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-The Project Gutenberg eBook of Storia degli Italiani, vol. 4 (di 15), by
-Cesare Cantù
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and
-most other parts of the world at no cost and with almost no restrictions
-whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms
-of the Project Gutenberg License included with this eBook or online at
-www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you
-will have to check the laws of the country where you are located before
-using this eBook.
-
-Title: Storia degli Italiani, vol. 4 (di 15)
-
-Author: Cesare Cantù
-
-Release Date: February 21, 2021 [eBook #64605]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-Produced by: Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at
- http://www.pgdp.net (This file was produced from images made
- available by The Internet Archive)
-
-*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DEGLI ITALIANI, VOL. 4 (DI
-15) ***
-
- STORIA
- DEGLI ITALIANI
-
-
- PER
- CESARE CANTÙ
-
-
- EDIZIONE POPOLARE
- RIVEDUTA DALL'AUTORE E PORTATA FINO AGLI ULTIMI EVENTI
-
- TOMO IV.
-
-
-
- TORINO
- UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE
- 1875
-
-
-
-
-CAPITOLO XLIII.
-
-Da Comodo a Severo. Despotismo militare.
-
-
-Di età la più felice del genere umano furono da alcuno qualificati gli
-ottantaquattro anni dalla morte di Domiziano a quella di Marc'Aurelio;
-e il nome degli Antonini restò così caro ai Romani, che i successori
-l'aggiunsero al proprio, sebbene non curassero meritarselo; anzi
-da quel punto si manifesta più apertamente, e senz'ammanti di
-giurisdizione civile, il despotismo militare; pessima fra le tirannidi,
-perchè soffoga le passioni che sono vita della società.
-
-Lo aveva preparato Augusto coll'incarnare nello Stato la forza militare
-per mezzo delle guardie pretoriane. In onta dell'antica costituzione,
-erano aquartierate in Italia; poi Tiberio, col pretesto d'esimere le
-altre città dagl'incomodi alloggi e di mantener meglio la disciplina,
-stanziò le loro dieci coorti sui colli Quirinale e Viminale, in un
-campo fortificato donde padroneggiavano e minacciavano Roma; Vitellio
-le crebbe a sedicimila. Erano più che bastanti a tener in freno
-qualche milioni d'inermi; ma guaste negli ozj d'un'opulenta città,
-vedendo dappresso i vizj del regnante e la fiacchezza del governo, si
-persuadevano che nulla resisterebbe alla loro forza, e come arbitri
-assoluti, davano e toglievano l'impero, non per altro, sovente,
-che per la speranza del donativo. Gl'imperatori per connivenza ne
-dissimulavano l'indisciplina, ne compravano il favore e il voto, che
-esse pretendevano poter dare quali fiore e rappresentanti del popolo;
-i loro capitani nei casi di Stato sedevano giudici[1], col qual mezzo
-superarono di potenza i consoli stessi, e contribuirono a sfasciare il
-senato. Quando poi Comodo nel prefetto del pretorio unì al militare
-comando un'autorità civile, come ministro di Stato e presidente al
-consiglio del principe, quella dignità divenne la prima dell'impero,
-e se ne gloriarono Ulpiano, Papirio, Paolo, Modestino ed altri
-giureconsulti di primo grido.
-
-Se la suprema podestà apparteneva alla forza, perchè anche le legioni
-di provincia non sarebbonsi arrogato di salutare imperatore colui
-che fossero disposte a sostenere colla spada? Massime dopo il tempo
-che descrivemmo, essendo gli eletti per lo più stranieri, spesso
-contendenti un coll'altro, scelti fra soldati, e costretti a vivere
-nei campi, l'impero vestì sembianze affatto militari, e l'imperatore
-non fu il primo magistrato di Roma, ma il generale degli eserciti,
-e sua principale e quasi unica cura il contentar questi o frenarli.
-Ma attesochè l'estensione dell'impero obbligava a mantenerne molti,
-l'uno per gelosia chiarivasi nemico all'imperatore che fosse eletto
-dall'altro esercito. Dopo che, coll'estinguersi la famiglia dei Cesari
-e le succedutevi de' Flavj e degli Antonini, neppure un'ombra di
-legittimità sosteneva que' principi di ventura, i soldati sentirono di
-poterli fare e disfare, alzar sullo scudo o trafiggere colle spade.
-
-L'esercito poi e nel fondo e nelle forme era ben altra cosa da quello
-che vinse il mondo. Augusto lo ridusse stabile, distribuito nelle
-provincie di frontiera, di cui egli riservossi il governo, sicchè lo
-stato civile rimaneva distinto dal militare: supremo difetto della
-costituzione imperiale. La nobile gioventù di Roma e d'Italia non
-aprivasi più la via alle magistrature col militare a cavallo, ma
-coll'amministrar la giustizia e le rendite pubbliche: se si applicasse
-alle armi, non per merito o per anzianità, ma per denaro o nobiltà
-otteneva il comando d'un'ala di cavalleria o d'una coorte di pedoni.
-Già Tiberio si lagnava non vi fossero volontarj, e mal si soffrisse
-la disciplina. Trajano e Adriano sistemarono la milizia quale si
-conservò sino alla fine dell'impero; e sui loro regolamenti è fondato
-il compendio di Vegezio _De re militari_. Augusto aveva assegnato a
-ciascun pretoriano due dramme al giorno, cioè ottantadue centesimi;
-Domiziano portò la paga a novecensessanta dramme l'anno; sotto Comodo
-ne ricevevano mille ducencinquanta, se ben leggiamo un passo confuso
-di Dione al libro LXXII, discusso da Valois e Reimar. Le altre
-truppe, fra il 536 e il 703 di Roma, ebbero venticinque centesimi il
-giorno, sotto Giulio Cesare cinquantuno, sotto Augusto quarantanove,
-quarantotto sotto Tiberio, quarantacinque sotto Nerone, quarantaquattro
-sotto Galba, quarantatre sotto Otone, quarantaquattro sotto Vitellio,
-Vespasiano e Tito, cinquantasette sotto Domiziano.
-
-Delle venticinque legioni che erano sotto Augusto, sedici furono poi
-licenziate o incorporate nelle altre: ma Nerone, Galba, Vespasiano,
-Domiziano, Trajano, Marc'Aurelio ed Alessandro Severo ne formarono
-tredici nuove. Ciascuna componevasi di cinquemila uomini; e al tempo
-di quest'ultimo imperatore, tre accampavano in Bretagna, una nell'Alta
-e due nella Bassa Germania, una in Italia, una nella Spagna, una nella
-Numidia, una fra gli Arabi, due nell'irrequieta Palestina, altrettante
-nella Mesopotamia, e così nella Cappadocia, due nella Bassa ed una
-nell'Alta Mesia, una nel Norico, una nella Rezia: dell'altra non
-sappiamo il posto. Il numero ne variò poi, e fin trentasette furono
-imperante Diocleziano. Ad alcuni paesi imponevasi d'offrire truppe
-ausiliari, che si esercitavano colla disciplina romana, ma nelle armi
-cui ciascuno avevano avvezzato la patria e l'educazione; il che metteva
-ogni legione in grado d'affrontarsi con qualsifosse altra gente,
-comunque armata. Inoltre si menava appresso un treno di dieci grandi
-macchine militari e cinquantacinque minori da avventare projetti; oltre
-l'occorrente per piantare un campo.
-
-Corruttela agli uni e scoraggiamento agli altri recò la distinzione
-delle truppe in _palatine_ e _di frontiera_; quelle destinate agli ozj
-cittadini, queste agli stenti del campo con soldo maggiore; sicchè mal
-sentivansi animate a respingere il nemico quando pensassero che i loro
-commilitoni marcivano in pingui riposi.
-
-Le prime guerre Roma sostenne coll'armi proprie e dei popoli vinti,
-obbligati a tributare un certo numero di cavalli e fanti, di navi e
-marinaj. Obbedivano questi a capi di loro nazione; e sebbene talvolta
-eguagliassero, talaltra eccedessero anche in quantità l'esercito
-romano, li teneva in rispetto l'essere scelti ciascuno da gente
-diversa, scevri dalle legioni, dipendenti dal generale supremo. Cesare
-pel primo assoldò Barbari; Augusto imitò ed estese l'esempio, e per
-sicurezza propria ne introdusse fra le guardie pretoriane. Progredendo,
-l'Italia si trovò esausta di forze, i socj ridotti a provinciali e
-privati dell'uso delle armi; onde fu necessario ricorrere ai Barbari.
-I Germani, gente robusta ed agguerrita, volentieri ponevano a servizio
-altrui il proprio valore, contenti di tenue soldo e scarsa prebenda;
-sicchè furono preferiti dagl'imperatori, cui sembrava anche vantaggioso
-il decimare così quei formidabili.
-
-Però la tirannide uccide se stessa. Coll'escludere dalle armi
-i provinciali e i cittadini, separavasi la forza dall'interesse
-d'adoprarla; ottenevasi per avventura la quiete, ma si spegneva
-il valore; nel mentre si rendevano più formidabili i nemici
-coll'aggiungere la disciplina al naturale coraggio. Costoro ben presto
-entrarono anche tra le privilegiate file legionarie; poi, non più
-bande, ma popolazioni intere vennero assoldate: infidi ajuti, che nel
-frangente ricusavano travagliarsi contro i proprj fratelli; avidi,
-preferivano il sacco alla battaglia; capricciosi, costringevano il
-generale a far giornata quando e dove meno convenisse; infine torcevano
-le armi contro i proprj maestri.
-
-Insomma le minaccie dei Barbari aveano reso necessario l'esercito,
-e perciò l'onnipotenza imperiale; vero governo militare, parallela
-al quale svolgeasi un'altra civiltà pacifica; quello opprimendo,
-questa costituendo leggi sapienti. Una serie d'insigni guerrieri
-portati all'impero ritardò per avventura l'invasione da ogni parte
-minacciata, ma recavano sul trono le dispotiche e feroci abitudini
-dell'accampamento e della guerra. Dalle spade alzati, da queste
-abbattuti, qualvogliasi riforma restava impedita dall'effimera
-loro durata, e dall'obbligo di vegliar sempre in armi contro gli
-stranieri, e più contro gli usurpatori, che con altrettanto diritto
-si sollevavano, e che si sostenevano col tenersi amici i soldati per
-gratitudine del passato e per apprensione dell'avvenire.
-
-Comodo, successore di Marc'Aurelio, ricco solo di forza, lussuria e
-codardia, fu il primo imperatore nato da padre regnante; ma si credè
-generato da uno dei gladiatori che Faustina dalla sanguinosa palestra
-chiamava a contaminare il talamo di Marc'Aurelio. Gli esempj e le
-lezioni di questo non ne corressero l'indole; e a dodici anni trovando
-soverchiamente scaldata l'acqua del bagno, ordinò di gettar nel
-fornello il bagnajuolo.
-
-Arrivato al trono di venti (180 — 17 marzo), benchè non
-avesse nè emuli da tor di mezzo, nè ambizioni o memorie da sradicare,
-sbrigliasi a tutte le crudeltà che potevano suggerirgli il carattere
-atroce e fomenti malvagi: si compiace di veder uomini alla tortura;
-vantandosi esperto chirurgo, fa sue prove sopra infelici, che costringe
-ricorrere a' suoi consulti; girando notturno per le vie, a chi taglia
-per celia un piede, a chi cava un occhio; gitta alle belve uno perchè
-avea detto lui e Caligola esser nati lo stesso giorno; un altro fende
-in due di netto, per mostra di sua gagliardia; vestito da Ercole
-compare in pubblico, onde intitolarsi vincitore de' mostri. Per
-ostentare al _genere umano_ le sue virtù, scende ignudo nell'arena,
-che i predecessori suoi avevano interdetta ai senatori, e non essendo
-mai rimasto ferito in settecentotrentacinque combattimenti, assume il
-titolo di _vincitore di mille gladiatori_.
-
-Di forza prodigiosa, trapassò fuor fuori un elefante colla lancia;
-uccise in un giorno cento leoni nel circo, ciascuno d'un solo trar
-d'arco; colle frecce levava di netto il collo a struzzi correnti, e
-trafisse una pantera senza toccar l'uomo con cui essa era alle prese.
-Perchè non mancassero belve all'imperial trastullo, vietò agli Africani
-d'uccider leoni, nè respingerli qualora affamati si accostassero ai
-villaggi. Di tutto ciò si fa gloria, e vuole se ne tenga memoria ne'
-giornali. Degli applausi del vulgo s'inebbria, e per serbarselo amico,
-istituisce una compagnia di mercadanti e una flotta che rechi grano
-dall'Africa, se càpiti male quella d'Egitto; ma immaginatosi un giorno
-che il popolo lo schernisca, comanda un generale macello e l'incendio
-della città, e a gran pena il prefetto de' pretoriani nel dissuade.
-Non meno segnalato per lussurie, tenne a sua posta trecento concubine
-e altrettanti cinedi; violò le proprie sorelle; sul resto si tiri un
-velo[2].
-
-A tante pazzie occorrevagli denaro; onde rincarì le imposizioni,
-trafficò delle cariche, per denaro assolse rei, e permise assassinj
-e vendette. Lungo sarebbe ridire le vittime innocenti del forsennato,
-che ben presto, dato lo sfratto ai tutori impostigli da Marc'Aurelio,
-lasciò ogni arbitrio ai compagni di sue dissolutezze, salvo a
-disfarsene non appena il contrariassero. Perenne, entratogli in
-grazia col fomentarne le passioni, assisteva con esso ai giuochi
-Capitolini, quando un filosofo cinico compare nel teatro e grida
-a Comodo: — Mentre ti tuffi nelle voluttà, alla tua vita insidiano
-Perenne e suoi figliuoli». Detto fatto, Perenne fe gettar nel fuoco
-colui: ma all'imperatore restò il sospetto ch'egli aspirasse veramente
-a regnare perchè n'era capace; indi le legioni britanne deputarono
-mille cinquecento uomini che venissero a Roma chiedendo la morte del
-ministro; il quale, reo o no, fu ucciso colla moglie, la sorella e
-tre figliuoli: condiscendenza che rivelò la debolezza del governo
-all'esercito lontano.
-
-Gli sottentrava Cleandro, che dalla Frigia nativa portato schiavo
-a Roma, appartenne prima a Marc'Aurelio, poi a Comodo, il quale gli
-diede una sua concubina a sposa e la libertà; poi non avendo a temerne
-nè l'abilità nè la virtù, gli concesse sconfinato potere. E colui
-ne abusava per vender cariche, provincie, entrate, giustizia, vite
-d'innocenti. Fatto incetta de' grani, affamò la città per arricchirsi
-e per acquistar favore colle distribuzioni. Creò patrizj molti schiavi
-appena tolti alla catena, e gli assise in senato; e fin venticinque
-consoli elesse in un anno: chi osò portarne richiamo all'imperatore,
-pagò l'ardimento col sangue. Ma mentre celebravansi i giuochi circesi
-ecco entrare una turba di fanciulli capitanati da una viragine, e
-mandar feroci grida contro Cleandro: il popolo vi fa eco, ed accorre
-al palazzo suburbano ove questi era coll'imperatore, e ne chiede la
-morte; a tegoli e ciottoli volta in fuga i pretoriani: e Comodo che,
-immerso in sozze lascivie, ignorava il caso, sgomentato fa gettare ai
-tumultuanti la testa del favorito, che con la moglie, i figliuoli, gli
-amici è trascinato per le vie.
-
-Altro consigliatore de' suoi delitti era il liberto Antero di
-Nicomedia; e quando i pretoriani lo uccisero, l'imperatore se ne
-vendicò col mandare a male quanti di essi potè. Gli stessi prefetti del
-pretorio erano mutati si può dire ogni giorno; alcuni non durarono che
-sei ore; i più colla carica perdettero la vita.
-
-Scaricandosi d'ogni cura su cosiffatti, l'imperatore ricusava
-persino appor la firma a' dispacci; e appena sotto alle lettere degli
-amici scriveva il _vale_. Eppure questo basso infame nelle medaglie
-attribuiva a sè il titolo di felice, e al secolo suo quel di comodiano,
-di colonia comodiana a Roma; il senato piacentiero chiamò il luogo
-di sue assemblee _casa di Comodo_; i nomi dei mesi furono mutati in
-aggettivi a lode di lui; ed egli scriveva al senato: — L'imperatore
-Cesare Lucio Comodo Elio Aurelio Antonino Augusto felice, leone, pio,
-sarmatico, britannico, germanico, pacificatore, invincibile, ercole,
-romano, padre della patria, pontefice massimo, console per la VII
-volta, imperatore per l'VIII, tribuno per la XVII, agli illustri
-senatori comodiani salute».
-
-Mossa da privata ambizione, Lucilla sorella sua (183) presunse di
-voltare lo Stato congiurando coi principali senatori; ma il sicario,
-preso mentre vibrando il colpo diceva, «Questo dono t'inviano
-i senatori», fu coi complici messo a morte; la principessa esigliata
-a Capri ed ivi uccisa: dove pure fu relegata e morta l'imperatrice
-Crispina, propostasi d'imitare le scostumatezze del marito.
-
-Le parole del sicario, il quale seppe dire e non fare, invelenirono
-Comodo contro il senato; e se dapprima, feroce per inclinazione non per
-calcolo, sapeva anche perdonare, e sull'esempio paterno avea gittato al
-fuoco le rivelazioni offertegli da Manilio, segretario dell'usurpatore
-Avidio Cassio, allora fece rivivere i delatori e i processi di maestà
-e, solito corredo, i supplizj degl'innocenti e di quelli la cui virtù
-facesse raffaccio all'imperiale corruttela. Ricorderemo fra questi i
-due fratelli Quintilj Massimo e Condiano della Troade, unanimi a segno
-che operavano come un uomo solo; insieme governavano le provincie e
-comandavano gli eserciti, insieme sostennero il consolato ed altri
-onori, insieme da Comodo furono uccisi.
-
-Avesse almeno costui saputo usare la brutale valentìa a tutela de'
-confini. Ma al primo arrivar al trono cedette quante fortezze serbava
-sul territorio dei Quadi, patto che questi si tenessero inermi e cinque
-miglia discosto dal Danubio, nè s'adunassero che una volta il mese
-in presenza d'un centurione. Anche da altri Germani comprò la pace, e
-lasciò che i Saracini (qui per la prima volta nominati) riportassero
-vantaggi sopra l'impero. Poi un semplice soldato, di nome Materno,
-che a capo di disertori avea messe a soqquadro Spagna e Gallia,
-vedendosi circuito d'ogni dove, sparpagliò i suoi, e con alquanti
-di essi si spinse fino in Italia col proposito di scannare Comodo e
-farsi imperatore (188). Già alcuni suoi eransi mescolati
-alle guardie di questo, allorchè altri li tradirono, e il supplizio di
-Materno sedò il tumulto. Però il valore de' generali potè reprimere i
-Frisoni, e respingere i Caledonj che avevano superato la muraglia di
-Trajano; e Comodo menava trionfi, e intitolavasi imperatore senza veder
-mai gli accampamenti. Solo una volta mostrò voler passare in Africa; ma
-come ebbe raccolto denari assai, li sciupò in gozzoviglie.
-
-Naturali infortunj aggravarono i mali del suo regno: tremuoti; peste,
-che fin due in tre migliaja d'uomini al giorno mieteva in Roma; andò
-in fiamme il tempio della Pace, dove erano riposte le spoglie della
-Giudea, le opere dei letterati, preziose spezie d'Arabia e di Egitto;
-perfino al palazzo s'apprese l'incendio e al tempio di Vesta, da cui
-fuggendo, le sacre vergini esposero per la prima volta agli occhi
-profani il Palladio, talismano dell'impero.
-
-Il privato pericolo potè più che la pubblica indignazione; poichè
-Marcia concubina di Comodo, Leto capitano delle guardie, ed Ecleto
-suo ciambellano, sapendosi designati a morte, avvelenarono Comodo, di
-appena trentun anno, dopo regnato dodici (192 — 31 xbre). Il
-senato, che ver lui era disceso all'infimo dell'abjezione, come il vide
-morto ripigliò coraggio, fece abbatter le statue, raderne il nome dalle
-lapidi, negar sepoltura al vile gladiatore, al parricida, al tiranno
-più sanguinario di Nerone; ma fra poco Settimio Severo lo farà riporre
-fra gli Dei, istituirgli sagrifizj e solennità anniversarie pel suo
-natale.
-
-I congiurati corsero alla casa di Publio Elvio Pertinace, vecchio
-senatore e consolare, allora prefetto della città, il quale, udito
-chiamarsi di mezzanotte, suppose venissero per ordine di Comodo a
-ucciderlo; onde, fattili entrare, disse: — Da buon tempo vi aspettavo,
-giacchè io e Pompejano siamo i soli amici di Marc'Aurelio lasciati
-sopravivere». Pompejano era virtuoso marito della trista Lucilla
-sorella di Comodo, e ricusando assistere all'anfiteatro, nè vedere
-il figliuolo di Marc'Aurelio prostituire la persona sua e la dignità,
-stava per lo più in campagna, pretessendo malattie che cessarono solo
-nel breve regno del successore.
-
-Pertinace era nato presso Alba del Monferrato, da uno schiavo
-carbonajo, che gl'impose quel nome per la pertinacia sua nel voler
-abbandonare il mestiero paterno, e mettersi a Roma maestro di greco
-e latino. In questa professione poco vantaggiando, diede il nome
-alla milizia, divenne centurione, poi prefetto di una coorte nella
-Siria e nella Britannia. Marc'Aurelio per un'accusa il degradò, poi
-scopertala falsa, creollo senatore, e il mandò colla prima legione a
-guerreggiare i Germani. Ritolta a questi la Rezia, fu fatto console:
-poi, regnando Comodo, si vide a vicenda alzato e depresso, in fine
-assunto governatore di Roma. Dabbene, assiduo agli affari, grave
-senza dispetti, dolce senza fiacchezza, prudente senz'astuzie, frugale
-senz'avarizia, grande senza orgoglio, amatore dell'antica semplicità
-romana, parve a Leto e ai congiurati opportunissimo a riparare ai
-guasti dell'ucciso.
-
-Lo portarono dunque al campo de' pretoriani (193), i quali,
-sebbene affezionati a Comodo dalle largizioni, accettarono il nuovo
-imperatore, perchè prometteva tremila dramme per testa, e il condussero
-con rami d'alloro al senato, perchè se n'approvasse l'elezione. Qui
-cogli applausi interrompendo i rifiuti di Pertinace, gli fu conferito
-il titolo d'augusto, di padre della patria (3 genn), di
-principe del senato, e recitato dai consoli il panegirico. Egli non
-permise si chiamasse augusta la moglie sua che nol meritava, nè cesare
-il figlio sinchè non ne venisse degno. A questi cedette ogni suo
-possesso perchè non avessero ragione di chieder nulla allo Stato; poi,
-perchè l'accidioso fasto della corte nol guastasse, mandò il figliuolo
-ad educare presso l'avo materno.
-
-Le virtù private conservò sul trono. Schietto nel vivere, usava come
-prima co' migliori senatori e gl'invitava a cene familiari, derise
-da quelli che preferivano le sanguinarie prodigalità di Comodo. Per
-risanguare l'erario fece voltare in moneta le abbattute statue del
-predecessore, vendere all'asta l'armi, i cavalli, le vesti di seta,
-i mobili (193), fra cui un carro che indicava l'ora e il
-cammino percorso[3]; le concubine e gli schiavi, eccettuando solo
-i nati liberi e rapiti a forza; costrinse i favoriti del tiranno a
-rendere parte del male acquistato, con cui pagò, oltre i pretoriani,
-i creditori dello Stato, le pensioni maturate e i danneggiati; abolì
-i pedaggi nocevoli al commercio, e decretò per dieci anni immune chi
-rimettesse a coltura le sodaglie d'Italia; professò non accetterebbe
-legati a danno di legittimi eredi; ai banditi per fellonia restituì
-patria e beni, castigò i delatori, e impedì si apponesse il nome suo
-sugli edifizj, dicendo: — Sono pubblici, non dell'imperatore».
-
-I buoni godeano di veder rivivere Trajano e Marco Aurelio: ma troppi
-erano quelli cui giovavano il disordine e il silenzio delle leggi;
-e i pretoriani, temendo riformata la disciplina, ribramavano Comodo.
-Ottantasette giorni appena dopo la sua elevazione, alcune centinaja di
-essi precipitaronsi traverso a Roma nel palazzo (30 marzo),
-aperto dalle guardie e dagli infidi liberti. L'imperatore, vilmente
-abbandonato dai cortigiani, colla maestà della presenza e l'autorità
-della parola arrestò i furibondi, che già si ritiravano, quando
-un Gallo, o non avesse inteso il discorso, o fosse di passione più
-violenta, gli cacciò la spada nel corpo, dicendo: — Eccoti un dono de'
-tuoi soldati»; negli altri rinasce la sete di sangue; e l'imperatore,
-avvoltosi il capo nella toga, pregando il cielo a vendicarlo, spira
-sotto mille colpi, e per la sgomentata città è portato dai pretoriani.
-
-Così la forza militare sormontava il contrasto oppostole dall'impotente
-senato e dagli Stoici, e stabiliva il despotismo de' pretoriani in
-Roma, degli eserciti fuori. Lo rivelò una scena di beffa tremenda.
-Perocchè il popolo infuriato corse al campo de' pretoriani,
-assediandolo minaccioso: ma non avendo capi, non comparendo i consoli,
-non adunandosi il senato, la folla si disperse. I pretoriani non
-aveano ucciso Pertinace per alcun fine o per innalzare qualc'altro,
-ma non trovando raccolto il senato per eleggere un successore,
-pubblicarono che l'impero era in vendita, si darebbe al miglior
-offerente. Sulpiciano, suocero dell'imperatore, ch'era stato spedito
-da questo nel campo a chetare il tumulto, non aborrì di concorrere a
-un seggio stillante di tal sangue; altri competerono; finchè ne venne
-voce a Didio Giuliano, vecchio e ricco milanese, che or favorito
-or disgraziato dagli imperatori, avea traversato senza rumore le
-principali dignità, e adesso nel lusso e ne' bagordi consumava
-una delle più sfondolate fortune. Stava allora spensieratamente
-banchettando cogli amici, i quali lo animarono a concorrere, ed egli
-va al campo, comincia a dirvi, promette ripristinar le cose come sotto
-Comodo, e dalle cinquemila dramme offerte per soldato, sale a seimila
-ducencinquanta (4300 lire), pagabili all'atto.
-
-O Giugurta, Roma ha trovato il compratore!
-
-Didio, a piene voci acclamato, è fra' pretoriani condotto per le
-deserte vie di Roma, indi nel senato, che uditolo enumerare i proprj
-meriti e vantare la libertà della sua elezione, ossequiosamente si
-congratulò della pubblica felicità. Collo stesso corredo guerresco
-portato in palazzo, vide il trono di Pertinace e la frugal cena che
-s'era disposto: eppure imbandì con più splendore che mai, e consumò la
-notte in banchettare, trarre ai dadi, e ammirar Pilade ballerino.
-
-Ma il popolo non un applauso avea levato; anzi, qualvolta egli
-comparisse, gli avventavano ingiurie e sassi, indignati da quel
-turpissimo mercato; e provocavano a sempre nuove risse i pretoriani.
-Poi fra breve la folla si ammutina, ed avventatasi nel circo dove egli
-assisteva ai giuochi, gli rinnova le imprecazioni; ricorrendo anch'essa
-fatalmente alla forza armata come i tiranni, fa appello agli eserciti
-lontani perchè vengano a vendicare la prostituita maestà dell'impero.
-Quel grido d'angoscia trovò eco in tutto l'impero, e gli eserciti
-di Britannia, di Siria, dell'Illiria, comandati da Clodio Albino,
-Pescennio Nigro e Settimio Severo, disdissero l'indegno contratto,
-fosse orgoglio, o invidia dei soldati, od ambizione dei capi.
-
-Clodio Albino, nato nobilmente in Adrumeto d'Africa, avea scritto
-d'agricoltura, poi, abbandonato lo stilo per la spada, allora comandava
-l'esercito di Britannia. Mai non aveva perdonato; crocifisse centurioni
-per colpe da nulla; uggioso in casa e con tutti; in un pasto logorò
-cinquecento fichi, cento pesche, dieci poponi, cento beccafichi e
-quattrocento ostriche. Ricusata obbedienza a Didio, si sosteneva
-nella Britannia senza assumere il titolo d'augusto, anzi esortando a
-ripristinare la repubblica, e asserendo non si acconcerebbero le cose
-finchè il potere civile non prevalesse al militare, e al senato non
-fosser rese le antiche prerogative.
-
-Pescennio Nigro d'Aquino, di poca ricchezza e meno studio, ma ardito
-soldato e buon capitano, era salito ai primi gradi della milizia;
-mantenitore della disciplina, non tollerava che gli uffiziali
-maltrattassero i soldati, fece lapidare due tribuni per avere sottratto
-alcun che della paga, e appena a suppliche dell'esercito perdonò la
-testa a dieci che avevano rubato del pollame; non permetteva il vino
-in campo; viaggiava a piedi e scoperto la testa; voleva i suoi servi
-portassero fardelli onde non parere oziosi nelle marcie. Nel governo
-importante quanto lucroso della Siria, procacciossi amore colla
-fermezza non discompagnata da affabile compiacenza: onde appena s'udì
-assassinato Pertinace, tutti l'esortarono ad assumere l'impero, le
-legioni orientali si chiarirono per lui, per lui il paese dall'Etiopia
-all'Adriatico, e di là dal Tigri e dall'Eufrate gli vennero regie
-gratulazioni. Nella solennità dell'acclamazione proferendosi il
-consueto panegirico, Pescennio interruppe l'oratore che il paragonava a
-Mario, ad Annibale, a non so quali altri capitani, dicendo: — Narraci
-piuttosto quel che han fatto costoro d'imitabile. Lodare i vivi, e
-massime l'imperatore che può ricompensare e punire, è da adulatore.
-Vivo, desidero di piacere al popolo: morto, mi loderete». Virtù
-moderate, pregevoli nel secondo posto, non sufficienti al primo. Invece
-di difilarsi sopra l'Italia ov'era invocato, Pescennio si rallentò
-nella voluttuosa Antiochia, persuaso che la sua elezione non sarebbe nè
-contrastata, nè macchiata di sangue cittadino.
-
-Un emulo superiore sorgeva in Settimio Severo, di Lepti nell'Africa
-Tripolitana e di famiglia senatoria; sperto nell'eloquenza, nella
-filosofia, nelle arti liberali e nella giurisprudenza, sostenne
-magistrature e comandi; faticante di corpo e di mente, alieno dal fasto
-e dalla gola, violento e tenace nell'amore come nell'odio, provvido
-dell'avvenire e dei mezzi onde profittarne, disposto a sacrificare
-fama e onestà all'ambizione, incline all'ingordigia e più alla
-crudeltà. L'astrologia, passione de' suoi nazionali, lo aveva lusingato
-dell'impero; sposò una Giulia Domna sira, perchè gli astri aveano
-promesso a costei, diverrebbe moglie d'un sovrano; e sotto Comodo ebbe
-accusa d'avere interrogato indovini sul divenir imperatore.
-
-In Pannonia, udita la morte di Pertinace, raduna i soldati, svela il
-turpe mercato de' pretoriani, e gli incita a vendetta con un'orazione
-eloquente e colla più eloquente promessa di un donativo doppio di quel
-di Didio: poi colla prontezza richiesta dal caso scrive ad Albino
-promettendo adottarlo e chiamandolo cesare; non tentò Nigro, perchè
-sapeva nol potrebbe sedurre; e mosse senza riposo verso l'Italia, che
-con isgomento vide le legioni di Pannonia sbucare per Aquileja.
-
-Didio sgomentavasi; i pretoriani, buoni solo al tumulto, tremavano
-delle invitte legioni di Pannonia e d'un tal generale; e se dai
-teatri e dai bagni correvano alle armi, a pena sapeano maneggiarle;
-gli elefanti sbattevano dal collo gl'inesperti condottieri; la flotta
-di Miseno mal volteggiava; e il popolo rideva, il senato gongolava.
-Didio in tentenno, ora faceva pronunziare Severo nemico della patria,
-ora pensava associarselo all'impero, oggi gli spediva messi, domani
-assassini: ordinò che le Vestali e i collegi sacerdotali uscissero
-incontro alle legioni, ma ricusarono: armò i gladiatori di Capua, e
-con magiche cerimonie e col sangue di molti fanciulli[4] fece prova di
-sviare il nembo.
-
-Ma i soldati che custodivano l'Appennino disertarono a Severo;
-disertarono i pretoriani, appena esso gli assicurò da ogni castigo,
-purchè consegnassero gli assassini di Pertinace. Avvertito che questi
-erano presi, il senato decretò morte a Didio, il trono a Severo, a
-Pertinace onori divini. Illustri senatori furono deputati a Severo,
-sicarj a Didio, che piagnucolò (2 giugno) perchè gli lasciassero la
-vita: — Che male fec'io? ho mai tolto di vita alcuno?» Ma dovette
-ripagare col sangue i sessantaquattro giorni di regno che coll'oro
-avea comprati.
-
-Severo, che in quaranta giorni avea coll'esercito traversate le
-ottocento miglia che corrono da Vienna a Roma, conseguì l'impero
-senz'altro sangue. Uccisi gli assassini di Pertinace, rese a questo
-segnalate esequie, e diede lusinghe al popolo e al senato. Prima
-d'entrare in Roma raccolse i pretoriani in gran parata, e ricinto
-de' suoi guerrieri, salito in tribunale, li rimbrottò di perfidia e
-codardia, e privandoli del cavallo e delle insegne, li congedò come
-felloni, e li sbandì a cento miglia.
-
-In loro luogo ne elesse quattro tanti, cernendoli dai più prodi
-suoi, di qual fossero paese: onde a tutti i soldati fu aperta la
-speranza d'entrare fra' pretoriani. Questi cinquantamila uomini, fior
-degli eserciti, dovevano dalle legioni essere considerati come loro
-rappresentanti, e togliere le speranze d'una ribellione. Il prefetto
-del pretorio crebbe d'autorità, non solo restando capo dell'esercito,
-ma e delle finanze e delle leggi. Per gratitudine o per politica
-condiscendenza Severo concesse ai soldati l'anello d'oro, aumentò le
-paghe, e con ciò il lusso, la mollezza, l'indisciplina, mentre l'itala
-gioventù, sturbata da quel suo privilegio, si diede al ladro o al
-gladiatore.
-
-Ciò più tardi: per allora, con truppe valorose e devote egli mosse ad
-assicurarsi l'impero non da' Barbari, ma dai due emuli, pari d'armi, di
-forza, d'artifizio. Prevalendo di rapidità e d'accorgimenti, appo Isso
-e Nicea sconfisse Nigro, e quando il seppe ucciso dai soldati presso
-Cizico, aspre vendette esercitò sugli amici del vecchio e generoso
-amico suo; spense la famiglia di esso e i senatori che l'aveano servito
-da tribuni o generali, gli altri sbandì, e i beni al fisco; molti
-di grado inferiore mise a morte; condannò coi padri i figli degli
-uffiziali che avea tenuti ostaggi; alle città fautrici dell'emulo tolse
-i privilegi; quelli che, buono o mal grado, l'aveano servito di denaro,
-ne dovettero il quadruplo a lui; lamenti scoppiassero pur d'ogni parte,
-egli non vi ascoltava.
-
-Nel caldo della vittoria passa l'Eufrate, vince gli abitanti
-dell'Osroene e dell'Adiabene che, fra l'ultime discordie, avevano
-trucidato i Romani e scosso il giogo; penetra nell'Arabia che avea
-parteggiato con Nigro, fa guerra anche ai Parti, conquista una porzione
-della Mesopotamia che riduce a provincia, assedia ed espugna Bisanzio,
-principale baluardo contro i Barbari.
-
-Sapendo che Albino era caro al senato quant'egli odioso, Severo non
-osava romperla seco apertamente, e gli scriveva lettere lusinghiere,
-ma al tempo stesso mandava per assassinarlo. Scoperta la slealtà,
-Albino la proclamò, assunse il titolo d'imperatore, e tragittato nella
-Gallia, vi fece nodo di autorevoli persone. Severo allora sacrifica una
-fanciulla per cercare nelle viscere di essa l'esito della guerra[5]:
-presso Lione s'affrontano cencinquantamila Romani: dopo lunga e
-incerta battaglia fra eserciti di pari valore, Albino, piagato a morte,
-spira ai piedi di Severo (197), che con barbara gioja il fa
-calpestare dal suo cavallo e lasciare ai cani sulla soglia della sua
-tenda.
-
-La sicurezza non sopì in lui il desiderio di vendetta. La moglie ed i
-figliuoli d'Albino, già perdonati, fe trucidare e gettar nel Rodano,
-come tutti i parenti e gli amici, coi beni de' quali arricchì i
-guerrieri suoi e se stesso. Mandando al senato la testa d'Albino, si
-lamentò con lettera beffarda del bene che i senatori gli aveano voluto,
-vantò il governo di Comodo, e — In questo teschio (soggiungeva) voi
-che l'amaste leggete gli effetti del mio risentimento». Giunto poi,
-sciorinò in senato vilipendj contro Albino, lesse lettere a quello
-dirette, encomiò le precauzioni di Silla, Mario ed Augusto, mentre
-Pompeo e Cesare erano periti per inopportuna clemenza. Conseguente
-alle parole, in pochi giorni quarantadue senatori, consolari o pretori
-immolò con altri assai alla vendetta, alla gelosia ed all'avarizia sua;
-fece deificare Comodo, uccidere Narcisso che l'aveva attossicato.
-
-La disciplina era il suo scopo; la voleva come un generale d'esercito,
-dispoticamente; giusto coi piccoli per deprimere i grandi, valendosi
-de' giureconsulti per organizzare l'obbedienza, e associando la
-giurisperizia coll'assolutismo; i soldati viepiù voleva sottomessi,
-quantunque obbligato a condiscendere in parte ad essi perchè stromenti
-di sua elevazione e conservazione. Il popolo, contento di vederlo
-uccider ladri, masnadieri, prepotenti, prese a benvolergli; lo chiamava
-il Mario o il Silla punico, mentre gli Africani lo amavano qual vindice
-dell'antica Cartagine, il cui nome ricompariva sulle medaglie che la
-nuova batteva in riconoscenza de' vantaggi da lui decretatile.
-
-Mosso per nuove battaglie, da Brindisi fu nella Siria ed a Nisiba di
-Mesopotamia per respingere i Parti (198): varcato l'Eufrate,
-prese Seleucia e Babilonia abbandonate, e la capitale Ctesifonte,
-dopo lungo contrasto e gravi malattie, causate da deficenza di cibo. A
-Roma è comandato esultare di questi trionfi, fra i quali esso dichiara
-augusti Caracalla e Geta suoi figliuoli. Riposato alquanto in Siria,
-visita l'Arabia e la Palestina, ove proscrive la religione ebrea o
-cristiana: vede i monumenti dell'Egitto, e raccolti dai tempj i libri
-di arcane dottrine, li chiude nella tomba d'Alessandro Magno, perchè nè
-quelli nè questa più fossero veduti.
-
-Fra ciò non dimentica di spigolare, come dice Tertulliano, i fautori di
-Nigro e d'Albino e chi gli desse ombra: poi abbandonasi tutto a Flavio
-Plauziano (201), prefetto del pretorio, cui ne' domestici
-ragionari e in senato lodava più che Tiberio non facesse di Sejano.
-Senatori e soldati offrivano a costui statue, voti, sacrifizj, come
-all'imperatore, e giuravano per la fortuna di Plauziano; solo per lui
-arrivavasi all'imperatore e ai posti; ed egli abusava dell'autorità,
-fino a mandare a morte illustri personaggi senza tampoco informarne
-Severo: il quale, credendolo un sant'uomo, il cresceva d'onori, e ne
-faceva sposare la figlia Plautilla al suo Caracalla (202).
-Costei portò una dote che sarebbe bastata, dice Dione, a cinquanta
-regine; e cento persone di nobili case, alcuni anche padri di famiglia,
-furono fatti eunuchi per servirla. Ma non sempre spirò quell'aura.
-Ingelosito di Plauziano, Severo comandò s'abbattessero le statue
-erettegli: vero è che alcuni governatori, interpretandolo per segno di
-disfavore, essendosi affrettati di fare altrettanto nelle provincie,
-furono tolti di posto o sbanditi, e Severo dichiarò che guaj a chi
-facesse affronto a Plauziano. Caracalla, nojato del fasto di Plautilla,
-prese tal odio a lei ed al suocero, che ne giurò la ruina; e nel regio
-appartamento avventatosegli (204), lo fece quivi stesso
-trucidare, dopo, fui per dire, un regno di dieci anni. La figlia e i
-confederati di esso furono relegati o morti, dicendosi che macchinava
-assassinar l'imperatore.
-
-Eppure Severo rifiorì il paese; corresse gli abusi insinuati dopo
-Marc'Aurelio; il tesoro trovato esausto, lasciò riboccante, e grano
-bastevole per sette anni[6], olio per cinque, avendo disposto onde
-alquanto distribuirne in perpetuo a ciascun cittadino. Alzò nuovi
-monumenti, e riparò i vecchi a Roma e nelle maggiori città, sicchè
-molte presero il nome di sue colonie; largheggiò col popolo e negli
-spettacoli; mantenne la pace interna.
-
-Contro i Caledonj sollevati e vincitori accorse nella Britannia
-(208), traendo seco i due suoi figli per istrapparli dalle
-lascivie: e benchè gottoso e vecchio, inseguiva a foco e ferro i nemici
-ne' più fitti loro recessi, li costrinse alla pace, e per separare le
-conquiste nuove dal paese indipendente, tirò una mura sull'istmo tra il
-golfo di Forth (_Bodotria æstuarium_) e la foce della Clyde (_Glota_).
-Poco durarono in quiete i Caledonj, e saputo che Severo stava malato,
-irruppero, ond'egli mandò Caracalla che li guerreggiasse a sterminio.
-Costui, che già aveva tentato assassinare il padre in battaglia, ora a
-capo d'un esercito colorì gli empj disegni, inducendo soldati e tribuni
-a disdire obbedienza al vecchio infermo. Severo rimbrottò l'esercito,
-fece decollare i più rei, ma al figlio perdonò; e l'unico suo atto di
-clemenza nocque al mondo più che tutte le sue crudeltà.
-
-Desolato dall'infame condotta di Caracalla, a York (_Eboracum_)
-sentendosi morire, Severo fece leggere ai due figliuoli il discorso
-che Sallustio mette in bocca a Micipsa per esortare i suoi eredi
-alla concordia: raccomandò quella ch'è principale arte de' tiranni,
-conciliarsi i soldati colle liberalità, poco curandosi del resto: fece
-trasferire la Fortuna Aurea dalla sua nella camera di Caracalla, poi in
-quella di Geta, ed esclamò, — Fui tutto, e a nulla giova»[7]; chiesta
-l'urna preparata per le sue ceneri, soggiunse, — Tu racchiuderai quello
-a cui la terra fu piccola». Non reggendo agli spasimi, domandò veleno,
-e negatogli, mangiò tanto da soffocare (211).
-
-Accostavasi ai sessantasei anni, e ne regnò diciassette e otto mesi.
-All'effigie cerea di lui, in Roma collocata sopra letto d'avorio e
-coltrici d'oro, per sette giorni fecero corteggio senatori in bruno
-e dame in bianco; i medici proseguivano regolari visite, annunziando
-i progressi del male, finchè il settimo pubblicarono la morte. Allora
-il feretro fu per la via Sacra portato a spalla di cavalieri nel fôro,
-accompagnato dai senatori e dalla gioventù che inneggiava l'estinto.
-Sul Campo Marzio erasi elevata splendida piramide di legno, contenente
-quattro camere sovrapposte e decrescenti: nella seconda fu collocato
-il simulacro, sparso d'aromi e di fiori; e poichè i cavalieri ebbero
-attorno gareggiato in corse di cavalli, vi fu messo fuoco, e di mezzo
-alle vampe un'aquila, sciogliendo il volo, simboleggiò l'anima di
-Severo salente agli Dei.
-
-Avea pubblicato leggi di grande, quantunque severa giustizia, cui
-dettava e faceva eseguire egli stesso come despoto; poichè avvezzo ai
-campi e sapendosi esoso al senato, sprezzò e conculcò questo simulacro
-di autorità intermedia fra l'imperatore e i sudditi. Così svellendo gli
-ultimi resti della repubblica, insinuò colla dottrina e colla pratica
-il sistema despotico, e agevolò gli abusi de' suoi successori e il
-tracollo dell'impero.
-
-
-
-
-CAPITOLO XLIV.
-
-I Trenta Tiranni. Diocleziano. Imperatori colleghi. Costituzione mutata.
-
-
-Caracalla e Geta, uno di ventitre, l'altro di ventun anno,
-all'indolenza di chi nasce nella porpora aggiungevano mostruosi vizj
-ed un reciproco esecrarsi. Il padre adoprò consigli e rimproveri per
-mitigare quell'accannimento; s'ingegnò di uguagliarli in tutto, fin,
-cosa inusata, nel titolo d'augusto: ma Caracalla tenevasi oltraggiato
-di ciò, e del veder Geta conciliarsi il popolo e l'esercito.
-
-Appena Settimio Severo chiuse gli occhi, i due augusti abbandonarono
-le conquiste per giungere a chi primo in Roma; e proclamati entrambi
-dagli eserciti, ebbero eguale dominio indipendente. Già in via non
-aveano mangiato mai insieme, mai dormito sotto il medesimo tetto;
-in città si divisero il palazzo, ch'era più grande di tutta Roma[8],
-fortificando la porzione dell'uno contro quella dell'altro, e postando
-sentinelle; nè mai s'incontravano che coll'ingiuria sul labbro, col
-pugno sull'elsa. Per ovviare l'imminente guerra fraterna, fu proposto
-di spartire l'impero; ma Caracalla tolse le difficoltà col trucidar
-Geta (212 — 27 febb) in grembo a Giulia loro madre.
-
-Fra rimorso e soddisfazione, quel mostro fugge al campo de' pretoriani,
-prostrasi agli Dei, e dicendosi scampato dalle insidie fraterne,
-protesta voler vivere e morire coi fedeli soldati. Questi prediligevano
-Geta, ma un donativo di mille settecento lire ciascuno sopì le
-mormorazioni. Caracalla non avea udito da suo padre, — Tienti amici i
-soldati, e basta?» Del senato non restavagli a temere; per dare un osso
-al popolo, lasciò deificar Geta, dicendo, — Sia divo, purchè non sia
-vivo»; e consacrò a Serapide la spada con cui l'avea trafitto.
-
-Ma le furie ultrici straziarono il fratricida, che tra le occupazioni,
-le adulazioni, le lascivie, vedevasi incontro i fantasmi del padre e
-del fratello. Per cancellare ogni memoria dell'estinto, ne abbattè le
-statue, e fuse le monete; a Giulia che lo piangeva, minacciò morte; la
-diede a Fadilla, ultima figlia di Marc'Aurelio; ventimila persone fe
-trucidare, come amici di esso. Ad Emilio Papiniano giureconsulto, già
-odioso a lui perchè Severo gli avea raccomandato l'amministrazione del
-regno e la concordia di sua famiglia, comandò di scrivere un'apologia
-del suo fratricidio, come Seneca avea fatto con Nerone; ma questi
-rispose: — È più facile commetterlo che giustificarlo», e con intrepida
-morte suggellò la fama acquistata colle opere e colle cariche.
-
-Fattosi al sangue, Caracalla ne agogna sempre di nuovo, e basta per
-colpa l'esser ricco o virtuoso. Girò le varie provincie (213-16),
-massime le orientali, sfogando l'ingordigia di supplizj contro
-tutto il genere umano. Dovunque fosse, i senatori doveano preparargli
-e banchetti e sollazzi d'immenso costo, ch'egli poi abbandonava alle
-sue guardie; ergergli palazzi e teatri, che o nè guardava tampoco o
-comandava di demolire. Per acquistare popolarità, vestiva secondo il
-paese; in Macedonia, attestando ammirazione per Alessandro, ordinò un
-corpo del suo esercito a modo della falange, attribuendo agli uffiziali
-il nome di quelli dell'eroe; in Asia idolatrò Achille; dappertutto
-buffone e carnefice; nella Gallia fece uccidere sino i medici che
-l'aveano guarito; per una satira ordinò di sterminare gli Alessandrini,
-e dal tempio di Serapide dirigeva la strage di migliaja d'infelici,
-lutti, come egli scrisse al senato, colpevoli.
-
-Del resto nessuna cura nè degli affari nè della giustizia; a giullari,
-cocchieri, commedianti, gladiatori profondeva oro; a liberti, istrioni,
-eunuchi dava i primi posti: che importavano i lamenti del mondo intero?
-«Tienti amici i soldati, e basta». A costoro Caracalla largheggiò ancor
-più che suo padre, del quale poi non avea la fermezza per frenarli;
-settanta milioni di dramme all'anno distribuiva ad essi, oltre la
-paga aumentata; li lasciava poltrire ne' quartieri, e ne provocava la
-famigliarità, imitandone il vestire, i modi, i vizj. Dopo sprecato
-l'immenso tesoro di Severo, dovette fin battere moneta falsa, e a
-Giulia, che nel rimproverava, rispose impugnando la spada: — Finchè
-avrò questa, mai non me ne mancherà».
-
-Menò qualche guerra, ed essendosi i popoli della Germania sollevati
-di conserva, volendo o parte de' suoi tesori o guerra eterna, egli
-scelse il primo patto: non ricevette però gli ambasciatori, ma i
-soli interpreti, che subito fece ammazzare perchè non testimoniassero
-della sua vergogna. Assassinò il re dei Quadi; e chiamati i giovani
-della Rezia alle armi, li fece scannare. Avendo invitato Tiridate
-re dell'Armenia e dell'Osroene ad Antiochia, lo gittò in carcere,
-e l'Osroene ridusse a provincia; ma l'Armenia non potè. Senz'altra
-dichiarazione entrato sulle terre dei Parti, ne sterminò gli abitanti,
-fin collo sbandare bestie feroci: e sebbene non avesse visto nemico,
-si vantò vincitore dell'Oriente, e il senato gli aggiunse i titoli di
-Germanico, Getico e Partico, ed il trionfo. Elvio Pertinace, figlio
-dell'imperatore ucciso, disse che il soprannome di _Getico_ gli
-conveniva, per allusione a Geta ucciso; e pagò il motto colla vita.
-
-La prefettura del pretorio, che allora comprendeva tutte le funzioni
-del dominio, era stata divisa; pel militare ad Avvento, pel civile a
-Marco Opilio Macrino avvocato di Cesarea in Mauritania. Un africano
-indovino predisse a quest'ultimo l'impero: del che fu mandato avviso
-a Caracalla mentre in Edessa guidava un cocchio, ed egli consegnò il
-dispaccio a Macrino stesso. Questi vide inevitabile il morire o dar
-morte; onde comprò il centurione Marziale, che trafisse Caracalla
-intanto che pellegrinava al tempio della Luna a Carre [Sidenote: 217 —
-8 aprile].
-
-Giulia Domna sua madre, che Severo avea sposata perchè le stelle
-prediceanle regio marito, oltre bella, era di vivace immaginativa,
-di fermo animo, di squisito giudizio, insegnata nelle arti e nelle
-lettere, e protettrice degli uomini d'ingegno, le cui lodi però
-non sopirono certi scandali. Sull'austero e geloso marito mai non
-avea preso ascendente, ma sotto il figlio amministrò con prudenza e
-moderazione; poi, per non sopravivere alla dignità, lasciossi morir di
-fame.
-
-Questo mostro si rese memorabile coll'avere dichiarato cittadini
-romani tutti i sudditi, non per generosità, ma per sottoporre anche
-i provinciali alla ventesima delle eredità, che pagavasi dai soli
-cittadini[9].
-
-Tre giorni vacò l'impero del mondo: al quarto, i pretoriani non
-trovando a chi darlo, acclamarono Macrino, che se ne mostrava
-alieno ed accorato dell'uccisione di Caracalla, e che subito sparse
-doni, promesse, amnistia. Il senato, fin allora esitante, prodigò
-imprecazioni al morto, a Macrino più onori che a verun altro mai,
-cesare il figlio suo, augusta la moglie; e il supplicò di punire i
-ministri di Caracalla e sterminare i delatori. Macrino gli permise
-d'esigliare e senatori e alcuni cittadini, crocifiggere gli schiavi
-o liberti accusatori de' padroni; poi all'esercito consentì la
-deificazione di Caracalla, che il sempre docile senato approvò.
-
-Tentando riparare i disordini, annullò gli editti repugnanti alle
-leggi di Roma; punì col fuoco gli adulteri, chiunque fossero; gli
-schiavi fuggiaschi obbligava a combattere coi gladiatori; talvolta
-i rei lasciava morir di fame; condannava nel capo i delatori che
-non provassero l'accusa; se la provassero, lasciava loro l'ordinaria
-ricompensa d'un quarto dei beni dell'accusato, ma li dichiarava infami;
-i cospiranti contro la sua persona ora punì, ora perdonò. Questo
-rigore, e il surrogare talvolta nelle cariche a persone illustri
-gente sprovvista di nobiltà e di merito, eccitò scontenti; trovossi
-indecoroso il vedere in trono uno che nè tampoco era senatore, nè con
-veruna qualità ricattava la bassezza dei natali.
-
-Giustizia o paura, l'imperatore rimandò i prigionieri rapiti da
-Caracalla: ma Artabano IV re dei Parti, che faceva armi per vendicare
-il costui affronto, pretese riedificassero le terre da Caracalla
-diroccate, restituissero la Mesopotamia, e un'ammenda per le sepolture
-dei re Parti oltraggiate; e non ottenendolo, assalì i Romani presso
-Nisiba, li ruppe, nè concedette pace che al prezzo di cinquanta milioni
-di dramme. Gli Armeni furono mitigati col rimettere Tiridate in trono.
-
-Causa principale delle rotte era l'indisciplina degli eserciti; onde
-Macrino, ingegnandosi di ristabilirla, dai molti quartieri delle città
-li trasferì alla campagna, vietando anzi d'accostarsi a quelle, e
-puniva irremissibilmente ogni lieve fallo: volle anche attenuare la
-paga ai soldati, che allora levarono il grido, rinfacciandogli l'oziare
-suo suntuoso in Antiochia, e l'ipocrisia onde avea finto piangere
-l'assassinio di Caracalla, opera sua.
-
-Soffiava nel fuoco Giulia Mesa, sorella di Giulia Domna, scaltra come
-donna, e come uomo coraggiosa, alla quale Macrino avea lasciato le
-molte ricchezze, relegandola però ad Emesa in Fenicia, coi nipoti Vario
-Avito Bassiano di tredici e Alessandro Severo di nove anni, nati quello
-da Giulia Soemi, questo da Giulia Mammea sue figliuole. Il primo, detto
-Elagabalo dal nome del dio Sole di cui essa l'avea fatto sacerdote,
-dai soldati del non lontano campo di Macrino si fece ben volere per
-dolcezza e affabilità, tanto più dopo che Mesa sparse fosse generato
-da Caracalla, e puntellò tal opinione con larghi donativi; indotti dai
-quali, il proclamarono imperatore col nome di Marc'Aurelio Antonino
-Elagabalo (218). Ulpio Giuliano prefetto del pretorio, spedito contro
-di esso, fu trucidato: Macrino, in tentenno fra il rigore e
-l'indulgenza, alfine lo dichiarò nemico della patria, proclamò
-augusto il proprio figlio Marco Opilio Diadumeno, e promise a' soldati
-cinquemila dramme, al popolo cencinquanta per testa. Non ostante ciò,
-i soldati si chiarirono pel giovinetto; trucidavano gli uffiziali per
-succeder loro nei beni e nel grado com'era promesso; poi in battaglia
-sui confini della Siria e della Fenicia, Macrino con intempestiva
-fuga decise della giornata. Côlto presso Archelaide in Cappadocia,
-mentre era condotto all'emulo, avendo inteso che il bilustre figliuolo
-Diadumeno era stato pubblicamente decollato, si precipitò dal carro,
-e le guardie ne finirono i dolori e la vita. I pochi che resistettero,
-perirono: in venti giorni cominciata e finita la rivoluzione.
-
-Elagabalo molti mesi consumò in frivolo viaggio e pomposo dalla Siria
-in Italia, ove intanto spedì le solite promesse, e il proprio ritratto
-in abiti sacerdotali di seta e d'oro, ondeggianti all'orientale, sul
-capo la tiara, monili e collane e gemme per tutto, le ciglia tinte in
-nero, le gote in rosso; talchè Roma dovette accorgersi che, dopo la
-militare brutalità, le sovrastava il molle despotismo orientale.
-
-E veramente il sacerdote del Sole sorpassò in empietà, prodigalità,
-impudicizia e barbarie i mostri che l'avevano preceduto. Fra le sei
-mogli che in quattro anni condusse e che ripudiò od uccise, contò
-anche una Vestale, colpa inaudita. Non d'altro che di stoffe d'oro
-coprivansi i suoi appartamenti: nudo guidava il cocchio tempestato di
-gemme, cui aggiogava donne seminude, e per giungere a quello non dovea
-calcare che polvere d'oro: d'oro i vasi a qualunque uso, e la notte
-distribuiva ai convitati quelli usati il giorno: le vesti, de' drappi
-più fini, nè mai portò due volte la stessa, mai due volte un anello.
-Le peschiere empì d'acqua di rose, di vino il canale de' conflitti
-navali: un indistinto di fiori ricreava le camere, le gallerie, i letti
-suoi: imbandiva pranzi di sole lingue di pavoni e rossignuoli, d'ova
-di rombi, cervella di papagalli e fagiani, talloni di camelli, mamme
-di cigni: non assaggiava pesci se non quando si trovasse lontanissimo
-dal mare, ed allora ne distribuiva al vulgo quantità de' più fini
-e più costosi al trasporto: nutriva i cani con fegato di paperi,
-i cavalli con uva, le fiere con fagiani e pernici. Chi inventasse
-qualche pruriginoso manicaretto, n'avea premio; ma se non incontrasse
-il gusto dell'imperatore, era condannato a non mangiar altro che di
-quello, finchè non ne scoprisse uno più avventurato. Servivansi inoltre
-a quelle mense piselli misti con grani d'oro, lenti con pietre di
-fulmine, fave con ambra, riso con perle; mescevasi mastice al vin di
-rosa, spolveravansi d'ambra i tartufi e i pesci. D'argento erano le
-tavole, e i vasi in forme impudiche; di nardo alimentavansi le lampade;
-rose e giacinti piovevano sui convitati, alcuna volta in tal quantità
-da soffocarli, per divertimento dell'imperatore.
-
-A infamie le più sozze, di cui il suo palazzo fu un ridotto, invitava
-gli amici, che chiamava commilitoni per l'indegno consorzio; e
-le salaci prodezze guadagnavano agli amasj suoi le prime cariche
-dell'impero. Repente cacciò tutte le meretrici, e vi surrogò garzoni,
-e si fece sposare da un uffiziale e da uno schiavo, consumando le
-bestiali nozze al cospetto del mondo. Amò tanto il servo Ganni, che
-pensò sposargli sua madre e farlo cesare; ma avendolo questi esortato
-a maggior decenza, lo trucidò: altri assai mandò a morte nella Siria
-e altrove, come disapprovassero la sua condotta. Quando apparve la
-prima volta nella curia, volle sua madre fosse annoverata fra i padri
-coscritti, con voce al par di loro; anzi istituì, sotto la presidenza
-di lei, un senato di donne, che risolvessero sugli abiti dei Romani, i
-gradi, le visite, e siffatte importanze.
-
-Pazzo pel dio al quale doveva il nome e il trono, e che era adorato
-sotto forma d'un cono di pietra nera, gli alzò tempio magnifico sul
-Palatino, con riti forestieri; Giove e gli altri Dei gli fossero servi;
-anzi a nessun altro che a quello si prestasse adorazione. Profanati
-adunque e spogli i tempj, al suo furono recati il fuoco eterno di
-Vesta, la statua della Gran Madre, gli scudi Ancili, il Palladio; e da
-Cartagine trasferita la dea Astarte con tutti gli ornamenti, la sposò
-al dio suo con nozze sfarzose. Pel culto di quello, non che astenersi
-egli medesimo dalla carne di porco e farsi circoncidere, sagrificava
-fanciulli, rapiti ad illustri famiglie. Menando in processione la rozza
-pietra s'un carro a sei bianchi cavalli, fece spolverar d'oro la via;
-egli, tenendo le briglie, camminava a ritroso per non torcere gli occhi
-dalla prediletta divinità. Nei sacrifizj suoi vini squisiti, rarissime
-vittime, preziosi aromi si consumavano, e tra le lascive danze che
-sirie fanciulle menavano al suono di barbarici stromenti, i più gravi
-personaggi di toga e di spada adempivano ridicole ed abjette funzioni.
-
-Mesa faceva inutile prova di frenare quel forsennato: e prevedendo
-che i Romani, ossia i soldati, nol soffrirebbero a lungo, lo indusse
-(221) a adottare il cugino Alessandro Severo, acciò, diceva,
-gli affari nol distraessero dalle divine sue cure. Elagabalo, come
-vide costui non pigliar parte alle sue dissolutezze, e rendersi
-caro al popolo e al senato, tentò ucciderlo: ma i pretoriani si
-sollevarono, e uccidevano l'imperatore se a lacrime non avesse
-impetrato gli lasciassero la vita e lo sposo; onde sfogarono la loro
-indignazione sugli altri compagni di sue dissolutezze. Quando l'anno
-vegnente attentò ancora alla vita d'Alessandro, i pretoriani di nuovo
-tumultuarono, e avendo Elagabalo dovuto portarlo nel loro campo, a
-quello profusero applausi, a lui insulti. Irritato, comanda la morte
-di alcuni, ma i loro compagni li strappano al carnefice; si fa baruffa;
-Elagabalo si nasconde nelle fogne, ed ivi scoperto è ucciso (222). Avea
-diciott'anni!
-
-Alessandro Severo di quattordici fu gridato imperatore, augusto,
-padre della patria, grande, prima di pur conoscerlo[10]. Egli, dolce
-e modesto, lasciossi regolare dalla madre Mammea[11], la quale gli
-pose attorno un consiglio di sedici senatori, e a loro capo il celebre
-Domizio Ulpiano, affinchè risarcissero lo scompiglio del governo e
-delle finanze, rimovessero i tanti indegni impiegati, e formassero il
-giovane imperatore.
-
-Rispettoso ad essa e ad Ulpiano, aborrente dagli adulatori, Alessandro
-amò la virtù, l'istruzione, il lavoro. Sorto coll'alba, dopo le
-devozioni nella domestica cappella, adorna delle immagini d'eroi
-benefici, dava opera agli affari nel consiglio di Stato e alle cause
-private, donde ricreavasi coll'amena lettura e collo studiare poesia,
-filosofia, storia, massime in Virgilio, Orazio, Platone e Tullio, senza
-trascurare gli esercizj del corpo. Rimessosi poi agli affari, dava
-spaccio a lettere e memoriali, fin alla cena, frugalmente imbandita per
-pochi amici, dotti e virtuosi, la cui conversazione o la lettura gli
-tenesser luogo de' ballerini e de' gladiatori, condimento ai banchetti
-romani. Vestiva positivo, parlava cortese, a tutti dava udienza in
-certe ore, e un banditore ripeteva quella formola de' misteri eleusini:
-— Qua non entri chi non ha animo castigato ed innocente». Avea scritto
-sulle porte del palazzo: — Fate altrui quel che a voi vorreste fatto».
-Di Cristiani avea piena la Corte, e v'è chi dice adorasse in secreto
-Cristo ed Abramo, e pensasse ergere tempj al vero Dio, se gli oracoli
-non avessero riflettuto che ridurrebbe con ciò deserti que' degli
-altri. Come vedeva usato dai Cristiani nella scelta de' sacerdoti,
-pubblicava il nome de' governatori che eleggeva alle provincie,
-invitando chi avesse alcun che da opporre. Moderato il lusso, diminuì
-il prezzo delle derrate e l'interesse del denaro, non lasciando al
-popolo mancare nè largizioni nè divertimenti. I governatori, persuasi
-che l'amore de' governati fosse il solo modo di piacergli, tornavano
-in lena le provincie; e così ricreavasi l'impero da quarant'anni di
-diversa tirannia.
-
-Restavano, pessima piaga, i soldati, indocili d'ogni freno. Alessandro
-gli amicò coi donativi e con alleviarli da qualche peso, come dal
-portar nelle marcie la provvigione per diciassette giorni; ne diresse
-il lusso sui cavalli e sulle armi; alle loro fatiche sottoponevasi egli
-stesso, li visitava malati, non lasciava alcun servizio senza memoria
-o compenso, e diceva premergli più il conservar loro che se stesso, in
-quelli consistendo la pubblica salvezza.
-
-Ma val rimedio a male incancrenito? Ai pretoriani venne a noja la virtù
-del loro creato, e tacciavano Ulpiano loro prefetto di consigliarlo
-alla severità; onde infuriati corsero Roma per tre giorni come città
-nemica, ficcando anche il fuoco, sinchè ebbero Ulpiano, che trucidarono
-sugli occhi stessi dell'imperatore (230), indarno buono.
-Egual fine minacciavano a qualunque ministro fedele; nè Dione storico
-campò, che con celarsi nelle sue ville di Campania. Le legioni
-imitarono il tristo esempio, e da ogni banda rivolte e uccisioni
-d'uffiziali attestavano che nulla più giovava la bontà in tanta
-sfrenatezza.
-
-Al tempo suo (223-26) una grande rivoluzione ristorò l'impero
-di Persia, e Ardescir-Babegan o Artaserse, figlio di Sassan, re dei
-re, all'unità dell'amministrazione e del culto del fuoco secondo la
-dottrina di Zoroastro ridusse quanto paese giace tra l'Eufrate, il
-Tigri, l'Arasse, l'Oxo, l'Indo, il Caspio e il golfo Persico. Erano
-nuovi tremendi nemici all'impero romano; giacchè Ardescir disegnò
-ricuperare quanto avea posseduto Ciro; e senza riguardo ad Alessandro
-Severo, passò l'Eufrate (232), sottomise molte provincie
-contigue, ed all'imperatore che s'avvicinava coll'esercito mandò
-quattrocento uomini, i più atanti di loro persone, i quali dicessero: —
-Il re dei re manda ordine ai Romani e al loro capo; sgombrino la Siria
-e l'Asia Minore, e restituiscano ai Persiani i paesi di qua dell'Egeo e
-del Ponto, posseduti dai loro avi».
-
-Alessandro s'irritò a quella tracotanza, e tolti ai messi gli
-ornamenti, li relegò nella Frigia; la Mesopotamia senza battaglia
-ricuperò; e sconfisse Ardescir (233), che contava cenventimila cavalli,
-diecimila soldati pesanti, mille ottocento carri da guerra, e
-settecento elefanti. Alessandro divise il suo esercito in tre corpi,
-che per diversi lati invadessero la Partia; e la concordia del ben
-disposto attacco avrebbe potuto fiaccare i Persi, se l'esercito
-romano non avesse ricusato le fatiche e trucidato gli uffiziali. Reduce
-a Roma (234), e vantate le sue imprese in senato, Alessandro
-trionfò condotto da quattro elefanti, ed ebbe il soprannome di Partico
-e di Persico: ma poco stante Ardescir ripigliò quanto i Romani aveano
-acquistato, e in quindici anni di regno consolidò la sua potenza
-minacciosa alla romana.
-
-Alessandro disponevasi a rinnovare le ostilità, da cui lo distrassero i
-Germani. Accorso al Reno, ne li respinse (235); ma l'arrestò
-lo scompiglio de' suoi eserciti, intolleranti delle fatiche, della
-disciplina e del rigore ond'egli puniva qualunque oltraggio recassero
-nelle marcie, lungo le quali faceva ripetere dagli araldi quel suo —
-Fate come volete che a voi si faccia».
-
-Quando Alessandro, reduce d'Oriente, festeggiò nella Tracia con
-giuochi militari il natogli Geta, si presentò un garzone balioso, in
-barbara lingua implorando l'onore di concorrere alla lotta. La sua
-corporatura dava grand'indizio di vigoria; laonde, affinchè non avesse,
-egli barbaro, a trionfare d'un soldato romano, furongli opposti i più
-forzosi schiavi del campo: ma un dopo l'altro, sedici ne abbattè.
-Compensato con regalucci ed arrolato nelle truppe, al domani le
-divertì con saltabellare a modo del suo paese: e vedendo che Severo gli
-avea posto mente, tenne dietro al cavallo di lui in una lunga corsa,
-senz'ombra di stanchezza; al fine della quale avendogli l'imperatore
-esibito di lottare, accettò e vinse sette robusti soldati. Alessandro
-il regalò d'una collana d'oro, e lo scrisse fra le guardie del suo
-corpo con paga doppia, l'ordinaria non bastando al suo mantenimento.
-
-Costui chiamavasi Massimino, di padre goto, di madre alana: alto
-otto piedi, trascinava un carro cui non bastava un par di bovi,
-sradicava alberi, fiaccava la tibia di un cavallo con un calcio,
-spiaccicava ciottoli fra le mani, mangiava quaranta libbre di carne,
-bevea ventiquattro pinte di vino al giorno, quando non eccedesse. Nel
-trattare cogli uomini vide la necessità di frenare la natìa fierezza;
-e sotto i succedentisi imperadori si conservò in grado: Alessandro
-il costituì tribuno della quarta legione; indi, per la disciplina
-che serbava, lo promosse al primo comando, lo ascrisse al senato, e
-pensava dare sua sorella a Giulio Vero figlio di lui, bello, robusto e
-coraggioso quanto superbo.
-
-Tanti benefizj, non che ammansassero Massimino, l'invogliarono a tutto
-osare quando tutto potea la forza; spargeva cronache e risa su questo
-imperator siro, tutto senato, tutto mamma; e formatasi una fazione,
-lo assalì presso Magonza (235), e lo trucidò con Mammea,
-di soli ventisei anni. I soldati uccisero gli assassini, eccetto il
-capo: popolo e senatori piansero Alessandro quanto meritava, e con
-annua festa ne commemoravano il natale. Massimino, gridato imperatore,
-si associò il figlio, cui i soldati baciarono le mani, le ginocchia,
-i piedi; il senato confermò quel che non poteva disfare; e tosto
-cominciarono le vendette e le crudeltà. Come chi da infima perviene
-ad alta fortuna, Massimino temeva il dispregio e i confronti; quindi
-la nascita illustre o il merito erano colpa agli occhi suoi, colpa
-l'averlo vilipeso, colpa l'averlo sovvenuto nella sua povertà. Un
-sospetto bastava perchè governatori, generali, consolari fossero
-incatenati sui carri e portati all'imperatore, che, non sazio della
-confisca e della morte, li faceva o esporre alle fiere entro pelli
-fresche di bestie, o battere sinchè avessero fil di vita. Nè i
-Cristiani cansarono la sua ferocia (236).
-
-A pari con questa andava in lui l'ingordigia; e incamerò le rendite
-indipendenti che ciascuna città amministrava per le pubbliche
-distribuzioni e per sollazzi, spogliò i tempj, e le statue di numi e
-d'eroi volse in moneta. Dappertutto fu indignazione, in qualche luogo
-tumulto. Nell'Africa, alcuni giovani ricchissimi, spogliati d'ogni ben
-loro dal procuratore ingordo, armano schiavi e contadini, trucidano il
-magistrato, e gridano imperatore Marc'Antonio Gordiano (237)
-proconsole di quella provincia.
-
-Questo ricco e benefico senatore, discendente dai Gracchi e da Trajano,
-occupava in Roma il palazzo di Pompeo, adorno di trofei e pitture:
-aveva sulla via di Preneste una villa di magnifica estensione, con
-tre sale lunghe cento piedi, e un portico sorretto da ducento colonne
-de' quattro più stimati marmi: nei giuochi dati al popolo, non esibiva
-mai meno di cencinquanta coppie di gladiatori, talora cinquecento: un
-giorno fece uccidervi cento cavalli siciliani ed altrettanti cappadoci,
-e mille orsi, a non dire le fiere minori: e siffatti giuochi, essendo
-edile, rinnovò ogni mese; fatto console, gli estese alle principali
-città d'Italia.
-
-Qui tutta la sua ambizione; placido del resto da non eccitare la
-gelosia de' tiranni, attendeva alle lettere e cantò in trenta libri le
-virtù degli Antonini. Toccava gli ottant'anni quando gli sopragiunse
-codesta sventura dell'impero; e poichè preci e lacrime adoprò invano
-a stornarla, vedendo non camperebbe altrimenti o dai soldati o da
-Massimino, accettò e pose sede in Cartagine. Imperatore con esso
-fu dichiarato suo figlio Gordiano, il quale avea raccolto ventidue
-concubine e sessantaduemila volumi: da ciascuna delle prime ebbe tre o
-quattro figliuoli; degli altri si valse per fare egli stesso libri, di
-cui qualcuno ci rimane.
-
-Dando contezza al senato della loro elezione, i nuovi imperatori
-protestavano deporrebbero la porpora se così a quello piacesse; dei
-decreti ordinavano la pubblicazione soltanto qualora il senato vi
-acconsentisse; richiamavano gli esuli, promettevano generosamente ai
-soldati e al popolo, invitavano gli amici a sottrarsi dal tiranno.
-La risolutezza del console vinse l'esitanza del senato, che dichiarò
-nemici i Massimini e chi con loro, e ricompense a chi gli uccidesse; e
-per tutta Italia si diffuse la rivolta, contaminata di troppo sangue.
-Il senato avvilito a quel modo sotto il villano goto, ripigliava
-allora spiriti e dignità, disponeva la difesa e la guerra, per deputati
-invitava i governatori in ajuto della patria. Dappertutto erano i ben
-accolti; ma Capeliano, governatore della Mauritania e privato nemico
-de' Gordiani, fatto massa, aggrediva i nuovi imperatori (238) in
-Cartagine. Il figlio periva combattendo; il padre all'annunzio
-si strangolava, regnato appena sei settimane: Cartagine fu presa, e
-torrenti di sangue saziarono la vendetta di Massimino.
-
-Il quale, all'udire le prime nuove, infuriando a modo di bestia,
-voltolavasi per terra, dava del capo nelle muraglie, trafisse quanti
-gli erano intorno, finchè a viva forza gli si strappò la spada, poi
-mosse verso Italia. Proclamava intera perdonanza: ma chi si sarebbe
-fidato? Il senato, spinto dalla disperazione ad un coraggio che la
-ragione rinnegava, proclamò imperatori due vecchi senatori, Massimo
-Pupieno e Claudio Balbino, uno che dirigesse la guerra, l'altro che
-regolasse la città. Il primo, figlio di un carpentiere, rozzo ma
-valoroso ed assennato, era salito di grado in grado fino ai sommi e
-alla prefettura di Roma. Le sue vittorie contro Sarmati e Germani, e
-il tenore austero di sua vita, non disgiunta da umanità, il faceano
-riverito dal popolo; come amato n'era Balbino, oratore e poeta di nome,
-integro governatore di molte provincie, ricco sfondolato e liberale,
-amico de' piaceri senza eccesso.
-
-Appena costoro in Campidoglio compivano i primi sagrifizj, il popolo
-tumultua, vuol fare esso pure una elezione, e che ai due s'aggiunga
-un nipote di Gordiano, fanciullo di dodici anni, anch'esso Gordiano
-di nome. Quelli accettarono il cesare, e rabbonacciato il tumulto,
-pensarono a consolidarsi.
-
-Massimino, a capo dell'esercito col quale avea più volte vinto i
-Germani e meditato stendere l'impero fino al mar settentrionale, movea
-sbuffando sopra l'Italia, che mai non avea vista dopo imperatore;
-e sceso dall'AIpi Giulie, trovava il paese deserto, consumate le
-provvigioni, rotti i ponti, volendo così il senato logorarne le forze
-sotto i castelli nel miglior modo muniti. Prima Aquileja gli abbarrò
-la marcia con risoluto coraggio, fidata nel dio Beleno, che credeva
-combattesse sulle sue mura. Se però Massimino si fosse lasciata alle
-spalle quella città, difilandosi sopra Roma, che cosa avrebbe potuto
-opporgli Pupieno, proceduto sin a Ravenna per tenergli testa? E che
-valevano i politici accorgimenti di Balbino contro gl'interni tumulti?
-Ma le truppe di Massimino, trovando il paese desolato e un'inattesa
-resistenza, s'ammutinarono; e un corpo di pretoriani, tremando per le
-mogli ed i figli loro rimasti nel campo d'Alba, trucidarono il tiranno
-col figlio e co' suoi più fidati.
-
-Aquileja spalanca le porte, assediati e assediatori abbracciansi nella
-esultanza della ricuperata libertà, e in Ravenna, in Roma, per tutto
-la gioja, i mirallegro, i ringraziamenti agli Dei sono in proporzione
-del terrore eccitato dagli uccisi e dalla fiducia nei nuovi. Questi
-abolirono o temperarono le tasse imposte da Massimino, rimisero la
-disciplina, pubblicarono leggi opportune col consiglio del senato, e
-cercarono rimarginare le ferite sanguinose. Pupieno chiedeva a Balbino:
-— Qual premio aspettarci per aver liberato Roma da un mostro? — L'amore
-del senato, del popolo e di tutti», rispose Balbino; ma l'altro più
-veggente: — Sarà piuttosto l'odio dei soldati e la loro vendetta».
-
-E indovinò. Ancor durante la guerra, popolo e pretoriani si erano in
-Roma levati a stormo, inondate le vie di sangue, gittato il fuoco ne'
-magazzini e nelle botteghe. Il tumulto fu sopito, non estinto, talchè
-i senatori andavano muniti di pugnali, i pretoriani adocchiavano
-l'occasione di vendicarsi; tutti al pari beffandosi dei deboli argini
-che gl'imperatori mettevano al torrente delle fazioni. Crebbe il
-fermento allorchè i pretoriani si trovarono riuniti in Roma; e fremendo
-che agl'imperatori da essi eletti fossero surrogate queste creature
-del senato, e che si pretendesse rimettere le leggi e la disciplina,
-trucidano gl'imperatori, e recano al campo il giovine Gordiano III,
-proclamandolo unico padrone (238).
-
-Quel fanciullo pareva nato fatto per riconciliare i rissosi: egli
-bello, egli soave, egli rampollo di due imperatori, morti prima di
-divenire malvagi; egli detto figliuolo dal senato, come dai soldati;
-egli dalla plebe amato più che qualunque suo predecessore. Misiteo,
-suo maestro di retorica poi suocero e prefetto al pretorio, dato lo
-sfratto a' ribaldi confidenti del giovine imperatore, meritò la fiducia
-coll'onestà e colla valentìa. Ma poco appresso morì; e il comando
-de' pretoriani fu commesso a Marco Giulio Filippo, che, non contento
-di quel posto, brigò fra i soldati tanto, che obbligò Gordiano ad
-assumerlo compagno nel dominio (244), poi lo depose, infine
-lo trucidò a Zait mentre guerreggiava il re sassanide Sciapur o Sapore,
-figlio di Ardescir.
-
-Filippo era nato a Bosra nell'Idumea, da un capo di carovane arabe, e
-v'è chi lo dice cristiano, sebbene le opere nol mostrino. Acconciatosi
-con Sàpore, tornò in Antiochia (243), dove volendo assistere
-alla solennità della Pasqua, il vescovo Babila lo dichiarò indegno,
-finchè non subisse la penitenza. Giunto a Roma, si conciliò il popolo
-colla dolcezza, e celebrò il millenario della città (247)
-con giuochi ove combatterono trentadue elefanti, dieci orsi, sessanta
-leoni, un caval marino, un rinoceronte, dieci leoni bianchi, dieci
-asini, quaranta cavalli selvaggi, dieci giraffe, oltre belve minori e
-duemila gladiatori. Sanguinosi dovean essere i giubilei della eroica
-città.
-
-Ma d'ogni parte rampollavano nuovi imperatori, il più fortunato
-de' quali fu Gneo Messio Decio di Sirmio, governatore della Mesia;
-marciando contro del quale Filippo fu trucidato a Verona (249) per
-mano dello stesso Decio, dopo cinque anni d'impero.
-
-Aveva egli lasciato progredire la religione cristiana, contro della
-quale invece Decio bandì severissimi editti (250): e chi
-ne faceva professione, era sturbato dalle case e dai beni, e tratto
-al supplizio. Rinnovaronsi allora gli orrori delle proscrizioni;
-fratelli tradirono i fratelli, figliuoli i padri; chi potea sottrarsi
-a quel furore, si riduceva nelle selve e negli eremi. V'era mosso
-Decio dall'amore dell'antica disciplina, che, attribuendo le
-sciagure dell'impero alla corruttela, tentò ripristinare. Avea
-pensato ristabilire la censura; quasi la rugginosa instituzione
-fosse applicabile quando su tutto il mondo incivilito sarebbesi
-dovuto estendere l'ispezione, e chiamare a giudizio inerme l'armata
-depravazione. Pure volendo che il senato eleggesse un censore,
-l'unanime voce acclamò Valeriano; e l'imperatore, conferendogli il
-grado, disse: — Te fortunato per l'universale approvazione! ricevi
-la censura del genere umano, e giudica i nostri costumi. Eleggerai
-i meritevoli di seder nel senato, renderai lo splendore all'ordine
-equestre, crescerai le pubbliche entrate pur alleggerendo le gravezze,
-dividerai in classi l'infinita moltitudine de' cittadini, terrai
-ragione di quanto concerna le forze, le ricchezze, la virtù, la
-potenza di Roma. Al tuo tribunale sono soggetti la corte, l'esercito,
-i ministri della giustizia, le dignità dell'impero, eccetto solo i
-consoli ordinarj, il prefetto della città, il re dei sacrifizj, e la
-maggior Vestale sinchè casta».
-
-Prima che al fatto apparisse ineseguibile quel disegno, lo interruppero
-i Goti, che invasero la Bassa Mesia (254), poi la Tracia
-e la Macedonia. Ora vincendo a forza, ora giovato dai tradimenti,
-l'imperatore li ridusse a tale estremità, che offrirono di rendere i
-prigionieri ed il bottino, pur che fossero lasciati ritirarsi. Decio,
-risoluto a sterminarli, s'attraversò al loro passo. Mal per lui;
-giacchè, assalito in disperata battaglia, vide cadere trafitto il
-proprio figliuolo. Decio gridò ai soldati: — Non abbiam perduto che un
-uomo; sì lieve mancanza non ci scoraggi»; ed avventatosi ove più fervea
-la mischia, vi trovò la morte.
-
-Dell'esercito sbaragliato le reliquie si raggomitolarono al corpo di
-Vibio Treboniano Gallo, da lui spedito per tagliare la ritirata ai
-Goti. Questi, che forse avea colpa della sconfitta, finse volerla
-vendicare, e così amicossi l'esercito che l'acclamò imperatore: ed
-egli si associò Ostiliano figlio di Decio, e, morto fra breve costui,
-il proprio figlio Volusiano. Ma non appena il senato lo confermò,
-conchiuse vergognosa pace coi Goti, promettendo fin un tributo;
-serbatosi a manifestare il suo coraggio col perseguitare i Cristiani.
-
-Nel suo regno d'un anno e mezzo, peste e siccità desolarono; Goti,
-Borani, Carpi, Burgundioni irruppero nella Mesia e nella Pannonia; gli
-Sciti devastarono l'Asia, i Persiani occuparono fino Antiochia. Il
-mauro Emilio Emiliano, comandante della Mesia, borioso d'aver vinto
-i Barbari, e sprezzando Gallo che marciva a Roma nei piaceri, si fa
-salutare imperatore (253 — maggio), e prima che questi ben
-si sdormenti, entra in Italia, e scontratolo a Terni, il vede ucciso
-col figlio Volusiano da' suoi stessi soldati. Ma l'esercito uccide lui
-pure presso Spoleto, dopo quattro mesi di regno, e s'accorda col senato
-e coll'esercito della Gallia e Germania che aveano acclamato Licinio
-Valeriano.
-
-Illustre nascita, modestia, prudenza faceano caro costui, che
-forbendosi dai vizj d'allora, applicava alle belle lettere i suoi
-riposi; devoto dei costumi antichi, aborriva la tirannide, talchè parea
-degno dell'impero. Ma come l'ottenne, si sentì inabile a tanto peso;
-nè altro ajuto seppe scegliere che il proprio figlio Egnazio Gallieno,
-effeminato e vizioso. Pure dava miti ed opportuni provvedimenti, quando
-il chiamarono all'armi i popoli, che dal Settentrione e dall'Oriente
-irrompevano.
-
-Valeriano, vittorioso dei Goti, combattendo Sàpore (259)
-nella Mesopotamia restò vinto e prigioniero per tradimento di Fulvio
-Macriano suo favorito. Il re dei re, invanito dell'opìmo trionfo, il
-menò catenato per le città principali, sul dosso di lui metteva il
-piede per montare a cavallo: morto dopo parecchi anni di prigionia,
-lo fece scorticare, e dedicarne la pelle in un tempio, a perpetuo
-obbrobrio. Altri storici attestano che rispettò il prigioniero, a cui
-lo strazio peggiore fu il vedere suo figlio esultare d'una sventura
-che anticipavagli il regno. I Cristiani vi ravvisarono la punizione
-dell'aver perseguitato i Fedeli, come fece ad istigazione di Marciano,
-famigerato mago egizio, il quale gli persuase non potrebbe l'impero mai
-prosperare finchè non annichilasse un culto abbominato dai patrj numi.
-
-All'annunzio della sconfitta, tutti i nemici dell'impero quasi
-d'accordo l'assalgono e invadono anche l'Italia. Dal pericolo ridesti,
-i senatori posero in essere la guarnigione pretoriana, arrolandovi i
-più robusti plebei, sicchè i Barbari diedero volta. Gallieno rimasto
-solo all'impero, s'adombrò di quest'accesso marziale; onde interdisse
-ai senatori qualunque grado militare, e fin l'accostarsi ai campi delle
-legioni: esclusione che i ricchi ammolliti accettarono come un favore.
-
-Gallieno procurò imbonire i Barbari anche con parentele, sposando la
-figlia di Pipa re dei Marcomanni, nozze sempre tenute per sacrileghe
-dalla romana vanità. Nell'Illiria sconfisse e uccise Ingenuo acclamato
-imperatore, e in vendetta mandò per le spade gli abitanti della Mesia,
-colpevoli o no. — Non basta (scriveva a Veriano Celere) che tu faccia
-morire semplicemente quelli che portarono le armi contro di me, e
-che avrebbero potuto perire nella zuffa; voglio che in ogni città tu
-stermini tutti gli uomini, giovani o vecchi: non risparmiare pur uno
-che m'abbia voluto male o sparlato di me, figlio, padre e fratello di
-principi. Uccidi, strazia senza pietà, fa come farei io stesso che di
-propria mano ti scrivo»[12].
-
-Al furibondo decreto davasi esecuzione (261), talchè i minacciati, per
-disperazione, gridarono imperatore Nonio Regillo. Daco d'origine, e
-discendente da Decebalo che guerreggiò con Trajano, era prode a segno,
-che Claudio, futuro imperatore, gli scrisse: — Un tempo ti sarebbe
-stato decretato il trionfo: ora ti consiglio a vincere con maggior
-precauzione, e non dimenticare che v'è cui le tue vittorie darebbero
-sospetto». Questo valore lo portò al trono, ma non gliel conservò, e
-ben tosto fu ucciso (262) dai proprj soldati.
-
-Un altro imperatore sorto nelle Gallie, Cassiano Postumio, di bassa
-nazione ma sommo capitano, assediò in Colonia Salonino figlio di
-Gallieno, e l'uccise (259), ed ebbe omaggio dalla Gallia,
-dalla Spagna e dalla Bretagna, per otto anni conservandovi la
-tranquillità, e facendosi amare.
-
-Tanti tumulti interni lasciavano agevolezza al persiano Sàpore di
-devastare a baldanza l'Oriente. Anicio Balisto, capitano del pretorio
-sotto Valeriano, raccolte le reliquie dell'esercito di questo, osa
-tenergli fronte, e supplendo al numero colla rapidità e l'arte,
-libera Pompejopoli in Cilicia, fa macello de' Persi in Licaonia, molti
-rendendone prigioni, e tra questi le donne di Sàpore; poi ritirandosi
-prima che questi il raggiunga, sbarca come un lampo a Sebaste e a
-Corissa di Cilicia, sorprendendo e trucidando gl'invasori. Lo aveva
-soccorso Odenato di Palmira, sceico d'alcune tribù di Saracini, educato
-dalla puerizia a caccie e battaglie; e che respinto Sàpore e toltigli i
-tesori, entrò nella Mesopotamia, e inoltrossi nel cuore dell'impero per
-liberare Valeriano. Vinto Sàpore in campale giornata (261)
-sulle sponde dell'Eufrate, lo chiude colla sua famiglia in Ctesifonte,
-e gli sforzi suoi erano forse coronati, se le rinascenti sedizioni
-dell'impero non avessero resa impossibile qualunque impresa grande. In
-ricompensa de' segnalati servigi, nominato da Gallieno capo di tutte
-le forze romane in Oriente, Odenato assunse il titolo di re di Palmira,
-città del deserto (263), che per la cintura delle solitudini
-isolata dal mondo, erasi serbata indipendente fra Roma e i Parti,
-straordinariamente arricchita dall'essere la posata delle carovane che
-andavano e venivano fra l'impero romano e le Indie.
-
-Mentre quivi Odenato e Balisto faceano mirabili prove, Gallieno
-logoravasi fra meretrici: la crudeltà esercitava, non contro
-i senatori, ma contro i soldati, facendone morire fin tre e
-quattromila al giorno. Una volta menò ridicolo trionfo con finti
-prigionieri vestiti da Goti, Sàrmati, Franchi e Persiani; onde alcuni
-inopportunamente lepidi si diedero a squadrare costoro, e chiesti che
-cosa esaminassero tanto minutamente, risposero: — Cerchiamo il padre
-dell'imperatore». Gallieno li fece buttare nel fuoco, ottimo modo di
-aver ragione. Poi prendea diletto a disputare col filosofo Plotino, e
-ideava di commettergli una città ove ridurre in atto la repubblica di
-Platone; faceva anche bei versi ed orazioni; sapeva con pari maestria
-ornare un giardino o cuocere un pranzo; iniziavasi ai misteri di
-Grecia, sollecitava un posto nell'areopago d'Atene; e nelle solennità
-d'immeritati trionfi o nel lusso di sua corte profondeva tesori, che
-la pubblica miseria e le grandi calamità reclamavano. Singolarmente
-memorabile fu il trionfo da lui menato a Roma il decimo anno di suo
-impero, e descrittoci da Trebellio. L'imperatore, corteggiato dal
-senato, dai cavalieri, dalle milizie biancovestite, preceduto dal
-popolo, da donne, da servi con torcie e candele, andò processionalmente
-in Campidoglio. Cento bovi colle corna dorate e con gualdrappe di
-seta, preziosa rarità, e ducento pecore bianche precedeano, ond'essere
-sagrificate. Vi fecero pur mostra dieci elefanti, milleducento
-gladiatori, carrette con ogni maniera di buffoni e commedianti, forze
-ciclopiche, feste e giuochi per tutto, infine alquante centinaja di
-persone vestite da Sciti, da Franchi, da Sarmati, da Persi. Fra ciò,
-nessuna cura de' pubblici interessi; se gli si dice morto suo padre,
-— Sapevo ch'egli era mortale»; se gli annunziano perduto l'Egitto,
-— Faremo senza delle sue tele»; se occupata la Gallia, — Perirà Roma
-senza le stoffe di Arras?» se predata l'Asia dagli Sciti, — Non potremo
-noi lavarci senza le spume di nitro?»
-
-Quest'indolenza suscitava d'ogni parte usurpatori, che nella storia
-sono conosciuti col nome di Trenta Tiranni, sebbene quel numero non
-si ragguagli col vero: ma come senza noja e confusione seguire tutti
-costoro nel breve tragitto dal trono alla tomba?
-
-Fulvio Macriano, meritati i primi gradi della milizia, coll'appoggio
-di Balisto si fece gridar imperatore. Appena l'udì, Valerio Valente,
-proconsole nell'Acaja, prese il titolo stesso: lo imitò Calpurnio
-Pisone (261), speditogli contro. Era quest'ultimo d'illustre
-casa e di grandi virtù, talchè, all'udirlo ucciso, Valente sclamò: —
-Qual conto dovrò rendere ai giudici infernali della morte d'uno che non
-ha l'eguale nell'impero!» Il senato ne decretò l'apoteosi, dichiarando
-non essersi mai dato uomo migliore nè più fermo.
-
-Macriano sul confine della Tracia fu sconfitto e morto. Balisto,
-chiamatosi imperatore in Emesa, è da un sicario di Gallieno tolto di
-vita (264). In Egitto un Emiliano fu pure sconfitto e spedito
-a Roma, e quivi strangolato in prigione, secondo il rito degli avi.
-Nell'Asia Minore gl'Isauri acclamarono Claudio Annio Trebelliano, e
-morto questo in campo, ricusarono sottomettersi, e devastarono l'Asia
-Minore e la Siria fin al tempo di Costantino. Cornelio Gallo, gridato
-augusto in Africa, in capo a sette giorni è crocifisso.
-
-Postumio nelle Gallie associossi Pianvonio Vittorino, resistendo a'
-replicati attacchi di Gallieno, e vincendo un Lucio Eliano, erettosi
-imperatore a Magonza; ma non volendo assentire ai soldati il saccheggio
-di questa città, fu trucidato col figlio. Servio Lolliano che gli
-successe, cadde ucciso per istigazione di Vittorino (266),
-che restò unico padrone delle Gallie, finchè un marito oltraggiato non
-lo scannò. Erasi egli destinato successore il figlio: però i Galli,
-sdegnando obbedire ad un fanciullo, elessero Marc'Aurelio Mario,
-armajuolo di forza e valore straordinario; ma, tre giorni dopo, un
-suo garzone gli confisse la spada nel cuore, dicendo: — Fu fabbricata
-nella tua fucina». I soldati gli surrogarono Pesuvio Tetrico, senatore
-e consolare, che restò in possesso della Gallia, Spagna e Britannia.
-Questi efimeri erano elevati ed abbattuti da Vittoria madre di
-Vittorino, che a Gallieno opponeva virile coraggio e immense ricchezze.
-
-Anche Odenato, che, pel merito d'aver conservate le provincie
-orientali, era stato da Gallieno assunto socio all'impero, e che
-continuava prosperamente contro i Persi, mentre accorreva per riparare
-alle invasioni dei Goti fu assassinato ad Emesa da un suo nipote
-(267); e in nome dei tre figli che lasciava, governò la sua
-seconda moglie Zenobia, forse complice dell'assassinio, col titolo di
-regina d'Oriente e colle insegne imperiali.
-
-Acilio Aureolo, generale di Gallieno nell'Illiria, era stato obbligato
-dall'esercito ad accettare la porpora, e passate le Alpi, battuto
-l'esercito imperiale sull'Adda fra Bergamo e Milano, ove gettò un ponte
-che ancora conserva il suo nome (Pons Aureoli, Pontiròlo) (268), occupò
-Milano. Quivi assediava Gallieno, quando una congiura tolse questo di
-vita, nel decimoquinto anno di regno, trentesimoquinto d'età. Sulle
-prime i soldati voleano vendicarlo, poi vinti a denaro il dichiararono
-tiranno; il senato lo pubblicò nemico della patria, fece trabalzare i
-suoi amici e parenti dalla rupe Tarpea, poco dopo lo deificò.
-
-Il suo fu de' più infelici tempi che la storia ricordi; tutto guerra
-dal Nilo alle Spagne, dall'Eufrate alla Bretagna; orde di Barbari
-irrompevano, gli schiavi agricoli insorgevano, i tiranni faceano a
-chi peggio: e poichè ogni nuovo che saltasse su, doveva profondere
-coi soldati, bisognava smungesse il popolo; come in ogni Stato nuovo,
-commetteva vessazioni e crudeltà; poi rapidamente cadendo, avvolgeva
-nelle ruine l'esercito e le provincie. Talvolta ancora questi
-istantanei signori davano mano ai Barbari per sostenersi contro i
-rivali; sempre la loro disunione ne fomentava le correrie. La fame e la
-peste durata dal 250 al 65 faceano del resto; poi tremuoti, eclissi di
-sole, cupi muggiti della terra accrescevano lo sgomento dei popoli.
-
-A un impero costituito sulle armi, dalle armi potea derivare qualche
-ristoro: e ne arrestò di fatto il tracollo una serie di prodi
-imperatori, venuti dall'Illiria dopo di tristi venuti d'Africa e di
-Siria. L'esercito acclama Marc'Aurelio Claudio (268), come
-il più degno di sostenere il nome e la dignità imperiale; e i senatori
-lo confermano, adunandosi nel tempio d'Apollo: — Augusto Claudio, gli
-Dei ti conservino per noi (ripetuto sessanta volte). Te o un par tuo
-noi abbiamo sempre desiderato (quaranta volte). Tu padre, tu fratello,
-tu amico, tu senatore eccellente, tu vero imperatore (quaranta volte).
-Tetrico è un nulla avanti a te (sette volte). Liberaci da Aureolo, da
-Zenobia, da Vittoria (cinque volte)».
-
-Quest'illirico, acquistato il trono senza delitti, continuò l'assedio
-di Milano finchè vi prese Aureolo, e ne concesse la morte alla domanda
-del suo esercito; sconfisse i Germani inoltratisi fino al lago di
-Garda: ma Tetrico si sostenne nella Gallia anche dopo morta Vittoria.
-Claudio in Roma attese a ricomporre come meglio poteva i disordini
-causati dai precedenti tumulti; agli amici e alla famiglia di Gallieno,
-dal senato condannati a morte, impetrò il perdono; e fu soprannomato il
-secondo Trajano.
-
-Mosso contro i Goti (269) che, saccheggiate le provincie,
-ritiravansi per l'Alta Mesia, scrisse al senato: — Mi trovo al cospetto
-di trecenventimila nemici. Se n'esco vincitore, confido sulla vostra
-riconoscenza: se l'esito non risponde alle speranze, vi ricordi che dal
-regno di Gallieno l'impero restò snervato, colpa sua e de' tiranni che
-desolarono le nostre provincie. Nè lancie abbiamo, nè spade, nè scudi;
-le Gallie e la Spagna, anima dell'impero, sono in mano di Tetrico;
-gli arcieri, occupati contro Zenobia. Per poco che otteniamo, sarà già
-assai». Pure, dopo alquanti giorni, potè scrivere di nuovo: — Abbiam
-disfatto i Goti e distrutto la loro flotta di duemila vele; i campi
-sono coperti di scudi e di cadaveri; e tanti prigioni, che due o tre
-donne toccarono per ciascun soldato».
-
-Di vittorie così segnalate faceva mestieri per puntellare il vacillante
-impero. Ma Claudio durò appena due anni: il senato gli decretò divini
-onori (270), e sospese nelle sale delle adunanze uno scudo
-d'oro coll'effigie di esso; il popolo gli alzò una statua d'oro alta
-sei piedi, una d'argento pesante mille cinquecento libbre; e unanimi
-chiamarono a succedergli il fratello Marc'Aurelio Quintillo: il quale,
-dopo diciassette giorni, fu trucidato dall'esercito, o si uccise
-all'udire che l'esercito aveva proclamato Lucio Domizio Aureliano.
-
-Quest'umile pannone era segnalato per forza e valore, sicchè i soldati
-il conosceano col soprannome di _Mano al ferro_; cantavano ad onor suo
-canzoni, il cui ritornello era _Mille, mille, mille uccise_, e diceano
-che in varie battaglie ammazzasse di suo pugno novecentocinquanta
-nemici. I Goti gli chiesero pace: ma Alemanni, Giutongi e Marcomanni
-malgrado suo penetrarono in Italia, e presso Piacenza voltolo in
-fuga, si difilarono sopra Roma. Lo spavento allora andò al colmo,
-si consultarono i Libri Sibillini, e l'imperatore stesso si lagnò
-col senato perchè ne' riti religiosi procedesse a rilento. — E che?
-(diceva) siete forse radunati in una chiesa cristiana, non più nel
-tempio di tutti gli Dei? Esaminate; e qualunque spesa, qualunque
-animale od uomo vi ordinino i sacri libri, io ve ne fornirò».
-Processioni di sacerdoti biancovestiti tra cori di vergini e garzoni,
-che lustravano la campagna e la consacravano con mistici sacrifizj,
-ravvivarono il coraggio de' Romani, sicchè Aureliano, raccozzate
-le reliquie, presso Fano ruppe i Germani, poi in altre battaglie li
-sterminò. Anche i Vandali che avevano varcato il Danubio, furono da lui
-sconfitti, e costretti a dare ostaggi i figli dei due loro re. Cercando
-però vantaggio reale, più che lusinghiera apparenza, abbandonò la
-conquista di Trajano di là dal Danubio.
-
-Ripristinata la disciplina[13], ogni leggier mancamento de' soldati
-puniva severissimamente; avendo un d'essi violato la donna dell'ospite
-suo, lo fece legare a due alberi piegati, e sparare. I soldati
-pertanto, in canzoni diverse dalle prime, cantavano: — Costui versò
-più sangue che altri non bevesse vino». Se non che faceva sembrare
-meno pesante quella disciplina col sottoporvisi egli stesso. Anche in
-Roma dovette ricorrere ai partiti più rigorosi, e varj senatori mandò a
-morte per accuse lievi nè provate. Riparò la mura attorno alla città,
-per modo che ventun miglio circuiva: il che, se blandiva l'orgoglio
-romano coll'estensione, l'umiliava, avvertendo come la capitale
-dell'impero dovesse provvedere con munizioni alla propria sicurezza.
-
-Disposte le cose per la pace e la guerra, drizzò contro la regina
-Zenobia, che scaltra e coraggiosa restò padrona della Siria e della
-Mesopotamia, ebbe anche l'Egitto, prese gran parte d'Asia. Aureliano
-la vinse presso Antiochia ed Emesa (272), l'ebbe prigioniera,
-distrusse Palmira di modo, che fin le immense sue ruine si ignorarono,
-finchè nel secolo passato ridestarono la meraviglia degli artisti e de'
-curiosi. Domo anche l'Egitto, la cui conservazione tanto importava per
-vettovagliare l'Italia, determinato il grano, il papiro, il lino, il
-vetro che annualmente dovea tributare, Aureliano si volse all'Europa
-per ritogliere Spagna, Gallia e Britannia dalle mani di Tetrico.
-Questi, che per cinque anni avea piuttosto obbedito che comandato a
-turbolenti soldati, venne a darglisi spontaneo (271), onde
-dopo tredici anni quelle provincie si ricongiunsero all'impero.
-
-Aureliano menò trionfo pomposo se altro mai. Precedeano venti
-elefanti, quattro tigri, oltre ducento fiere delle più rare e curiose
-dell'Oriente e del Mezzodì; poi mille seicento gladiatori destinati
-all'anfiteatro. Seguivano i tesori dell'Asia e della regina di Palmira
-in bell'ordine e disordine; e sopra carri innumerevoli, elmi, scudi,
-corazze, insegne militari. Gli ambasciadori di remotissime regioni,
-etiopi, arabi, persi, battriani, indi, cinesi, venuti al rumore
-delle sue vittorie sopra Palmira, attraevano gli occhi sì per la
-stranezza loro, sì per la dovizia e la singolarità dell'addobbo. I
-prodotti di tutte le parti, e le corone d'oro regalategli dalle città
-riconoscenti, attestavano l'obbedienza e la devozione del mondo a
-questa Roma sull'orlo del sepolcro. Seguivano lunghe file di Goti,
-Vandali, Sarmati, Alemanni, Franchi, Galli, Siri, Egizj incatenati;
-dieci guerriere gotiche, prese coll'armi alla mano, e intitolate
-nazione delle Amazoni; l'imperatore Tetrico, colle brache galliche,
-la tunica gialla e il manto di porpora, accompagnato dal figlio e dai
-gallici cortigiani; Zenobia regina, tutta gioje e con catene d'oro alle
-mani e al collo, sorretta da schiave persiane, con dietro il magnifico
-carro, in cui avea sperato salire trionfalmente al Campidoglio, e i
-due sontuosi di Odenato e del re persiano. Nel quarto stava Aureliano,
-tratto da quattro cervi o forse renni, tolti a un re goto. Senatori e
-illustri cittadini chiudeano fra un suono di viva: poi giuochi scenici
-e circesi, battaglie di gladiatori, di fiere, di navi fecero memorabile
-quella solennità.
-
-Sebbene l'esercito avesse a gran voci domandato in Siria la morte di
-Zenobia, Aureliano le donò assai terre nei contorni di Tivoli, ove
-potesse vivere conforme al grado: collocò nobilmente le figlie di
-essa, e all'unico maschio sopravissuto conferì un piccolo principato
-in Armenia. A Tetrico consentì il titolo di collega e il governo della
-Lucania, e gli diceva celiando che il governare una provincia d'Italia
-dava più onore che il regnar nelle Gallie.
