellarvi l'avvenire come
-il passato, farvi i più lusinghieri augurii che
-<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span>
-egli si sappia.... ma che volete? Egli, visti fallire
-i più cordiali vaticinii, da buona pezza tiene
-seco loro broncio, ed amico qual è degli antichi
-adagi, a chi lo richiede di predizioni, risponde:
-</p>
-
-<p>
-Chi il tutto può sprezzare, possiede il mondo.
-</p>
-
-<p>
-Così sia.
-</p>
-
-<h3 id="parte1-2">II.
-<span class="smaller"><i>Chi fece l'Italia?</i></span></h3>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Uomo lento non ha mai tempo.</b></p>
-<p class="i08"> <i>Prov. ital.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-.... e la vaporiera fugge rapidamente pei piani
-del Novarese, mentre l'occhio posandosi appena
-sulle borgate, sulle castella che si succedono
-una all'altra come le apparizioni d'un sogno
-febbrile, assiste ad una serie di scene più o
-meno curiose, varie sempre.
-</p>
-
-<p>
-Così sparve Novara, Bellinzago ed Oleggio
-che dalla sua altura contempla il bel pian lombardo,
-e la vaporiera arrestata un minuto, rifugge
-verso il Lago Maggiore.
-</p>
-
-<p>
-Presso lo scalo d'Oleggio vidi la storia della
-civiltà compendiata nell'area in cui i vetturali
-attendono l'arrivo delle merci destinate a quella
-cittadina. V'era il carro co' buoi, pesante, senza
-sponde, colle quattro ruote eguali e massiccie,
-il timone convergente all'insù e le cornute bestie
-che guardavano con occhio stupito la locomotiva
-<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span>
-sbuffante, e parevano appuntarsi sui
-pie' dinnanzi per timore di appressarlesi. V'era
-il carrettone dalle due altissime ruote, disadorno,
-coi cavalli attelati uno a coda dell'altro;
-la carrettella corrente; il cocchio de' nostri
-padri incomodo, sicuro, e l'elegante carrozza
-a doppie molle, verniciata lucente come uno
-specchio, leggiera e per ogni modo d'ornati e
-di agi vaghissima.
-</p>
-
-<p>
-Fra l'una e l'altra di queste vetture stavano
-secoli e stanno: dal carro de' buoi alla carrozza,
-il divario tra l'età dell'oro e l'età del ferro;
-ma fra essi e la vaporiera un mondo, una distanza
-quale fra l'antico copista e Bodoni, fra
-le torri a segnale ed i telegrafi elettrici, fra il
-volgare ed il genio....
-</p>
-
-<p>
-Occupiamo i pochi minuti di fermata osservando
-quegli antichi veicoli. Se la vaporiera ha
-immensi meriti, non siamo tanto ingiusti da
-negare ad essi i pregi per cui furono tenuti in
-conto dai nostri babbi. Oh! quando mi ricordo
-il bel tempo in cui piccino sedeva a capo del
-carro, poggiando i piedi sul timone e con impazienza
-infantile andava punzecchiando gli
-inirritabili buoi ad accelerare il passo verso i
-campi, ove poi di corone di millefiori loro cingeva
-le corna ed accarezzava con mano fidente
-il muso velluto e divideva con essi la merenda
-con mille feste dei compagni, io non ho più il
-coraggio di ridere dei viaggi eterni per cui i
-nostri vecchi si facevano saltellare le budella
-in corpo con una velocità in ragione di due
-ore per miglio. Due ore! La vaporiera quando
-le talenti, unisce Torino a Milano nello stesso
-spazio di tempo..... ma ch'è questo vociare?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span>
-</p>
-
-<p>
-Una decina di ragazze, cogli spilloni d'argento
-che irradiano il capo, sta sopra uno di
-quei carri, ridendo e scherzando fra di loro:
-alcuna accenna al viaggiatore che dai carrozzoni
-della via ferrata ammicca con sguardo procace:
-questa riconosce fra i discesi allo scalo il suo
-bulo e lo vorrebbe, senza ch'altri se n'avvedesse,
-fare avvertito della sua presenza, mentre con
-una certa solfa tra il mesto d'una monotona
-cantilena e la languidezza d'una canzone che
-non è in voga, una voce sfibrata canterellava:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Novara, Novara</p>
-<p class="i01">L'è bella città;</p>
-<p class="i01">Si mangia, si beve.</p>
-<p class="i01">Allegri si sta!</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Se tutta l'allegria dei Novaresi consiste nel
-mangiare e nel bere, come dice senz'altro la
-strofa, l'ha da essere una gaiezza molto dubbia,
-pensai; ma già ai poeti debbonsi accordare
-molte licenze, ed io non trovando miglior modo
-di sciogliere la questione, dimenticai il vate del
-campanile di S. Gaudenzio per riguardare quel
-veramente allegro gruppo di belle e non belle e
-tutte allegre contadine, le quali — ora che ci
-penso — mi ricordano a meraviglia un viaggetto
-fatto con una bella ritrosa sopra una stradaccia
-di campagna, tutta sassi e gore, per cui
-ad ogni improvvisa scossa io mi inchinava
-verso la giovinetta, e non è a dire s'io secondassi
-o non l'impulso, <i>e viceversa</i>, come dicono
-appunto delle vetture; finchè il carro essendo
-ad un tratto entrato nei profondi solchi
-di un campo, la vicenda dell'inchinarsi si fece
-<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span>
-sì violenta e rapida, che io coll'unico scopo di
-preservare quella cara personcina da ogni urto,
-non trovai che il mezzo di avvinghiarla strettamente
-nelle mie braccia....
-</p>
-
-<p>
-Un fischio — diretto forse alle mie reminiscenze
-— eccheggia fra le mura dello scalo,
-— un secondo acutissimo <i>che passa gli orecchi</i>,
-come dice un vicino, e tutto il convoglio si
-move, cammina, corre, rivola.... così il tempo
-da quei dì! Così pure io lascio nello scalo di
-Oleggio le riflessioni storiche sugli altri veicoli:
-il lettore non l'avrà a male; del resto sa
-dove andarle a prendere.
-</p>
-
-<p>
-Campi, risaie, prati, boschi, giardini, case,
-uomini ed animali, tutto resta indietro: la vaporiera
-è la nemica per eccellenza del verbo
-<i>stare</i>; essa corre da un popolo all'altro; cancella
-un pregiudicio a cui centomila volumi non bastarono;
-annulla i dialetti mettendoli a contatto,
-e insegna colla necessità la lingua nazionale,
-spegne l'ardente face delle antipatie, facendo conoscere
-con quanto equilibrio le eccedenze della
-forza di una regione compensino il manco di
-saggezza in un'altra, la virtù militare l'indifferenza
-artistica, la gentilezza dei costumi la sapienza
-civile, eccita e diffonde industrie — fa
-l'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Ben a ragione certi governi avversarono quest'invenzione
-che rivaleggia per la forza morale
-colla stampa!
-</p>
-
-<p>
-Dell'inferno è dessa senza dubbio, dice con
-terrore il buon contadino nella notte quando
-dalla mal connessa impannata della finestra della
-capanna vede laggiù nella tenebria correre un
-fantasma dagli occhi sanguinosi, la bocca ardente
-<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span>
-e la fronte fumosa, mentre l'aria echeggia
-d'acuti sibili e la terra seminata di carboni
-ardenti trema sotto i piedi.... Ma direbbe egli
-che l'inferno inspirò ad un mortale questa terribile
-scoperta, s'egli sapesse che, mercè sua,
-si vince il tempo e la distanza, e suona con
-cristiano affetto la voce: Dammi la destra, anch'io
-sono tuo fratello?
-</p>
-
-<p>
-La vaporiera è dunque la più bella figlia
-della civiltà, poichè dessa non serve soltanto a
-beneficio del commercio, sibbene ai più vitali
-interessi dell'esistenza morale. Qual è l'uomo
-che dalle marine guardi una nave ad elice sortire,
-malgrado i venti contrarii e l'agitazione
-delle onde, la prora dal porto, ammainate le
-vele, senz'apparente impulso, salpando per le
-più rimote spiaggie dell'Oceano, ove recherà
-il nome della sua nazione, — senza sentirsi
-sollevare dall'entusiasmo, senza sclamare: questa
-è la più mirabile opera dell'uomo!?
-</p>
-
-<p>
-Vedete se col vapore si corre presto: in due
-minuti da Oleggio volai ai porti liguri e ne
-ritorno!
-</p>
-
-<p>
-Il convoglio attraversava le alture di Borgoticino,
-quando poco lungi da quel villaggio mi
-apparve — eureka! — la prima conca del desideratissimo
-Verbano — fra il Vergante e la
-rupe della festosa Angera — il quale disserrandosi
-poi dai colli, cola pel Ticino, al Po,
-nell'Adriatico.
-</p>
-
-<p>
-Una vaporosa nube si dislagava al cielo, ed
-i raggi vivissimi del sole di giugno penetrando
-qua e là fra gli squarci illuminavano con tale
-potenza di tocco la rôcca d'Arona, e laggiù in
-fondo la punta di Belgirate ove il lago si svolge
-<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span>
-a sinistra, che davvero il contrasto di quelle
-accese tinte colle ombre delle convalli armonizzava
-assai bene colla natura variatissima del
-quadro.
-</p>
-
-<p>
-Un ultimo fischio e il correre si rallenta
-gradatamente, il convoglio penetra nei campi,
-ritorna a riva, entra sotto una tettoia, ove cento
-voci — Arona, Arona! — ti fanno accorto che
-sei finalmente giunto alla sospirata sponda di
-quel Lago Maggiore che nella fantasia t'apparve
-certamente come una regione incantata a cui
-sorrida eternamente cielo e primavera, abitata
-dalle più avvenenti ondine, dai più amorosi silfi.
-</p>
-
-<p>
-Io vi confesso candidamente di non avere mai
-fatto questi sogni, e per la zinganesca mia esperienza
-che mi ha dimostrato i giudizi assoluti
-essere sempre in alcuna parte erronei, e il male
-dai mille aspetti mescersi con disuguale misura
-al bene, e perchè rifuggo dalle imaginose aspettazioni,
-le quali per lo più al contatto della
-realtà risolvonsi in dure delusioni. Mi pare
-quindi profittevole....
-</p>
-
-<p>
-— Cosa fa il signore? Scenda, il convoglio
-non procede mica oltre....
-</p>
-
-<p>
-— Benissimo; grazie. Parmi profittevole, diceva,
-di usare nel giudizio delle regioni che
-si percorrono, anche coll'intendimento di studiarle
-oltre l'epidermide, quella mite benevolenza
-che ogni onesto desidera praticata verso
-il campanile della sua parrocchia. Quanto al
-bello, al buono, quantunque spesso il miracolo
-non faccia il santo, il fidarvisi è la meglio;
-quanto al brutto ed all'incivile giova il credere
-che la virtù sta di casa dove meno si crede, e
-che tanti paesi, tante usanze... E poi gli uomini
-<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span>
-la pensano così diversamente! Aprite un libro
-di proverbii — li dicono la più bella eredità
-che le generazioni si tramandino, la sapienza
-delle nazioni — sentite che armonìa di opinioni:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Chi sta bene non si move,</p>
-<p class="i04"> e</p>
-<p class="i01">Non diventan porri che i trapiantati.</p>
-
-</div><div class="stanza">
-<p class="i01">Pietra mossa non fa musco,</p>
-<p class="i04"> e</p>
-<p class="i01">Chi vuol far roba, esca di casa.</p>
-
-</div><div class="stanza">
-<p class="i01">Chi disse donna, disse danno,</p>
-<p class="i04"> e</p>
-<p class="i01">Senza donna a lato l'uom non è beato;</p>
-</div></div>
-
-<p>
-e cent'altri grossolani e dilicati, che vanno d'accordo
-che gli è un gusto ad appaiarli!
-</p>
-
-<p>
-— Signore — disse in quella una <i>guardiastazione</i>,
-la stessa che m'interruppe già una
-volta — questa è l'uscita; e m'indicò la porta. Se
-questo dabbenuomo non mi cacciasse con tutta
-quella buona grazia di cui è suscettibile un guardiano
-di via ferrata, io vorrei, o compagno,
-dimostrarvi come la bellezza oggettiva abbia
-meno cultori di quanto è voce.... ma non c'è
-verso, egli m'insegue sino all'uscita.... Quest'insistenza
-mi desta un dubbio: ch'egli abbia inteso
-un motto delle nostre chiacchere più o
-meno estetiche, e voglia risparmiarne lo spettacolo
-poco architettonico della stazione? Chi
-lo sa? Dopo la <i>democratizzazione</i> del sapere,
-chi può giurare che sotto il saio dell'artiere
-non s'asconda la giornea del professore?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span>
-</p>
-
-<h3 id="parte1-3">III.
-<span class="smaller"><i>Arona — Le illusioni ed i doganieri. — Una cipolla
-fra le rose.</i></span></h3>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Chi tosto giudica, tosto si pente.</b></p>
-<p class="i10"> <i>Prov. ital.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-Orta! — Angera! — Gozzano! — Varallo! —
-Domodossola! — Albergo della Posta! — Reale!
-— d'Italia! — A me il sacco! — Zolfanelli! — Sigari!
-— Ecco le strida che invariabilmente accolgono
-il viaggiatore all'uscire dallo scalo della
-ferrovia d'Arona: vociare che mette in non lieve
-imbarazzo il viaggiatore che non ha meta prefissa
-al suo vagare.
-</p>
-
-<p>
-Per mia fortuna, fra tanti vetturali, facchini,
-camerieri e ciceroni <i>pro domo sua</i>, una voce
-che partiva dal mezzo di una folta ispidissima
-barba, tuonò al mio orecchio, mentre mi sforzava
-di attraversare quella ressa di rompiscatole,
-il nome dell'ottava meraviglia del mondo
-e l'unica di Arona, <i>il S. Carlone</i>, e mi fece così
-risovvenire di un monumento intorno al quale
-aveva sentito nella prima adolescenza tante mirabilia.
-Si vada adunque al S. Carlone! Senza
-dare risposta ad alcuna delle insistenti domande
-— unico modo di liberarsene, a meno però vogliate
-farvi in dieci per non far torto a nessuno
-— mi avvio verso la cittadina, dando occhiate
-<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span>
-a destra ed a sinistra, come quegli che
-senza soffermarsi troppo vuole spendere poco
-e vedere molto.
-</p>
-
-<p>
-Appena uscito dalla casona dello scalo, un bel
-giovinotto, dall'assisa di doganiere — ad Arona
-vi sono più doganieri che mercanti — con un
-garbo da farmi strabiliare, (poichè a me un doganiere
-era sempre parso il rappresentante della
-prepotenza legale, dei pregiudicii economici, la
-barriera che impedisce il bacio cosmopolitico dei
-popoli) mi fece ricredere pienamente, avvisandomi
-che se io desiderava imbarcarmi sopra un
-piroscafo, il <i>S. Gottardo</i> stava per salpare, aggiunto
-poi per soprassello che io avrei potuto
-girare e rigirare in lungo ed in largo il lago
-senza la noia del passaporto. Malgrado il desiderio
-di accettare l'invito della tintinnante campanella
-del <i>S. Gottardo</i>, io non volli partire
-senza visitare l'interno della città pittoresca —
-al di fuori — ed il famoso monumento al suo
-cittadino, benchè sapessi che vi sarei ritornato
-più d'una volta nelle corse ch'io aveva in
-animo di fare lungo le spiaggie verbanesi.
-</p>
-
-<p>
-Il <i>S. Gottardo</i> diede l'ultimo tocco di squilla,
-si staccò con tutta facilità dallo scalo, e descritta
-una vaga curva, partì avvolgendosi, come
-d'un velo per difendersi dal sole cocentissimo,
-nei vapori della caldaia fumante.
-</p>
-
-<p>
-Serbatomi per la vetta del colle di S. Carlo
-il giocondo spettacolo del lago, come un ghiottone
-serba ultimo il manicaretto più sapido,
-entrai in città.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Eccomi in Arona! Salve, città dei Borromei!
-</p>
-
-<p>
-Seduta a riva del lago, pare tuttavia che tu
-ne sdegni la paternità, poichè ti volgi innamorata
-con occhi desiosi verso i clivi fiorenti di
-Oleggio Castello, lasciando al ceruleo nappo
-l'ammirazione della poco graziosa tua parte diretana.
-Almeno ne' calori della state le pendici
-superiori inviassero alle tue viuzzole il conforto
-delle aure profumate dei loro laureti!
-</p>
-
-<p>
-Attraversando la città, contai trentacinque osterie,
-trenta preti e ventisette accattoni. Era
-il meriggio caldissimo, ed io passava correndo
-per involarmi all'afa soffocante che, uscita dai
-canali sotterranei delle vie inferiori, mi inseguiva
-minacciosa, quando una frotta di creature
-che facevano ressa attorno ad una casa di modesta
-apparenza m'impedì di proseguire oltre.
-</p>
-
-<p>
-Erano ventisette accattoni.
-</p>
-
-<p>
-Voi che avete da accarezzare — in tasca —
-un <i>sovrano</i>, se vi avviene d'incontrarvi in quella
-turba, è d'uopo lo consigliate d'addivenire ad
-una transazione costituzionale dividendo il potere,
-salvo a voi suo ministro di farvi forse
-rompere le invetriate dai malcontenti — o senza
-transigere coll'<i>esigenze della situazione</i>, corriate
-attraverso ai chiedenti senza ascoltare quelle
-voci supplichevoli che sono pure una rampogna....
-</p>
-
-<p>
-Io mi arrestai. Qui più d'un ciarlone vi direbbe
-ch'egli, arrossendo quasi dell'eccellente
-salute, intenerito alle lagrime, divise la borsa
-coi mendici.... Io che non voglio farvi il torto
-<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span>
-di credere che mi stimereste un cicino di più,
-quando vi dicessi che ho dato a quegli infelici
-un obolo — che il più delle volte è un soldo
-asciutto come il sistema decimale — non vi
-dirò nemmeno d'aver fatto alcune considerazioni
-economiche sulle trentacinque osterie ed
-i trenta preti, e tiro innanzi, cioè mi fermo,
-poichè la porticina di quella casa s'aperse e
-v'apparve....
-</p>
-
-<p>
-Chi non l'avrebbe desiderata amante? Che
-bell'occasione di miniarvi un ritrattino sì sorridente
-da mandarvi in visibilio! Ma quest'oggi,
-dopo quella certa meditazione sulla fallacia dell'apparenza,
-temo che i colori della mia tavolozza
-diano troppo nel duro, nell'angolare; per
-non ripetere adunque su tutte le varianti le
-forme serene di tanta bellezza, lascio alla vostra
-fantasia di pennelleggiare co' rapidi suoi
-tocchi una di quelle soavi figure che le donne
-invidiano e gli uomini rispettano.
-</p>
-
-<p>
-Intanto i re della miseria, coi loro nodosi
-scettri nella destra, avvolti nei pidocchiosi palli
-onnicolori, mi avevano circondato, levandosi
-dalle nuche capellute un frusto di berretto spelato,
-e succhiavano con avido sguardo la borsa
-che teneva la fanciulla nelle mani.
-</p>
-
-<p>
-Io pure salutai riverente quell'apparizione
-che avrebbe potuto inspirare a Vela una vivissima
-idea della carità cristiana, ed ella.... ma
-che? Al vedermi estatico contemplarla, sorrise
-di guisa che tutto ne fui scosso. Era derisione?
-Chi lo sa? Malgrado mio, nella limpida innocenza
-di quel volto primaverile, quel sorriso —
-non ridete — m'apparve come una cipolla nel
-bel mezzo d'un mazzolino di rose, quale io vidi
-<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span>
-farne dono per celia ad un appassionato cultore
-di antitesi.
-</p>
-
-<p>
-Ella porse agli accattoni le sue monete; una
-moneta ad ognuno che venisse ad invocarla un
-mattino di venerdì a quella porta: indi rinchiuse
-la porta senza strepito, senz'impazienza,
-quasi a tacita promessa di non negarne giammai
-l'accesso al mendico. Io, mentre si recitava
-attorno un <i>pater</i> ed un'<i>ave</i> per conto della fanciulla
-— a cui auguro ottengano un buon marito
-— dimenticato quel certo sorriso e la cipolla
-relativa, intonava fra dolcissimo pianto un
-inno alla pietà che ove fosse stato inteso da
-lei, forse io avrei fatto più lunga dimora in
-Arona....
-</p>
-
-<p>
-Ma ecco attraverso l'iride d'una lagrima la
-rosea fisionomia imberbe del doganiere. Gli racconto
-la commovente istoria; un'irresistibile
-curiosità mi sprona a ricercare chi sia quell'angelo
-che profonde le ricchezze di questo
-mondo per la beatitudine dell'altro, vero prestito
-ad usura — se ancor vi fosse usura. —
-Mi appaga ed aggiunge che i mendici convengono
-nella città dai dintorni una volta almeno
-per settimana.
-</p>
-
-<p>
-— Dunque, diss'io, ella dà loro tanto da alleviare
-i dolori di chi non ha sulla terra che la
-speranza del cielo e la compassione dei generosi
-— per una settimana? Oh tremila volte benedetta!
-Oh santa! Oh terra fortunata!
-</p>
-
-<p>
-— Signor sì, se per essere da tanto basta regalare
-un quattrino, antica moneta milanese!
-</p>
-
-<p>
-E imperturbabile, colla logica orribile dell'aritmetica,
-mi dimostrò che Iddio avrebbe
-dovuto fare per quegli sgraziati il giorno di
-<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span>
-cento ore senz'accrescere i bisogni del ventricolo,
-onde procurarsi lo stretto necessario per
-campare in ragione d'un quattrino ogni due
-ore; o, supposto che nelle ventiquattro ragranellassero
-altrettanto, ch'essi potessero stare,
-come i ragni, sei giorni senz'alimento.
-</p>
-
-<p>
-— (Mefistofele gabelliere!) Dunque muoiono
-di fame sei dì per settimana?
-</p>
-
-<p>
-— Morrebbero se altri non li soccorresse
-senza l'ironica ostentazione di chi dà quello spettacolo
-poco costoso. Tutto è apparenza! La saluto.
-</p>
-
-<p>
-— Tutto è apparenza, anch'esso lo sa! Ora
-comprendo quel certo sorriso, la cipolla fra le
-rose! E come sì giovane e sì presto senza le
-confidenti illusioni della verde età?
-</p>
-
-<p>
-Ma se n'era andato pe' fatti suoi — o per
-quelli degli altri, più facilmente — il che ne
-torna perfettamente uguale; sicchè la mia domanda
-dovette cercare una risposta nelle considerazioni
-dell'influenza che il mestiere aveva
-potuto esercitare sopra di lui. Ed io non ebbi
-a meditare gran fatto per accorgermi come in
-esso s'avvezzino a guardare ogni cosa attraverso
-la lente prosaica, spassionata che conta
-i fili della stoffa e stabilisce un prezzo alle
-creazioni delle arti — tanto che sarei quasi tentato
-di supporre che il famoso dilemma di Amleto
-<i>essere o non essere</i> sia stato suggerito a
-Shakespeare da qualche doganiere pensatore.
-</p>
-
-<p>
-Povere le illusioni coi doganieri! La donna,
-quest'angelo che ecc., ecc., non è per essi che
-un portamantello addobbato più o meno di
-raso; un ritratto, pegno di un soave affetto
-ricambiato ed infelice, su cui scoppiarono pianti
-sconsolati e baci frenetici, perde tutto il valore
-<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span>
-sotto gli occhiali del perito; una treccia di
-capegli, oh sacrilegio! può essere considerata
-concime; che più? il libro a cui pose mano
-cielo e terra, vale per essi secondo il peso, la
-legatura, i fermagli..... Se nelle lotte letterarie
-i <i>realisti</i> potevano contare sull'aiuto dei doganieri,
-le nebulose fantasticherie alzavano i tacchi
-come altrettanti contrabbandieri.
-</p>
-
-<p>
-Scrivete la storia della dogana; narrerete
-quella dell'incivilimento. Narrate quante castronerie
-stampate ed illustrate giungono d'oltre
-Alpi, quante di queste, con veste nè forestiera
-nè italiana, cambiato il titolo con quello di originale
-italiano, si spargono a sollucherare la
-frega del forestierume, e non del buono certamente,
-ed a fare più sonnolenta ancora l'indifferenza
-italiana per il pane casalingo —
-narrerete le nostre, e anche un tantino le altrui
-miserie letterarie. Enumerate i gingilli, le
-festuche, i ciondoli, le minuterie e quella multispecie
-farragine di coserelle utili e disutili,
-strane e curiose che la moda ne manda da lontano,
-e che accettiamo senza desiderio di procurarcele
-da noi stessi — e narrerete che gli
-Italiani non solo non le sanno fornire, ma neppure
-battezzare colla loro lingua. Contate le
-armi che valicano le Alpi o varcano i nostri
-mari ad offesa o per aiuto — i quadri e le statue
-ed i manoscritti e gli oggetti che per arte
-o memoria i nostri antichi meno vanitosi di
-noi e più generosi raccolsero con religioso studio
-e con principesca magnificenza, e che ogni
-anno, senza ritorno o cambio, lasciano la terra
-che li aveva creati e venerati; — avrete irrepugnabili
-argomenti della floridezza e della decadenza
-<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span>
-delle genti. Possa l'indipendenza e la
-libertà far salire nel futuro a bosco i tanti bruchi
-che formano la speranza della nazione artistica!
-</p>
-
-<p>
-A proposito delle nazioni, la questione sanguinosa
-della loro indipendenza è sciolta dai
-doganieri — quando si ritrarranno ai confini
-naturali. Tuttavia, penso, se in quest'età meravigliosa
-in cui ogni dì annienta un secolo di
-tradizioni senza che si possano prevedere i prodigi
-della domane, la famiglia umana si confondesse
-in un fratellevole amplesso — concedetemi
-un istante l'ipotesi stranissima — dove,
-domando io, dove n'andrebbero le miriadi dei
-doganieri che incorniciano i mille regni?
-</p>
-
-<p>
-Proporrò il quesito alle disquisizioni degli
-economisti, degli umanitari, e di quanti s'avvisano
-di riformare la commedia comico-seria
-del mondo — a meno che in questo frattempo
-si scopra mezzo di rilegarli (parlo dei doganieri,
-è chiaro) nel mondo dei miti in compagnia
-di tante altre anticaglie.
-</p>
-
-<p>
-È tempo di fare ritorno alla nostra cittadina,
-da cui mi fece digredire il mal vezzo di camminare
-balenando corpo e mente, peccato di
-cui farò penitenza d'or innanzi col correre per
-qualche giorno la carreggiata della strada <i>maestra</i>,
-senza neppure guardare colla coda dell'occhio
-quanto m'invitasse a varcare la siepe
-ed a visitare ciò che non è nel programma
-tracciato sul nostro portafoglio. Ritornando
-adunque alla cittadina, dirò che nelle successive
-visite appresi che non solamente poche città
-hanno relativamente tante caritatevoli instituzioni
-quant'Arona, ma che io avrei preso un
-<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span>
-solenne granciporro se l'avessi giudicata dalla
-scena di cui io stesso era stato testimone....
-tanto è vero che tutto è apparenza!
-</p>
-
-<h3 id="parte1-4">IV.
-<span class="smaller"><i>Viaggio al naso del S. Carlone. — Angera.
-Dalle corti d'amore al mormonismo.</i></span></h3>
-
-<p>
-La più bella passeggiata nei dintorni d'Arona
-è la salita del poggio su cui s'erge il monumento
-a S. Carlo, che per la mole il popolo
-suole chiamare il <i>S. Carlone</i>. Esso appare da
-quasi tutto il bacino da Taino a Belgirate, ed
-è bello vedere dal lago quel titano disegnare
-sull'azzurro del cielo la sua figura tranquilla.
-</p>
-
-<p>
-Ammezzo la salita incontrai un cortesissimo
-Bavarese che si recava pure lassù, per giudicare
-co' proprii occhi se la colossale statua della
-<i>Bavaria</i> nel Valhalla presso Monaco la cedeva
-in fatto d'arte alla rivale italiana: ammirai la
-suscettibilità del Tedesco, il quale, poichè d'improvviso
-ne apparve sulla vetta il <i>S. Carlone</i>,
-dopo attento esame, colpito dalle mirabili proporzioni
-di tanta effigie, e dalla dignitosa e ad
-una soave espressione dell'immortale che benedice
-alla sua patria, confessava candidamente
-che se il monumento italiano era condotto meno
-splendidamente del bavarese, di contro per valore
-artistico e per situazione gli era di gran
-lunga superiore. Gloria adunque al Crespi che
-lo disegnò!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span>
-</p>
-
-<p>
-Anch'io volli sedermi nell'interno di quel
-naso famoso; e quel dovermi arrampicare per
-un camino oscuro e pieno di schifosi ragnateli
-e di pipistrelli svolazzanti, spingendomi in su
-colle mani e coi piedi per certi piuoli di ferro
-— pericolosa ginnastica che meriterebbe all'ascensore
-almeno un'indulgenza — mi suscitò
-il dubbio che il Santo abbia suggerito all'artefice
-questa paurosa scala, onde ognuno pensando
-alla probabilità di rompersi se non altro
-il collo, sia richiamato ai giovevoli pensieri
-della morte dal tripudio fascinatore della natura
-che festeggia attorno lo sguardo. Chi lo sa!
-</p>
-
-<p>
-È vero che il dabbenuomo che dal vicino
-collegio vi reca una lunga scala per salire sul
-piedistallo e di là ad un buco — non posso assolutamente
-dirla una porta, nè una finestra —
-ripete a tutti che per privilegio concesso dal
-Santo nessuno mai si ruppe il surriferito osso
-del collo. Chi sarà il primo? Non io senz'alcun
-dubbio, avendo dopo la fortunata mia discesa
-giurato di non cimentare mai più la buona fede
-del dabbenuomo sulla validità del suo privilegio.
-Del resto — senza danno del privilegiato
-— direi che di lassù la vista non corre più
-lungi gran cosa che dalla vetta del poggio.
-</p>
-
-<p>
-Sotto e sopra il quadro che ti si para distoglie
-assai presto dall'osservare il monumento,
-se non dal pensare a chi raffigura, quantunque
-meritamente S. Carlo sia il personaggio storico-religioso
-più popolare nella Valle del Po, per
-non dire in tutta l'Italia.
-</p>
-
-<p>
-La collina del Vergante che alla mia sinistra
-abbraccia il lago declinando a Belgirate, tutta
-verzura e fiori, è sì vaga nelle sue curve; alla
-<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span>
-destra i facili poggi di Dormeletto e di Borgoticino
-corsi dalle vaporiere fumanti mi traggono
-col pensiero ai giardini liguri; il cielo e le
-onde quete sorridono con tanta armonia, che
-— se uno zingaro potesse gonfiare vesciche —
-direi che la natura canta sì bene le glorie dell'immortale
-che la melodia v'assorbe interamente
-a scapito del soggetto!
-</p>
-
-<p>
-Volete voi una scena pittoresca, una scena
-degna delle sponde del Reno? Guardate là —
-in prospetto d'Arona. Il castello d'Angera tutto
-fiero de' suoi sette od otto secoli, irto di merli
-che sfidano i denti adamantini del tempo, la
-fronte rugata dal fulmine, sta accoccolato senza
-barcollare, pensoso come un veterano, sopra
-una rupe sfiancata sotto cui si acquatta il villaggio,
-quale un pulcino sotto l'ali della chioccia.
-Lo direste un quadro <i>dal vero</i> — vi sfido
-io a contraddirmi! — del medio evo, in cui
-appare con vivissimo contrasto la schizzinosa
-protezione del feudatario e la mormorante docilità
-dei vassalli. Il palazzo conta cinquecento
-anni.... Quant'acqua corse giù pel Ticino!
-</p>
-
-<p>
-— La torre però non novera che tre secoli
-circa, m'hanno detto.
-</p>
-
-<p>
-— E' bastano per formare un abisso fra noi
-e quei dì. Quante antitesi! Asili infantili e giochi
-di borsa; manicomii e crinolini; vetture, congegni,
-libri e legislazione a vapore; corrispondenza
-elettrica d'idee e di passioni, e.... tutto
-quel resto che voi sapete e che taccio per non
-romperla in viso alla modestia: mentre allora!
-Il po' di buono che quella tempra d'omacci
-aveva noi l'abbiamo cresciuto, raffinato, sublimato
-coi lambicchi del progresso....
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Meno le lettere, le arti, e l'amore della
-famiglia....
-</p>
-
-<p>
-— Eh! Eh! La non mi conta nulla per le
-lettere questo turbinio di <i>riviste</i>, di giornali e
-di romanzi? E per le arti l'è forse cosa da
-smorfie la fotografia? Quanto al culto della
-donna, la verginità sospettosa delle idee dei
-nostri babbi semplicioni ha fatto luogo con altre
-credenze all'analisi razionale, la quale — a dirvela
-in un orecchio — tende in ciò dritto al
-mormonismo...
-</p>
-
-<p>
-— Messere, m'accorgo che non siete ammogliato...
-</p>
-
-<p>
-— Quest'aria frizzante mi persuade di parlare
-liberamente — ad essa la colpa. Il tempo
-delle corti d'amore, dei tornei, dei trovatori
-non è più; e lo sanno le donne. L'uomo ha capito
-che cantare e farsi sbudellare per l'incerta
-virtù d'una bella — sovente brutta — sarebbe
-un vero sciupìo di tempo.... E chi giura adesso
-sulla virtù di una donna, se non quegli che
-giura ancora sull'amor patrio dei tanti sollecitatori
-d'impieghi? — Io però sacramenterei
-tuttavia per l'onestà d'una donna con quella
-buona fede che invoco invano in me per i mercanti
-di parole d'ogni colore: che ciò stia fra
-parentesi.
-</p>
-
-<p>
-Quanto ai trovatori con qualche piccola variante,
-se non la chitarra, hanno cambiato metro;
-ma neppure quegli antichi cavalieri della
-bellezza giungerebbero al delirio platonico di
-accontentarsi, dopo la lizza, di portare i colori
-della signora. — Se io vi dicessi che uno dei
-meglio famosi poeti del giorno, che cantò tutti
-i santi del cielo e della terra, fu trovato poco
-<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span>
-tempo fa ginnocchioni innanzi all'arrendevole
-fantesca della sua bella rigorosa? — Oh?! —
-Sentite gli echi: Oh! oh! oh! —
-</p>
-
-<p>
-Per fortuna questi due ciarloni, nostri compagni
-di viaggio nella testa di S. Carlo, di
-piuolo in piuolo scomparvero giù del camino.
-</p>
-
-<p>
-Nel mirare dietro le torri del vecchio castello
-i monti di Varese, e più in là sfumanti
-nell'azzurro dell'aria quelli del lago di Como;
-attorno in semicerchio le vaghe colline di Lesa
-e di Arona dalle curve chiomate fra cui spicca
-nel verdoscuro della vegetazione qua e là una
-casa, un campanile, una chiesuola; dappertutto
-scoprendo varietà, sotto e sopra, nelle sponde
-e nei diversi toni dell'orizzonte e delle acque,
-compresi il perchè anche agli abitatori delle
-rive marine il lago inspira amore di sè.
-</p>
-
-<p>
-L'oceano se placido t'infonde quella malinconiosa
-riflessione che compenetra l'uomo all'aspetto
-d'ogni cosa infinitamente grande —
-riflessione da cui sorgono meditazioni profonde
-di cui a tutti non è dato l'assaporare l'intima
-voluttà — se burrascoso t'atterisce; il mare imponente
-nel golfo di Napoli come sulle sparute
-scogliere di Gibilterra o contro le dighe d'Olanda
-parla sempre — come Giove fra gli Olimpici
-— troppo grandiosi verbi perchè tutti li
-comprendano.... ma il lago riverbera sempre
-colla varietà de' suoi aspetti la vivacità, la piacevolezza;
-se una tempesta si scatena la notte
-sulle sue onde, essa ti fa prevedere come l'indomani
-le piante ritemprate dall'acquazzone saranno
-sfavillanti ai primi raggi del sole colle
-foglie ancora gemmate, e le frutta ed i fiori —
-se la grandine li risparmiò — più coloriti. Dopo
-<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span>
-la burrasca marina — tremo al solo rammentarne
-le orrende scene — scendi alla ghiaiosa
-spiaggia, e trovi fra gli scogli tuttora echeggianti
-dei sinistri ululi dell'aquilone il fusto
-d'una pianta divelta, sfrondata da un colpo di
-mare, una tavola — che servì forse ad una lavandaia
-— che t'evoca dagli abissi il naufrago
-disperato che un maroso divelse da essa, mentre
-la folaga pare s'aggiri turbinando per scoprire
-sui fiotti il cadavere che il mare ributta. Sulle
-sponde dell'oceano mediti, su quelle del lago
-sorridi: là l'eternità, qui la vita.
-</p>
-
-<h3 id="parte1-5">V.
-<span class="smaller"><i>Il Monterone. — Studi fisiologici sopra i cinque
-sensi. — Il lago a volo d'uccello. — La prima
-idea.</i></span></h3>
-
-<p>
-Mentre c'incamminiamo verso la vetta del
-Monterone per facili ed ombrosi sentieri, compagno
-mio, facciamo quattro chiacchere.
-</p>
-
-<p>
-Tu hai da sapere — prima ancora di descriverti
-le veramente inudite meraviglie di Intra
-e Pallanza — che ieri nelle ore pomeridiane
-mi sono rannicchiato fra alcuni scogli dell'isoletta
-di S. Giovanni, e godendo ad una la frescura
-vespertina dell'inverno ed il rezzo di alcune
-piante protendentesi ad ombrello sopra il
-mio capo, me ne stava pensando come fra tutti
-i libri il meno intelligibile sia l'uomo, questa
-edizione <i>princeps</i>, direbbe un bibliofilo, che fa
-<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span>
-sì splendida mostra nella biblioteca della natura.
-Dopo di avere scartabellato nella mia
-mente tante pagine non sempre terse, confortevoli,
-del misterioso volume, finii per domandare
-a me stesso quale dei sensi maggiore relazione
-avesse coll'anima.
-</p>
-
-<p>
-La fantasia volò coll'ali della memoria ai momenti
-fuggitivi, in cui una voce armoniosa
-colla parola che nega e promette m'avea scosso
-tutte le fibre del cuore; alle notti tumultuose
-in cui le briose note de' balli vertiginosi m'avevano
-tratto nella ridda quasi allucinato; alle
-sere in cui il <i>Barbiere</i>, il <i>Tell</i>, la <i>Lucia</i> ed il
-<i>Rigoletto</i> versavano un fiume di melodìa nel
-mio animo, ed il rincrescimento che il tempo
-m'involasse sì presto quei divini concenti in
-mezzo a cui dimenticava le miserie e le prose
-della vita per slanciarmi ebbro di poesia nei
-mondo delle illusioni.... Oh! l'udito è pure il
-prezioso senso! Mercè sua comprendo l'espressione
-più viva del mondo: tutto parla; beato
-chi sente!
-</p>
-
-<p>
-Sennonchè tosto mi ricorse al pensiero come
-la voce dell'amata s'era fatta dopo poco tempo
-aspra, sarcastica; poichè ella troppo presto dimenticando
-quanto m'era costata la felicità effimera
-di pochi dì, mi piantava colla solita sua
-buona grazia un pugnale nel bel mezzo del
-cuore. È vero che non corse gran tempo che
-la civetta pietosa — s'era forse già annoiata
-del mio successore — volle svellerlo; ma il
-modo fu così gentile, delicato, che la tarda carità
-invece di guarire la ferita non fece che
-inasprirla. Strida da una e dall'altra parte, smanie
-e stridori di denti...... ancora mi suonano
-<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span>
-nell'aria orrende parole....... Lo credereste? A
-questo punto mi giunsero da ogni parte cigolì
-di ruote, e una miriade di stonazioni venne a
-grandinarmi intorno dal non lontano teatro di
-Intra dove si torturava non so quale delle
-opere più faticose di Verdi, con tanto strazio
-che dalla pietà e dal terrore mi si rattrappivano
-i nervi.... Benedetto l'udito, senso preziosissimo;
-ma tu non sei certo l'eccellente.
-</p>
-
-<p>
-Non aveva finito ancora questa frase che le
-rose, i gelsomini, le acacie, i limoni, i millefiori
-del giardino botanico di Rovelli m'inviarono
-una nebbia di sì acute fragranze ch'io
-allargando le nari per meglio aspirarne gli effluvii,
-imparadisato chiusi gli occhi e credetti
-d'essere volato all'olimpo di Maometto, in mezzo
-alle urì, sulla sponda d'un lago d'acqua di rosa....
-O incostanza della fortuna! Un alito di vento
-involò ratto l'olezzo; sparì l'acqua di rosa, ed
-il lago senza moto, senz'aura, apparve come una
-conca immensa stagnante da cui emanava un
-fetore orribile di pesci imputriditi. Dubitai che
-la bella Verbania l'avesse abbandonato colle sue
-ninfe, m'alzai e pervenni presso la foce del fiume
-che bagna la Sassonia.... La Sassonia, qui? Gnorsì:
-gl'Intresi costruirono presso l'antica
-città un sobborgo a vie spaziose, allineate che
-corrono fra case più allietate dal sole e dallo
-spiro lacustre che non le catapecchie della vecchia
-parte: nel centro una piazza e nel mezzo
-di essa il teatro, il più bello di tutto il lago.
-Ora questo sito una volta non tanto lontana era
-una vera ciottolaia, un campo di sassi... capite?
-Gl'Intresi, pratici quanto gli altri popoli appiedi
-delle Alpi della lingua nazionale, d'una
-<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span>
-ciottolaia fecero una Sassonia, con grave sfregio
-della patria degli oficleidi e dei tromboni!
-</p>
-
-<p>
-Ma che volete? Io non poteva a nessun conto
-adagiarmi all'ombra di quelle mura senza che
-ne dovessi tosto sloggiare per sfuggire alle ammorbanti
-evaporazioni delle molli erbette,... A
-che serve il naso, sclamai scappando indispettito,
-se per l'olezzo d'un fiore ne tocca assorbire
-cento esalazioni ingrate o perniciose? Sì,
-senza dubbio, l'odorato è l'infimo dei sensi —
-me ne rincresce assai pei mercanti d'essenze!
-</p>
-
-<p>
-Ignoro se il correre per quelle spiagge sassose
-— stavo per dire sassoni — od il desiderio
-di trovare una soluzione lungi dalle praterie
-della parte suburbana d'Intra, mi condussero
-in un albergo vicino allo scalo dei piroscafi
-in Intra. — Compagno mio, tu sospetterai
-forse ch'io sia di quelli che giudicano di una
-terra dal modo con cui vi soddisfecero l'appetito:
-ti giuro in nome delle costolette che mangiai
-in quell'osteria, che per quanto male io
-possa dire del paese, io sarò sempre in credito.
-</p>
-
-<p>
-Accetto senz'esitazione l'invito dell'appetito,
-m'assido ad un desco, e mentre il cameriere lo
-apparecchia, fiuto a larghe nari il prosaico odor
-d'arrosto che dalla cucina di sotto saliva in
-quella sala. Dalla finestra io poteva vedere lo
-scalo affollato dai soliti fannulloni, il lago, e di
-là le capricciose curve dei monti di Laveno.
-Sennonchè fra lo zingaro ed il resto v'era una
-povera melensa creatura, magra, ossuta, spelata,
-che attelata ad una sbilenca carrettella stava
-menando i denti in un sacco di fieno più paglia
-che fieno. È innegabile che l'appetito riceve un
-notevole stimolo dalla vista di chi trinca allegramente
-<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span>
-— in grazia dell'asino il vostro compagno
-in attesa di meglio cominciò a mordere
-in una pagnotta del suo colore.
-</p>
-
-<p>
-Mezz'ora dopo quell'io che mi rammentava
-poc'anzi con sdegno di quel gastronomo, il
-quale sclamò al finire della mensa lussuriosa:
-felice chi ha fame! quell'io stesso usciva dall'albergo
-satollo ed indignatissimo sulla volgare
-ed animalesca indole del gusto; e sì che se non
-aveva assaporato i manicaretti più delicati, l'appetito
-m'aveva fatto golosi anche i cibi più anacoretici:
-l'asino malsazio coglieva colle labbra
-penzoloni gli ultimi frusti del pasto insufficiente....
-Quel certo gastronomo l'avrebbe — a
-pancia tesa — invidiato con ragione, poichè il
-senso del gusto poco su poco giù desta gli
-stessi stimoli e dà la stessa soddisfazione all'uomo
-ed agli altri animali — non razionalisti.
-Nella stessa sera di quel giorno incontrai due
-tomi; mi vollero secoloro a cena, cena largamente
-inaffiata dai vini meglio spiritosi del
-Piemonte.
-</p>
-
-<p>
-Alla domane mi svegliai tardi, e col capo indolenzito;
-la prima parola pronunciata da me
-fu per chiedere dell'acqua.
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-«Non so veramente quanto le dissi — forse
-quanto le diceva da un anno — ma troppo
-mi rammento com'ella all'inesperto amante,
-accomiatandolo, dicesse all'orecchio una parola
-per cui il povero giovinetto nell'uscire
-da quelle stanze, tentennante come un ebbro,
-fu lì lì per ruzzolare lungo le scale.
-</p>
-
-<p>
-«Domani! Rinuncio a descrivervi le vertiginose
-aberrazioni della mente in quelle eterne
-<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span>
-ventiquattr'ore; vi basti il sapere che quello
-era il primo amore e che d'amore non aveva
-pur anco conosciuto altro che i tormenti.....
-Quelle furono ad una le più dolci e le più
-affannose ore della mia vita: temeva di vedere
-giunto l'istante e lo sospirava... povere
-illusioni d'un cuore ardente! . . . . . . . . .
-Alla fantasia che guidava pei campi eterei i
-sogni immacolati dell'amore virginale, in
-quell'ora fatale si spennarono le ali possenti,
-e cadde giù turbinando nelle melmose plaghe
-della materia....»
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Salve, o del cielo primigenia figlia,</p>
-<p class="i01">O dell'Eterno coeterno raggio,</p>
-<p class="i01">Se tal nomarti senza biasmo io posso,</p>
-<p class="i01">O sacra luce!</p>
-</div></div>
-
-<p>
-<i>Hosanna in excelsis!</i> Eccoci sul Monterone!
-</p>
-
-<p>
-S'io fossi il re del mondo, avrei tanta fede
-da trasportare questo quadro incantevole nei
-giardini della mia reggia. Il bacino splendidissimo
-del Verbano, e le in esso ripetute sponde;
-i monti torreggianti dell'Ossola e dell'Intrasca
-co' loro cappucci di neve; là in prospetto la
-punta di Pallanza tutta fiori e verzura, e dietro
-le scheggiate vette della Cannobina; qui sotto
-colli fioriti tempestati di villeggiature, e le isole
-incantate; a sinistra le coste ondeggianti d'Ispra
-su cui spicca l'eremo di Santa Catterina nell'oscura
-tinta del macigno; dietro il lago d'Orta
-in cui il Monterone bagna le nordiche pendici;
-ed attorno le minori conche di Mergozzo, di
-Varese, di Bardello, di Monate, di Comabbio;
-un cielo sereno, freschissime aure — tutto in
-<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span>
-tanto mirabile contrasto armonizza a formare
-una scena, la quale — se vi molce l'animo la
-onniloquente bellezza della natura — adorerete
-genuflessi.
-</p>
-
-<p>
-Se tu credi d'esser poeta e qui non inneggi,
-non tentare più oltre le muse — la tua cetra
-non ha corde.
-</p>
-
-<p>
-Che tu sia adunque benedetta, o fonte vitale
-di tante aspirazioni, o vista! Per te la creazione
-è quasi opera nostra: per te nessuno è
-compiutamente infelice. Tu ne ravvivi nell'aspetto
-sereno de' nostri cari l'amore della famiglia
-e della patria: per te innanzi ai monumenti
-il cuore palpita di entusiasmo e di emulazione.
-Divina figlia del sole, come il sole dài
-gioia agli umani — orrendamente infelice quegli
-a cui tu non distrai il pensiero dall'idea
-fissa, eterna, del suo dolore!... No, no, Milton
-come Tamiri ed Omero, Tiresia e Fineo, furono
-cantori immortali — ma chi vorrebbe la loro
-gloria a patto di dover dire coll'angoscia del
-britanno:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">... il giorno a me non riede: io non veggo</p>
-<p class="i01">Nè i dolci raggi del mattin che spunta,</p>
-<p class="i01">Nè quei del sol che cade; io più non veggo</p>
-<p class="i01">Di primavera i fior, nè rosa estiva,</p>
-<p class="i01">Non più scherzosi armenti, non più mandre,</p>
-<p class="i01">E non più volto d'uom, divina imago,</p>
-<p class="i01">Ma folta nube invece e buio eterno</p>
-<p class="i01">Mi cinge intorno, e dai piacer che dolce</p>
-<p class="i01">Fanno la vita, mi divide; invano</p>
-<p class="i01">Del bel saper, delle grand'opre sue</p>
-<p class="i01">Apre natura il libro; è per me tutto</p>
-<p class="i01">Oscuro, vôto, cancellato, e chiusa</p>
-<p class="i01">M'è a sapïenza una gran via per sempre!</p>
-</div></div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nessun senso, come la vista, ti mette in comunicazione
-con Dio.
-</p>
-
-<p>
-Dopo d'averti dato il mondo visibile nell'immensa
-serie delle sue cose, l'occhio armato di
-lente scopre all'anima esterrefatta i misteri della
-creazione microscopica, dai quali nei muschi,
-nelle mucilagini, nelle ninfe, negli insetti effimeri
-nati ora per morire adesso, nei milliformi
-atomi ti si rivela una storia impensata, un nuovo
-mondo infinito, nè più nè meno di quello che
-scopri nelle miriadi dei globi celesti... cose ed
-anime che fanno presentire con delirosa vertigine
-l'incommensurabilità dell'invisibile, del
-non sensibile!
-</p>
-
-<p>
-Dunque, mentre ti dà il sensibile, lo sguardo
-ti fa intuire l'ignoto.
-</p>
-
-<p>
-Perciò nessun senso più divino della vista.
-</p>
-
-<p>
-Chi visitò i luoghi più famosi per la magnificenza,
-o la serena bellezza, od il terrore da
-cui natura li ha improntati, avrà trovato senza
-dubbio una folla di visitatori che profonde in
-punti d'esclamazione quanto sente, o crede, o
-finge di sentire. Di questi, quelli che sentono
-con palpito le parole del creato, raro è non tacciano;
-i secondi si svaporano in iperboliche
-frasi di romanzo. I terzi sono però i più curiosi:
-senza la buona fede dei secondi, non volendo
-ammettere in se stessi la negazione delle
-facoltà più sensitive, s'abbandonano a rompicollo
-alle declamazioni d'un lirismo che in nessun
-modo può sollevarsi da fior di terra.
-</p>
-
-<p>
-A cavaliere di un bel poggio fra le deliziose colline
-— bellissime fra quante vedere si possano —
-che adagiate lungo il Po, formano una catena lussureggiante
-di verzura in prospetto di Torino,
-<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span>
-sta un antico convento di cappuccini. Di lassù
-ampia, variata, stupenda la vista: il Po, Torino
-incastonata fra i suoi viali, un campo che è un
-immenso giardino, e in fondo, in giro, le Alpi,
-dalle marittime alle pennine in tutta la loro
-maestà. Un cotale con cui era salito lassù, dopo
-una fiumana di asmatiche declamazioni lardellate
-di citazioni storiche a fascio, da Annibale
-a Napoleone per Carlomagno, tacque ad un tratto
-— la vena era esaurita. Terminava l'inneggiare
-asserendo che chi non avesse ammirato addovere
-quel quadro e la stessa cornice, meritava
-di subire almeno almeno la sorte di Fetonte.
-</p>
-
-<p>
-Dopo qualche istante, a mezze labbra e facendo
-lo gnorri, gli susurrai:
-</p>
-
-<p>
-— Che Creso sarebbe il possessore di questo
-campo fertilissimo cinto dall'Alpi ed irrigato
-da dieci fiumi!
-</p>
-
-<p>
-— Veh! la prima idea che mi venne in capo
-quando m'affacciai a questo spettacolo...
-</p>
-
-<p>
-— E poi dicono, pensai tra me, che la prima
-idea non è la più giusta!
-</p>
-
-<p>
-Non so se questa sarà pure la prima idea
-che frullerà in capo a voi infaticabili amatori
-della natura, sul culmine del Monterone, ove la
-prospettiva compensa generosamente la fatica
-— prospettiva che non la cede per nulla in
-estensione ed in varietà a quelle più rinomate
-dei monti della Svizzera: — io però a conforto
-della maggior parte di voi, vi ho serbato fino
-a quest'istante una sorpresa la quale non influirà
-poco sui giudizi che darete della grandiosa
-scena... Vi dirò adunque che certo Cobianchi
-Intrese ha eretto nel mezzo di amenissima
-alpe un eccellente albergo... non vi dico
-altro...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span>
-</p>
-
-<p>
-Buon viaggio; buon appetito non v'auguro...
-ve n'accorgete quando sarete giunti lassù. Ammirato
-il quadro, refocillato lo stomaco addovere,
-discenderete giurando che chi visita il
-Verbano e non il Monterone gli è come s'andasse
-a Roma senza vedere il papa — e che
-il Cobianchi, considerato il benefico influsso
-della sua ospitalità, merita almeno di essere insignito
-cavaliere... della tavola rotonda.
-</p>
-
-<h3 id="parte1-6">VI.
-<span class="smaller"><i>I piroscafi. — Una donna che mangia. — Gli
-stranieri. — I laghisti. — Primato mascolino.
-— Il concertista di Cannobio. — I contrabbandieri.
-— Rivista di sponde.</i></span></h3>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Tanti paesi, tante usanze.</b></p>
-<p class="i08"> <i>Prov. ital.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-Sul Lago Maggiore come sul Lemano e sul
-Reno nella stagione propizia al girovagare chi
-viaggia sui piroscafi ha il destro di conoscere
-a certi tratti singolari la nazione della maggior
-parte dei compagni.
-</p>
-
-<p>
-Il S. Gottardo da pochi minuti aveva lasciato
-l'approdo d'Arona, quando io mi feci sulla tolda
-fra un ducento viaggiatori d'ogni età, pelo e
-colore, che parte in piedi, parte seduti, stavano
-guardando la città dei Borromei che spariva
-dalla vista. Un terzo della tolda era occupato
-<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span>
-da una catasta di cassette, bauli, valigie di
-cuoio e di stoffa ricamata, di gabbie di uccelli,
-di scattole e di fagotti d'ogni colore.
-</p>
-
-<p>
-Una mezza dozzina d'Inglesi s'era installata
-sulla coperta, attorno ad un tavolo, al miglior
-posto; coprirono il tavolo e gli scanni vicini
-di libri-guida, di album, di cannocchiali, di
-buste da sigari e di abiti in gomma — e si cinsero
-cogli ombrelli, le sacca ed i bastoni da
-alpi, d'una insuperabile bastita.
-</p>
-
-<p>
-Una signorina — ancora ne fremo! — doppiamente
-graziosa perchè bella e bionda, mi stava
-seduta dinnanzi; la personcina, in cui l'armonia
-delle forme pareggiava la gioventù freschissima,
-semplicemente vestita, suffusa dal tocco potente
-del nostro sole, s'inquadrava sì bene nell'orizzonte
-sereno che io finii nella mia ammirazione
-per crederla una fattura di Frate Angelico, il
-soave dipintore delle vergini e dei cherubini.
-E da quegli occhiacci quanta poesia, quanto
-candore — un poema sull'innocenza! Nel crescendo
-della mia meraviglia, dopo di aver passato
-in rassegna l'Eva di Milton, Ofelia e Zuleika
-e quante deità femminili aveva plasmato
-la fantasia de' meglio famosi poeti britannici,
-non m'avvidi punto che Intra — a cui mirava
-qual meta — mi passò dinnanzi come l'ombra
-di veloce rondinella, o per dirla più giusta,
-appunto come se il battello non l'avesse avvicinata.
-Non adirarti, Intra mia più buona che
-bella, in questo istante leggo in quegli occhi
-troppo vaghi pensieri perchè io possa pensare
-a te....!
-</p>
-
-<p>
-Il piroscafo s'era allontanato dallo scalo clamoroso
-della città industre; il cameriere apparecchiò
-<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span>
-un desco e la <i>divina</i> vi sedette. Ritornò
-poco dopo portando un gigantesco piatto di
-costolette mezz'arroste e di patate fritte, un
-piatto per tre — anche letterati; — la <i>bella</i>
-mangiò tutto. Il cameriere ritornò più volte
-con thè, latte, butirro, pane arrostito, salame
-— tanto da sfamare tre librai; — quella donna
-divorò, tracannò tutto, fino all'ultimo bricciolo,
-all'ultimo centellino....
-</p>
-
-<p>
-Perchè non aveva pensato di mettersi al travaglioso
-— non posso dire dilettoso — <i>asciolvere</i>
-(e pranzerà tuttavia?!) prima di giungere
-ad Intra?
-</p>
-
-<p>
-Se tutte le donne inglesi mangiano di quella
-fatta, comprendo con quanta ragione Byron diceva
-che una donna bella <i>non deve mangiare</i>.
-</p>
-
-<p>
-I Tedeschi — se non sono studenti — circospetti,
-immoti, con una serietà bovina guardano
-fantasiando le spiagge. Benchè non trovino
-nella cucina lombarda dei piroscafi la zuppa
-alla birra di Manhein e le salsicce di Gottinga,
-pranzano a bordo, ma per tratto caratteristico
-scendono a maggiore agio nella sala, accontentandosi
-quanto al paesaggio di goderne quel
-po' che difila dietro le ovali finestruole.
-</p>
-
-<p>
-I Russi, quei Russi che, se non m'inganno,
-cent'anni fa Alfieri diceva barbari vestiti all'europea,
-oltre alle qualità negative degli Alemanni
-hanno nel loro contegno un certo che d'austero
-che s'attaglia mirabilmente alla robusta loro
-struttura. Ma come ogni singolarità nazionale
-va elidendosi al frequente contatto delle nazioni,
-alla crescente preponderanza delle mode
-di Francia e d'Inghilterra, anche quelle barbone
-che parvero ad Alfieri una fra le cose
-<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span>
-meno spiacevoli di quelle regioni della pelle
-d'oca vanno sparendo. E se la buon'anima sua
-rivedesse quelle capitali, non riconoscerebbe
-<i>l'antico accampamento di allineate trabacche</i>,
-tanto quella nazione seppe progredire nella
-conquista della civiltà, malgrado i secolari pregiudizi,
-la massima corruzione delle classi elevate
-e la retriva ignoranza del popolo.
-</p>
-
-<p>
-Ma che è mai questo chiasso?
-</p>
-
-<p>
-Quel tale, malgrado le rimostranze del pilota,
-vorrebbe stare in piedi sulla barriera a poppa;
-il suo compagno canterella una canzone di Béranger
-pipando, sdraiato sui sedili, senza curarsi
-un'ette di chi gli sta d'intorno; la signora,
-sfidando gli sguardi indiscreti, s'è arrampicata
-lesta come un gatto per la scaletta di ferro sul
-ponticello fra i tamburi delle ruote, non pensando
-alla difficoltà di scendere senza compromettere....
-il crinolino! Chi non sa ora — anche
-senz'intendere l'epigrammatica canzone, ed
-il nasale cinguettìo dei compagni — che quella
-famiglia è francese? Amabili e spensierati figli
-della Francia, chi non vi perdona volentieri
-l'avventata vostra leggierezza, in grazia del coraggio
-con cui la vostra nazione guida le sorelle
-nella via del progresso civile? Volere o
-non volere, essa dà al mondo grandi lezioni —
-senza pedanteria, senz'annoiare i discepoli.