-
-A porre in qualche miglior assetto la pubblica cosa, bandì leggi contro
-l'adulterio e il concubinato, eccetto se fosse con ischiave: i liberti
-e servi suoi puniva severamente, e se delinquessero li consegnava al
-magistrato ordinario. Cercò reprimere il lusso, principalmente la
-profusione dell'oro in ricami; e fin alla moglie e alla figliuola
-sua non soffriva gli abiti di seta, perchè questa vendevasi a peso
-d'oro[14]: alzò in Roma il tempio del Sole, riboccante di metalli
-preziosi e di perle, con vasi d'oro pel peso di quindicimila libbre:
-il Campidoglio e altri tempj ornò con doni speditigli da principi
-stranieri, e assegnò stipendj pei sacerdoti e pel culto, ravvivato
-in ogni modo. Oltre l'olio e il pane, distribuiva al popolo carne di
-majale; voleva aggiungere il vino, ma il prefetto del pretorio notò
-che presto il popolo avrebbe preteso anche polli. Rimise ogni debito
-de' privati verso l'erario, facendo bruciare le polizze, e ogni colpa
-di Stato. Ma una sollevazione, eccitata da non sappiamo quale riforma
-della moneta, e che fu a fatica soffocata in torrenti di sangue,
-ridestò l'indole severa di Aureliano, il quale empì le carceri e i
-patiboli, massimamente di senatori.
-
-Unico diritto conoscendo la spada, trattava l'impero non altrimenti
-che paese di conquista. Perciò il senato recosselo in odio,
-quanto l'amava l'esercito; eppure da questo trovò la morte. Mentre
-s'accingeva a vendicare in Persia Valeriano, Mnesteo suo liberto e
-segretario, minacciato da esso per alcune estorsioni, prevenne il
-castigo col mostrare ai principali dell'esercito una finta lista
-di nomi proscritti, e persuaderli a fuggire la morte col darla
-all'imperatore. In fatto tra Eraclea e Bisanzio fu trucidato dalle
-sue guardie (275); scoperta poi falsa la scritta, i congiurati
-gettarono Mnesteo alle fiere, ed eressero un tempio al _restauratore
-dell'impero_. E veramente in que' cinque anni Aureliano avea
-rimarginato le piaghe aperte dall'infingardo Gallieno, schermito
-l'Italia da' Barbari, tornato l'unità all'impero, ricevuto omaggio
-da Ormisda successore di Sapore; e se l'eccessivo rigore nol lascia
-noverare fra i principi buoni, sta fra gli utili, in tempo che la spada
-sola poteva rinfrancare un impero sulle spade fondato.
-
-I primarj uffiziali, trovandosi rei del sangue d'Aureliano, non osarono
-scegliere il successore, e scrissero al senato perchè esso medesimo
-eleggesse uno, pari al presente bisogno, e mondo di quell'assassinio.
-Marco Claudio Tacito, principe del senato, dissuase dall'accettare
-un incarico che susciterebbe turbolenze se la scelta spiacesse
-all'esercito: onde la rimisero a questo, e questo di nuovo ai senatori,
-e così fin a tre volte; sicchè otto mesi vacò l'impero. La quiete
-interna non ne pativa, ma prendevamo baldanza i nemici dall'Eufrate al
-Danubio; onde alfine esso Tacito, discendente dallo storico, dolce di
-natura, ammiratore dell'antica semplicità, vecchio di settant'anni,
-si lasciò indurre ad accettar la primazia dello Stato e del mondo,
-decretatagli per autorità del senato, e meritata pel grado suo e per le
-azioni.
-
-Il suo patrimonio, del valore di un milione seicentomila sesterzi,
-vendette e cesse al pubblico[15]; francò quanti schiavi aveva in
-Roma; e dalla sua temperanza e dal risparmio trasse di che fare
-liberalità. Chiuse i postriboli affatto, i pubblici bagni prima
-di sera; ordinò tempj e sacrifizj per gl'imperatori buoni; escluse
-gli schiavi dal testimoniare contro i padroni; vietò le dorature e
-l'amalgamare i metalli[16]. Ai senatori rese le attribuzioni antiche;
-del che esultanti menarono processioni, e scrissero a tutte le città
-e popoli amici che a loro si dirigessero gli appelli dai proconsoli,
-non più all'imperatore nè al prefetto del pretorio: essi destinavano i
-proconsoli, e conferivano le magistrature con tale indipendenza, che
-negarono il consolato a un fratello di Tacito, da lui raccomandato;
-e davano forza agli editti imperiali coi loro decreti. Ultimo lampo
-dell'autorità senatoria.
-
-Tacito si amicò anche l'esercito con largizioni e col condurlo contro
-i nemici: ma da una parte la rigidezza del clima, dall'altra le
-turbolenze dei soldati, imbaldanziti dalla dolcezza di lui, il trassero
-in Cappadocia (276) alla tomba, dopo appena sei mesi. Antonio Floriano
-suo fratello si fece vestire della porpora, ed ebbe obbedienza dalle
-provincie d'Europa e d'Africa: ma tre legioni d'Asia si chiarirono per
-Valerio Probo sirmiese; quindi guerra civile, sinchè, due mesi dopo, il
-primo restò trucidato.
-
-Probo, colle doti di gran principe, rincacciò fin oltre il Reno i
-Barbari invasori della Gallia; costrinse Goti e Persi a chieder pace;
-soggiogò gl'Isauri, spargendoli fra le provincie più lontane; ruppe
-i Blemmi, stanziati fra l'Etiopia e l'Egitto; contro i Germani tese
-una linea, non più d'alberi e palizzate come Trajano, ma di muro vivo,
-che dalle vicinanze di Neustadt e di Ratisbona sul Danubio stendeasi
-traverso a monti, valli, fiumi e paludi sino a Wimpfen sul Neckar, e
-dopo ducento miglia riusciva al Reno. Costrinse anche i Germani a dare
-sedicimila dei loro giovani più robusti, che scompartì fra le truppe
-nazionali, cui ogni giorno più difficile riusciva il reclutare fra le
-ammollite popolazioni d'Italia e delle provincie interne. Nel trionfo
-suo del 281, Roma vide il circo mutato in selva, trasportandovi alberi
-colle loro radici, e quivi mille struzzi, altrettanti cervi, cignali,
-capriuoli, ibis abbandonati alla caccia del popolo: il domani poi cento
-leoni, cento leonesse, ducento leopardi, trecento orsi, coi ruggiti,
-cogli urli, colla morte divertirono la plebe, non meno che le trecento
-coppie di gladiatori.
-
-Quando le guerre esterne e i rinascenti competitori gliel
-consentissero, Probo, non volendo i soldati mangiassero il pane a
-tradimento, gli adoprava in utili lavori, piantar di vigne le pendici
-della Gallia, della Pannonia e della Mesia, ricostruire più di dieci
-città diroccate, aprir canali: ma avendo detto che sperava fra poco
-metter pace dappertutto e far senza de' soldati, questi lo trucidarono
-(282), catastrofe ormai consueta degl'imperatori, fossero
-ribaldi come Gallieno, o prudenti, giusti e rispettati come Probo[17].
-
-E gridarono Marc'Aurelio Caro, prefetto del pretorio, che nominò Cesari
-i figli suoi Carino e Numeriano, sconfisse i Sarmati nella Tracia,
-assicurando così l'Illiria e l'Italia, indi mosse ai Persi una guerra,
-divenuta omai di necessaria difesa.
-
-Varane II, succeduto su quel trono, avea già invaso la Mesopotamia;
-ma come udì che i Romani avanzavano, indietreggiò, e mandò a Caro
-ambasciadori. Questi il trovarono in abito guerresco con un rozzo
-manto di porpora, che assiso sull'erba cenava con un pezzo di lardo
-e pochi piselli; e quando ebbero esposto la legazione, egli, cavatosi
-un copolino con cui copriva la sua calvizie, rispose: — Se il vostro
-principe non si piega ai Romani, io ridurrò la Persia così nuda di
-alberi, come vedete di capelli la mia testa».
-
-Perchè non paresse vuota millanteria, v'entrò vincendo; ma sul
-meglio morì a Ctesifonte (283), regnato sedici mesi. Il suo
-secretario Calpurnio scriveva al senato: — Il veramente caro nostro
-imperator Caro giaceva malato nella sua tenda quando scoppiò un nembo,
-e tutto fu tenebre: lampi e tuoni ci tolsero di conoscere quel che
-accadeva; ma al cessar di quelli odesi gridare _L'imperatore è morto_.
-Gli uffiziali di camera, desolati di tal perdita, miser fuoco alla
-tenda, onde corse voce che l'imperatore fosse colpito dal fulmine; a
-quanto possiam giudicare, non morì che della sua malattia». Che che ne
-fosse, l'ebbe per sinistro augurio l'esercito, e costrinse Numeriano,
-figlio dell'estinto, a retrocedere dal Tigri, termine fatato alle
-conquiste romane. Era questo ricco di bellissime qualità, poeta e
-oratore: ma nella ritirata anch'esso fu ucciso (284).
-
-Carino, dalla Gallia dove avea condotto la guerra non senza abilità,
-venne a Roma, ed occupò l'impero: in pochi mesi condusse e ripudiò nove
-donne, troppe più ne contaminò; in musiche, balli, oscenità logorava
-il tempo; amici e consiglieri di suo padre, e chiunque poteva esser
-rinfaccio a' suoi vizj o gli era stato pari in privata fortuna, mandò
-a morte; superbo coi senatori, vantava voler distribuirne i poderi alla
-plebe, che trastullava colle feste, e tra la quale schiumò i favoriti,
-ministri e complici a un tempo, sopra i quali scaricavasi d'ogni cura,
-fin dell'apporre le firme.
-
-Oziava e godeva sopra l'abisso; poichè l'esercito che con suo padre
-aveva combattuto in Persia, come nel ritorno fu giunto a Calcedonia
-d'Asia, acclamò imperatore Aurelio Diocleziano, comandante alle guardie
-del corpo, dalmato di bassa gente, prode in armi, lontano da ogni fasto
-e mollezza, destro agli affari, amico del bel sapere, benchè null'altro
-intendesse che guerra. Correndo qualche dubbio ch'egli avesse avuto
-parte all'assassinio di Numeriano, giurossene puro, indi fatto venire
-Ario Apro, suocero dell'estinto, disse: — Costui fu l'assassino
-dell'imperatore», e gl'immerse la spada in petto. Con ciò intendeva
-di dare una prova all'esercito, che se n'accontentò, e adempiere la
-predizione fattagli da una druidessa, ch'egli diverrebbe imperatore
-quando uccidesse un cinghiale, che in latino dicesi _apro_. Perciò
-nelle caccie egli inseguiva sempre questi animali; e allora colpito
-l'emulo, sclamò: — L'ho pur ucciso l'apro fatale».
-
-L'esercito si dispose a sostenerne l'innocenza e l'augurio colla
-guerra civile; per assicurare l'esito della quale, Diocleziano
-fomentò il malcontento fra le truppe di Carino; ed essendo questo
-ucciso (285) per vendetta d'un tribuno, Diocleziano si trovò padrone
-dell'impero, ed ebbe la generosità o la politica di perdonare. Nei
-novantadue anni da Comodo a Diocleziano, di venticinque volte che
-vacò l'impero, ventidue fu per violenta fine di chi l'occupava; dei
-trentaquattro imperadori, trenta furono uccisi da chi aspirava
-succedere; elettori, carnefici, padroni di tutto i soldati: bisognava
-dunque un riparo, e Diocleziano vi pensò col mutare la forma
-dell'impero, e ridurlo, da comando soldatesco, a principato despotico.
-
-Incominciò dall'associarsi Massimiano (286 — 1 aprile),
-contadino sirmiese, una delle migliori spade d'allora, crudele però
-tanto, che Diocleziano potè comparire generoso moderandone gli atti
-severi, forse da lui medesimo suggeriti. Assunsero Massimiano il
-titolo di Erculeo, Diocleziano di Giovio: quegli rispettava per
-genio superiore Diocleziano; questi trovava necessario il valore del
-collega fra tanti nemici sbuffanti. Anzi, per essere più pronti ad
-ogni occorrente, Diocleziano suddivise ancora l'autorità (292),
-scegliendo a Cesari due generali sperimentati; Galerio, detto
-Armentario forse dal prisco suo mestiere, e Costanzo Cloro, soldato
-venuto su col proprio valore, e che allora si volle far discendere da
-Claudio II. A Costanzo diede Massimiano una figlia, Diocleziano una a
-Galerio; e così questi quattro Illirici spartirono tra loro, se non
-l'amministrazione, la difesa dell'impero. Gallia, Spagna, Bretagna
-furono affidate a Costanzo, che sedeva a Treveri od a York: a Galerio
-le provincie illiriche sul Danubio, la Mesia superiore, la Macedonia,
-l'Epiro, l'Acaja, facendone centro Sirmio: l'Italia, colle due Rezie, i
-due Norici, la Pannonia e parte dell'Africa a Massimiano: a Diocleziano
-la Tracia, l'Egitto e l'Asia. Nè per questo si scomponeva la monarchia,
-poichè riguardavano spontaneamente come primo e come un _gran dio_ quel
-che gli aveva assunti; in concordia rara fra potenti, unica fra quattro
-guerrieri diversi di patria, d'età, d'inclinazione, si assistevano di
-consiglio e di braccio: le provincie erano più da vicino guardate; le
-legioni imparavano a rispettare la vita dei capi, quando l'assassinio
-d'un solo nulla avrebbe fruttato: e mentre capitani che proclamavansi
-augusti, Barbari che d'ogni parte irrompevano, faceano difficilissimo
-il governare, i quattro sovrani mantennero l'autorità sul Danubio
-come in Africa, nelle Spagne come in Persia. Ma se più pronti
-erano all'interna sicurezza e alla difesa esteriore, s'indeboliva
-il sentimento dell'unità, e preparavansi gli animi alla divisione
-dell'impero, che presto si effettuò.
-
-Diocleziano dall'Egitto ai dominj persiani estese una linea di
-campi, forti di buone armi; dalla foce del Reno a quella del
-Danubio, antichi accampamenti e nuove fortezze sì ben custodì, che
-i Barbari non s'arrischiarono quasi mai a superarle. I prigionieri
-venivano scompartiti tra i provinciali, e massime dove le guerre
-avevano decimato la popolazione, adoperandoli alla pastorizia ed
-all'agricoltura, talvolta alle armi.
-
-Meglio di Roma parve conveniente Milano per tener d'occhio i Barbari
-della Germania; popolosa, ben fabbricata, con circo, teatro, zecca,
-palazzo, terme, portici adorni di statue; onde fu munita di doppia
-mura, e Massimiano vi pose sua residenza. Per sè Diocleziano abbellì
-Nicomedia sul confine dell'Europa coll'Asia, e se ne compiaceva, quanto
-lo disgustavano di Roma la plebe insolente e il senato che ancora
-voleva arrogarsi qualche diritto, in mezzo all'onnipotenza del brando.
-Fuori dell'antica metropoli non v'erano memorie: onde nell'accampamento
-o ne' consigli delle provincie gli augusti potevano spiegare assoluta
-podestà; risolvevano co' proprj ministri, senza nè render conto nè
-domandar parere al gran consiglio della nazione. Per istrappare a
-questo le ultime apparenze di considerazione, Diocleziano lasciò
-che il collega sbrigliasse il natural rigore col punire immaginarie
-cospirazioni. I pretoriani che, sentendosi fiaccare da questa robusta
-amministrazione, inclinavano a dar mano al senato, furono scemati di
-numero e di privilegi, surrogandovi nella custodia di Roma due legioni
-dell'Illiria col nome di Gioviani ed Erculei: i nomi di console, di
-censore, di tribuno più non parvero necessarj per esercitare con titoli
-repubblicani una potenza, da cui la repubblica era stata distrutta: e
-l'imperatore, non più generale degli eserciti patrj, ma capo del mondo
-romano, fu intitolato _dominus_ anche negli atti pubblici, con titoli e
-attributi divini.
-
-E questa imperiale autorità, scaduta nell'opinione, rapina di viziosi,
-trastullo dell'esercito, Diocleziano pensò ristaurarla dalla radice.
-Italiano egli non era, sicchè gli rincrescesse di togliere alla patria
-la primazia con tanto sangue acquistata: nei campi erasi avvezzo
-alla disciplina indisputata e alle pompe allettatrici, sicchè tutto
-foggiò a sistema orientale. Alla semplicità d'abbigliamenti, di corte,
-d'udienze, che aveano serbata gl'imperatori quando si consideravano
-come primi cittadini e nulla più, Diocleziano surrogò il fasto
-asiatico; si cinse il diadema ch'era costato la vita a Cesare; di
-seta, oro, gemme coprivasi dal capo alle piante la sacra persona;
-scuole di uffiziali domestici custodivano gli accessi del palazzo; e
-chi traverso a questi e ad infinite cerimonie s'accostasse alla maestà
-dell'imperatore, doveva prostrarsi in adorazione.
-
-Tutto insomma dovea dirigersi a circondare d'un gran fasto la
-dignità suprema, a scapito dei poteri subalterni: l'imperatore dovea
-dirigere ogni cosa cogli ordini, eppure non iscemare la dignità coi
-particolari dell'esecuzione e colle comunicazioni troppo immediate: i
-magistrati doveano essere null'altro che esecutori: e poichè non si
-poteva accordare quell'immensa estensione con un governo temperato,
-bisognava studiare di renderlo forte insieme e dolce. Due imperatori
-e due Cesari moltiplicavano queste appariscenze, e ministri del lusso,
-uffiziali, servi; e gareggiando di splendidezza, da una parte crebbero
-gl'intrighi, dall'altra le spese e in conseguenza i tributi.
-
-L'autorità eccessiva de' prefetti al pretorio fu ridotta a giusti
-limiti, introducendo i maestri della milizia, ispettori generali
-della cavalleria e della fanteria. Alla Corte potea portarsi reclamo
-contro la decisione di qualsifosse magistrato. Le provincie furono
-suddivise, e perciò sminuita la potenza di quei che le reggevano: a
-cagion d'esempio, la Gallia, che ne formava un solo, fu tagliata in
-quattordici governi. Conseguentemente cessava l'autorità del senato
-sopra le provincie; le cariche civili restavano separate dai comandi
-militari; represse le vessazioni causate dalla prevaricazione o dalla
-negligenza de' magistrati; tolte le ingiustizie che nascevano dai
-privilegi conceduti ad alcuni. Insomma il despotismo militare dava
-luogo al despotismo governativo, appoggiato sopra innumerevole quantità
-d'impiegati amministrativi.
-
-Diocleziano, autore del nuovo sistema, conservossi moderato, continuò
-le distribuzioni al popolo, fabbricò splendidamente a Cartagine e
-Milano, oltre Nicomedia, e meravigliose terme a Roma, bastanti a
-tremila persone, alle quali unì la biblioteca di Trajano. E quando nel
-ventesimo anno di suo regno menò un trionfo, il popolo, vedendo portate
-le immagini di fiumi e città persiane non prima soggiogate, e de' figli
-e della moglie del persiano re, potè illudersi ancora sull'eternità
-del Giove Capitolino. Ma i Romani guardavano di mal occhio chi gli avea
-tolti dall'esser capi del mondo; onde lanciavano motti, intollerabili
-all'autocrato, che mostrò il suo dispetto abbandonando per sempre i
-sette colli.
-
-Girando per le provincie illiriche, contrasse una malattia che il
-portò a fil di morte. Riavutosi, nè sentendosi la pristina vigoria per
-reggere l'impero, risolse abdicare. In una pianura presso Nicomedia,
-salito sopra eccelso trono (305), dichiarò la sua intenzione
-al popolo ed ai soldati, nominando Cesari Massimino Daza e Severo.
-Il giorno stesso Massimiano, per adempiere il giuramento datone
-già prima al collega, abdicava in Milano. Diocleziano ritiratosi
-in uno splendido palazzo a Salona, sopravisse nove anni in privata
-condizione, rispettato e consultato dai principi cui aveva ceduto
-l'impero. Spesso esclamava: — Ora vivo, ora vedo la bellezza del sole»;
-e quando Massimiano, ch'erasi ritirato nella Lucania, il sollecitava
-a ripigliarsi il governo, rispose: — Non me ne consiglieresti, se tu
-vedessi i bei cavoli che ho piantato in Salona di mia mano». Meditando
-sui pericoli di chi regna, — Quanto spesso (diceva) due o tre ministri
-s'accordano per ingannare il principe, al quale, separato dal resto
-degli uomini, rara o non mai giunge la verità! Non vedendo e udendo che
-per gli occhi e gli orecchi altrui, egli conferisce i posti a viziosi
-o inetti, trascura i meritevoli, e benchè savio, è traviato dalla
-corruzione de' suoi cortigiani».
-
-Al lentarsi di quella mano robusta, le discordie ripullularono ad
-agitare per diciott'anni l'impero, disputato fra varj. Massimino Daza
-cesare, nipote di Galerio, rozzo di parole e d'atti, governò l'Egitto e
-la Siria; Severo, l'Italia e l'Africa; e Galerio, valoroso ma scaltrito
-e arrogante, dominando su queste sue creature e sul malaticcio
-Costanzo, confidava restare unico signor dell'impero, e trasmetterlo
-alla sua famiglia.
-
-Costanzo amministrò la Gallia, la Spagna e la Bretagna con generosa
-e modesta dolcezza, dicendo voler piuttosto ricchi i sudditi che lo
-Stato. Narrano che, avendo Diocleziano mandato a querelarlo perchè
-non avesse denaro in cassa, Costanzo pregò i deputati tornassero fra
-pochi giorni per la risposta. In questo mezzo informò i primarj delle
-sue provincie, accadergli bisogno di denaro; ed essi a gara gliene
-recarono. Mostrando allora quei tesori ai legati, li pregò a riferire a
-Diocleziano com'egli fosse il meglio provvisto de' quattro dominatori,
-se non che lasciava quelle dovizie in deposito presso il popolo,
-considerando l'amor di questo come il più pingue e sicuro erario del
-principe. Partiti i messi, rinviò il denaro a di cui era (303). Quando
-infieriva la persecuzione mossa da Diocleziano contro i Cristiani,
-egli diè loro ricetto, che perciò il lodarono a cielo, come fuor
-misura aveano denigrato Diocleziano.
-
-Da Elena, donna oscura, egli avea generato Costantino; e per riguardo,
-o per timore della nuova regal moglie, l'avea mandato alla corte di
-Diocleziano. Questi lo fece educare, allettato dalle rare qualità del
-giovinetto, che bello di sua persona, generoso, affabile, temperava il
-giovanile ardore con virile prudenza, e facevasi amare al popolo ed
-ai soldati. Galerio ingelosito indusse Diocleziano a scegliere altri
-cesari, con vivo dispiacere del campo; poi fatto augusto, tenne sempre
-d'occhio Costantino, e l'avrebbe morto se non avesse temuto l'esercito
-a lui favorevole, o non gli fossero usciti a vuoto i tradimenti. Quando
-il padre lo ridomandò, esso gli frappose indugi, finchè il giovane
-fuggì, e raggiunto il padre, mosse con lui felicemente contro i Pitti e
-i Caledonj delle isole Britanniche.
-
-
-
-
-CAPITOLO XLV.
-
-Nemici dell'impero. I Germani. Costantino.
-
-
-Questi nomi di Barbari ci avvertono ch'è tempo di far conoscere coloro,
-contro cui l'impero oggimai non tentava conquiste, ma cercava difese.
-
-Nell'immenso spazio occupato da questo impero (t. III, p. 272) poche
-città e poche provincie conservavano un'indipendenza di puro nome, come
-sarebbe nelle Alpi il re Cozio, possessore di dodici città, di cui era
-capo Susa (_Segusia_): il resto obbediva agli ordini ed ai magistrati
-che venivano da Roma o da Milano. Ma chi scorresse quel confine,
-sentiva d'ogni parte fremere popoli, che minacciavano rialzarsi contro
-questa universale tiranna, non appena la compressione si rallentasse.
-
-Dell'Africa settentrionale occupavano i Romani si può dir tutto il
-territorio abitabile, spintisi anche più volte fra le gole del monte
-Atlante. I Bereberi, i Getùli, i Mori o si scagliavano nel deserto
-rubando, o coltivavano le oasi, non domabili perchè non istanziati: e
-da essi il Romano traeva gli agrumi, la porpora delle loro rupi, le
-fiere per gli anfiteatri, l'avorio e gli schiavi negri. Ma di mano
-in mano che l'oppressione e l'esorbitanza de' tributi sminuivano la
-popolazione nei paesi sudditi a Roma, Mori e Getuli riconducevano
-gli armenti sulle campagne abbandonate, saccheggiando e fuggendo,
-e vendicando come un'ingiuria i supplizj che di loro pigliasse
-un'autorità che non riconoscevano. Cresciuti d'ardimento collo scemare
-della potenza romana, respinsero la civiltà sempre più verso le coste;
-e all'aprire del IV secolo, alcuni principi mori già avevano piantato
-dominj alle falde dell'Atlante e fra il deserto e la risorta Cartagine.
-Aspiravano però all'indipendenza non alla conquista; sicchè Roma non
-n'aveva a temere che di vedersi sottratto qualche terreno.
-
-Nubia e Abissinia non erano soggette ai Romani. Altri Barbari
-circondavano l'Egitto, quali i Mori Nasamoni sulla riva occidentale
-del Nilo, e sulla orientale gli Arabi. Sopra la grande penisola
-dell'Asia meridionale, che gli Europei intitolano Arabia, i Romani
-vantarono qualche trionfo: all'effetto s'avvidero come natura non abbia
-fatto quei popoli per rimanere soggetti, nè acconci ad una stabile
-civiltà. Valeansi dunque di loro per trafficare coll'India; talvolta
-ne prendevano agli stipendj la cavalleria, senza pari al mondo per
-l'instancabile ardore e la docilità dei cavalli: ma nulla più che
-scorrerie pareano a temersi da un popolo, che trecencinquant'anni
-più tardi, svegliato alla voce di Maometto, doveva in men di uno
-conquistare più paesi che non Roma in otto secoli.
-
-I Parti aveano soggiogato l'Armenia, che allora stendeasi ad oriente
-dell'Eufrate, da Satala fino alla spina di monti che costeggia il mar
-Caspio; e col porre un ramo degli Arsacidi sul trono d'Artaxata, erano
-venuti a contatto coll'impero. Ma quando li rimise al giogo la risorta
-schiatta persiana, anche l'Armenia ricuperò l'indipendenza, e si
-strinse ai Romani coi legami della religione. I Sassanidi, che aveano
-rinnovato l'impero della Persia, lo crebbero a segno, da sembrare il
-solo emulo formidabile del Campidoglio.
-
-Ma più che i quaranta milioni obbedienti al re dei re doveva riuscire
-funesta a Roma la libertà de' popoli del Settentrione, che incolti
-e vigorosi, aspettavano il cenno di Dio per avventarsele e vendicare
-l'universo. Dai primordj della civile società, la stirpe che denominano
-indo-germanica si stese in diverse direzioni sopra la terra (t. I,
-p. 36); e gli uni, vôlti alla Persia, all'India, al Tibet, crearono o
-conservarono una civiltà meravigliosa; altri, costeggiando il mar Nero
-e il Caspio, si spiegarono dalla Siberia all'Eusino, e da tre bande
-inondarono l'Europa. Gli uni, per le montagne di Tracia, la Macedonia
-e l'Illiria vennero assidersi fra gli ulivi e i laureti della Grecia;
-e a quei miti soli e alla limpida aria indocilendo la natìa rozzezza,
-e temperando la fervida fantasia coll'armonico sentimento, crearono la
-più eletta immagine del bello, mercè della quale primeggiò la stirpe
-greca. Ma questa, all'ora ove siamo col nostro racconto, ha compiuto
-la sua missione, non più s'inorgoglia che di rimembranze, nè s'occupa
-che di diverbj, come i popoli decaduti: mentre sul teatro politico
-appajono la stirpe gotica e la teutone, che la lunga separazione rese
-affatto disformi dalla prima, benchè il linguaggio, anche dopo tante
-modificazioni, ne attesti la comune origine.
-
-L'arrivo de' Germani in Europa rimonta forse a quattordici secoli
-avanti Cristo; ed otto o nove ne tennero a dilatarsi dal Dniester al
-Pruth, e sul paese fra l'Ural e i Crapak. Tendendo continuo verso
-occidente, spingendo i Cimri, e spinti essi medesimi degli Slavi,
-trovaronsi arrestati dall'impero romano al tempo di Augusto, sicchè
-voltarono la fronte contro gli Slavi, e rincacciatili, poterono
-assodarsi nel vasto paese, che poi collettivamente si chiamò Germania o
-Alemagna.
-
-Solo da quel punto la storia si prende cura di essi, e ci addita la
-stirpe gotica nelle montagnose foreste della Scandinavia; la teutonica
-sulle rive dell'Elba e del Reno, attenta ad esercitare la naturale
-vigoria, e mantenere gelosamente l'indipendenza, fidando nell'indomito
-suo coraggio. I primi di questi popoli che i Romani abbiano conosciuti,
-sono i posti avanzati che Cesare trovava sulle frontiere della Gallia;
-erranti, scomunati, senza proprietà fissa, nè agricoltura, nè vanto
-che del distruggere. Tacito conobbe quelli sulle rive del Reno, e
-seppe che, dietro alle popolazioni nomadi corseggianti al confine,
-n'esisteano di fisse, aventi lavoro, proprietà, poteri ereditarj, culto
-pubblico: ma le sue cognizioni non arrivavano che dove gli eserciti
-romani, onde fermavansi all'Elba, nè di là seppe altro che nomi.
-
-Quando, imperante Augusto, i Romani ebbero particolarmente a fare
-coi popoli sul Danubio, li designarono col nome di Germani, che
-probabilmente i Galli avevano applicato a qualche orda venuta di qua
-dal Reno, e che poi fu accomunato a tutta la gente che, nel primo
-secolo, abitava dal Reno ai Carpazj e alla Vistola, e dal Baltico e dal
-mar Germanico fino al monte Cezio (_Kalengebirge_) e al Danubio; oltre
-quelli diffusi lungo questo fiume sin all'Eusino, e piantati nella
-Scandinavia. Probabilmente queste popolazioni diverse attribuivansi la
-generale denominazione di Daci (_Deutsch_) o Teutoni, ma nomi speciali
-deducevano da particolari circostanze; come gli Svevi da _schweifen_
-errare, o da _swee, see_ il mare; i Sassoni, da _sitzen_ stare seduti,
-o da _saks_ spada corta; i Longobardi dalle labarde o dalle barbe
-prolisse; i Franchi da _franke_ lancia; i Marcomanni dallo star vicini
-alla frontiera (_marca_); i Vandali da _wand_ acqua, perchè forse da
-principio abitassero al mare o su qualche grosso fiume.
-
-Queste medesime denominazioni son però male determinate, e nuova
-confusione proviene dall'uso degli antichi d'attribuire ai popoli
-deboli e vinti il nome del potente e vincitore. Per quanto ci è dato
-scorgere tra quel bujo, questi popoli si unirono in federazioni,
-simili a quelle degli Etruschi antichi e degli Svizzeri moderni,
-accordate in prima per resistere, in appresso per nuocere alla
-potenza romana. Sembra ancora che, verso il secondo secolo, alle
-varie genti prevalessero alcune, in modo da comparire otto nazioni,
-che paragoneremmo ad otto corpi di esercito; cioè Vandali, Burgundi,
-Longobardi, Goti, Svevi, Alemanni, Sassoni e Franchi.
-
-Anche popolazioni sarmate, cioè di quella che or chiamiamo Russia,
-scesero in Europa; e principalmente formidabili furono i Rossolani e
-gli Jazigi, scorridori inarrivabili, contro cui i Romani alzarono un
-vallo fra il Theiss e il Danubio, senza per questo ottenere sicurezza.
-
-Secondo l'Edda, libro sacro e poetico in cui è deposta la mitologia
-scandinava, Heimdall figliuolo di Odino (Wodan), scorrendo il mondo,
-generò tre figli: primo il Servo, nero, colle mani callose e gobbo;
-secondo il Libero, con capelli biondi, viso rosato, occhi sfavillanti;
-terzo il Nobile, col guardo penetrante di un dragone, gote vermiglie,
-capelli argentei. E quei che nacquero da ciascuno furono servi, liberi
-o nobili come essi. I figli del nobile aguzzarono le freccie, domarono
-cavalli, brandirono lancie: ultimo fu il re che conobbe i numi,
-comprese il canto degli uccelli, seppe calmare i flutti, estinguere
-gl'incendj, sopire i dolori[18].
-
-Qui avete delineata la costituzione primitiva della nazione scandinava,
-la quale si riprodusse nelle principali razze germaniche. Un Dio padre;
-tre Caste d'uomini, diversi per natura; vero e assoluto libero non
-era che il capo; in dipendenza da lui gli altri si trovavano o liberi
-o no, e i figliuoli seguivano la condizione del padre. Correva però
-divario tra le famiglie semplicemente libere ed i tenitori delle grandi
-possessioni, ai quali soli spettava il voto nelle adunanze, fors'anche
-il sacerdozio, e tra essi eleggevansi i re[19]. I liberi erano capaci
-di tutti i diritti.
-
-La nobiltà, fosse patriziato religioso, o privilegio delle famiglie e
-dei conti, sembra fosse ridotta ad una distinzione affatto personale,
-che non dava prevalenza nel governo o nell'amministrazione della
-giustizia; se non che ad essa erano privilegiate alcune dignità, come
-in Roma ai cittadini d'ottimo diritto. Non potevano i nobili sposarsi
-con liberi, nè questi con schiavi. Il restante popolo serviva in guerra
-col titolo di liti (_leute_, gente), o con quello di coloni lavorava
-i campi. I coloni avevano casa e famiglia propria, coltivando il
-terreno cui erano affissi in perpetuo, senz'altro che pagar al signore
-un canone in derrate, in bestiame o in panni. A costoro, e a servi,
-affrancati, donne, vecchi, infermicci lasciavansi i campi e le arti,
-mentre ai liberi restavano la guerra per occupazione, la caccia per
-divertimento, il saccheggio per industria.
-
-È antico il vezzo de' malcontenti di cercare fra i Barbari quella
-moralità, che dicono scomparsa d'infra la gente civile. Così lo storico
-Tacito esagerò la bontà morale de' Germani per farne raffaccio ai
-Romani; anche i santi Padri gli elevarono sopra di questi, perchè non
-ne aveano la raffinata corruttela: ma vuolsi distinguere l'ignoranza
-de' vizj dalla pratica ragionata delle virtù. Appena cessassero
-dalla caccia o dalla guerra, piombavano, come tutti i Barbari,
-dall'eccesso della fatica nell'inerzia assoluta; restavano poveri,
-perchè nulla si esaurisce più presto che il saccheggio; e ignudi e
-sudici passavano l'intero giorno al focolare sguazzando la preda, e
-poltrendo, bagnandosi, straviziando, alle violenti emozioni del giuoco
-abbandonandosi con tale frenesia, da mettere s'un trar di dadi l'avere,
-la moglie, i figli, se stessi. Tra i conviti, loro delizia, ponevano
-in discussione gli affari di maggior momento, serbandosi a deciderne
-il domani a mente riposata. Qualunque capitasse, otteneva franca
-ospitalità, e dava occasione di banchettare gli amici, e d'eccedere
-in voracità e bagordi. Mentre i meno ricchi mesceano bevande forti
-in tazze formate del cranio di nemici, i doviziosi traevano il vino
-dalle terre dell'impero, e scaldati da questo, rompevano a risse ed a
-violenze mortali, dimenticando le accordate paci, e ridestando antiche
-vendette.
-
-Non bollente di voluttuosi istinti come nell'Asia, più che la bellezza
-l'uomo pregiava nelle donne la prudenza, il valore, la castità. Sposate
-in età abbastanza matura, non venivano al marito con vezzi e cervello e
-passioni fanciullesche come in Asia, ma tali da ragionar l'obbedienza:
-onde inspiravano più saldo affetto, e ottenevano grand'ascendente sugli
-uomini. In casa attendevano all'ago, al pennecchio, ai campi; in guerra
-seguivano gli uomini incorandoli, talora combattendo, sempre pigliando
-in cura i feriti. Una fanciulla macchiava la verginale onestà? fosse
-pur bella e ricca, più non trovava nozze; l'adultera era severamente
-punita; la poligamia permessa soltanto ai re ed ai grandi come
-distintivo d'onore. Non che le mogli recassero dote al marito, questo
-le comprava dal futuro suocero con doni, che consistevano per lo più
-in un par di bovi, un cavallo bardato, e scudo e lancia; cui la sposa
-ricambiava con una compita armadura, simbolo della comunione di beni e
-di fatiche.
-
-Quando un garzone se ne fosse reso degno con qualche bella lode,
-riceveva asta e scudo dal padre o da alcun ragguardevole Germano
-nell'adunanza degli uomini; e d'allora più non li deponeva, assistendo
-armato alle assemblee, a banchetti, a giudizj, a giuochi, a sacrifizj;
-sulle armi giurava come sacre; coll'armi e col cavallo era sepolto.
-
-A tutti i liberi possidenti era un dovere, anzi un diritto il
-militare; e in occasione di guerra nazionale tutti convocavansi col
-bando militare o _eribanno_ per proteggere la patria. Altre volte un
-capo qualunque radunava in banda armata i suoi clienti, o chiunque
-preferisse i rischi al riposo ed al lavoro, e s'avventurava in nuovi
-paesi. Supremi loro distintivi erano l'amore dell'indipendenza, e
-il diletto d'esercitare liberamente le forze: quindi il mettersi a
-pericolo con baldanza spensierata, non curarsi della sorte dei vicini,
-combatter domani quelli con cui jeri trovavansi in lega; manìa di
-libertà, che associandosi colla dipendenza militare, diede origine alla
-feudalità.
-
-Tra gente siffatta dovevano frequentare occasioni di guerra; e
-quand'anche gli storici nol dicessero, la mobilità di quelle tribù
-è attestata dalla grande migrazione. Questa a torto vien dipinta
-quasi un'improvvisa vertigine generale, un subito levarsi de' Germani
-ed irrompere sull'impero, o perchè giurati in lega d'armi a guerra
-finita, o perchè rincalzati da un'onda di Jung-nu che fossero espulsi
-dalla Cina, e che a torto si confondono cogli Unni. Il movimento
-era continuato da secoli, e queste popolazioni derivate dall'Oriente
-(matrice dei popoli, più vera che non il Settentrione), or più or meno,
-ma incessantemente si erano dilatate pel nord dell'Europa, spingendosi
-e respingendosi a vicenda, contrastate da indigeni, da Boj, da Lettoni,
-da Celti.
-
-Forse per incalzo dei Germani, i Galli erano piombati sui paesi
-meridionali e nella nostra penisola, fin a distruggere Roma col loro
-Brenno (t. I, p. 493), e prendere stanza nell'Italia superiore. I
-Teutoni al tempo di Mario valicarono le Alpi: Cesare impedì che con
-Ariovisto occupassero l'Elvezia. Incontratisi con quest'altra onda
-romana, che in senso contrario invadeva il paese, ne restarono lungo
-tempo frenati, non però quieti.
-
-Il Danubio, divenuto frontiera settentrionale dell'impero, come il
-Reno fu munito con una schiera di fortificazioni e con uno spalto di
-terra da Ratisbona fin al confluente del Lahn, le quali impedissero
-le correrie dei Germani non soggiogati, mentre quelli di qua dal fiume
-accettavano i modi, l'industria e l'oppressione dei vincitori. Questi
-sulle prime eransi proposto di sottomettere i Germani come avean
-fatto dei Galli, svellendone i costumi, il governo, la lingua: ma lo
-sterminio di Varo (t. ii, p. 375) mostrò impossibile l'impresa, e che
-invece d'assalirli a visiera alzata, conveniva alimentare fra essi le
-discordie, or questi or quelli favorendo. Con ciò i Romani riuscirono a
-farsene alleati alcuni, come i Cherusci e i Batavi; alcuni tributarj,
-come i Frisoni e i Caninefati; o snervare i loro capi coi godimenti
-della civiltà.
-
-Non però rimanevansi tranquilli alle loro sedi; ed ora i Cherusci
-insorgevano pel valore di Erminio; ora Maroboduo snidava i Boj
-dall'antica sede, e vi piantava nuove genti; ora Claudio Civile
-rialzava la fortuna dei Batavi. E furono vinti spesso; ma se l'orgoglio
-romano si vantava d'avere volta per volta distrutti questi popoli,
-essi lo smentivano col sorgere più rigogliosi di prima a lanciare nuovi
-colpi contro il non più immobile sasso del Campidoglio.
-
-Trajano, spintosi ben addentro nel nord-est, potè ridurre a provincia
-la Dacia, ponendovi numerosa colonia di soldati, che misti coi natii,
-formarono la gente dei Valacchi, superbi anche adesso della romana
-origine. Sotto Marc'Aurelio i Marcomanni riuscirono fino ad Aquileja,
-e d'allora crebbe il numero degli Alemanni che Roma adoprò in guerra,
-nelle magistrature e nelle colonie.
-
-Duravano dunque da molti secoli e i moti interni e le migrazioni. Fame,
-peste, diluvj, allettamento di patria migliore, baruffe intestine,
-oracoli, emulazioni di re, avidità di bottino, di conquiste, di sangue,
-traevano alcun popolo a respingere un altro: talvolta un capo colla
-numerosa banda de' suoi fedeli, o con una tribù, cominciava correrie; e
-dal fare preso ardimento al fare, spingeva le imprese più che prima non
-avesse immaginato. Il paese che abbandonavano non lasciava ad essi nè
-rimembranze nè desiderj, giacchè portavano seco gli Dei, le famiglie,
-le ossa dei progenitori, tutte le cose che fanno cara la patria.
-
-Allora poi che videro i Romani indeboliti lentarsi nella resistenza,
-cedere alcune provincie, in altre non opporre che una muraglia, più
-innanzi s'ardirono; ed allettati dal predare paesi colti e ricchi,
-e dall'umiliare la nazione che li chiamava barbari, irruppero tutti
-insieme; come al fiaccarsi della diga precipita il nostro Po sulle
-circostanti campagne, senza che per questo si dica esserne allora
-cominciati il corso e la foga. Che però l'impulso venisse di lontano,
-parrebbe provato dal vedere che i primi invasori non sono già i popoli
-confinanti, bensì i più remoti: gli Unni dal Volga; poi gli Alani dal
-Tanai e dal Boristene; poi i Vandali dalla Pannonia; seguono i Goti
-dalla Germania settentrionale, indi dalla centrale Eruli e Turingi,
-in appresso i Franchi dalla meridionale, e i Borgognoni dalla grande
-Polonia.
-
-I più segnalati fra questi popoli sono i Goti, che provenivano essi
-pure dall'Asia, e precisamente dai contorni del lago Aral, dove ebbero
-il nome di Messàgeti o Geti[20]: poi sembra pigliassero stanza nella
-penisola scandinava e attorno al Baltico, divisi in Ostrogoti od
-orientali, e Visigoti od occidentali, secondo la loro posizione colà;
-nomi che conservarono poi nelle successive migrazioni. Aggiunge la
-nazionale leggenda, che in tre vascelli uscirono dalla Scandinavia,
-uno dei quali essendo rimasto indietro, a quei che lo salivano restò il
-nome di Gepidi, cioè infingardi.
-
-Sarebbero dunque tre famiglie della nazione stessa: ma qual conto
-fare di tradizioni, alterate sulle bocche, e spesso mutate di gente
-in gente? Fatto è che i Goti ci appajono una nazione battagliera e
-numerosa, che meglio d'ogni altra germanica ebbe il concetto della
-monarchia ereditaria, dipendendo, non obbedendo, gli Ostrogoti alla
-stirpe degli Amali, i Visigoti a quella dei Balti, che si vantavano
-progenie degli Ansi loro semidei, e tra essi la nazione sceglieva il
-re.
-
-Dapprima seguirono il corso della Vistola, poi la catena de' Carpazj:
-al tempo degli Antonini abitavano quella che oggi è la Prussia, donde
-mossi, abbracciarono o sospinsero Eruli, Burgundi ed altri, bevettero
-alle foci del Boristene e del Tanai, e trovaronsi dinanzi la Dacia,
-ove un popolo laborioso coltivava campi gratissimi, s'arricchiva colle
-industrie, e nella diuturna pace aveva trascurato le difese contro
-nemici che reputava abbastanza discosti. Con poca difficoltà i Goti la
-invasero, e Decio imperatore, venuto in persona a combatterli, vi perdè
-la battaglia e la vita. Il successore di nulla si mostrò più premuroso
-che di lasciar liberamente tornarsene i Barbari, carichi di preda e
-di baldanza; che più? s'obbligò a loro di annuo tributo. Non era il
-modo d'invogliar altri all'attacco? Sempre nuovi sciami irrompevano in
-fatto sulle provincie limitrofe come a preda sicura, respinti talvolta,
-reduci sempre, tanto più mentre gli eserciti si trovavano impegnati fra
-emuli imperatori.
-
-Piantatisi nell'Ucrania, i Goti vennero ben presto signori della costa
-settentrionale dell'Eusino, donde corseggiarono le ricche e molli
-provincie dell'Asia Minore. Usciti poi dall'Ellesponto, serpeggiarono
-tra le isole Egee, e sorti nel Pireo, s'impadronirono della città
-di Minerva, sparsero il guasto per tutta la Grecia, e si difilavano
-sull'Italia, quando Gallieno, scosso dalle torpide voluttà e comprata
-una banda di Eruli, al cui capo concesse gli ornamenti consolari, tenne
-testa agli invasori. La dissensione e l'indisciplina dell'esercito
-romano diedero agio ai Goti di ritirarsi, e sui rimasti vascelli
-devastare il lido ove Troja fu, poi riposarsi nella Tracia.
-
-Aureliano, dopo giornata campale, gl'indusse ad una pace, ove
-obbligavansi a fornire di duemila cavalieri gli eserciti romani,
-lasciando ostaggi i figliuoli de' caporioni, cui Aureliano fece educare
-convenientemente al sesso e al grado, poi le fanciulle impalmò a'
-primarj suoi uffiziali affine di saldar l'unione tra le due genti. Egli
-poi ritirava le guarnigioni dalla Dacia, i cui coloni rinvigorirono la
-parte meridionale del Danubio, mentre sull'abbandonato paese dilagavano
-Vandali e Goti, che dai coloni rimasi impararono qualche arte di pace,
-mantennero relazioni di commercio coll'altra riva del fiume, e furono
-barriera a nuovi invasori.
-
-Come dall'oriente i Goti, così dal nord-est della Germania uscì una
-seconda invasione, quella dei Franchi, che sotto Gallieno tragittarono
-il Reno, invasero le Gallie e la Spagna. Gli usurpatori che non
-iscrupoleggiavano sui mezzi per sostenersi nell'impero, ricorsero più
-volte al costoro braccio; ma infine Aureliano li ricacciò di là dal
-Reno. Poco tardarono a ripassarlo; e avvegnachè Probo ne trionfasse,
-non per questo mitigò la loro fierezza. Gran prova rinnovarono di
-loro ardimento allorchè dal mar Nero, ove esso imperatore gli aveva
-relegati, osarono sopra fragili legni tragittarsi nel Bosforo Tracio e
-nell'Egeo, e sbarcati predarono molti luoghi della Grecia e dell'Asia
-Minore, sorpresero Siracusa, approdarono in Africa, indi usciti
-dallo stretto di Cadice per l'Oceano tornarono in Germania[21]. Corsa
-appena credibile a chi non abbia osservato anche ai dì nostri quanto
-ardimento possa infondere la navigazione da corsaro. Rapidissimi si
-vedevano i Franchi piombare sulle coste dell'Armorica e della Belgica,
-saccheggiare e sottrarsi; poi quando Carausio si fu valso di loro per
-usurpare la Bretagna, divenuti più audaci, occuparono tutta l'isola de'
-Batavi. Colà furono vinti da Costanzo Cloro, e trapiantati lungi dal
-Reno; ma poco indugiarono a sorgere terribili contro di Costantino e di
-Crispo.
-
-Altra o lega o gente principale fra' nemici di Roma, sono gli Alemanni.
-Con questo nome comparvero primamente sul Meno ai giorni di Caracalla,
-il quale non solo scelse fra loro le sue guardie, ma ne imitò il
-vestire e la bionda capellatura. Benchè non osassero travalicare le
-barriere dei Romani, molestavano senza tregua il confine e le opulente
-contrade della Gallia; poi alcuni, varcato il Danubio, per le alpi
-Retiche scesero in queste nostre parti, ed accamparono fin sotto a
-Ravenna, donde con lautissimo bottino ritirarono il passo davanti
-all'esercito romano. Un'altra volta ben trecentomila di essi giunsero a
-Milano.
-
-Mentre poi Aureliano componeva coi Goti le cose sul confine illirico,
-gli Alemanni si scagliarono da capo nell'armi, e con quarantamila
-cavalieri e il doppio di fanti invasero la Rezia, menarono guasto dal
-Danubio al Po; ma intanto che si ritiravano, l'imperatore intercettò
-loro i passi con tanta maestria, che chiesero patti. Appena però dalle
-incalzanti necessità fu egli chiamato altrove, gli Alemanni ruppero
-quella siepe d'armi, e si difilarono sopra l'Italia, sperperando fin a
-Milano, e spargendosi a branchi per le valli dell'Adda e del Ticino:
-presso Piacenza sconfissero i Romani, ma a Fano rimasero vinti: poi
-disfatti interamente a Pavia, sbrattarono l'Italia. La subitanea
-invasione fece avvisato Aureliano della necessità di circondare
-di mura Roma, ridotta a difendersi sul Tevere, non più sul Volga o
-sull'Eufrate. E gli Alemanni acquistarono tanta preponderanza, che il
-nome loro venne esteso a tutti que' Germani che non s'appigliarono alla
-lega dei Franchi; laonde essendo spesso scambiati Alemanni e Germani,
-mal si possono sceverare le imprese di questi e di quelli.
-
-Fu per tenere questi Barbari in soggezione che Diocleziano collocò un
-imperatore ed una corte sul loro stesso confine, nell'alta Italia.
-Costanzo irruppe sul terreno dei Franchi, e rattenne gli Alemanni
-dal riversarsi sulle Gallie; ma a molte orde di Sarmati, di Carpi, di
-Bastarni fu concesso stanza nelle provincie consumate d'abitanti. Da
-ciò rimaneva blandita la vanità romana; e una politica di corta veduta
-s'appagava di questi effimeri trionfi, senza avvedersi che l'impero si
-educava in seno la serpe che lo morderebbe.
-
-I Franchi diedero assai a tribolare a Costantino, il quale contro di
-loro esercitò le legioni che dovevano renderlo signore del mondo; e,
-in memoria de' ben riusciti successi, istituì giuochi detti Franchici.
-Crispo suo figlio si rese formidabile a questi ed agli Alemanni;
-campeggiò egli medesimo i Goti, che rifattisi nella lunga pace, si
-unirono ai Sarmati della palude Meotide, e devastarono l'Illirico,
-finchè furono costretti a vergognosa ritirata. Anche nei loro paesi gli
-inseguì Costantino, passando il Danubio sul ristorato ponte di Trajano;
-e ridusse i Goti a cercar pace, e a tributargli quarantamila soldati.
-
-Di molti allori già era dunque glorioso Costantino, quando, morto e
-deificato Costanzo, egli fu salutato imperatore (306); e
-secondo il costume, spedì all'altro augusto e ai Cesari la propria
-effigie in addobbo imperiale. Galerio ne montò in superbissima collera;
-pure, onde evitare la guerra civile, gli mandò la porpora e il solo
-titolo di cesare, quello d'augusto serbando a Severo.
-
-Ma la inumanità di Galerio, la lunga assenza, e un censimento delle
-ricchezze fatto con tal rigore da ricorrere fin alla tortura per
-iscoprire gli averi nascosti, aveano mossa a rumore l'Italia, ove
-Massenzio, figlio di Massimiano e genero di Galerio, si fece gridare
-augusto, comprando i pretoriani col denaro, i Romani colla speranza
-di redimerli da Galerio, i Gentili con quella di restaurarne il
-culto. Massimiano, uscito dal ritiro, ripigliò gli affari (307), e
-qual collega di suo figlio ricevette omaggio dal popolo e dal
-senato; vinse e uccise Severo, chiese amico Costantino dandogli
-sposa sua figlia Fausta e il titolo d'augusto; poi vedendo di esser
-considerato men di quello che desiderasse, si recò a Galerio, chi dice
-per incitarlo contro il proprio figliuolo, e chi per trovar luogo e
-tempo a tradirlo. Galerio intanto era penetrato in Italia; ma come vide
-l'immensità di Roma, o piuttosto la risolutezza di questa a servirsi
-delle ricchezze per respingere colui che voleva rapirgliele, non ardì
-assediarla e si ritirò, devastando la nostra patria, che peggio i
-barbari non avrebbero potuto.
-
-Al posto di Severo collocò Licinio Liciniano dace, amico suo e al
-par di lui valoroso ed ignorante, lascivo in vecchia età ed avaro.
-Massimino Daza, che governava l'Egitto e la Siria, pretese anch'egli
-al titolo d'augusto: per modo che sei imperatori presedevano al mondo
-romano, dal combattersi non rattenuti se non dal reciproco timore.
-Massimiano, rejetto da Galerio, rannodò con Costantino: ma mentre
-questo campeggiava i Franchi, ne divulgò la morte (309), e
-schiuso il tesoro d'Arles, colla prodigalità e col rammemorare l'antico
-splendore mosse i Galli a voler tornare in dominio, e stese la mano
-a Massenzio (310). Costantino sopragiunto, assediatolo in
-Marsiglia, l'ebbe in balia, e non gli lasciò che la scelta della morte.
-
-Galerio divise la vita tra opere di pubblica utilità, piaceri e
-sevizie. Geloso del sapere e della franchezza, sbandì giureconsulti,
-avvocati, letterati; affidava i giudizj a guerrieri, digiuni delle
-leggi: ma ulceri vergognose e schifosi insetti il consumarono, senza
-che trovasse ristoro o nei medici che spesso mandava a morte, o nei
-voti moltiplicati ad Apollo e ad Esculapio. Credendosi castigato dal
-cielo per la persecuzione contro i Cristiani, la sospese con un editto
-in nome suo, di Licinio e di Costantino, e poco stante morì (311).
-Massimino volò dall'Oriente per occuparne le provincie, volò
-Licinio a contrastarlo; poi scesero ad accordi, statuendo per confine
-l'Ellesponto e il Bosforo di Tracia. Accordo di nemici, poichè le due
-rive stettero irte d'armi, e Licinio cercò l'alleanza di Costantino,
-Massimino quella di Massenzio, e guatavansi con terribile aspettazione
-dei popoli.
-
-Massenzio tiranneggiava l'Italia smungendola con pazze prodigalità;
-dai senatori esigeva spontanei donativi in moltiplicate occasioni;
-pel minimo sospetto sfogava il rancore contro di questi, mentre
-colla seduzione o la violenza ne disonorava le mogli e le figliuole.
-Costrinse il governatore della città a cedergli Sofronia sua sposa: ma
-questa, cristiana e virtuosa, chiese tempo per addobbarsi; e orato, si
-uccise. Lasciava che i soldati lo imitassero, saccheggiando, uccidendo,
-lascivendo; talora ad alcuno concedeva la villa, ad altri la donna d'un
-senatore; mentr'egli nel voluttuoso palazzo, gittando magìa e indagando
-l'avvenire nelle viscere di femmine e di fanciulli, vantavasi d'esser
-unico imperatore, gli altri sostener solo le sue veci. Il contrasto
-dava spicco alla felicità delle provincie soggette a Costantino,
-assicurate dai Barbari, e meno esauste dagli ingordi tributi.
-
-Udendo questi che Massenzio radunava gagliardo esercito per torgli
-l'impero col pretesto di vendicare il padre, lo prevenne e mosse verso
-Italia, sollecitato dal popolo e dal senato a redimere l'antica regina
-del mondo. Massenzio, fidando tutto ne' guerrieri, se gli era amicati;
-tornò i pretoriani al pristino numero; pose in armi ottantamila
-Italiani, aggiungendovi metà tanti Mori d'Africa, oltre i Siciliani,
-talchè comandava censettantamila pedoni e diciottomila cavalli[22].
-Costantino non armava in tutto che novantamila de' primi ed ottomila
-degli altri; onde, distribuitine ove occorreva, provveduto alla
-difesa del regno suo, non potè moverne che quarantamila, prodi però,
-esercitati contro i robusti Germani, e condotti da capitano esperto ed
-amato.
-
-Il quale, mentre la sua flotta assaliva la Corsica, la Sardegna e i
-porti d'Italia, valicò le alpi Cozie, e, prima che Massenzio il sapesse
-partito dal Reno, pel Moncenisio calò a Susa. Presala di viva forza
-(312), nelle pianure della Dora scontra un corpo italiano,
-coperti uomini e cavalli di ferro, e li rompe; entra in Torino, poi
-in Milano; ha Verona a discrezione, dopo sconfitto Pompejano che con
-grand'arte la difendeva. Massenzio intanto si stordiva o lusingava,
-finchè i suoi uffiziali furono spinti a mostrargli imminente la ruina.
-Posto in piedi un terzo esercito, egli se ne mise a capo, vergognandosi
-dei rimbrotti della moltitudine, e confortato dai Libri Sibillini che
-avevano ambiguamente risposto: — In questo giorno perirà il nemico di
-Roma». Incontratisi a nove miglia da Roma (_ad Saxa Rubra_), Massenzio
-vide l'esercito suo tagliato a pezzi, e fuggendo precipitò dal ponte
-Milvio nel Tevere: e Costantino, cinquantotto giorni dopo mosso da
-Verona, ebbe compita la guerra.
-
-Padrone di Roma, estirpò ogni seme e razza del tiranno, ma per quanto
-la moltitudine gridasse, non consentì l'uccisione de' primarj amici
-di quello; e sospesa la crudeltà quando più non era necessaria,
-dimenticò il passato, diede il congedo ai pretoriani e ne disfece il
-campo, impedì i delatori, sollevò gli oppressi da Massenzio, e in due
-mesi, dicono i panegiristi, rimarginò le piaghe recate da sei anni di
-tirannia. Al senato restituì lo splendore, e ne fu ripagato con ogni
-modo d'onoranze; il primo posto fra gl'imperatori, arco di trionfo che
-tuttora sussiste, dedicati a lui molti edifizj cominciati da Massenzio,
-a non dire le feste che attirarono infinito concorso. Diede sua sorella
-all'imperatore Licinio: mosso sopra i Franchi, devastò le loro terre, e
-molti prigionieri gettò alle belve.
-
-Quando Massimino Daza morì a Tarso, rimasero padroni Licinio delle
-provincie orientali, delle occidentali Costantino. Poteasi prevedere
-una scissura, che non tardò; e Costantino disfece l'emulo nella
-Pannonia e nelle pianure di Tracia (314), indi gli concesse
-pace. Ma avendo Costantino, nello sconfiggere i Sarmati e i Goti,
-inseguiti questi ultimi fin sulle terre di Licinio, si rinnovarono
-lamenti, che finirono in guerra aperta. Licinio fu novamente battuto
-presso Adrianopoli, e la sua flotta nello stretto di Gallipoli, onde
-chiese patti e gli ottenne. Avendo però Costantino saputo ch'esso
-allestiva nuove armi (323 — 3 luglio), e chiedeva perfino
-in ajuto i Barbari, lo prevenne e ruppe a segno, che non isperò
-salvezza altrimenti che col gettarsegli ai piedi, rinunciando alla
-porpora. Costantino l'accolse benigno, e lo inviò a Tessalonica con
-ogni cortesia; poco poi mandò a strangolarlo. Così l'impero restava
-unito nella robusta mano di Costantino, che, padrone del mondo, potè
-trarre ad effetto i lunghi divisamenti, e dargli politica nuova; nuova
-capitale, nuova religione.
-
-
-
-
-LIBRO QUINTO
-
-
-
-
-CAPITOLO XLVI.
-
-Il Cristianesimo perseguitato, combattente, vincitore.
-
-
-Allorchè Costantino movea verso l'Italia contro Massenzio, tutto
-l'esercito vide, sopra del sole, uno splendore in forma di croce, dove
-leggeasi, _Per questo segno vincerai_. Dappoi in sogno esso imperatore
-fu avvertito che adottasse la croce per insegna; ond'egli fece farne
-una col monogramma di Cristo ☧ e la attaccò al làbaro, cioè allo
-stendardo imperiale, invece degli Dei che soleano portarsi innanzi alle
-legioni. Dall'obbrobrio del Gólgota passa dunque la croce a guidare gli
-eserciti; presto sfolgorerà in fronte ai re, aprendo una nuova civiltà;
-ma traverso ai contrasti e ai patimenti, che sono indispensabili pel
-trionfo del vero.
-
-Gli apostoli e i primi loro discepoli, colla voce, coll'esempio,
-col martirio, colla Grazia propagarono la redentrice morte in parti
-remotissime; giovati umanamente dalla grande concentrazione del mondo
-civile nell'Impero, per cui erano tolte le barriere delle nazionali
-nimicizie, e rese universali le lingue greca e romana.
-
-Come le antiche città voleano derivare le proprie origini da semidei,
-così le Chiese aspirarono al vanto d'esser fondate da apostoli o dai
-primi loro discepoli. Che san Paolo, allegando d'essere cittadino
-romano, declinasse i giudizj provinciali, e si facesse condurre a Roma,
-consta dagli Atti Apostolici. Un'antica fama vi porta anche san Pietro
-(t. III, p. 194), il quale, secondo le tradizioni napoletane, venendo
-da Antiochia approdò a Brindisi, quindi a Otranto; in Taranto lasciò
-vescovo Amasiano; visitò Trani, Oria, Andria; per l'Adriatico navigò
-a Siponto, indi pel Tirreno giunse a Napoli, e convertitala, vi pose
-vescovo Aspreno; s'addentrò pure a Capua, facendone vescovo Prisco, e
-Marco ad Atina, Epafrodito a Terracina, Fotino a Benevento, Simisio a
-Sessa, così a Bari e altrove. Reggio vanta per primo pastore Stefano,
-ricevuto dall'apostolo Paolo; e Pozzuoli Patroba, discepolo di questo.
-Farebbero discepolo di Pietro san Paolino, che battezzò i Lucchesi.
-A Milano vorrebbe dirsi piantata la croce dall'apostolo Barnaba:
-nella Venezia da san Marco evangelista, il quale avendo convertito
-ad Aquileja Ermàgora, in Roma lo presentò a Pietro, che destinollo
-vescovo di questa città[23], di Trieste, di Concordia; come san Massimo
-d'Emona, san Prosdocimo di Padova, Vicenza, Altino, Feltre, Este.
-
-Pie tradizioni, che la critica non può tutte accettare, ma neppure
-senza leggerezza repudiar tutte. Certo in Roma, trentatre anni
-dopo Cristo morto, Nerone trovava Cristiani in quantità (_multitudo
-ingens_); e non si poteano più reprimere che coll'inventare contro
-di loro insane calunnie, quali l'incendio di Roma (t. III, p. 197). I
-grandi e i dotti continuavano come Pilato a dire — Cos'è la verità?» ma
-numerose classi, che la necessità del lavoro salvava dalla corruzione,
-credendo quello che avevano creduto i loro padri, frequentavano i
-tempj, e sentivano il bisogno della divinità che soccorre, che consola,
-che rimunera. Fra gli schiavi, se molti riduceansi turpe strumento ai
-vizj del padrone, altri, più remoti dal lezzo signorile, mantenevano la
-moralità naturale. A costoro dunque come riusciva consolante l'udire
-parlarsi d'un Dio, eguale per essi e pei loro tiranni; e che colla
-pazienza poteano le dure fatiche, gl'iniqui strapazzi tramutare in
-tesoro per un'altra vita, ove ad un giudizio incorruttibile sarebbero
-chiamati non meno gli oppressori che gli oppressi!
-
-Il più de' Cristiani cernivasi dunque tra costoro: ma ben presto Plinio
-ne scontrava d'ogni età ed ordine; Tertulliano asseriva al proconsole:
-— Se persisti a sterminare i Cristiani, puoi decimare la città, e fra'
-colpevoli troverai molti del tuo grado, senatori, matrone, amici»;
-l'editto dell'imperatore Valeriano suppone battezzati e senatori e
-cavalieri romani e dame di grado.
-
-Neppure ai popoli più abbandonati la Provvidenza non avea lasciato
-mancare lumi per iscorgere la verità, e per almeno rispettare quel che
-non aveano forza di seguire. L'orgoglio degradasse pure lo spirito, la
-concupiscenza invilisse la carne, gli uomini si stordissero fra cure
-e voluttà; non poteano spegnere la coscienza prepotente che porta a
-cercare chi è Dio? chi l'uomo? quali relazioni fra questo e quello?
-come il peccatore può rigenerarsi? che cosa s'incontrerà dopo morte?
-A siffatte domande niuna risposta soddisfacente adduceano l'orgoglio
-degli Stoici, la depravazione degli Epicurei, la grossolanità de'
-Cinici, lo scetticismo degli Accademici; e soltanto dubbj o sottilità
-esibivano a chi invocava il riposo della certezza.
-
-Nè meglio appagava una religione, dove professavasi o un Dio
-imperfetto, o la creatura perfetta; il che equivale a negare e la
-creatura e Dio; e che, spoglia di dogmi, riusciva mancante d'efficacia
-morale. Fra quei sacerdoti, se eccettuate alcuni fanatici egizj e siri,
-chi mai avrebbe patito disagi non che tormenti pel suo Dio? chi voluto
-girare predicandone il culto, più di quel che giovasse ad acquistare
-credito e ricchezze? tenevano la loro dignità non altrimenti che un
-impiego dello Stato; pronti, se il senato lo decretasse, a sostituire
-Giove a Tina, Mitra ad Apollo, ed erigere altari al tiranno ed alla
-meretrice.
-
-Or ecco il cristianesimo, «dalle tenebre chiamando nell'ammirabile sua
-luce», e rivelando Colui che è la chiave di tutti i secreti, la parola
-di tutti gli enigmi, il compimento di tutta la legge, proclamava di
-nuovo la fede perchè fondato sulla rivelazione, la speranza perchè
-appoggiato a promesse divine, la carità perchè mostra tutti fratelli
-e solidarj in quell'ordine universale, ove ogni cosa si armonizza al
-fine supremo che a ciascuno impose Iddio, e a quel supremo bene che è
-la manifestazione esterna delle perfezioni divine[24]. Gente non natavi
-per accidente, ma entrata nel cristianesimo per intima persuasione e
-dopo lunga lotta e duri sacrifizj e persuasa non darsi salute fuori di
-esso, restava impegnata a conservarlo e diffonderlo coll'esaltamento
-d'una profonda fiducia; scendere al vulgo, alle donne, ai fanciulli,
-per illuminarne l'intelletto, dirigerne la condotta, comunicare a
-tutti la cognizione più essenziale, quella de' proprj doveri; sicchè
-i principj importanti all'ordine sociale diventano universale eredità
-per via di catechismi, omelie, professioni di fede, cantici, preghiere:
-forme diverse d'una fede sola, d'una sola speranza, adattate alla
-comune capacità. Il padre convertito trae la famiglia ad una credenza,
-fuor della quale sa che non si arriva a salvamento; il soldato predica
-alla sua coorte, uno schiavo all'ergastolo e talora al padrone.
-
-A quest'apostolato potea lungamente resistere la gentilesca
-indifferenza? Roma avea provato ogni bene terreno, la potenza e la
-gloria, poi la ricchezza e le voluttà; e non se ne trovava appagata.
-De' suoi pensatori, alcuni deploravano ancora Farsaglia, ed oscillavano
-tra un'avventata resistenza e il disperare della pubblica cosa; altri
-in represso fermento aspettavano misteriosi avvenimenti predetti
-dagli oracoli, e creduti come si suole in tempi e da uomini infelici
-tra quell'avvicendare d'anarchia e despotismo, tra la brutalità degli
-imperanti, la feroce licenza de' guerrieri, le rapine de' magistrati.
-All'annunzio d'una religione, divina nella sua origine, semplice e vera
-nell'insegnamento, pura e generosa nell'applicazione; a quella dottrina
-semplice, chiara, umana e insieme sublime, l'intelletto s'apriva,
-se ancora la volontà esitava; quand'anche la Grazia non trionfasse
-delle abitudini e dell'interesse, il cristianesimo palesava virtù, a
-cui non poteasi ricusare ammirazione; colla fratellanza procurava i
-gaudj d'una vita interiore; coi purificati sentimenti sapeva occupare
-le anime robuste, esercitare le immaginazioni attive, soddisfare ai
-bisogni intellettuali e morali, repressi, non isradicati dal sofisma,
-dalla tirannide, dalle sventure. Prova di questo bisogno di virtù si
-è, che coloro i quali tentarono ringiovanirle, dovettero alle credenze
-antiche mescere alcun che di puro ed elevato, che non traevano dalla
-loro essenza, che mai non aveano avuto nella pratica; il grossolano
-politeismo avvicinare al dogma d'un Dio solo, restringendo il culto
-quasi unicamente a Giove, e facendo di Apollo un mediatore fra Dio e
-gli uomini per mezzo degli oracoli, un salvatore dell'umanità, il quale
-si fosse incarnato, vissuto servo in terra, sottoposto a patimenti per
-espiazione.
-
-Ma per quanto s'industriasse a rifarsi dei dogmi cristiani, forse
-che l'idolatria soccombente offriva la consolante dottrina della
-remissione de' peccati? Rimorso dalla coscienza, uno potea attutirla
-altrimenti che con olocausti, con farsi piovere sul capo il sangue
-di vittime scannate, o con altre espiazioni, di cui sentiva la
-superstiziosa vanità? Or che _buona novella_ l'udire che un Dio
-aveva radunata in sè solo quell'ira ineffabile, e che ciascuno può
-appropriarsi i meriti infiniti del sacrifizio della croce mediante
-la fede nel divino Redentore? I fedeli di quelle legalità, dove
-allo scellerato non serbavasi che il castigo, ben faceano colpa ai
-Cristiani dell'accogliere i peccatori; ma i Cristiani rispondevano col
-restituirli innovati dalla penitenza.
-
-Di buon'ora i Cristiani si costituirono in società con capi e
-regolamenti, entrate e spese (t. III, p. 202); legami volontarj e
-morali, eppur tenaci, che davano prevalenza sopra le fiacche e disperse
-aggregazioni religiose degli antichi, nelle quali ciò che in Etruria
-si credeva, beffavasi in Sicilia, ed i sacerdoti de' varj delubri e de'
-molteplici numi, non che fra loro indipendenti, erano gelosi e nemici.
-Ne' Cristiani invece, uno lo spirito, una la morale, uno il culto:
-devoti fin alla morte alla causa stessa; «nell'unità della fede e nella
-cognizione del Figliuol di Dio»[25], credevano infallibile il concilio
-de' loro sacerdoti, perchè lo Spirito Santo avea promesso d'esser con
-loro; dipendevano da capi che avevano conversato coll'Uomo Dio, o con
-chi gli era vissuto a' fianchi. Vedendo quell'intima comunanza, quel
-legame fraterno, saldato dall'unità delle credenze e delle speranze,
-i Gentili esclamavano, — Vedi com'e' si amano!» Ed a ragione, dice
-Tertulliano, ne fan le meraviglie, essi che non sanno se non odiarsi.
-
-I miracoli sono generalmente attestati, prodotti in apologie nelle
-quali troppo importava non mentire; dai nemici stessi non negati, bensì
-attribuiti a magia; tanto che anche il critico di buona fede s'arresta
-prima di volgerli in riso. Si negano? più grande diventa il miracolo
-di convertire il mondo, d'ispirare agli ignoranti la cognizione di
-sì elevate dottrine, ai dotti la sommessione a tanti misteri, agli
-scredenti la fede di cose incredibili; e tutto ciò a fronte di ostacoli
-potentissimi.
-
-E ostacolo dei più robusti era l'abitudine. Colle prime idee, colle
-prime parole, il Gentile avea bevuto il politeismo; gli Dei erano
-associati alle impressioni di sua gioventù; ne' bisogni s'era rivolto
-ad essi, ricorso ai loro oracoli nel dubbio, sciolto ad essi il voto
-dopo campato da malattia, da naufragj, dalle manie di Caligola o dalle
-vendette di Sejano.
-
-Le immagini della mitologia ridono di tale squisitezza, che, anche
-perduta ogni fede e trascorsi tanti secoli, lusingano tuttora
-le nostre immaginazioni. Che doveva essere allora, quando tutte
-le arti v'attingeano? quando n'erano pieni i libri, con cui si
-coltivava l'ingegno, s'incantavano gli ozj, si distraevano le
-malinconie? Il Cristiano, che negli Dei protettori della musica,
-della poesia, dell'eloquenza non riconosceva altro che demonj, era
-ridotto a privarsene: perchè ad ogni piè sospinto trovava pericoli e
-contaminazione, non dovea festeggiar i giorni di reciproci augurj o di
-solenni commemorazioni; non sospendere lampade e rami di lauro alle
-porte, nè coronarsi di fiori quando tutto il popolo s'inghirlandava;
-anzi protestare ad ogni atto che inferisse idolatria. A nozze si
-cantano Talassio ed Imene? alle esequie si fanno espiazioni? nei
-banchetti si liba agli Dei ospitali? nelle case si riveriscono i Lari?
-il Cristiano deve fuggire, mostrarne orrore. Da ciò continui disgusti;
-e il convertito obbligato a lasciar le più care distrazioni, ridursi
-alle abnegazioni, all'isolamento.
-
-A impieghi e dignità era unica via il piacere al principe: e il
-principe bruciava i Cristiani, e ne faceva fanali a' suoi orti. Per
-rinfrancare il debole sentimento morale, eransi muniti di religiose
-cerimonie tutti gli atti della pubblica vita. Quelli dunque che già
-occupavano magistrature, come poteano prestare il giuramento? come
-sacrificare? come intervenire nel senato che radunavasi in un tempio, e
-le cui tornate cominciavano da libagioni alle divinità? come presedere
-ai giuochi gentileschi?
-
-E ai giuochi ripetemmo quanto traessero ingordi i Romani. Or bene,
-il cristianesimo esecrava spettacoli ove per diletto si versava
-sangue, e i nuovi convertiti venivano conosciuti all'allontanarsi dal
-circo; ma ciò quanto costava! Alipio (ce lo racconta sant'Agostino)
-convertito rinunziò agli spettacoli sanguinarj: pure un giorno i suoi
-amici lo trassero al circo romano. Egli vi si tenne ad occhi chiusi
-e immobile durante la lotta; quando improvviso il silenzio ansioso
-degli spettatori è rotto da applausi feroci, perchè un gladiatore aveva
-atterrato l'altro. Vinto dalla curiosità, Alipio schiude gli occhi, e
-la vista di quel sangue gli ridesta la crudele voluttà; mal suo grado
-s'affissa su quel corpo boccheggiante, e l'anima di lui s'inebbria
-del furore del combattimento e degli omicidj dell'arena. «Più non era
-l'uomo strascinatovi a forza, ma uno anch'esso della folla, commosso
-del pari, del pari gridante, ebbro di gioja come essa, e impaziente
-di ritornar a godere i furori del circo». Tanto l'abitudine prevaleva
-sopra le migliori risoluzioni.
-
-L'idolatria sfoggiava la solennità d'un pubblico culto, con feste
-patrie e regie; il cristianesimo non esibiva che povera e semplice
-austerità; quella, connessa a' primordj della storia nazionale,
-deificava i fondatori e i legislatori del popolo; questo li sbalzava
-dall'are per sostituirvi il figlio di un fabbro, uno morto sul
-patibolo. Il vulgo stesso nel culto della patria vedeva quello della
-sua gloria; talchè s'innestavano pietà e patriotismo.
-
-E chi erano costoro che venivano a dar il crollo a credenze, antiche
-quanto il mondo, diffuse quanto il genere umano? Non sapienti Greci,
-non Pitagorici o Gimnosofisti, ma della genìa degli Ebrei, rinomata per
-corriva e nata al servaggio, derisa per la singolarità de' costumi e
-per le astinenze. Il loro fondatore non avea, come gli altri autori di
-religioni, usato lo scettro o la spada, nè tampoco la cetra o la penna:
-i suoi discepoli, levati dal remo o dal banco, erano una marmaglia
-pezzente, che si raccoglieva attorno poveri schiavi, giovani inesperti
-o vecchi mentecatti, per contar baje d'un Dio che si umana, d'uno che
-crocifisso risorge; vietava di discutere le ragioni dell'adorare e del
-credere; giudicava un male la sapienza del mondo, un bene la follia;
-riponeva la sapienza (come Giuliano li rimproverava) nel ripetere
-stupidamente, — Io credo».
-
-Pertanto la religione di Cristo era dai Latini chiamata _insania,
-amentia, dementia, stultitia, furiosa opinio, furoris incipientia_;
-l'orgoglioso repugnava dall'accomunarsi con artigiani e schiavi; i
-dotti trovavano ridicoli que' misteri, la cui sublimità non s'attinge
-che mediante la Grazia; la povertà e i supplizj de' discepoli davano
-argomento della debolezza del fondatore in una società che tutto
-riponeva nell'esito, tutto conchiudeva con questo mondo. Esagerando poi
-e falsando, dicevano che i Nazareni adorassero il sole, un agnello, una
-forca, una testa di giumento: e il vulgo, sempre numerosissimo, rideva,
-e li giudicava stolti ancor più che malvagi[26].
-
-Ma anche malvagi li credeva. Costretti com'erano a tenere le assemblee
-in secreto, i Cristiani davano appiglio alle accuse, solite apporsi a
-tutto ciò che è arcano; e nel più sinistro senso venivano intesi i riti
-loro. Le sobrie agapi sono inverecondo stravizzo: nei silenzj delle
-catacombe violentano il pudore e la natura: un fanciullo coperto di
-farina è presentato al neofito, il quale lo trafigge senza sapere che
-si faccia, se ne raccoglie il sangue in calici che passano da un labbro
-all'altro, e se ne mangiano le carni. Ritraggonsi dalle magistrature
-per non dovere far omaggio agli Dei? li sentenziano d'infingardi: sono
-stregonerie i miracoli; malefizio la loro costanza nei supplizj: anzi
-sono atei perchè non hanno sagrifizj, non tempj[27].
-
-Eppure cotesti ribaldi qual morale insegnano? la più pura ed austera:
-povertà ad un mondo idolatrante le ricchezze; umiltà al secolo della
-superbia; castità in mezzo alle ostentate lascivie; abnegazione tra
-il filosofico egoismo. Invece di quell'assenza d'ogni dogma, così
-comoda all'accidia umana, che permetteva tutte le contraddizioni
-all'intelligenza, tutti i vaneggiamenti all'anima, tutte le
-superstizioni ai cuori, tutti gli eccessi alle passioni, intimavasi
-un dogma preciso, assoluto, universale, che richiedeva l'intensità
-dell'intelletto, la sommessione del raziocinio, l'obbedienza del cuore;
-al panteismo filosofico o al popolare l'idea della spiritualità di Dio
-e dell'individualità dell'uomo; agli Epicurei la fede nella Provvidenza
-e nelle retribuzioni postume; agl'increduli e agli indifferenti la
-necessità del culto; agli egoisti la solidarietà del genere umano; ai
-gaudenti le austerità e l'umiliazione; allo schiavo di ritenere le
-sue catene, sebbene al padrone intimi ch'egli è eguale al servo; al
-povero di non esigere i soccorsi, sebbene al ricco imponga di dare
-volontariamente. La gente, che da tanti mali erasi rifuggita nelle
-voluttà, senza tampoco sospettare che queste offendessero divinità
-tuffate nello stesso brago, vedevasi allora non solo interdetti gli
-atti, ma riprovato il desiderio; riprovata la fornicazione anche
-colle libere, anche colle schiave; riprovata la vendetta, che prima
-era dovere e religione; riprovato il fasto, e detti beati coloro che
-soffrono, beati gli umili di spirito; esclusi dalla gloria i molli, gli
-adulteri, i pederasti. Questa guerra alle passioni, questo freno agli
-istinti naturali, quanti non dovea stornare dal cristianesimo?
-
-Mercanti e artieri assai vivevano del somministrar vittime,
-dell'allestire giuochi e simulacri: sacerdoti, auguri, re sacrificuli,
-incantatori, astrologi recavansi in odio chi guastava lor arte,
-e facevano prova di sostenerla col ravvivare il fervore pel culto
-antico, l'attenzione degli oracoli, la scaltrezza dei prodigi. Così
-invalse una quantità di maghi e prestigiatori, tra cui famosi Simone
-samaritano in patria e Apollonio di Tiane a Roma. Quegli offerse a
-san Pietro del denaro se gli partecipasse la facoltà di conferire
-lo Spirito Santo; donde fu nominata la simonia, cioè il vendere le
-cose sacre; prima eresia che comparve, ultima che sparirà. Vogliono
-capitasse egli a Roma regnante Claudio, e co' suoi prestigi talmente
-s'illustrasse, da meritare una statua nell'isola del Tevere[28]; ma
-avendo voluto librarsi a volo, si ruppe la persona. Anche Apollonio
-venne a Roma imperando Nerone, il quale, sebben nemico ai filosofi,
-gli permise di rimanere, e d'alloggiar ne' tempj, secondo soleva; poi
-a Vespasiano diede consigli sul ben governare l'impero. Accusato da un
-Greco a Domiziano, tornò a Roma a giustificarsi, ma il giorno medesimo
-fu visto a Pozzuoli e ad Efeso; e trovandosi in quest'ultima città al
-momento che Domiziano cadeva trafitto a Roma, sospese di parlare, e
-stato alquanto assorto, agli uditori meravigliati, disse: — Il tiranno
-è morto». Nerva succeduto imperatore, e che già eragli amico, l'invitò;
-ma egli scusossene, e mandogli de' pareri; indi sparve, nè più fu
-veduto vivo o morto.
-
-Persone devote al nome di costui e a quel di Pitagora, a cui egli
-s'appoggiava, professavano che un'infinità di genj occupassero il
-vuoto fra l'uomo e Dio, partecipi in vario grado alla natura di esso; e
-poter l'uomo contrarre patti con quelli per via di cerimonie, digiuni,
-purificazioni. Il popolo li temeva e pagava, i grandi vi credevano; non
-Caracalla soltanto, ma fin Marc'Aurelio ne aveva sempre agli orecchi;
-e la malignità li confondeva coi Cristiani, e i miracoli de' santi coi
-costoro prestigi.
-
-La più grave imputazione però ai Cristiani, vorrei dire la più romana,
-era d'odiare il genere umano, il che significava odiare l'impero[29].
-Le istituzioni di Roma traevano lor forza dallo spirito di famiglia,
-sopra il quale era sorta la gran città, e dalla conseguente venerazione
-per gli antenati. Or ecco il cristianesimo, che, per guadagnare gli
-spiriti volgendosi principalmente alla gioventù, la sottraeva ad
-una generazione frivola, logora, ignara del vero bene, nimicava il
-padre ai figli, il fratello al fratello; donde eseredati figliuoli,
-repudiate mogli, puniti schiavi, scassinata l'autorità domestica.
-Non che opporre agli antichi nuove glorie, nuove virtù, proferivansi
-dannati eternamente gli uomini più cari e venerati, i conquistatori ed
-i sapienti, i Cesari e i Ciceroni; chiamati demonj gli Dei, pel cui
-auspicio era ingrandito il Campidoglio. Mentre Roma intitolava eroi
-quelli che aveano sterminato maggiori popoli, grandezza il rapire a
-molti l'indipendenza, principal fonte di potere e di gloria la guerra,
-unico scopo di questa la conquista; ecco predicarsi la pace, la
-fratellanza, la giustizia, condannarsi cioè tutta la politica antica e
-nuova di Roma; dall'angustie d'una patria terrena sollevati gli animi
-ad una invisibile, della quale erano cittadini gli uomini tutti, anche
-il vinto, anche il barbaro, anche lo schiavo.
-
-La religione de' Latini era essenzialmente nazionale, e incarnata colla
-repubblica; Roma, città santa, inorgoglivasi di derivare dagli Dei;
-a sette cose sacre annetteasi la conservazione dell'impero (t. I, p.
-153-4); nei maggiori frangenti consultavansi i Libri Sibillini; senza
-auspicj non si tenevano assemblee, senza feciali non s'indiceva la
-guerra o saldava la pace, senza sacrifizj non s'inaugurava imperatore
-o console; a comuni solennità si congregavano le federazioni; e
-le teorie, portando l'annuo omaggio della lontana colonia alla
-madrepatria, teneano stretto il nodo fra questa e quella. Intaccare
-pertanto la religione era intaccare lo Stato, era un dichiararsi nemici
-del genere umano.
-
-Augusto, fondando l'impero, trovò la necessità di rinnobilire le
-svilite idee religiose, e «ristorare i tempj e le crollanti immagini
-degli Dei» (ORAZIO); e in testimonio dell'alleanza fra lo statuto
-e la religione, unì il sommo pontificato alla potenza imperiale, e
-collocò nel senato l'altare della Vittoria. Allora fu imposto silenzio
-alle voci che nella Roma repubblicana sbraveggiavano gli Dei e la
-vita futura; si moltiplicarono sacrifizj, iscrizioni votive, delubri.
-Mecenate, consigliando Augusto sul modo di governare, gli aveva detto:
-— Onora sempre e dappertutto la divinità secondo le leggi e gli usi
-aviti, e costringi gli altri a farlo. Quelli che introducono alcun
-che di stranio nel culto, detesta e punisci, non solo per riguardo
-agli Dei, ma perchè questi novatori trascinano molti cittadini ad
-alterare i costumi, donde vengono congiure, intelligenze, associazioni
-pericolose»[30]. Le assemblee erano vietate, anche quando tendessero
-a pubblica utilità; e tanto più sedi scopo religioso. I giureconsulti
-«custodi delle divine ed umane cose» pronunziavano doversi conservare
-ad ogni costo il culto avito, e Ulpiano radunò tutte le leggi in
-proposito[31]. Ben è vero che ai numi patrj e ai greci si erano
-aggiunti ora l'Iside egizia, ora il Mitra persiano, poco importando al
-politeismo che gli Dei fossero venti o cento, anzi alla costituzione
-essendo consono l'adottare gli Dei stranieri, ed alla politica
-l'assimilarsi i vinti coll'accettarne le credenze. Ma tutt'altrimenti
-andava il caso con una religione che ogn'altra escludeva, che diceasi
-universale, e destinata a fabbricare il suo tempio colle macerie delle
-nemiche.
-
-La tirannia fin allora aveva colpito gli uomini nel corpo, ne' beni,
-nella vita, non s'era rivolta all'anima, al pensiero, mai non avendoli
-incontrati sulla sua via. Era la prima volta che desse di cozzo in
-una fede seria, profonda, pronta ad obbedire finchè le si chiedessero
-gli averi e il sangue, ma risoluta a resistere quando n'andassero di
-mezzo la credenza o il dovere: in quella gara di farsi vili al pie' di
-vili regnanti, insegnano che l'uomo è soltanto di Dio[32]; quanto ai
-dogmi ed all'esercizio di loro religione, non conoscono superiorità
-terrena; adoprano sincerità e pazienza, non forza o scaltrezze, non
-calare a transazioni, non guadagnar tempo; persuasi che tutte le cose
-visibili sono un nulla a petto delle arcane, che l'unico bene consiste
-nell'accettar la croce, l'unico male nel peccato, e che la follia
-del Calvario trionferebbe dell'ostinazione d'Israele e della superbia
-di Roma: gl'imperatori o i proconsoli vogliono forzarli? se deboli,
-fuggono; se no, soffrono, non piegano: contro la barbarie raddoppiasi
-la loro costanza, la quale diventa ad altri eccitamento, sicchè «il
-sangue è semenza di Cristiani».
-
-Pure cotesti settarj dal loro Cristo aveano imparato a rispettare la
-potestà; sotto imperatori che disonoravano la natura, i loro dottori
-gli esortavano alla docilità, non essendo ancora in tal numero che
-bastassero a rappresentare un voto nazionale e mutare un reggimento.
-San Vittore interrogato da un prefetto, risponde: — Nulla ho fatto
-contro l'onore o gl'interessi dell'imperatore o della repubblica; non
-ricusai di assumere la difesa ove il dovere me l'imponeva; ogni giorno
-offro il sacrifizio per la salute di cesare e dell'impero; ogni giorno
-in favore della repubblica immolo vittima spirituale al mio Dio».
-Perocchè il cristianesimo, improntato della universalità, attributo
-incomunicabile delle soluzioni divine, collocò la religione ben
-disopra alla parte contingente e variabile della società, fermandola
-nell'essenziale e permanente, sicchè l'uomo, in qualunque clima e
-qualunque governo, possa operare il perfezionamento proprio e meritarsi
-il cielo; sotto principi crudeli e scostumati non si ribella alla
-società, da' cui peccati rifugge; non pretende sovvertirla, ma cerca
-emendarla; combatte i vizj del secolo, ma senza staccarsi da esso.
-
-Pertanto i Cristiani, ignorati o tollerati, erano cresciuti. I padroni
-degli schiavi s'accorgeano d'un mutamento, non cominciato dalle
-sublimi, ma dalle infime parti della società: alcuni sofisti tolsero
-a sillogizzare sopra quelle credenze: i sacerdoti vedeano diradarsi
-i tempj, sminuire le offerte. Allora, aperti gli occhi, si conobbe
-che costoro, nati appena jeri, già empivano i fòri, i tribunali,
-le legioni; senz'armi, senza difesa, negavano obbedienza ad ordini
-così semplici, quali pareano il bruciare un grano d'incenso sull'ara
-di un dio o d'un imperatore; e piuttosto accontentavansi di morire.
-Alla romana legalità, che faceva delitto il contrariare un decreto
-qualunque, come doveva movere sdegno questa inobbedienza! Gli statisti,
-che sentivano non poter più Roma prosperare dacchè era spoglia di
-morale ed abbandonata ai baccanali della forza, sapevano però che nel
-cadavere d'un grande Stato le istituzioni antiche conservano una vita
-galvanica, perchè e l'aristocrazia si ricorda qual fu, e l'esercito
-è abituato ad una certa disciplina, e il popolo ad un'amministrazione
-qual ella sia, e nel principe si concentrano la forza e l'opinione. Di
-qui la tenacità alle forme vetuste, che è propria de' dominj deboli; di
-qui l'odio dei politici contro il cristianesimo.
-
-Sopragiungevano intanto sempre nuove traversie; peste, tremuoti, fame,
-correrie di Barbari: e i Cristiani predicavano, — Sono avvisi del
-cielo; Roma e il mondo, sommersi in un mare di vizj, meritano questi e
-peggiori castighi». Fremeano i Gentili a tal voce, quasi desiderassero
-o si compiacessero de' mali di cui adducevano la ragione: i politici
-si confermavano nel crederli avversi allo Stato: i religiosi pensavano
-che le costoro bestemmie irritassero gli Dei, i quali, destri un tempo
-agl'incrementi di Roma, lasciavanla allora sfasciarsi. Adunque ne si
-plachi la collera col sagrificare i loro nemici; il Cristiano, pel
-solo suo nome, sia considerato «nemico de' numi, degl'imperatori, delle
-leggi, de' costumi, di tutta la natura»[33].
-
-Derivavano dunque dalla legalità romana le persecuzioni, che quella
-civiltà ci presentano in un aspetto differente assai dal classico;
-quistione politica più che religiosa, dove, poco curando la dottrina,
-punivasi la disobbedienza; e dove gl'imperatori buoni, cioè ispirati
-dall'antico genio romano, imperversarono più che non i malvagi, quali
-Comodo od Elagabalo.
-
-La Chiesa noverò le sue vittorie dal numero delle sue tribolazioni.
-Sotto Nerone vedemmo la prima volta perseguitati i Cristiani, e non
-pare fosse soltanto per dare una soddisfazione al popolo, nè che si
-limitasse a Roma[34]. Domiziano, quando voleva rifabbricare il Giove
-Capitolino, tassò gli Ebrei un tanto per testa; e i Cristiani, compresi
-sotto quel nome, non volendo a verun patto contribuire per idolatrie,
-ne nacque nuova persecuzione, in cui caddero Flavio Clemente, cugino
-dell'imperatore e collega di lui nel consolato, colla moglie e la
-nipote Domitilla. Il cristianesimo era già dunque arrivato ai limitari
-della reggia.
-
-Plinio Cecilio (t. III, p. 339), stando proconsole della Bitinia
-e del Ponto, sentì contrasto fra il dovere d'eseguir la legge che
-condannava i Cristiani, e la coscienza propria che glieli mostrava
-incolpevoli; laonde interpellò l'imperatore Trajano come comportarsi,
-e se fossero a punire indistintamente giovani e vecchi, se perdonare
-a chi si pentiva. — Gl'interrogai (soggiunge) se fossero cristiani;
-e quei che confessarono, escussi due o tre fiate con minaccia del
-supplizio se perseveravano, gli ho condannati, giacchè meritano
-castigo la disobbedienza e l'ostinazione. Alcuni denunziati negarono;
-altri dissero aver cessato d'essere cristiani, ed affermavano che
-tutto il loro errore o delitto consisteva nell'adunarsi un giorno
-prefisso avanti l'alba e avvicendare inni a Cristo come fosse dio; si
-obbligavano con giuramento di non commetter furto, adulterio od altro
-misfatto, nè negare il deposito; poi raccoglievansi a mensa comune,
-innocente. Credetti bene chiarir la verità col mettere alla tortura
-due giovani schiave che diceansi addette ai ministerj di quel culto:
-non vi ho scoperto che una superstizione trasmodata, laonde ho sospeso
-tutto, aspettando tuoi ordini. Gran numero di persone d'ogni sesso e
-grado sono e saranno comprese in tale accusa, poichè questo contagio
-non ha soltanto infette le città, ma si è dilatato pei villaggi e le
-campagne».
-
-L'imperatore, rispondendo, collauda l'operato del suo ministro,
-ma essere impossibile stabilir regola certa e generale in cause di
-questa natura. — Non bisogna fare indagini; ma se accusati e convinti,
-punirli; se l'imputato nega d'esser cristiano, gli si perdoni».
-
-Strana rivelazione del contrasto fra la legalità e la giustizia!
-Il proconsole, uomo onesto, non trova rei questi settarj se non del
-nome, pure non domanda che siano salvati, sibbene con qual misura deva
-castigarli; e li mette al tormento per iscoprirne delitti, di cui non
-sono accusati. L'imperatore, un de' migliori, anch'egli tentenna fra il
-proprio sentimento e la ferrea rigidezza delle leggi! E come! la legge
-è tanto vaga che i prudenti stessi non sanno come interpretarla, e può
-essere sospesa non solo dall'imperatore, ma fin dal proconsole: eppure
-a' dubbj di questo l'imperatore non risponde se non che ha fatto bene.
-Se sono colpevoli, perchè declinare l'indagine? perchè assolverli sulla
-semplice negativa? Se innocenti, perchè punirli di confessare ciò che
-non è colpa? Che legislazione è cotesta dove si castiga non un fatto,
-ma un sentimento? Qual sanguinoso testimonio del niun conto che gli
-antichi faceano della vita dei loro simili![35]
-
-Che se tanto lasciavasi all'arbitrio de' tribunali, e sotto un Plinio
-ed un Trajano, che doveva essere delle assemblee tumultuarie, quando
-la plebe, nei giorni devoti agli Dei o fra la sanguinaria ebbrezza
-dell'anfiteatro, chiamava a gran voci, — I Cristiani alle fiamme, alle
-fiere?» Editti d'Adriano e d'Antonino vietarono di far fondamento
-sulla semplice diceria per condannarli: ma che, se i rei medesimi
-confessavano, anzi gloriavansi? Come doveva inviperire l'orgoglio
-degli imperatori o de' loro ministri allorchè vedeano un fanciullo,
-una donna, un oscuro cittadino confessare apertamente il delitto
-apposto; e a lusinghe, a promesse, a minaccie resistendo, ricusare non
-un delitto, ma l'atto il più semplice del culto nazionale, un granello
-d'incenso al dio Giove o al dio Antinoo! Li straziavano allora colla
-tortura, non per istrapparne la confessione del delitto, ma acciocchè
-il negassero; oppure mettevano a lubriche prove la continenza dei
-giovani e la castità delle vergini; e infelloniti dalla resistenza, gli
-abbandonavano a' manigoldi e al vulgo, in cui la ferocia, innestata
-dall'abitudine de' supplizj e de' giuochi circesi, veniva esasperata
-dal fanatismo.
-
-Talvolta governatori umani respingevano le accuse, o con sotterfugi
-salvavano gl'imputati; talvolta li cacciavano solamente a confine:
-ma altri li chiudevano negli ergastoli e nelle miniere, oppure
-esercitavano su loro l'esacerbazione che permetteva la legge,
-iniquissima perchè indeterminata. Alla prova soccombevano? riportavano
-applausi dai Pagani, orrore e compassione dai Cristiani. Chi subisse
-generoso i tormenti, restava in venerazione: i fedeli baciavano le
-catene portate e le cicatrici rimaste; pei morti istituivano annue
-commemorazioni; e il sangue e le ossa, raccolte studiosamente, venivano
-poste sotto gli altari che servivano di mensa al viatico di quelli che
-si professavano pronti ad imitarli, e che in impeto generoso ambivano
-il martirio fin a denunziarsi da se stessi, a sturbare a bella posta
-i riti idolatrici, a ricusare la clemenza, e negli anfiteatri provocar
-l'ira delle fiere e de' manigoldi[36].
-
-A malgrado degli scrupoli di Trajano, consta che sotto di esso molti
-subirono il martirio. Clemente papa fu sbandito dalla sua sede.
-Ignazio, vescovo d'Antiochia, fu da quell'imperatore mandato a Roma,
-perchè vi fosse ucciso: sul viaggio dell'intrepido confessore di Cristo
-accorreano vescovi, diaconi, fedeli; in Roma tanti mostravano interesse
-per lui, ch'egli temeva riuscissero a camparlo dal martirio; ma come vi
-si seppe destinato, coi fedeli pregò il Figliuol di Dio per le Chiese,
-per la carità fra' Cristiani, per la cessazione delle persecuzioni:
-esposto nell'anfiteatro alle fiere nelle feste Sigillarie, mentre i
-Gentili applaudivano ai leoni che lo sbranavano, i fedeli pregavano per
-esso, e ne davano avviso ai fratelli d'ogni paese, affinchè quel giorno
-tenessero in perpetuo solenne.
-
-Adriano, spinto al sangue da zelo per le superstizioni e la magìa,
-e da odio per gli Ebrei, ordinò processure, nelle quali caddero i
-papi Alessandro, Sisto e Telesforo. Fabbricata la villa di Tivoli,
-cominciò magnifici sacrifizj per dedicarla: ma che? le vittime, gli
-auspizj, gli augurj uscivano a vuoto o in sinistro. Interrogati con
-più vigorose evocazioni, gli Dei risposero: — Come renderemmo oracoli,
-se ogni giorno Sinforosa co' suoi sette figli ci oltraggia, invocando
-il suo Dio?» L'imperatore ebbe a sè costei, che richiesta dell'esser
-suo, rispose: — Mio marito Getulio, con Amanzio fratel suo, tribuni
-militari, patirono per Gesù Cristo, ed anzichè immolare agli Dei,
-lasciaronsi recidere il capo, acquistando infamia in terra e gloria
-fra gli angeli». E intimandole l'imperatore, — Tu sagrificherai agli
-Dei, o sarai a loro sagrificata», non esitò nella scelta, anelando
-di ricongiungersi collo sposo. L'imperatore dunque la fece condurre
-nel tempio d'Ercole, quivi schiaffeggiare, sospendere pei capelli, e
-durando pur ferma, gettare nelle cascatelle, memori delle voluttuose
-canzoni d'Orazio. I figliuoli ne imitarono la costanza.
-
-Era Aglae una romana tanto ricca, che tre volte diede i pubblici
-spettacoli; amministravano le sue entrate settantatre agenti, ai
-quali soprantendeva Bonifazio, uomo ospitale e largo coi poveri,
-ma licenzioso, e che con essa viveva in peccato. Avuto da Aglae
-commissione di andare in Oriente, e recare reliquie di martiri, per
-cui intercessione ottenere perdonanza, egli partì con dodici cavalli,
-tre lettighe e molti profumi; e per via cominciò a pensare seriamente
-ad un'opera assunta con leggerezza, e ad orare e far astinenza. Giunto
-a Tarso, vide il martirio d'alcuni Cristiani, e preso dalla costoro
-fermezza, li pregò che per lui pregassero; sicchè il governatore
-fece esporre lui pure ad ogni peggior tormento, che egli comportò
-pazientissimo in ammenda del passato. Aglae, avvertita del martirio
-dell'amante, ne ricomprò il cadavere a molto prezzo, e ritornata allo
-spirito, diede ogni aver suo ai poveri, e con poche donzelle si ritirò
-dal mondo.
-
-Cecilia romana, obbligata contro voglia al matrimonio, converte il
-marito, il cognato e altri, ed è condannata a perdere gli occhi da un
-governatore cui troppo erano piaciuti. Maria, schiava d'un Tertullo
-senatore romano, sola della casa adorava Cristo, ed era tollerata
-per la fedeltà e l'esatto servire. Sopragiunta la persecuzione di
-Diocleziano, il padrone, per non essere costretto a denunziarla e
-così perderla, la fa battere a verghe onde muti fede, e sepellire in
-carcere, ma senza smoverla. Il giudice, informatone, la volle a sè, la
-fece martorare tanto che il popolo incompassionito volle si cessassero
-i tormenti. Il giudice la diede allora in custodia ad un soldato,
-ed essa temendo per la sua onestà, fuggì tra i monti, ove finì poi
-santamente[37].
-
-Molte altre donne col santo eroismo assicuravano la libertà della
-femmina, e ricompravano dall'obbrobriosa servitù il loro sesso,
-elevandolo alla dignità della donna cristiana. Così la bellezza
-domava la forza, la morte intimoriva i viventi, e la fede trionfava
-dell'orgoglio.
-
-Que' Romani che non voleano stordirsi sull'avvilimento della patria, si
-compiacevano nel rimembrare gli Scevola, i Bruti, i Catoni, prodighi
-delle grand'anime per una libertà, che sembrava più bella dacchè
-perduta; e nel segreto vantavano i pochi che ancora gl'imitassero o
-li contraffacessero resistendo ai cesari e affrontando la morte. Or
-eccoti una setta che proclama la libertà; non la libertà che rinnega
-l'ordine e che si acquista per sommosse, ma che rifiuta qualsivoglia
-restrizione alla coscienza, e per la quale cotesti Galilei sanno, non
-darsi la morte, ma intrepidi aspettarla[38]. Ma gli eroi, sublimando la
-passione umana, operavano cose straordinarie per l'acquisto di gloria:
-i santi, rinunziato ad ogni passione, senza calcolare le proprie forze,
-inermi ma intrepidi affrontavano le potestà umane e le infernali, nulla
-curando della lode, e la volontà propria rimettendo affatto a Dio.
-
-Vero è che i Romani erano avvezzi a quotidiani supplizj, a conflitti di
-gladiatori, a battaglie nella città o sui campi, a stoici suicidj: ma
-coloro o lasciavano la vita costretti, o la gittavano come un carico
-importabile, al più la deponevano con indifferenza, come cosa che
-saziò. Ne' Cristiani, all'incontro, fanciulli «che non distinguono la
-destra dalla sinistra», vecchi, donne, morivano non coll'orgogliosa
-dignità delle scuole, ma con semplicità; non per erudizione di
-dottrine morte, ma per le parole della vita; non per se stessi, ma pel
-genere umano: fra supplizj squisiti non metteano lamento, gioivano,
-perdonavano. «Il vulgo (dice Lattanzio) vedendo le persone lacerate
-con varj tormenti, e mentre i carnefici si stancano, esse durare
-nella pazienza, fa giudizio che non sia vanità questa perseveranza
-dei morenti, e che senza Dio non potrebbero sopportarsi tanti spasimi.
-Masnadieri, persone robustissime non reggono a pari torture, gemono,
-urlano, soccombono al dolore, perchè vi manca l'ispirata pazienza. I
-nostri, non che uomini, ma fanciulli e donnicciuole, tacendo vincono i
-loro tormentatori, nè il fuoco stesso può strappar ad essi un gemito;
-il sesso debole, la fragile età soffrono d'essere sbranati a membro
-a membro, e non per necessità, giacchè potrebbero evitarlo, ma per
-volontà, giacchè confidano in Dio»[39].
-
-L'antica società facea dunque il suo dovere, e il suo la nuova; i
-Cristiani subiscono la pena di morte, ma la dichiarano iniqua; si
-crederebbero contaminati pur dalla vista d'un supplizio, e interdicono
-il sacerdozio a chi uccise od esercitò diritto di sangue[40];
-sublimando per tal guisa il carattere dell'uomo, non più soltanto
-quand'è ravvolto nella toga senatoria o nel mantello filosofico, o
-decorato dell'anello equestre, ma anche povero, ignorante, nudo, perfin
-colpevole; è uomo, e basta. Questa tacita ma costante resistenza rivelò
-la vigoria del cristianesimo.
-
-Ai propagatori del vero più che le persecuzioni e la morte pesano
-la calunnia o la noncuranza; e queste porsero nuovo esercizio alla
-pazienza de' primi Cristiani. Giovenale descrisse uno dei loro supplizj
-coll'indifferenza d'un franco pensatore al cospetto di fanatici[41];
-Tacito confuse questa _setta odiosa_ colle tante che infestavano Roma,
-cloaca di tutte le immondezze[42]; Plinio giuniore non può crederli
-rei, eppure li punisce; Plinio maggiore, Plutarco, Quintiliano nè
-tampoco li nominano; nè la lunga storia di Dione Cassio, nè quasi la
-più ampia _Storia Augusta_; il satirico Luciano ne fa assurde celie; i
-dotti gli accusano di predicare a donne, fanciulli, schiavi, evitando
-di scontrarsi con pensatori.
-
-Ma intanto la parola, soffocata o derisa, echeggiava da mille parti;
-e già penetrava nelle scuole, sostenuta con eloquenti scritture
-e incalzanti argomentazioni; nè più fu lecito alle persone colte
-ignorarla quando veniva a provocar l'esame e chiedere giustizia. Alcuni
-autori vi attingevano verità dapprima ignote, sicchè qualcosa di più
-puro ed elevato inserivano in libri di fondo pagano. Singolarmente
-in Seneca, fra tante debolezze e vanità, s'incontrano rudimenti di
-precetti e persino frasi, che accertano avesse cognizione de' libri
-cristiani, anzi alcuno disse amicizia con san Paolo[43]. Il suo non
-è più il Dio cieco ed impotente degli Stoici, ma uno incorporeo,
-indipendente, che è sua propria necessità, e che prima di far il
-mondo lo pensò[44]; abita in cuor dell'uomo virtuoso[45], vuol essere
-amato[46] perchè ci ama; noi siamo socj e membri suoi[47]: la maestà
-degli Dei è nulla senza la loro bontà: la Provvidenza governa il mondo,
-non da madre cieca, ma da padre prudente, laonde obbedire a Dio è
-libertà[48]: supremo bene è il possedere un'anima retta e una lucida
-intelligenza. Romano, egli seppe compassionar l'uomo esposto alle belve
-e agli stocchi dell'anfiteatro. — Voi dite, egli commise un delitto e
-merita morte. Sia; ma voi, qual delitto avete voi commesso per meritare
-d'essere spettatori del suo supplizio?»[49] Proclamò che «il divino
-spirito appartiene allo schiavo come al patrizio; schiavo, liberto,
-cavaliere, son parole inventate dalla vanità o dal dispregio; la virtù
-non esclude veruno; ognuno è nobile perchè discende da Dio. Non li
-chiamare schiavi, ma uomini, ma commensali, ma men nobili amici, ma
-consorti di schiavitù, giacchè la fortuna ha su noi i medesimi diritti
-come su loro. Quel che tu dici schiavo, viene dal ceppo stesso che
-tu. Consultalo, ammettilo a' tuoi colloquj, a' tuoi pasti; non voler
-essergli formidabile, e ti basti quel che basta a Dio, rispetto e
-amore»[50].
-
-Per verità le azioni sue furono poco cristiane, ma certo egli
-migliorò sul fine di sua vita: le lettere a Lucilio tengono più
-del serio; nella sesta accenna ad un cambiamento avvenuto in lui,
-ad una trasfigurazione; gli manda libri dove ha segnato i passi
-più degni d'approvazione e ammirazione. Pure nelle lettere stesse
-colloca il saggio più in alto che Dio, esalta il suicidio, dubita
-dell'immortalità, e affatto da gentile fu la sua morte; onde
-possiam conchiudere con Erasmo: — Se si legga come pagano, scrisse
-cristianamente; se come cristiano, scrisse gentilesco».
-
-Ma la sapienza, che in lui e in altri moralisti s'incontra a frammenti
-e tra contraddizioni, veniva insegnata nella sua pienezza dai santi
-Padri, e col carattere dell'universalità. Quella manifestazione di
-Dio rendeva inescusabile il paganesimo[51]; quella fede indomita a
-terrori e lusinghe, quelle virtù più che umane infondeano nel mondo
-uno spirito nuovo; sicchè la Chiesa, poc'anzi appena sperante, si
-estende trionfatrice, e s'accinge a riformare la società con nuovo
-sistema di credenze e di morale. Chè, sebbene il cristianesimo non
-tendesse a cambiar le relazioni e la condizione esterna dell'uomo,
-dichiarasse anzi non voler portare la mano all'edifizio della società,
-e rispettasse le grandi ingiustizie d'allora, la tirannide, la
-schiavitù, la guerra, pure sin da' primordj si mostrò fruttuosissimo
-al civile progresso. Non cambiando la società, bensì il modo
-d'apprezzarla; non togliendo i patimenti, ma trasformandoli in meriti;
-non mirando a riformare il popolo per mezzo dei governi, ma questi per
-mezzo di quello, migliorava la morale e gl'intelletti, incivilimento
-importantissimo giacchè intimamente connesso col civile. Ove dominavano
-l'anarchia, l'empietà, la dissolutezza, l'egoismo, eccolo sostituire
-un gerarchico ordinamento, la fede, la santità, l'amor generoso ed
-universale. Il potere, anche mentre restringe e comprime la spirituale
-società, ne prova il virtuoso ascendente: i giureconsulti, meditando
-sulla lettera tenace delle leggi, sentonsi da un'aura diversa lor
-malgrado ispirati: nella costituzione, ove tutto possono l'esercito
-e l'imperatore, appare un esempio delle due supreme garanzie della
-libertà, l'elezione e il dibattimento: si sciolgono gli uomini dalle
-leggi umane arbitrarie, per sottometterli alla legge razionale e
-divina[52].
-
-Tali benefizj non furono allora intesi dai forti nè dai savj; e quelli,
-indispettiti e meravigliati del trovar gente che, contro il volere
-imperiale, sostenesse l'indipendenza delle proprie convinzioni, tolsero
-a perseguitarla, dapprima per antipatia, senz'ira, senza timore, fin
-senza fanatismo, per secondare il gusto che il popolo prendeva ai
-supplizj; poi per un deliberato proposito di sterminarla.
-
-Sotto gli Antonini, che erano la stessa bontà, come dice il dabben
-Muratori; che erano i migliori de' principi e i migliori degli uomini,
-come dice il retorico Gibbon, non mancarono martiri. Pare che del
-loro tempo venisse a Roma Luciano, nativo di Samosata in Asia, il
-quale per l'universale ironia ben fu paragonato a Voltaire. Ricco di
-cognizioni, potente di stile, arguto di riso, fece una trista pittura
-de' costumi romani, poi volse in beffa tutto quanto si credeva e
-venerava, il potere come il sapere, le religioni come la filosofia;
-gli Dei perseguita con frizzi che doveano sconficcarli non meno dei
-ragionamenti, e attesta che nè gl'intelletti serj nè gli arguti più
-non vi prestavano fede o rispetto; e se ancora se ne frequentavano gli
-altari, più non era se non per convenienza sociale.
-
-Marc'Aurelio fra tante virtù non ebbe quella di resistere ai filosofi
-che l'accannivano contro i Cristiani; e come rei di attentare alla
-religione dello Stato, e nutrire spiriti avversi alla pubblica cosa,
-li perseguitò o lasciolli perseguitare, finchè, dicono, il riferito
-miracolo della legione fulminante sospese le stragi. Risparmiata sotto
-Comodo e i successivi, si dilatò la credenza nostra. Se n'adombrò
-Settimio Severo sul finire del regno, e confondendoli cogl'irrequieti
-Ebrei, promulgò un editto contro i nuovi proseliti, ma che facilmente
-si estendeva anche agli altri, e massime a quelli che andavano a
-convertire: onde la persecuzione cominciata in Egitto, si propagò pel
-resto dell'impero.
-
-È ingagliardita assai un'opinione quando la parte che può opprimerla a
-forza, sentesi tratta a combatterla con argomenti. Trasferita che fu
-la quistione nel campo della parola, i Cristiani poterono accettare
-quella battaglia, per la quale, più che per pacifiche comunicazioni,
-si propaga la verità. Adunque, mentre i martiri col sangue, altri
-coll'ingegno difesero la verità in una serie di apologie, dirette
-le più agl'imperatori onde distorli dalla persecuzione coll'esporre
-la morale e i dogmi cristiani. Le più rinomate sono quelle che san
-Giustino samaritano indirizzò ad Antonino e Lucio Vero, al senato e al
-popolo romano, poi a Marc'Aurelio, lagnandosi che, dove si tolleravano
-tante assurde religioni, soli i Cristiani venissero perseguitati, essi
-tanto meglio costumati che i Gentili, e che con orribili torture si
-estorcessero confessioni di colpe bugiarde.
-
-Tertulliano cartaginese, il più eloquente padre in lingua latina,
-commentando l'accennata lettera di Trajano a Plinio[53], mostrava
-quale ingiustizia fosse il punirli pel solo nome, togliere ad essi la
-difesa e gli avvocati che a nessun reo si negano, nè appurare i delitti
-confessati, la qualità, il tempo, il modo, i complici. All'illegalità
-delle processure aggiunge la sconvenienza di castigare tante persone,
-e — Che farete delle migliaja d'uomini, di donne, d'ogni età e
-condizione, che presentano le braccia alle vostre catene? di quanti
-roghi, di quante spade non avrete bisogno? Ci si accusa di mangiar
-fanciulli. Come! bensì in Africa durò l'uso d'immolarne a Saturno, fin
-quando Tiberio non fece crocifiggere i sagrificatori agli alberi che
-ombreggiavano il tempio. Ma se l'uso pubblicamente è cessato, praticasi
-ancora in segreto: uomini si scannano a Mercurio dai Galli; sangue
-umano versasi in Roma stessa per onore di Giove; mentre noi Cristiani
-ci asteniamo perfino dal gustare qualunque sangue[54]. Ci calunniano
-di lesa maestà: ma sebbene i Cristiani non manifestino la devozione
-con giuramenti e bagordi, pregano il Dio vero acciocchè all'imperatore
-conceda lunga vita, regno riposato, sicurezza nei palazzi, valor nelle
-truppe, fedeltà nel senato, probità nel popolo, pace in tutto il mondo.
-Coloro che più profondono di tali testimonianze agl'imperatori, gli
-sono i meno fedeli e meglio disposti alla ribellione: al contrario i
-Cristiani perseguitati obbediscono; e quand'anche il popolo previene
-gli ordini supremi per ucciderli, e viola perfino i cadaveri, essi
-non pensano alla vendetta... Dilaga il Tevere? non dilaga il Nilo?
-difettasi d'acqua? trema la terra? gittasi una carestia, una peste?
-tosto si esclama, _I Cristiani ai leoni._ Simili sventure non venivano
-esse anche prima di Cristo? e sono effetti dello sdegno di Dio contro
-gli uomini colpevoli e ingrati. Intanto, quando il seccore fa temere
-di sterilità, voi sacrificate a Giove, frequentando i bagni, le
-osterie, i postriboli; noi cerchiamo placare il Cielo colla continenza,
-colla frugalità, con digiuni, col coprirci di sacco e di cenere; e
-ottenuta misericordia, ne diamo onore a Dio. Ma queste sciagure non ci
-scompongono, nè in questo mondo altro desiderio abbiamo che di partirne
-il più presto possibile».
-
-Così la Chiesa dogmatizzava e disputava, soffriva e protestava;
-venerava i martiri, ma facea sentir le ragioni ai popoli ed agli
-imperatori.
-
-Alla morte di Settimio Severo tanto s'erano assodati i Cristiani,
-che, mentre prima adunavansi in case private e di nascosto, poterono
-eriger chiese, comprare terreni in Roma, pubblicamente far le elezioni.
-Alessandro Severo gli ammise nella reggia come sacerdoti e come
-filosofi, e a vescovi e dottori concesse le sue grazie: ma quando
-Massimino succedutogli punì gli amici del predecessore, molti Cristiani
-andarono avvolti nel castigo, poi altri in occasione di un tremuoto.
-
-L'imperatore Filippo li favorì tanto, che si credette ne avesse
-abbracciata la fede: ma sotto Decio, un fanatico poeta uscì in
-pubblico, deplorando l'abbandonata religione; il vulgo chiese fosse
-riparata col sangue degli empj; e i magistrati cercarono l'aura
-popolare col concederlo. Anche la peste, che in quel tempo devastava
-l'impero, aizzò la furia del popolo e la superstizione dei ministri ad
-isfogarsi sopra queste innocenti vittime, che rendevano il ricambio col
-profondere assistenza, preghiere, carità. Allora i principali vescovi
-furono morti od esigliati; per sedici mesi impedito al clero di Roma
-d'eleggere un successore all'ucciso papa Fabiano; i preti di questo
-messi in carcere; sistemata la persecuzione per via di decreti.
-
-Valeriano al fine del regno, per istigazione del prefetto Macriano,
-egizio e dotto di magia, perseguitò nuovamente i Cristiani, tra i quali
-caddero illustri vittime, e Stefano e Sisto II papi. Gallieno sospese
-le persecuzioni; e quantunque alcune vittime cadessero sotto Aureliano,
-la Chiesa potè assumere quell'aspetto di legalità che il tempo
-conferisce.
-
-È nella natura dell'uomo di lasciar illanguidire una credenza allorchè
-non contrastata, ravvivarla quando combattuta. I Pagani guardavano
-con indifferenza o spregio la loro religione; ma quando i Cristiani
-si presentarono a mostrarne la falsità e l'indecenza, per reazione
-vi si affezionarono; le dottrine o le pratiche che bastava conoscere
-per disapprovarle, dichiararono non essere che vulgari aggiunte,
-oppure simboli di arcana sapienza e di morale sublime. Si rinfrescò
-pertanto la venerazione alle antiche favole; e il dispetto di vederle
-malmenate dai nuovi settarj, insegnava mille arti di sostenerle.
-Allora dunque rinnovati più pomposi che mai i sagrifizj, introdotti
-di nuovi, proposte iniziazioni ed espiamenti, con cui supplire a ciò
-che la Chiesa prometteva col battesimo e colla confessione; poi si
-moltiplicarono miracoli, e profeti, e oracoli, e guarigioni ai sacrarj
-di Esculapio e d'Igia; e tanto se n'esaltò il fanatismo del popolo, che
-città e comuni a gara supplicavano gl'imperatori di adempire le antiche
-leggi, cioè sterminare i Cristiani.
-
-Galerio e Diocleziano, abboccatisi dopo la guerra persiana affine
-di prendere un partito sopra un punto ormai divenuto capitale, da
-un'accolta di pochi primarj vennero persuasi di toglier via una setta,
-che formando uno Stato nello Stato, ne impacciava il movimento, e
-poteva minacciarne l'esistenza. Ed era vero che il cristianesimo
-cresciuto scomponeva l'unità così necessaria delle leggi e delle
-credenze; e chi volesse rintegrarla, trovavasi obbligato a questa
-scelta, o di rendere dominante la nuova religione, o di distruggerla.
-Di far il primo non ebbe senno o volontà Diocleziano; tentò il secondo,
-e professando voler abolire il nome cristiano, pubblicò la proscrizione
-generale: — In tutte le provincie si demoliscano le chiese; pena il
-capo a chi tenga conventicole segrete; si consegnino i libri santi
-per essere bruciati in forma solenne; i beni ecclesiastici venduti
-all'asta, o tratti al fisco, o donati a comunità e a cortigiani: quelli
-che ricusino omaggio agli Dei di Roma, se ingenui rimangano esclusi
-da onori e impieghi; se schiavi, dalla speranza di libertà; tutti
-sottratti alla protezione della legge: i giudici accolgano qualunque
-accusa contro i Cristiani, e nessun richiamo o discolpa».
-
-Se non fosse attestato concordemente da tanti storici, appena si
-potrebbe credere pubblicato da nazione civile un decreto di sì
-tirannesca perversità, che avvolgeva tanta parte del mondo nella
-persecuzione, sbrigliando le private violenze e le frodi coll'interdire
-agii offesi di portarne querela, e l'uffizio del giudice riduceva non a
-librare l'accusa colle prove, ma a scoprire, perseguitare, cruciare chi
-fosse cristiano o un cristiano volesse salvare.
-
-E la persecuzione di Diocleziano rimase famosissima[55], e la Chiesa
-d'Italia vi diede larga messe: in Roma Genesio commediante, Pancrazio
-di quattordici anni, Agnese di dodici, Sebastiano milanese, Marcello
-sacerdote, Pietro esorcista; a Benevento Gennaro vescovo, ingloriato
-dai Napoletani; a Bologna Agricola gentiluomo con Vitale suo schiavo;
-in Milano Nazaro, Celso, Naborre, Felice, Gervaso, Protaso; in Aquileja
-Canzio, Canziano e Canzianilla, di casa Anicia; — glorie nuove nel
-paese ove la gloria fin allora s'era dedotta dall'uccidere, non
-dal patire. Il diacono Cesario, venuto d'Africa a Terracina, vi fu
-testimonio dell'empio rito, per cui a certe solennità sagrificavasi
-un giovane ad Apollo gettandosi in mare; e levò la voce contro questo
-suicidio, onde meritò il martirio. Vuolsi che la legione Tebea negasse
-idoleggiare, e agli ordini imperiali rispondesse: — Noi siamo soldati
-dell'imperatore; da lui riceviamo la paga, ma da Dio la vita. Dobbiamo
-versar questa contro il nemico? sì il faremo: abbiam l'armi alla
-mano, ma non opponiamo resistenza, e preferiamo morire incolpevoli che
-uccidere gl'innocenti». Distinzione ignota ai soldati antichi, e per la
-quale furono trucidati a San Maurizio del Vallese[56].
-
-Gli editti di Diocleziano furono dai successori suoi modificati
-secondo l'indole loro o le circostanze; chè ormai la quistione non
-era più religiosa ma politica, e gl'imperatori ai Cristiani recavano
-pace o guerra, per calpestare o alzar una fazione, già preponderante
-nella fortuna dell'impero. Galerio, forse dalla malattia richiamato
-a sentimenti migliori, in nome proprio e di Costantino e Licinio,
-pubblicò un editto ove, asserendo «d'avere adoperato a ristabilire
-l'antica disciplina romana, e fare che si ravvedessero i Cristiani,
-i quali, presuntuosamente disprezzando la pratica dell'antichità,
-abbandonarono la religione dei padri; e avendone molti fatti patire
-e perire, vedendoli però ostinarsi a non rendere il culto debito
-agli Dei», permette che professino liberamente le private opinioni, e
-uniscansi nelle loro conventicole, purchè serbino rispetto alle leggi e
-al governo stabilito.
-
-L'opinione dianzi perseguitata, era ancor vilipesa, ma tollerata;
-onde i confessori vennero schiusi dagli ergastoli e dalle miniere, gli
-apostati tornavano a penitenza, i raminghi rivedevano le dolci case, e
-nella pubblica professione della fede e del culto loro ricantavano il
-Dio forte, il quale può dai sassi suscitare figliuoli d'Abramo.
-
-Costantino doveva meritare il cognome di grande da chiunque sa far
-merito a un principe di accettare le novità, mal fin allora combattute:
-che se gli emuli suoi chiedevano il favor popolare col secondare i
-Gentili, egli pensò appoggiarsi sui Cristiani, men numerosi ma pieni
-di gioventù e della forza di chi viene a riformare, talchè poteasi
-prevedere come nel loro movimento trascinerebbero l'inerzia pagana, e
-resterebbero in piedi quando il gentilesimo andava a fasci.
-
-Allora la santa letizia della libertà si diffuse in tutto l'impero;
-dalle squallide catacombe sbucavano i sacerdoti a celebrare alla faccia
-del mondo i riti della nuova alleanza; i vescovi solennizzavano memorie
-di martiri, o dedicavano chiese; i letterati pubblicavano virtù fin
-allora dissimulate; i fedeli, riconoscendosi fra loro, s'abbracciavano,
-saldando la fratellanza colla cena della perpetua commemorazione.
-
-Se non che al paganesimo rimanevano sostegno i sacerdoti,
-l'aristocrazia, i corpi municipali che spesso aveano provocato
-gl'imperatori alla persecuzione, i tanti magistrati e capitani. A Roma,
-per memoria degli antichi auspizj e per lunga sequela di sacerdozj,
-erano affezionate le persone di grado, e per consenso i liberti e
-gli schiavi; essa veniva considerata come splendido centro della
-religione; i riti, i giuochi, più che trastullo, v'erano l'occupazione
-e il nutrimento del vulgo; d'ogni parte vi conveniva il fiore della
-gioventù, che in quella sentina di tutte le superstizioni, come san
-Girolamo la chiamava, bevea l'odio del nome cristiano ne' tempj, nei
-teatri, nelle scuole. Era dunque assai che l'imperatore alla nuova
-religione concedesse libertà pari all'antica, senza avventurarsi di
-colpo ad un cambiamento che avrebbe sovvertito lo Stato[57]: onde
-prepararvi gli animi, negligentò alcuni riti nazionali; non celebrò
-i giuochi secolari nel 314; i Capitolini, cui avrebbe egli dovuto
-presentarsi cinto dai pontefici e dal senato, a capo dell'esercito, non
-impedì, ma volse in derisione[58].
-
-Eppure doveano inorridire i Romani rugginosi nel vedere il successore
-d'Augusto mettere a pari col pagano il culto pur dianzi proscritto;
-esimere i sacerdoti di questo dalle funzioni municipali, come quei
-del gentilesimo; proibire che la domenica si lavorasse, o che i
-giudici e i corpi dello Stato s'occupassero di verun affare, salvo
-che dell'emancipazione de' figli o degli schiavi. Ma Costantino non vi
-facea mente: e allorchè si trovò senza colleghi nè emuli, proscrisse
-i giuochi gladiatorj, le feste scandalose; chiuse tempj, tolse alle
-Vestali e ai sacerdoti profani i privilegi, concedendoli invece al
-clero e ai vescovi, alle cui sentenze diede forza quanto alle sue
-medesime, sminuendo in tal modo l'autorità de' magistrati secolari;
-largheggiò di beni e di denaro colle chiese[59]; sedeva ne' concilj,
-disputava di teologia, metteva sugli edifizj pubblici la croce, alzava
-il làbaro alla testa degli eserciti, e nel campo una cappella uffiziata
-da Cristiani.
-
-Ma non che indicesse guerra al paganesimo, conservava, come i suoi
-predecessori, il titolo di sommo pontefice, e in tale qualità fece
-decreti religiosi con titoli idolatrici; con immagini di numi si lasciò
-scolpire sulle medaglie; poi quando morì, sagrifizj gli furono fatti
-all'antica, ascrivendolo fra gli Dei. Tanto i Gentili erano lontani dal
-credere ch'egli avesse soppiantato il culto nazionale, e dal prevedere
-che non tarda il trionfo della verità, posta che sia a pari armi
-coll'errore.
-
-
-
-
-CAPITOLO XLVII.
-
-Traslazione della sede imperiale a Costantinopoli. Costituzione del
-Basso Impero.
-
-
-Chi conosce quanta potenza sia inerente alla vista dei luoghi,
-intenderà gli ostacoli che in Roma dovea trovar Costantino alla sua
-deliberazione d'impiantare la nuova politica sopra una religione nuova.
-Unico centro non aveva il politeismo, che, neppure col concedere a
-tutti gli Dei l'ospitalità, caratteristica degl'istituti romani, giunse
-mai all'unità: pure Roma, cominciando dal suo fondatore, racchiudeva
-una serie di tradizioni gentilesche, colle quali andavano connesse
-le sue vittorie, l'orgoglio de' suoi bei giorni; e sarebbesi detto
-che Giove dalla rupe Capitolina minacciasse chiunque ne violava gli
-altari, benchè fosse disposto a dividerne gli onori con qualsifosse dio
-nuovo o rinnovato, da qualsifosse parte del mondo giungesse a Roma col
-suo bagaglio di superstizioni. Fra le quali come poteva il buon seme
-attecchire?
-
-Ogni atto pubblico poi, giusta l'origine sacerdotale del governo
-patrizio, era consacrato da cerimonie; e Costantino si stomacò de'
-riti profani: popolo e patrizj si scandolezzarono o indispettirono di
-vederlo vilipendere ciò che, non più per convinzione, ma per legalità
-era sacro; ed egli, non che sbigottire, deliberò staccarsi da cotesta
-genìa dirazzata e pretensiva. Il senato professava ancora che il
-governo del mondo fosse privilegio d'una stirpe; laonde l'abbattere
-le case senatorie, che parve il solo proposito comune a tutti gli
-imperatori, venne ancor meno da frenesia di sangue che da gelosia
-di dominio e da bisogno di rifornire l'erario colle pinguissime loro
-fortune. Di tal passo rimase annichilata l'antica razza conquistatrice,
-a segno che, sotto Gallieno, credeasi che delle famiglie patrizie
-unica la Calfurnia sussistesse. Coll'accomunato diritto di cittadinanza
-erasi surrogata una gente nuova; gl'imperatori da eunuchi e da liberti
-sceglievano i confidenti ed i ministri, i quali costituivano nuove
-famiglie, ricche e potenti: equavasi il diritto a vantaggio della plebe
-e fin degli schiavi.
-
-Ma anche scomparsi i discendenti degli Scipioni e degli Emilj,
-la ricordanza d'altri tempi sopraviveva: il Romano, dovunque si
-volgesse, incontrava d'altra natura memorie sull'Aventino, al Foro, in
-Campidoglio, il sangue di Virginia, l'ombra de' Gracchi, il cipiglio
-di Catone, il pugnale di Bruto; nel suo orgoglio arricciavasi dinanzi
-a imperadori, stranieri alle gloriose sue rimembranze, impostigli
-dall'esercito, e che stavano fuor di Roma gran tempo e fin tutta la
-vita.
-
-Sintanto che gli augusti risedevano nella metropoli, il popolo credeva
-serbare ancora un residuo d'autorità quando sotto alle finestre del
-palazzo o nel teatro, coll'applauso o col sibilo, approvava o disdiceva
-un fatto, una legge; quando li vedeva accattare il suo favore con
-largizioni, con giuochi. Ma le condiscendenze che gl'imperatori doveano
-alla maestà del senato e alla famigliarità del popolo, repugnavano
-ai nuovi ordinamenti, e a chi erasi abituato alla docile obbedienza
-delle legioni e dei provinciali. Se ne emancipò Diocleziano piantando
-altrove la residenza, e convertì la tenda militare in una corte di
-despoto orientale, sopra l'elmo collocando il diadema: fra i sudditi e
-l'imperante fu scavato l'abisso da che a questo più non accadea bisogno
-di cattivarsi la plebe, nè venerare il senato, nè rispettare le patrie
-costumanze, ma gli bastava abbagliare col fasto, imporre colla forza.
-
-Alle provincie, avvezze a servire, non costava nulla il piegarsi
-alla nuova politica, tanto più che ridondava tutta in loro vantaggio:
-laonde Costantino stabilì rompere interamente col passato, mutando la
-sede dell'impero in luogo che non avesse memorie da rinfacciare, riti
-da adempiere, tombe da riverire. E scelse Bisanzio, che, sul limite
-dell'Europa e dell'Asia, univa alla salubrità e all'incomparabile
-bellezza l'opportunità di tener occhio sì agli irrompenti
-Settentrionali, sì ai minacciosi Persiani. Rifabbricò dunque essa
-città, intitolandola Costantinopoli (329), vi improvvisò
-edifizj e vi trasferì la Corte[60]: la nuova capitale, per riverenza
-all'antica, fu intitolata colonia e prima e prediletta figlia di Roma;
-e a' suoi cittadini partecipato il diritto italico.
-
-Ma il tempo ha un'irresistibile efficacia a fare divenir vere le cose e
-repudiar le finzioni: e la nostra Roma, sebbene conservasse il primato
-nominale, non fu più la metropoli del mondo; dietro all'imperatore
-migrarono magistrati, cortigiani e la folla di coloro che voleano
-vivere di largizioni, o vendere l'adulazione, o sfoggiar l'opulenza,
-od esercitare le arti del lusso; tornarono verso Levante tanti capi
-d'arte, che alla Grecia e all'Asia erano stati usurpati in dieci secoli
-di vittorie.
-
-Fu questa la terza trasformazione del potere di Roma; e qui noi ci
-baderemo a dar conto dell'amministrazione civile e militare, cominciata
-da Diocleziano, migliorata da Costantino, compita da' suoi successori,
-e che durò per tutto quel che dicono Basso Impero.
-
-Per tre secoli l'imperatore non era stato che comandante all'esercito,
-nè l'autorità amministrativa esercitava altrimenti che arrogandosi
-le varie magistrature con militare usurpazione. Augusto, fondato
-il despotismo unicamente sulle armi e sulle finanze, avviava alla
-monarchia collo spossare la democrazia: dal che derivò un potere
-assoluto e precario, conturbato da frequenti rivoluzioni, causate non
-più dalla plebe ma dalla soldatesca.
-
-Alla sfrenatezza militare bisognava un rimedio, e lo applicò
-Diocleziano coll'introdurre un'amministrazione che tutto facesse
-dipendere da una volontà, da un impulso, da un sentimento; i poteri,
-dianzi confusi e indeterminati, divenissero distinti e precisi; la
-suddivisione di provincie, d'eserciti, di funzioni tenesse gli uni
-subordinati agli altri, e tutti all'imperatore, causando il pericolo di
-soverchio ingrandimento e di subitanee usurpazioni.
-
-Scorgendo quale appoggio sia al trono l'aristocrazia, Costantino
-all'antica ne surrogò una che non avesse diritti e memorie da tutelare,
-ma dall'imperatore traesse e su lui riflettesse il proprio splendore.
-Fu essa disposta in quattro ordini, i _chiarissimi_, i _rispettabili_,
-gl'_illustri_, i _perfettissimi_, oltre i _nobilissimi_ membri della
-famiglia imperiale. Titolo di Chiarissimi competeva ai senatori; a
-quelli tra essi che sortivansi a governare una provincia, e a chi per
-grado od uffizio si elevasse sopra gli altri, toccava del Rispettabile:
-Illustri erano i consoli e patrizj, i prefetti al pretorio di Roma e
-di Costantinopoli, i generali, i sette uffiziali del palazzo: dietro
-a questi venivano i Perfettissimi. Mentre prima il Romano volgeva la
-parola direttamente anche al capo dello Stato, allora più non parlò
-che alla _sua maestà_; i magistrati primarj chiamava _serenità,
-eccellenza, eminenza, gravità, sublime ed ammirabile grandezza,
-illustre e magnifica altezza_; e l'usurpare un titolo indebito, anche
-per ignoranza, dichiaravasi sacrilegio[61].
-
-Le porzioni di sovranità, che tradizionalmente conservavano il popolo
-e le magistrature curuli, cessarono, rimanendo unico padrone e signor
-delle cose l'imperatore, unica fonte all'autorità de' magistrati[62].
-Il senato, «consiglio sempiterno della repubblica dei popoli, delle
-nazioni e dei re» (CICERONE), era soccombuto ai colpi replicati
-degl'imperatori e alle proprie bassezze; e l'assemblea, che a Cinea
-era sembrata un'accolta di re, allora spendeva lunghe adunanze in
-recitare codardi vituperj agl'imperatori caduti, o codarde apoteosi
-ai nuovi innalzati, e registrava ne' suoi atti quante volte fossero
-stati ripetuti i viva e i riviva[63]. Se i primi imperatori offrivano
-al senato in _lettere_ o _libelli_ od _orazioni_ il loro desiderio,
-che dal consenso di esso acquistava forza di legge; i susseguenti
-fecero di per sè _editti, rescritti, costituzioni_, le quali a
-metà del III secolo aveano già vigor di legge; e i padri coscritti
-trovaronsi ristretti a formolare in senatoconsulti le proposizioni
-fatte dall'imperatore in materie legali, a riconoscere il nuovo
-augusto, e morto decretargli altari o patibolo. Conservassero pure il
-laticlavo, i calzari neri colla mezza luna d'argento, il posto distinto
-agli spettacoli, la direzione d'alcune minuzie; ma ogni ingerenza
-nel reggimento dell'impero, nella cura dell'erario, nel governo delle
-provincie fu tolta loro da Diocleziano. Infine non furono più che un
-consiglio municipale, di giurisdizione circoscritta quasi alle mura
-della città, sicchè appena si trovava chi desiderasse appartenervi.
-Per ciò, e per secondare lo spirito monarchico, quella dignità venne,
-almeno in parte, ridotta ereditaria[64].
-
-I consoli non più dal popolo e dal senato, ma erano eletti dal principe
-per propria autorità[65]. Inaugurati erano là dove sedeva l'imperatore:
-il primo gennajo, vestiti di porpora ricamata a seta ed oro, con ricche
-gemme e col corteo dei primarj uffiziali di toga e di spada, preceduti
-dai littori, andavano con gran maniere di letizia al fôro, ove
-seduti sul tribunale d'avorio, esercitavano atto di giurisdizione col
-manomettere uno schiavo; davano le feste che soleansi in Roma; i nomi
-e le effigie loro su tavolette d'avorio si spargeano in dono al popolo,
-alle città, alle provincie, ai magistrati. A ciò, e a dar nome all'anno
-riducevasi l'uffizio dei consoli, vigliaccamente esultanti d'ottenere
-un onore senza peso[66].
-
-Il titolo di patrizio fu concesso a vita da Costantino ad alcuni
-personaggi, appena inferiori ai consoli, e detti padri adottivi
-dell'imperatore e della repubblica.
-
-I prefetti al pretorio da Severo a Diocleziano erano primi ministri
-dell'impero nell'amministrazione civile e militare: ma fiaccati, poi
-tolti via i pretoriani, si trasformarono in magistrati civili. Erano
-quattro, uno per l'Oriente, uno per l'Illirico, uno per le Gallie, uno
-per l'Italia, al qual ultimo spettavano pure la Rezia fin al Danubio,
-le isole del Mediterraneo, la provincia africana. Ammiano Marcellino,
-storico di quel tempo, non esita a chiamarli imperatori di minor grado,
-giacchè competeva ad essi l'amministrare le finanze e la giustizia,
-il regolar la moneta, le strade, i granaj, il traffico e quanto
-ha tratto alla pubblica prosperità; spiegare, estendere, talvolta
-anche modificare gli editti generali; vigilare sui governanti delle
-provincie, decidere supremamente delle cause di maggior rilievo.
-
-Da essi rimanevano dissoggette Roma e Costantinopoli, dipendendo da un
-prefetto ciascuna. Quel di Roma, istituzione d'Augusto, era assistito
-da quindici uffiziali nel soprantendere alla sicurezza, abbondanza
-e polizia della città, uno dei quali specialmente aveva in cura le
-statue. Il prefetto trasse ben presto a sè le cause già attribuite ai
-pretori; poi occupò nel senato il posto de' consoli, come presidente
-ordinario; a lui si recavano gli appelli da cento miglia in giro; da
-esso dipendeva l'autorità municipale.
-
-Pel governo civile l'impero fu distribuito in tredici diocesi, le
-quali poi suddivideansi in centosedici provincie; tre governate da
-proconsoli, trentasette da consolari, cinque da correttori, settantuna
-da presidi.
-
-Quanto è specialmente dell'Italia, i successori d'Augusto s'erano
-avvisati che il miglior mezzo a consolidare la loro tirannide fosse
-il mozzar man mano i diritti alla penisola, nido dell'antica libertà
-municipale privilegiata. Comodo estese a tutto il mondo ciò che era
-stato speciale di Roma, poi dell'Italia: pure la penisola era rimasta
-esente dal tributo. Ma quando Diocleziano la concesse al collega
-Massimiano, non essendo più alimentata dalle contribuzioni altrui,
-dovette sottoporsi ai pesi medesimi delle provincie, e più mai non ne
-fu alleviata.
-
-Col fondere Osci, Sabelli, Latini nella nazionalità romana si era
-dato forza e vitalità allo Stato: ma sette secoli vi vollero perchè
-l'Italia divenisse nazione, e solo col sistema di Costantino quel nome
-espresse un'unità politica, anzi più propriamente significò le contrade
-superiori, l'antica Gallia Cisalpina, i paesi una volta abitati da
-Veneti, Liguri, Insubri.
-
-Dal prefetto di Roma dipendeano dieci provincie, chiamate suburbicarie:
-Campania, Etruria ed Umbria, Piceno suburbicario, Sicilia, Apulia,
-Calabria, Lucania e Bruzio, Sannio, Sardegna e Corsica, Valeria. Dal
-suo vicario, la Liguria, l'Emilia, il Piceno annonario e la Venezia,
-dette provincie d'Italia, cui furono poi unite l'Istria, le alpi Cozie,
-le due Rezie. In appresso la prefettura d'Italia venne divisa in due
-diocesi, d'Italia e d'Africa. Nella diocesi d'Italia, l'Emilia fra
-il Po e l'Appennino, la Liguria, la Venezia, il Piceno, la Flaminia
-tra Modena e Rimini col litorale dell'antica Umbria, la Campania,
-l'Etruria, la Sicilia erano governate da un consolare; da correttori
-l'Etruria, l'Apulia, la Calabria, la Lucania, il Bruzio; da presidi il
-Sannio, la Valeria, le alpi Marittime, Pennine e Graje, le due Rezie,
-la Sardegna, la Corsica.
-
-Proconsoli, correttori, presidi, erano varj d'attribuzioni; tutti però
-amministravano e la giustizia e le finanze in dipendenza dai prefetti,
-e per quanto al principe piacesse; infliggevano pene fin capitali; il
-mitigarle era serbato ai prefetti, come pure il condannare all'esiglio.
-Ponevasi attenzione che nessuno fosse natìo del paese che governava,
-nè vi contraesse parentele, o comprasse schiavi e terre, volendo con
-ciò ovviare gli abusi e le corruzioni; pure Costantino medesimo, poi i
-successivi imperatori non rifinano di querelarsi che tutto si venda da
-essi o da' loro ministri[67].
-
-Ciascuna provincia formava un corpo politico, rappresentato
-dall'assemblea generale, che una volta l'anno o per occasioni
-straordinarie, concedente il prefetto del pretorio, radunavasi nel
-capoluogo, intervenendovi gli onorati, i curiali e possessori liberi.
-Questa dieta provinciale potea far decreti, spedire messi al principe,
-anche malgrado del vicario, del preside o del prefetto al pretorio[68].
-
-Si trasformano dunque i magistrati all'antica in impiegati alla
-moderna, gli uffiziali della patria in servitori del principe. Sotto
-i re, essi magistrati rimanevano sottoposti al capo dello Stato:
-nella repubblica, ciascuno aveva un'autorità sovrana entro la sfera
-d'attività a lui competente, e poteva fare opposizione al collega o
-ai funzionarj inferiori, sempre esposto ad una responsalità reale
-e terribile: or eccoli connessi in un'assoluta gerarchia. Nella
-repubblica, ed anche sotto i primi imperatori, le insegne della dignità
-accompagnavano il magistrato soltanto in uffizio; fuor di quello,
-console, pretore, imperatore non avevano altro corteggio o servitù
-che i liberti, i clienti, gli schiavi proprj: ma cogli innovamenti
-di Diocleziano, il palazzo, la tavola, lo sfarzo, il numeroso codazzo
-posero immensurabile distanza fra il monarca ed i sudditi.
-
-Già prima il titolo di _onorato_ distingueva chi avesse sostenuta
-alcuna dignità nell'impero, o cui il principe avesse concesso trionfi
-od onorificenze: al perdersi delle altre distinzioni, tutti ambirono
-questa, e l'imperatore la largì a chiunque prestasse alcun servizio
-alla sua persona; merito più rilevante che il giovare allo Stato.
-Pertanto gli uffizj dapprima affidati a schiavi, il tagliare avanti, il
-servire alla coppa, fin le _prestazioni sordide_, erano ambite da gran
-signori, non tanto per gli stipendj, quanto per le esenzioni ond'erano
-privilegiate; perocchè gli Onorati restavano ascritti al senato senza
-subirne i pesi, e dopo servito dieci o quindici anni, andavano sciolti
-da ogni vincolo che per nascita li legasse alla curia o ad alcuna
-corporazione. Per _codicilli onorarj_ poi si concedevano talvolta i
-titoli a persone che mai non avevano servito, nè tampoco veduto il
-principe, tanto per godere l'esenzione, od almeno usar le insegne della
-nominale dignità.
-
-A fianco dell'imperatore stavano sette uffiziali, consiglieri privati,
-e custodi della persona, della casa, del tesoro. Un eunuco, gran
-ciambellano (_præfectus sacri cubiculi_), mai non distaccavasi dal
-principe, fosse agli affari o alle ricreazioni, prestandogli i più
-umili servigi, e avendo così mille occasioni d'insinuarsegli nelle
-grazie e di regolarne i favori. Da quello dipendevano i Conti della
-mensa e della guardaroba. Il maestro degli uffizj, ministro di Stato,
-dirigeva gli affari pubblici, e nessun richiamo di suddito giungeva al
-principe se non attraverso a quattro uffizj, uno dei quali riceveva
-i memoriali, l'altro le lettere, il terzo le domande, il quarto la
-corrispondenza varia. Davano spaccio agli esibiti cenquarantotto
-segretarj, per lo più legali, e preseduti da quattro maestri.
-
-Al maestro degli uffizj sottostavano alcune centinaja di messaggeri,
-che, col favore delle buone strade e delle poste, dalla capitale
-fin alle provincie estreme recavano gli editti, le vittorie
-degl'imperatori, il nome de' consoli; e che acquistarono importanza
-col riferire quanto raccogliessero sulle condizioni del paese e sui
-portamenti de' magistrati e de' cittadini. Crebbero costoro fin a
-diecimila, a proporzione della debolezza della corte o del timore di
-ribellioni; e divennero gravosi al popolo pel modo con cui esigevano il
-servizio delle poste, e perchè favorivano o perseguitavano (stile dei
-delatori) chi sapeva o no tenerseli amici.
-
-Divenuta imperiale la podestà, tolta l'aristocrazia delle famiglie,
-accomunata la cittadinanza, cambiasi pure la procedura giudiziale:
-non occorrono più magistrati patrizj che dicano il diritto; senatori,
-cavalieri, plebe non lottano più per essere ammessi nella lista de'
-giudici; non più le decurie sono annualmente elette nel fôro ed esposte
-al pubblico: nè il cliente sceglie il magistrato, nè i cittadini
-il giudice sopra la lista annuale. La giustizia emana dal trono:
-il rettore di ciascuna provincia o il vicario suo; il prefetto del
-pretorio in appello come rappresentante dell'imperatore; l'imperatore
-stesso per supremo ricorso, costituiscono l'alto organamento
-giudiziario: l'inferiore i magistrati locali di ciascuna città con
-giurisdizione limitata: alcuni agenti speciali per le cause fiscali:
-una distinta giurisdizione militare, e la ecclesiastica de' vescovi.
-Più non sono separati lo _jus_ dal _judicium_; più non si sceglie il
-giudice, e si redige la formola a ciascuna causa. L'attore cita il
-reo davanti l'autorità competente, mediante un atto; il magistrato
-gliene fa l'intimazione per mezzo d'un usciere, giudica la causa e
-nel fatto e nel diritto. Questa procedura, in origine introdotta come
-straordinaria, allora divenne generale.
-
-Finchè i giudizj emanavano direttamente dal popolo, ovvero dal
-pretore eletto da esso, non rimaneva luogo ad appello, sovrana essendo
-quell'autorità. Commessi a magistrati eletti senza concorso di questa
-e subordinati, era naturale che ne venisse quella graduazione, per cui
-i giudizj dell'uno erano riveduti dal superiore, e infin dall'augusto.
-La cooperazione dei giudici ne spiega in qual modo nell'immensa Roma
-due pretori potessero risolvere i dissidj di cittadini e forestieri:
-ma aboliti quelli, come bastare? Già, durante la repubblica, i pretori
-teneansi allato dei giureconsulti per consiglio; poi gl'imperatori
-ne assunsero un collegio (_consistorium_), che decidesse i punti di
-diritto portatigli in ultima appellazione.
-
-Essendo la salute dell'impero suprema legge, bastava che uno di questi
-delatori imputasse di tradimento qualche cittadino, perchè tosto
-venisse tradotto in catene a Milano, a Roma, a Costantinopoli, e quivi
-giudicato con metodi estralegali, e massime colla tortura. Questa erasi
-fin allora in Roma serbata agli schiavi: ma i magistrati, che nelle
-provincie la trovavano già consueta, ne continuarono l'uso, e guari non
-andò che l'applicarono anche a cittadini romani. Furono dunque chieste
-eccezioni, e concedute a favore degli Illustri e degli Onorati, del
-clero, de' soldati e casa loro, de' professori d'arti liberali, dei
-magistrati municipali e loro discendenza fin al terzo grado, e degli
-impuberi: le quali esenzioni venivano a confermare quell'iniquità ad
-aggravio degli altri. Siccome poi i giureconsulti definirono, nei casi
-di Stato, potersi trascendere il diritto, perciò in quelli la tortura
-applicavasi indistintamente a rei, a complici, a testimonj.
-
-Lo studio delle leggi restava incoraggiato come scala alle magistrature
-civili. Tutte le città ragguardevoli n'aveano scuole, dove rimasti
-cinque anni, i giovani cercavano ricchezza ed onori col dibattere
-sopra le innumerevoli cause private, o coll'iniziarsi agli impieghi,
-abbondantissimi, e nei quali il merito o l'abilità o la pieghevolezza
-potevano condurre sino a divenire Illustri. Questo sciame che
-strepitava pei tribunali, o strisciava alla corte, o traforavasi nelle
-case private ad azzeccare litigi e trafficar di cavilli, divenne
-nuova peste dell'impero, e degradò la nobile giurisprudenza fino
-all'abjettezza de' mozzorecchi.
-
-Degli antichi questori un solo rimase, non più incaricato dell'erario,
-ma di comporre orazioni ed epistole a nome dell'imperatore, e
-leggerle in senato. E poichè quelle presero la forza, poi anche la
-forma di editti, il questore equivalse al moderno grancancelliere,
-rappresentante del potere legislativo, fonte della civile
-giurisprudenza. Talora sedeva a suprema giudicatura nel gabinetto
-imperiale coi prefetti del pretorio e col maestro degli uffizj, o
-scioglieva i dubbj dei giudici inferiori; oltrechè, per servizio
-dell'imperatore e per modello uffiziale di stile, coltivava quel gergo
-pomposo e barbarico che acquistava nome d'eloquenza. Come giudice
-delegato proferiva egli talvolta di casi riservati all'imperatore;
-talaltra consultavansi i due senati, come alle corti di giustizia.
-
-Da un ministro del fisco (_comes rerum privatarum_) amministravasi il
-tesoro particolare dell'imperatore, costituito dai patrimonj dei re e
-delle repubbliche sottoposte, da quei delle varie famiglie venute al
-trono, e dalle confische. Le entrate pubbliche furono maneggiate da
-un Conte delle sacre largizioni, che centinaia di persone occupava in
-undici uffizj per fare e riscontrare i conti. Le zecche, le miniere,
-gli erarj deposti nelle diverse città dipendevano dal tesoriere,
-che corrispondeva co' ventinove ricevitori provinciali, regolava il
-commercio esterno, dirigeva le manifatture del lino e della lana,
-esercitate da schiavi per uso della corte e dell'esercito.
-
-La distinzione fra l'erario militare e il fisco disparve in diritto
-dacchè l'imperatore potea disporre liberamente di tutte le casse:
-pure si lasciarono separati l'_erario sacro_, che riceveva le imposte
-pubbliche, il _privato_ che riceveva le rendite particolari del
-principe, e quello _di prefettura_ per le entrate che si destinavano
-specialmente all'esercito. Le pubbliche consistevano ne' possessi
-imperiali, nelle contribuzioni dirette, nelle indirette, e in frutti
-eventuali, oltre i dominj del fisco: ma qui ci si affaccia la peggior
-piaga de' popoli nel Basso Impero.
-
-Ciascun patrimonio veniva esattamente descritto, con la misura dei
-terreni, il numero degli schiavi e del bestiame, adequandone il valore
-per ogni jugero sopra giuramento del proprietario: al quale l'usar
-frode sarebbesi imputato come sacrilegio ed offesa maestà[69]. Censo
-vizioso che ad ogni mutar di possesso sarebbe convenuto rifare; laonde
-ne faceano lor pro i ricchi, vendendo gli sterili per comprar terreni
-feraci: dal che richiami incessanti, e visite, e riforme.
-
-Ad ogni jugero della stessa categoria era imposto un eguale tributo in
-denari e in derrate. Ma al tempo di Costantino il tributo fondiario si
-esigeva per _capi_, intitolandosi così un complesso di terreni, varj
-d'estensione, ma stimati di rendita eguale, e perciò d'egual valore.
-Questo valore era di mille _aurei_, lo perchè un capo dicevasi anche
-_millena_; e da tale unità tassabile venne il nome di capitazione[70].
-La capitazione personale colpiva i nulla aventi. Al censo venivano
-proporzionate altre gravezze o straordinarie, o canoniche, o sordide, o
-d'altra categoria.
-
-Era dunque lo stesso _tributum ex censu_ dei tempi repubblicani:
-ma un decreto (_indictio_) del principe determinava ogn'anno la
-quantità e qualità delle imposizioni; e se al bisogno non bastasse,
-imponevasi una _superindizione_: alle straordinarie occorrenze
-potevano supplire fin i prefetti del pretorio, sovrintendenti alle
-finanze. Il tributo ripartivasi sul luogo, vigilando il preside della
-provincia, e intervenendovi i Difensori della città. Pagavasi in tre
-rate, nelle mani de' ricevitori del preside; il quale ogni quattro
-mesi trasmetteva al tesoriere della provincia la lista delle somme
-percette, e questo al conte delle largizioni. La più parte si pagava in
-denaro, anzi in oro; il resto coi generi che il terreno dava, i quali,
-a spese de' provinciali, erano spediti nei pubblici magazzini, donde
-si distribuivano alla Corte, all'esercito, alla plebe di Roma e di
-Costantinopoli.
-
-Che se riescono sempre malvedute le incumbenze de' finanzieri, viepiù
-allora quando con sì largo arbitrio si esercitavano, e smungevasi il
-popolo con sovrimposte e anticipazioni accumulate, non impedite da
-verun corpo dello Stato. L'esazione sotto Galerio offriva a Lattanzio
-l'immagine della guerra e della cattività: «Misurar terre, numerare
-viti e alberi, registrare gli animali d'ogni razza, il nome di tutte
-le persone, non distinguendo contadini da borghesi: ognuno accorreva
-con figli e schiavi, e lo scudiscio faceva l'uffizio suo: per forza
-di torture costringevansi i figliuoli ad attestare contro il padre,
-gli schiavi contro i padroni, le donne contro i mariti: se mancassero
-prove, mettevansi alla corda i padri, i padroni, i mariti, per farli
-deporre contro se stessi; e quando il dolore avesse loro strappato di
-bocca alcuna confessione, questa si tenea per vera, nè età o malattia
-valeva di scusa: faceansi recare infermi e malati, e si fissavano gli
-anni di ciascuno, aggiungendone ai fanciulli, detraendone ai vecchi;
-poichè pagavasi un tanto per testa, e a denaro si comprava la libertà
-del respirare... Fra ciò gli animali perivano? perivano gli uomini?
-tassavasi ciò che più non esisteva, in modo che nè vivere nè morire
-si potea gratuitamente: pur beati i mendichi, che restavano esenti
-da tali violenze. Galerio, mostrandone pietà, li fece imbarcare,
-con ordine che, quando fossero in alto, venissero gettati al mare:
-egregio spediente per nettare dalla mendicità l'impero! e acciocchè,
-sotto pretesto di povertà, nessuno si esimesse dal censo, far perire
-un'infinità di poveretti!»
-
-Nè meno della capitazione gravava la _collazione lustrale_, che ogni
-quinto anno esigevasi dai trafficanti. — Il tempo in cui essa matura
-(dicea Libanio davanti ad un imperatore), cresce il numero degli
-schiavi; e dai padri vendonsi i figli, non per riporne il prezzo,
-ma per darlo agli esattori». E Zosimo: — Quando torna il tempo della
-collazione lustrale, allora pianti e guaj per tutta la città; vedesi
-con battiture ed altri strazj tormentar chi per povertà non può
-sborsare la tassa; madri vendono i figliuoli, padri menano le figlie
-al postribolo per procacciarsi di che soddisfare l'esattore»[71].
-Costantino proibì quelle torture, surrogandovi una cortese prigionia:
-gli eredi dovevano spegnere il debito del defunto al fisco, o
-abbandonare l'eredità.
-
-I contribuenti erano inoltre tenuti a molte prestazioni personali,
-come cuocere il pane, la calcina, trasportare i generi ai magazzini o
-all'esercito, servire di cavalli le poste. I senatori e gli ottimati
-delle provincie pagavano un tributo speciale (_follis_) sulle loro
-sostanze, e una tassa qualora venissero promossi ad una carica[72]. I
-donativi spontanei che davano le città a trionfanti o a benemeriti, per
-lo più in corone d'oro, ben presto furono tenuti come un dovere verso
-il principe quando salisse al trono, menasse moglie, avesse figliuoli,
-guidasse trionfi. I senatori a quest'_oro coronario_ surrogavano
-un'offerta di mille seicento libbre d'oro[73].
-
-Sull'entrata, l'uscita, il transito, il consumo pesavano gabelle:
-fors'anche pagavano le merci nel passare da una all'altra diocesi,
-poichè dell'entrate di ciascuna assumevano l'appalto distinte società
-di pubblicani. Era speciale dell'Italia il dazio di consumo della
-vigesimaquinta e della centesima, che oggi diremmo del quattro e
-dell'uno per cento. Poi si pagava su quanto si portasse in viaggio, poi
-per mantenere le vie; sicchè dappertutto erano guardie e stradieri, le
-cui concussioni mal potevano esser frenate dal minaccioso rigore delle
-leggi.
-
-Le arti tiranniche degli esattori ci sono legalmente attestate
-dall'imperatore Valentiniano. — Appena l'esattore giunge nella
-sbigottita provincia, circondato da fabbri di calunnie, inorgoglisce
-dei sontuosi ossequj, chiede l'appoggio delle autorità provinciali,
-talora aggiunge a sè anche le scuole, acciocchè, moltiplicato il
-numero degli uomini e degli uffizj, il terrore estorca quanto piaccia
-all'avidità. Comincia egli dall'addurre e svolgere terribili comandi
-sopra molteplici decreti; presenta caligini di minute supputazioni,
-confuse con inesplicabile oscurità, che, fra gli uomini ignari delle
-tranellerie, più fanno effetto quanto meno possono intendersi. Domanda
-le quietanze distrutte dal tempo, non conservate dalla semplicità e
-fiducia dello sdebitato: e se perirono, coglie occasione di predare;
-se vi sono, bisogna pagare acciocchè valgano: talchè presso quel
-malvagio arbitro la carta perita nuoce, la conservata non giova. Da ciò
-innumerevoli guaj, dura prigionia, crudele tortura e tutti i martorj
-preparati dall'esattore ostinato nelle crudeltà. Il palatino, complice
-de' furti, esorta; incalzano i turbolenti uscieri; sovrasta la spietata
-esecuzione militare: nè questa ribalderia, usata su cittadini come su
-nemici, termina per giustizia di prove o per compassione»[74].
-
-Le passate turbolenze e i tanti usurpatori aveano chiarito come fosse
-pericoloso l'unire ne' governatori delle provincie la giustizia e
-l'amministrazione col comando militare; laonde Costantino li separò.
-La suprema ispezione sugli eserciti fu commessa ad un maestro generale
-per la fanteria, uno per la cavalleria: poi n'ebbe uno a ciascuna
-delle frontiere più minacciate, sul Reno, sull'alto e basso Danubio,
-sull'Eufrate: in fine diventarono otto. Sotto di essi erano disposti
-trentacinque duci, distinti tutti col cingolo d'oro; a dieci era
-concesso il titolo di _comiti_, ossia compagni più onorevoli; ed oltre
-il soldo, ricevevano onde mantenere cennovanta servi e cencinquantotto
-cavalli. Essi non doveano brigarsi dell'amministrazione civile, nè
-i magistrati del loro comando: il che assicurò la quiete interna,
-togliendo il despotismo militare, unico ed infelicissimo avanzo della
-democrazia.
-
-La milizia fu ridotta ad una specie di tributo, giacchè i senatori, gli
-Onorati, i sacerdoti del gentilesimo, e i principali decurioni furono
-obbligati somministrare un prefisso numero di soldati, o in cambio
-trenta o trentasei soldi d'oro per uomo. Tale somma attesta quanto
-fossero scarsi i volontarj; e malgrado le grosse paghe e i ripetuti
-donativi, la milizia era aborrita tanto, che molti per sottrarsene
-si mozzavano le dita; e quantunque fosse appiccinita la misura pei
-coscritti, e s'ammettessero anche schiavi, pure, se vollero empiere le
-file, gl'imperatori dovettero concedere terre immuni e inalienabili ai
-veterani, col patto feudale che i loro figliuoli, giunti a età virile,
-dessero il nome all'esercito, se no perdessero l'onore, il fondo ed
-anche la vita[75].
-
-Le ripetute severissime minaccie non rattenevano dal disertare ai
-Barbari, o favorirne le correrie; nè dal soperchiare i sudditi,
-mandando i cavalli a pascolo sull'altrui fondo, o mescolandosi d'affari
-civili; nè induceano i veterani ad occuparsi nel mercimonio o coltivare
-le terre concesse. Si dovette anche ricorrere ad ausiliarj stranieri,
-arrolando Goti e Alemanni, e sollevandoli ai gradi della milizia,
-donde ai civili, e perfino al consolato: lo che sempre più sviliva le
-magistrature curuli.
-
-La legione fu ridotta da seimila a mille o millecinquecento guerrieri,
-separandone, come pare, la cavalleria; il che, se scemò la robustezza,
-crebbe la mobilità, assomigliandola ai reggimenti nostri. Centrentadue
-legioni allora componeano l'esercito romano; e sembra fra tutto si
-armassero seicentoquarantacinquemila uomini, sullo spazio stesso dove
-in piena quiete ora ne stanno in armi più di due milioni. Li dicono
-necessarj alla pace!
-
-La guardia del principe era fatta da tremilacinquecento domestici[76],
-distribuiti in sette scuole, e comandati da due conti. Splendidamente
-divisati con armi d'oro e d'argento, fra essi cernivansi due compagnie
-di cavalli e fanti, detti dei _protettori_. Facevano la scolta negli
-appartamenti interni; andavano nelle provincie quando abbisognasse dar
-pronta e vigorosa esecuzione agli ordini imperiali; e l'esser messo fra
-questi era la più elevata speranza del guerriero.
-
-I sudditi liberi dell'impero si dividevano in tre classi: abitanti
-delle due metropoli, abitanti delle città provinciali, e campagnuoli.
-I primi, sebbene assoggettati alle medesime imposizioni, erano però
-vantaggiati da privilegi, e dalle distribuzioni del grano, spedito per
-obbligo dalle provincie, a cura d'un preside particolare (_præfectus
-annonæ_).
-
-Gli abitanti delle città provinciali cessarono d'esser divisi in
-cittadini, socj e sudditi quando Caracalla, accomunata la cittadinanza,
-tutti eguagliò nella soggezione all'imperatore. Allora vi troviamo
-senatori, curiali o decurioni, e plebe. I senatori erano ombre
-dell'ombra di senato che sopraviveva a Costantinopoli e a Roma;
-quell'onorificenza di puro nome ricevendo dagl'imperatori per avere
-sostenuto cariche insigni, e che infine diventò comune ai maggiori
-possidenti. Poteano esser giudicati soltanto da un tribunale
-particolare, non richiesti alla tortura, nè obbligati alle cariche
-municipali: vantaggi che pagavano con una speciale imposizione, e
-con contributi straordinarj in caso di bisogno[77]. I possessori,
-fossero originarj (_municipes_) od avveniticci (_incolæ_), formavano
-i decurioni o curiali; e poichè doveano spendere e denaro e tempo
-nelle pubbliche cure, le leggi municipali determinavano qual facoltà
-dovessero possedere. Nel II secolo, da un curiale di Como esigevansi
-centomila sesterzj, cioè da diciannove a ventimila lire; nel 342,
-Costanzo II obbligava alla curia d'Antiochia chi possedesse venticinque
-jugeri di terreno; nel 435, Valentiniano III quei che avessero trecento
-soldi d'oro, che potevano contarsi per quattromila cinquecento lire:
-tant'erasi avvilita quella dignità, in prima ambita e con suntuose
-largizioni procacciata. Le iscrizioni accennano anche un ordine
-equestre, forse de' membri di certi collegi.
-
-Nella plebe si riducevano i minori possidenti, artieri, mercadanti,
-esclusi dall'amministrazione urbana (_jus honorum_); era distribuita in
-varie maestranze; del resto faziosa, tremante o minaccevole, attenta ad
-ogni occasione di saccheggi e di violenze.
-
-Alla campagna stavano o proprietarj liberi, o coloni, o schiavi.
-Di questi ultimi non faremo parola più che di animali domestici. I
-coloni, di mezzo fra liberi e schiavi, erano avvinti al terreno che
-coltivavano, in modo che con esso erano venduti e divisi, benchè una
-legge pietosa vietasse di separare i membri della stessa famiglia[78].
-Erano dunque un avviamento ad abolire la schiavitù; e mentre verun
-cenno ne fanno i giurisprudenti classici, frequente si trovano
-menzionati dopo Costantino. Donde provennero? chi li crede imitati da
-ciò che si vedeva nelle nazioni germaniche; chi derivati dalle colonie
-barbare trapiantate nell'impero: più probabilmente germogliarono
-dall'antica forma dei possessi, quando Vespasiano e Tito chiamando al
-fisco i beni comunali, su cui aveano diritto gli abitanti di ciascun
-cantone, e Costantino applicandoli al culto cristiano, ridussero gran
-parte de' possessori a miseria, ed a vendere il proprio patrimonio, o
-lavorarlo a titolo di coloni[79].
-
-Obbligati a vivere e morire sul suolo ove nasceano, trovavansi del
-resto liberi di loro persona; e perciò il diritto li annovera tra
-gl'ingenui, e ne fa legittime le nozze; ma insieme li chiama servi
-della gleba; nè contro del padrone poteano stare in giudizio, salvo si
-discutesse della propria condizione. Ad esso retribuivano in denaro
-o in natura un canone impreteribile, al fisco l'imposizione; col
-rimanente viveano, e risparmiando poteano comprar beni, dei quali però
-l'alto dominio restava al padrone. Condizione peggiore dello schiavo
-in quanto non potevano essere affrancati, non disgiunti dal suolo, nè
-tampoco emanciparsi coll'entrare ecclesiastici o militari[80].
-
-Colle traversie pubbliche ne crebbe il numero e peggiorò la condizione,
-scomparendo la classe tanto utile de' liberi coltivatori e de' minuti
-possidenti. Chi non potesse soffrire la perdita della libertà,
-rifuggiva nelle città a nuove miserie: altri, oppressi da crudeli
-padroni o dall'ingordo fisco, rompevano ad aperte ribellioni.
-
-Questa causa s'univa alle anzidette per aumentare i terreni
-abbandonati. Gl'imperatori fecero esente da tributi chi gli occupasse;
-li distribuivano anche fra i possessori di buone campagne, minacciando
-privarli di queste se quelli trascurassero: provvedimenti vessatorj,
-che a niun bene riuscivano perchè non toccavano la radice del male.
-All'uopo stesso fu introdotta l'enfiteusi, contratto pel quale,
-mediante un canone statuito, assegnavasi un fondo a coltivare per
-un certo tempo od in perpetuo. Prima fu praticato solo con terreni
-del fisco o del municipio; dappoi anche coi privati, allorchè questi
-possedettero intere provincie.
-
-Prima di Giulio Cesare, ciascun municipio costituiva una repubblica
-indipendente, associata alla romana, cui contribuiva un contingente
-determinato, e ne ricevea protezione; partecipava ad alcuni impieghi,
-e ne comunicava la capacità ai Romani entro le sue mura; del resto
-avea leggi proprie, magistrati elettivi, libera amministrazione degli
-interni affari. Intera dunque la libertà civile e la comunale; soltanto
-la libertà politica era legata dal patto federale.
-
-Ma talora il municipio o per forza o di voglia adottava le leggi
-civili romane, e in tal caso entrava fra i popoli detti _fundi_.
-Sotto l'impero, la condizione di fundi diviene generale, adottandosi
-dappertutto il diritto civile romano come condizione della
-cittadinanza, formandosi così l'unità giuridica, mentre gl'Italici non
-aveano chiesto che l'accomunamento del diritto politico. Allora tutte
-le colonie latine divennero municipj; ed essendo caduto in dissuetudine
-il diritto di suffragio, municipio significò una città abitata da
-cittadini romani, qual che ne fosse l'origine.
-
-Tutto ciò effettuossi colla _lex julia_[81] o poco dopo: e in
-conseguenza Roma non fu più soltanto una repubblica sostenuta da
-repubbliche, ma la metropoli d'un grand'impero, di cui l'Italia era
-la provincia principale. Ma a farla vera monarchia si opponeva il
-carattere del diritto pubblico e privato di Roma, municipale per
-essenza, come di quasi tutte le antiche città italiche: onde fu
-mestieri riformare il modo della libertà municipale in Italia, per
-armonizzarla colla politica imperiale e coll'accentrata uniformità.
-
-Come in Roma i soli cittadini di ottimo diritto erano partecipi della
-sovranità, cioè potevano render suffragio in una tribù e sostenere
-le magistrature, così nelle città i decurioni. Non che in pratica,
-neppure nelle filosofiche speculazioni si conosceva il sistema della
-rappresentanza, che fa partecipare al governo effettivo i sudditi,
-per quanto discosti. La riforma di Cesare rese possibile ad Augusto
-di risparmiare ai cittadini lontani il disagio di recarsi fin a Roma
-a rendere i voti, imponendo di raccoglierli ne' particolari comizj,
-indi spedirli alla metropoli. Questo diritto egli limitò ai municipj,
-sotto il qual nome vennero intesi non più tutti i cittadini, ma
-puramente i decurioni. Il senato di questi (_ordo, curia_) insieme coi
-magistrati amministrava la città; ma non che la curia fosse contrappeso
-ai magistrati, unicamente da essa sceglievansi. Questi potevano
-presentare i proprj successori; ma poichè ciò li rendeva garanti
-dell'amministrazione del surrogato, guardavanlo come un peso, e le più
-volte ne abbandonavano la scelta al governatore della provincia[82].
-
-Prima magistratura della città erano i due o i quattro giuridici
-(_duumviri, quatuorviri jure dicundo_), equivalenti ai consoli di
-Roma innanzi che avessero divisa l'autorità coi pretori. Annui,
-soprintendevano all'amministrazione, presedevano il senato municipale,
-ed esercitavano la giurisdizione entro certi limiti, di là dai quali
-le cause portavansi al magistrato. Col crescere dell'imperatoria,
-scemò l'autorità dei corpi municipali; fu tenuto per concessione
-graziosa quel che era diritto anteriore alla conquista; e i duumviri
-scaddero fra gl'impiegati inferiori, senza più nè imperio nè potestà
-nè tribunale. In fine cessarono, e alla curia e all'amministrazione
-degli affari municipali presedeva il primo decurione (_principalis_)
-per tutta la vita o almeno per quindici anni, senza giurisdizione
-perchè non era un magistrato, ma solo il decano del collegio[83]. Così
-il despotismo imperiale insinuava le forme monarchiche perfino nella
-costituzione delle curie.
-
-I Comuni dunque conservavano la sovranità municipale, ma non aveano
-alcuno schermo costituzionale contro il potere assoluto.
-
-Al vedere l'ordinamento delle curie, ov'è scritto nell'_album_ chiunque
-abbia capacità e certi possessi, senza privilegi di nascita o limite di
-numero; ove gli imperatori raccomandano di non sollevare al duumvirato
-se non grado a grado[84], siccome al sacerdozio; ove la curia stessa
-prende parte immediata agli affari della città, elegge i magistrati
-suoi, convoca all'uopo tutti gli abitanti, fa decreti che spedisce
-direttamente, senza che il prefetto possa altro che accompagnarli
-d'informazioni, voi credereste aver sottocchi altrettante repubbliche,
-democratiche affatto, la cui opposizione impedisca o turbi le violenze
-de' lontani dominatori. Apparenza e null'altro.
-
-Ogn'atto delle curie poteva essere cassato dal principe; il rettore
-della provincia annullava a volontà l'elezione dei magistrati; quando
-poi la centralità imperiale spense ogni pubblica vita, l'ordine de'
-decurioni cadde nell'ultimo avvilimento. Perocchè nella difficoltà di
-esigere le esorbitanti imposte, gl'imperatori obbligarono i decurioni
-a riscuoterle, e star garanti di quelle della comunità coi beni e colla
-persona propria, come pure a rispondere della propria amministrazione,
-e di quella degli uffiziali dipendenti da essi. Da un debitore del
-fisco erano abbandonati i campi? la curia era tenuta a pagarne i
-carichi, trovasse o no a chi venderli. Erano dunque i decurioni
-ridotti ad agenti gratuiti e vittime del despotismo, e coll'aumentare
-de' bisogni dell'impero, la carica ne divenne insopportabile; mentre
-l'assodarsi della monarchia scemava e l'autorità e la riverenza de'
-municipj. Costantino e i successori suoi, esentando molti dalle cariche
-municipali, le facevano pesare viepiù sui restanti, e togliendo a molte
-città i lauti patrimonj per applicarli alle chiese cristiane, resero
-impossibile il sostenere le spese. Aggiungete che i curiali senza figli
-poteano disporre solo un quarto de' loro beni, cadendo il resto alla
-curia; dal municipio non potevano allontanarsi senza permissione del
-governatore della provincia; sopra di essi pesava la speciale oblazione
-dell'oro: di modo che trovavansi esposti alle sempre crescenti
-avidità dell'erario, alle prepotenze dei Barbari che soprarrivavano,
-all'esecrazione dei cittadini, che li riguardavano come implacabili
-riscossori.
-
-Bisognò dunque ristorarli di nuovi privilegi: cadendo in miseria,
-fossero nutriti a spese del municipio; se sani e salvi uscissero dal
-giro di tutte le cariche municipali, se n'intendessero dispensati
-per l'avvenire; fossero anche decorati col titolo di conte. Poi
-s'apposero rimedj agli artifizj onde si declinava questa penosa
-onorificenza; Trajano proibì di spender denaro per esimersene; ogni
-figlio di decurione dovesse restar curiale; entrarvi chi acquistasse
-fino a venticinque jugeri; nessuno potesse vendere il terreno che gli
-conferiva quell'oneroso diritto; nessuno ottenere uffizio di corte se
-prima non avesse adempito a que' carichi. Per sottrarsi, il decurione
-arrolavasi all'esercito? la legge lo strappava agli stendardi; davasi
-schiavo? la legge il ritornava libero per empiere la curia; gli spurj,
-gli Ebrei, i nati da padre servo e donna libera, il guerriero vile, il
-prete scostumato erano condannati a farsi decurioni[85]. Questi erano i
-padri della patria; questi i puntelli delle municipali franchigie.
-
-L'eccesso dei mali portato dal pervertimento delle curie fece, dopo il
-365, introdurre sindaci (_defensores_), eletti dall'intera città per
-tutelare i contribuenti contro le pretensioni della curia, e questa
-contro gli uffiziali dell'impero[86]. Nelle cause criminali istruivano
-essi il processo, nelle civili giudicavano fino all'ammontare di
-trecento soldi, e da loro davasi appello ai governatori. Ne crebbe
-l'importanza quando, più esigendosi dai Comuni, più bisognava a questi
-concedere; e quando, oppressi i decurioni, non si poteva usufruttare
-che la plebe. Stranio da prima alla curia, il Difensore finì per
-diventarne capo: sinchè, cadendo a fasci l'amministrazione, il clero
-s'insinuò nelle curie, e il vescovo assunse l'uffizio del Difensore.
-
-Nella giurisdizione volontaria alcuni atti solenni dell'antico diritto,
-come le _vindiciæ_ con tutte le loro applicazioni del manomettere,
-adottare, emancipare, rimanevano ai magistrati del principe, nè
-comunicavansi ai municipali. Altri di forma nuova furono introdotti
-dagli imperatori, quando si cominciò a distendere protocolli d'ogni
-cosa; e secondo lo statuto di Onorio, gli alti doveansi erigere davanti
-ad un magistrato o al difensore, a tre _principali_ e ad uno scrivano
-(_exceptor_); e consistevano in un dialogo fra il primario attore e il
-magistrato. I testamenti sarebbero dovuti aprirsi solennemente alla
-presenza del governatore della provincia; ma per agevolezza alcuna
-volta si leggevano nella curia.
-
-Le città nostre conservavano l'antico diritto italico, che la giustizia
-fosse resa dai cittadini stessi, almeno in materia civile e per la
-prima istanza. Il magistrato istruiva il processo, determinava il
-principio di diritto applicabile al caso, e rendeva una decisione
-condizionata: allora un giurato (_judex_), scelto ciascuna volta e
-di privata condizione, ponderava il fatto, e lo metteva in relazione
-col principio dottrinale esibitogli dal magistrato; dal quale accordo
-usciva il giudizio deliberativo. Quest'ordine di _giudizj privati_
-cadde sotto gl'imperatori, come dicemmo, e i magistrati pronunziavano
-d'alcuni affari senza assistenza di giudici (_extraordinariæ
-cognitiones_). La quale procedura straordinaria fu poi da Diocleziano
-abolita in alcune provincie, in altre dileguò, rimanendo la
-giurisdizione ai governatori, salvo l'appello.
-
-Il nobile romano continuava a credere abjezione il lordar la mano
-nelle arti; ancora al tempo di Costantino erano infami coloro che si
-applicassero a vendere a ritaglio e guadagnare d'industria; Onorio
-e Teodosio vietarono a' nobili e ricchi il mercatare, come cosa
-pregiudicevole allo Stato. Ma rivoluzione importantissima, comecchè
-neppure accennata dalla storia, fu il mutarsi l'industria dagli schiavi
-ai liberi. Mentre prima ciascun dovizioso teneva in casa chi facesse
-ogni servizio sì pel suo occorrente, sì per venderne, allora troviamo
-artigiani indipendenti che lavorano per se stessi e per chi paga; in
-ciascuna città raccolti in maestranze, le quali molto estese e con ampj
-privilegi, dapprima servirono di valido sostegno ai municipj, poi dalla
-fiscalità furono ridotte a nuovo stromento di tirannia e d'oppressura.
-
-I nove collegi d'arti che sussistevano a Roma fin dai tempi di Numa,
-dovettero esser formati piuttosto per apparato che pei bisogni:
-ma sotto l'impero crebbero tanto, che Costantino ne distingue
-trentacinque; cioè, fonditori di metalli, fabbri, lavoratori di ferro,
-di bronzo, di piombo, d'argento; orefici, giojellieri, doratori,
-fabbricatori di vetri, di specchi; conciatori, tintori di porpora,
-tessitori di damaschi, d'altre stoffe operate; folloni, muratori,
-tagliapietre, lavoratori di marmo, di musaico, d'avorio; terrazzieri,
-plasticatori, falegnami, marangoni, quei che ornavano le soffitte,
-carpentieri, vasaj, livellatori dell'acqua, pittori, architetti,
-intagliatori, scultori, medici, veterinarj[87].
-
-Gli aggregati doveano assicurarsi protezione coll'eleggersi un
-patrono: acquistavano il privilegio d'esercitare quell'arte, ad
-esclusione d'ogni altro; aveano sindaco, statuti, possedimenti; erano
-immuni da prestazioni di corpo, e fin dal militare nelle legioni, ma
-dovevano allo Stato certi servigi. Così ai fabbri in Roma incombeva di
-spegnere gl'incendj; lungo i fiumi alcuni _navicularj_ erano tenuti
-a trasportar le derrate degli eserciti; i _bastagarj_ a carreggiare
-le annone del fisco, e via discorrete. Pertanto consideravansi
-come legati al territorio della città, coi figli e cogli averi; lo
-scostarsene pareggiavasi a diserzione, e venivano rinviati; nè agli
-obblighi poteano sottrarsi neppure per rescritto imperiale, eccetto
-se entrassero soldati o cherici[88]. Di questa servitù si valsero
-gl'imperatori a sevizie fiscali, e tennero le maestranze in solido
-responsabili delle tasse; quando non trovassero denaro altrove,
-gettavansi sopra di esse con tale oppressura, che molti se ne
-sottraevano fino col rendersi servi della gleba.
-
-Grave crollo all'industria diedero gl'imperatori col fabbricare per
-economia checchè occorresse al servizio proprio, alle distribuzioni pei
-cortigiani e ministri, agli eserciti, infine anche per farne traffico:
-intempestiva reminiscenza dell'antica costituzione domestica, quando
-ogni padrefamiglia teneva in casa servi per tutte le manifatture
-occorrenti. Alessandro Severo faceva tessere e tignere porpora, e la
-più fina e lucente mandava sul mercato[89]: Costantino vendeva vesti,
-lino, pelliccie per conto del fisco: Costanzo II avea telaj di lana,
-seta, lino. Errore grossolano d'economia, del quale fu conseguenza
-l'avere Valentiniano proibito a qualunque privato di fabbricar seterie,
-o tessere ori od altre stoffe; Graziano e Teodosio multano di morte
-e confisca chi tignesse o vendesse porpora, o comprasse seta dai
-Barbari, serbandosene il monopolio l'imperatore, dal quale pure i
-soldati doveano comprar le vesti[90]. Davano opera a tali manifatture
-innumerevoli schiavi, obbligativi in perpetuo coi figli loro acciocchè
-non portassero fuori l'arte.
-
-Gli armajuoli erano liberi di condizione; ma ascritti una volta al
-collegio, doveano per un certo numero d'anni rimanervi coi figli,
-marchiati al braccio ond'essere riconosciuti. Internamente le armi si
-vendeano alla libera, ma era vietato asportarle. Fabbricavansi (per
-dir solo dell'Italia) freccie a Concordia, scudi a Verona e Cremona,
-corazze a Mantova, archi a Pavia, spade a Lucca: ad Aquileja, Milano,
-Ravenna, Roma, Canusio, Venosa lavoravansi stoffe di lana e seta per
-uso particolare degl'imperatori, divise militari, vele e sartiame per
-le navi: Taranto e Siracusa aveano tintorie; zecca Aquileja e Roma.
-
-Al fisco furono tratte anche le miniere, le saline, le cave di gesso,
-di coti, di marmi, e perfino delle pietre; ed affittavansi a privati.
-Vi lavoravano o condannati, o schiavi coi loro figliuoli: schiavi
-erano i monetieri. Tante opere affidate a schiavi, che non costavano
-se non il mantenimento, diminuivano i modi di guadagnare alla libera
-popolazione, offrendo le manifatture ad un prezzo cui non poteano i
-privati.
-
-Il commercio non fioriva meglio che nell'età precedente; e se le leggi
-il tolsero in cura, fu con meschini ed avari accorgimenti. Allorchè i
-Barbari si avvicinarono, e preser gusto alle delicature della civiltà,
-i Romani avrebbero potuto, collo stabilire mercati sulle frontiere,
-ricuperare in parte l'oro che quelli rapivano o ricevevano in tributi
-e soldi. Ma temendo di allettarli colla mostra delle ricchezze, fu
-limitato quel traffico, e interdetto, pena la confisca e l'esiglio, il
-vendere ai Barbari nè ai loro ambasciadori non solo le armi, ma sino
-il ferro greggio o lavorato, nè le coti, o l'insegnare a costruir navi
-nè somministrarne il legname, anzi fin il dare vino, olio, caviale,
-sale: poi il timore fece escludere gelosamente i mercadanti persiani e
-barbari, salvo alcune città determinate[91].
-
-Se pensate che a Roma era chiusa la principale sorgente di sue
-ricchezze, la conquista, comprenderete come ella doveva impoverire. I
-metalli fini eransi cumulati in poche mani, e resi sterili nel lusso
-de' giojelli, delle dorature, de' vasi; le miniere di Spagna e di
-Grecia erano esauste, ossia entrate nel terreno duro, che esige tempo
-e forza soverchia; dall'Egitto e dalla Libia conveniva trarre tutto
-il grano, il quale si paga a contanti: onde la mancanza di numerario
-fu uno degli sconci più sentiti in quell'estremo, non bastando a
-pagare gli eserciti, a incoraggiare l'agricoltura, a dar capitali
-all'industria e agevolezza al cambio.
-
-Già Antonino Pio avea dovuto sovvenire alle pubbliche necessità fin
-col vendere gli ornamenti imperiali; Marc'Aurelio mandò due volte
-all'incanto i vasi d'oro e le preziosità della reggia; Didio Giuliano
-adulterò la moneta, indotto forse dall'ingente somma a cui erasi
-obbligato per comprare il breve impero. Le monete d'oro si conservavano
-a settecentottantotto di fino, ma deteriorarono quelle d'argento;
-Caracalla vi mescolò metà rame; di due terzi le alterò Alessandro
-Severo: Massimo fece coniare i metalli preziosi dei tempj e dei luoghi
-pubblici, e fino i simulacri degli Dei e degli eroi: sotto Filippo non
-correvano quasi altre specie d'argento che le battute dagli Antonini:
-da Gallieno a Diocleziano se ne spendeano soltanto di rame stagnato;
-e tanto insolentivano i monetieri falsi, da proromper fino contro
-Aureliano in una sommossa, che settemila soldati costò il soffocarla.
-Dopo lui ricomparve l'argento, forse perchè egli ne traesse dalla
-depredata Palmira; ma a poco andare fu esaurito. Mentre Costantino nel
-325 tagliava ottantaquattro solidi ogni libbra d'oro, quarantadue anni
-più tardi Valentiniano I ne tagliava settantadue, cioè l'aumentava
-d'un settimo: e mentre la proporzione dell'oro coll'argento al tempo di
-Vespasiano era di uno a dieci, Costantino la stabilì come di dodici a
-quattordici.
-
-Teodosio determina che ai soldati sui confini dell'Illirico si dia
-denaro invece delle razioni, e che ottanta libbre di carne porcina
-salata valutinsi un soldo d'oro, come ottanta libbre di olio, e dodici
-moggia di sale. Il soldo d'oro può ragguagliarsi a lire 14.81, talchè
-una libbra metrica di carne valeva 57 centesimi, e lire 1.13 la mina
-del sale; tanto era incarito il denaro dal tempo di Diocleziano.
-
-Doveva incarirne anche l'interesse. Già sotto la repubblica abbiam
-veduto a che grosse usure si collocassero i capitali: senza tener
-conto degli abusi, la legge al tempo d'Augusto determinava il quattro
-per cento, il sei sotto Tiberio, il dodici regnante Alessandro Severo:
-questi lo ridusse ancora di tratto al quattro; infausto accorgimento,
-che fece chiuder l'oro, e moltiplicare le segrete usure, tantochè a
-Costantino parve assai il poterle ridurre al dodici[92].
-
-Nell'ignoranza de' principj che regolano la ricchezza, fu persino
-vietato di portar fuori l'oro, e, ciò che a pena si può credere, venne
-ordinato di usare ogni astuzia per carpirlo ai forestieri[93]. Allo
-scemare del denaro, si assegnavano in natura gli stipendj a' magistrati
-e guerrieri, valendosi dei tributi pagati in natura dalle provincie. E
-poichè il soldo tanto cresciuto alle legioni non poteasi senza pericolo
-diminuire, s'introdussero ausiliarj barbari, i quali s'accontentavano
-di pane, lardo, vino, olio e poca moneta.
-
-Così l'enorme avidità delle finanze, se non bastava diroccasse
-l'industria e l'agricoltura, apriva anche il paese ai Barbari, che ben
-presto dovevano dominarlo.
-
-
-
-
-CAPITOLO XLVIII.
-
-Figli di Costantino. Sistemazione ecclesiastica. L'Arianismo.
-
-
-Tanti interessi favorì e guastò Costantino col mutare politica,
-religione, metropoli, che non è meraviglia se di niun altro personaggio
-forse tanto bene fu detto e tanto male. Converrebbe trasferirsi al suo
-tempo per ponderare con esattezza il merito e la colpa dell'assodare
-sulle ruine del governo popolare la sovranità centrale, mutando lo
-spirito della sua nazione non solo, ma delle successive, che da quel
-punto appajono distinte dalle antiche. Robusto animo si richiede per
-certo a cangiare, non che gli statuti, la religione d'un paese, senza
-sbigottire a pregiudizj d'educazione, a sofismi, a mormorazioni;
-robusto per resistere alle insinuazioni d'un partito trionfante, anelo
-di vendicarsi della lunga oppressione. A chi il chiedeva di condannare
-Gentili od eretici, Costantino rispondeva: — La religione vuole che
-per lei si soffra la morte, non che la si dia». Nelle carestie mandava
-generosamente ai vescovi grani, vino, olio, vesti, denaro da compartire
-ai bisognosi, massime ad orfani e vedove, senza divario di credenze.
-Represse le spie, _pubblica peste_, punendole se calunniatrici;
-professava di voler calcare le orme di Marc'Aurelio e dello zio
-Claudio; attesa la fragilità degli uomini, doversi nel governo
-propendere alla condiscendente equità più che alla stretta giustizia.
-Riferitogli che alcuni popolani aveano lanciato sassi contro le sue
-statue, si palpò, e disse: — Non mi risento di nessun'ammaccatura».
-In uno di que' panegirici che la viltà de' letterati tesseva, e
-l'impudenza de' Cesari tollerava, un sacerdote predicevagli che,
-dominato glorioso sugli uomini, salirebbe a regnare a lato del Figliuol
-di Dio; ma l'imperatore lo interruppe, e, — Non de' tuoi elogi ho
-mestieri, bensì delle tue preghiere».
-
-Quando di paganesimo era satura la società, non poteva egli a un tratto
-promulgare editti che abolissero il passato, e sopra la formalista
-legalità facessero trionfare il giusto e il buono: pure adoperò
-per elevare l'uomo materiale a uom morale, e al diritto di natura
-sottoporre gli arbitrj del diritto civile. Conforme alle dottrine
-religiose, abrogò le punizioni contro il celibato, esentò i cherici
-da ogni pubblico servizio od impiego oneroso, restrinse la facoltà
-di far divorzio; mandò a tutte le città d'Italia poi d'Africa, che
-si sussidiassero i genitori poveri, acciocchè non avessero a mandar a
-male i neonati. Punì il ratto fin a volere arso vivo il reo, o sbranato
-nell'anfiteatro; ed anche la rapita se confessasse aver consentito;
-i genitori di lei doveano pubblicamente accusarla; gli schiavi che
-v'avessero tenuto mano, erano bruciati, o liquefatto loro del piombo
-nella gola; nè lunghezza di tempo prescriveva l'azione contro questo
-misfatto, i cui effetti cadevano anche sulla prole: legge dove
-la moralità faceva trascendere la giustizia, e che perciò dovette
-modificarsi.
-
-A insinuazione de' vescovi, meglio tutelò gl'interessi dei pupilli, ne
-garantì i possessi immobili, e volle s'intendessero aver ipoteca legale
-sui beni dei loro tutori. Generalizzò il diritto delle madri sulla
-successione ai proprj figliuoli; rinfrancò la buona fede, mediante il
-giuramento che i testimonj doveano proferire prima di deporre; estese
-l'uso de' codicilli; e volle più non fossero essenziali le formole
-nelle stipulazioni, nè le parole rituali nei legati. Da qualunque
-decisione diede appello a magistrati superiori; ma per ovviare allo
-spirito contenzioso, morbo d'allora, inflisse pene a chi interponesse
-appelli temerarj[94]. Sottopose anche il soldato all'ordinaria autorità
-nelle cause civili: nelle criminali, per tutti i sudditi fino ai
-Chiarissimi, furono competenti i medesimi tribunali. Stabilì che le
-condanne si registrassero, per responsabilità morale dei giudici:
-minacciò i magistrati prevaricatori o negligenti: dalle confische
-esentò ciò che fosse stato donato alle mogli ed ai figli, e nel
-registro de' confiscati si notasse sempre che aveano prole: addolcì la
-detenzione ai prevenuti, e volle che gl'incarcerati per debiti al fisco
-avessero stanza capace ed ariosa: mitigò le pene afflittive, abolendo
-quella tanto prodigata del marchio in fronte e la croce.
-
-Vietò agli uffiziali pubblici di togliere, per debiti fiscali, i bovi,
-gli schiavi o gli attrezzi rurali, nè per le poste usare gli animali
-destinati ai campi: durante la seminagione e la messe dispensò i
-contadini da ogni servizio di corpo, e fin dal santificare le feste.
-Incoraggiò le arti e il sapere, mantenne pubbliche biblioteche,
-e la tradizione fa da lui fabbricare innumerevoli chiese, e tutte
-dotare pinguamente, con vasi preziosi e aromi e marmi fini. A tali
-liberalità gli porgevano modo sì i beni che i predecessori suoi aveano
-confiscato ai martiri, sì quelli ch'e' toglieva ai tempj profani o
-alla celebrazione de' giuochi circensi e teatrali. Proibì anche i
-gladiatori, ma non fece osservare il divieto: come anco ripermise
-l'aruspicina, che prima avea vietata.
-
-Ma prode a capo degli eserciti, nella reggia annighittiva a posta de'
-ministri, che sperdevano il genio di lui tra frivole particolarità.
-Guasto dalla prospera fortuna, portava inseparabile il diadema,
-effeminato nell'addobbo e nel lusso aulico; al quale ed alla fabbrica
-della nuova città non bastando i tesori accumulati, gravò di nuovi
-accatti i sudditi. Da crudeltà ed avarizia nol ritennero la riflessione
-e il cristianesimo.
-
-Da Minervina, moglie oscura di sua giovinezza, avea generato Giulio
-Crispo; giovane di ridente aspettazione, che a diciassette anni
-(317) proclamato cesare e governatore delle Gallie, con
-vittorie su Germani e Franchi e nella guerra civile acquistò il cuore
-della moltitudine. Ma repente Costantino lo faceva giudicare e uccidere
-a Pola (326): dappoi, scopertolo innocente, lo pianse, e punì
-atrocemente coloro che l'aveano indotto a un misfatto, le cui ragioni
-sono avvolte nel mistero, come avviene di questi assassinj di palazzo.
-Allora dichiarò Cesari Costantino, Costanzo, Costante, partoritigli da
-Fausta figlia di Massimiano; associò loro, non si saprebbe perchè, gli
-zii Dalmazio e Annibaliano; e li collocò in diverse parti dell'impero,
-con qualche porzione di autorità, ma sempre in sua dipendenza.
-
-Negli ultimi quattordici anni meritò il titolo di fondatore della
-pubblica quiete: temuto dai Goti, dai Vandali, dai Persi, riceveva
-ambascerie fin dalle rive dell'oceano Orientale, e dalle sorgenti del
-Nilo. Dieci mesi dopo celebrato il trentesimo anno d'impero, ammalò
-a Nicomedia, e sentendosi mancare, chiese l'imposizione delle mani
-ed il battesimo (337 — 27 maggio) fin là differito, e morì
-protestando esser unica vera vita quella in cui entrava. Onorato di
-solennissime esequie, fu collocato dall'adulazione de' Pagani fra gli
-Dei, dalla gratitudine del clero fra gli apostoli e i santi, dalla
-giustizia della posterità fra i grandi monarchi, come quello che intese
-il suo tempo, e non che ostinarsi al passato, secondò e favorì i maturi
-progressi, e si pose a capo della maggior rivoluzione che la storia
-descriva.
-
-Appena lui morto, il popolo e i soldati, non si sa per qual motivo,
-trucidarono Dalmazio, Annibaliano e i nipoti di lui, sicchè regnarono
-soli i figli. Costanzo II ebbe l'Asia, l'Egitto, la Tracia; Costante
-l'Italia, l'Illirico e l'Africa: Costantino II, non contento delle
-Gallie, della Spagna e della Bretagna, pretese anche la Mauritania
-(340), e per averla invase l'Italia; ma ad Aquileja restò ucciso. Ne
-occupò i dominj Costante, ma debole e scostumato, perdeva gli amici,
-esacerbava i nemici: del che imbaldanzito Flavio Magnenzio, capitano
-barbaro, l'uccise e si fece gridare imperatore (350), ed ebbe
-l'Occidente coll'Italia. Contemporaneamente Vetranione, antico
-generale delle legioni dell'Illirico, intesa la morte di Costante,
-lasciossi da queste acclamare augusto; e in Roma Popilio Nepoziano,
-nipote di Costantino, con un branco di schiavi e gladiatori, carpiva
-la porpora.
-
-Costanzo dalla guerra di Persia si volse contro gli usurpatori;
-ricevette al perdono Vetranione che sempre avea fatto mostra d'essere
-daccordo con lui; a Magnenzio, che già aveva ucciso Nepoziano,
-diede una delle più sanguinose battaglie che da gran tempo vedesse
-l'Europa[95]. Costanzo pianse allo sterminio di tanti prodi che
-avrebber potuto far barriera ai Barbari: Magnenzio, fuggito in
-Aquileja, sostenne alquanto tempo la guerra nell'alta Italia poi nelle
-Gallie, finchè a Lione s'uccise (353). Allora Costanzo si
-trovò unico possessore di tutto l'impero; egli _eterno_, egli _signore
-dell'universo_: ma era un fiacco, inetto a far il bene o impedire il
-male, aggirato da eunuchi, i quali, arbitri del nuovo impero come
-dell'antico erano i pretoriani, ergevano ai primi gradi creature
-loro, accumulavano ricchezze, impedivano che i lamenti giungessero al
-monarca, illuso da mendace quadro di prosperità e d'applausi.
-
-Di tali disordini si fanno forti alcuni per dire, — Ecco a che fu
-ridotto l'impero dal cristianesimo».
-
-Perchè l'illazione reggesse, bisognerebbe dimenticare qual era l'impero
-pagano; chè è solo dei fatui, allorchè una medicina non risana un
-infermo disperato, dire che lo ammazzò. Il cristianesimo operava una
-rivoluzione, non di accademiche speculazioni, ma pratica, volendo
-mutare la condizione morale, dirigere la volontà e la vita. Non tendeva
-dunque ad operare sull'opinione per via della pietà, ma viceversa, a
-penetrare nelle credenze, e da queste nelle leggi quale indistruttibile
-componente. In mutazioni siffatte, il movimento, non che si arresti
-alla superficie, investe tutte le azioni e le idee, la società
-domestica non men che la pubblica, s'intreccia spesso ne' legami della
-famiglia e dello Stato, sempre alla loro sanzione; talchè l'opinione
-recente trovasi a petto un ordine legale da abbattere, affezioni da
-contrastare, abitudini inveterate da rompere, giudizj abbarbicati da
-revocare in discussione.
-
-Men difficile riuscirebbe la vittoria se i novatori portassero seco un
-ordinamento bello e compito, una legislazione foggiata sui dogmi che
-insegnano. Ma il cristianesimo, società spirituale, volta a convincere
-gl'intelletti e far retti i cuori, più che a sovvertire le relazioni
-e l'esterior condizione dell'uomo, quando uscì dall'angusto circolo
-delle chiese non aveva in pronto veruna teorica sociale da offerire
-agli imperatori convertiti, sicchè trovossi esposto agli inevitabili
-ondeggiamenti del tirocinio.
-
-I successori pertanto di Costantino trovavano nei precetti del Vangelo
-e nei consigli della Chiesa di che migliorare le leggi dal lato morale:
-ma mentre la legislazione civile assumeva spirito cristiano, gentilesca
-rimase l'amministrazione; il sovrano era ancora identico collo Stato,
-coll'autorità senza confini rendendo smisurata l'efficacia de' vizj
-suoi; alla Corte duravano perversi costumi, e raggiri d'eunuchi e
-cortigiani; le credenze evangeliche rimanevano falsate dal despotismo
-di teologi coronati. Se v'aggiungete l'irriflessivo ostinarsi di
-molti nella dottrina dei loro padri; la necessità di rispettare certe
-forme di reggimento, unico puntello della costituzione di cui erano
-scalzati i fondamenti; le gravi sventure che percossero l'impero; le
-dissensioni interne della Chiesa, vi sarà spiegato perchè sì lento
-arrivasse il finale trionfo di questa, e nella sua visibile attuazione
-si mescolassero estranei elementi.
-
-Frattanto alla società civile essa ne contrapponeva un'altra,
-costituita regolarmente ma sovra tutt'altre basi. E poichè gli affari
-esterni della Chiesa tale importanza acquistano, che senza di essi
-rimarrebbe inintelligibile la storia, vogliamo esaminarne l'ordinamento
-allora introdotto; e tanto più che durò dopo scomparso il civile, per
-dar carattere alla storia moderna d'Italia, e conservasi fino a noi
-colla stabilità che la Chiesa imprime a tutto.
-
-A una dottrina veramente cattolica, la cui identità resterebbe
-distrutta per ogni minima deviazione dalla fede comune, era
-indispensabile un sacerdozio ordinato in modo, da perpetuare la
-rigorosa conformità di credenze nell'infinito numero di Stati fra cui
-è divisa la comunità spirituale, indipendenti, distinti di luoghi,
-di stirpe, di favella; in modo che s'attuasse una civiltà, universale
-di fatto come di nome. A ciò servì l'unità del sacerdozio, pel quale
-l'esistenza del potere ecclesiastico rimane assicurata accanto al
-temporale, senza che l'uno minacci l'altro.
-
-Col sacerdozio s'introduce fin dal principio una distinzione, ignota
-a Greci e Romani, fra preti e laici. I sacerdoti, destinandosi a
-speciale servizio divino, ricevevano la missione e la dignità dai
-vescovi coll'imposizione delle mani. Ogni comunità aveva un solo
-vescovo, che la propria elezione comunicava ai confratelli con lettere
-pastorali, ove faceva professione di sua fede: gli uni agli altri poi
-partecipavansi la lista degli scomunicati, acciocchè nessuno di questi
-fosse accettato in altre chiese; e davano lettere di raccomandazione
-(_literæ formatæ_) pei fedeli della propria diocesi che viaggiassero.
-Così l'universalità moltiplicava le relazioni, potentissimo mezzo
-d'incivilimento.
-
-Il territorio su cui un vescovo aveva giurisdizione, chiamavasi
-diocesi, con nome dedotto dalla nuova distribuzione imperiale.
-Più tardi a molti vescovi fu preposto un metropolita, col titolo
-d'arcivescovo o di patriarca, che li consacrava, convocava a sinodi,
-rivedeva le loro sentenze. Ne' primi secoli non appajono altri
-patriarchi che a Roma, Alessandria, Antiochia.
-
-La chiesa di Roma, oltre esser eretta nella maggior città d'allora,
-vantavasi fondata avanti ogn'altra di Occidente, e dal maggiore
-degli apostoli, e bagnata del sangue di esso e di san Paolo; onde
-consideravasi capo della gerarchia il vescovo di essa, malgrado che
-gli altri patriarchi ora ad ora competessero: ma almen nella pratica,
-la primazia teneasi piuttosto d'ordine e dignità, che di potere o
-giurisdizione. Quando la Chiesa universale fu legalmente riconosciuta,
-e potè congregare i suoi rappresentanti, e pubblicare decreti per tutto
-l'impero, l'autorità della romana sede fondossi sopra atti legittimi,
-emanati dalla potenza ecclesiastica d'accordo colla civile[96], e
-s'andò via via fortificando anche esteriormente.
-
-La comunanza dei beni, possibile in società ristretta, perdette
-opportunità appena la Chiesa fu dilatata; e i proseliti poterono
-conservare i loro beni ed aumentarli ciascuno col traffico,
-l'industria, le eredità, solo obbligati a soccorrere i fratelli poveri,
-e ad un'offerta nelle ebdomadali o mensili adunanze, pel culto o per
-opere di pietà. Il denaro raccolto custodivasi dal vescovo, e tre
-porzioni generalmente se ne facevano: la prima a sostentamento del
-vescovo e del clero; la seconda al culto e ai banchetti di carità;
-l'ultima ai poveri, pellegrini, schiavi, carcerati, a salvar la vita
-e l'anima degli esposti, a quelli che soffrissero per la giustizia.
-N'erano dispensieri i diaconi; nè lontananza di provincie, nè
-diversità di nazione limitava la carità, anzi neppure la differenza di
-religione. Essendo dalle leggi imperiali interdetto ai collegi e corpi
-il possedere fondi senza dispensa del senato o del l'imperatore, le
-chiese non n'ebbero se non sullo scorcio del secolo III. Dall'editto di
-Costantino ne ricevettero ampia facoltà, e allora cessarono di trarre
-unico sostentamento dalle limosine dei fedeli.
-
-Gli ecclesiastici dapprima vestivano non altrimenti de' laici, per
-la necessità di nascondersi; ed abito consueto a' Cristiani era il
-mantello filosofico sopra la tunica, quale con poca varietà conservasi
-tuttora dagli ecclesiastici. La maestosa toga già cadeva in disuso
-sotto Augusto[97], riserbandosi solo a certe comparse, per quanto egli
-e più tardi Adriano tentassero richiamarne l'usanza: smessa poi affatto
-nel dechino dell'impero, dell'antico vestimento serbarono traccia
-soltanto gli ecclesiastici, i quali in tal modo vennero a trovarsi
-addobbati diversamente dalla comune de' cittadini.
-
-Ciascuna _plebe_ poi eleggeva i proprj sacerdoti: fra questi
-cernivasi il vescovo, cercando appartenesse alla diocesi medesima,
-onde conoscesse il suo gregge, ma del resto prendendolo dovunque si
-trovassero scienza, virtù, opportunità alle circostanze; e popolarmente
-era pure eletto il romano pontefice. Per decidere sui dubbj, o per
-refocillarsi di fede e di carità, si radunavano in sinodi particolari,
-ovvero in generali.
-
-Era dunque la Chiesa costituita in monarchia elettiva e
-rappresentativa, colla libertà e l'eguaglianza accoppiando l'assoluta
-obbedienza dovuta al capo, benchè tolto dal popolo: nè altro culto
-al mondo seppe coordinare una gerarchia in modo, da potersi svolgere
-ed ampliare indefinitamente, eppur rimanere sotto ad una magistratura
-suprema ed infallibile in diritto e in fatto. Re e sudditi, individui
-ed assemblee non sono sommessi che alla legge di Dio, promulgata e
-interpretata dalla Chiesa, a cui egli disse, — Chi ascolta voi, ascolta
-me; pascete le mie pecore; ciò che voi sciorrete sarà sciolto, ciò che
-legherete sarà legato»; onde l'autorità e l'obbedienza rimangono del
-pari nobilitate; ai popoli s'impone un'autorità scevra d'ogni violenza,
-e tale che lo spirito vi s'inchina senza che il cuore s'avvilisca;
-giacchè, parlando dall'alto, obbliga eppure non costringe.
-
-La potenza morale de' pontefici, divenuta poi efficacissima nel
-medioevo, riducesi, come quella de' prischi tribuni, a una negazione
-protettrice, impedendo si conculcassero la giustizia e la moralità.
-Come un pretore romano, il pontefice pacifico e inerme decide, secondo
-equità, le dissensioni, che l'interesse o l'ambizione suscitino fra i
-credenti; come un censore, ammonisce gl'ingiusti ed i violenti; come un
-tribuno, protesta a favore degli oppressi. I suoi ministri, recisamente
-distinti da quelli dell'ordine temporale, sono obbligati all'universale
-insegnamento, epilogato in simboli noti a tutti, ed esposti al cherico,
-al laico, all'incredulo: il che impedisce del pari e l'esclusività
-delle Caste orientali, e il vacillamento dei moderni Riformati. Il
-sacerdote accostandosi al sovrano siccome deputato della monarchia
-della Chiesa, rammenta l'eguaglianza di tutti e la preferenza dovuta ai
-poveri; accostandosi al popolo, predica la ragionata soggezione.