-</p>
-
-<p>
-Le strade ferrate, i telegrafi elettrici e forse
-più rapidi mezzi di comunicazione cancelleranno
-un giorno le poche qualità salienti che
-ancora distinguono le varie nazionalità; sarà un
-bene od un male?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-A prua stava un centinaio di popolani seduti
-sopra zane e cestoni di frutta, d'ova e di polli;
-uomini abbronzati, secchi, temprati al gelo ed
-al sollione, alle fatiche ed alle privazioni; donne
-membrute, faccie poco leggiadre, di bel petto,
-risolute, e tanto nullatementi quanto procaci
-per verun verso; qualche ragazza avvenente,
-tra 'l montano e 'l marino, di nera capigliatura,
-di cera maliziosa; ragazzi vispi, di contorni
-gentili che presto la rude educazione e l'aria
-mordente rompe a forti linee. In un crocchio
-regnava una donna — dove non regna la donna
-l'uomo imbestia — la quale rintuzzava con tanto
-brio le più o meno (e meno anzi che più),
-spiritose frecciate che i compagni le saettavano
-a bruciapelo <i>sulla preminenza dell'uomo</i> sopra
-il bel sesso, che da quel punto in poi io non
-lo chiamerò più il sesso debole. Un tale —
-ignoro se sinceramente o per mascherare la
-tendenza del cuore — non le scoccava dardi,
-ma pistolettate, avresti detto, del genere più
-mascolino, come: <i>La donna è una scopa</i>, <i>un
-serpe avvelenato</i>, <i>l'origine eterna d'ogni male</i>,
-ecc.; — senonchè quella furbacciona gli rispose
-interrompendolo con un'occhiata sì dolce, sì
-promettente, che la pistola fece cecca, l'uomo
-s'ingarbugliò, i compagni risero, ed io compresi
-una volta ancora essere molto più facile
-dire cose d'inferno della donna che sottrarsi
-all'impero, alla seduzione delle sue grazie.
-</p>
-
-<p>
-Arrivati a Meina, la brunotta disse: addio,
-<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span>
-compari, non vado più a Intra; ho cambiato
-pensiero, discendo qui. Discese nella barchetta
-di traghetto; — già vi stava rincantucciato a
-poppa il sere — a cui i compagni, ridendo a
-smascellarsi, gridavano: Eh! Pero, anche tu hai
-cambiato strada.... Non hai più paura del serpe?
-— La bella, puntati i suoi piedini sullo scanno
-di contro, guardò ghignando i coristi, e voleva
-dire: Avete un bel gridare cose da chiodi di
-noi; con un capello vi tiriamo sempre a' nostri
-piedi.
-</p>
-
-<p>
-Siccome non conosco il resto della storia,
-resto a bordo, augurando mille gioie a quelli
-che hanno cambiato pensiero — benchè <i>il primo
-sia sempre il migliore</i>!
-</p>
-
-<p>
-Appoggiati alle cabine del ponte, silenziosi,
-indifferenti al chiasso che si faceva sul piroscafo
-ed allo scorrere delle vedute lungo il lago, alcuni
-frati mendicanti....
-</p>
-
-<p>
-— Zingaro mio, accoccane loro una delle tue,
-delle più saporite... Non risparmiare questi fannulloni
-che in nome di Dio s'ingrassano a spese
-del povero....
-</p>
-
-<p>
-— Zitto là: anzitutto i frati in quistione non
-erano punto grassi; poi — se pure non l'ho
-detto ancora o non m'hai compreso — io non
-pretendo incastonare a mezzo di una passeggiata
-per godere e darsi bel tempo, quelle rancide
-quistioni di frati, carabinieri, trovatelli e compagnia,
-che oltre all'aria pedantesca di volere
-ad ogni passo riformare la società, spirano una
-tale afa di noia da farti dormire lì su due piedi.
-</p>
-
-<p>
-Zin, zin, ziroziro! Zitti tutti quanti! Largo
-ai concertisti di Cannobio!
-</p>
-
-<p>
-Fra le due ruote del battello, presso gli spiragli
-<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span>
-della macchina motrice, un vecchiotto
-segava un violino: attorno a lui col becco rivolto
-in su, una nidiata di ragazzini da sette
-ai dieci anni <i>accompagnavano</i> il padre con violini
-e viole, — serii, malinconici, per non
-poter saltellare liberamente cogli altri putti;
-— ma nessuno avrebbe potuto guardar quella
-povera bimba accollata ad un grosso violoncello,
-stare tutt'occhi ed orecchi per dare il colpo di
-arco a seconda dei movimenti dei piedi paterni
-— e pestava sì forte il dabbenuomo che evocò
-dal loro antro vulcanico gli affumicati attizzatori
-dei fornelli del piroscafo — colpo d'arco
-che era dato tuttavia or troppo presto or troppo
-tardi — e le manine di lei impotenti a comprimere
-sulla tavoletta le corde, per cui ad ogni
-vibrazione il cattivo strumento si doleva
-con un zirlo acuto d'essere caduto in mani sì
-innocenti; nessuno dico avrebbe potuto guardare
-quella graziosa figurina ed i fratellini ed
-il babbo fornire quella musica faticosa, senza
-porgere loro una moneta ed un mesto sorriso...
-Zin, zin, ziroziro!
-</p>
-
-<p>
-E quando il ziro ziro finì, la ragazzina diede
-un lungo sguardo sugli astanti quasi per leggere
-sui visi altrui l'approvazione, mentre il
-povero padre si dimenava in mezzo alle sue
-creature per armonizzare — Dio sa come — i
-loro strumenti. Ma tutti i cuori erano perfettamente
-d'accordo per compiangervi, perchè
-tutti gettarono nel cappellaccio del <i>maestro</i> un
-soldo: anzi credo che Verdi stesso di cui avevano
-scorticato il brindisi della Traviata, presente
-avrebbe dimenticato le giuste suscettibilità
-dell'autore. Raccolti i soldi, risonarono —
-una sinfonia, del papà, il caos. Zin, zin, ziro zin!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il concertista di Cannobio è un artista?
-</p>
-
-<p>
-L'artista è creatore — e qual creazione più
-originale della sua sinfonia? Chi potrebbe meglio
-rappresentare il disordine? L'effetto poi
-corrisponde al merito — lagrime, risa e soldi.
-Mi direte che il vecchietto non ha genio —
-ma se il genio, come disse quel valentuomo di
-Bouffon, è una lunga pazienza, chi può contrastarglielo?
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Il laghista ha un carattere suo proprio, come
-quello che dipende in gran parte dalla posizione
-della sua terra. Vicino alla Lombardia,
-egli ha l'abbondante loquela, lo scherzo facile,
-l'arrendevolezza dei Lombardi; appiedi delle Alpi
-ama il lavoro, ed è schiettamente ruvido ed
-armigero come i Pedemontani; sull'acqua, ed è
-industre, bramoso d'arricchire come i Liguri.
-Quanto ai difetti, egli ama appassionatamente
-il suo bel paese — compresi i campanili — e
-lasciata in disparte la smania di considerare la
-città vicina, il villaggio della stessa costa inferiore
-al natale, esso ha ragione. La via ferrata,
-i piroscafi, la nuova strada al Ticinese faranno
-con eloquenza assai maggiore della mia comprendere
-che le sponde del Verbano su per giù
-non sono che una grande famiglia sotto un medesimo
-tetto.
-</p>
-
-<p>
-Chi non ha inteso parlare dei contrabbandieri
-del Lago Maggiore? Una volta — le date
-sono inutili — c'erano, e tomi indiavolati da
-tenere in sussulto le tre finanze; quistioni economiche
-<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span>
-che si risolvevano sovente con schioppettate,
-legnate a josa ed altre galanterie da
-ambe le parti. Molti contrabbandieri — non
-quelli che arrischiavano al gioco la pelle — arricchirono;
-la leggenda susurra che molti finanzieri
-si rimpolparono: ora chi ne seppe ammassare
-li gode; i tipi drammatici scomparvero
-ed il Verbanese non è ora più tenero del contrabbando
-di quanto lo sia ogni abitante di
-confine.
-</p>
-
-<p>
-Del resto — quà in un orecchio che nessuno
-ci senta — messa lontano la quistione del peccato
-— chi non si sente solleticare dalla tentazione
-del frutto proibito? Chi non è sotto
-qualche aspetto contrabbandiere? L'amante vorrebbe
-farla alla barba del Bartolo o del marito;
-il poeta introdurre di soppiatto un'idea birbona
-che <i>minerà l'edificio della tirannia</i>, e molti scrittori
-e librai arricchire l'opera e lo scrigno,
-malgrado la <i>proprietà letteraria</i> — avvenire.....
-Oh! s'io potessi, senza che voi ve n'avvedeste,
-contrabbandare qualche imaginosa fantasia da
-cacciare lo sbadiglio dalle vostre labbra!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Non v'è mai capitato no di condurre un bimbo
-a compra di balocchi pelle strenne di capodanno?
-</p>
-
-<p>
-In mezzo a tanti cavalli, soldati e generali e
-cannoni di legno, eroi dal capo di cartapesta,
-asini col pelo, e pupazze cogli occhi vivi di cristallo,
-pallottole, racchette, cerchi, palloni volanti,
-archi e freccie come al tempo in cui Amore
-saettava, tamburi per rompere la testa
-<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span>
-ai vicini, trombe da chiamare in casa l'emicrania,
-fischietti e scuriade ed altri amenissimi
-trovati per assordare il mondo e rompere le
-scatole a chi li ha in casa, in mezzo a questo
-caos babelico il piccino non sa che scegliere;
-l'uccello dalle penne dorate par vivo; ma il cane
-abbaia...... la carrozzina corre in giro da sè
-stessa..... Così avviene a me in cerca d'un romitaggio
-ove riposarmi qualche giorno. Sesto-Calende,
-malgrado il nome romano, le memorie
-d'Annibale, l'antica abbadìa, i barconi che scendono
-il Ticino che vi sgorga dal lago, non mi
-rattiene. Di contro, a Castelletto su Ticino, ho
-perduto mezza giornata fantasticando, attorno al
-castellaccio, sui casi della Bice del Grossi. Angera,
-la città del sole — da non confondersi
-con quella di Campanella — mi rammenta un
-proverbio laghista, alla cui sola memoria mi
-sento bagnare la camicia. Ispra, quasi sul piano,
-in fondo ad un seno deserto, colla prospettiva
-di ampio tratto di lago e del Vergante..., ma
-il mausoleo alla contessa Castelbarco inspira
-troppo mesti pensieri.... Lesa tranquilla in placido
-golfo.... Belgirate ariosissimo.... Veh! Dimenticavo
-di notare come sia impossibile vedere
-la sponda destra del lago senza guardare
-ed ammirare l'ampia e solidissima strada al
-Sempione che si stende, a seconda dei seni e
-dei promontori, come un orlo bianchissimo tra
-la verzura della pendice e l'azzurro dell'onda.
-Non ultimo vanto di Napoleone è quest'opera
-degna dei grandi secoli di Roma. Al pari di
-Roma egli lasciò dovunque traccie di quel genio
-che volava sì alto sull'ali dell'aquile vittoriose
-da obbliare come gli uomini di quaggiù
-<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span>
-fra le altre miserie hanno un cuore. Tuttavia
-non v'ha, credo, Italiano che, malgrado il ricordo
-dell'ingratitudine sua verso la madre, la
-quale pure sola lo amò senza tradirlo mai e
-gli perdonò senz'amarezza di rimproveri, non
-abbia dimenticato Campoformio al racconto della
-passione di Sant'Elena.
-</p>
-
-<h3 id="parte1-7">VII.
-<span class="smaller"><i>Lesa e Manzoni. — Ciarle letterarie. — La calma.</i></span></h3>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Oh! quante volte ai posteri</p>
-<p class="i01">Narrar se stesso imprese,</p>
-<p class="i01">E sull'eterne pagine</p>
-<p class="i01">Cadde la stanca man!</p>
-</div></div>
-
-<p>
-— Anche voi discendete qui? Mi chiese un
-biondo Alemanno che m'aveva udito susurrare
-a mezze labbra la bella lamentazione del Manzoni
-alla morte di quel fatalissimo.
-</p>
-
-<p>
-— E perchè no? Risposi a quella simpatica
-fisonomia. Voi scendete per...?
-</p>
-
-<p>
-— Vedere quel poeta i cui allori furono invidiati
-dal nostro grande Goethe.
-</p>
-
-<p>
-— Manzoni? qui? Allora ad un tratto mi
-parve che l'aure ripetessero in flebile armonia
-gl'inni, i cori e le scene dell'Adelchi e del Carmagnola,
-gli episodii dei Promessi Sposi.... A
-terra!
-</p>
-
-<p>
-Mentre da Belgirate ricorrevamo verso la vicina
-Lesa, l'Alemanno si meravigliò meco che
-gl'Italiani ignorassero dove dimorava l'immortale
-<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span>
-cantore. Il poverino ignorava che Manzoni
-aveva da non pochi anni pubblicate le opere
-sue migliori senza che gl'Italiani le avvertissero,
-quando Goethe, scopertone per caso il genio,
-gli schiudeva colle sue lettere l'immortalità.
-Ignorava che pochissimi illustri Italiani
-debbono la loro fama all'entusiasmo od alla riconoscenza
-de' paesani, e moltissimi la devono
-agli stranieri. Beccaria crebbe tosto in rinomanza
-per Voltaire, Morellet, Catterina II. Il
-Tedesco credeva che in Italia si leggessero avidamente
-gli scritti della nazione come in Germania.
-Non sapeva che qui, all'infuori de' compilatori
-e degli altri racapezzatori di libri, tristo
-chi aspetta un pane dall'arte!
-</p>
-
-<p>
-Quantunque io avessi detto più che non era
-forse necessario sull'ingrato tema, il dabben
-giovane insisteva con mille interrogazioni sulle
-abitudini del cantore; sicchè per troncarla, gli
-sfoderai ad un tratto che anche in Germania
-Mozart, il divino Mozart era morto miserabile.
-Quelli, a dir vero, erano altri tempi, meno gonfi
-di civiltà....... Intanto eravamo pervenuti alla
-prima palazzina di Lesa: ivi soggiorna sovente,
-nell'estiva stagione, il cantore di don Abbondio.
-La cera di quell'abitazione è pacata come la
-figura di fra Cristoforo. Venne ad aprire un
-vecchio senza livrea. — Il conte è in casa? —
-Egli ne introdusse senza fare motto. Annunciatici
-come desiderosi di sue novelle, e, se
-era possibile senza suo disturbo, di avvicinarlo,
-il servo che ne aveva uditi coll'indifferenza di
-chi sente spesso la medesima canzone, entrò
-lemme lemme nelle stanze interne. L'emozione
-era tanta che m'impedì di pensare ad ogni altra
-<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span>
-cosa, anche a dare uno sguardo alle semplici
-supellettili che arredavano l'abitazione. Ma ecco
-sentiamo nel salotto vicino una pedata: è il
-servo che ritorna forse a dirne....... Ne apparve
-fra la mite luce della stanza la veneranda dolcissima
-fisionomia del poeta. Ci movemmo balbettando
-verso di lui. Palpitavamo di religiosa
-riverenza. Il nostro cuore batteva con sussulto:
-anche noi vedremo, parleremo con lui!
-</p>
-
-<p>
-Non so il come, ma cinque minuti dopo ogni
-nostra esitazione era dissipata: nella fuggevolissima
-ora scorsa al suo fianco, ne parlò del
-lago, delle sue passeggiate, delle cose presenti,
-senza entrare in quelle disquisizioni critiche,
-dove sogliono annegarsi i letterati. Con un semplice
-motto chiuse la bocca agli elogi dell'Alemanno,
-senza quell'affettata modestia, sotto
-l'usbergo della quale certi professori di lettere
-sogliono cicalare due ore difilate delle loro scoperte
-Americhe nell'arte.
-</p>
-
-<p>
-Alessandro Manzoni ne accordò — quanto non
-speravamo — una stretta a quella destra che
-vergò le pagine ove armonizzano concetto e
-forma, ragione e fantasia, la vera essenza del
-genio! Dio solo sa poi quanto ne rincrebbe di
-non poterlo degnamente contraccambiare!
-</p>
-
-<p>
-Noto qui come, imperversante l'austriaco in
-Lombardia, fra gli assenti la <i>Gazzetta ufficiale
-di Milano</i> richiamasse <i>certo Manzoni Alessandro</i>.
-Napoleone, conquistata l'Italia, mirava anzitutto
-ad amicarsi gli uomini di merito che il fulgore
-della sua stella non aveva abbagliato. Ma gli
-Austriaci sprezzavano apertamente ogni cosa
-italiana — eccetto l'oro.
-</p>
-
-<p>
-Manzoni donò all'Italia un libro, il quale,
-<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span>
-come tutti i veri capolavori, è ad una miracolo
-di mente profonda, di cuore appassionato, e
-un'azione buona. Da lungo tempo sdolcinate
-affettazioni d'idilii in cui attori e natura portavano
-la parrucca, epilettiche convulsioni di
-novellaccie di cui non era italiana nè l'origine,
-nè l'inspirazione, nè la veste, aspirazioni evirate
-alla luna, all'indefinito, avevano fatto dimenticare
-come lungi dai salotti profumati, e
-dalle barocche capanne dei Titiri incipriati, vivea
-attorno alle città, nei campi, attiva, oscura,
-un'immensa famiglia intenta al lavoro. Il poeta
-comprese il valore del popolo, d'una gente che
-dà il pane ed il soldato, le antitesi crudeli della
-forza, della necessità col diritto. Colla dignità
-vereconda d'un'arte cristiana, senza le basse
-adulazioni di chi fa un Marcello d'ogni villano,
-bussa alle porte del povero, ne illumina le poche
-gioie, ne conforta gli stoici dolori, ne mostra
-le virtù tutte sue ed i vizi non del tutto
-suoi. Colora colle tinte della verità il quadro,
-dipinge con sicura potenza di tocco scene gigantesche,
-e ti presenta i <i>Promessi Sposi</i>, in cui
-l'arte che tutto fa non si scopre — un libro
-fra i pochi che gl'Italiani possono leggere due,
-tre e quattro volte senz'annoiarsi.
-</p>
-
-<p>
-Poichè il merito dello scrittore italiano venne
-cresimato oltralpi, i <i>Promessi Sposi</i> (che altrove
-avrebbero fruttato strepitose ovazioni e più strepitose
-somme) divennero malgrado la sonnolenza
-apatica degl'Italiani il libro più popolare
-della loro letteratura narrativa.
-</p>
-
-<p>
-Da Manzoni, Grossi, Azeglio, Cantù, Carcano.
-Grossi ed Azeglio però per vivacità di colore
-e scioltezza di disegno precedono tutti gli altri.
-<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span>
-Carcano è il poeta delle più soavi effusioni di
-cuore, il poeta della vita intima. Dopo questi
-buoni un temporale di mediocrità — non auree
-— che a passo di lumaca sulla falsariga maestra
-regalò all'Italia una moltitudine di buoni curati,
-di perseguitate, di Don Rodrighi e d'Innominati
-in diciottesimo, la quale ebbe per effetto
-di disviare sempre più dalla letteratura nazionale
-gl'Italiani.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Manzoni, Rosmini, D'Azeglio sono tre nomi
-che spargono una bella luce sul Lago Maggiore.
-Niuno dei tre nacque sulle sue sponde; ma chi
-passando innanzi a Lesa, a Stresa, a Cannero
-non ricorderà la loro dimora, le opere per cui
-il loro nome corre illustre?
-</p>
-
-<p>
-Mi ricordo che la prima volta in cui m'apparì
-Arona, tosto mi corsero alla mente le lettere
-di quell'anima sì altamente innamorata
-della natura ch'era il Foscolo, nelle quali, scrivendo
-all'amico Bottelli, si lagna spesso che i
-tempi incerti e l'indole irrequieta gli tolgano
-di riposare ancor lui in mezzo a tanto sorriso
-di cielo e di terra e d'onde.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Chi dona al volgo, inimicizia compra.</b></p>
-<p class="i12"> <i>Prov. ital.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-Le chiacchere col buon Tedesco mi fecero
-nascere molte riflessioni sopra alcune qualità
-<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span>
-negative — almeno in questi tempi — degli
-italiani.
-</p>
-
-<p>
-Credo — vorrei ingannarmi — che la gente
-italiana considerata nelle masse, fatta astrazione
-delle individualità, sia appetto delle nazioni più
-colte dell'Europa, Francia, Inghilterra e Germania,
-quella che si dimostra più apatica per
-tutto quanto sorge dalle arti.
-</p>
-
-<p>
-Non illudiamoci col passato. Tanto le individualità
-sotto ogni aspetto non patiscono confronto,
-quanto le moltitudini sono incuranti,
-senza alcun entusiasmo o slancio per tutto che
-non solletica la fregola animale dei sensi.
-</p>
-
-<p>
-Spogliamoci una volta di quel falso amore
-di patria che pretende un primato in ogni cosa.
-</p>
-
-<p>
-Un dì — giova sperarlo ed augurarlo come
-grande ventura per la nazione — conquistata
-da senno l'indipendenza e la libertà, sotto le
-rugiade feconde della pace, rigermoglierà fra
-gl'Italiani raccolti finalmente ad un solo focolare
-la religione delle arti; allora forse le sapranno
-onorare con quella riconoscenza a cui
-hanno diritto. Esse sole mitigarono colle divine
-illusioni della speranza l'acerbità di grandi dolori;
-per esse eterne le glorie, sacre le sventure
-della nazione.
-</p>
-
-<p>
-Mercede al genio fu quasi sempre sola la coscienza.
-Onoriamo la memoria dei nostri grandi:
-sbattuti dai tempi fortunosi e dall'ingratitudine
-non s'avvilirono. Siamone alteri — Se uno dimenticò
-che il dolore e la miseria avvivano lo
-splendore del vero merito, cento elessero il
-soffrire.
-</p>
-
-<p>
-Siamone superbi — nessuna nazione può forse
-menarne sì giusto vanto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma non dimentichiamo mai come finora fummo
-ingrati verso di loro.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Arco sempre teso si rompe.</b></p>
-<p class="i08"> <i>Prov. Ital.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-M'inganno, o tu non hai sentito il cuore battere
-così tranquillamente come oggi. Ho spinto
-la mia barchetta nel bel mezzo lago fra il golfo
-di Feriolo e quello di Laveno: i remi giacciono
-stillanti in fondo ad essa — quasi immobile fra
-la calma delle onde. Il corpo abbandonato a
-poppa sul tappeto, sorreggendo il capo con
-ambe le mani, puntati i gomiti sull'orlo della
-navicella, guardo l'acqua che s'increspa leggermente
-attorno alla carena, l'ampia pianura che
-riflette gli albori del tramonto — e sto pensando
-— a niente — o meglio al tutto.
-</p>
-
-<p>
-Una brezza sottile sfiora con ali delicate l'onda
-e mormora un mondo di cose. L'ascolto confusa
-colla voce delle campane stormenti a riva
-— poi il tintinnare cessa: il cielo è sereno,
-l'aria tranquilla, tutto è pace, armoniosa tranquillità
-— e allora sento più distinto il sommesso
-ciarlìo della brezza.
-</p>
-
-<p>
-— Tranquillità! Voi vi anelate nell'intimo
-dell'anima, mentre il vostro orgoglio fa della
-vita una continua battaglia! Un dì trovate la
-quiete che bramaste — il dì che per voi si
-schiude una tomba. — Nel giovin cuore avvampa
-la fiamma d'amore con slanci al settimo
-cielo — o trova ripulsa, ed erompe un grido
-<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span>
-disperato — o corresponsione, e dopo qualche
-tempo l'amore non è più che un'affinità simpatica
-di traspirazione. Dall'amore aspira alla
-gloria. Avversa fortuna, impotenza d'ali, impazienza
-la negano — o l'ottiene — morto. Deluso,
-la patria gli stende le braccia come la
-donna che sola si ama senza sazietà e senza
-rimorsi.... Ne ha — forse — ricchezze ed onori
-che galvanizzano il cuore sfibrato.... Ma dove
-la quiete che pure la natura v'insegnò ad amare?
-— Non nei trasporti dell'amore — non nella
-lotta contro l'invidia dei consorti Farisei — non
-nelle allucinazioni delle notti studiose — non
-nel tripudio dei baccanali. Bada, veh! a quanto
-ti dicono le onde sfiorate: fuggi la tempesta;
-— gli ombrosi declivi dei colli: quiete; — il
-cielo sereno: purità di desiderii....
-</p>
-
-<p>
-Ma che sarebbe degli uomini se tutti li compenetrasse
-questo soave linguaggio della natura?
-</p>
-
-<p>
-La tempesta è adunque necessaria nell'armonia
-del tutto?
-</p>
-
-<h3 id="parte1-8">VIII.
-<span class="smaller"><i>Origine storica di Belgirate, senza documenti.
-Le isole Borromee.</i></span></h3>
-
-<p>
-A Belgirate, cinque minuti oltre Lesa, passeggiai
-due ore ammirando quelle graziose palazzine
-a vari colori che difilano lungo il lago,
-sulla punta che si protende dalle colline nell'onde.
-In capo della fila sta la villa Conelli;
-in fondo in serrafila la Fontana Pino, e fra una
-<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span>
-casa ed un'altra stanno giardini, dove gli alberi
-hanno più frutti che foglie, e le aiuole più fiori
-che erbe.
-</p>
-
-<p>
-Sentite quanto trovai in antiche pergamene
-sull'origine di Belgirate.
-</p>
-
-<p>
-Pare che il grazioso villaggio se n'andasse
-una calda notte d'estate in cerca d'un sito per
-adagiarvisi. Capitano in testa e retroguardia in
-coda difilava lungo la strada del Sempione.
-Quando si trovò sull'estremo lembo del Vergante,
-sentì ad un tratto il venticello del Mergozzolo
-ed i zeffiri dell'<i>Inverna</i> sibilare armoniosamente
-nei boschi superiori emulando l'usignuolo;
-l'onde tremole baciare la sponda, diffuse
-sui sassolini mormoranti; tale una voluttà
-profumata da mille fiori penetrare dalle finestre
-nell'animo, che gli archi, le torri, i comignoli
-al soffio di quella frescura fremevano, i rosai
-stendevano le loro braccia in atto di desio ai
-cantori dei boschi, e le case stanche dal viaggio
-sentivano proprio crescersi le radici sotto ai
-piedi..... Allora un prolungato ah! di soddisfazione
-fece echeggiare la sponda d'Ispra, la fila
-si fermò, le ondine ed i silfi del lago danzarono
-sulla spiaggia; essa si trovò così bella,
-così lieta, così arieggiata dall'aure tutte del lago,
-che spossata dal piacere si adagiò sul girare
-della punta, e così fu Belgirate. Ogni giorno
-dell'estate e dell'autunno, al tramonto, allora
-che il sole indora le cime dei monti di Varese,
-la fila delle graziose palazzine è passata in rivista
-da uno stato maggiore di signorine villeggianti,
-di cui più d'una può sconfiggere un
-esercito senza colpo ferire.
-</p>
-
-<p>
-La leggenda dice, che un buon albergo il
-<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span>
-quale in quella tal notte ramingava colle case
-vagabonde, essendosi fermato per istrada ad
-aggiustare un conto un po' elastico con un Inglese,
-giunto tardi e trovato ogni posto occupato,
-fu costretto ad andarsene altrove con non
-poco dispetto degli ammiratori dei fiori, degli
-usignuoli, del venticello, delle palazzine e delle
-signore.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Bellissima fra le isole! Ti porto</b></p>
-<p class="i02"> <b>impressa nel cuore....</b></p>
-<p class="i06"> <i>U. D. Horn.</i></p>
-</div>
-</div></div>
-
-<p>
-Da Stresa, elegante villaggio appiedi al Monterone,
-grandiosa vista di tutto il golfo di Feriolo,
-la baia di Napoli del lago, e del lago sino
-a Luino; in prospetto le Isole Borromee, la Bella
-e la Madre dalle terrazze fiorite; Pallanza, Suna,
-e dieci villaggi a mezzo i monti dell'Intrasca.
-</p>
-
-<p>
-Stresa manca d'un viale per la ragione forse
-che ognuno ne ha nei propri giardini, i quali
-sono straordinariamente folti di verzura e di
-fiori come a Belgirate, Baveno e Pallanza.
-</p>
-
-<p>
-L'Isola Bella è una ricca collezione di piante
-disposte sopra varie gradinate adorne di marmi;
-il palazzo contiene oggetti d'arte preziosi;
-il tutto forma la più graziosa villeggiatura in
-cui i patrizii Lombardi abbiano profuso tesori.
-</p>
-
-<p>
-Se non garba a molti il manierismo dell'architettura
-e quel vedere ad ogni tratto la natura
-sopraffatta dalla mano dell'uomo, per tutti
-l'Isola Bella vista dalla parte prospiciente Pallanza,
-<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span>
-dove un folto bosco di piante variatissime
-rompe la monotonia delle linee, ed una serie
-di grotte ove mormora e gorgoglia l'onda del
-lago rileva affatto la massa, è spettacolo ammirevole.
-</p>
-
-<p>
-Io vorrei condurvi, o bella lettrice, a questa
-peregrina villeggiatura, approdare con voi alla
-scalona, visitare le ampie sale del palazzo, raccontarvi
-la storiella del pittore Tempesta che
-le adornò di tanti quadri dipinti nella sua dimora
-nell'isola, ammirare con voi pitture e scolture,
-e rigirati i viali ombrosi del giardino,
-cogliere un bel fiore; e — con vostra buona
-venia — adornarvene la capigliatura.
-</p>
-
-<p>
-Ma il profumo quasi eccessivo, la vista amenissima,
-il sorridere del cielo e dell'onda, la
-magnificenza della magione e la musica degli
-uccelli, potrebbero di leggieri all'ombra di un
-ananasso o d'un palmizio farmi credere d'essere
-un Nabab delle Indie, e voi, o lettrice, un
-amabile Urì..... e allora..... chi può prevedere
-tutti gli effetti di un sito incantato sulla mente
-e sui sensi del vostro compagno?..... Via, non
-temete, i miei polsi non battono frequenti, i
-miei sguardi sono tranquilli, il sangue mi serpeggia
-pacifico nelle vene, e voi non vi accorgerete
-punto che io sogni di essere un Bassà.
-</p>
-
-<p>
-L'isola Madre colla modesta sua casa, co' suoi
-giardini a terrazzi senza ornamenti, più vasta
-della Bella, quasi in mezzo al golfo, piace ad
-alcuni forse più della Bella, ove la natura sta
-più come ornamento che non base. Gian-Giacomo
-Rousseau poteva farne il soggiorno della sua
-Eloisa. Nell'una e nell'altra roseti e palmizi,
-magnolie e liane, camelie e pini e mille pianticelle
-<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span>
-di diverse patrie, che questo sole con
-mite temperie cresce ed affratella.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Il pittore che vuol dipingere un paesaggio a
-vividi colori ritragga l'isolotto dei Pescatori.
-Chi vuol conoscere come l'uomo possa amare
-uno scoglio a costo di starvi accatastato l'uno
-sopra dell'altro, entri in quella stretta viuzza
-dell'isolotto dei Pescatori. Barche rattoppate,
-reti al sole, sulla ghiaia, lungo i muri; pannolini
-e vesti a scacchi sciorinate alle finestre;
-portici oscuri, viottoli angusti, barconi di legno;
-una marmaglia di ragazzi che chiassano,
-scorre, sguizza, s'arrampica sulla spiaggia, sulle
-scale, sulle gondole; donne dalle fisonomie robuste
-ed abbronzate, intente alle chiacchere ed
-alle bisogna della vita; una chiesuola, un campanile
-che si drizza nell'orizzonte disopra a
-quelle case che gli fan ressa d'attorno per
-ispecchiarsi ancor lui nell'onde; un po' di spiaggia
-verso il nord, pochi alberi, poca verzura.
-</p>
-
-<p>
-Il lago qualche volta, la primavera o l'autunno,
-sdegna la solita sponda, gonfia, copre la spiaggia,
-lambe i piedi delle case, batte alle porte, entra
-nei pianterreni. Ecco l'isolotto scomparso, e
-tutte quelle casupole diguazzando nell'onda tranquilla
-hanno un aspetto nuovo, originale, come
-un quartiere di Cannareggio in Venezia.
-</p>
-
-<p>
-Il contrasto tra lo scoglio dei Pescatori e la
-grandiosità dell'isola Bella è sorprendente. L'aspetto
-dell'isolotto colle umili casette, colle sue
-barche fracide a riva, co' cenci all'aria, in quel
-<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span>
-cielo serenamente allegro, collo specchio dell'acqua
-che l'ingrandisce, con quella scena di
-verzura su cui si stacca vivamente non è quello
-della miseria certamente. Se l'isola Bella col
-suo grande palazzo ti fa conoscere l'opulenza
-del ricco, l'isolotto è un quadro animato dell'attività
-instancabile del povero che lotta spensierato
-colla fortuna — la quale, a quanto pare,
-non incappò mai nelle reti di un pescatore.
-</p>
-
-<h3 id="parte1-9">IX.
-<span class="smaller"><i>Don Bussolini da Mergozzo; capitolo in cui si
-dimostra chiaramente come i più beati sieno i
-poveri di spirito.</i></span></h3>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>O mente vaga, alfin sempre digiuna!</b></p>
-<p class="i01"><b>A che tanti pensier? Un'ora sgombra</b></p>
-<p class="i01"><b>Quel che 'n molti anni appena si raguna.</b></p>
-<p class="i14"> <i>Petrarca.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-Quest'oggi fui al lago di Mergozzo, limpido
-nappo che si stende per un miglio alle falde
-del monte Rosso, sulla strada che da Pallanza
-corre all'Ossola. Mergozzo poi è una terricciuola
-sulla sponda del lago, che da lei prende nome,
-la quale non ha nulla che possa attrarre il viaggiatore
-curioso di monumenti o di spettacoli
-grandiosi della natura: dopo le scene del Verbano
-si rimpicciniscono ben altre bellezze che
-non quelle della piccola conca.
-</p>
-
-<p>
-Mentre io passeggiava, rincrescevole che il
-povero zingaro nulla trovasse da far suo, passando
-<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span>
-presso la canonica del paese, casa di mesta
-apparenza anzi che no, vidi accosciato in atto
-di dolorosa meditazione un uomo dai quarant'anni
-sulla gradinata della porta. Egli teneva
-la lunga e scarna cera tra le mani affilate e
-smorte, e lo sguardo fiso nella terra, e quando
-gli passai accanto mormorò in tuon di lamento:
-</p>
-
-<p>
-— Eh! tanto gli è morto!
-</p>
-
-<p>
-Ritornai sui miei passi per meglio osservare
-l'incognito; il quale vestiva come un prete dei
-monti, di panni grossi e non troppo lindi; il
-cappello dalle tese rilevate e dagli orli spelati
-giaceva accanto a lui, come ad uomo che per
-soverchio calore del capo non lo possa tollerare
-sulla fronte. Quando io gli fui dinnanzi, ei levò
-gli occhi come smarrito, tolse di terra il cappello,
-si drizzò e voltosi a me salutando, mentre
-due grosse lagrime calavano sulle gote ispide,
-disse:
-</p>
-
-<p>
-— Sento che il poverino non è nemmeno
-morto qui, in paese! Lontano dalla sua parrocchia!
-</p>
-
-<p>
-Egli mi teneva forse per qualche terrazzano:
-nondimeno quand'egli seppe che io non era
-del paese e che anzi ignorava appuntino di chi
-parlasse, aggiunse:
-</p>
-
-<p>
-— Non è del paese..... tanto peggio o tanto
-meglio per lui. Ma, la senta, io ho un grande bisogno
-di sfogare con alcuno il mio dolore, e
-se il mio presentimento non m'inganna, non
-la vorrà deridere la fiducia d'un pover uomo....
-Esciamo dai borgo.... la veda; io arrossisco, col
-mio abito, di piangere così in mezzo alla strada...
-E sono anch'io un uomo, alla carlona, ma un
-uomo, e il pensiero che quel caro Don Bussolini
-<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span>
-sia <i>morto così male</i> mi strozza la parola in
-bocca.... Ed io non sapeva niente, io che sarei
-calato dalle mie montagne a salvarlo, io che conosceva
-quell'anima così bisognosa d'un cuore
-in cui versare la piena di tanti dolori! Ma io
-non ho saputo niente!
-</p>
-
-<p>
-Queste parole sgorgavano con tale accento di
-dolore, che io — ignaro dell'esser suo e dei
-fieri casi di Don Bussolini, me ne stava ad una
-commosso e confuso per non sapere, come avrei
-desiderato, porgere conforto a tanta ambascia.
-</p>
-
-<p>
-— Io vo' raccontargli come uno splendido
-ingegno ed un bel cuore possano perdere miserabilmente
-un uomo, quando agli studi non
-abbia conforto e direzione, e gli slanci del cuore
-ardente, appassionato, non vengano temprati dai
-consigli dell'amicizia.
-</p>
-
-<p>
-Don Bussolini era il più bell'ingegno che io
-m'abbia conosciuto in vita mia; aggiunga a ciò
-una perduranza nello studio piuttosto unica che
-rara, una memoria straordinaria e la più semplice
-indole del mondo.
-</p>
-
-<p>
-Noi stringemmo dolcissimi nodi di fratellevole
-affetto nel seminario; egli sempre il primo
-a sciogliere un problema, a trovare il motto,
-a comprendere coll'acutissima intuizione i passi
-più difficili, più oscuri dei Greci e dei Latini;
-e se noi studiavamo per guadagnarci un tozzo
-di pane o per aprire una carriera all'ambizione,
-se noi studiavamo quel tanto appunto che era
-strettamente necessario per essere promossi la
-fin d'anno, Bussolini studiava invece per dissetare
-l'ardendissima brama d'istruirsi, di sapere
-quanto più poteva. Tutta la polverosa biblioteca
-<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span>
-del seminario di Novara era volume a
-volume passata fra le mani del giovine curioso,
-e ancora quando alcuno di noi magnificava
-quella raccolta di opere, egli sorrideva....
-</p>
-
-<p>
-Alfine egli fu crismato sacerdote; pensate che
-festa! Non v'era tra quegli studiosi un solo che
-al Bussolini non profetizzasse la più luminosa
-carriera, poichè quanti dignitari della Chiesa
-erano venuti nel collegio, tutti aveva fatti stupire
-con quella strapotente facoltà intellettiva.
-La parrocchia di Mergozzo era vacante, Bussolini
-vi fu nominato, e con grande sua gioia,
-poichè la tranquillità di quella sede, la picciolezza
-della popolazione e la facilità del ministerio
-fra gente onesta ed arrendevole, gli promettevano
-largo campo a' suoi studii. Egli fu
-accolto da quella popolazione come un fratello
-ed in breve amato come un padre. Chi non lo
-avrebbe amato? A trent'anni, nell'età delle
-passioni, egli non aveva che una cura, un amore,
-una passione, lo studio. D'altronde la semplicità
-elegante de' suoi modi, la generosità del
-suo cuore sapevano cattivarsi la comune stima.
-Un bel dì, invitato già da lunga pezza a visitarlo
-nel suo novello eremo, giungo a Mergozzo;
-m'accoglie colle maggiori dimostrazioni
-d'affetto.
-</p>
-
-<p>
-— Senti, Giuseppe: non ti pare che io sia
-più giocondo dell'usato? In verità i suoi occhi
-sfavillavano di tanta luce, che io stetti un istante
-sopra il pensiero che egli avesse ricevuta la
-mitra vescovile.
-</p>
-
-<p>
-— Ho trovato finalmente, Giuseppe, quella
-luce, che io andava da tanto tempo cercando...
-A furia di brancolare fra le tenebre, giunsi alle
-<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span>
-sfere irraggiate del sole della verità, della poesia....
-ed io da tanti anni sentiva mormorare
-attorno questo nome.... Dante.... questo nome,
-che è la lingua, la coscienza, il ciclo intellettuale
-dell'Italia; sentiva, dico, questo nome, che
-mi suonava all'orecchio come un verbo misterioso
-senza presentire quanto tesoro io vi avrei
-scoperto di civile sapienza, d'arte squisitissima?
-di sublime poesia! Vedi, Giuseppe, io non mi
-accorsi della vita del mio pensiero, se non
-quando Dante m'iniziò nei mondi dell'infinito....
-Ma la mia ragione fu quasi per vacillare, allora
-che da ignaro che io era della vera bellezza,
-mi vidi ad un tratto trasportato sì presso
-al Verbo, che i miei occhi abbarbagliati da
-tanto fiume di raggi male reggevano allo spettacolo
-nuovissimo che mi si schiudeva innanzi.
-Dante m'insegna a parlare la favella della mia
-nazione; Dante mi scopre i nemici di Dio e
-della patria; Dante mi narra con parole di fuoco
-le ire umane e le giustizie divine, e mi fa
-piangere con ineffabile dolcezza sui casi di
-Francesca, della Pia e della Piccarda; Dante è
-ad una Omero e Colombo, Raffaello e Rossini!
-</p>
-
-<p>
-E mi condusse, fra altri parlari consimili,
-alla sua abitazione. Io pure aveva letto il poema
-del cantore immortale, ma l'ignoranza della
-storia dei tempi di mezzo annebbiandomi buona
-parte di quella stupenda narrazione, faceva sì
-che io non ne potessi assaporare i pregi più
-reconditi. Il poeta mi divinizzava: il filosofo
-m'atterriva.
-</p>
-
-<p>
-Quando noi fummo nel suo studialo, egli diè
-mano ad un grosso zibaldone di carte, su parte
-delle quali era scritto <i>storia</i>, ed erano commenti
-<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span>
-storici ai poema; su altre <i>teologia</i>, e
-chiarivano le astruserie di questa scienza in
-que' tempi; su altre <i>arte</i>, che parlavano dell'antiche
-e delle nascenti; <i>lingua</i>, e mostravano
-le origini latine e provenzali ed il successivo
-fondersi di buona parte dei vernacoli di tutta
-Italia, mirabili studi filologici che diceva base
-ad ogni sapere di filosofia; e su altri manoscritti
-altre denominazioni che non mi ricorda.
-</p>
-
-<p>
-Quindi mostrommi sopra uno scaffale una
-ventina di edizioni della Divina Commedia commentata
-dai più rinomati bibliofili, e sopra lo
-scaffale un'erma del poeta, cinte le tempia da
-corona di lauro, e sotto l'erma, in lettere d'oro:
-<i>Onorate l'altissimo poeta!</i>
-</p>
-
-<p>
-Così scorse quel giorno. La domane, accomiatandomi,
-con indefinibile slancio d'affetto,
-proruppe fra le mie braccia: Beppe, io sono
-felice!
-</p>
-
-<p>
-Comprendete voi, o signore, quanto quella
-parola dovesse poi suonarmi amara? Felice! Se
-per essere felice non v'ha che un mezzo solo,
-dimenticare la terra, pascersi di larve, Bussolini
-lo era! In quell'istante, o per vago presentimento
-di sventura, o perchè conoscendo io
-l'ardenza del carattere dell'amico mio, temessi
-si lasciasse trasportare dall'entusiasmo oltre i
-limiti dello studio ragionato, risposi:
-</p>
-
-<p>
-— Bussolini, guardati dalle passioni: se tu
-eccedi nella misura, il disinganno ti sarà atroce,
-forse mortale!
-</p>
-
-<p>
-— Disingannarmi? E come se la mia passione
-è tutta pel vero, pel bello, per Dio! Ma
-a che più rimembro questa storia, o signore,
-a voi cui forse nulla cale dell'amico mio, di
-<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span>
-me e di queste melanconie? Non v'è uggiosa
-questa rimembranza? No? Ebbene, quando farete
-ritorno a' vostri, raccontate ai giovani studiosi
-di gloria il doloroso racconto.
-</p>
-
-<p>
-Parecchi anni lavorò Don Bussolini attorno ad
-un nuovo commento della Divina Commedia, di
-cui conosceva omai a menadito ogni fase, ogni
-allusione, e quando io ritornai a Mergozzo credetti
-debito d'amico l'eccitarlo a scendere nella
-lizza della repubblica letteraria, pubblicando
-l'opera sua. Io fidava che l'ansietà febbrile del
-successo, gli sdegni per la critica superficiale,
-la dolcezza della lode, gli eccitamenti a migliori
-forme, avrebbero di leggieri tratto a più vasta
-sfera l'ingegno inteso in troppo ristretta cerchia
-d'azione. La battaglia sarebbe stata la vita
-per Don Bussolini. S'egli si fosse animosamente
-gettato da giovinotto fra la turba che di letterarie
-ciancie assorda il mondo, in quel caos di
-sistemi e di idee e di parole senza idee, in quel
-tramestìo di genii e di volgo, le potenze sue
-intellettive sarebbero sfuggite a quel soverchio
-concentramento, che invece d'affinare il pensiero
-colla meditazione, lo svia spesso nell'esagerazione.
-Avrebbe incontrato l'indifferente sogghigno
-dell'ignoranza plebea che crolla le spalle
-alla favella che solleva il pensiero dalla materia
-a più confortevoli aure; avrebbe forse incontrato
-l'invidia; sarebbe caduto, e allora, morto
-il poeta, rinasceva all'altare il sacerdote. O avrebbe
-vinto o sarebbe stato una gloria di più
-all'Italia. Invece!!
-</p>
-
-<p>
-A' miei eccitamenti rispose che da qualche
-tempo sentiva crescere nell'anima il bisogno
-d'espandersi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span>
-</p>
-
-<p>
-Scrisse a diversi librai: risposero i tempi
-volgere sì nefasti alle lettere, il mondo curarsi
-sì poco dei libri, che se Dante istesso fosse rinato
-con un nuovo poema, assai difficilmente
-avrebbe trovato un editore... Per quanto dura,
-era verità. Il giornale ammazzò il libro. A chi
-legge libri poi gli oltremontani ammaniscono
-un quotidiano pasto di oscenità al massimo
-buon prezzo. Seppi che Don Bussolini, ignaro di
-ogni cosa di questo mondo e anzitutto delle
-miserie di chi vuole lottare contro all'indifferenza
-e l'avarizia speculativa di certi editori,
-restò talmente sopraffatto da questa inaspettata
-rivelazione di cose che non aveva trovato nei
-libri, che stette molti giorni come uomo trasognato.
-</p>
-
-<p>
-So questi suoi affanni, e vengo a consolarlo.
-La veda, per ingegno io in paragone del mio
-amico era la formica presso l'elefante; ma io
-dalla prima gioventù aveva imparato assai sul
-gran libro della società umana io sono sempre
-stato uomo, e lui invece quando di poeta...
-Ma, Gesummaria, di questo anche troppo le
-dirò!
-</p>
-
-<p>
-Trovai Don Bussolini chiuso in casa, mentre
-per l'innanzi egli soleva studiare passeggiando,
-perocchè lo spettacolo della natura, egli diceva,
-invece di distralo, armonizzava felicemente in
-lui collo studio. Allo stropiccìo dei miei piedi
-si volse, s'alzò in furia dal tavolo a cui stava
-tutto intento sopra un librone, e gettatemi le
-braccia al collo, avvinghiandosi affettuosamente
-alla mia persona, sclamò:
-</p>
-
-<p>
-— Benedetto il mio Beppe! Tanto ti aspettava!
-</p>
-
-<p>
-— Delusioni, non è vero, o Bussolini?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span>
-</p>
-
-<p>
-— No, non delusioni, ma una scoperta, che
-per me si è una vera America della mente. Siedi
-e ascoltami attentamente. Io non so se gli editori
-abbiano o no ragione: so però che io non
-ho acquistato un nome, per cui mi si debba
-aprire un varco nella ressa che assiepa il tempio
-della gloria! Ma ora il mio buon genio mi
-additò un mezzo portentoso, irrepugnabile, per
-cui il mio nome volerà ben oltre i confini della
-povera Mergozzo!
-</p>
-
-<p>
-E mi spiegò come il poema dantesco contenesse
-in se stesso quasi un altro poema, quando
-si trovasse il modo di scoprire il senso recondito
-in ogni terzina capovolta, rifusa, senza
-però nulla togliere, od aggiungere delle parole,
-conservando così e numero e dizione: aggiungeva
-poi che ogni terzina era strettamente legata
-alla susseguente pel senso, cosa che ad
-evidenza dimostrava, che l'Alighieri aveva impresso
-ne' suoi canti questa doppia espressione,
-manifesta fattura del vate divino, e non frutto
-di un casuale gioco di parole. La Divina Commedia,
-contemplata da questa faccia, non era,
-al dire del Bussolini, creazione meno gigantesca
-per concezione e profondità di pensieri.....
-</p>
-
-<p>
-Poco tempo dopo ricevo novelle dell'amico
-mio; sì grande per lui la necessità di trovare
-un essere che comprendesse il suo trovato, i
-suoi studi, che egli partiva per Milano. Ivi
-bussò alla porta di quanti avevano fama in capitolo....
-mi scriveva:
-</p>
-
-<p>
-— Beppe, è venuta l'ora da te profetizzata!
-A Milano non trovai che un'anima sola, la quale
-si sia commossa al mio racconto. Quest'anima
-benedicila con me; mi ha ascoltato senza ridere
-<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span>
-della mia favella selvaggia; — sì, ho capito di
-non conoscere il gergo dei sapienti! — Quest'anima
-mi ha dette poche e confortevoli parole.
-È Manzoni.
-</p>
-
-<p>
-Torino, Parigi, o signore, risero come Milano
-di Don Bussolini. I sapienti non hanno che
-il loro orgoglio invece d'un cuore; adunque?
-</p>
-
-<p>
-A Londra, Rossetti, blandendo l'infelice strapazzato,
-lo fece di leggieri travedere Dante
-sotto la sua gotica lente.... Ahi! come il rividi!
-Dove l'occhio sfavillante e scrutatore? Dove la
-serena fronte? Dove l'amabile sorriso? La mente
-tentennava. Disperato delle voluttà dei mondi
-intellettuali, da cui lo aveva precipitato con sì
-amaro disinganno l'altrui glaciale indifferenza,
-l'infelice con reazione che gli costò senza dubbio
-orrende torture, si gettò nelle braccia della
-voluttà della materia.....
-</p>
-
-<p>
-Alcune volte, imbandito il desco per sè e due
-<i>incogniti</i>, rinchiuso nel salotto, favellava con
-Dante e Beatrice, amaramente dolendosi di essere
-stato ingannato dagli uomini.....
-</p>
-
-<p>
-Che più?
-</p>
-
-<p>
-Rilegato per un anno nel convento d'Arona,
-quella mente, che forse avrebbe splendidamente
-sfolgorato in altra condizione, derisa, in
-odio a se stessa, vacilla, non è più!.....
-</p>
-
-<p>
-Don Bussolini moriva poco dopo in Isvizzera,
-miserabile, senza conforto nè di patria nè di
-amici.
-</p>
-
-<p>
-Signore, l'ingegno è adunque alcuna volta
-una maledizione?!
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span>
-</p>
-
-<h3 id="parte1-10">X.
-<span class="smaller"><i>L'<span class="upright">acqua</span>, canto in prosa. — Se l'acqua del Verbano
-fosse vino. — L'arca di Noè e la nautica.
-— Le guide. — La capitale del lago.
-— Pallanza. — Laveno. — Ghifa. — Portovaltravaglia.
-— Luino.</i></span></h3>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Le onde non hanno forse un'anima?</b></p>
-<p class="i14"> <i>Byron</i>.</p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-— Dove indirizziamo la prua?
-</p>
-
-<p>
-— Dove ti pare; al largo. Quest'oggi desidero
-l'acqua, lo specchio del cielo. V'ha sulla
-terra cosa alcuna più bella dell'acqua? I fiori?
-Ecco, il vento solleva in minutissima polvere
-il maroso e distende al raggio del sole un vaghissimo
-iride contesto di rose, di garofani e
-di viole. Al fondo del mare i recessi delle ninfe
-stanno ornati di perle e conchiglie a tutt'i colori,
-dal languido della rosa al vivido del garofano,
-dall'azzurro dell'ortensia (ne ho visto
-delle azzurre), al candido del gelsomino.
-</p>
-
-<p>
-V'ha forse cosa più necessaria dell'acqua?
-Sei ammalato? Acqua. Vuoi forza, elasticità muscolare?
-Acqua. E tu, come il globo, che sei?
-Per quattro quinti acqua. Chi fece la terra?
-L'acqua. Chi la nutre, la feconda, la sana? Che
-cosa è il vino? Acqua.
-</p>
-
-<p>
-Altri cantò a lungo le piante, gli angioli, i
-fiori e l'asino: perchè non canterò io l'acqua,
-<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span>
-questa madre della natura? La voluttà del correre
-su dorata quadriga e sollevare colle ruote
-corruscanti la polvere del corso più lieto di
-dame, può forse paragonarsi a quella del sorvolare
-con agile schifo sull'ali del vento le onde
-cristalline di un lago, d'un bel lago? Voga,
-voga, gondoliere: vedi come la brezza, scherzando,
-arriccia la mia capigliatura, come un'innamorata
-al suo caro? Che mi guardi dal cadere?...
-Lasciami specchiare in questo cristallo
-sì terso: forse scoprirò nel fondo qualche bella
-ondina amoreggiare fra i canneti con un silfo.
-Può mai la bella affidare le membra purissime
-a più soffice letto? Oh! come tranquilla la sorregge!
-Come l'onda increspata lambe amorosa
-e ricerca i tesori del seno ed avviticchia pudica
-il corpo candido colle treccie copiose!
-</p>
-
-<p>
-Oh l'acqua! E i fisici poterono affermare, sacrileghi,
-che dessa non è un elemento, come
-credettero i nostri padri? Dove vi fermerete,
-o insolenti, colle vostre scoperte? L'acqua è il
-primo elemento: trovatemi un poema che di
-lei non parli.
-</p>
-
-<p>
-Omero canta l'onda ch'egli sentì morire in
-un flebile lagno sui ciottoli delle sponde greche.
-Virgilio le bricconate d'Enea in faccia all'oceano,
-senza il quale come sarebbe egli fuggito
-alla passionata Didone? Come sarebbe venuto
-a fondare quella Roma che... ecc., ecc.?
-Senza l'acqua avrebbe potuto Dante fare il più
-tremendo augurio a Pisa? Ma lasciamo da parte
-Dante: questo poeta s'intende che è stato letto,
-chiosato, commentato da quanti sanno leggere...
-Dante. Per la stessa ragione omettiamo il Tasso,
-l'Ariosto e gli altri poeti italiani. Shakespeare,
-<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span>
-obbedendo a questo irresistibile impulso dei
-poeti, trasportò la Boemia sulle sponde dell'oceano,
-forse per consolarla colle libere aure
-marine del paterno reggimento degli Absburgo.
-Byron ad ogni pagina canta la tempesta del
-mare e della mente: senza il mare egli non
-avrebbe attraversato a nuoto l'Ellesponto, e non
-avrebbe scritto le più belle pagine del <i>Childe-Harold</i>,
-e non avrebbe anzitutto avuta la soddisfazione
-di far annegare il suo maestro di
-scuola nel <i>D. Giovanni</i>.
-</p>
-
-<p>
-L'acqua fa le vendette dei discepoli e dei popoli.
-Barbarossa annegava nel Cidno. La Beresina
-puniva il novello Cesare. Senza l'acqua, Mosè
-non avrebbe scampato dalle ugne di Faraone
-gli Ebrei, questa razza così degna d'ammirazione
-sotto l'aspetto politico, religioso, universitario
-ed artistico. Se questo è il più tremendo
-prodigio delle antiche scritture, delle nuove,
-dice un Intrese, il più notevole è senza dubbio
-quello delle nozze di Cana......
-</p>
-
-<p>
-Senza l'acqua, senza il mare, Venezia non sarebbe
-giunta la prima al Cattaio, e Costantinopoli
-non si troverebbe in bocca al mare dei
-Russi. Senza il mare Colombo non avrebbe scoperta
-l'America — che non si chiamerebbe America;
-— senza il mare, che sarebbe la flotta inglese
-e la fama di Nelson? Che sarebbe stato
-di Gama, di Cadamosto, di Marco Polo, di Diaz,
-di Magellano, di Cabotto? — Certamente lord
-Franklin non sarebbe perito di fame e di freddo
-nei deserti polari.
-</p>
-
-<p>
-Il mare è la sorgente delle immagini più sublimi
-dei poeti e Gian Paolo Richter, quel gran
-pensatore, come avrebbe potuto asserire, che
-<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span>
-l'idea della vita avvenire è per l'uomo quale
-un punto nell'immensità dell'oceano allo stanco
-navigatore, se....
-</p>
-
-<p>
-L'acqua (e con questa faccio punto) fornì al
-divino Petrarca l'immaginoso paragone:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">«O felice colui, che trova il guado</p>
-<p class="i01">«Da questo alpestro e rapido torrente</p>
-<p class="i01">«Ch'ha nome vita, ch'a molti è sì a grado!</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Ma tutto ciò è un nulla.
-</p>
-
-<p>
-Laghisti del Verbano, che sarebbe del vostro
-bel paese, se i campi cilestrini del vostro lago
-non fossero cristalline onde acquose, ma spumanti
-fiotti..... di Barbèra?
-</p>
-
-<p>
-Oh! da quanto tempo, o Verbano, tu saresti
-una conca asciutta come il palato dei tuoi intrepidi
-bevitori!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-È fama, che gli antichi imitassero il cigno
-nella costruzione delle navi. Da due ore m'arrovello
-per iscoprire il prototipo delle barche
-verbanesi, e mio malgrado non trovo che il
-rospo. O gondole veneziane dalla chiglia tagliente,
-dal felze bruno, dalla prua addentellata,
-rimontate il Po ed il Ticino!
-</p>
-
-<p>
-Sento ora esservi tradizione che l'arca di
-Noè siasi fermata sopra un alto monte del lago,
-sopra Intra — l'arca venne copiata; il lenzuolo
-che coperse le vergogne dell'inventore della vigna
-venne issato a cima di un coso che non è
-<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span>
-più bastone e non è ancora albero; un palo
-lungo lungo a timone; ecco la nautica tradizionale
-del Verbano. La ripida discesa del
-Ticino spiega la mancanza di chiglia nei barconi
-che commerciano con Milano e Pavia; ma
-le veliere e le barchette che fanno il <i>cabotaggio</i>,
-malgrado i bei modelli introdotti dai villeggianti,
-sono sempre conformi all'arca di Noè.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Compagno, la sbagliate grossa, se credete
-che io vi vada tessendo una guida. A che una
-guida, quando il vostro sguardo è tratto soavemente
-senza ombra di sforzo al bello? Quando
-la natura si apre liberamente a voi dinanzi?
-Quale necessità di registrarne le varietà, quando
-l'armonia v'allaga di arcane dolcezze il cuore?
-A che una guida?
-</p>
-
-<p>
-Nessuno si fida delle indicazioni date per gli
-alberghi o altro simile, perchè ciò che oggi è
-buono può essere pessimo domani. Quindi non
-tutti ignorano che gli scrittori di questa sorta
-di libri, <i>qualche volta</i>, per poche lire lodano,
-col dovuto rispetto alle discipline letterarie, il
-più furfante bettoliere, e d'una trabacca pidocchiosa
-fanno un castello.
-</p>
-
-<p>
-Dopo queste premesse il lettore può pensare
-se la mia indole girovaga e selvaggia poteva
-acconciarsi, armonizzare con quelle ispide cifre
-statistiche! Di più, io sapeva troppo bene che
-per quanto mi fossi arrovellato per soddisfare
-i lettori, io non avrei secondato i loro capricci
-variabili secondo le ore della giornata. I lettori
-<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span>
-laghisti variano di brama secondo il paese,
-la villeggiatura ed il giardino..... ed ogni tulipano
-vorrebbe un inno!