-
-I primi pontefici, dopo sudato tutta la vita a serbare pura la fede e
-incoraggiarne i confessori, l'avevano suggellata col proprio sangue. A
-Pietro succedettero (67) Lino volterrano; Anacleto romano;
-Clemente romano, già compagno di san Paolo, e di cui ci rimangono
-due lettere ai Corintj (100); Evaristo siro; Alessandro
-romano; Sisto della gente Elvidia, che introdusse il digiuno della
-quaresima; Telesforo di Turio, cui si attribuisce il _Gloria in
-excelsis_ (139). Di Igino ateniese, Pio d'Aquileja, Aniceto
-d'Ancisa, Sotero di Fondi, non è ben certo, non che il tempo, l'ordine
-di successione (177). Eleuterio di Nicopoli narrano mandasse
-missionarj nella Bretagna. Lo zelo di Vittore africano (193)
-fu temperato dai prelati occidentali, affinchè non segregasse dalla
-Chiesa i vescovi d'Asia per la quistione sul tempo in cui celebrare
-la pasqua. Calisto della gente Domizia (249), succeduto a
-Zefirino romano, dicono scavasse il famoso cimitero lungo la via Appia,
-che vi fossero tumulati censettantaquattromila martiri e quarantatre
-papi. Seguono Urbano e Ponziano romani (253), Antero di
-Policastro, Fabiano, Cornelio, Lucio, Stefano romani: quest'ultimo
-ebbe dispareri con san Cipriano. Poi Sisto II ateniese (257);
-Dionisio di Turio, de' cui scritti ci rimane qualche frammento; Felice
-romano; Eutichiano da Lucca; Cajo Dalmata; Marcellino romano; Marcello
-romano (304), di cui la severità e le contraddizioni sono
-attestate dall'epitafio che san Damaso ne scrisse. Pochi mesi durato
-papa Eusebio calabrese, gli successe Melchiade o Milziade africano
-(311], indi Silvestro di Roma [Sidenote: 314), sotto il quale
-avvenne il fortunato cambiamento degl'imperatori.
-
-Tardi si narrò che Costantino, mondato dalla lebbra e battezzato
-da questo pontefice, cedesse a lui ed ai successori la sovranità
-di Roma, dell'Italia e delle province d'Occidente. L'atto, forse
-foggiato nell'VIII secolo e inserito nelle Decretali del falso
-Isidoro, parve assegnare remotissima antichità e legittimo principio
-alla dominazione temporale dei papi. Pure sin dal secolo XII ne fu
-impugnata l'autenticità, poi Lorenzo Valla l'abbattè con ragioni,
-cui i leali difensori della santa sede furono i primi ad assentire.
-Costantino dotò bensì lautamente le chiese di Roma; ed un catalogo,
-comunque imperfetto[98], enumera le rendite che da case, botteghe,
-fondi, giardini traevano quelle di San Pietro, San Paolo, San Giovanni
-Laterano, sommanti a ventiduemila aurei, oltre quantità d'olio,
-lino, carta, aromi, frutti. Pure i pontefici anche dopo il trionfo
-perseverarono in umile tenore di vita, non aspirando a regnare su
-questo mondo, ma a darsi specchi di costante virtù.
-
-Tosto però che le cose del cielo toccano queste umane, partecipano
-della pervertita loro natura. Nella Chiesa, da perseguitata divenuta
-dominante, a folla entrarono Pagani, non sempre per intima convinzione,
-nè dopo lottato col raziocinio, colle passioni, coll'abitudine,
-cogl'interessi; ma sovente per conservare le cariche o il favore, o per
-cupidigia de' privilegi e delle ricchezze sacerdotali: di che i costumi
-de' Cristiani peggiorarono, e i vizj dell'antica s'insinuarono nella
-nuova religione. Trista pittura de' costumi dei prelati fa Ammiano
-Marcellino, ma siccome uomo che del cristianesimo non conosce se non
-l'austera semplicità, senza avvertire come già acquistasse ingerenza
-civile, e in conseguenza dovesse mostrare pompe esteriorj, suntuose
-solennità, ricevere tributi, avere possessi, co' privilegi e coi
-pericoli che gli accompagnavano.
-
-In Oriente si era meno ammazzato e più discusso; laonde, se rapido
-germogliò il cristianesimo, insieme nacquero dubbj e novità, e quella
-serie di dissensi che rampollano da ogni verità tosto che sia seminata
-in mezzo agli uomini, dove può restare contaminata da amici, da nemici,
-dai mezzi stessi di cui l'uomo è costretto valersi per propagarla, cioè
-la parola e la scrittura. Quindi nuova nè sempre incruenta persecuzione
-cominciò alla sposa di Cristo, la quale, sicura omai della costanza
-dei martiri, doveva temere la seduzione dell'errore, e travagliarsi
-a conservare nell'apostolica integrità questo vasto simbolo della
-rivelazione, di cui ogni parte, ogni parola corrisponde al tutto.
-
-Al nostro libro non appartiene di toccarne se non quanto concerne
-l'Italia, e quanto operò sui pubblici avvenimenti; perocchè le eresie,
-che dapprima erano dispute di scuola, giunsero ben presto a sconvolgere
-la politica: e la più clamorosa fu l'Arianismo.
-
-Cristo nulla scrisse. Che gli Apostoli, prima di spargersi a predicare
-alle nazioni, abbiano fra sè combinato il simbolo della fede comune,
-quale ci fu tramandato col titolo d'_Apostolico_, è pia credenza[99].
-Un'esposizione generale e compita del dogma non si aveva; e la
-dichiarazione di fede consisteva nell'escludere dalla comunione
-d'una chiesa chi credesse altrimenti, cioè chi alla verità generale
-surrogasse una restrizione di particolar suo giudizio.
-
-Di siffatta guisa erano stati combattuti i primi errori intorno alla
-natura divina, dove alcuni aveano sostenuto l'unità astratta della
-sostanza di quella, fino a negare ch'essa si svolgesse in tre persone;
-alcuni eransi abbandonati alla vaghezza d'idee platoniche, analoghe
-alle cristiane sul Verbo; altri aveano posto troppa differenza tra
-il Padre e il Figliuolo, o formandone un dio distinto, o riducendolo
-a un uomo, nel quale per alcun tempo si fosse incarnata una virtù
-celeste, una sostanza divina. Da che il mondo omai apparteneva a
-Cristo, viepiù importava di conoscere chi e quale egli fosse. Ario,
-prete d'Alessandria d'Egitto (312), pretese spiegarlo; ma
-mentre gli ortodossi tengono Cristo come la conoscibilità divina, il
-pensiero eterno di Dio, coesistente coll'eterna sua attività, della
-medesima sua sostanza (ὁμούσιος), Ario vi riconosceva la forza, la
-verità, l'avvenire, ma non voleva identificarlo con Dio, e ne formava
-un essere distinto, di sostanza analoga (ὁμοιούσιος) a quella di Dio,
-una creatura tipica, che Dio generò per servire di modello agli uomini.
-
-Erudito in quanto erasi detto prima di lui, con sottilissima
-dialettica, stile splendido e fin lezioso, arguta industria
-d'insinuarsi negli spiriti, perseveranza di aspettare, accorgimento
-di cedere a tempo, e rimanere nella Chiesa nel mentre la sovvertiva,
-faceva libri e poemi popolari, entrava nelle case confabulando,
-e — Avete voi (domandava alle donne), avete avuto figli prima di
-partorire? così neppur Dio potette averne uno prima che il generasse».
-Da questa triviale comparazione molti restavano convinti che il Padre
-dovess'essere anteriore al Figliuolo.
-
-Già allora non pochi teneano che, nella forma della dottrina, nulla
-vi fosse di assoluto, e tutto dipendesse dal riflesso d'una certa
-modificazione del sentimento, e che le differenze della Chiesa non
-fossero se non varianti maniere di vedere dell'intelligenza cristiana:
-sicchè gl'istinti razionali dirigeansi a favore di Ario, il quale
-al mistero opponeva il senso comune: i tanti che, sull'esempio di
-Costantino e della Corte, si erano convertiti prima di vincere sè ed il
-mondo, abbandonavansi alla rilassatezza nel credere, alla svogliatezza
-nel cercare il vero: lo scarso studio agevolava l'errore, e a gente
-inavvezza alle sublimi audacie dell'ideale, riusciva più facile
-rappresentarsi Gesù nella sua vita e morte qual profeta, che qual dio;
-tanto più che, con tale spediente, le dottrine comunicate dall'alto per
-suo mezzo conservavano il valore dogmatico, mentre all'unità di Dio non
-restava più questa nube della triplicità di persone.
-
-Ma se l'autore del cristianesimo non è dio, eguale e consustanziale
-coll'autore delle cose, quei che l'adorano sono idolatri, o
-riconoscendo due Dei, ricascano nel politeismo; Cristo non è più il
-tipo a cui l'uomo dee conformarsi per meritare, lo che costituisce la
-base del cristianesimo pratico; e perduta la fede del mediatore divino,
-trova novamente fra sè e Dio quell'abisso che ne lo separava nei secoli
-pagani. La dottrina di Ario feriva dunque l'essenza del cristianesimo.
-Inoltre, per conservare la società e per migliorare i costumi e la
-condizione civile, allora più che mai faceva duopo di opere; e per
-operare bisogna credere; e per credere bisogna ammettere un'autorità
-infallibile. L'egoismo avea sfasciato la società romana; il sacrifizio
-dovea ricostruirla, e per sagrificarsi bisogna non dubitare dello scopo
-dei proprj sforzi. Ben è dritto dunque se tanta importanza attribuì la
-Chiesa ad un'eresia che intaccava le basi della fede, l'appoggio della
-speranza, il nerbo della carità.
-
-L'introdursi d'una nuova religione avea spezzato l'unità politica
-romana, sicchè gl'imperatori a ferro e fuoco vollero distruggerla;
-ma cresciuta tanto da divenire prepollente, Costantino la favorì per
-ricomporre l'unità in senso cristiano. Erasi appena avviata, quand'ecco
-il cristianesimo scindersi in parti; ecco sconnettersi quella fede, che
-della propria unità avea sempre fatto arma trionfante contro la Babele
-delle opinioni gentilesche.
-
-Costantino, che dapprima l'avea sprezzata come un problema irresolubile
-a raziocinj umani, si accorse quanto seria si rendesse la querela
-sì pel pericolo della fede, sì pel calore sedizioso con cui era
-agitata: persuaso però che la Chiesa nelle credenze non dev'essere
-regolata che da se stessa, indicò un'adunanza, non più particolare,
-ma universale. Ora che voleasi accogliere tutto il mondo romano nella
-comunione cristiana, non bastavano parziali decisioni; ma la Chiesa,
-rappresentante dell'umanità divinamente ristabilita nell'unità,
-dovea mostrarsi una in un concilio ecumenico, e in questo chiarirsi
-del comune consenso, e stabilire qual credenza tenere sopra il punto
-essenziale del cristianesimo, la natura del Verbo.
-
-Pertanto a Nicea di Bitinia (325) convennero i vescovi di
-tutto l'impero, in numero di trecendiciotto. Molti di loro portavano
-sul corpo le gloriose stigmate del martirio, sostenuto per la fede
-che allora venivano a difendere colla parola; altri rendeva illustri
-uno speciale dono di santità, di miracoli, di dottrina; e fra loro
-primeggiavano da una parte Ario, attentissimo ad ogni opportunità di
-far trionfare la sua causa; dall'altra Atanasio, diacono poi vescovo
-d'Alessandria, per lunghi anni il campione più fervoroso della parte
-ortodossa. Silvestro papa vi mandò legati; varj laici vennero ad
-appoggiare colla dottrina l'una o l'altra causa; e lo stesso imperatore
-vi comparve colla maestà richiesta da tale assemblea.
-
-Qui cominciossi a contendere di testi, di ragioni e di cavilli; per
-sottrarsi ai quali fu adottata una parola platonica, dichiarando che
-il Figliuolo è _consustanziale_ (ὁμούσιος) col Padre; fu compilato un
-simbolo, e condannati Ario ed i suoi[100]. Le decisioni del concilio
-furono notificate a tutto l'impero; e Costantino moltiplicò lettere in
-tal senso, ed esigliò Ario. Ma questo, inesauribile di spedienti, ora
-esclamava contro l'introdurre nel dogma una parola sconosciuta alle
-sacre scritture, o contro la presunzione di definire assolutamente
-sovra punti imperscrutabili; ora propugnava le opinioni sue davanti
-a nuovi concilj; ora con capziose professioni di fede sorprendeva
-l'imperatore, infelice teologo: il quale al fine ordinò al vescovo di
-Costantinopoli di ricevere Ario alla comunione. Questi però, mentre
-recasi alla chiesa, è preso da colica e muore (336).
-
-Non che spegnersi con lui, l'incendio divampò: diciotto simboli in
-pochi anni pubblicarono gli Ariani, i sinodi particolari decidevano un
-contrario all'altro, s'avvicendavano le persecuzioni; e gl'imperatori
-succeduti a Costantino, e adombrati del potere conceduto da questo
-alla Chiesa, propendevano per la fazione che gl'invocava. Costanzo II
-perseguitò accannitamente sant'Atanasio, che instancabile parlava,
-agiva, scriveva, passava da Oriente in Occidente, dai deserti di
-Libia alla sede di Roma per far trionfare la verità. Papa Liberio
-romano, succeduto a Marco e Giulio romani anch'essi, sosteneva
-Atanasio e le decisioni del concilio Niceno (352); ma per
-ciò Costanzo, o piuttosto i suoi eunuchi il tolsero a perseguitare, e
-coltolo nottetempo, il trasferirono a Milano (356), indi il
-confinarono a Berea nella Tracia; ma nulla il divolse dal proponimento.
-
-E violenza era in ogni dove; per bandi imperiali, chiunque sostenesse
-la parola _consustanziale_ era marchiato in fronte, espulso di città,
-confiscati gli averi; i Cattolici comunicassero cogli Ariani, o
-guaj; date a questi le chiese e le pubbliche dotazioni; in Roma si
-veniva alle mani per la consustanzialità, come un tempo pei diritti
-del popolo; e i soldati, «cattivi apostoli della verità, la quale
-non conosce altr'arme che la persuasione» (ATANASIO), pretendevano
-imporre la fede. Ma intanto riconosceasi qualcosa di nuovo nel mondo
-romano; il vessillo della Chiesa sventolava di fronte a quel della
-terra: la Chiesa proclamava un'autorità superiore alle umane, e da cui
-queste ritraggono; Cesare rispondeva colla spada; ma gli ecclesiastici
-ne aspettavano imperterriti il colpo, sostenuti dal popolo e dal
-rappresentante di questo, il pontefice.
-
-Frattanto i fedeli, privi di pastori, esitanti nelle coscienze,
-sottoposti a vescovi non eletti da loro e non conosciuti, alzavano
-concordi lamenti. Allorchè Costanzo venne a Roma, una nobiltà di
-matrone in addobbi sfarzosi gli si presentò, invocando — Restituisci
-alla sede papale Liberio, giacchè nessuno entra nelle chiese dacchè
-vi sta Felice a lui surrogato». L'imperatore accondiscese, purchè
-Liberio convenisse nel parere de' vescovi; ma quando tal concessione fu
-proclamata nel circo, il popolo, che in Italia non aveva disimparato le
-democratiche manifestazioni, raccolse a scherni, dicendo: — La Chiesa
-è forse un anfiteatro, dove fare due fazioni? Un solo Dio, un solo
-Cristo, un vescovo solo».
-
-Pure i soliti artifizj de' prelati greci, affinati alla Corte e nelle
-scuole, prevalsero nel concilio di Rimini (358); quattrocento
-vescovi furono tratti a firmare una formola di fede, la quale
-condannava chi dicesse, il Figliuolo di Dio essere creatura eguale
-alle altre; formola che, sotto sembianza di verità, implicava che
-Cristo fosse creatura. All'insistente persecuzione non seppe resistere
-Liberio; e in un istante di debolezza, affine di esser restituito alla
-sua sede, sottoscrisse un simbolo in senso ariano, o più veramente la
-condanna d'Atanasio[101].
-
-San Girolamo potè allora dire che il mondo stupì di trovarsi tutto
-ariano: vent'anni di durata toglievano a quest'opinione la taccia
-di nuova; il papa vi aveva aderito, non cercavasi per quali arti, nè
-se subito si ritrattò: laonde si poteva credere imminente la caduta
-della fede Nicena, un concilio ecumenico si sarebbe ingannato, avrebbe
-mentito la parola di Cristo. Ma Atanasio, non che disperare, sbucato
-dal settenne nascondiglio, si scagliò non contro i prevaricatori, bensì
-contro la forza che li traviava; tosto i Padri illusi protestano contro
-l'errore; e nel concilio d'Alessandria vien rintegrata la dottrina
-cattolica.
-
-Invece di risecare tante vane quistioni, le fomentava Costanzo, non
-assodando per fede, ma turbando per curiosità la Chiesa, e intanto
-lasciando mal capitare l'impero.
-
-
-
-
-CAPITOLO XLIX.
-
-Giuliano. Riscossa del Paganesimo.
-
-
-Dallo sterminio della famiglia imperiale (pag. 164) erano campati
-Costantino Gallo e Claudio Giuliano nipoti di Costantino, che furono
-educati principescamente. Gallo tentò signoria (354), onde
-fu condannato e ucciso. Giuliano dissimulando sguisciò dal pericolo;
-e messo ad onorevole esiglio in Atene, assunse il vestire e i modi
-de' filosofi, alle cui arti intendeva da lunga pezza. Eusebia, moglie
-di Costanzo II, nelle mille occasioni che ad ogni donna si presentano
-e che la scaltra fa nascere, insinuava nelle grazie del marito il
-giovane Giuliano; e poichè i nemici d'ogni parte irrompevano, Costanzo,
-sentendosi incapace di tener testa, concesse a Giuliano il titolo di
-cesare (355), la mano di Elena sua sorella, ed i paesi di là
-dall'Alpi. I soldati, la cui approvazione allora bastava, la diedero in
-Milano, battendo dello scudo contro i ginocchi, pieni di fiducia nella
-virtù del giovane venticinquenne. L'ombroso imperatore gl'impose per
-iscritto il modo di contenersi, e fin le spese della tavola; non gli
-permise di fare il donativo ai soldati, nè lo fece egli stesso; e lo
-circondò di servi e cortigiani che, in aspetto d'ossequio, limitavangli
-la libertà degli atti, delle parole, fui per dire del pensiero.
-
-Lasciato lui a guardia dell'Occidente, Costanzo si voltò all'Asia;
-ma prima volle veder Roma, dove ricevette gli onori trionfali e gli
-omaggi servili dell'antica metropoli del mondo, alla quale tributò
-ammirazione, e ne crebbe gli ornamenti coll'erigere nel Circo
-l'obelisco egizio, che ora grandeggia sulla piazza del Laterano.
-Guerreggiò i Barbari prosperamente, e con minor fortuna i Persiani.
-
-Basso di statura, grosso di collo, spalle larghe, tra cui affondava
-la testa, agitata da frequenti moti involontarj; arruffata la
-capigliatura, occhi vivi ma stravolti; prolissa, ispida, impidocchiata
-la barba; irsuto il petto, sucide le mani, lunghe le ugne; in compenso,
-faticante di corpo e ardito d'animo, memoria pronta e tenace, ingegno
-arguto, piacentesi in sottili quistioni; parlare facile e naturale, men
-volentieri in latino che in greco; buono e dolce nel fare, intrepido
-ne' pericoli: tale era Giuliano. Cresciuto prima in un carcere cortese,
-poi fra gli ozj ringhiosi delle scuole e sui libri, quando rase la
-barba e depose il mantello per assumere il paludamento di cesare,
-parve strano e ridevole a' cortigiani di Costanzo. Ma dalla sventura
-e dai libri aveva imparato temperanza, continenza, amor della fatica,
-disprezzo del fasto. Vestiva poco meglio che soldato, dormiva sopra
-un tappeto steso sul terreno, e nel fitto della notte sorgeva per
-attendere agli affari o agli studj; poi l'eloquenza appresa dai retori
-adoprava nel calmare o dirigere le passioni della turba guerresca;
-le nozioni di giustizia attinte dai sofisti applicava a districare i
-litigi avviluppati, quantunque poco versato nella giurisprudenza; univa
-l'arte di scegliersi buoni consiglieri, e la docilità di confidarvisi.
-Tre volte passò il Reno per portar guerra rotta ai borghi che i Germani
-vi fabbricavano ad imitazione de' nostri; e obbligatili alla pace, menò
-di qua ventimila prigionieri redenti. I Franchi, di più formidabile
-valore, riuscì a snidare dalla Gallia (357), di cui ricostruì
-le città, e fortezze e navi dispose coi materiali somministrati per
-patto dai Germani e coll'opera delle legioni e degli ausiliarj.
-
-Alla Corte imperiale i buffoni, fastidiume d'ogni età, proverbiavano
-questo soldato filosofo, le sue sinistraggini e lo strano vestire,
-paragonandolo a uno scimiotto, a una talpa, a un caprone, e facendone
-la parodia. Ma allorchè le vittorie impedirono di prenderlo più
-a gabbo, la beffa si risolse in gelosia; e cortigiani ed eunuchi
-esageravano le sue imprese per metterne ombra a Costanzo come d'un
-emulo.
-
-E vi riuscirono. Parendo composte le cose della Gallia mentre cresceva
-il pericolo in Oriente, Costanzo ne colse pretesto (361)
-onde togliere a Giuliano le legioni gratificategli dai trionfi, per
-portarle nella Persia. Moltissimi volontarj d'ogni favella aveanvi
-dato il nome col patto di non passare mai le Alpi; nè la tutela della
-gloria romana era motivo efficace su' Barbari. Amorosi di Giuliano
-quanto aborrenti dalla disastrosa marcia e dal campeggiare in terre
-sconfacenti e con nemici nuovi, si gettarono all'unica via che restava
-per non abbandonare la patria e lui, la ribellione, e gridarono augusto
-Giuliano. Questo seppe procurare all'infedeltà la scusa della violenza;
-e ne' suoi scritti giura per Giove, pel Sole, per Marte, per Minerva,
-per tutti gli Dei, che della cospirazione non ebbe sentore. Altri
-assicurano che sinceramente vi resistette finchè, avendo preso sonno,
-gli comparve il genio dell'Impero, istantemente rimproverandolo di
-mancante coraggio: Giuliano destatosi pregò di cuore Giove, il quale
-con manifesto augurio gli ordinò di rassegnarsi al voler del cielo e
-dell'esercito.
-
-Fatto è che egli regalò di cinque monete d'oro e una libbra d'argento
-ciascun de' soldati che gli aveano usato quella violenza: poi
-avventatosi ad atti che gli toglievano di più riconciliarsi con
-Costanzo, si accinse alla guerra, confidando negli Dei immortali.
-Colle celeri marcie che spaventano gli avversarj e trascinano gli
-esitanti, a giornate crescendo di gente, riceve l'omaggio dell'Illiria,
-dell'Italia, della Grecia; e traversato il monte Emo, s'accosta ad
-Adrianopoli. Apollo avevalo assicurato della morte di Costanzo, il
-quale infatti consunto da lenta febbre risparmiò una guerra civile.
-
-Costantino, ingegno mediocre, meritò insigne posto nella storia
-secondando il progresso delle idee e coordinandole ai fatti. Or ecco
-un uomo di splendide qualità riuscire meschino coll'affaticarsi a
-rimorchiare il mondo verso un passato irremeabile; col ripetere in
-mille toni: — Schiviamo le novità».
-
-Associata nella giovine testa l'idea di Costanzo suo oppressore con
-quella dei Cristiani, Giuliano li confuse in un odio comune; stomacato
-dagli inesplicabili litigi sull'arianismo, nojato degli obbligati
-esercizj di pietà, ribramò il culto antico, sotto del quale l'impero
-aveva raggiunto il colmo, e le lettere prodotto lavori immortali.
-Gli accarezzavano questa inclinazione i sofisti, che ristrettisi a
-ripetere la parola vecchia, nulla capivano dello spirito recente,
-e che il lusingavano colla speranza di future grandezze. Ha un bel
-ridire che egli disprezza la gloria, ma da ogni atto Giuliano lascia
-trasparire filosofica ostentazione; qualunque azione sua egli narri, ne
-dà per ragione che così doveva un filosofo; qualunque sua virtù era un
-calcolo, un esercizio scolastico, una parata.
-
-Aggiungerei anche un'impostura. Noi rispettiamo le convinzioni
-religiose; ma potremmo compatire Giuliano che, mentre lusinga
-gl'idolatri colla speranza d'una ristorazione, continua a fingersi
-cristiano per conciliarsi ora l'imperatore, ora i soldati, comunica
-con questi nella solennità del Natale, adempie le solenni cerimonie?
-Que' numi suoi compajono troppo a proposito nei casi decisivi di sua
-vita; per essi giura non aver nodrito ambizione; ad essi imputa la
-sua ribellione; con aruspici e indovini passa ore ed ore almanaccando
-sull'esito de' suoi tentativi. In queste vanità stava occupato allorchè
-gli giunse la morte di Costanzo (11 xbre); onde padrone
-incontrastato dell'impero, pensò effettuare le promesse tante volte
-date ai fautori dell'idolatria.
-
-Ripetemmo come Costantino si fosse creduto obbligato a riguardi co'
-partigiani di essa, ed a palliare col nome di tolleranza la protezione
-conceduta al cristianesimo. I figli suoi, col vantaggio di chi viene
-secondo, e nell'età che tiene minor conto degli ostacoli, ardirono di
-più, ma non tutto. La legge del 341 ordina che «cessi la superstizione,
-si abolisca l'infamia de' sacrifizj»[102]; ma non vi annette pena,
-e Magnenzio la abrogò, sperando acquistarsi fautori. Costanzo II,
-trovatosi unico padrone, decretò fosse interamente abolita l'idolatria,
-pena la vita[103]; pure nulla intraprese contro il culto antico. Può
-darsi che i Cristiani de' decreti contrarj all'aruspicina ed ai riti
-segreti e divinatorj profittassero onde molestare i sacerdoti pagani;
-ma l'esecuzione misuravasi all'arbitrio de' magistrati. Laonde troviamo
-sussistere e tempj e sacrifizj in Occidente, e in ispecial modo a
-Roma; alla Sibilla di Tivoli chiedevansi ancora oracoli; se i venti
-contrariassero la flotta portatrice del grano, la plebe strascinava i
-magistrati ad Ostia affinchè sagrificassero sugli altari di Castore;
-i sacerdoti Salj menavano cogli scudi caduti dal cielo le frenetiche
-carole, per quanto derisi dai Cristiani; libazioni d'umano sangue
-continuavansi a Giove Laziale sul monte Albano; sussistevano le varie
-gerarchie sacerdotali; sotto la sanzione delle leggi riposava ancora
-il voto di castità delle Vestali; si eressero anzi nuovi tempj alle
-divinità già ferite a morte[104]; e, al dire di Lattanzio, nuovi numi
-ogni giorno nasceano[105]. Ma agli altri prevalsero Cibele e Mitra.
-
-Dicemmo come, fervendo la seconda guerra punica, fosse dalla Frigia
-introdotto a Roma il simulacro della Madre Idea; i cui sacerdoti,
-chiamati Galli, fanaticamente danzando e cantando sul cimbalo, erravano
-di terra in terra, traendosi dietro la turba, meravigliata dello
-strano vestire, della scurrile devozione, dei prestigi, in cui erano
-destrissimi. Scostumati, ignoranti, golosi, scrocconi, non sarebbonsi
-attirato che lo spregio, se non avessero acquistato forza dal trovarsi
-disposti in compatta ordinanza sotto un arcigallo.
-
-Il culto che da antichissimo a Mitra prestavano i Persiani, andò
-alterato da eterogenee mescolanze: i nuovi Mitriaci esigevano rigide
-macerazioni, e da chi aspirava a' gradi più sublimi, la verginità e
-il celibato. Insinuatosi, non si sa quando, nel Campidoglio, crebbe
-sotto gl'imperatori, ed eccedeva fino a sagrifizj umani. Per diversi
-gradi compivasi l'iniziazione a quei misteri. Il supremo capo a Roma
-chiamavasi _pater patrum_; avea sotto di sè il _pater sacrorum_ e
-gli ordini inferiori, intitolati il corvo, il grifo, il soldato, il
-leone, il perseo, l'eliodramo. Erano cerniti i più fra l'aristocrazia,
-sebbene nelle molte iscrizioni che ricordano criòboli e tauròboli,
-cioè sacrifizj d'arieti e di tori, si trovi ben di rado ornato di que'
-titoli il capo dello Stato, cioè della religione nazionale. I neofiti
-ricevevano una specie di battesimo, s'imprimevano dei segni in fronte,
-beveano farina stemprata nell'acqua, con certe formole rituali. Nei
-sotterranei del Campidoglio aprivasi il principale tempio di Mitra;
-all'equinozio di primavera se ne celebravano i misteri; ma con maggior
-festa il _natale del Sole invitto_ ai 25 dicembre: lo perchè i padri
-della Chiesa occidentale scelsero questo giorno a solennizzare la
-natività di Cristo, vero sole, la quale in Oriente festeggiavasi
-il 6 gennajo, giorno colà sacro ad Osiride[106]. Tali particolarità
-raccogliamo dai Cristiani che impugnarono quel culto; e le somiglianze
-sue con quello di Cristo indussero alcuno de' filosofi antichi e de'
-razionalisti moderni a sostenere che questo derivasse da quello i
-misteri e i riti.
-
-Oltre queste novità, duravano ancora molte forme del gentilesimo
-nazionale, care a un popolo così tenace delle costumanze avite. Alla
-elezione dell'imperatore Probo, il senato volgeva ancor la preghiera
-alle grandi divinità: — O sommo Giove, o Giunone regina del cielo,
-o Minerva protettrice delle virtù, o Concordia, o Vittoria romana,
-accordate ai senatori, al popolo romano, ai soldati, agli alleati
-nostri, agli stranieri la grazia di veder Probo regnare come ha
-combattuto». Un calendario del 354 dopo Cristo o circa, descrive
-le feste profane che si devono celebrare giorno per giorno[107]. Da
-recenti scavi dell'anfiteatro di Capua uscì un'iscrizione del 387, ove
-Romano Giuniore sacerdote enumera le solennità pagane da lui celebrate
-quell'anno: e sono _vota_ al 3 gennajo per la salute del principe;
-_genialia_ in febbrajo, tre lustrazioni per le sementi; _rosaria_
-in maggio; feste vendemmiali all'uscire di ottobre; e così via. Un
-viaggiatore del 374 trova «in Roma sette vergini nobili e chiarissime,
-che per la salvezza della città compiono le cerimonie degli Dei
-secondo l'uso degli avi»; e soggiugne che «i Romani onorano gl'iddii, e
-spezialmente Giove, il Sole, Cibele»[108]. Di quel torno stesso abbiamo
-l'arida nomenclatura delle vie e degli edifizj di Roma, fatta da un
-Publio Vittore e un Rufo Festo, dove riscontriamo cencinquantadue tempj
-e cennovantuna cappelle.
-
-— Alle calende di gennajo tutti levansi buon'ora e si corrono incontro
-ciascuno con regalucci chiamati strenne: agli amici si fa un dono
-prima di augurare il buon giorno, si premono le labbra, stringonsi la
-mano, non per ricambiare espressioni d'amicizia, ma per farsi pagare
-le cortesie dell'amicizia. Così al tempo stesso abbracciano e tastano
-un amico...; poi tornando a casa, portano rami, come se avessero presi
-gli augurj, e riedono carichi dei doni raccolti, senza accorgersi che
-sono altrettanti peccati». Così predicava Massimo vescovo di Torino,
-il quale non pensò gittar invano il suo zelo in confutare quelli che
-credevano in Venere, in Marte, negli altri Dei, lamentandosi che i
-magistrati non facessero adempiere, nè i Cristiani osservassero gli
-editti imperiali attorno al culto; esortava ripetutamente ad abbattere
-gl'idoli ne' contorni di Torino, vietare i sagrifizj intemperanti o
-crudeli, non credere a maghi o a coloro che vantano di potere coi carmi
-trarre dal cielo la luna[109].
-
-Gaudenzio vescovo di Brescia, seguitando l'esempio di Filastro suo
-predecessore, combattè vigoroso l'idolatria nella sua diocesi; e — Voi,
-neofiti, chiamati al banchetto di questa pasqua mistica e salutare,
-badate bene di conservar le anime monde dagli alimenti contaminati
-dalla superstizione pagana. Non basta che il vero Cristiano respinga
-da sè il pascolo avvelenato dai demonj; bisogna ancora che sfugga
-tutte le abominazioni dei Gentili, tutte le frodi degl'idolatri, come
-si fugge il veleno vomitato dal serpente infernale. L'idolatria si
-compone d'incanti, di presagi, d'augurj, di sorti, di tutte le vane
-osservanze; e inoltre di quelle feste chiamate _parentali_, per cui
-mezzo l'idolatria sa rianimar l'errore. Di fatto gli uomini, cedendo
-alla gola, cominciarono a mangiar i cibi che avevano imbanditi pei
-morti, poi non temettero di celebrare a onor loro sacrileghi sacrifizj,
-per quanto sia difficile a credere che adempiano un dovere verso i
-loro morti quelli che, con mano tremolante per l'ubriachezza, ergono
-il desco sui sepolcri, e dicono a chiara voce, _Lo spirito ha sete_. Ve
-ne supplico, astenetevi da questi atti, chè Dio sdegnato non abbandoni
-al furor dell'inferno i suoi sprezzatori e nemici, reluttanti al suo
-giogo».
-
-Abondio, vescovo di Como, col risuscitare un fanciullo morto toglieva
-dal gentilesimo il principale signore di quella città. Benchè sia
-attribuita a san Romolo la conversione di tutta l'Etruria al tempo
-di Costantino, numerose iscrizioni attestano che il culto idolatrico
-sopraviveva in Firenze, a Pisa, a Volterra, a Rimini. Giove e la
-Fortuna Pubblica erano adorati a Spoleto, Vesta ad Alba, Castore e
-Polluce nell'isola Sacra presso Ostia, Nettuno in questa città; Anzio,
-Preneste, Velletri, Terracina, Narni consultavano e riverivano gli
-Dei antichi; in Ardea continuavasi il culto della madre degli Dei;
-Napoli era la metropoli del paganesimo dell'Italia meridionale. Con
-tanta ostinazione si conservavano le viete osservanze! E più ancora
-nella campagna, donde venne il nome di paganesimo (_pagus_); sicchè i
-missionarj osavano appena staccarsi dalle città.
-
-Per isvecchiare l'antico si era tentato innestarvi i culti orientali,
-con una tolleranza che degenerò in grossolano sincretismo. L'arguto
-Luciano mise in burletta l'affaccendamento di Mercurio per trovar
-posto nell'Olimpo agli Dei che v'arrivano in folla dalla Persia,
-dalla Scizia, dalla Tracia, dalla Gallia; e il dispetto con che i
-vecchi guatavano cotesta gentaglia nuova, il dio Ati, il dio Sebazio,
-i Coribanti; Bacco che seco introduce i satiri capripedi, e fin il
-cagnuolo d'Erigone: Mitra, che giungendo di Media col turbante in
-testa, adocchia stupido i colleghi, e non capisce quel che dicano,
-neppur quando trincano alla salute di lui.
-
-Inoltre i filosofi avversavano la nuova dottrina, la cui umiltà
-mortificava la loro superbia: i sacerdoti che aveano divulgato tanti
-miracoli e tante baje, or trovavano ridicole le leggende de' Cristiani:
-i retori erano menati dall'abitudine scolastica e dalla classica
-educazione a sostenere e imbellire cerimonie senza fede, numi senza
-vita, e render popolare la causa soccombente, ch'essi patrocinavano
-tanto più, quanto meno poteano comprendere le sublimità della
-trionfante. Si tentò dunque opporvi una religione filosofica, impastata
-di neoplatonismo; e a quell'estremo sforzo per rigenerare la società e
-il politeismo diede opera principale Plotino di Licopoli. Coll'esercito
-dell'imperatore Gordiano era venuto in Asia e a Roma, dove si pose a
-lottar di virtù e di scienza col cristianesimo, e chiese a Gordiano una
-piccola città della Campania, ove stabilire un governo repubblicano
-secondo le massime della sua scuola. Non l'ottenne, ma molti seguaci
-si attirò predicando il distacco delle cose terrene: i ricchi lo
-costituivano tutore de' loro figliuoli, i litiganti lo sceglievano
-arbitro, lasciavansi le delizie della città per ritirarsi seco
-nella solitudine. Altri correano a cercar lumi a Edesio, scolaro di
-Giamblico: ma anche costoro erano costretti assumere aspetto religioso;
-ed o impostori contraffacevano le austerità de' cristiani per
-combatterli; o avidi del vero, eppure sfasciati nel dubbio, riuscivano
-a pratiche teurgiche e a teorie panteistiche, le meno convenevoli ad
-una fede pubblica, che vuole un oggetto degno d'amore, di riverenza, di
-speranza.
-
-Tutti questi aveano occhieggiato con compiacenza Giuliano, che
-mostravasi disposto a rimettere in onore il culto avito. Compita la
-poca filosofica sua rivolta, egli getta la maschera; man mano che
-acquista un paese, vi lascia riaprire i tempj, rinnovare i sagrifizj;
-egli stesso come sacerdote massimo moltiplica questi a segno, da
-far temere non venissero meno i bovi nell'impero. Conoscendo troppo
-che una religione da alcun tempo riposata, anzi seduta sul trono,
-più non poteva essere combattuta coi supplizj e a spada sguainata,
-introdusse una persecuzione d'altro genere dalle precedenti; e potè
-vantare non senza verità d'essersi coi Cristiani mostrato più umano
-che non il predecessore, il quale tanti n'avea espulsi e morti a
-titolo d'eresia, mentr'egli restituì agli esuli la patria, i beni agli
-spogliati, le sedi ai vescovi di qual si fossero setta. Ma operava
-non per generosità, bensì per iscaltrimento, prevedendo che con ciò
-susciterebbe tale vespajo, da sovvolgere la Chiesa, e da aprire largo
-campo alle beffe sue e de' suoi.
-
-Altro pensato attacco fu l'interdire ai Cristiani la elevata
-educazione; e stando a lui la nomina de' maestri di grammatica
-e di retorica e fors'anche de' medici, arti liberali stipendiate
-dall'erario, sbandì dall'insegnamento tutti i Cristiani, per dirigere
-all'intento suo le prime tanto efficaci impressioni della gioventù,
-e così o guastarla o escluderla dalle scuole, e preparare alla Chiesa
-gli erramenti ed il fanatismo dell'ignoranza. Al modo stesso precluse
-loro tutti gl'impieghi d'onore e di confidenza, munendo ogni aula, ogni
-bandiera colle immagini idolatriche, cui il fedele non poteva rendere
-omaggio: la quale esclusione in mano de' subalterni diventava una fiera
-tirannia, portando sino a negare la giustizia.
-
-Poi egli medesimo scese alla lizza, e nei _Cesari_ e nei _Sette libri
-contro i Cristiani_ risvegliò quante folli ed esagerate accuse mai
-si fossero avventate contro di questi, condendole colla beffa, arma
-terribile perchè vulgare, e perchè dispensa dal ragionamento. Mentre
-con ciò tendeva ad offuscar la luce, erasi proposto di trovare virtù
-e verità là dove erano vizio e pazzia, svecchiare le credenze pagane
-col ritrarle verso i loro cominciamenti, imbellire come simboli ed
-allegorie ciò che d'empio e di turpe v'aveano introdotto le popolari
-tradizioni, trarre dagli adulterj di Giove una lezione di morale,
-e dall'eviramento di Ati un simbolo dell'anima separata dal vizio
-e dall'errore; Omero doveva essere per lui quel che l'Evangelo pei
-Cristiani; morale caritatevole, dogmi puri, idee nuove indagando sotto
-idee antiche e favole sensuali; e foggiando a proprio talento una
-scientifica superstizione, la quale pretendeva innestare, non già ne'
-cuori, ma nelle teste degli uomini.
-
-Era egli possibile riformare una religione che mai non possedette
-principj teologici assoluti, nè precetti morali, nè sacerdotale
-ordinamento? Vero è forse che ne' misteri tradizionalmente
-s'insegnasse alcun che di meno materiale che non le oscenità e le
-ridicolaggini delle cerimonie e delle credenze propalate: ma qualvolta
-il senato romano volle rinvigorire la fede, nol seppe altrimenti
-che coll'introdurre numi forestieri, a cui la novità procacciasse
-devozione. Se un robusto pensatore, conoscente della società fra cui
-vivea, avesse mai potuto proporsi di rimpedulare il passato, con che
-spedienti vi si potea accingere? col saldare le istituzioni romane,
-sostegno della religione in cui erano nate e cresciute; religione
-del resto tutta politica, nè punto metafisica. Che se Costantino, per
-sottrarsi all'ascendente di questa, avea mutato la sede dell'impero
-a Costantinopoli, chi volesse risuscitarla dovea ritornare verso quel
-focolajo dell'idolatria.
-
-Giuliano, all'incontro, filosofo da scuola, nè tampoco s'accôrse che
-in Roma sopravivevano un senato ed un'aristocrazia, avvinghiati al
-culto degli avi; e tutte le sue sollecitudini concentrò sull'ellenismo,
-vale a dire sopra credenze impotenti da gran pezzo a sostenere il
-dechino de' costumi e ad invigorire la nazionalità; e pensò affidar
-l'avvenire del mondo a sofisti, indovini, ciancieri furbi e sprezzati.
-Con un eclettismo senza buona fede, injettando alla credenza greca
-sentimenti che mai non v'erano stati o che da secoli erano periti,
-egli accettava l'unità di Dio: al tempo stesso, avendogli il Sole in
-visione a Vienna pronosticate le future grandezze, venerò specialmente
-il _padre Mitra_, e si dichiarò assessore di quell'altro[110]; nelle
-medaglie si lasciò figurare or da Serapide, ora da Apollo, e dipingere
-fra Marte e Mercurio; giurava per Serapide[111]; faceva il panegirico
-della Madre Idea, sgridando cotesti _ridicoli_ che, acuti, ma non sani
-dell'intelletto, negano fede a ciò che dalle città viene creduto, e
-preferiscono la croce ai sacri trofei degli Ancili, indubbiamente
-caduti dal cielo; con una turba di sofisti e teurgici celebrava
-sacrifizj, rinnovava le spaventose scene dell'iniziazione e l'orrida
-maestà de' riti in antri cupi, fra tuoni e lampi.
-
-Dopo imperatore e pontefice massimo, non poteva accomunarsi ai sudditi
-nelle pratiche devote; onde ebbe una cappella domestica sacra al Sole:
-di statue e altari empì gli appartamenti e i giardini: appena l'astro
-del giorno apparisse sull'orizzonte, il salutava con un sacrifizio;
-di nuove vittime l'onorava al tramonto; nè la notte lasciava prive
-d'offerte la luna e le stelle: ciascun giorno visitava il tempio del
-Dio, di cui correva speciale commemorazione; poi non isdegnando gli
-uffizj più bassi, vestito di porpora, in mezzo ad impudichi sacerdoti
-e a donne carolanti, soffiava nel fuoco, sgozzava di propria mano le
-vittime, e nelle palpitanti viscere indagava il futuro; si sottopose
-anche ad un taurobolo, facendosi piovere sul capo il sangue d'un
-toro scannato. — Con ciò vuol cancellare il carattere impressogli dal
-battesimo», dicevano i Cristiani, ai quali se volessimo credere, scannò
-vergini e fanciulli per esplorarne le viscere, e i cadaveri ne furono
-trovati lui morto: ma il titolo di _apostato_ attribuitogli, bastava
-a denigrarlo agli occhi di quelli ch'esso perseguitava; onde conviene
-andar cauti nel credere ai delitti, di cui essi funestano i tre anni
-del suo regno.
-
-A vicarj del suo pontificato elesse sacerdoti e filosofi, amici
-e confidenti di sua gioventù, zelatori della credenza avita; e
-principalmente il rétore Libanio d'Antiochia, il quale ci assicura
-che, dopo che fu ammesso all'illustrazione, Dei e Dee scendevano
-assiduamente a conversare coll'imperatore; talvolta gli rompevano
-il sonno, lambendogli leggermente i capelli; sempre il tenevano
-consigliato ne' dubbj, avvertito se alcun pericolo gl'imminesse; e
-talmente v'era abituato, che discerneva alla voce e all'incesso Minerva
-da Giove, Ercole da Apollo[112].
-
-Tanti favori si meritava egli con opere, cui non mi ricorda che Omero
-abbia mai riconosciute per meritorie, come l'astenersi in certi giorni
-da alcuni cibi ch'egli immaginava meno graditi a questo o a quello
-iddio. Ad imitazione del cristianesimo, tentò riordinare l'ellenismo
-con riti nuovi e con una gerarchia, raccogliendone in sè i supremi
-uffizj, e formandone una superstizione ragionata. Voleva introdurre nei
-tempj la predica e il catechismo, preghiere ad ore determinate, canti
-a due cori, penitenze per li peccati, apparecchi per l'iniziazione,
-ritiri per i contemplativi e per le vergini: singolarmente gli
-piacevano le _lettere formate_ dei vescovi, mediante le quali i
-fedeli viaggiando erano dappertutto accolti con effusione di carità.
-Sull'esempio delle pastorali de' Cristiani, ne mandava fuori anch'esso,
-raccomandando ai sacerdoti di esser buoni, e d'imitare quei cani di
-Galilei, i quali alle loro credenze acquistavano fede con tante opere
-di carità: proponeasi d'assistere gl'indigenti, stabilire ospedali pei
-poveri, senza distinzione di patria nè di credenza: il che se avesse
-effettuato, avrebbe porto un'altra prova dell'efficacia della verità
-anche sopra coloro che repugnano dalla luce di essa.
-
-Mentre involontaria testimonianza rendea della virtù cristiana
-volendola conculcata e imitata, chiudeva gli occhi ai progressi che
-il cristianesimo avea fatto fare all'equità legale; e di tante sue
-costituzioni inserite nel codice Teodosiano, neppur una asseconda
-l'affrancamento del diritto naturale, sì bene avviato da' suoi
-predecessori. Che poi egli non operasse convinto, ma per odio al
-cristianesimo, il mostrò con favorire gli Ebrei, che cercò anche
-ristabilire a Gerusalemme, affine di smentire la profezia di Cristo:
-ma si disse che fiamme sbucate di terra distruggessero le fabbriche
-cominciate.
-
-Trattavasi di teurgie e sagrifizj? Giuliano deviava dalla parsimonia
-introdotta in ogni altro atto; e rari uccelli e fin cento bovi al
-giorno propiziavano le sorde divinità; e largizioni veramente regie
-dotavano i santuarj, sopravissuti all'indifferenza dei Gentili ed allo
-zelo dei Cristiani. Che gioja per lui quando i soldati esercitavano
-l'appetito sopra le vittime scannate agli idoli, e s'ubriacavano col
-sacro vino![113] Poi nei giorni solenni, mentre passavangli davanti
-in rassegna, largheggiava con chiunque gettasse sull'ara alcuni
-grani d'incenso. Molti Cristiani rimasero ingannati dalla semplicità
-di quest'atto; poi come lo conobbero colpevole, corsero a furia al
-palazzo, repudiando l'oro ricevuto, e gridandosi cristiani: del che
-cruccioso, l'imperatore ordinò fossero decollati; e già avviavansi
-contenti al supplizio disputando a chi primo, quand'esso li graziò,
-ripetendo: — Non voglio dare a costoro la gloria del martirio».
-
-Quest'entusiasmo artifiziale non gli toglieva di accorgersi come
-ai riti ellenici o etruschi più non appartenesse la direzione
-delle coscienze; ogni tratto si querela della trascuranza ne'
-doveri religiosi, della spilorceria nell'onorare gli Dei; ma sordo
-all'eloquenza de' fatti, per decreti imperiali e per filosofiche
-elucubrazioni ostinavasi ad imporre una religione, la cosa più libera
-del mondo.
-
-E per imporla non rifuggiva dell'accoppiare alla dotta persecuzione
-la legale. Ordinò che i Cristiani restaurassero i delubri degli Dei,
-dal loro zelo demoliti, e vi si restituissero i beni confiscati; e
-attesochè per lo più su quelli eransi costruite chiese, conveniva
-abbatterle; e non permettendo la religione ai Cristiani di fabbricare
-tempj profani, venivano trattati a maniera dei debitori insolvibili,
-carcerati al modo romano, e malmenati da uffiziali che colla arbitraria
-severità sapevano di gratificarsi l'augusto. Ai pontefici profani
-trasferì l'amministrazione dei beni assegnati da Costantino e da' suoi
-figli pel culto; confuse i sacerdoti cristiani coll'infimo vulgo;
-attese ad escludere i fedeli da ogni onore e vantaggio temporale; e
-non dissimulava l'intenzione di adoperar cogli ostinati una salutare
-violenza[114].
-
-Insomma la tolleranza di Giuliano era quella di tutti i tiranni,
-clementi finchè nessuno si oppone. Ma una Chiesa avvezza a quarant'anni
-di dominio spiegava più sicura la costanza di cui avea fatto mostra fin
-quando era scarsa ed oppressa: che se alle prime persecuzioni avevano
-i Cristiani chinato la fronte, obbedendo alle potestà superiori anche
-ribalde, or che si sentivano divenuti un popolo, non si credevano
-obbligati a sopportare l'ingiustizia peggiore, quella che violenta le
-coscienze. Adunque in varie parti abbatterono i rialzatisi altari,
-i riaperti delubri; alto levavano i lamenti contro l'usurpare beni
-alle chiese per darli agli idoli. Giuliano, indispettito della
-resistenza, puniva i contumaci: e i Cristiani veneravano le vittime
-sue come martiri; e la presunzione d'innocenza faceva accompagnare
-di non dissimulato compatimento il supplizio anche di quelli che per
-avventura l'aveano meritato coll'esorbitare nell'opposizione, solito e
-naturale effetto delle inique procedure. Anzi, temendo che Giuliano non
-si avventurasse a peggio, i Cristiani accingevansi ad una resistenza
-che poteva travolgere l'impero nella guerra civile, se i casi non
-l'avessero prevenuta.
-
-Giuliano conservò in trono molte belle qualità. Semplice nel vestire e
-nei piaceri, attento ai gravi obblighi di re, dava udienza ogni giorno
-agli ambasciatori ed ai privati, prendendo istantanea deliberazione
-sopra le suppliche; scriveva lettere pubbliche e trattati filosofici;
-le caste notti usurpava al riposo per darle agli affari; nè ai
-giuochi del Circo, passione de' suoi predecessori, recava la sua noja
-se non quando il rito l'obbligasse. Ripigliando uffizj dimenticati
-dagli augusti, sovente arringava, massime nel senato, per isfoggiare
-eloquenza: più spesso sedeva ne' giudizj come a dovere o come a
-divertimento, spassandosi a sventare i cavilli degli avvocati; ma
-talora appassionandosi in modo disdicevole a giudice, empiva l'aula
-di schiamazzo, e una volta, stomacato dalla zotichezza di certi
-villani venuti a supplicarlo, li prese a pugni e calci. Con quelli
-che tramavano contro di lui usò clemenza; ricusò il titolo di signore;
-mostrò riverenza ai consoli; pensava anche rinunziare al diadema, se
-non l'avesse distolto una rivelazione degli Dei.
-
-Nel libro dei _Cesari_ protestò contro le interminabili conquiste
-di Roma, preferendo Antonino a Cesare ed Augusto, cioè la pace alla
-guerra. Eppure della gloria d'Antonino non s'appagava, e ambiva pur
-quella di Trajano. Chetati in Occidente i Franchi, gli Alemanni,
-i Goti, restava in Oriente l'impero dei Persi, contro di cui, in
-trecent'anni di guerra, i Romani non aveano ancor potuto stabilmente
-acquistare pur una provincia della Mesopotamia, o dell'Assiria. Per
-vendicare i danni recati da re Sapore, Giuliano raccolse formidabile
-esercito ad Antiochia, ove consumò l'inverno a ristabilire l'idolatria
-e saldar la disciplina. A primavera (268) si mosse, a vicenda
-consolato ed afflitto dagli oracoli bene o male risposti, e dal trovar
-in fiore o sfruttato il culto de' suoi numi.
-
-Dirizzatosi sopra Ctesifonte, assalse l'esercito nemico, e l'inseguì
-fin sotto alla città: ma improvvidamente abbandonato il Tigri,
-base delle sue operazioni, e sul quale le navi lo provvedeano di
-vettovaglie, inoltratosi nell'interno della Persia, non trova che
-solitudine; le ubertose campagne, i pingui villaggi sono ridotti a
-fumanti deserti dall'amor della patria o dagli ordini d'un déspoto;
-ogni giorno s'assottigliano le provvigioni; false guide rendono più
-disagiate le marcie al pesante treno; uomini e Dei non suggeriscono
-più ripieghi all'eroe, il quale, se dianzi fantasticava la conquista
-dell'Ircania e dell'India, allora, desolato al vedersi causa di tanto
-pubblico disastro, dovette dar volta verso il Tigri.
-
-Le bande, che aveano bersagliato incessantemente la marcia, si
-raccozzarono in immenso esercito per abbarrargli la ritirata. Grossi
-di numero, leggeri di movimenti, a dovizia provvigionati, chiudevano
-in mezzo i Romani, costretti a combattere marciando, impediti dalle
-gravi armature, sì scarsi di cibo, che logoravano quanto potevano
-sottrarre ai somieri. Giuliano non concedeva a se stesso nulla più che
-all'infimo soldato: ma la superstizione che l'avea spinto ad afferrare
-il diadema, minacciava strapparglielo. Quel genio dell'Impero, che
-nella Gallia avea chiesto d'essere ammesso nella sua tenda, or rivide
-in atto di velare di gramaglie il capo e il cornucopia, e ritirarsene
-esterrefatto: Giuliano balza all'aria aperta, quand'eccogli avanti
-un'ignota meteora in sembianza del dio Marte, corrucciato con esso
-perchè in un trasporto di collera avea giurato non volergli più fare
-sacrifizj[115]. Gli aruspici etruschi consultati lo sconsigliano
-dalla pugna; ma come evitarla? Al nuovo giorno intimata la mischia
-(27 giugno), mentre, imbaldanzito del primo successo, insegue
-i Persiani, questi al modo loro saettano a man salva un nembo di dardi
-e giavellotti, uno de' quali imbrocca Giuliano nel petto.
-
-Portato nella tenda, e riconosciuta mortale la ferita, cogli amici egli
-ragionò della morte alla maniera di Socrate, e come gli sapesse dolce
-in quel punto l'incolpabilità di sua vita; compiacersi di morire da
-re, anzichè per segrete cospirazioni, o per violenza di tiranno, o per
-languore di malattia; augurare ai Romani potessero esser felici sotto
-un sovrano virtuoso. Dissertò sulla natura dell'anima e sulla sua,
-che presto sarebbe ricongiunta alle stelle da cui emanava; e spirò di
-trentun anno e otto mesi.
-
-Così narrano i suoi ammiratori; e Ammiano Marcellino, ch'era presente,
-gli pone in bocca una dissertazione nè da moribondo nè da lui. I
-Cristiani invece fanno che, sentendosi ferito, urlasse — Vincesti, o
-Galileo», e spirasse fra spasimi e rimorsi. E una cosa e l'altra sarà
-stata creduta, perchè i partiti credono non esaminano, e la storia
-rimane esitante fra eccessi opposti, colla sola certezza che entrambi
-esagerarono.
-
-
-
-
-CAPITOLO L.
-
-Da Gioviano a Teodosio. I santi Padri. Trionfo del cattolicismo.
-
-
-Non rimanendo alcun rampollo di Costantino, e importando aver un capo
-da opporre all'incalzante nemico, fu acclamato Claudio Gioviano,
-primicerio de' domestici, trentaduenne, bello, piacevole, prode,
-non ambizioso, diviso tra il cristianesimo e le voluttà. Ridotto ad
-accettare capitolazioni indecorose ma inevitabili, dopo disastrosa
-ritirata si raccolse a salvamento in Nisibe.
-
-Lo aveva preceduto nell'impero la fama della morte di Giuliano, accolta
-con impeti d'esultanza e di dolore; perocchè il labaro, drappellato
-in capo all'esercito annunziava ripristinato il culto del vero Dio.
-L'idolatria, risorta per obbedienza o per adulazione, ricadde per
-sempre; spontaneamente richiusi i tempj, cessate le vittime; i filosofi
-si rasero, deposero il pallio, e tacquero; i Cristiani non vendicarono
-l'arroganza e l'oppressione passata se non con un'allegrezza
-trascendente forse i limiti della carità: ma quanto son pochi quelli
-che s'accontentino di vincere senza voler trionfare!
-
-Gioviano restituì le immunità alle chiese, al clero (364),
-alle vedove, alle vergini sacre, proibendo di violentarle o sedurle
-al matrimonio; richiamò i vescovi; interdisse magìe e superstizioni,
-ma non l'esercizio del politeismo; circondato dai vescovi delle varie
-sêtte, premurosi di trarlo dalla loro, egli si chiarì pei Cattolici.
-Ma appena riconosciuto da tutto l'impero, una notte morì [Sidenote: 15
-febbr.], chi dice d'intemperanza, chi d'asfissia, chi di tradimento.
-
-Dopo dieci giorni, i capi dell'esercito buttarono la porpora sulle
-robuste spalle di Flavio Valentiniano, soldato pannone, in cui gran
-destrezza, valore, bella presenza, eloquenza naturale sebbene incolta.
-Siccome Gioviano, così egli fu eletto da soli i capi, non da tutto
-l'esercito, che, composto il più di Barbari mercenarj o di ragunaticci,
-poco badava a cui toccasse l'impero; e di tal passo s'introdussero le
-elezioni per intrigo.
-
-Il 25 febbrajo era bisestile, giorno di sinistro augurio, onde
-Valentiniano si tenne nascosto, poi il domani fu acclamato a grida
-incessanti. Sentendo per altro la necessità che almen due capi vi
-fossero in tanta estensione, l'esercito il richiese di darsi un
-collega, e Valentiniano rispose: — Testè dipendeva da voi l'eleggere
-un imperatore; eletto, ora spetta a me il provvedere al pubblico
-interesse: non bisogna precipitare, state cheti e fidate in me».
-Poco appresso condiscese a quel voto intitolando augusto suo fratello
-Valente (8 marzo) di trentasei anni, che debole e timido,
-unico merito aveva l'amare il fratello; e gli lasciò le prefetture
-d'Oriente, tenendo per sè quelle dell'Illirico, dell'Italia, della
-Gallia, cioè quanto si stende tra i confini della Grecia, il muro
-Caledonio e il monte Atlante; l'antica amministrazione non innovando in
-altro che nello stabilire guardia doppia e doppia corte, una in Milano,
-una in Costantinopoli.
-
-Sol dunque di Valentiniano spetta a noi il dire. Egli invitò ognuno
-ad esporre le querele, e ne fioccarono contro i ministri che avevano
-abusato della credulità e della superstizione di Giuliano, e che furono
-puniti di multe e tormenti. Soldato grossolano, dilettavasi a vedere
-torture ed esecuzioni; più gli veniva in grazia chi più spietato; e a
-Massimino conferì la prefettura della Gallia per avere menato strage
-tra le famiglie di Roma. Innocenza e Mica Aurea chiamava due orse che
-teneva sempre accanto alla sua camera, pascendole e trastullandole
-egli stesso; porgeva loro a sbranare i malfattori; e quando gli parve
-che Innocenza avesse abbastanza ben servito, le rese la libertà delle
-selve. — Uccidetelo» era l'ordinaria sua sentenza sopra le accuse; e
-non già per propria sicurezza, ma perchè gli aveano detto che vuolsi
-esercitar la giustizia.
-
-Un prefetto desidera cangiar luogo, e l'imperatore: — Va, conte, e
-spicca il capo a costui che vuole spiccarsi dalla sua provincia». Un
-ragazzo sguinzaglia troppo presto un cane? un artefice fa una corazza
-bella, ma alquanto mancante del peso convenuto? sono decretati a morte.
-Trovate esauste le finanze, benchè da quarant'anni in poi il tributo
-si fosse addoppiato, Valentiniano non si fece coscienza d'intaccare le
-proprietà dei più ricchi e magnifici. Irritato dai disordini derivanti
-dallo esorbitare delle imposizioni, comanda gli si porti il capo di
-tre decurioni per ciascuna città di quella provincia. — Piaccia alla
-clemenza vostra decretare come comportarci ove tre decurioni non
-vi sieno», gli chiese il prefetto Florenzio; e l'ordine insano fu
-revocato.
-
-Però nel vivere privato si condusse con castigata semplicità, nè
-fu cieco pei parenti. Difese avvisatamente l'impero, e lasciò che
-i giurisprudenti gli suggerissero ottime leggi. Zelante quando il
-mostrarsi cristiano recava pericolo, si mantenne poi tollerante[116];
-allontanò una legione da una sinagoga, di cui disturbava il culto;
-i Pagani esercitassero i loro riti, esclusa però la magìa e le
-superstizioni che dal senato erano state interdette; ai pontefici
-provinciali concedette le immunità proprie dei decurioni e gli onori
-di conti[117]; lasciò rinnovare i misteri Eleusini, e si videro arder
-vittime sugli altari, menarsi per le vie le orgie di Bacco, e uomini e
-donne, vestiti di pelli caprine, stracciar cani e fare l'altre follie
-di quel culto.
-
-Perchè il clero non si corrompesse nelle prosperità, a Dàmaso vescovo
-di Roma dirizzò Valentiniano un editto, che ecclesiastici e monaci non
-frequentassero le case di vergini e di vedove; ai direttori inibì di
-ricevere dalle figlie spirituali donativo, legato o eredità; e pare
-che dappoi a tutte le persone dell'ordine ecclesiastico fosse vietato
-l'accettar testamenti o legati, atteso l'abusare che alcuni faceano
-della fiducia, massime delle donne, onde fraudare i parenti della
-legittima eredità[118]; e il lusso e l'ambizione facevano che il seggio
-pontificale fosse ambito per ben altro che per zelo delle anime, e
-acquistato sin colla forza.
-
-Valentiniano esercitò sua bravura contro le nazioni straniere,
-che quasi di conserto invadevano l'impero. I Germani, offesi
-della scarsezza dei donativi fatti agli ambasciatori spediti colle
-congratulazioni, si avventarono sulle Gallie, ruppero i Romani in
-battaglia ordinata, uccidendone il generale Severiano; ma poi vennero
-interamente disfatti da Gioviano presso Metz. I Sassoni penetrarono
-nell'impero; ma tolti in mezzo, furono rinviati, e malgrado la salvezza
-promessa, assaliti e fatti a pezzi. Valentiniano stesso entrò sul
-territorio degli Alemanni, e nel paese che ora è regno di Würtemberg li
-ruppe sanguinosamente, e passò gran tempo sul Reno (366-70)
-per inanimare i soldati alla fabbrica de' forti con cui muniva quella
-linea. Da lui istigati, ottantamila Borgognoni si affacciarono a
-quel fiume per danneggiare gli Alemanni; ma non vedendosi assecondati
-dall'imperatore, diedero volta, trucidando quanti aveano prigionieri.
-
-Avendo Valentiniano fabbricato forti di là del Danubio sulle terre dei
-Quadi confederati, Gabinio re di questi venne in persona a querelarsene
-(373); ma essendo stato vilmente trucidato, i suoi mandarono
-a sperpero l'Illiria, e ruppero due legioni romane. Contro di loro
-mosso in persona, Valentiniano ne dilapidò le terre, sicchè essi
-spedirongli ambasciatori a Guns in Ungheria implorando pietà. Mentre
-a questi Valentiniano parlava coll'escandescenza cui soleva talora
-abbandonarsi, cadde morto (375 — 17 9bre), avendo vissuto
-cinquantacinque anni, regnato dodici.
-
-Graziano suo figlio sarebbe potuto succedergli; ma alcuni, ambiziosi
-di governare sotto il nome d'un re bambino, acclamarono Valentiniano
-II, partorito da Giustina, seconda moglie del defunto, perchè nato
-nella porpora: e ne seguiva guerra civile se il prudente Graziano
-non si fosse quetato all'elezione, consigliando la vedova imperatrice
-a stabilirsi col figlio in Milano, mentr'egli assumeva il difficile
-governo delle Gallie.
-
-Ma ecco giungergli avviso che i Goti aveano invaso l'impero orientale,
-onde s'allestì a difesa dello zio Valente; prima però che giungesse,
-questo in fiera giornata ad Adrianopoli era stato vinto ed ucciso
-(378 — 9 agosto). Con ciò Graziano trovavasi a diciannove
-anni padrone del mondo: se non che davanti si vedea un milione di
-Goti, insuperbiti d'aver ucciso quarantamila guerrieri, e acquistatone
-l'armi e i cavalli in una battaglia tanto segnalata; alle spalle
-gli si agitavano i Germani; all'un estremo del mondo fremevano i
-Persi, gli Scoti all'altro, istrutti alla prova che potevasi vincer
-Roma, incatenare od uccidere i suoi imperatori. Graziano, sentendosi
-insufficiente a tanti urti, il pubblico bene preferì alla personale
-ambizione, e fermò scegliersi a collega non un fanciullo nato per caso
-nella reggia, ma un uomo pari alla gravezza dei tempi; e pose gli occhi
-sopra un esule, un oltraggiato, che non ambiva nè sognava tampoco il
-trono.
-
-Teodosio conte spagnuolo avea condotto gl'imperiali a vincere Firmo,
-principotto mauro di gran seguito, il quale avea sommosso l'Africa,
-disgustata dalle vessazioni di Romano, governatore avido, crudele, e
-insieme superbo a segno, che non volea mettersi in marcia se non con
-quattromila camelli. Firmo, ridotto alle strette, dopo ostinata difesa
-si strangolò; ma Teodosio rimostrò che le sollevazioni non si poteano
-prevenire efficacemente se non reprimendo gli eccessi de' governatori,
-e massime di Romano. Tale franchezza gli costò la vita.
-
-Suo figlio, di nome anch'egli Teodosio, liberalmente educato, aveva
-nella Bretagna represso le irruzioni de' Pitti e Scoti, e vinto
-l'usurpatore Valentino, consegnandolo ai magistrati, ma esigendo
-non l'obbligassero a nominare i complici, per non essere costretto
-a punirli. Piombò poi sulle terre degli Alemanni, e assai ne prese,
-che furono messi in colonia sul Po. Venuto famoso per questi ed altri
-fatti, fu spedito duca della Mesia, la quale salvò dai Sarmati. Quando
-suo padre fu decollato, egli, sentendosi invidiato dai cortigiani,
-si ritirò in Ispagna, dispensando il tempo fra le cure di cittadino
-e la tranquilla amministrazione d'un vasto patrimonio, lieto di tre
-figliuoli, Arcadio, Onorio e Pulcheria.
-
-Cincinnato della Roma decrepita, fu invitato da Graziano, prima a
-combattere in difesa dell'impero, poi a parte del trono, quando compiva
-i trentatre anni (370 — 19 genn.). L'imperatore non temeva
-che alla vendetta domestica posponesse il pubblico vantaggio, e gli
-sposò Galla sua sorella: il popolo ne ammirava la maschia bellezza, la
-maestà temperata dalla grazia, e — Viene dalla patria stessa di Trajano
-e d'Adriano; gli imiterà». A Teodosio furono assegnate le provincie già
-imperiate da Valente, oltre la Dacia e la Macedonia; Graziano serbò le
-Gallie, la Spagna, la Bretagna; mentre di nome obbedivano al fanciullo
-Valentiniano II l'Illiria occidentale, l'Italia e l'Africa.
-
-Graziano sospese le persecuzioni; protesse le lettere e le coltivò,
-trovando agio di trattare la cetra colla mano avvezza alla spada, e di
-cantare le imprese degli eroi; al poeta Ausonio suo maestro concesse
-il consolato, e una toga quale gl'imperatori indossavano nel trionfo;
-conservò perenne amicizia con sant'Ambrogio vescovo di Milano[119].
-Ma morti coloro che lo avevano messo sul cammino diritto, lasciossi
-forviare da indegni cortigiani, sicchè consumava il tempo tra le
-caccie e in disputare coi vescovi, de' quali talvolta assecondava
-l'intolleranza.
-
-Nella Bretagna i soldati scontenti si levarono a sedizione; e Magno
-Massimo, compatrioto e commilitone di Teodosio, non avendo ottenuto
-grado pari alla sua ambizione, si fece gridare imperatore, e passò
-nelle Gallie con trentamila soldati e centomila paesani; coraggioso
-e degno d'impero se l'avesse cercato per vie migliori. Fissatosi a
-Treveri, si procacciava ogni giorno nuovi partigiani, anche dei più
-vicini di Graziano. Questi da Parigi fuggì verso l'Italia; ma presso
-Lione tratto insidie, cadde ucciso a ventiquattr'anni [Sidenote: 383
-— 23 agosto]. Massimo spedì a Teodosio giustificandosi del fatto; e
-— Riconoscimi per collega, o mi sosterrò colle forze de' più floridi
-paesi dell'impero». Necessità e desiderio di risparmiare una guerra
-indussero Teodosio al patto; e i tre imperatori furono acclamati per
-tutto l'orbe romano.
-
-Pochi anni dopo (387), Massimo, non sapendo limitare la
-sua ambizione, sotto finta di ausiliarj esibì un grosso di truppe, le
-quali in sicurtà di pace passando le Alpi, assicurarongli l'entrata
-nell'Italia. Valentiniano II, o dirò meglio Giustina che ne reggeva
-la fanciullezza, fuggirono allora da Milano, ove Massimo entrava
-trionfante: ma Teodosio sopragiunsegli con esercito agguerrito e
-somma rapidità; talchè chiuso in Aquileja, fu da' suoi spogliato e
-condotto all'imperatore (388 — agosto), che ne volle il capo
-a vendetta di Graziano. Sbrigata così la guerra civile, e sveltene le
-radici colla moderazione e col perdono, Teodosio salì al Campidoglio in
-trionfo.
-
-E ben n'avea diritto: i Goti aveva ripartiti in colonie per paesi
-deserti, dove si convertivano al cristianesimo e alla civiltà;
-i Persiani invocavano la sua amicizia; i sudditi gli mostravano
-riconoscenza. Nella privata condotta abbastanza temperante, ai parenti
-affezionato e rispettoso, allevò come proprj i nipoti; affabile al
-conversare, variava tono a seconda delle persone, gli amici sceglieva
-tra' migliori, e impieghi e premj dava a' più degni, non adombrandosi
-del merito, nè dimenticando i benefizj. Fra le cure del vasto impero
-trovava pure alcun respiro onde applicarsi alla lettura, e massime
-alla storia, giudicando i fatti antichi, fremendo alle crudeltà di
-Cinna, di Mario, di Silla, il passato facendo scuola dell'avvenire.
-Senza ostacolo e quasi senza lamenti avrebbe potuto occupare intera
-l'autorità; pure ricollocò sul trono Valentiniano II, aggiungendogli
-anche le provincie tolte a Massimo di là dell'Alpi.
-
-In tempi ove l'impero sfasciavasi, nè un palmo di terra egli perdette,
-costretto però aggravare le imposizioni, e amministrar con un rigore
-molto simile a tirannia, unico puntello del cadente dominio. La
-rivoltosa Antiochia avea minacciata d'estremo rigore; ma lo placarono
-gli anacoreti e san Giovanni Grisostomo. Tessalonica però, che uccise
-i primarj uffiziali di lui, fu condannata a sanguinoso sterminio.
-Ambrogio, vescovo di Milano, ove l'imperatore si trovava, ne smarrì
-d'orrore; gli scrisse ad esecrazione del fatto, esortando ne facesse
-penitenza a calde lagrime, e avvertendolo non ardisse accostarsi
-all'altare del Dio della misericordia colle mani stillanti del sangue
-innocente. Teodosio a quei rimproveri risensò; e poichè non poteva più
-riparare all'eccidio, si recò per penitenza nella basilica milanese. Ed
-ecco Ambrogio farsegli innanzi sul vestibolo, dichiarando che, pubblico
-essendo stato il delitto, pubblicamente doveva soddisfare alla divina
-giustizia; nè lo volle ricevere alla comunione finchè non si sottomise
-alla canonica penitenza. Spoglio delle insegne della suprema podestà,
-comparve supplichevole in mezzo della chiesa, confessandosi in colpa:
-col che dopo otto mesi ottenne indulgenza e d'essere ricomunicato; e
-frutto ne fu un editto che ingiungeva di soprassedere sempre trenta
-giorni alle comandate esecuzioni.
-
-Di maggior memoria è degna quest'altra legge, viepiù opportuna
-dopo profonde commozioni: — Se alcuno, dimentico della prudenza,
-si fa lecito di straziare con trista e sconsiderata maldicenza il
-nostro nome, e per orgoglio si rende detrattore sedizioso del tempo
-presente, vietiamo gli s'infligga alcun castigo o maltrattamento. Se
-l'offesa proviene da leggerezza, vuolsi disprezzarla; se da follia,
-compatirla; se da perversità, perdonarla»[120]. Nè erano i detti
-smentiti dalle opere, giacchè essendosi scoperta una congiura contro
-di lui a Costantinopoli, e i rei condannati nel capo, Teodosio perdonò
-a tutti, e non volle si cercassero i complici, soggiungendo, — Così
-potessi rendere la vita ai morti»[121]. E un'altra volta un magistrato
-insistendo che degli uffiziali della giustizia doveva essere principal
-cura l'assicurare la vita del principe, — Sì (soggiunse egli), ma
-vorrei prendeste anche maggior cura della mia reputazione».
-
-Poichè le rivoluzioni durature non si compiono d'improvviso, i primi
-imperatori cristiani aveano lasciato il culto antico sussistere allato
-al nuovo; ancora i riti pagani si riguardavano, o almeno chiamavansi
-nazionali; i pontefici sagrificavano in nome del genere umano; in mezzo
-alla curia Giulia, dove accoglievasi il senato, sorgeva sull'ara la
-statua della Vittoria, tolta ai Tarantini, e da Augusto ornata colle
-spoglie dell'Egitto; e prima delle adunanze, i senatori vi ardevano
-incenso, giurando fedeltà all'imperatore.
-
-E in Italia non pochi nelle scuole difendevano le antiche credenze, e
-nella società se ne chiarivano campioni. Nominerò fra questi Vettio
-Agorio Pretestato, «capo della pietà pagana», nella cui biblioteca
-Macrobio fa radunare gl'interlocutori de' suoi Saturnali, e prestargli
-un rispetto vicino a venerazione. Mettevasi egli attorno gl'illustri
-avanzi del paganesimo; fu deputato a Valentiniano I perchè sospendesse
-le persecuzioni contro gli auguri; ed altamente onorato finchè visse,
-ebbe dopo morte due statue dagl'imperatori, una dalle Vestali[122].
-
-A lui diresse amichevoli lettere Aurelio Anicio Simmaco romano, che
-dal retore Libanio avea succhiato la venerazione del paganesimo e la
-speranza di rintegrarlo. Nato dal prefetto di Roma, salì pontefice,
-questore, pretore, governò la Campania e i Bruzj, stette proconsole
-in Africa, indi prefetto di Roma, da ultimo console (391); parteggiò
-per Magno Massimo, vinto il quale, rifuggì in una chiesa di quei
-Cristiani che aveva osteggiati, e papa Liberio gl'impetrò perdono;
-aggregato ai pontefici, vi portò uno zelo vigoroso, lamentando che
-troppi di essi col negligere i sacri doveri cercassero la grazia
-degli imperanti. Mirabile accecamento! in mezzo a tanta mutazione,
-egli favella delle patrie religioni come niuno le avesse revocate in
-dubbio, e a Pretestato scrive: — Oh se m'accora che, dopo moltiplicati
-sacrifizj, il funesto presagio manifestatosi a Spoleto non siasi ancora
-pubblicamente espiato! Giove si mostrò favorevole appena alla quarta
-mactazione, e neppure all'undecima ci fu possibile soddisfare alla
-fortuna pubblica. Deh in qual paese siamo! Ora si tratta di raccorre
-ad assemblea i colleghi nostri, e ti terrò informato se giunsero
-a scoprire qualche rimedio divino»[123]. Con singolare contrizione
-supplica egli i patrj numi che perdonino le neglette cerimonie[124];
-esorta le Vestali a mantenere severa la disciplina; chiede la punizione
-d'alcuna che avea leso il voto[125]; e s'adopera per sostenere la
-politica importanza del paganesimo.
-
-A questa unicamente dirigeano la mira i difensori del politeismo in
-Occidente; a differenza dell'impero Orientale, che aveva in Atene
-una scuola regolarmente piantata all'uopo di mantenere, per una
-_catena d'oro_ d'iniziati, la fiducia nelle defunte immortalità e
-nelle dottrine teurgiche associate al neoplatonismo. Solo i maestri
-delle varie scuole di Roma, Milano, Bordeaux, Treveri, Tolosa,
-Narbona diffondeano le favole degli autori pagani nel farne ammirar
-le bellezze; e quando uno di essi, Eugenio, dall'accidente fu portato
-al trono, diede mano all'idolatria, rialzò l'altare della Vittoria,
-collocò la statua di Giove al varco delle alpi Giulie[126], e
-drappellava l'effigie di Ercole innanzi a' suoi eserciti.
-
-La costoro esistenza è prova che il cristianesimo trionfante si guardò
-dalle persecuzioni, cui era soggiaciuto nascente. Il numero però
-de' Cristiani era grandemente cresciuto, e illustri famiglie[127]
-vi aggiungevano credito e potenza. La stessa scenica persecuzione
-di Giuliano, comprimendo un istante la libera manifestazione del
-culto, rintegrò l'elasticità; e il facile trionfo sopra la impotente
-ricomparsa degli idoli di Grecia crebbe l'autorità dei vescovi, che,
-quasi altrettanti capitani non solo per dilatare il cristianesimo, ma
-per combattere il politeismo, a gran voce domandavano che la società
-rompesse finalmente i legami che l'avvincevano all'idolatria.
-
-Internamente però la Chiesa non avea mai cessato d'essere conturbata
-dalla quistione sulla natura del divin Figliuolo; e vescovi gli uni
-avversi agli altri, non paghi di lanciarsi riprovazioni ecclesiastiche,
-studiavano nuocersi a vicenda ora nell'opinione de' fedeli, ora
-nel favore dei potenti. Questi collocavano nelle sedi non il più
-meritevole, ma quello che tenesse la loro credenza; e spesso il popolo
-od eleggevasi un altro vescovo, o lasciando vuote le chiese, s'adunava
-alla campagna; agli uffiziali che volessero mescolarsene facea
-resistenza, e ne nascevano violenze, bandi, uccisioni.
-
-Di nuove glorie intanto ammantavansi i padiglioni del militante
-cristianesimo; e i santi Padri costituivano una letteratura, non
-educata alle imitazioni, non a ritrarre una società che avea cessato
-d'esistere, od una ideale che non era esistita mai, bensì il presente,
-l'attualità, le idee sociali più avanzate, cioè le religiose.
-
-Nei primi tempi del cristianesimo predomina il miracolo; e sebbene
-campeggi la potenza dell'uomo nel soffrire, nel resistere, nel vincere,
-quegli avvenimenti sono men tosto da descrivere che da venerare.
-Semplici ed incolti erano la maggior parte de' primi discepoli, più
-pratici che speculativi, più d'azione che di discorso; la dottrina,
-perpetuata dalla tradizione orale e viva, concentravasi in poche
-parole gravi e schiette; nascevano dispute? le terminava la voce d'un
-discepolo che potea dire, — Ho veduto io stesso il verbo umanato»
-oppure — L'ha veduto chi a me lo narrò»; e della verità era splendida
-prova la rinnovazione dell'uomo interno, che si operava per via di
-virtù dapprima ignote, pace, fraternità, eguaglianza, universale
-beneficenza, costanza ai martirj, magnanimo perdono. Ma ben tosto i
-dotti, loro malgrado, sono costretti ad accorgersi della presenza de'
-novatori, e se non altro, a vituperarli: allora i Padri cominciano
-a difendere i dogmi dai Gentili e dai filosofi, per mostrare come
-le dottrine antiche siano inferiori e meno conformi alla ragione.
-Non paghi di tenersi sulle difese, provano la verità della dottrina
-cristiana con eccellenti ragioni, coi miracoli, colle profezie; e già
-mettono fuori idee profonde e nuove sulla natura di Dio e su quella
-dell'uomo; anzi colla logica e colla storia assaltano il paganesimo e
-la filosofia, e a quegl'imperatori onnipossenti favellano con nobile ed
-insolita libertà.
-
-Qui ci si apre un nuovo prospetto dell'attività latina. Ne' primi
-secoli le Chiese occidentali somigliarono a colonie delle orientali;
-ordinamento, riti, libri, lingua liturgica erano greci: perocchè la
-greca era la lingua internazionale dell'impero, siccome nel XV secolo
-l'italiana ed oggi la francese; laonde con essa parlavano gli apostoli
-e gli eresiarchi, la Bibbia leggeasi nella versione dei Settanta fatta
-ad Alessandria, in greco si stesero le omelie di san Clemente, il
-_Pastore_ di Ermia, le apologie di san Giustino, la confutazione delle
-eresie di Ippolito, il quale, al par di Origéne, predicò a Roma in
-greco. Non dicasi per questo che la religione cristiana appartenesse
-alla letteratura de' Greci; chè se di questi tiene la forma, ebraico
-essenzialmente erane il fondo, colla semplicità, coll'ispirazione,
-colla rigidezza d'espressione e di sentimento.
-
-Dopo gli apologisti di cui già parlammo (pag. 115), il primo scritto
-teologico in latino fu l'_Ottavio_ di Minucio Felice. Ottavio
-convertito e Cecilio ancora pagano, condottisi ad Ostia, dove
-villeggiava Minucio celebre avvocato, passeggiavano sul lido; e
-perchè, al vedere un idolo di Serapide, Cecilio si pose la mano alla
-bocca baciandola, come praticavasi in segno d'adorazione, Ottavio
-il disapprovò come d'ubbia indegna d'un par suo. Fermatisi poi
-ad osservare fanciulli che faceano il rimbalzello mentre altri ne
-prendevano diletto, Cecilio rimaneva pensieroso sopra le parole udite,
-sicchè fu proposto di mettere fra loro la cosa in discussione. Tale
-è il soggetto d'un dialogo di Minucio, che volta a volta rende sapore
-de' platonici; Cecilio sostiene gli Dei, antica e generale credenza,
-contro questa pazzia di gente nuova, deturpata di sozze infamie e
-perseguitata; ma gli altri due sillogizzano così bene, che egli si dà
-vinto e convertito.
-
-L'africano Arnobio, a lungo sostenuto il paganesimo, si rese vinto alla
-Chiesa, la quale gl'impose d'adoperare contro dell'idolatria la sua
-artifiziosa parola. Come dunque dapprima aveva commentato gli autori
-profani, così nei sette libri _contro i Gentili_ offrì una compiuta
-oppugnazione delle antiche credenze, rivolgendosi agli addottrinati
-ch'erano capaci di bilanciarle colle nuove; confuta coloro che
-dicevano, — Dopo il cristianesimo è perito il mondo: il genere umano
-diventa preda di ogni male»; e nel suo zelo di proselito, domanda la
-distruzione non solo dei teatri, ma anche delle opere de' poeti.
-
-Educò egli un altro potente campione del cristianesimo in Lattanzio
-suo compaesano. Più d'immaginazione oratoria che di storica verità
-egli fa prova nel trattatello _Della morte de' persecutori_; nelle
-_Istituzioni divine_, pubblicate sul fine del regno di Costantino,
-debolmente ribattè gli errori senza saperli schivare. Men notevole per
-elevata eloquenza che per accurata espressione, è il più elegante fra
-gli autori ecclesiastici latini, nè però merita il titolo di Cicerone
-cristiano. Ben lontano dall'indignazione di Giulio Firmico, il quale
-suggeriva di punire l'idolatria a rigor di legge, proclama essere la
-religione la cosa più spontanea: — Via da noi il pensiero di vendicarci
-de' nostri persecutori; a Dio se ne lasci la cura; il sangue de'
-Cristiani ricadrà sul capo di chi lo versò».
-
-San Cipriano, vescovo di Cartagine (248), colle moltissime
-opere di soave e lucida abbondanza, contribuì forse meglio che
-altri a separare i due ordini di fede e d'esame, di rivelazione e di
-concepimento, la cui mescolanza produce o la schiavitù o il traviamento
-dell'intelligenza, mentre la distinzione schiude allo spirito umano le
-barriere dell'infinito, traendolo dal simbolo nella realtà.
-
-San Girolamo (331-420), nato nobilmente a Stridone nella
-Dalmazia, educato a Roma sotto Donato commentatore di Terenzio, e sotto
-il retore Vittorino, contrasse la coltura e la corruzione di quella
-grande città, finchè nauseato concentrò sopra il cristianesimo l'ardore
-potente che prima dissipava nelle passioni. Gustò le maschie voluttà
-della solitudine, abbellita, come egli dice, «dai fiori di Cristo,
-lontano dall'affumicata prigione della città»: ma non restandone
-soddisfatta la operosità sua, si condusse ad Antiochia, dove contro
-voglia fu ordinato prete; indi a Costantinopoli, benchè quinquagenario,
-si pose discepolo a Gregorio Nazianzeno nell'esegesi sacra, e mutò in
-latino varie opere; poi a Roma papa Damaso l'adoprò a diversi negozj e
-lavori letterarj.
-
-Quivi legò amicizia con pie matrone, degne di storia. Melania, uscita
-d'una di quelle case senatorie, alle quali, cessata ogni potenza
-politica, erano rimaste opulentissime rendite, perduti il marito e due
-figli, lasciò il terzo fanciullo per passare in Egitto a conoscere gli
-anacoreti; sovvenne largamente ai fedeli perseguitati dagli Ariani,
-accogliendoli nella fuga, e vestendosi da schiava per nutrirli e
-consolarli nelle prigioni. Marcella, pur vedova, erasi raccolta in
-villa a monastico rigore con Principia sua figliuola. Di pari virtù
-rifulgevano Asella ed Albina, suora e madre di Marcella. Per maggiore
-pietà e più generosi soccorsi a poveri ed infermi si segnalò Paola
-d'antichissima famiglia[128], colle sue figliuole Eustochio e Blesilla.
-Queste dame sottometteansi al dominio dell'anima robusta di Girolamo, e
-così Leta, Fabiola, altre coscienze profondamente convinte, che colle
-virtù più austere protestavano contro le fiacchezze, e soccorrevano
-generosamente alle miserie d'un secolo infelicissimo.
-
-Saldo al vero, Girolamo insegnava che la saldezza della Chiesa dipende
-dall'unità del pontefice, e se a questo non si dia un potere superiore
-agli altri, v'avrà tanti scismi quanti vescovi. Umile in faccia a
-Dio, altero in faccia agli uomini, flagella stizzosamente quanti
-vizj incontra; nè risparmia gl'indegni ministri della religione,
-smascherando certuni che, fattisi diaconi e sacerdoti per trattare più
-liberamente colle donne, si piacevano in vesti eleganti, capelli ricci
-e profumati, anelli alle dita, camminar in punta di piedi, traforarsi
-nelle case, e sollecitare donativi e legati[129]. Punti da ciò, tolsero
-a perseguitare il santo, denigrandone le amicizie spirituali; tanto che
-egli, sebbene davanti ai magistrati si chiarisse innocente, abbandonò
-Roma e tornò in Palestina, percorrendone passo passo i luoghi per
-meglio comprendere le sacre scritture.
-
-Paola suddetta, fissatasi con Girolamo a Betlemme, dove accorrevano
-Cristiani d'ogni paese senza distinzione di grado o di ricchezza e
-riguardando primo chi facevasi ultimo, presedette a un monastero di
-donne; Girolamo ad uno d'uomini. Caloroso martire di se stesso, egli
-scriveva sin mille righe il giorno: pure trovava tempo di spiegare la
-Bibbia a' suoi anacoreti, dirozzare colle prime lettere i fanciulli, e
-tornare di furto agli autori profani, delizia della sua gioventù.
-
-Anche Melania, piantatasi a Gerusalemme, vi accolse per trent'anni
-tutti coloro che affluivano a venerare i santi luoghi. Con lei erasi
-stretto di spirituale amicizia Rufino prete d'Aquileja, ammiratore
-d'Origene, teologo austero, ma traviato dal proprio orgoglio; talchè
-Gerusalemme, popolata di questi fervidi proseliti e ingegnosi, divenne
-il centro delle dottrine rigorose e razionali di Origene. Girolamo, che
-dapprima lo avea levato a cielo, dappoi ne vide il pericolo, e cominciò
-contro Rufino una polemica, disabbellita da ingiurie che ripescava in
-Persio e Giovenale.
-
-Le più importanti sue elucubrazioni sono di critica sacra. I Greci
-aveano avuto fin dall'origine i libri sacri, stesi in parte dagli
-apostoli in quella lingua, come la più diffusa: i Latini anch'essi
-di buon'ora ne fecero una traduzione, per quanto faticoso riuscisse
-il voltarli nella lingua del vulgo, da cui fu detta _la Vulgata_.
-Incaricato da Damaso di togliere ad esame la versione italica dei
-Vangeli, fedele ma da interpolamenti e variazioni alterata, Girolamo
-il fece, e insieme corresse il Salterio, Giobbe ed altri libri che non
-ci rimangono. Pensò poi a una nuova versione dell'antico Testamento,
-non più sul testo dei Settanta, ma sull'originale; e per quindici
-anni vi si ostinò, fedele al testo a segno da introdurre nella lingua
-molti modi ebraici, valendosi pure delle versioni siriaca ed araba,
-e delle greche: fatica stupenda per un uomo solo, ove dovette crear
-quasi una lingua nuova, che si appropriò immagini e frasi orientali,
-piegossi ad esprimere idee e cose opposte al suo carattere, eppure non
-perdette maestà e gravità. Per tale opera le lingue d'Oriente vennero
-ad influire, più tardi, sopra quelle dell'Europa; e la traduzione di
-Girolamo, adottata dalla Chiesa invece dell'antica italica fatta sopra
-i Settanta, diventò fondamento a quella che il concilio Tridentino
-dichiarò autentica.
-
-Accortosi per propria sperienza che alcune letture aduggiano i
-fiori celesti sotto un rigoglio d'importuni pensieri, e smorzano
-il gusto degli studj meglio confacenti a Cristiano, Girolamo nella
-tarda età garriva coloro che, dopo abbandonata la sapienza del
-secolo, si nauseavano della semplicità delle sacre scritture, e
-tornavano ai poeti[130]. Eppure egli stesso gli amò sempre, tanto che
-gliel'apponevano i suoi avversarj: nuovo indizio della battaglia, che
-le due civiltà si portavano nella letteratura come in ogni altra cosa.
-
-Del che un nuovo esempio abbiamo in Ponzio Meropio Paolino da Bordeaux
-(353-431), che, dopo dignità primarie nella Spagna e nelle
-Gallie, governò la Campania; e nominatissimo per parentadi non meno
-che per dottrina, consentì alla chiamata di Dio, rinunziò al mondo,
-e a Roma ricevette il battesimo. Di tale acquisto i Cristiani fecero
-pubbliche gratulazioni, mentre i Pagani se ne rodevano; parenti e
-amici incontrandolo voltavano largo da lui come da disertore; clienti,
-liberti, schiavi consideravano rotto ogni vincolo con esso. Il poeta
-Ausonio non lasciò via intentata per istornarlo dalla sua risoluzione,
-tra le frivolezze letterarie d'allora non intendendo come la forza
-della convinzione e l'autorità della coscienza potessero reggere contro
-consigli e lamenti così poetici.
-
-Paolino, a Firenze animatosi nei colloquj di sant'Ambrogio, si ritirò
-nella solitudine presso Nola, ove colla moglie, ridotta a sorella,
-visse sedici anni, istituendo una specie di Tebaide fra le delizie
-della Campania: fabbricò una chiesa a san Felice con dipinte istorie
-dell'antico Testamento, per guardar le quali i terrazzani dimenticavano
-fin il desinare. Minacciano i Barbari? ei non li teme, assorto in una
-pace che il mondo non può rapire. Ogn'anno, il giorno natalizio del suo
-santo prediletto, compone un canto; e benchè gl'idolatri della forma
-sentenziino ch'egli scrisse meglio da pagano che convertito, Ambrogio
-trovava composti e soavi quei carmi, e Agostino ne lodava la _gemebonda
-pietà_. Fatto vescovo, mantiene corrispondenza con Ambrogio, Girolamo,
-Agostino, coll'Italia, coll'Asia, coll'Africa, ricambiando idee,
-consigli, schiarimenti.
-
-Trapassando altri Padri della Chiesa occidentale, nominerò Zenone
-vescovo di Verona, che sbarbicò dalla sua chiesa i resti dell'idolatria
-e dell'arianismo, e ci lasciò settantasette discorsi, eleganti
-d'espressione, se non nuovi d'idee. Eusebio sardo pel primo introdusse
-la vita regolare fra il clero di Vercelli ond'era vescovo; nel
-concilio di Milano resistette all'imperatore, il quale cacciò fin la
-mano alla spada contro di esso; mandato esule qua e là, stava nella
-Tebaide allorchè lo richiamò l'editto di Giuliano; caldeggiò sempre
-sant'Atanasio; fu spedito a rimettere in pace la chiesa d'Antiochia; al
-che non essendo riuscito, tornò alla sua sede, ove chiuse santamente i
-giorni. Ebbe amico Lucifero vescovo di Cagliari, uno dei più fervorosi
-oppugnatori de' varj scismi, e che dall'esiglio mandò all'imperatore
-uno scritto dettato con quella violenza che gli faceva ordinare a' suoi
-di non aver comunicazione di sorta cogli eretici. Conformi opinioni
-sosteneva l'amico suo diacono Ilario, pretendendo sino che gli Ariani,
-per rientrare in grembo alla Chiesa, dovessero ribattezzarsi; il che lo
-faceva da san Girolamo soprannomare il Deucalione del mondo.
-
-Mai non s'era pensato dai Pagani ad accogliere in una chiesa il
-popolo per esporgli che cosa credere, come adorare, come operare: la
-cognizione delle cose sacre, siccome tutto il resto, essendo privilegio
-di pochi, non mai accomunata alle plebi. D'altra parte, che sarebbesi
-potuto predicare nel tempio quando i dottori stessi non aveano
-dogmi comuni, e stavano perplessi sulla morale? L'eloquenza antica
-esercitavasi negl'interessi particolari d'un cittadino o d'una città;
-al più qualche filosofo disputava coi discepoli, ma intorno a dottrine
-speciali, sprovvedute di carattere pubblico e universale.
-
-Da che Cristo ebbe detto, — Andate e predicate a tutti», doveva alla
-congregazione dei fedeli essere esposta la verità universalmente
-accettata, e spiegarvisi i punti che rilievano alla salute di tutti.
-Dalla più tenera età il sacerdote assumeva il fanciullo, e col
-catechismo gl'insinuava le verità sublimi, mercè delle quali potrebbe
-anche la femminetta rispondere a ciò che ignoravano Aristotele e
-Platone. L'istruzione continuava quanto la vita, o confermando i
-credenti, o convertendo i traviati, o persuadendo gl'increduli. La
-predicazione sulle prime era avvalorata dal santo olezzo della virtù,
-dall'evidenza del miracolo; e parlando lo Spirito Santo per bocca degli
-apostoli, non era mestieri di persuasive d'umana sapienza[131]. Ma
-come la religione fu estesa e mescolata alla società, si munì anch'essa
-delle armi con cui l'errore la combatteva, e l'eloquenza fu trasportata
-dalla ringhiera al pulpito, dalla politica alla morale, dagl'interessi
-del mondo a quelli del cielo. La Chiesa, fatta trionfante, volle
-ornarsi dell'eloquenza, come si ornava di pompe e d'apparati, e supplì
-coll'arte del pulpito all'intepidita fede primitiva. Suo primo campo
-furono le lotte cogli Ariani; poi giganteggiò per opera di oratori, i
-quali, nel combattere l'orgoglio del sapere e l'indocilità del cuore,
-reggono a petto di quanto l'antichità vanta di più insigne, non che
-sorpassare di buon tratto i loro contemporanei.
-
-Con gagliardia affrontò Ariani e idolatri (340-97) in Occidente
-sant'Ambrogio, romano nato a Treveri. Come governatore della Liguria
-e dell'Emilia sedeva egli in Milano, dove la presenza dell'imperatrice
-Giustina facea prevalere gli Ariani a segno, che vi fu posto a vescovo
-il cappadoce Ausenzio di quella setta. Quando l'imperatrice ottenne
-dal figlio una legge, che a quelli concedeva piena libertà di
-assemblee, e guaj se i Cristiani li molestassero, il segretario
-Benevolo negò formolarla, e rinunziò piuttosto al grado; ma Ausenzio
-se ne incaricò. Allorchè questo vescovo morì, poteasi prevedere
-tumultuosa l'elezione del successore, che faceasi a voci di
-popolo; e il governatore Ambrogio si presentò ai comizj per tenerli
-in dovere. Ma appena entrato, le due divise d'accordo gridano: —
-Sii vescovo tu stesso», poichè il vescovo si eleggeva di qualunque
-condizione, nè tampoco esigendosi fosse cristiano; onde Ambrogio,
-tentato invano sottrarsi a quel peso colla fuga e col seder giudice
-in un caso di sangue, riconoscendo il volere di Dio a portentosi
-indizj, si lasciò battezzare, poi ordinar prete e vescovo; e ceduto
-ai poveri il suo denaro, alla Chiesa i terreni, al fratello Satiro
-l'amministrazione della propria casa, tutto si affisse al santo
-ministero.
-
-Dalla Bibbia e dai Padri, letture a lui nuove, tal frutto colse, che
-divenne il primo dei santi Padri in Occidente; e se cede in genio a
-Gregorio Magno, a Basilio, a Giovan Grisostomo, li supera in pratica
-attività, sublimandosi negli atti più che negli scritti. La vita sua,
-delineataci eloquentemente da Paolino suo segretario, era assorta nelle
-cure più diverse; giudicare cento affari a lui portati dai fedeli,
-curare spedali, attendere ai poveri, accogliere tutti con affabilità,
-e fra ciò meditare e comporre: forniva di vescovi chiese che mai non ne
-aveano avuti; visitava ed incorava gli altri, e talvolta li raccoglieva
-a concilj; interponevasi a favore de' rei di Stato; vendeva gli ori
-del tempio per riscattare prigionieri dai Goti. Missioni importanti
-erano a lui affidate come a pratico: da Valentiniano morendo gli furono
-raccomandati i suoi figliuoli: dissuase Magno Massimo dall'entrare
-in Italia: ucciso Graziano, andò ad impetrarne il cadavere, e con
-franchezza intimava a Teodosio la verità, e gl'insegnava le distinzioni
-fra il sacerdozio e l'impero, talchè quegli diceva, — Solo Ambrogio
-conosco, il quale di vescovo porti degnamente il nome». Intanto egli
-rappresentava con dignità ed amore il tribunato che in nome di Cristo
-aveano assunto i vescovi dopo caduto quello in nome della legge,
-colla parola e colle opere offrendosi sostegno al popolo, invocando
-la giustizia o l'indulgenza de' principi, interponendo a favore de'
-tapini e de' soffrenti le dottrine della povertà, dell'eguaglianza, del
-riscatto umano, operato col sangue d'una vittima celeste.
-
-Quanta pratica avesse coi classici lo palesano le opere sue; sebbene
-scriva balzellante e scorretto, senza padronanza di frasi, e con vane
-sottigliezze e giocherelli, qualora non sia animato dal sentimento
-del dovere o del pericolo[132]. Nella più estesa e curiosa fra le sue
-opere, sui _Doveri degli ecclesiastici_, passa in rassegna quelli
-di tutti gli uomini, e scioglie quistioni di pratica filosofia.
-Nell'_Esamerone_, commentando le sei giornate del mondo creato,
-molto si giova di Origene. I suoi elogi della virginità producevano
-tale effetto, che padri e mariti lamentavansi perchè troppe donne
-dedicassero a Dio la loro continenza.
-
-L'imperatore Graziano avea decretato che ciascuno potesse onorar la
-divinità nelle adunanze al modo che più credesse opportuno; ma Ambrogio
-seppe persuaderlo a ferire di colpo estremo l'osservanza antica. In
-conseguenza ordinò di toglier via dal senato di Roma la statua della
-Vittoria; poi chiamò al fisco tutti i beni con cui mantenevansi
-i tempj, i pontefici, i sacrifizj; annullò i privilegi politici e
-civili delle Vestali, e vietò ai sacerdoti d'accettare legati se non
-di beni mobili[133]. Spaventati i nobili romani, i capi del senato,
-e quelli che si ostinavano a chiamarsi «la parte migliore dell'uman
-genere»[134], spedirono a Graziano perchè sospendesse questi decreti;
-e per fare maggior colpo, gli recarono la veste di sommo pontefice,
-religiosamente custodita, e che a lui dovea rammentare la lunga serie
-de' predecessori che se ne fregiarono come simbolo del potere supremo
-in terra e d'onori divini dopo morte. Graziano non si arrese a quelle
-dimostrazioni, e proferì, — Tale ornamento disdicesi a cristiano»;
-onde la religione antica rimase senza sommo pontefice, e il sacerdozio
-spogliato dei beni che lo facevano ambire anche dopo ch'era privato
-degli onori e de' privilegi.
-
-Nè diverso esito sortì l'ambasceria mandata a Valentiniano II acciocchè
-ripristinasse l'altare della Vittoria; e le suppliche di Simmaco e di
-Libanio a tale intento sono l'ultimo grido del paganesimo, che sentesi
-trafitto nel cuore. Lo sdegno di questi esalò non soltanto in segreti
-mormorii, ma in voci aperte; nè forse restarono estranj alla sommossa,
-nella quale Graziano perdette la vita. Ma soccombettero definitivamente
-allorchè ebbe la porpora Teodosio, che il titolo di Grande dovette
-principalmente all'avere terminata con coraggio e convincimento la
-prolungata contesa fra le due religioni.
-
-Narrasi che, venuto a Roma, e ricevuto da un bell'incontro di dame
-e senatori, Teodosio proponesse a discutere qual fosse la religione
-da seguitarsi, e che l'idolatria vi soccombette. Il fatto non ha
-sembianza di vero: certo per legge generale egli vietò che «alcuno si
-contaminasse co' sagrifizj, immolasse vittime, difendesse simulacri
-fatti a man d'uomo»; i magistrati non entrassero ne' tempj; confisca
-per qualunque atto d'idolatria, e morte a chi immolasse; il giorno
-del Signore fu dichiarato sacro, proibendo in esso i giuochi e
-gli spettacoli, e riformando il calendario giuridico a norma delle
-prescrizioni cristiane[135]. Eppure le leggi di Teodosio convincono
-che non erano cessati i riti antichi; imperocchè egli decretò che,
-chi dal cristianesimo ritornasse all'idolatria, rimanesse incapace
-di disporre de' suoi beni per testamento; dappoi estese questo
-statuto ai catecumeni, e dichiarò infami gli apòstati[136]. I concilj
-ripeterono queste leggi, e gli scrittori ecclesiastici inveivano contro
-le cerimonie gentilesche, conservate massimamente nelle feste, nei
-saturnali e nei giuochi. Tempj e delubri furono però chiusi allora dai
-magistrati, e spesso demoliti dalla pietà: i senatori, come cantava
-Prudenzio, bellissimi splendori del mondo, deposero le insegne del
-vecchio sacerdozio per rivestire la candida toga del catecumeno[137].
-
-Restava a domare l'eresia; e Teodosio, caduto in grave malattia,
-decretò essere volontà sua che tutti aderissero alla religione
-insegnata da san Pietro ai Romani, quale allora si professava dal
-pontefice Damaso e da Pietro vescovo d'Alessandria; ai seguaci di essa
-dava autorità d'assumere il titolo di Cristiani Cattolici; i dissidenti
-infamava col nome d'eretici, minacciandoli anche di castighi[138].
-Rimossi i vescovi e cherici ostinati, senza tumulto nè sangue si
-stabilì la fede ortodossa; e il terzo[139] concilio ecumenico, adunato
-in Costantinopoli, confermò nell'interezza sua il simbolo Niceno,
-dichiarandolo più distesamente in alcuna parte, onde combattere
-posteriori eresie.
-
-Ciò in Oriente; ma fra noi l'arianismo erasi ricoverato sotto il manto
-di Giustina madre di Valentiniano II, la quale, arrogando all'imperiale
-autorità anche l'ispezione sopra il culto, pretendeva che sant'Ambrogio
-cedesse agli Ariani una delle chiese di Milano. L'indegna proposizione
-con fermezza egli respinse; e Giustina, chiamando ribellione
-l'opporsi ai voleri imperiali, si ostinò d'ottenere a forza l'intento.
-Cominciò a gravare i mercanti d'una tassa di ducento libbre d'oro, e
-imprigionare molti che non vollero o non potevano pagarla. Mandò ad
-Ambrogio l'ordine di uscire dalla città, ma egli protestò non poter
-abbandonare il gregge da Dio affidatogli: minacciollo di morte, ed
-egli mostrò nulla desidererebbe meglio del martirio. Deliberata poi di
-pubblicamente solennizzare a modo suo la pasqua, citò Ambrogio al suo
-consiglio; ma per ispontaneo affetto essendogli corso dietro a turba il
-suo gregge fino al palazzo, i ministri imperiali dovettero supplicare
-il prelato a disperdere e calmare l'estuante moltitudine, promettendo
-non sarebbe violata la religione.