-</p>
-
-<p>
-Ma se tu hai desiderio di conoscere più ordinatamente
-il paese, leggi la Guida di L. Boniforti.
-È l'unica che lessi senz'annoiarmi, anzi
-con piacere.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Non fu mai gloria senz'invidia!</b></p>
-<p class="i10"> <i>Prov. Ital.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-— Pallanza! Pallanza! Chi ha bagagli per
-Pallanza!
-</p>
-
-<p>
-Io che da varii giorni vagava pel lago e non
-era ancora sceso alla sua capitale politica, vistomi
-sorridere amabilmente da tante pianticelle
-fiorite che mi stendevano amorose le braccia,
-tosto mi lasciai vincere, e dissi fra me: <i>vada
-per Pallanza</i>, e scesi dal piroscafo <i>S. Gottardo</i>.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! scusate.... già mi dimenticavo di salutare,
-prima d'andarmene, il capitano, persona
-squisitamente cortese.
-</p>
-
-<p>
-Disceso a terra m'avviai a sinistra, ammirando
-case, palazzine e giardini, e così senz'avvedermene
-fui a Suna, la quale facendo lo gnorri
-va avvicinandosi a Pallanza, di modo che fra
-pochi anni Pallanza divorerà Suna o Suna
-mangierà Pallanza.... seppure — sempre nel futuro
-— mentre le due sorelle si confondono
-in un amplesso, non arriva dalle spalle Intra e
-ne fa un boccone. S'io fossi Intra o Suna —
-<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span>
-perdonatemi la superba supposizione — io risparmierei
-Pallanza. L'essere proprio adagiata
-sull'estremo lembo della collina che dal Monte
-Rosso declina nel lago abbracciando a sinistra
-il golfo, proprio in faccia alle isole (quella di
-S. Giovanni non può risolversi a lasciare la
-sponda pallanzese), attorniata da vaghissimi giardini;
-l'essere risparmiata nell'inverno dalle staffilate
-che la tramontana sferra senza pietà sopra
-Arona, Intra, Luino e Cannobio; di più la
-torre antica de' Barbavara, e anzitutto la sua
-posizione centrale, dovrebbero farle perdonare
-di essere il capoluogo della provincia.
-</p>
-
-<p>
-Così pensava io dondolandomi attorno ai giardini
-graziosi e coltissimi, che cerchiano la cittadina
-verso il promontorio di San Remigio,
-quando eccomi dinnanzi uno di quei tali, che
-i Toscani dicono sì incisivamente uomini-colla.
-Era di Feriolo, ed aveva stretto conoscenza con
-lui visitando le cave del granito. Vedermi, riconoscermi
-ed impadronirsi della mia persona
-fu un istante.
-</p>
-
-<p>
-— Che ne dice di Pallanza?
-</p>
-
-<p>
-— Molto bene, benchè finora i giardini e le
-palazzine alla nostrana ed alla svizzera m'abbiano
-distolto dall'entrare in paese.
-</p>
-
-<p>
-— Eh! cosa vuol vedere in paese?
-</p>
-
-<p>
-— Le case, le botteghe e chi vende e chi
-compra, le donne, e se ve ne sono i monumenti.
-</p>
-
-<p>
-— L'ha visto quel povero vescovo di pietra
-nell'acqua, sul porto? Ecco i monumenti.
-</p>
-
-<p>
-— Ho capito: Pallanza non è la sua passione.
-Eppure ho sentito che vi si trova spirito socievole
-più che altrove, e da quel po' di storia
-che ho scartabellato parmi che i Pallanzesi,
-<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span>
-quantunque ora siano annegati nel nugolo dei
-forensi e degli amministratori politici, abbiano
-indole fieramente tenace d'amor patrio. Signor
-mio, dopo d'aver visto i giardini qui attorno,
-io non mi curo gran fatto di vedere le manifatture,
-se vi sono, le carceri che vi sono, ed
-i monumenti che non vi sono. Mi pare però
-cittadina appropriata a contenere la sede politica
-del governo del lago; tanto più che, seppure
-gli operai non <i>lunediggiano</i>, parmi che il
-commercio non ingombri soverchiamente le vie.
-</p>
-
-<p>
-— Mi scusi, signore, ma la è in grande errore.
-</p>
-
-<p>
-— Ciò è possibile. Nulla di più facile anche
-colla migliore volontà del mondo, che il dare
-giudizi poco retti, quando si viaggia. E dove
-vorrebbe stabilire questa capitale del lago?
-</p>
-
-<p>
-— Senta. Arona ha già troppi intoppi. Ferrovie,
-telegrafi, poste, dogana, piroscafi e dieci
-altre confraternite governative. Di Belgirate non
-parliamo. Con tutti quei fiori, con tutte quelle
-fate ammaliatrici del bel mondo, Temi non
-avrebbe la testa a segno; Pallanza è troppo ilare;
-Intra è troppo chiassona; Cannobio troppo triste;
-Luino e Laveno....
-</p>
-
-<p>
-— Ma dunque?
-</p>
-
-<p>
-— Quale è il paese più serio del lago?
-</p>
-
-<p>
-— Ho capito, dissi fra me ridendo, e poi a
-lui: la è dunque di Feriolo?
-</p>
-
-<p>
-— O cosa c'è da ridere? Feriolo non è mica
-da meno.....
-</p>
-
-<p>
-Per fortuna mia una gentile persona di Pallanza
-m'incontrava in quel punto, del resto chi
-sa dove si finiva.
-</p>
-
-<p>
-Del resto se gl'Italiani credono una sola città
-potere essere la metropoli della nazione, Roma,
-<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span>
-perchè, disse — a morale della favola — il Feriolese,
-i laghisti non possono optare per quella
-città che crederanno meglio atta a farne la sede
-del governo?!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Il piroscafo scorre, guizza sulle onde, e la
-scena varia ad ogni istante. Intra, la città del
-cotone e dell'allegria, salve! Verrò a te quando
-mi talenterà passare la serata fra la cricca solazzevole
-dei tuoi begli umori ed una dozzina
-di fiaschi. Verrò a te, e s'io corro adesso oltre
-le tue mura, pensa che la più lunga strada è
-la più prossima a casa. Tu mi dirai forse: chi
-ama non aspetta — ed io a te: chi aspettare
-puole, ha ciò che vuole. Intanto che tu mediti
-queste scappatoie, si maturano le mie nespole.
-</p>
-
-<p>
-Laveno, un nido tranquillo a fior d'acqua,
-in fondo ad un golfo verdeggiante, appiedi delle
-montagne più singolari della costa sinistra del
-lago — lo zingaro non può dimenticare la
-bella abitatrice dalle stupende chiome.... senza
-che io te ne profferisca il nome, m'intendi;
-parlo di quella gentile il cui sorriso basta a
-diradare le nubi dalla tua fronte,..... non vo'
-dir altro — già alla sua presenza il mio labbro
-non balbettò che le solite nullaggini, ed ella
-deve avermi in conto d'un ciuco senza basto.
-</p>
-
-<p>
-Portovaltravaglia..... non ho scarpe tali da potermi
-arrampicare e dinoccolare per le ciottolaie
-dei tuoi monti senza pericolo che dopo
-un'ora di prova facciano le boccacce.
-</p>
-
-<p>
-Ghifa — voghiamo oltre; i signori della villa
-Morigia non pensano a farmene dono.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span>
-</p>
-
-<p>
-Oggebbio — troppo arrampicare troppo scendere.
-</p>
-
-<p>
-Luino, graziosissima Luino dai declivi ombrosi!
-Da Maccagno che se ne sta rincantucciato
-in seno solitario e queto — Maccagno
-deve essere stata costrutta da qualche filosofo
-stoico — alla torre fantastica dell'Agnelli sulla
-punta di Germignaga, le curve dei tuoi colli
-sono fra le più vaghe e le più arborate; sicchè
-dopo la pittoresca Angera, Laveno, e Luino, chi
-dice tutta la sponda sinistra uggiosa e deserta,
-mente per la gola con certe <i>guide</i> scritte da chi
-passò — forse — una volta sul lago...... colla
-nebbia.
-</p>
-
-<h3 id="parte1-11">XI.
-<span class="smaller"><i>Cannero ed Ettore Fieramosca.</i></span></h3>
-
-<p>
-Il seno di Cannero v'invita colla pacatezza
-dell'onde e colla benigna temperanza dell'aure
-e col riso della sua primavera precoce; l'albergo
-dei <i>Tre Re</i> spalanca le porte per accogliervi,
-se non colla splendidezza dei monarchi
-orientali, colla spontanea cordialità d'un ospite
-un po' alla carlona, ma che vi regala — a buon
-mercato — a mense frugali di quel certo rubino
-che mette in vena, e che vi farà travedere
-nell'orizzonte la stella dell'insegna. Ma facciamo
-punto, chè altrimenti qualche maligno potrebbe
-sospettare che messer l'oste abbia comprato
-con uno scotto la lode dello zingaro il quale
-finora non è in debito con quel galantuomo,
-<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span>
-e lascia gli annunzi alla quarta pagina delle
-gazzette. Anche i terrazzi co' limoneti m'invitano
-a passeggiare fra le loro ombre profumate,
-ma la villa del
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">«. . . Cavalier che Italia tutta onora»</p>
-</div></div>
-
-<p>
-mi rapisce al caro villaggio.
-</p>
-
-<p>
-La villa di Massimo d'Azeglio non ha nulla
-di monumentale, nulla di peregrino all'infuori
-della posizione: costrutta sopra uno scoglio che
-si protende nelle linfe lacustri, n'è bagnata da
-tre parti; dalla quarta guarda le ripide chine
-del monte boscato che sta a ridosso della riva
-cannerese. Da questa ha dinanzi il basso del
-lago fin oltre Laveno; da quella vede in primo
-aspetto i colli di Luino e di Germignaga, e,
-dietro, suffusi dal cilestrino dell'aria, i monti
-del Luganese; verso Cannero ne ha in vista le
-case, i vigneti, e nell'acqua i romantici castelli
-percossi dall'onda — più in là, oltre lago, la
-fronzute spalle delle erte dell'Alto-Maccagno,
-su cui fra cielo e terra biancheggiano boscherecci
-villaggi.
-</p>
-
-<p>
-All'intorno sulla spiaggia non case, nè orti;
-alberi, castagneti — il sito non poteva scegliersi
-più rimoto. La palazzina disegnava la stessa
-mano che coloriva a sì vivi tocchi l'Ettore Fieramosca,
-e se dessa non va distinta come opera
-d'arte, nulla manca in essa per rendere meglio
-agiata e confortevole la dimora. Il capace terrazzo
-a picco sul lago, innanzi alla Casina, orlato
-di fiorite pianticelle, con quelle vedute, è
-la cosa meglio acconcia per l'abile paesista e
-descrittore che, nella meditazione della natura,
-<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span>
-studia per l'arte i mutabili toni dell'orizzonte
-e delle spiagge, i contrasti e le armonie. La
-temperie del clima, la bellezza e la tranquillità
-del sito, i piaceri del lago e la solitudine che
-richiama al pensiero le tante memorie di chi è
-ad una poeta, pittore, uomo di stato e soldato,
-lo chiamano sovente a far dimora nel suo eremo.
-</p>
-
-<p>
-Il rimproccio che tutti fanno a Massimo d'Azeglio
-ed al suo maestro Manzoni è di essersi
-arrestato troppo presto in quell'arringo ove colsero
-sì gloriosi allori — ed hanno ragione. (<i>Qui,
-a vero dire, non si sa bene se lo zingaro abbia
-inteso dire che i due scrittori avessero ragione,
-od i primi; io, nella mia qualità d'editore, senza
-cantartene i perchè, do ragione agli ammiratori</i>).
-</p>
-
-<p>
-La brina dell'età non ha smorzato il brio
-vivacissimo di chi seppe fondere le pagine dell'<i>Ettore</i>
-ed il racconto del sacco di Roma nel
-<i>Nicolò de' Lapi</i>; chi non ha letto con vero solluchero
-i troppo pochi frammenti delle <i>Memorie
-degli anni giovanili</i>, scorsi girovagando in Italia
-fra lo studio degli uomini e delle cose?
-</p>
-
-<p>
-Giusti, il suo caro amico, lo sollecitava con
-amorevole insistenza alla pubblicazione di tre
-altri lavori a cui aveva posto mano, <i>Corso Donati</i>,
-<i>L'Assedio di Siena</i> e La <i>Lega Lombarda</i>.
-Che il desiderio del grande Toscano non debba
-essere più soddisfatto?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span>
-</p>
-
-<h3 id="parte1-12">XII.
-<span class="smaller"><i>Scoperta del Ticino in Italia — Locarno e Magadino
-— Diversità di sistema metrico — Il
-Re Gambrino in Italia.</i></span></h3>
-
-<p>
-I Ticinesi, malgrado gli Svizzeri oltremontani,
-sono Italiani. Della Svizzera non hanno che le
-leggi. Cielo, clima, favella, istoria più ancora
-che la stessa giacitura del paese li fanno Italiani.
-Essi sono liberi, ma il giorno in cui tutta
-l'Italia sarà libera, essi non si chiameranno più
-Svizzeri. Allora si accorgeranno che i loro altissimi
-monti li invitano a scendere nella valle
-del Po, non a valicarli per discendere fra mezzo
-ad altre razze, ad altre idee.
-</p>
-
-<p>
-I Ticinesi non mangiano che pane italiano e
-respirano aure italiane. Dippiù, chi direbbe
-Vela uno Svizzero piuttosto che un compaesano
-di Canova? I Ticinesi non dicono d'essere Italiani
-più che Svizzeri, non lo dicono mai: ma
-ad ogni ora lo provano. Il Ticino non diede i
-congiurati del Grütli, nè gli eroi di Grandson
-e di Morat, alla Svizzera, ma diede all'Italia soldati
-ed artisti famosi. I Ticinesi sono Svizzeri
-nelle sale del loro governo; ritornati al sole,
-sono Italiani. Se i Ticinesi non fossero liberi,
-sarebbero ora con noi. Essi sentono tutto il
-pregio inestimabile della loro libertà, ed ogni
-volta che l'Italiano combattè per la sua propria
-si vide al fianco un Ticinese.
-</p>
-
-<p>
-Finchè l'Italia non è libera, il Ticino è svizzero
-<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span>
-per accogliere nelle sue braccia i nostri
-profughi.
-</p>
-
-<p>
-Il golfo elvetico ha sembianze severe. I monti
-altissimi sfiancati, a gran tratto nudi, scheggiati,
-proiettano ombre rotte sul paesaggio. Ma
-Locarno è in uno dei più deliziosi siti del lago,
-come ne è una delle più belle cittadine.
-</p>
-
-<p>
-La passeggiata al Santuario della Madonna,
-lassù è piena di belle viste. Peccato che da
-Locarno si vede poco lago.
-</p>
-
-<p>
-Magadino, il villaggio del lago forse più conosciuto
-in Europa dopo Arona, è forse il meno
-degno di esserlo per tutto che non è commercio.
-Dieci case, in cui nove depositi di
-merci, otto venditori di tabacco, sette caffè, sei
-spedizionieri, cinque alberghi, quattro pubblici
-funzionarii, tre uffici, due bigliardi, e dappertutto
-un odor di formaggio che assassina.
-</p>
-
-<p>
-A Magadino capitò un giorno, in una sdruscita
-barcaccia, di cui pagò il nolo cantando
-una deliziosa barcaruola, la Poesia. Un soldato,
-che stava all'approdo, veggendo quella figura
-divinamente strapazzata, tenendola per qualche
-affare di contrabbando, la condusse nanti il
-giudice del distretto. Siccome la poverina parlava
-un linguaggio inintelligibile per le orecchie
-<i>burocratiche</i>, questi mandò per un mercante
-che conosceva varie lingue. Il nuovo arrivato
-le chiese qual mestiere esercitasse.
-</p>
-
-<p>
-— Tesso con fiori la trama della vita umana.
-</p>
-
-<p>
-— Che diavolo di stoffa è questa! sclamò il
-mercante passando colla mente in rassegna le
-tele dell'Olanda, i pizzi del Belgio, e le mussole
-della Svizzera. Diede di mano ad un <i>metro</i>, che
-stava presso al banco del giudice, e mostrandolo
-<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span>
-alla poverina, le chiese se avesse inteso
-favellare di quella misura.
-</p>
-
-<p>
-Smarrita da tanta sconoscenza, ella, che pure
-aveva cantato tante glorie e consolato tanti dolori,
-fuggì ratta, e da quel dì più non si vide
-attorno.....
-</p>
-
-<p>
-Malgrado il continuo va e vieni di piroscafi,
-di barche, di vetture, di carri, di bestemmie
-e di pugni fra vetturali e facchini, noi passammo
-una deliziosa serata all'albergo del Belvedere,
-ammirando dal balcone esteriore della casa il
-bel golfo ticinese riflettere gli ultimi chiarori
-del sole che tramontava incendiando le nubi
-che coronavano le vette della Valticino, mentre
-il <i>maître d'hôtel</i> ne raccontava le avventure dei
-suoi viaggi.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Sulla bella via che tende da Locarno a Bellinzona
-v'ha una graziosa casetta, che si pavoneggia
-in mezzo ad un giardino senza fiori. La
-domenica v'è un chiasso da non dirsi di strilli
-musicali, di danzatori che s'avvolgono in un
-turbine polveroso, di battimani degli assistenti,
-in mezzo ad un va e vieni di ciotole di birra;
-che quella è una birreria, la più bella, la più
-frequentata di Locarno. Una brigatella di suonatori,
-ignoro se di mestiere — non posso dire
-dell'arte — o dilettanti, — nel caso sono pur
-discreti a dilettarsi con sì poco! — soffiava a
-tutto polmone negli strumenti più o meno assordanti,
-inaffiando di quando in quando la gola
-riarsa con un sorso di spumante birra. I
-danzatori — i maschi stavano alle femmine in
-<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span>
-ragione del cento per uno — mescevano di
-quando in quando birra alle danzatrici, mentre
-i curiosi in giro e gli altri avventori ai tavoli
-in giardino, sullo steccato dinnanzi alla casina,
-gridavano battendo colle ciotole vuote: birra,
-birra! Io chiusi gli occhi — e, meno l'assenza
-dell'armonia nei chiasso strumentale — mi pensai
-di essere in Germania con un <i>schop</i> in mano
-e l'inevitabile pipa in bocca.
-</p>
-
-<p>
-E mi parve di sentire attorno la lingua di
-Klopstok raccontare la curiosa leggenda di Gambrino,
-il quale, come Noè il vino, scopriva la
-birra, e meritavasi così di essere raffigurato
-tra Schiller e Goethe su tutte le ciotole delle
-birrerie tenere della gloria alemanna. Vispe e
-procaci ragazze correvano attorno servendo lo
-amarognolo liquore, e ritraendone il prezzo e
-per giunta lo scoccare d'una interrogazione galante
-o d'un bacio sulle umide mani; una sottile
-nebbia piena di visioni cominciava ad avvolgere
-coi veli incerti la sala..... Quell'avventore
-pensieroso era senza dubbio Fausto. —
-Quell'altro dalle unghie lunghe e la barba da
-caprone, se non spirasse la fatua gloria di un
-damerino provinciale, sarebbe senza fallo Mefistofele
-— quel tale che parla sì forte di patria
-e di forche pei tiranni è forse l'ombra di
-qualche Niebelungo in sessantaquattresimo —
-là una zingara che studia su fatidiche carte la
-vostra sorte — qui una canzone di Körner, più
-in là dal crocchio di studenti una lezione eretica
-di Strauss.....
-</p>
-
-<p>
-Io era ingolfato in piena Germania, e stava
-per essere anch'io della partita, quando un vicino
-importuno sclamò:
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Io vi ripeto, che per un bicchiere di vino
-delle Fracce do tutta la birra e la birreria,
-colla musica per soprappiù. Che volete? sono
-Italiano!
-</p>
-
-<h3 id="parte1-13">XIII.
-<span class="smaller"><i>La malinconia a Cannobio — Non tutti i cattivi
-principii hanno cattiva fine — All'indiscreto
-lettore.</i></span></h3>
-
-<p>
-L'aria è soffocante: non un alito di venticello
-sfiora il lago; ma Cannobio che all'aspetto
-esteriore presi per la patria della melanconia,
-è dimora d'una costante brezza, che tutto
-mi fa fremere deliziosamente. È il più fresco
-villaggio di tutto il lago, come ne è forse il
-più freddo nell'inverno.
-</p>
-
-<p>
-Cannobio ha un aspetto originale. Adagiato
-in riva al lago fra una gola di erti monti boscati,
-presenta una serie di case variatissima.
-A destra verso la Cannobina, torrentaccio insolente,
-dieci o dodici antichissime case di pietra,
-la maggior parte delle quali in semirovina
-con finestre sfondate, usci disarpionati, tetti
-cadenti, mentre la spiaggia è popolata di lavandaie
-e di pescatori. Queste rozze topaie sono
-divise dal resto da una bella chiesuola, in cui
-— senza parlare di Bramante che la disegnava,
-nè del ricco pavimento a scacchiere di marmo
-— s'ammira una bella tela del Rafaello delle
-montagne, Ferrari Gaudenzio, rappresentante la
-discesa dalla Croce. Questo tempio sormontato
-<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span>
-da una cupola attorniata da colonnette a portico
-in giro è rivolto verso l'interno del paese.
-</p>
-
-<p>
-Dal tempio, che così visto dal lago non è
-meno bizzarro del resto, corre una fila di case,
-l'una dall'altra diversa, innanzi a cui s'innalzano
-antichi platani, che ombreggiano un tratto
-di terreno irregolare senza spiaggia, ma orlato
-al lago d'un muricciuolo su cui siedono e si
-appoggiano al rezzo delle piante foltissime ragazzi
-e fanciulle ed i faniente del paese. Di
-queste case una presso la chiesa ha la figura
-di una casa lombarda del <span class="smcap lowercase">XVI</span> secolo: varie
-iscrizioni in marmo dormono sul muro grigiastro
-fatto più scuro dal contrasto dei muri
-vicini a colori vivi, qua e là un po' scoloriti
-dalla pioggia, come quelli delle villeggiature
-della Liguria. Quell'altra ha le inferriate gibbose
-alle finestre ed i balconi e le persiane e
-le tende delle case spagnuole. Poi nella ressa
-che fanno, stringendosi una addosso all'altra,
-per stare a vista del lago, un altro gruppo di
-case a portici, a piani sporgenti, slavate, scornicciate
-dal vento e dal tempo. Ecco Cannobio
-dal lago. Entrate, se è possibile, girando lungo
-la Cannobina dalla parte opposta, non lo riconoscerete.
-Un'ampia, lunga e pulita via adorna
-di belle abitazioni, una piazza con un bel tempio
-vi fanno affatto ricredere che il borgo sia
-un ammasso di trabacche annerite e spiombate
-come da buon tratto della sponda.
-</p>
-
-<p>
-Si direbbe che l'egoistico amore d'una tranquillità
-assoluta abbia vestito così tristamente
-la fisionomia esteriore della borgata per tener
-lungi ogni contatto straniero. Il laghista è generoso,
-ma poco socievole.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Passai varii giorni al rezzo dei platani di
-Cannobio. Tramontato il sole, in gondola. La
-sera vogava attorno alla rupe profonda di Pino,
-grazioso paesello sopra un erto promontorio
-vestito di castagni e che si pavoneggia mirandosi
-addoppiato dall'onda.
-</p>
-
-<p>
-Ritorniamo ad Intra; cerchiamo un barcaiuolo.
-Una ventina stanno alla spiaggia, parte racconciando
-attrezzi di pesca, parte dormendo distesi
-lungo il muricciuolo all'ombra dei castagni.
-Questo giovane tarchiato dallo sguardo insolente
-e col frusto di sigaro fra i denti, mi
-garba assai. Questo vecchio con quella nidiata
-di ragazzacci attorno è un vero tipo di quegli
-apostoli che il vigoroso pennello di Tintoretto
-scolpiva sulla tela a Venezia.
-</p>
-
-<p>
-Mentre io me ne stava guardando l'animato
-quadro, che mi si spiegava dinnanzi, apparì
-non so di dove una bella creatura, diciottenne,
-bionda come un'Inglese e tutta spilloni d'argento
-alla nuca, come la Lucia dei <i>Promessi
-Sposi</i>. Ella venne presso uno schifo legato a
-terra e vi depose un paniere. Quella testa era
-stupenda; non era un profilo greco e qualunque
-pittore l'avrebbe plasmato qual era. Sulla
-sua fronte non si leggeva un pensiero che non
-fosse di gioia; il sole le aveva indarno abbronzato
-il viso, mentre il collo appariva, sotto il fazzoletto
-rosso, di rara bianchezza..... Non parliamo
-di grazia del suo collo piegato a leggera
-curva più grassoccio che magro. Il petto ricolmo
-<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span>
-palpitava sotto una vestina, che aperta
-mostrava una bianca camicia raccolta a sottili
-pieghe. Due scarpe quadrate malfoggiate tradivano
-un piede snello, irrequieto.
-</p>
-
-<p>
-Saltò nella barca con agilità e mi sorrise.
-Che faccia la barcaruola? Perchè no? Ne ho
-viste tante ad Intra! E colla maggior grazia
-del mondo:
-</p>
-
-<p>
-— Vorreste, bella ragazza, noleggiarmi la vostra
-barca?
-</p>
-
-<p>
-— <i>Smorbion</i>! Mi rispose seccamente, mentre
-quel certo vecchio del Tintoretto senza nemmeno
-toccarsi il cappellaccio di paglia con un
-piglio tra l'arrogante e l'offeso mi si era piantato
-dinnanzi, tra me e la forosetta.
-</p>
-
-<p>
-— Cosa vuole da quella ragazza?
-</p>
-
-<p>
-— Ve lo dirò, quando mi avrete spiegata
-quella parola <i>smorbion</i>.....
-</p>
-
-<p>
-— Quella parola vuol dir insolente, petulante,
-cattivo soggetto.
-</p>
-
-<p>
-Davvero che quel vecchio animandosi, imporporandosi,
-mi diventava sempre più interessante;
-il petto velloso scoperto, gli occhi
-ancora raggianti di forza, i lineamenti improntati
-dalle tramontane, m'impedivano affatto di
-irritarmi.
-</p>
-
-<p>
-È inutile dire, che dopo poche parole il vecchio
-era tranquillo sulle proposizioni da me
-fatte a quella tosa, e che il cerchio ragunatosi
-d'allocchi desiderosi di essere spettatori d'una
-scena di pugilato, rimase con tanto di bocca
-quando mi vide saltare col vecchio nella barca,
-ove già stava la bella Peppina.
-</p>
-
-<p>
-La Peppina se ne andava a Maccagno: perchè
-non v'andrò io pure? Una mezz'ora con lei
-<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span>
-merita una visita a Maccagno. Nella gondola
-entrambi seduti a poppa, ella non era più così
-sospettosamente selvaggia. Non vi parlerò nè
-delle sue belle treccie, nè delle sue scarpe
-troppo grandi, non del corallo delle labbra, nè
-degli occhi azzurri come il lago, nè delle sue
-calzette bianche di bucato. Ma perchè non dirò
-che un eroe avrebbe desiderato di riposare il
-capo su quel petto palpitante di vita e d'amore?
-Nel paniere erano frutta: ne mangiammo assieme;
-scendemmo a Maccagno, salimmo una
-lunga erta boscata ed ombrosa in cima alla
-quale un piccolo villaggio.
-</p>
-
-<p>
-Passai qualche giorno a Maccagno fra la pipa,
-i disegni, i racconti, che la cara forosetta mi
-narrava sulle sponde dell'ameno Delio, percorrendo
-i boschi, e..... Che cosa è questo ammiccare
-degli occhi, garbato lettore?
-</p>
-
-<p>
-— Finisci adunque la frase.
-</p>
-
-<p>
-— Nossignore. Merita forse che io le faccia
-vedere i bei granchi a secco che la piglia,
-quando vuol dar retta alle mormorazioni della
-più volgare malizia? Se non capisce lo scopo
-dei miei racconti, peggio.....
-</p>
-
-<p>
-— Ho capito. Vorresti darmi ad intendere,
-che la laghista, popolana, è tanto amabile e generosa,
-stretta conoscenza, quanto è ritrosa e
-selvaggia, a primo incontro.
-</p>
-
-<p>
-— In verità, che se non fosse mio lettore
-le direi, in confidenza, che l'è un pesca granciporri...
-La laghista sotto ogni aspetto è più
-cara del laghista. Il sorriso del cielo e del
-paese le persuadono l'amore. Ma teme l'amore
-e lo sfugge volentieri... Innamorata è la donna
-— a quanto mi si disse — più generosa del
-<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span>
-mondo. Quante volte le grazie femminili temperano
-la volgarità maschile, qui come dapertutto!
-Le aggiungerò, signor lettore, che se i
-laghisti non fossero gelosi come tutti gli altri
-italiani, io vorrei intonare un inno, a grande
-orchestra, alle gentili abitatrici delle sponde
-verbanesi.... Torniamo dunque in buona pace
-alla Peppina. Se m'avesse risposto a Cannobio:
-</p>
-
-<p>
-— Signore, questa barca non m'appartiene;
-io non avrei passato una settimana lassù. Dopo
-questa, la bella Peppina partiva per Milano lasciandomi
-a ricordo una folla di pazze leggende,
-con cui aveva popolato i castelli di Cannero e
-i boschi di Maccagno.
-</p>
-
-<p>
-Che andava a fare a Milano? A cangiare di
-scarpe, mi rispose sorridendo. Ad ogni modo
-la fortuna ti sia propizia!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-— Compagno mio, voi mi tenete il broncio,
-e mi pare di non avervene data cagione. Vi
-compatisco: il pensiero corre qualche volta laggiù
-fra le mura della vostra città... Voi non mi
-rispondete? Mi guardate sospettoso... Sotto il
-saio sgualcito, fantastico dello zingaro, Dio sa
-chi potrebbe nascondersi, n'è vero? L'abito abbottonato,
-una mano sulla tasca, un'educata
-smorfia di noia sulle labbra... La cera ed il
-silenzio parlano qualche volta con rara eloquenza.
-Chi sa quanti sotto queste spoglie non
-avrebbero sospettato un giornalista ricco di speranze
-e d'appetito in cerca d'<i>associati</i>; un aspirante
-al Parlamento in giro pel circondario
-<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span>
-promettendo il ritorno dell'età dell'oro; un
-commesso di libraio che pretende colla minaccia,
-o la borsa o la vita, <i>una firma</i> per un'opera
-mai più vista, a cui posero mano cielo e
-terra!
-</p>
-
-<p>
-— Zingaro, mi pare che voi m'abbiate promesso
-di guidarmi dal Verbano alla Svizzera
-per l'Ossola e la cosa va alle calende greche.
-Sono oramai stanco di asolare. Alla fin fine che
-m'avete voi fatto vedere? Invero io m'aspettava.....
-</p>
-
-<p>
-— Una lanterna magica o un cicerone di
-piazza?
-</p>
-
-<p>
-Se desiderate <i>vedute</i> compratevi delle fotografie.
-Vorreste forse sapere il nome di tutto
-ciò che sfila dinanzi agli occhi? Vorrei potervi
-dire il nome dei signori di questa e di
-quella villeggiatura; ma per mia disgrazia non
-oso ficcare il naso oltre il cancello del giardino
-per aspirare ad aperte narici l'olezzo dei
-miei carissimi fiori..... Se in quell'istante capita
-il portinaio, arrossisco come un ladro, tanto
-più che è difficile che m'inviti ad entrare. Cogli
-zingari, si è già troppo cortesi quando si lasciano
-traguardare da un'inferriata. Pensate,
-se mi capita un grazioso signore, se io con
-questa maledetta indole oserei dirgli:
-</p>
-
-<p>
-— Servitor suo, io sono uno zingaro, ma di
-quelli che rubano solamente cogli occhi e col
-naso... mi permetta... scombicchero un libro...
-farò cenno e lode di lei... Scusi... per mia regola...
-a che ora pranza? Non voglio disturbarla...
-— Metterei la mia rispettabile schiena
-a rischio di farsi gramolare.
-</p>
-
-<p>
-Con questo sistema, scrivendo difilato di tutto
-<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span>
-e di tutti, io, sapendolo fare, avrei scritto un
-librone in-folio, ed il lettore non l'avrebbe comperato
-per non saperlo ficcare in tasca. È vero,
-salto di palo in frasca; ma v'assicuro che ciò è
-unicamente per darvi agio a respirare. Insomma
-ditemi il vostro piato.
-</p>
-
-<p>
-— Voglio dirvi che voi non mi avete ancor
-dipinto qualche singolarità in mezzo ad una
-natura pur singolare per varia bellezza.
-</p>
-
-<p>
-— Giuggiole! E dove la prendo io?
-</p>
-
-<p>
-— Lo scultore del fango forma una Venere, e
-voi mi fate viaggiare in lungo e in largo il
-lago........
-</p>
-
-<p>
-— Annoiandovi?
-</p>
-
-<p>
-— L'avete detto. Voi non mi parlate che degli
-alberi, delle montagne e delle onde. Pare che
-il lago non sia abitato.
-</p>
-
-<p>
-— Ma e Manzoni e Massimo d'Azeglio?
-</p>
-
-<p>
-— Eh! Si conosceva come gente di casa,
-quando voi senza fallo eravate ancora cullato
-dalla balia colla cantilena del ninna nanna.
-</p>
-
-<p>
-— Che volete? Conversare dei morti non mi
-talenta, e dei vivi, quand'anche potessi loro conferire
-l'immortalità, non ne ho punto voglia.
-Se alcuno non trova il suo tornaconto, se la
-pigli col lettore indiscreto. I nomi maiuscoli di
-quelli che fanno parlare di sè in Italia, è inutile
-che io li ricanti. Parlare di sconosciuti è cosa
-poco allettevole per voi e pericolosa per me,
-chè nella lode non avrei sempre la sanzione dei
-conterranei del genio incompreso.
-</p>
-
-<p>
-Tutto il lago possiede uomini d'ingegno vivace,
-senza farne però gran caso: tutti i libri
-di laghisti pubblicatisi vi ebbero pressochè
-nessun esito. Non avete mai veduto in un frutteto
-<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span>
-un albero chiomato di fronde rigogliose
-di fiori e di frutta lasciarsi involare dal vento
-i più odorosi e le più saporite? Il laghista non
-legge.
-</p>
-
-<p>
-La popolazione industre, laboriosa ama il litro
-più del libro... Chi oserebbe rimprocciarnela?
-Lo stesso lord Byron direbbe che hanno
-ragione.
-</p>
-
-<h3 id="parte1-14">XIV.
-<span class="smaller"><i>La tempesta sul lago. — Quando non si fanno
-cerimonie.</i></span></h3>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>È cosa curiosa l'amore della vita!</b></p>
-<p class="i10"> <i>Un beccaio.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-Un'immensa nube nericcia s'addensava sui
-monti che rinserrano il lago al nord; il lampo
-di quando in quando guizzando in quell'oscuro
-vôlto rischiarava un istante i profili rotti delle
-montagne. L'aria soffocante, un'afa di prigione
-senza uno spiraglio, nessun tuono ancora.
-</p>
-
-<p>
-Verso le supreme cime dell'Ossola le nevi
-rischiarate dal tramonto, contrastavano coll'orizzonte
-come luccicanti armature mal celate
-sotto la bruna cappa d'un antico cavaliere.
-</p>
-
-<p>
-Il Mergozzolo, che d'ordinario soffia un alito
-di frescura sul golfo delle isole, pareva addormentato
-sui morbidi cuscini della sua verzura.
-Ma in fondo del lago, dalla pianura lombarda,
-sorgeva una straordinaria cortina di nubi rossiccie,
-sanguinose, che toccavano il cielo. Ad
-<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span>
-un istante, mentre i laghisti mirano le barchette,
-che s'involano con rapido alternar di
-remi dal mezzo della tremula pianura, un rombo
-lontano, crescente, incessante annunziò la tempesta
-colle sue artiglierie.
-</p>
-
-<p>
-Il vento inferiore o <i>inverna</i>, si scatenò subitamente
-sul lago, che si coprì tosto di spuma
-leggera, di piccole onde e in meno che il dico
-di grandi cavalloni, i quali emulando i marini
-venivano ad abbattersi sulla ciottolaia della spiaggia
-con un lungo stridìo.
-</p>
-
-<p>
-Sulla strada che orla il lago il turbine avvolgeva
-la polvere in altissimi spirali, in cui
-tratto tratto sparivano le vetture, le persone,
-gli animali fuggenti qua e là. A riva, le lavandaie
-malgrado il loro affaccendarsi a raccogliere
-i panni sciorinati, a gettar sassi su quelli che
-erano stesi a terra, videro una miriade di lini
-variopinti preda del vento svolazzare sulla
-strada, sulle case, sul lago. L'aria era tutta polvere,
-fiori divelti, foglie, profumi, cappelli di
-paglia, non senza qualche ombrello vagante a
-grado del turbine, divelto Dio sa da quali
-manine!
-</p>
-
-<p>
-Alla calma era successa di repente la più disordinata
-agitazione; era un correre generale,
-aria, gambe, remi. Lo sbattere delle persiane
-e delle invetriate che andavano in frantumi
-precorse d'un istante un lampo vivissimo ed
-un rumoroso tuono, che fu per la tempesta
-come nella battaglia il primo fuoco dei bersaglieri
-avamposti.
-</p>
-
-<p>
-L'uragano è precipitato; la schiuma dei fiotti
-vola a larghe falde nell'aria per ricadere sopra
-la nostra gondola in finissima pioggia. Col vento
-<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span>
-in poppa, con mezza vela in asta l'<i>invernone</i>
-ne cacciò in poco d'ora dalle coste amenissime
-d'Intra fin presso Cannero. Allo svolto del monte,
-che si protende sul lago tra Cannero e Cannobio
-sotto al sasso Carmeno, il lago cambiò
-fisionomia. Un violento aquilone si abbatteva
-dalle gole del S. Gottardo sul lago. Una terribile
-lotta s'impegnò tra la tramontana e l'invernone.
-Le onde risospinte, mozzate, sbattute
-non avevano più direzione. Il lago era tutto
-bollente d'ira e di schiuma, mentre il cielo era
-tutto fuoco, ed i monti echeggiavano sordamente
-alle incessanti scariche dell'elettricità.
-Di quel lago sì variamente bello di monti e
-colline verdissime, d'onde azzurre del sereno
-del cielo nulla più appariva.
-</p>
-
-<p>
-Il vento sibilava sinistramente nelle pinete;
-le strade deserte dalla popolazione chiassona;
-le onde emulanti il furore del mare, mentre la
-grandine ed una pioggia a rovesci formavano
-una fitta cortina, fra cui apparivano in lontananza
-i paeselli a riva, a mezza costa, le isole
-in mezzo ad una tinta grigiastra. Dappertutto
-la forza, la maestà del temporale: la grazia era
-scomparsa.
-</p>
-
-<p>
-Il gondoliere abbassò ad un tratto la vela e
-fu in tempo. Le onde mentre alzavano alta la
-prua si gettavano da poppa sulla gondola. In
-quel tramestio il vento ne cacciò — i volti impallidirono
-— fra le torri dei castelli di Cannero,
-mura liscie, nere, senza porte, a picco nel
-lago da cui sorgono.
-</p>
-
-<p>
-Il loro aspetto tra il castello feudale, la prigione
-ed il covo di pirati è sinistro. Quando
-questi solitarii avanzi del delitto guardano dalle
-<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span>
-oscure occhiaie la ripa vicina, le piante rabbrividiscono.
-Più d'una divenne paralitica.
-</p>
-
-<p>
-Il vento entrando nella fessura dei muri,
-dalle finestruole, dalle fuciliere strideva orribilmente.
-Al barcaiuolo omai sfinito parve di
-sentire in quelle abbandonate stanze risa di
-scherno, che gli diacciarono le ossa.
-</p>
-
-<p>
-Mi assicurò che erano le ombre dei cinque
-fratelli pirati già re di quello scoglio. Per nostra
-fortuna l'aquilone in quel momento abbatteva
-il suo rivale: dietro al castello verso
-Cannero potemmo gettarci sopra una piccola
-spiaggia in faccia all'isolata torre della Malpaga.
-La barca tratta da quella furia di vento girò
-sopra se stessa rapidamente, passò innanzi alla
-torre, quando un'onda la sollevò in alto per
-stritolarla un momento dopo sulla scogliera.
-La notte era discesa cupa, oscurissima: in quella
-tenebrìa non si sarebbe potuto scorgere anima
-viva!
-</p>
-
-<p>
-Il barcaiuolo, tremante, accennava al chiarore
-dei lampi una frotta di spazzacamini già naufragati
-poco lungi presso Cannobio, che diguazzando
-cercavano colla rabbia della disperazione
-di salvarsi sopra i frantumi della barca.
-Quei volti gonfi, dai capelli verdastri, erano
-orribili. La caliginosa tinta lottava invano colla
-pallidezza cadaverica: gli occhi roteavano con
-sguardi di desiderio, di terrore nell'agonia. Un
-piccolo ragazzo fra i naufraghi era giunto ad
-impadronirsi d'un remo. Suo padre gli chiedeva
-aiuto, una mano per salvarsi. Il ragazzo
-attese che il padre fosse vicino, e con un colpo
-della rastia gli fracassò le cervella. L'annegato
-calò a fondo e ritornò a galla presso il figlio:
-<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span>
-afferratolo pei piedi lo sbalzò dal remo. Ogni
-frusto della barca era l'oggetto d'una lotta. Avviluppato
-nella vela, legato, soffocava il vecchio
-arruolatore di quei neri operai, invano chiedendo
-aiuto: una dozzina di ragazzi stringeva
-colle braccia convulse il corpo galleggiante di
-chi li nutriva.........
-</p>
-
-<p>
-Intanto presso Pino appiedi a quel crocifisso,
-che stende invano le braccia ai naviganti, succedeva
-una scena poco dissimile. Uno schifo,
-su cui due fidanzati, urtava in quella roccia e
-tutto spariva.... In quella notte l'annegata veggendo
-il suo caro dormire fra l'alghe in fondo
-al lago, leggiera si spiccò alla superficie e dopo
-mille tentativi inutili, colle mani sanguinose
-potè appigliarsi ad uno sterpo, che sorgeva in
-una fessura della roccia.
-</p>
-
-<p>
-Lo sterpo è sufficientemente robusto: ancora
-un istante e la bella è salva, quando ad un
-tratto il suo corpo è strettamente avviticchiato.
-Prega la misera, prega, supplica, assicura, giura
-che lo farà salvo fra un istante: ma tutto è
-vano.
-</p>
-
-<p>
-Ella sente smarrirsi le forze, sdrucciolare
-sull'ammuffata roccia, lo sterpo sbarbicarsi per
-il soverchio peso..... la brutta morte s'appressa
-nuovamente inevitabile.
-</p>
-
-<p>
-Allora un pensiero d'inferno balena alla sua
-mente..... quella mano, che ha fra le dita l'anello
-nuziale, abbranca ratta un'affilata pietra...
-Il fidanzato non è più, ma il suo corpo non si
-è staccato dal funereo amplesso: le braccia, il
-petto non sono più animati, il volto pallente,
-la lotta è cessata, ma il nemico resta e implacabile,
-spaventoso. Ogni sforzo della bella è inutile,
-<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span>
-lo sterpo si sradica sempre più, ed ella si
-sente tirare al fondo dell'abisso fra le sue bestemmie
-all'amante, fra le convulsioni degli
-sforzi per guadagnare la vita.
-</p>
-
-<p>
-Mi svegliai madido di freddo sudore ad una
-bella aurora, che su tutto il lago spargeva fiori
-e perle, dopo queste orrende visioni dell'amore
-della vita, che mi richiamavano ancora confuse
-le parole a doppio senso del barcaiuolo a me
-che lo interrogava nella tempesta, se m'avrebbe
-condotto a riva a nuoto:
-</p>
-
-<p>
-— Eh! in queste occasioni non si fanno cerimonie!
-</p>
-
-<h3 id="parte1-15">XV.
-<span class="smaller"><i>Treffiume o Trafiume — Dammi amore e ti do
-un mondo.</i></span></h3>
-
-<p>
-Un bel mattino, di Cannobio m'avviai verso
-Trafiume di buon passo. L'aria frizzante della
-valle Cannobina, in cui io m'innoltrava, raffrescandomi
-tutta la persona, faceva sì ch'io corressi
-per quella stradicciuola come se avessi le
-ali ai piedi. Io non correva punto a deliberata
-meta; correva perchè.... correva!
-</p>
-
-<p>
-Chi potrebbe tentare l'enumerazione di tutti
-i moti dei quali non è ben nota la causa efficiente?
-Un giorno berresti un fiasco di lacrimacristi,
-al domani ti spinge una vera necessità
-di seppellirti lungo e disteso nelle lamentazioni
-di Young. Quel dì io avrei piuttosto
-bevuto alla vostra salute un sorso di lacrimacristi
-<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span>
-e lasciato ad altri il piagnone inglese.
-Come pensare a tante melanconie quando il
-cielo è sorridente, fresca l'aura, più verdi le
-piante, più garrule le rondini, e lo stesso torrente
-ha voce più armonica? La valle Cannobina
-triste per avarizia di natura era meno uggiosa.
-Con queste divagazioni mentre sto per passare
-sopra un antico ponte, eccomi là in fondo tra
-i castagneti Trafiume.
-</p>
-
-<p>
-Perchè <i>Trafiume</i> s'egli non è a mezzo le acque?
-Dove sono gli archivii del comune? Le
-antiche pergamene? Il biricchino a cui io moveva
-queste domande per appagare il mio onestissimo
-desiderio di condire al lettore la passeggiata
-con un cicino di storia secondo i buoni
-costumi della buona letteratura... Dove mi trovo?
-Ecco cosa mi tocca con questo benedetto divagare
-e saltare di palo in frasca! Ah! Eccomi
-sulle rotaie. Il monello andava a scuola a Cannobio,
-ove studiava nientemeno che la storia,
-l'aritmetica, la geografia e la lingua italiana, ed
-a prova palpabile degli studii portava accollato
-al dosso un certo zibaldone di libri, o cartellone
-che vogliate, di tale mole, che il <i>puer sudavit
-et alsit</i> non fu mai appiccicato sì a dovere.
-Quel professore in erba mi disse adunque che
-il villaggio in discorso era Treffiume.
-</p>
-
-<p>
-— Caspita! Tre fiumi? Dove sono questi fiumi?
-Il monello mi guardò estatico, poi di trotto
-che il fastello dei libri gli saltellava sul dosso,
-partì in mezzo ad un nugolo di polvere, piantandomi
-sul ponte a fare conversazione con una
-antica statua di pietra.
-</p>
-
-<p>
-Disperato di non trovare la sospirata etimologia,
-mi avanzo oltre il paesello nella vallea
-<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span>
-pensando se non mi sarebbe dato di essere il
-Colombo dei tre fiumi di Treffiume.
-</p>
-
-<p>
-Oh! eccomi chiusa la via: il torrente s'allaga
-nell'uscire da un oscuro e cavernoso canale fra
-due roccie ertissime congiunte lassù da un
-ponte, che da un tempietto valica l'orrida forra.
-</p>
-
-<p>
-Una provvidenza di barchetta mi attendeva,
-ed io meno confidente di Colombo, quando salpava
-coi legni Ispani per la patria delle contraddizioni
-e dei <i>rewolvers</i>, m'avventurai in quel
-quasi sotterraneo canale a mille doppi più periglioso
-della Manica.
-</p>
-
-<p>
-A dritta cento sassi screpolati, scagliosi, tentennanti
-sul tuo capo: a sinistra una roccia spossata
-di stare lassù abbracciata al monte e che
-aspetta forse una sola parola dell'eco per abbandonarsi
-nelle braccia della legge di gravità,
-e sotto al fragilissimo schifo un gorgo profondo....
-Scilla e Cariddi! Eppure la voluttà vertiginosa
-del pericolo m'invita oltre la soglia
-della forra, ed io, compreso da religiosa temenza,
-susurro al gondoliere: voga! voga! Ed
-egli voga, ed i vivi raggi del sole non osano
-entrare con noi in quella misteriosa stanza, in
-cui certo fra l'ombre ed il mormorio delle
-acque amoreggiano.....
-</p>
-
-<p>
-Ma che? Il navicellaio è scomparso, e dall'onde
-una dolcissima figura nuotando silenziosa,
-conduce con una mano lo schifo, ed io ammiro
-quelle forme divine su cui le chiome diffuse e
-l'onde fanno dubbioso velo..... or eccola a prua,
-assisa, che con mano sicura, spingendo ora a
-destra ora a sinistra, m'addentra nell'umido laberinto.
-Io la guardo..... con occhi sì desiosi di
-una sua novella che valga a snebbiarmi il cervello,
-<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span>
-che essa mi sorride e mi dice che s'io
-bramo conoscere la sua storia, devo seguirla
-nelle sue stanze........ Il rauco fragore della cateratta,
-a' piedi della quale siamo giunti, si mesce
-al dolce suono delle parole dell'ondina....... Ella
-m'indica il profondo dell'abisso invitandomi a
-seguirlo. Io, palpitando con mille moti di terrore,
-di ansietà e d'ammirazione, l'ascolto e la
-fiso estatico........ La corrente lene lene ne conduce
-con essa, mentre la ninfa dello speco, appoggiato
-il gomito sulle ginocchia, ne fa sostegno
-al capo, e.....
-</p>
-
-<p>
-— Ricusi? Vieni laggiù con me ed io quante
-gioie ha amore tutte ti darò. Ancora ricusi?
-Sei tu ambizioso? Io ti farò re di queste onde,
-e non avrò altra cura che di foggiarti corone
-d'alghe intrecciate ai fiori delle spiaggie. Sei
-tu avido di novelle e di leggende? Tu poserai
-il capo sulle mie ginocchia, e ti racconterò un
-mondo di cose che ignori e ch'io ti farò amare.
-Sei vago di nuove acque? Ti condurrò nel lago,
-e di là pel Ticino e pel Po nell'Adriatico, nelle
-lagune popolate di tante memorie di gloria e
-d'amore! Vieni... vieni... io t'amo! Io ti farò
-colle mie mani un trono di conchiglie a mille
-colori più vaghi dell'iride, e quando ti sarà
-caro rompere il corso tranquillo dei dì, noi,
-lasciata la nostra reggia e spintici a galla, proveremo
-la nuova ineffabile voluttà d'abbandonarci
-ai fiotti, scendendo veloci nei gorghi e
-rimontando sui cavalloni in un letto di molle
-schiuma, mentre i canneti e i boschi lungo le
-rive ne susurreranno i segreti delle loro ombre.
-Oh! vieni, affidati a chi ti legherà sì strettamente
-a sè coll'amore, che tu non avrai più
-<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span>
-cuore di respingerla! Tu tremi?.... Io non sono
-bella per te!
-</p>
-
-<p>
-E la bellissima in atto di cordoglio copriva
-il volto colle palme e la persona colle treccie
-copiose. Vergognoso ed in una arse le vene di
-inusato foco, io mi gettai a' suoi piedi onde
-non mi sfuggisse... era troppo tardi!... Collo
-sguardo e co' dolci nomi e colla persona spirante
-bellezza singolare continuava a farmi invito...
-e lungo la strada a Cannobio io rivedeva
-di quando in quando quella strana apparizione
-fra le onde riottose del fiume; e mentre il piroscafo
-m'involava a quelle acque, io la vidi
-ancora nei fiotti schiumanti seguire il solco
-scintillante della nave, con mille invocazioni.....
-</p>
-
-<p>
-Se voi andrete a Treffiume a visitare l'orrido
-di S. Anna, e vi toccherà in sorte di vedere
-fra quelle misteriose ombre l'ondina assetata
-d'amore, Verbania, la regina del lago, ditele che
-senz'amarla non è dato allo zingaro di dimenticare
-il primo essere che volesse farlo felice
-di tanti doni in cambio di solo amore!
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<h3 id="parte1-16">XVI.
-<span class="smaller"><i>Storia d'una pentola.</i></span></h3>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Il mondo è di chi se lo piglia.</b></p>
-<p class="i09"> <i>Prov. Ital.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-La tenebrìa notturna avvolgeva siffattamente
-Cannobio in una sera dell'inverno del 1627, che,
-<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span>
-eccettuati i gatti e i debitori morosi, nessuno
-vedeva oltre la punta del proprio naso. Una
-tramontana che s'era impregnata d'un nembo
-di atomi nevosi sulle diacciaie delle Alpi, arrotava
-con tanta furia il suo staffile sibilante
-nei chiassuoli, sulle poche insegne delle botteghe,
-e sulle impannate sconnesse delle finestre,
-che chiunque avesse fatto capolino dalla porta
-socchiusa, al sentire l'acuta trafittura sulla cera
-e sulla persona, avrebbe senz'altro rinchiuso
-in fretta, e sclamato sotto la cappa del focolare:
-</p>
-
-<p>
-— Brrr! la non è sera d'andare attorno.
-</p>
-
-<p>
-Eppure in quella tenebrìa, con quella tramontana,
-con quel gelo, due creature, che non
-erano gatti, e si tenevano amendue in credito
-l'una verso l'altra, stavano intese a stretto ed
-animatissimo colloquio sotto il portico di una
-casa verso il lago.
-</p>
-
-<p>
-Chi erano quei due? Due ladri? Due pazzi?
-</p>
-
-<p>
-Erano due amanti: basta la parola.
-</p>
-
-<p>
-Volete provare l'amore, l'amicizia, le passioni
-umane? Mettetele alla prova delle privazioni
-corporali. Quanti che ti si dicono amici per la
-pelle, quando minaccia aquilone o la temperatura
-è discesa alquanti gradi, ti passeranno
-dallato fuggendo senza fare cenno per tema di
-essere colti dalla bufera, o di levare la mano
-di tasca per stringere la tua, o per scoprire il
-capo! Vuoi conoscere, bella lettrice, se il tuo
-vagheggino t'ama? Fallo aspettare le ore e le
-ore sotto un portico, un albero, o meglio in
-piazza, al vento ed al sollione. Dopo due, tre
-ore, secondo il tuo buon cuore, arriva od apri
-la finestra... Eccolo là! Non si lagna? Chiede
-anzi perdono a te stessa? Via concedigli un
-<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span>
-sorriso: l'uomo è in gran parte tuo. — Che
-più? Chi accetterebbe la gloria a patto d'un
-serio mal di denti?
-</p>
-
-<p>
-Ma Giovanni Branca avrebbe resistito ai freddi
-della Groenlandia anche per udire solo la voce
-della vezzosa Bettina. La quale alla sua volta e
-per essere caldissima di gioventù e discretamente
-innamorata, non rifuggiva qualche volta
-dall'uscire sotto il portico a fare quattro ciancie
-col Giovanni.
-</p>
-
-<p>
-La sarebbe poi la magna indiscrezione la nostra,
-se cogliessimo al volo le parole sommesse
-degli amanti, facendo capolino dai massicci pilastri
-degli archi di quella casa? Con questa
-frescura la curiosità non si soddisfa a troppo
-buon mercato; ma chi sa? Due parole possono
-rivelare qualche gran mistero: una tresca od
-un idilio; seduzione, gelosia, rapimento e chi
-sa quant'altre saporitissime cose. Zitti adunque:
-è l'amante femminino che parla.
-</p>
-
-<p>
-— Giovanni! disse con timido accento la fanciulla
-tuttora incerta; tu non m'ingannerai?
-</p>
-
-<p>
-— Come lo posso io? perchè ingannarti?
-Vieni, e tu vedrai se i miei sogni, come tu li
-chiami, non hanno ombra di verità.
-</p>
-
-<p>
-— Ma se lo zio s'accorgesse della mia assenza?
-Sai quanto è burbero con me!?
-</p>
-
-<p>
-— Ho avvertito l'Angiolina. La fantesca dirà
-che tu sei andata a casa di tua cugina..... Ma,
-te ne prego, non perdiamo un istante... Tu
-esiti ancora?
-</p>
-
-<p>
-— Elisabetta! se alcuno ti vedesse, povero
-il tuo onore!
-</p>
-
-<p>
-Giovanni, malgrado la notte oscurissima, vide
-il volto della bella impallidire, e sentì la mano
-palpitante di lei sciogliersi dalle sue.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Bettina, io credeva che tu m'amassi! La
-voce di Giovanni era sì scorata, rivelava sì intenso
-dolore, che la fanciulla sentì venir meno
-il proposito di non accondiscendere al desiderio
-del giovane, e dato uno sguardo alla via buia
-sclamò:
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, sia; ma io non t'accordo che dieci
-minuti. Rientrò guardinga nell'abitazione, e
-dopo pochi istanti in cui al povero Giovanni
-pareva gli si dovesse dal gran battere scoppiare
-il cuore, ne uscì avvolta in un mantello, mentre
-la vecchia fantesca rischiarava il passo con una
-lucerna, facendole schermo dal ventare colla
-mano. Il giovane all'apparire subitaneo di una
-lunga striscia di luce, che dalla porta socchiusa
-dritta saettò nella strada, e sentendo la Bettina,
-che gridava più forte che non era necessario:
-</p>
-
-<p>
-— No, Marta, non ho bisogno di lume; siamo
-a due passi; sta in casa... avrebbe voluto gettarsi
-in un androne per non essere scoperto,
-se pure ei fosse stato in tempo: la vecchia lo
-avrebbe quindi scoperto senza fallo, se, appena
-essa fu sotto il portico, amore — gran contrabbandiere
-è amore! — non avesse con un
-buffo spento la lucerna... La sferza della tramontana,
-che con mille diverse orribili voci
-fischia attraverso alle piante brulle ed ai comignoli,
-assai più delle parole della padroncina,
-persuase eloquentemente la vecchia, che il meglio
-era ritornare ad accocolarsi al focolare. La
-fante sospirando: granchè questa gioventù!
-rientrò, richiuse, mentre la giovinetta si slanciava
-nelle dense ombre della via, ove, a pochi
-passi, il tutto suo Giovanni la raggiungeva.
-</p>
-
-<p>
-Entrambi, senza dir motto, sulla punta dei
-<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span>
-piedi, brancolando fra le mura ineguali e sporgenti,
-evitando le fossatelle e più gelosamente
-i passanti, dal portico sulla sponda del lago,
-giunsero all'ultima casa di Cannobio verso la
-valle. Giovanni, schiusa la porta, con mano trepidante
-introdusse l'amica nella stanza a pian
-terreno, poi serrate prudentemente le imposte
-delle finestre, per una scaletta angusta la trasse
-in un'ampia cameraccia al primo piano di quell'antica
-abitazione, dove in pochi minuti le
-vampe di un bel fuoco illuminarono le pareti
-stinte, quasi nude, ed intiepidirono l'ambiente.
-</p>
-
-<p>
-Ma l'una per la corsa affannosa e per quella
-certa trepidazione che non iscompagna mai la
-fanciulla che si trova per la prima volta sola
-in balìa dell'amante, l'altro pei mille sentimenti,
-che gli tumultuavano nell'animo, non che le
-punture del freddo, sentivano il sangue più
-bollente rifluire dal cuore al capo con insolita
-ardenza.
-</p>
-
-<p>
-Il giovane, messo innanzi alla Bettina un
-piatto di ciambelle, a cui ella fece il più bel
-viso del mondo, tolse da un cofano antico una
-grossa pentola, la quale invece di coperchio
-aveva sovrapposta una sì curiosa scattola pure
-di rame con certi congegni non mai visti, che
-la ragazza guardava l'ordigno con occhio stupito,
-e cessava un momento di masticare. Dai
-congegni della piccola caldaja una funicella correva
-all'asse di un arcolaio.
-</p>
-
-<p>
-Bettina, quando Giovanni pose dinnanzi a lei
-l'arcolaio, scoppiò in una solenne risata..... Il
-giovane, gettato con ira il cappello in un canto,
-proruppe:
-</p>
-
-<p>
-— Da te io non m'aspettava questa maniera
-<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span>
-di conforto..... Ma tu hai ragione, tu ignori che
-questa ruota rappresenta a' miei occhi un mondo
-d'innovazioni.
-</p>
-
-<p>
-Le fiamme avvampano crepitando sotto la caldaia,
-e già il vapore si sprigiona con veemenza,
-quando ad un tratto il giovane ottura il foro,
-da cui si sviluppa fumante... La giovinetta meravigliata
-si ritrae un passo dal focolare e vede
-la ruota dell'arcolaio girare rapidissima sopra
-il suo asse
-</p>
-
-<p>
-— Dunque non saremo più costretti a filare,
-n'è vero, Giannino?
-</p>
-
-<p>
-— Qua, francamente: che pensi della mia
-scoperta? Tu sola la conosci.
-</p>
-
-<p>
-La Bettina per dire la verità pensò in quel
-momento, che se l'invenzione di Giovanni <i>la
-liberava dalla noia del filare</i>, suo zio, il più intollerante
-ed intollerabile zio del mondo, non
-le avrebbe permesso tuttavia di starsene ad
-udire le novelle colle mani in mano — ed
-avrebbe voluto dirgli:
-</p>
-
-<p>
-— Caro Giovanni, a dirtela tonda, se tu non
-trovi che questi ordigni, il nostro matrimonio
-non si farà mai più.... Ed io dovrò essere la
-moglie d'un mercante d'arcolai? — E l'avrebbe
-forse detto, se la fronte di Giovanni non fosse
-stata sì pallida, se gli occhi non avessero interrogato
-con tanto desiderio... uno sguardo
-al soffrente fece svanire il pensiero che le balenava
-in mente. E poi il giovane, se non era
-un Apollo, poteva tuttavia dirsi una bella e
-maschia figura d'uomo, e s'egli invece di ritrarsi
-soletto a pensare le ore e le ore, si fosse
-mostrato meno restìo ad intervenire ai chiassosi
-convegni dei coetanei, per l'ingegno non
-<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span>
-comune e la piacente arrendevolezza dell'indole,
-egli sarebbe stato in breve tempo l'amico di
-tutti. Ma il Branca era sì timido! Bettina, se
-non di ferventissimo amore, lo amava come le
-donne amano quelle nature tenere, affettuose e
-pazienti, che s'accontentano di poco o nulla e
-non sanno mai chiedere.
-</p>
-
-<p>
-— Cosa penso io, o Giovanni? Penso che ti
-amo!
-</p>
-
-<p>
-Il Branca fu ad un pelo di cogliere un bacio
-su quelle labbra tanto eloquenti; ma egli s'era
-promesso di spiegare alla Bettina quante speranze
-avess'egli fondate sopra la sua invenzione.
-Ella si sedette presso al focolare, e Giovanni
-così prese a dire:
-</p>
-
-<p>
-— Che sia sempre benedetto il momento, in
-cui io ti conobbi... Sì, perchè questa mia invenzione,
-da cui attendo onore e compenso,
-non sarebbe, se il pensiero costante di trovar
-modo di possederti non avesse tutte occupate
-le facoltà della mia mente. Io non ti spiegherò come
-il vapore che emana dall'acqua bollente, compresso,
-abbia una forza movente, nè con quali
-congegni io sia riuscito a servirmene.
-</p>
-
-<p>
-Fatta questa premessa, di cui la Bettina gli
-seppe grado perchè le risparmiava una noiosa
-litania di nomi e di cose, delle quali non avrebbe
-capito un acca, il Branca cercò di farle comprendere
-come la sua invenzione applicata ad
-un mulino, risparmiasse tempo e fatica.
-</p>
-
-<p>
-— Questo tuttavia parmi non sia ancora tutto
-il frutto che io posso sperare dal trovato.....
-Mille progetti, mille idee tuttora incerte vagano
-nella mia mente. Mi recherò intanto a Milano:
-io presenterò al vicerè la mia macchinetta:
-<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span>
-i dottori verranno consultati, e se Dio
-vuole, otterrò un privilegio. Allora la mia sorte
-non sarà più dubbia; avrò un nome, ricchezze,
-e tuo zio si lascierà facilmente persuadere, che
-io ti piaccio più che Menico, il mercante di
-vino, a cui non sarà dato di possedere te così
-bella di gioventù e di grazie, come non giungerebbe
-mai a comprendere egli sì trivialmente
-positivo, la tua anima sì delicatamente sensitiva.
-Allora, proseguì il giovane avvicinandosi alla
-fanciulla, a cui buona parte delle parole del
-giovine suonavano come una musica dilettosa,
-di cui sentiva con piacere l'armonia senza comprendere
-il concetto — e prendendone nelle sue
-ambe le mani, allora io non chiederò più nulla
-a Dio per la mia felicità, poichè Bettina, quella
-Bettina che io amo...
-</p>
-
-<p>
-— Più della tua pentola, n'è vero? interruppe
-la ragazza.
-</p>
-
-<p>
-— E di me stesso, sarà mia, tutta mia.
-</p>
-
-<p>
-— Sì, Giovanni, per sempre! Ma lascia che
-io ritorni....... Senti l'orologio della torre? È
-un'ora che io son qui.....
-</p>
-
-<p>
-— Un istante! Ma no — tu hai ragione, ed
-io non mancherò alla mia promessa. Verrà presto
-il giorno in cui potremo amarci e dirlo e provarlo,
-senza tema di offendere Dio e l'onore.
-Mio malgrado..... Addio.
-</p>
-
-<p>
-Giovanni prese la lucerna, accompagnò l'amica
-per le scale alla porta di strada, depose il lume
-sull'ultimo gradino, e fatto più ardito dalle
-soavi parole di lei, con ineffabile affetto le disse
-sommessamente:
-</p>
-
-<p>
-— Bettina, ti ricorda che un giorno io ti
-chiesi un bacio, e tu mi rispondesti che io non
-<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span>
-l'aveva pure meritato.......... corsero quasi due
-anni, ed io, se è possibile, imparai ad amarti
-con maggior desiderio e rispetto..... E sì che
-fra le purissime gioie d'un affetto corrisposto,
-io soffro sovente crudeli torture.....
-</p>
-
-<p>
-— A cagione mia?
-</p>
-
-<p>
-— No... Sono io stesso che mi tormento.
-Quando io confuso nella folla dei balli, ti vedo,
-circondata da danzatori, sceglierne uno che potrà
-stringerti al suo petto, respirare il tuo alito,
-sentire la fragranza de' tuoi capelli, io sento
-una mano premermi il petto da soffocarmi, una
-voce che mi dice: quegli è felice! Lo invidio!
-E questa voce — sentimi e perdonami, o Bettina
-— quando questa voce mi dice, che il danzatore,
-giovinastro scapestrato, osa nella vertigine
-della danza confondere le sue labbra fra
-le ciocche...
-</p>
-
-<p>
-— Giovanni!
-</p>
-
-<p>
-— Sì, Bettina, io allora mi sento soffocare
-dalla gelosia, sento bisogno d'aria libera... e
-corro all'impazzata pei campi.
-</p>
-
-<p>
-— Povero Giovanni! Ma tu sai pure che io
-non posso danzare sempre con te... Del resto
-hai tu forse motivo di essere geloso? A me
-piacciono, lo confesso, lo scherzo, la danza, la
-musica, le feste, come a tutte le ragazze; ma
-anche allora io non ti dimentico, e quando sei
-là timido, quasi rincrescevole di trovarti fra la
-brigata festosa, il mio pensiero corre a te che
-solo stimo come il migliore, e che amo come
-quel solo che mi farà felice. Sei contento adesso?
-</p>
-
-<p>
-E la bella fanciulla gettò le braccia al collo
-del timido giovane che, tremante, ebbro d'amore,
-le colse sulle timide labbra un bacio, il primo,
-il più voluttuoso.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span>
-</p>
-
-<p>
-Perchè come in tutte le cose vi sono nella
-medesima specie gradazioni infinite, vi hanno
-baci che non sono se non l'effetto di due labbra
-scoppiettanti sopra una gota, e baci che vi ricercano
-tutte le fibre dell'anima e del corpo:
-così avvenne al Branca, il quale sentendosi
-cingere il corpo dalle braccia della carissima
-amica, avrebbe desiderato morire allora allora
-e forse, se avesse conosciuto l'avvenire, non
-avrebbe avuto tutti i torti.
-</p>
-
-<p>
-Giovanni stava per dire addio all'amica, quando
-— gli si drizzarono i capelli in fronte, e Bettina,
-atterrita, si sciolse da lui — una voce schernevole
-dalla strada, attraverso alla porta, disse
-queste parole:
-</p>
-
-<p>
-— È questa la fine o il principio della fine?
-Giovanni Branca, hai dimenticato l'<i>audaces fortuna
-juvat</i>? Per voi, gentile fanciulla, io tradurrò
-il latino così: Una ragazza quando va in
-casa dell'amante, si marita senza prete.....
-</p>
-
-<p>
-Il giovane, passato il primo sgomento, volle
-slanciarsi, aperto l'uscio, sullo sconosciuto e
-farsi ragione dell'insulto, ma l'Elisabetta, smarrita,
-si frappose piangendo.
-</p>
-
-<p>
-Il lume, urtato, s'era spento cadendo dalla scala.
-</p>
-
-<p>
-— Non t'affannare, Giovanni, per le mie parole
-indiscrete. La tua fortuna è nelle tue mani
-colla tua felicità....... Osa! osa! chè il mondo
-è degli insolenti.
-</p>
-
-<p>
-La voce s'allontanò, Giovanni aperta rapidamente
-la porta, si gettò nella strada brandendo
-un ferro... Nessuno! Corse velocemente malgrado
-la notte verso il lago, verso la valle... Nessuno!
-Ritornato all'abitazione, il povero giovane trovò
-Bettina distesa sul pavimento priva di sensi.
-<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span>
-Esterrefatto rinchiude la porta, riaccende il lume
-e prodiga all'amica ogni cura.
-</p>
-
-<p>
-— Mio Dio! punitemi in altro modo, ma risparmiate
-la mia Elisabetta! La quale col pallore
-sulle gote, gli occhi socchiusi, le treccie
-cadenti sul petto, mostrava all'amante una nuova
-bellezza, forse più affascinante di quella che ne
-irradiava il volto nelle ore delle gioie: e quando
-al fine, riavendosi, balbettò:
-</p>
-
-<p>
-— Sei tu, mio Giovanni? e si strinse più
-fortemente a lui, come fa il timido bimbo alla
-mamma, le parole dell'incognito balenarono sinistramente
-nella sua mente, ed un istante fu
-per cedere alla tentazione; un istante solo, che
-soccorrendogli il pensiero delle promesse fatte
-alla fanciulla ed a se stesso, disse:
-</p>
-
-<p>
-— No... no... sarei un infame... sarò sventurato,
-ma senza rimorsi! Bettina, rincorati; l'ora
-è tarda, partiamo.
-</p>
-
-<p>
-— Ma quella voce!
-</p>
-
-<p>
-— Non pensarvi. A me solo spetta far rispettare
-il tuo onore.
-</p>
-
-<p>
-Dieci minuti dopo Elisabetta picchiava sommessamente
-alla porta della cugina la quale la
-riconduceva all'abitazione.
-</p>
-
-<p>
-Quella notte nè Giovanni nè la sua amante
-potevano dormire; l'uno rammaricandosi d'aver
-compromesso l'onore della sua amata, mentre
-con tanta vittoria aveva saputo rispettarlo, e
-l'altra pensando:
-</p>
-
-<p>
-— Come mai il Domenico, il vecchio mercante
-di vino, — perchè quella voce era senza
-dubbio la sua — potè sapere che io stava in
-casa di Giovanni?
-</p>
-
-<p>
-E l'uno e l'altra finirono per conchiudere
-<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span>
-che nessun pro s'era ritratto dal colloquio,
-perchè il Giovanni capì che la sua scoperta non
-aveva punto meravigliato la fanciulla ignara ed
-incurante di quanto non era ciarle d'amore,
-vesti e balli; ed ella si pentì di avere accordato
-all'amante un favore sì pericoloso... per
-vedere a girare un arcolaio! Ma come suole
-accadere, l'amore fecondo in consolazioni come
-in tormenti sovvenne a temperare la conclusione
-dei due amanti, soggiungendo all'uno:
-</p>
-
-<p>
-— Non sa apprezzare la mia scoperta, ma
-ella mi ama... posso ragionevolmente bramare
-maggiore felicità? Mi ama e me lo disse!
-</p>
-
-<p>
-E all'altra:
-</p>
-
-<p>
-— Egli non inventò che una pentola per far
-girare gli arcolai ed i molini... pazienza... Ma
-chi mi ama più di lui? Domenico dirà nulla e
-Giovanni mi sposerà. Domenico è danaroso; ma
-il suo sguardo non desta un palpito, la sua voce
-non scende all'anima... Peccato, che Giovanni
-sia così timido!
-</p>
-
-<p>
-E pensando curiosissime cose della dilicata
-timidezza dell'amante, finì per addormentarsi,
-e buona notte.
-</p>
-
-<hr class="tbs" />
-
-<p>
-Siamo oramai alla fine del febbraio ed un
-vivo raggio del sole penetra nelle stanze quasi
-a dire: orsù, levati dal focolare, esci all'aperto,
-che io richiamando a vita la natura, scioglierò
-le tue membra intirizzite. E voi lasciate la casa,
-che vi ha riparato per cinque mesi dalle trafitture
-della tramontana, scendete a riva, contemplate
-il lago snebbiato, limpido, le costiere
-spazzate dalla neve che non imbianca più se
-non le più alte falde dei monti, sulle plaghe
-<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span>
-più meridiane spuntare i primi fili d'erba, nelle
-vie squagliarsi la neve accumulata dal primo
-dì in cui coprì la terra, fondersi i diacciuoli
-delle grondaie, i passeri inneggiare festosi all'opera
-redentrice del sole. Senz'accorgervene,
-lasciaste a casa il pesante mantello, e levate di
-tasca le mani e battete palma a palma; sentite
-la molle aura del sirocco involgere tepidamente
-le membra, e ve ne state passeggiando a riva
-come in attesa di una grata novella. Ecco intanto
-che nelle case le finestre chiuse da tanto
-tempo e con tanta cura s'aprono, onde il sole
-e l'aria entrino liberamente, e una bella fanciulla
-si mostra sul balcone vivamente irradiata
-dal tocco della nuova luce per salutare l'annuncio
-della primavera. Le care sue pianticelle,
-i garofani, i geranii non staranno più nella uggiosa
-ombra delle stanze; essa pure la domenica
-potrà d'ora innanzi dopo la messa passeggiare
-colle amiche sulla spiaggia o verso la Cannobina,
-e quando Giovanni passa nella via — e Dio sa
-se passi soventi — uscire sul balcone e dargli
-uno sguardo, un saluto, lasciargli cadere un
-fiore... Venga dunque la primavera, la più bella
-stagione dell'anno, la stagione in cui i cuori si
-aprono alla festa della natura, come i calici dei
-fiori alla rugiada!
-</p>
-
-<p>
-Giovanni era proprio sulla spiaggia, collo
-sguardo alla casa di Elisabetta. Dopo quella
-certa sera egli aveva deciso di non lasciare intentato
-alcun mezzo — onesto — per ottenere
-la mano della giovinetta, ed aveva studiato parola
-per parola quanto avrebbe detto a Milano
-dinanzi ai fisici, al vicerè stesso — una curiosa
-apologia della propria scoperta, in cui pareva
-<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span>
-che la modestia dell'autore si sforzasse ad ogni
-conto di sminuire il valore del trovato. Elisabetta
-conoscendo quanta fosse la timidità del
-buon giovane e volendo tuttavia consolarlo, lo
-salutò con un cenno, e spiccando un bel garofano
-variegato, lo lasciò cadere sul lastrico
-della via. Giovanni accosta la destra alle labbra
-per ringraziarla, e s'appressa, lentamente — il
-correre avrebbe dato sospetti ai passeggieri —
-alla casa per raccogliere il fiore — già raccolto
-dal mercante di vino che da un chiassuolo era
-sbucato sulla piazza del lago in quell'istante.
-</p>
-
-<p>
-Il povero Giovanni trattenne a mala pena un
-grido — quel fiore era per me; — Menico che
-di leggieri aveva compreso, vista la Bettina sul
-balcone, la causa dell'improvviso pallore del
-giovane rimasto lì come di stucco, si mosse
-verso di lui e gli disse ridendo, ma senz'ombra
-di derisione:
-</p>
-
-<p>
-— Oh Giovanni!.... Ma guardate di grazia se
-mai più bel garofano cadde in istrada... fra
-due contendenti... (e guardando all'insù Bettina
-che rideva) il terzo gode!
-</p>
-
-<p>
-Giovanni balbettò:
-</p>
-
-<p>
-— Menico... il fiore è bello,... ma...
-</p>
-
-<p>
-— Ma? Chi disprezza vuol comprare... volete
-comprarlo?
-</p>
-
-<p>
-Giovanni diede uno sguardo a Bettina che
-voleva dire: Ah! io non lo venderei certamente!
-e rispose:
-</p>
-
-<p>
-— Come fiore trovato nella strada, esso non
-val nulla; ma se la signora Bettina lo ho gettato
-a voi, un mondo non basterebbe a pagarvelo....
-</p>
-
-<p>
-— Qui sta il nodo.... Signora Bettina, il garofano
-<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span>
-cadde in istrada non dalla pianticella
-sicuramente.... Il gambo venne tagliato dalle
-vostre forbici, è chiaro... È chiarissimo, che
-non essendo avvizzito, voi non ne avete voluto
-mondare la pianticella... dunque l'avete gettato
-per essere raccolto... (davvero che la è da ridere)
-da me o dal Giovanni?
-</p>
-
-<p>
-La Bettina guardò in istrada Domenico e
-Giovanni che attendevano lo scioglimento della
-questione; e... che batticuore!... stette un istante
-sopra pensieri, quindi rispose:
-</p>
-
-<p>
-— A voi... Domenico — e rientrò in casa,
-chiudendo le invetriate.
-</p>
-
-<p>
-Domenico diede nel più fragoroso scoppio di
-risa; Giovanni impallidì, e sentendosi venir
-meno la vita, s'appoggiò ad un pilastro della
-casa della traditrice.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Giovanni passava ogni ora meridiana sulla
-spiaggia passeggiando innanzi all'abitazione, ma
-la gioviale figura della Bettina non compariva
-più dietro le invetriate del balcone. Sulla sera
-andava al tempio: la Bettina, sempre colla vecchia
-fantesca, correva senza degnare d'uno
-sguardo chi la seguiva. E Giovanni vedeva spesso
-il mercante di vino entrare ed uscire dalla casa
-dell'amata con quel suo eterno sorriso sulle
-labbra!
-</p>
-
-<p>
-Un bel dì, sulla via di Trefiume, eccoti dinanzi
-la Bettina: non so se Giovanni si fosse
-destreggiato per sapere che quel dì l'andava
-dalla sua nutrice.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span>
-</p>
-
-<p>
-La prima cosa che avrebbe voluto fare il buon
-giovane sarebbe stato gettarsele ai piedi invocando
-perdono — di che cosa veramente non
-sapeva — perchè non so se il naturale ingegno
-o le meditazioni avessero insegnato ad avere
-sempre torto colle donne. La seconda sarebbe
-stato il domandarle se le cure della salute non
-le permettevano più di stare sul balcone, di
-passeggiare colla cugina, di guardare dalle invetriate
-il lago, la sponda e chi passava dieci
-volte al giorno dinnanzi alla sua casa... La
-terza — dico terza, perchè le nostre azioni,
-come insegnavami un sapientissimo professore
-d'abbicì, non hanno giammai meno di tre motivi
-— la terza sarebbe stata... ma se io non
-me la ricordo, a Giovanni non sarebbe mancato
-modo di trovarne cento... cosa che tuttavia
-non gli impedì di balbettare maledettamente
-innanzi all'amata pel motivo — vi faccio grazia
-degli altri due — che quando l'avvenente fanciulla
-gli fu vicina, il pensiero che quella cara
-creatura dovesse appartenere al prosaicissimo
-mercante di vino gli serrava siffattamente la
-gola da non lasciargli proferire verbo. Gran
-demonio è l'amore!
-</p>
-
-<p>
-La Bettina non fu meno amabile del solito,
-sicchè Giovanni rinvenuto dalla commozione fu
-tanto coraggioso di chiederle il perchè avesse
-dato a Domenico il garofano che aveva spiccato
-per lui... La giovinetta arrossì; quindi
-con quel tatto sì fino proprio delle donne, invece
-di rispondere, domandò a Giovanni:
-</p>
-
-<p>
-— E voi l'avete avuto a male?
-</p>
-
-<p>
-— Io ho creduto che voi mi tradiste! Domenico
-sogghignò così satanicamente (e questa
-<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span>
-era una grossa bugìa!) Da quel giorno, Bettina
-perdonatemi, io cominciai a dubitare del
-vostro affetto... Quanto ho sofferto!
-</p>
-
-<p>
-— Io sono sempre la stessa! Gli disse la giovinetta
-stendendogli la destra.
-</p>
-
-<p>
-— Ma perchè destare delle speranze in Domenico,
-al quale mi diceste di aver negata la
-vostra mano?
-</p>
-
-<p>
-— Che ve ne importa, quando siete sicuro
-della mia fede? Via, lasciatemi, Giovanni... potrebbe
-passare alcuno, e allora...
-</p>
-
-<p>
-— Che male potete temere? Vi amo, e vi
-sposerò appena ritornato da Milano.
-</p>
-
-<p>
-— A proposito, quando aspettate a partire?
-</p>
-
-<p>
-— Domani.
-</p>
-
-<p>
-— Dunque addio; a rivederci — presto...
-</p>
-
-<p>
-— Bettina, la vostra mano...
-</p>
-
-<p>
-Bettina si guardò tutt'attorno, e veggendo la
-strada deserta diede la mano al povero innamorato,
-che coprendola di baci, tutto commosso,
-sclamò:
-</p>
-
-<p>
-— Oh, no, Bettina, tu non dimenticherai il
-tuo Giovanni, n'è vero?
-</p>
-
-<p>
-— Perchè dovrò dimenticarti?... E colto un
-fiore sulle zolle che orlavano quella stradicciuola,
-glielo porse, e fuggì ratto verso Cannobio.
-</p>
-
-<p>
-Giovanni stette buona pezza a riguardare come
-estatico la fanciulla che s'allontanava, ed ogni
-qualvolta essa si rivolgeva indietro sorridendo,
-parevagli di sentire agli orecchi quella voce:
-</p>
-
-<p>
-— Va, Giovanni, va a Milano ed osa!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-..... E il Grande di Spagna s'alzò dal seggiolone,
-discese in mezzo a quell'eletta adunanza
-d'ingegni, e porgendo la mano al Branca, così
-gli favellava:
-</p>
-
-<p>
-— Questo giorno è senza dubbio fra i più
-felici della mia vita. Riconoscere il genio nell'infinita
-turba delle mediocrità e del volgo è
-per certo nobilissima cosa; ma il porgergli una
-mano soccorrevole, il poterlo premiare è ventura
-a pochi concessa. Giovanni Branca il vostro
-trovato è stato giudicato da questa sapientissima
-università, portentoso: ve ne sia lode
-quanto per noi si possa maggiore. Perciò in
-nome del nostro sovrano signore vi conferiamo
-il privilegio addimandato. Se nei dominii di
-S. M. Cattolica non tramonta il sole, il vostro
-nome non tramonterà nei secoli dell'umanità.
-</p>
-
-<p>
-Tanta gioia era troppa: Giovanni quasi fuori
-di sè venne portato al suo albergo: per le vie
-una gran moltitudine con mille voci gli acclamava.
-Una aggraziata giovinetta fattasi ad un
-verone gli rammentò Elisabetta; essa gli gettò
-un bel mazzo di garofani odoratissimi. Ma Giovanni
-Branca non ravvisò più l'umile osteria
-che l'aveva albergato fino a quel dì, nel palazzo
-in cui era stato trasportato — un palazzo
-tutto oro, tappeti storiati, marmi e dipinti vaghissimi.
-Egli salì ad una loggia, da cui si mirava
-gran parte della città e del piano lombardo,
-e di lassù gli parve di scorgere un moto
-continuo ed instancabile nelle officine, in cui
-le arti fabbrili si giovavano del suo trovato....
-<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span>
-E questa mostruosa rivoluzione nelle arti l'aveva
-fatta lui con tanta gloria; di questo insigne
-beneficio all'umana famiglia era lui l'autore
-con tanto plauso di coscienza..... Ma a quante
-cose non potrà applicarsi la scoperta? A che
-non la faranno utile, necessaria il bisogno
-e lo studio? Nessuno potè sapere quali strane
-visioni apparissero nella loggia al Branca, il
-quale, tratto quasi fuori di sè da tanto successo,
-si gettava prostrato a Dio, chiedendo mercè...
-Ma una voce interrompeva la preghiera, una
-voce più cara che non gli applausi della moltitudine,
-la voce di Bettina che veniva a
-gettarsi nelle braccia dell'amante: il quale sentendo
-fra le acclamazioni del popolo, fra i
-trionfi della gloria più ineffabili le gioie dell'amore,
-cominciò a dubitare fortemente che il
-proprio intelletto non vacillasse, e serrando al
-petto la fanciulla, gridò:
-</p>
-
-<p>
-— Mio Dio! non ammazzatemi, tanta felicità
-è troppa... Mi basta il suo amore!
-</p>
-
-<p>
-Chi sa quando Giovanni si svegliò nella sua
-cameretta in Cannobio, quanti auspicii trasse
-dal sogno? Chi lo sa? Io no, e voi?
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Evviva! La danza ferve: è la mezzanotte...
-Il ballo è diventato un turbine, in cui si avvolgono
-venti coppie di danzatori; la musica accelera
-le sue note, gli evviva scoppiano più clamorosi...
-è una vertiginosa ebbrezza!
-</p>
-
-<p>
-Diresti che ad ogni amante riescì accoccare
-un bacio sulle spalle dell'amica sorridente;
-che ogni bella ha rapito un cuore, che ognuno
-<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span>
-ha dimenticato i dolori della vita!... I vecchi
-ritornano col pensiero agli anni della gioventù
-avventurata; i mercanti cessano di pensare al
-dare e all'avere, e se mai balena un pensiero
-che non sia follìa, tosto una spumante tazza di
-liquore lo seppellisce nel fondo al cuore. Venti
-coppie attendono in giro che i danzatori s'arrestino
-un istante per succedere loro, e la musica
-non cessa nè il tripudio sosta per riposare;
-ognuno si sente animato da una forza arcana.
-</p>
-
-<p>
-Bettina non fu mai sì raggiante di gioventù
-e di bellezza, gli occhi di lei non scintillarono
-mai così vivamente; ella è tutto sorriso e grazia
-ed i giovani le si affollano attorno bramosi di
-ballare con lei sì svelta, sì leggiera. Molti —
-allucinati forse dalla festa tumultuosa — non
-ravvisano più in lei la modesta Bettina, e nessuno
-è senza ammirazione per quelle spalle,
-che rammentano i busti di Fidia, tanto tempo
-nascoste sotto la succinta veste della vergine
-gelosa. In tanta ebbrezza chi oserebbe chiederle
-un pensiero pel lontano!... Oibò! ella non ha
-un istante per pensare... tutte le voci, tutti gli
-sguardi le dicono con tanta melodìa:
-</p>
-
-<p>
-— Bella! Bella! E la musica non è pure un
-inno alla bellezza di lei? No, in fede mia ella
-non può pensare se non che la è la regina della
-festa.
-</p>
-
-<p>
-Non v'ha donna, sposa o fanciulla, che in ballo
-non preferisca, spesso senza saperne la vera cagione,
-un danzatore agli altri; un danzatore a cui
-sarà lecito quanto ad altri verrebbe tacciato di
-petulanza. Se un compaesano, assente, supponiamo,
-due mesi, fosse giunto quella sera, avrebbe
-fatto le boccacce ravvisando nel favorito di Bettina
-<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span>
-— chi l'avrebbe creduto? — Domenico, il
-mercante di vino, che malgrado i suoi nove o dieci
-lustri pareva avesse quella sera riacquistato la
-baldanzosa gaiezza della gioventù: la bellezza
-fascinatrice di Bettina lo aveva galvanizzato.
-</p>
-
-<p>
-E Bettina era ora la sua sposa!
-</p>
-
-<p>
-Mentre fervevano con maggior calore le danze,
-entrò nell'amplissimo sterrato un giovane pallidissimo,
-Giovanni Branca.
-</p>
-
-<p>
-La navicella che lo trasportava da Sesto Calende
-stava per approdare a Cannobio, quando
-il giovane, levando dalle mani la faccia lacrimosa,
-intese quel mormorìo di lontani suoni
-che si diffonde armoniosamente nella solenne
-quiete della notte. La casa dell'amica era immersa
-come le altre nell'oscurità — ella dormirà
-certamente, meglio per lei! Ma dal lato
-opposto del borgo verso il Sasso Carmeno, le
-finestre e le porte d'una casa erano vivamente
-illuminate, e le invetriate lasciavano scorgere
-che vi era festa. I suoni, le grida, accostandosi
-alla spiaggia, giunsero al suo orecchio più distinte...
-il contrasto di quella gioia col dolore
-che lo straziava, piombò sul suo cuore come
-l'adunco artiglio del <i>lammergeier</i> sulle tenere
-carni dell'agnello. Si rizzò sulla prua, ascoltò
-più attentamente un brindisi che echeggiava
-più sonoro, e fatto ormai certo della sua sventura,
-gridò ai barcaiuoli:
-</p>
-
-<p>
-— Per chi quella festa?
-</p>
-
-<p>
-— Domenico sposa la Bettina... Voi giungete
-a tempo ancora per danzare!
-</p>
-
-<p>
-Giovanni barcollò, corse in un canto della
-nave, gettò nel lago un pesante involto..... Le
-lacustri ondine intrecciarono una ridda attorno
-<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span>
-alla macchina del Branca, mentre la Verbania,
-la regina del lago, disponeva sull'arcolaio le
-più flessibili alghe, invitando l'infelice amante
-a scendere nei regni di lei ove avrebbe trovate
-amorose ninfe per costanza senza pari...
-</p>
-
-<p>
-Bettina intravide nella folla l'antico amante,
-capì l'espressione disperata di quella cera sconvolta,
-imparò da un'occhiata che pure non era
-odio la storia della pentola e dell'impressione
-che doveva fare sul cuore di lui sì appassionato
-la novella delle sue nozze con Domenico — e
-nascose sul petto dello sposo la faccia.
-</p>
-
-<p>
-Il mercante di vino affidò ad un amico la
-fidanzata, e andò incontro a Giovanni.
-</p>
-
-<p>
-I crocchi zittirono, la musica cessò: pareva
-che ognuno presentisse qualche cosa di terribile,
-una lotta.
-</p>
-
-<p>
-Menico, sorridente — egli sorrideva sempre
-— condusse il giovane in una camera vicina,
-lo fece sedere e gli disse:
-</p>
-
-<p>
-— Giovanni, io vi ho sempre stimato come
-il più dabbene, come il più onorato giovane
-di Cannobio. Mi piace l'Elisabetta: l'ho chiesta
-in isposa; mi venne accordata. So che essa era
-maltrattata da quel cane di suo zio; mi accettò
-più per isfuggire alla tirannia che per amor
-mio. <i>Si dice</i> che voi l'avete amata, e che forse
-vi contraccambiava. Io non voglio dir altro, e
-voi mi capite. Se voi potete dire una parola,
-io mi ritiro, senza scandalo. Parlate.
-</p>
-
-<p>
-Giovanni fissò in volto il mercante, stette
-pochi istanti soprapensieri, come esterrefatto,
-indi balbettò:
-</p>
-
-<p>
-— Voi potete sposarla...
-</p>
-
-<p>
-Menico lo abbracciò dicendogli: Voi siete
-l'uomo più onesto che io abbia mai conosciuto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span>
-</p>
-
-<p>
-E lo trasse nella sala della danza... Giovanni
-bevve, danzò con Bettina, fece dieci brindisi
-alla felicità degli sposi; dopo un'ora era il danzatore
-instancabile, il ciarlone più ameno, più
-spiritoso, e nessuno riconosceva in lui il modestissimo
-giovane, il taciturno vagatore dei
-monti solitarii. Alle due dopo la mezzanotte
-gl'invitati erano congedati.
-</p>
-
-<p>
-Giovanni quando tutta la folla s'accalcava attorno
-agli sposi, fattosi largo, improvvisò una
-canzone, in cui l'armonia dei versi non la cedeva
-che alla delicatezza della concezione...
-</p>
-
-<p>
-Davvero che fra tanti giovani egli si mostrava
-ad un tratto il più spiritoso, il più gentile....
-anzi più di una danzatrice lo trovò il più
-bello.....
-</p>
-
-<p>
-Mentre Domenico accomiatava gli amici, i
-parenti, o per meglio dire tutta Cannobio, la
-cugina della sposa disse a Giovanni sottovoce:
-</p>
-
-<p>
-— Venite con me sul balcone verso il lago.
-</p>
-
-<p>
-Egli la seguì macchinalmente, senz'addarsene,
-e vi trovò — sola — Bettina.
-</p>
-
-<p>
-— No, non partite, Giovanni, una sola parola.
-Voi potevate disonorarmi con un detto, strappare
-questa corona di gigli... Voi siete grande,
-ed io comprendo troppo tardi di non avervi
-conosciuto. Non maleditemi perchè ho concessa
-la mia mano ad un altro... Ma il cuore,
-o Giovanni, il cuore è sempre tuo...
-</p>
-
-<p>
-— Signora, rispose fieramente il giovane sciogliendo
-le mani da quelle della sciagurata, nessuno
-v'ha costretta a queste nozze. Quando
-a Milano mi si trattò da pazzo, io piansi di
-dolore..... eppure allora io era ancora felice;
-aveva fede nel vostro amore. Ma ora, Bettina
-<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span>
-è morta; è morta, vi ripeto; non v'ha più che
-la moglie di Domenico.....
-</p>
-
-<p>
-E scomparve.
-</p>
-
-<p>
-Il giovane trovò nella strada la compagnia
-dei chiassoni del borgo, che egli aveva fatto
-meravigliare colla nuova scioltezza dei modi e
-col brioso folleggiare dello spirito: tutti gli si
-fecero d'attorno, e cantando e schiamazzando,
-lo trassero pel resto della notte ora in una, ora
-in un'altra casa, ove nuove libazioni finirono
-per assopire — buon per lui — ogni ricordo
-delle sue sventure. Di quando in quando però
-una nube offuscava la serenità gioviale della
-sua fronte, ed egli rimaneva un istante pensoso,
-un istante solo, chè passate le mani sulla fronte,
-quasi per cacciare una brutta tentazione, ritornava
-a cioncare, a cantare più strepitosamente.
-Quando la brigata, scemata a poco a poco dal
-numero di quelli che restavano a serenare sui
-canti dove erano sdrucciolati a terra, si trovò
-dispersa, Giovanni se n'andò a letto, ove i narcotici
-fumi del vino tracannato non gli risparmiarono
-di raffigurarsi la Bettina nelle braccia
-del mercante di vino. Parendogli di soffocare
-fra quelle anguste pareti, decise d'uscire di casa.
-</p>
-
-<p>
-Quando fu sulla scala, ei stette atterrito.....
-chi non avrebbe detto a prima giunta che nella
-stanza terrena Bettina, vestita di bianco, lo attendeva,
-al fondo della scala, là ove gli aveva
-concesso il primo, il solo bacio?
-</p>
-
-<p>
-Giovanni, sentendo mancarsi la persona, si
-sedette sopra i gradini della scala; non era Bettina,
-ma un raggio di luna — che richiamandogli
-tuttavia i primi sguardi e le prime parole
-d'amore della fanciulla e il convegno in
-<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span>
-quella stessa casa e il bacio, e i desiderii di
-gloria e di ricchezza, e la speranza dalle mille
-lusinghe, faceva più profondo col contrasto del
-passato l'abisso che lo separava da quei dì avventurosi,
-perchè la gonfia stupidità del governo
-spagnuolo non aveva saputo scorgere
-sulla fronte del giovane modesto la luce del
-genio, e una donna si era fatto giuoco di lui...
-Ma egli era senza rimorsi, e questo pensiero
-sciolse alfine il pianto dai suoi occhi — ne
-aveva tanto bisogno!
-</p>
-
-<p>
-L'alba sorgeva; una luce mal certa cominciava
-a penetrare dalla finestra, dalle fessure
-della porta, quando una voce — la voce di quella
-notte — gridò dalla toppa:
-</p>
-
-<p>
-— Piangi, piangi la tua sventura! Non t'aveva
-io detto che il mondo è degl'insolenti? Osasti
-a Milano? No. Osasti colla Lisa?
-</p>
-
-<p>
-— No, gridò Giovanni sorgendo, ma non ho
-rimorsi.
-</p>
-
-<h3 id="parte1-17">XVII.
-<span class="smaller"><i>S'io avessi, Dio me ne guardi, un milione!
-— Prina e la villa Poniatowski.</i></span></h3>
-
-<p>
-Se io avessi un milione da profondere in una
-villeggiatura, sclamai io lungo e disteso sul
-promontorio di San Remigio, abbracciando collo
-sguardo l'ampia e multiforme scena, che di là
-scorgesi correre attorno, qui io l'eleverei, certo
-che se per l'arte potrebbe avere molte rivali,
-poche senza dubbio ne avrebbe per situazione.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span>
-</p>
-
-<p>
-Tuttavia, siccome mi pare che per ora almeno
-non sorgerà nulla per mio conto su quel declivo,
-dopo d'aver passeggiato un'ora nella compagnia
-variata dei miei pensieri, me ne andai
-a visitare la villa del principe Poniatowski, a
-cinque minuti da Intra, sopra un gibboso declivo
-dei monti, in una posizione che dopo
-l'accennata è senza dubbio fra le più belle del
-lago.
-</p>
-
-<p>
-La casa povera per architettura come in generale
-le ville verbanesi, per quanto ricca di
-suppellettili e d'agi, è un nulla in confronto
-della bellezza di un bosco di alte piante, al
-rezzo delle quali s'asconde, è un nulla appetto
-della vista che vi si gode da tutti i lati; meno
-il golfo delle Isole, s'ha davanti la più estesa
-parte del lago. Dalla palazzina scendendo a riva
-verso la parte superiore del lago si scoprono
-gli avanzi della villeggiatura Prina, sui quali
-è basata in parte la villeggiatura Poniatowski;
-portici, terrazzi, scale in istile del secolo passato.
-In un istante mi concorsero alla mente le
-scene sanguinose del 1814 a Milano; Prina, Foscolo,
-il parroco di S. Fedele, la plebaglia della
-piazza e gli assassini che dalle sale dorate, dietro
-una persiana, miravano compiersi la loro
-opera. Mi pareva di vedere Prina seduto in
-riva al lago guardare con terrore la sponda lombarda,
-tentennando il capo quasi per dire: s'io
-non avessi mai abbandonato questi pacifici recessi
-in seno alla natura ed agli studii!....
-</p>
-
-<p>
-Prina era uomo onesto e di mediocre ingegno;
-l'assassinio solo scrisse con lettere di sangue
-il nome di lui nella storia.
-</p>
-
-<p>
-La villeggiatura Poniatowski è una bella scena
-di Walter Scott.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span>
-</p>
-
-<h3 id="parte1-18">XVIII.
-<span class="smaller"><i>Intra non si trova che a Intra. — Perchè delle
-ommissioni. — Virgilio a Feriolo. — Salute
-a chi resta.</i></span></h3>
-
-<p>
-Eccomi finalmente a Intra.
-</p>
-
-<p>
-Gl'Intresi attendono quasi tutti al lavorìo del
-cotone.
-</p>
-
-<p>
-Gli operai d'Intra non esistono che ad Intra.
-Nelle grandi città spesso la sordida speculazione
-ammassa in oscure umide stanze centinaia
-di operai, che con rachitica pazienza tessono
-la ricchezza del padrone, muti, tristi, come
-in ragni da cantina. La sera appena il tardo
-orologio segna la breve libertà, uno ad uno,
-silenziosi lungo i muri sfilano alle loro topaie.
-Ad Intra in generale il fabbricante o per studii
-o per buon senno, per cuore quasi sempre,
-considera l'operaio qualche cosa più d'un istrumento
-da lavoro; lo considera come uomo e
-come cittadino. Industria attiva, intelligenza,
-non speculazione. Da ciò grandi opificii, ariosi,
-puliti, a cent'occhi; dappertutto acqua viva ed
-aria viva; la natura del lago e del laghista fa
-il resto. Entrate in una di queste fabbriche,
-ove migliaia di fusi dipannano, attorcono il
-cotone. Il carbone avvampa sotto le caldaie; il
-vapore sprigionandosi mette in moto mille
-ruote addentellate, attorno alle quali cento
-operai lavorano dodici ore della giornata. Il
-silenzio del capace opifizio non è rotto che dal
-<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span>
-cigolìo delle macchine e dalla voce del capo
-operaio.
-</p>
-
-<p>
-Tutto è ordine, moto, lavoro, instancabile
-lavoro. Ma in quelle lunghe stanze se tu t'appressi
-agli uomini sentirai un sottile cinguettìo
-rompere la noia delle ore, e dalle donne una
-cantilena a mezze labbra, cinguettìo e cantilene,
-che appena tradotte alla libera aria la sera
-scoppiano in allegri canti clamorosi. Nell'estiva
-stagione lungo le case della <i>Sassonia</i>, sulla via
-a Pallanza, a Trobaso, quanti gruppi di belle
-ragazze inneggianti! Alla domenica quante partite
-al Pizzo Marone, ai paeselli del lago!
-</p>
-
-<p>
-Non è raro trovare a varii deschi di albergo
-gli operai in baldoria, e nella stessa camera
-il padrone fare una partita a tarocchi
-cogli amici.
-</p>
-
-<p>
-Ma se gli operai d'Intra non si trovano che
-ad Intra, gli è che fabbricanti come ad Intra
-non si trovano che raramente altrove.
-</p>
-
-<p>
-Che cosa posso aggiungere sopra Intra? Del
-nuovo o del vecchio campanile? Gl'Intresi non
-se ne curano. O del faro senza lucerna? Un
-marinaio, per le nebbie, isserebbe lassù una
-campana.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Il caldo m'è insopportabile. La bella Baveno,
-al rezzo della quale io vagai richiamando l'ombra
-di Cavour invano — Cavour villeggiò alcuni
-anni in questo paesello, — non seppe trattenermi.
-E neppure la <i>bucolica</i> di G. Prati in
-onore dell'oste. — Barcaiuolo, a Feriolo!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ricorrendo sull'ali della memoria la bella
-valle del Verbano, e sfogliazzando il libricciuolo
-su cui vo notando le sensazioni della vista, del
-naso, del cuore e della fantasia, ad un tratto
-mi si fè palese che io aveva saltato a piè pari
-nientemeno che il Santuario di S. Caterina del
-Sasso, la salita al Pizzo Marone e qualche altra
-rarità, su cui avrei potuto ammanire al lettore
-un succoso manicaretto, Dio sa con quanta sua
-e mia soddisfazione. Per fortuna nostra che in
-quel punto mi soccorse il pensare, che se mai
-qualche lettore innamoratosi de' miei ritratti volesse
-un giorno fare conoscenza cogli originali,
-s'io di tutto gli avessi favellato, nulla più
-gli sarebbe tornato nuovo..... Se non tenete per
-buona questa ragione, con poco dispendio e
-poca fatica potete accertarvi della verità.
-</p>
-
-<p>
-Addio, o Verbanesi!
-</p>
-
-<p>
-Credo che ci lasciamo amici per la pelle: io
-vi amerò sempre come un popolo forte, allegro,
-alla buona e senza maschera, come spero
-che voi ricordandovi — tutto può darsi — di
-me, non sdegnerete centellinarne una ciotola
-di quel rubino alla vostra ed alla mia salute...
-</p>
-
-<p>
-Mentre io scoccava sulle dita un sonoro bacio,
-e raccomandatolo ai zeffiri, lo inviava alle belle
-Verbanesi, un tintinnìo di sonagli, uno schioppiettìo
-di frusta e lo scalpitare di cinque cavalli,
-che mi rammentò il <i>quadrupedante putrem</i>
-di Virgilio, m'avvisarono che s'avanzava entro
-un nugolo di polvere la corriera postale tra
-Arona e Domodossola.
-</p>
-
-<p>
-E salute a chi resta.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span>
-</p>
-
-<h2 id="parte2">PARTE SECONDA
-<span class="smaller"><b>Per le valli d'Ossola.</b></span></h2>
-
-<h3 id="parte2-1">I.
-<span class="smaller"><i>La sentinella dell'Ossola — Un bagno da trent'anni
-— I romantici a Vogogna — Domodossola
-— Il mercato.</i></span></h3>
-</div>
-
-<p>
-Fra i monti da cui l'Italia è vallata verso settentrione,
-non v'ha certamente paese più pittoresco
-e che porga sì largo tema d'ammirazione
-e di studi quanto il grandioso bacino a
-cui convengono tra i contrafforti declinanti dalle
-Alpi Leponzie sette valli variatissime. Pel poeta,
-pel pittore e per quelli che corrono le cento
-miglia per vedere un paese straniero, una natura
-assai volte meno curiosa, quanti spettacoli!
-</p>
-
-<p>
-L'antica mitezza dei costumi pastorali, la vivezza
-dell'aere che frizza sui nervi, la serena
-pace che qui si respira, invitano a ritemprare il
-corpo e l'anima.
-</p>
-
-<p>
-L'abitare fra le Alpi rivergina le menti. Come
-l'antico gladiatore di quando in quando soffregava
-<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span>
-con oleosi sughi le membra, l'uomo — possibilmente
-— dovrebbe alcuna volta rinfrancarsi
-all'eloquente parola della natura, poichè il pensiero
-umano sulle Alpi, come sul mare, ingagliardisce,
-inspirandosi a quanto di grande
-emana dalla loro contemplazione. Lassù fra cielo
-e terra, il cielo ne attira; le basse passioni si
-spengono poco a poco e le generose si accrescono
-di coraggio e di forza.
-</p>
-
-<p>
-La sapiente antichità bene avvisò che il cielo
-si scala solo coi monti.
-</p>
-
-<p>
-Io quando incontro su queste nostre Alpi
-tanti stranieri e nessun Italiano, quasi sto per
-dire:
-</p>
-
-<p>
-— Che peccato che sì belle valli sieno in
-Italia!!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Prendendo le mosse da Feriolo, la natura
-poco prima sì rigogliosa e lussureggiante di
-fiori, di profumi e di verzura ad un tratto raggrinza
-la fronte e si mostra severa, trista.
-</p>
-
-<p>
-Il monte Orfano nudo, solitario, minaccioso
-sul varco, è la tomba senza dubbio d'uno fra
-gli arditi che ruppero guerra agli Olimpici.
-Sentinella avanzata dell'Ossola, come il Pirchiriano
-è alla valle di Susa, la sua fronte crucciata
-vide le orde Cimbriche scendere dal Gries
-e dal Sempione ed atterrite coll'aspetto barbaro
-le legioni romane, correre vittoriose ai campi
-novaresi a disputarvi l'Italia, questo eterno sogno
-dello straniero. Anche sul Pirchiriano stanno
-scritti i fati dei Longobardi. Mezz'ora prima
-<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span>
-dappertutto ghirlande di rose e tralci d'ubertose
-viti festeggiano l'umana famiglia: qui dall'una
-e dall'altra parte massi granitici ti pendono
-sul capo!
-</p>
-
-<p>
-I giardini incantati del Vergante e delle Isole
-Borromee furono una visione ariostesca?
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Ornavasso e Vogogna coi loro neri castelli
-sono i villaggi principali su cui si passa.
-</p>
-
-<p>
-Poco prima di Vogogna, a Migiandone, l'antico
-ponte della strada del Sempione in una
-calda giornata d'estate fu preso da vaghezza
-di bagnare le sue membra polverose sulle fresche
-bionde acque della Toce; ma, ahi! sventura!
-colpito da inazione nervosa, sentendosi
-affogare, invano invocò aita, nessuno il soccorse.
-Da trent'anni l'infelice attende una mano
-provvidentemente pietosa che lo sollevi dalla
-Toce: pensate, che angoscia sarà pel poveretto
-vedersi passare ogni istante due brutte barcaccie
-sul muso, alla musica del sacramentare
-dei vetturali e dei viaggiatori!
-</p>
-
-<p>
-Vogogna, mi disse un cotale, fu fabbricata da
-un pittore paesagista della scuola romantica. I
-poggi rilevati su cui dondolano le vecchie mura
-di merlate torri, sopra il fondo verdastro della
-cortina alpestre, non potevano essere meglio
-disposti.
-</p>
-
-<p>
-Mentre si cambiavano i cavalli, io dava un'occhiata
-al paesaggio e un'altra ad una graziosa
-figurina, che da una finestra dell'albergo della
-Posta minacciava di saettare i passanti collo
-<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span>
-sguardo acuto, affilato di due begli occhi neri.
-<i>Veh vobis!</i>
-</p>
-
-<p>
-Il raggio di fuoco che dall'anima saetta col
-tuo sguardo accende in ogni cuore desiderii
-d'amore — a chi non arride il pensiero di cogliere
-un bacio su labbra non ancor schiuse all'amorose
-parole?
-</p>
-
-<p>
-Ma bada, veh! Bada che da un dì fatale nessuno
-più legga la bella epigrafe che ora rifulge
-sul tuo frontispizio:
-</p>
-
-<p>
-Onorate la vergine!
-</p>
-
-<p>
-Tutte queste belle idee, or che ci penso,
-mi vennero in capo quando la vettura allontanandosi
-rapidamente, la visione s'era dileguata...
-S'io restava a Vogogna, sarei stato così moralista?
-</p>
-
-<p>
-Mi ricordo che nelle storie corrono famosi,
-Giuseppe d'Israele e S. Antonio, per avere resistito
-al fascino della bellezza muliebre.
-</p>
-
-<p>
-Ma se Giuseppe non portava un mantello
-slacciato? Quanto a S. Antonio, se la bellezza
-della tentatrice corrispondeva al ritratto lasciatoci
-dal De-Colonia, è presto spiegata l'astinenza
-dell'anacoreta.
-</p>
-
-<p>
-La virtù è nella lotta.
-</p>
-
-<p>
-Dopo Vogogna la valle si stende ampia, piana,
-verdeggiante sotto un vôlto ceruleo.
-</p>
-
-<p>
-Il sole tramontava. Passando sopra un ponte
-di legno che cavalca la Toce, mi s'indicò il
-monte Rosa che faceva capolino sopra le altissime
-vette dell'Anzasca. Il suo capo ancora
-suffuso dai raggi solari, si confondeva quasi
-nelle aeree tinte del cielo, come quelle teste
-alate d'angeli degli antichi cartoni, i contorni
-delle quali sfumarono.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nell'Ossola, il popolo al passare delle corriere
-postali, si ferma e si leva rispettosamente
-il cappello.
-</p>
-
-<p>
-In breve le ferrate zampe dei cavalli risonarono
-strepitando sul lastrico d'una bella, pulita
-ed ampia via, che dritta corre come fra due
-linee di case modeste, allegre, colle persiane
-dal classico colore verde.
-</p>
-
-<p>
-Domodossola è una curiosa cittadina. Da vedute
-fotografiche — invenzione che fra gli altri
-meriti risparmia la fatica del viaggiare — molti
-conoscono, senz'essersi mossi di casa, la piazza
-del mercato circondata da case di varia fisionomia,
-tutte a portici irregolari, con pilastri in
-pietra, colle gallerie dai piani superiori a traforo,
-coi balconi sporgenti e le grondaie protettrici
-e i camini a banderuola e le botteghe
-tutte diverse d'insegna, di porta, d'addobbo,
-di profumo.
-</p>
-
-<p>
-Da questa piazza s'apre verso settentrione
-una via non meno bella di quella che vi scorge
-arrivando dal Lago Maggiore. Mi si disse che
-entrambe si devono alla strada del Sempione.
-</p>
-
-<p>
-Appena disceso dalla vettura, entrai nell'albergo.
-Un garzone, tutto miele e sentimentalismo,
-avendo senza dubbio scorto sulla mia
-cera intenzioni ostili al pollame, m'indicò una
-porticina che dal cortile scorgeva nel salotto.
-Una tavola stava imbandita verso il fondo, attorno
-alla quale erano seduti quattro signori,
-a quella distanza legale uno dall'altro, che è
-solita fra persone che il solo caso riunisce. Se
-io fossi un Centofanti potrei dirvi a quante lingue
-appartenesse il gergo che vi si biasciava.
-Uno d'essi a capo del tavolo, alto secco e nodato
-<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span>
-a foggia d'una canna, con un naso adunco
-come il becco d'un avoltoio, sulla cui gibbosa
-groppa s'inforcava un occhialetto verdognolo,
-senza barba, colle labbra sottili, strizzate, dalle
-vesti che pizzicavano l'originalità, colla fronte
-e le guancie raggrinzate dall'eccesso del piacere
-o del dolore, era inglese.
-</p>
-
-<p>
-La fisionomia giovialmente serena tra il meditabondo
-ed il michelaccio, la capigliatura
-biondocinerina, la ciera rotonda, un certo fare
-alla carlona e una bottiglia di birra spumante,
-tradivano nell'altro un figlio dell'Alemagna.
-</p>
-
-<p>
-L'accento dimostrava chiaramente francese il
-terzo.
-</p>
-
-<p>
-Ma chi avrebbe saputo dire all'ombra di quale
-campanile fosse nato il quarto? Egli in dieci
-minuti vestiva la sua ciera della melanconia
-degl'Italiani, dell'aggrottato <i>spleen</i> degli Inglesi,
-della seria bonomia tedesca, dell'alterigia spagnuola,
-della follia francese. Lo sguardo era
-dolce, insinuante, ammaliatore; ora fosco, imponente,
-terribile; la bocca rosea come quella
-di una bella figlia della Georgia, spesso dal sorriso
-contraevasi al sogghigno.
-</p>
-
-<p>
-Se uno di quegli scultori che sanno dalla pietra
-ritrarre una forma evocatrice d'infiniti pensieri,
-avesse visto, guardato, studiato, analizzato
-tutti quei moti irrequieti, che male rappresentano
-passioni indecise e lo sconforto del dubbio,
-ne avrebbe tratto il tipo di questo secolo.
-Non un pelo di barba sulle labbra, sulle gote,
-ma le sopracciglia e la capigliatura stranamente
-folte; quest'ultima ad arricciate ciocche cadevagli
-nerissima sulle spalle. Era vestito come
-un signore di buon gusto. Il suo parlare era
-<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span>
-poliglotta, una vera <i>olla podrida</i> di motti italiani,
-greci, spagnuoli, tedeschi, francesi, russi,
-britanni e fors'anche chinesi. Chi avrebbe potuto
-snebbiare questo mistero vivente?
-</p>
-
-<p>
-Quand'io entrai, il loro colloquio era animatissimo
-tanto che l'Inglese gesticolava come un
-telegrafo non elettrico.
-</p>
-
-<p>
-Anzi mi parve che tutti e quattro parlassero
-ad una volta secondo la buona usanza parlamentare
-di quelli che vogliono far prevalere
-la propria opinione senza ascoltare quella degli
-altri.
-</p>
-
-<p>
-Salutai: il Francese solo accennò.
-</p>
-
-<p>
-Mi sedetti senz'altro, tracannai un bicchiere
-di vino ad onore e gloria della cortesia francese,
-e mentre il garzone recavami la vittima,
-che io doveva immolare al mio appetito, ascoltai.
-</p>
-
-<h3 id="parte2-3">III.
-<span class="smaller"><i>L'Italia non è che un albergo — 17835 iscrizioni
-e mezza — Lezioni archeologiche — Varietà
-di gusti — Apologia del farniente — Terzo
-primato dell'Italia — Quattro duelli — Che
-hanno la coda.</i></span></h3>
-
-<p>
-<i>Francese</i>. Il bello è sempre lontano da casa:
-del resto anche la Francia non teme confronti.
-Io viaggio, cioè ho fatto un viaggio in Italia,
-perchè questo è l'uso d'ogni persona colta: ve
-lo dico senza velo. Credete voi che tutti vengano
-qui a sospirare le ore e le ore sotto un
-arco frantumato, un palazzo polveroso, un'iscrizione
-<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span>
-che non riescono a compitare, per amore
-delle antiche memorie? Tutta ipocrisia, miei signori.
-L'Italia è un grande albergo, a cui conviene
-il bel mondo europeo, e nulla più. Partii
-da Marsiglia per Napoli. Ho visto il cratere del
-Vesuvio, ho mangiato i maccheroni, ho danzato
-la tarantella e mi son fatto scorrazzare in corricolo.
-I lazzaroni mettono schifo ed il resto annoia...
-È un popolo lontano mille miglia da
-Parigi! A Roma ho veduto S. Pietro, il Colosseo,
-il Campidoglio ed il Papa. Grandi cose in
-mezzo a meschinissime. A Firenze, ho cercato
-nelle sale del bel mondo la tanto decantata favella
-toscana, ed ho udito biascicare la nostra
-gran lingua, la lingua del mondo intelligente.
-A Milano, a Genova, tolti i monumenti, trovai
-città da provincia; a Torino cera di capitale
-senza l'imponenza babelica d'una metropoli monumentale.
-La seria e disciplinata apparenza dei
-cittadini e della città spiega la loro storia e la
-loro gloria nella diplomazia e nelle armi. Tutto
-è ordine. Del resto per chi non è assai ricco
-ed ama la tranquillità, Torino sarebbe forse la
-città più <i>confortevole</i> di tutta l'Italia: pare un
-convento di agenti del governo. Tutte queste
-città, compresa la scenica Venezia e le cento
-altre minori, è forse meglio vederle nei diorami
-del <i>Palais Royal</i>.
-</p>
-
-<p>
-In poche parole, appena lasciato il suolo francese,
-m'annoiai mortalmente!
-</p>
-
-<p>
-<i>Alemanno</i>. Signore, voi avete un adagio, che
-se non mi sbaglio suona che ognuno ha i suoi
-gusti. Giacchè parliamo senza circonlocuzioni,
-vi dirò schiettamente che ho dimorato molti
-mesi in questo paese, e lo lascio con grande
-rincrescimento, quantunque la birra sia pessima.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'Italia per noi Tedeschi è una immensa università,
-le cui mura son tutte tappezzate di
-lapidi e di monumenti, per chi sa leggerli.
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> (a mezza bocca) Grazie mille.
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> (facendo lo gnorri). Nessuna nazione
-porta sulla sua fronte così palesi le impronte
-della sua grandezza....
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> (da semplicione). Per chi sa leggerci.
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> (orecchio da mercante). Non tutti sono,
-grazie a Dio, letterati. Voi vedete là in quel
-canto quell'inviluppo mostruoso di carte? Sono
-17835&#x202f;<span class="above">1</span>&#xfeff;&#8260;&#xfeff;<span class="below">2</span> iscrizioni trovate da me in Italia e commentate
-(mormorio di meraviglia).
-</p>
-
-<p>
-<i>Incognito.</i> E, se non sono indiscreto, a che
-queste tante iscrizioni?
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> Io vi ammiro! Vi ammiro profondamente!
-— disse con ironico enfasi il Francese,
-ficcando il naso nel bicchiere e gli occhi in
-quelli dell'impassibile incognito per ispiare un
-zinzino di malignità nella sua domanda.
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> (fermo come torre che non crolla).
-Queste 17835 iscrizioni e mezza serviranno
-per note ad una mia opera futura, a cui preparo
-le basi.