-
-Bugiarde promesse! Nella solenne mestizia della settimana santa,
-uffiziali di palazzo si recano dapprima alla basilica Porziana, poi
-alla nuova[140], per disporre ogni cosa a ricevervi l'imperatore e sua
-madre. Il popolo torna allora sui tumulti, sicchè gran pena durarono le
-guardie a difendere le chiese; e un sacerdote ariano versava in grave
-pericolo, se non fosse ricorso per difesa ad Ambrogio stesso. Questi
-negava d'esser obbligato a cedere il tempio, attesochè le cose divine
-non vanno soggette all'imperatore, il quale si trova nella Chiesa,
-non sopra la Chiesa; e dalla cattedra di verità mostrava come sia
-lecito resistere all'ingiustizia, non però con armi, non colla forza;
-pregava Dio a non permettere si versasse sangue per la sua Chiesa; e
-congregati nelle due basiliche i fedeli, gl'intratteneva, or cantando,
-ora predicando, e ripeteva — La tirannide del sacerdote è la sua
-debolezza».
-
-Fu allora che Ambrogio, per animare e distrarre il popolo, introdusse
-il cantare a vicenda in due cori, cioè le antifone, ancora inusate nel
-nostro Occidente. Prima d'allora certamente cantavasi dai fedeli, ma
-forse con una semplicità tutta di pratica; e probabilmente nelle chiese
-derivate dagli Ebrei seguivasi il modo che questi aveano tenuto nel
-recitare i salmi, mentre in Grecia vi si applicavano le melopee della
-lira. Da questa melopea greca prese le mosse Ambrogio, sia togliendone
-i nômi o le arie popolari, sia riducendo in _octacordi_, o serie di
-otto suoni (le ottave), i tetracordi o serie di quattro suoni di cui
-componeansi i modi greci[141]. Scrisse pure inni di nobile commovente
-semplicità, alcuni dei quali si cantano tuttora[142]. Con santa
-compiacenza egli rimembrava la melodia d'uomini e donne, di vergini
-e fanciulli, sonante come il fragore delle onde, e dalla quale anche
-sant'Agostino restava commosso fino alle lagrime[143].
-
-La fermezza d'Ambrogio vinse l'ostinazione dell'imperatrice, che
-dischiuse le carceri, tolse le guardie; e Valentiniano, sentendo
-la potenza di quell'inerme, diceva a' suoi uffiziali: — Se Ambrogio
-l'ordinasse, voi mi consegnereste a lui colle mani legate».
-
-Ma poco di poi gli fu elevato incontro un dottore degli Ariani, e
-pubblicato un editto che permetteva a questi di tenere loro assemblee,
-minacciando di morte i Cattolici se le turbassero. Ambrogio tornò alle
-armi sue, la predica, le antifone; e dì e notte la chiesa fu occupata
-dai fedeli. Tale consenso distolse i principi dall'usare violenza;
-e il concilio d'Aquileja, tenuto poco dopo il Costantinopolitano, e
-dove Ambrogio sostenne la parte principale, chiarì la fede de' vescovi
-d'Occidente, che poterono asserire non esistere più Ariani fino
-all'Oceano.
-
-Ambrogio durò ventidue anni al laborioso ministero, finchè di
-cinquantasette a Dio piacque chiamarlo al premio. Si pretende che,
-per ricompensare lo zelo adoperato contro gli Ariani da lui e da san
-Valeriano, il pontefice erigesse le sedi di Milano e d'Aquileja in
-metropoli, dignità fin allora ignota in Occidente. La prima estese la
-giurisdizione sui vescovadi da Po fin dentro la Rezia; l'altra su quei
-della Dalmazia, della Pannonia, del Norico, e poc'a poco della Venezia:
-e l'un metropolita consacrava l'altro, risparmiando il difficile
-viaggio a Roma.
-
-Contemporaneamente san Filastro combatteva gli Ariani, stese un
-_Catalogo delle eresie_, e fatto vescovo di Brescia «città rozza, ma
-avida di dottrina»[144], resistette a Valentiniano e Giustina insieme
-con Benivolo, magistrato, il quale, piuttosto che cedere alle blandizie
-dell'imperatore, si ritirò a vivere oscuro in riva al Benàco. A questo
-Benivolo sono diretti alcuni sermoni di san Gaudenzio, che peregrinato
-a Gerusalemme, in Antiochia conobbe san Giovanni Grisostomo, poi
-succedette a Filastro nel vescovado di Brescia, ove colle reliquie
-portate d'Oriente consacrò una chiesa col titolo di Concilio de' Santi.
-Vigilio dal vicino Trento scorreva la valle dell'Adige e il Veronese,
-predicando, battezzando, ergendo chiese, abbattendo idoli: perocchè
-nelle vallate alpine conservavasi il culto di Saturno, e nella trentina
-di Non (Anaunia) circuivansi processionalmente i campi, litando a
-quel dio; al che non avendo voluto uniformarsi Sisinio, Martirio,
-Alessandro, furono martirizzati: anche i valligiani di Rondera, ligi
-all'adorazione di quell'idolo, lapidarono Vigilio[145].
-
-Sì grandiosi uffizj incombevano ai Padri in quella Chiesa, che di
-perseguitata diveniva dominatrice; ma sebbene greci e latini difendano
-le stesse verità, e in tutti si senta la convinzione che lotta,
-l'entusiasmo che eleva, la carità che santifica, traggono carattere
-particolare dalla natura del paese, secondo che vivono in Oriente
-o in Occidente. In Roma non erano mai prosperate la metafisica e la
-filosofia sublime, per difetto in parte della lingua; mentre il sano
-intelletto e lo spirito pratico vi campeggiarono nello svolgere ed
-ordinare la legislazione. Pertanto gli apologisti latini non offrono
-grande apparenza d'ingegno, conservano alcun che dell'alterezza
-romana, rigidi, ostinati di non calare ad accordi coll'avversario,
-nè tampoco valersi d'altre armi che le proprie; onde sdegnano gli
-ornamenti dell'eloquenza, gli artifizj della logica, le reminiscenze
-della letteratura ostile. La Grecia, ancora fiorente di lettere quando
-il cristianesimo apparve, gli oppose più clamorosa lotta, armata di
-cavilli, di seduzioni, di disprezzo; ma quando convertita gli esibì
-difensori, questi conservarono le costumanze e i difetti delle scuole
-dond'erano usciti, e comparivano in campo come Davide, accinti della
-spada rapita al gigante.
-
-Il nemico stesso che combattevano era differente. Roma, per cui sono
-identici la religione e lo Stato, non sa apporre al cristianesimo
-condanna peggiore che dichiararlo nemico del genere umano, cioè
-dell'Impero; il genio suo legale decreta, uccide, non discute; e gli
-apologisti, opponendo rigore a rigore, s'accontentano spiegare il
-dogma ed appellarsi alla lettera scritta. I Greci, perdute le avite
-istituzioni, naturali alla disputa e alle sottigliezze, retori e
-sofisti ingordi di quistioni nuove, guardano i Cristiani come novatori
-pazzi o pericolosi, che ripudiando la tradizione, precipitano la
-coscienza umana nell'incertezza. Mentre dunque i magistrati a Roma
-uccidevano, i dotti di Grecia esaminavano, discutevano, sicchè gli
-apologisti erano obbligati scendere a minuzie, accettare l'objezione
-arguta, snodare il sottile paradosso, il sillogismo capzioso; e
-sentendo tutta la potenza della libera parola, invocavano solo che la
-forza non intervenisse nella discussione della verità.
-
-Gli uni e gli altri aprono la nuova società, posati tuttavia sul
-terreno dell'antica; convincono l'uomo che, senza quel lume del lume,
-egli ignora le verità più necessarie alla sua condotta, più care al
-suo cuore, più dolci alle sue speranze; e invocano la libertà delle
-coscienze, non più per il solo senato, nè per una città od una gente,
-ma per l'universo. Vinti che ebbero i nemici esterni, dovettero lottare
-contro le discordie intestine, cioè coloro che, al modo del serpente
-antico, adopravano la parola di Dio per diffondere l'errore, o per
-restringere a concetti particolari le verità generalissime che la
-Chiesa annunziava.
-
-Nelle scuole vengono a fronte l'antico Oriente, l'antico Occidente
-e il cristianesimo, il quale, estendendosi su tutti gli uomini e
-tutti gl'interessi, era naturale che trovasse molte ed interessate
-contraddizioni. I Neoplatonici vogliono elevarsi a Dio non mediante la
-fede, ma mediante la dottrina. Sêtte giudaizzanti, sêtte giudaiche,
-sêtte orientali assenzienti od avverse agli Ebrei, sêtte cristiane
-propense o nemiche all'ascetismo, docili o reluttanti all'asiatica
-teosofia, cominciano la più splendida gara d'ingegno che il mondo
-avesse mai veduta, fra la teologia antica e la nuova, fra la mitologia
-poetica e la religione morale, fra la vetustà che tramonta e il nuovo
-tempo che s'apre. Onde alla dottrina evangelica incontrò come a tutte
-le novità; prima tacciata di sogno e di follia, dappoi se ne confessa
-la sublimità, ma appuntandola di plagio, quasi ogni sua verità fosse
-dedotta dall'Egitto, dall'India, dall'Accademia; infine se ne adottano
-i concetti, mentre tuttavia si persiste ad oppugnarla. Ma su quella
-bilancia ha perduto ogni peso la spada; e l'autorità dei cesari,
-nell'apogeo della sua forza, non entra per nulla a determinare la
-credenza; tanto efficace sonò la parola che distingueva i diritti della
-spada da quelli del pensiero.
-
-Fra le eresie fu clamorosissima quella di Nestorio, il quale negava
-l'incarnazione di Dio, distinguendo in Cristo la persona divina
-dall'umana, e ripudiando perciò la divina maternità di Maria:
-condannata nel concilio di Efeso (431), quarto ecumenico,
-venne per ricolpo a dare estensione al culto della Vergine, il quale
-contribuì non poco a svellere i resti del paganesimo, convertendo
-alla Madre dell'amore e alla donna dei dolori i tempj pagani. Non più
-sulla natura di Dio ma su quella dell'uomo sofisticarono i Pelagiani,
-cercando perchè tanti mali si patiscano sotto un Dio buono, come
-la prescienza divina si combini coll'umana libertà, e la Grazia
-coll'attività morale dell'uomo. I Manichei lo spiegavano in modo
-vulgare, supponendo un Dio buono e un malvagio; e da quella provincia
-romana dell'Africa, dove si svolsero le più vigorose intelligenze
-cristiane, dove si elaborarono i principj fondamentali della cristiana
-filosofia, sorse il più vigoroso combattitore, sant'Agostino, del quale
-parleremo fra poco. Eutichiani, Monofisiti, Monoteliti, colle varie
-gradazioni di loro eresie concernenti la natura o la volontà di Dio e
-del suo Verbo, agitarono piuttosto l'Oriente.
-
-Perocchè la divisione ch'erasi fatta nell'Impero, estendevasi pure alle
-chiese, e cominciata dalla fabbricazione di Costantinopoli, dura fino
-ad oggi, avendo ciascuna, anche prima di scindere la essenziale unità,
-conservato un'impronta e una pendenza particolare; speculativo il genio
-bisantino, pratico il genio romano. Allorchè la Chiesa greca si radunò
-nel concilio di Nicea, fu per chiarire la relazione delle tre persone
-divine, e settanta opinioni agitavano il clero abissino sopra l'unione
-delle due nature in Cristo: la latina non ebbe trattati dogmatici prima
-di Agostino, nè prima di Gregorio Magno alcun metafisico sedette sul
-trono papale. In Oriente si disputa sulla essenza della natura divina,
-mentre quasi ignote vi sono le quistioni sulla libertà umana e sulla
-Grazia: al contrario, da noi si ragiona sopra gli atti umani.
-
-I rigori della vita monastica erano cominciati in Oriente; e i
-deserti della Siria e della Tebaide si popolarono d'anacoreti, che
-nella solitudine attendevano ad operare la salute delle proprie
-anime, staccati dalle cose terrene, come Antonio[146], Pacomio,
-Ilarione. Non tardarono i monaci a propagarsi nel nostro paese, forse
-allorchè sant'Atanasio scorreva l'Italia per combattere l'arianismo:
-ma ben presto si raccolsero in compagnie, sotto regole dettate da
-sant'Agostino, poi da san Benedetto; e furono piuttosto missionarj
-di Barbari, dissodatori di terreni, assistenti di infermi; nè le Alpi
-e gli Appennini videro strazj e macerazioni quali i torrenti petrosi
-dell'Egitto e le bollenti arene della Libia; e invece di quegli stiliti
-che colà passavano l'intera vita su di una colonna, da noi si vide
-l'attività efficace di sant'Ambrogio, di Leon Magno.
-
-La Chiesa greca restò corrotta dalla propria immobilità, non
-progredendo in mezzo a tanto sapere, non raffinando l'arte in
-mezzo a tanto cerimoniale, anzi vedendo sorgere gli Iconoclasti,
-poi retrocedendo collo scisma. Nella latina invece il buon senso
-filosofico e pratico si piegò al progresso, si modificò a seconda
-dei tempi e nello svolgersi dell'attività; man mano che la società
-secolare diveniva impotente, l'ecclesiastica vi si surrogava; i riti
-pagani come i tempj conservava, trasformandoli e traendoli a superiore
-intelligenza; le terre cambiavano i nomi per assumer quello d'un santo.
-
-La differenza fra le due Chiese fu rivelata maggiormente
-dall'ordinamento esterno. L'impero Occidentale sfasciavasi quando
-appunto ingrandivano i pontefici; e in questi si concentrava
-l'autorità, che lasciavansi cadere di mano i magistrati civili.
-Avrebbero essi dovuto allegare l'incompetenza, per non esporsi al
-rimprovero d'usurpazione, dato molti secoli dopo da una filosofia non
-solo estranea a quei pericoli, ma incapace o risoluta a non intenderli?
-doveano lasciare che la società andasse a fascio, anzichè togliere a
-dirigerla, come ognuno deve fare ne' frangenti?
-
-Il patriarca di Costantinopoli scapitava per la presenza
-dell'imperatore; nè era meglio che una delle ruote d'un sistema civile,
-regolare, protetto dalla gerarchia e dall'esercito. In Italia invece
-vedremo ben presto gl'imperatori fuggire da Roma, sicchè il papa,
-dolente sì, ma non vergognoso delle pubbliche sventure, mantenevasi
-colla fronte alta, come scevro dalle colpe imperiali; quando ogn'altra
-autorità perdea vigore, egli solo rimaneva cogli attributi di un'altra
-sovranità, reale e permanente; e le istituzioni politiche dell'impero,
-l'energia delle genti occidentali, il pericolo valeano ad assodarlo,
-mentre a lui si volgeano i Barbari, ch'egli doveva convertire,
-illuminare, incivilire, governare.
-
-Il bisogno di difesa e d'azione facea stringere fra sè i monaci,
-milizia poderosissima de' pontefici. Il celibato staccò l'ordine
-sacerdotale dal laico, e dagli interessi e affetti terreni; sicchè
-il prete si considerò superiore al laico, e perciò esigeva rispetto
-e sommessione, come marchio di santità adducendo le astinenze e la
-dottrina. Perfino la lingua comune e la pace universale, che parvero
-sin oggi utopie benevole, vennero dalla società cristiana attuate per
-quanto è possibile col parlar latino e coi concilj.
-
-Così, mediante il cristianesimo, dentro periva il despotismo, cioè il
-potere separato dal dovere, l'autorità che crede aver sopra gli uomini
-ogni diritto, fin quello negatogli dalla legge naturale e divina; fuori
-periva la nazionalità esclusiva, tutto dirigendo all'affratellamento.
-Nè però la Chiesa aboliva l'individualità degli uomini o de' popoli,
-anzi la nobilitava; solo alla nazionale esclusività contrapponeva
-il concetto d'universalità, dovendosi rispetto anche ai minimi, non
-perchè greci o romani od ebrei, ma perchè uomini e cristiani, perchè
-non fattura capricciosa di varj numi, ma libera creazione del Padre
-nostro[147]. Le verità, tramandate parte in iscritto, parte a voce,
-riceveano non solo spiegazione ma autenticità dalla Chiesa, che n'è
-la depositaria e la garante, e ogniqualvolta ne vede intaccata una, la
-chiarisce e svolge viemeglio; e poichè non c'è verità astratta che non
-operi sulla morale, stabilendo quelle purifica questa.
-
-Tale fu il còmpito de' santi Padri. Malgrado che le condizioni della
-società d'allora e i sopravenuti infortunj tardassero i frutti, pure
-non v'è per avventura miglioramento alcuno de' tempi più civili, che
-almeno in germe non si trovi in essi. Succeduti agli apostoli ed ai
-martiri per propugnare col sapere e colla parola le credenze nuove,
-sorte col popolo e fra il popolo rampollate, essi rompono il perpetuo
-circolo dell'imitazione fra cui era incantata la profana letteratura,
-e formano il secolo d'oro della cristiana: e noi potemmo studiarvi
-molte particolarità della storia de' popoli, e il lento ma incessante
-maturarsi della più vasta rivoluzione, e gli ostacoli attraversatile
-dalla scienza appoggiata sulle antiche osservanze, sinchè fu chiamata a
-sostenere con reintegrato vigore le nuove.
-
-Le dispute che essi agitarono, oggi sono dimenticate: ma essi
-combatterono perchè noi, vulgo senza diritti nè forza nè divinità,
-potessimo cessare d'essere schiavi negli ergastoli, o pasto ai leoni
-per divertimento del popolo re, e le nostre anime trastullo ai sofismi
-dei filosofi, alla prepotenza dei dominatori, alla lascivia de' ricchi;
-combatterono, perchè noi plebe potessimo sentire l'eguaglianza nostra e
-proclamarla in diritto, sinchè il tempo non la consacri nel fatto.
-
-
-
-
-CAPITOLO LI.
-
-La coltura pagana digrada, si amplia la cristiana.
-
-
-Quella dei santi Padri era letteratura vitale, nuova, dell'avvenire;
-ma la scolastica, di forme ricalcate sui modelli classici, neppur un
-grande scrittore produsse dopo Costantino. Dall'Africa fu chiamato
-a Roma e a Milano sant'Agostino per insegnare eloquenza; dalle
-Gallie un retore per tessere il panegirico a Teodosio; le vennero
-d'Egitto Macrobio e il migliore poeta Claudiano, da Siria il retore
-migliore Icherio, d'Antiochia il migliore storico Ammiano Marcellino;
-e ricordiamoci che in gran carezza di viveri, essendo rinviati i
-forestieri da Roma, i pochi letterati dovettero andarsene, conservando
-invece tremila ballerine, altrettante cantatrici, e loro maestri e cori
-e turba seguace.
-
-Scuole però non mancavano, e san Girolamo vi si esercitava fanciullo
-a declamare, e con finti litigi addestravasi ai veri; nei tribunali,
-udiva eloquenti oratori disputare fino a svillaneggiarsi e
-mordersi[148]. Valentiniano e Graziano istituirono scuole di retorica
-e grammatica greca e latina nella metropoli di ciascuna provincia; e
-coloro che venivano a studio in Roma, dovevano portare dalla patria
-attestazioni dell'esser loro, poi arrivando notificare dove abitassero,
-a che studj intendessero, non bazzicare male compagnie e spettacoli,
-se no cacciati a verghe[149]. I maestri di grammatica non insegnavano
-meramente gli elementi della lingua, sibbene tutte le scienze
-filologiche[150]: che in conto maggiore fossero quei di retorica,
-appare dal doppio delle razioni a loro assegnate[151]: passavano di
-città in città al fiuto de' migliori stipendj, trafficando di versi,
-complimenti, panegirici, dispute, senza curarsi dell'impero che cadeva
-o del cristianesimo che sorgeva. Così le scuole diventavano semenzaj di
-cattivo gusto, come ogniqualvolta s'insegna a supplire ai pensieri con
-un'enfasi sempre più esagerata, e con cumuli di figure alla perfezione
-dello stile e alla purezza della lingua.
-
-Deteriorando la coltura e crescendo la mescolanza, sopra l'arte
-imitatrice studiata dagli scrittori rivalse l'elemento popolare,
-spontaneo e incolto; sicchè nemmeno i Romani giunsero a conservare
-l'aristocratica purità della dicitura. A ciò s'affaticarono retori
-e grammatici; Mauro Servio commentator di Virgilio; Elio Donato
-precettore di san Girolamo e autore dei rudimenti della grammatica, che
-divennero modello alle posteriori; Nonio Marcello che trattò _della
-proprietà delle parole latine_; Pomponio Festo che scrisse della
-significazione delle parole; Sosipatro Carisio che diede cinque libri
-di osservazioni grammaticali; Diomede, Fabio, Planciade, Fulgenzio,
-che hanno il merito d'averci conservato qualche frammento o qualche
-tradizione antica; ultimo Arusiano che dispose alfabeticamente frasi e
-locuzioni spigolate nei classici.
-
-Questi grammatici erano i soli che trascrivessero i libri per uso della
-scuola: e regolandosi secondo il gusto particolare, lasciavano perire
-i migliori per conservare i più opportuni; preferivano le cose tenui
-e le brevi alle storie di Tacito e di Livio; col divulgare estratti
-buttavano in dimenticanza le opere, il cui guasto venne dunque ben
-prima che dal medioevo e dai frati.
-
-Altri compilatori ci tramandarono notizie sulla storia e sulle
-scienze, come Aurelio Macrobio, vissuto al tempo di Teodosio II,
-che nei _Saturnali_ introduce persone di conto a discorrere di
-variatissimi argomenti, riportando le notizie e le dottrine degli
-autori colle parole lor proprie. Di qui una sgarbata mescolanza di
-stile, confessando egli stesso maneggiare a stento il latino, giacchè
-era nato in Oriente: ma ci conservò per tal modo brani importanti[152].
-Marciano Cappella africano nei nove libri del _Satyricon_ fa fascio
-d'ogni erba in verso e in prosa: e quella specie di compendio di tutte
-le scienze servì di testo alle scuole del medioevo. Di Censorino, più
-che gli _Indigitamenta_ sulle divinità che hanno potenza sopra la vita
-dell'uomo, è utile il trattato cronologico, astronomico, aritmetico,
-fisico De die natali, per la cognizione che se ne trae de' computi del
-tempo fra' diversi popoli.
-
-Le scienze non furono nè estese, nè applicate. La medicina seguitava
-in un empirismo misto d'incantagioni e di formole. Oribaso da
-Pergamo, medico di Giuliano e suggeritore delle costui superstizioni,
-transuntò opere d'antichi; ma il poco che ne rimane non ci aggiunge
-veruna cognizione: se non che discorre saviamente sugli esercizj di
-corpo frequentati dagli antichi, e sull'educazione fisica da darsi ai
-fanciulli, raccomandando quel che mai non sarà predicato abbastanza,
-d'invigorire il corpo prima di coltivare lo spirito, e lasciar questo
-in riposo fino ai sette anni, e allora affidare i ragazzi a maestri,
-ma fin ai quattordici astenerli da grammatici e geometri; dappoi non
-lasciarli mai oziosi, acciocchè precoce non si svegli in essi l'istinto
-della carne. Teodoro Prisciano scrisse in latino e in greco un
-_Emporiston_ delle malattie facili a curarsi, il _Logicus_ sugl'indizj
-delle croniche e delle acute, il _Ginecion_ su quelle delle donne, e
-un libro d'esperienze fisiche. Di veterinaria (_mulomedicina_) trattò
-un Publio Vegezio, de' mali de' bovi un Gargilio Marziale, scorrendo su
-tutta l'economia rustica. Va col titolo di _Medicina pliniana_ un libro
-mal attribuito a Plinio Valeriano. Dopo Costantino v'ebbe archiatri di
-palazzo, spesso decorati del titolo di conti del primo ordine, e nel
-v secolo posti a paro coi duchi o vicarj. Fu pensiero nuovo quel di
-Valentiniano II d'assegnare un medico a ciascuno dei quattordici rioni
-di Roma.
-
-Vindanio Anatolino diede alcune regole d'agricoltura, buone quantunque
-miste a gentilesche superstizioni. L'ultimo scrittore latino d'agraria,
-Palladio Tauro Emiliano, in quattordici libri offre, appropriandoli a
-ciascun mese, estratti d'antichi, massime di Columella, più di questo
-esatto nel parlare d'alberi fruttiferi e degli orti: l'ultimo libro
-è in versi elegiaci. In Italia, dove la retorica guasta sì spesso e
-la storia e la precettiva, giovi ricordare ch'egli dal bel principio
-avvertiva: — Innanzi tratto vuolsi por mente a qual sia la persona cui
-devi insegnare, nè chi istruisce l'agricoltore deve emulare le arti
-e l'eloquenza dei retori, come si fa da certuni che, volendo parlare
-eloquentemente ai contadini, ottengono che la loro dottrina non possa
-capirsi nemmeno da' più esperti».
-
-I Romani sapevano la guerra per arte più che per scienza; nè lo stesso
-Giulio Cesare riesce di grande utilità agli studiosi della strategia.
-Il primo che ne trattasse dogmaticamente fu Vegezio Renato, che
-nell'_Epitome institutionum rei militaris_, dedicato a Valentiniano II,
-spogliò varj autori di arte bellica terrestre e marittima, e gli ordini
-d'Augusto, Trajano e Adriano «affinchè, coll'esempio e l'imitazione
-delle antiche virtù, gl'istitutori de' giovani soldati potessero
-ripristinar l'onore della milizia romana guasta e giacente».
-
-Adriano, trovando mal accomodarsi l'antica legione coi nuovi modi della
-guerra, era ricorso al triviale ripiego di sceglierne i più prodi
-e obbedienti, e formarne una coorte di mille, quasi il frantumarlo
-rendesse buono ciò che non è. Probabilmente collocavasi essa a capo
-della legione, e dietro a lei le nove altre coorti, disposte sopra
-tre linee: lo che rendeva agevole il formare il battaglione quadrato,
-di grand'uso nelle guerre di quel tempo contro la cavalleria, nerbo
-de' Parti e degli Arabi. Ma al tempo di Vegezio la coorte era già
-ben diversa da quella d'Adriano, componendosi di due linee; la prima
-d'una fila di soldati pesanti, e d'una d'arcieri ferrati, con lancie e
-chiaverine; seguivano due file di veliti; indi una schiera di macchine
-da saettamenti, tra cui balestrieri e frombolieri e reclute male ad
-ordine d'arme, e gli _additi_ destinati a protegger le macchine alle
-spalle; ultimi stavano i triarj per la riscossa. Vegezio si lamenta
-che della legione non sussista più che il nome: a fatica si reclutava,
-doveasi concederle voluttuosi quartieri, alleggerirne le armi, infine
-empirla di stranieri; eppure, dice Vegezio, lasciavansi uccidere non
-come uomini, ma come bruti, anzichè portar armi di buona difesa.
-
-Espone egli coll'ordine schietto e appropriato di Senofonte; mette
-per fondamento valere più l'arte che la natura, e coll'esercizio e
-le istituzioni essere i Romani riusciti ad una superiorità, non data
-loro dalla natura. — Non superavano essi in numero i Galli, in agilità
-gli Spagnuoli, in forza i Germani, in iscaltrimenti gli Africani,
-gli Asiatici in ricchezza, i Greci in dottrina; ma meglio di tutti
-sapeano scegliere buoni soldati, istruirli nella guerra per principj,
-rinvigorirli con esercizj giornalieri, prevedere quanto può occorrere
-nelle varie maniere di mischie, di marcie, d'accampamenti; punire
-i vili, ricompensare i prodi. Queste parti della scienza militare
-crescono il coraggio; nessuno ha paura nel praticare ciò che ha bene
-imparato; ond'è che un gomitolo ben destro e disciplinato prevale
-ad uno più numeroso, ma di minor disciplina ed esercizio, che perciò
-trovasi esposto a sconfitte micidiali». Scende poi alle particolarità
-de' varj esercizj nella centuria, nella coorte, nella camerata,
-nell'individuo.
-
-Nel libro secondo elevasi ad ordinamenti superiori, e alle guise
-con cui avvincevasi alla bandiera il soldato, non più volontario;
-facendogli, per Dio, per Cristo, per lo Spirito Santo e per la maestà
-dell'imperatore, giurar d'obbedire, di non disertare, d'immolar la
-vita per l'impero. Nel terzo tratta del formare gli eserciti, del
-conservarli sani e ben animati e disciplinati, delle qualità del
-capitano, dei segnali, delle disposizioni a norma del terreno, del
-passo dei fiumi, dei fenomeni naturali. Nel quarto ragiona delle
-fortificazioni; nel quinto della marina: cose del tutto mutate oggidì.
-
-Nè gran cosa si può imparare da' suoi ordini di battaglia; ma i
-consigli e le massime generali contengono principj sicuri, che ancora
-non perdettero l'utilità. — Più avrete esercitato e disciplinato il
-guerriero ne' quartieri, men pericoli correrete in campo. Non ordinate
-mai le truppe in battaglia campale, che non ne abbiate sperimentato il
-valore con avvisaglie, e non siano sicure di vincere. I grandi generali
-non danno mai battaglia se non tratti da occasione favorevole o dalla
-necessità. Procurate ridurre il nemico colla fame, col terrore, colle
-sorprese, più che colle battaglie, giacchè in queste la decisione sta
-alla fortuna. Maggiore scienza si vuole a ridurre il nemico per fame
-che per ferro. Staccate dal nemico più uomini che potete, e ricevete
-bene tutti quelli che a voi verranno: chè guadagnerete più col trar
-uomini a voi che coll'ucciderli. Dopo una battaglia fortificate i
-posti, anzi che sparpagliare l'esercito: chi lascia i suoi sbandarsi
-inseguendo i fuggiaschi, cerca perdere la vittoria. Il disegno migliore
-è quel che rimane celato al nemico. Cogliere le occasioni è arte di
-guerra più utile che il valore. L'armata acquista forze nell'esercizio,
-le perde nell'inazione. Chi rettamente giudica delle forze proprie
-e delle avversarie, di rado soccombe. Il valore prevale al numero;
-una posizione vantaggiosa prevale talvolta al valore. Manovre sempre
-nuove rendono formidabile un generale; condotta troppo uniforme lo
-fa vilipendere. Secondo sarete forte in fanteria o in cavalleria,
-procuratevi un campo favorevole a questa o a quell'arma; e l'urto
-maggiore parta da quel dei due, su cui fate maggior caso. Deliberate
-con molti ciò che in generale converrebbe fare; decidete con pochissimi
-o anche da solo su ciò che dovete fare in ciascun caso particolare».
-
-Sesto Giulio Africano, nei _Cesti_, deplorata la invalsa trascuranza
-delle armi offensive, continua: — Se si pensasse a proteggere i
-guerrieri con corazze ed elmi alla greca, se si attribuissero ad
-essi lunghe lancie, se si esercitassero a scagliare più a sesto il
-giavellotto, e a combattere caduno per se stesso, e quando occorra
-avventarsi sopra il nemico, correndo di tutta forza sin al tiro dei
-dardi, certo i Barbari non resisterebbero». Le quali modificazioni
-furono appunto adottate sotto Alessandro Severo, che con soldati così
-allestiti formò una gran falange di sei legioni, più numerosa che mai
-non fosse stata la greca. Ma già alla forza surrogavasi l'astuzia, ed
-esso Giulio si diffonde intorno ai modi di far perire il nemico senza
-combattere, cioè avvelenar le acque, i cibi, l'aria stessa, spaventare
-i cavalli, circuire il nemico con quelle frodi che la prisca virtù
-romana aveva aborrite. Poi suggerisce spedienti per sostenere intrepidi
-sia l'attacco de' nemici, sia il ferro de' chirurgi; all'uopo è ben
-fortunato chi trovi nello stomaco d'un gallo una pietruzza, e la porti
-seco alla mischia; come pure converrà tenersi propizio il dio Pan,
-ispiratore del terror panico, e potentissimo a dare e togliere il
-coraggio.
-
-In tempi di tanta importanza pel morire di una e il sottentrare
-d'un'altra civiltà, nessuno tolse a delineare al vero i popoli
-invasori, o il carattere dei personaggi senz'adulazione o livore. Nè
-a contemplare d'occhio fermo i casi, e con ordine e verità narrare
-tanti disastri era opportuna quella mollezza degli intelletti, quello
-spossamento degli animi. Qual fiducia avere nel domani quando si vedeva
-perire ramo a ramo la pianta sociale, nè prevedevasi qual sorgerebbe
-dal suo ceppo? I Barbari, in perpetuo ed irragionato movimento,
-presentavano soltanto l'agitazione del caos o l'impulso dell'accidente
-cieco, ineluttabile: maledirne le vittorie era pericoloso quando
-già sovrastavano, viltà il celebrarle; meglio tornava il tacere o
-stordirsi.
-
-Aurelio Vittore scarnamente compendiò le vicende romane da Augusto fin
-alle vittorie di Giuliano nelle Gallie, il quale gli decretò una statua
-di bronzo, onore svilito, e il governo della seconda Pannonia, indi
-Teodosio la prefettura di Roma. Flavio Eutropio, che fece la campagna
-di Persia con Giuliano, per ordine di Valente scrisse un _Breviario_
-della romana storia in dieci libri, dall'origine fino a Gioviano, con
-facile, semplice e pulita dettatura, e con amor del vero, quantunque
-non gli basti sempre l'arte di sceverarlo dal falso. Sesto Rufo, per
-ordine di Valentiniano, dettò un _Compendio delle vittorie e delle
-provincie del popolo romano_, specie di statistica, cui fa corona
-un opuscolo sui monumenti e gli edifizj di Roma. Storie scritte per
-ordine!
-
-Ammiano Marcellino, nato di buona casa in Antiochia, militò nella
-Mesopotamia e nella Gallia; poi di cinquant'anni ritiratosi dalle armi
-in Roma, scrisse in latino una storia dal punto ove Tacito finisce,
-sino alla morte di Valente: ma dei trentun libri ci rimangono solo
-gli ultimi diciotto, che abbracciano dal 352 al 78, viepiù importanti
-perchè ogn'altro storico è venuto meno. A modo dei cronisti, digredisce
-grossolanamente sopra le comete ed altri accidenti naturali, mentre
-tace occorrenze di capitale rilievo. Da soldato narratore scarseggia
-d'arte e finezza, ma non di buon senso e amore della verità; non si
-propone scolasticamente un modello qualsivoglia, non fa della storia un
-retorico esercizio, e conosce che la semplicità ne è merito supremo;
-sa mostrare come i fatti si concatenino, e delineare i caratteri;
-e preziose informazioni ci trasmise su paesi e costumi che avea
-veduti, e massime sulla Germania. Al cristianesimo non fa buon viso,
-pure non l'aspreggia; e disapprova egualmente le mistiche follie di
-Giuliano, l'intolleranza di Costanzo, e lo sviare d'alcuni vescovi
-dalla primitiva disciplina. È l'ultimo suddito di Roma che in latino
-scrivesse una storia profana, onde si prova un vero rincrescimento
-nell'abbandonarlo[153].
-
-I narratori ecclesiastici sono greci i più; e fra' latini, per dizione
-pura e calma sobrietà fu chiamato Sallustio cristiano Sulpizio Severo
-d'Aquitania, che con pia credulità scrisse la vita di san Martino, e le
-vicende della religione dall'origine del mondo fino al 410 dopo Cristo.
-
-Dal vuoto Plinio sin a Costantino appena si trova chi aspiri al
-titolo di oratore; e le _Declamazioni di dieci retori minori_,
-raccolte da Calpurnio Flacco al tempo degli Antonini, girellano sopra
-soggetti immaginarj con poca arte, meno eleganza e niuna spontaneità.
-All'introdursi del fasto orientale frequentarono i panegirici, e
-dodici ce ne rimangono, infelici imitazioni del non felice Plinio:
-sono gratulazioni e piacenterie recitate agli augusti in nome della
-provincia dai più eloquenti, cioè da quelli che sapevano dir a
-disteso e ornatamente ciò che in breve e con semplicità si potrebbe.
-Anicio Simmaco romano, da Prudenzio anteposto fin a Cicerone, ci pare
-infelicissimo; pregia gli antichi, ma smanioso del bagliore poetico,
-ingordo dell'applauso anzi che castigato veneratore della bellezza,
-trastullasi in licenziosi traslati, e di giocherelli ingegnosi
-copre fracide adulazioni[154]. Suo figlio ne raccolse le lettere in
-dieci libri, senz'ordine cronologico, ma non inutili alla storia; e
-chi le paragoni con quelle di Cicerone, poi con quelle di Plinio,
-avrà tracciata la crescente digradazione dalla franca semplicità
-repubblicana alle formole pomposamente servili. Per eloquenza Mario
-Vittorino africano ottenne una statua nel fôro Trajano, e dall'Apostato
-fu eccettuato dal divieto d'insegnar belle lettere, quantunque
-cristiano: ma nè ciò, nè gli encomj dei santi Agostino e Girolamo
-tolgono alle opere sue di parer buje ed incolte, oltrechè povere di
-dottrina teologica.
-
-I poeti ridussero a mestiere l'adulare, e uniti in maestranze
-come le altre arti, dai loro priori erano condotti al palazzo dei
-grandi per celebrare onomastici, matrimonj, virtù finte quanto le
-augurate prosperità. Si lascino nell'oblio co' loro odierni imitatori
-que' verseggianti ispirati da fame e da vigliaccheria; quelle
-poesie descrittive, dove l'eleganza stentata rivela la meschinità
-dell'ingegno. Solito delle età di decadenza, al bello si credette
-supplire col difficile; e Publilio Ottaziano, esigliato da Costantino,
-ottenne grazia coll'offrirgli una serie di componimenti, alcuni dei
-quali figurano un altare, altri un flauto, quale un organo[155]; in
-uno il primo verso è tutto in bisillabi, il secondo in trisillabi,
-il terzo in quadrisillabi; in un altro si succedono le parole di
-una, due, tre, quattro, cinque sillabe; in altri la prima parte
-dell'esametro è riprodotta nella seconda del pentametro[156]; in uno
-i versi possono leggersi da destra a mancina senza che si alteri il
-metro; in uno di venti versi, tutte le prime lettere insieme formano
-_Fortissimus imperator_, le quattordicesime _Clementissimus rector_,
-le finali _Costantinus invictus_[157]. Altri tessellavano poemi nuovi
-con emistichj vecchi, come Falconia Proba che applicò a Gesù Cristo
-le frasi di Virgilio; del casto Virgilio, cui Ausonio trasse a laide
-significazioni. Rufo Avieno, due volte proconsole al tempo di Teodosio,
-ridusse in versi latini i _Fenomeni_ e i _Prognostici_ d'Arato, e la
-_Descrizione della terra_ di Dionigi Alessandrino, e fin le storie di
-Livio pensava verseggiare in giambi.
-
-Claudio Claudiano d'Alessandria, già maturo, adottò la lingua
-latina, e le restituì un vigore disimparato; scrisse sopra differenti
-soggetti, alcuni di rimembranza, come il _Ratto di Proserpina_ e la
-_Gigantomachia_; i più d'occasione, or lodando il barbaro suo mecenate
-Stilicone, or con estro più caldo vituperando Rufino ed Eutropio
-avversarj di quello; sempre esagerato, sempre ingrandendo le cose
-piccole, abbellendo le grette. Triviale d'immaginativa, trova però
-felici modi[158]; è mirabile artefice d'armonia: ma non trascende
-mai quel piccolo valico, per cui gli ottimi arrivano a sollevare
-l'intelligenza e toccare il cuore. Entrato franco nel soggetto,
-languisce come chiunque non sorregge l'ingegno collo studio: nè rifugge
-da immagini esuberanti o schife, come cavalli che pregustano la preda
-che avran domani, o vene che vomitano l'oro, o mari che sputano gemme
-sulla spiaggia.
-
-Soprastava Alarico, soprastava Attila; ed i poeti chimerizzavano la
-Roma di Fabrizio e di Catone, nella città dei papi ricantavano Giove
-e la guerra, e a Stilicone parlavano un linguaggio qual sarebbe stato
-conveniente a Mario. Claudiano ha in pronto numi ed augurj per ogni
-occorrenza, per levare in cielo il cattolico imperatore Teodosio,
-per festeggiare il natalizio d'Onorio e vaticinare la fecondità de'
-suoi illibati imenei. Il genio poetico s'incateni a idee che hanno
-perduto la forza, la vita, l'avvenire, e avrà condannato se stesso a
-rimbambolire. Nè allora si trattava de' trastulli poetici di certi
-poetonzoli odierni; perocchè, quando stavansi a fronte due civiltà
-nemiche, il cantar Giove significava chiarirsi contro Cristo; e
-Claudiano forse col beffare i Cristiani[159] e rendersi cantore
-uffiziale del paganesimo, meritò che il senato facesse dai _dottissimi_
-imperatori decretargli il titolo di chiarissimo, il grado di notaro e
-una statua nel fôro Trajano[160]. Ma la ruina del generale Stilicone
-ravvolse anche il poeta.
-
-A Magno Ausonio di Bordeaux l'esser maestro di Graziano fece ottenere
-il titolo di conte, e le dignità di prefetto al pretorio d'Italia e
-d'Africa, e di console. Graziano, che non avea potuto trovarsi presente
-all'inaugurazione di lui, volle assistere allorchè deponeva i fasci;
-nella qual occasione il poeta recitò il ringraziamento che ci resta.
-L'imperiale alunno gli rispose: — Pago un debito, e pagandolo resto
-ancora debitore»; motto che val meglio di tutta l'elucubrata arringa
-del poeta. Morto Graziano, Ausonio collocossi in patria, ove compose
-la più parte delle opere che ce ne restano; delle quali tal conto
-facevasi, che Teodosio gliele chiese per lettera. Però, se nella
-verseggiatura conserva quel fiore che ultimo i Latini perdettero, dà
-troppi segni di decadenza; alla parola propria surroga artifiziate
-circonlocuzioni; e le lettere son le nere figlie di Cadmo, bianca
-figliuola del Nilo la carta, gnidj nodi la cannuccia da scrivere.
-Nel _Grifo_ enumera tutte le cose che vanno tre a tre, le Grazie, le
-Parche, le fauci del Cerbero, il tridente di Nettuno, le teste della
-Gorgone, Iddio uno e trino; mescolanza di sacro e profano, in cui
-cade sovente. Piacesi anche degli sforzi, come terminare un verso
-col monosillabo da cui comincia il seguente: insomma un frivoleggiare
-perpetuo in mezzo a pericoli incalzanti.
-
-E s'egli è vero che fosse cristiano, voleva per arte rimanere
-gentilesco. Anche altri poeti cristiani s'accontentarono d'imitare i
-classici in descrizioni, narrative, didascaliche, panegirici, antichi
-di forma come d'immagini e di stile, se non che surrogavano la sacra
-scrittura, vite di santi, virtù cristiane; innesto disopportuno sul
-giovane tronco. San Severino lasciò un poema bucolico sopra una delle
-molte epizoozie che, uscente il iv secolo, s'aggiunsero alle altre
-sventure. Bucolo pastore al mandriano Egone guaisce d'aver perduto il
-suo armento; e Titiro, chiesto come il suo conservasse, risponde, col
-fargli in fronte il segno della croce; dal che toglie occasione per
-ridurli a seco adorare il Cristo: veste antica con toppe nuove.
-
-Altri, affidandosi ai sentimenti personali, aprivano campo intentato; e
-col cristianesimo, religione intima, coi sublimi modelli de' profeti,
-coll'espressione della gioja e della tristezza universale per via di
-cantici ripetuti a coro, la poesia latina si svincolò dalle elleniche
-imitazioni, e si fece originale, spontanea, inspirata. Alcuni inni, che
-tuttora si cantano dalla Chiesa, reggono a petto delle migliori odi de'
-classici, se non per elegante purezza di lingua, certo per profondità
-di sentimento e poetica potenza[161]. Destinata non a dilettar pochi,
-ma ad operare su tutti, non ad essere letta a tavolino, ma cantata
-nelle piene chiese, la lirica dovette scegliersi altre forme, più
-libera nella frase e nel metro, preferendo strofe di quattro versi,
-e giambici di quattro piedi, confacevoli alle schiette cantilene del
-coro; dalle severità della prosodia e del ritmo emancipandosi più
-sempre, finchè l'accento prevalesse del tutto alla quantità, e ne
-venisse la versificazione moderna. Anche nella descrittiva, qualora non
-vada sopraccarica d'inutili ed estranie particolarità, come in alcuni
-panegirici di santi, ricorre la solenne gravità e la forza dignitosa
-de' classici, mentre occupa di profondo sentimento il lettore, lontano
-al pari dalle sdulcinature e dalla gonfiezza.
-
-Negli inni di Aurelio Prudenzio tarragonese, oltre la cristiana
-unzione, si riscontrano passi e graziosi e commoventi, e pratica delle
-bellezze classiche, benchè incappi in solecismi, e leda le regole del
-metro. San Prospero d'Aquitania, notaro di Leon Magno, lasciò alcuni
-poemi, centosei epigrammi, o dirò meglio pensieri morali, derivati
-da sant'Agostino; un carme degl'_Ingrati_, designando con questo
-nome i Semipelagiani, che pretendevano potesse l'uomo colle sole sue
-forze operare la propria santificazione. Sidonio Apollinare, nobile
-lionese, coi panegirici agl'imperatori Avito, Magioriano, Avieno
-acquistò onori; poi ritiratosi placidamente nell'Alvernia, vivea con
-tre figli e coll'ottima moglie, visitato da quanto possedeva di meglio
-la fiorente Gallia, e scrivendo versi su tutti i piccoli accidenti:
-non manca d'estro e immaginativa, ma l'andazzo delle scuole il trasse
-a sottigliezze e metafore esagerate, che parevano un oro ai depravati
-Romani e agl'ignoranti invasori.
-
-Comodiano di Gaza fece un poema contro i Pagani, ove le iniziali
-di ciascun articolo formano il titolo dell'opera; ma è degno
-d'osservazione che gli esametri non han più riguardo alla quantità
-delle sillabe, ma al numero soltanto: avviamento dalla versificazione
-metrica alla ritmica moderna, e indizio che la pronunzia già fosse
-alterata, sebbene vivesse ancora il latino. E nuovo segno ne è
-l'introdursi della rima, la quale, se talvolta già era sfuggita anche
-ai classici, allora adopravasi per sistema sì nei versi che nella
-prosa[162]. Pure, se la prosa, accostandosi al parlar comune, ritraeva
-dell'alterazione prodotta dalla mescolanza di tante barbare voci e
-frasi, il poeta, non ispirato e spontaneo ma studioso e ricordevole,
-trovava ne' suoi modelli la purezza primitiva e meditata: laonde fin
-quelli che scrivono disacconcio e barbaro, come Sidonio e Capella,
-nei versi non sembrano più dessi. E sebbene ad altri insegnamenti che
-gli ordinarj fossero formati coloro che s'applicavano alla scienza
-di Dio ed alle quistioni morali e teologiche, salta agli occhi un
-malaugurato contrasto tra il fondo e le forme, le idee e lo stile:
-quelle, gravi e interessanti, come espressione degli uomini e del tempo
-cui appartengono; questo, affettato, quasi l'autore, nell'applicar la
-fantasia a cercare ingegnose combinazioni di parole e di frasi, tema
-sempre non trovarne di abbastanza nuove, bizzarre, forzate. È costretto
-usar la parola propria e immediata? vuol però rialzarla e darle
-apparenza di nuova con un giro della frase che stuzzichi l'attenzione,
-ecciti la meraviglia.
-
-La Bibbia portò un ringiovanimento nella letteratura latina, insegnando
-una inusata semplicità d'esposizione, una poesia più schietta, e
-a trattare i punti più elevati senza metafisiche astrazioni, ad
-esprimersi per immagini vive: e di là cominciarono le invenzioni
-simboliche, onde si arricchì il medioevo. Troppe cagioni, e non
-letterarie, intristirono i frutti; ma non è men vero che, mentre, per
-la trasfusione della lingua cristiana, sovvertivasi il latino classico,
-ne nasceva un nuovo che poi divenne comune a' filosofi, e durò fin nel
-Cinquecento allorchè risorse il ciceroniano.
-
-Di bonissima ora la Bibbia fu tradotta in latino, e forse qualche parte
-in latino scritta: dal che raccogliete quanta ragione abbiano i pedanti
-di considerare come barbara una dettatura contemporanea di Tacito[163].
-Il Vangelo e gli Atti apostolici, narrandoci puramente quel che rileva
-alla dottrina, lasciavano la curiosità su quel profluvio di notizie,
-che soglionsi desiderare intorno a tutte le persone insigni, venerate
-o dilette. Per soddisfarvi cominciarono alcuni a raccontare la vita di
-Cristo, della sua madre[164], degli apostoli, parte raccogliendo quel
-che da altri udivano, alterato come accade dalla tradizione, parte
-aggiungendovi di loro fantasia. Ne vennero così i vangeli apocrifi, i
-quali, sebbene non sieno esibiti alla fede del credente, nè resistano
-all'esame del critico, sono però modelli d'ingenuità, che contrastano
-singolarmente coll'antica letteratura, massime della decadenza. Alla
-pietà poco avveduta fece poi intoppo la malizia, quando, dilatandosi le
-eresie, ogni setta volle avere un vangelo suo proprio, con avvenimenti
-o sentenze che servissero a' suoi errori: talchè la Chiesa dovette
-intervenire per sceverare i veri dagli apocrifi.
-
-Campo nuovo alla letteratura cristiana aprivano pure le vite di tanti
-martiri e de' mirabili solitarj. Anche in antico si erano stese
-biografie, ma sempre di personaggi da storia; mentre qui l'umile
-virtù trovava il suo panegirico e la sua rivelazione, e l'umana
-natura riproducevasi nel racconto di minuti accidenti, esposti per
-edificazione altrui. Nessuno voglia cercarvi scene dilettevoli al
-bel mondo, nè filosofici accorgimenti, bensì l'ingenua narrazione
-domestica, in cui, se la storia positiva è talvolta alterata, la storia
-morale rivelasi con tocchi pieni d'attrattiva e di verità. Il mondo
-romano, fidato nella propria eternità mentre strisciava sull'orlo
-dell'abisso, proseguiva i suoi vanti e le sue cure; i poeti ricantavano
-i loro Dei, senza volersi accorgere che erano trafitti nel cuore; i
-filosofi disputavano sul crepuscolo, quando già era spiegata la pompa
-del giorno: frattanto il popolo, a cui quelli non ponevano mente,
-tesseva la storia secondo il suo stile, ripetendo ora le predicazioni
-dell'apostolo, ora i tormenti del martire, ora la castità della
-fanciulla, or le astinenze dell'eremita, con quegli abbellimenti di
-circostanze che sono carattere dei racconti popolari. Da ciò le tante
-leggende che esercitarono la pietà de' secoli credenti e la critica
-dei pensanti, ma dove nessuno potrà non riconoscere un'ammirabile
-semplicità, una credenza talvolta ingannata, non però ingannatrice;
-troppo male imitate da quelli che dappoi ne composero per esercizio di
-scuola.
-
-I primi scrittori cristiani, occupandosi della virtù più che della
-dottrina, pensarono solo esporre i dogmi della fede, i precetti della
-morale, i riti del culto: onde la più parte delle opere loro sono
-catechismi, dettati col calore della convinzione. Il cristianesimo
-aveva posto come base d'ogni dottrina quel che di più generale v'ha
-nelle credenze e nella ragione umana: agl'intelletti non restava
-dunque che adoperarsi a piantare ogni scienza sopra tale inconcusso
-fondamento, dal che sarebbe venuto e il totale rigeneramento
-del sapere, e l'immenso progresso che è frutto dell'accordo.
-Sciaguratamente sottentrò ben presto alla fede universale l'individuale
-opinione; e fra problemi inestricabili, logorossi tempo e fatica
-per fabbricar sistemi, incerti di diritto, effimeri di fatto; il
-carattere dell'universalità si smarrì nelle suggestioni parziali; e le
-speculazioni furono mentosto un ingrandimento dell'ordine della fede
-ben accertata, che un ritorno a parziali teoriche, a scuole esclusive,
-ad ipotesi gratuite.
-
-Già prima d'Augusto le produzioni dello spirito e delle arti non
-si proponevano che di stimolare i personali appetiti: al leggere i
-profani, diresti componessero in paesi remoti da ogni tumulto, nella
-Roma trionfale e confidente ne' suoi numi; tanto puerilmente cantano
-sull'orlo della tomba, e incensano per reminiscenza le quatriduane
-immortalità. Arte siffatta dritto è bene se vien presa a vile dai
-Padri della Chiesa; essi che, tonando dal pergamo, argomentando
-nell'assemblea, od orando nella solitudine, sempre sono gli uomini del
-momento e della realtà, risentono e rivelano i martorj d'una società
-che perisce; essi eroi della carità e dell'opposizione, quando nel
-resto non appajono che smaccate piacenterie, o flacida rassegnazione,
-o pazienza addolorata. Non per questo vilipendevano i classici; e
-Girolamo credeasi castigato dal cielo perchè troppo ciceroniano;
-e sant'Agostino raccomandava che ai fanciulli si desse di buon'ora
-Virgilio, acciocchè non più lo dimenticassero[165].
-
-Per assodare il vero, i Padri dovettero ribattere il falso, e mostrare
-l'accordo della fede colla ragione, non solo adducendo le prove
-storiche della rivelazione, ma costituendo un sistema di speculazioni
-razionali, fondate sopra di quella. Adunque, considerando filosofia e
-religione derivate dalla fonte stessa, drizzaronsi a conciliarle con un
-eclettismo, che differisce da quello dei Neoplatonici in quanto, invece
-di strascinare le concezioni delle varie scuole ad accordarsi con altre
-dell'ordine medesimo, le normeggia ad uno superiore, qual è la fede. I
-Padri latini, quand'ebbero a combattere eresie, adottarono anch'essi
-il sillogizzare d'Aristotele e di Zenone; ma in generale trovarono
-più confacente il platonismo, che alcuno disse un'anticipazione
-od un preparamento del cristianesimo, salvo a scostarsene ove men
-retto argomentasse; tenendo costantemente la filosofia come ancella
-della teologia, la rivelazione come base d'ogni cognizione pratica e
-speculativa.
-
-Ammessa la rivelazione, restavano chiariti tutti i dubbj logici.
-Essa contiene la morale, cioè quanto concerne le azioni umane: essa
-è comunicata per mezzo della parola, dunque spiega le origini del
-linguaggio: essa è fatta da un essere ad esseri, dunque accerta
-l'esistenza molteplice: essa viene da sorgente infallibile, dunque
-porge il criterio della certezza. Così argomentava la Chiesa, benchè
-alcuni de' Padri, ligi ad abitudini di scuola, andassero a cercare
-dalla scienza ciò che soltanto la fede può somministrare. Dio pertanto
-e la sua relazione col mondo e coll'uomo sono il primario oggetto del
-loro spiritualismo più o meno razionale. Dio per atto di libera volontà
-cavò dal nulla il mondo. Alcuni poi sostenevano operata la creazione
-nel tempo; altri da tutta l'eternità, come l'altre qualità di Dio così
-quella di creatore dovendo essere eterna. Alla fatalità degli astrologi
-e degli stoici opponevano una provvidenza generale e particolare, forse
-esercitata col ministero degli angeli.
-
-Questa scienza, opposta all'egoismo filosofico, non aspira alla gloria
-mondana di fondare scuole, anzi professa che la dottrina non è sua;
-non dipartendosi mai dal senso comune del genere umano unito a Dio,
-cioè dall'autorità della Chiesa. La morale da que' principj dedotta
-non formolavano in una scienza; ma datole per fondamento la volontà di
-Dio, espressa dalla ragione e dalla rivelazione, e l'obbligo dell'uomo
-di obbedire a chi ordina o in virtù di potenza assoluta, o per
-dirizzare alla felicità temporale ed eterna, dettavano precetti severi
-e purissimi: raccomandavano specialmente la carità, ossia l'amore
-disinteressato del prossimo, la sincerità, la pazienza, la temperanza:
-alcuni si spinsero fino a rigoroso ascetismo, che purgasse dal peccato
-e sciogliesse dalla materia per via di contemplazione e di penitenza.
-
-Il complesso della dottrina, e insieme il punto più elevato della
-storia e della filosofia cristiana si riscontrano in Aurelio Agostino
-da Tagaste nella Numidia (354-430). Cresciuto fra le lusinghe
-d'una giovinezza voluttuosa ma colta, sul terribile problema del come
-coesistano un Dio buono ed il peccato, accettò la vulgare soluzione de'
-Manichei, che supponeano un principio buono ed uno malvagio; poi non
-se n'accontentando, ne cercò altre, perfino coll'astrologia e colla
-chiaroveggenza; al fine per disperato abbandonossi allo scetticismo.
-Fatto professore di retorica a Milano, invaghito de' classici, sì che
-piangeva ai lamenti di Didone e dall'_Ortensio_ era trascinato alla
-ricerca più sublime, per dotta curiosità andò ascoltar le prediche di
-sant'Ambrogio; ma queste gli crebbero il bisogno d'acchetarsi nella
-verità, e si rivolse a Platone, dal quale iniziato al sentimento
-dell'essere spirituale[166] e al concetto della realtà vera, tranquillò
-l'anima nell'autorità e nella rivelazione, e ricevuto il battesimo da
-sant'Ambrogio, alleò la fede di cristiano colla ragione di filosofo,
-tolse a confutare gli errori cui prima aveva aderito, dibattè i
-problemi più spinosi della filosofia, e primo in Occidente ridusse a
-forma sistematica la dottrina evangelica, mostrando indispensabile alla
-scienza e alla ragione umana l'appoggiarsi nella divina.
-
-Sublime ingegno benchè sfavorito dai tempi, fu il più filosofico tra
-i santi Padri; tutto seppe, a tutto piegò il docile intelletto; egli
-metafisico, egli storico, egli erudito delle arti e de' costumi[167],
-sottile dialettico, oratore grave e maestoso; scrisse di musica, come
-dei più ardui punti teologici; descrisse la decadenza dell'imperio come
-i fenomeni del pensiero; avvivò la disputa scolastica coll'eloquenza;
-eloquenza talora barbara e affettata, spesso nuova e semplice,
-sempre viva e concisa, e sostenuta dall'affetto. Ne' _Soliloquj_
-ragiona seco stesso «per saper Dio e l'anima», all'arguta dialettica
-accoppiando fantastica sensività. Nelle _Confessioni_, libro per le
-anime che ritornano al cammin dritto, non per quelle che mai non se
-ne scostarono, esponendo i proprj fatti non per celia come Orazio e
-l'Ariosto, nè coll'aria provocatrice di Rousseau e dell'Alfieri, ma
-gemebondo e a ginocchio, egli ci mostra un'anima tutta ambizione ed
-amore, che nel giovanile traviamento s'inebbria non si soddisfa, della
-celebrità s'annoja, corre ingorda dietro alla felicità e al vero, e
-nella turbolenta solitudine del cuore contrasta con se stessa, e supera
-le barriere che oppongono una falsa sapienza, una lunga abitudine, i
-fomiti della gioventù e della concupiscenza. La profonda naturalezza
-di quello scritto è cosa insolita all'antichità; come la riflessione
-severa e la mestizia senza disperazione, che il cristianesimo metteva
-nell'uomo.
-
-Quanto alla politica, al detto di san Paolo «Non v'è potestà che
-non sia stabilita da Dio», Agostino aggiunge, «O la ordini egli,
-o la permetta». Che appartenga al sovrano il diritto di vita e di
-morte, era allora sì indubitato, che il cristianesimo non bastò a
-negarlo; e sant'Agostino disse, il soldato che non uccide quando il
-principe legittimo glielo impone, esser reo come quello che uccide
-senz'ordine[168]; non bene ancora afferrando l'idea di un nuovo diritto
-pubblico, che discernerebbe affatto la forza dal diritto di giudicare.
-Assolve la tremenda necessità della guerra qualvolta sia fatta per
-respingere l'ingiuria, vendicar il torto recato ai sudditi, opporsi ad
-ambiziosi invasori; ma iniqua la rendono l'ingiustizia del motivo, la
-violenza dei mezzi, l'abuso della vittoria, l'accannimento contro il
-nemico, il turbar la pace, l'ambir conquiste, il permettere violenze
-che si potrebbero impedire[169].
-
-Agostino stesso dal tribuno Marcellino implora grazia per alcuni
-settarj, proponendo invece della morte una prigionia «dove siano
-ricondotti dalla malefica operosità all'utile lavoro, dalla follia del
-delitto alla ragione e al pentimento»: nel che voi scorgete adombrato
-quel sistema penitenziario, da cui tanto spera la nostra età. Altrove
-proclamava essere i governi istituiti dal popolo e pel popolo; «i re
-nè i signori non ebbero nome dal regnare o dal signoreggiare, bensì dal
-reggere; regno deriva da re, e questo da regolare. Il fasto principesco
-vuol riguardarsi non come attributo di chi governa, ma come orgoglio
-di chi domina. Iddio, avendo fatto l'uomo ragionevole ad immagine sua,
-volle dominasse sulle creature irragionevoli, non sull'uomo; e però i
-primi giusti furono collocati pastori di greggie, anzichè re d'uomini;
-volendo Dio con ciò darci a conoscere qual cosa fosse confacevole e
-all'ordine delle creature e alle conseguenze de' peccati»[170].
-
-Assunto vescovo d'Ippona (395), coll'eloquenza evidente e
-colla straordinaria emozione allettava le fantasie degli Africani,
-che, per udirne i prolungati ragionamenti, abbandonavano i riti
-superstiziosi. Poi da' trattati più eccelsi della metafisica scendeva
-a catechizzare i fanciulli, addolciva la condizione degli schiavi,
-per redimere i quali vendea sino i vasi dei tempj; ed esortava tutti
-all'armonia e alla carità.
-
-Già considerammo i santi Padri nell'azione: come filosofi e letterati
-voglionsi misurare ad altra stregua che la ordinaria. È vero che ai
-latini manca la bella armonia del genio greco e la graziosa e castigata
-elocuzione; di rimpatto sono più originali, più attuali; piaciono
-meno, penetrano meglio. In Agostino e Ambrogio si fa sentire la
-scuola con tante antitesi, coll'enfasi, col sottilizzare; Cipriano ha
-l'ampollosilà meridionale; Lattanzio un'acquosa facilità; Tertulliano
-uno stile ferreo: ma di rimpatto la veemenza di Cipriano è sempre
-magnanima; Tertulliano spiega una robustezza senz'esempj; Ambrogio,
-naturalmente ameno, sempre nobile e pieno d'unzione; Agostino sublime e
-popolare, accoppia i pregi degli altri, e sa adoprarli a vicenda in una
-carriera di diversi combattimenti. In tutti poi, se la lingua digrada,
-si rialza lo stile; al difetto di purezza suppliscono il vigore del
-sentimento, la ricchezza delle immagini, l'elevatezza del vedere, e
-massime la novità del fondo, pregio notevolissimo in una letteratura
-che sempre erasi applicata a tradurre o imitare. Girolamo, fra bellezze
-stupende, tanto nerbo, tanta immaginativa, tanta erudizione, ha le
-bizzarrie d'un genio sbrigliato; l'espressione sempre energica, sovente
-naturale, guasta con citazioni disadatte, con triviali riflessi, col
-non sapersi arrestare a tempo: ma come riuscire corretto se talvolta
-in un giorno scrivea mille righe, e in una notte compose il trattato
-contro Vigilanzio?
-
-E la fretta è il carattere di scritture dettate per occasione: dettate
-fra l'universale scadimento, fra invasioni, fra dispute iraconde, fra
-grossolana effeminatezza e imbelle scoraggiamento, come pretendervi
-la sobria e severa purezza che innamora ne' classici? Ne' loro
-contemporanei trovammo grammatici gelati, retorici ciancieri, cronisti
-digiuni, poeti da nozze e da idillj, tutto ciò che può combinarsi
-colla depressione morale: i cristiani, filosofi e politici, destinati
-a meditare e fare, persuadere e governare, sovrastano per convinzione
-ardente ed operosa, conseguente calore e verità di linguaggio, pel
-continuo occuparsi degli interessi più attuali e grandiosi dell'uomo
-e dell'umanità, per l'elevatezza che ritraggono dall'osservare gli
-eventi non secondo l'impressione istantanea, ma in relazione colle
-verità eterne e con una vita di cui questa non è che l'ombra e la
-preparazione. Da tale punto d'aspetto doveano essi ravvisare ben
-altrimenti le grandezze e il decadimento di Roma.
-
-Quando questa, come or ora vedremo, fu presa dai Goti, il mondo
-cristiano esclamò esser vendicato il tanto sangue de' martiri; e
-da molti discorsi, anche di sant'Agostino, trapela una specie di
-contentezza per questa grande giustizia. Gli amici dell'antico
-culto interpretavano invece quel disastro come punizione degli
-Dei abbandonati, e imputavano ai Cristiani la ruina dell'impero. A
-costoro Agostino oppose la _Città di Dio,_ curioso lavoro di genio
-e d'erudizione, tanto complesso di mezzi eppur unico di fine, e
-il primo monumento di filosofia della storia. Gran potenza doveva
-conservare il politeismo se Agostino credette d'insister tanto nel
-provare la superiorità di Dio sugli Dei. Assume egli di mostrare come
-nel paganesimo giacessero sconvolte le idee di virtù e di gloria,
-lo riconduce ai veri elementi suoi, il panteismo materialista e
-l'adorazione della carne, e cerca in esso le reali cagioni della rovina
-della società, ponendo a parallelo le due civiltà che si combattevano.
-
-Gli abitatori della città di Dio e della città del mondo vivono
-mescolati quaggiù, ma quale trionferà? che fia di Roma? Invece di
-rispondervi direttamente, egli s'approfonda ne' misteri dell'eternità,
-scruta i tremendi abissi della giustizia divina e le esultanze
-della rimunerazione. Quante bellezze nella natura! quante meraviglie
-nell'industria! quante gioje nell'intelligenza! Agostino divaga nel
-descriverle, e — Se tanto Iddio largisce a chi ha predestinato alla
-morte, che farà per coloro che predestina alla vita?» così dell'una
-città preconizza la caduta con una convinzione fin allora ignota alla
-storia, mentre canta il trionfo dell'altra, che da Abele in poi, fra le
-persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, peregrinando procede.
-«Quella venne fabbricata dall'amore di sè, portato fin al disprezzo di
-Dio; questa dall'amor di Dio, portato fin al disprezzo di sè; l'una si
-glorifica in se medesima, l'altra nel Signore; l'una cerca la gloria
-degli uomini, l'altra non vuol gloria fuorchè il testimonio della
-coscienza; l'una cammina tronfia e pettoruta, l'altra dice a Dio, _Tu
-sei mia gloria_; nell'una i principi sono strascinati dalla passione di
-signoreggiare sopra i sudditi, nell'altra principi e sudditi si rendono
-reciproca assistenza, quelli ben governando, questi obbedendo».
-
-Come dunque nella sua gioventù, cerca ancora le ragioni della lotta fra
-il bene e il male, ma pone fuor di questa un Dio immutabile, sorgente
-unica degli esseri tutti. Il male esiste, ma viene da una creatura,
-qual è il demonio: gli uomini si disputano la gloria, la ricchezza, i
-beni che Dio abbandona ad essi. L'incarnazione futura del Riparatore
-è la ragione suprema di essere del genere umano, la lanterna nel mar
-della storia. Viene Cristo, ma allora l'impero si scoscende, e sono le
-sue ruine che ispirano il libro d'Agostino, la più grande rivelazione
-del maggior conflitto che la storia ricordi tra i due mondi; l'uno
-perduto sempre dal peccato, l'altro sempre salvato da Cristo.
-
-Cominciata l'opera nel 411, la pubblicò in ventidue libri
-successivamente fino al 427; e chi non s'adombri alle incessanti
-antitesi[171] e allo stile brillantato, chi non s'offenda alle
-particolarità in cui si sminuzza nel determinare la fine delle due
-città, volendo applicarvi parola per parola l'Apocalisse senza che
-gli bastino l'immaginazione per valersi del linguaggio misterioso, e
-l'alta intelligenza per discernere qual idea convenga o no tradurre in
-immagini, ammirerà tanto ardimento di pensiero e tanta umiltà di fede,
-con cui affronta problemi fondamentali, il governo temporale della
-Provvidenza, l'accordo della prescienza col libero arbitrio, gli arcani
-della morte e della resurrezione.
-
-Prima d'ogni altro, Agostino seppe comprendere con uno sguardo
-l'intera umanità da Adamo fin alla consumazione dei secoli a guisa
-di un uomo solo, solidariamente congiunto nel male e nei patimenti,
-che dalla fanciullezza alla vecchiaja, passando per tutte le età,
-compie la sua carriera nel tempo[172]; e sotto la contingente varietà
-degli avvenimenti ond'è tessuta la storia dell'umana famiglia, scopre
-un disegno immutabile e necessario di essa Provvidenza, il quale
-gradatamente si compie, malgrado gli ostacoli dell'ignoranza e delle
-passioni.
-
-La storia fin allora era stata alea, cioè considerava che la società
-avesse in se medesima il proprio fine; nè i più grandi filosofi
-avrebbero potuto scorgerne il fine comune, quando le nazioni
-camminavano ciascuna per la sua via, distinte una dall'altra, e
-il libero arbitrio dell'uomo, la forza, le vittorie, le sconfitte
-decidevano della loro fortuna. Solo il cristianesimo poteva annunziare
-che gli uomini sono tutti fratelli, che Cristo è centro dell'umanità,
-e che l'estendersi del suo regno è il fine, cui le umane cose
-vengono dirette anche da ciò che sembra ad esse opporre contrasto.
-Le persecuzioni aveano di ciò offerto una dolorosa ma incontrastabile
-prova, e i Padri della Chiesa acclamarono che l'attuazione del vangelo
-è lo scopo a cui la Provvidenza governa le cose di quaggiù. Sotto
-questa prospettiva osserva Agostino gli avvenimenti.
-
-Erasi proposto di rispondere al paganesimo politico dell'Occidente, ma
-poi allargò il proprio soggetto, e invece d'una semplice confutazione,
-diede al mondo un'esposizione si può dire compiuta delle dottrine
-cristiane. A trattare quel primo assunto egli indusse Paolo Orosio
-spagnuolo, il quale fecesi a mostrare come, fin da' primordj,
-gravissime sciagure flagellarono senza tregua l'uman genere; la storia
-è una ripetizione continua del fallo d'Adamo, una serie di rivolte
-contro Dio e di conseguenti punizioni, talchè nulla di straordinario
-erano quelle d'allora, per quanto desolatrici: donde inferisce che
-la vita è un cammino d'espiazione, per cui l'uomo, traverso un'acerba
-preparazione, si conduce alla vera felicità, la quale anche in terra
-può prelibarsi da chi impari dalla religione ad accettare i travagli
-come si deve.
-
-Allorchè, occupata l'Africa dai Vandali, non i Gentili soltanto
-rinfacciavano al cristianesimo i disastri dell'impero, ma i Cristiani
-medesimi lagnavansi di non mietere che sventure dalle virtù e dai
-patimenti, Salviano, «eloquente prete di Marsiglia», scrisse _Del
-governo di Dio_, dove, mostrato quanto a torto si giudichi spesso
-del bene e del male, investiga nella storia la manifestazione della
-divina giustizia, e non potersi a ragione mover lamento, dacchè così
-universale vedeasi la corruttela dentro e fuori della Chiesa: anzi
-con ricche descrizioni e con patetici tocchi istituendo confronto,
-ne' Barbari devastatori dell'impero indica virtù non mai conosciute
-o dimenticate in questo, a segno che non sia da meravigliare se essi
-prevalgano. Palesava in somma di comprendere ciò che nessuno de' suoi
-contemporanei, cioè che la caduta dell'impero darebbe origine a nuova
-civiltà, costituita sopra il cristianesimo.
-
-
-
-
-CAPITOLO LII.
-
-Trasformazione delle arti belle.
-
-
-Dopo l'archeologica restaurazione di Adriano, le arti andarono a
-precipizio. Già un gusto immiserito palesa la porta de' Borsari
-a Verona, colle colonne a strie torse, e sovrapposti alle nicchie
-frontoni a vicenda angolari e tondi. Nelle terme di Diocleziano, il
-quale volle sorpassare quante se n'erano fatte sin allora, caricaronsi
-le volte di ornamenti, i quali cadendo uccisero molte persone. Nel
-suo meraviglioso palazzo a Spalatro, l'arcata nasce dalle colonne
-senza cornicione; queste posano su modiglioni invece di piedistalli,
-e una schiera sopra l'altra senza che una linea continuata accenni
-una soffitta interna; le cornici, invece di tirare orizzontalmente
-dall'una all'altra colonna, circolano col fregio attorno di un'immensa
-arcata; aggiungete ornamenti, senza sobrietà nè significazione nè
-effetto, onde la superfluità genera confusione. Le proporzioni più non
-si osservarono; pesanti e secche modanature, goffi e meschini profili,
-archi senza archivolto, colonne spirali o elittiche, e perfino nel
-medesimo peristilio se ne posero di differente altezza. Eppure l'arte
-spiegava maggior libertà ed ampiezza nel gettare francamente le volte
-da una colonna all'altra senza bisogno di piedritto, ampliando così
-gl'intercolunnj, e dando snellezza e luce ai portici.
-
-Sì rapidamente degradò la scultura, che i giganteschi modiglioni del
-magnifico tempio della Pace non vantaggiano sui lavori dei secoli
-barbari. La noja del bello si rivela nella cupidigia del singolare;
-le statue degli Dei staccansi dalle sembianze umane per ridiventare
-simboliche all'orientale; il Mitra, o dio Sole, effigiasi con viso di
-leone e piccole ali e un serpente attorcigliato alla persona e molti
-simboli: anche i busti diminuiscono di rilievo, di correzione, di
-disegno; tutta la rappresentazione perde di carattere per modo, ch'è
-necessario ajutarne l'intelligenza per mezzo di scritture. Costantino,
-che tanto fece fabbricare nelle due città capitali, per ornare le sue
-terme a Roma portò di Grecia i colossi di Montecavallo, che l'epigrafe
-certo posteriore attribuisce a Fidia e Prassitele; ma in molto maggior
-numero opere trasferì da Roma a Costantinopoli, e per erigere edifizj
-nuovi fu ridotto a spogliare gli anteriori, acconciandone i frammenti
-in maniera sgraziata, quasi non si trovassero tampoco scarpellini per
-copiare l'antico.
-
-Ma qui pure avvicinavasi alla materia la scintilla dello spirito,
-perocchè le rivoluzioni che si fanno nell'idea, portano conseguenze in
-tutti i fatti; e come la morale privata e pubblica e la letteratura,
-così anche le arti belle doveano dal cristianesimo ricevere un
-mutamento radicale, e non essere distrutte ma compite. Quelle sensuali
-che effigiavano l'idolo o il monarca, poi identificavano l'idolo col
-Dio, non poteano ispirare che abominio ai primi Cristiani; ma ben tosto
-dall'essere mero trastullo de' fortunati, blandizie de' sensi, corredo
-della ricchezza, essi doveano chiamarle ad ornare le solennità d'amore
-e di dolore, associarsi alla nuova civiltà per esprimere l'aspirazione
-ad un perfezionamento, di cui continuo è il desiderio in questa vita,
-ma il compimento non si dà che nell'altra.
-
-Fin dal loro nascere i Cristiani usavano alcuni simboli, esprimenti
-le loro credenze: sulle tombe intagliavano palme, cuori, triangoli,
-viti, pesci, croci, specialmente il monogramma ☧, cioè Cristo, col
-nome dell'estinto. Null'altro che questi simboli tollerava l'austero
-Tertulliano, il quale, confondendo l'arte cogli abusi, riprovava
-qualsifosse effigie, sin quella del Buon Pastore: ma gli altri dottori
-mostraronsi più condiscendenti alla inclinazione della natura umana di
-rappresentare ai sensi gli oggetti consacrati nella sua memoria e nella
-sua venerazione.
-
-Roma posa sovra un terreno vulcanico, e le lave indurite, il peperino,
-la pozzolana da una parte, dall'altra il più moderno travertino,
-sedimento del Teverone, prestarono materiali a fabbricarla. Dallo
-scavo di queste materie, massime presso porta Esquilina, risultarono
-grotte vastissime, serpeggianti sotto alla gran metropoli, e talvolta
-a varj piani sovrapposti. Pare che di buon'ora s'introducesse l'uso
-di sepellire in alcune di esse _catacombe_ la gente vulgare, entro
-cellette o loculi, ricavati nelle pareti l'uno sopra l'altro a maniera
-di colombajo.
-
-I Cristiani, forse condannati a lavorare in que' sotterranei, o che vi
-cercarono oblio e nascondigli, ne fecero il luogo di loro convegno e i
-dormitorj (_cœmeteria_), come con fausta parola chiamavano i sepolcreti
-dei fratelli addormentatisi in Dio. Quest'opinione vulgata appoggiasi
-sopra esempj consimili di Napoli, di Siracusa, di Parigi: ma renderebbe
-perplessi intorno alle reliquie che se ne estraggono, e supporrebbe un
-accomunamento de' riti cristiani co' gentileschi, troppo repugnante dal
-primitivo zelo; laonde qualche moderno dimostrò vittoriosamente che le
-catacombe cristiane furono fatte a bella posta, e i Gentili, come non
-posero mano a scavarle, non poterono per legge servirsene.
-
-Lunghi androni sotterranei, con nicchie a più ordini ricavate ne'
-fianchi, tratto tratto riescono a camere decorate di stucchi, e a
-cappelle destinate a celebrarvi i sacri misteri. Dopo che più non
-furono necessarie a celarvisi, restarono venerate come teatri di quelle
-scene devote, ove i fedeli, commemorando i martirizzati, preparavansi
-ad imitarli; e i più morendo chiedevano di dormire a lato a quei santi,
-per partecipare alle loro intercessioni. Furono pertanto frequentate
-dalla divozione fin al secolo xii, quando Pietro Mallio ne diede
-l'enumerazione; dappoi si visitava soltanto quella cui s'entra per la
-chiesa di San Sebastiano.
-
-Pontificando Sisto V, si tornò l'attenzione a questi antichi
-sepolcreti, ed egli ne fece estrarre delle reliquie; pietà che si
-estese, e che fu poi regolata da Clemente VIII e da altri, acciocchè
-non si confondessero le ossa de' santi e i distintivi del martirio con
-avanzi profani. Qualche erudito ne formò oggetto di studio; ed Onofrio
-Panvinio enumerò quarantatre catacombe a Roma, e discorse i riti e le
-adunanze che vi si tenevano; Antonio Bosio continuò più di trent'anni
-ad esplorarle, e senza misurare spese e fatiche ne levò i piani,
-disegnò le pitture, le sculture, i sarcofagi, gli altari, gli oratorj,
-e ne tessè l'opera della _Roma sotterranea_, che, pubblicata postuma,
-fu riveduta ed ampliata da Paolo Aringhi nella _Roma sotterranea
-novissima_, di maniera che se ne diffuse la cognizione, e si eccitarono
-nuove ricerche. Marc'Antonio Boldetti, nelle _Osservazioni_ sopra i
-cimiteri de' santi martiri e degli antichi Cristiani di Roma, sebbene
-insista specialmente sull'autenticità delle reliquie e sui decreti
-della Chiesa in tal proposito, esibì insieme i disegni di molti oggetti
-scoverti nelle catacombe, e continuò lunghe indagini, di conserva col
-Marangoni; ma quando stavano per pubblicare gli studj di tanti anni,
-il fuoco li distrusse, e solo pochissimo il Marangoni ne stampò. Per
-commissione di Clemente XII, il Bollari si applicò a questa ricerca
-con ricchissima erudizione, ma poca diligenza e pochissimo sentimento
-dell'arte cristiana. Miglior esame vi portò il gesuita Marchi,
-in un'opera che le ultime vicende hanno sospesa, e che divenne il
-fondamento ad altre di forestieri[173].
-
-Da quelle grotte, che sono pel curioso una delle meraviglie di Roma e
-pel devoto un santuario di pietà e di speranze, si trassero in diversi
-tempi avanzi d'arte, che venivano collocati nelle chiese, massime di
-San Martino ai Monti, Sant'Agnese, San Giovan Laterano, Ara Coeli,
-Santa Maria Maggiore e Santa Maria Transtevere, e che poi si pensò
-raccogliere in un Museo Cristiano nel Vaticano.
-
-Delle figure le più sono ad incavo, empito di minio, colore de'
-trionfanti, che qui dinotava un nuovo genere di vittorie: appena
-arrivano a cento in tutta Roma le opere di bassorilievo, a cencinquanta
-nella restante Italia, e quaranta in Francia: non mancano musaici. E
-rappresentano il Buon Pastore; san Pietro col gallo; l'orante, cioè
-un uomo o una donna, stanti, cogli occhi al cielo e le mani protese;
-il fossore in atto di sterrare, col riscontro spesso di una figura
-portante la lucerna.
-
-Fra i simboli che si conservavano come passaggio dall'iniziazione dei
-culti antichi alla realtà ed alla storia, sono le sigle Α Ω, ☧, IH,
-indicanti Cristo; la colomba posata sul ramo di palma con una stella
-nel becco, o che bee dal calice; cervi che corrono al fonte; pesci
-in asciutto; un gallo che annunzia il mattino dell'eterna giornata;
-due mani erette al cielo, o due mani e due piedi disposti a croce;
-il delfino, simbolo del tragitto delle anime verso una riva ospitale;
-l'àncora della speranza, o un semplice ramo d'ulivo; talvolta il cuore,
-che i Gentili appendevano al collo de' loro fanciulli. La croce era
-segno usitatissimo; e dapprincipio si faceva greca, cioè a braccia
-eguali; nel secolo iii si allungò, quando vi si appose il Crocifisso,
-ignoto a' primi tempi; com'era inusato il calice, da cui più tardi
-si fece sporgere l'ostia, o fu posto in mano all'evangelista di Patmo
-col serpente. Il serpente, nota di salute ai Greci che l'attribuivano
-al dio della medicina, ed agli Ebrei che ricordavano quello eretto
-nel deserto, passò a significare lo spirito del male, e si figurò
-vinto a piè della Croce, poi più tardi conculcato dalla Immaculata
-concetta. Talora il maligno esprimevasi col corvo; ma solo nel medioevo
-fu introdotta la sconcia forma di mezz'uomo e mezza bestia. La forza
-irrazionale trovasi talora rappresentata col leone, che dappoi fu posto
-fuor delle chiese con un agnello o un fanciullo in gola; altre volte,
-indicando la forza morale, sostiene la sedia vescovile, o il cero
-pasquale, o colonne.
-
-Alle allegorie si aggiungono rappresentazioni storiche, desunte dal
-nuovo Testamento, come le parabole del Vangelo, o dell'Apocalisse
-il libro dei sette suggelli, il candelabro di sette rami, i quattro
-angeli dei quattro venti, i ventiquattro vecchioni, la bilancia, la
-donna inseguita dal dragone: non ne mancano di cavate dai Gentili o
-dalla tradizionale sapienza, quali sarebbero l'Orfeo, le Sibille, le
-Muse: e scene di vendemmia, che raffiguravano pel pio artista una vita
-matura, e da cui stavasi per ispremere il succhio spirituale. La morte,
-effigiata dai Greci in genj di graziosa mestizia colla face rovesciata,
-non aveva emblemi tra' primi Cristiani, e furono i Gnostici che
-introdussero la forma dello scheletro[174].
-
-I nomi di _santo, caro, innocente, dolcissimo_, attestano l'affetto
-verso il defunto: l'_in pace_, frequente imitazione degli Ebrei, la
-fiducia religiosa che fa men tristi gli avelli; mentre negli epitafj
-romani l'idea d'una vita futura era mentosto credenza che augurio. I
-caratteri romani vi sono deformati, ineguali, fitti, raccorci, misti a
-lettere greche[175].
-
-Antichissimo era l'uso dei doppieri accesi ai feretri; e sebbene
-Tertulliano riprovi lo spargervi fiori, troviamo usitato questo
-bel simbolo della bellezza e fragilità della vita. V'avea sepolture
-private, bisomi, trisomi, cioè per due, tre o più cadaveri; e alcune
-separate pei fanciulli vissuti men di quaranta giorni. Spesso il
-cadavere acconciavasi con aromi, donde quella fragranza che spesso si
-legge usciva dalle tombe dischiuse.
-
-I sarcofagi s'introdussero quando alla nuova religione diedero
-il nome senatori e ricchi. Il primo, di cui l'età sia accertata
-dall'iscrizione, è di appena due anni anteriore alla morte di
-Costantino[176]; ma forse il più antico è quello della villa Panfili,
-figurante portici alla corintia, sotto cui quindici personaggi che
-circondano Cristo, in toga sopra sedia curule, bello del volto, e
-colle chiome spartite sul capo, al modo che suole ancora figurarsi.
-Sui sarcofagi per lo più si scolpiscono scene evangeliche, come
-l'adorazione de' magi o la benedizione dei fanciulli: talvolta anche
-della mitologia, o pagane reminiscenze, talchè non meno di Giona e
-Noè vi appajono Deucalione e Giasone, e le agapi non differentemente
-dai banchetti profani. Imperocchè l'arte plastica greca rivaleva sulle
-concezioni giudaiche; e massime dopo che la Chiesa non fu più costretta
-a nascondersi, si palesò il contrasto fra i comandi a metà pagani de'
-signori, tendenti a ridur materiale il culto, e il genio riordinatore
-e progressivo della Chiesa, che sostituiva la storia all'allegoria:
-la qual lotta impedì qui pure la trasformazione totale, cui il
-cristianesimo aspirava.
-
-Intanto era nuovo questo prendere a soggetto, non più la forza e la
-leggiadria nella più vistosa appariscenza, bensì la bellezza che deriva
-dall'interno, i patimenti, l'ascetismo: e l'uomo dei dolori, la vergine
-madre, vecchi plebei, donne piangenti, esprimevano una religione
-insolita, per cui la vita era una espiazione, e che rendeva sacre
-le lagrime, e nell'amore e nella speranza trovava una significazione
-morale alla gioja e ai tormenti: anzi, per protestare contro gli abusi
-del bello, alcuni effigiavano la divinità in forma umile e servile.
-Quando la Chiesa divenne trionfante, più non ebbe a temere di quel che
-a principio potea parerle un inciampo; e non che repudiare le arti,
-se le appropriò, purificandole come tutto il resto; e conoscendole
-capaci di produrre effetti morali e intellettuali qualora sentano la
-propria elevatezza, se le rese ferme ed eloquenti ausiliarie nella
-promulgazione della divina parola.
-
-Nella vicenda di persecuzione e di tolleranza, corsa per quattro
-secoli, i Cristiani fabbricarono qualche cappella in Roma stessa:
-Adriano, dopo udita l'apologia di Quadrato, permise si radunassero
-in celle che s'intitolarono Adrianee: e già avanti Costantino, più
-di quaranta chiese aveva la sola metropoli. Ma sol dopo ottenuta la
-pace e il trionfo si potè alzare tempj artisticamente, ed abbellirli
-di effigie ed ornamenti. Papa Silvestro, avuto in dono da Costantino
-il palazzo di Laterano, vi fece disporre un battistero ottagono,
-consacrato al santo, dal quale prese nome la chiesa vicina di San
-Giovanni Laterano, dove ancora il pontefice prende possesso della città
-e del mondo (_urbis et orbis princeps_). Distrutto il circo di Nerone,
-Costantino v'alzò una chiesa al principe degli apostoli, fabbricò
-quella di San Paolo fuor delle mura, e San Lorenzo, e Sant'Agnese.
-Quest'ultima, in una valle sparsa di catacombe tra la via Salaria e la
-Nomentana, fu conversa poi in cappella funeraria, ove Costanza figlia
-dell'imperatore venne deposta entro stupendo sarcofago di porfido,
-ornato di bacchiche allegorie. Simboli eguali appajono nel musaico del
-vicino battistero rotondo.
-
-La chiesa dedicata in Roma a santa Prisca là dove sorgeva il palazzo di
-questa, battezzata da san Pietro e considerata come la prima martire,
-arieggia alle catacombe, con un sepolcro, un altare, una cappella.
-Quella di San Clemente, che è anteriore a Teodosio Magno, conserva
-inalterata la forma rituale, cinta d'un atrio a colonne e col pronao;
-dentro in tre navate, di cui la mediana ha undici metri di sfogo,
-quattro la destra, sei la sinistra, con anomalia non rara; ampia
-scala conduce alla tribuna, sotto cui si apre la confessione colle
-reliquie. Anche San Silvestro, Sant'Ermete, San Martino ai Monti in
-Roma furono elevati sopra oratorj sotterranei. Galla Placidia, figlia
-di Teodosio, volle che la chiesa de' Santi Nazario e Celso in Ravenna
-imitasse gl'ipogei; e vi collocò le tombe per sè, pel fratello Onorio,
-pel marito Costanzo e pel figlio Valentiniano III[177]. A Leon Magno
-s'attribuisce San Pietro in Vincoli a Roma, e ignoriamo donde togliesse
-quelle colonne d'un dorico assai più alto del pestano.
-
-Costantino imperatore e i primi successori suoi non abbatterono nè
-mutarono i tempj pagani; ma ciò si fece via via che il cristianesimo
-prevaleva. Uno dei primi che fossero ridotti a chiesa fu Sant'Urbano
-fuor porta Capena, sopra la fontana di Egeria, di cotto, con portico
-di quattro belle colonne. Però tempj così piccoli come i pagani mal
-potevano servire al popolo intero, che congregavasi a partecipare
-della preghiera e del sagrifizio, e ad ascoltare i dogmi della fede
-e i precetti della morale. Più opportune a tal uopo venivano le
-basiliche (t. III, p. 425), recinti coperti, nei quali raccoglievansi
-i mercadanti agli affari, gli oratori a discutere, i magistrati a
-sentenziare. Dieci ne aveva la sola Roma, che altrove nominammo; e
-mentre i tempj per lo più abbellivansi esternamente di colonnati,
-della basilica non si vedeano che mura. La sala interna formava un
-quadrilungo, tripartito da due serie di colonne, le quali riuscivano
-ad un semicerchio, alzato d'alquanti gradini, e coperto d'un emiciclo.
-In questo abside o tribunale sedeva il pretore, con attorno i giudici
-e rimpetto gli avvocati: in gabinetti attigui si tenevano gli scrivani
-minori, uffiziali intenti a risolvere o conciliare i piati insorti fra
-negozianti: alcune basiliche erano provvedute di loggie in alto per
-comodo degli spettatori. Siffatte erano opportunissime alle riunioni
-dei Cristiani, non solo per la capacità, ma anche per la distribuzione,
-collocandosi in mezzo del tribunale l'altare, sulla cattedra del
-magistrato il vescovo, attorno ad esso il clero, nel resto i fedeli,
-e sulle loggie le vedove e le vergini devote. Dicono che la prima
-basilica volta ad uso cristiano fosse in Roma la Porcia, e servisse di
-modello alle chiese che conservarono quel nome.
-
-Mentre papa Liberio con un senatore romano ideava la chiesa di Santa
-Maria Maggiore, cadde neve, benchè fosse agosto entrante; e su quella
-un angelo delineò la pianta della fabbrica. Questa leggenda attesta che
-s'attribuiva alle costruzioni sacre un senso superiore al capriccio
-dell'artista; e sembra che ogni parte fosse rituale, come già nel
-tempio ebraico. Allorchè fossero arbitri della scelta, i Cristiani
-costruivano le chiese sulle alture, lunghe due volte la larghezza, e
-colla cella rivolta ad oriente. Prima incontravasi l'atrio o paradiso,
-portico a colonne largo quanto la chiesa, e talora formante un cortile
-quadrilatero[178]. Ivi si deponevano gli estinti, col capo verso
-levante, ad aspettare la resurrezione. Del sepellire in città, vietato
-rigorosamente dalle XII Tavole[179], più non s'aveva scrupolo, come
-mostrano le tombe di Costantino e d'Onorio: un campo fuor della chiesa
-serviva ai più: alcuno impetrava di collocare i suoi cari presso i
-martiri, come sant'Ambrogio depose il fratello Satiro vicino a San
-Vittore. Solo i vescovi poteano essere sepolti nelle navate della
-chiesa; la famiglia imperiale sotto la sacra soglia.
-
-In tre zone era partita la chiesa: alla prima (_narthex, ferula,
-pronaos_) vicina alla porta aveano accesso i penitenti non
-iscomunicati, e i catecumeni, che udivano il vangelo senza poter
-assistere al sacrifizio. La seconda (_navis_), ad uso degl'iniziati,
-n'era separata trasversalmente per un muro a tre porte; quella a
-destra per gli uomini, la sinistra per le donne, la mediana per le
-processioni. Nella nave di mezzo, riservata alle cerimonie religiose,
-avevano posto i leviti e i tre cori cantanti attorno ai tre pulpiti
-o amboni. Questi si faceano ottagoni o quadrati[180] con musaici
-e scolture; e uno serviva per l'orchestra, uno per l'epistola,
-dall'altro i diaconi leggeano il vangelo e le lettere dei vescovi.
-Davanti agli amboni stava la colonna del cero pasquale. La sedia del
-vescovo dietro all'altare occupava il centro dell'abside, che poi si
-chiamò presbitero, e che avea la volta dorata, e a lato i pastofori.
-All'estremità delle navi minori il _senatorium_ ed il _matroneum_
-servivano pei patrizj e le dame. Al sacrario (_cella, hieration_),
-separato dal restante tempio con un arcone trionfale, si saliva per
-tre gradini; un velo colorato lo toglieva agli sguardi; nè ad altri che
-al sacerdote era dato penetrarvi. Stava sotto di esso la confessione,
-cripta delle ossa de' martiri, sopra cui ergevasi l'altare, unico
-all'unico Dio. Sopra di quello pendea la pisside, spesso in figura
-di colomba, entro cui conservavasi l'eucaristia; e attorno lampade di
-varie forme, appese al baldacchino in triangolo (_ciborium_) che era
-sorretto da quattro colonne. A questa generale distribuzione molte
-varietà s'introducevano.
-
-Per edificare più prontamente, e trovandosi già le arti in decadenza,
-alle chiese s'adattavano colonne tolte ad edifizj diversi, e perciò
-di grandezza disuguali. Invece d'accorciare le troppo lunghe o
-rialzare con uno zoccolo le brevi, si sbandì l'architrave, e dall'una
-all'altra gettaronsi archi, sorgenti immediatamente da esse; metodo già
-conosciuto, allora fatto generale. Nella basilica di San Paolo fuor
-della mura[181] ventiquattro colonne di pavonazzetto furono portate
-dalla Mole Adriana, i cui elegantissimi capitelli discordavano dalle
-sedici aggiuntevi forse quando Teodosio ed Arcadio l'ampliarono;
-divideano esse la basilica in cinque navate, che con una trasversale
-formavano croce, e davano un vedere ben più grandioso e magnifico che
-i peristilj esterni degli antichi: tutti gli archi impostavano sulle
-colonne. In Santa Costanza le colonne sono binate, non nel senso della
-circonferenza, ma secondo il raggio della rotonda; quali pure in una
-chiesa presso Nocera de' Pagani, e in non poche posteriori. Il tempio
-pagano ricevea luce dalle porte o da un foro nella volta o da lampade;
-ne' cristiani finestre rotonde ed arcuate trasmettevano una luce,
-temperata da vetri a colore che rappresentavano al popolo le storie
-bibliche o dei santi.
-
-Moltiplicaronsi poi le chiese a Roma, e in esse potrebbe seguirsi passo
-a passo l'architettura nel dechino e nel risorgimento, nessuna età
-così infelice trovandosi che qualcuna non ne ergesse per munificenza
-o devozione de' pontefici. Anche nelle altre città se ne aprivano,
-man mano che il cristianesimo vi era piantato, prediligendo le forme
-rituali nelle piante, nell'elevazione e negli ornamenti. Quando poi
-il culto non si limitò ad un martire solo, crebbero gli altari, il che
-coll'interrompere le linee alterò la semplicità del disegno; molto più
-quando s'introdusse la profana pompa de' mausolei.
-
-Edifizj considerevoli son pure i battisteri. Nelle rovine della casa di
-Prisca a Roma, ove credono abitasse san Pietro, mostrano un capitello
-incavato, nel quale è fama ch'egli battezzasse, con acqua dapprima
-sacra a Fauno: aggiungono ch'egli amministrasse quel sacramento in
-una catacomba della via Salaria, e in quella dove poi fu sepolto
-presso un luogo ch'ebbe nome di Fonte san Pietro. Dappoi si eressero
-a quest'uopo edifizj presso le acque, accanto alle chiese, alle quali
-talora erano congiunti per via di portici, come ad Aquileja. Presso
-al palazzo Laterano, Costantino o san Silvestro fece il suntuoso
-battistero che ancora sussiste, con più ordini di magnifiche colonne di
-porfido o marmo, e membrature di edifizj antichi, senza unità di stile
-e di proporzioni: nel mezzo vaneggia il bacino, a cui si scende per
-alquanti scaglioni, ottagono come tutto l'edifizio, al quale precede un
-portico pei neofiti aspettanti; e serbasi ancora pei solenni battesimi
-amministrati dal papa. A tal uso furono pure ridotte in Roma le terme
-pubbliche di Novato, fratello delle sante Prassede e Pudenziana; il
-bagno del loro padre senatore Pudente; e quello di santa Cecilia,
-chiuso ora nella bella chiesa che da questa trae il titolo. Ottagona
-se ne volea per lo più la pianta; ma talora quadra, rotonda o a croce,
-con gallerie in alto, e una cappella coll'immagine del Battista, o di
-san Pietro che battezza Cornelio, o altra da ciò. Alle vasche giungeva
-l'acqua per doccie sotterranee, talchè il vulgo credeva si empissero
-miracolosamente. In quel di Sant'Andrea, rifabbricato da Leone III,
-la fonte era circondata da colonne di porfido; e di mezzo ne sorgeva
-un'altra, portante un agnello d'argento che versava l'acqua. Talora
-era un vaso isolato, sorretto da colonne o da animali simbolici. Un
-solo battistero faceasi per diocesi, e a pasqua e pentecoste soltanto
-si compiva la cerimonia; lo perchè i battisteri doveano essere
-molto capaci. Sulla forma de' primi se ne costruirono poi molti nel
-medioevo[182].
-
-La decorazione e la sfragistica si esercitavano nei dittici, ove
-scriveansi i nomi dei santi e dei benefattori, da commemorare alla
-messa, ne' troni dei vescovi, negli altari e altarini, ne' candelabri,
-ne' reliquarj, nelle coperte dei libri rituali.
-
-Coloro che non giudicheranno queste opere col sentimento, ma le
-scruteranno colla critica artistica, non dimentichino che era un'età
-di universale decadenza; e già imperante Costantino tal penuria si
-pativa d'artisti, che si dovettero dilapidar le fabbriche anteriori
-onde fornire le nuove. L'arco alzato a' suoi trionfi è tutt'insieme più
-maestoso che quel di Settimio Severo; ma gli ornamenti furono levati
-dall'arco e dal fôro di Trajano, e mal raccozzati con lavori di nuovo,
-scarsi di quell'arte di profilare che produce la grazia. Di questa
-mancano affatto le immagini del Salvatore e dei dodici Apostoli ch'egli
-fece porre in argento a San Giovanni Laterano, ed altre statue dell'età
-sua in Campidoglio, come pure le medaglie e monete: e per dedicargli
-una statua, si pose il capo di lui sovra un antico Apollo. Di quel
-tempo si fusero le porte di bronzo di San Paolo, perite nell'ultimo
-incendio, con incise figure e rabeschi contornati d'argento, ove
-la ricchezza mal potè velare lo scadimento dell'arte. E tanto fra
-il popolo scemava il culto del bello, che fu necessario vietare si
-demolissero mausolei, archi e colonne per capriccio o per bisogno di
-murare, e istituire un magistrato per difendere colla forza i pubblici
-monumenti[183].
-
-Come dapprima la Grecia aveva allattata l'arte romana, così questa
-si trapiantò in Grecia con Costantino, e le costruzioni da lui
-fino all'imperatore Giustiniano derivano affatto dalle latine, e
-primieramente l'ippodromo e la gran cisterna di Costantinopoli;
-le medaglie bisantine portano latine leggende, e perfin la lupa
-romana. Solo al tempo di Giustiniano e colla fabbrica di Santa Sofia
-appare quel che volle dirsi stile bisantino, non bene definito nè
-cronologicamente nè artisticamente, ma che infine potrebbe ancora
-dedursi da edifizj romani, e specialmente dalle terme, preferendo
-alla sala rettangola delle basiliche la pianta rotonda e le cupole
-semicircolari, e tutto ornando di musaici e di pietre multicolori, e
-d'una ricchezza di ori, figure, rabeschi, opposta alla semplice nudità
-che dai Latini fu sempre preferita.
-
-
-
-
-CAPITOLO LIII.
-
-Miglioramenti e complesso della legislazione.
-
-
-Man mano che le altre discipline e l'Impero decadevano, migliorava
-la legislazione; segno evidente che la cagione non era a cercarsene
-nell'incremento della civiltà romana, bensì nello spirito nuovo, infuso
-dal cristianesimo. Solo un secolo più tardi dell'età che narriamo
-quella legislazione fu raccolta e vagliata per cura dell'imperatore
-Giustiniano: ma a noi pare questo il luogo di toglierla ad esame, sì
-perchè le sue disposizioni capitali si riferiscono a quest'età, sì per
-coglierne occasione a spingere un estremo sguardo nella vita intima del
-gran popolo, e comprendere meglio in qual senso deva intendersi la sua
-caduta.
-
-L'antico Oriente non ebbe idea del diritto individuale, tutto rimanendo
-assorto dal capocasa, patriarca, autor della vita come del diritto;
-la personalità confondeasi nella famiglia, la famiglia nello Stato,
-lo Stato nel monarca; sicchè all'uomo non rimaneva altra difesa che
-ne' costumi patriarcali e nella religione, la quale, mentre sanziona
-l'obbedienza, mitiga insieme l'impero. Assoluta v'è pertanto la podestà
-paterna; il matrimonio è una vendita combinata fra' genitori; la moglie
-è serva; il padre può vendere i figliuoli, adottarne altri; sconosciuto
-il testamento, energica manifestazione della libertà individuale. È
-dunque il dominio dell'autorità, cioè della fatalità.
-
-In Grecia la filosofia, cioè la libertà e la ragione, spezzano
-quell'unità indefinita e universale, si svincola il progresso, la
-religione si scevera dal governo; ma la vita pubblica rimane tuttora
-confusa colla privata, pubblici i giudizj, il pubblico diritto identico
-coll'individuale; il matrimonio non ha luogo che fra concittadini; la
-potestà patria è proprietà sulla prole, e il genitore scontento ne fa
-protesta al magistrato, e rinvia di casa il figlio, che più non può
-vantare alcuna ragione. E però la Grecia elevossi a tante libertà,
-ma puramente comunali, fossero aristocratiche o democratiche; donde
-moltissime varietà. Ma in verun luogo la libertà individuale acquistò
-pienezza all'ombra del potere principesco, siccome accadde ne' nostri
-Comuni: bensì arrivarono a compimento la potenza e la franchigia
-delle città. Se non che i cittadini di Grecia erano nobili d'origine,
-a differenza degl'italiani ch'erano mercanti e borghesi; l'uomo
-rimaneva subordinato alla qualità di cittadino; lo spirito comunale
-teneva escluso lo straniero dal matrimonio legittimo: bensì questo fu
-purificato col ridurlo a monogamia, siccome la pubblica animadversione
-fu sostituita alla guerra privata.
-
-Roma apparve al termine de' tempi antichi, per modo che potette
-riassumere quanto di meglio erasi prodotto sotto il dominio
-dell'autorità, ed insieme profittare di quanto introducevano dapprima
-la filosofia, poi il cristianesimo, cioè la libertà, la ragione,
-l'umanità rinata nell'amore di Dio. Missione provvidenziale di essa
-parve il costituire e perfezionare socialmente l'elemento del diritto,
-il lato politico e giuridico della vita umana. Lo spirito d'ordine e
-l'inflessibilità de' primitivi patrizj introdusse lo _stretto diritto_,
-complesso di massime e d'azioni legali, arbitrarie, che, volendo
-regolare con atteggiamenti materiali lo spirito dell'uomo, ancora
-incapace di dirigersi per ragione, lo faceano chinare all'autorità,
-ad arcani religiosi, a formole impreteribili, cambiate le quali son
-cambiati gli effetti[184]; a solenni interrogazioni e risposte solenni,
-che non lasciano dubbio sulla volontà; la quale trovasi obbligata non
-dalla coscienza e dalla nozione del giusto e dell'ingiusto, ma dalla
-espressione letterale.