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> E, se anch'io non sono troppo curioso,
-quale sarà il titolo di questo lavoro senza
-dubbio gigantesco? Anch'io sono baccelliere e
-non si sa mai... potrei anch'io associarmi alla
-sua pubblicazione (se pure vivrò tanto da vederne
-il fine!).
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> Scrivo la storia del pensiero umano
-comparato nelle razze latine e nordiche.
-</p>
-
-<p>
-<i>Incogn.</i> L'idea di quest'opera deve avervi atterrito
-sulle prime. Essa non può essere concepita
-che da un figlio della Germania. Voi avete
-mente disquisitrice e rara, strana pazienza...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span>
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> E lunghi inverni e buona birra.
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> (per tagliar corto). In Italia cattiva
-birra e buon vino.
-</p>
-
-<p>
-<i>Inglese.</i> Sì, buon vino, eccellente. Vino che
-rallegrerebbe un Inglese corroso dall'umore
-nero. Lasciando a parte le altre qualità che
-fanno bella l'Italia, io credo che essa merita
-una visita per questa volta.
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> Se io vi ritorno, scriverò la storia
-comparata dei vini.
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> Anche quest'opera gioverebbe assai
-all'umanità, se si considerassero le parole ed i
-fatti, che sono la conseguenza diretta del vino
-tracannato da Noè a noi, o per meglio dire, a voi.
-</p>
-
-<p>
-<i>Inglese</i> (al garzone). Portatemi del vino piemontese...
-(mescendo agli altri) Signori... questo
-vino è buono; e sarebbe incomparabilmente migliore
-ove non si fabbricasse tuttora come ai
-tempi di Noè. Ah! l'Italia! Marsala, Lacrima,
-Chieti, Vin Santo, Canonao, Malvasìa, Caluso,
-Barolo, e voi classici vini dell'Astigiano! Il vino
-è la più bella gloria dell'Italia. Le altre non
-conosco. Dappertutto vidi macchine inglesi.
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> E stoffe francesi...
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> Gl'Italiani dormono sugli antichi allori.
-</p>
-
-<p>
-<i>Inglese.</i> Se pure quegli antichi eroi non furono
-tanti miti.
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> Gl'Italiani sono il popolo di cui si
-piantarono e si piantano maggiori carote. I
-poeti, più bugiardi dei cavadenti, ne hanno assuefatti
-di là dell'Alpi a pensare all'Italia come
-ad un paradiso terrestre. Essi magnificarono il
-clima, i monumenti e le donne. Sì — voglio
-concederlo — qualche cosa di bello e di grande
-v'ha qui... come poco più poco meno dappertutto....
-<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span>
-Il clima, se ne eccettuate due o tre
-spiaggie marine della parte meridionale, è incostante
-e freddo nella stagione invernale come
-da noi. A Torino si soffre il freddo assai più
-che a San Pietroburgo. De' monumenti ho già
-detto quanto penso: non sono in grado di apprezzare
-se non quelli che hanno un'insegna...
-Restano le donne... Qui piego il capo, e confesso
-di aver scoperto nel loro sguardo una
-dolcezza che manca al clima, e la grandezza,
-che non trovai nel resto. Facciamo, o signori,
-un brindisi a questi avanzi dell'antica imperatrice
-del mondo, su cui pure (al Tedesco) il
-signore non avrà mancato di studiare, nelle ore
-di ozio, senza cercare iscrizioni...
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> <i>Miscere utile dulci!...</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> (al cameriere). Porta del Bordeaux.
-Spero che dopo il vino piemontese apprezzeranno
-anche il mio Bordeaux.
-</p>
-
-<p>
-Mentre il Francese mesce ai commensali,
-chiede all'incognito:
-</p>
-
-<p>
-— Non sarebbe ella mai Italiano?
-</p>
-
-<p>
-<i>Incogn.</i> No, non sono Europeo.....
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> Nelle linee caratteristiche del suo volto
-leggo.....
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> (scherzando) Un'iscrizione?
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> Una leggenda della Grecia..... del Levante.....
-</p>
-
-<p>
-<i>Incogn.</i> Non sono nato sulla terra, o signori.
-</p>
-
-<p>
-<i>Tutti.</i> Oh! oh! questa è graziosa! marchiana!
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> (a fior di labbra) Oh! mi casca adesso
-dalla luna.
-</p>
-
-<p>
-<i>Incogn.</i> Sono nato sopra una nave americana.
-</p>
-
-<p>
-<i>Ingl.</i> Siamo della stessa razza.
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> La vostra nazione verrà un giorno a
-mettere in sesto l'Europa.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span>
-</p>
-
-<p>
-<i>Americ.</i> Quanto a me dell'Europa non amo
-che l'Italia. Come nazione, noi non abbiamo
-avuto pietà delle sue lagrime, perchè non volle
-mai intensamente con tutte le forze l'indipendenza
-per conseguire la libertà! Quanto poi a
-ciò che l'Italia dà al mondo intero.....
-</p>
-
-<p>
-<i>Ingl.</i> Eh! poverina; se mi eccettuate i cappelli
-di paglia.....
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> Non ha di suo che il far niente.
-</p>
-
-<p>
-<i>Amer.</i> Ecco la sorgente del suo merito a' miei
-occhi.
-</p>
-
-<p>
-<i>Tutti.</i> Oh! oh!
-</p>
-
-<p>
-<i>Amer.</i> Signori, voi tutti veniste in Italia per
-divertirvi. (al garzone) Mesci Malaga.
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> Io vi venni, perchè la moda vuole
-così, ve l'ho già detto, e mi annoiai mortalmente.
-</p>
-
-<p>
-<i>Amer.</i> Perchè non vi siete divertito?
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> Perchè? Strade ferrate poche: alberghi
-molti e cattivi. Mi dicono i ladri in quantità.
-Da pertutto si vede che Voltaire e Vatel non
-nacquero in Italia. Ecco l'Italia.
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> Io mi divertii molto studiando. Se ci
-avesse della buona birra di Baviera, io l'amerei
-anzitutto, benchè gl'Italiani non amino i Tedeschi
-col pretesto degli Austriaci.
-</p>
-
-<p>
-<i>Amer.</i> Eh! mi sembra che abbiano imparato
-a far poca distinzione fra gli uni e gli
-altri.
-</p>
-
-<p>
-<i>Ingl.</i> Io, a dirla francamente, viaggio per
-fare economia. In Italia un uomo solo con una
-ventina di lire al giorno, se la sciala allegramente.
-Amo gl'Italiani perchè amo Byron. Ammiro
-la loro potenza artistica antica, e se con
-poche sterline posso portare via qualche tela
-<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span>
-affumicata dai loro palagi deserti, e non sto a
-lesinare. Quanto alle loro arti odierne, poco su
-poco giù, se ne potessero fare mostra in un
-centro, credo uguali alle straniere. Non crediate
-che io ami le arti come quelle che disterrano
-al ciel la mente, a dirla cogli Italiani, amo le
-arti che mi danno piacere. Il piacere, ecco
-quanto cerco, ecco la mia divisa.
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> Chi non ama il piacere — anche sotto
-la forma di un'iscrizione?
-</p>
-
-<p>
-(Smorfia eloquente del Tedesco — a cui l'Americano
-mesce un bicchierone di Malaga, il
-quale trovato nel ventricolo il Bordeaux ed il
-Barolo, accende con essi e la birra un incendio,
-per cui il fumo comincia a sortire dal naso del
-pacato Alemanno).
-</p>
-
-<p>
-<i>Amer.</i> (<i>all'Inglese</i>) Bravo. Il piacere; ecco la
-molla d'ogni azione. Chi cerca il dolore? La
-vita non è che un circolo più o meno vasto,
-in cui l'uomo corre dietro al piacere, e fugge
-al dolore, che del resto ha le gambe molto
-lunghe e le braccia di ferro. Ora, viaggiando,
-qual è il paese in cui il circolo pare meno angusto?
-Se non l'.....Italia?
-</p>
-
-<p>
-<i>Ingl.</i>, <i>Alem.</i>, <i>Franc.</i> ad un fiato:
-L'Inghilterra! La Germania! La Francia!
-</p>
-
-<p>
-<i>Amer.</i> Nossignori..... L'Italia.
-</p>
-
-<p>
-<i>Tutti.</i> Oh!
-</p>
-
-<p>
-<i>Amer.</i> (mesce) A voi partito dalle sponde fumose
-del Tamigi non sarebbe stato dato il trovare
-un paese, che avesse cielo sorridente e
-dolci aure, ottimi vini, vita a buon mercato, e
-di che scialarla allegramente come in Italia, in
-tutto il mondo. Qui Shakespeare sognò i suoi
-<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span>
-drammi: senza vedere l'Italia egli comprese
-quanto colore dà questo sole alle minime cose.
-Ad ogni passo incontrate l'ombra di Byron.
-Come Inglese voi dovete essere appassionato
-delle scene naturali. Dove trovate maggior varietà?
-Qui presso eterne nevi e sulle rive mediterranee
-eterna primavera. Fate ora paragone
-coll'Inghilterra. Quanto v'appare triste e caliginoso
-quel suo aere pregno di <i>Goddam</i> e di
-catrame!
-</p>
-
-<p>
-<i>Ingl.</i> (con una mezza tinta drammatica) Signore!
-</p>
-
-<p>
-<i>Amer.</i> E voi, amante pure del piacere, rimproverate
-agli Italiani il lor far niente? Voi
-non lo comprendete il loro far niente.
-</p>
-
-<p>
-Un giorno il sole amoreggiò colla fantasia:
-da essa nacquero gl'Italiani. La splendida natura
-del loro bel paese desta in loro non meraviglia,
-come in voi, ma una dolce melanconia
-che li invita a meditare, a fantasiare. Chi di
-essi riesce a plasmare la propria idea crea un
-capolavoro concepito fra l'aspetto di spettacoli
-grandiosi, fra le memorie d'una gloria immensa,
-ed in una meditazione continua, intensa.
-</p>
-
-<p>
-Questo far niente è adunque un gran lavoro.
-È il far niente che produsse i loro artisti, Raffaello
-e Rossini.
-</p>
-
-<p>
-Se tutti gl'Italiani dessero o potessero dare
-atto ai pensieri che concepisce il loro far niente,
-a quest'ora il mondo sarebbe una seconda volta
-di loro. Tutte le nazioni nutrono più o meno
-un certo rancore contro l'Italia. Perchè non
-contro la Curlandia, la Danimarca, la Turchia?
-</p>
-
-<p>
-Tutti cercano di soffocare i suoi gemiti gridando
-che essa a nulla è atta. Le altre nazioni
-<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span>
-quando si trovarono nella sventura annoiarono
-il mondo stridendo: quando l'Italia piange,
-un'arcana melodìa ne soggioga.
-</p>
-
-<p>
-O in una o in un'altra cosa l'Italia comanda
-sempre al mondo. Una volta coll'armi, ma i
-popoli battuti borbottavano male parole; ora
-colla musica, ed i soggiogati accettano l'impero
-battendo palma a palma. A mezzo l'<i>Otello</i>,
-il <i>Guglielmo Tell</i>, la <i>Norma</i>, la <i>Lucia</i> od il <i>Rigoletto</i>
-rimproverate agl'Italiani di non farvi le
-stringhe a buon mercato come in Francia. Io
-quando sento le note della
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">«Casta Diva, che inargenti»</p>
-</div></div>
-
-<p>
-chiudo gli occhi, ed assorto in una voluttà che
-non istanca comprendo tutti i misteri del cuore
-che nella solenne quiete della notte confida alle
-ombre i suoi palpiti. E mi terrei beato se io
-potessi rientrare nel nulla <i>accompagnato</i> dalla
-sinfonia della <i>Semiramide</i>. Tutte queste armonie
-emanano in parte dall'influsso delle donne italiane,
-le sole che mi toccano più che i sensi,
-la mente. Voi mi direte che l'Alemagna e la
-Francia hanno grandi maestri non inferiori in
-merito agli Italiani... Senza discutere rispondo
-che la melodìa di questi mi tocca di repente
-il cuore: le armonie di quelli mi meravigliano,
-ma m'impongono uno studio.
-</p>
-
-<p>
-Intanto l'Italia riscuote da tutte le nazioni un
-tributo alle sue arti: noi lo paghiamo senza
-battere palpebra. Ora chiedete ai vostri telai,
-alle vostre macchine, il piacere!
-</p>
-
-<p>
-Tutti i vostri più grandi artisti non divennero
-tali se non dopo una certa dimora in Italia,
-<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span>
-ove direi che l'armonie di cui è pregna
-l'aria, destarono in essi le potenze <i>dinamiche</i>.
-Rubens? Vandych? Poussin? Thorwaldsen?
-Meyerbeer? Reynolds?
-</p>
-
-<p>
-La gretta gelosia delle nazioni verso l'Italia
-è giusta; se esse le avessero permesso di divenire
-politicamente una nazione, tutto il mondo
-sbadiglierebbe da lungo tempo alle malplagiate
-note dei nostri maestri, e allora addio, o piacere
-unico, divino! Perciò il risorgimento politico
-italiano, sotto quest'aspetto, non trova in
-me un fautore. Che volete? L'Italia oppressa
-piangeva così soavemente! Libera? la vedrete
-perdere lo scettro delle arti. Le nove vergini
-non amano il tamburo militare. Le vostre nazioni
-quando il gladio romano le affettò, che
-divennero? Scomparvero. L'Italia scompare nella
-politica e tosto rinasce nelle arti. Cos'è la Spagna
-divisa, sbattuta da mal certe passioni? Paragonatele
-l'Italia. E voi, Alemanno, troverete
-più facilmente qui la birra di Baviera, che 17835
-iscrizioni in Germania.
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i> 17835 e <span class="above">1</span>&#xfeff;&#8260;&#xfeff;<span class="below">2</span>. Ah! ah!
-</p>
-
-<p>
-<i>Alem.</i> Sì, 17835 e <span class="above">1</span>&#xfeff;&#8260;&#xfeff;<span class="below">2</span>. Volete vederle?
-</p>
-
-<p>
-<i>Franc.</i>, <i>Ingl.</i>, <i>Amer.</i> Misericordia!
-</p>
-
-<p>
-Tutti s'alzarono per isfuggire alla terribile
-minaccia del buon Tedesco; questi offeso dalla
-dimostrazione eloquente credette lesa la patria
-nelle sue più profonde affezioni archeologiche,
-e per difendere la Germania non trovò mezzo
-più spiccio di quello di arrovellarsi contro l'Italia,
-dimenticando — o ingratitudine! — l'origine
-delle iscrizioni in appendice alla sua opera
-— postuma.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span>
-</p>
-
-<p>
-Io in quella gazzarra pensate se me ne stetti
-a bocca chiusa! Desiderare che l'Italia sia schiava
-per sentirne il pianto... Oh! dunque la è una
-istriona? Un usignuolo da tenersi in gabbia?
-Voi siete altrettanti egoisti, e per me vorrei
-che non una nota di Rossini avesse varcate le
-Alpi.
-</p>
-
-<p>
-In pochi minuti i forestieri, obbliati i meriti
-musicali e viniferi ed il dolce far niente si unirono
-a' miei danni. Animato da un insolito
-calore, io sentiva ingagliardirsi in me tutte le
-potenze dell'amore, che fa della patria agl'Italiani
-una madre afflitta da consolare. Perciò rigettate
-le lodi ed il lascivo panegirico dell'Americano,
-intuonai, virgolato da più libazioni,
-un'eloquente difesa della povera nazione che
-getta finalmente la cetra, con cui ha saputo
-molcere i dì del dolore per impugnare il ferro
-della battaglia.
-</p>
-
-<p>
-Le vicine pareti della sala erano scomparse,
-ed io vedeva attorno attorno sulle pendici dell'anfiteatro
-ossolano un'immensa moltitudine,
-che cogli occhi m'incoraggiava col gesto. Erano
-ombre di remoti e di vicini secoli. Io riconoscendo
-in molti d'essi carissime conoscenze
-di biblioteca, eruttava faville. Le cruciate figure
-di Dante, di Michelangelo e di Giusti, parevano
-protestare contro il detto dell'Americano esser
-necessaria la schiavità all'Italia per serbare il
-primato nelle arti.
-</p>
-
-<p>
-Gli stranieri irritati a quella vista, crollando
-le spalle e facendo le boccacce, senza una riverenza
-al mondo per quei nostri illustrissimi,
-sacramentarono d'impiparsi di quelle anticaglie
-da ferravecchio, di miti, d'ombre chinesi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span>
-</p>
-
-<p>
-Se non m'isbaglio, mi diedero per corollario
-dell'asino — ma per non essere la prima volta in
-vita mia — non ne sentii troppa ira. Virgilio
-m'era pur costato delle sonore sferzate; Dante
-mi fa presentire la bolgia degli scioperati fannulloni;
-eppure al sacrilego dileggio perdonai
-i cavalli al pedagogo, e, gettato lo scudo, colla
-baionetta in canna assalii di botto tutte le nazioni
-in una volta.
-</p>
-
-<p>
-La faccenda diventava seria. Le ombre stesse
-malcontente parevano volermi suggerire, ma
-anch'esse tutte ad una volta. In due minuti il
-vino e l'amor di patria annebbiarono le idee;
-il colloquio diventò un turbine, una tempesta.
-L'ira alle fiamme accecanti del liquore s'accese.
-Gli era come cento suonatori disaccordi, un
-pandemonio di esclamazioni, di nomi proprii,
-un'enciclopedia a fascio, un vocabolario scucito,
-i cui fogli svolazzano confusi dall'uragano.
-</p>
-
-<p>
-Povera Italia! Dopo mezz'ora i quattro campioni
-giacevano in una gora sanguigna, attorno
-al tavolo, non morti e non del tutto vivi.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Il garzone sentimentale mi condusse nella
-mia camera da letto: il quale sormontato da
-un alto baldacchino a cortine — il letto, non
-il cameriere — stava in mezzo alla stanza col
-capo al muro. Ampie cortine d'un rosso dubbioso
-lo coprivano intieramente. Mi posi tosto
-a letto e spensi il lume. Un raggio di luna,
-sottile, lungo, mi tremolava presso alla finestra:
-<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span>
-la discussione, il vino e le cortine mi soffocavano:
-le apersi.
-</p>
-
-<p>
-In fondo alla camera stavano — non v'era
-dubbio — varie figure, dritte, minacciose, una
-presso all'altra stretta per le mani, come i congiurati
-del Grütli. Se non che quelli erano tre,
-questi quattro.
-</p>
-
-<p>
-Lo spavento fece abbrividire il midollo delle
-mie ossa.
-</p>
-
-<p>
-Erano proprio i commensali, forse ubbriachi,
-che venivano a farmi qualche brutto tiro. Volli
-scivolare dal letto, cercare nel sacco da viaggio
-una pistola; ma le gambe aggranchite mi negarono
-il loro ufficio. Volli chiudere gli occhi:
-non potei. S'avanzarono fin presso ai piedi del
-letto.
-</p>
-
-<p>
-Il primo a parlare fu il Tedesco.
-</p>
-
-<p>
-— Signore, egli borbottò, voi avete riso delle
-mie 17835 iscrizioni e mezza, e voi me ne renderete
-conto e tosto. Così vi sarà al mondo un
-nemico di Germania di meno.
-</p>
-
-<p>
-— Caro fratello in Schiller, gli risposi ritirando
-gli artigli, voi parlate come suole il mondo,
-una verità ed una menzogna. Anzitutto gli Italiani
-non odiano gli Alemanni; odiano gli stranieri
-che vengono giù dalle Alpi a rapina di
-ogni cosa — eccettuate le iscrizioni. Anzi rimarginate
-le piaghe fatte dagli Austriaci, la
-tanto percossa Italia vi stenderà una mano, amichevole.
-Se corsero rivi di sangue fra voi e
-noi, la colpa a voi: v'abbiamo detto:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Ripassate le Alpi e tornerem fratelli...</p>
-</div></div>
-
-<p>
-voleste restare! — Quanto alle iscrizioni, è
-vero, risi. Battiamoci dunque da buoni amici.
-<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span>
-Ma prima che cessi per me questa dolce abitudine
-di pensare ed agire, come dice il vostro
-Goethe, chiaritemi perchè l'ultima vostra iscrizione
-sia soltanto mezza.
-</p>
-
-<p>
-— Per la semplice ragione che io non la ritrovai
-intera.
-</p>
-
-<p>
-Io assentii con un profondo inchino alla magniloquenza
-di quella risposta, e quando alzai
-il capo, l'Inglese corrucciato, cogli occhiali sul
-fronte, masticò fra i denti:
-</p>
-
-<p>
-— Signore! voi avete sorriso all'Americano
-quando irrise la nostra povertà musicale. V'attendo.
-</p>
-
-<p>
-L'Americano coi capelli pioventi lungo il muso,
-come un salice piangente ombreggia il tronco
-de' suoi pieghevoli rami, s'avanzò, squassò la
-criniera, armò le labbra del più infernale sogghigno,
-e proruppe nell'attitudine del Mefistofele
-d'Ary Scheffer:
-</p>
-
-<p>
-— Uomo nato sulla terra, io compiango te
-come questi altri. Ognuno di voi crede che i
-cavoli maturino meglio all'ombra del patrio
-campanile. Vi disprezzo perchè egoisti; vi compiango
-perchè amate un pugno di terra invece
-d'amare il tutto. Perciò, a conto mio, ti dico:
-dormi! dormi! poichè non sei atto a spogliare
-quella veste nessea che tu chiami amor di patria,
-e che ti darà dolori, non mai gioie. Che
-Italia mi vai cantando? Vieni con me: t'insegnerà
-a dimenticarla il piacere.
-</p>
-
-<p>
-Un brivido glaciale mi corse per le vene tutte:
-i denti battevano come le nacchere d'una ballerina
-nelle ridde della tarantella, e la fronte
-mi gocciava ad un tempo di freddo sudore;
-tuonai:
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Larva d'uomo, apprestati a lavare col tuo
-sangue l'insulto!
-</p>
-
-<p>
-Egli crollò le spalle impassibile e s'assise
-sopra il cassettone aspettando la sua volta.
-</p>
-
-<p>
-Il Francese con un fare tra lo sbadato e l'altero
-mi disse:
-</p>
-
-<p>
-— Voi sapete abbastanza che uno di noi due
-deve morire... e sarete voi...
-</p>
-
-<p>
-— Perchè non voi!
-</p>
-
-<p>
-— Forse ambidue, susurrò l'Americano.
-</p>
-
-<p>
-— Meglio ancora: ci batteremo al di là...
-</p>
-
-<p>
-Allora gli stranieri, prima discordi, vedendomi
-facile vittima, si strinsero a' miei danni.
-Anche quell'Americano che aveva cantato l'Italia,
-o miserabile! derideva la mia nudità!
-</p>
-
-<p>
-. . . . . . . Un velo sanguinoso passò dinanzi i
-miei occhi, saltai giù dal letto ed abbrancai
-furente la spada che m'offeriva il Tedesco. Pochi
-colpi ma di misura. Dopo cinque minuti egli
-cadeva nel proprio sangue. L'Americano, impassibile,
-mentre il Tedesco agonizzante gli raccomandava
-le sue 17835 iscrizioni e mezza, di
-un calcio lo rotolò sotto il letto.
-</p>
-
-<p>
-Pareva che il mio braccio fosse guidato da una
-magica forza misteriosa: il Francese nella sua
-furia lasciò un istante il cuore allo scoperto;
-fu l'istante della sua morte. Ed eccolo in compagnia
-del Tedesco sotto al letto.
-</p>
-
-<p>
-L'Americano, ad un tratto, mentre io, ebbro
-e sitibondo di sangue (e a dirla schietta, anche
-d'una chicchera di thè, a cacciar giù quell'imbroglio
-dallo stomaco), gli porgeva un ferro,
-trae di tasca una fiola, d'un sorso ne beve il
-contenuto, e borbottando un addio alla vita ed
-al piacere, s'abbandona mollemente a terra;
-<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span>
-quindi, oh meraviglia! per risparmiare a se
-stesso quel certo calcio surriferito, agonizzante,
-striscia, s'avvoltola, sdrucciola come un serpe
-ferito, sul pavimento, fin presso ai compagni
-sotto al letto.
-</p>
-
-<p>
-L'Inglese, masticando il soliloquio d'Amleto,
-si disponeva, con eroico disprezzo della morte,
-ad infilzarmi nello spiedo. Solamente per amore
-di verità assicurò che una partita a pugni gli
-sarebbe stata più cara; ma, considerato il pregiudizio
-degli Italiani, che lasciano questo duellare
-ai facchini, si dispose a rendermi quel
-buon ufficio che desiderava. Oh come lunga,
-accanita, disperata fu la sua difesa! Assolutamente
-non voleva cedere alla sorte dei compagni. Eppure.....
-già mi capite. Il suo cadavere, cadendo
-a terra, urtò il cadavere del Francese; una
-viva scintilla di fuoco illuminò la scena.
-</p>
-
-<p>
-Sfinito, mi coricai. Un lago di sangue innondava
-la stanza: le iscrizioni del Tedesco galleggiavano,
-come già i monumenti che le portavano
-in fronte soprastarono al deserto di
-ruine, che fecero le orde dei suoi connazionali.
-Il raggio di luna pareva si tuffasse con voluttà
-in quella gora, come una silfide nelle cilestri
-onde marine; dalla finestra socchiusa un venticello
-veniva a tergere colla sua fresca mano i
-sudori della battaglia, ed io me ne stava là sul
-letto come sopra un trono, o meglio sopra un
-carro di trionfo, allorchè la porta s'aperse,
-entrò una frotta d'uomini armati di <i>rewolvers</i>.
-</p>
-
-<p>
-Erano Americani; ed il loro capo, sbottonatosi,
-cavò dal giustacuore una carta, la lesse: o Dio!
-era la mia sentenza!
-</p>
-
-<p>
-Quella buona gente era partita di laggiù per
-<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span>
-accomodare per sempre la lite e disfare col
-ferro il nodo gordiano, cominciando la missione
-civilizzatrice col mandarmi le gambe in aria.
-Ed io, sentendomi ad un tratto più amante che
-mai della vita, e la morte già tirarmi pei piedi
-nelle sue gelide braccia, dato un rapido intensissimo
-addio a tante belle e care creature e
-cose, colla parola strozzata, balbettando, colle
-mani in aria ora in atto pietoso, ora irato, invano
-protestava aver io difeso l'onore della mia
-patria, invano invocava il nome del Licurgo
-americano, invano faceva appello agli scritti
-umanitarii della signora Beecher Stowe; già
-comprendeva che gl'italiani non debbono attendere
-soccorso che dalle proprie braccia, e un
-anello diacciato sulla fronte, la bocca d'una pistola,
-già stava per sbalzarmi addirittura al di
-là dello Stige, quando il garzone mi svegliò,
-come eravamo convenuti e mi presentò il conto
-dello scotto.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Se la sentenza dell'Americano mi faceva capire
-chiaramente come tutti i popoli non sono
-generosi se non finchè nella partita s'avvantaggia
-il loro interesse, — salvo a piantarvi dopo il
-primo acchito — quella dell'oste a prima vista
-m'apparve come l'arcobaleno dopo un diluvio;
-a seconda mi fece osservare che io era tenuto
-quale inglese — s'intende naturalmente di quelli
-del tempo in cui gli animali parlavano, ed i
-ricchi non venivano in Italia a rattoppare la
-fortuna compromessa dagli <i>Sport</i>...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span>
-</p>
-
-<p>
-Dopo le prove della notte, uno scambio di
-nazionalità mi era troppo sensibile; quella birba,
-che aveva difeso l'Italia, m'aveva a prezzo della
-sua eloquenza, accollato il proprio scotto. Discesi
-e raccontai la cosa a ser l'oste: mi rispose
-che, quanto al prezzo, egli era convinto che gli
-stranieri potevano senza ragione di broncio
-pagare un po' più la sua ospitalità, quando godevano
-<i>gratis</i> tanti spettacoli; e quanto all'incognito,
-avergli detto che io era suo intrinseco
-amico, ed essere convenuto fra di noi che io
-avrei soddisfatto ogni cosa..... Così per giunta
-era tenuto pel suo amico, o Dio sa che cosa!
-Tuttavia dopo poche mie osservazioni, d'un tratto
-di penna tagliò la coda al totale, coda che io in
-onore della nazionalità italiana donai al garzone.
-</p>
-
-<p>
-Non vidi più alcuni de' miei commensali. Il
-Tedesco era partito a mezzanotte colla corriera
-del Sempione in compagnia del Francese e delle
-sue 17835 iscrizioni — e mezza — l'uno pel
-Grimsel, l'altro per Ginevra. L'incognito era
-certamente passato ad intuonare un inno all'ospitalità
-svizzera (a 8, 10 e 12 lire al giorno,
-compreso il letto).
-</p>
-
-<h3 id="parte2-4">IV.
-<span class="smaller"><i>Una giovenca ed il più bel cuore del mondo —
-Avete buone gambe? — Re in Valvigezzo —
-Anche sull'Alpi si trovano traditori — <span class="upright">Requiescant
-in pace.</span></i></span></h3>
-
-<p>
-Che bel mercato è il mercato del sabbato a
-Domodossola! Le svariate e strane foggie degli
-<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span>
-alpigiani di tutti i monti circondanti formano
-uno spettacolo veramente curioso. Le vie e la
-piazza del centro erano tutte assiepate di carri
-a cui stavano attelati buoi di piccola statura;
-di panche su cui cesti di pomi, pesche, uve e
-pere di non grande dimensione ma colorite e
-gustose; di ortaglia, di forme rotonde di cacio;
-stiacciate, bislunghe, ovali, di butirro fresco; di
-scansìe su cui bottoni, spilloni, pettini, collane
-e le altre minuterie di cui è sì golosa la nostra
-contadina nè più nè meno che la canadese;
-di tavolati a cui appesi il velo, il fazzoletto trinato,
-la veste di seta, di cotone e di lana, tutte
-a vivi colori e il rosso campeggia; ed intorno
-a tutte queste botteghe ad aria aperta uno
-sciame di montanine fresche rubizze, di ragazzacci,
-di contadini, di vecchierelle secche, olivastre
-e tuttora vegete; un vociare poi di venditori,
-che fanno a chi strilla più forte, ed un
-gridìo continuo di ooh! ooh! dei conducenti
-le carrettelle cariche di foresti e di merci che
-vengono o vanno alle valli ossolane o all'Intrasca.
-</p>
-
-<p>
-Sulla piazzetta che sta dinnanzi all'albergo, al
-primo mettere piè fuori, mi ferì la vista una
-bionda ragazza sui sedici anni, accoccolata presso
-il muro, coi dolcissimi occhi pregni di lacrime.
-Il volto aveva leggermente coperto d'una finissima
-lanugine tal e quale la peluria di una
-bella pesca di Lesa. E come una pesca <i>incarnata</i>
-le gote erano erubescenti. Fattomi a domandarle
-della causa del suo dolore, dopo qualche
-peritanza mi rispose mostrandomi un canestro
-pieno di frutta fresca sconciamente battuta
-e pesta. Una giovenca infuriata datasi a
-scorazzare pel mercato, aveva urtato nel suo
-<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span>
-canestro quando appunto stava per venderlo, e
-ne aveva fatto quel scempio, e due grosse lagrime
-venivano terse col rozzo grembiale di
-tela azzurra. Forse la fanciulla aveva corso pericolo
-ella stessa; ma l'essere scampata non la
-consolava della perdita, a guisa di quella bimba
-che, sorpresa sopra le rotaie di una strada ferrata
-dall'imminente convoglio, mentre le attraversava
-portando un pentolino di latte, caduta
-a terra dallo spavento, si rialzava incolume ma
-piangente perchè aveva rotto il pentolino e versato
-il latte. Le profersi di comprare quella
-frutta. Ella mi guardò estatica, dubbiosa quasi
-non avesse compreso. Una vecchierella che dall'abito
-pareva sua convalligiana la persuase ad
-accettare quelle poche monete di rame di cui
-le era sì poco generoso. Ella non rispose che
-con una lunga occhiata, in cui io lessi cinque o
-sei ore di cammino, ed una buona tirata d'orecchi
-dal padre a lei risparmiata: poteva dimostrarsi
-più grata?
-</p>
-
-<p>
-Girellando per le vie, giunsi in faccia al
-duomo, che, fra parentesi, non ha ancora faccia.
-Entratovi, ammirai begli affreschi e quadri, che
-mi si dissero opera di valenti pittori ossolani.
-</p>
-
-<p>
-Poco lungi dalla cattedrale vidi pure un'antica
-magione in viottolo dimenticato, a porte e
-finestre ornate di pietra tagliata. Sopra ogni
-architrave un'iscrizione latina. Tutte le finestre
-chiuse: le invetriate polverose, le soglie e le porte
-intatte. Pare dorma da lungo tempo. Quella
-casa così abbandonata mi parve uno dei tanti
-palazzi di Venezia che, disabitati, lungo i canali
-dei quartieri meno popolosi, vanno morendo
-d'inedia e di noia.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nessuno indovinerebbe ciò che io trovai di
-ritorno all'albergo: sovra un piatto tersissimo
-di maiolica rossa, coperti da foglie di vite due
-grappoli d'uva perlati di rugiada... Quella fanciulla
-invero aveva un bel cuore.
-</p>
-
-<p>
-Giammai sì poca moneta fruttò allo zingaro
-tanto piacere. Il donare è veramente la più squisita
-di tutte le soddisfazioni... Non è vero, lettrici
-mie?
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Lettore, hai tu buone gambe? Orsù, in moto;
-apparecchiati a salire e a scendere, ad arrampicarti
-e dirupinarti giù dei monti. Se poi non
-hai buone gambe, fermati a Domodossola, che
-io ti racconterò storie e ciarle millanta di apostoli
-e di soldati, di alpigiani e di monti, di
-foreste e di cascate.
-</p>
-
-<p>
-Il sole spunta sulle creste dei monti che si
-adagiano tra la valle Vigezzo e l'Intrasca: e la
-più ridente delle valli ossolane svelata agli occhi
-del cielo e degli uomini intuona il suo inno
-alla natura.
-</p>
-
-<p>
-Appaiatomi con uno di quegli onesti contadini
-dal saio meno ruvido, dalle grosse scarpe
-e dagli enormi solini della camicia, che, assiepando
-la testa — onde non perderla facendo
-cammino — gli segavano le orecchie, da Santa
-Maria Maggiore in due ore di cicalate giunsi
-al Santuario.
-</p>
-
-<p>
-— Ha da sapere il mio signore che nell'anno
-Domini 1494 un certo Zuccone scagliava una
-pietra nell'immagine della Vergine e la colpiva
-<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span>
-nella fronte. Pensi quale fu il suo terrore quando
-vide quell'immagine grondare sangue, e le campane,
-agitate da mano ignota, suonare a festa!
-Sicuro, mio signore, che ciò dopo tanti anni
-potrebbe essere messo in dubbio: ma grazie al
-cielo i miscredenti qui non possono sogghignare,
-perchè teniamo negli archivi un atto
-giudiziale, firmato, bollato ed autenticato dal
-podestà della valle e da tutti i notai della giurisdizione;
-e lei, che dalla ciera parmi debba
-sapere di lettera, capirà che tutti questi scriba
-non sarebbero andati così d'accordo se il miracolo
-non fosse stato evidente.
-</p>
-
-<p>
-— Tutti quei messeri erano convenuti in Re
-nell'istante di quel miracolo?
-</p>
-
-<p>
-— No, vi convennero chè il miracolo durò
-diciotto giorni continui, e se la vuol convincersi,
-venga con me che le farò leggere lo strumento.
-</p>
-
-<p>
-— Grazie, amico mio; io sono di quelli che
-amano meglio di credere che di accertarmi
-scrupolosamente del fatto.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! sclamò con voce dolente il buon vecchierello
-stringendomi la destra fra le incallite
-mani, perchè non la pensano tutti come lei?
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-All'indomani, procedendo poco oltre Olgia,
-godetti lo spettacolo delle sottoposte Cento valli,
-per cui in poche ore, a quanto mi si disse, si
-scende, passando ad Intragna, all'amena Locarno.
-La quasi deserta valle Cannobina, a cui si potrebbe
-discendere varcando da Malesco (prima
-di giungere a Re) il brutto passo di Finero
-<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span>
-non mi tentò affatto. A Craveggia, nota pel bello
-stabilimento di eccellenti acque minerali, ebbe
-i natali Pietro Ferino che, acquistata sui campi
-napoleonici fama di esperto condottiero, veniva
-tenuto caro da Napoleone e dallo stesso Luigi
-XVIII, che lo creava pari di Francia.
-</p>
-
-<p>
-A S. Maria Maggiore, sul finire dello scorso
-secolo, accadeva una terribile scena. Una buona
-parte dei novatori che avevano occupato il forte
-di Domodossola, sentita la rotta dei compagni
-a Gravellona, si ritirava nella valle Vigezzo,
-donde nel giorno seguente, scendendo le Cento
-valli o la Cannobina, si sarebbe rifuggita nella
-repubblica cisalpina. A S. Maria i novatori stanchi
-dalla lunga marcia, abbattuti dalla fatica e dallo
-sconforto, sono ricevuti da certo Rassiga, il quale
-blatterando di politica in piazza era in voce di
-fautore dei Francesi. Egli corre incontro al
-drappello, e dopo di essersi rallegrato che il
-sole di S. Maria potesse vedere i redentori della
-patria, rincrescevole della troppo esigua capienza
-della sua casa, li guida in un albergo, li conforta
-di ciancie e di cibi, ed acconciatili alla
-meglio nelle stalle capaci, li lascia in preda ai
-sonno. Il loro capitano aveva colorito al Rassiga
-ed ai curiosi la precipitosa ritirata come una
-mossa strategica, tacendo dei disastri toccati.
-A mezzo la notte, buia come la gola del lupo,
-Rassiga è svegliato: che è che non è, un amico
-che giungeva allora allora dal piano, saputo dell'arrivo
-in S. Maria dei novatori e dell'accoglimento
-avuto, lo fa consapevole della loro rotta,
-e peggio, i soldati regi già stare alle porte del
-borgo, il pericolo imminente: fuggisse od in
-alcun modo provvedesse alla propria sicurezza.
-<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span>
-Rassiga era uno di quei tali che ignorano nulla
-essere più difficile che conservare un'opinione
-nel pericolo della vita. Che Dio non metta mai
-a questa prova la falange dei tanti!
-</p>
-
-<p>
-Nella lotta, seppure vi fu lotta, prevalse l'egoismo:
-alle strette di dover perdere avere e
-vita, scelse il tradimento. Corse incontro ai
-regii; sè disse corpo ed anima pel trionfo dell'ordine:
-sapere che una mano di turbolenti si
-era rifuggita fra quei monti pacifici per commettere
-Dio sa quali abbominii su popolazioni
-devote al re: suo dovere di svelare il covo che
-ricettava le fiere, onde immolarle alla giustizia.
-</p>
-
-<p>
-La paura dalle pallide sembianze condusse
-con mano tremante il tradimento attraverso le
-ombre della notte alla porta segnata; con passi
-di volpe varcano furtivi la soglia ospitale.
-</p>
-
-<p>
-Fra la sicuranza del ricetto fratellevole e la
-stanchezza per la faticosa marcia, i fuggiaschi
-s'erano abbandonati al sonno, e già la fantasia
-pingeva loro d'attorno le scene famigliari delle
-madri, delle spose e delle amiche lontane, quando
-— un lampo — un tuono orrendo scoppiò, e
-s'udì per l'aere commosso un urlo... dal sonno
-fidente erano trabalzati nel nulla — tutti!
-</p>
-
-<p>
-— <i>Requiescant in pace</i>, balbettò esterrefatto
-Rassiga.
-</p>
-
-<p>
-— Viva il re! gridarono i soldati.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span>
-</p>
-
-<h3 id="parte2-5">V.
-<span class="smaller"><i>Trionfo delle castagne sulla fama
-di un'illustrazione dantesca.</i></span></h3>
-
-<p>
-M'aggirava nelle boscate colline di Trontano
-all'ombra dei castagneti. Stanco d'asolare entrai
-in una modesta capanna sull'orlo del villaggio,
-e vi trovai cortese ospitalità. Rifocillatomi in
-compagnia di quei buoni contadini, mi assisi
-al rezzo delle piante. L'esterno di quella casa
-campestre senza aver nulla di mirabile, mi
-colpiva; forse erano due finestre nel muro di
-pietra, basse, a sesto acuto, profonde, che mi
-guardavano fisso come se aspettassero una interrogazione
-per rivelarmi un segreto.
-</p>
-
-<p>
-L'antichità di quel muro contrastava singolarmente
-colla verzura d'una giovine vite, che
-abbracciandolo co' tralci, correva attorno in
-ghirlande: pareva la giovinezza che conforta col
-suo sorriso la vecchiaia. Un zampillo d'acqua
-scorrente poco lungi tra le foglie ed i sassolini,
-empieva l'aria d'un misterioso cicaleccio.
-Le mie palpebre s'andavano abbassando; il mio
-capo s'appoggiò al tronco d'un castagno, sbadigliai
-e m'assopii.
-</p>
-
-<p>
-Dopo poco d'ora, mentre io me ne stava tranquillamente
-dormendo, la porta della capanna
-si aprì, e ne uscì un frate che a passi furtivi
-venne presso di me.
-</p>
-
-<p>
-La sua alta statura, maestosa ed imponente,
-pareva averlo destinato al comando, mentre
-dallo sguardo ammaliatore refluiva una dolcezza
-<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span>
-persuasiva. Il suo capo era interamente nudo:
-anche le sopraciglia erano prive di peli. A chi
-lo guardasse attento, la sua pelle appariva arsiccia,
-screpolata; sì che moveva ad un tempo
-pietà e terrore. Anzi, se ben mi ricorda, parmi
-emanasse dalla sua persona un odore di bruciaticcio
-insolito. Si avanzò, ed a me meravigliato
-non stendesse la mano, disse pacatamente
-dopo di essersi guardato attorno con occhio
-sospettoso:
-</p>
-
-<p>
-— Perchè guardavate voi con tanto amore
-quell'avanzo d'una antica casa?
-</p>
-
-<p>
-— Non lo so io stesso: forse qui abitò qualche
-immortale che anche dopo secoli riempie
-di sè i luoghi ove s'aggirò vivente.
-</p>
-
-<p>
-— Voi sapete adunque di lui, dello sventurato
-fra Dolcino?
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">«Or di' a frà Dolcin dunque che s'armi,</p>
-<p class="i02"> «Tu che forse vedrai il sole in breve,</p>
-<p class="i02"> «Se egli non vuol qui tosto seguitarmi,</p>
-<p class="i01">«Sì di vivanda, che stretta di neve</p>
-<p class="i02"> «Non rechi la vittoria al Noarese</p>
-<p class="i02"> «Ch'altrimenti acquistar non saria lieve.»</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Io cominciava a credere di sognare sentendo
-queste due terzine di Dante, da un frate, all'ombra
-di un castagno a Trontano.
-</p>
-
-<p>
-— Dunque qui nacque?...
-</p>
-
-<p>
-— Fra Dolcino. A voi che veniste a visitare
-questa mia contrada pel dolce amore della natura...
-</p>
-
-<p>
-— E dell'aria fresca, pensai tra me.
-</p>
-
-<p>
-— ... Voglio dire di sua vita, per appagare
-la vostra brama.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span>
-</p>
-
-<p>
-Io veramente non pensava più che tanto a
-frà Dolcino; ma poichè una sì bella occasione
-di favellare dei famosi immortalati da Dante
-non si presenta ad ogni passo con un frate,
-tutt'orecchi ascoltai lo sconosciuto.
-</p>
-
-<p>
-— Verso il finire del secolo <span class="smcap lowercase">XIII</span>, egli nacque
-in questa casa, figlio d'un prete. Suo padre
-decise di vestirlo della tonaca di frate. Ignorante
-d'ogni cosa di questo mondo, passava i
-suoi giorni fra le feste dell'età e della natura.
-Quando udì la volontà del padre gli parve tutto
-predicesse quanto sognava, virtù ed amore. Gli
-spiriti famigliari rallegravano la casa: i passeri
-sul tetto pareva gli dicessero colle loro note:
-va, tutto è amore! Condotto nel Trentino, indossò
-la tonaca degli Umiliati; ma in breve
-sendogli venuta a noia la solitaria quiete del
-claustro, in cui interrogava sè stesso, se chi
-serve Dio non deve tutto intraprendere per
-la salute degli uomini, pregava i priori con
-istanza di concedergli almeno la licenza della
-predicazione. L'indole irrequieta ed animosa lo
-tradiva ad imprese più clamorose. Fu cacciato da
-quel convento; in quella suo padre moriva.
-Soffrì come chi crede e spera, e non invano,
-chè la fortuna, rasserenato l'orizzonte, dopo
-tante traversìe gli serbava le ineffabili consolazioni
-dell'amore. Allogatosi quale procuratore
-di un convento di monache in Trento, conobbe
-allora una nobile e bella giovinetta che orfana
-come Dolcino s'era ritirata fra quelle mura, e
-l'anima sua caldissima se n'accese d'inestinguibile
-affetto corrisposto con quel tenero amore
-che riverbera sulla mente dell'uomo le aspirazioni
-d'una innocenza immacolata.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span>
-</p>
-
-<p>
-Oh! come rapidi quei giorni!
-</p>
-
-<p>
-Intanto Segarello da Parma empieva l'Italia
-superiore delle sue ardite dottrine. Puri in
-mezzo a corrotti, generosi fino al sagrificio,
-fidenti nell'avvenire, entrambi s'interrogarono
-se essi pure non sarebbero discesi in Lombardia
-a propugnare la verità contro i profanatori
-del tempio. Abbandonato il Trentino coll'amica
-inspiratrice calò nella grande valle del
-Po, e predicando con tutto il calore e la forza
-della convinzione amore a Dio ed agli uomini,
-digiuni e mortificazioni, in breve tempo venne
-seguito da migliaia di proseliti, e sì alta ne
-echeggiava la fama, che lo stesso Dante colpitone
-scriveva di lui nelle immortali sue pagine.
-La favella piena di grazia e di carità, la soave
-bellezza di Margherita s'insinuava ad ammollire
-i cuori più duri, mentre fra Dolcino con
-ardire di apostolo assaliva i pregiudici più antichi
-senza temere d'incontrare la sorte di Segarello,
-arso vivo.
-</p>
-
-<p>
-Ahi! che i trionfi davanti gli uomini sono
-brevi! Cominciarono le prove di Dio. Il vescovo
-di Vercelli leva con indulgenze una crociata
-contro il ribelle a Roma. Fra Dolcino, rifugiatosi
-nei monti del Biellese con poca parte di
-tanti seguaci, ad una duce e soldato, sostiene
-un lungo assedio. Fratello, che Dio non faccia
-mai soffrire a te quanto soffrirono Dolcino e
-Margherita! Le legna e le vettovaglie vennero
-a termine: la fame ed il freddo! — la fame che
-desta la ribellione, che stanca ogni più saldo
-proposito; il freddo che intirizzisce il braccio
-ed affievolisce il valore! I difensori sfiniti cadevano
-attorno alle bastite... alcuni disertavano...
-<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span>
-e la breccia dal nemico veniva compiuta
-quasi senza difesa..... Che più?
-</p>
-
-<p>
-Il 23 marzo del 1307, dopo la più disperata
-difesa, stremati d'ogni forza, caddero nelle mani
-dei crociati, i quali, dopo ogni vituperio, a misura
-di tanaglie roventi e di carboni accesi fecero
-espiare ai due novatori il delitto d'aver
-sollevato migliaia di credenti contro i vizi del
-clero. Frà Dolcino sopra una catasta di legna
-nelle radure ghiaiose fra la Sesia ed il Cervio
-venne bruciato vivo. Per libidine di ferocia, Margherita
-dovette assistere all'estremo supplizio
-di chi dopo Dio l'aveva amata sopra ogni terrena
-cosa! Alla plebe Biellese era serbato lo
-spettacolo dell'animosa donna arsa sopra di un
-rogo. Di frà Dolcino non restarono neppure le
-ceneri: non resta che la memoria... non è vero?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, frate, a chi conosce quei tempi. Frà
-Dolcino, lasciata da parte ogni questione religiosa,
-è una bella figura del medio evo: guerriero
-ed apostolo in diverse condizioni di tempo,
-avrebbe operato grandi cose.
-</p>
-
-<p>
-— Ma ora qual è la memoria di lui?
-</p>
-
-<p>
-— A chi non ha sviscerato le idee di quel
-secolo, essa non è che la memoria d'uno che
-animava i fedeli ad armarsi contro l'Anticristo.
-Questi tempi aritmetici non possono di leggieri
-comprendere lo slancio dei nostri nonni per
-un'idea filosofica. Ora gli eretici seggono nelle
-Università e nei Parlamenti nel più buon accordo
-coi devoti; e se corre qualche saetta, svanisce
-in un fuoco fatuo di diario. Colle indulgenze
-non armereste quattro scaccini di sagrestia.
-Non v'ha che la patria che possa suscitare
-legioni con un grido.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span>
-</p>
-
-<p>
-— E Trontano... soggiunse dopo breve pausa
-il frate con voce scorata... e Trontano non s'onora
-di quel suo antico figlio?
-</p>
-
-<p>
-— A dire la verità io ho sentito sempre a
-celebrare Trontano per...
-</p>
-
-<p>
-— La patria di frà Dolcino?...
-</p>
-
-<p>
-— No, per le più eccellenti castagne del
-mondo. Dalla qual cosa voi ed io potremmo
-dedurre copia di pensieri sulla vanità della
-gloria e sulla inutilità di farsi arrostire pel
-trionfo d'un'idea... Ma che? voi impallidite?
-</p>
-
-<p>
-— Per le castagne! per le castagne!
-</p>
-
-<p>
-E il povero frate accasciato sotto il peso della
-mia rivelazione stralunò gli occhi, barcollò e
-sarebbe caduto ruzzoloni se io non mi fossi
-affrettato a raccoglierlo nelle mie braccia.
-</p>
-
-<p>
-Se non che in quel punto mi svegliai colle
-braccia conserte al castagno, contro il quale
-io aveva pure picchiato del naso nella furia di
-soccorrere il povero frà Dolcino.
-</p>
-
-<p>
-I passeri sul tetto, sui rami, cinguettavano
-la loro antica canzone: <i>tutto è amore</i>, la sorgente
-sussurrava un idilio a note sommesse, ed
-il muro secolare continuava a guardarmi colle
-sue oscure occhiaie. Il castagno sotto il quale
-m'era apparso frà Dolcino, stendeva, agitandole
-con frenetica gioia, le sue braccia all'aria, ed i
-ricci dei suoi frutti mi parevano straordinariamente
-ingrossati a dispetto della gloria antica
-del conterraneo. Celebrava quel birbo il
-trionfo delle castagne sulla fama di una figura
-dantesca! La vite sola s'attaccava più salda,
-più stretta alle vecchie mura, festeggiandole
-colla frescura della sua ombra e colle ghirlande
-de' suoi tralci pampinosi; ed io, alzatomi e stirando
-<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span>
-le membra indolenzite, m'incamminai non
-so più dove, zufolando coi passeri:
-</p>
-
-<p>
-— Tutto è amore!
-</p>
-
-<h3 id="parte2-6">VI.
-<span class="smaller"><i>Il Sempione — Invenzione di un ponte
-per passarvi dissotto.</i></span></h3>
-
-<p>
-La valle più nota ai viaggiatori ed agli studiosi
-fra quante convengono nel bacino ossolano,
-è la valle percorsa da quella meravigliosa
-strada che sale al Sempione congiungendo Milano
-a Ginevra.
-</p>
-
-<p>
-Valle Divedro diramasi da Crevola al valico
-del Sempione: il confine però tra gli Svizzeri
-e gl'Italiani sta a S. Marco, poco prima di
-giungere a Gondo. Nell'anno 1801 quella vastissima
-mente di Napoleone Bonaparte, ormai al
-colmo del potere, ideava una strada monumentale
-che valicando i gioghi alpini scorgesse
-dalla Svizzera all'Italia superiore: nel 1805 la
-grand'opera era già finita, a gloria principalmente
-degl'ingegneri italiani, i quali, quanto
-più ardua era la loro impresa in una valle selvaggia,
-ovunque dirupata ed asprissima, tanto
-più degna del nome romano seppero renderla,
-sì che gli stessi stranieri, troppo spesso ingiusti,
-dovettero rendere giustizia alla perizia loro.
-</p>
-
-<p>
-Il tratto da Iselle a Crevola, anzi quasi tutta
-la valle, presenta una delle più orrende scene
-<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span>
-di distruzione: dappertutto frane di monti e
-sassi minacciosi pendono sul capo al viaggiatore;
-qua e là le volute della neve precipitano nella
-stagione invernale nell'oscuro fondo della valle,
-avvallando spesso quanto incontrano nell'irrompente
-rovinìo. Chiunque vide questo cammino
-tracciato con tanto ardire e tanta sapienza, consiglia
-al governo italiano a non risparmiare
-cure e danari per conservare una strada che,
-larga otto metri, con sei gallerie, attraversa
-tre provincie del regno, formando l'ammirazione
-pur anco dei volgari.
-</p>
-
-<p>
-Ecco la tradizione storica che lo zingaro raccolse
-nel pulito e discreto albergo d'Iselle dalla
-bocca di un colto Ossolano.
-</p>
-
-<p>
-Sul Sempione nel 1799 vi furono varie fazioni
-guerresche tra Francesi ed Austriaci. Nel
-1800 il generale Béthencourt con mille soldati
-francesi e svizzeri, mentre Bonaparte, attraversava
-arditamente il gran S. Bernardo venne inviato
-ad occupare i posti di Iselle e di Domodossola.
-Ma in una procellosa notte un ponte
-di quell'antica stradicciuola era sprofondato in
-un abisso: nessun modo di passar oltre. Un
-coscritto, senza dubbio nativo delle Alpi, offre
-al generale il mezzo di scavalcare la forra, e
-senz'altro, leggiero come uno scoiattolo, striscia
-sulle rocciose pareti di quel burrone, aggrappandosi
-ad ogni masso, ad ogni cespuglio, e
-giunto in fondo, guada il torrente e s'arrampica
-sull'ertissima parete opposta, mentre i più
-tremano che un piede in fallo, un sasso malfermo
-o la vertigine lo precipitino frantumato
-nella sottoposta fiumana.
-</p>
-
-<p>
-In questo la recluta è giunta, dopo infiniti
-<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span>
-sforzi, ad afferrare il ciglione dell'opposta parete
-— egli è giunto alla meta e tutti battono
-palma a palma. Il giovanetto s'era tratto con sè
-il cappio d'una grossa corda che egli aveva
-assicurato ad un pino dell'altra sponda, e tesala,
-l'annodò strettamente ad un macigno, sicchè
-venne così improvvisato un ponte sul quale,
-anzi sotto il quale sospesi alle proprie braccia,
-primo s'intende il Béthencourt, passarono i soldati
-armi e bagaglio ad armacollo. Di cinque
-cani che seguivano quella mano d'armati, due
-soli poterono giungere ai loro padroni: gli altri
-tre vennero trascinati dalla furia del torrente
-che non riuscirono a guadare.
-</p>
-
-<p>
-È opinione dei più che il Sempione abbia
-avuto questo nome da Servilio Cepione nella
-guerra contro i Cimbri, della quale l'Ossola fu
-teatro per molte pugna, quantunque Cepione
-abbia combattuto non qui, ma nella Gallia. Dell'antico
-passaggio restano molte vestigia, particolarmente
-dal lato svizzero.
-</p>
-
-<p>
-Presso Gondo, nella galleria più lunga della
-strada, havvi scolpita nel marmo quest'iscrizione,
-che meritava d'essere raccolta fra le
-17385 e <span class="above">1</span>&#xfeff;&#8260;&#xfeff;<span class="below">2</span> dell'archeologo tedesco, a cui l'attica
-semplicità che la informa avrebbe risparmiato
-le fatiche del commento:
-</p>
-
-<p class="center">
-ÆRE ITALO 1805.
-</p>
-
-<p>
-Delle cose naturali di questa valle sono fra
-le più notevoli le cascate di Frassinone presso
-la galleria di Gondo, e di Zwischbergen poco
-lungi. Se lord Byron avesse veduto — il che
-<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span>
-ignoro — la fantastica scena che in questi
-dintorni la natura dispiega, ho per fermo che
-il poeta ne avrebbe fatto teatro alle evocazioni
-del suo Manfredi. L'oscura profondità dell'abisso,
-il terribile disordine dei massi, le nembose
-vette alpine che si disterrano al cielo, le
-cupe tinte della luce empiono l'anima di una
-misteriosa temenza: l'abisso vi spaventa, salire
-su quelle piramidi è impossibile... Non vi movete:
-non un ah! di meraviglia o di terrore,
-non un respiro, che potreste svegliare quei
-massi penzoloni.... Vedete cosa vi sta scritto?
-</p>
-
-<p class="center">
-«È proibito di parlare sotto pena di morte!»
-</p>
-
-<h3 id="parte2-7">VII.
-<span class="smaller"><i>Si parla di paesi non visti.</i></span></h3>
-
-<p>
-La valle Isorno stendesi dalla valle d'Ossola
-alle falde del pizzo del lago gelato tra la valle
-Antigorio e la valle Vigezzo, confinando nel
-fondo col Ticinese, a cui guida un sentiero
-passando sulle creste del pizzo suddetto. Questa
-valle lieta di pascoli è popolata nella bella
-stagione di armenti e di greggie. È quasi sconosciuta
-ai viaggiatori.
-</p>
-
-<p>
-La val Bugnanco, a destra della Toce, sbocca
-presso Domo e si stende fino alla cima di monte
-Crescia, da cui precipita la Bogna, torrente minaccioso
-che portò molte volte gravi danni alla
-capitale dell'Ossola. Seguendo il letto della Bogna
-<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span>
-verso la sorgente, un sentiero scorge alla
-confine valle di Strumback nel Vallese: non è
-frequentato che rare volte da quei valligiani.
-Cisore, i due Bugnanco e Monte Ossolano sono
-i villaggi più notevoli.
-</p>
-
-<p>
-La valle di Antrona da Villa, poco prima di
-giungere a Domodossola, corre sino al pizzo
-di Botarello, detto dagli Svizzeri, se non m'inganno,
-il Fletschorn; valicato il quale, un sentiero
-guida nel Vallese, nella valle già nominata
-di Strumback. La valle Antrona è ricca di miniere
-d'oro, di ferro e di amianto. L'Ovesca,
-tributario della Toce, vi sbocca presso Villa.
-La strada di questo villaggio, passando a Seppiana,
-Monteschieno e Viganella, guida ad Antrona
-in un altipiano che credesi fosse ne' remoti
-tempi il bacino del lago. Antrona-piana
-venne nel secolo XVII distrutta da un'immensa
-frana staccatasi dai monti imminenti. — Lo zingaro
-sentì da un confratello di ritorno da una
-peregrinazione nelle tre valli d'Isorno, Bugnanco
-ed Antrona quanto sta qui sopra, e per quanto
-lo solleticasse il desiderio di scoprire terreni
-vergini ed incontaminati dalle guide, non avendo
-inteso neppure a parlare di una fata con cui
-amoreggiando potesse compensarsi della prosaica
-uniformità delle cose, trascrisse sul taccuino
-la poco immaginosa descrizione, rinunciò
-alle trote del laghetto d'Antrona, e s'avviò difilato
-alla volta della vall'Anzasca.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span>
-</p>
-
-<h3 id="parte2-8">VIII.
-<span class="smaller"><i>L'Anzasca — Un nuovo Messia.</i></span></h3>
-
-<p>
-Più splendida giornata di questa non può
-darsi; tutto parla ai sensi, al cuore, la serena
-allegria della giovinezza. Dimentica il viatore
-ogni suo guaio per cantarellare coi passeri, che
-anche un pessimista non avrebbe potuto immaginare
-cosa più bella di questo mattino raffrescato
-da un venticello che vi fa più giovine di
-dieci anni, e suscita, con una voglia matta di
-correre, un appetito che non sarà l'ultimo premio
-ai tentatori delle Alpi.
-</p>
-
-<p>
-Un'antica sbilenca e sonante carrettella tirata
-da un cavallo più spigliato che snello di forme
-ne porta rapidamente all'Anzasca per la bella
-strada che quei valligiani intesero di condurre
-sino alle falde del Rosa da Piedimulera.
-</p>
-
-<p>
-Il cocchiere, che non aveva ancora aperto
-bocca da Domo, accennò in alto un villaggio,
-Cimamulera, e raccontò come un dodici o quindici
-anni fa un prete, che vi era curato, seppe
-con tali squisitissime arti abbindolare la gente
-semplice e credenzona, che in poco tempo venne
-idolatrato come novello Messia, e quando poi fu
-per altri misfatti carcerato in Novara, i montanari,
-in processione, a piedi nudi, scendevano
-al piano per andare a liberarlo dai Farisei o
-morirvi assieme! — Ma un drappello di carabinieri
-venne inopinatamente ad opporsi alla
-<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span>
-crociata per liberare <i>dal sepolcro</i> il sedicente
-Cristo. Fu ad un tempo risìbile e compassionevole
-il vedere quegli apostoli di una fede
-che offeriva martiri, dispersi caritatevolmente
-dai soldati, mentre la Vergine — madre di
-più figli — S. Giuseppe e S. Pietro erano condotti
-a Domodossola innanzi al capo della provincia,
-il quale credette fare cosa assennata,
-dopo d'avere loro dato una buona scardassata,
-senza lavarsene le mani come Pilato, rimandarli
-al loro nido.
-</p>
-
-<p>
-Da questo racconto si può dedurre a quali
-eccessi potesse spingere il fanatismo religioso
-nei tempi remoti!
-</p>
-
-<p>
-Da Cimamulera scorgesi la patria di Dolcino;
-forse arrisero alla mente del nuovo settario,
-se non il fine, i trionfi di quell'antico.
-In nessun modo però puossi far paragone fra
-i due.
-</p>
-
-<p>
-A Ponte Grande salutai riverente un cucuzzolo
-del monte Rosa, l'Alpe più stupenda dell'Europa
-per la vastità degli aspetti, e che
-non la cede al Bianco in altezza se non di pochi
-metri.
-</p>
-
-<p>
-Oh! come è bella la cascata di Valbianca! Poche
-gareggiano con essa nella catena alpina.
-</p>
-
-<p>
-Da Bannio, uno de' più ameni paeselli della
-valle, costeggiando l'Anzino, l'auriga mi disse
-che si può, salito il Campello, scendere di là
-in Vallesesia.
-</p>
-
-<p>
-In tre ore, da Vanzone attraversai, pedestre,
-l'oscura gola del Morghen, e giunsi a val Macugnaga.
-La quale è a vall'Anzasca quello che
-è la Formazza all'Antigorio, un altipiano senza
-alberi fruttiferi, abitato da un'antica colonia
-<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span>
-germanica, che parla tuttavia un corrotto tedesco.
-Da questi pascoli, in una giornata di
-penoso cammino, si varca il monte Moro, dalle
-cui vette godesi il mirabile aspetto di tutto
-il Rosa.
-</p>
-
-<p>
-Da Pecceto alle pendici del Rosa, attraversando
-il monte Turlo, si scende in Alagna, donde, mi
-piace qui notare, partiva per ben quattro volte
-D. Giovanni Gnifetti per giungere l'ultima solamente
-sopra uno dei cinque pizzi più elevati
-di quel gigante. Non disanimato dalle bufere e
-dai pericoli d'un viaggio, ove ad ogni passo si
-apre una tomba all'ardito, pervenne, addì 9 agosto
-1842, sul pizzo che giustizia vuole si chiami
-d'ora innanzi Gnifetti, come s'appellano Zumstein
-e Vincent i picchi su cui salirono gl'intrepidi
-di tal nome.
-</p>
-
-<h3 id="parte2-9">IX.
-<span class="smaller"><i>Quanti disprezzino l'oro.</i></span></h3>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Auri sacra fames!</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-Ecco le miniere dell'oro. Indossata la sopraveste
-dei minieratori, salutai con animo trepidante
-la luce del sole, e discesi nella più profonda
-e più vasta e più antica delle miniere
-della valle, anzi dell'Italia. Duemila anni fa migliaia
-di schiavi dei Romani vi cercavano le
-vene del prezioso metallo, e non ancora esaurito
-<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span>
-è il tesoro. Il Rosa, siccome serba agli
-audaci che gli salgono sopra il più stupendo
-spettacolo del mondo, serba nel seno tant'oro
-da fare di voi, o mortali, altrettanti re Mida.
-</p>
-
-<p>
-— Dove scendiamo? Nel cuore della terra?
-Da un'ora ormai il piede incerto discende per
-iscale senza numero, di antro in pozzo, di pozzo
-in caverne immense, dove la tremolante luce
-delle lampade non rischiarando le stillanti e
-nere pareti, ne lascia supporre d'essere penetrati
-nelle bolgie dantesche. — E sotto a' piedi
-un'altra oscura bocca ne ingoia, e discendiamo...
-Ahi! Dov'è l'aura vitale della valle? La luce
-onnicolore, il canto della natura?
-</p>
-
-<p>
-— Discendi ancora, disse l'ospite, e vedrai
-quanto è grande la brama dell'oro. Ma il petto
-è ansante, le nari s'allargano invano per bere
-un sorso d'aria pura, e le ginocchia minacciano
-di lasciarmi ruzzolare nell'abisso..... Ah! ecco
-l'ultima caverna.
-</p>
-
-<p>
-Dove sono gli immortali cattivi di Minosse?
-Ma laggiù la turba che si smaniava non v'era
-precipitata per l'ira del Ghibellino — laggiù
-non le pietose visioni delle Francesche, delle
-Pie, delle Piccarde — ma sì l'urlo dell'Ugolino:
-ho fame, fame — d'oro! Le cere pallide, gli occhi
-intenti che sovente si chiudevano per attendere
-quasi un prodigio dalla sorte, il prodigio
-d'un <i>filone</i>, le labbra, balbettanti misteriose
-parole, tremavano convulsivamente; i ferri, gli
-scalpelli sonavano dolorosamente con affrettata
-vicenda sul sasso, e le girelle cigolando con
-lungo e monotono gemito sotto il peso della
-terra da razzolare lassù si lagnavano della faticosa
-bisogna. Presto, trovate l'oro, e risalirete
-<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span>
-all'aria libera, dove v'attende il piacere. Presto
-— la mano ingranchita nega l'ufficio suo —
-non importa, avrai tempo a riposarti stazzonando
-la coppa dell'ebbrezza. Presto — l'occhio
-stanco di fissare s'inietta di sangue — che vale?
-ti guarirà la vista di quella donna che prediligerai.
-Non morderti le labbra per dispettosa
-impazienza — quelle della bella si macchierebbero
-di sangue.
-</p>
-
-<p>
-Tutti hanno ragione. La sete degli agi, dell'ozio,
-del piacere cresce smisurata col ribrezzo
-per la povertà operosa ed onorata.
-</p>
-
-<p>
-Date loro dell'oro, o roccie avare! Perchè
-non posseggo io la verga di Mosè? Vi sdoccerei
-da questa rupe insensibile un torrente di
-scintillanti verghe.
-</p>
-
-<p>
-Resisterete voi al fascino di quanto vi si offre
-per la vostra ricchezza? Ecco a voi la coscienza
-dei sacerdoti e dei giudici; a voi pel pane e
-l'ozio del circo, le ovazioni della plebe; a voi
-l'arbitrio della fama; a voi chi per trenta nummi
-tradirà la patria; a voi, per i monili e le perle,
-la già pudica vergine non riluttante a vostra
-balìa — la madre, a cui procuraste mense lussuriose,
-tace ghignando — il marito già vendette
-la moglie; a voi geloso veleni e coltella;
-a voi ambizioso chi vi venderà l'ingegno e la
-fama — al massimo buon prezzo; — a voi vivo
-ancora monumenti; a voi artisti, che scambiato
-il vezzo dell'ozioso nell'amore splendido
-delle nove sorelle, inneggieranno e di mille
-fantasie abbelliranno la casa; a voi coll'oro la
-farsa orpellata delle frini o la tragedia a scelta,
-e, orribile a dirsi, il poeta che canta ed impreca
-a suono della moneta, della poca moneta, per
-<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span>
-cui tra secoli, oscurato Mecenate, rivivrete ancora
-nel sospiro del vate e della ballerina senza
-procolo!...
-</p>
-
-<p>
-Resistete? La vertigine vi attira, la virtù e
-l'onore impallidiscono al bagliore del vizio seduttore
-che vi tende le molli braccia..... Un
-grido forsennato s'eleva dalla folla ubbriaca: la
-vita è pel piacere — Dio è una noiosa chimera;
-tutti sacrificano al vitello d'oro, senza che un
-Mosè spezzi dallo sdegno le tavole sacre sulle
-loro teste.
-</p>
-
-<p>
-Ahi! dolorosa visione! Quanti vid'io nella
-turba affannata stendere la mano per sacrificare
-al Dio, che io aveva tenuti con religiosa riverenza
-come illibati! Attorno al tripudio, apparivano
-nelle fumose scene della bolgia monumenta
-e forche, feste e berline.....
-</p>
-
-<p>
-O infamia, sclamai cadendo sulle ginocchia,
-tutto adunque s'immolerà sul tuo altare?
-</p>
-
-<p>
-Quando, dalla parte opposta, come in ampia
-radura sconfinata, vidi raggiante la Carità in
-atto verecondo sovvenire con mano fratellevole
-al misero, e così trattenuto il braccio vendicatore
-dell'ira divina..... Attorno alla benedetta,
-in cerchio, chi cantò la verità e pugnò per la
-libertà per solo amore delle gemine sorelle.....
-</p>
-
-<p>
-Erano pochi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span>
-</p>
-
-<h3 id="parte2-10">X.
-<span class="smaller"><i>Stonazioni della fama. — Le Ossolane non sono
-più quelle d'una volta. — Cajo Mario ed i
-Cimbri. — Innocenzo IX di Cravegna. — Banchetti
-funebri. — La valle Diveria.</i></span></h3>
-
-<p>
-Di ritorno a Domodossola, senz'altra dimora,
-corriamo alla valle Antigorio, da cui, per l'altipiano
-di Formazza e la salita del Gries, discenderemo
-nella Svizzera.
-</p>
-
-<p>
-Crevola trovasi appunto là dove sboccano le
-valli Divedro ed Antigorio. La maraviglia, l'illustrazione
-di Crevola — all'ombra di qual campanile
-non havvi <i>un'illustrazione</i>? — è il ponte
-della strada al Sempione, che varca per la prima
-volta l'arrabbiata Diveria; i periti vi dicono
-che esso è largo otto metri — come la strada
-— lungo cento e alto trenta. A mezzo un'enorme
-torre di granito si erge dal letto della fiumana
-a sostenerlo; scendete la scala che sta presso
-le casipole vicine e guardate insù — neh, che
-il ponte ha del pittoresco? Ma gli è pur vero
-che questo ponte è più celebrato di quanto
-l'architettura o le difficoltà superate meritino.
-L'Amoretti lo dice imponente; l'Ebel un capolavoro
-d'architettura; Boniforti lo chiama famoso
-se non altro per constatare l'opinione
-universale. Io mi stringo umilmente nelle spalle
-e senza detrarre al merito del ponte, faccio a
-<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span>
-me stesso la semplice domanda: se questo è un
-famoso capolavoro, quali parole potranno adoperarsi
-per favellare del ponte sulla Dora del
-Mosca, di quello sul Niagara in America e del
-viadotto da Marghera a Venezia?
-</p>
-
-<p>
-Questa smania di celebrare, come sublimi,
-cose per nulla singolari, non è generalmente
-invalsa negli scrittori italiani, i quali debbono
-piuttosto accagionarsi (forse pel continuo spettacolo
-di cose grandi in arte ed in natura) di
-una certa indifferenza nel notare al viaggiatore
-ciò che per universale consentimento è veramente
-degno d'ammirazione.
-</p>
-
-<p>
-Non parlo delle guide renane e svizzere: ogni
-rigagnolo d'acqua che fila da una rupe di dieci
-metri è una meraviglia. Intanto gl'Italiani, sì
-poco curanti della patria loro, sanno generalmente
-raccontare d'aver visto questo e quello
-al di là dei monti, e ignorano quanto sta a
-dieci passi dalla loro casa.... Credo di non ingannarmi
-asseverando che gli Italiani sentono
-la bellezza della loro patria senza curarsene
-punto, come un nato ricco non dà pregio a
-quegli agi, ad ottenere i quali i poveri si travagliano
-spesso invano tutta la loro vita. Ma
-senz'altre digressioni entriamo nella valle Antigorio
-ritornando a Crevola.
-</p>
-
-<p>
-La lapide latina, che leggesi sopra un muro
-della Chiesa di S. Vitale, accenna ad una feroce
-pugna combattutasi presso Crevola nell'anno
-1487 tra gl'Italiani e gli Svizzeri: Bernardino
-Corio parla di questa battaglia nelle sue storie,
-ed in questa narrazione è notevole che gl'Italiani
-non avessero che <i>due</i> morti, mentre gli
-Svizzeri ne contassero <i>duemila</i>, o secondo gli
-<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span>
-storici Alemanni soli <i>ottocento</i>, numero tuttavia
-troppo disparato per non eccitare al lettore alcun
-dubbio sulla veracità della storia. Ad ogni modo
-gli Svizzeri uccisi furono tanti che i loro cadaveri
-caduti nella Diveria avevano formato una
-chiusa di tale altezza da servire di ponte agli
-Italiani.
-</p>
-
-<p>
-Narrasi pure che le donne ossolane, inferocite
-dalla barbarie del nemico, che prima di
-questa pugna aveva manomesso ogni cosa in
-quei dintorni, quanti Svizzeri fuggenti s'erano
-ricoverati nei boschi o nelle capanne scannassero,
-e strappato il cuore sanguinoso dai loro
-petti ne ammanissero pasto ai cani.
-</p>
-
-<p>
-Ancora adesso le belle Ossolane vi rapiscono
-il cuore, ma non è provato che lo diano ai cani.
-</p>
-
-<p>
-Fra i morti vi furono Renato Trivulzio, capitano
-degli Italiani, ed Albino Desilinon, capitano
-degli Svizzeri.
-</p>
-
-<p>
-Sulle rupi di Crevola sorgeva nel medio evo
-un castello, che fu dei Silva, famiglia che diede
-prodi capitani. Di questo castello non rimangono
-se non macerie coperte di muschio e di
-obblìo.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Poco sopra Crevola, a destra, sopra un poggio
-lieto di vigne e di campi, scorgesi Montecrestese,
-al di là della Toce; il sole vi matura un
-vino schietto e rubino. Qui presso la Toce precipita
-fragorosa in un profondo gorgo, su cui,
-non sono molti anni, era gittato un ponte altissimo
-<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span>
-e senza parapetto, sul quale non si
-varcava quell'abisso senza pericolo.
-</p>
-
-<p>
-Proseguendo la strada, poco oltre a sinistra
-troviamo Vira attorniato da vigneti, e poi a
-destra Ponte Manlio, così detto dal Console
-Manlio, che vi si era accampato colle proprie
-legioni nella spedizione contro i Cimbri, ed
-aveva quivi gettato un ponte sulla Toce. Si sa
-— da chi non l'ignora — che i consoli Manlio
-e Cepione vennero sconfitti da quei feroci abitatori
-delle foreste nordiche, già vincitori di
-Cassio Longino; sconfitte che dovevano far
-risplendere di più la sanguinosa vittoria di
-Caio Mario, colla quale questo capitano di gran
-mente e di forme atletiche atterrava, al dire
-di Tito Livio, duecento mila barbari, e menava
-in trionfo novanta mila prigioni. La fortuna,
-dando lo scacco al suo collega Catulo vinto dai
-Cimbri sulle rive di questa stessa Toce, gli
-apparecchiava nuovi allori.
-</p>
-
-<p>
-Nei piani del Ticino, tra Novara e Vercelli,
-nei campi Raudj, si combattè l'estrema pugna
-tra Roma ed i Cimbri; Caio Mario, morti cento
-e quarantamila nemici, s'incamminava a Roma,
-traendo seco settantamila prigioni, a Roma che
-per la quinta volta lo eleggeva console.
-</p>
-
-<p>
-Meravigliosa cosa! Non v'ha paese anche nascosto
-fra inospitali monti in cui i Romani non
-abbiano impresso il marchio dell'arrogante loro
-grandezza.
-</p>
-
-<p>
-Ma lasciamo le glorie dei Romani ai pochi
-che le studiano, e <i>marciamo</i> su Crodo, capoluogo
-di mandamento di tutta la vallea, lasciato
-Campomanlio a destra e passando sotto una
-galleria tagliata a ferro e fuoco nella viva roccia.
-<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span>
-Presso Crodo credesi s'allagasse la Toce formando
-un bacino considerevole d'acqua; e monsignor
-Bescapè, vescovo di Novara, il quale nelle
-sue visite pastorali studiava e notava la natura
-e gli uomini, parla di un tempietto a S. Martino
-che allora chiamavasi Capolago, tempietto
-che tuttora esiste, a quanto mi si disse.
-</p>
-
-<p>
-Crodo è forse nella più infelice posizione
-della valle: ad ogni infuriare del torrente Alfenza,
-ogni abitante paventa non si rinnovellino
-per lui l'estreme scene del diluvio universale,
-senza la speranza di una novella arca di Noè;
-chè l'Alfenza, diroccando piante, ciottoli e massi
-immani, forma a sè dinnanzi barriere che un
-istante dopo distrugge, sfogando con tremende
-urla il rabbioso impeto sulle mura di Crodo.
-Perchè dunque i nostri nonni presero stanza
-in un sito tanto minacciato? Ciò diranno pure
-i Domodossolani: ma quei babbi — senza <i>ministeri
-d'agricoltura</i> — rispettavano con religiosa
-temenza le foreste, sapendo — senza <i>studi
-forestali</i> — come le piante mentre abbelliscono
-le falde montane e purificano l'aere, colle radici
-sì tenacemente s'abbarbicano alle zolle, alle
-roccie, che nessuna forza di torrente o di voluta
-che rovini sopra di loro, varrà a sterparle ed
-a strascinare con sè il terreno su cui sorgono.
-Se la improvvida cupidità dell'oro non viene
-frenata, fra poco tempo una pianta sulle Alpi
-sarà una curiosità, come una cascata.
-</p>
-
-<p>
-Pochi minuti sopra Crodo sta lo stabilimento
-idropatico con sorgente d'acqua minerale ed
-albergo: ve lo indico con piacere nel caso vi
-possa giovare; ed in ogni caso se non vi sarà
-utile la linfa colla doccia ed il bagno, vi gioverà
-<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span>
-senza dubbio l'albergo confortevole e più
-di tutto l'aria vivissima. La bella strada calessabile,
-la vicinanza a Domo, la freschezza del
-sito, invitano nella stagione estiva copia di visitatori.
-</p>
-
-<p>
-Quantunque l'appetito m'eccitasse a giungere
-presto a Baceno, non volli tralasciare di fare
-una visita a Cravegna, terricciuola microscopica
-sulle ultime falde del Corno Cistella, per soddisfare
-la mia curiosità di conoscere almeno di
-vista il villaggio che gli Ossolani citano volentieri
-come patria del compaesano che ebbe più
-splendida sorte fra quanti emigrano dai loro
-monti.
-</p>
-
-<p>
-Giovanni della Noce nasceva di padre cravegnese
-in Bologna sul principio del secolo XVI.
-I risparmi del padre, facchino, o la protezione
-di qualche mecenate strapparono il giovanotto
-all'oscura sorte della famiglia. Addottorato, egli
-seppe in breve schiudersi attraverso alla folla
-dei preti che assediano il Quirinale una via col
-proprio ingegno. Acciuffata così la fortuna colla
-stima dei pontefici, di grado in grado, canonico,
-vicario, referendario, vescovo, ambasciatore
-a quella Venezia che allora era ancora in
-grado di liberare l'Europa dai Turchi, fu poscia
-patriarca a Gerusalemme ed infine cardinale.
-Quando nel 1591 egli venne eletto pontefice
-assunse il triregno col nome d'Innocenzo IX.
-Scrisse varie opere che io non lessi e che voi
-non leggerete. Beneficò i compaesani. Uno dei
-tratti singolari della sua vita fu che egli cambiò
-il nome paterno con quello di Facchinetti
-per rammentarsi certamente nell'insperata prosperità
-la propria origine; come già gl'imperatori
-<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span>
-romani traevano dietro di loro nei trionfi
-campali uno schiavo, che di quando in quando
-rompeva le acclamazioni universali colla fatal
-voce: rammentati di essere mortale!
-</p>
-
-<p>
-Due discendenti d'Innocenzo furono cardinali
-nel secolo <span class="smcap lowercase">XVII</span>.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Da Cravegna, seppure il curioso lasciata la
-strada vi si è portato, in mezz'ora di cammino
-si è a Baceno, la borgata più popolosa di tutta
-la valle, situata alle falde di Pizzo di Robbio
-contrafforte del monte della Gran Loccia, non
-lungi dalla foce della Diveria nella Toce.
-</p>
-
-<p>
-Compagno mio, non t'incresca di digredere
-dal cammino per visitare la solitaria vallata di
-Croveo, che qui appunto schiude le sue porte
-e della quale nessuno fece mai parola.
-</p>
-
-<p>
-Essa sta rinchiusa fra le Alpi culminanti
-che muniscono l'Italia verso il Vallese, la cortina
-dei contrafforti che digradano a destra dell'Antigorio
-dal Reti, e quella della sinistra della
-valle Divedro. Le tante pieghe delle Alpi Massime
-che si svolgono in questa conca formano
-una serie di valloncelli, che nella state verdeggiano
-per riaddormentarsi poi sotto la neve
-per sette mesi. Fra queste vallate la più nota
-è quella di Agaro, piccolo villaggio abitato tutto
-l'anno, alle sponde del torrente che sbocca poi
-sopra Croveo; torrente che nel secolo XVI distruggeva
-interamente il villaggio. Il cardinale
-Morozzo, considerate le pessime stradicciuole per
-<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span>
-buona pezza dell'anno coperte di ghiaccio, voleva
-accordare alla chiesa di Agaro il dritto di
-seppellire i morti in cimitero proprio senza recarli
-a Baceno; ma quei montanari ricusarono
-<i>per non perdere i diritti antichi</i>. Notevole è
-l'usanza degli Agaresi di convitarsi a funebre
-banchetto il giorno della tumulazione di un
-loro consanguineo, uso che dura tuttavia; ignoro
-poi se non avvenga qualche volta che il più
-addolorato, mercè a Bacco, non diventi il più
-brillo.
-</p>
-
-<p>
-Giacchè toccai qui di questi usi, aggiungerò
-che in tutta la valle Antigorio e la Formazza
-ognuno morendo lascia una o più libbre di
-sale per ogni focolare del suo villaggio.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Baceno è un grazioso, pulito, pittoresco villaggio.
-Nei tempi andati era il capoluogo di
-tutta la valle Antigorio, come ne è tuttora il
-borgo più popoloso. Esso siede sopra uno scaglione
-di monte sulle alte sponde della Diveria,
-poco lungi da Verampio, sito ove questa mesce
-le sue limpide onde colla Toce biancheggiante.
-In Baceno ebbero potenza i feudatari della valle
-Antigorio.
-</p>
-
-<p>
-I più conosciuti per le loro tiranniche giunterie
-furono i Valvassori De Rodes, i quali tanto
-malmenarono questi onesti valligiani da eccitarli
-a sorgere per scuoterne l'iniquissimo giogo.
-I Valvassori tenevano castello e corte in Premia,
-ed avevano una certa giurisdizione feudale
-<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span>
-anche sulla valle Formazza e sulla maggior
-parte della vall'Antigorio, secondo il diploma
-di Ottone IV imperatore dato a Pavia il
-25 aprile 1210.
-</p>
-
-<p>
-Le terre di Baceno producono ancora vino,
-frumento, frutta ed erbaggi di ottima qualità.
-La strada costrutta recentemente dal ponte di
-Crevola e che fra breve — coll'aiuto di Dio e
-dello Stato — sarà condotta fino al confine
-svizzero, venne fornita a spese dei comuni della
-valle con considerevoli sacrifizi, avendo essi
-dovuto quasi dappertutto tracciarla nella viva
-roccia granitica, non senza costrurre una serie
-di ponti sopra i torrenti che ad ogni svolgere
-di pendice s'adimano nella Toce. Quello che cavalca
-la Diveria a Baceno, la quale mugge in
-un gorgo profondo, è dei più notevoli.
-</p>
-
-<h3 id="parte2-11">XI.
-<span class="smaller"><i>Premia — Storia nuova di cose vecchie —
-La Cravairola.</i></span></h3>
-
-<p>
-Premia, mezz'ora sopra Baceno, è un villaggio
-con discreto albergo. La parrocchiale di
-Premia venne costrutta dai Valvassori e conserva
-ancora qualche antica pittura. Amoretti
-nella sua escursione su queste alture accenna
-ai granati che si rinvengono in questi dintorni
-aggiungendo esservene di quelli del diametro di
-<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span>
-un pollice. Premia è sopra il livello del mare
-800 metri.
-</p>
-
-<p>
-Entrai nell'albergo con eccellente appetito —
-che il cielo conservi sempre a me ed a voi, amabilissimi
-compagni. Nella sala due deschi
-erano occupati: presso una finestra stavano assisi
-ad una tavola imbandita di pochi piatti e
-di molte bottiglie tre uomini, di varia età e
-d'aspetto signorile, che facevano echeggiare il
-vôlto del frequente tintinnio dei bicchieri e dei
-motti che si cacciavano addosso a bruciapelo,
-il tutto frammezzato da qualche sonora apostrofe
-al cameriere ed al cuoco. Avevano intenzione
-di recarsi alla cascata della Frua in val Formazza....
-ma dopo tre giorni d'esitazione, s'accorsero
-che le gambe non corrispondevano all'intenzione
-e ritornarono al piano. Ma di loro
-fra poco.
-</p>
-
-<p>
-Il vostro zingaro sedette dirimpetto all'altro
-tavolo, attorno al quale stavano assise due persone
-venerande, una per l'età, l'altra per pudica
-ed ingenua bellezza.
-</p>
-
-<p>
-Un vecchio prete egli era dei monti ossolani,
-che dalla Formazza faceva ritorno al presbiterio,
-conducendo con sè quella cara giovinetta, di
-sedici o diciott'anni, sua nipote. La ragazza,
-vestita alla montanina, aveva ad una un fare
-spigliato ed una confidenza rispettosa col vecchio
-prete, sì che ognuno, senza maliziare, la
-avrebbe detta sua parente.
-</p>
-
-<p>
-Il vecchio, malgrado i settantacinque che gli
-pesavano sulle spalle, era tuttora, come tutti i
-montanari, vegeto, rubizzo. Due occhi vivissimi
-ne illuminavano la serena fisionomia, su cui
-pure gli anni e molte fatiche e molti pensieri
-<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span>
-avevano tracciato profondi solchi. Egli, naturalmente,
-mangiava adagio; e la nipote, che
-aveva quelle due saldissime fila di denti, dei
-quali avrei dovuto favellarvi, per non correre
-la posta, occupava gli intermezzi, trangugiando,
-per passatempo, del pane. Il vecchio, fra un
-boccone e l'altro, chiacchierava tranquillamente
-della stupenda cascata della Frua e di certi loro
-parenti di lassù.
-</p>
-
-<p>
-Se non che — un guaio c'è dappertutto —
-la giovinetta si trovava proprio in faccia a quei
-signorini, che andavano a gara a darle certe
-occhiate, sul significato delle quali non v'era il
-menomo dubbio; per cui la poveretta arrossendo,
-una volta che fu anche l'ultima, stava
-col capo chino sul petto, sì che lo zio le serviva
-di schermo.
-</p>
-
-<p>
-Oh! ecco una scoperta! Guardando attentamente
-i tre commensali, ravvisai in essi tre
-zingari da me visti in una città dell'alta Italia,
-ove erano noti <i>lippis et tonsoribus</i>.
-</p>
-
-<p>
-Tre zingari; ma intendiamoci, non confratelli
-che s'accontentassero di guardare e di pensare
-come il vostro compagno di viaggio, che anzi
-la cronaca scandalosissima della repubblica artistica
-voleva che allungassero un tantino le
-mani sull'altrui, quando per far suo, quando
-per il bel vezzo di manomettere.
-</p>
-
-<p>
-Una volta fecero un tiro solenne alla Fama...
-la poverina, stanca dal continuo strombettare,
-godeva il fresco della sera sulla porta del tempio...
-i birboni, mascherati da grand'uomini,
-tentano di penetrare nel sacrario senza le debite
-carte di sicurezza... Ma sì! da quell'altura
-ritornarono ruzzolando fino al melmoso piano
-della mediocrità!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span>
-</p>
-
-<p>
-Uno di questi, a vent'anni, scombiccherò un
-dramma. S'era tolto a maestro — s'intende alla
-prima — Shakespeare, e malgrado una quantità
-di falserighe, dopo aver violato la storia ed il
-senso comune, berteggiava la decenza sotto pretesto
-di romanticismo. Gli applausi di <i>centocinquanta
-amici</i> — l'infelice non aveva nemmeno
-un nemico! — gl'inocularono il tenia della vanità.
-Da quella notte memoranda, il cappello rovesciato
-sulla nuca o sul naso, la chioma svolazzante
-attorno al viso senza parola, gli occhi
-spiritati, l'incesso barcollante, — finse d'essere
-invaso dal demone ruggente dell'ispirazione.
-Dopo quella notte Alfieri era <i>anche lui</i> uno
-scrittore tragico.
-</p>
-
-<p>
-Il poverino diluì il poco midollo che gli restava
-in produzioni d'occasione, in cui riduceva
-in versi gli articoli dei diarii.
-</p>
-
-<p>
-Consumato quel foco che non riscaldava nessuno,
-un bel dì, fruga e rifruga, fa la terribile
-scoperta, che la fantasia non ha mai voluto covargli
-un pulcino nella zucca. Sacco vuoto,
-senza fede, roso dall'invidia e disperato di sè,
-un bel dì, o piuttosto, un brutto dì, volle finirla.....
-e si precipitò dalla soffitta della sua
-lirica senz'ali nel pozzo d'un giornale politico-letterario
-— sono tutti letterari i giornali! —
-e si fece critico.... Non c'è da meravigliarsi se
-di laggiù — guercio com'è — chiama sole una
-meteora passeggera. Gli scrittori che credono
-di potere prevenire le staffilate di quella severa
-ed acuta critica che ha illustrato i mondi delle
-arti, corrono ad ammansarlo.... È vecchia ed in
-gran parte giusta l'accusa, che gl'Italiani non
-s'occupano di studi critici. Ma, per Iddio, se
-<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span>
-vediamo uomini di solenne ingegno dopo d'avere
-declamato contro la vanità dei diarii, che benedicono
-e maledicono senza dare ragione, si
-fanno codazzo di scolaretti scribacchianti, e
-nonchè tollerare questi stupidi portachitarre,
-li incensano, li blandiscono! <i>O vanitas!</i>
-</p>
-
-<p>
-Del resto, menandogli buono il vezzo di scorrere
-a rompicollo i campi delle arti, su cui
-non ha mai saputo seminare, è un buon diavolaccio,
-niente scrupoloso, e se lo invitate a pranzo,
-vi divertirà assai.
-</p>
-
-<p>
-L'altro, dalla barba prolissa....
-</p>
-
-<p>
-Diamine, dirà il lettore, che capigliature, che
-barbaccie! Ve n'ha da imborrarne un pagliericcio!
-Eppure, lettore, mio, conviene sappiate
-che la capigliatura lunga e maledettamente ingarbugliata,
-la barba da Mosè sono per un artista
-che conosce il rispettabile pubblico una
-vera necessità. Che diavolo di talento volete voi
-sia racchiuso in una zucca pelata?
-</p>
-
-<p>
-La barba ed i capelli incolti danno chiaramente
-a conoscere:
-</p>
-
-<p>
-1. Che l'artista è tanto sublimato alla sfera
-della poesia, che ei riguarda le cesoie ed il pettine
-del parrucchiere come cose perfettamente
-inutili....
-</p>
-
-<p>
-2. Che è un originale, un capo scarico, un
-essere anfibologico che sa d'ora in ora farsi
-angelo o demonio, secondo il garbo che dà ai
-diversi peli coll'aiuto delle sole mani....
-</p>
-
-<p>
-Un maestro di musica, con cui ho stretta conoscenza,
-un giorno, dopo d'avermi dato un
-saggio d'un suo melodramma, mi confidava, che
-preparavasi a comparire degnamente innanzi al
-pubblico lasciandosi crescere i pochi capelli.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span>
-</p>
-
-<p>
-3. La copia dei capelli è viva immagine della
-forza: la lunghezza esprime il disprezzo degli
-usi del bel mondo, e l'arruffatura la continua
-lotta delle idee: tre cose che hanno gli
-incontestabili effetti d'ingannare il pubblico e
-di economizzare alla barba dei parrucchieri.....
-</p>
-
-<p>
-— Signor scrittore, vorreste dirne quale affinità
-hanno i parrucchieri colle arti?
-</p>
-
-<p>
-— Più di quanto pensate. Vi faccio grazia di
-quanto potrei dirvi sull'influenza dei sarti e dei
-cappellai, ma vi domando:
-</p>
-
-<p>
-Amabili lettrici, come vi figurate — nel caso
-ci pensiate — il vostro umilissimo compagno
-di viaggio? Io giurerei sui peli della barba avvenire,
-che se io mi presentassi a voi colla
-faccia e la nuca pelata, con una di quelle ciere
-che non differiscono in nulla da quelle d'ogni
-galantuomo, senza eccentricità d'abiti e di modi,
-a chi dicesse presentandomivi:
-</p>
-
-<p>
-Ecco il tal dei tali, autore del tal libro e di
-molte opere future e postume — voi, con quel
-candore con cui solete ammazzare un uomo che
-vi è indifferente, rispondereste sbadigliando:
-</p>
-
-<p>
-— Ah! Sì..... è <i>proprio lui</i> l'autore di quel
-libro?
-</p>
-
-<p>
-Lettrici mie, se mai sarò tanto fortunato di
-potermivi inchinare, io verrò a voi dopo d'aver
-fatto uso di tutti gli specifici infallibili (compreso
-quello d'una parrucca), onde ravvisiate
-sotto la posticcia figura iperbolica quell'io,
-che, ecc., ecc.
-</p>
-
-<p>
-O voi tutti genii perduti nella nebbia dell'indifferenza,
-consultate la quarta pagina dei
-giornali, se la natura non vi classificò fra gli
-animali pelosi! Colla <i>composition créatrice des
-<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span>
-cheveux et moustaches du professeur Derk de
-Sandwich <span class="upright">(anche laggiù vi sono professori)</span>, qui
-garantit la beauté, la multiplication et la création
-<span class="upright">(sic)</span> de la barbe et des cheveux...</i> (tra parentesi,
-costa L. 10 al vasetto)... in poco volgere
-di tempo vi sarà dato entrare nel tempio
-della gloria per non uscirne per tutti i secoli
-dei secoli, in grazia del capilligeno. O progresso...
-della chimica!
-</p>
-
-<p>
-Quel tale dalla barbaccia, per tornar a bomba,
-o alla barba se volete, si sognò d'essere Michelangelo,
-nientemeno. Dopo d'avere sonnecchiato
-per dieci anni nelle sale delle accademie,
-credette di svegliarsi <i>caricaturista</i>. Ignorava che
-non basta saper disegnare per mettere in ridicolo,
-che anzi il concetto è tutto.
-</p>
-
-<p>
-..... L'arte affacciatasi un istante al cervellino,
-vi trovò la parodìa: pensate se la pudica avrebbe
-voluto dividere la stanza con quella mezzana.
-Che volete? Nessuno capì le sue caricature,
-come nessuno aveva capito le sue dipinture
-storiche; sicchè adesso, lasciati i lapis, fa progressi
-rapidissimi nel facile mestiere di genio
-incompreso. Tanto peggio per l'Italia!
-</p>
-
-<p>
-Il terzo dall'occhialino, che inforca senza posa
-la groppa del naso bernoccoluto, mangia, beve,
-veste panni, fuma come un turco, e affetta articoli
-di politica nei diarii, frammezzando le
-serie disquisizioni sul riordinamento della carta
-mondiale con romanzi originali italiani tradotti
-dal francese... Intanto aspetta che un ministro
-scoprendo questo diamante nell'immondezzaio
-degli scribacchianti, lo incastoni in qualche ufficio.
-Da dodici anni egli è in attesa della propria
-scoperta: intanto qualche ciocca s'imbrina.
-<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span>
-Egli, ormai stanco d'aspettare, è deciso di gettarsi
-a capofitto nelle file dell'opposizione.....
-Guai alla vittima!
-</p>
-
-<p>
-Il bello poi sta nel sentire come questa confraternita
-s'incensa nei giornali... l'egregio mio
-amico... il celebre autore... <i>Sic itur ad astra!</i>
-</p>
-
-<p>
-Ma zitto, sentiamoli.
-</p>
-
-<p>
-— Sì, vi ripeto, che anch'io voglio ritirarmi
-alla campagna...
-</p>
-
-<p>
-— Per farti anacoreta? Hai ragione. Deciditi
-una volta a far penitenza de' tuoi peccati... il
-pelo si fa grigio, e Cristo ti guardi dal farla
-tardi!
-</p>
-
-<p>
-— E solo?
-</p>
-
-<p>
-— Oibò; aspetto solamente l'incontro d'una
-bella ragazza...
-</p>
-
-<p>
-— A che?
-</p>
-
-<p>
-— Per farne il bastone della mia vecchiaia.
-</p>
-
-<p>
-— È forse necessaria una ragazza? Prenditi
-una vecchia.
-</p>
-
-<p>
-— Puah! Io intendo sempre d'imitare chi fa
-professione di dare buon esempio.
-</p>
-
-<p>
-— Non ti sarà tanto facile trovare un modellino
-sì aggraziato... (cara, cara!)
-</p>
-
-<p>
-— Lo credo io. Tanto più che non porto in
-capo... mi capite... il salvacondotto.
-</p>
-
-<p>
-— Beati quelli! Paradiso di qua e di là; mentre
-noi aspettiamo l'inferno nel purgatorio... Se
-rinasco, m'immaschero anch'io.
-</p>
-
-<p>
-— E vedere come si conservano freschi, aitanti
-oltre il mezzo secolo... mentre io a quaranta...
-</p>
-
-<p>
-— Essi non consultano mai la quarta pagina
-dei giornali!
-</p>
-
-<p>
-— A proposito. Ieri all'ufficio postale ho letto
-<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span>
-l'<i>Armonia</i>: vi faccio sacramento che non vi ha
-diario che lo sopravanzi per spiritose concezioni,
-per purità di lingua e per strettissima
-logica...
-</p>
-
-<p>
-In breve tutti gli strali si spuntavano sulla
-tranquillità apatica del prete, il quale tuttavia
-lasciava spuntare a fior di labbra un certo risolino
-indefinibile, forse allora che una favilla
-spiccava da tanto fumo. Bevi e ribevi, trinca e
-cionca, i tre finirono per ingolfarsi nel razionalismo,
-e manomettendo quel po' che ne avevano
-letto stampato su per le gazzette, diedero un
-furioso assalto a tutte le religioni <i>positive</i>.
-</p>
-
-<p>
-Io che me ne stava fra tanta battaglia spettatore
-indifferente, pensai quanti pensieri dovevano
-frullare in capo al prete della montagna,
-certamente ignaro di ogni contesa filosofica,
-e che aveva forse creduto che non vi fossero
-al mondo religioni diverse dalla cristiana, turca
-ed ebrea. Ma egli sorbiva tranquillamente una
-fumante tazza di caffè.
-</p>
-
-<p>
-Intanto nella via stessa dell'albergo una donna
-vecchia, scarna, giallognola e quasi cieca, appoggiandosi
-ad un bastoncino, si recava innanzi
-ad un'immagine della madonna di Revalvegezzo
-da qualche Raffaello del paese tratteggiata sul
-muro, e ginocchioni vi orava tutta raccolta.
-</p>
-
-<p>
-Nella sala dell'albergo la discussione non cessava:
-discussione veramente non era poichè
-l'affare principale consisteva nel rincarire la
-dose a chi aveva parlato prima. Mentre s'arrovellavano
-sull'adorazione delle immagini, ad un
-tratto, vista la vecchierella che pregava, eccotela
-in ballo.
-</p>
-
-<p>
-— La vedete quella donna? Credete voi che
-<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span>
-nell'atto suo entri un cicino l'adorazione dell'Ente?
-</p>
-
-<p>
-— Impostura!
-</p>
-
-<p>
-— Ostentazione, dico io.
-</p>
-
-<p>
-— Nè l'uno, nè l'altro; ma idolatria, sempre
-idolatria, paganesimo, superstizione.
-</p>
-
-<p>
-— Farebbe molto meglio a filare alla conocchia!
-</p>
-
-<p>
-— Sarei curioso di sapere cosa n'avrà dopo
-di avere sonnecchiato un paio d'ore davanti
-quella crosta.
-</p>
-
-<p>
-E alzandosi anche lui, s'avanzò verso la tavola
-del prete, e fatto un leggero cenno col
-capo, col sorriso sulle labbra, chiese al vecchio:
-</p>
-
-<p>
-— Scusi, sor abbate, se le interrompo il
-<i>chilo</i>.....
-</p>
-
-<p>
-— Parli, signore, sono qua a sentirlo.
-</p>
-
-<p>
-— Dica un po' lei, che è della professione e
-che può parlarne in cattedra, se quella donna
-non farebbe molto meglio..... ma lei ha sentito
-certamente i nostri discorsi..... l'amico mio giornalista
-grida come un ossesso!... favorisca adunque
-dirne chi di noi gli pare abbia ragione.
-</p>
-
-<p>
-Il prete gli ficcò, <i>intus et in cute</i>, uno sguardo
-acutissimo, che tradotto in volgare voleva forse
-dire:
-</p>
-
-<p>
-— Voi vorreste divertirvi alle mie spalle,
-neh? Guardate che io vi faccio pagare lo
-scotto!
-</p>
-
-<p>
-— Signori, tutto quanto hanno detto, mi
-torna meno nuovo di quel che si credono. Dimorai
-lunghi anni in Allemagna ed a Parigi.....
-Io, me lo permettano, risponderò loro con una
-domanda.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! pensi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Quella donna è miserabile, si vede; è quasi
-cieca... è forse priva di famiglia, o, Dio non
-voglia, maltrattata da' suoi come un fastidioso
-mobile. Dunque senza gioventù, senza salute,
-senza vista, senza il cinismo d'un cuore isterilito
-nei disordini, senza conforti materiali e
-domestici, e quel che è più orribile, senza speranza!
-Agirà per ostentazione? Per carpire alle
-paesane sue il titolo di devota od un tozzo di
-pane? Poca ambizione e dura condizione. Ad
-ogni modo soffre e senza speranza di meglio,
-non è vero? Andate ora, sulla supposizione più
-onesta, a scalzare la predilezione idolatra che
-può per avere un'immagine anzichè per un'altra!
-Che vogliono darle, o signori, per consolazione,
-in cambio d'una fede, che vendica colla vita
-avvenire i dolori della presente?
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-E corse dietro alla vecchia per recarle il frutto
-d'una parola, atto che la fanciulla abbelliva colle
-grazie della giovinezza e della carità... Non dico
-che fosse tutta carità spontanea, pura... ma a
-buon conto, senza sofisticare, la carità venne
-posta in atto.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Da Premia, a destra, oltre la Toce, si sale
-per un cattivo sentiero alla Cravairola, regione
-al di là della catena dal Pizzo del Forno alla
-Corona del Groppo, la quale trovasi oltre al
-confine naturale e versasi nella valle Ticinese.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le dissensioni sorte anticamente fra gli Ossolani
-ed i Valmaggesi finirono per accendere
-quelle scaramuccie, le quali per essere guerreggiate
-fra contadini non sono meno micidiali;
-di qui rapinarsi il bestiame, spesso diruparlo,
-incendiare le capanne; finchè, stanchi di queste
-reciproche rappresaglie a cui avrebbe tenuto
-dietro la comune miseria, ricorsero ai proprii
-governi verso la metà del secolo XVII. Senatori
-della Camera di Milano ed inviati della
-Repubblica Elvetica convennero sul Lago Maggiore
-e là stabilirono i confini. È inutile il dire
-che avevano tutti ragione. Dopo la sentenza,
-infierirono più atroci le rappresaglie. Finalmente
-in una sanguinosa rissa essendo stato
-ammazzato l'istigatore principale, un bandito
-della Valmaggia, di cui si portò in giro la testa
-sopra una picca, placata col sangue l'ira
-comune, la luttuosa lite ebbe fine.
-</p>
-
-<p>
-Da Premia per Piedilago, detto dai valligiani
-Piedilatte, i due Cadarese e S. Rocco, si perviene
-in due ore sotto quel Salecchio già accennato
-da noi. Questo villaggio, il più alto
-della valle Antigorio, è situato sopra un breve
-gradino del monte della Punta di Campo. Da
-lassù godesi bella vista sopra una parte della
-sottostante valle, mentre tutt'attorno al villaggio
-rallegrano estesi pascoli smaltati di odorosissimi
-fiorellini. Chi da Salecchio volesse recarsi
-in valle Formazza, di cui di lassù scorgesi
-la bocca, senza discendere la via al basso
-malagevole assai, vi può pervenire con un sentiero
-che guida al santuario di Puneigen, in
-due ore.
-</p>
-
-<p>
-Questo sentiero corre sull'orlo del pendìo
-<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span>
-montano qua e là rapidissimo, e dopo la neve
-diventa pericoloso, non però come l'asprissimo
-che vi conduce da S. Rocco stagliato nell'immenso
-muro granitico, che s'aderge al N. O.
-Sicchè Salecchio è quasi segregato — nell'inverno
-— dal resto del mondo. Pochi inverni
-or sono il sindaco ed il vice-sindaco di Salecchio
-vollero discendere per quest'ultimo calle
-a S. Rocco; gli sciagurati sdrucciolarono sul
-vivo diaccio che lo copriva, e rimbalzarono —
-orribile a dirsi! — di roccia in roccia sino a
-valle.....
-</p>
-
-<p>
-Il santuario di Puneigen od Autilone non
-ha nulla di rimarchevole per architettura, ma
-il sito è assai pittoresco. Sorge sopra una balza
-del Martello tutta lieta di piante e di erbe, attorniata
-da rupi scoscese che si specchiano in
-un laghetto. Dall'estremo labbro verso levante,
-la vista sulle nudi rupi del Rizoberg, sull'abisso
-che si sprofonda nella sottostante Antigorio, e
-verso mezzodì sui pascoli che allegrano le falde
-dei due Salecchio, compensa la poca fatica di
-farvi una digressione dalle porte della Formazza.
-</p>
-
-<p>
-Da S. Rocco che ha una bella chiesuola ed
-una fisonomia ancora aperta, sorridente, italiana,
-in poco d'ora giunsi per Balmalarice, Passo, ad
-Arivasco.
-</p>
-
-<p>
-Bella cascata è quella del Vuova, qui presso.
-</p>
-
-<p>
-Io solo so quante volte incespicai sulla
-malagevole stradicciola per guardare le gigantesche
-rupi di granito venato a strati orizzontali
-che assiepano la valle. Gli obelischi egiziani
-appetto a quelli che se ne potrebbero trarre
-parrebbero birilli.
-</p>
-
-<p>
-Perchè non ho io la potenza della fede che
-<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span>
-rimove i monti ed il genio di Michelangelo?
-Vorrei innalzare sulla vetta suprema delle Alpi
-tale un monumento alla verità, che toccasse le
-stelle. Il granito non è ciò che manca per ora.
-</p>
-
-<p>
-Il gruppo di casupole, che è Arivasco, non ha
-nulla che possa trattenerci, se non fosse questa
-nidiata di vispi fanciullini, la folleggiante gaiezza
-dei quali contrasta non poco colla severità del
-paese. La valle sì spaziosa va chiudendosi: ecco
-Unterwald. Siamo finalmente in Formazza?
-</p>
-
-<p>
-Fra mezz'ora, rispose una donna.
-</p>
-
-<p>
-Perchè, dissi poi tra me, le mezz'ore di piacere
-non sono tutte lunghe quanto codesta per salire
-alla Formazza?
-</p>
-
-<h3 id="parte2-12">XII.
-<span class="smaller"><i>L'orrida forra di Unterwald.</i></span></h3>
-
-<p>
-Appena oltrepassato il malinconioso casolare
-di Unterwald (Foppiano), ci addentriamo in una
-stretta gola, oscura, sinistra. La scena che ti
-colpisce dal ponte d'Untergeschen è stranamente
-terribile. A destra, crollante sopra una
-rupe, una torre inghirlandata d'ellera e di muschio,
-sta per sfasciarsi. Forse è l'ultimo monumento
-della guerra contro i Cimbri — forse
-l'innalzarono i Cimbri nella loro discesa.
-</p>
-
-<p>
-Guardati dal favellare contro i Romani ed i
-Cimbri — essa potrebbe vendicare su te gli
-uni e gli altri.
-</p>
-
-<p>
-Lo Sternehorn, gigantesco monolite insofferente
-<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span>
-di neve; che inabissa quaggiù i fianchi
-repenti, soffoca la forra. Le pinete dalle funebri
-ombre incutono sacro terrore. Immani macigni
-rimbalzati qua e là sotto e sopra, s'arrestarono
-colpiti da spavento. Fra le poche zolle, nei loro
-crepacci, sugli scaglioni inferiori, lacrimano minutissimi
-zampilli. In mezzo si rivolta, s'arrabbia
-di masso in gorgo con orrendo muggito
-la Toce tutta spumeggiante d'ira. È l'acqua che
-si ribella contro la terra. Intanto il sentiero,
-incerto, s'innoltra serpeggiando fra i sassi e
-sale faticosamente verso il lembo dell'orizzonte
-che s'affaccia lassù.
-</p>
-
-<p>
-Dove sbocca questa fossa?
-</p>
-
-<p>
-Le membra si diacciano sotto la vampa settentrionale
-che dal cigliare del pozzo si sferra
-quaggiù in un turbine di nevischio e di spruzzi
-del fiume; il petto ansante chiede riposo e mite
-temperie — ma su! su! qui non consentono
-sosta nè le spinose selci della strada, nè le ombre
-assideranti. Su! anche i pini, i larici si slanciano
-con forza da quest'umida caligine all'insù
-per giungere ad ottenere un raggio di sole. I
-loro rami tremolando ne invocano la caldura
-onde gli uccelli migranti vi si posino in ciarle
-d'amore. Ma invano! Non un raggio scende di
-là ed i <i>merli d'acqua</i> stessi (Wasseramsel) non
-osano soffermarsi alle loro radici. I corvi soli,
-gl'incresciosi corvi spiccano il volo dalle bozze
-soprastanti e scendono nel burrone sopra gli
-alberi infelici a funestarli col loro rauco gracidare.
-</p>
-
-<p>
-Se qui la natura sembra spirare soffocata
-dalle moli gigantesche e sfinire di languore,
-oh! come trista dev'essere la valle di Formazza!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span>
-</p>
-
-<p>
-Un grazioso fanciullino incontrato ad una risvolta
-ne assicura che fra pochi istanti toccheremo
-l'altipiano desiderato.
-</p>
-
-<p>
-Rincorato, dando uno sguardo ancora allo
-spettacolo sottostante, invidiai — e non per la
-prima volta — il pennello del Gonin per ritrarre
-questa terribile scena, in cui per rafforzare
-il colore locale non sarebbe punto necessario
-d'innestare episodii drammatici — sì alto
-qui parla la natura!
-</p>
-
-<p>
-Ma ecco la bocca dell'androne, ecco la luce,
-il sole e col sole il sorriso della vita!
-</p>
-
-<p>
-Guardo in giù, attraverso ai pini, e auguro
-ai Formazzesi non venga giammai loro il ticchio
-di sterpare la boscaglia protettrice del mal
-passo — o nessuno s'addentrerà nella spaccatura
-senza che, eterna spada Damoclea, non minacci
-o voluta di neve o frana o macigno!
-</p>
-
-<p>
-Guai a voi!
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span>
-</p>
-
-<h2 id="parte3">PARTE TERZA
-<span class="smaller"><b>La Frua ed il Gries.</b></span></h2>
-
-<h3 id="parte3-1">I.
-<span class="smaller"><i>Valle di Pommat o di Formazza — Stafelwald,
-Andermatten, Touffwald, Wald, Zumsteg,
-Brenno, Gurfelen, Fruttwald.</i></span></h3>
-</div>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Quanto non s'eleva nella solitudine</b></p>
-<p class="i02"> <b>delle Alpi l'immaginazione!</b></p>
-<p class="i10"> <i>Zimmermann.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-Eccoci al piano. Quattro o cinque scheggioni
-diroccati fin qui, Dio sa quando, dai vertici del
-Martello, e la valle Formazza si stende in là fra
-sublimi montagne.
-</p>
-
-<p>
-Due piccoli villaggi ne si presentano innanzi,
-amendue poco lieti: il primo, poco rallegrato
-dal sole, Stafelwald, allo sbocco di una ripidissima
-valletta che dichina dal Vandflühorn (2862
-metri), solcata dal torrente Riebbo, per la quale
-un brutto sentiero guida nell'estate pel Criner
-o Forca del bosco, alla Maggia nel Ticinese:
-l'altro, Andermatten (1241 m.), colla parrocchia,
-<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span>
-sotto una scoscesa roccia che gli si aderge altissima
-alle spalle, pare temi di un finimondo.
-</p>
-
-<p>
-Non ha tutti i torti.
-</p>
-
-<p>
-Nulla di notabile nella parrocchia, fuorchè lo
-svelto campanile che sorge isolato. Nello sterrato
-allato alla chiesa il cimitero, come nei
-paesi protestanti della Svizzera. Ma prima di
-giungere al cimitero, fermiamoci, che n'abbiamo
-di mestieri, all'albergo del Cavallo bianco, pulito
-e discreto.
-</p>
-
-<p>
-La Catterina, l'ostessa, dà cento punti al marito
-a darvi lezioni di corografia. V'ha anche
-una bella giovinetta, semplice ed innocente
-quanto vezzosa. Sento da esse che convengono
-alla parrocchia quanti abitano nelle superiori
-frazioni di Touffwald, Wald, Zumsteg, Brenno,
-Gurfelen, Fruttwald, e nell'estate dai casali di
-Kerback e Morasck distanti tre o quattr'ore di
-cammino.
-</p>
-
-<p>
-Occupai la domane nel visitare i paeselli.
-</p>
-
-<p>
-Poco oltre Andermatten la valle si rivolge
-alquanto a sinistra ed assume quell'aspetto che
-faceva esclamare al celebre Saussure esser questa
-la valle d'aspetto più pastorale ed allettevole.
-Da Stafelwald a Touffwald corrono a destra
-rupi tragrandi di vivo macigno, coronate
-d'una sempre verde boscaglia di pini e larici,
-mentre alzando lo sguardo scorgonsi le vette
-supreme dell'Hirelihorn (2434 m.), del Gazoli,
-del Bedriol (2921 m.), le quali, correndo fino
-al Kastel (3276 m.), dall'aprirsi al chiudersi
-della valle, a destra rimontando la Toce, segnano
-col taglio delle loro creste frastagliate il confine
-fra il regno italiano ed il cantone Ticino.
-</p>
-
-<p>
-Dalle balze dell'Hireli si lascia cadere quasi
-<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span>
-spossato di languore e di fatica lo Steibo, torrente
-che forma lunghesso quelle repenti chine
-una cascata di ben duecento metri, la quale
-appare da lungi quale tela d'argento sfavillante
-ai raggi del sole. Sempre a destra, prima di
-giungere a Touffwald, scendono dall'Alpe Gazoli
-il Fuldstuder e l'Ecco, amendue formanti variate
-cascatelle, le quali sono assai belle a riguardarsi,
-principalmente dopo qualche temporale nei valloncelli
-superiori.
-</p>
-
-<p>
-Touffwald, detto pure S. Michele, ha case
-pulite ed è bene esposto al mezzodì. La strada
-sotto le boscose falde del Montegiove o Retiberg
-(3007 m.), come qui lo dicono, procedendo
-lungo la Toce scorge a Wald, nel centro della
-valle. Siccome però le molteplici sorgenti che
-zampillano dal Witenbil, collinetta in mezzo alle
-praterie, nell'inverno formano scaglioni di diaccio
-durissimo, i quali coprono per lungo tratto
-la strada, gli alpigiani l'abbandonano passando
-da Touffwald alla sinistra della Toce.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-In Wald in una casetta al ponte ha stanza il
-ricevitore della dogana italiana, gentilissimo
-giovine che ne fu largo d'ogni cortese indicazione.
-</p>
-
-<p>
-Ho fatto una visita alla tenebrosa nicchia in
-fondo alla quale il Lebenduner, prorompendo
-da un covacciòlo si precipita in sottilissima
-polvere; ma il denso velo degli spruzzi e l'altisonante
-ruggito m'impedirono d'interrogare
-i genii dello speco.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il sentiero che serpeggia su per la foresta,
-dal ponticello che valica il torrente, guida ai
-pascoli di Vannin, e di là, su per le murene
-ed i diacci del Minoio-Krüpfi al varco del
-monte — da cui sceso nella valletta suprema
-dell'Arbola, pel passo del Figascian, in una
-giornata di cammino, ad Aernen del Vallese.
-</p>
-
-<p>
-Zumsteg è la capitale della valle: è il più
-grosso villaggio, non il più bello. Le pendici
-a destra ed a sinistra sono tutte affoltate di
-pinete.
-</p>
-
-<p>
-A pochi minuti da Zumsteg, alla destra della
-Toce, un bel gruppo di case sulle ultime falde
-del Nacker, Brenn — (1322 m.); poco più in
-su, pittorescamente allogato sotto una rovina
-di giganti roccie che i secoli hanno vestito di
-muschio e di zolle, sta Gurfelen. Le ruine a
-cui s'addossa, lo riparano dalle bufere del settentrione
-— tutto il male non viene per nuocere.
-</p>
-
-<p>
-Al di là di Gurfelen, mentre la valle si ristringe,
-la strada sale, a sinistra del fiume, sopra
-una rupe che stagliata trabocca giù nei
-profondo in cui gorgoglia la Toce: di là, alla
-risvolta del cammino, ove s'innalza un'antica
-croce di legno, appare pressochè tutta la valle
-coi casali di Touffwald, Wald, Zumsteg, Brenn
-e Gurfelen.
-</p>
-
-<p>
-Da quest'ultimo in un quarto d'ora si giunge
-a Fruttwald, diviso dalla Toce, nel verde piano
-in cui riposa la valle fra le rupi del Nuefelgiuh
-e le balze del Tamier. Il Nuefelgiuh è
-un'orrida catasta di macigni aspri, scagliosi,
-nudi, penzoloni sul villaggio.
-</p>
-
-<p>
-Uno di essi, or faranno trent'anni, traboccava
-<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span>
-con intenso fragore sul villaggio — la
-terra traballò, i pendoli s'arrestarono, mura si
-screpolarono — ma il masso per miracolo sprofondava
-a dieci passi dagli abituri.
-</p>
-
-<p>
-Quelle creste ricise, addentellate non paiono
-accessibili che agli uccelli di rapina. Chi oserebbe
-del resto arrampicarsi lassù? Sentite una
-fiera istoria.