-
-Questo ferreo diritto nazionale, scritto nelle XII Tavole, diveniva
-insufficiente dacchè Roma accolse in grembo tanti forestieri, nelle cui
-controversie non potendo aver luogo le azioni legali, vi si sostituì
-l'imperio del magistrato. Inoltre molti de' suoi mandò a governare
-altre genti; l'agro sacro più non rimase privilegio dei patrizj;
-nuove vie s'apersero ad acquistare ricchezza, gloria, magistrature.
-Roma dunque avrebbe o dovuto rannicchiarsi negli angustissimi suoi
-principj, o sovvertirsi violentemente, se il flessibile e progressivo
-talento della democrazia non avesse reso diritto umano quel ch'era
-diritto quiritario, insinuato nel legale il sistema dell'onesto
-(_bonum et æquum_), l'_arbitrio_ delle ordinanze annuali, e un _gius
-de' forestieri_, che la legge scritta temperasse coll'equità. E per
-_equità_ intendevano la ragione naturale, cioè quel fondo di idee
-morali che tutti gli uomini civili possedono, che sopravive ad ogni
-corruzione e che fonda la convivenza sulla libertà, sull'eguaglianza,
-sui sentimenti naturali, sulle ispirazioni del buon senso.
-
-Il diritto _equo_ era espresso negli editti, ove i pretori e gli
-edili pubblicavano le regole secondo cui giudicherebbero durante
-l'annuale loro magistratura (t. i, p. 411). In essi, conformandosi
-ai fatti, s'insegnavano azioni od eccezioni, per le quali piegare
-l'inflessibilità delle formole patrizie; per esempio, supporre
-erede chi nol sia, usucatto ciò che non è ancora, e vivo il morto o
-viceversa; proteggeasi la proprietà naturale in modo che si equiparasse
-alla quiritaria; accanto all'usucapione, riservata ai possessi italici,
-elevavasi la prescrizione, estesa anche ai provinciali. Al testatore
-è arbitrio di diseredare i proprj figliuoli; ma il pretore cassa quel
-testamento, supponendo nol potesse fare se non mentecatto (querela
-inofficiosi). Chi cadde prigioniero del nemico perde ogni diritto,
-fin quello di testare; ma il pretore ne autorizza il testamento,
-supponendolo morto all'istante che cominciò la cattività di lui.
-Pel gius civile romano, negli atti giuridici, malgrado l'errore,
-il dolo, la violenza, se il consenso fu dato, se l'atto ebbe il
-compimento delle solennità e delle parole, rimane prodotto l'effetto,
-creato o modificato il diritto: non così nel gius delle genti, e il
-pretore condanna l'iniquità, e con ingegnosi procedimenti corregge
-la materialità inflessibile della ragion civile. Questa non conosce
-altre forme d'obbligazione che i contratti o i delitti qualificati: ma
-l'equità pretoria inventa i quasi-contratti e quasi-delitti, coi quali
-fa passare nel fòro esteriore alcuni doveri, dapprima riservati alla
-coscienza.
-
-S'appajano dunque progresso e tradizione; creasi del nuovo, ma senza
-distruggere l'antico: mentre oggi troppo incliniamo ad abolire una
-istituzione perchè vecchia, i Romani la conservavano appunto perchè
-vecchia, modificandola; preferivano la scuola storica alla filosofica,
-le riforme inglesi alle rivoluzioni francesi. Perciò dappertutto
-s'incontra un diritto doppio e parallelo; parentela civile (_agnatio_)
-e parentela naturale (_cognatio_); matrimonio civile (_justæ nuptiæ,
-connubium_) e unione naturale (_concubinatus_); proprietà romana
-(_quiritaria_) e proprietà naturale (_bonitaria_); contratti di diritto
-formale (_stricti juris_) e contratti di buona fede. In questo modo si
-passava dall'iniziazione secreta de' patrizj alla pubblicità popolare,
-dall'autorità alla ragione, dalla generalità astratta alla personalità
-libera; conciliavasi la venerazione pel passato colla necessità di
-progressivi miglioramenti.
-
-Dalla lotta fra i due diritti è costituita la storia interna di
-Roma, la sua guerra nella pace: e siccome nell'esterna il valore,
-così nell'interna ebbe importanza principale la giurisprudenza,
-scienza capitale fra i Romani. Abbiansi i Greci le splendide qualità
-dell'immaginazione, i fiori, i canti, le arti: Roma possederà il
-positivo dell'età matura, la grande ambizione, ed un'unica letteratura
-originale, quella della giurisprudenza, che potrà effettuare l'unità
-del mondo antico.
-
-Già nella società primitiva, uno de' precipui uffizj del patrono romano
-consisteva nel tutelare il cliente; onde le famiglie grandi voleano
-tutte che un loro membro valesse nella giurisperizia; e poichè senza
-di lui non poteva il plebeo stare in giudizio, egli talvolta colle
-sportule che esigeva, gravava i clienti quasi d'un tributo. E il
-guadagno e l'influenza induceano i patroni a tenere arcane le azioni
-simboliche e legittime sì della giurisdizione volontaria, sì della
-contenziosa: avendole fatte pubbliche Gneo Flavio nel 449 di Roma (_jus
-Flavianum_), i patrizj ne inventarono di nuove; ma un secolo dopo,
-Sestio Elio palesò anche queste (_jus Ælianum_); finchè accomunate a'
-plebei le magistrature, Tiberio Coruncano, primo plebeo che salisse
-pontefice massimo, professò pubblicamente la giurisprudenza.
-
-Allora nuova importanza ottennero i giurisperiti, fossero assessori dei
-magistrati, o dirigessero i privati ne' loro affari, o gli assistessero
-nelle controversie, rispondendo, scrivendo, cautelando[185], cioè
-dando consulti, redigendo formole di contratti e d'azioni, prevenendo
-contro le nullità. A Servio Sulpizio si fa merito d'avervi introdotto
-il metodo scientifico: ma Cicerone attribuisce questa lode a Quinto
-Scevola suo contemporaneo, che all'abilità letteraria e all'eleganza
-dell'esporre associò l'arte di distribuire, distinguere, definire,
-interpretare[186]. Vi ottennero popolarità Aulo Ofilio, Alfeno Varo,
-Sulpizio Rufo, Aquilio Gallo, che passava parte dell'anno in villa
-per iscriver opere; Aulo Cascellio, arguto ne' motti, indipendente
-nelle opinioni, che mai non volle comporre una formola secondo le
-leggi pubblicate dai triumviri, dicendo, — La vittoria non conferisce
-legittimo titolo al comandare»; e a chi lo consigliava a moderarsi
-nello sparlar di Cesare, rispose: — Due cose mi rendono franco; l'esser
-vecchio, e il non avere figliuoli».
-
-Anche Marco Tullio con occhio filosofico osservava la legislazione,
-volgendo in beffa le formole dello stretto diritto, religione del
-passato ormai insufficiente, e sostenendo risoluto la legge naturale e
-l'equità. Dichiarata allora la lotta del diritto naturale col civile,
-questo si trovò ridotto alla difensiva; tanto più dopo che vennero
-gl'imperatori, i quali lo astiavano come avanzo aristocratico, e
-Caligola voleva abolirlo d'un colpo, Claudio ne eliminava ciò che
-serbasse di troppo nazionale e rigido. I giureconsulti medesimi
-si persuasero che non era possibile circoscriversi nelle formole
-aristocratiche; e impedita o screditata la tribuna, e spenta
-l'eloquenza, si volsero alla pacata discussione e alla scrupolosa
-indagine dei fatti; e con tempo, dottrina e impassibilità maggiore
-che non potessero giudici e pretori, e con metafisica più esatta,
-pigliarono assunto di armonizzare le teoriche o discordi o repugnanti
-delle varie fonti, e giungere ai semplici risultamenti della pratica.
-
-Dall'età aristocratica del diritto si passò così alla filosofica;
-definita la giurisprudenza «cognizione delle cose umane e divine,
-scienza del giusto e dell'ingiusto, arte del buono e dell'equo», i
-giureconsulti videro la necessità di posare il diritto più sodamente
-che non nella contingenza dei casi e della volontà umana, e lo
-derivarono da un'eterna giustizia, ingenita nell'uomo, donde emanano
-tre regole cardinali: Vivere onesto, non offendere altrui, attribuire a
-ciascuno il suo.
-
-È fenomeno tutto particolare ai Romani questa letteratura legale, che
-per purità del dire, concisione, chiarezza[187], lucido svolgimento
-delle intricatissime quistioni, e principalmente per l'analisi severa,
-rimarrà perpetua meraviglia de' savj e vergogna di que' moderni, nei
-quali non sai se più incoerenti le ragioni o più barbara la dicitura.
-Presentata la tesi in termini precisi, quei giureconsulti la svolgono
-al modo che sogliono i matematici, adoprando a vicenda l'analisi per
-penetrare nella natura delle cose, la grammatica per ispiegare le voci,
-la dialettica per acuire la rigorosa interpretazione, la sintesi per
-valutare l'autorità, non solo d'altri giurisprudenti e degl'imperatori,
-ma di filosofi, medici, fisici: invece di definizioni, pongono termini
-di senso certo e tecnico, tali da escludere il dubbio; invece di
-divisioni puramente da scuola, e di lungagne retoriche, si difilano
-alla effettiva applicazione; e vi arrivano con tale rapidità, che, per
-quanto complicatissime sieno le tesi, nessun loro consulto riempie una
-facciata. Questo li preservò dal guasto che nella letteratura e nella
-lingua recavano Seneca e i suoi; e come Galileo scriveva con limpida
-sobrietà fra le petulanti ampolle del Seicento, così la concisa purezza
-di quei giureconsulti, la semplice dignità, provenienti dal buon senso
-e dalla gravità, fanno mirabile contrasto coi ventosi traviamenti de'
-puri letterati, i quali separavano il linguaggio pratico dallo scritto.
-
-Chi si ricorda l'infelicità degli etimologi latini, non avrà
-meraviglia se in questo fatto anche i giureconsulti nè colsero nè
-diedero rasente[188]. Di rado criticano la legge, ancor più di rado
-ne investigano la ragione politica ed economica o, come oggi diremmo,
-lo spirito; eminentemente pratici, facevano fondamento sopra certi
-assiomi, dai quali deducevano le conseguenze e le applicavano a casi
-particolari, senza risalire ai generali principj e al diritto naturale;
-dialettici robusti, anzichè teorici, s'acchetavano talvolta a ragioni
-che fanno sorridere[189]: pure vanno qualificati filosofi d'una scienza
-tutta pratica, e a ragione intitolavansi «sacerdoti che cercano la
-vera non la simulata filosofia»[190]. S'appoggiarono essi sopra la
-scuola stoica, austera e castigata ancora, ma già diselvatichita, più
-tollerante e meno superstiziosa, quale ne' più recenti suoi adepti
-proclamava il governo della Provvidenza divina, la consanguineità degli
-uomini tutti, la potenza dell'equità naturale.
-
-Distinsero il diritto in naturale, delle genti, e civile, secondo
-che traeva i suoi principj dalla natura animale dell'uomo, o dalla
-razionale di tutti i popoli, o dall'ordine politico di ciascuno: in
-pratica però intrecciarono il primo col secondo, solo separando il
-diritto civile e il diritto delle genti, quello applicato ai cittadini
-soltanto, questo a tutti. Il primo formava parte di quel che anche
-oggi chiamiamo diritto civile, e regolava i possessi e le prerogative
-di chi godeva i privilegi di cittadino romano; mentre il gius naturale
-riconosceva ad ogni individuo la facoltà di soddisfare i bisogni e
-gl'istinti comuni; il gius delle genti poneva l'uomo in relazione cogli
-altri uomini non appartenenti al medesimo gremio sociale.
-
-Quest'ultimo era dunque ben altro da quel che noi chiamiamo ora
-diritto delle genti; sopra il quale anzi, fra tanti lavori giuridici,
-nessuno ne fecero i Romani, per la ragione che realmente non esisteva,
-nel senso che noi l'intendiamo. Due popoli, finchè in guerra, si
-conoscevano unicamente per la forza: solo alle nimicizie dava qualche
-norma il diritto feciale, stabilendo le cause di romperle e i modi
-di dichiararle; venuti ad accordi, si regolavano secondo la lettera
-di questi. Dagli alleati generalmente si esigeva che avessero gli
-stessi amici e nemici del popolo romano, e che riverissero la maestà
-di questo[191]: ma la prima condizione li privava del diritto di
-guerra e pace, e dava ai Romani quella di passarvi coll'esercito, di
-farvelo mantenere, di chiederne soldati; l'altra attribuiva a Roma la
-superiorità del patrono sul cliente: perciò i legati investigavano
-e decidevano nel paese amico, metteansi arbitri nelle querele;
-il senato, guardiano del diritto, pacificatore universale, dava o
-toglieva l'immunità, l'indipendenza; e chi resistesse a' suoi ordini,
-consideravano come irriverente, come un superbo da debellare.
-
-Ma alla natura umana come tale non aveasi riverenza; il forestiero
-non poteva tampoco possedere, ottener giustizia, entrare in relazioni
-di proprietà con un cittadino romano; fosse privato o nazione, solo
-per mezzo d'un patrono o d'un ospite poteva aver sicurezza garantita,
-e stare in giudizio; finchè non venne stabilito anche un pretore
-_peregrino_, che proferiva sopra le liti tra forestieri e cittadini.
-E nel discutere e risolvere i litigi dei tanti stranieri accorrenti a
-Roma, si compararono le differenti legislazioni; e que' principj che
-trovavansi comuni a tutte, compresero essere insiti alla natura umana e
-ne dedussero un diritto, proprio di tutte le nazioni civili.
-
-Gli editti pretorj essendosi estesi con successive aggiunte, sentivasi
-il bisogno di raccorli, ordinarli, armonizzarli. Ofilio, contemporaneo
-di Cicerone, pel primo gli avea radunati: più famosa opera prestò
-Salvio Giuliano (t. iii, p. 246), che scelse i migliori e più
-opportuni, per ordine di Adriano imperatore; il quale nel 131 fece
-dal senato approvare quella compilazione (_Editto Perpetuo_), forse
-allorchè istituì i quattro giuridici per l'Italia. Se con ciò abbia
-tolto ai pretori la facoltà legislativa di modificare l'editto, non è
-certo[192]. In questo lavoro, che servì di testo ai legisti, Giuliano
-non introdusse nuovi principj, pure cambiò il diritto coll'eliminarne
-ciò che più non confacevasi al tempo. Molti lo tolsero a commentare,
-incominciando Giuliano stesso; indi Pomponio ed Ulpiano in ottantatre
-libri, Paolo in ottanta, Furio Antico in cinque, e Saturnino e Gajo;
-oltre i moderni che tentarono rintegrarlo.
-
-L'effetto di questa buona istituzione che fissava norme comuni al
-governo dell'impero, incagliossi in due altre: la prima fu l'autorità
-concessa alle risposte dei prudenti; l'altra le costituzioni imperiali.
-
-Anticamente qualunque pratico di leggi rispondeva ai consulenti,
-senza bisogno di licenza; ma Augusto, accorgendosi quanto la loro
-autorità varrebbe a introdurre principj nuovi, conforme alla nuova
-amministrazione, prescelse taluni, le cui risposte si considerassero
-come date dall'imperatore stesso. Fu dunque un privilegio la dignità
-de' giureconsulti, i quali esponevano gli avvisi loro; se unanimi,
-acquistavano forza di legge; in caso di disparere, il magistrato
-decideva: modo opportunissimo a togliere di mezzo le discussioni
-di diritto, che poco s'acconciano colle monarchie. Per un rescritto
-d'Adriano tale privilegio restava comune ai giureconsulti classici,
-senza bisogno di particolare domanda[193].
-
-Il cambiamento di costituzione avea introdotto una nuova fonte di
-diritto. Dapprima non v'avea che leggi e editti; pochi senatoconsulti
-ci restano dei tempi repubblicani[194], perchè il senato, assorto
-dalla politica, del diritto civile abbandonava la cura ai tribuni; ma
-venuti gl'imperatori, su questo concentrò l'attenzione, esclusa dalla
-politica. Intanto la rivoluzione morale e la economica s'andavano
-compiendo; la nuova religione aveva insegnato un'eguaglianza ed una
-libertà che rinnegavano gli inveterati privilegi; l'astuta cupidigia,
-sottentrata all'energia ed alla politica ambizione, esigeva leggi
-meglio combinate per mettere barriera all'egoismo crescente. Più non
-bastando pertanto la tradizione avita, gl'imperatori si trovavano
-costretti intervenire ogni tratto, moltiplicando le costituzioni;
-e fu istituito che gli _atti_ loro avessero forza di legge. Di
-questi alcuni introducevano veramente un nuovo diritto (_mandata,
-edicta_); altri non facevano che chiarire o applicare il già esistente
-(_rescripta, epistolæ, decreta, interlocutiones_): compilati dai
-migliori giureconsulti, erano avuti in molta stima, massime quanto
-all'applicazione del diritto[195]. Aggiungansi le _sanzioni_ o _formole
-prammatiche_, rescritti imperiali pel governo delle provincie, diretti
-ad università o ai governatori come ordinanze speciali sull'esecuzione
-di leggi.
-
-Sul fine dunque dell'impero, fonti del diritto si riguardavano, per la
-teorica, le XII Tavole, i primitivi plebisciti, i consulti del senato,
-gli editti dei magistrati, le consuetudini non iscritte: ma nell'uso
-non cadevano se non gli scritti dei giureconsulti classici e le
-costituzioni imperiali.
-
-De' giureconsulti i più si attennero all'ordine pratico, quello cioè
-dell'Editto Perpetuo[196]; sebbene alcuni seguissero classificazioni
-filosofiche, come fecero Gajo ed Ulpiano, che distinsero i diritti
-spettanti alle persone, alle cose, alle azioni. Quel che oggi a noi
-pare di tanto rilievo, la determinazione storica delle leggi, è da
-essi negletta, se non venga assolutamente necessaria per comprendere
-il diritto: più volentieri fermansi a svolgere l'origine delle opinioni
-de' giureconsulti, e i principj da essi introdotti[197].
-
-Per quanto concordi nel fondo, i giureconsulti formarono delle scuole,
-che poi vennero a conflitto, come succede ogniqualvolta il ragionamento
-si applichi a discussione. Già ai tempi d'Augusto contrastavansi
-Antistio Labeone e Atejo Capitone; il primo fedele agli antichi
-privilegi, l'altro ligio all'imperatore; questo sottomettendo l'intima
-essenza del diritto all'indipendente esame della ragione, desideroso
-dei progressivi perfezionamenti; quello attaccato al positivo, alla
-lettera, alle dottrine tradizionali; rappresentanti insomma della
-più generale divisione fra le dottrine, quella del progresso e quella
-della conservazione[198]. I giureconsulti poi si spartirono: gli uni
-denominati Sabiniani in grazia di Sabino scolaro di Capitone, gli
-altri Proculejani da Proculo scolaro di Labeone, che propendeva a
-una trattazione più filosofica e storica del diritto, e a dar regole
-generali all'ermeneutica giuridica. Poi nuove scuole sorsero, distinte
-fra sè o pel metodo, o pel punto di partenza, o pel fondo della loro
-discussione; quali preferendo lo stretto diritto, quali il diritto
-equo, quali i principii teorici, quali l'espression della legge,
-finchè si avvicinarono nella convinzione che il gius positivo non può
-perfezionarsi meglio che coll'unire i metodi diversi.
-
-I libri dei giureconsulti esercitarono maravigliosa efficacia
-sull'avvenire, perciocchè in parte chiarirono il diritto, e furono
-posti a contributo da Giustiniano[199], altri pervennero fino a
-noi, istruzione e guida, e talvolta impaccio ai giurisperiti ed ai
-legislatori, e per lungo tempo legge comune negli Stati moderni. Lungo
-sarebbe il dire di tutti quelli che acquistarono nome in sì importante
-scienza, la cui storia fu descritta da Sesto Pomponio romano, insigne
-giureconsulto, in un frammento, prezioso malgrado alquanti errori di
-fatto[200]. Lo pareggia Salvio Giuliano testè citato, probabilmente
-milanese, che viveva ancora sotto Antonino Pio; sostenne cariche
-eminenti; oltre compilare l'Editto Perpetuo, scrisse novanta libri di
-_Digesti_, di cui nelle Pandette si conservarono frammenti.
-
-Nei settant'anni fra Antonino e Alessandro Severo furono compilate
-le _Istituzioni_ di Gajo in quattro libri, di Fiorentino in dodici,
-di Callistrato in tre, di Paolo e d'Ulpiano in due, di Marciano in
-sedici. Tutte si smarrirono, eccetto quelle di Gajo Tazio romano,
-rimaste ignote fino al 1816, cominciate sotto Antonino, finite sotto
-Marc'Aurelio, e formano il fondo di quelle di Giustiniano[201]. Erano
-destinate ad insegnare il diritto, e sono l'opera che, a malgrado delle
-troppe lacune, più particolarmente c'informa del diritto classico, ed
-anche de' costumi, delle istituzioni, della società pubblica e della
-privata; onde la loro scoperta fu per la scienza storica del diritto
-romano un acquisto, qual non toccò a verun'altra parte analoga delle
-cognizioni umane, improvvisamente aprendo una delle migliori fonti,
-inesplorata fin allora.
-
-Seguirono altri giureconsulti, finchè arrivano i più celebri, e
-principe fra essi Emilio Papipiano fenicio, prefetto al pretorio e
-presidente al consiglio privato di Settimio Severo, mandato a morte da
-Caracalla perchè non volle giustificarne il fratricidio. Giulio Paolo
-padovano e Domizio Ulpiano fenicio, assessori suoi nel consiglio di
-Stato, composero moltissime opere, tanto accreditate che gli estratti
-d'Ulpiano formano un terzo delle Pandette, un sesto quelli di Paolo;
-anzi può dirsi che fondo di quelle sieno i loro commenti sull'Editto
-Perpetuo. Di settantotto opere di Paolo trovasi cenno nel Digesto;
-oltre i cinque libri di _Receptæ Sententiæ_, che contengono tutti i
-principi giuridici non contestati, disposti coll'ordine dell'Editto
-Perpetuo. A volta a volta pecca d'oscurità; mentre preciso e chiaro
-procede Ulpiano, quantunque molti solecismi semitici rivelino la sua
-origine.
-
-Le opere de' giurisperiti, dotate d'autorità giuridica, formavano
-un'intera biblioteca; sicchè era da pochi l'averne copia, e da
-pochissimi lo studiarne gl'intendimenti: poi qualora uno dissonasse
-dall'altro, a quale appigliarsi? Convenne dunque gl'imperatori
-designassero quali preferire; e prima Costantino autorò gli scritti
-di Paolo, e specialmente le _Receptæ Sententiæ_, abolendo le note di
-Ulpiano e Paolo sopra Papiniano[202]; poi Valentiniano III determinò
-quali costituzioni imperiali e quai rescritti potessero allegarsi,
-quali tenersi per leggi comuni, eccettuando i rescritti per negozj
-particolari, od estorti dai litiganti in opposizione alle leggi. Quanto
-al modo di valersi de' giureconsulti, attribuì vigore legislativo a
-Papiniano, Paolo, Gajo, Ulpiano, Modestino; ove discordassero, valeva
-l'opinione dei più; ove pari, quella di Papiniano; e s'egli non
-parlava, decidesse la prudenza del giudice. Singolare e veramente unico
-tribunale, in cui l'imperatore, per isgravarsi del rendere egli stesso
-il diritto, lo restringeva a citazioni.
-
-Al consiglio de' classici giureconsulti, fioriti da Augusto fino a
-Caracalla, vanno attribuite le più savie, precise e circostanziate
-disposizioni intorno ai diritti reali ed alla famiglia, ed altri
-veri miglioramenti indotti nella legislazione; merito in parte alla
-natura della nuova costituzione, nella quale l'imperatore non era
-inceppato dai privilegi d'alcun corpo, e i cittadini, distolti dalla
-vita politica, ne cercavano un compenso dall'ottenere la massima
-indipendenza civile; in parte maggiore alle nuove dottrine che i
-Galilei opponevano alle superbe ed inumane delle scuole antiche.
-L'efficacia dello stoicismo, modificato dal cristianesimo, si sente
-in essi quando Fiorentino insegna che la schiavitù è un'istituzione
-del diritto delle genti contro natura, e che natura stabilì una
-specie di parentela fra gli uomini; e Ulpiano, che tutti gli uomini
-quanto al diritto naturale sono eguali e nascono liberi[203]. Ma que'
-giurisprudenti teneano ai pregiudizj dei tempi pagani, allorchè non
-eransi ancora introdotte tante alterazioni rispetto alle persone,
-ai legati, alle obbligazioni, alle forme, alla procedura. I giudici
-dunque si trovavano strascinati due secoli addietro, e incatenato il
-diritto alla latina pertinacia e a idee formaliste, di cui i precedenti
-imperatori si erano affaticati a spastojarlo.
-
-Anche ridotta la giurisprudenza a quella meccanica applicazione,
-e malgrado le scuole all'uopo istituite, ogni giorno cresceva la
-difficoltà d'intendere gli scrittori; sempre nuove complicazioni
-recavano gl'incessanti rescritti degli imperatori, massime di
-Costantino, venuto a compiere ed attestare la nuova rivoluzione.
-Come doveva riuscir lungo lo studiare, imbarazzante l'applicare tante
-leggi, spesso abrogate e derogate! come avvilupparsi la giustizia in
-un labirinto, ove non era avviata da canoni prefissi! Unico rimedio
-sentivasi il raccogliere i decreti e le sentenze ancora vigenti,
-disporle sistematicamente, formare insomma un codice.
-
-Già temendo che Costantino, per favorire alla religione adottata, non
-disperdesse le leggi de' suoi antecessori, due giureconsulti aveano
-unito quelle pubblicatesi da Adriano a Diocleziano, formandone i
-codici, che dagli autori trassero nome di Gregoriano ed Ermogeniano:
-impresa d'autorità privata, opportuna ma non legale. Teodosio il
-Giovane eternò la propria memoria con un divisamente degno de' Cesari
-più illustri, quale fu la prima raccolta autentica delle costituzioni
-romane. Con solenne editto elesse otto personaggi di grande scienza e
-dignità, i quali la compilassero sulle norme ivi prefisse; radunate
-le leggi, si disputerebbe della loro convenienza, per formarne un
-codice espresso con semplicità; si tralasciassero le costituzioni
-degli antecessori di Costantino, registrate nei codici di Gregorio
-ed Ermogene, attesochè quell'imperatore, coll'abolire le formole e
-solennità antiche, aveva mutato faccia alla giurisprudenza, e quindi
-messe fuori d'uso gran parte delle istituzioni precedenti. L'opera fra
-tre anni fu ridotta a compimento in sedici libri, di cui i primi cinque
-concernono il diritto civile, gli altri il pubblico e le cose della
-religione; e nel 438 fu promulgata in ambi gl'imperi, acciocchè avesse
-preminenza sopra ogni altra legge[204].
-
-Compilato a precipizio in tempi di scadente letteratura e fra
-gli sgomenti de' Barbari, il codice Teodosiano riuscì deteriore;
-limitandosi alle leggi posteriori a Costantino, cioè fatte sol
-dove tacessero le antecedenti, ne tralascia d'importanti, mentre ne
-inserisce alcune d'interesse affatto parziale; vane repliche, errori di
-data e di soscrizione, mutilazioni di leggi, irragionevole partimento
-disabbelliscono quel lavoro; per renderli concisi, oscuraronsi alcuni
-testi; talvolta le rubriche sono più particolari che il testo, talaltra
-affatto dissone da questo; benchè l'imperatore esigesse perfetta
-ortodossia, vi s'insinuarono leggi favorevoli all'aruspicina; del
-_divino_ Giuliano è riferita la costituzione dove ai violatori de'
-sepolcri minaccia l'ira degli Dei Mani; il privilegio antico, che
-reclama la libertà del divorzio e del concubinato, attaccasi alle leggi
-Papia ed altre, posteriori al trionfo dell'equità. Insomma, piuttosto
-che un concetto creatore, vi si scorge una fatica da compilatori:
-eppure, a tacer la scienza legale, non v'è libro che meglio conduca
-alla cognizione di quel secolo, e principalmente della lotta estrema
-del privilegio patrizio e nazionale coll'equità universale. Perocchè,
-da sì varie fonti emanata, la giurisprudenza romana non poteva
-armonizzarsi in un bell'insieme; gli elementi eterogenei, venuti a
-transazione faticosa dopo lotte ostinate, ancor si discernono; fino
-i più arditi giureconsulti si acconciano alla patria ed al tempo: sol
-quando, caduto l'impero romano, restò dominante il cristianesimo, che
-dava vinta la causa all'equità, un più compito lavoro potè eseguirsi
-dall'imperatore Giustiniano.
-
-Quest'impresa appartiene all'impero d'Oriente, e all'età in cui
-l'Italia era occupata dai Barbari; sicchè noi ci limiteremo a dire
-come il dotto Triboniano e i collaboratori a ciò eletti cominciarono
-dal raccogliere tutte le leggi, ordini, rescritti degl'imperatori,
-cristiani fossero o gentili; e disponendoli secondo l'Editto Perpetuo,
-formarono il _Codice_ giustinianeo, decretato il 528.
-
-Non potendo un codice abbracciare tutti i casi e sminuzzarsi sopra
-ciascun accidente, occorreva di ricorrere alle opere de' giureconsulti
-per le spiegazioni e l'applicazione particolare. Ma poichè quella
-moltiplicità di responsi chiedeva lunghissimi studj, e spesso le
-sentenze erano irreconciliabili, si pensò estrarre da essi i più
-importanti teoremi di ragion civile. Duemila volumi si spogliarono a
-tal uopo, riducendoli in uno, ove in sette parti di cinquanta libri,
-sotto quattrocenventidue titoli, si trovarono classificate novemila
-cenventitre leggi, portanti ciascuna il nome di chi l'aveva emanata:
-nè i compilatori ci lasciarono ignorare quanta fatica sostenessero per
-aver ridotti a cencinquantamila i tre milioni di versi o, vogliam dire,
-sentenze de' loro autori. L'opera, pubblicata nel dicembre 533, fu
-intitolata _Pandette_[205], perchè abbracciava intera la giurisprudenza
-romana, o _Digesto_, perchè esse leggi v'erano classate con metodo:
-e quantunque le decisioni di casi particolari trascendano d'assai la
-vera legislazione, pure questo è l'unico codice compiuto che i Romani
-abbiano posseduto dopo le XII Tavole.
-
-Perdettero allora la giuridica autorità le decisioni de' prudenti,
-che non fossero ammesse nelle Pandette; la qual cosa fece trascurar le
-fonti, e smarrirsi così le XII Tavole, l'Editto pretorio, il papipiano,
-l'ulpiano e quegli altri che tanto or verrebbero destri per chiarire
-assai punti oscuri nella scienza del diritto. Neppur tutte le ammesse
-valsero per legge; ma le decisioni ed interpretazioni si considerarono
-come tali e nulla più. Ai copisti fu vietato lo scriverle con
-abbreviazioni, ed agli interpreti il commentarle altrimenti che parola
-per parola.
-
-In acconcio della gioventù, Giustiniano commise a Triboniano,
-Doroteo e Teofilo, consultando i compendj degli antichi giuristi, e
-principalmente quello di Gajo, componessero un corso d'_Istituzioni_
-in quattro libri: il primo che tratta delle persone, il secondo
-delle cose, il terzo delle azioni, il quarto delle ingiurie private,
-coronandoli cogli elementi criminali. Come il Digesto, e quasi al
-tempo stesso, ottennero forza di legge; e benchè al bello stile de'
-giureconsulti classici e al romano spirito di questi si mescolassero
-parole barbare e idee servili, di immenso prezzo riesce quell'opera
-vuoi per la storia, vuoi per la intelligenza del diritto.
-
-Ma poichè tra il fare comparvero soluzioni e pareri contraddittorj, fu
-duopo ricorrere all'oracolo sovrano, che pronunziò cinquanta decisioni.
-Giustiniano le volle innestate ai luoghi convenienti nel Codice, onde
-nel novembre 534 ne fece una seconda edizione (_Prælectio repetita_),
-che sola a noi pervenne, in dodici libri di settecentosettantasei
-titoli, contenente costituzioni di cinquantaquattro imperatori da
-Adriano in giù. Poi forse ducento nuove costituzioni portò Giustiniano,
-che furon dette _Novelle_, e che i glossatori raccolsero in gran
-parte, e con poche altre di successivi imperatori distribuirono in nove
-collezioni.
-
-Molta confusione giuridica e morale derivò dallo sbranare lo studio
-della giurisprudenza in modo, che da un lato si accumulassero le
-opinioni dei legisti, originate talvolta da particolari circostanze
-de' consulenti; dall'altro le decisioni imperiali, autorevoli per
-l'origine; inoltre quelle prime compendiare, mutilare, disgiungere
-dalle antecedenti, lasciandole così oscure ed ambigue, eppure da
-concepimenti privati elevarle a dignità legislativa; nelle altre
-insinuar quelle dettate da spirito diverso, e fin ostile. Non che
-s'ardisse ad una legislazione nuova e originale, Giustiniano veruna
-fondamentale istituzione non introdusse, nè tampoco seppe ridurre
-d'accordo le contraddittorie che regolano le sociali e le domestiche
-relazioni dei Romani. Suggerite da accidentali bisogni, e spesso varie
-d'intento secondo il magistrato popolare o patrizio, conservatore o
-progressivo che le avea pronunziate, cozzano fra sè: quelle da lui
-promulgate contraffanno sovente alle consuetudini[206] e al diritto
-antico, ch'egli non osa annichilare secondo avrebbe chiesto la mutata
-condizione del mondo: nè seppe sinteticamente raccogliere i frutti
-della sperienza pubblica e privata, in un accordo robusto che veramente
-meritasse nome di legge, come avviene ne' codici moderni.
-
-Se non che a sgravio de' compilatori vuolsi riflettere ch'essi non
-si dirigevano a scientifico intento, ma puramente alla pratica: e
-in ciò ben riuscirono; e quantunque obbligati ad indagar le fonti
-in una letteratura straniera all'Oriente dov'essi viveano, nella
-scelta procedettero così accorti, da rimanere anch'oggi la più fedele
-espressione dello spirito del diritto romano.
-
-Sotto tale aspetto, e perchè formato sopra lavori del tempo che
-descriviamo, noi discorriamo qui del _Corpo del diritto civile_, e non
-sarà discaro che con esso c'indugiamo attorno a quella legislazione che
-tanta efficacia esercitò sulle successive, e al progredir suo man mano
-che abbracciava maggior numero d'uomini, finchè a tutti si estese col
-cristianesimo.
-
-Tre cose son nostre, la libertà, la città, la famiglia, dice Paolo:
-e la testa (_caput_) d'un cittadino era appunto costituita da queste
-tre qualità, protette dal gius civile. La libertà s'acquista per
-nascita o per manumessione, si perde per condanna giudiziaria o per
-prigionia: giacchè talmente riconosciuto era il diritto della forza,
-che il Romano caduto prigioniero di stranieri, foss'anche un console
-come Regolo, perdea la qualità di cittadino e d'uomo; era riscattato da
-un Romano? restava servo di questo, finchè non se ne fosse ricompro.
-La cittadinanza acquistavasi per nascita, per naturalizzazione, per
-affrancazione: perdeasi per la relegazione o la deportazione, o pel
-naturalizzarsi in uno Stato forestiero, cioè che non avesse il diritto
-di cittadinanza, quantunque appartenesse all'impero.
-
-A noi, avvezzi a vedere tutte le parti d'uno Stato sottostare alle
-medesime leggi, è difficile comprendere la diversità de' legami che
-univano a Roma i vinti e gli aggregati: ma il nuovo codice portando
-in fronte _Nel nome del signor nostro Gesù Cristo_, il diritto veniva
-essenzialmente mutato da una religione che, al contrario delle dottrine
-uscite dai santuarj d'Etruria e di Grecia, proclamava esser gli uomini
-eguali; non la forza, ma ragione e carità aver a dirigere il mondo;
-e sommo rispetto doversi a ciascuno, non perchè cittadino, ma perchè
-uomo. Ne conseguì che il diritto delle genti prevalesse affatto sopra
-quello de' Quiriti.
-
-Tale lotta noi seguimmo già ne' politici ordinamenti, nelle leggi sui
-debitori, nelle successive acquisizioni del tribunato. Anche delle
-relazioni fra patroni e clienti, liberi e schiavi, ingenui e liberti,
-cittadini e provinciali, a lungo abbiamo e ripetutamente divisato. Qui
-cercheremo il progredire dell'equità in quella ch'è fondamento della
-civile convivenza, la famiglia romana. Questa anche nell'ordine privato
-non era naturale, ma creazione del diritto civile, abbracciando tutte
-le persone discendenti per maschi da un autore comune, ovvero entrati
-in essa per adozione o per manucapione. La donna è moglie pel marito,
-è madre pei figliuoli, ma non rimane compresa nella famiglia pel solo
-fatto del matrimonio; vi dà dei figliuoli, ma non è di loro famiglia.
-I figliuoli stessi possono esserne stranieri, mentre ne fanno parte
-straniere persone; attesochè fondamento non ne è il matrimonio, come
-da noi, bensì la potestà. Il padre è re in casa; nella propria persona
-assorbisce quella della moglie, dei figli, dei discendenti; giudica fin
-della loro vita. Ordinamento tirannico al modo orientale, vigorosissimo
-a conservar le case e la disciplina, restringendo i diritti domestici e
-di successione ad una parentela meramente civile (_agnatio_).
-
-La favola primitiva di Roma atteggiava fanciulle sabine di buona
-casa, rapite dai grossolani masnadieri di Romolo, i quali redimono
-il rapimento col rispetto, e ad istanza di esse si rappacificano coi
-Sabini; nel trattato si obbligano a non costringerle mai a girar la
-macine o preparare il pranzo, ma solo a filar lana. Per legge le donne
-non potevano esser tradotte al giudice degli omicidj, reputandole
-incapaci di tal delitto[207]; duranti le feste a loro onore, gli uomini
-doveano cedere ad esse il passo. Malgrado questo rispetto, che le
-differenzia dalle orientali, pesava sopra di esse la rigidezza della
-potestà domestica.
-
-I patrizj conoscono soltanto le _giuste nozze_, contratto
-d'impreteribile solennità, pel quale la matrona diviene parte
-della famiglia (_materfamilias_), e mediante la formalità della
-confarreazione, o una compra (_coemptio_), o l'usucapione, è ridotta
-in assoluta dipendenza dalla maestà del marito (_in manum convenit_),
-a segno che nulla possiede in proprio, può da quello esser venduta,
-giudicata, fin messa a morte per deliberazione presa coi parenti[208].
-Al contrario nel _matrimonio_ plebeo la moglie (_uxor_), non che
-diventi schiava allo sposo, serba il godimento de' proprj beni, e può
-fino convenir il marito in giudizio. La seconda forma prese col tempo
-vigore ed estensione, mentre invecchiò l'altra.
-
-Pertanto, invece d'entrare nella famiglia del marito, le matrone
-rimanevano spesso in quella del padre, indipendenti da quello:
-vivo lui, doveano aver un assegno per le spese di casa; morto, ne
-ereditavano i beni, in solo usufrutto è vero, ma pure amministrandoli
-a voglia, senza dipendere dal marito. Ne derivava alla donna un'aria
-d'eguaglianza e talora di superiorità; il marito, per ottenerne
-prestiti, dovea farle delle concessioni[209], oppure essa armavasi
-dei titoli di creditrice. I comici, non meno del censore Catone,
-schernivano cotesta indipendenza, causata dalla dote: eppure essa
-avviava la donna all'emancipazione.
-
-Al tempo di Teodosio e Valentiniano trovansi le donazioni _avanti
-nozze_, ma come istituzione già consueta. Furono introdotte quale un
-compenso della dote, e stipulavansi prima, atteso che le donazioni
-tra marito e moglie erano nulle. Tale donativo rimaneva immune
-dall'azione de' creditori, e se il marito fosse insolvibile, la donna
-aveva un'azione personale ed anche reale per farselo attribuire.
-La sorte di lei e de' figli era dunque assicurata dalla dote e dal
-dono antenuziale. Cessando il matrimonio, il marito ripigliava
-su questi la pienezza de' diritti, come anche per colpe della
-moglie determinate dalla legge. In caso di sopravivenza, ella avea
-diritto ad una porzione. Così via via s'accostava la donna a quella
-libertà che poi ottenne piena col cristianesimo, e che la sottrasse
-all'assoluta potestà maritale, facendola _consorte_, non serva, dandole
-l'uguaglianza legittima, conservandole la padronanza ne' suoi beni, ed
-obbligando il marito ad una donazione per nozze, equivalente alla dote
-ricevuta[210].
-
-Da principio non dovea confondersi un ordine coll'altro: dappoi, per
-la legge Canuleja del 445 avanti Cristo, i plebej possono unirsi in
-matrimonio con patrizj: poi, per la Papia Poppea del 9 dopo Cristo,
-l'ingenuo può mescolarsi al liberto: infine, al tempo di Giustiniano,
-il sangue senatorio potè innestarsi con quello della liberta e della
-prostituta senza avvilirsi.
-
-Anticamente la madre rimaneva esclusa dall'eredità legittima del
-marito, e solo se cadesse in miseria, ne riceveva una parte[211]; se
-il marito le lasciasse ogni aver suo, non ne toccava che un decimo;
-e nessun dono poteva accettarne. Ma le leggi Giulia e Papia Poppea le
-attribuirono un decimo dell'eredità del marito se avesse un figlio, un
-terzo se tre, volendo in ogni modo favorire la moltiplicazione della
-prole: a questo intento, la madre potea col marito ereditare da uno
-straniero.
-
-Nemmeno dai figli redava in origine la madre, nè essi da lei: ma
-al tempo di Claudio, essendo morti tre figlioletti, unica delizia
-della genitrice, l'imperatore ne fu commosso, e lei dichiarò erede
-universale. L'eccezione divenne regola, e l'affezione un titolo; e
-sotto Adriano e Marc'Aurelio, i senatoconsulti Tertulliano ed Orfiziano
-assegnarono alla madre una porzione legittima ed eguale alla paterna
-nell'eredità de' figli, come a questi nella materna eredità.
-
-Anche dalla perpetua tutela s'emancipò allora la madre, perocchè un
-senatoconsulto, imperante Claudio, proferì che l'ingenua la quale
-avesse tre figli, o la liberta la quale n'avesse quattro, per questo
-solo fatto rimarrebbero dispensate dalla tutela dell'agnato: la tutela
-stessa del padre fu poi ristretta alla minore età. Sopraviveva, gli
-è vero, la tutela _atiliana_, per cui una donna non poteva stare in
-giudizio o far contratti senza un curatore[212]; ma col dare a lei i
-diritti di tutrice venivasi a eluder quella, e mostrarne l'assurdità.
-In fatto dapprima si permise alla donna di sceglier essa medesima il
-tutore: ma divenuta questa tutela o inutile o viziosa, fosse di scelta
-loro od imposta dalla legge (_ottativa_ o _dativa_), Costantino la
-abolì riconoscendo alle donne diritti eguali all'uomo, e Giustiniano
-cassò dal suo codice tutto quanto rammentasse le antiche restrizioni,
-e decretò alla madre o all'avola la tutela legale di pien diritto[213].
-Merito ancora del cristianesimo, che nella vita attiva diede alle donne
-una posizione quale non aveano mai avuta sotto il patriziato romano, e
-che esse eransi meritata col loro zelo alle conversioni, coll'eroismo
-al martirio e alla carità[214].
-
-Le seconde nozze erano state incoraggiate dai primi imperatori; nè il
-cristianesimo le riprovò, quantunque paressero indizio di debolezza.
-Gl'imperatori cristiani provvidero che l'interesse de' figliuoli non
-restasse deteriorato quando il padre o la madre passavano ad altro
-letto[215].
-
-La donna, ond'essere romanamente considerata moglie, bisognava fosse
-di classe conveniente, ed entrasse in casa colle richieste formalità,
-coi riti sacri e cogli Dei penati; diversamente era _concubina_,
-non partecipe all'acqua, al fuoco, al culto interiore: matrimonio
-inferiore, sprovvisto di solennità, solubile, eppur regolato dal
-diritto naturale, e che serviva a coprire unioni libere ma non viziose
-di chi non voleva gli eccessivi legami del matrimonio legale, o sposava
-liberte; i figli consideravansi naturali, e non aveano i diritti de'
-legittimi verso il padre, bensì verso la madre. Gl'imperatori cristiani
-non osarono batter di fronte questa consuetudine[216]; solo provvidero
-meglio alla legittimazione. Leone il Filosofo abolì poi il concubinato
-in Oriente: in Europa si protrasse fin dopo il Mille.
-
-Esercitando il diritto suo sopra il matrimonio quale sacramento,
-la Chiesa vi pose ordinamenti, e tolse di guardarlo come semplice
-contratto d'interesse e di piacere. Meglio fu tutelata la libertà
-della donna nella scelta dello sposo[217], tanto più da che contro la
-violenza offriva rifugio la verginità onorata e sacra.
-
-Le nozze romane non s'intendevano _giuste_ se non vi consentissero
-e i contraenti e quelli in cui potestà erano: che se padre e madre
-negassero il consenso senza motivi, il governatore della provincia
-poteva concederlo, e prefiggere la dote. Perchè i riguardi non
-impacciassero la volontà, nessun magistrato doveva contrar parentela
-nella provincia che reggeva; e se vi facesse sponsali, era in arbitrio
-della donna lo scioglierli, uscito ch'egli fosse d'autorità. Nè il
-tutore potea farsi sposa o nuora la pupilla. Incestuosi guardavansi i
-maritaggi tra genitori e figli anche adottivi, tra fratelli e sorelle.
-Restavano sciolti quando il marito cadesse schiavo o prigioniero, o per
-cinque anni non se ne avesse contezza.
-
-La Chiesa, volendo purificare tutte le relazioni civili e sottoporle
-a norme spirituali, crebbe gl'impedimenti, e chiamò _impedienti_ gli
-uni, _pubblici_ o _dirimenti_ gli altri[218]. Dovendo i Cristiani
-vivere in legame di carità e in unione di credenza e di pratiche,
-bisognò proteggere i costumi con maggiori divieti, e insieme propagare
-a lontane famiglie que' vincoli di benevolenza che già esistono tra
-parenti: furono quindi proibiti i matrimonj tra figli di fratelli,
-sotto l'esorbitante pena del fuoco e la confisca de' beni; ed anche lo
-sposar nipoti nè cognate[219]. Facevano impedimento l'adulterio e il
-ratto; e come nel diritto romano era d'ostacolo l'adozione, così nel
-diritto canonico la parentela spirituale. I santi Padri ebbero sempre
-come pericolosi i matrimonj con infedeli: sotto il qual nome le leggi
-civili intesero poi soltanto gli Ebrei, giacchè i Pagani sempre più
-scomparivano; più tardi furono vietate le nozze anche con eretici.
-
-Per simboli antichi il matrimonio dovea simulare una violenza, e la
-sposa essere fra i pianti divelta dalle braccia materne per passare
-in quelle del marito. Cinque tede di pino ed una di biancospino; i
-capelli della ragazza divisi sulla fronte col ferro d'una lancia;
-le monete ch'essa dava allo sposo; l'invocato nome di Talasso;
-l'ungere il chiavistello della porta maritale, e varcarne la soglia
-a braccia d'amici per non incespicare; la focaccia di farina, sale
-e acqua, ed altri riti antichi, avevano perduto significazione, fin
-per gli eruditi. Però gli sponsali non andavano senza solennità; e il
-fidanzato dava alla sposa un anello, ponendoglielo sul quarto dito,
-che (tradizione egizia, non ancora spenta fra il vulgo) credeasi
-comunicare per un nervo sottilissimo col cuore. Il cristianesimo
-semplificò questi riti: ma fin dai primi tempi si esigeva che gli sposi
-dichiarassero al vescovo l'intenzione di contrar nozze, cerimonia
-surrogata alle sponsalizie del diritto civile[220]; e gl'imperatori
-resero obbligatorio tale atto. Generalmente si dava la benedizione;
-ma solo nell'VIII o IX secolo fu dall'autorità reputata necessaria a
-render valido il matrimonio; nel diritto canonico non si tenne mai per
-indispensabile[221].
-
-Sotto la legge Papia il matrimonio si provava per semplice presunzione,
-e, come ogni altro diritto, per l'uso e il possesso; nè occorreano
-magistrati per sancirlo, quasi il legislatore avesse sdegnato
-d'intervenire ad autenticare un obbligo, che ciascuna delle parti
-potea rescindere a talento. Nasceano dissapori in famiglia? se non
-fossero tolti da preghiere sporte alla dea Viriplaca, o dal pranzo che
-imbandivasi il 19 febbrajo (charistia), si consentiva il divorzio,
-non altro esigendosi se non che uno dei conjugi mandasse all'altro
-il libello, in presenza di sette cittadini. Elevato il matrimonio a
-dignità di sacramento, dalle leggi fu derogata la facilità procellosa
-de' divorzj, e specificatene le cause. La donna poteva separarsi dal
-marito se omicida, avvelenatore, sacrilego, impotente, o per lunga
-assenza e professione monastica; in ogni altro caso ella era rimandata
-spoglia d'ogni ricchezza ed ornamento: ma poteva far esigliare, e
-trarre a sè gli averi di quella che il marito introducesse nel suo
-talamo. La Chiesa non permise mai il divorzio nel senso civile; che se
-gli sposi separavansi, non poteano contrarre altri nodi[222].
-
-Del passo medesimo si addolcì la paterna assolutezza, non derivante dal
-sangue, ma dalle formole delle giuste nozze, e dalla finzione civile
-dell'adozione e dell'arrogazione. Era essa illimitata, sin a poter
-esporre o diseredare i figliuoli, i quali, sebbene fossero indipendenti
-pel diritto civile, e votassero nella tribù e nella classe del padre,
-pel diritto privato restavano non soltanto soggetti, ma in proprietà
-del genitore, per qualunque età o grado o magistratura avessero, salvo
-se fossero emancipati con finta vendita. Questa faceasi dal genitore a
-persona terza, la quale gli dava a peso il denaro convenuto, ripetendo
-l'atto tre volte, giacchè per altrettante la legge permetteva al
-padre di vendere il figlio; dopo di che il compratore lo menava ad
-un crocevia, e gli dicea: — Va dove t'aggrada». Chi non avesse figli
-poteva adottarne o arrogarne, col che su loro acquistava diritti
-e doveri di padre, e tramandava ad essi il nome e i beni; mezzo di
-perpetuar le famiglie, che nell'aristocrazia sono il tutto.
-
-Dalla centralità del potere imperiale discordava quella giurisdizione
-privata de' padri; e il contrasto che la nuova generazione convertita
-aveva esercitato verso la vecchia pertinace, invogliava a porre limiti
-alla potestà patria, da carnale mutata in spirituale. Costantino lo
-fece; tanto che il padre rimase capo rispettato della sua discendenza,
-arbitro di diseredare, d'infliggere correzioni moderate, di dettare
-al magistrato la sentenza severa che fosse reclamata dalla disciplina
-domestica: ma ai genitori micidiali de' proprj figli fu applicata la
-pena dell'omicidio[223].
-
-Ai pupilli non ancora puberi, vale a dire ai maschi prima dei
-quattordici anni, e alle fanciulle prima dei dodici, che perdessero il
-padre, si destinava un tutore fra' più prossimi parenti paterni; e sin
-a Claudio non era questo obbligato a veruna cauzione. Fatti puberi,
-gli orfani non potevano disporre de' proprj beni avanti la maggiore
-età, vale a dire a venticinque anni, se non consenziente un curatore,
-destinato dal prefetto della provincia.
-
-Ogni guadagno del figliofamiglia apparteneva al padre. Se vivesse a
-parte e con mestiere differente, il padre gli abbandonava il peculio,
-in modo che potesse disporne, non però alienarlo a titolo gratuito, nè
-legarlo in testamento. Dopo Augusto, per equità si permise ai figliuoli
-di disporre di ciò che avessero guadagnato militando (_peculium
-castrense_): sotto Costantino vi si assimilarono i beni acquistati in
-uffizj civili ed ecclesiastici (_peculium quasi-castrense_) o per dote:
-infine il padre non restò erede del figlio ab-intestato, se non in una
-parte legittima; de' beni della moglie non gli rimase che l'usufrutto,
-spettandone la proprietà ai figliuoli. Gran progresso alla indipendenza
-di questi e al loro valor civile in una società che fin allora gli avea
-tenuti soggetti. Generalizzando poi quel concetto, e depurandolo dalle
-viete mescolanze, Giustiniano attribuì al figlio la proprietà di quanto
-entrava nel suo peculio _avventizio_[224]: del che s'applaudisce egli a
-nome dell'umanità, e avrebbe potuto dire, a gloria del cristianesimo.
-
-Sfasciasi dunque la famiglia legale per dar luogo al diritto umano;
-la gentilità cade in dimenticanza, e così il _nesso_ e l'_addizione_
-dell'uomo libero; la mano e il _mancipio_ non sopravanzano che
-come finzioni, onde eludere certi rigori dell'antico diritto. Il
-figliofamigiia ottiene una capacità, uno stato, poi una proprietà; il
-gius pretorio favorisce i cognati, i parenti di sangue, e attribuisce
-loro sempre maggiori diritti; finchè dalle costituzioni imperiali
-restano cancellati gli effetti della prisca famiglia romana, che da
-prima politica, poi religiosa, poi di diritto civile privato, infine si
-riduce a naturale.
-
-La paterna onnipotenza e la nessuna cura dell'uomo se non in quanto
-era cittadino, palesavasi principalmente nell'infanticidio, costumato
-da tutti gli antichi. Romolo ordinò di conservare in vita la fanciulla
-primogenita: le leggi imponevano d'uccidere il neonato deforme o
-infermiccio: che il padre impoverito potesse vendere i figliuoli,
-risulta da Paolo, e fin sotto Costantino e Teodosio Magno se ne trovano
-prove autentiche, e san Girolamo ci porge i gemiti di una madre, i
-cui tre figli erano stati venduti dal marito per pagare il fisco[225].
-L'abortire era una scienza, e Giustiniano dichiarava che il feto, non
-ancor venuto in luce, non è uomo: onde, se al padre gravasse l'educare
-altra prole, se la madre non volesse abbreviarsi la gioventù, se
-gl'indovini o la congiunzione delle stelle profetassero sinistramente,
-disperdevasi il concetto; o, dopo nato, il padre non lo levava di
-terra; col che intendevasi ch'egli non lo riconosceva, ed era gettato
-alla via a morire, se pure nol raccogliessero certi speculatori che,
-storpiatili, se ne servivano per eccitare la pietà de' passeggieri, o
-li riducevano eunuchi o nani.
-
-Primi i Cristiani levarono la voce a favore di quei tapini; poi li
-raccolsero per salvarne la vita e l'anima; Costantino decretò sussidj
-a chi fosse impotente a nutrire i figliuoli: ma l'uso di gettarli
-era talmente radicato, che non veniva punito; solo la legge voleva ne
-diventasse proprietario chi li raccoglieva, passando in esso la patria
-potestà e il diritto di trattarli come figli o come servi. Valente
-e Graziano costituirono pene a chi esponesse i bambini: finalmente
-Giustiniano, sostenuto dalle censure ecclesiastiche, abolì questa
-nefandità.
-
-Nel codice Giustinianeo è proclamata l'eguaglianza di tutti i cittadini
-avanti alla legge; abolite le orgogliose distinzioni de' tempi
-repubblicani, a ottenere cariche e comandi non valeva più l'esser
-nobile o plebeo, romano o barbaro, ma il merito o vero o supposto.
-Logicamente ne conseguiva il cassare l'altra più iniqua distinzione
-fra ingenui e schiavi; ma talmente era connaturata colla società,
-che lunghi secoli stentarono la civiltà e il cristianesimo prima di
-toglierla.
-
-L'antico diritto distingueva lo stato dell'uomo in naturale e civile.
-Per natura ha la libertà, cioè può fare ciò che la forza e il diritto
-non vieta, nè tal libertà può alienare: ma civilmente ammettevasi la
-schiavitù; e lo schiavo era diminuito del _capo_, cioè senza le tre
-cose che lo costituiscono, libertà, cittadinanza, famiglia; era cosa,
-non uomo. Come fosse trattato, non serve ripeterlo (Cap. XIX); ma
-gl'imperatori, contornati di schiavi e liberti, presero compassione
-per quella classe, con cui incrudelivano o straviziavano, e spesso
-divennero redentori degli schiavi quei ch'erano flagello dei liberi.
-Claudio pronunziò liberi i servi che nell'infermità fossero abbandonati
-dai padroni sull'isola d'Esculapio, e omicida chi li trucidasse per
-non mantenerli: la legge Petronia sotto Nerone impedì d'obbligarli
-a combattere colle fiere[226]: Adriano volle alle pene capitali non
-fossero condannati dai padroni, ma dal giudice, e potessero portar
-querela ai magistrati per mali trattamenti[227]: Antonino Pio costituì,
-che chi uccidesse il proprio schiavo fosse punito come l'uccisore
-dell'altrui, e i magistrati soccorressero a quelli che dai padroni
-fossero straziati, ovvero spinti all'impudicizia: Diocleziano permise
-allo schiavo di stare in giudizio o per costringere il padrone a
-concedergli la libertà dopo pagato il riscatto, o per vendicare la
-morte di quello[228].
-
-Restavano però sempre come una _seconda specie d'uomini_[229], e una
-legge di Costantino, vietandole, enumera le atrocità usitate contro
-gli schiavi; toglierli di vita col laccio, la croce, le armi, o
-trabalzarli, o injettar loro veleno nelle vene, o strapparne a brani
-le carni, o arderli a lento fuoco, o perfino lasciarli imputridire
-vivi. Esso imperatore abolì la croce, consueto loro supplizio, e
-il marchio in fronte: se mandò assolto il padrone che uccidesse il
-servo nel correggerlo, lo dichiarò omicida se per deliberata volontà
-il mettesse a morte: nel dividere i coloni coi poderi, volle non si
-separassero i figliuoli dai genitori, dalle sorelle i fratelli, dai
-mariti le mogli[230]. Egli stesso agevolò le manumessioni fatte in
-chiesa e da chierici; e tante furono, che l'Impero si trovò affollato
-di poveri, cui la Chiesa dovette soccorrere con ospedali e sussidj. Se
-ne induceva la necessità di procedere lentamente: e l'avere un giorno
-l'effimero imperatore Giovanni abolita la schiavitù, fu un atto di que'
-rivoluzionarj che non riflettono al domani.
-
-Costantino lasciò sussistere gl'impedimenti frapposti da Augusto alla
-manumessione per testamento; pure diveniva consueta, e Giustiniano vi
-diede altrettanta libertà come alle manumessioni tra vivi. Egli stanziò
-che, chiunque cessava d'essere schiavo, acquistasse immediatamente
-la cittadinanza, abolendo la restrizione, di cui la legge Giunia
-Norbana circondava quelli fatti liberi _per lettera, fra amici_, o
-con formalità meno solenni; introdusse di liberarli _nelle sacrosante
-chiese_, giusto trovando che i ceppi dello schiavo si spezzassero a piè
-di quella croce, donde l'uomo era stato redento dalla servitù.
-
-A paro colle persone, venne svincolandosi la proprietà, le cui vicende
-sono il più significante testimonio della condizione di un popolo.
-Come fra i più antichi, così probabilmente fra i Greci essa era di
-natura religiosa: a Roma la troviamo municipale, sebbene in origine
-l'esser cittadino portasse forse la comunanza di riti. Da principio
-l'intera tribù acquistava proprietà sopra i campi da essa coltivati,
-dividendo come le fatiche così i frutti, e ripartendoli per famiglie o
-consorzj, obbligati a conservare e trasmettere la proprietà comune. A
-ciascun brano di privata si aggiungeva un pezzo di proprietà pubblica
-pei pascoli: dal che seguiva che, com'era comune la pubblica, così la
-privata dovesse unirsi in consorzj, e perciò rimaner solidale nei pesi
-pubblici.
-
-I Comuni però non erano unioni popolari, quali oggi le intendiamo,
-determinate dall'unità territoriale; sibbene aggregamento di alquanti
-consorzj. Talvolta parte di un consorzio si poneva sotto al patronato
-d'un senatore o d'una persona di Corte, e con ciò restava esente dai
-carichi, ad aggravio dell'altra parte. Ciò contribuì a sminuire i
-possessori liberi, moltiplicando i coloni e i servi. Gl'imperatori
-poco a poco aveano tratto sotto l'immediata loro protezione anche le
-città, solo garantendone alcune franchigie. I consorzj godeano pure
-di privilegi imperiali, contribuendo ai pubblici aggravj; e fu come
-consorzio che la nuova Chiesa crebbe e divenne governo.
-
-Fra le cose, alcune erano state appetite sovra le altre dalla
-semplicità guerresca dei prischi Romani, come la terra che costituiva
-la proprietà per eccellenza, poi le case, gli schiavi, le bestie da
-lavoro. Queste (dette RES MANCIPI perchè non s'acquistavano se non
-colla mancipazione o con altro atto legale) conferivano la condizione
-civile, e perciò erano regolate colla religione e coll'autorità
-pubblica, non poteano acquistarsi che dal cittadino, nè alienarsi senza
-formole pubbliche. Le altre cose di lusso e godimento, per quanto Roma
-arricchisse, furono sempre tenute da meno (chiamate res nec mancipi
-perchè vi bastava la tradizione, senza le solennità sacramentali della
-mancipazione), e regolavansi col diritto naturale.
-
-Da principio esiste un dominio solo; si possiede pel diritto de'
-Quiriti (_dominio quiritario_), o non si possiede. Solo il cittadino
-può avere tale dominio; solo farne oggetto le cose e il suolo
-_commerciabile_; escluse dunque le persone e le terre straniere: la
-provincia è proprietà del popolo, poi dell'imperatore; in essa e sopra
-ogni suolo che non fruisca del diritto italico, si hanno de' possessi,
-ma non la proprietà: sebbene poco a poco anche quelli acquistino i
-mezzi di tutela e i vantaggi della proprietà legale romana. Questa
-non può essere attribuita con modi diversi dalle romane prescrizioni:
-compite le quali, diviene assoluta, che che inganno o forza vi siano
-intervenuti.
-
-Dalle scuole stoiche i giureconsulti aveano dedotta la distinzione
-dei beni in cose materiali e no: contavansi fra le materiali quelle
-che possono toccarsi; le altre indicavano piuttosto diritti sulle cose
-stesse, fra cui i più importanti erano le servitù rustiche ed urbane,
-e le personali, cioè usufrutto, uso, abitazione. Alcune cose erano
-_sacre_, come i tempj; altre _religiose_, come i luoghi destinati a
-sepolture; altre sante, come le porte d'una città. Alcune erano di
-tutti (_res universitatis_), come teatri, stadj; alcune di nessuno,
-come i lidi del mare, i fiumi; o del primo occupante, come gli uccelli
-liberi, alla cui caccia unico limite era il rispetto dovuto ai fondi e
-alle siepi altrui.
-
-Acquistavasi la proprietà delle cose particolari colla prescrizione,
-col dono, colla compra, o colle successioni: le servitù, gli schiavi
-e le terre poste in Italia trasmettevansi col solenne rito della
-mancipazione. Ma accanto al dominio quiritario s'introduce un diritto
-meno perfetto, un possesso secondo il diritto delle genti, non
-giuridico ma di fatto, e che si definisce _in bonis habere_, avere tra
-i proprj beni; donde fu poi denominato dominio _bonitario_: gli editti
-pretorj lo proteggeranno, la giurisprudenza ne snoderà le regole, vi si
-annetteranno gli effetti utili del dominio[231].
-
-I Cristiani non riconoscevano per padrona di tutto la patria; i
-possessi non deducevano dalla ragion di Stato, ma da Dio; laonde il
-civile diritto cedette a quel delle genti, e invalse la proprietà
-naturale; e quando si compilò il Codice, furono equiparate le cose
-màncipi e le non màncipi[232], il diritto quiritario e il bonitario,
-«ludibrio d'antica sottigliezza». Adunque da principio trovammo una
-sola proprietà _ex jure Quiritium_; alla fine, ancora una proprietà
-sola, ma aperta a tutti, in qualunque territorio, e in arbitrio
-del possessore il disporne. Speciali regolamenti ebbe l'enfiteusi
-ecclesiastica, o precaria, per la quale un podere veniva dalle Chiese
-conceduto con lieve canone per un tempo determinato, allo spirar del
-quale tornava ad esse con aggiunta d'altri terreni e coi miglioramenti.
-
-In prima il solo cittadino romano poteva testare[233], e in due
-maniere: o ne' _comizj calati_ il patrizio dichiarava alle tribù la sua
-ultima volontà; o sul campo di guerra il soldato avanti ai commilitoni
-(_in procinctu_). Da poi, cogli stessi riti onde trasferivasi il
-dominio, si facea la solenne dichiarazione dell'ultima volontà,
-presenti cinque testimonj e un pesatore, simulando vendere famiglia e
-beni ad un altro, il quale non era dunque erede ma compratore (_familiæ
-emptor_). L'editto pretorio modificò queste norme, accordando valore
-(_possessio bonorum_) a qualunque testamento portasse il suggello di
-sette cittadini. Sotto gl'imperatori la dichiarazione d'ultima volontà
-potè farsi davanti un magistrato, e alla curia municipale, iscrivendola
-ne' protocolli; donde il testamento _autentico_. Infine Valentiniano
-III introdusse il testamento _olografo_.
-
-L'istituzione dell'erede, ch'era il punto essenziale, dovea farsi in
-termini imperativi; ma Costantino alla necessità delle formole surrogò
-la semplice espressione di volontà. Chi avesse figliuoli naturali o
-adottivi, non emancipati nè espressamente diseredati, doveva istituirli
-eredi. Al debitore insolubile imprimevasi nota d'infamia; laonde
-chi morisse in tal condizione, istituiva erede forzato uno schiavo,
-acciocchè la procedura fosse patita da questo, senz'aggravio della
-sua memoria. Perocchè gli schiavi e i figlifamiglia sottentravano
-_necessariamente_ al defunto nei diritti non meno che nei pesi: poi il
-pretore permise di _astenersi_ dalla successione del padre: finalmente
-con Giustiniano s'introdusse il benefizio dell'inventario.
-
-In legati non poteasi disporre di là da tre quarti dell'eredità[234].
-I beni dell'intestato passavano agli eredi _suoi e necessarj_, cioè
-ai figli legittimi o adottivi, o ai discendenti in linea mascolina:
-gli emancipati non v'aveano diritto per legge, ma furonvi ammessi
-per editto pretorio (_bonorum possessio ab intestato_). Dappoi non
-s'ebbe più riguardo all'agnazione, aristocraticamente diretta a
-conservar i beni nelle famiglie; e le costituzioni imperiali chiamarono
-alla successione legittima anche i discendenti per donna; le madri
-ereditarono dai figli, a preferenza degli agnati; non contandosi
-più il legame della potestà, ma quello del sangue. Così la natura fu
-ripristinata ne' suoi diritti, e il principio aristocratico soccombette
-all'equalità naturale. L'ordine di successione stabilito da Giustiniano
-secondo la parentela naturale, è affatto filosofico, e sopravisse alla
-barbarie e alla feudalità, per impiantarsi ne' codici odierni.
-
-In una successione non può raccogliersi se non quel che esisteva
-nel patrimonio del defunto; in conseguenza non si può stipulare una
-promessa pel momento della morte. Questa sottigliezza de' giureconsulti
-romani fu tolta via da Giustiniano. Ove mancasse un successore,
-l'eredità ricadeva al fisco. Da poi alcune corporazioni ottennero
-privilegio speciale sui beni de' loro aggregati, morti senza eredi;
-onde quei de' soldati devolveansi alla sua legione, quei del decurione
-municipale alla curia, quei del monaco al convento.
-
-Di quattro specie obbligazioni riconosce il diritto romano; per
-_contratti_ e _quasi-contratti_, per _delitti_ e _quasi-delitti_. Le
-convenzioni fra i Romani non produceano obbligazione se non in casi
-determinati; cioè quando vi si fosse adoperata una delle formole
-riconosciute dal civile diritto, come il nesso, la stipulazione; o
-quando l'uso vi avesse applicato un nome e un'azione speciale, come
-il mutuo, il comodato, il deposito, il pegno, la fidejussione, la
-vendita, la locazione, il mandato, la società. Que' primi quattro
-chiamavansi contratti _reali_, perchè, oltre il consenso, suppongono
-la tradizione fatta da chi deve a chi riceve; mentre gli altri si
-formano col semplice consenso. Pel diritto pretorio, a tali contratti
-se n'aggiunsero più altri _innominati_; finchè Aristone, imperante
-Trajano, introdusse l'azione _ex præscriptis verbis_, cioè che chi
-diede o fece una cosa in vista d'una prestazione equivalente, possa
-esigerla. Quindi i contratti innominati furono ridotti a quattro tipi,
-_Do ut des, do ut facias, facio ut des, facio ut facias_; ma non si
-statuì mai che in essi il consenso delle parti bastasse per produrre
-obbligazione: così, per esempio, il baratto, che alcun tempo fu
-assimilato alla vendita, si ebbe sempre come un contratto innominato,
-una variante del tipo _do ut des_.
-
-In generale le formole in cui s'adoprava il verbo _spondère_, tenevansi
-come di diritto civile, e non creavano obbligazioni che fra cittadini
-romani; fin a quando l'imperatore Leone dichiarò che le stipulazioni
-reggevano, qualunque ne fossero i termini. Bastava dunque si facesse
-un dialogo fra i due contraenti: — Prometti di dare o di fare la tal
-cosa? — Prometto». Gli atti e le formole inchiudevano la necessità che
-gli stipulanti fossero presenti: ma uno potea farsi rappresentare dai
-proprj schiavi. Ogni padrefamiglia teneva un libro di dare e avere
-(_codex accepti et expensi_), e il registrarvi un obbligo lo rendeva
-autentico; sebbene non conosciamo di quali cautele abbisognasse
-quest'atto.
-
-Un fatto lecito da cui risultassero obbligazioni, chiamavasi
-quasi-contratto, come la volontaria gestione d'affari altrui. Dei
-delitti parleremo or ora. Quasi-delilto dicevasi un fatto che recò o
-poteva recar danno, senza precisa intenzione, ma per colpa; come chi
-sospendesse o gettasse alcun che, o scavasse una fossa con pericolo de'
-passeggieri.
-
-L'ipoteca potea mettersi su tutti i beni; nè conosceasi la _legale_,
-cioè non precisata da convenzione. Le ipoteche non erano pubbliche, nè
-il credito veniva assicurato se non dalle pene minacciate ai venditori
-che dissimulassero di quali carichi fosse gravato il fondo che
-vendeano.
-
-Le azioni, cioè il diritto di reclamare in giudizio il dovuto,
-distinguevansi, quanto all'oggetto, in _personali_, _reali_ e _miste_,
-secondo che erano da persona a persona per costringerla ad adempiere
-un obbligo, o chiedevasi compenso o restituzione d'una cosa, o faceasi
-l'una cosa e l'altra, come nel domandare una divisione d'eredità.
-Quanto all'origine, erano o _civili_, autorizzate da legge, o
-_pretorie_, fondate sull'editto del pretore. Quanto al soggetto, erano
-di _stretto diritto_, di _buona fede_, ed _arbitrarie_; distinzioni
-fondate sul particolar modo d'amministrare la giustizia, essendo le
-prime due deferite al magistrato, le terze all'arbitrio.
-
-La giurisdizione rimaneva congiunta all'amministrazione in quel che
-dicevasi _imperio_: se non che alcuni magistrati inferiori non aveano
-tutto l'imperio, ma soltanto l'autorità giuridica. Dell'imperio
-ordinario non facea parte la giurisdizione criminale, che era sempre
-una delegazione speciale, denominata _merum imperium_, e portava
-diritto di spada; a diversità del _mixtum imperium_, che consisteva nel
-poter mettere alcuno in possesso di beni.
-
-Anche dopo dismesse e diradate le azioni simboliche, la legge e la
-consuetudine avevano determinato le formole della processura. Negli
-atti giuridici da principio sopra l'intenzione predomina la forma, che
-è quasi la veste, l'esternazione del pensiero; e non usandosi o poco
-la scrittura, bisogna far impressione sui sensi, e che l'atto della
-volontà istantaneo e fuggevole sia ridotto sensibile e irrevocabile.
-Oltre le cause generali che materializzano le istituzioni al tempo
-delle civiltà nascenti, e che in paesi diversissimi offrono press'a
-poco gli stessi fenomeni, le forme della stipulazione giovano in
-quanto fissano seriamente l'attenzione delle parti sopra ciò che
-stanno per fare; in un'espressione netta, breve, rigorosa, precisano
-l'obbligazione che contraesi, e fanno apparire più vigorosamente
-l'assenso delle parti mediante l'interrogazione e la risposta. Oggi
-stesso che si bada più ch'altro alla pura volontà, all'intenzione, per
-certi atti più importanti si conservano pratiche analoghe all'antica
-stipulazione, come è la formola del matrimonio, come il giuramento.
-
-In principio questi atti s'appoggiano all'analogia, operazione tanto
-comune nella fanciullezza dell'individuo come delle nazioni. Da poi
-si arriva al simbolo, che spesso non è se non l'avanzo d'un rito
-perduto. Via via le istituzioni dalla materia passano nel campo
-dell'intelligenza; la civiltà si appiglia immediatamente allo spirito,
-alla volontà, all'intenzione; dall'esteriorità chiedendo soltanto ciò
-che è indispensabile per rivelare e garantire il consenso.
-
-Così andò in Roma. Quando ancora non si coniava denaro, ogni vendita
-faceasi a peso; donde ci son rimaste le espressioni moderne di _spesa,
-stipendio_, _spendere_. Anche dopo conosciute le monete, si comparve al
-giudizio colla bilancia e col metallo (æs et libra); e questi divennero
-simbolo in molti contratti, dove si trattava di tutt'altro che vendita.
-Ne' processi di rivendicazione si finge battaglia, come quando la
-guerra era il modo d'acquisto per eccellenza: poi la bacchetta rimase
-simbolo della lancia: e tale procedura s'accomunò a casi, dove nè
-tampoco trattavasi di decidere una contestazione. Sopra una zolla,
-sopra un tegolo recati al pretore si adempivano le formalità ch'era
-prescritto al magistrato di fare sugli oggetti stessi. Abolite le
-trenta curie, trenta littori ne rimasero simbolo, poi bastò la scure
-del littore.
-
-A passo passo tutte le azioni legali che drammatizzavano il diritto
-patrizio (t. I, p. 182), si mutarono in formole che erano date dal
-pretore stesso, in modo che le parti non deteriorassero la propria
-condizione per ignoranza di esse: ma benchè la _lex Julia privatorum_
-di Augusto avesse concesso ai litiganti di spiegare semplicemente
-davanti al magistrato l'oggetto in contestazione, pure non era unico
-intento de' giureconsulti e de' giudici la scoperta del vero e del
-diritto, e la decisione restava vincolata all'esattezza di esse formole
-d'azione, che doveano adoprarsi dai contendenti, prima che la causa
-fosse librata dal giudice; talchè uno trovavasi condannato, non perchè
-avesse torto, ma solo per ignoranza o fallo in quelle applicare. Un
-tale (racconta Gajo) portò querela per alcuni ceppi di viti tagliate
-(_vitibus succisis_); ma le XII Tavole aveano parlato soltanto di
-alberi, sicchè la petizione fu respinta. Caduta la religione che
-sanciva le formole, Costanzo le abolì come divenute un lacciuolo di
-sillabe alla buona fede[235], lasciando che l'attore scegliesse qual
-più gli piaceva.
-
-Questo, nell'introdurre l'istanza, giurava non esser mosso da prurito
-di calunniare o vessare, ma da convinzione; e se perdesse, doveva per
-ammenda il decimo dell'oggetto contestato. Nelle cause reali ciascuna
-parte poteva obbligare l'avversario a deporre una somma, che andava
-perduta qualora soccombesse. A nessuno era negato farsi rappresentare
-da un procuratore, e sopra di questo cadeva la sentenza: ma ben doveano
-trascinarsi per le lunghe i processi, se Giustiniano, «per impedire
-che divengano immortali», dichiarò l'intenzione che una causa non
-oltrepassasse la durata d'una vita d'uomo[236].
-
-Mentre fra noi qualsivoglia reità, dall'adulterio in fuori, provoca
-azione pubblica nell'interesse della società, fra i Romani il furto,
-la rapina, il danneggiamento, le ingiurie ed altri delitti erano
-_privati_, procedendosi contr'essi soltanto sopra istanza dell'offeso.
-I _pubblici_ si distinguevano da capo in _ordinarj_, contemplati da
-alcuna legge particolare con pena prestabilita, e _straordinarj_,
-che erano puniti a stima del magistrato, quali la tentata infrazione
-del carcere, lo stellionato, il formare delle società non autorate
-dall'imperatore. Morte infliggevasi anche per colpe vaghe o leggeri,
-come abbattere un albero, tagliar una vigna, se supponeasi fatto
-nell'intento di sminuire il censo al fisco[237]. Gravissima pena
-l'esiglio, che traeva seco la morte civile, e che solevasi infliggere
-per adulterio, atto falso, estorsioni e simiglianti; o a persone
-qualificate, pei delitti per cui le inferiori si condannavano alle
-miniere. Perocchè le pene colpivano in grado diverso secondo il
-delinquente; e chi uccidesse la propria moglie côlta in adulterio, se
-libero era relegato in un'isola; se egli fosse di condizione inferiore,
-subiva i lavori pubblici; anche per dato incendio la persona oscura
-andava alle catene ed alle fiere, non la illustre; nel furto l'uom
-vulgare era staffilato e precipitato dalla rupe Tarpea, il ricco si
-redimeva col dare il quadruplo del rubato.
-
-Non poteva il codice negligere i precetti della nuova religione
-intorno alla castigatezza del costume, ignota all'antichità[238].
-Mentre alle adultere fu ridotta la pena a due anni di solitudine
-penitente, i peccati contro natura castigaronsi, senza divario di
-persone, con una squisitezza di supplizj che a fatica può perdonarsi
-alla purità del motivo. Nuova cosa erano pure le comminatorie contro
-l'eresia: ma il volere alla religione della carità e della mansuetudine
-applicare i regolamenti dalla patrizia severità emanati in sostegno
-dell'inesorabile religione dello Stato, portò a giustificare le
-persecuzioni, e offrì l'autorità dell'esempio agl'imperatori germanici,
-quando, più tardi, statuirono fin la morte contro i miscredenti.
-
-Nei casi di maestà rinasce l'esorbitanza del prisco diritto. La società
-antica, propensa a tutto idoleggiare, avea divinizzato l'imperatore,
-in modo che qualunque attentato contro di esso consideravasi fatto
-contro la repubblica in lui personificata, e contro la divinità.
-Enormissimo fra i delitti era pertanto quello di Stato: ma tale
-qualifica colpiva anche azioni indifferenti, nè soltanto sotto principi
-tirannici, ma fin sotto quelli che aveano del cristianesimo adottate
-le esteriorità, non il liberale sentimento. La legge Giulia fa reo di
-fellonia chi fonde le statue degl'imperatori od «opera alcun che di
-somigliante»[239]: tanta latitudine nella più formidabile delle accuse!
-Vi volle un senatoconsulto per dichiarare che non offendeva la maestà
-chi disfacesse simulacri di imperatori riprovati; e rescritti di Severo
-ed Antonino per mandare immune chi ne vendesse di non consacrati, o per
-caso li colpisse d'una pietra.
-
-Una legge imperiale puniva chi mettesse in forse il giudizio del
-principe o dubitasse del merito de' suoi impiegati[240]: un'altra
-pronunziò che l'attentare contro i ministri e gli uffiziali del
-principe fosse misfatto, come il nuocere al principe stesso, del
-cui corpo son quasi membri[241]; una di Valentiniano, Teodosio e
-Arcadio costituisce rei di maestà i monetieri falsi[242]: sotto
-Costanzo reputavasi fellonia l'interrogare indovini sopra lo strillo
-d'un topo o d'una donnola, e il medicare una doglia con parole da
-vecchierella[243]. Soffogata la rivolta di Avidio Cassio, s'introdusse
-di processare anche morti, per incamerarne i beni se convinti[244].
-E la confisca era grande stimolo ad abbondare in siffatte accuse; e
-v'avea gente apposta (_petitorii_) che le promovevano, per domandarne
-in compenso i beni, con un'insistenza mal frenata da ventisei leggi del
-codice Teodosiano[245].
-
-Quanto di severo aveano statuito sopra tal fatto i predecessori,
-fu accolto da Giustiniano, tenendo fin memoria del giureconsulto
-Paolino che accusò di perduellione un giudice per aver deciso in
-senso contrario ad una legge dell'imperatore: e di Faustiniano, che,
-avendo giurato per la vita del principe non perdonare al suo schiavo,
-si credette obbligato a perpetuar la collera per non incorrere in
-crimenlese[246]. Dimenticò invece che l'imperatore Alessandro Severo
-avea respinte le accuse indirette di maestà, e Tacito escluse gli
-schiavi dallo attestare in queste contro i loro padroni[247].
-
-Dove ci si manifesta uno dei difetti principali del codice
-Giustinianeo, l'avere tramandato ai posteri uno spirito dissonante
-dall'amore e dalla benevolenza predicate dal Vangelo. L'imperatore
-dispotico e il ligio suo ministro evitarono d'inserire le leggi
-_sediziose_ della repubblica, e checchè sentisse di libertà o di
-privilegi, cancellati o cancellabili dalla tirannide. Di tre soli
-giureconsulti dell'età repubblicana fecero menzione, e scarsa di quelli
-fioriti sotto i primi Cesari, larga messe invece cogliendo nel tempo
-che una turba di forestieri portava a Roma l'omaggio di sue adulazioni:
-osarono perfino il nome degli antichi giureconsulti lasciar in capo
-a leggi loro, benchè mutilate o travolte[248], mentre non omettevasi
-alcuno de' passi che consolidi od esageri i monarchici arbitrj; il che,
-oltre nuocere allora, innestò un morboso elemento alle costituzioni
-della nuova Europa, presumendo giustificare la tirannia al cospetto
-di quelli, per cui son tutt'uno giustizia e legalità. Imperocchè, se
-lo studio rinnovato del diritto giustinianeo offrì dopo il XIV secolo
-felicissimi concetti d'ordine e d'amministrazione, pregiudicò alla
-posterità l'idolatrare tutto ciò che Giustiniano avea raccolto della
-sapienza come dell'imbecillità e ferocia de' suoi predecessori; i
-principi se ne armarono per menomare le franchigie introdotte dallo
-spirito de' Germani, dalle immunità ecclesiastiche, dalla feudalità e
-dai Comuni; si tornò a predicare la pagana onnipotenza del monarca; e
-i progressi dell'umana ragione furono inceppati dalla pretensione di
-governare il mondo colle istituzioni di tanti secoli prima, e d'una
-società e d'una religione essenzialmente differenti.
-
-Non ostante gli errori particolari, non ostante che il Codice di
-Giustiniano e il Digesto non siano giunti a noi quali erano stati
-compilati, rimangono il più insigne monumento della sapienza antica,
-viepiù meraviglioso per tempi considerati d'universale decadenza.
-E decadenza era veramente, ma solo delle idee antiche, le quali
-cedevano luogo alle nuove. Il politeismo era perito; perite le favole
-filosofiche d'Alessandria e le legali d'Atene; perito l'alito esclusivo
-del patriziato, livellato pur esso nella soggezione alle leggi; perita
-la fierezza d'un tempo che affiggeva la giustizia a formole morte.
-Che altro restava se non il cristianesimo? E quanto esso giovasse
-a migliorare la legislazione ci apparve in tutta questa rassegna, e
-nelle leggi de' successori di Costantino, che attestano quanto fossero
-inumane le precedenti.
-
-I tre figli di quello nel 338 ricusavano i libelli infamatorj, le
-lettere cieche, le accuse secrete, impedendo di procedere sopra tali
-denunzie[249]. Valentiniano condannò l'esposizione degl'infanti;
-stipendiò un medico dei poveri per ciascun quartiere di Roma; vietò
-agli avvocati di ricevere sportule, bastando la gloria di difendere
-l'innocenza; a tutti impedì lo ingiuriarsi nei dibattimenti; i
-commedianti, battezzati in pericolo di morte, non si potesse più
-obbligarli a salire sul palco, nè le figlie delle attrici a seguire la
-professione materna; istituì scuole, stabilì i difensori delle città,
-avvocati degli interessi di queste, i quali poteano recar rimostranze
-ai magistrati civili ed anche al trono. Graziano ai delatori bugiardi
-infliggeva la pena che sarebbe tocca al calunniato; revocò tutti i
-privilegi concessi a privati in pregiudizio del corpo cui appartengono;
-dispensò dall'obbedire ad ordini che i tribunali o i magistrati
-dicessero aver ricevuto a viva voce dall'imperatore.
-
-Teodosio Magno proibì di sollecitare i beni dei condannati per
-ribellione, giacchè talora, a forza d'importunità, si otteneva
-ciò che principe giusto non era in diritto di concedere: la quale
-ordinanza rattenne dallo spionaggio quei tanti che si faceano delatori
-per ciuffare i beni dell'accusato. Mentre dapprima gli averi degli
-esigliati si applicavano al tesoro, egli ordinò fossero divisi tra
-questo e il reo od i suoi eredi, e che ai figli si lasciassero interi
-quelli d'un padre condannato a morte. Agli Ebrei fu proibito comprare
-schiavi cristiani, e ai Cristiani permesso senza misura di affrancare i
-loro. Dolcezza e umanità prescrisse Teodosio a quei che sogliono averne
-sì poca, i carcerieri; i giudici visitassero frequente le prigioni,
-raccogliessero le lagnanze dei detenuti, ed esattamente registrassero
-le loro imputazioni. Vietò anche il vendere, comprare ed ammaestrare
-alcuna sonatrice, o invitarla a banchetti e spettacoli, e il tenere
-musici di professione; contro la quale specie di servi, continui erano
-in declamare i santi Padri, come semenzajo di scostumatezza.
-
-Una legge d'Onorio vietava il traffico a persone di qualità, non perchè
-disonorevole, ma perchè aveano agevolezza di far torti agli inferiori:
-un'altra permetteva a chi trovasse leoni sulle proprie terre,
-d'ucciderli, non però di prenderli vivi per farne mercato; preferendo
-ai piaceri imperiali il vantaggio de' popoli. Più ricordevole è
-quella che impone, i prigionieri ogni domenica sieno tratti fuori dai
-giudici, per sapere se ebbero ogni necessità, e mandati al bagno; se
-poveri, siano alimentati dal pubblico: e di questa legge raccomandava
-l'adempimento a' vescovi, dai quali probabilmente gli fu suggerita.
-Un'altra ordina ai medesimi di prender cura non sieno maltrattati gli
-schiavi cristiani tornanti alle case.
-
-I due Valentiniani aveano introdotto di liberare al giorno di Pasqua i
-carcerati per delitti non gravi[250]. Dipoi Valentiniano III proferiva
-che alla maestà regia convenisse dichiarare «anche il principe esser
-tenuto alle leggi, e che l'autorità di lui dipende dall'autorità del
-diritto, più che l'imperare essendo cosa magnifica il sommettere il
-principato alle leggi». In conseguenza proibiva a tutti quel tanto che
-voleva non fosse lecito neppure a lui stesso; e notificava che, salva
-la riverenza dovuta alla maestà sua, non avrebbe sdegnato litigare coi
-privati al medesimo fòro, ed esser giudicato colle leggi medesime[251].
-
-Alla rugginosa originalità romana, e ai sistemi non più confacenti
-colle abitudini contemporanee, Giustiniano più non doveva i riguardi
-cui Costantino si trovò astretto; alla lettera che ammazza sostituiva
-lo spirito che vivifica; dai giureconsulti classici estrasse quanto
-gli parve di diritto cosmopolitico, e ripudiò quel che fosse meramente
-romano, non esitando ad alterarne i testi per emancipare le leggi da
-una tutela retrospettiva. Cominciando dal nome di Cristo e dall'augusta
-Trinità, professava che l'autorità deriva da Dio; riconosceva la Chiesa
-coll'accettare la fede da questa consacrata; da tal fede dedusse quanto
-ha d'originale la sua compilazione, l'eguaglianza degli uomini, la
-giusta democrazia, la rintegrazione della persona morale, sicchè non
-si guardasse la Casta o la tribù o la famiglia, ma l'individuo. Forte
-abbastanza per trarre le conseguenze dalle premesse cristiane, si
-fece uom dell'avvenire, intento sempre a trovare qualche miglioramento
-conforme alla natura e al progresso[252] e incessantemente accostò il
-diritto al tipo semplice e puro del cristianesimo: teologo ancor più
-che giureconsulto.
-
-Insomma la giurisprudenza, unica scienza vera e particolare del
-popolo romano, estese a tutta l'umanità il diritto equo e buono, e
-aprì la società moderna col rendere individuale e potente il diritto,
-formolandolo in un capolavoro della logica. Vero è che l'ingegno
-non produce moralità, e il difetto di quell'opera consistette
-appunto nella prevalenza della logica; ma parte sempre maggiore di
-spiritualità vi s'introdusse dacchè coi giuristi cooperarono i teologi
-a redimere il mondo dalla legale oppressione per vie differenti.
-Però il diritto avea già fatto sforzi per separarsi dall'elemento
-teocratico e aristocratico, ed assumere esistenza indipendente; lo
-perchè al cristianesimo costò maggior fatica il dominarlo. Ma da
-quell'ora trovansi a contatto, e spesso a conflitto la ragion civile
-colla canonica; e l'effettuare il principio eminentemente cristiano
-che tutta l'umanità abbia diritto alla giustizia, alla simpatia, alla
-libertà, sarà l'opera di tutto l'avvenire: opera lenta, tergiversata,
-incompresa, fin maledetta, ma che si compie fra gli errori degli uomini
-e sotto l'occhio della Provvidenza.
-
-
-
-
-CAPITOLO LIV.
-
-Impero diviso. Onorio. Invasione di Alarico.
-
-
-Ripigliamo il corso de' fatti, accostandoci alla fine dell'Impero.
-
-Morta che fu Giustina sua madre, Valentiniano II abbracciò la fede
-cattolica, e sempre più amore e stima acquistossi colla morigeratezza,
-l'applicazione agli affari, le domestiche virtù, la cura della
-giustizia. Accusato d'amar troppo i giuochi del circo e i combattimenti
-delle fiere, se gli interdisse; imputato d'intemperanza, spesseggiò i
-digiuni; saputo che in Roma una commediante allettava troppi giovani,
-la chiamò alla corte, e rimandolla senza vederla tampoco, per dare
-esempio. Grand'amore portava alle sorelle; eppure litigando esse di
-certi possessi con un orfano, egli rimise al giudice ordinario la
-querela, e le persuase a recedere dalla pretensione.
-
-Arbogasto, Franco valoroso, de' benefizj di lui abusò per sovvertire
-l'impero d'Occidente; a proprie creature distribuì i posti importanti
-nelle milizie e nel governo della Gallia, sicchè Valentiniano si trovò
-in Vienna come prigioniero di questi occulti nemici. Citato Arbogasto,
-lo ricevette sul trono intimandogli di deporre le cariche; ma il Franco
-rispose: — L'autorità mia non dipende dal sorriso o dal cipiglio d'un
-monarca»; e gettò il foglio dove l'ordine era scritto. Valentiniano
-fu a gran pena trattenuto da un atto di violenza; ma pochi giorni
-dopo il trovarono strozzato nella sua tenda (390), e tutti
-indovinarono da chi. Arbogasto, non osando cingere a se medesimo il
-diadema, lo conferì al retore Eugenio, suo segretario privato e maestro
-degli uffizj, reputato per sapere e prudenza.
-
-Commosso dall'indegna uccisione del collega e cognato, Teodosio pascolò
-di parole Eugenio, intanto che dai valorosi generali Stilicone e
-Timosio facea porre in essere e in disciplina le legioni e i Barbari
-federati; coi quali mosse contro il nostro Occidente. Arbogasto si
-restrinse a difendere i confini dell'Italia; ma Teodosio, occupata la
-Pannonia sino ai piedi delle alpi Giulie, scese ad affrontarlo nelle
-pianure di Aquileja (391), e lo vinse. Arbogasto si diede la
-morte; Eugenio l'ebbe dall'impazienza dei soldati a' piedi di Teodosio.
-Sant'Ambrogio, che avea resistito inerme all'usurpatore, rifiutandone
-i doni e ritirandosi da Milano per non avere con esso corrispondenza,
-allora recò a Teodosio l'omaggio delle provincie occidentali, e ne
-impetrò amnistia.
-
-Teodosio raccoglieva così novamente il mondo romano nelle proprie mani;
-e le sue virtù e la florida età serenavano di speranze. Poco dopo la
-vittoria, egli divise l'impero d'Oriente e quello d'Occidente fra i due
-suoi figliuoli Arcadio ed Onorio, e questo secondo chiamò a ricevere
-le insegne in Milano. Quivi splendidi giuochi furono disposti, ai quali
-avendo Teodosio assistito, la sua salute già logora n'ebbe tale scossa,
-che la notte morì (395 — 17 genn.). Ultimo imperatore che
-reggesse con fermo polso le romane cose, e guidasse gli eserciti in
-campo; lasciava negli amici e nei nemici alta stima di sue virtù, e una
-grave apprensione per la preveduta fragilità d'un regno spartito tra
-fanciulli.
-
-Arcadio da Costantinopoli governava l'impero d'Oriente; Onorio da
-Milano reggeva Italia, Africa, Gallia, Spagna, Bretagna, Norico,
-Pannonia, Dalmazia, l'Illirico dimezzato. Ma Arcadio contava appena
-diciott'anni, undici Onorio, nè l'un nè l'altro le qualità che si
-richiedono anche in tempi quieti, non che le occorrenti in tanta
-procella. Vero è che il padre li aveva provveduti d'abilissimi tutori,
-mettendo Rufino guascone a fianco di Arcadio, Stilicone vandalo di
-Onorio: ma le gelosie di cotesti e de' loro successori approfondirono
-le divisioni, non solo di Stato, ma d'interessi fra i due imperi.
-
-Stilicone, granmaestro della cavalleria e della fanteria, aveva
-accompagnato in tutte le guerre Teodosio, il quale lo spedì
-ambasciadore in Persia, poi gli sposò sua nipote Serena, dalla quale
-ebbe Eucherio, Maria e Termanzia. In ventitre anni che comandò gli
-eserciti, non vendette gradi, non fraudò delle paghe i soldati,
-nè elevò il proprio figlio o gl'immeritevoli: ma avido di piaceri
-e ricchezze, l'ambizione sua non era soddisfatta al vedersi dagli
-adulatori corteggiato più di Onorio stesso, e cantato perpetuamente dal
-miglior poeta d'allora, Claudiano. Traverso alle costui piacenterie ed
-alle calunnie della storia, queste e quelle stipendiate, è difficile
-avverare altro, se non il valore di lui, e l'uso fattone a pro d'un
-impero, che costituito militarmente, sol dalla forza doveva trarre
-l'ultimo suo ristoro.
-
-Al morire di Teodosio, Stilicone aveva preteso alla tutela d'amendue
-gl'imperatori; e se ne mostrò degno col coraggio contro i Barbari.
-Dovendo, come il denaro e le gioje, così le legioni dividersi fra i
-due imperatori, propose guidarle egli stesso in Oriente, sì per tenere
-in disciplina i soldati, sì per opporsi all'insurrezione dei Goti: ma
-Rufino ingelosito gli fece da Arcadio intimare non procedesse, se non
-voleva essere in conto di ribelle. Stilicone non esitò a dar volta,
-ma affidò le legioni e la sua vendetta al goto Gaina, che trucidò
-Rufino (395 — 9bre). Eutropio, succeduto a costui, prima
-copertamente insidiò a Stilicone per togliergli ora il favore del
-suo principe, ora la confidenza del popolo, ora anche la vita; poi
-dal docile senato di Costantinopoli il fece decretare pubblico nemico
-(396), confiscatine i possessi in Oriente; e quando il vide
-movere contro Costantinopoli, sollecitò Gildone nobile mauritano a
-voltarsi da Onorio ad Arcadio.
-
-Questo Gildone aveva in patrimonio mille ottocento miglia di terreno
-sulle coste d'Africa, che anticamente formavano cinque provincie
-romane; e fatto anche comandante dell'armi imperiali d'Africa, vi regnò
-da tiranno, con un'armata di settantamila uomini, Roma riconoscendo
-soltanto col tributarle il grano, del quale mantenevasi l'Italia. Le
-lamentanze degli oppressi giunsero però all'imperatore; e Stilicone,
-fattolo chiarire nemico della patria, spedì Mascezelo a domarlo
-(398). Cinquemila uomini bastarono contro quell'immenso
-apparato; Gildone preso si uccise; i capi della sommossa furon dati da
-giudicare al senato, impaziente di punire coloro che aveano minacciato
-il popolo in ciò che più gli stava a cuore, il vitto. Dieci anni
-appresso non erano ancora esaurite le procedure contro i complici
-dell'Africano.
-
-Leggete le odi di Orazio, ove dagli Dei è promesso a Roma che starà
-immobile, e detterà patti ai trionfati Medi; poi vedete il poemetto
-di Claudiano _Della guerra gildonica_; qual melanconico contrasto!
-Quivi Roma, misera in aspetto, recasi ai piedi di Giove «non coll'usato
-volto, nè qual dettava leggi ai Britanni, o sottometteva a' suoi fasci
-i tremendi Indiani; ma fievole di voce, tarda il passo, depressa
-gli occhi, colle guancie scarne, le braccia smagrite, a gran pena
-sul debole omero sostenendo lo squallido scudo, rivelando la canizie
-di sotto all'elmo lentato, e trascinando l'asta irrugginita. Giunta
-finalmente al cielo, prostrossi alle ginocchia del tonante, e ordì
-meste querele: — Se le mie mura, o Giove, meritarono di nascere
-con durevoli augurj, se inalterati stanno i carmi della Sibilla, nè
-disprezzi ancora la rôcca Tarpea, io vengo a supplicarti, non perchè
-il console trionfante calchi l'Arasse, o le nostre scuri oppugnino la
-faretrata Susa, nè perchè piantinsi l'aquile nostre sulle arene del mar
-Rosso: questo un tempo mi concedevi; ora io Roma ti chiedo il vitto,
-il vitto soltanto, ottimo padre; rimovi l'estrema fame; già satollammo
-ogn'ira; già soffrimmo tanto, da movere a compassione e Geti e Svevi;
-la Partia stessa inorridisce ai casi miei».
-
-L'orgoglio di Stilicone passò ogni segno quando ebbe sposata sua
-figlia Maria all'imperatore. Ma questi compiva appena i quattordici
-anni; e dopo dieci altri la sposa morì, illibata da un marito senza
-forza e senza passioni, il quale in ventott'anni di regno non uscì
-mai di fanciullo, lasciando imperare Stilicone, che forse ne fomentava
-l'inerzia e accarezzava l'imbecillità.
-
-Eppure, se in alcun tempo mai, allora veramente era bisogno di principe
-attuoso e guerresco; perocchè, non appena Teodosio chiuse gli occhi,
-i Goti pensarono uscire dalla forzata tranquillità, e mettere a nuovi
-guasti l'impero. Alarico, della principesca famiglia dei Baiti, la
-più illustre fra' Goti dopo quella degli Amali, era stato formidabile
-avversario di Teodosio, poi riconciliato seco ed eletto maestro delle
-milizie. Morto questo, e tenendosi scarsamente rimunerato, stava di
-mal cuore nelle terre assegnategli; forse inizzato da Rufino, devastò
-la Tracia, la Macedonia, la Tessaglia; per le mal difese Termopile
-entrò nella Grecia, fin allora intatta da scorrerie; e distrutti tempj
-e città, sospesi i riti di Cerere Eleusina, dal mar Nero al golfo
-Adriatico gli abitanti furono uccisi o spinti in ischiavitù.
-
-Accorto più che non s'aspetterebbe da Barbaro, Alarico facea spargere
-un oracolo, che lo diceva fatato a distrugger Roma e l'Impero. Ne lo
-lusingava la scissura fra le due Corti, posto in mezzo alle quali,
-poteva profittare degli errori d'entrambe. Ed error sommo commise
-Arcadio cedendogli la provincia da lui devastata e, ch'è peggio, i
-quattro grandi arsenali dell'Illiria. Ne conobbe l'importanza Alarico,
-e per quattro anni li fece lavorare non ad altro che a stromenti da
-guerra; sicchè, a spese e fatica delle provincie, i Barbari poterono al
-naturale coraggio unire questo sussidio, sovente mancato. Ne cresceva
-Alarico di credito e d'aderenti, i quali lo proclamarono re dei
-Visigoti (382), e chiesero li traesse di servitù e li menasse
-al trionfo.
-
-Piantavasi in tal modo una terza potenza fra le due che divideano
-l'orbe romano; e il nuovo re ora all'Oriente ora all'Occidente vendeva
-i suoi servigi, calcolando con barbara sagacia contro di quale più
-gli convenisse voltar le armi. Le provincie orientali sono state
-corse dalle orde in ogni senso: Costantinopoli è situata in troppo
-mirabile robustezza; l'Asia non è accessibile a chi non abbia flotte:
-ma l'Italia, oh! essa può dirsi intatta ancora, essa opulenta, essa
-indifesa.
-
-Ed a quella bellezza, che formò sempre il vanto e il pericolo del
-nostro paese, drizzò Alarico la voglia e i passi; e valicate le alpi
-Giulie, consumò buon tempo attorno alle oppostegli difese e massime
-ad Aquileja, mentre tale sgomento diffondevasi per la penisola, che
-i ricchi già imbarcavano ogni avere per la Sicilia e per l'Africa. I
-residui Pagani all'aspetto di queste sventure esclamavano, — Ecco segni
-della collera dei numi abbandonati»; i Cristiani ripetevano, — Ecco
-la punizione dei delitti con cui Roma salì tant'alto, e di quelli pei
-quali ora declina»; e gli uni e gli altri cresceano il danno reale con
-terrori superstiziosi.
-
-Ad Onorio, sonnecchiante nel palazzo di Milano, le adulazioni non
-lasciavano pur sospettare che altri potesse avventurarsi contro il
-successore di tanti cesari; e baloccandosi nel dar beccare di propria
-mano a una nidiata di polli, non aveva forse tampoco udito il nome
-d'Alarico. Il nembo gli ruppe il sonno, non gl'infuse il coraggio; e
-tentennando fra le paure, pensò ricovrarsi in alcuna remota parte della
-Gallia. Ma Stilicone, prevedendo qual terrore getterebbe la fuga del
-monarca, vi si oppose; pigliò l'assunto d'accozzare un esercito; e non
-v'avendo truppe in Italia, che pur era capo d'un impero steso sulla
-Gallia, la Spagna, l'Inghilterra, il Belgio, la costa d'Africa e mezza
-Germania, mandò alle più lontane legioni che accorressero, lasciando
-la mura Caledonia e le rive del Reno sguernite, od affidate a soli
-Germani. Egli medesimo, non essendo di quelli per cui il patriotismo è
-passione accecante ed esclusiva, non badava se il soccorso venisse da
-Barbari o no; e imbarcatosi sul lago di Como nel cuore della vernata,
-giunse nella Rezia, sedò i tumulti, e arrolò quanti nemici di Roma
-vollero divenirne i difensori.
-
-Onorio, assediato in Asti, già era a un punto di cedere, quando, gli
-eserciti d'ogni parte sopravenendo, Stilicone strinse in mezzo i Goti;
-côlto il tempo che celebravano la pasqua, gli assalì a Pollenza nella
-Liguria (403), li ruppe, e delle spoglie loro arricchì i
-suoi soldati. Alarico, dopo che invano adoprò il senno e il braccio a
-reggere il campo, e vide prigioni sua moglie, le nuore, i figliuoli,
-si ritirò con la cavalleria, e pensava rifarsi con un colpo ardito
-varcando l'Appennino per isgominare la Toscana ed assalir Roma. Ma
-i capi dei Goti, infedeli a un re vinto, o ineducati alla prova
-dell'avversità, minacciarono abbandonarlo; tanto ch'egli dovette
-porgere ascolto alle proposizioni fattegli d'abbandonare l'Italia,
-purchè gli fossero restituiti i parenti presi e una pensione. Nella
-ritirata avea disegno di sorprendere Verona; ma Stilicone, istruttone,
-lo colse e sconfisse di modo, che gli fu grazia sottrarsi colla
-fuga. Eppure quell'instancabile, rannodate le reliquie fra i monti,
-mostrò ancora la fronte al nemico, che stimò fortuna il lasciarlo
-uscir dall'Italia, troppo convinta di non aver più barriere contro
-l'ingordigia de' Barbari.
-
-Onorio solennizzò in Roma il trionfo (404), cui non avea
-contribuito. Questa, che in cent'anni vedeva appena per la terza
-volta un imperatore, andò lieta dei doni che fece alle chiese, della
-riverenza insolita che mostrò al senato, e soprattutto dei giuochi
-ch'esso le preparò nel circo: ma i sanguinosi spettacoli dei gladiatori
-erano riprovati a gran voce dai sacerdoti cristiani; il poeta Prudenzio
-in bei versi ne sconsigliava l'imperatore pupillo; il pio Telemaco uscì
-a bella posta dal suo romitaggio, e discese nell'arena egli stesso per
-impedirli: il popolo infuriato lo trucidò, ma col sangue del martire fu
-scritto il trionfo dell'umanità.
-
-L'adulazione ergeva ad Onorio un arco, ove leggevasi aver lui per
-sempre distrutta la nazione dei Goti: ma la prudenza dava la mentita
-col riparare e munire i castelli vicini a Roma e le mura di questa.
-Eppure nè quivi nè in Milano sentendosi sicuro, l'imperatore andò a
-rimpiattare la porpora in Ravenna, difesa dalla flotta, dalle paludi e
-dalle fortezze.
-
-E ben era tempo di munirsi, perocchè tutto il Settentrione agitavasi
-e traboccava le sue piene verso l'Italia. Allettato dai trionfi e
-dalle prede altrui, Radagaiso (Radegast), a capo d'un'accozzaglia,
-alcuno dice di ducentomila Vandali, Svevi, Borgognoni, mosse dal
-Baltico, e cresciuto per via da venturieri d'ogni nazione, si presentò
-sul Danubio. Come difendere le lontane provincie quando il pericolo
-stringeva l'Italia? Stilicone dunque richiamò di là le guarnigioni,
-e con nuove leve, e col promettere libertà e denaro agli schiavi che
-s'arrolassero, appena mise in piedi trenta o quarantamila guerrieri,
-cui aggiunse molti Barbari ausiliarj: tanto era stata micidiale
-l'ultima guerra, tanto aborrito il militare.
-
-Con uno dei tre corpi in cui erasi divisa quella moltitudine,
-Radagaiso passò senza ostacolo la Pannonia, le Alpi, il Po; evitando
-Stilicone accampato sul Ticino, dagli Appennini scese improvviso a
-saccheggiare l'aperto paese, distruggendo gli avanzi delle già floride
-città d'Etruria (405), assediò Firenze, e bucinavasi che il
-feroce avesse giurato ridurre a un mucchio di rottami la regina del
-mondo, e col sangue de' più illustri senatori propiziare i numi suoi.
-I fedeli dell'antica religione nazionale, sperando quest'idolatro
-ripristinerebbe gli Dei, e sulla ruina della patria trionferebbe la
-loro fazione, invece di eccitare il popolo ad armarsi di coraggio, e
-se non altro di disperazione, esclamavano: — Ecco, tutto perisce al
-tempo de' Cristiani; come resistere ad un guerriero che ogni giorno
-fa sagrifizj, mentre a noi sono vietati?» I Cristiani incoravano
-l'assediata Firenze con miracoli e rivelazioni; ed uno asserì che
-sant'Ambrogio eragli apparso in sogno, assicurandolo che per domani
-la patria sarebbe redenta[253]. In fatti dinanzi a quella città
-l'esercito di Stilicone raggiunse il barbaro; e coll'abilità medesima
-onde aveva due volte vinto Alarico senz'avventurarsi all'incertezza
-d'una battaglia la cui perdita sarebbe stata irreparabile, circonvallò
-il nemico di robuste trincee, talchè di assediatore assediato sulle
-aride balze di Fiesole, restò consunto dalla fame. Radagaiso, costretto
-ad arrendersi, ebbe tronca la testa; e i suoi furono venduti schiavi
-in tanto numero, che se ne aveva una partita per una moneta d'oro;
-il clima poi e il vitto cangiato li sterminò. Ad altre grosse frotte
-aquartieratesi fra le Alpi Stilicone agevolò la ritirata; andassero
-pure a manomettere le provincie, tanto solo che rimanesse salva
-l'Italia.
-
-Alla quale ormai riducevasi l'immenso impero d'Occidente; perocchè
-la Gallia era occupata da Franchi, Burgundi, Alemanni; la Bretagna,
-sgombra di legioni; effimeri imperatori s'ergeano a disputare il lacero
-manto d'Augusto, fra cui basti nominare Costantino, che chiaritosi
-imperator delle Gallie (407), ottenne da Onorio il titolo
-di collega. Poi sovrastava Alarico, dalla sventura non abbattuto ma
-istruito; e non che i Barbari perdessero confidenza nel valore e nella
-prudenza di esso, a lui facevano capo quante bande scorrazzavano dal
-Reno all'Eusino. Stilicone cercò dunque gratificarselo per averlo
-fautore nel non mai deposto disegno di sottomettere l'Oriente: e
-Alarico, affacciatosi alle frontiere d'Italia, esibì difenderla, purchè
-gli fossero accordate alcune domande, e a' suoi una delle provincie
-occidentali restate deserte.
-
-Nella crescente fiacchezza d'Onorio e del suo governo, Stilicone
-s'era industriato di tornare qualche polso al senato, e far che si
-recasse in mano gli affari pubblici; ma non avea trovato che retori,
-istruiti nelle forme dell'antica repubblica e nulla più, e vogliosi
-di pompeggiare in parole sonanti, come al tempo che i loro padri
-intimavano a Pirro, — Esci dall'Italia, e poi tratteremo». Allora
-dunque che Stilicone propose le domande del re goto, i senatori
-gridarono essere indegno della romana maestà il comprare incerta e
-vergognosa pace da un Barbaro: ma il generale, non badando a ciò che
-ricordavano i libri, ma a ciò che esigeva la vigliaccheria della corte
-di Ravenna, attutì l'intempestivo patriotismo imponendo consentissero
-ad Alarico quattromila libbre d'oro, perchè assicurasse i confini
-d'Italia. Lampadio senatore esclamò, — Questa non è una pace, ma patto
-di servitù»; e dalle conseguenze di tale franchezza nol campò che
-l'asilo d'una chiesa[254]: ma incorati da tale protesta, i senatori
-si ostinano sul niego, mettendo un'opposizione affatto insolita al
-generale onnipotente.
-
-Ad essi davano sostegno le legioni, indispettite dal vedersi posposte a
-Barbari. Onorio medesimo era stato insusurrato contro del suo tutore,
-come volesse tenerlo perpetuo pupillo, se non anche mutarne la corona
-sul capo del proprio figlio Eucherio; onde, diretto da Olimpio, pretese
-esercitare in fatto il dominio che teneva di puro nome, e fare mal
-arrivato il ministro. Si presenta dunque al campo di Pavia, composto
-di truppe romane ostili al Barbaro, e ad un segnale fa trucidare tutti
-gli amici di questo, altri illustri con essi, e saccheggiare le case. I
-condottieri, la cui fortuna intrecciavasi a quella di lui, ad una voce
-chiesero a Stilicone li menasse a sterminare questi imbelli Romani.
-Se gli ascoltava, l'esito avrebbe potuto giustificarlo; ma egli o
-fiaccamente tentennò, o generosamente preferì la propria alla pubblica
-ruina, sicchè i federati l'abbandonarono dispettosi; un di loro assaltò
-la sua tenda, e trucidò gli Unni che vi stavano di guardia; Stilicone,
-rifuggito agli altari in Ravenna, ne fu tratto con perfidia; e
-decretato a morte, la subì con dignità e coraggio (408).
-
-Al traditore, al parricida fu allora gridato d'ogni parte da coloro
-stessi che dianzi incensavano il ministro guerriero; e chi s'affrettava
-a rivelarne gli amici, chi a nascondersi. Olimpio, orditor primo
-della trama contro il suo benefattore, esagerava ad Onorio il pericolo
-sfuggito, e l'inaspriva contro la memoria del salvatore dell'impero;
-Eucherio, figlio di questo, svelto alla chiesa, fu trucidato;
-Termanzia, succeduta alla sorella Maria[255] nel freddo talamo di
-Onorio, fu repudiata intatta; e la fermezza con cui gli amici di
-Stilicone sostennero torture e morte, lasciò che i servigi di lui
-rimanessero certi, incerta la colpa. Fu imputato d'intelligenza coi
-Barbari, egli il solo che li seppe vincere sempre in ventitre anni che
-diresse gli eserciti; d'avviare al trono Eucherio, egli che il lasciò
-fino ai vent'anni umile tribuno dei notari; di meditare il rialzamento
-del paganesimo, egli che educò il figlio nella religione cristiana,
-e che era esoso ai Gentili per avere arso i Libri Sibillini[256] e
-perchè sua moglie avea tolto un monile a Vesta, quelli oracolo, questa
-salvaguardia di Roma.
-
-Al rompere della diga, il torrente traripò; ed Onorio stesso pareva
-compiacersi d'abbattere se alcun ostacolo restava, congedando i più
-prodi perchè idolatri od ariani, e sostituendo uffiziali vilipesi dai
-nemici, esosi all'esercito. I Barbari, che servivano come ausiliarj,
-dal vendicare Stilicone non si rattenevano se non per riguardo alle
-famiglie e alle ricchezze che aveano depositate nelle città forti
-d'Italia: or bene, Onorio ordinò che que' preziosi ostaggi fossero
-tutti il medesimo giorno scannati, e rapitine i beni. Tolto ogni
-freno all'ira e alla disperazione, trentamila federati disertarono
-ad Alarico, che esultò di veder la Corte operare così a suo disegno;
-e la caduta di Stilicone riverito e paventato, le paghe interrotte,
-l'istigazione degli offesi lo resero ardito d'intimare all'impero
-soddisfazione o guerra. Lasciossi poi mitigare: ma i Romani,
-interpretando la moderazione per paura, nè accettarono i patti, nè
-s'allestirono d'armi (409); sicchè Alarico, rotta l'amistà
-e la fede, si mosse, e dall'alto delle alpi Giulie mostrò a' suoi
-le delizie del clima italiano, le superbe città, i soavi frutteti,
-le spoglie di trecento trionfi accumulate in Roma, e la facilità di
-rapirgliele. Aquileja, Altino, Concordia, Cremona soccombono a quel
-forte; nuovi federati s'aggiungono ogni dì alla sua bandiera, che
-sventola in faccia a Ravenna; spaventata la quale, egli costeggia
-l'Adriatico, poi, per la via Flaminia, di città in città senza
-contrasto pianta le tende sotto l'antica signora del mondo. Un eremita
-tenta sedarne la furia, ed Alarico risponde: — Non posso fermarmi;
-Iddio mi spinge avanti».
-
-Più non era il tempo che, contro di Annibale e di Pirro, il popolo
-romano si alzava quasi una persona sola, e dall'infimo plebeo fin al
-consolare e al dittatore tutti correvano a vittoria o morte. L'Impero
-avea perduto le migliori sue provincie; le altre rimanevano sì deserte,
-che doveasi ripopolarle con sciami di Barbari. L'Italia specialmente,
-per le ragioni altrove discorse e massime per le colonie militari,
-andavasi disabitando fin dal tempo dei primi imperatori.
-
-Esauste da piaceri eccessivi od infami le sorgenti della vita, i
-ricchi per voluttà, i poveri per necessità, aborrivano dal matrimonio;
-sicchè Costantino grandi privilegi attribuiva a chi pur un figliuolo
-avesse. Non volendo svilirsi nel commercio e nell'industria, i ricchi
-investivano i loro capitali in terreni, che vennero a ridursi tutti
-nelle mani di giganteschi possessori, massime dopo che Trajano pose
-per condizione dell'aspirare a dignità l'avere almeno i tre quarti
-del patrimonio in Italia. Sparì dunque la classe vitale de' minuti
-proprietarj, e alla popolazione agricola sottentrarono gli schiavi:
-ma fin questa infelice genìa minoravasi, e perchè gl'imperatori non
-conducevano tutti i prigionieri in Italia dacchè essa non era più
-riguardata come capo dell'impero, e perchè, meglio delle robuste
-braccia da aratro e da marra, si cercavano molti servi, che a centinaja
-seguissero per via i padroni e le dame[257].
-
-I piani d'Italia, dalla maschia loro feracità erano convertiti in
-molli giardini e inutili parchi; il grano aspettavasi dall'Africa e
-dall'Egitto, sicchè qualvolta o le flotte nemiche o i tiranni o le
-procelle intercettassero il tragitto, Italia affamava. Diviso poi
-l'Impero, essa non solo cessò di ricevere i tributi del mondo, ma ebbe
-accomunate le tasse degli altri paesi, e divenne simile a colui che,
-avvezzo a scialare in casa di grandi, si trovi repente senz'appoggio,
-povero, inerte, male abituato.
-
-Più volte qui gittò la peste, fierissima sotto a Tito, fin ad uccidere
-in Roma diecimila persone in un giorno; poi riportata d'Oriente
-dall'esercito di Lucio Vero[258]; di nuovo sotto Comodo, e spesso nel
-secolo seguente. Tre guerre civili s'erano combattute alla gagliarda
-nell'Italia settentrionale al tempo dei Trenta Tiranni, tre sotto
-Massenzio, tre sotto i figli di Costantino, due alla morte di Graziano
-e di Valentiniano II: e i Barbari, facendosi beffa della barriera
-dell'Alpi, venivano a rapire schiavi ed armenti, lasciando un incolto
-deserto.
-
-Procuravano gl'imperatori risanguarlo o colle colonie militari, o
-trasferendovi gente; Aureliano distribuì prigionieri, che nel paese
-fra l'Etruria e le alpi Marittime piantassero vigne da far gratitudine
-alla romana plebe[259]; il vecchio Valentiniano spedì sul Po gli
-Alemanni presi al Reno[260]; Graziano, Taifali ed Ostrogoti su quel
-di Modena, Reggio e Parma: ma fin questo inadeguato ristoro mancò
-quando altrove che all'Italia gl'imperatori mandarono i prigionieri di
-Germania e di Persia, e quando, cessate le esenzioni, nulla allettava i
-veterani forestieri a piantarsi in colonia di qua dalle Alpi. Pertanto
-sant'Ambrogio scrive a Faustino: — Partendo da Bologna, tu lasci alle
-spalle Claterna, essa Bologna, Modena, Reggio; hai a destra Brescello,
-di fronte Piacenza, di cui non altro che il nome rimembra l'antica
-celebrità; a sinistra mettono compassione gl'incolti Appennini; e
-considerando le borgate un tempo animatissime di popolo, ti si stringe
-il cuore nell'osservare i cadaveri di tante città mezzo diroccate, e la
-morte di tante contrade per sempre distrutte»[261].
-
-La Gallia Cisalpina, più discosta dalla corruttela, avea serbato lena
-più a lungo; ma quando si piantarono altre corti in Ravenna e Milano,
-le auliche splendidezze introdussero immoralità, le largizioni ozio,
-le cariche brogli; e la gente, affollandosi a quelle per vivere di
-donativi, svogliavasi dal lavoro dei campi, dalla tediosa onestà delle
-famiglie, dalla schietta rozzezza de' villaggi.
-
-Quanto al mezzodì dell'Italia, basti dire che nel 395 una legge
-d'Onorio sgravò del tributo cinquecentoventottomila e quarantadue
-jugeri di terreno inseminato nel paese a cui l'ubertà guadagnò il
-nome di _Terra di lavoro_[262]. Per quei deserti erravano a baldanza
-orde devastatrici. Già soleano molestar le vie ne' tempi antichi;
-ripullularono durante le guerre civili, peggio dappoi: un Balla,
-entrante il III secolo, con seicento masnadieri infestava l'Italia
-inferiore, e due anni penò Settimio Severo a sterminarlo[263]. Tanto
-poi crebbe il male, che Valentiniano I venne nella determinazione di
-disarmare l'Italia come le provincie, sicchè nessuno portasse armi
-senza sua espressa licenza; nessuno, eccetto le persone di qualità,
-comparisse a cavallo nel Piceno, nella Flaminia, nell'Apulia, nella
-Calabria, ne' Bruzj, nella Lucania, nel Sannio, indi neppure nelle
-circostanze di Roma[264]: provvedimento estremo, che attesta la
-gravezza del male, e che toglieva alla quieta popolazione il modo
-di schermirsi da coloro che sfidavano la legge. E perchè di pastori
-principalmente formavansi queste bande, Onorio decretò che, chi
-consegnasse figli da allevare a pastori, s'avrebbe come confesso
-d'intelligenza co' masnadieri[265]. Alla strada e al bosco molti
-erano spinti dall'ingorda tirannide degli esattori fiscali, che, sotto
-pretesto di vecchi debiti, taglieggiavano il paese, e molestavano con
-estorsioni, prigionie, supplizj.
-
-Potevano i cittadini amare una patria, che più non recava nè grandezza
-nè dignità nè sicurezza nè giustizia? Ristretta la pubblica vita nel
-gabinetto dell'imperatore, ai sapienti, agli statisti più non rimane
-che coltivare il diritto civile, ed esercitare la retorica e la
-giurisperizia nei minuti interessi privati. Proscrizioni dittatorie,
-guerra civile e supplizj imperiali tolsero di mezzo la nobiltà antica:
-la nuova, che non ha tradizioni a custodire, privilegi a tutelare,
-affollasi attorno al principe onde esercitare una parte delle costui
-tirannidi, e godere in fretta d'una preda che fra breve sarà rapita.
-
-Dispensati dal servizio militare per gelosia, esclusi dai dibattimenti
-pubblici per costituzione, considerando come turpe l'industria,
-popolo e ricchi poltriscono nell'inerzia, ovvero esalano la turbolenta
-energia ne' parteggiamenti del circo o nelle esorbitanze del lusso.
-Ciascuno si fa parte da se medesimo, e con mercenaria avidità specula
-sulle pubbliche sciagure per ottenere gradi, piaceri, potenza, e,
-stromento dell'una e degli altri, il denaro, procacciato con spergiuri,
-corruzione, falsi testimonj, ladronecci. V'ha chi serba sentimento del
-nobile e del giusto? geme sulle sventure, e vedendole irreparabili,
-abbandona la società ai ribaldi e agli ambiziosi, e armato di
-disprezzo, o si ricinge di virtù austere ma senza viscere, o si
-stordisce fra godimenti sensuali, e con riti superstiziosi interroga un
-destino che teme e che non può declinare.
-
-La classe media, più morale perchè operosa, era perduta, l'Impero
-riducendosi a ricchi sfondolati e a pezzenti, e tra loro l'abisso.
-Decurioni e senatori, a forza di eredità e di usurpamenti, succedendo
-ad infinite famiglie cadute serve o mendiche, aveano occupato provincie
-intere, e facendosi centro ciascuno d'un piccolo mondo, trascuravano
-tutto il resto. Se ad un de' siffatti il Goto occupasse i campi della
-Tracia, gliene sopravanzano immensi nella Spagna; se il Borgognone gli
-ardesse il ricolto nella Gallia, continuavano a fruttargli gli oliveti
-della Siria. Di qui l'imprevidenza meravigliosa di gente esultante
-sopra il sepolcro; di qui i prepotenti abusi, giacchè, qual magistrato
-poteva intimare obbedienza al possessore d'intere provincie?
-
-In queste la nobiltà imperiale, cui spettavano le elevate magistrature,
-somigliava a quella di Roma, e diffondeva lontano la corruttela della
-metropoli; la nobiltà paesana, investita degli onori municipali,
-foggiavasi su quegli esempj. Fatti tutti cittadini romani, crebbe il
-numero degli ozianti, cui il tesoro dovea nutrire, del quale così
-aumentavano i bisogni quanto sminuivano le entrate; e ben tosto le
-campagne e le città lasciaronsi vuote per andar a godere e brogliare
-in Roma. Quivi bisognava alimentarli; e perciò, invece del grano,
-distribuivansi pane e carne e vesti già fatte e denaro, tutto a spese
-del restante impero.
-
-Nelle grandi città s'annida una mescolata d'artigiani e di liberti,
-viventi sullo scarso traffico lasciato a loro dal monopolio imperiale,
-e col porgere alimenti al lusso e alle voluttà de' signori; del resto
-arrogante e vilipesa, conculcata e sommovitrice, minacciosa e tremante.
-Nè s'agita essa, come al tempo de' Coriolani, pei diritti proprj o
-per gl'interessi della patria; ma per domandare pane e giuochi, per
-sostenere prezzolata le cabale d'eunuchi e favoriti, che in pochi anni
-trarricchiscono vendendo le grazie del monarca. Ignorante e conculcata,
-paurosa di perdere quel che non possiede, avida d'un avvenire che nè
-conosce nè spera, esulta non della propria libertà, ma dello strazio
-de' suoi antichi oppressori; gode allorchè può crescere le sofferenze,
-e chiedere sieno dati i Cristiani ai leoni, o gettati nel Tevere i
-tiranni che jeri adorava. L'unica volta che i Romani mostrarono qualche
-vigore, fu nel respingere la legge Papia Poppea, che reprimeva il
-libertinaggio.
-
-Così non più affetto pei deboli, non più subordinazione verso i
-potenti, non zelo per l'ordine sociale, non dignità di carattere,
-non venerazione per la divinità; una dotta corruttela, sfruttata
-d'immaginativa e fiacca di ragione, che più non sa se non commentare
-le opere antiche, rimenar dispute incancrenite, simile ai vecchi
-che ridicono il passato quando perdettero il senso del presente.
-Rimescolavano questa decrepita società le dottrine teurgiche,
-tardo alimento a credenze illanguidite, sicchè il meraviglioso e
-l'incredibile divenivano ordine e realtà.
-
-E una tal Roma si vorrebbe che noi compiangessimo? Ne' tempi nostri,
-se ci stomaca la corruttela de' ricchi e de' saccenti, ci volgiamo
-alle classi operose. Queste in Roma trovavansi sistemate a modo di
-maestranze fin dall'antica costituzione; ma non che servire alla tutela
-reciproca, offrirono destro all'avidità del fisco, che esigeva da tutti
-insieme quel che dai singoli non avrebbe ottenuto. E talmente erano
-gravate, che non comprenderemmo come durassero, se non sapessimo che
-gl'imperatori poteano costringer uno ad entrarvi; che entrati, non
-se n'usciva più, e se uno se n'allontanasse, v'era ricondotto come
-disertore.
-
-I campagnuoli, tanta oggi e sì vital parte, erano o coloni liberi o
-schiavi, distinti piuttosto di nome che di fatto, e poco superiori
-alle bestie che ne ajutavano le fatiche. Non che ispirare a costoro
-sentimenti di patria, o educarne il coraggio, erano tenuti inermi
-e ignoranti, che mai non potessero rivoltare contro dei tiranni le
-braccia od il pensiero: i lontani padroni gli affidavano a qualche
-schiavo o liberto favorito, che esercitava la superbia dispotica e
-crudele del servo che comanda. Al colono non restava modo legale di
-recare i lamenti al padrone o contro di esso; aggravato di canone
-sempre crescente, s'indebitava; quando l'oppressione giungesse al
-colmo, fuggiva, abbandonando casa, campi, famiglia per mettersi a
-servizio d'un altro, col quale ricominciare l'inevitabile vicenda, se
-pure il primitivo signore nol ridomandasse colle sommarie processure
-statuite dalla legge.
-
-Se v'è cosa che compensi la libertà, a migliore partito si
-trovavano i coltivatori schiavi, cui almeno il padrone pasceva per
-conservare queste macchine animate. Però le fatiche e la durezza de'
-sovrantendenti li consumavano, e più non essendone empito il vuoto
-dalle cessate vittorie, bisognava comprarli dai Barbari vincitori, o
-fra quelli che per castigo erano privati della libertà. Insofferenti
-dell'oppressione in cui non erano nati, costoro erano tenuti quieti
-soltanto dalla sferza e dalle catene; al primo bel destro fuggivano
-a vivere vagabondi; o intendendosi fra loro, trucidavano i padroni,
-e gittatisi alla foresta, viveano in armi. Non potendo dai Romani
-aspettare che castigo, blandivano i Barbari, ne imparavano la favella,
-ne divenivano anche guide, esultando agli strazj del popolo, da' cui
-ceppi si erano riscossi[266]; ovvero dai loro covili piombando sui
-coloni rimasti, ne esacerbavano le miserie. Il proprietario assalito
-o minacciato, se fosse qualche opulento senatore, poteva invocare la
-pubblica forza: il minuto possidente trovavasi esposto irreparabilmente
-all'attacco, vietandogli le leggi l'uso delle armi. Che gli rimaneva
-dunque? vendere il camperello al dovizioso vicino, o lasciarlo sodo, se
-pure il fisco non glielo staggisse in pagamento de' gravosi contributi;
-e sottrattosi all'infelicità del possedere, rifuggire a Roma.
-
-Chi s'accostava a questa città, vedeva per tutto magnificenza, codardia
-e morte; campagne trascurate e parchi voluttuosi; solitudine e stormi
-di schiavi; poi ville splendidissime, e vie eterne fiancheggiate
-di monumenti, le quali fin dal Clyde e dall'Eufrate mettevano capo
-al Foro, pieno di storia più che non interi regni. Alle trentasette
-porte schiuse nella cerchia di Roma, che girava quindici miglia (t.
-III, p. 424), rispondevano altrettanti suburbj, simili a città, e che
-prolungavansi fino al mare, ai Sabini e per entro al Lazio antico e
-all'Etruria. Là entro stivavasi una popolazione affluente da tutto il
-mondo, ridotta a un terzo dalle recenti sciagure, e dopo che con Roma,
-oltre Costantinopoli, gareggiavano Cartagine, Treveri, la florida
-Milano e la paludosa Ravenna. Là trovavi distinti Cappadoci, Sciti,
-Ebrei; là quella mescolata d'ogni razza e credenza, senza condizione
-nè patria nè nome, che è la zavorra di tutte le metropoli. La plebe
-più non guadagna a vendere il voto o a testimoniare il falso; non
-v'è più un Clodio, un Catilina che l'assoldi per tumultuare; non
-più re stranieri che ne comprino il favore, nè la chiamino erede di
-intere provincie; la pompa de' trionfanti non rinnova ogni anno le
-largizioni, nè agl'imperatori più cale d'averla amica e plaudente.
-Il mutarsi a Costantinopoli o a Milano di tante famiglie senatorie e
-della Corte, lasciò senza pane migliaja di persone avvezze a vivere su
-quelle: giace dunque la moltitudine scoraggiata, come il pitocco che
-sciupò nell'inerzia la gioventù; Teodosio e Graziano sono costretti a
-reprimere l'oziosa mendicità che ingombra le vie; e dell'antica boria
-non si conservano che i vizj, cresciuti coll'affluirvi d'ogni genìa.
-Sotto Teodosio si erano piantati lupanari presso certi molini, e gli
-uomini che v'entrassero cadevano in trabocchetti, ed erano forzati a
-girar le màcine, senza che più nulla se n'intendesse di fuori[267]. Nel
-mezzo di Roma! e il delitto sarebbe rimasto occulto, se un soldato non
-riusciva per gran ventura a camparne.
-
-Pure il popolo, antico padrone del mondo, non avea perduto il diritto
-d'essere pasciuto gratuitamente; e ogni giorno a tenuissimo prezzo
-distribuivasi pane a ciascun cittadino, in ducencinquantaquattro forni
-e ducensessantotto magazzini assegnati ne' varj quartieri: vi si univa
-per cinque mesi il lardo, somministrato dai majali della Lucania, e che
-al tempo di Valentiniano III saliva a tre milioni secentoventottomila
-libbre; tre milioni di libbre d'olio, tributo africano, distribuivansi
-per accendere i lumi e per ungersi nei bagni; e le vendemmie della
-Campania procacciavano vino a basso mercato. Ogni sollevazione
-dell'Africa o della Sicilia, da cui bisognava trarre il grano,
-recava dunque spavento; e dopo che l'Egitto ebbe ad approvvigionare
-Costantinopoli, si dovettero empire i granaj di Roma con frumenti del
-Rodano, dell'Arari e dell'Iberia[268]. Somme ingenti uscivano pure
-d'Italia per provvedere tante lautezze di vestire e di mangiare, e
-marmi e travi per le fabbriche, e belve per gli spettacoli; poi anche
-per assoldare i Barbari, o pagar ad essi un indecoroso tributo. La
-minutaglia, nudrita non per onore, ma perchè non tumultui, senza letto
-nè tetto, nè scarpe in piedi o cenci in dosso, s'affolla nei teatri
-e pei circhi, tronfia di nomi pomposi, lavasi in terme degne di re, e
-beve, e giuoca; ode una sconfitta? ulula gemiti disperati, che domani
-più non ricorda; ode una vittoria? esclama, — Viva l'imperatore; avremo
-pane e giuochi».
-
-Perocchè al pane e ai giuochi riduceansi tutte le sue aspirazioni,
-e al delirio giungeva l'amore degli spettacoli. «Odono (dice
-Ammiano Marcellino) che da alcun luogo giungano cocchieri o cavalli?
-s'affollano attorno al narratore, come gli avi loro affisavano attoniti
-i figliuoli di Leda, nunzj della vittoria. La plebe logora la vita
-al giuoco, nel vino, pei chiassi e negli spettacoli; centro di loro
-speranza, loro tempio, loro abitazione, lor parlamento è il circo
-Massimo. Pei fôri, sui trivj, nelle piazze s'accalca; e chi più gode
-autorità, va per le strade gridando che crolla il pubblico stato se,
-nel prossimo conflitto, il tale auriga suo protetto non ottiene la
-palma. Il giorno poi de' ludi equestri, prima che il sole mostri dal
-cielo la splendida faccia, v'accorrono, superando in velocità i cocchi
-disposti per entrare in lizza; e molti fin la notte vegliano, temendo
-non soccomba la fazione lor favorita»[269]. Sant'Agostino ed Orosio
-raccontano che i Romani, fuggiti da Alarico a Cartagine, vi duravano
-nei teatri quant'era lunga la giornata; nulla credevasi perduto se
-il circo si ricuperasse; la spada gotica non avea nociuto a Roma se i
-cittadini potevano rigodere i giuochi circensi[270]: donde la felice
-frase di Salviano, — Il popolo muore e ride»[271]. Tremila ballerini
-e altrettanti musici sollazzavano Roma; essi soli vennero eccettuati
-quando, in una gran penuria, si sbandirono tutti i forestieri, sino i
-professori d'ogni arte liberale[272].
-
-Gli eccessi del lusso accostavansi a quelli della miseria e della
-corruzione. I patrizj non sapevano che vantare una serie di avi, alle
-cui austere virtù potevano contrapporre soltanto un fasto, cresciuto
-a misura che diminuiva la civile importanza. Il nome di senato non
-indicava tampoco il primo corpo della metropoli d'un impero; ma
-opulentissimi senatori occupavano palagi da poter dirsi quartieri, anzi
-città, comprendendo piazze, tempj, ippodromi, boschi[273]. E provincie
-poteansi dire le loro possessioni, da cui alcuno traeva quattromila
-libbre d'oro l'anno, e un terzo di questo valore in generi; la rendita
-cioè di quattro milioni e mezzo. Chi non avesse che mille o mille
-cinquecento libbre d'oro sarebbesi appena reputato degno di sedere in
-quell'ordine, nè sufficiente a sostenerne i pesi e lo sfarzo. Macrino,
-quando fu eletto imperatore, potea colle proprie rendite bastare
-alle spese dello Stato: san Girolamo ad Eliodoro nobile cittadino
-d'Aquileja, poi divenuto vescovo di Altino, rinfaccia i vasti portici,
-gl'ingenti spazj occupati da case, le villeggiature deliziose[274]:
-Paola, la devota amica di esso santo, contava tra' suoi poderi la città
-di Nicopoli.
-
-Di tali ricchezze facevano sciupìo in una vanità senza gusto: empiere
-la casa d'argenterie; moltiplicare le proprie effigie di bronzo o di
-marmo rivestito di foglia d'oro; sopraccaricare d'ornamenti i cocchi,
-di seta e porpora l'abito, che ad arte sciorinato, scopriva tuniche
-suntuose, ricamate a figure d'animali o a piante; e farsi precorrere da
-cuochi affumicati, seguire da una cinquantina di schiavi e di buffoni,
-poi parasiti ed eunuchi d'ogni età, pallidi e lividi. Il figliuolo
-d'Alipio, nelle solennità obbligate dell'anno di sua pretura, logorò
-un milione e duecentomila nummi d'oro, o vogliam dire zecchini, in sei
-o sette giorni: il figlio di Simmaco, senatore di mediocre fortuna, ne
-spese due milioni: quattro milioni il figlio di Massimo. Quegli Anicj e
-Petronj ed Olibrj, il cui patriotismo consisteva tutto nell'ostentare
-alberi genealogici, non che rifuggire dall'armi, nè tampoco
-comportavano fossero arrolati i loro servi; e quando l'imperatore
-Onorio volle con questi empire l'esercito, assordarono la curia di
-lamenti, ed esibirono piuttosto una somma d'oro[275]: tanto alla comune
-sicurezza preferivano l'avere magnifica famiglia.
-
-Sotterfuggere ogni pubblica cura o domestica fatica, l'intera
-giornata oziare a garruli crocchi e a bagni, uscire talvolta con
-apparato immenso a vedere i servi cacciar le fiere, o pel lago Lucrino
-navigare alle magnifiche lor ville con una salmeria di fanti, eunuchi,
-staffieri, tal era la loro vita. Vai per loro? alla soglia incontri le
-are della dea Tutela, il cui nome dia buon auspizio all'entrare[276].
-Il damigello non t'annunzia al padrone, se prima non si lavò da capo a
-piedi. Tarda uno schiavo a recare il tepido lavacro? trecento sferzate.
-La mano o il ginocchio soltanto concedono ai baci de' clienti, i
-quali vengono ancora ad offerire omaggio, o ricevere promesse e
-sportule: nè si lusinghi entrar loro in grazia chi non è destro
-nell'adulare, nel suono, nel canto, nell'avventurar patrimonj sopra
-un dado, nello spacciare auspizj e indovinamenti[277], senza i quali
-non s'intraprende opera alcuna. Dimenticati i libri, se non qualche
-scurrile; le biblioteche chiuse come sepolcri; in quella vece cercano
-organi idraulici, lire grandi quanto un carro, flauti ed altri enormi
-stromenti, de' quali e di voci canore solo risuonano i palazzi.
-
-Che se alcun sintomo di vita appariva ancora fra quella turba
-viziosa, pusillanime, arrogante, era nella nimicizia fra Cristiani
-e Gentili, che, invece d'accordarsi a salute della patria, quelli
-attribuivano tutti i mali all'indulgenza dei Cesari verso le reliquie
-dell'idolatria, questi faceano voti per la fortuna dei Barbari, da cui
-speravano rialzati gli abbattuti delubri.
-
-E i Barbari venivano addosso a questa città, che non avea più veduto
-eserciti stranieri da quando, seicentoventiquattr'anni prima, Annibale
-sciorinò in faccia a porta Collina il cavallo di Cartagine. Colla
-baldanza consueta ne' decaduti, ripetevasi sorridendo, — Impossibile
-che un Barbaro assedii questa città gigante, al modo che Porsena
-l'assediò nascente!» ma ecco Alarico la circonda (409), e
-ne interdice ogni comunicazione colla campagna e col Tevere: Allora i
-Romani si gettarono alla disperazione, solita conseguenza; e poichè il
-vulgo nelle grandi sventure vuol sempre alcuno su cui versare la colpa,
-cominciò la solita canzone de' tradimenti: — Fu Stilicone che chiamò
-Alarico; Serena, vedova di lui, tiene intelligenza con questo per
-vendicarlo»; e tanto schiamazzò, che spinse il senato ad uno di quegli
-atti di condiscendenza che attestano una debolezza colpevole; cioè
-condannarla a morte. Fieri e d'accordo al delitto, divisi e pusillanimi
-alla difesa.
-
-La fame ingagliardiva alla giornata, nè la pietà dei monaci e di Leta,
-vedova dell'imperatore Graziano, bastavano a gran pezza al bisogno;
-onde la gente dai cibi schifi passò ai nefandi, e moriva per le vie,
-dove il lezzo dei cadaveri generava malattie. Ai mali opponevansi le
-superstizioni, ed auguri etruschi vennero asserendo di avere, con riti
-loro, salvato Narni, traendo il fulmine sopra i nemici, ed esibirono
-fare altrettanto a Roma: Pompejano, prefetto della città, interrogò i
-libri pontificali sopra ciò che convenisse fare; ma alle Sibille, che
-alla culla di Roma ne aveano vaticinato l'eternità, non restava più
-voce se non per annunziarne la morte quand'era già all'agonia. Gli
-aruspici allora protestarono, — Il Cielo non può placarsi altrimenti
-che con pubblici sacrificj, e col salire il senato in Campidoglio»;
-ma verun senatore osò assistere alla cerimonia, e i Toscani furono
-congedati. Falliti anche i soccorsi che si speravano mandati da
-Ravenna, più non restava che implorare la clemenza del re goto.
-
-Il senatore Basilio e Giovanni tribuno dei notari furono spediti ad
-invocarla; ed avendo essi detto ad Alarico, — Non vedi quanta gente
-sia ancora in Roma?» egli rispose: — Meglio si sega il fieno dov'è più
-folto», e ordinò gli consegnassero quant'oro e argento rimaneva in
-città, pubblico o di privati, ogni suppellettile di prezzo, e tutti
-gli schiavi barbari. — Ma che dunque ci lasci?» chiesero i deputati;
-ed Alarico: — La vita». Pure assentì una tregua, nella quale piegatosi
-a qualche umanità, limitò la contribuzione a cinquemila libbre d'oro,
-trentamila d'argento, trentamila di pepe, quattromila vesti di seta,
-tremila pezze di scarlatto fine, e si rendessero in libertà tutti
-gli schiavi barbari. Benchè fossero messi a contribuzione tutti i
-cittadini, non riuscivasi a pareggiare quella somma, onde si mise mano
-agli ornamenti dei tempj, e si fusero molte statue, fra cui quella del
-Valore, guajendone gli idolatri come segno che fosse perita la romana
-virtù.
-
-Così soddisfatto, Alarico lentò l'assedio; e disserrate le porte, tre
-giorni si fece mercato di viveri ne' sobborghi, empiendo i granaj
-pubblici e privati pel caso di nuovi disastri. Alarico tenne in
-rigorosa disciplina il suo esercito, sicchè non insultasse ai vinti;
-poi diede volta verso Toscana, dove pensava svernare. Accorsero alla
-sua bandiera quarantamila Barbari schiavi, anelanti alla vendetta
-contro gli aspri signori, intanto che il suo cognato Ataulfo gli
-menava un rinforzo di Goti e di Unni, sicchè a capo di centomila uomini
-sgomentava l'Italia. Ma perchè ripeteva di voler pace, furono spediti
-tre senatori espressi da Roma alla corte di Ravenna a sollecitare
-il cambio degli ostaggi e un trattato, per cui fondamento Alarico
-poneva d'essere eletto generale degli eserciti d'Occidente con annua
-provvigione di denaro e di grano, e il possesso della Dalmazia,
-del Norico, della Venezia, che lo facevano arbitro del Danubio
-e dell'Italia. Olimpio, ministro d'Onorio, negò darvi orecchio;
-anzi dietro ai messi spedì a Roma un corpo di seimila Dalmati: dal
-cui minaccioso aspetto irritati, i Barbari li tolsero in mezzo e
-trucidarono. Poco dopo, Olimpio perde la grazia dell'imperatore, e
-dovette andarsene esule; ricuperò poi l'autorità, la riperdette, e
-mozzegli le orecchie, finì la vita sotto le verghe.
-
-Onorio, non potendo far senza d'un padrone, assunse a quel grado
-Giovio, prefetto del pretorio: agli eretici e a' Pagani furono riaperti
-i comandi e le magistrature: Gennerido, barbaro di nazione, idolatro
-di fede, rimesso generale della Dalmazia, della Pannonia, del Norico
-e della Rezia, disciplinò le truppe, le incoraggiò, ricompensando
-talvolta del suo per supplire alla grettezza della Corte; e trasse
-a sè diecimila ausiliarj Unni, abbondevolmente provvisti di viveri e
-d'armenti, talchè assicurò la frontiera illirica. La Corte, non che
-secondare questi sforzi, armeggiava solo in intrighi disonorevoli e
-rischiosi. Istigate dal prefetto Giovio, le guardie a tumulto chiesero
-la testa di due generali e dei due primi eunuchi; quelli furono
-decollati, questi ricoverarono a Milano. Il brigante eunuco Eusebio e
-il crudele Allobico rimescolarono la reggia, finchè avversatisi per
-reciproca gelosia, il primo fu a bastonate ucciso sotto gli occhi
-dell'imperatore; l'altro s'accordò con Costantino imperator delle
-Gallie onde abbattere Onorio, e sotto veste di guerreggiare i Goti,
-il fece calare sino al Po. Ma la trama fu scoperta, e Onorio, non
-osando (così sentivasi da poco) punire giuridicamente Allobico, dispose
-una cavalcata, e in mezzo a quella pompa lo fece assassinare; indi
-scavalcato egli stesso, a ginocchi ringraziò Dio d'averlo libero da un
-traditore.
-
-Alarico avea, per mezzo di papa Innocenzo I, spedite nuove proposte
-di pace, e Giovio cominciava a praticarla, quando Onorio, incaparbito
-dalle istigazioni de' cortigiani, gli mandò disponesse del tesoro,
-ma non prostituisse ad un Barbaro le onoranze militari di Roma. La
-lettera, mostrata ad Alarico, lo irritò, ed inveendo contro l'imbecille
-imperatore, ruppe ogni accordo: d'altra parte la Corte obbligò i
-primarj uffiziali a giurare sul sacro capo del loro monarca, che in
-nessun tempo, a nessun patto farebbero accordi col nemico dell'Impero,
-anzi menerebbero implacabile guerra. Tanta baldanza infondevano le
-paludi di Ravenna; tanta ne sogliono ostentare coloro che o son lontani
-dal danno, o vogliono mascherar la paura.
-
-Ma il dissimulare il pericolo non lo rimuove, e già tutto l'Impero
-andava a balìa de' Barbari, e Roma vide di nuovo calare alla sua
-volta l'irresistibile Alarico. Costui, moderato ancora nell'ira e
-nella prosperità, non si stancò di spedire vescovi all'imperatore
-acciocchè campasse la città e l'Italia dall'ultimo sterminio: ma
-vistesi ripudiare tutte le condizioni, occupò il porto d'Ostia, e
-intimò a Roma di arrendersi a discrezione, o distruggerebbe d'un colpo
-i magazzini da cui ne dipendeva la sussistenza. Alle grida del popolo
-cedette il senato, e per ordine d'Alarico accettò imperatore Flavio
-Attalo, prefetto della città. Costui dichiara generale degli eserciti
-d'Occidente il suo creatore, assume Ataulfo per conte de' domestici,
-cioè della guardia del corpo; distribuite le cariche civili e militari
-tra suoi fidati, convoca il senato, e dichiara voler rintegrare
-la maestà romana, e stendere l'impero sull'Egitto e sull'Oriente
-usurpatigli. Stolidi millanti in chi era ludibrio de' Barbari: tuttavia
-furono mandate truppe a racconciare il freno all'Africa; Milano e il
-resto d'Italia acclamarono a pien popolo il nuovo augusto, che cercossi
-favore col sostenere i Pagani, e ripermetterne le assemblee; e fra le
-armi gotiche accampato presso Ravenna, ricusò la proposta d'Onorio
-di dividere le provincie occidentali, dicendo: — Se egli depone
-all'istante la porpora, gli concederò pacifico esiglio in qualche isola
-remota».
-
-Anche Giovio ministro e Valente generale di Onorio si unirono ad Attalo
-(410); di che tale sgomento concepì il figlio di Teodosio,
-che in ogni amico, in ogni servo paventava un traditore, e teneva legni
-sull'ancora per tragittarsi nelle terre del nipote. Ma quattromila
-veterani speditigli dall'Oriente tolsero a difendere Ravenna; le scarse
-truppe da Attalo spedite in Africa furono messe a pezzi dal conte
-Eracliano, che coll'impedire l'asportazione del grano affamò Roma,
-sicchè ne sollevò la plebe: poi Alarico prese in sospetto il proprio
-creato perchè talora mostrava condiscendere al senato più che ai Goti;
-e toltegli le insegne imperiali, le spedì qual pegno di pace ad Onorio.
-
-Ma dalla pace sconsigliavano l'imperatore i baldanzosi ministri e
-qualche fortunata sortita; laonde Alarico comparve sotto le mura di
-Roma (24 agosto), anelando alle spoglie ed alla vendetta; e
-dopo lungo assedio, per tradimento di schiavi v'entrò, passando sotto
-gli archi che, sette anni prima, erano stati eretti a celebrare il
-totale sterminio di sua nazione; e la città degli augusti, dopo avere
-per mille censessantatre anni predato il mondo, rimase preda al furore
-lungamente represso. Alarico ordinò si risparmiasse il sangue, e non si
-violassero le chiese degli apostoli Pietro e Paolo, sicchè la religione
-diventava unica salvaguardia a coloro che l'aveano perseguitata. Un
-Goto, entrato nell'abitazione d'una vergine matura, le chiese l'oro;
-ed essa il condusse ad un armadio, gli mostrò una ricchezza di vasi
-preziosi, e — Io non riterrò ciò che non posso difendere; ma vi voglio
-avvisato, che queste suppellettili sono sacre a san Pietro, e se le
-toccate, il sacrilegio resterà sulla vostra coscienza». Il Barbaro
-non ardì porvi la mano, e ne comunicò avviso ad Alarico, il quale
-ingiunse si tornassero intatte alla chiesa del maggiore apostolo.
-Spettacolo singolare, una processione di fieri Goti, mossa in ordine
-dal Quirinale, tra una schiera d'armati, alternando grida guerresche
-con devote salmodie, portò quei vasi al Vaticano; Cristo trionfava
-dove fallivano le armi terrene; e tante vite salvate negli asili della
-religione attestarono la civile potenza di questa, e il sorgere di
-tempj nuovi dallo sfasciume degli antichi.
-
-Fuori di là, il furore barbarico esercitò le licenze solite in città
-presa d'assalto; e dei tanti rimastivi fin allora schiavi, il lungo
-rancore si satollò nel sangue. Il sacco si stese dagli insigni capi
-d'arte fino agli addobbi privati; ori, gemme, tavole d'avorio, tripodi
-d'argento andarono confusi coi tappeti e colle vesti seriche sul lungo
-traino di carri che seguiva l'esercito goto; egregie statue furono
-gittate; stupendi vasi barbaramente divisi dall'ascia ignorante;
-con acerbe torture scoperti i tesori; alcuni palagi caddero preda
-delle fiamme; molti uomini uccisi, assai più ridotti servi, se non
-li riscattasse o la pietà congiunta o la religiosa carità; alquante
-vergini e matrone scamparono vergogna con volontaria morte[278]; una
-bella dama assalita da un giovane Goto, resistette finch'egli, tocco da
-quella virtù, la condusse incolume al marito[279].
-
-Il sesto giorno i Goti lasciarono la città, e rigurgitanti di prede
-scesero per la via Appia all'Italia meridionale, spogliando e vincendo
-un paese che offriva quanto può allettare un conquistatore, nulla di
-quanto può frenarlo. Il campo de' Goti era pieno di cittadini e matrone
-d'illustri case, che ora schiavi e ludibrio della fortuna, mesceano
-il vino dei non più loro campi ai rozzi Settentrionali, i quali,
-assisi fra i platani e gli eterni laureti delle ville di Cicerone e di
-Lucullo, godevano le delizie del cielo italiano, e da quelle balzavano
-ad altre battaglie, a stragi nuove. Molti Italiani rifuggivano in
-terre più remote, alcuni nelle isole o in Africa, alcuni in Egitto, a
-Costantinopoli, a Betlemme, soccorrendo ai miserabili chi avea potuto
-sottrarre gli averi alla devastazione. Le ricchezze delle chiese si
-conversero in nutrire poveri e riscattar prigioni; Proba, altra amica
-di Girolamo, perdute nel sacco della città le sfondolate sue dovizie,
-approdò in Africa, e il frutto degli ampj possedimenti che vi tenea
-distribuì ai fuggiaschi.
-
-Alarico, giunto allo Stretto, gettò gli occhi sulla Sicilia, che
-meditava occupare per farsene scala all'Africa: ma una procella che
-disperse il primo imbarco, svogliò i Goti da un elemento per essi
-inusato; poi ne li distolse affatto la morte di Alarico (412). Per
-dare sepoltura all'eroe fu deviato il Busentino che lambisce
-le mura di Cosenza; scavata nel letto una fossa, e depostovelo con
-opulente spoglie, si diede novamente il corso alla fiumana, uccisi gli
-schiavi che eransi in quell'opera travagliati, perchè nessuno sapesse
-il luogo dove riposava il terrore di Roma, nè il suo riposo fosse
-turbato da postume vendette[280].
-
-Allora i Goti raccolsero i voti sopra Ataulfo, cognato dell'estinto.
-Secondando Alarico, avea costui meditato di rinnovare faccia al mondo,
-e colle macerie del romano ergere un impero gotico: ma dall'esperienza
-chiarito che la forza demolisce non edifica, che a comporre uno Stato
-voglionsi leggi e ordinamenti di cui non erano capaci i nazionali
-suoi, si propose di meritar gratitudine col rifondere lena all'Impero
-cadente[281]. Sospesi dunque i colpi, offrì pace ed amicizia alla Corte
-imperiale: e questa, nulla ostando il dissennato giuramento, ebbe di
-grazia l'accettarla, e diede impresa ai nuovi federati d'osteggiare i
-tiranni sorti di là dell'Alpi. Ataulfo menò i suoi fuor dell'Italia,
-che per quattro anni avevano corsa e devastata; ma come alleati
-non meno che come nemici mandavano a sperpero le contrade, ora col
-pretesto di ribellioni, ora per l'indisciplina di gente che, stanziando
-nell'Impero, n'aveva contratto i vizj, non la pulizia.
-
-Sul cuore di Ataulfo aveva acquistato dominio Galla Placidia, figliuola
-di Teodosio, che cresciuta nella porpora, s'invogliò d'intromettersi
-alle politiche vicende, mentre le abbandonavano gl'infingarditi
-fratelli. Stava in Roma quando Alarico vi pose assedio la prima volta;
-e leggera o crudele, assentì alla morte di sua cugina Serena. Presa
-dai Goti, fu trattata con umanità e riguardi, forse per la protezione
-di Ataulfo che tolse ad amarla. Quand'egli ne chiese la mano, i
-ministri d'Oriente disconsigliavano superbamente l'ineguale parentela;
-ma la gradì Placidia, e le nozze furono stipulate prima che i Goti
-valicassero le Alpi, indi solennemente celebrate a Narbona. Messa da
-imperatrice, Placidia sedette su splendido soglio, e più basso a lato
-di lei Ataulfo vestito alla romana, che alla sposa per dono nuziale
-offrì le spoglie dell'Impero. Cinquanta garzoni, fior di bellezza, in
-abiti di seta, portavano ciascuno due vassoj, colmi l'uno di monete
-d'oro, l'altro di gemme: dirigeva il coro degli epitalamj Attalo, che,
-perduto il trono, non isdegnava seguire da cortigiano i gotici re.
-
-Perdonate le colpe de' passati scompigli, si ristaurò alquanto la
-capitale, portandovi abbondanza dall'Africa; e la gente tornava con tal
-ressa, che in un sol giorno n'arrivarono quattordici migliaja[282].
-Ma come lusingarsi di durevole ristoro in tanta enormità di mali ed
-imminenza di pericoli? I rimedj stessi attestavano l'acerbità delle
-piaghe d'Italia, giacchè la Campania, la Toscana, il Piceno, il
-Sannio, la Puglia, la Calabria, l'Abruzzo, la Lucania, provincie le più
-manomesse, dovettero tenersi assolte dal tributo, eccetto un quinto per
-mantenere le pubbliche poste; le terre vacanti concedevansi a vicini o
-a stranieri, scarche di tasse.
-
-Nuovi guaj le vennero quando il conte Eracliano, rompendo la fede
-serbata nelle più urgenti necessità, ribellò l'Africa, e impedì i
-viveri alla nostra penisola: anzi con copiosissimo armamento[283]
-sorto nel Tevere, si diresse sopra Roma; ma scontrato dagli imperiali
-n'andò rotto, e fuggendo in Africa, fu côlto e decapitato. Della quale
-vittoria doveasi il merito all'illirio Costanzo, succeduto ad Allobico
-nel governare Onorio; bello e robusto come piace alla moltitudine,
-cortese ne' modi, sentito ne' motteggi; di valore poi e di capacità
-tale, che, mentre diresse le cose, non solo l'Italia rimase franca da
-invasioni, ma alcune provincie vennero ricuperate. Nelle Gallie vinse
-l'imperatore Costantino, che, sebbene avesse creduto render sacra la
-propria vita coll'ordinarsi prete, fu mandato in Italia ed ucciso.
-Anche Attalo, abbandonato da Ataulfo, fu condotto ad Onorio, il quale
-l'espose agli scherni della sua capitale, poi gli fece amputar due
-dita, ed esigliare a Lipari.
-
-Così Onorio, imbelle di corpo e di senno, in cinque anni trionfava di
-sette competitori. Ma quando doveva mostrarsi meglio riconoscente ad
-Ataulfo, l'inasprì col pretendere gli restituisse Placidia. Ataulfo da
-quel punto cessò di far causa coll'Impero; e Costanzo, che aspirava
-alla mano di Placidia e al trono, assicuratesi le spalle mediante la
-pace coi Barbari ch'eransi tragittati sulla sinistra del Reno, incalzò
-robustamente i Goti. Ataulfo allora gittossi di là de' Pirenei; ma
-presto fu assassinato da Sigerico in Barcellona (415); il
-quale, succedutogli nel comando, ne scannò i sei figliuoli, e fra una
-ciurma di schiave vulgari costrinse l'imperiale Placidia a camminare
-per dodici miglia dinanzi al cavallo di colui che l'avea vedovata.
-Ma dopo sette giorni di dominio, anch'egli fu ucciso, e surrogatogli
-Vallia, il quale, avversissimo ai Romani, corse la Spagna fin al mare,
-e con Costanzo si accordò di restituire Placidia, combattere in nome
-d'Onorio i Barbari di Spagna, e dare ostaggio, ricevendo in cambio
-seicentomila moggia di grano e un paese ove collocar sua gente.
-
-Delle vittorie di lui menò trionfo Onorio in Campidoglio; indi a Vallia
-assegnò l'Aquitania e per sede Tolosa; ai Burgundi consentì la Germania
-Prima, donde poco a poco si stesero sul bel paese cui lasciarono il
-nome di Borgogna. I Franchi, combattuto i nemici di Roma, gl'imitarono
-saccheggiando, e via via si dilagarono su tutta la Germania Seconda.
-L'isola Britannica, rimasta sguarnita allorchè l'usurpatore Costantino
-condusse le sue truppe sul continente, pregò ed ottenne da Onorio di
-potersi difendere colle proprie forze: altrettanto fecero gli Armorici
-nel litorale della Gallia fra la Senna e la Loira: e così pezzo a pezzo
-scomponeasi il colosso romano.
-
-In Italia Costanzo sollecitava il compimento de' suoi voti non d'amore,
-ma d'ambizione, chiedendo la mano di Placidia, la quale finalmente, per
-espresso comando d'Onorio, lo sposò, ed ottenne per sè e pel marito
-il titolo d'augusti (421). Quando però le immagini loro
-furono recate alla corte di Costantinopoli, Teodosio il Giovane sdegnò
-accettarle, e immineva aperta guerra, se non che fra l'allestirla
-Costanzo morì (2 7bre). Al cadere di costui, che per undici
-anni aveva sorretto l'esilità d'Onorio, rannodaronsi gl'intrighi di
-corte; e Placidia, cara al fratello a segno da dare appiglio alla
-malignità, gli fu dagli invidiosi messa in odio, e dopo tumulti e
-baruffe la costrinse a cercare co' suoi figli ricovero alla corte
-Orientale (423 — 15 agosto). Poco sopravisse Onorio, che, in
-regno abbastanza lungo, mai non aveva operato se non per impulso di
-chi lo avvicinava. A sbottoneggiare la sua voluttuosa negligenza, il
-popolo inventò che, avendo udito Roma essere stata presa dai nemici, se
-ne desolò, fin quando non seppe che trattavasi dell'antica metropoli
-del mondo, non d'una gallina sua favorita, che con quel nome egli
-chiamava[284].
-
-Imperando Onorio, si può dire dato l'ultimo crollo al paganesimo.
-Arcadio comandò d'abbattere i tempj in città ed in campagna, e coi
-materiali riparare i ponti, le vie maestre, gli acquedotti e le mura
-di Costantinopoli, tolto qualunque privilegio ai ministri degli idoli,
-vietato ogni culto _superstizioso_ sotto gravi pene[285]. Onorio
-parimenti comminava la morte a chi sagrificasse a' falsi Dei, aboliva
-le rendite dei tempj, e destinava questi a pubblico uso, punendo
-gli uffiziali che tollerassero i sagrifizj, e commettendo ai vescovi
-d'impedirli[286]. Molti tempj andarono pertanto in ruina, alcuni furono
-vôlti al culto migliore, e i loro beni passarono ad arricchire la
-Chiesa.
-
-
-
-
-CAPITOLO LV.
-
-Valentiniano III. — Gli Unni.
-
-
-A separare più sempre i due Imperi, Onorio aveva decretato che in
-Occidente non valessero le leggi emanate da Costantinopoli. Quivi le
-cose volgeano non meno improspere che in Italia, anzi la monarchia,
-non frenata da veruna memoria d'antichi privilegi, operava a maggior
-baldanza; nè la splendidissima pompa bastava a coprire l'inettitudine
-del fanciullo Arcadio, che, al pari d'Onorio, metteva la testa in
-grembo a favoriti, i quali a vicenda acquistavano ed abusavano il
-potere. Quando egli morì dopo tredici anni di regno (408),
-Onorio fece qualche movimento verso la tutela del nipote Teodosio II,
-ma presto lasciolla cascare in mano di favoriti, poi della sorella
-Pulcheria, che votatasi alla verginità e a pie pratiche, si mostrava
-però degna di governare mezzo l'Impero, più che non lo zio ed il
-fratello. Questo fu da lei provveduto di buoni maestri, ma cresceva
-inetto; eppure intanto la Persia rinnovava gli attacchi contro
-l'Impero, e strappavagli l'Armenia.
-
-Morto Onorio (423), Teodosio si aggiunse anche il titolo
-d'imperatore d'Occidente, e mandò a debellare Giovanni segretario
-dell'estinto, che n'aveva usurpato il diadema, e che, resistito invano
-in Ravenna, ebbe tronca la destra; poi condotto a strapazzo sopra un
-asino, fu decapitato nel circo d'Aquileja. Teodosio trovossi allora
-padrone di tutto l'Impero; ma, fosse moderazione o negligenza, cesse
-l'Occidente al nipote Placido Valentiniano (425), figlio di
-Costanzo e di Placidia. Aveva questi appena sei anni, gli diedero sposa
-Licinia Eudossia figlia di Teodosio, e fu commesso alla tutela della
-madre, che per venti anni lo governò, con molle educazione sviandolo
-da occupazioni virili; mentr'essa nè sapeva reggere il freno, nè
-commetterlo a buone mani.
-
-Ultimo puntello degl'imperi sfasciantisi sono i guerrieri, e Placidia
-trovò due eccellenti generali in Ezio e Bonifazio. Il primo, nato
-nella Mesia inferiore da un'Italiana sposata a uno Scita, messosi
-giovanissimo alle armi, aveva praticato coi Barbari qual soldato e
-quale ostaggio. Bonifazio erasi non meno segnalato nei governi che ne'
-campi; riuscito a liberare l'Africa, ne fu posto governatore, e per
-giustizia e probità si rese caro e rispettato. L'accordo di questi due
-campioni avrebbe potuto rinvigorire alquanto l'Impero, ma gli diè il
-tracollo la loro nimistà. Nel passato tumulto Bonifazio avea serbato
-fede a Valentiniano, mentre Ezio ajutò all'usurpatore con sessantamila
-Unni. Fallita l'impresa, Ezio è accarezzato per paura, e ringrandisce
-nel favore dell'imperatrice; e macchinando di elevare se stesso
-sulle ruine di Bonifazio, susurra a Placidia, — Bisogna richiamarlo
-dall'Africa»; intanto segretamente avvisa Bonifazio, — Bada che
-l'obbedire ti costerebbe la testa». Bonifazio gli dà ascolto, e, invece
-di deporre il comando, avventasi alle armi; e da Placidia dichiarato
-ribelle, manda a Genserico re de' Vandali, eccitandolo ad acquistare
-stabili possedimenti in Africa.
-
-Genserico, uomo di meschina statura, azzoppato nel cader da cavallo, ma
-riflessivo, sprezzatore del lusso, lento al parlare, facile all'ira,
-cupido del possedere e di mischiar litigi[287], aveva condotto i
-suoi ad occupare la Spagna; donde allora, sopra vascelli offerti da
-Bonifazio che l'invitava e dagli Spagnuoli che bramavano liberarsene,
-tragittò in Africa cinquantamila uomini (429), ai quali
-s'aggiunsero malcontenti e Mori vagabondi.
-
-Sant'Agostino, vescovo d'Ippona, pose in opera l'autorità di prelato e
-d'amico per distogliere Bonifazio dall'insensata vendetta; ma quando
-altri amici scopersero le fraudolente lettere di Ezio, Bonifazio
-pentito venne ad affidare la sua testa a Placidia, e Cartagine e le
-guernigioni romane rientrarono nel dovere. Ma il colpo era dato, e
-per quante somme il ravveduto offrisse a Genserico acciò sgombrasse
-l'Africa, questi rimase non più come ausiliario, ma come padrone e
-devastatore; e sgominato Bonifazio, che combatteva col valore d'un
-pentito, scorse liberamente la campagna; sperperò le sette provincie,
-che chiamavansi granajo di Roma e del genere umano, mandando a strazio
-senza distinzione d'età o di grado, svellendo le vigne e gli ulivi, e
-se il terrore non esagerò, scannando i prigionieri davanti alle città
-assediate, acciocchè il lezzo ne ammorbasse l'aria.
-
-Sconfitti interamente i Romani, Bonifazio per disperato fuggì dalla
-contrada sopra la quale avea tratto tante sventure, e giunto a Ravenna,
-ebbe da Placidia oneste accoglienze e il grado di patrizio e di
-generale degli eserciti romani. Questi onori parvero un oltraggio ad
-Ezio, a cui l'essere scoperto perfido non avea scemato la confidenza;
-onde accorse con uno stuolo di Barbari; e a tal segno era scaduta ogni
-autorità imperiale, che assalì armata mano Bonifazio. Questi prevalse,
-ma d'una ferita spirò poco dappoi (432), perdonando ad Ezio,
-e consigliando alla ricca sua moglie di sposarlo. Ezio, rassicurato
-di perdono, torna; e l'imperatrice, baciando la mano che non poteva
-recidere, il solleva a patrizio. Fatti inesplicabili nella scarsità
-ed inesattezza de' cronisti d'allora. Nè con Ezio si deve parlare del
-patriotismo antico: libertà considerava l'affrancare i suoi padroni
-dagli stranieri, e se medesimo da chiunque l'impacciasse; combatteva
-per quell'onor militare, che oggi pure manda migliaja di soldati a
-profondere la vita e farsi eroi per una causa che non esaminarono, che
-forse ignorano.
-
-Genserico, domata la risorta Cartagine (439), i migliori
-terreni da Tripoli a Tangar distribuì fra' suoi, riducendo a servi
-i prischi possessori. Nessun'altra invasione riusciva di tanto
-pregiudizio all'Italia, avvegnachè i senatori vi perdevano i lauti
-patrimonj ivi collocati, il fisco l'immensa eredità di Gildone, la
-plebe le distribuzioni del grano e dell'olio che di là si traevano.
-Stava dunque sul cuore agl'imperatori di ricuperarla, ma Genserico,
-scaltro quanto prode, intoppò ogni lor passo; e posta in essere
-un'armata navale da ricordare i migliori tempi di Cartagine, invase
-anche la Sicilia, occupò Palermo, sbarcò più volte sulle coste della
-Lucania. Quand'ecco nuovo flagello scaricarsi sull'Impero: gli Unni.
-
-È impossibile confonderli, come gli storici d'un secolo fa[288], coi
-Mongoli e Tartari; e meglio si assegnano alla stirpe finnica, cioè
-a quella da cui derivano gli odierni Ungheresi. I nostri, sgomentati
-dall'apparire di genti estranie alla razza indo-germanica, non trovando
-immagini adeguate al loro terrore, ricorsero alle favole, e dissero che
-re Filimero avendo trovato fra' suoi Goti alcune maliarde, le cacciò
-in paese deserto, lontan lontano dal campo suo: quivi le imbatterono
-spiriti maligni, e mescolatisi con esse, generarono gli Unni, orridi
-e piccoli, nè somiglianti ad uomini se non perchè favellano[289].
-Ammiano Marcellino li descrive di ferocia senza pari; nati appena,
-solcavasi loro il viso con un ferro rovente, acciocchè non mettessero
-barba; piccoli e tarchiati della persona, con vigorose membra, grosse
-teste, spalle tozze, tanto da scambiarli per bestie ritte sulle zampe,
-o per le grossolane cariatidi che sorreggono i palchi; portano alta
-la fronte, cavalcano a meraviglia, e maneggiano maestrevolmente arco e
-freccie.
-
-La caccia era loro abitudine; ed inseguendo una cerva bianca, alcuni
-traversarono la palude Meotide, onde vennero a conoscere il paese
-degli Sciti; e giudicando che per guisa soprannaturale fosse loro
-indicata quella via, indussero i compatrioti a invadere le contrade
-scoperte. Così fecero; e parte vinsero i popoli che scontravano, parte
-li fugarono col terrore degli orridi aspetti e d'una ferocia mai più
-sperimentata. Condotti dal re Balamiro (376), sottomisero
-gli Acatsiri e gli Alani, coi quali saltarono sulle contrade degli
-Ostrogoti, e li dispersero e sottomisero. I Visigoti chiesero ricovero
-sulle terre dell'Impero, abbandonando agli Unni il paese a settentrione
-del Danubio, ove da un secolo e mezzo stanziavano, e che allora divenne
-centro d'un nuovo Stato che dovea durare settantasette anni.
-
-Balamiro, inanimato dal buon successo, devastò le provincie romane, e
-molte città distrusse, finchè non venne acquietato col promettergli
-l'annuo tributo di diciannove libbre d'oro (20,000 lire) (400). Uldino,
-che gli succedette nel comando, fu assassinato; i Romani dovettero con
-più larghi donativi sviare le minaccie di Caratone; e d'allora gli
-Unni si mescolarono volta a volta nelle vicende dell'Impero. Varcato il
-Danubio, misero a sacco la Tracia e minacciarono Costantinopoli; se non
-che la peste li sterminò (425). Roila riceveva da Teodosio il Giovane
-l'annuo tributo di trecencinquanta libbre d'oro (370,000 lire) per
-tenersi tranquillo; forse con Ezio menò perfide pratiche; ma appena
-ebbe conchiuso nuovi accordi con Valentiniano III, morì (433),
-lasciando il principato al nipote Attila.
-
-Deforme figura, carnagione olivigna, testa grossa, capelli brizzolati,
-piccoli occhi affossati, naso simo, pochi peli al mento, corporatura
-tozza e nerboruta, fiero il portamento e la guardatura, come d'uomo
-che si sente vigoria superiore a quanti lo circondano, tale ci è
-descritto Attila. Sua vita era la guerra, pure sapea frenarsi: severo
-nel pretendere giustizia, considerava per tale la propria volontà;
-pure ai supplichevoli mostravasi esorabile, propizio a chi in fede
-ricevesse. Nè soltanto nella forza fidando, fece spargere di quelle
-ubbie che allettano la plebe. Una vitella tra il pascolare si ferisce
-un piede; e il pastore meravigliato cerca fra l'erbe, e vede sporgere
-la punta di una spada, che egli trae fuori e reca ad Attila; il quale
-mostra accettarla come un dono del dio della guerra, e un segno della
-dominazione universale. — La stella cade (diceva), la terra trema, io
-sono il martello del mondo, e più non cresce erba dove il mio cavallo
-ha posto piede». Avendolo un eremita chiamato _flagello di Dio_, adottò
-questo titolo come un augurio, e convinse le genti che lo meritava.
-
-Da principio sgomenta Teodosio il Giovane, che, al prezzo di settecento
-libbre d'oro all'anno, compra una pace vergognosa, oltre concedergli
-libero mercato in riva al Danubio, e restituirgli quanti sudditi suoi
-erano rifuggiti nelle provincie imperiali: avuti i quali, e tra essi
-alcuni giovani di regia stirpe, Attila li fa crocifiggere (441). Allora
-osteggia i Barbari di varia nazione, stanziati od erranti
-nel centro dell'Europa: Gepidi, Ostrogoti, Svevi, Alani, Quadi,
-Marcomanni si piegano o sono ridotti all'obbedienza di lui, che stende
-dai Franchi agli Scandinavi il dominio, il terrore per tutto il mondo:
-una folla di re lo corteggia, settecentomila guerrieri aspettano
-dal suo cenno qual paese abbiagli designato la vendetta di Dio. Ed
-egli, dal barbaro volgendosi al mondo incivilito, assale la Persia,
-ma respinto, ascolta al vandalo Genserico, e si avventa sull'impero
-romano; e distesi i suoi Barbari in una terribile linea di cinquecento
-miglia dall'Eusino all'Adriatico, manda dire a Valentiniano e Teodosio
-— Preparatemi un palazzo».
-
-Tre segnalate vittorie lo recano fino ai sobborghi di Costantinopoli.
-Devastate settanta città, ridotto in servitù chi campava dal ferro,
-pretese che Teodosio cessasse d'intitolarsi signore della contrada che
-si estende dal Danubio fino a Naisso e alla Nava in Tracia; poi qualora
-volesse premiare qualche suo benemerito, lo spediva alla corte di
-Costantinopoli ad insultar l'imperatore nel suo palazzo, col pretesto
-di chiedere l'adempimento de' patti, ma in realtà per farsi impinguare
-di doni dallo sbigottito augusto.
-
-Satollo di vittorie e di sangue, Attila ricoveravasi a riposo, non
-in alcuna città, ma nel proprio accampamento fra il Danubio, il Teiss
-ed i Carpazj, in quei campi d'Austerlitz, che divennero modernamente
-famosi per segnalata vittoria. Colà i vincitori del mondo e le loro
-donne compiacevansi attestare i loro trionfi coll'oro e le gemme onde
-fregiavano la persona fin alle scarpe, le spade, le bardature, e col
-vasellame d'oro e d'argento cesellato onde caricavano le mense. Attila
-solo, che sembra gigante perchè montato su tante ruine, e innanzi al
-quale tremava ognuno dal Baltico all'Atlante e al Tigri, ostentava non
-portare altro ornamento che d'armi; a tavola usava coppe e taglieri di
-legno, nè mangiava che carne e pane. Ivi accolse le umili e pompose
-ambasciate degli imperatori romani, ai quali a prezzo concedette di
-sopravivere ancora alquanto.
-
-Poco dipoi Teodosio II, cascando di cavallo, morì di cinquant'anni
-(450 — 28 luglio), dopo quarantatre d'un regno disonestato
-dall'avvilimento dell'impero, illustrato dal Codice ch'egli fece
-pubblicare: Pulcheria ottenne anche in titolo il comando sull'Oriente,
-che di fatto già esercitava; e per la prima volta una donna stette in
-proprio nome a capo dell'impero romano. Non un marito essa volendo ma
-un collega, fermò sua scelta sopra Marciano senatore sessagenario, il
-quale alla scuola dell'armi e della sventura aveva appreso virtù ignote
-ai cesari ch'erano stati cullati nella porpora.
-
-Quanto importasse il conservar la pace egli lo sentiva, ma non a prezzo
-di viltà; onde ad Attila, che mandava arrogantemente a chiedere il
-tributo, rispose: — Oro ho per gli amici, pei nemici ferro». Ultima
-voce romana. Attila si risolve alla guerra, e move dal fondo dei
-pascoli pannonj esitando, — Mi drizzerò all'oriente o all'occidente?
-cancellerò dal mondo Costantinopoli o Roma?» Una serie d'accidenti il
-determinò verso questa.
-
-Ezio, dopo ch'ebbe costretto Placidia a rimetterlo in grande stato,
-e sacrificare i nemici alla sua vendetta, baldanzeggiava di potere
-e di fasto, mentre l'imperatore vero marciva in un vile riposo,
-assicuratogli dalla valentìa di questo capitano. Il quale veramente
-ritardò d'alquanti anni l'ultimo crollo dell'Impero; frenò i Vandali
-con trattati, mantenne l'autorità imperiale nella Gallia e nella
-Spagna, e strinse federazione coi Franchi e cogli Svevi. Non aveva
-mai interrotto le relazioni cogli Unni d'Attila, nel cui campo pose
-ad educare il proprio figlio Carpiglione: la sua intromessa manteneva
-pace fra l'imperatore e quel formidabile, al costo però di frequenti
-umiliazioni: anzi ebbe Unni ed Alani agli stipendj allorchè volle
-combattere i Burgundi e Visigoti, già accasati nelle Gallie. Ma come
-Genserico mandò invitare gli Unni, Attila si difilò sopra le Gallie,
-dove lo chiamava anche l'alleanza dei Franchi, che colà avevano preso
-stanza dal Reno fin alla Somma.
-
-Se occorrevagli un'ombra di diritto, gliel'offerse Onoria, sorella di
-Valentiniano III, che relegata per aver amato il ciambellano Eugenio,
-spedì un eunuco ad Attila, esibendogli l'anello e le ragioni ch'essa
-poteva offrirgli come moglie. L'Unno mandò a chiedere formalmente la
-mano d'Onoria, come già sua fidanzata, e con lei mezzo l'impero. — Le
-donne romane non hanno diritto alla successione», gli fu risposto: e
-la principessa venne maritata di nome ad un uomo oscuro, indi chiusa in
-perpetuo carcere. Attila allora aduna un nuvolo di popoli germani e di
-vassalli od alleati, stermina molte città della Gallia (450),
-ed assedia Orleans.
-
-Ezio, non illudendosi nè alle insidiose profferte d'Attila, nè agli
-intrighi d'una parzialità che alla corte italiana favoriva la pace, per
-timida apprensione della guerra, fatto eroe per volontà, come sempre
-era stato per coraggio, avea raccolto le maggiori truppe che potesse, e
-massime gli ajuti dei Visigoti e de' costoro alleati, congiuntisi per
-respingere questi nuovi invasori d'un terreno, dov'essi cominciavano
-a gustare la dolcezza di stabili domicilj. Un generale romano, purchè
-riuscisse ad unire un esercito, poteva fare gran fondamento sulla
-superiorità che la tattica gli dava sopra di gente ragunaticcia, ricca
-soltanto di personale valore. Lo sentì Attila, il quale, ingombrato
-più che soccorso dalla moltitudine raccozzata, conobbe la titubanza,
-e levatosi d'attorno ad Orleans, e ripassata la Senna (451),
-attese il nemico nelle pianure Catalauniche sulla Marna, opportune ai
-volteggiamenti della cavalleria.
-
-Ivi dunque s'accampava tutto il mondo asiatico, romano e germanico;
-quelli cui sfuggiva, e quelli che afferravano il dominio della nuova
-Europa. Con Roma schieravansi Visigoti, Leti, Armorici, Galli, Breuni,
-Sassoni, Borgognoni, Sarmati, Alani, Franchi, Ripuarj; con Attila altri
-Franchi ed altri Borgognoni, Boj, Eruli, Turingi, Gepidi, Ostrogoti:
-fratelli separati da lunga stagione, qui si rincontravano per
-trucidarsi. Nella battaglia, con poc'arte e assai furore travagliata,
-cencinquantamila cadaveri copersero le rive della Marna, ma ai Romani
-restò il vanto: e fu l'ultima gran vittoria che si riportasse in nome
-degli antichi signori del mondo. Attila si ritirò dietro la trincea de'
-suoi carri, e la notte cantava battendo le armi, a guisa di leone che
-rugge nella caverna dove l'hanno ridotto i cacciatori. Preparatosi alla
-difesa, accatastò le selle e le gualdrappe dei suoi cavalli, disposto a
-bruciarvisi vivo perchè nessuno potesse vantare d'aver preso od ucciso
-il sire di tante vittorie. Ivi aspetta un attacco; ma al silenzio della
-campagna s'accorge che il nemico s'era ritirato per arte di Ezio, ed
-anch'egli rivarca il Reno, e costeggiando il Danubio torna in Pannonia.
-
-A primavera s'accinge a nuova invasione (452), e chiesta
-ancora la mano di Onoria col patrimonio di essa, e ancora disdetto,
-mettesi in marcia, valica le Alpi, e invade la pianura che l'Isonzo, il
-Tagliamento, la Livenza, la Piave, il Musone, la Brenta, l'Adige, il
-Sile avevano formata presso ai lenti loro sbocchi in mare. Era stata
-popolata dai Veneti Paflagoni[290], i quali colla caccia e la pesca
-viveano in quelle lagune, che offrivano breve tragitto fra Aquileja e
-Ravenna: vestiti alla greca con tuniche a maniche, larghi calzoni, il
-pileo in capo, e molto curandosi dei cavalli[291]. Il paese che con
-nome generico chiamavasi le Venezie, fioriva per le città di Concordia,
-Opitergio, Patavio, Altino, ridente di ville quanto il lido di
-Baja[292], e principalmente Aquileja.
-
-A questa pose assedio Attila colle macchine fabbricategli da disertori,
-e col dispendio di vite incalcolate. Gl'Italiani nel difenderla
-mostrarono che l'antico valore non mancava in essi del tutto, qualora o
-non li disgustasse la dotta oppressione, o non gl'impedisse la gelosia
-degli imperatori. Dopo tre mesi di vani attacchi, Attila per disperato
-levava già il campo, quando nel girare vede una cicogna che s'appresta
-a fuggire coi pulcini suoi da una torre dove aveva posto nido. — La
-città sta per cadere, se l'abbandonano fin animali così fidi», egli
-dice; e con tale augurio ravvivato lo stanco coraggio de' suoi, li
-mena con superstiziosa foga all'assalto. S'apre la breccia, ed Aquileja
-ruina per più non risorgere. Altino, Concordia, Patavio vanno a strazio
-uguale; e gli abitanti sbigottiti, dal continente cercano rifugio tra
-le isolette della laguna, primo nocciolo della città e della repubblica
-che dovea conservare il libero imperio più a lungo che Roma[293].
-
-Internatosi allora fra terra, Attila mandò a pari guasto Vicenza,
-Verona, Bergamo: Pavia e Milano si ricomprarono dal fuoco col cedere
-tutte le ricchezze e colla pronta sommessione. Attila, entrando
-nella reggia a Milano, e visto una pittura dove gl'imperatori erano
-rappresentati sul trono in atto di calpestar re barbari, sorrise,
-e vi fece istoriare i cesari, versanti sacca d'oro a' piedi di lui
-vincitore.
-
-Tutta Italia, alle incalzanti notizie di replicati disastri, giaceva
-scarsa di consiglio, sprovvista di esercito, decimata d'abitanti. Ezio
-solo tenevasi in piedi: ma gli alleati che lo aveano soccorso di là
-dall'Alpi quando a quella dell'Impero andava congiunta la propria loro
-salvezza, allora vedevano con indifferenza dirigersi quella furia sopra
-l'Italia, come l'agricoltore quando il nembo, minaccioso a' suoi campi,
-si sfoga sopra gli altrui. Anche l'impero Orientale non seppe che
-promettere soccorsi; talchè a quel generale non restava che bezzicare
-di fianco l'esercito d'Attila. Valentiniano stesso non ben s'affidava
-nel suo generale, e tenendosi poco sicuro nel nascondiglio di Ravenna,
-era fuggito a Roma; poi vedendo anche questa abbandonata di soccorso e
-imperfetta di mura, meditava uscire d'Italia.
-
-Nell'universale scoraggiamento, Leone papa ed Avieno romano consolare
-presero il partito di condursi supplichevoli al Flagello di Dio, e in
-nome della religione e delle antiche memorie implorare la salvezza di
-Roma. Lo scontrarono vicino a Peschiera, e accolti con rispetto, il
-pregarono a dar sosta, promettendogli immense somme qual dote d'Onoria.
-
-Le leggende, che non poco s'esercitarono intorno a questo gran
-frangente, ricordano diverse battaglie avvenute sotto le mura di
-Roma, sì fiere che tutti i soldati perirono, eccetto i comandanti; ed
-anche esalate le anime, i cadaveri continuavano a pugnare tre giorni
-e tre notti come vivi[294]. Altri dissero che i santi Pietro e Paolo
-comparissero dal cielo, proteggendo la città dove riposano le loro
-ceneri, e minacciando Attila, il quale atterrito indietreggiò; miracolo
-perpetuato in colori da Rafaello, in marmo dall'Algardi.
-
-Anche senza miracolo, può credersi che il rispetto all'antica metropoli
-del mondo gentile e alla nuova del cristianesimo rattenesse i Barbari:
-recente era l'esempio d'Alarico, di cui restarono spezzati i trionfi
-e la vita appena ebbe violato la gran città; i seguaci d'Attila,
-impetuosi negli attacchi, non reggevano alle lunghe prove degli assedj:
-erano decimati dalle malattie, con cui tante volte Italia punì i
-suoi invasori; infine, quale allettamento potevano avere i palagi per
-Attila, avvezzo a considerar libertà l'aria aperta, e prigione le case?
-Agognava prede? gli venivano offerte senza fatica.
-
-Ripiegò dunque verso la sua città di legno; e tra via, alle tante mogli
-che l'aveano fatto padre d'innumerevole prole, aggiunse la giovinetta
-Ildegonda: ma nella gioja o nell'abuso delle nozze fu sorpreso dalla
-morte (453). Il cadavere di lui venne esposto in mezzo alla
-campagna fra due lunghe file di tende di seta; i suoi Unni si mozzarono
-i capelli, sfregiaronsi il volto, e gli offersero esequie di sangue
-umano. Chiuso in tre casse, una d'oro, una d'argento, una di ferro,
-nottetempo lo sepellirono colle spoglie più scelte de' nemici e coi
-cadaveri degli schiavi che aveano scavata la fossa, intorno alla quale
-i nobili Unni menarono dissoluti e intemperanti banchetti funerali.
-I molti figli di lui se ne disputarono gli ampj possessi; ma questi
-già erano perduti al lentar della mano che unica valeva a tenerli
-congiunti.
-
-La costui corsa non recò all'Italia soltanto i passeggieri disastri
-d'un'irruzione. Il paese veneto era la linea di congiunzione fra
-l'impero Orientale e l'Occidentale: i Barbari vi si erano affollati
-rompendola a volta a volta, ma senza stabilità, finchè la dominazione
-astuta quanto violenta d'Attila non ebbe dissipato ogni prestigio della
-superiorità romana. Distrutta Aquileja, la piazza d'arme più rilevante
-e la piazza di commercio più considerevole nell'alta Italia, questa
-si trovò aperta a chiunque venisse; e da quel punto la Venezia rimase
-staccata dall'Impero.
-
-
-
-
-CAPITOLO LVI.
-
-Sulla caduta dell'Impero romano.
-
-
-L'Impero potè dunque inneggiare e Giove e Cristo perchè trovavasi
-un'altra volta salvato: ma il cancro ne rodeva gli organi vitali; e
-dismessa l'obbedienza, indisciplinati gli eserciti, esausto l'erario,
-un sentimento universale di stanchezza e di paura stringeva gli animi,
-e facea guardare con isgomento il compirsi del XII secolo di Roma, che,
-secondo i computi de' sacerdoti etruschi, reputavasi fatale alla durata
-di essa.
-
-Educati da fanciulli ad ammirare Roma gigante, in una letteratura tutta
-piena della grandezza di lei, e sopra storie che, isolando la gloria
-dal diritto, la idolatrano, ne esagerano le virtù, ne giustificano le
-colpe, infondono idee false ed inumane della libertà, della gloria,
-del diritto di conquista; condotti poi a meditare quella legislazione,
-non solo ammirata ma seguita ancora in gran parte dopo tanti progressi
-della ragione e della pratica; circondati da mirabili avanzi di quella
-civiltà, e considerando come vanto patrio la magnificenza e i trionfi
-di coloro che godiamo chiamare nostri avi; qual meraviglia se con
-fatica deponiamo giudizj ricevuti senza discussione, e convertiti in
-sentimenti? se ci riesce ingrato chi ci strappa quelle illusioni,
-ed alle magnifiche frasi surroga i nudi fatti, allo splendore la
-giustizia, alla gloria l'umanità?
-
-Sulla caduta maestà latina faccia elegie chi, avvinto alle reminiscenze
-di scuola, giudica col patriotismo di Tullio e di Catone. Un insigne
-scrittore inglese, stomacato di vedere il convento d'Ara-cœli
-sorgere a fianco al Campidoglio, e cantici di frati sonare là dove
-un tempo decretavasi lo sterminio d'intere nazioni, fra sardonico ed
-epigrammatico dipinse come declinasse Roma dal punto che fu inaugurata
-la nuova fede. Ma chi si affezioni agli oppressi, ai vinti, al
-popolo, sarà a stupire se giudichi diverso da chi ammira la violenza,
-il trionfo, gli eroi? sarà a stupire se, chi della Via sacra e del
-Campidoglio si occupa meno che della Suburra e delle catacombe, non
-preconizza tanto la Roma d'Augusto quanto medita sul suo deperimento?
-V'ha spettacolo più istruttivo che quello d'una società che si sfascia
-mentre un'altra si forma? e quando mai la storia offrì maggiore
-opportunità di considerarlo?
-
-Un occhio umano e filosofico dovrà riconoscere che quella catastrofe,
-di lunga mano preparata, ritardata forse da accidenti che parvero
-accelerarla, tolse via una barriera ai progressi dell'umanità. D'altra
-parte l'agonia di dieci secoli dell'impero d'Oriente basterebbe a
-convincerci del come si sarebbe miseramente trascinata la sopravivenza
-dell'Occidentale.
-
-Per imputare della caduta di questo le sole invasioni dei Barbari,
-bisognerebbe dimenticare come esse cominciassero fin dal tempo di Mario
-e di Cesare, e che cinque secoli urtarono l'Impero senza scassinarlo,
-fintantochè le corrosioni interne non ebber reso irreparabile un
-crollo, di cui la grande migrazione fu occasione e nulla più.
-
-Le società moderne, anche traverso a quell'inumano avanzo che dicesi
-ragione di Stato, si fondano sull'amore; e più s'inciviliscono, più
-procurano la pace, estendono l'eguaglianza a maggior numero d'uomini,
-e infine a tutti. Le antiche in quella vece, non riconoscendo la
-fratellanza originaria nè la solidarietà del genere umano, si nutrivano
-d'odio, di guerra, dell'escludere ogn'altra gente dal piccolo numero
-de' privilegiati; libere nell'interno, tiranne e nemiche di chiunque
-non appartenesse alla loro aggregazione; il patriotismo era meno amor
-de' suoi che odio de' non suoi; il che fu espresso nel proverbio romano
-«L'uomo è un lupo per l'uomo»[295]. Di qui la necessità di tenersi
-sempre in armi per difendersi o per offendere; di qui la cura dei
-legislatori civili e religiosi nel conservare costumi e istituzioni che
-la loro tenevano distinta da ogni altra gente.
-
-Però conquiste, alleanze, federazioni dilatavano questa società,
-col che scemavansi i nemici, e comunicavasi a maggior numero
-quella giustizia naturale, che è diritto, ma che guardavasi come
-privilegio. L'incivilimento e l'umanità ne vantaggiavano, ma ne
-rimanevano sconficcate le società parziali; il patriotismo, svigorito
-coll'allargarlo, riducevasi incapace di resistere ad altro popolo che
-ne conservasse la primitiva inesorabilità.
-
-Greci, Pelasgi, Etruschi, gli altri popoli circumabitanti al
-Mediterraneo viveano in questo secondo stadio, allorchè Roma li colse
-e domò; Roma patriotica e guerriera per eccellenza. All'impeto suo,
-all'inflessibilità di que' patrizj, qual ostacolo poteva opporre
-l'Europa? Le nazioni di questa si trovavano press'a poco al medesimo
-livello di civiltà; date all'agricoltura, divise in popoletti secondo
-i territorj, tra loro frequenti in guerre, delle quali la minutezza
-impediva sino i vantaggi, soliti derivare da queste feconde malattie
-dell'umanità; non aveano una metropoli che primeggiasse; gelose
-dell'indipendenza, non s'univano se non a tempo per momentanei
-interessi o per calcoli d'equilibrio politico. Ma anche dove
-scarseggiavano i raffinamenti sociali, possedevasi la libertà; e mentre
-nei grandi imperi asiatici l'individuo andava perduto o sagrificato
-nelle convenienze dello Stato o nella volontà d'un arbitro, qui la
-suddivisione produceva quelle lotte, in cui l'uomo svolge ed esercita
-le proprie forze.
-
-Ne profitta Roma, miscuglio anch'essa di genti diverse; e fra le
-popolazioni italiote costretta a sostenersi colle armi, introduce
-quel sistema che da tutte doveva distinguerla, l'assimilare
-gradatamente al suo Comune i vinti, mediante la potenza del diritto.
-Quest'assimilazione fu iniziata dai re: la cacciata de' Tarquinj
-la sospese, ed assodò l'oligarchia, nella quale la plebe soffriva
-orribile pressura; ma non che fiaccarsi alla tirannide, si agitava, e
-chiedeva pane e diritti. Come acquietarla? occupandola in incessanti
-guerre, donde i patrizj traevano infallibile vantaggio, perocchè
-vincendo arricchivansi, vinti trovavano d'aver decimato e punito i loro
-tiranneggiati. Delle perdite Roma si rifaceva coll'assorbire il fiore
-de' paesi soggiogati: mirabile costituzione, mercè della quale divenne
-padrona non istantanea del mondo.
-
-Sottoposta la penisola, Roma si trovò a petto Cartagine; poi la Grecia
-e l'Asia, civiltà antiche; poi la Gallia, la Spagna, la Germania,
-civiltà esordienti: nella resistenza divenuta gigante, nella vittoria
-irresistibile, sulla meschina bilancia dell'altrui politica getta la
-sua spada; dà mano al debole, per opprimere con questo il forte, indi
-l'uno e l'altro soggiogare.
-
-Guai ai vinti! I trattati portavano in capo la parola di pace, come
-testè vedevamo quelle di libertà e fratellanza; ma realmente erano
-patti d'un superiore ad inferiori, sottomettendo non solo i vinti ma
-gli alleati a più o men diretta dipendenza. Il feroce diritto patrizio
-considera nemici i popoli indifferenti, e di buona presa la roba e
-gli uomini di chi non sia alleato; con lunga arte cancella i caratteri
-nazionali; ovunque tocchi, abbatte le vetuste grandezze e l'industria
-di lunghi secoli; l'opulenta Corinto, Cartagine regina dei mari, Rodi
-sposa del sole, cadono immolate alla gelosa conquistatrice; pérdono
-fiore le mercantili città dell'Egeo, muojono le splendide della Grecia;
-il commercio, anima del popolo attorno ai mari interni, è strozzato fra
-gli abbracci della padrona.
-
-Ad alcuni paesi vinti d'Italia e di Grecia lasciava essa qualche
-ombra di libertà; ma delle popolazioni di Spagna, delle Gallie,
-della restante Europa fa quello sterminio che crede necessario alla
-sua sicurezza; e sui cadaveri pianta colonie talmente efficaci, che
-giunsero fino a mutarne il linguaggio. Delle provincie conquistate
-dividevasi il bottino fra i soldati, il terreno fra i cittadini, che
-così diventavano barriera contro i nemici, ed estendendo fra i vinti
-il timore di Roma e il rispetto per le istituzioni sue, preparavano
-nuovi trionfi. Salvo i pochi che in alcuni paesi ottenevano in tutto o
-in parte il civile o il politico privilegio di Romani o di Latini, gli
-altri restavano esposti alle calunnie de' giudizj, alle estorsioni de'
-legulej, alla tirannide de' nobili, alla rapina de' proconsoli, sicchè
-il metter pace era un ridurre a deserto[296].
-
-Tutto ciò importava quella necessità che più ripugna alle libere
-istituzioni, un grosso esercito. Le lontane conquiste obbligarono a
-prolungare i comandi, sicchè i generali si abituarono a potere ogni lor
-voglia fra le provincie schiave; gli eserciti, devoti ai capitani che
-gli aveano guidati alla vittoria, li seguivano anche contro la patria;
-e con essi Mario e Silla si fecero sanguinarj tiranni, con essi Cesare
-abbattè l'aristocrazia, Augusto la repubblica.
-
-Non abbandoniamoci a quella sentimentalità, che nelle guerre vede
-soltanto capitali sperperati e sangue effuso. Non che speciale a Roma
-fosse la crudeltà, vedemmo anzi lodarla di moderazione: che se tal
-lode veniva dal concetto che gli antichi si formavano della conquista,
-è certo che essa sottometteva e inciviliva; fra società fondate
-sull'odio, sospendea la permanente ostilità che ne parea condizione
-necessaria; toglieva la libertà, ma dava un governo e i vantaggi della
-civiltà e dell'ordine; imponeva il patriotismo e la dignità romana;
-un secolo dopo la conquista, la fiera Spagna era trasformata, con
-grandi strade, acquedotti, terme, teatri, circhi, tempj, crescente
-popolazione, e viva industria, e coltura tale che mandava a Roma i
-maestri d'Augusto, d'Ovidio, di Nerone, i poeti Lucano e Marziale,
-i due Seneca, gli storici Mela e Floro, l'agronomo Columella;
-nella Gallia si spianano strade, si aboliscono con lunghi sforzi i
-sagrifizj umani, grandeggiano scuole d'eloquenza; l'Africa sale ad
-una floridezza, qual mai non ebbe o prima o poi; in Egitto è portato
-il lino, nella Gallia l'ulivo, la vigna sul Danubio e sul Reno, ove
-sorsero città, che fin ad oggi sono le meglio fiorenti[297].
-
-E fu Roma la prima che le conquistate nazioni pensasse a governare.
-Il diritto pubblico stabilito dalla vittoria la rendea padrona,
-ma la civiltà diffusa mediante le colonie facea che assimilasse il
-mondo, divenisse centro d'incivilimento, e perpetuasse i risultamenti
-dell'invasione armata; sicchè non la violenza solo, ma l'autorità e la
-coltura congiungeva a Roma il mondo, la cui immensa varietà era diretta
-da spirito d'ordine, di regola, di stabilità. Anzi, al vederla fatta
-meta di tutti i desiderj, Roma somiglia un centro che attira, anzichè
-un vortice che ingoja; e che non essa ingoji il mondo, ma il mondo
-costringa lei a riceverlo nel suo grembo.
-
-Questi miglioramenti eransi cominciati sotto la Repubblica; ma li
-perturbava la violenza, divenuta universale quando tanti anelavano a
-far propria la cosa pubblica colle ricchezze, coll'eloquenza, colle
-vittorie, cogli assassinj, cogli abusi di quella libertà, che è la
-parola più frantesa, giacchè valse perfino a scagionare i patiboli
-di Robespierre e i pugnali di nostri contemporanei. Il mondo n'era
-scagliato in preda alla forza brutale, quando gl'imperatori poterono
-sospenderne la caduta; e come la legge internazionale della repubblica
-era stata la guerra, così dell'Impero divenne la pace. La costituzione
-andò alterata, non tanto perchè il dittatore de' nobili o il tribuno
-della plebe avesse assunto il titolo imperiale, quanto pel cessare
-delle conquiste, ch'erano state l'alimento di Roma. La politica
-dell'accomunare di dentro l'eguaglianza cittadina, fuori i diritti
-dell'umanità, prese allora tutta l'ampiezza, avviando ad una grande
-unità, nella quale per conseguenza cessava la distinzione di nazioni,
-tutti potendo dar voti, tutti aspirare alle cariche, purchè aggregati
-all'estesissima cittadinanza.
-
-La innovazione dell'Impero bisogna conchiudere fosse necessaria, poichè
-durò sì a lungo, nè mai fu seriamente tentato di ripristinare l'antica
-Repubblica. Ma da una parte venne operata colla forza, in aspetto
-di usurpazione militare, che imponeva un governo soldatesco senza
-freni civili; dall'altra le irruzioni, allora cresciute, de' Barbari
-costrinsero a continuar le guerre, non più di conquista ma di difesa.
-Sono i due modi per cui si consolida il despotismo.
-
-Sebbene il sistema fosse fondato sulla violenza, già ne veniva
-indizio di quella spontanea associazione de' popoli, costituita sulla
-pace e sulla libertà, alla quale tende il mondo; intanto le idee si
-ampliavano, estendeansi la coltura e i miglioramenti materiali, ed il
-concetto d'una grande unità.
-
-Di ciò s'avvidero già gli antichi, laonde, col nome di orbe, di
-universo, di genere umano intesero il popolo e l'impero romano; e al
-decadere di questo, Claudiano glorificava Roma perchè sola ricevette
-nel suo grembo anche i vinti, e tutti abbracciò col nome di cittadino,
-e, merito di lei, anche lo straniero godeva le pacifiche consuetudini
-come nella propria patria, atteso che tutti sono una sola gente[298].
-
-Ma perchè siavi unità, son necessarj l'accordo degli interessi, la
-simpatia de' popoli. Qui invece Roma trovavasi fra due civiltà, la
-greca e la barbara, essenzialmente diverse, e che divenivano germe
-d'una divisione, la quale si pronunziò col distacco dei due Imperi.
-L'unità, cioè l'eguaglianza, non era possibile in società costituite
-sulla separazione, sulla disparità; nè dagli antichi era concepita se
-non come monarchia universale, cioè il sacrifizio di tutti i vinti al
-vantaggio del vincitore.
-
-In fatti, dopo che la Repubblica avea cancellate le nazionalità,
-annichilò anche gl'individui, valutando il cittadino solamente in
-quanto giovava allo Stato, e scompagnando per tal modo l'interesse
-personale dal comune. Togli quei pochi che speravano dignità o
-impieghi, tutti gli altri non conosceano lo Stato se non per le
-oppressioni o le imposte.
-
-In Roma repubblicana la patria era una religione: scopo supremo delle
-azioni pubbliche e private l'ingrandirla; per essa sprezzati l'oro, la
-vita, la pietà, la virtù; non accettata la pace che dopo la vittoria;
-e creati quegli eroi che formano l'ammirazione di chiunque osservi la
-grandezza indipendentemente dall'umanità.
-
-Quel vitale sistema di Roma d'aggregarsi i vinti fu guasto dagli
-imperatori esagerandolo; e per togliere ogni ostacolo ai proprj arbitrj
-e impinguare il tesoro, estesero a sempre maggior numero di sudditi
-la cittadinanza, rintuzzando così il sentimento esclusivo dell'amor di
-patria. A misura che questa dilatavasi, quello s'indeboliva, e la pena
-dell'esiglio, terribile al Romano quando lo spingeva soltanto a Fidene
-o ad Ardea, parve sì mite ai tempi di Cesare, che convenne aggiungervi
-la confisca dei beni.
-
-In un piccolo Stato libero, ove il diritto di suffragio dipende dalla
-proprietà, si comprende come tutti i privilegi e i poteri si devono
-concentrare nella città. Ragionevolmente dunque Roma tenne un governo
-di municipio, ove patrizj, popolo e cavalieri, senato, consoli e
-tribuni si bilanciavano per modo che una mano vigorosa poteva dirigerli
-in un bello ordinamento civile. Siffatto ella il mantenne anche
-ampliandosi, onde perdeva le proporzioni allorchè la città era estesa
-quanto il mondo. Altre Rome ottennero la forma della madre, ma della
-prisca non rimaneva che il fantasma; nè coll'aprirla a tutta Italia,
-poi all'Impero tutto, si produsse un vero ordine di cittadini, una
-nobiltà imperiale, che desse assicurazioni di libertà al popolo, di
-durata al governo, d'efficacia all'amministrazione.
-
-Se Cesare, passaggio fra l'antichità conquistatrice e le moderne
-età civilizzatrici e vero fondatore dell'autocrazia, avesse potuto
-effettuare i grandiosi suoi divisamenti, ridurre ad unità l'Impero
-mediante la rappresentanza, accomunare alle provincie la cittadinanza,
-abolire il patriziato originario coll'accogliere nel senato il meglio
-d'ogni gente, poteva uscirne un governo bilanciato, che le forze
-diverse convergesse ad uno scopo, e quella mescolanza di Latini,
-Italici, nuovi Latini, municipj, coloni, provinciali, fondesse in un
-grand'insieme per la franchigia della nazione e l'incivilimento del
-mondo. Ma al piccolo ingegno e al piccolo cuore d'Augusto mancò la
-capacità o la generosità d'istituire un freno a se stesso e alla rea
-volontà de' successivi imperanti. Questi, all'ombra de' regolamenti con
-cui la Repubblica patrizia proteggeva i magistrati, poterono legalmente
-ciò che vollero, identificando in sè il popolo, armandosi dell'autorità
-tribunizia; e per logica legalità, al cieco amore di patria rimase
-sostituita la cieca obbedienza al despoto di essa. Tutto dipendeva
-dai capricci d'un solo, e questo dai capricci dell'esercito; laonde la
-monarchia arrotando la conquista, regolò l'ammirazione del mondo, ma
-riuscì tempestosa poco meno della repubblica.
-
-Sotto le forme d'una grande unità, internamente nulla era fuso; razze,
-lingue, credenze, istituzioni, intenti, tutto rimaneva differente;
-un popolo ignorava l'altro; le comunicazioni non aperte che fra
-le capitali, cioè fra le varie stanze di cittadini di Roma; del
-resto avversione reciproca fra soggiogati e vincitori; le compresse
-nazionalità rialzavansi a tratti; le provincie, non che crescessero
-forza a Roma, la indebolivano reputandola nemica, e consideravano
-come propria libertà il perdersi della loro tiranna; sicchè
-quell'antagonismo, nulla avendo di legale, sconvolgeva lo Stato.
-
-I comizj del popolo erano più possibili quando gente da tutto l'orbe
-potea prendervi parte? Perchè il senato avrebbe potuto frapporre
-qualche barriera, tutti gl'imperatori, buoni o malvagi, fiacchi o
-risoluti, accordaronsi nel decimarlo e avvilirlo. E ne restò sbrigliata
-la tirannide; tanto più che l'esecutivo non era, come nei moderni,
-separato dal potere legislativo; i principi faceano da giudici,
-pronunziavano in casi particolari, ed applicavano le pene da loro
-stessi decretate.
-
-I buoni imperatori si temperavano nell'esercitare quest'illimitato
-e legale rigore: i malvagi ne facevano stromento a passioni, e
-coll'infame genìa delle spie spargevano tra il popolo la pessima delle
-corruzioni, quella che ti fa sospettare un nemico in ogni fratello.
-Ma a quei mostri che si succedettero sul trono d'Augusto, udimmo
-mai rinfacciare che trascendessero la legge? Nulla avea questa che
-restringesse i loro arbitrj; della religione erano essi i pontefici
-sommi; la moralità era una controversia di scuola, sottomessa alla
-ferrea parola della legge, per la quale chiamavasi diritto ciò ch'era
-comandato (jus jussum). Se l'eventualità della nascita, o il capriccio
-dell'esercito, o la venalità d'un'assemblea assidono un mostro sul
-trono del mondo, costui diffonderà tanto più la propria corruzione,
-quanto più in alto è collocato. Se poi la scarsa fazione de' buoni vi
-innalzi principi d'invidiabile virtù, questi allevieranno i mali di chi
-sta a loro più vicino, ma dovranno assecondare anch'essi le materiali
-inclinazioni che ormai allo spirito tolgono ogni possanza; giacchè le
-abitudini d'un potere sfrenato si connaturarono a segno da non lasciar
-discernere la giustizia, nè sentire l'umanità; e tutte le classi,
-disarmoniche e scoraggiate, sospingonsi a vicenda nell'irreparabile
-abisso.
-
-Questo principe è proclamato superiore alla legge, eppure, come un
-balocco da fanciulli, è sollevato e abbattuto da frequenti rivoluzioni:
-non di quelle rivoluzioni, ove fra il sangue proceda la società, come
-la nave nelle tempeste; ma congiure di Corte o di caserma, che non
-fruttano nè franchigie nè esperienza, che uccidendo il tiranno assodano
-la tirannia.
-
-Da qui, come da tutte le rivoluzioni, la prevalenza della forza armata.