-</p>
-
-<p>
-Luigi Dellavedova aveva un figlio non ancora
-ventenne, di ottima indole e di belle forme.
-Luigi è l'espertissimo fra i cacciatori di camosci.
-Egli non aveva mai permesso al figlio di accompagnarlo
-a caccia, promettendogli però che
-non appena avesse compito vent'anni, avrebbe
-diviso con lui le fortune di quel passatempo
-che in fatti è una serie continua d'indicibili
-disagi, e di pericoli d'ogni maniera. Il giovane
-attendeva con vivo desiderio, con impazienza
-quel giorno avventuroso. Spesse volte il padre
-lo sorprendeva fiso estatico verso i culmini alpestri.
-Intanto s'addestrava ad imberciare con
-sicurezza per colpire il suo cappello a trecento
-passi.
-</p>
-
-<p>
-Una mattina, mentre il padre era assente, il
-giovanotto, malgrado le rimostranze della madre,
-mette ad armacollo la carabina paterna,
-parte per una scorsa sul Reti. Alla sera, prima
-dell'arrivo del padre, sarebbe di ritorno.
-</p>
-
-<p>
-Quella sera giunse il padre; ma s'attese invano
-il figlio. Anche la notte invano.
-</p>
-
-<p>
-La domane, la dopodimane, la povera madre
-correva di quando in quando alla porta della
-capanna con ansia infinita..... ma forse egli insegue
-con altri cacciatori un branco di camosci.
-Il padre interrogò i cacciatori della Formazza;
-<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span>
-seppe che nessuno s'era mosso di casa!
-Il padre smanioso, col figlio maggiore, sale sulle
-alture e le percorre senza posa per varii giorni;
-frotte di cacciatori e di pastori s'addentrano
-nelle solitudini di quella cerchia montana, tutto
-attorno alla valle — invano!
-</p>
-
-<p>
-L'ansietà cangiasi in angoscia. — Ogni valligiano
-palpita sulla sorte del giovane; le madri
-piangono colla madre.
-</p>
-
-<p>
-Ecco l'ottobre — nevica. La neve seppellisce
-ogni cosa, ogni speranza. La madre sola spera
-ancora — in Dio! Più d'una volta, la notte, balza
-dal letto e corre affannata alla porta ove le
-pare abbia picchiato una mano sospirata. Allo
-squagliare delle nevi in giugno, sotto le precipitose
-rupi del Nuefelgiuh un pastore scopre
-un cadavere orrendamente sfracellato..... Il padre
-solo potè riconoscere la sua creatura. La
-carabina, spezzata, trovossi lungi un cento passi
-dal cacciatore che per la prima ed ultima volta
-l'aveva impugnata.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Quantunque Fruttwald sia il più alto dei villaggi
-abitati tutto l'anno nella Formazza, la vista
-resta ivi circoscritta verso la valle da un
-gibboso declive che l'attraversa fra il Tamier
-ed il Nuefelgiuh, e verso settentrione da un
-contrafforte di quest'ultimo monte che rinchiude
-quasi il superiore valloncello di Unterderfrutt
-ove casca la Toce.
-</p>
-
-<p>
-La strada, lasciato Fruttwald alla sinistra, con
-<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span>
-breve giro appiedi del Tamier s'affretta alla
-Frua, spettacolo che si presenta ad un tratto,
-quasi per meglio colpire.
-</p>
-
-<p>
-S'io disegnassi come Schrimer non avrei a
-descrivertela a parole.
-</p>
-
-<h3 id="parte3-2">II.
-<span class="smaller"><i>La Frua o cascata della Toce — Quanto costi
-un sorriso di donna.</i></span></h3>
-
-<p>
-Il Valloncello di Unterderfrutt è circondato
-dalle falde del Picco di Gigeln, a destra —
-dalla rupe della Frua a settentrione, — e dalle
-ultime digradanti balze del Nuefelgiuh a sinistra
-ed al fondo. Al di là della Toce poche
-stalle in mezzo ad una breve prateria attorniata
-dai macigni dinoccolati dalle rupi imminenti,
-danno ricovero nell'estiva stagione agli
-armenti che si vengono a pascolare.
-</p>
-
-<p>
-Lo sguardo non può soffermarsi più d'un
-istante sulla cornice che inquadra il meraviglioso
-spettacolo della Toce, la quale ad un
-tratto, lasciato il queto alveo superiore, trabocca
-dal ciglione della rupe stagliata in tre
-orizzontali gradini, uno sull'altro cadente, ed
-irritandosi ad ogni labbro, rimbalza spumeggiante
-nell'aria, ricade in sottilissima polvere
-d'argento per spandersi nuovamente in mille
-spruzzi, cascatelle e zampilli, formando così
-una piramide gigantesca, la quale, allorchè il
-sole vi diffonde i suoi raggi luminosi, tutta
-sfavilla di mille diamanti.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span>
-</p>
-
-<p>
-Bello è contemplarla all'aurora colorirsi a
-porporine tinte, smagliante come l'acciaio brillare
-al mite chiarore della luna, e nelle incerte
-ombre della notte innalzarsi come un immenso
-fantasma in mezzo a quelle moli rigorose. La
-severità del sito, i cento sibili confusi in un
-sol urlo dell'aria percossa, le scagliose rocce
-del Gigeln, le superiori macchie di larici, fra
-cui fischia il vento, destano nello spettatore il
-senso, non so se più di meraviglia o di terrore,
-che nega la favella innanzi agli spettacoli più
-sublimi.
-</p>
-
-<p>
-Nel fitto dell'inverno, benchè il volume delle
-acque montane scemi d'assai, la cascata presenta
-una vista non meno sorprendente: le notturne
-bufere ed il gelo asprissimo sogliono in
-poco d'ora indurare i fili, gli spruzzi, i zampilli,
-i veli cadenti; ed allora si vedono pendere
-e sorgere su quei lucidi macigni una serie
-infinita di stalattiti cristalline, che riflettono la
-luce con mille colori, mentre l'acqua scompare
-sotto questa scintillante armatura.
-</p>
-
-<p>
-Dal ciglio al piano la cascata misura duecento
-metri; è quindi delle più considerevoli per l'altezza,
-mentre per la mole dell'acqua essa non
-la cede forse ad alcuna delle più vantate di
-tutta l'Europa. La cateratta del Reno presso
-Sciaffusa non va annoverata propriamente fra
-le cascate. Lo Stauback presso Lauterbrunn supera
-in altezza la cascata della Toce di un
-quarto circa; ma siccome quel torrente è molto
-povero di linfe, ne avviene che buona parte va
-dispersa nell'aria in sottilissima nebbia; mentre
-la Toce, anche nell'inverno, per le molte sorgenti
-perenni, ha tuttavia una notevole quantità
-<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span>
-di acqua. Poco più, poco meno può dirsi lo
-stesso della Tamina, di quella di Martigny e
-della stessa del Reichenback, e d'altre che ometto
-per brevità o inferiori per l'altezza o
-pel volume dell'onde. Celeberrime in Italia sono
-le cascatelle di Tivoli: le quali a petto della
-Frua sarebbero meschina cosa, ove non concorressero
-a renderle più famose le memorie delle
-vicinanze, in cui ad ogni passo ti si rammenta
-la Sibilla Tiburtina, e Mario, Scipione, Virgilio,
-Sallustio, Flacco, Catullo, Orazio e Mecenate, i
-quali venivano dalla tumultuosa Roma a cercare
-silenzi e riposi al rezzo dei laureti sulle sponde
-dell'Aniene.
-</p>
-
-<p>
-Il Casalis, nelle poche linee consecrate alla
-valle di Formazza, dice la cascata della Toce
-essere la più bella dell'Europa; il Boniforti
-l'accenna come la bellissima delle Alpi italiane
-e non inferiore a nessuna della Svizzera; l'Amoretti,
-che unico percorreva queste valli fra gli
-scrittori italiani, quantunque non si lasciasse
-trasportare d'entusiasmo che per ciò che era
-mineralogia, tuttavia la dice mirabile. L'Ebel
-stesso la magnifica, benchè per errore la diminuisca
-d'un terzo d'altezza. Ecco le sue parole:
-«Siccome, eccettuata la cateratta del
-Reno, non vi ha nella vicina Svizzera una
-cascata con massa sì considerevole d'acque,
-quella della Frua, è, senza dubbio, delle più
-notevoli che vi abbia.»
-</p>
-
-<p>
-Salite in venti minuti le risvolte della strada
-tagliata nella rupe, dopo d'avere contemplato
-da vicino la caduta, eccoci sul ciglione da cui
-precipita il fiume; di quassù, come da lato,
-come dalle capanne d'Unterderfrutt, la scena si
-<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span>
-para sempre grandiosa. Da questo estremo limite
-al sud della valletta di Uberaufderfrutt o
-di Sant'Antonio, si spiega dinanzi una parte
-della valle, senza la vista però dei casolari
-nascosti nelle anfrattuosità delle falde montane;
-alla sinistra della Toce sorge una cappelletta
-con portico, dedicata a sant'Antonio, a lato del
-Gigeln, altissimo picco direi d'un sol pezzo di
-viva roccia, che si disterra da questi altipiani.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Catterina era la più bella ragazza della valle
-Formazza: gli occhi gareggiavano colle labbra
-nel sorriso, ed il suo cuore non era meno generoso
-dell'aspetto. Non era una sola fanciulla
-in tutta la vallata che nel segreto del cuore
-non le invidiasse la bionda e foltissima capigliatura,
-e l'arcana potenza di ammaliare quanti
-l'avvicinavano.
-</p>
-
-<p>
-Nell'estate, in mezzo al suo armento, quando
-cantava, gli animali alzavano il capo attenti, e
-cessavano di pascolare...
-</p>
-
-<p>
-Nelle lunghe giornate d'inverno, accanto a
-sua madre, filava il lino, e tutti credevano che
-passando fra le sue dita bianche e sottili il filo,
-s'indorasse.
-</p>
-
-<p>
-Nell'ampia e pulita stufa della sua casa convenivano
-nelle serate invernali i più formosi
-garzoni dei casolari, tutti innamorati di lei,
-che sorrideva a tutti senza conoscere l'amore.
-</p>
-
-<p>
-Quando in coro colle amiche intuonava una
-bella canzone, Pippo differiva alla domane la
-<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span>
-confessione di quanto sentiva per lei. Ma avrebbe
-potuto spiegarlo?
-</p>
-
-<p>
-Tuttavia un bel mattino, non si sa se a caso,
-Pippo incontrò Catterina nella foresta dell'Hireli
-che riconduceva una capra smarrita. Di tutte
-le cose toccantissime ch'egli s'era da tanto tempo
-studiato di favellarle, non potè dir motto. Ma
-quando alla sera la Catterina con voce più soave
-del consueto cantò:
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p>
-«Nel profondo del mio cuore v'ha una cellula
-ch'io sentii vuota fino a quest'oggi.
-</p>
-
-<p>
-Io viveva senza assaporare la vita; io vedeva
-senza guardare; io ignorava tutto.
-</p>
-
-<p>
-Ora la cellula è piena di un mondo — una
-tua parola ha fatto il miracolo.
-</p>
-
-<p>
-Attorno ad essa mille immagini — e son
-tutte la tua. Perchè sfugge tuttavia dall'anima
-un sospiro?»
-</p>
-</div>
-
-<p>
-allora Pippo uscì dalla capanna troppo angusta.
-La brezza notturna gli ricompose gli spiriti,
-e il povero innamorato potè sclamare: dov'è
-l'uomo più felice di me?
-</p>
-
-<p>
-S'egli era intieramente felice, perchè la sera
-susseguente andò coi compagni in casa della
-fanciulla e ne tornò senza aver profferito parola
-in tutta la sera? Era desso geloso?
-</p>
-
-<p>
-Il vecchio Giovanni, il padre di Catterina, possedeva
-una foresta di pini secolari, ubertosi pascoli
-nella valle e meglio di cento capi di bestiame.
-Mentre stava un giorno soletto guardando
-il suo armento che pascolava sull'alpe di
-Balmarossa, vide venir a sè Pippo.
-</p>
-
-<p>
-— Benvenuto Pippo! cercate di me?
-</p>
-
-<p>
-— <i>Deo gratias</i>, potè rispondere il giovane,
-affannato dalla salita sotto la sferza del sole di
-<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span>
-agosto, e più ancora dalla tema di non ottener
-quanto bramava.
-</p>
-
-<p>
-— Sedete e parlate.
-</p>
-
-<p>
-— Se voi siete contento, io mi torrei in isposa
-la vostra figliuola.
-</p>
-
-<p>
-— Voi siete onesto... ma troppo povero. Sapete
-che la Catterina è fra le più ricche della
-valle?
-</p>
-
-<p>
-— Io non desidero che la fanciulla.... E volle
-soggiungere le mille cose che aveva pensato per
-istrada — ma la dura parola del vecchio gli annodò
-in gola ogni risposta.
-</p>
-
-<p>
-Giovanni, vedendo il meschino grondante di
-sudore impallidire, lo trasse con sè alla capanna
-dell'alpe, gli presentò una coppa di latte
-munto allora, e con voce meno acerba:
-</p>
-
-<p>
-— N'avete parlato alla Catterina?
-</p>
-
-<p>
-— Disse di amare me solo.
-</p>
-
-<p>
-— Poichè la è così, io non voglio fare due
-infelici. Voi siete giovane, e la fortuna ama i
-giovani. Quando avrete da pascolare dieci bovine,
-Catterina sarà vostra.
-</p>
-
-<p>
-Pippo, rasserenata la fronte, abbracciò il vecchio,
-e scese correndo quelle alture senz'accorgersi
-della malagevolezza del sentiero e della
-china precipitosa. Prese commiato dalla vecchia
-madre piangente invano, e dall'amata che sorrise
-alle promesse del giovine animoso — e
-partì per Roma, per Roma tanto lontana.
-</p>
-
-<p>
-Dopo un anno, Catterina seppe che l'amante
-spossato per incessanti fatiche era caduto ammalato.
-Da quel dì una mano ignota portava sull'altare
-della Vergine un mazzo di fiori perlati
-di rugiada, quali mai non si videro trapuntare
-le praterie della valle. Ve n'era di quelli a mille
-colori, come la spuma della Frua.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span>
-</p>
-
-<p>
-Pippo, colto dalla febbre, consumò ogni sparagno:
-quando riebbe in parte l'antico vigore,
-i medici lo consigliarono di fare ritorno all'aria
-natia. Nullameno cercò lavoro coll'insistenza di
-un proposito che non vacilla: debole ancora, il
-frutto del lavoro bastava appena alle necessità
-della vita. Intanto la madre lo richiamava — si
-sentiva a morire e voleva rivedere ancora una
-volta il figliuol suo. Partì povero e sconfortato
-da quel paese ove era giunto con tante speranze.
-Di ritorno trovò nella sua capanna un
-cadavere. Dopo la sepoltura della madre, quella
-porta non s'apriva ed i vicini dicevano di sentire
-la notte dolorosi lamenti.
-</p>
-
-<p>
-Egli sarebbe morto di dolore, se un mattino
-una voce dilicata e tremante non avesse cantato
-sotto le finestre di quell'abituro la nota
-canzone dell'amore... Pippo venne fuora: quasi
-non era riconoscibile..... era anche povero —
-tuttavia Catterina gli sorrise.
-</p>
-
-<p>
-Pippo comprò una carabina ed in poco tempo
-divenne il più destro cacciatore di quelle alpi.
-Di quando in quando inviava alla fanciulla del
-selvaggiume. Scoprì un giorno appiedi delle orrende
-diacciaie di Cavergno una camozza col
-suo nato: decise di ammazzare la madre per
-avere vivente la piccola — fermò di averla ad
-ogni costo.
-</p>
-
-<p>
-Chi sa contare quante volte il cacciatore corse
-pericolo di morte? I camosci, in grazia del sottovento,
-sentirono l'appressarsi dell'uomo, valicarono
-le creste difficili del Kastel con piede
-snello e sicuro. E Pippo su per le roccie, dietro
-ai veloci animali. I quali s'erano indirizzati
-verso le giogaie del Thallihorn, sfiorando appena
-<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span>
-la cornice a picco, al di là del lago di
-Kastel, sull'abisso che si sprofonda giù giù fino
-al vallone di Kerback. Pippo, sicuro che per
-stanchezza la capretta non potrà correre lontano,
-s'avventura su quel passo, largo due palmi,
-fra il cielo e l'inferno — sente smottarsi sotto
-ai piedi il sentiero — non s'arresta; si mette
-carponi e così valica l'abisso, in fondo al quale,
-laggiù, acute roccie stendono in su le loro scarne
-ed affilate mani bramose di sangue.
-</p>
-
-<p>
-Il capretto alfine è quasi sfinito dal correre,
-e giace oltre il burrone della Toce a pie' della
-madre che lecca pietosa ed accarezza il nato,
-e guarda attorno con sospetto. Se Pippo giunge
-a varcare inosservato il burrone, le selvaggie
-creature sono sue. Bisogna dinoccolarsi al fondo
-e risalire la parete opposta. Ma se scivola sopra
-malsicuro sasso il piede? Sei morto. Se staccasi
-sopra il capo un macigno da lungo tempo
-desideroso di riposare in fondo all'oscura fossa?
-Sei seppellito. È facilissimo nella discesa repente
-avvallare a fascio; e non sarà impossibile arrampicarsi
-pell'ertissimo muro di fronte? E se
-mentre tu corri manifesto pericolo di orrenda
-morte, un sasso maledetto cade sonando sulle
-pietraie ed avverte la camozza? Mille terribili pensieri
-attraversarono come sinistro lampo la mente
-del cacciatore... ma Catterina, quando le avesse
-condotto la svelta capretta, come gli sorriderebbe!
-</p>
-
-<p>
-Scivolò al fondo, s'inerpicò — dopo dieci
-prove — sino all'orlo opposto del burrato, e
-di là, fra le scabre roccie imberciando con
-mano ed occhio sicuri la preda, scoccò il colpo.
-La palla sibilò acutamente — tutti gli echi si
-destarono — quando il fumo si diradò, vide la
-<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span>
-camozza fare ancora due passi, inginocchiarsi
-e cadere spirante presso il lattante... Povera ed
-innocente bestiuola! Ma che non vale un sorriso
-di Catterina?
-</p>
-
-<p>
-Il lattante smarrito trillava di dolore senza
-fuggire, sicchè Pippo potè di leggieri impadronirsene.
-Catterina lo accettò con festa, gli
-cinse il collo d'una rossa collana a cui penzolava
-uno squillante campanello, e lo diede ad
-allattare ad una capra. Ella stessa lo conduceva
-ai pascoli della Frua, tutta lieta di vederlo sì
-gaiamente saltellare.
-</p>
-
-<p>
-Da qualche tempo Pippo non s'avventurava
-più alla perigliosa caccia dei camosci: ritornava
-dai monti carico di pietruzze, delle quali alcune
-bianche come il latte, altre porporine come
-le labbra di Catterina, altre screziate d'oro. La
-cera raggiava di speranza e d'amore. Gli era
-apparso il genio delle Alpi e gli aveva indicato
-una caverna in cui stava nascosto un ricco tesoro
-di preziosi metalli e di rarissime perle.
-Il pavimento era tutt'oro — le pareti a colonne
-di malachite, smeraldo e lapislazzuli — il vôlto
-stellato di rubini e di granati.
-</p>
-
-<p>
-Da quel dì la ruggine cominciò a serpeggiare
-in arabeschi sulla canna della carabina dimenticata
-in un canto della casa, ed i ragni a tessere
-le loro tele polverose sull'acciarino.
-</p>
-
-<p>
-In quella un congiunto gli scrisse da Roma
-non indugiasse a partire a quella volta, gli affari
-procedere con meravigliosa fortuna; avrebbero
-diviso come le fatiche i frutti. Pippo sorrise
-alle esortazioni degli amici e partì in sua
-vece un altro.
-</p>
-
-<p>
-Egli vendette la fidata carabina e s'avviò all'Anzasca.
-<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span>
-Poco tempo appresso ritornava con
-alcuni di quei valligiani che saggiano e conoscono
-la virtù d'ogni pietra.
-</p>
-
-<p>
-La domane — appena s'inalbava l'orizzonte —
-con cinque altri giovani robusti, muniti di
-vanghe e di acute marre, tutta la frotta, Pippo
-in testa, s'incamminò spedita verso il Griesberg;
-a Bettelmatt penetrò nel deserto androne del
-Gemmsland, e, accesi branchi di pino, entrò
-nel tenebroso speco. Appena la luce delle torcie
-resinose arrossò la bocca dell'antro, un urlo
-spaventevole gelò il sangue e la parola ai compagni
-— ed un lupo si slanciò rabbioso fuori
-di quelle tane — ma Pippo non aveva più la
-carabina, ed il lupo fuggì ratto. Triste presagio!
-Pippo ed i suoi amici scavavano con ardore e
-trasportavano al sole un mucchio di pietre, ed
-i minieratori le esaminavano attentamente una
-dopo l'altra. A mezzo il giorno questi ultimi
-dissero ad alta voce: non v'ha qui indizio d'oro
-nè di granati. Pippo impallidì! I compagni pietosi
-lavorarono fino a sera, secondando la febbrile
-ansietà dell'amico. Venne la sera senza
-che nulla si fosse scoperto; le pietre scavate
-con tanta fatica e tanta speranza non avevano
-valore di sorta. Pippo stava tuttavia lavorando
-quando i tizzoni si spensero. Nessuno osava
-far motto. Oscurata la spelonca, Pippo si coricò
-estenuato sulla soglia di quell'antro malaugurato,
-gemendo; bagnava la polvere col sudore
-che gli gocciava dalla fronte; ma non una lagrima
-sola. Chiamatolo invano, i compagni coi minieratori
-discesero prima della notte nella valle.
-</p>
-
-<p>
-Chi non avrebbe detto Pippo morto? —
-Dormiva?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span>
-</p>
-
-<p>
-Questo è certo che quand'egli fu solo gli
-apparve Catterina assisa a banchetto di nozze,
-su cui stava fumante la sua bella camozza. Sollevò
-il capo dal duro origliere, e smarrito discese
-fra le tenebre d'altipiano in altipiano. Di
-quando in quando una voce soffocata, disperata
-— o Catterina! Catterina! — ululava per quelle
-callaie dirupinate.
-</p>
-
-<p>
-Intanto un uragano precipitava dalle diacciale
-del Griesberg, ove le streghe menavano ridda
-al bagliore dei lampi ed assordava coll'orrendo
-frastuono il misero che s'aggirava in quei valloni.
-I lupi, turbati nei covili, scorrevano pei
-greppi cogli occhi di carbone, urlando attorno
-a Pippo, mentre le aquile ed i corvi turbinandogli
-sul capo, lo stordivano colle strida minacciose.
-Ma Pippo scendea sempre. Sdrucciolava
-sull'erba, sui macigni; cadeva nelle rabbiose
-fumane; ma discendeva sempre.
-</p>
-
-<p>
-Certamente l'anima della madre lo guidava.
-</p>
-
-<p>
-Quando l'aurora si raffresca nei vapori della
-Toce, egli grondante acqua da tutta la persona,
-coi capelli pioventi lungo le guancie livide, gli
-occhi stralunati, le mani peste e lacere, i piedi
-sanguinosi, giunse all'altipiano di Uberaufderfrutt
-da cui s'inabissa il fiume.
-</p>
-
-<p>
-Il cielo si rasserenava, ed i monti si spogliavano
-delle loro clamidi fumanti.
-</p>
-
-<p>
-Pippo, giunto sul ciglione della cascata, stava
-per discendere, quando — oh! come lampeggiarono
-di gioia i suoi occhi! — vide nel sottoposto
-piano la Catterina, che guidava al pascolo
-la diletta camozza. Pippo fuori di sè gridò:
-Catterina! — Stese le braccia e si slanciò verso
-l'amata. Ahi!... la rupe si sprofonda — Pippo,
-<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span>
-stretto nelle gelide braccia della cascata, sobbissa
-— rimbalza sui tre scaglioni — colora
-un istante del suo sangue la roccia omicida —
-e sdrucciola ai piedi di Catterina.
-</p>
-
-<p>
-La piccola camozza leccò il sangue che sgorgava
-a rivi dal corpo frantumato di chi le aveva
-ammazzato la madre, quindi fuggì alle libere
-aure del Gigeln.
-</p>
-
-<p>
-Ecco perchè ogni mattino, allo spuntare dell'aurora,
-la cascata si arrossa, e si sente dalle
-roccie superiori il trillo d'un camoscio.
-</p>
-
-<p>
-E Catterina?
-</p>
-
-<p>
-Credete voi che ella d'allora in poi sorridesse
-tuttavia?
-</p>
-
-<p>
-Così ha fine la leggenda della Frua.
-</p>
-
-<h3 id="parte3-3">III.
-<span class="smaller"><i>Altipiani di Kerback, Valtoccia,
-Morasck e Bettelmatt.</i></span></h3>
-
-<p>
-Dall'altipiano di Uberaufderfrutt, ove all'ombra
-del portico della cappelletta sull'orlo della
-cascata udiva la pietosa leggenda della Frua,
-in meno di mezz'ora giunsi al vallone di Kerbach
-attorniato da alte vette, delle quali la
-parte meridiana che si protende fino al vicino
-anfiteatro di Morasch, è tutta lieta di zolle e
-di fiori. L'aere risonava di monotone cantilene
-d'amore; erano falciatori che sulle sdrucciolevoli
-chine del Thalli fornivano il loro lavoro colla
-sicurezza de' contadini pianigiani. Le eccellenti
-disposizioni ad imitare gli eroi d'Omero, che
-ad ogni fermata facevano un pasto proporzionato
-<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span>
-alla grandezza delle loro imprese, mi fecero
-accettare di buon animo la refezione, che
-m'offriva l'ospitalità d'un vecchio ed onesto
-alpigiano. Quindi, poichè il sole già intiepidiva
-le freschissime aure, per un sentiero che già
-fu strada mulattiera selciata, ci arrampicammo
-per una buon'ora per la faticosa erta, e fummo
-alle bocche della Valtoccia, vasto altipiano tutto
-ricinto di picchi petrosi, mentre il suolo appiedi
-delle immense ciottolaie verdeggia qua e
-là di sapidissimi pascoli. Ma come melanconica
-è questa suprema convalle! I canti pastorali, il
-tintinnio delle collane degli armenti, il loro
-muggire, tutto pare un doloroso lamento. L'orida
-retta del Kastelhorn e le mute falde del
-picco del Nufenen-Stok spandono sul resto del
-quadro la tristezza del loro aspetto. Il laghetto
-di Castello rabbrividisce all'aspetto del Kastel
-che vi si specchia; il ruscello, che ne sgorga
-guizza tacito fra i massi, quasi pauroso non
-dinoccoli di lassù un macigno a riempire la
-limpida conca della sua sorgente. Il ruscello
-forma più in là il bacino del Pesce, ove le
-trote non osano amoreggiare che nel profondo.
-</p>
-
-<p>
-La Toce ne nasce con poca festa. Le sponde
-dei due nappi e del torrente sono sabbiose,
-nude: l'ombra del Kastel fece inaridire l'erba.
-Anche le mandrie rifuggono in là.
-</p>
-
-<p>
-In mezzo all'altipiano serpeggia il sentiero
-che pel passo confine (Auf der Mark) conduce
-alle radici della Val Bedretto, alla vetta del S.
-Gottardo, agevolmente in una giornata di cammino
-dai casolari di Formazza.
-</p>
-
-<p>
-Un mandriano, tutt'occhi e boccacce dalla
-meraviglia di vedere lassù un cotale che nè
-<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span>
-comprava, nè vendeva bovine e formaggi, mi
-disse che i Bedrettesi quando vogliono recarsi
-nel Vallese, invece di scendere dalla Valtoccia
-a Kerbach, e di laggiù per Morask e Bettelmatt
-varcare il Griesberg, usano per un sentiero
-difficile passare al di là del Nufenen-Stok e
-scendere così nell'Egina evitando il lungo giro.
-</p>
-
-<p>
-Intanto il cielo s'era coperto di nuvoloni fitti,
-lampeggianti, e mentre m'aggirava per quelle
-solitudini malinconiose, mi colse senz'alcuna
-difesa un acquazzone, che mi cacciò giù fino
-al casale di Kerback più in fretta che io non
-avrei voluto, molle, inzuppato fino alle ossa,
-fra le saette ed i tuoni, come già Mosè dal Sinai,
-colla differenza che io invece di trovare
-gli alpigiani in ridda attorno al vitello d'oro,
-li vidi raccolti attorno ad un bel fuoco tutti
-intenti chi a mondare castagne, chi a sbattere
-la crema, e tutti ad ascoltare le frottole d'un
-cacciatore, che all'appressarsi del nembo avea
-frettolosamente deserto l'agguato per ripararsi
-sotto quel tetto.
-</p>
-
-<p>
-Riazzurratosi l'orizzonte, lasciai Kerback e
-salii in mezz'ora a Morask, l'alpe più popoloso
-di tutta la val Formazza.
-</p>
-
-<p>
-Morask è meno ricco di pascoli di Kerback,
-ma è più lieto per più vasta zona di cielo. La
-giogaia asprissima che rinserra l'anfiteatro verso
-il meriggio, colle cuspidi eccelse del Zumstok
-e dell'Himmelberg, può dirsi una parete di un
-solo macigno. Qua e là il diacciaio del Gries
-che si stende dietro a quelle vette, lascia
-cadere un lembo del suo lenzuolo sfavillante
-nella valle.
-</p>
-
-<p>
-Prima della notte m'inerpicai ancora sulle
-<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span>
-erbose pendici del Thalli, e vidi smaglianti all'ultimo
-raggio del sole le nevi eterne che smaltano
-le nere orribili creste del Kastel, a levante,
-che voi dite inaccessibili e che vi fanno
-rabbrividire al pensiero di trovarvi sull'orlo
-del precipizio che si profonda giù fino alla radice
-del monte, mentre in quest'istante forse
-un ardimentoso cacciatore di camosci sta sul
-cigliare dell'abisso, fra la vita e la morte,
-spinto lassù dalla sua passione.
-</p>
-
-<p>
-Ma la notte già scolora ogni cosa: scendiamo.
-</p>
-
-<h3 id="parte3-4">IV.
-<span class="smaller"><i>Ascensione del Gries — Diacciai —
-Le Alpi parlano.</i></span></h3>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Entrai per lo cammino alto e silvestro.</b></p>
-<p class="i14"> <i>Dante</i>.</p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-Partii da Morask pel Griesberg. Il sentiero
-addentratosi in una gola ove per poco le falde
-dei monti non si combaciano, orma sopra la
-neve ad una florida prateria, e di là, costeggiando
-per la ripida salita il torrente che gorgoglia
-nelle crepature della rupe erbosa, guida
-al valloncello di Bettelmatt, famoso pei cacii
-che fornisce l'Alpe Anderlin. Prima di giungervi,
-voi valicate un breve contrafforte che
-chiude anche da questa parte l'altipiano, mentre
-il torrente sbattuto di sasso in sasso in
-<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span>
-bianca spuma s'interra nella forra che a furia
-di pazienza e di secoli ha scavato attraverso al
-muro: badate veh! di non sdrucciolarvi dal sentiero;
-chi vi trarrebbe di là ai casali della
-valle? Il torrente solo.
-</p>
-
-<p>
-Eccoci alle cascine. Esse stanno addossate ai
-frantumi che ingombrano il passo nell'angusta
-bocca della scabrosa valletta del Gemmsland,
-in cui l'ombra eterna e i massi paurosi e il
-deserto d'ogni vita incutono orrore. La chiude
-in fondo il Siedel (3218 m.), dalla vetta del
-quale fra spaventose diacciaie or piane, or gonfie
-come onda marina, or rotte a bizzarre colonne
-d'ogni architettura, vedesi sorgere solitario
-il picco del Blinnenhorn (3552 m.) l'altissimo
-dei monti che s'estollono attorno alla
-nostra valle.
-</p>
-
-<p>
-Mi riposai presso il letto del Griesbach, dall'onde
-biancheggianti, dai ciotoli tersissimi,
-screziati a mille colori, e trovai fra le ghiaie
-l'<i>asbesto</i> bianco che i montanari dicono sughero
-alpestre. Al di là del torrente, nella prateria
-un numeroso armento di bovine agitava pascolando
-i sonagli delle collane. Alcuno di quegli
-animali s'avvicinava a noi pauroso, e dopo
-averci a lungo guardato con occhio stupito per
-le foggie disusate, ricorreva in mezzo agli altri
-di gran galoppo. È incredibile il piacere che
-produce il tintinnìo dei campanelli, il muggire,
-lo scorazzare festoso delle giovenche e dei vitelli
-che con piede sicuro dichinano rapidissimamente
-per le pendici; in questi animali
-pascolati liberamente all'aria, giorno e notte,
-senza impacci di catene e di guinzagli, scorgi
-una sveltezza di moti che non trovi in quelli
-del piano, lenti e taciturni.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma già il sole dardeggia; su ancora, un'ora,
-la più faticosa, e ti riposerai sulle sponde dei
-due laghetti da giardino, da cui zampilla il
-Griesbach.
-</p>
-
-<p>
-Pervenni sulla cima dell'erta trafelato ed ansante
-per la soverchia fretta con cui la brama
-di toccare la desiderata fronte dell'Alpe m'aveva
-spinto per l'erta. Con animo palpitante, varcata
-l'ampia murena, che con mirabile vicenda le
-diacciale ingoiano e rigettano, mi trovai sul
-lembo dell'eterno diacciaio che dorme su quelle
-vette supreme, dal Gries allo Stafelclogberg,
-abbracciando così dalla destra pressochè tutta
-la valle di Formazza.
-</p>
-
-<p>
-Eccomi sopra di esso. — Sento sotto di me
-— novissimo senso — un cupo rumoreggiare,
-— fiumi forse che cascano echeggiando dalle
-caverne nelle viscere del monte — forse, come
-la tradizione paesana, sono le anime dei defunti
-che cantano preci di remissione. Lunghi, diritti,
-immensi crepacci stagliano tutta la gigantesca
-massa — dove appena visibili, dove a bocca
-aperta come mostri.
-</p>
-
-<p>
-In questi crepacci, da cui il piede rifugge
-istintivamente, dormono laggiù negli antri sonori,
-da dodici anni, due giovani francesi. Io
-guardo in giù, nell'azzurra abisso senza fondo,
-e pavento di sentire che gli infelici vi sdrucciolarono,
-o vi furono spinti dalla bufera — non
-morti e che laggiù, feriti, col martoro di
-un'agonia che li sorprende esuberanti di vita,
-senza speranza di sfuggire alla loro sorte inevitabile,
-dolorosa, senza conforto alcuno d'affetti
-umani o divini, imprecano al fato, o rassegnati
-aspettano di agghiadare fra le braccia della morte,
-richiamando alla memoria le immagini dei cari...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span>
-</p>
-
-<p>
-Forse i Francesi s'erano avvicinati al Faul,
-nero fantasima che sorge nel mezzo della diacciaia,
-ove dessa pare ondeggi come i fiotti marini.
-Forse venendo in Italia, non s'erano attenuti
-alla loro sinistra, verso la murena, ove
-i fessi sono meno frequenti e meno spaziosi —
-forse da animosi perlustratori s'erano addentrati,
-verso il Ritzenhörner, in quella vasta e
-terribile solitudine, su cui torreggia il Blinnen
-— forse avviluppati dalla bufera avevano dimenticato
-un momento di tastare coll'inseparabile
-<i>alpenstok</i> se mai sotto il mobile strato della
-neve non si sprofondava un crepaccio.....
-</p>
-
-<p>
-L'Alpe tenta come il mare l'audace — ma
-spesso l'uno e l'altro, dopo avergli rivelato i
-misteri più stupendi, ingoia gelosamente il sedotto.
-L'uno e l'altro ti sfidano col loro fascino:
-se tu vinci una volta impune, pensa che essi
-possono vendicarsi atrocemente.
-</p>
-
-<p>
-Ambidue toccano il cielo. Ambidue cantano
-sì altamente la grandezza della natura che la
-tua piccolezza ne rimane subitamente atterrita.
-</p>
-
-<p>
-Dopo questo senso istintivo, tu osservi e le
-une e l'altro con desiderio. In breve mille attrazioni
-sorgono ad innamorarti di loro: da quell'istante
-non sono più due mostri, li ami e ti
-amano. Se loro sei fedele amico, ti riveleranno
-la meravigliosa armonia che li unisce al resto
-del mondo, la bellezza del loro essere e la grande
-generosità con cui spargono dovunque la vita.
-</p>
-
-<p>
-I diacciai dall'orrenda solitudine ti diranno
-che sotto la larva della morte alimentano la vita,
-i fiumi che fecondano le riarse pianure. La bufera
-stessa che schianta l'annoso pino come il
-tenero lichene, ti dirà colle mille voci come
-<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span>
-da queste supreme convalli ventando, fuga l'aria
-corrotta e sparge la salute. Così la tempesta
-marina. Mille naufraghi disperati ti fanno imprecare
-ad essa. Ma la morte è la vita: sono
-indivisibili, necessarie sorelle.
-</p>
-
-<p>
-Nè meno mirabili ti saranno per amore le
-foreste e gli intangibili pizzi nembosi.
-</p>
-
-<p>
-Affidati ad un legno sull'incerta superficie
-del mare, sali sui vertici alpini, e sentirai come
-necessità l'amore, come bella la libertà — sentirai
-come se ti battesse in petto cuore di
-poeta.
-</p>
-
-<p>
-Come l'anima, l'alpe ed il mare ti saneranno
-il corpo. Se la tua mente paralitica non si scote,
-se il tuo corpo non riacquista elasticità e vigore
-— tu sei già due volte morto.
-</p>
-
-<p>
-Dal cucuzzolo del Gries, a cui salii di qui in
-mezz'ora, scorgesi assai meglio il sottostante
-diacciaio, e meglio soprattutto lo stupendo panorama
-delle Alpi Vallesane e Bernesi, che compensa
-largamente della fatica della giornata. Il
-Grimsel, la Jungfrau, il Fisteraarhorn, lo Stokhorn
-ed altre celebrissime Alpi s'estollono al
-dissopra della verde cortina che separa dall'Oberland
-il Vallese; mentre a destra il Rothental,
-il Nufenenstock, il Kuliboden, ed a sinistra il
-Faul ed il Gemmsland pare sorgano a conversare
-con quelle fiere torri elvetiche.
-</p>
-
-<p>
-Disceso il cono del Gries, ecco a mezzo il
-diacciaio, venire verso di me a lunghi passi
-una strana apparizione. La doveva essere un
-cacciatore fanatico che s'avventurava soletto fra
-le solitudini alpine, col capo difeso da uno sdruscito
-cappellaccio a tre acque, le ossute gambe
-infilate e diguazzanti in un paio di brache spelate,
-<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span>
-le uose fino al ginocchio, due scarpaccie
-a mo' di barca da fare il giro del mondo, mare
-e terra, un grosso zaino alle spalle, la lunga
-carabina ad armacollo e il bastone ferrato nelle
-mani.
-</p>
-
-<p>
-L'abito di prete cozzava a vista sì duramente
-colle venatorie munizioni sotto cui sudava
-il poveretto, che al vederlo colla lunga e
-sparuta persona arrampicarsi brancicando per
-l'erta, gli era la più risibile cosa del mondo.
-</p>
-
-<p>
-Eppure il reverendo Blummenkranz era stimabile
-persona. I compaesani non lo dicevano
-<i>liberale</i>, nel senso popolare, — benchè fosse
-largo di cuore e di mano — perchè non frequentava
-le bettole; ma assicuravano, che, venuta
-la stagione delle foglie, il suo cervello ne
-andasse tanto in visibilio da farneticare. Dopo
-la prima neve rientrava in se stesso. Le stramberie
-della sua religione per la natura gli erano
-perdonate in grazia del fervore con cui
-pregava Iddio a non dimenticare le messi dei
-campi, i fiorellini delle praterie e le pinete.
-Don Blummenkranz nato in Germania era stato
-altra volta un abate del bel mondo. A Berna e
-a Ginevra non sono affatto spariti i ricordi delle
-sue dissertazioni sulla necessità dell'amore.
-</p>
-
-<p>
-La sua figura — innegabilmente ridicola —
-pareva una vivente confutazione delle sue parole.
-Disingannato dagli uomini, senz'odiarli,
-intese tutte le forze dell'anima nell'amore della
-natura dalla quale otteneva rivelazioni sconosciute
-e voluttà arcane.
-</p>
-
-<p>
-— Tutto parla, diceva Blummenkranz, ed io
-finirò per comprendere la meravigliosa espressione
-delle cose.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span>
-</p>
-
-<p>
-Forse aveva amato una donna — ma qual
-donna avrebbe avuto compassione di un essere
-così strano?
-</p>
-
-<p>
-Malgrado i profondi studi naturali, egli dovette
-provare che la cosmologia non era che
-un intoppo per la carriera ecclesiastica. Da chierico
-fatto cappellano, e punto a capo.
-</p>
-
-<p>
-<i>Contentus parvo</i>, egli non si crucciava di
-nulla. La natura lo compensava largamente dell'irrisione
-degli uomini. Secondo Blummenkranz,
-un uccello parlava più chiaramente d'un avvocato;
-gli amori delle piante non erano una finzione
-imaginosa, ma una storia. Credeva — senza
-oltraggio alla religione — agli spiriti che popolano
-l'aria, l'acqua e le case, ed era in stretta
-famigliarità coi genii delle Alpi. Conosceva le
-cause per cui i pizzi erano stati battezzati con
-una parola anzichè con un'altra, quindi infinite
-leggende. Siccome non aveva mai posto piede
-oltre la Svizzera, si meravigliava alla descrizione
-delle vaste pianure, ed inorridiva al pensare,
-che vi potesse essere una radura così
-sconfinata da non scorgere un monte e che un
-uomo potesse vivere senza amare le Alpi.
-</p>
-
-<p>
-Di lassù, appaiatosi meco, in tre ore discendemmo
-nella valle Egina nel cantone Vallese,
-alle sponde del Rodano spumante, donde io
-contava di recarmi al vicino Obergestelen sulla
-via al Grimsel. Il varco del Gries, dal centro
-dell'alta Italia, è la via più breve al Bernese.
-</p>
-
-<p>
-Lasciato D. Blummenkranz, m'avvio alla volta
-della mia meta. Se non che io faceva i conti senza
-il temporale, che in pochi minuti, abbuiato
-l'orizzonte angusto, si rovesciava nella valle.
-Alle prime goccie ritornai frettolosamente sui
-<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span>
-passi miei, e ormai stanco dal lungo cammino,
-bussai ad una capanna presso una chiesuola,
-invocando ospitalità per amore di Dio e delle
-poche mie monete.
-</p>
-
-<p>
-La porta della capanna venne aperta, ed una
-pertica, voglio dire il reverendo Blummenkranz
-inchinandosi, m'offrì cordialmente il tetto ed
-il desco. Lo credereste? Fu quella una delle
-più belle sere delle mie peregrinazioni. La cena
-parchissima, forse insufficiente, ma l'anfitrione
-era sì curioso nel novellare! Compresi che il
-romito era miglior cultore dei piaceri dell'immaginazione
-che non della caccia. Perchè adunque
-la carabina? Perchè, mentre tutti tenevano
-per ragionevolissima cosa l'arrischiare la vita
-nella caccia, nessuno certamente avrebbe compresa
-e rispettata la passione entusiastica del
-povero cappellano.
-</p>
-
-<p>
-Accomiatandomi, il reverendo Blummenkranz
-mi pose nelle mani un foglio, dicendo: Serbatelo
-per memoria mia. — Risalendo, due giorni
-dopo la mia gita a Meyringen, allo Stauback,
-l'Eginenthal, lessi in fronte alla carta donatami:
-</p>
-
-<p class="center">
-LE MONTAGNE PARLANO.
-</p>
-
-<p>
-Giunto oltre la diacciaia del Gries, sedutomi
-sul cigliare della balza imminente a Bettelmatt,
-mi riposai, leggendo quanto segue:
-</p>
-
-<p class="center">
-«LE MONTAGNE PARLANO.
-</p>
-
-<p>
-«— Su, Blummenkranz, quest'oggi salirai
-sulle Alpi, le vere Alpi, le Alpi che mi dividono
-dall'Italia — il paese di cui non ho pronunciato
-<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span>
-una volta il nome senza sussulto. Quest'oggi
-sono felice — me ne rallegro cordialmente.
-</p>
-
-<p>
-Di lassù spingerò lo sguardo nelle sue valli,
-ove sole e terra vanno d'accordo nel fecondare
-e nel crescere — ove, senza dubbio, i fiori
-sono più coloriti e le frutta più gustose.
-</p>
-
-<p>
-Chi sa se non sentirò quell'aria piena di vita
-e d'armonie che suona sì melodiosa scossa dalle
-vibranti cetre dei suoi poeti?
-</p>
-
-<p>
-Forse i miei occhi vedranno poco — ma la
-mia anima? Dirò: conosco anch'io <i>la terra ove
-fioriscono gli aranci</i>!
-</p>
-
-<p>
-Pervenuto al vertice, m'inginocchiai riverente
-per salutare quel paese che amo senza conoscere,
-e con tutte le facoltà dell'animo mio, dissi:
-</p>
-
-<p>
-«T'amo, perchè io so da lunga pezza che
-noi abbiamo saldato ogni partita per l'antica
-ruggine coi Romani; perchè comprendo che se
-tu non vieni a noi col perdono sulle labbra,
-gli è che le ferite non sono ancora rimarginate
-— t'amo e mi auguro di vedere la mia patria
-stretta con fratellevoli nodi a te, che tutti i
-nostri bardi cantarono con esultanza, e che la
-sola tirannìa ed i suoi odii feroci ne hanno fatto
-sprezzare e combattere come maledetta.»
-</p>
-
-<p>
-Profondo silenzio regnava attorno. Sospeso
-fra terra e cielo, quella m'incantava, questo mi
-rapiva....... Le fronti delle Alpi corruscavano; i
-loro manti erano agitati; il cervello del Griesberg
-su cui posava era palpitante: dal rododendro
-esalavano inebbrianti profumi; in ampi circoli
-le aquile si libravano nell'aria; i tordi montani
-cominciavano a cinguettare misteriose note di
-amore, mentre il vento susurrava i pastorali
-accenti del <i>ranz des-vaches</i>... Era allucinato?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le nebbie, in cui i monti si avvolgevano, sfumarono;
-la luce innondò da capo a piedi quei
-giganti che s'avanzavano, oh meraviglia! da
-ogni parte attorno al Griesberg, come a parlamento
-— forse per ingannare la noia secolare.
-</p>
-
-<p>
-— Dunque noi che ardimmo scalare il cielo
-saremo turbati nella pace del nostro sepolcro
-da questi embrioni superbi?
-</p>
-
-<p>
-— O Grimsel, le parole che tu soffi, eruttando
-fumo e faville per lo sdegno della tua
-maestà conculcata, trovano nella mia anima una
-clamorosa eco. Sì, non vogliamo essere manomessi
-dall'uomo, o per la morte come i Diablerets
-mi sfascierò sopra di esso!
-</p>
-
-<p>
-— Meglio così, caro Firsteraarhorn, disse arrossando
-la Jungfrau pudica, che io non vedrei
-più questi nani insolenti arrampicarsi sul mio
-petto per baciare quella fronte che la sola bufera
-aveva per tanti secoli tôcca. O meglio un
-fulmine mi scaraventasse giù nelle valli, che
-gl'inverecondi baci di questi uccelli spennati!...
-Ahi! dove il mio verginal candore?
-</p>
-
-<p>
-Un'orrenda voce di scherno tuonò:
-</p>
-
-<p>
-— Gran cosa in verità! Quanto volonteroso
-io non mi torrei i baci, di cui fai sì grande
-scalpore, quando tu volessi scambiarli coll'atroce
-ferita, che mi aprono nel bel mezzo del
-corpo... A me che pure tanto li amai da nascondere
-la face che alta portava sul capo; ma
-guai a loro se io riapro il varco al torrente di
-fuoco, che m'arde e rugge in petto!
-</p>
-
-<p>
-— Infelice <i>Cenisio</i>, che sarebbe degli sciagurati
-senza di noi? Chi loro feconderebbe la
-terra coi fiumi e temprerebbe l'aria coi venti?
-</p>
-
-<p>
-La <i>Rocciamelone</i> chiese la parola per la <i>Rosa</i>
-immacolata.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Immacolata! mormorò ironicamente la <i>Jungfrau</i>.....
-e Saussure, e Vincent, e Zumstein, e il
-prete Gnifetti li conta per nulla?
-</p>
-
-<p>
-— Facciamo osservare alla maligna <i>Jungfrau</i>
-che non tutte le cinque foglie vennero tocche.
-</p>
-
-<p>
-— Cessate, rituonò il <i>Bianco</i>, la ridicola questione.
-I Romani ci rispettarono con religiosa
-temenza, e questi vanerelli d'un secolo impertinente
-osano contaminarci le candide stole!
-Ma a che ragunammo questo onorando consesso?
-Per lagnarci delle clamidi insudiciate? Vi cruccia
-lieve offesa quando vedete in noi bollire
-una fiera passione? Se non vi talenta sentirvi
-prudere le membra da quest'insetti, inghiottiteli
-nelle pieghe de' vostri manti. Mi lagno
-forse io? La sventura del Cenisio è sventura
-che a noi tutti sovrasta. L'umana famiglia minaccia
-di ridersi di noi, di attraversarci in ogni
-guisa sotto mille pretesti. Confortiamo il Cenisio,
-e troviamo modo d'impedire tanta ingiuria.
-</p>
-
-<p>
-Il <i>Bianco</i> stese una mano al <i>Cenisio</i> — a cui
-mancavano per conforto anche le salmodie della
-Novalesa; — commosso dalla regale degnazione,
-svenne in braccio all'Iserano. Lo <i>Stock</i> corse
-lesto in suo soccorso. Alle lamentevoli grida
-del vegliardo, alle parole del <i>Bianco</i> erano accorse
-attorno attorno quant'Alpi regnano dal
-Simmering al Tenda.
-</p>
-
-<p>
-Aperto il parlamento dal monte <i>Bianco</i>, considerato
-il caso esposto — per un fatto personale
-— dallo stesso Cenisio, parlarono uno dopo
-l'altro e sovente anche due o tre alla volta —
-tacevano da tanto tempo!
-</p>
-
-<p>
-Il <i>Cenisio</i> propose di sloggiare dall'Italia, terra
-<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span>
-ingrata per eccellenza alle Alpi; il <i>Cervino</i>, ponderato
-l'irresistibile amore al paese, propose di
-congiungersi tutte in sì orrenda maniera che
-nessun passo si aprisse. Un viva — a gran maggioranza
-— accolse il singolare progetto. Senonchè
-al punto di passare allo scrutinio, il
-<i>Viso</i> chiese la parola con voce, che fu sentita
-quasi nota fuori di chiave.
-</p>
-
-<p>
-Il <i>Viso</i> — siede a sinistra — educato a metà
-in Francia, tutto pieno d'idee cosmopolitiche e
-fors'anco perchè nessuno gli aveva sfiorato la
-pelle, cominciò a sfoderarne delle nuovissime
-sulla bella tendenza degli uomini ad unificarsi
-— parlò dell'abolizione dei neri, dei doganieri,
-dell'emancipazione della donna e di altre cose,
-che colorando le Alpi come i più cocciuti nemici
-della fratellanza universale loro minacciano
-più che mai la sorte d'essere traforate e affettate
-— e finì con tanta eloquenza per proporre
-ognuno si togliesse in pace il suo destino in
-grazia del progresso dei tempi, con tanta eloquenza
-che i venerandi oratori, ritornati al loro
-posto, ricominciarono a russare saporitamente.
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<h3 id="parte3-5">V.
-<span class="smaller"><i>Confini della valle — Le case, il desco, l'abito,
-il commercio, l'agricoltura.</i></span></h3>
-
-<p>
-Ho fatto una visita a Zumsteg, al <i>palazzo municipale</i>,
-antica casipola murata or fanno circa
-tre secoli lungo la Toce. Il fiume batte con
-impeto sulle fondamenta e le mura tremano
-<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span>
-screpolandosi. Al pian terreno s'apre verso la
-strada un'ampia finestra sbarrata da solida inferriata
-— è la finestra del carcere. Da essa lo
-sguardo corre ogni angolo della prigione, sicchè
-era ad una carcere e berlina. Al piano superiore
-la stanza del consiglio; in un armadio
-le vecchie pergamene del comune, delle quali
-sono oltremodo gelosi.
-</p>
-
-<p>
-Notai nel mio taccuino quanto appresi dalla
-cortesia dell'onesto ospite circa le costumanze
-de' suoi conterranei. Tu, compagno mio, forse
-non avrai queste novelle in pregio come io le
-scrissi con amore; ma pazienta lo stile dimesso
-e riposa, se vorrai aver lena da potere con sicurezza
-toccare l'ardua sommità del Reti, che
-di lassù ne sfida.
-</p>
-
-<p>
-I confini della giurisdizione di questo municipio
-comprendono la terricciuola di Unterstald
-sino al ponte di Untergeschen: da esso corrono,
-al mezzodì, al Minoio-Krüpfti passando sulla
-vetta del Martel, e da quello all'Ofenhorn, da
-cui col limite dell'Italia per le diacciaie fino al
-corno del Gries. Alla sinistra della valle poi
-dal Gries pel Nufenenstok ed il Markhorn (2963
-metri) al culmine del Rizoberg segue l'orlo
-estremo del Canton Ticino; dal Rizoberg ritorna
-al ponte di Untergeschen.
-</p>
-
-<p>
-Il municipio senza reddito di sorta preleva
-le spese opportune da imposte; ciascun casale
-ha boschi e pascoli che si dividono equamente
-a beneficio d'ogni famiglia.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Entriamo nelle abitazioni. Le case sono quasi
-tutte di legno colla forma dei <i>châlets</i> svizzeri,
-ed a tre piani: quello terreno è murato e serve
-di cantina. I piani superiori sono costrutti con
-travicelle per lo più di larice foderate internamente
-con tavolati bene mastiettati e disposti
-con qualche simmetria. Il pavimento ed il soffitto,
-piuttosto basso, sono pure di legno senza
-alcuna vernice.
-</p>
-
-<p>
-Tutte le case hanno una camera più vasta
-delle altre, riscaldata — forse soverchiamente
-— da una stufa di pietra, nella quale accendono
-grande quantità di legna, e ciò da una parete
-interna di pietra che contiene pure il camino
-della cucina. Tutte le stanze sono tappezzate
-d'immagini sacre o di statuette in cera trasportate
-da Roma e dal santuario di Einsiedelen in
-Isvizzera, dove si recano qualche volta in pellegrinaggio.
-Una cosa curiosa si è che hanno
-sì indicibile amore degli orologi a pendolo da
-averne anche tre nella stessa <i>stufa</i>: notate che
-quasi tutti hanno poi ancora nelle tasche un
-orologio d'argento.
-</p>
-
-<p>
-Un Formazzese, nel tepore della sua stufa con
-un po' di patate e di carne salata se ne ride
-della neve e del lungo inverno, e dice di stare
-meglio di un re — costituzionale.
-</p>
-
-<p>
-Ignoro perchè gli usci abbiano l'architrave
-tanto basso, che ad ogni uomo di mediocre
-statura conviene inchinarsi per entrare nelle
-case e per passare dall'una all'altra camera;
-forse questa stranezza ha lo scopo di mantenere
-<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span>
-costante l'uso del saluto di chi entra. I Romani
-scolpivano sulla loro soglia il motto che diceva
-benvenuto al visitatore, squisita cortesia, che
-i tempi s'involarono con tant'altre; i Formazzesi
-paiono invece più gelosi del rispetto dovuto
-al padrone della casa che non di quello
-all'ospite.
-</p>
-
-<p>
-Le finestre meritano una breve descrizione.
-Esse sono composte di tre telai rettangolari
-separati l'uno dall'altro da un travicello verticale
-a sostegno della parete superiore; ogni
-telaio è diviso in due sorta di vetri da una
-linea di legno orizzontale; i superiori sono fissi
-con piombo filato e per lo più esagoni, gli inferiori,
-più grandi, rettangolari ed incorniciati,
-scorrono o da una parte o dall'altra nella mastiettatura
-del telaio; ne viene perciò può sporgere
-al di fuori altro che il capo; per lo più
-i vetri inferiori sono diacciati, o, volgarmente,
-fatti a mandorle per nascondere ai vicini le
-proprie faccende senza diminuire la luce.
-</p>
-
-<p>
-Le stalle, le cantine sono senza finestre; nel
-trebbiale superiore si coreggia la segale.
-</p>
-
-<p>
-Se da una parte queste abitazioni sono asciutte,
-sane e comode, la quantità di legnami onde
-sono costrutte presenta mille pericoli d'incendio,
-tanto più da temersi per i venti e per
-la mancanza assoluta d'ogni istrumento atto a
-spegnerli. Morasck, pochi anni sono, ardeva interamente.
-</p>
-
-<p>
-Il Formazzese, come gli Alpigiani in genere,
-si nutre di patate, di carne salata, e beve vino
-ed acquavite. Sono golosi di caffè. Anticamente
-non si faceva il pane che al fine di novembre
-per tutto l'anno; ora suole farsi almeno due
-o tre volte all'anno.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ho visto più d'una volta la famiglia d'un
-agiato Formazzese assidersi senza distinzione
-fra il capo ed il servo ad una pulita tavola di
-acero, in mezzo della quale stava un gran
-piatto, in cui tutti pescavano colla forchetta o
-col cucchiaio; antichi costumi che i Formazzesi
-conservarono gelosamente sino al giorno d'oggi.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Ora i calzoni lunghi, la casacca di frustagno
-o di panno e il cappello di feltro hanno dato
-il cambio alle lunghe calze bianche trapunte,
-alle brache, al panciotto rosso, all'abito a grandi
-tasche, nonchè al cappello a larghe tese. Nell'inverno
-le gambe per diguazzare nella neve
-coprono con uose di lana sino al dissopra del
-ginocchio; alcune cordicelle legano alla scarpa
-la falda che copre il collo del piede. Alcuni fra
-quelli che furono in Roma recano ai patrii
-monti l'uso incomodo di quel cappello cilindrico
-— che rappresenta sì bene le tendenze artistiche
-del secolo — con non poca antitesi col resto
-dell'abito.
-</p>
-
-<p>
-Le donne, che vent'anni sono coprivano il
-capo d'un pittoresco cappellino adorno di nastri,
-lo coprono ora con un fazzoletto rosso
-annodato alla nuca. Il seno è coperto da un
-panciottino a varii colori, dal quale spunta attorno
-al collo un pizzo. Le vesti raccorciano la
-taglia e giungono a mezza gamba: nell'inverno
-sono di panno sottilmente piegato; le braccia
-ed il dorso coprono con una giubboncella a
-lunghe maniche. Nessuno va scalzo; gli stessi
-zoccoli in legno sono poco in uso. Nei giorni
-<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span>
-festivi principalmente il loro uniforme vestire
-è notevole per pulizia.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-La fonte del benessere dei Formazzesi consiste
-negli ampii pascoli, dei quali si vantaggiano
-gli altipiani e le convalli superiori, per
-cui ben mille bovine vi traggono dalle proprie
-stalle e dall'Antigorio. Una parte di queste
-scende poi a svernare al piano. Falciano una
-volta all'anno il fieno nelle praterie meglio soleggiate,
-ed alquanta segale che non cresce
-sempre a maturità. In tutta la valle ho veduto
-un solo albero fruttifero nell'orto di una casa
-in Fracco, un povero ciliegio bramoso di sole
-e di nutrimento che intisichiva.
-</p>
-
-<p>
-Sul finire dell'estate, i Formazzesi più danarosi
-attraversano il Gries per recarsi alle
-fiere di Meyringen nell'Oberland, ove fanno
-incetta di giovenche e di vitelli che con loro
-infinito disagio conducono poi di qua dai faticosi
-gioghi del Grimsel e del Gries ai mercati
-di Domodossola, soddisfatti di un guadagno poco
-proporzionato a sette giorni di viaggio disastroso.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-I Formazzesi sono di statura piuttosto alta,
-nerboruti, agili e svelti.
-</p>
-
-<p>
-Le donne sono più notevoli per robustezza
-che per avvenenza di forme, e meglio ritraggono
-la seria impronta dell'antica patria, che
-non la gentile finezza del profilo italiano.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span>
-</p>
-
-<p>
-Quanto all'indole dei Formazzesi, sì largamente
-dotati dalla natura di saldissime membra,
-mi parve ottima. Del resto nella valle nè polizia,
-nè milizie comunali. Pochi doganieri perlustrano
-i confini nei quattro mesi della bella
-stagione.
-</p>
-
-<p>
-Le furie sanguinose della vendetta e della gelosia
-non agitano i loro cuori, in cui le passioni
-per l'indole pacata e riflessiva, pei nodi
-fratellevoli del sangue, per influsso della fede,
-e fors'anche per effetto benigno dell'aria che
-tutto volatizza, hanno meno impero che non
-avrebbero altrove.
-</p>
-
-<p>
-Ho già notato altrove che la maggior parte
-— e doveva dire la migliore — della gioventù
-maschile emigra a Roma. Avvenutomi un giorno
-in un crocchio di garzoni di recente ritornati
-da quella città, avendoli richiesti dell'arte che
-praticavano, uno d'essi risposemi: — vi eravamo
-ministri.
-</p>
-
-<p>
-Non crediate che i dabben uomini governassero
-colà il periglioso timone della pubblica cosa,
-come si crederebbe a prima vista da noi. Presso
-il popolo a Roma ministro è semplicemente il
-garzone di bottega. O ambiziosi!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Tutta la valle era anticamente una foresta,
-come lo indica lo stesso nome dei villaggi. I
-primi immigrati sterparono le foreste del piano,
-conservando a sicurezza della valle le folte boscaglie
-che vestono i monti, senza la quali in
-pochi anni l'intiera vallea sarebbe un deserto,
-<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span>
-un caos di frane, di ciottoli — forse il letto
-d'un ghiacciaio.
-</p>
-
-<p>
-Da Unterstalden alla Frua (1885 m.), oltre la
-quale non trovai che tre o quattro pini nei valloni
-di Kerback e di Morasch, s'elevano veri
-Dei Penati della valle, migliaia e migliaia di pini,
-di larici e d'aceri in foltissime foreste.
-</p>
-
-<p>
-In esse il balsamico profumo della pianta
-stessa, il muschio che copre da secoli la rupe,
-la misteriosa oscurità e quell'indefinibile musica,
-che fa il più lieve susurrare di vento fra
-i rami e le foglie, ti fa sostare le ore seduto
-appiè di quegli alberi secolari, assorto, rapito.
-La più bella di queste foreste è quella che copre
-il Reti fra Touffwald e Wald. La salita è
-rapidissima. Sopra la pineta poca verzura, e
-poi le nude roccie, fra cui ultimo l'odoroso rododendro,
-il quale fiorisce spesso sul freddo
-terriccio delle diacciaie. Di quando in quando
-— troppo sovente forse — si recidono i pini
-più annosi, anche sulle difficili cornici; ed io
-me ne andai più d'una volta presso Andermatten
-a vedere le travi scuoiate tratte dai legnaiuoli
-sulle fittizie rotaie scivolare rapidissime
-dalle balze del Krayhorn al fondo della valle.
-Ammassati questi fusti in cataste lungo la
-strada, le traggono poi nell'inverno sulle slitte
-sino alla rupe di Puneigen, sulle casse e li precipitano
-da quel ciglione. La Toce conduce poi
-queste travi al Verbano. I legnaiuoli che esercitano
-questa pericolosa tratta sogliono essere
-per lo più della valle Cannobina o del Lago
-Maggiore.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Entrai in un antico abituro a Gurfelen.
-</p>
-
-<p>
-Da lungo tempo vi abitava la miseria e la malattia.
-L'infelice sdraiato nel suo lettuccio di
-paglia, mi guardò con occhio stupito, e con
-fioca voce disse:
-</p>
-
-<p>
-— Non guarirò più, sa? Ho tentato ogni rimedio.
-</p>
-
-<p>
-— Che vi disse il medico?
-</p>
-
-<p>
-Mi guardò altra volta meravigliato.
-</p>
-
-<p>
-— Medico? Noi non abbiamo medici. La visita
-d'un medico da Domodossola rovinerebbe
-la mia famiglia. Ci curiamo con decozioni di
-erbe aromatiche, con acquavite, burro e grasso
-di marmotta. Ma io ho tentato tutto invano.....
-forse mi manca qualche pianticella... l'ho già
-sognata tre volte..... ma non ne so il nome. Gli
-è come il mio male, mi sento morire e non ne
-so il nome.
-</p>
-
-<p>
-Perchè non conosco io la pianticella che tu
-sogni!
-</p>
-
-<h3 id="parte3-6">VI.
-<span class="smaller"><i>Costumanze curiose — La scolaresca.</i></span></h3>
-
-<p>
-Stamane per tempissimo che appena la cuspide
-dello Sternehorn s'indorava ai primi raggi
-del sole, ed ancora soffiava nella valle la notturna
-brezza, uscito dalla capanna per godere
-<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span>
-il sempre nuovo spettacolo dell'aurora e bagnarmi
-in quella frescura, ecco a capo del ponte
-di Wald un drappello di questi buoni montanari
-che recano a battesimo un neonato. Il padrino
-coperta la testa d'un cappello di feltro
-tutto ornato di lunghi nastri svolazzanti e la
-persona d'un lungo mantello — qualunque sia
-la stagione — porta al tempio il pargoletto per
-esservi battezzato, tenendolo nascosto sotto le
-falde del pallio: sicchè il Formazzese al primo
-uscire alla libera luce dei campi non ha le
-molli donnesche carezze, ma comincia sotto
-quei ruvidi panni ad educarsi ad una vita tutta
-laboriosa e parca.
-</p>
-
-<p>
-E di tanto mi fu cortese la sorte che mentre
-io me ne sto quassù badaluccando s'ammogliasse
-il gallo della checca del villaggio di
-Zumsteg.
-</p>
-
-<p>
-Tutti gli amici ed i vicini sono concordi a
-festeggiarne le nozze con incondite canzoni,
-con moltissimi spari d'arcobugio e di pistola,
-onde tutti gli spechi montani e valloncelli attorno
-ne echeggiano lungamente. Al partire
-della sposa dal natio casale nessuno compare
-a far evviva: un canto, un colpo di carabina sarebbe
-un insulto. Così gli sposi s'avviano coi
-pochi più stretti di sangue al tempio. Appena
-usciti, ecco loro incontro una frotta di giovani
-stranamente mascherati che li saluta con fragoroso
-tuonare delle armi. Uno di questi, coperte
-d'una sottile maglia le vive carni, malgrado
-la brezza quasi invernale del mattino,
-precede gli altri e dalle penne ond'ha ornato
-il capo appare quale Caraibo. Egli tiene spiegata
-nella destra una piccola bandiera bianca
-<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span>
-orlata di fettuccie rosse, quasi simbolo di pace
-e d'amore. A parte le antitesi dell'abito colla
-temperatura, il nostro giovinotto fa bella mostra
-di tarchiate membra e di sporgente petto,
-quale scolpiva Spartaco il Vela. Quest'altro che
-inchina sul bastone la gibbosa persona, ti rappresenta
-al vivo un vecchierello di cent'anni
-fa, coll'abito rosso, le scarpe fibbiate, il cappello
-a tre punte e lo sparato della camicia
-trinato, tutto splendente di cento bottoni che
-non hanno pari se non lo scudo d'Achille.
-</p>
-
-<p>
-Questi dalla persona sottile, dritta ed alta
-come un pino, si è travestito da donna con non
-poca ingiuria al bel sesso.
-</p>
-
-<p>
-Alto là! Ecco una cricca di furfantelli ha
-sbarrato la strada: gli sposi non oltrepasseranno
-la barriera se non distribuiscono ad ognuno
-un fazzoletto. Durante il cammino gli amici continuano
-allegramente ad assordare collo sparo
-delle armi i poveri sposi gongolanti per tanta
-festa. Al giungere al casolare dello sposo la
-strada è nuovamente barricata con una tavola
-imbandita di ciotole e di boccali: nuovi evviva:
-nuove libazioni, nuovo fragore.
-</p>
-
-<p>
-Pagato anche qui il dazio e sgombrato il passo,
-essi si recano all'abituro dello sposo, ove nella
-<i>stufa</i> li attende un desco tutto carico di caci,
-di carni salate. La sposa s'assiede a capo del
-tavolo, mentre lo sposo fa da coppiere: mesce
-ad ogni istante ai convitati, pago dei loro evviva;
-in quel giorno la sua casa è di tutti,
-chiunque ha dritto di cioncare a sua posta
-quando ha fatti voti per la felicità della sposa.
-</p>
-
-<p>
-Accade qualche volta, mi si disse da un burlone,
-che sopravvenuta la notte, lo sposo è ancora
-<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span>
-a digiuno, poichè nessuno ha pensato a
-lui ed egli solo ebbe a pensare a tutti.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Chi non si ricorda sorridendo dei primi
-tempi della scuola infantile? Allora forse il
-giorno era sovente affannoso pei rimbrotti ed
-i castighi nell'<i>ingiusto</i> maestro, per le paterne
-tirate d'orecchi, per la perdita di qualche biglia
-al classico arringo dei birilli! Ma è destino
-dell'uomo rimpiangere il passato, sprezzare il
-presente e sperare nell'avvenire. Queste ed altre
-più cose per consolarmi della perduta fanciullezza
-io pensava quando entrai fra la scolaresca
-formazzese, una quarantina di biricchini
-che mi parvero italianamente svegliati, i quali
-convengono in Zumsteg da tutti i casolari della
-valle per imparare la lingua tedesca ed italiana,
-il conteggio elementare e lo scrivere. Entrato,
-zittirono: interrogati a prova, risposero a cappello
-— ed io a rallegrarmi coll'ottimo D. Pietro
-Anderlin per la veramente alemanna perduranza
-con cui pazienta a prò del suo paese.
-In Zumsteg ed Andermatten vi sono ancora
-scuole per le bimbe, e tutte fioriscono — anche
-perchè nella valle il saper leggere e scrivere
-è cosa da lungo tempo tenuta indispensabile.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span>
-</p>
-
-<h3 id="parte3-7">VII.
-<span class="smaller"><i>Una lezione di meteorologia — Il frugnare e le
-volute — O mi date ragione, o non mi fate
-stare <span class="upright">sulle spese</span>.</i></span></h3>
-
-<p>
-Nella valle Formazza l'anno non si divide
-come altrove in quattro distinte stagioni: un
-vecchio adagio dice esservi nove mesi d'inverno
-e tre di freddo. L'inverno comincia generalmente
-coi primi giorni di novembre, benchè
-nella seconda metà di ottobre si faccia già sentire
-il gelo. Nel maggio si liquefanno le nevi,
-ed il giugno desta dappertutto la verzura. Ma
-luglio, agosto e settembre sono i tre mesi di
-questa state, nella quale non è raro alzarsi al
-mattino e vedere i declivi superiori ammantati
-d'un bianchissimo strato di neve, che poi i
-raggi solari fanno sparire in brev'ora.
-</p>
-
-<p>
-La valle essendo circondata attorno da estesi
-ghiacciai, la temperatura estiva è freschissima:
-in tutta la state il termometro Réaumur non
-segna all'ombra oltre i 16 gradi sopra lo zero:
-scendendo qualche volta sotto i 10 gradi, il
-che darebbe una media di 12 a 13 gradi di
-calore; d'onde chi vi villeggiasse può a suo
-bell'agio correre a caccia per le balze montane,
-al sole, senza che gli avvenga di ritornare all'albergo
-soffocato e tutto molle di sudore. Il
-sole intiepidisce le aure che scendono dal Gries
-e dalla Valtoccia e non sferza, illumina e non
-accieca. Perciò i valligiani vestono tutto l'anno
-<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span>
-pannilana, e i cappelli di paglia e gli ombrelli
-sono qui inutili.
-</p>
-
-<p>
-Quanto poi alla stagione invernale essa vi è
-veramente poco piacevole, e per la sua durata
-di otto mesi e per la quantità della neve che
-talvolta copre la terra di uno strato di ben tre
-metri di altezza.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Le volute, come le chiamano gli abitanti dell'Apennino
-toscano sulla strada dell'Abetone, e
-noi diciamo valanghe, sono, come non tutti
-sanno, frane di neve, che traboccando dai supremi
-pendii alpestri, ingrossatesi nel subitaneo
-cammino, rovinano al basso senza che capanne
-od alberi valgano a trattenerne l'impeto funesto.
-Il rombo della voluta è simile a quello del
-tuono, e la furia con cui avvalla è tanta che
-l'aria percossa da così ingenti masse sprigionandosi
-d'attorno abbatte uomini e bestiame
-non punto tocchi dalla neve.
-</p>
-
-<p>
-Vid'io staccarsi dalle somme rupi, in prospetto
-alla capanna ov'io dimorava, un'immensa massa
-di neve e precipitare sul pascolo detto del Bedriöli.
-Una capanna ed una stalla non poterono
-resistere allo scoppio dell'aria, e senza essere
-tocche dalla frana vennero schiantate di pianta
-e trasportate alla distanza di cento passi.
-</p>
-
-<p>
-A dare poi un'idea dell'irrepugnabile furia
-di queste masse nevose, non increscerà al lettore
-che io qui trascriva quanto trovo in un
-antico libro di memorie d'una famiglia di Fruttwald.
-Tralascio alcune risibili raccomandazioni
-<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span>
-di quell'autore <i>di non stare sicurtà</i> e soprattutto
-la peregrina ortografia del testo.
-</p>
-
-<p>
-«L'anno di grazia 1701 cominciò a venire
-giù neve alli 6 marzo seguitando senza interruzione
-sino alli 16: per la qual cosa dalla Cima
-Rossa e dal Krayhorn rovinò sopra Andermatten
-una frana di neve tanto smisurata, che
-abbattè una casa e tre stalle, ruppe la porta e
-le invetriate della chiesa parrocchiale empiendo
-tutte le stanze di neve. Della cappella della
-confraternita sfondò le invetriate, fracassò
-l'angelo del trono di S. Pietro ed altri arredi.
-Pertanto Formazza è paese della neve,
-ed ognuno deve procurare di avere fieno sino
-al giugno, in cui, se prospera la stagione,
-comincia a crescere l'erba. <i>Soprattutto ognuno
-si guardi dalla miseria</i>: chi scrive per esperienza
-vi dice che le cose andranno ognora
-di male in peggio o come le stagioni.»
-</p>
-
-<p>
-Anche lo spiritosissimo Rabelais si lagnava,
-tre secoli or sono, che non vi fosse più nè state,
-nè verno.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-La neve da lunga pezza copre vero lenzuolo
-funereo la natura: solo qualche fronte insofferente
-di velo s'aderge nuda. Nel silenzio rotto
-dal brontolio della Toce che serpeggia nella vallata,
-mi giunse all'orecchio un rombo lontano
-verso il Thalli, dove una cortina grigiastra pesa
-sulle alture.
-</p>
-
-<p>
-Che è? Presto in casa: fuggi, è la bufera che
-avvolgendo furiosa ne' suoi turbini quanto trova
-<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span>
-di leggiero sulla terra, la neve e le foglie, oscura
-l'aria ed acceca di modo che sarebbe
-impossibile di toccare la soglia prediletta dell'amica.
-Sbarra la porta — senz'indugio — e la
-finestra. Senti come picchia, come sbatte le imposte?
-Vieni a questa finestruola e sogguarda
-dal fesso... tu rabbrividisci? Le foreste sbattute
-s'inchinano timorose — l'aria percossa
-stride, urla orrendamente — le campane suonano
-a stormo da sè stesse — l'agnello smarrito
-trabocca nel precipizio — la capanna barcolla
-— il rododendro è schiantato e il frugnare
-passa avvolgendosi in un turbine di neve e di
-foglie.
-</p>
-
-<p>
-Qui colma il sentiero; là attraversa il piano
-scavando nella neve un fosso profondo, dritto,
-come farebbe un aratro gigantesco; quell'abituro,
-quella chiesa scompaiono sotto la mole
-nevosa che loro addossa il furibondo ventare,
-mentre queste siepi, poc'anzi sepolte, restano
-ad un soffio nudate, ripetendosi questa vicenda
-ad un batter d'occhio.
-</p>
-
-<p>
-Intanto dall'impercettibile fessura tra i vetri
-s'introduce in casa una nebbia di sottilissime
-falde nevose.
-</p>
-
-<p>
-Alle volte queste tempeste montane durano
-anche vari giorni. Passata la furia si trovano
-le bianche praterie solcate come da ondosi cavalloni,
-e qualche volta rami di piante portati
-da remote regioni, come pochi anni or sono
-sopra l'altipiano del Gries trovaronsi foglie di
-noci, castagni e di tigli.
-</p>
-
-<p>
-La bufera delle alpi è sorella del Simoun del
-Sahara.
-</p>
-
-<p>
-Mentre al di fuori mugge la bufera, per passare
-<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span>
-mattana in barba alla noia che appunto in
-questi tempacci vi s'incolla addosso, noi agiati
-nel tepore di questa capanna, in mezzo ad un
-crocchio di vezzose forosette — non farti troppo
-vicino, compagno mio, il soverchio rompe il
-coperchio — ascoltiamo dai novellieri le antiche
-tradizioni del paese. Fra queste è notevole, come
-avente origine alla primitiva immigrazione,
-quella che accenna all'esistenza di una famiglia
-che viveva a mo' delle fiere nell'ancora deserto
-Morasck negli spechi e nelle crepature dei
-macigni dell'Himmelberg. Ma cercheresti invano
-una leggenda, una tradizione che possa snebbiare
-il tempo e la contrada da cui presero le
-mosse, incalzati forse dalla fame o da qualche
-persecuzione alle felici terre di queste convalli
-italiane.
-</p>
-
-<p>
-Osservando attentamente dal modo di appellare
-nomi oltrealpini le acque diverse che irrigano
-la valle, — costumanza che senza fallo
-accenna alla cura amorosa, con cui i loro predecessori
-cercarono di rammentare l'abbandonata
-patria — onde chiamano tuttora la Toce
-Reuss ed il torrente del Gries Rhone — mi pare
-che si possa dedurre che i Formazzesi o emigrassero
-dalle non rimote valli della Reuss e
-Rodano, o tanto vi sostassero da rammentarsene
-con tenerezza. Wendel vuole queste genti
-Sassoni.
-</p>
-
-<p>
-Varii antichi storici chiamano Germani questi
-abitatori delle Alpi Pennine o Leponzie: di
-ciò ne accerta e la diversa struttura fisica e
-più di tutto la favella, la quale può dirsi un
-tedesco poco corrotto, se riflettasi che essi sono
-sempre stati in maggior contatto cogli Italiani
-<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span>
-che non cogli Svizzeri. L'italiano introdotto
-nelle scuole, la quantità dei giovani che vanno
-e vengono da Roma, e che lo parlano discretamente
-rendono ora lassù più comune la lingua
-nazionale.
-</p>
-
-<p>
-Essendo affatto incerta l'epoca in cui la colonia
-tedesca immigrò, occupiamo questa giornata
-piovigginosa scartabellando quel po' di
-storia trascritta qua e là a spiluzzico dalle pergamene
-e dalle cronache municipali. In essa non
-trovasi pagina, o motto, che dimostri la valle di
-Pommat indipendente per governo dalle vicissitudini
-dell'Ossola; ma dagli Sforza agli imperatori
-d'Austria conservò tuttavia sempre
-amplissimi dritti di giudicare nelle cause riflettenti
-il proprio comune, eccettuati i delitti
-e le controversie più gravi; per cui la valle
-Formazza formò senza dubbio per molti secoli
-una vera repubblica con vassallaggio verso i
-signori della Lombardia.
-</p>
-
-<p>
-È notevole che questi alpigiani ogniqualvolta
-discesero dalle loro rupi per recarsi alla Corte
-in Milano per protestare contro i feudatari dell'Antigorio,
-tennero sempre il linguaggio di chi
-ha l'intima convinzione che nessuna forza al
-mondo possa sopraffare la voce della verità.
-</p>
-
-<p>
-Recatisi una volta in Milano per ottenere
-giustizia contro i Valvassori De Rodes, da un
-giorno all'altro, siccome è tuttora uso, veniva
-procrastinata l'udienza. Annoiati d'aspettare e
-di spendere, cominciando a conoscere quanto
-sa di sale l'attendere nelle anticamere, scrissero
-al governatore in quella città si compiacesse
-ottemperare a quanto domandavano senza
-farli stare maggior tempo <i>sulle spese.</i>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span>
-</p>
-
-<p>
-Della loro franchezza, della loro fede nella
-giustizia, ecco un altro documento, che ne
-piace qui trascrivere.
-</p>
-
-<p>
-Il lettore, se non lo salta a piè pari, converrà
-con noi — paragonandolo a certe strisciature
-del giorno — che i Formazzesi, se
-erano poco versati negli affari di Stato, non
-temevano protestare altamente, a nome della
-loro povera e microscopica patria, in faccia a
-chi poteva sterminarli, come Giove olimpico,
-con un corruscare di sguardo.
-</p>
-
-<p class="indl">
-«(Anno 1700).
-</p>
-
-<p class="indl">
-«<i>Illustrissimo magistrato</i>,
-</p>
-
-<p>
-«Non mancava altro per dare il finale esterminio
-ai poveri habitanti della valle di Formazza
-che il notificato l'anno del Signore scorso sporto
-alle SS. VV. Ill.me di che godessero certi molini
-senza il pagamento di certe annate ad essi
-imposte. Pare bene stiano ai medemi il dovere
-contro il tenor preciso de' suoi privileggi,
-che qui l'esibiscono, restare ad un nuovo
-et impensato aggravio costretti, e quel che è
-più, che vengano chiamati molini certi edifitii
-che non valgono in tutta la corporatura
-quaranta lire, et che non macinaranno uno
-staro di grano, ò due, ò puoco più in un
-anno, quandochè i montanari puonno haverlo,
-come patente dalla Relatione stessa del dottore
-Scacciga che fu colà delegato dalle SS.
-VV. Ill.me con spesa di più di cento lire ai
-patroni di quei molini. Motivi al certo che
-obbligherebbero quelli habitanti ad abbandonare
-<span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span>
-il paese, quando et l'innalterabile giustitia
-et l'innata equità di questo Ill.mo Tribunale
-non li lasciasse ancora sperare che,
-<i>ben conosciutisi</i> i privileggi fatti a quel popolo
-tedesco dedititio, sempre vissuti sotto la corona
-di S. M. <i>più per via d'aderenza che soggettione
-et haventi leggi proprie et consiglio di
-giudicio proprio</i>, et che finalmente viene esentato
-da ogni genere di cotesti aggravii,
-et havutosi riflesso alla tenuvità d'edifitii, al
-lavorerio che fanno, non siino le SS. VV.
-Ill.me per molestarli, <i>lasciandoli vivere colla
-sua pace</i>, per la quale ricorre Gio. Tioli in
-nome di tutti gli altri, e <i>proprio servitore</i> (!)
-a' piedi dell'Ill.mo magistrato, etc., etc.»
-</p>
-
-<p>
-Segue poi un altro documento in cui questi
-montanari espongono alla detta Camera di Milano
-come sia:
-</p>
-
-<p>
-«Dovere di osservare i loro privileggi, ai
-quali <i>derogare non puonno nè grida degli Is.
-Governatori, nè qualunque altra superiorità</i>.»
-</p>
-
-<p>
-Davvero che gli Spagnuoli in ispecie dovevano
-alla lettura di queste domande inarcare
-un tanto di ciglia.
-</p>
-
-<p>
-Venendo ora a quei privileggi diremo qualche
-cosa della loro origine.
-</p>
-
-<p>
-Giovanni Galeazzo Maria Visconti in Vigevano
-addì 20 aprile 1486 concedeva ai valligiani il
-dritto di giudicare tutte le cause civili e commerciali
-nel loro tribunale, obbligati solamente
-a deferire al capitano commissario ducale in
-Domodossola quelle di gravi crimini o miste,
-e riconosce <i>ordines et statuta vallis ipsius hactenus
-observata</i>. Non trovando simili autorizzazioni
-governative, anteriormente si può credere
-<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span>
-con ragione che le leggi che reggevano la
-valle fossero state stabilite dai loro stessi maggiori
-poco tempo dopo la loro immigrazione.
-</p>
-
-<p>
-Ludovico Maria Sforza in Milano addì 7 maggio
-1502 confermava i privileggi dei Formazzesi,
-aggiungendone qualche altro riflettente i
-feudatari De-Rodes. Nel 1531 questi tirannelli,
-abusando della loro forza, vollero aggiungere
-al loro feudo la valle: i nostri montanari presentarono
-tosto al Duca Francesco II una supplica
-per conservare la propria indipendenza,
-e riescirono anche questa volta nel loro intento.
-</p>
-
-<p>
-Filippo III di Spagna nell'anno 1611 da Madrid
-riconfermava queste antiche prerogative.
-</p>
-
-<p>
-È senza dubbio cosa curiosa l'osservare che i
-Formazzesi obliando che i loro signori con poche
-centinaia d'arcieri potevano sottomettere
-ad ogni loro capriccio la valle, in ogni protesta,
-anzi in ogni supplica rammentino con sicurezza
-di essersi <i>dati</i> ai signori Lombardi e
-di non essere stati conquistati. Da ciò si può
-congetturare una primitiva sottomissione agli
-Svizzeri, o meglio una quasi assoluta indipendenza.
-La stessa posizione della valle conferma
-quest'ultima induzione, poichè per molti mesi
-dell'anno il Griesberg e la Valtoccia sono insuperabili
-per le altissime nevi; e verso l'Antigorio,
-dopo tanti secoli oggidì tuttora il passaggio
-è poco migliore di quello alla Svizzera.
-</p>
-
-<p>
-Il trattato di Vorms cedendo l'Ossola ai principi
-di Savoia, la maggior parte di quelle concessioni
-cessava: lo statuto del Re Carlo
-Alberto dichiarando tutti i sudditi eguali d'innanzi
-alla legge, abrogava finalmente ogni vestigio
-delle franchigie antiche.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nel manoscritto delle leggi che già governavano
-la valle, non trovai di notevole che una
-punizione severa a chiunque tentasse alienare
-gl'immobili a favore di persone non nate nella
-valle. Del resto esse, poco più poco meno, non
-differiscono da quelle che erano in vigore in
-quel tempo.
-</p>
-
-<h3 id="parte3-8">VIII.
-<span class="smaller"><i>Dove il paese senza un eroe?
-— Vita e miracoli del capitano Guenza.</i></span></h3>
-
-<p>
-Io non v'ho ancora tessuta la vita ed i miracoli
-di qualche Formazzese: nè voi avete dato
-segno d'accorgervene, quasi certi che sotto
-quelle ruvide sargie non possano ripararsi che
-omaccioni di forza erculea e di cervello tondo
-come l'O di Giotto. Niente affatto, signori miei.
-Non avete mai sentito la fama buccinare il nome
-del formidabile capitano Guenza? No? Tanto
-peggio per voi, obbligati a trangugiarne ora la
-biografia, e tanto meglio per me che potrò acquistarmi
-fama, dopo d'essere stato l'Amerigo
-Vespucci della valle Formazza e della cascata
-della Frua, di essere il Colombo del capitano
-Guenza, il quale era, come tanti altri eroi sconosciuti,
-nato fatto per conquistare mezzo mondo,
-se auspice alla sua culla era la <i>buona occasione</i>
-arbitra suprema dei fati umani.
-</p>
-
-<p>
-O se questa dea volesse favorire quanti la invocano,
-che nebbia d'eroi! Andate in un caffè
-di provincia all'ora della chiacchera politica —
-<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span>
-sentite quei Machiavelli in erba, e ditemi se
-con una <i>buona occasione</i> non farebbero impallidire
-tutti gli astri diplomatici.
-</p>
-
-<p>
-Antonio Guenza era il più scapato ragazzo
-della valle, da Crevola al Gries; indole e persona
-senza paura, indomita, a tutta prova. Io,
-colla vostra buona venia, avrei una smania da
-non dirsi d'imitare i grandi maestri di biografie,
-i quali convengono tutti che i loro uomini illustri,
-piccini (anche a loro tocca nascere, poppare
-e fare tutte quelle altre cose che voi sapete),
-dimostravano una gran voglia di studio,
-una precocità d'idee straordinarie nella loro testolina
-da far prevedere qualcosa di grosso,
-sicchè tutto il resto della vita non è che una
-rettorica amplificazione della prefazione. Antonio
-Guenza invece era sempre al banco dell'asino
-della scuola: — se c'era la scuola — e il primo
-a scaraventare pugni a iosa a chi non la pensava
-come lui, malgrado la sferza dell'amoroso
-babbo a cui non veniva fatto di tenere il figlio
-fra le domestiche pareti, nemmeno sprangando
-la porta col catenaccio.
-</p>
-
-<p>
-Antonio era come l'aria natia; passava da
-tutti i buchi, correva sulle più perigliose cornici
-montane, e nell'inverno scivolava a precipizio
-per le chine più repenti coll'impassibilità
-con cui altri scenderebbe una comoda scala.
-Nutriva poi un disprezzo senza confini per le
-siepi, principalmente dei frutteti. Alla sera l'appetito
-più che la stanchezza lo menava a casa,
-ove lo attendeva la solita tirata d'orecchi e un
-po' di cena, dopo la rammanzina del povero babbo
-ed il serio proponimento che al domani senza
-fallo — avrebbe ricominciato da capo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span>
-</p>
-
-<p>
-Pensate se con quell'indole poteva starsene
-a lungo fra i quattro monti dell'Antigorio! Questa
-storia succedeva or sono più di due secoli
-— vi fo grazia della data — quando la Lombardia
-era tutta vesciche gonfie di Spagna.
-</p>
-
-<p>
-Un bel dì — forse grandinava!... granchè
-quest'usanza di parole! — un bel dì adunque
-quel Toniaccio scompare. Il babbo amoroso alla
-terribile notizia si sentì proprio sollevare dal
-capo un gran peso; forse se n'era ito a Roma
-a fare il fornaio, il famigliare di qualche prelato...
-chi sa? forse il frate?
-</p>
-
-<p>
-Zitto: ecco una missiva dell'Antonio al caro
-babbo.
-</p>
-
-<p>
-— «Voi mi cercate... (che granchio a secco!)...
-invano. Sono già abbastanza <i>grande</i> per sapere
-che senza denari non si fa un icchese. Se non
-diventerò papa Facchinetti, non importa; ma
-ritornerò a casa ricco ancor io e potente. Non
-bevete tanta acquavite se volete conservarvi
-alla mia fortuna.» —
-</p>
-
-<p>
-Passa un mese, un anno, due, cinque, dieci,
-quindici e nessuno sente favellare di Tonio.
-</p>
-
-<p>
-Una triste giornata d'autunno, presso uno
-dei più remoti villaggi dell'Antigorio, cinque
-o sei birri giungevano alla casa del vecchio
-Guenza, debitore di non so quali gabelle alla
-Corte di Domodossola. Essi stavano per compire
-la loro bisogna, ch'era di portare via il
-meglio dell'abituro e di confiscare in nome
-dello Stato il peggio, quando di buon trotto
-un cavaliere sui quarant'anni, dal viso di bronzo,
-armato di spada e di pistole, giunse alla porta
-della casipola mentre il vecchio litigava coi
-gabellieri.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il nuovo arrivato chiese al vecchio di permettergli
-di mettere a sosta la cavalcatura trafelata,
-e di potersi riposare all'ombra dei castagni
-che stavano là intorno, e senz'altro,
-come a promessa di più larga rimunerazione,
-fatto portare un capace fiasco di vino da una
-osteriaccia vicina, offerse agli altri di dividere
-con lui il rezzo dei castagni e la bevanda. Al
-generoso signore nessuno disse di no.
-</p>
-
-<p>
-Tracannato il fiasco, lo sconosciuto disse essergli
-saltato il ticchio di mangiare due castagne
-arroste, se era possibile; al che gli astanti
-risposero che se ciò talentava alla sua signoria
-illustrissima essi ne avrebbero sbatacchiate, e
-in poco d'ora fatte cuocere; e già uno d'essi
-s'era levato per andare in cerca d'una pertica,
-quando lo sconosciuto s'alzò d'un tratto, e
-disse:
-</p>
-
-<p>
-— Fermate! Ora ci penso, la pertica è inutile:
-bastano le mie pistole. Vedete lassù sulla
-punta di quel ramo cinque o sei grossi ricci?...
-</p>
-
-<p>
-Imberciò un istante il ramo a cui pendevano
-i frutti, scaricò la pistola, e in mezzo a cento
-foglie spezzate le castagne caddero a terra.
-</p>
-
-<p>
-Mentre gli astanti guardavano stralunati l'autore
-d'un colpo sì meraviglioso, egli ricarica
-la pistola sparata, quindi indietreggiando sino
-al castagno, con voce terribile, appuntandole
-tutte e due contro i berrovieri di Domo, gridò:
-</p>
-
-<p>
-— Partite: questa è la casa del padre del
-capitano Guenza che vi fa sacramento di bruciare
-le cervella al primo che si volta indietro.
-</p>
-
-<p>
-Questa fu la prefazione che Antonio Guenza,
-di ritorno dall'armata di Spagna pieno l'animo
-d'intollerante audacia e le tasche di doppioni
-d'oro, pose alle sue opere future.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ad Arivasco, se non erro, havvi ancora una
-sua casa colle mura perforate da fuciliere.
-</p>
-
-<p>
-Salì poi in valle Formazza, ove regnò assoluto
-signore.
-</p>
-
-<p>
-La tradizione popolare, che conserva memoria
-vivissima di quell'uomo strano, lo raffigura
-piuttosto come superbiaccio che voleva imporre
-ossequio e timore che non uomo d'animo perverso.
-Nessuna contrattazione facevasi senza che
-il capitano avesse dato il suo beneplacito. Con
-lui non si scherzava punto: armato di stocco
-e di pistole, quando gli talentava uscire per le
-viuzzole dei casolari, i ragazzi correvano a nascondersi
-sotto il grembiale della mamma, e gli
-uomini s'affrettavano a cedergli il passo e ad
-inchinarlo.
-</p>
-
-<p>
-Tuttavia non mancò l'animo ad un certo Anderlin
-di tenergli bordone nella contesa di alcuni
-confini avvenuta fra lui e il capitano, il quale
-non amava punto si discutesse sulle proprie
-pretese. L'Anderlin, dopo d'avere recisamente
-negato al capitano la trasposizione del Dio Termine
-a proprio danno, sapendo per fama che
-manesco e prepotente uomo gli fosse, si teneva
-in guardia d'insidie, quantunque non apertamente
-minacciato. Una volta, stanco ed assetato,
-egli entra in una bettola a Foppiano... all'unico
-desco sedeva il Guenza! Tornare addietro sarebbe
-stato vigliaccheria, restare peggio: egli
-osò! Il Guenza, appena vide l'Anderlin avanzarsi
-verso di lui, levò di sotto certa pistola,
-e la pose sul tavolo, come una minaccia. L'Anderlin,
-salutato l'ospite e il capitano alla maniera
-paesana, sedè in faccia al Guenza pacatamente,
-e gli disse:
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Sor capitano, quell'arnese lì mi pare inutile
-sul tavolo, tanto più — aggiunse in tuono
-di celia — che non supplisce nè ad un fiasco,
-nè ad un bicchiere.
-</p>
-
-<p>
-— E se potesse servire a castigo di un impertinente?
-</p>
-
-<p>
-— Allora, capitano, converrete che vi starà
-bene anche il castigo del prepotente, non è vero?
-</p>
-
-<p>
-L'alpigiano trasse di sotto una pistola a due
-bocche, luccicante, e coi congegni della piastra
-sì forbiti da non lasciare dubbio sugli effetti
-dell'acciarino, e la pose allato alla ciotola che
-aveva recato ser l'oste, come una posata. Sulla
-cera del capitano lampeggiò un istante ira mal
-repressa: ficcò negli occhi all'alpigiano uno
-sguardo acutissimo, che questi sostenne senza
-batter palpebra.
-</p>
-
-<p>
-Dopo cinque minuti in cui corse alla mente
-del capitano un mondo di pensieri, fra cui il
-più insistente era quello di sparare con destrezza
-l'arma sua a bruciapelo sull'Anderlin
-mentre quest'ultimo badava, facendo tuttavia il
-Gianni, a non lasciarsi sorprendere dall'avversario;
-dopo cinque minuti che parvero un secolo,
-il capitano prende la pistola — Anderlin
-fa lo stesso — la disarma, la ripone nella cinghia
-della durlindana, ed offre a trincare alla
-propria salute.
-</p>
-
-<p>
-L'Anderlin respirò liberamente ed accettò.
-</p>
-
-<p>
-Dopo qualche tempo l'Anderlin inerme incontrò
-nella salita delle casse il capitano che
-scendeva. Il passo stretto, il precipizio lì sotto:
-se l'Anderlin non cede la destra e non arresta
-i suoi muli, il capitano è obbligato a ritornare
-indietro o ad aggavignarsi alla parete montana,
-<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span>
-cosa poco dicevole all'orgoglio di un capitano
-di S. M. cattolica. Il capitano anche senza fare
-uso delle armi poteva spingere a rifascio le
-some nel burrone e ridurre l'Anderlin a mal
-partito. L'Anderlin fermò le cavalcature, e salutò
-il Guenza senza timidezza, e questi, passandogli
-allato, gli disse:
-</p>
-
-<p>
-— Buon dì, Anderlin: sapete cosa penso io
-adesso di voi?
-</p>
-
-<p>
-Rabbrividì l'onesto mulattiere a queste parole
-che potevano celare un disegno mortale
-contro di lui senza difesa; tuttavia rispose:
-</p>
-
-<p>
-— Che, se non bene?
-</p>
-
-<p>
-— Penso che voi siete la più stimabile persona
-della valle. Buon viaggio.
-</p>
-
-<p>
-Dunque il Guenza, a cui sarebbe stato facile
-trarre a mal fine l'avversario, non era d'animo
-feroce; bensì in mezzo a quelle timide genti
-adoperava il prestigio della fama delle prime
-prove, e il timore che incuteva l'erculea persona
-a tenere soggetta al proprio arbitrio quella
-popolazione.
-</p>
-
-<p>
-Dopo la sua morte nacque dal pensiero poco
-valoroso della libertà acquistata dal caso, l'adagio:
-è passato il tempo del capitano Guenza.
-</p>
-
-<p>
-Ultimi discendenti dal capitano vivono tuttora,
-io spero, due ottimi vecchi, celibi pacifici,
-che mi ricordo d'aver talvolta veduto intenti
-a faticosi lavori, uno e l'altro poco distanti
-d'età dal sedicesimo lustro. Per ampiezza di
-pascoli e per le case capaci, essi sono i meglio
-agiati abitanti del casolare di Wald.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span>
-</p>
-
-<h3 id="parte3-9">IX.
-<span class="smaller"><i>Ascensione del Retihorn — Il segreto della costanza
-in amore — Quando ci rivedremo?</i></span></h3>
-
-<div class="poem-container">
-<div class="poem inl"><div class="stanza">
-<p class="i01"><b>Lo monte che salendo altrui dismala.</b></p>
-<p class="i13"> <i>Dante</i>.</p>
-</div></div>
-</div>
-
-<p>
-Questi montanari vogliono che dopo il Gries,
-dal cui vertice apparisce la meravigliosa scena
-delle più celebrate vette Elvetiche, nessuna
-delle piramidi che accerchiano la loro pittoresca
-valle presenti dal culmine aspetto più
-grandioso del Retihorn, o Monte Giove come
-lo dicono gl'Italiani. Il quale, come parmi d'avervi
-già detto, s'aderge alla destra della Toce,
-al dissopra del casolare di Wald.
-</p>
-
-<p>
-Partito con alcuni compagni poco dopo il
-meriggio, m'avviai su per l'erta, sul sentiero
-che vi conduce all'altipiano di Vannino. Questa
-ascensione può fornirsi senza straordinaria fatica
-in una giornata: preferii tuttavia di spendervi
-mezzo il dì precedente, onde poter a mio
-bell'agio godere del giocondo spettacolo dell'aurora
-da quel supremo cigliare.
-</p>
-
-<p>
-In due ore giungemmo alla parte superiore
-dell'altipiano di Vannino, il quale si adagia
-verso l'occidente ed il mezzodì fra le petrose
-muraglie dello Stafelclogberg e le rapide chine
-del Reti. Il sentiero da Wald ai pascoli si rigira,
-salendo, nella folta oscura boscaglia che
-<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span>
-copre le falde inferiori di quest'ultimo monte,
-ed è fra i meno scoscesi della vallata. Rifocillatici
-poco lungi dal laghetto da cui ha sorgente
-il Lebenduner, ripigliammo l'erta che di
-qui in su è faticosa assai. I compagni, arditi
-cacciatori di camosci, verso il calare della notte,
-trovata una tana cavernosa fra i nudi macigni,
-decisero d'allogarvisi alla meglio onde passarvi
-la notte.
-</p>
-
-<p>
-La luce mancava di grado in grado: io mi
-assisi e mi guardai attorno.
-</p>
-
-<p>
-La cortina dello Stafelclogberg, verso la valle,
-è formata di roccie repentissime quasi inaccessibili,
-le quali colle loro creste addentellate e
-fantastiche formano un cinto grandioso a quell'altipiano,
-il cui rivo smeraldo contrasta singolarmente
-con quelle triste mura.
-</p>
-
-<p>
-Sulle cornici, fra le fessure nè i funerei pini,
-nè l'olezzante rododendro che spesso rallegra
-l'orlo delle diacciaie: lo Stafel non ha una zolla.
-Il vento che sprigionandosi dal Gries si precipita
-nella convalle superiore fra Vannino e
-Morasck, viene a rompersi contro queste pareti.
-</p>
-
-<p>
-Una densa nube vaporosa s'era innalzata dal
-profondo della valle di Formazza, avea coperte
-tutte le anfrattuosità, i valloni superiori; era il
-levare della notte. Le creste superbe dello Stafel
-si disegnavano tuttavia nell'orizzonte su cui
-svaniva via via il morente chiarore degli ultimi
-crepuscoli riflessi dalle nevi eterne, e
-quelle due statue giganti, uomo e donna,
-che da tanti secoli stanno ritte su quei vertiginosi
-cocuzzoli, parevami si movessero. Un
-irresistibile desiderio mi punse di sapere se
-quelle strane figure non fossero animate; l'immobilità
-<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span>
-non è sempre la morte. Chi mi provò
-mai con irrefragabili prove che animali, piante
-e pietre non avessero coll'anima una propria
-passione? Perchè le loro variate nature non
-possono costituire anche nelle qualità dell'anima,
-una concatenazione non meno armonizzante
-della materia e più meravigliosa?...
-</p>
-
-<p>
-Ditemelo voi, fantasmi del giorno e della
-notte! Non è forse vero che voi siete due prototipi
-dell'amore coniugale? Voi felici! Se vi
-sorprende il capogiro, se deve cessare questa
-comunanza di posizione e di pericoli, se vi
-sfascerete, cadrete entrambi di lassù nelle ciotolaie
-di Vannino... O costanza veramente... di
-pietra!
-</p>
-
-<p>
-E come vi venne fatto di serbare per sempre
-il fuoco dell'amore? Deh! vi prenda pietà dei
-mortali a cui spesso amore suona smanie e dolori,
-lagrime e tradimenti. Eccomi ai vostri
-piedi: a me per la prima volta genuflesso dinnanzi
-alla creatura di Dio, tu, donna beata, palesa
-il divino segreto, ond'io possa tutta la mia
-vita rendere coll'amore invidiata anche agli angeli.
-Tu mi guardi incerta: non temere ch'io
-lo divulghi... io sono uomo e l'egoismo ti deve
-essere arra sufficiente della mia discrezione.
-Via, dimmelo... io ti prometto di rinunziare a
-tutte le brame del mio avvenire... anche a quella
-di far correre i miei lettori per mari e monti
-sull'ali della fantasia. Come potrò io eternamente
-amare eternamente amato? Dimmelo, ed in quell'inno
-di gioia che sarà la mia vita io ti renderò
-grazie riconoscenti. Bella regina d'amore, chi
-t'avvinse sì strettamente all'amante?
-</p>
-
-<p>
-Le mie ginocchia su quelle scarne rupi s'erano
-<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span>
-indolenzite a modo che io stava per rinunciare
-alla scoperta, quando la gentile impietosita
-susurrò questa fatale parola: — il dolore!
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-La leggenda del paese susurra invece che
-quelle anime petrarchesche conservarono intatto
-l'amore perchè non fecero sciupìo del
-tesoro d'affetti nell'ebbrezza dei sensi.
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-Intanto essi nella sdegnosa loro solitudine,
-paiono ridersi del furore degli uragani, delle
-volute che precipitano dai loro piedi, e dei fulmini
-che solcano i loro granitici troni. La beatitudine
-della loro unione non vale il pericolo?
-</p>
-
-<p>
-Stanco della faticosa salita, dopo d'aver visto
-le tenebre sorgere dagli abissi e coprire tutte
-le valli, sentendo che i miei compagni russavano
-saporitamente, salutai i due fantasmi dello
-Stafel, m'acconciai anch'io alla meglio e il sonno,
-come avviene a tutti, mi sorprese senza che
-me ne avvedessi sul nudo macigno fatto meno
-ingrato dalla spossatezza. Sennonchè a mezza
-la notte un vivo bagliore attraversando le palpebre
-mi scote, uno scoppio tremendo che
-pare faccia traballare i monti e sfasciare i picchi
-mi sveglia affatto.
-</p>
-
-<p>
-Cupa, densissima oscurità rotta di minuto in
-minuto da sfolgorantissimi lampi: funebre silenzio
-interrotto solo dal fragore del tuono. Il
-temporale si abbassava e noi eravamo a mezzo
-le nubi. I lampi spesseggiavano vivissimi; il
-tonare assordante minacciava il finimondo, ed
-io m'aspettava ogni istante un fulmine spezzasse
-la roccia che ne pendeva sul capo. M'era
-seduto sopra una pietra tutto intento al guizzare
-<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span>
-delle saette, come quel pittore che nella
-tempesta s'era fatto legare all'albero d'una nave
-per meglio avvisarne le fasi. L'uragano nel massimo
-furore era disceso sotto ai miei piedi,
-mentre sopra il capo scintillavano le stelle: scena
-unica!
-</p>
-
-<p>
-Dopo la tempesta sul mare, la tempesta sulle
-alpi non ha spettacolo che la pareggi. La grandezza
-del luogo, il rapido alternare dei lampi
-che s'incrociano; gli echi che con mille diverse
-voci dalle caverne sonore addoppiano lo strepito;
-la furia del vento che urta, ammonta,
-sperde le nubi infiammate; il contrasto della
-scena infernale colla serena luce del cielo stellato;
-la solennità della solitudine; gli abissi a
-tratto a tratto rischiarati dal profondo all'imo;
-il pericolo d'essere incenerito; tutto t'empie
-l'anima di novissimo terrore, poichè il tutto
-ferma una satanica apologia della forza strapotente!
-Le sinistre voci del tuono e dell'aquilone
-non mi dimostrano forse che nella natura stessa
-la forza trionfa sopra il debole senza difesa?
-Chi difende il pino dall'ira del fulmine che lo
-schianta in mille schegge? Mentre imperversa
-la procella, chi difende dal lupo insidiatore le
-atterrite pecore? E se l'avoltoio, l'aquila od il
-<i>lammergeier</i> mostruoso si precipitano sul piccolo
-agnello, potrà egli senza difesa respingere
-l'assalto? Tutte le più utili e graziose creature
-sono deboli, indifese, quasi affidate al soccorso
-dell'uomo. Lo schifoso ragno vive molti giorni
-senza cibo: un rovescio di pioggia abbatte la farfalla
-dall'ali curiose: la spina resiste al rovaio, alla
-grandine, al sollione; il vento sfoglia, sfronda,
-sterpa ogni gentil fiore. Invece con quale studio
-<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span>
-geloso la natura armò i prepotenti d'artigli di
-ferro, di denti adamantini, di acutissima vista, di
-agilissimo passo, di potentissime ali! Se fosse
-dato un giorno ai percossi vestire una volta
-sola la corazza degli assalitori, non farebbero
-essi scempio dei loro nemici in nome della
-giustizia?
-</p>
-
-<p>
-Non sarei tuttavia sicuro che la pecora imbaldanzita
-dalle novelle difese, non passasse armi
-e bagaglio nelle fila dei lupi.... è sì innebbriante
-la voluttà del potere!
-</p>
-
-<p>
-L'uragano spariva, e le nubi, come immense
-fantasime correnti per l'aere caliginoso sui
-bianchi destrieri sferzati dal vento, spaziavano
-per ogni parte del cielo senz'interrompere l'alto
-silenzio che col sibilo dell'aria rotta dalla veloce
-corsa.
-</p>
-
-<p>
-Passavano presso di me, guardavano meravigliate
-il loro osservatore e s'involavano. Una
-di esse, isolata dalle legioni, quasi perduta in
-mezzo a quella confusione, errava a minor
-passo attorno alla vetta. Oh quanto bella malgrado
-il pallore della morte! Quanto amore
-da quegli sguardi, da quella cera mestamente
-soave! E quelle folte, lunghissime chiome conteste
-di fiori che scherzavano sulle spalle? A
-breve tratto dalla vetta, il corsiero dagli occhi
-corruscanti rallentò il passo, sì che io, fatto
-ardito dalla brama di sentire quella errante,
-alte levate le braccia, pregai dalla bella una
-parola...
-</p>
-
-<p>
-Oh! se mi fosse dato inforcare con te il velocissimo
-corsiero e scorrere pei campi del
-cielo immensi come il desiderio sopra tutte le
-plaghe terrene, dal deserto del polo ai giardini
-<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span>
-dell'oriente! Ma la voragine che s'inabissa ai
-miei piedi m'avverte della vertigine che con
-sguardo affascinante m'avrebbe attirato nelle
-sue braccia... Almeno, diss'io, mi racconta
-quanto vedesti nella tua lunga pellegrinazione.
-Dimmi, l'uomo, quest'essere che doma il fulmine
-e non sè stesso, è ovunque il medesimo?
-Dove ha egli conquistato quella libertà che è
-sì cara? Non hai tu visto in qualche ignorata
-tribù delle Indie o delle Americhe avverati i
-sogni d'un anima generosa? Dove s'imparò ad
-ubbidire e comandare col Vangelo? Una sola
-parola dimmi, di grazia; qual è il motto che
-riassume quanto imparasti in tanto giro di zone
-sull'uomo? —
-</p>
-
-<p>
-La fantasima che aveva ascoltato benigna le
-curiose interrogazioni dello zingaro, crollò il
-capo in atto di diniego, e spronato il cavallo
-ratta s'innalzò da quel vertice... Se non che
-voltasi addietro e vistomi tuttora colle mani
-supplichevoli, tracciò nell'oscurità incerta della
-notte una parola colle dita scintillanti... Atterrito
-guardai quelle parole di fuoco che fiammeggiarono
-un istante nella tenebrìa, e lessi:
-</p>
-
-<p class="center">
-CONTRADDIZIONI.
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-Il cielo s'era rasserenato, e le stelle luccicavano
-più di prima.
-</p>
-
-<p>
-Una buon ora prima dell'alba la frescura destava
-i compagni e tutti ci mettevamo in cammino,
-onde poter giungere prima del giorno
-sul culmine del picco alpino: sul quale arrivammo
-quando le ombre della notte, lottando
-<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span>
-invano colla luce, fuggivano nelle valli più anguste,
-nelle selve più folte, nei torrenti più
-profondi, mentre poco a poco il bacino dell'Ossola
-spogliavasi dei vaporosi veli dell'umida
-notte, ed i primi crepuscoli disegnavano con
-mano malsicura i profili dei monti sull'orizzonte
-biancheggiante.
-</p>
-
-<p>
-La notte a veloci passi fuggiva, avvolgendosi
-ne' suoi veli trapunti, ai poli opposti; dopo
-l'alba, l'aurora, il sole, e tutto è colori e vita.
-</p>
-
-<p>
-Da quel culmine, da cui un contrafforte si
-stende verso occidente collo Stafel alla Punta
-d'Arbola, si ha d'attorno una mirabile vista. A
-sinistra, laggiù, la valle di Formazza, le cortine
-dell'Hireli; e più in là verso il nord, qualche
-picco delle alpi Ticinesi; al nord, verso il Gries,
-tutte le piramidi più eccelse, dal Gigeln al gigante
-di queste valli, il Blinnenhorn, colle
-grandi ghiacciaie che qua e là interrotte da
-valloncelli o da rupi, formano corona alla Formazza;
-e verso il meriggio i monti dell'Ossola
-sino al Lago Maggiore. L'anima esaltata credeva
-sentire con divine armonìe cantare: esulta,
-tutto ciò che vedi è tuo! . . . . . . . . . . . . .
-</p>
-
-<p>
-Anche gli altipiani deserti, le nevose o sterili
-roccie, che di quassù appaiono alla nostra
-destra, di qua e di là del confine, malgrado
-tutta la loro incresciosa aridezza e la mancanza
-di ogni vegetazione, sono imponenti. Nulla sull'alpi
-senza parola, nè le murene, nè le fonti,
-nè le ciottolaie, nè le nevate. Ciò che altrove
-sarebbe insignificante, qui ti colpisce pei vivi
-contrasti.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-La nostra peregrinazione è finita.
-</p>
-
-<p>
-Se voi ne accompagnaste pei laghi, per le
-valli, e vi siete arrampicati su per le vette alpestri
-con quel piacere con cui io ho cercato
-di svagarvi la mente intrecciando alle descrizioni
-le leggende ch'io raccolsi con amore, e
-le fantasie spesso incomposte che destò nella
-mia mente la variatissima natura, non volgerà,
-io credo, molto tempo che io ritornerò con maggiore
-sicurezza d'animo ad offrirvi la mia compagnia
-per zonzare in altre contrade della nostra
-bella Italia.
-</p>
-
-<p>
-Tuttavia seguendo le pedate di certi stranieri
-e nostri scrittori, io potrei benissimo, ad ingrossare
-il volume già soverchio, intitolare un
-nuovo capitolo col nome, ad esempio, del Cantone
-Ticino, e poi, senza movermi d'un passo,
-infilarti una insipida tiritera sulla libertà, sulla
-democrazia, sulle legnate che tempestano qualche
-volta nelle elezioni politiche, sulla legge agraria
-— e altre somiglianti reminiscenze di diari mal
-digeriti — la quale non mancherebbe di convincerti...
-che io non so cosa dire.
-</p>
-
-<p>
-Perchè non potrei io ancora condurre il lettore
-gentile nel bel paese della fantasia? Chi
-può negare che non siano quelle le più felici
-contrade?
-</p>
-
-<p>
-L'amore, la brama di gloria, il pensiero dalle
-mille forme, tutte le illusioni che trovarono
-sulla terra l'agghiadata parola dell'indifferenza,
-lo sprezzo, il disinganno, volano sulle ali
-<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span>
-dell'aspirazione a popolare coi sogni d'una vita
-migliore quei mondi fantastici...
-</p>
-
-<p>
-Quante volte seduto fra l'ombre d'una pianta
-viaggiai nel mio passato!
-</p>
-
-<p>
-I fiorellini delle zolle muschiose mi narrarono
-spesso l'istoria dell'infanzia paurosa, malaticcia,
-in cui fra i timori del <i>pensum</i> e dell'aggrottato
-cipiglio del <i>magister</i> e le paure
-febbrili delle fantasime notturne, io levando ai
-tuoi mondi con invocazione le manine, chiedeva
-per volare a te delle ali!
-</p>
-
-<p>
-Le giovani frondi dell'albero mi ricordarono
-i primi battiti del cuore spensierato, e le gioviali
-risa della bella adolescenza, in cui la larga
-vena d'affetti esuberante dal cuore si spandeva
-in mille ciarle e perchè agli uomini e a Dio...
-Quando non trovava che cere indifferenti e
-scherno ai miei sogni, io chiedeva delle ali per
-volare a te!
-</p>
-
-<p>
-Quel pino desideroso di luce che si slancia
-nell'aere mi racconta la stagione della prima
-giovinezza, stagione di focose aspirazioni, tutta
-fede ed amore per la patria e per la donna.
-</p>
-
-<p>
-Passa qualche anno; uno, due, tre; pochissimi
-e brevissimi, e la patria ti si mostra quale
-palestra in cui un'infinita turba s'arrabatta lottando
-d'astuzia e di frode per strapparsi di
-mano un cencio di porpora!
-</p>
-
-<p>
-La donna... no, no, io non dirò ombra di
-male di quest'essere misterioso che s'aggira
-fra di noi, benchè una miriade d'idee crucciose,
-sarcastiche al nome di donna abbiano intrecciato
-nelle cellule della memoria una ridda
-sfrenata da cacciarmi addosso l'emicrania. Che
-vale il lagno, l'imprecazione contro una divinità
-<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span>
-che con un girare d'occhio, un sorriso,
-una lacrima, ti fa baciare commosso la tua catena?
-</p>
-
-<p>
-Via, lettore, non temere che io con desiderio
-indiscreto cerchi da te d'essere alla mia volta
-guidato nel viaggio attraverso al passato, al
-presente ed alla speranza della tua vita; io non
-ne voglio conoscere le pagine, nè ti voglio
-sciorinare della mia se non le tersissime.
-</p>
-
-<p>
-Ad ogni modo ti auguro salute — anco un
-tantino per mio amor proprio — affinchè io ti
-possa rivedere presto col bastone in mano, il
-cappello a larghe tese sul capo e il sacco sulle
-spalle battere alla porta dello zingaro e:
-</p>
-
-<p>
-Oeh! l'alba è sorta: affrettati ad allacciare i
-borzacchini ferrati, o maestro, che io t'aspetto
-impaziente.
-</p>
-
-<p>
-Ed io fattomi alla finestra della casupola, e
-ravvisato con gioia il compagno di piaceri e di
-pericoli, in tutta fretta discenderò — o dalla
-scala o dalla finestra non torna — ad offrirti
-una mano amica.
-</p>
-
-<p>
-Adagio, un istante; sai che sono donne, aspettiamole
-un tantino... come viaggeremo senza
-di loro? tu non ignori che esse, quando loro
-talenti, sono tali da divertirci, anche colla pioggia
-sulle spalle, raccontando le mille e mille
-storielle, che l'una ha imparato e l'altra inventa.....
-</p>
-
-<p>
-Eccole tutt'e due — non sono belline?
-</p>
-
-<p>
-Compagno mio, ecco la Leggenda e la Fantasia...
-</p>
-
-<p>
-Partiamo.
-</p>
-
-<p class="pad2 center large">
-FINE.
-</p>
-
-<div class="tnote">
-<p class="tntitle">
-Nota del Trascrittore
-</p>
-
-<p>
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione
-minimi errori tipografici.
-</p>
-
-<p class="covernote">
-Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.
-</p>
-</div>
-
-
-
-
-
-
-
-
-<pre>
-
-
-
-
-
-End of the Project Gutenberg EBook of Peregrinazioni d'uno zingaro per laghi
-ed Alpi, by Valentino Carrera
-
-*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO ***
-
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