-Costretti a tenersi in guardia men tosto contro nemici esterni che
-contro i sudditi, gl'imperatori crebbero la potenza de' pretoriani,
-e questi usurparono la facoltà di eleggerli e mescersi del governo
-civile, finchè Comodo strappò le ultime apparenze di franchigia rimaste
-al popolo e al senato, col porre accanto al trono il prefetto del
-pretorio. Insuperbiti dal sentirsi necessarj, i pretoriani occupavano
-i beni altrui senza tampoco mascherare colle formole l'usurpazione;
-svilirono il senato coll'aggregarvi ogni feccia, purchè pagasse;
-vendettero i decreti; crearono venticinque consoli in un anno; che più?
-posero all'asta l'Impero.
-
-Quel che i pretoriani in città, pretesero farlo gli eserciti fuori,
-conferendo il diadema a quel qualunque, cui fossero disposti
-a sostenere. Dopo Massimino cominciano le gare fra il senato e
-l'esercito per l'elezione; e poichè il secondo preponderava, sceglieva
-gl'imperatori da nazioni differenti; Roma, invece di dar il padrone
-agli stranieri, lo ricevette da essi; e quale patriotismo poteva
-attendersi fra capi forestieri e sudditi avviliti? Poi ciascun esercito
-pretendendo l'eguale diritto, ne vennero doppie e triplici elezioni,
-sostenute da guerre civili, tra cui si logoravano le armi che sarebbero
-state necessarie contro i Barbari, e lasciavansi sguarnite le frontiere
-quando più era mestieri guardarle.
-
-Nei censessant'anni descritti dalla _Storia Augusta_, settanta persone
-portarono il titolo imperiale; e, dove conferivasi a quel modo, manca
-ogni criterio per distinguere il legittimo dall'usurpatore, se non sia
-l'esito. Effimeri monarchi potevano attenersi ad una politica uniforme?
-Ogni nuovo venuto vi mescolava alcun che di personale, compiacevasi
-operare a rovescio del predecessore; nessuno proponevasi un gran
-disegno, nè aveva il tempo d'effettuarlo.
-
-La divisione dell'Impero fatta da Diocleziano agevolava il pronto
-riparare agli invasori, e terminò le sommosse dei soldati: ma ne venne
-sterminato aumento alle spese delle Corti, non più semplici come al
-tempo d'Augusto, ma emule della vanità persiana; alle forze mancò
-l'accordo, e massime l'Italia nostra ne patì, cessando d'essere il capo
-e il cuore di quel corpo gigantesco.
-
-Costantino conobbe la necessità d'una monarchia regolare, comunque
-irrefrenata, e di separar il potere che dirige da quello che eseguisce;
-ma non ebbe arte o volontà di fondere i diversi elementi. Poneva un
-termine all'anarchia militare, facendo prevalere l'ordine civile;
-fiaccò la guardia pretoriana; ai capi de' soldati non assegnò che
-gl'infimi gradi della nuova gerarchia; quattro prefetti del pretorio
-e quattro eserciti si tennero l'un l'altro in rispetto; i soldati si
-cernirono solo fra proletarj, e perchè non disertassero, marchiavansi
-a fuoco sul braccio o sulla gamba. Restavano da ciò prevenute le
-turbolenze e le insurrezioni, ma fiaccata la robustezza militare
-allora appunto quando il bisogno ne cresceva; e disperse le legioni che
-difendevano i passi, lasciavansi a sbaraglio le provincie.
-
-I successori suoi abbandonaronsi alla corruttela d'una Corte asiatica,
-e i palazzi dov'essi ricoveravano la minacciata maestà, divennero
-officine d'intrighi, d'iniqui giudizj, di basse turpitudini, surrogate
-ai macelli dei primi Cesari. Fra cortigiani ed eunuchi, gl'imperatori
-non contraevano che avidità di godimenti, non gustavano che la
-beatitudine del far nulla; negligendo di vedere le cose coi proprj
-occhi, sulla guerra e l'amministrazione, sui lamenti e i bisogni dei
-popoli acquetavansi alle relazioni d'un confidente scaltro, brigante
-o venale. Che la traslazione della sede fosse opportuna alla durata
-dell'Impero, l'attestano i dieci secoli che Costantinopoli sopravisse:
-ma fra le due metropoli entrò gelosia; Roma indispettivasi di vedere
-diviso il diadema, e le ricchezze e gli ornamenti suoi passar ad
-abbellire la figlia rivale; Costantinopoli recavasi a sdegno che Roma
-pretendesse ancora il primato: sul Tevere ricoveravansi le reliquie del
-paganesimo in grembo all'aristocrazia; sul Bosforo versavasi sangue
-per le dispute cristiane: dei reciproci pericoli parevano esultare,
-anzi talvolta l'una dirigeva sopra l'altra i nemici o per rancore o per
-salvare se stessa.
-
-Vedemmo i Romani, sempre mal pratici in fatto di finanze, dapprima
-cercare la prosperità col tener basse le fortune, poi non conoscer la
-ricchezza che nel cumulo di metalli preziosi; e dopochè col cessar
-le conquiste cessò l'affluenza di questi, nessun modo si conobbe
-d'agevolare i cambj, e provaronsi tutte le angustie della mancanza di
-numerario. Neppure troviamo che in quegli estremi si ricorresse ai
-prestiti forzati e ai viglietti di banco, come erasi usato ai tempi
-d'Annibale; e l'arte riducevasi a smungere i sudditi col divisare un
-raffinato concatenamento di vessazioni. Man mano che l'Impero declina,
-cessano gli eventuali ristori che la sua potenza recava; e sempre
-più bisognoso d'uomini e di denaro, maggiormente domanda ai sudditi
-quanto meno si occupa del loro benessere; anzi, per soddisfare alle sue
-necessità, incatena le persone ed i possessi. Qui v'avea servi affissi
-ai padroni, là coloni affissi alla gleba, artigiani affissi alla
-manifattura, decurioni affissi al municipio colla persona, le sostanze,
-i figliuoli, l'eredità, l'amore[299].
-
-L'artigiano non paga le tasse? le dovrà la maestranza cui egli spetta.
-Ai sudditi le imposte riescono esorbitanti? ebbene, soddisfino per
-essi i decurioni. Abbandonano i terreni? ebbene, siano obbligati
-gli altri possessori a comperarli. I decurioni, aborriti perchè
-tiranni, aborrenti perchè tiranneggiati, sottraggonsi a quella carica?
-ebbene, vi si obblighino a forza; la assumano i bastardi, gli Ebrei,
-i sacerdoti indegni, i soldati fuggiaschi, i debitori insolvibili.
-Pertanto i municipj non erano che un sistema di più vasta e più
-immediata oppressura; le corporazioni d'arti equivalevano ad una
-galera; il titolo di cittadino romano, dianzi stimato e compro a gran
-valuta, era fuggito come un supplizio, era ripudiato quasi infame[300].
-
-Ne' mali più gravi i rimedj stessi aggravano; perfin la giustizia
-diviene un'occasione di danni. L'accomunamento della cittadinanza,
-reclamato dall'equità e dalla politica, non fece che spopolare
-l'Italia, traendone a Roma tutti i ricchi e gli scioperati: questo
-gentame seguì a Costantinopoli il pane e i piaceri, lasciando l'Italia
-vuota, deserti i suoi campi, le città senza patrimonio, senza capi.
-Allora la patria nostra perdette le esenzioni, fin là godute come terra
-sovrana; restò gravata dalle tasse comuni, appunto quando cessavano
-d'affluirle quelle di tutto il mondo; la migrazione dei ricchi e le
-rapaci correrie dei Barbari desolavano d'abitanti le sue città, di
-frutti le campagne, che, da giardini dei grandi com'erano prima, si
-conversero in letto di fiumi, in asilo di belve e di ladroni.
-
-Come prendersi cura alla difesa d'uno Stato, a cui non erano
-attaccati altrimenti che pel sanguinoso legame del tributo? Quei
-Greci, quei Galli che avevano profuso milioni di vite per la propria
-indipendenza contro Roma, veruna resistenza opposero agl'invasori.
-Il modo d'esazione dei Barbari, semplice per quanto arbitrario,
-men rincresceva che non il lento sanguisugio di un governo, che non
-pareva essersi raffinato se non a danno de' sudditi: le migliaja di
-schiavi sospiravano l'ora di mirare umiliati i burbanzosi padroni, e
-lanciar loro in viso i ceppi che aveano sin allora portati: i coloni,
-sottoposti all'enorme capitazione e ad opprimenti servigi di corpo,
-offrivansi a chiunque promettesse un sollievo, od almeno una mutazione
-di mali: il cittadino si divincolava in quella inestricabile rete
-di tirannia che avviluppava tutti, dall'imperatore sino all'infimo
-schiavo.
-
-Tra siffatti come suscitare il patriotismo? e tolto questo,
-qual movente rimaneva nelle antiche società? la legislazione? la
-filosofia? la religione? La prima fu il vero vanto degli ultimi secoli
-dell'Impero, consolidando ed appurando la famiglia e la proprietà,
-sicchè il furore de' tiranni violava quegli ordinamenti, ma non li
-cambiava: e questo rispetto alle leggi valse a prolungare l'esistenza
-di Roma, il cui decadimento venne lentissimo perchè il sistema era
-buono, nè facilmente si cancellava la grandezza del nome suo.
-
-Ma se, vedendo imperatori dispotici, moltitudine adulante,
-menzogna perpetua nelle apparenze e nel linguaggio, le anime nobili
-s'indignavano, non sorgeano però ad alto scopo, limitandosi a ribramare
-il passato; sicchè non mirando a un avvenire, ne seguiva sterilità
-d'intelligenza e di cuore. Una religione fondata sopra la credenza
-d'un Dio solo, se anche travii, può revocarsi a' suoi principj,
-avendo un punto saldo da cui prender le mosse. La latina, senza base
-una e solida, senz'intima moralità, contraddicente alla ragione e ai
-bisogni spirituali di quel tempo, non poteva restaurarsi, sconnessa
-che fosse. Inutili dunque gli sforzi di Augusto per rintegrarla come
-elemento d'ordine. Tentarono gli Antonini rinsanichirla innestandovi la
-filosofia stoica, e ne sorsero benefici regnanti e vigorosi magistrati:
-ma quella scuola, oltre gl'intimi difetti, non potea mai divenir
-popolare, come dev'essere una religione. Tanto peggio riuscirono i
-tentativi di ringiovanirla colle dottrine neoplatoniche, coi riti
-teurgici, colle iniziazioni mitriache.
-
-Rimedj organici portava il cristianesimo, destinato a compier l'opera
-di Roma, cioè unificare il mondo nel diritto, ricevere tutti nella
-gran città, reggere coll'impero i popoli senza abolirne l'indipendenza
-e l'autonomia, e non solo i popoli tra l'Eufrate e il Danubio, ma fin
-di là da mari, di cui neppure l'esistenza conoscevano gl'imperatori:
-dentro, virtù cittadine e private rifiorivano; un clero che la legge
-romana esimeva dai tributi oppressivi e dalle odiose cariche curiali,
-mentre la legge cristiana gli toglieva d'imbrutalire nell'ozio e ne'
-bagordi. Ma i monaci nel deserto e i sacerdoti nelle città, non che
-tutelare l'antico, invocavano il giovane mondo. Perocchè il dire che
-una società si discioglie, significa che un'altra cova nel suo seno, il
-cui fermentare scompone gli elementi dell'anteriore acciocchè entrino
-in nuove combinazioni. Insinuarsi nell'Impero la nuova dottrina non
-poteva se non iscomponendo l'ordine, di cui l'apparenza durava.
-
-Se n'accorsero fin dall'origine i giureconsulti e gli imperatori,
-laonde bandirono guerra a questi sudditi riottosi; e i Cristiani,
-ridotti a considerare per nemico un governo che in guise spietate
-voleva inceppare la più libera delle cose, la coscienza, se ne
-sceveravano stringendosi fra sè; disobbedivano ed erano puniti per
-colpe che non si giudicavano disonoranti, sicchè la disciplina andava
-a fasci, mentre fiaccavasi il sentimento morale; ne' magistrati onesti
-lottavano la coscienza e la legalità; entro le stesse mura, nella casa
-stessa, uno trovavasi nemico dell'altro, e lentavasi ogni legame di
-società e di famiglia.
-
-Il cristianesimo, sapendo che la resistenza è colpa quando cessa
-d'essere un dovere, per non provocare i tiranni, aveva dapprima
-offerto il collo tacendo e perdonando: invigorito poi ne' tormenti
-e nelle maschie voluttà dell'astinenza e della solitudine, alza la
-voce di mezzo al fragore dell'armi; da credenza personale e interiore
-s'è mutato in istituzione, con governo e rendite, rappresentanza ed
-assemblee, talchè può svincolarsi dagl'impacci della società civile.
-L'unità, scopo della politica romana, perì allorchè questa a doppio
-interesse si dirizzò, alla patria cioè ed al cristianesimo; e la
-società che finiva non avendo più l'autorità, la nuova non avendo
-ancora la potenza, venne ad accelerarsi lo sfacelo.
-
-Ogni nuova rivoluzione religiosa noceva allo Stato; poichè o Costantino
-alzasse il làbaro, o Giuliano riaprisse i delúbri, o Gioviano tornasse
-alla croce, sottraevansi all'Impero le braccia o il senno di alcuni,
-che faceansi coscienza di coadjuvare a chi adorava altrimenti, o
-non v'erano sofferti dall'intolleranza: le istituzioni introdotte
-e quelle abolite dal cristianesimo traevano il crollo di altre, su
-cui la vecchia società era sistemata: ai municipj non restò più che
-miseria quando Costantino applicò i loro possessi alle chiese: dalla
-milizia e dalle magistrature molti forti e pensatori si stornavano per
-darsi all'eremo o al sacerdozio, e tornavano di aggravio ai laici le
-esenzioni concedute al clero.
-
-Nella teologia antica il perire degli Dei faceva perire la nazione:
-sicchè Roma dovea cadere perchè caduti i suoi numi, finir l'Impero
-perchè era finita quella teologia. La nuova avrebbe potuto rivolgersi
-tutta a riformare i costumi mediante i precetti morali e le leggi
-civili: ma ne fu sviata per l'inciampo delle eresie. Perocchè, se la
-morale era la conseguenza, la premessa era il dogma: e quella senza
-di questo sarebbe soccombuta nell'urto della barbarie, non potendo
-dalla sola filosofia cominciarsi una civiltà duratura. Bisognò dunque
-chiarire, precisare, mettere in sodo il dogma: ma che la morale e
-l'attuamento di essa nelle leggi non fossero neglette, il palesano
-la motivazione delle migliori costituzioni imperiali, tutti gli
-scritti dei santi Padri, e quella folla di sacerdoti e di monaci che
-coll'esempio e colla parola proclamavano la virtù, pur lamentando che
-tanto restasse annebbiata dalle antiche abitudini.
-
-Efficacia pubblica scemò alla religione l'essere la società civile
-rimasta ancora pagana di fondo, d'istituti, di leggi, di costumi, qual
-era sorta e cresciuta. Essa possedeva tutte le istituzioni opportune
-al progresso delle idee e all'ammiglioramento degl'intelletti; mentre
-la religione nuova ne mancava: e tutto dovea dedurre dalla propria
-volontà, dalle credenze, dall'impero di queste sugli animi, dal bisogno
-che aveano di propagarsi e d'occupare il mondo.
-
-L'esito del conflitto non restò a lungo dubbioso, e la società antica
-fu trafitta nel cuore: ma siccome certi paladini del medioevo si
-favoleggiò che persistessero a combattere tre giorni dopo morti,
-così quella si reggea per la propria mole, e pagana nelle midolle
-anche dopo fatta cristiana nell'esteriore, prolungò una vita affatto
-artifiziale; posto il dogma della Trinità e della Redenzione in
-fronte alle leggi, pure l'impero progrediva in un ordine diverso,
-se non anche opposto al Vangelo. Nè il cristianesimo proponevasi
-d'abbatterlo, suo scopo essendo il migliorare gli uomini acciocchè
-s'immegliasse la società, non già il correggere quelli per mezzo di
-questa, come fin allora avevano i savj praticato. Non fa dunque cessar
-di colpo le intime ostilità, la schiavitù, la passiva obbedienza; con
-quali forze l'avrebbe potuto? non determina le relazioni di coscienza
-fra re e popoli, perchè nazioni cristiane non v'aveva ancora, ma
-soltanto individui; al governo siedono imperatori, che sono capi degli
-eserciti e dello Stato, pontefici e Dei, con un senato disposto a
-tutto confermare, un esercito a tutto eseguire: ma la Chiesa intuona
-che gl'imperatori dipendono anch'essi da un Dio, il quale a suo grado
-li solleva ed abbatte; che la rigidezza parziale ed esclusiva della
-legge romana deve piegarsi alla comprensibilità cristiana, cioè alla
-moralità e alla giustizia, uniformi per tutti; i cesari non sono
-sbalzati dal trono, ma dall'altare e dalla sedia pontifizia; e accanto
-alla società peritura ne viene alzata per modello una nuova, diversa
-all'intutto, fondata sull'eguaglianza degli uomini, con una gerarchia
-elettiva, dove non nobiltà, non privilegi ereditarj, dove gli onori,
-la considerazione, il potere si piantano sull'unica base legittima, il
-merito.
-
-Frattanto i ministri della parola consigliavano a garantirsi dalla
-corruzione col ridursi nella solitudine, nella preghiera, nel
-celibato: del che i Pagani li rimproverano, quasi tendessero a rompere
-ogni legame, fin quelli della famiglia, e il cristianesimo fosse
-incompatibile con qualunque civile assestamento. Sant'Agostino, che
-vedeva qual partito potrebbero i nemici della religione trarre da
-principj, dei quali soltanto l'esagerazione era pericolosa, assumeva
-a dimostrare che il Vangelo non proibisce nè di portar le armi, nè di
-sostenere le cariche pubbliche, ma aspira a formare magistrati integri
-e soldati docili alla disciplina; e — Quelli che pretendono la dottrina
-di Cristo contraria alla repubblica, ci diano un esercito composto di
-soldati quali essa dottrina li vuole; ci diano magistrati provinciali,
-mariti, spose, genitori, figli, padroni, schiavi, re, giudici,
-debitori, esattori, quali la legge di Cristo comanda che sieno; e
-allora vedremo chi oserà dire che essa è nemica della repubblica; nè
-si esiterà a riconoscere quanto la salvezza dello Stato sarebbe meglio
-assicurata qualora si ascoltasse alle nostre esortazioni».
-
-Tal era il vero spirito del cristianesimo; ma non tutti i dottori
-cristiani lo comprendevano sì chiaro come Agostino, e la divergenza
-d'opinioni dava appiglio ai rimbrotti dei Pagani. Ad ogni modo,
-società cristiana non poteva dirsi fintanto che i depositarj della
-nuova dottrina non fossero riusciti ad impadronirsi dell'uomo dalle
-fasce, eliminare le idee dell'ordine antico, divenute seconda natura,
-ed istillar quelle del nuovo, insieme coi precetti ricevuti sulle
-ginocchia della madre.
-
-Benchè dunque sembrassero riconciliate la società civile e la
-religiosa, sussisteva la contraddizione d'origine e d'essenza,
-e comprendeasi che non bastava mutare le costituzioni romane, ma
-bisognava per tutt'altra via dirigere il Governo, se si volesse lo
-scampo non dell'Impero ma della società. La nuova fede non era discesa
-dal cielo pel Romano soltanto, come il Palladio e gli Ancili; ma
-nella giustizia e carità sua abbracciando il genere umano, sostituiva
-l'amore universale all'angusto patriotismo antico: d'altra parte, non
-vedeansi già i Barbari combattere nelle file di Roma, e governare,
-e talora anche sedere sul trono? Lontani adunque dal compiangere la
-rovina d'una società esclusiva, l'invasione dei Goti consideravano come
-un estendersi dei diritti umani, un necessario risanguamento[301]; e
-le macerazioni di Roma come un giusto giudizio delle sanguinose sue
-iniquità.
-
-Pertanto non rinvigorirono il patriotico egoismo e l'odio contro tutte
-le nazioni: parevano fino esultare ai disastri della città terrena, i
-quali tornavano a glorificazione della città celeste. Di ciò movevano
-loro acerba accusa i Gentili, e ne restavano più sempre lentati i
-vincoli sociali, e indotto quello spirito di diffidenza e persecuzione,
-che è effetto e diviene causa della sconnessione sociale. Qualora poi
-il pericolo stringesse, ambe le parti esagerando, gli uni ponevano ogni
-fiducia ne' martiri e nei miracoli, gli altri nelle viete osservanze;
-invece di cercar le cause presenti dei mali ed i rimedj, i Gentili
-ripeteano, — Ecco come si vendicano quei numi abbandonati, sotto i
-quali era giganteggiata la romana fortuna»; di rimpatto i Cristiani
-sulla nuova Babele intonavano le minaccie de' profeti contro l'antica,
-e ne' disastri scorgevano l'avviso o la punizione di Dio, il trionfo
-della verità, la legge della Provvidenza. Nel più sublime de' loro
-carmi essi leggevano le maledizioni contro di Roma: «Uno dei sette
-angeli venne, e disse al veggente di Patmo: — Ti mostrerò la condanna
-della gran meretrice, che siede sopra le grandi acque. E lo trasportò
-nel deserto, e vide una donna seduta sopra una bestia color porpora,
-piena di nomi di bestemmia, con sette teste e dieci corna; ed era
-vestita di porpora e di grana, fregiata d'oro, di gemme e di perle, e
-teneva in mano un vaso d'oro, e sulla fronte portava scritto _Mistero_.
-E l'angelo gli disse: — Perchè stupisci? io ti dirò il mistero della
-donna e della bestia che la porta, e che ha sette teste e dieci corna.
-Le sette teste sono i sette colli sopra cui ella è posta: le acque
-che tu vedi, sono i popoli, le genti, le favelle: la donna è la gran
-città, che regna sopra i re della terra. Tutte le nazioni furono
-sedotte da' suoi prestigi; i mercadanti della terra si arricchirono
-degli eccessi del suo lusso; essa si elevò nell'orgoglio suo e tuffossi
-nelle delizie, dicendo in suo cuore, _io son regina, e mai non cadrò
-in lutto_; e divenne una Babilonia madre delle fornicazioni e d'ogni
-abominio, e inebbriò i re della terra col vino della sua prostituzione,
-e nella stessa coppa fece bevere tutti i popoli del mondo. Dai quali
-comperò preziosità, ed essi esclamarono: _Qual città fu mai pari a
-questa?_ Ma guaj a lei, che s'ubriacò del sangue de' santi, del sangue
-dei martiri di Gesù. I mercadanti della terra gemeranno e piangeranno
-sopra di essa, perchè non fia più chi compri le loro merci, le merci
-d'argento e d'oro, di pietre, di perle, di bisso, di porpora, di
-seta, di grana, d'ogni sorta legni odorosi, e mobili d'avorio, e gemme
-preziose, e rame e ferro e marmo, e cinnamomo ed incenso, vino, olio,
-fior di farina, biada, bestie da carico, agnelli, cavalli, carri,
-schiavi ed anime d'uomini. In un giorno le verrà lutto e morte, fame e
-incendio, perchè forte è il Signore che la giudicherà»[302].
-
-Che vediamo dunque a Roma negli ultimi suoi tempi? sul trono un fasto
-imbelle e snervante; usurpatori che si disputano le provincie senza
-saperle difendere; confische e procedure moltiplicate dai sospetti; le
-pubbliche cose in mano di schiavi, di stranieri, d'eunuchi; cortigiani
-che rinterzano intrighi; vescovi in lite e scisma tra sè; provincie
-quali perdute, quali in tentenno; gli eserciti composti di barbari
-soldati, comandati da barbari generali; decurioni per forza; magistrati
-che procurano, come nei naufragi, raccogliere qualche brano di potere
-e di ricchezza; molti ribellatisi alle leggi, che fanno guerra alle
-vie e ai campi; una plebe ignorante, scostumata, inerme, che, oppressa
-da sciagure, pretende dall'avvenire ciò che questo non le potrebbe
-dare, e con odio sovente ingiusto trabalza quelli che con inconsiderato
-entusiasmo elevò; finchè, caduta nella prostrazione d'animo che
-consegue alla servitù ed alla diuturnità dei mali, guarda impassibile
-lo sfasciarsi d'un ordine di cose che nè teme nè ama, e, per sottrarsi
-ai mali incalzanti, desidera fin i disastri gravi ma passeggeri
-della guerra. Pertanto l'impronta degli ultimi anni dell'Impero è la
-vigliaccheria; è una personalità inerte, a cui le irruenti sventure non
-istrappano che querele, e del passato non ritiene se non un residuo di
-idee pagane, che rende necessaria la distruzione di quel cadavere, la
-cui putrefazione avrebbe appestato la terra.
-
-A distruggerlo ecco i Barbari. La Germania era divisa fra cento
-popolazioni, da nessun legame od interesse congiunte nell'impresa; e
-non appena le aquile latine aveano fitto in una l'artiglio, una nuova
-sottentrava con integre forze e diverso metodo di guerra; sicchè per
-quattro secoli, da Basilea sino alle foci del Reno e del Danubio,
-durarono aperte ostilità o pace armata, nè le guerre profittavano
-ad altro che a respingere l'assalto. Ma ormai che valeano le
-barriere poste dalla natura e dall'uomo, quando d'ogni dove i nemici
-irrompevano, o per naturale desiderio d'avventure e pericoli, o per
-avidità di preda, o per vendetta, o per impulso d'altri Barbari, o per
-sollecitazione d'alcun ambizioso?
-
-Que' Germani venivano tutt'animo e spiriti guerreschi, colle virtù
-domestiche, e coi vizj della forza. Capi, eletti per merito e nel fiore
-dell'età, servivano di raffaccio agli accidianti augusti; le assemblee
-generali sotto cielo aperto, agl'intrighi de' gabinetti romani; gli
-eserciti ignudi e baldanzosi, alle truppe comprate e insofferenti
-della disciplina; i Germani robustamente sistemati nelle loro tribù, ai
-Romani svigoriti dallo spegnersi del patriotismo; il governo semplice
-e spicciativo di quelli, ad uno di fiscali e legulej, al quale, come al
-vampiro, non rimaneva fiato se non per suggere il sangue. La brutalità
-barbarica era meno obbrobriosa che non l'affinata dissolutezza de'
-Romani che aveano abusato di tutte le dottrine, di tutti i godimenti:
-que' caratteri vigorosi sapeano obbedire, sapeano sacrificarsi,
-possedevano istintivamente quel sentimento d'onore che l'antichità
-classica non conobbe, e di cui il cristianesimo dovea poi valersi per
-formare la coscienza pubblica, e costituire l'obbedienza ragionevole.
-I Germani agognavano acquistare una patria: i Romani non curavano
-difendere la propria. Fra i primi le donne stimolavano al valore ed
-alle imprese: le nostre svogliavano dalle pubbliche cure, talvolta
-ancora tradivano, come dicesi che la moglie di Stilicone invitasse
-Alarico, Onoria conducesse Attila, Genserico Eudossia. Quelli erano
-animati da religione sanguinaria, che assegnava il paradiso in premio
-delle stragi: questi divisi tra una voluttuosa che sfasciavasi, e una
-nuova che, avendo il suo regno in altro mondo che questo, insegnava ad
-offrire la guancia sinistra a chi la destra avea percosso.
-
-Il popolo di Marte come poteva ritardar la sua caduta altrimenti,
-che col rinfrescare l'elemento suo primo, la forza? Tanto si vide
-allorchè sedette a capo dell'Impero una serie di prodi, cresciuti
-fra l'armi e sollevati dal valore: ma i più, giunti alla porpora,
-deponevano l'usbergo, o ignari d'ogni altro studio fuor della guerra,
-mandavano a precipizio l'amministrazione. Nell'esercito, cernito per
-forza, la disciplina, nerbo di Roma, pervertivasi; si voleva ragionare
-l'obbedienza: era bisogno di trasportare le legioni su remoto confine?
-ricusavano, pronte a salutare augusto il primo che promettesse riposo
-e donativi; lagnavansi del peso delle armadure, e prima la corazza,
-poi il caschetto vollero deporre; preferivano il comodo dei cavalli
-alla fermezza della fanteria; cessarono di fortificare ogni volta gli
-accampamenti, sicchè, esposti senza difesa, più non poterono confidare
-che ne' turpi passi della fuga.
-
-Che se ancora il desiderio di passare dalla classe degli oppressi in
-quella degli oppressori faceva ad alcuni desiderare la condizione di
-soldato, in cui potessero saccomannare le provincie, esigere lauti
-donativi dagli imperatori, deporli e crearli a talento, cambiossi
-il caso dopo Diocleziano e Costantino, quando una regolata gerarchia
-ridusse l'esercito alla vera sua natura di macchina. Allora il fasto
-della Corte attribuiva i titoli della milizia a chi avesse, non
-meritato in opera d'arme, ma prestato servigi al principe; sicchè
-trovossi più comodo intrigare in palazzo che combattere sul campo:
-ogni gloria era riservata all'imperatore; dall'arbitrio di questo
-gli onori e le dignità. Nulla dunque allettava alla pericolosa e non
-necessaria carriera dell'armi; e tanto meno dacchè, forse per impedire
-le frequenti sedizioni, Gallieno escluse i senatori dal capitanare
-eserciti. Allora i patrizj infingardirono, e fuggendo dall'Italia,
-s'andavano a rimpiattare nella Macedonia, nella Dalmazia, nella Tracia,
-per sottrarsi alle dignità e alla milizia che recava gravissimo peso e
-scarsi onori. Il popolo minuto rifuggiva dal servizio a segno, che per
-sottrarsene molti si amputavano il pollice[303].
-
-Quando Italia fu invasa, non si trovò chi ostasse: Stilicone offrì
-due monete d'oro a qualunque schiavo si arrolasse, mentre un tempo
-costoro venivano accettati appena in pericoli stringentissimi: città
-folte di popolo e munite resistettero solo qualche istante a bande di
-scorridori, ignari dell'arte degli assedj, e incapaci di perseverare
-ad un'impresa. Inetti a resistere coll'armi, i figli di quel Camillo
-che volea la patria salvata col ferro non coll'oro, chetano i nemici
-a denaro, prima palliato col nome di soldo, poi preteso apertamente
-siccome tributo. L'Impero ne resta smunto, e costretto a gravare
-più sempre i sudditi, mentre i nemici se ne rifacevano, per tornare
-più vigorosi a nuove pretensioni, perduto il rispetto che ispira una
-nazione domabile sol dopo lunga resistenza. Che se quel soldo fosse
-tardato o disdetto, i Barbari venivano a ripeterlo colle armi, più
-baldanzosi quanto più i provinciali divezzavansi da queste.
-
-Fu dunque forza rimettersi affatto a braccia straniere: riempiute le
-schiere di così fatti, anche il comando se ne affidò a Barbari, che
-per tal via ascesero alle supreme magistrature. Grandi capitani ne
-trasse Roma, non mossi però da carità di patria, o da quel sentimento
-che è padre del vero coraggio, bensì da cupidigia di tesori e di
-gradi, o da ambiziose gelosie: Rufino sommoveva i Vandali e i Goti per
-contrariare Stilicone; questo lasciavasi fuggir di mano i Goti perchè
-non si cessasse d'aver bisogno di lui; Ezio non esterminava Attila
-per impedire gl'incrementi di Torrismondo. Gli imperatori non poteano
-riporre piena fiducia in eroi prezzolati: i cortigiani invidiavano ed
-aborrivano cotesta genìa, potente solo per le spade: la vanità latina
-si teneva oltraggiata dalla superiorità di quelli che continuava a
-chiamar barbari: e Stilicone, Ezio, Romano, Nigidio cadevano sotto al
-pugnale di maligni eunuchi o d'emuli imbelli.
-
-Eppure a svecchiare l'Impero, o almeno a difenderlo da nuove invasioni,
-unico partito sarebbe stato il fondere i Romani coi Goti, gente da
-gran pezzo abituata agli ordini de' Romani, tra cui o presso cui
-viveva, non isnervata dai vizj della civiltà, e capace di riceverne i
-vantaggi, come ne fanno prova i regni dove si piantò. Ma da una parte
-vi si oppose l'antipatia nazionale, inasprita dai disaccordi religiosi;
-dall'altra la sleale politica credeva sottigliezza d'accorgimento il
-seminare zizzania fra i popoli assalitori; e col violare i patti e con
-turpi tradimenti gl'irritava, e toglieva la possibilità d'onorevoli
-accordi.
-
-Disgustati, essi rivoltavansi contro quelli che dianzi aveano difesi;
-tornando d'aver servito nelle legioni, rivelavano le ricchezze
-e le delizie de' paesi romani, e la facilità di conquistarli; e
-ricomparivano più baldanzosi e più forti. Al crescere del pericolo
-scemavano i mezzi di ripararvi; ogni provincia che i Barbari invadono,
-cessano le contribuzioni di generi e d'uomini all'Impero; si ritirano
-dalle frontiere le guarnigioni e i magistrati, abbandonando le antiche
-conquiste agli assalitori ed a se stesse. Allora si scioglie il solo
-legame che unisce a Roma i varj municipj; e tutti si smembrano senza un
-pensiero al bene del corpo, al quale erano appiccicati, non congiunti.
-Solo in governi federativi, o dove le libertà provinciali sono
-profondamente radicate ne' costumi, le nazioni possono sussistere anche
-con un governo debole, e fin senza governo: qui invece erasi voluto
-ridurre ogni cosa al centro, e sfasciavasi l'intero corpo quand'era
-minacciato il capo.
-
-Qualche imperatore s'avvisò di riscuotere il patriotismo
-coll'avventurare, fra quello scompiglio, alcun elemento di libertà;
-il diritto di tener armi, levato dall'ombroso Augusto, fu restituito
-ai sudditi[304]; Graziano esortò le provincie a formare assemblee, ove
-discutere sopra oggetti di pubblico interesse, non impedite o ritardate
-da verun magistrato[305]; Onorio suggerì perfino una specie di governo
-federativo che raccogliesse quei divisi, ma niuna provincia o città ne
-approfittò[306]: tanto al sentimento affatto locale di quelle società
-riusciva incomprensibile e repugnante il sentimento dell'unione.
-Pertanto ciascuno, uomini e corpi, restringendosi in se stessi, non
-rimase chi difendesse l'Impero: i Barbari lo sovvertirono a loro
-voglia, finchè risolsero d'abolirlo.
-
-
-
-
-CAPITOLO LVII.
-
-Ultimi imperatori.
-
-
-Gl'imperatori stessi, inetti a sostenerlo, davano il crollo all'Impero.
-Valentiniano III, trionfante senz'aver combattuto (450),
-si scapestrò dopo la morte di Placidia; e preso in odio e in sospetto
-Ezio, salvatore dell'Impero, ad istigazione de' suoi eunuchi gl'immerse
-in cuore quella spada che mai non avea saputa impugnare contro de'
-Barbari. Con pari viltà furono assassinati gli amici del patrizio:
-al quale, come all'uomo che soccombe, furono attribuiti ambiziosi
-disegni, accordi coi nemici, macchinate rivolte. Vili che applaudissero
-all'imperiale assassino non mancarono; ma un Romano osò dirgli: — Tu
-facesti come chi colla sinistra si amputasse la destra».
-
-A scorno della virtuosa moglie Eudossia, Valentiniano lasciviva fin
-sopra le dame principali. La moglie di Petronio Massimo, ricco senatore
-di casa Anicia, gli resistette; ma un giorno al giuoco l'imperatore
-vinse a costui l'anello, e di questo si valse per mandar a chiamare
-la casta donna in nome del marito e se ne sbramò. Massimo propose
-tergere l'oltraggio nel sangue, e due fedeli di Ezio, improvvidamente
-accolti fra le guardie imperiali, gli prestarono il braccio per
-scannare Valentiniano (455 — 16 marzo). Massimo non durò
-fatica a erigersi imperatore; ma quest'atto fu il termine delle
-prosperità e delle virtù, di cui egli era stato fin allora un modello
-(455). Quanto non dovette egli sospirare la privata onorevole
-tranquillità allorchè si trovò a capo d'un Impero che uom del mondo
-più non era capace di rinfiorire! Coll'amico Fulgenzio, al cadere di
-giornate tempestose e di notti insonni, esclamava: — Fortunato Damocle,
-il cui regno cominciò e finì nel pranzo istesso!»
-
-Volle puntellarsi sul trono coll'impalmare a suo figlio Palladia,
-primogenita dell'ucciso imperatore; ed egli stesso, mortagli la
-virtuosa donna, menò a forza la vedova di Valentiniano. Costei, per
-vendicar sè ed il marito, si dirizzò al terribile Genserico, che con
-robusto armamento di Vandali e Alani dall'Africa sbarcò alla foce
-del Tevere. Massimo rimase ad aspettarlo con una freddezza che non
-era coraggio; ma dal popolo fu tolto a sassi, e gettato nel Tevere
-(12 giugno).
-
-Tre giorni dopo, Genserico era alle porte di Roma, la quale, sapendo
-assassinare, non difendersi, limitavasi a piangere ed orare. La
-religione di nuovo la coprì col suo manto; e Leone papa, che l'avea
-schermita da Attila, uscì col clero in processione, e coll'autorità
-d'uomo venerato e colla santità del ministero indusse Genserico a
-risparmiare le stragi e il fuoco; del resto tutto fu abbandonato ad un
-saccheggio di quattordici giorni. Al tempio di Giove in Campidoglio fu
-tolto fin il tetto di bronzo dorato, salvandone però le statue dei numi
-e degli eroi. In quello della Pace aveva Tito deposti gli arredi del
-culto giudaico, la tavola e il settemplice candelabro d'oro; e questi
-pure furono rapiti. Nè le chiese cristiane restarono immuni; e le
-ricchezze sfuggite ad Alarico vennero accumulate sulle navi africane,
-che parevano vendicare Cartagine. Eudossia medesima, avanzatasi
-incontro all'invocato liberatore, si vide strappar di dosso le gioje,
-e con due figliuole fu imbarcata fra migliaja di schiavi, scelti
-per bellezza o vigorìa. Prospero vento portò a Cartagine le prede
-e le persone, alle quali alcun ristoro diede il vescovo Deograzia,
-ricoverandole nelle chiese, soccorrendole cogli ori di queste, e coi
-conforti che la carità sola conosce. Il poeta Paolino, allora vescovo
-di Nola, convertì in questo pio uso tutte le ricchezze ecclesiastiche;
-e nulla più restandogli, per riscattare il figliuolo d'una vedova,
-diede schiavo se stesso[307].
-
-Anche da altre parti i Barbari irrompevano, e le provincie scotevano
-il giogo di Roma. Franchi ed Alemanni procedettero fino alla Senna;
-alle coste portavano assalto i Sassoni; i Goti aspiravano a durevoli
-conquiste. A frenare costoro, Massimo aveva destinato Flavio Avito,
-nobile d'Alvergna, che in sua giovinezza attese alle lettere e al
-diritto, combattè a fianco di Ezio, meritò d'essere prefetto al
-pretorio della Gallia; poi dal ritiro villereccio presso Clermont
-chiamato generale della fanteria e cavalleria, non si ricusò al bisogno
-della patria, tenne in rispetto i Barbari, ed egli medesimo andò a
-trattare con Teodorico II re dei Visigoti. Costui, udita la morte di
-Massimo, esibì assistere Avito per succedergli (10 luglio);
-e Roma e l'Italia nol poterono ricusare, solo pregandolo a por sua sede
-nell'antica capitale del mondo.
-
-La virtù di Avito non resistette alle blandizie d'un grado, cui,
-perduta la potenza, restavano le seducenti vanità; e molti mariti
-inimicò. Lo scontento non tardò a prorompere; e il senato, che nella
-debolezza degli augusti aveva ricuperato alcuna autorità, pose in campo
-il suo diritto d'eleggere l'imperatore. A nulla però sarebbe riuscito
-se non v'avesse dato appoggio il conte Ricimero, uno de' principali
-comandanti dei Barbari ausiliarj in Italia. Distrutte sessanta galee
-vandale nelle acque della Corsica, era costui stato salutato liberatore
-d'Italia: del quale trionfo imbaldanzito, intimò ad Avito di deporre
-la porpora (456 — 16 8bre). Questo cercò sicurezza col farsi
-ungere vescovo di Piacenza; ma quivi pure perseguito dalla vendetta del
-senato, mentre fuggiva verso la natale Alvergna, morì o fu ucciso.
-
-Vacato alquanto l'Impero, fu conferito a Giulio Valerio Magioriano
-(457 — 1 agosto), degno di migliori tempi. In voce di coraggioso,
-liberale e accorto, sotto Ezio militò con tanta gloria, da eccitarne
-la gelosia; degradato per ciò, fu riassunto alla morte di quello, e
-Ricimero, divenuto patrizio d'Italia, lo costituì generale
-della cavalleria e della fanteria; e poi ch'ebbe in quel grado respinto
-gli Alemanni che erano proceduti fino a Bellinzona di qua dall'alpi
-Lepontine, lo collocò sopra un trono, di cui disponeva a suo talento.
-Dell'elezione Magioriano fece saputo il senato e l'esercito[308]: —
-A sostenere il colmo del principato, non per volontà mia m'accostai,
-ma per ossequio della pubblica devozione, onde non vivere a me solo,
-o ricusando non parere ingrato alla repubblica per cui nacqui. Or
-favorite al principe da voi creato, e partecipate con noi alla cura
-degli affari, acciocchè l'impero, datomi per vostra istanza, cresca per
-le concordi attenzioni. La giustizia varrà al tempo nostro, e la virtù
-potrà prosperare sotto la tutela dell'innocenza. Nessuno temerà gli
-spionaggi, che già da privati noi detestammo, e che ora specialmente
-condanniamo: delle calunnie abbia paura soltanto chi le porti. Col
-padre e patrizio nostro Ricimero, vigilantissimo delle cose militari,
-avremo cura di serbare il mondo romano, che in comune assicurammo da
-esterni nemici e da domestica discordia. Spero che della elezione
-nostra voi serberete tal memoria, quale io, consorte una volta dei
-vostri pericoli, mi riprometto senza manco dall'amor vostro; e se il
-Cielo m'assista, mi sforzerò, con autorità di principe e riverenza di
-collega, che non abbia a spiacervi il giudizio che di me recaste».
-
-Il linguaggio costituzionale de' primi anni dell'Impero, disusato da
-tanto tempo, suona ancora in questo editto, e per l'ultima volta.
-
-Nelle poche sue leggi Magioriano mostrava i sentimenti generosi
-e generosamente espressi d'un padre di popolo infelice, che ai
-mali di questo soccorre ove può, se non altro li compatisce. Le
-fortune dei provinciali, «attrite dalla varia e molteplice esazione
-di tributi, e dagli straordinarj pesi fiscali», sollevò alquanto
-depennando i vecchi crediti del fisco; e toltala alle commissioni
-straordinarie[309], tornò ai provinciali la giurisdizione sulle tasse.
-I senati minori, cioè i corpi municipali, «viscere delle città e
-nervi delle repubbliche», erano tanto sviliti dall'ingiustizia de'
-magistrati e dalla insaziabilità degli esattori[310], che i cittadini
-se ne sottraevano coll'esigliarsi lontano od ascondersi. Magioriano
-gli esorta a tornare, alleviandone i pesi; e scioltili dall'esser
-garanti del tributo nel loro distretto, esige da essi soltanto un
-esatto conto del ricevuto e dei debitori morosi. Ai difensori della
-città restituisce la tutelare potenza, confortando ad eleggere a quel
-grado persone incorrotte, capaci e coraggiose di sostenere il povero
-e combattere il prepotente, ed informare l'imperatore de' soprusi,
-col suo nome ammantati. Provvide anche agli antichi edifizj, o per
-negligenza crollanti, o che abbatteansi onde avere materiali a nuove
-fabbriche. All'adultero, confisca de' beni ed esiglio; se tornasse in
-Italia, poteva essere ucciso impunemente. Nessuna si consacrasse a Dio
-prima dei quarant'anni: le vedove minori di quest'età si rimaritassero,
-o perdessero metà dei beni. Annullati i matrimonj disuguali. Di quel
-che vi si scorge d'eccessiva minutezza, di sproporzionato rigore e di
-rimembranze pagane, lo scusi la buona intenzione.
-
-Sconfitto Genserico che era sbarcato in Italia, Magioriano meditava
-ricuperare l'Africa; ma non potendo restituire il coraggio e la
-disciplina nelle legioni, assoldò Barbari, e a capo loro (458) passate
-le Alpi di fitto inverno, vinse Teodorico II visigoto, e lo accettò in
-alleanza; intanto che negli arsenali di Miseno e di Ravenna faceva
-allestire navigli, sicchè prontamente ebbe raccolte a Cartagena
-trecento grosse galee e adeguato numero di sottili. Ma Genserico
-ridusse a deserto la Mauritania, e sorpresa la flotta mal guardata
-nel porto, vi fisse il fuoco. Magioriano si trovò allora ridotto ad
-accettare una tregua, durante la quale accelerò nuovi preparativi: ma
-gli scontenti prodotti dalle sue riforme toccarono il colmo per la
-presente disgrazia, e il sollevato campo l'uccise a Voghera (461 — 2
-agosto).
-
-Ricimero allora ingiunse al senato d'eleggere Vibio o Libio Severo,
-oscuro lucano: poi, appena gli riuscì incomodo, il tolse di mezzo
-(465 — 15 agosto), e per venti mesi governò, non assumendo
-verun titolo, ma facendo tesoro, armi, alleanze in proprio nome.
-Protestavano contro la sua dittatura Marcellino ed Egidio. Il primo,
-letterato e fedele all'antica religione, era stato caro ad Ezio,
-perseguito da Valentiniano, da Magioriano messo a governare la
-Sicilia e l'esercito ivi disposto contro i Vandali; dappoi, occupata
-la provincia della Dalmazia, si intitolò patrizio dell'Occidente,
-e andando in corso per l'Adriatico, infestava le coste d'Italia e
-d'Africa. Egidio, maestro della milizia nella Gallia, si chiarì nemico
-agli uccisori di Magioriano, e con forte esercito si rese formidabile:
-presso Orleans sconfisse gl'imperiali e minacciò l'Italia: nè forse
-Ricimero seppe disfarsene altrimenti che col veleno.
-
-Anche Beorgor re degli Alani era sceso in Italia (464), ma
-sotto Bergamo toccò una sconfitta sì piena, che dopo d'allora più non
-trovasi mentovata quella gente. Genserico, non fiaccato dalla grave
-età, usciva ogni primavera con grossa flotta dal porto di Cartagine,
-e se il piloto gli chiedesse ove drizzar la prora, rispondeva: — Ove
-soffiano i venti, che ci porteranno al lido cui la divina giustizia
-voglia punire». Quanto bagna il Mediterraneo fu infestato da' costui
-ladroni, i quali, non avidi di gloria ma di bottino, sfuggivano
-d'affrontare eserciti in campagna, o assaltar fortezze; e sui loro
-cavalli battuto il litorale e rapitone il bello e il buono, si
-rimbarcavano. Ricimero, sprovveduto di forze navali, dovette lasciare
-che gl'italiani ricorressero alla mediazione dell'imperatore di
-Costantinopoli.
-
-Questi spedì ambasciatori a Marcellino, che, pago di vedersi con tal
-atto riconosciuto sovrano della Dalmazia, promise restar quieto.
-Genserico, al contrario, alzava le pretensioni, e pretendeva che
-suo cognato Olibrio fosse elevato augusto; ma in vece sua, dopo
-diuturna vacanza, fu gridato Procopio Antemio [Sidenote: 467 — 12
-aprile], galata di nazione, uno de' più illustri privati dell'impero
-Orientale, e genero dell'imperatore Marciano. Mosso da Costantinopoli
-con molti conti e con piccolo esercito, entrò in Roma trionfalmente,
-e senato, popolo, federati approvarono la scelta. Ricimero, che
-nella vacanza avea continuato da padrone, volle gli sposasse una sua
-figlia, e splendidissime celebraronsi le nozze. Antemio, lasciando
-Costantinopoli, avea ceduto la sua casa per farne un bagno pubblico,
-una chiesa, un ospizio pei vecchi: pure in Roma tollerò sì gli avanzi
-del paganesimo, sì gli eretici, e nel fôro Trajano rinnovò l'antica
-cerimonia del manomettere i servi colla guanciata, «pronto (diceva
-il suo panegirista) a sciogliere gli antichi schiavi e farne di
-nuovi»[311].
-
-Leone imperatore d'Oriente adoprò allora le sue forze e centrentamila
-libbre d'oro per isbrattare dai Vandali il Mediterraneo; il patrizio
-Marcellino, colle sue navi avvezze a corseggiare, li snidò di Sardegna;
-Basilisco, fratello dell'imperatrice d'Oriente, comandava la flotta
-di mille centredici navi, e più di centomila fra soldati e ciurma: ma
-Genserico trovò ancor modo di gettar le fiamme nella flotta, sicchè i
-due Imperj videro andar col fumo un armamento che gli avea spossati.
-Basilisco, con appena mezze le navi, fuggì a Costantinopoli; Marcellino
-si ritrasse in Sicilia, dove cadde assassinato; e Genserico tornò
-despoto del mare, aggiunta anche la Sicilia al suo dominio, mentre
-l'Impero perdeva tutte le provincie d'oltr'Alpe.
-
-Ricimero, non trovando Antemio abbastanza ligio, si ritirò da Roma
-a Milano, e intendendosela coi Barbari, minacciava guerra civile, se
-Epifanio vescovo di Pavia non fosse riuscito a conciliare l'imperatore
-di nome con quello di fatto. Ma il barbaro patrizio covava l'astio;
-e raccolto un grosso di Borgognoni e di Svevi, negò di più obbedire
-all'impero greco e all'eletto di quello, e proclamò Anicio Olibrio.
-Questo senatore, della più illustre famiglia romana, avendo sposata
-Placidia, ultima figlia di Valentiniano III, vantava ragioni al trono;
-e come cognato di Genserico, aveva l'appoggio di questo: lasciati gli
-ozj di Costantinopoli, dove era fuggito da Roma dopo il saccheggio
-di Genserico, sbarcò in Italia, e fu portato da Ricimero verso
-l'antica metropoli. Il senato e parte del popolo stavano per Antemio,
-e sostenuti da un esercito goto o gallo, tre mesi resistettero; ma
-una forte fazione repugnava a quell'imperatore, greco d'origine e
-poco zelante della fede; talchè Ricimero prevalse [Sidenote: 472 —
-11 luglio], fece trucidar l'imperatore suo suocero, e col saccheggio
-satollò le milizie.
-
-Dopo poche settimane Ricimero stesso moriva, cessando di sovvertire
-l'Impero, e lasciando l'esercito al nipote Gundibaldo principe
-de' Borgognoni. Olibrio anch'esso non sopravisse che sette mesi; e
-l'imperiale corona fu usurpata da un Flavio Glicerio (473),
-non sappiamo quale; poi da Leone imperatore di Costantinopoli data
-a Giulio Nepote, successo allo zio Marcellino nella sovranità della
-Dalmazia (474). Condottosi in Italia, e quivi agevolmente
-mutato in vescovo il competitore Glicerio, riconfortò di qualche
-speranza l'Impero cadente. Ma da lontano Eurico re dei Visigoti lo
-costrinse a cedergli l'Alvergna; da vicino i Barbari federati, insorti
-sotto Oreste, marciarono da Roma a Ravenna (475 — 28 agosto).
-Fuggì al loro avvicinarsi Giulio, e abdicandosi d'un trono che fa
-meraviglia come ancora trovasse aspiranti, visse nel suo principato
-della Dalmazia, ove quattro anni appresso fu assassinato da due
-cortigiani di Glicerio.
-
-Oreste, figlio di Tatullo, avea servito da segretario ad Attila e da
-suo ambasciadore a Costantinopoli. Morto il terribile padrone, ricusò
-obbedire ai figli di esso nè ai Visigoti; e raccozzato uno sciame
-dei Barbari che seguivano il Flagello di Dio, massime Eruli, Scirri,
-Alani, Turcilingi e Rugi, li menò al soldo di Roma col nome consueto
-di federati. Gl'imperatori per paura e necessità lo contentarono di
-regali e di gradi, fin a intitolarlo patrizio e generale. Infido ajuto,
-poichè, acquistata autorità su quella sua banda, come uomo sicuro
-ch'egli era e loro compatrioto e vivente al modo stesso, gl'indusse a
-scuotere l'obbedienza, e gridar imperatore suo figlio Romolo Augusto
-(476 — 28 8bre), vezzeggiato in Momillo Augustolo.
-
-Quelle ciurme raccogliticcie, recandosi a vile un imperatore ch'era
-loro creato, pretendevano facesse ogni loro talento, aumentasse paghe e
-doni; anzi, invidiando i Barbari che aveano già acquistato ferme stanze
-nella Gallia, nella Spagna, in Africa, domandarono anch'essi un terzo
-delle terre italiane. Oreste negò contentarli della domanda; ma essi
-trovarono chi gliela esaudì.
-
-Collega di Oreste nell'ambasceria d'Attila a Costantinopoli era stato
-un Edecone, il cui figlio Odoacre, senz'altro retaggio che il proprio
-valore, l'adoprò alla rapina e a servire chi lo pagasse, pensando
-farsi buona parte fra le tempeste d'allora. Errò qualche tempo nel
-Norico; poi calato nel bel paese, e udito i federati mormorare pel
-rifiuto d'Oreste, — Io v'accorderò quanto bramate, purchè a me vogliate
-sottomettervi». Accorsero a gara sotto le bandiere di esso (476), che
-senza contrasto giunse fino all'Adda; preso Oreste in Pavia,
-lo mandò a morte; avuta compassione o disprezzo dell'imbelle Augustolo,
-sol notevole per giovanile bellezza, gli assegnò seimila monete d'oro
-l'anno; e Luculliano, villa sul delizioso promontorio di Miseno,
-fabbricata da Mario, abbellita da Lucullo con tutte le arti di Grecia,
-poi gradita campagna degl'imperatori, indi nelle invasioni mutata in
-fortezza, diveniva asilo dell'ultimo successore d'Ottaviano.
-
-A che serviva omai questa dispendiosa dignità d'imperatore? Adunque,
-sotto dettatura del Barbaro, il senato scrisse all'imperatore Zenone a
-Costantinopoli: — Non intendiamo continuare più oltre la successione
-imperiale in Italia; basta la maestà d'un solo monarca a difendere
-l'Oriente e l'Occidente; sia dunque Costantinopoli sede dell'impero
-universale; a tutelare la repubblica romana rimarrà Odoacre, cui ti
-preghiamo concedere il titolo di patrizio e l'amministrazione della
-diocesi italica». Zenone esitò; e nel giovane figlio di Oreste, in cui
-per bizzarro caso si univano i nomi del primo re e del primo imperatore
-romano, terminò l'impero d'Occidente, 476 anni dopo Cristo, 1229 dopo
-la fondazione della città, 507 dopo che la battaglia d'Azio vi stabilì
-il dominio d'un solo. Roma aveano governata in prima sette re, poi
-quattrocentottantatre coppie di consoli, infine settantatre imperatori.
-
-E qui si chiude la storia di Roma: storia la più importante del
-mondo, non solo per noi, che viviamo sul suolo stesso, e che possiamo
-ed affacciarla a chi ci chiama nazione molle, e tenercene obbligati
-ad essere grandi noi pure, sebbene in modo diverso; ma anche per le
-lezioni, di cui l'incremento, la grandezza, il dechino di essa sono
-fecondi a chi guarda l'uomo, e la potenza di lui ammira meno nelle
-violenze della forza, che nelle lente conquiste del diritto. Poi quella
-storia si mescola a tutte le posteriori, giacchè gli Stati successivi
-d'Europa sono romano-germanici, e molti fatti trovano in quella o la
-spiegazione o l'esempio. E noi, credenti e speranti che l'uman genere
-progredisca imparando e migliorando, noi severi scrutatori delle virtù
-romane, noi proclameremo come una delle più belle glorie italiane
-l'immensa efficacia che Roma esercitò agli avanzamenti di quello.
-
-Dalla rupe Tarpea i Romani guardavansi come una gente privilegiata
-che non si conosce alcun obbligo morale colle altre, tutte barbare,
-predestinate al ferro de' guerrieri e all'ingordigia de' proconsoli,
-i quali, tra un parco di schiavi, in una miniera di denari qual è il
-mondo straniero, procedono come il dio Marte lor progenitore, intimando
-— Guai ai vinti». Un popolo che non intendeva la proprietà, non la
-libertà; che disciplinato soltanto per la guerra anche nella pace,
-lottava onde ripartirsi la preda; che il patriotismo riponeva non tanto
-nell'amar la propria, quanto nell'odiare le altre nazioni; che facevasi
-gloria dello sterminio; che unico mezzo di sussistenza considerava la
-dilapidazione, la rapina, la schiavitù, parve ad alcuni null'altro che
-abbominevole, mentre altri ne deducevano falsi concetti di gloria, e il
-vanto delle guerre ambiziose e dei colpi robusti, e la giustificazione
-dell'esito.
-
-Ma colla smania o piuttosto la necessità delle conquiste, i Romani
-arrestavano l'indefinito suddividersi dei popoli, introducevano
-qualche ordine nel caos delle genti antiche; per modo che quelle
-che prima non si conoscevano che per cozzarsi e distruggersi, si
-trovassero strette nell'unità della forza prepotente, poi della legge e
-dell'amministrazione.
-
-In tutta la società antica non si erano vedute fin allora che comunità
-di pochi, o accidentale aggregazione di molte comunità, dominate da una
-sola, e pronte a sconnettersi: Roma sola faticò all'opera eminentemente
-italiana di unire; ed organizzatrice anche al tempo di sua decadenza,
-colla spada ravvicina elementi disparati; per conservarli introduce
-unità di governo, principj di equità, nozioni di diritto; vuole
-assimilarsi il mondo, impresa mai più tentata, e formare una patria,
-una città; allo sfrazionamento de' Comuni sostituisce l'idea di
-nazione; agl'individui surroga un popolo, un popolo re; spezza mille
-barriere, frapposte alle genti; innesta civiltà dissomigliantissime,
-sicchè l'una all'altra profitti. In quell'espansione il Britanno del
-pari e l'Etiope si trovarono concittadini; si estesero la lingua,
-l'arte, la legislazione romana; anzi ne' paesi sottoposti quasi d'altra
-civiltà non ci fu tramandata memoria che della romana; e i Balbi di
-Napoli, i Virj e i Plinj di Como, i Nepoti e i Catulli di Verona, i
-Severi di Trieste, i Fabj di Brescia, i Sergj di Pola sono romani; come
-sono inglesi tutti i nomi segnalati nell'Unione americana.
-
-Ma fondere non poteva Roma, essa medesima mancando di quell'unità,
-superiore alle contingenze umane, nella quale soltanto possono i popoli
-affratellarsi, e costituire una dinastia di nazione, non più regnante
-per la forza ma per l'intelligenza. La necessità di questo grande
-eguagliamento non era predetta dalle Sibille, non l'avvisavano filosofi
-nè statisti, irritavansi anzi coi Cristiani che la predicavano; sicchè
-Roma moriva persuasa della propria immortale sovranità; moriva per la
-forza, essa che di forza era vissuta.
-
-Moriva, ma dopo che, venendo ultima degli antichi popoli, seppe
-profittare dell'esperienza di tutti, sistemarla col senso legale,
-sublimarla col cristianesimo; moriva, ma un immenso retaggio lasciando
-all'avvenire. La sua supremazia assicurò il primato dell'Europa sul
-resto del mondo, giacchè, in qualunque parte essa arrivò, stabilì
-città donde s'irradiava l'incivilimento, e che dapprima fissarono al
-terreno l'onda dei Barbari, più tardi coi vescovi e coi Comuni poterono
-frangere la tirannide feudale. I reggimenti municipali dall'impero
-istituiti o regolati, restarono, almeno ne' paesi non occupati dai
-Longobardi; e sebbene si restringessero a semplice amministrazione,
-misti ad elementi settentrionali, e vivificati dalle ecclesiastiche
-immunità produssero i Comuni del medioevo e la più gloriosa età
-dell'Italia. Già era non solo nata, ma svolta la più parte delle idee
-destinate a vivere nella società nuova; il primato pontifizio, la
-solitaria operosità de' monaci, il rinnovamento dell'arte, la lingua
-vulgare, perfino la scolastica, perfino la filosofia della storia con
-sant'Agostino. La letteratura latina, per quanto di fioritura breve,
-più di qualsiasi ebbe durata ed estensione, perocchè si collocò accanto
-ad ogni altra nazionale, educando i nuovi popoli europei, che tutti
-ne desunsero qual più qual meno il carattere: l'Omero dei mezzi tempi
-facevasi guidare da Virgilio traverso al miracoloso viaggio, col quale
-esordiva al volo delle letterature moderne.
-
-Quell'idioma, universale alla Chiesa universale, depositaria
-privilegiata della civiltà e del sapere, viepiù veniva opportuno
-nell'ignoranza, e nelle scarse comunicazioni d'allora; e modificando i
-prischi dialetti, generò le nuove favelle, che sono un latino corrotto,
-rigenerato da spirito analitico e flessibile; più logiche se meno
-maestose, più limpide se meno poetiche.
-
-Le leggi di Roma, perchè dirette al mondo intero, aveano meno
-dell'arbitrario e del particolare; e in canoni generali dominano i
-costumi e le credenze tutte; tutti i fatti sociali, tutte le differenze
-riconducono ad unità di principj. In conseguenza si adattano anche
-all'avvenire, e mantenute in prima e modificate nella Chiesa, poi
-introdotte nelle scuole e nella società secolare a dar norma agli atti,
-alle transazioni, ai contratti, offrirono grandiosi modelli d'ordine e
-di equità; la legislazione moderna s'affisse al diritto romano come al
-suo principio, spesso come a suo testo; man mano che si scioglie dai
-vincoli feudali, la proprietà torna a regolarsi alla romana; il nostro
-ordinamento amministrativo è istituzione romana acconciata a governi
-temperati: sebbene sia vero che talvolta quegl'istituti divennero ceppi
-a coloro che non sanno ammirare senza voler imitare.
-
-Il concetto di un potere centrale, che tutto muova e governi, fu
-trasmesso da Roma, parte coll'amministrazione sopravissuta, parte nelle
-ricordanze: i popoli barbari l'ammiravano, pur senza forza o sapienza
-bastante a raggiungerlo; e di esso fu merito se un impero cristiano
-rivisse sotto Carlo Magno, se alle sfrantumate giurisdizioni feudali
-riuscirono legisti popolani ad opporre la liberale perchè tutrice
-preponderanza d'un'autorità suprema.
-
-Così Roma, perduto lo scettro della forza, afferrerà quello del
-pensiero; dopochè per cinque secoli fu centro dell'unità materiale e
-della forza politica, lo diverrà della forza spirituale e dell'unità
-intelligente; papi e imperatori aspireranno alla primazia per memoria
-di Roma, mentre il servo invocherà nell'emancipazione d'essere
-dichiarato cittadino romano; sicchè quella città per nuova via tornerà
-a mettersi a capo dell'incivilimento, in una grande unificazione, che
-non abolisca le nazionalità particolari, le provincie, i Comuni, ma
-dia vita alla nazione cristiana, la quale sarà la più civile; e fondata
-sul dogma dell'eguaglianza delle anime, cioè sull'unità d'origine, di
-redenzione, di fine, più non retrocederà, e nella quale la potenza
-che regola i corpi non potrà nulla sugli spiriti. Stupendi frutti
-della romana sapienza, dacchè fu fecondata dal cristianesimo, che,
-cancellando le idee ingiuriose a Dio, cancella pur quelle ingiuriose
-all'uomo.
-
-
- FINE DEL TOMO QUARTO E DEL LIBRO QUINTO
-
-
-
-
-AGGIUNTE
-
-
-Vol. I, p. 169, alla nota 12 aggiungi:
-
-Sul _Nexum et la contrainte par corps en droit romain_ offrì
-un'importante dissertazione all'Istituto di Francia nel 1874 il sig. S.
-Vainberg.
-
-Vedasi pure UNTERHOLZER, _Lehre des römischen Rechts von den Schuld
-Verhältnissen_, Lipsia 1840; SELL, _De jure romano nexo et mancipio_,
-Brunswich 1840, come Vainberg, sostiene che _nexum_ e _mancipium_
-fossero una cosa stessa, attuata sempre per _æs et libram_. GIRAUD,
-_Des nexi_, distingue il _nexum_ dal _mancipium_; HUSCHKE, _Ueber
-das Recht des Nexum, und das altrömische Schuldrecht_, Lipsia 1846;
-BACHOFEN, _Das Nexum_, Basilea 1846.
-
-Vol. I, p. 261, alla nota 23 aggiungi:
-
-Il più recente lavoro che conosciamo sopra Selinunte è di Otto Benndorf
-(Berlino 1873), _Die Metopen von Selinunt, mit Untersuchungen über
-die Geschichte, die Topographie und die Tempel von Selinunt_, con 13
-tavole.
-
-
-
-
-INDICE
-
-
- CAPITOLO
-
- XLIII. Da Comodo a Severo. Despotismo militare _pag._ 1
- XLIV. I Trenta Tiranni. Diocleziano. Imperatori
- colleghi. Costituzione mutata » 22
- XLV. Nemici dell'Impero. I Germani. Costantino » 65
-
- LIBRO QUINTO
-
- XLVI. Il Cristianesimo perseguitato, combattente,
- vincitore » 87
- XLVII. Traslazione della sede imperiale a
- Costantinopoli. Costituzione del Basso
- Impero » 125
- XLVIII. Figli di Costantino. Sistemazione ecclesiastica.
- L'Arianismo » 160
- XLIX. Giuliano. Riscossa del Paganesimo » 180
- L. Da Gioviano a Teodosio. I santi Padri.
- Trionfo del Cattolicismo » 199
- LI. La coltura pagana digrada, si amplia la
- cristiana » 236
- LII. Trasformazione delle arti belle » 269
- LIII. Miglioramenti e complesso della legislazione » 286
- LIV. Impero diviso. Onorio. Invasione di Alarico » 342
- LV. Valentiniano III. Gli Unni » 379
- LVI. Sulla caduta dell'Impero romano » 392
- LVII. Ultimi imperatori » 422
-
- Aggiunte al volume I » 437
-
-
-
-
-NOTE:
-
-
-[1] LAMPRIDIO, _Vita di Alessandro_.
-
-[2] _Sororibus suis constupratis, ipsas concubinas suas sub oculis suis
-stuprari jubebat, nec irruentium in se juvenum carebat infamia, omni
-parte corporis atque ore in sexum utrumque pollutus_. Historia Aug.,
-47.
-
-[3] Lampridio, _Vita di Pertinace_.
-
-[4] DIONE, in _Didio Giuliano_.
-
-[5] SUIDA, pag. 257.
-
-[6] In ragione di settantacinquemila moggia l'anno.
-
-[7] _Omnia fui, et nihil expedit_. Historia Aug., 71.
-
-[8] ERODIANO. Bisognerà comprendervi i giardini.
-
-[9]
-
- _Fecisti patriam diversis gentibus unam,_
- _Urbem fecisti quæ prius orbis erat._
- RUTILIO, Itinerario.
-
-V'è chi ascrive questa legge a Marc'Aurelio (MANNERT, _Commentatio de
-Marco Aurelio Antonino, constitutionis de civitate universo orbi data
-auctore_. Alla 1772); e forse v'avea posto restrizioni, che Caracalla
-levò.
-
-[10] Lampridio trasse dagli archivj della città questo processo verbale
-della elezione di lui:
-
-— Il giorno avanti le none di marzo, essendosi in folla raccolto il
-senato nella curia, cioè nel tempio sacro alla Concordia, e avendo
-pregato Aurelio Alessandro Cesare Augusto a intervenirvi, ed avendo
-egli ricusato perchè sapeva trattarsi di onori suoi, poscia essendo
-venuto, si acclamò: «O augusto innocente, gli Dei ti conservino.
-Alessandro imperatore, gli Dei ti conservino. Gli Dei ti hanno dato
-a noi, gli Dei ti conservino. Gli Dei ti tolsero dalle impure mani,
-gli Dei ti perpetuino. Tu pure soffristi l'impuro tiranno, tu pure ti
-dolesti di vedere quell'impuro ed osceno; gli Dei lo svelsero, gli
-Dei ti conservino. Infame imperatore, giustamente dannato! Felici
-noi dell'imperio tuo, felice la repubblica! L'infame fu trascinato
-coll'uncino ad esempio spaventevole; il lussurioso imperatore fu a
-ragione punito. Dei immortali, ad Alessandro vita; di qui appajano i
-giudizj degli Dei».
-
-E avendo Alessandro ringraziato, si acclamò: «Antonino Alessandro,
-gli Dei ti conservino. Ti preghiamo ad assumere il nome d'Antonino.
-Vendica tu l'ingiuria di Marco; vendica tu l'ingiuria di Vero; vendica
-tu l'ingiuria di Bassiano. Peggior di Comodo fu il solo Elagabalo,
-nè imperatore, nè Antonino, nè cittadino, nè senatore, nè nobile, nè
-romano. I tempj degli Antonini un Antonino dedichi; il casto riceva il
-sacro nome, il nome di Antonino, il nome degli Antonini».
-
-E dopo le acclamazioni, Aurelio Alessandro Cesare Augusto proferì:
-«Vi ringrazio, o padri coscritti, non ora primamente, ma e pel titolo
-di Cesare, e per la vita salvata, e per l'aggiunto nome d'Augusto,
-pel pontificato massimo, per la podestà tribunizia, pel comando
-proconsolare, cose tutte che, con nuovo esempio, in un sol giorno
-mi conferiste». E come ebbe parlato, si acclamò: «Queste accettasti;
-accetta ora il nome di Antonino». Ed egli: «Non vogliate, vi prego,
-o padri coscritti, costringermi ad accettare un nome cui mi sarebbe
-difficile soddisfare, già gravi essendo questi insigni nomi. Chi
-intitolerebbe Cicerone un muto? chi un ignorante Varrone? Marcello un
-empio?»
-
-Di nuovo fu acclamato come sopra, e l'imperatore disse: «Qual sia
-stato il nome degli Antonini, ricordi la clemenza vostra. Se pietà,
-chi più santo del Pio? se dottrina, chi più prudente di Marco? se
-forza, chi più robusto di Bassiano?» Di nuovo si acclamò come sopra,
-e l'imperatore soggiunse: «Certo vi ricorda come testè quel più laido
-di tutti i bipedi non solo ma e de' quadrupedi, portasse il nome di
-Antonino, e in turpitudine e lussuria superasse i Neroni, i Vitellj,
-i Comodi, e quali erano i gemiti di tutti: e pei circoli del popolo e
-dei nobili una sola voce fosse, che sconvenientemente e' si chiamava
-Antonino, e che da tale obbrobrio era violato tanto nome».
-
-Mentre parlava si acclamò: «Gli Dei allontanino i mali; te imperante,
-di ciò non temiamo; ne siamo sicuri te duce. Vincesti i vizj,
-vincesti i disonori, ornasti il nome d'Antonino. Certi siamo, ben
-presumiamo; noi te fin dalla puerizia approvammo ed oggi approviamo».
-Allora l'imperatore: «Nè io esito ad assumer questo nome a tutti
-venerabile, perchè tema che ne' vizj risolvasi la mia vita, o abbia a
-vergognarmene; ma mi spiace prima il prendere il nome d'altra famiglia,
-poi credo di gravare me stesso».
-
-E di nuovo gli fu acclamato, ed egli proseguì: «Perocchè, se accetto
-il nome di Antonino, posso anche quello assumere di Trajano, di Tito,
-di Vespasiano». E gli fu gridato: «Come Augusto, così anche Antonino».
-Allora l'imperatore: «Vedo che cosa vi spinga a tale aggiunta. Augusto
-è il primo fondatore dell'impero, e nel nome di lui tutti succediamo
-quasi per adozione e per dritto ereditario: anche gli Antonini furono
-detti Augusti. Ma il nome fu ereditario in Comodo, affettato in
-Bassiano, ridicolo in Aurelio».
-
-E gli fu acclamato: «Alessandro Augusto, gli Dei ti conservino. Alla
-verecondia tua, alla prudenza, all'innocenza, alla tua castità. Di
-qui comprendiamo qual diverrai; tu farai che il senato ben elegga i
-principi. Sii vincitore! sii sano! regna per molti anni». Alessandro
-soggiunse: «Vedo, o padri coscritti, d'aver ottenuto quel che
-desideravo, e ve ne ringrazio, e procurerò che questo nome che porto
-nell'impero sia tale che da altri si desideri, ed offrasi ai buoni
-uffizj della vostra pietà». E avendolo più volte ripetuto, e' disse:
-«Più facile mi sarebbe stato accettare il nome degli Antonini; poichè
-condiscenderei in parte alla parentela od alla comunanza del titolo
-imperiale. Ma il cognome di Magno perchè si adopra? che cosa ho fatto
-di grande? e sol dopo belle imprese l'ebbe Alessandro, dopo grandi
-trionfi Pompeo. Cheti dunque, e voi stessi, magnifici, contate me per
-uno di voi, anzi che darmi il nome di Magno».
-
-Dopo di che fu acclamato: «Aurelio Alessandro Augusto, gli Dei ti
-conservino».
-
-Tali erano le discussioni del glorioso senato; in tali atti si sfogava
-la manìa delle mozioni, triviale occupazione degli inetti.
-
-[11] Il vescovo Eusebio la chiama religiosissima e di gran pietà (VI.
-21), lo che da alcuni la fece credere cristiana. La vita d'Alessandro,
-nella _Storia Augusta_, è piuttosto un romanzo sul fare della
-_Ciropedia_. Erodiano sembra più attendibile, e s'accorda coi frammenti
-di Dione.
-
-[12] Vedi Manso, _I Trenta Tiranni_ (ted.), dietro alla sua _Vita di
-Costantino_.
-
-[13] Delle minutezze cui scendeva Aureliano in fatto di disciplina
-militare sia argomento questa lettera a un suo luogotenente: — Se
-vuoi essere tribuno, anzi se t'è caro di vivere, tieni in freno le
-mani dei soldati. Niun d'essi rapisca i polli altrui, niuno tocchi le
-altrui pecore. Sia proibito il rubar uve, il far danno ai seminati,
-l'esigere dalla gente olio, sale, legna, dovendo ognuno contentarsi
-della provvisione del principe. Hanno i soldati a rallegrarsi del
-bottino fatto sopra i nemici, non delle lagrime de' sudditi romani.
-Ognuno abbia l'armi sue ben terse, le spade ben aguzze ed affilate,
-e le scarpe ben cucite. Alle vesti logore succedano le nuove. Mettano
-la paga nella tasca, e non nella taverna. Ognuno porti la sua collana,
-il suo anello, il suo bracciale, e nol venda o biscazzi. Si governi e
-strigli il cavallo e il giumento per le bagaglie, e così ancora il mulo
-comune della compagnia, e non si venda la biada lor destinata. L'uno
-all'altro presti ajuto, come se fosse un servo. Hanno il medico senza
-spesa; non gettino denaro in consultare indovini. Vivano costantemente
-negli alloggi; e se attaccheranno lite, non manchi loro una mancia di
-buone bastonate».
-
-[14] _Absit ut auro fila pensentur; libra enim auri tunc libra serici
-fuit_. VOPISCO, in _Aureliano_.
-
-[15] Se pure va inteso così il _publicavit_ di Vopisco.
-
-[16] Da Claudio II a Diocleziano non si batterono più monete d'argento,
-ma di rame argentato. Quelle d'oro continuarono ad essere di titolo
-fino, perchè il tributo era pagato in oro.
-
-[17] Vopisco soggiunge che i discendenti di Probo andarono ad abitare
-nelle vicinanze dei laghi di Garda e di Como.
-
-[18] _Edda Sæmundar. Rigsmal._
-
-[19] _Reges ex nobilitate, duces ex virtute sumunt_. TACITO, cap. VII.
-
-[20] Il Muratori talvolta scrive: — Gli Sciti, o vogliam dire i Goti»,
-al 267, 271 ecc.; e tal altra: — Gli Sciti, cioè i Tartari», al 261.
-
-[21] ZOSIMO, i. 67; _Panegyr. veteres_, V.
-
-[22] Romagnosi (_Dell'indole e dei fattori dell'incivilimento_,
-part. II. c. 252) accolse l'opinione d'alcuni, che, per avversione
-a Costantino, presentano quella di Massenzio come un'«opposizione
-armata in senso nazionale». Io non trovai il minimo appoggio a tale
-asserzione.
-
-[23] È bizzarro come la boria municipale sapesse innestare le origini
-favolose delle città colle sacre. Il Malvezzi cronista bresciano (_Rer.
-It. Script._, tom. XIV. 780) racconta che Ercole fondò a Brescia la
-rocca Cidnea (_Brixia Cydneæ supposita speculæ_, cantò Catullo); poi
-la cinsero di torri e di spalti i Tirreni, dai quali in dritta linea
-derivavano i santi Faustino e Giovita.
-
-Nella cattedrale di Gorizia conservossi il bastone pastorale che
-Ermagora avrebbe ricevuto da san Pietro; come in San Carpoforo a Como
-quel che usava san Felice primo vescovo. Più famoso è il codice dei
-vangeli, che stava nel monastero di San Giovanni del Timavo, distrutto
-dagli Ungari nel 615, donde passò al monastero Belinese, e di là al
-capitolo d'Aquileja, sotto il patriarcato dei Torriani, di cui porta lo
-stemma. Carlo IV nel 1353 passando per Aquileja, ottenne dal patriarca
-gli ultimi due quaderni di quella reliquia, che comprendono dal
-versetto 20 del cap. XII sino al fine; e li regalò alla metropolitana
-di Praga, ordinando di legarli in oro e perle, assegnandovi duemila
-ducati; e volle che l'arcivescovo e il clero andassero incontro alla
-reliquia, ed ogni pasqua fosse portata in solenne processione. Gli
-altri cinque quaderni, rimasti ad Aquileja, furono poi recati a Venezia
-per ordine del doge Tommaso Mocenigo nel 1420: ma l'umidità danneggiò
-talmente il manoscritto, che più non è leggibile, e si disputò perfino
-se fosse latino, e se su papiro o pergamena. I dubbj furono risoluti da
-Lorenzo della Torre, nel ii vol., pag. 548 e seg. dell'_Evangeliarium
-quadruplex_ del Bianchini (Roma 1749). Che questo brano appartenesse
-al manoscritto d'Aquileja raccogliesi anche da ciò, che in esso,
-dove finisce il vangelo di san Matteo, si legge, _Explicit evangelium
-secundum Matthæum, incipit secundum Marcum_; e nulla segue. Nel 1778
-Giuseppe Dobrowsky, sotto il titolo di _Fragmentum pragense evangelii
-sancti Marci, vulgo autographi_, fece a Praga stampare i sedici fogli
-donati da Carlo IV, e apparve che non era neppure l'antica versione
-italica, ma quella emendata da san Girolamo.
-
-[24] _Epistola_ I di san PIETRO, II. 9.
-
-[25] San Paolo, _ad Eph._, IV. 13.
-
-[26] _Audio eos turpissimæ pecudis caput asini consecratum, inepta
-nescio qua persuasione, venerari_, fa dire Minucio a Cecilio. — _Ab
-indoctis hominibus scriptæ sunt res vestræ._ ARNOBIO, I. 39. — Il
-padre Mamachi, nelle _Origini ed antichità cristiane_ (1750), comincia
-dal riferire a lungo tutti i titoli d'onore che davansi a questi,
-poi quelli d'ignominia: ed erano, 1. atei, 2. magi e malefici, 3.
-prestigiatori, 4. greci e impostori, 5. sofisti, 6. seduttori, 7.
-seguaci di nuova, prava, smodata o malefica superstizione, 8. di
-religione barbara e pellegrina e barbari, 9. malvagi demonj, 10.
-disperati e parobolani, 11. sarmentizj e serniassj, 12. biatanati, cioè
-violentemente uccisi, 13. ottusi, stolidi, rozzi, idioti, ignoranti,
-goffi, inetti, agresti, miseri, fatui, ostinati, di deplorata e
-illecita fazione, 14. plantina prosapia e panattieri, 15. nazione
-nemica della luce e amante i nascondigli, muta in pubblico, 16. persone
-vili, 17. asinaj e adoratori di asini, 18. stranieri, faziosi, rei
-d'offesa divinità, sacrileghi, profani, varj, 19. nemici dell'uman
-genere e de' principi, omicidi, incestuosi, pessimi, scelleratissimi
-d'ogni ribalderia, 20. uomini da nulla negli affari, 21. Cristempori o
-negozianti di Cristo, 22. sibillisti, 23. Giudei. Seguono le accuse che
-ad essi venivano apposte, dividendole in ventiquattro capi.
-
-[27] Αἶρε τοὺς ἀθεοὺς era il grido contro loro sotto Adriano. E nel
-dialogo di Minucio, l'interlocutore gentile esclama: _Cur nullas aras
-habent? templa nulla? nulla nota simulacra?... Unde autem, vel quis
-ille, aut ubi, deus unicus, solitarius, destitutus?_
-
-[28] Pare uno sbaglio di san Giustino, che credette a lui dedicata
-l'iscrizione, SEMONI SANCO DEO FIDIO SACRUM, la quale alludeva a una
-delle antiche divinità italiche.
-
-[29] GRUNER. _De odio humani generis Christianis a Romanis objecto_.
-Coburgo 1755. _Genus humanum_ in questo senso è solenne in Tacito;
-Pisone dice: _Galbam consensus generis humani, me Galba cæsarem dixit_.
-Hist., lib. I. Da ciò Tito fu detto _delizia del genere umano_.
-
-[30] DIONE, lib. LII. 36. Le parole sono precise: ἠνάγκαζε.....
-τοὺς δὲ δὴ ξενίζοντας.... μίσει, καὶ κόλαζε. Se le ricordi chi vanta
-la tolleranza religiosa degli antichi, dimenticandosi le stragi di
-Cambise, i tempj incendiati da Serse, i processi contro Protagora,
-Diagora, Socrate, Anassagora, Stilpone; per non dir nulla degli Egizj.
-Platone stesso e Cicerone nelle immaginarie loro repubbliche negano
-tollerare culti stranieri.
-
-[31] _Domitius Ulpianus rescripta principum nefaria collegit,
-ut doceret quibus pœnis affici oportet eos qui se cultores Dei
-confitentur_. LATTANZIO, Inst., v. 2.
-
-[32] _Solus Dei homo_. Tertulliano, _Scorp._ 14.
-
-[33] TERTULLIANO, _Apol._ I. 21. Abbiamo una sentenza di questo tenore:
-«Essendo che Sperato, Cittino... confessano di essere cristiani, e
-ricusano di rendere omaggio e rispetto allo imperatore, ordiniamo sieno
-decapitati». BARONIO, _ad ann._ 202, § 4.
-
-[34] In Ispagna fu trovato un marmo, ove Nerone è lodato d'aver purgata
-quella provincia «dai ladroni, e da quelli che inculcavano una nuova
-superstizione al genere umano». Ap. MURATORI, _Thes. Ant._, i. 99.
-Si dubitò della sua autenticità, ma la sostenne il protestante Gian
-Ernesto Walchio, _Marmor Hispaniæ antiquum vexationis Christianorum
-neronianæ insigne documentum illustratum, etc. v. c. F. Goris
-consecratum._ Jena 1750.
-
-[35] Anche qui la leggenda intervenne, e narrò che Plinio fosse in
-Creta convertito da Tito discepolo di San Paolo, e subisse il martirio.
-Rincresceva ai Cristiani di credere perduto l'uomo che avea reso
-testimonianza delle loro virtù.
-
-[36] _Certatim gloriosa in certamina ruebatur, multoque avidius tunc
-martyria gloriosis motibus quærebantur, quam nunc episcopatus pravis
-ambitionibus appetuntur_, SULPICIO SEVERO, lib. II.
-
-A coloro che riducono a minimo numero le vittime, volle rispondere il
-Visconti (_Mem. romane d'antichità_. Roma 1825) colle tante iscrizioni
-di martiri. Di molti non s'indicava il nome, ma il numero; come,
-
- MARCELLA ET CHRISTI MARTYRES CCCCL.
- HIC REQVIESCIT MEDICVS CVM PLVRIBVS.
- CL MARTYRES CHRISTI.
-
-Fors'anche son numeri di martiri quelli che, senz'altra indicazione,
-troviamo su alcune sepolture, colla corona e la palma; del qual uso è
-testimonio anche il seguente epigramma di Prudenzio, Carm. XI:
-
- _Sunt et multa tamen, tacitas claudentia tumbas_
- _Marmora, quæ solum significant numerum._
- _Quanta virum jaceant, congestis corpora acervis,_
- _Scire licet, quorum nomina nulla legas._
- _Sexaginta illic, defossa mole sub una,_
- _Reliquias memini me didicisse hominum_.
-
-Una, per esempio, dice: N. XXX. SVRRA ET SENEC. COSS; cioè ci dà
-trenta uccisi sotto il pio Trajano; e contraddice a chi asserì (come il
-BURNET, _Lettere dall'Italia_, pag. 224) che i Cristiani non avessero
-catacombe prima del IV secolo, giacchè questa, del 107, fu scavata da
-una catacomba.
-
-[37] BALUZIO, _Miscell._, tom. II. p. 115.
-
-[38] _Ipsam libertatem, pro qua mori novimus_. TERTULLIANO, _ad Nat._
-I. 1.
-
-[39] Instit., lib. V. c. 13: _Nam, cum videat vulgus dilacerari homines
-variis tormentorum generibus, et inter fatigatos carnifices invictam
-tenere patientiam, existimat id quod est, nec consensum tam multorum,
-nec perseverantiam morientium vanam esse, nec ipsam patientiam sine
-Deo cruciatus tantos posse superare. Latrones et robusti corporis viri
-ejusmodi lacerationes perferre nequeunt, exclamant et gemitus edunt,
-vincuntur enim dolore, quia deest illis inspirata patientia. Nostri
-autem, ut de viris taceam, pueri et mulierculæ tortores suos taciti
-vincunt, et expromere illis gemitum nec ignis potest. Ecce sexus
-infirmus et fragilis ætas dilacerari se toto corpore utique perpetitur,
-non necessitate, quia licet vitare si vellent, sed voluntate, quia
-confidunt in Deo._
-
-[40] Sant'Ambrogio, per mostrarsi indegno dell'episcopato, assistè ad
-un giudizio capitale.
-
-[41]
-
- _Pone Tigillinum; tæda lucebis in illa,_
- _Qua stantes ardent, qui fixo gutture fumant,_
- _Et latum media sulcum deducit arena_. Sat. I. 155.
-
-Allude ai fanali degli orti di Nerone.
-
-[42] _Annal._, XV. 44.
-
-[43] È tradizione antica; e i santi Girolamo ed Agostino non metteano
-dubbio sull'autenticità di quattordici lettere fra Seneca e san Paolo,
-che ora la critica rifiuta. Altri andarono a cercarne prove nelle opere
-stesse di Seneca, riscontrandovi passi analoghi a quei dell'apostolo
-delle genti. Questi nella IIª ai Corintj, 11, chiama _angelo di Satana_
-un falso profeta; e Seneca: _Nec ego, Epicuri angelus, scio_... (Ep.
-20). Così _progenitura di Dio_ per uom dabbene: così somigliata la
-vita allo stato di guerra (Epp. 51. 96). Altre maniere Seneca usa nel
-senso del Nuovo Testamento; come caro (_Animo cum hac carne grave
-certamen est, ne abstrahatur_. De cons. ad Marciam, 240). E molto
-maggiore vi è la quantità di idee cristiane. Che se alcuno dica che
-un uomo, meditando sulla natura umana e sui rapporti fra l'uomo e
-Dio, può arrivarvi di per sè, noi chiederemo perchè nulla se ne trovi
-o nei _Dialoghi_ di Platone, o nella _Morale_ d'Aristotele, o nei
-_Memorabili_ di Senofonte, o nelle opere di Cicerone, anzi neppure in
-Marc'Aurelio e in Epitteto, della scuola stessa di Seneca?
-
-Se riflettiamo che Seneca si astenne dalla dieta pitagorica soltanto
-per non parere un ebreo nè dispiacere a Tiberio, se osserviamo le sue
-colpevoli condiscendenze verso Nerone, siam poco inclinati a farne
-un santo. Ma storicamente nulla si oppone all'amicizia tra questo e
-l'Apostolo delle genti; il quale arrivato, come credesi, a Roma nel
-61, cortese prigionia ottenne da Burro prefetto del pretorio, amico di
-Seneca: fors'anche Seneca n'avea già contezza da suo fratello Anneo
-Novato Gallione, governatore dell'Acaja, al cui tribunale Paolo era
-stato tradotto mentre dimorava in Corinto. Che se la maggior parte
-delle opere sue si mostrano scritte prima della venuta di Paolo, quella
-sulla _Vita beata_ e sui _Benefizj_, ove più abbondano le espressioni
-cristiane, e massimamente molte _Lettere_, sono posteriori. Del resto
-le somiglianze potrebbero indicare soltanto che Seneca conobbe i libri
-de' Cristiani.
-
-Vedi in proposito FR. CH. GELPKE, _Tractatiuncula de familiaritate,
-quæ Paulo apostolo cum Seneca philosopho intercessisse traditur
-verisimillima_. Lipsia 1813; il _Seneca_ del sig. Durosoir nella
-collezione di Panckouke; Amédée Fleury, Saint _Paul et Sénéque_. Parigi
-1853. E tratto tratto il tema si ripiglia, e il dotto vulgo lo crede
-nuovo.
-
-[44] _De benef._, VI. 7. 23; _Quæst. nat._, I. 1, III. 45.
-
-[45] _Ep._ 41. 73.
-
-[46] _Deus ametur_. Ep. 42. 47. 96; _De benef._, VII. 2.
-
-[47] _Hujus socii sumus et membra_. Ep. 93.
-
-[48] _Parere Deo libertas est_. De vita beata, 15; _Colite in pia et
-recta voluntate_. De benef., I. 6; Ep. 116.
-
-[49] _Ep._ 7.
-
-[50] _De benef._, III; _Ep._ 44.
-
-[51] SAN PAOLO, _ad Rom._, I. 18. 20.
-
-[52] Teodosio e Valentiniano scrivono: _Digna vox est majestate
-regnantis legibus alligatum se principem profiteri; adeo de auctoritate
-juris nostra pendet auctoritas. Et revera majus imperio est submittere
-legibus principatum_. Cod., I. 14.
-
-[53] Il Giannone, nell'opera manoscritta che citammo a pag. 24 del
-vol. III, esclama: — Or chi crederebbe che, contro un rescritto
-cotanto savio, prudente e degno della romana moderazione e sapienza,
-Tertulliano avesse potuto declamar tanto, deridendolo e reputandolo
-contraddittorio, e con iscipiti contrapposti ed antitesi malmenarlo e
-schernirlo? ecc.»; e segue dimostrando la _legalità_ del proconsole e
-dell'imperatore.
-
-[54] Per regola data dal concilio degli Apostoli, e a lungo osservata,
-i Cristiani s'astenevano dal sangue e dagli animali soffogati. Avanzo
-di rito ebraico.
-
-[55] Dal giorno dell'acclamazione di Diocleziano, 29 agosto 281, parte
-l'_êra dei martiri_, usata a lungo dalla Chiesa, e tuttora dai Copti e
-dagli Abissini.
-
-[56] Agatangelo romano descrisse e probabilmente vide le persecuzioni
-di quel tempo in Armenia, dove le vergini Ripsima e Galana romana
-furono esposte alla brutalità di re Tiridate: e molte con loro
-patirono, ma il martirio di esse valse la conversione dell'Armenia.
-La storia di Agatangelo, dall'armeno volta in italiano, forma uno
-degli anelli della Collana Storica, che i padri Mechitaristi aveano
-cominciata nella loro isola a Venezia.
-
-[57] Costantino scrisse ad Ario: — Sono persuaso, che se io fossi
-tanto felice da recar gli uomini ad adorare tutti lo stesso Dio,
-questo cambiamento di religione ne produrrebbe un altro nel governo»; e
-soggiunge che cerca compiere questo disegno «senza far troppo rumore».
-EUSEBIO, _Vita Const._, II. 65. Avea dunque chiaro concetto di quel che
-operava.
-
-[58] Gran colpa gliene fa Zosimo, II. 7 e 30.
-
-[59] Anastasio Bibliotecario cavò dagli archivj del Vaticano il
-catalogo degli arredi donati da Costantino alla basilica di San
-Giovanni Laterano, di portentosa ricchezza:
-
-1. Un baldacchino (_fastigium_) d'argento, sul cui dinanzi una statua
-del Salvatore in sedia, alta 5 piedi, e pesante 120 libbre; inoltre i
-dodici Apostoli con corone d'argento purissimo in testa, alti ciascuno
-5 piedi e pesanti 90 libbre. Sul dietro un'altra statua del Salvatore
-in trono, e che guarda l'abside, alta 5 piedi e pesante 140 libbre.
-Vicino di lei, quattro angeli d'argento, di 5 piedi, e del peso di 50
-libbre. E tutto il baldacchino pesa libbre 2025.
-
-2. Una lumiera d'oro puro, ornata di 15 delfini, e pesante 25 libbre,
-colla catena che la sospende al baldacchino.
-
-3. Quattro candelabri a forma di corone, d'oro puro, ornati di venti
-delfini, e pesanti 15 libbre ciascuno.
-
-4. La volta della basilica, dorata in tutta la lunghezza, che è di 500
-piedi.
-
-5. Sette altari d'argento, ciascuno di 200 libbre.
-
-6. Sette patene d'oro, da 30 libbre.
-
-7. Sedici d'argento, da 30 libbre.
-
-8. Sette coppe d'oro puro, da 10 libbre.
-
-9. Una di metallo, sparsa d'oro e adorna di coralli, smeraldi,
-giacinti, pesante 20 libbre, 3 oncie.
-
-10. Venti coppe d'argento da 15 libbre.
-
-11. Due vasi sacri d'oro puro, da 50 libbre, capaci di 3 medimni
-ciascuno.
-
-12. Altri venti d'argento, da 10 libbre e da un medimno.
-
-13. Quaranta calici d'oro puro, da 1 libbra.
-
-14. Cinquanta d'argento da 2 libbre.
-
-15. Un candelabro d'oro puro, collocato avanti all'altare, ornato di
-venticinque delfini, e pesante 30 libbre.
-
-16. Un candelabro d'argento con venti delfini, da 50 libbre.
-
-17. Quarantacinque candelabri d'argento, disposti nella nave, ciascuno
-da 30 libbre.
-
-18. Dal lato destro della basilica, quaranta candelabri, da 20 libbre
-d'argento;
-
-19. Dal sinistro, altri venticinque;
-
-20. E altri cinquanta nella nave, simili.
-
-21. Tre urne d'argento, da 30 libbre, e capaci di 10 medimni ciascuna.
-
-22. Due incensieri d'oro puro, da 50 libbre.
-
-23. Nel Battistero una vasca di porfido, dentro e fuori rivestita di
-lamina d'argento per 3008 libbre.
-
-24. Nel cui mezzo, una colonna di porfido, che sostiene una lampada
-d'oro puro, da 50 libbre.
-
-25. Sull'orlo della vasca un agnello che versa acqua, di 30 libbre
-d'oro.
-
-26. A destra di quello una statua del Salvatore, d'argento puro, alta 5
-piedi, e pesante 70 libbre.
-
-27. A sinistra un san Giovanni Battista d'argento, alto 5 piedi, del
-peso di 100 libbre.
-
-28. Sette cervi d'argento che versano acqua, da 80 libbre ciascuno.
-
-29. Un incensiere di 10 libbre d'oro puro, ornato di quarantadue pietre
-fine.
-
-Erano dunque 685 libbre d'oro, e 12,943 d'argento, non contando la
-duratura della volta: lo che varrebbe 1,700,000 franchi, senza la
-fattura. Costantino vi aggiunse fondi per una rendita di circa 230,000
-lire, e l'annuo tributo di 150 libbre d'aromi.
-
-Tanta liberalità fece dubitare sulla genuinità del testo, la quale però
-fu da autorevoli critici sostenuta.
-
-[60] _Constantinopolis dedicatur pene omnium urbium nuditate_, dice
-san Girolamo. Codino, greco d'età posteriore, riferisce un aneddoto
-favoloso, ma degno di ricordo; cioè che Costantino chiamò i principali
-nobili di Roma, e li spedì alla guerra contro i Persiani; intanto fece
-fabbricare a Costantinopoli palazzi affatto simili a quei ch'essi
-possedevano in Roma, e vi pose gli stessi mobili, indi le mogli e i
-figli loro. Tornati dopo sedici mesi quei signori, esso gli accolse con
-un solenne banchetto, dopo il quale fece condurre ciascuno alla nuova
-abitazione, dove si meravigliarono di trovarsi nella casa e fra le
-persone conosciute e care.
-
-[61] _Si quis indebitum sibi locum usurpaverit, nulla ignoratione
-defendat, sitque plane sacrilegii reus qui divina præcepta neglexerit._
-Legge di Graziano nel Codice Teodosiano, lib. VI. tit. 5. l. 2.
-
-[62] Ci sono guida esso _Codice Teodosiano_ coi ricchissimi commenti
-del Gotofredo e del Ritter.
-
-La _Notizia delle dignità dell'Oriente e dell'Occidente_, specie
-d'almanacco imperiale, composto un secolo più tardi, commentato dal
-Panciroli nel _Thesaurus antiquitatum romanarum_ del GREVIO, vol. VII.
-
-LYDUS, _De officiis romani imperii._
-
-SALVIANUS, _De gubernatione Dei_.
-
-_Tabula Heracleensis_, ediz. MAZOCCHI. Napoli 1754.
-
-Oltre i predetti abbreviatori di storie, abbiamo PAOLO OROSIO,
-_Historiarum libri_ VII, e ZONARA, _Annales_.
-
-Da qui innanzi la storia assume colore diverso, secondo che gli
-scrittori sono idolatri o cristiani.
-
-Zosimo, alla maniera di Polibio, dipinge la decadenza dell'Impero,
-avversissimo sempre ai Cristiani: i cinque libri che ce ne restano,
-arrivano al 410.
-
-Dei trentun libri di Ammiano Marcellino, tredici sono perduti, negli
-altri egli si stende dal 354 al 378: prolisso, ma istruttivo e di
-sufficiente imparzialità.
-
-_Panegyricæ orationes veterum oratorum; notis ac numismatibus
-illustravit et italicam interpretationem adjecit_ LAURENTIUS PATAROL.
-Venezia 1708. Sono i panegirici recitati agli imperatori da Diocleziano
-a Teodosio, donde con molta cautela può attingersi qualche notizia, o
-dirò meglio qualche sentimento.
-
-Eusebio, nei dieci libri della _Storia ecclesiastica_, e nei cinque
-della _Vita di Costantino_, e i continuatori suoi Socrate, Teodoreto,
-Sozomene, Evagrio, illustrano grandemente la storia politica; parziali
-sempre agli imperatori cristiani. Dicasi lo stesso di molte vite di
-santi.
-
-Fra' moderni, tutti gli storici filosofisti avversano Costantino; sono
-per lui i fautori del cristianesimo.
-
-[63] Lampridio ci conservò due pagine d'imprecazioni del senato contro
-Comodo (in _Comodo_, 18, 19) ed altre non meno abjette contro Elagabalo
-(in _Alex. Severo_, 6. 7. 9). Vopisco ci tramandò il processo verbale
-dell'acclamazione di Claudio II, da noi riferito a pag. 49.
-
-[64] _Si quis senatorium nostra largitate fastigium, vel _generis
-felicitate_ consecutus..._ Cod. Teod., lib. V.
-
-[65] Graziano imperatore ad Ausonio poeta scriveva: _Cum de consulibus
-in annum creandis solus mecum volutarem... te consulem et designavi,
-et declaravi, et priorem nuncupavi_. Ed Ausonio ringraziandonelo,
-si congratula di non aver dovuto scendere alle antiche bassezze del
-cercarlo al popolo: _Consul ego, imperator auguste, munere tuo, non
-passus septa neque campum, non suffragia, non puncta, non loculos: qui
-non prensaverim manus, nec consalutantium confusus occursu, aut sua
-amicis nomina non reddiderim; aut aliena imposuerim; qui tribus non
-circuivi, centurias non adulavi; jure vocatis classibus non intremui;
-nihil cum sequestre deposui, cum diribitore nihil pepigi. Romanus
-populus, Martius campus, equester ordo, rostra, ovilia, senatus, curia,
-unus mihi omnia Gratianus_.
-
-[66] _In consulatu honos sine labore suscipitur_. MAMERTINO, Paneg.
-vet., XI. 2.
-
-[67] Da un curioso passo di Lampridio (in _Alex. Severo_, 42) impariamo
-le paghe che ricevevano i governatori delle provincie: venti libbre
-d'argento, cento monete d'oro (lire 3913), sei anfore di vino, due
-muli, due cavalli, due vesti da comparsa (_forenses_), una da casa
-(_domestica_), un tinozzo da bagno, un cuoco, un mulattiere, e se non
-avesser moglie, una concubina, reputata necessaria come le altre cose.
-_Quod sine his esse non possent_. Uscendo di carica, restituivano i
-muli, i cavalli, il mulattiere e il cuoco: il restante tenevano, se il
-principe fosse soddisfatto di loro; se no, restituivano quadruplicato.
-
-Valeriano fissa l'assegnamento di Aureliano, tribuno delle legioni,
-così scrivendo a Sejonio Albino prefetto alla città: _Sinceritas tua
-supradicto viro efficiet, quamdiu Romæ fuerit, panes militares mundos
-sexdecim, panes militares castrenses quadraginta, olei sextarium unum,
-et item olei secundi sextarium unum, porcellum dimidium, gallinaceos
-duos, porcinæ pondo triginta, bubulæ pondo quadraginta, liquaminis
-sextarium, salis sextarium unum, herbarum, olerum, quantum satis est._
-E a Probo: _In salario diurno bubulæ pondo, porcinæ pondo sex, caprinæ
-pondo decem, gallinaceum per biduum, vini veteris diurnos sextarios
-decem, cum lardo bubalino, salis, olerum, lignorum, quantum satis est_.
-(Historia Augusta)
-
-Sotto Costantino continuavasi a dare la provvigione in natura; e
-poichè egli limitò a tre lustri la durata del servizio militare, per
-dare il ben servito ai congedati introdusse una tassa straordinaria
-ogni quintodecimo anno, dal che venne il ciclo delle _Indizioni_;
-così alcuni. Savigny (_Ueber die römische Steuerverfassung_) pensa
-l'Indizione fosse il rinnovamento del catasto, che par si raddrizzasse
-ogni quindici anni. Certo però l'Indizione trovasi già sotto
-Diocleziano.
-
-[68] AMMIANO MARCELLINO, _Hist._, XXVIII. 6. — _Cod. Teod._, lib. IV.
-IX. XII. ecc.
-
-[69] _Si quis sacrilega vitem falce succiderit, aut feracium ramorum
-fœtus hebetaverit, quo declinet fidem censuum, et mentiatur callide
-paupertatis ingenium, mox detectus, capitale subibit exitium, et bona
-ejus in fisci jura migrabunt._ Cod. Teod., lib. XVIII. tit. 11. l. I.
-
-_Finis_ nella bassa latinità voleva dire pagamento, come τέλος in
-greco, e _Ziel_ in tedesco. Da ciò il nome di _finanza_, venuto a
-significar l'arte di procurarsi denaro con modi raffinati e dotti.
-La voce _taglia_ viene dalla tacca, che l'esattore dell'imposta e il
-riscontratore facevano sopra un pezzo di legno per indicare le somme
-pagate, e che divideasi, restando espressa la somma sulle due metà.
-
-[70] Da una novella di Magioriano raccogliesi che ciascun capo pagava
-all'anno due soldi d'imposta, e mezzo soldo per le spese di percezione;
-vale a dire che queste si valutavano un quarto dell'entrata totale.
-
-[71] LIBANIO, _Or. contro Flor._; ZOSIMO, II. 24.
-
-[72] _Cod. Teod._, lib. XII. XIII. ecc.; NAZARIO, _Paneg. vet._, X. 35;
-ZOSIMO, II. 38.
-
-[73] _Oblatio auri_. SIMMACO, Ep. 10. 26. — _Universi, guos senatorii
-nominis dignitas non tuetur, ad auri coronarii præstationem vocentur._
-Cod. Teod., lib. XII, tit. 13.
-
-[74] _Nov. Valent._ VII.
-
-[75] Vedi GOTOFREDO al lib. VII. _De re militari_ del codice
-Teodosiano; e questo codice nei titoli _De tyronibus, De desertoribus,
-De decurionibus, De veteranis, De filiis veteranorum_.
-
-[76] Giustiniano li portò poi a cinquemila cinquecento; e il _comes
-domesticorum_ divenne carica importantissima.
-
-[77] Alcuni moderni, come RAYNOUARD, _Hist. du droit municipal en
-France_. Parigi 1836, tom. I. c. 17, e FAURIEL, _Hist. de la Gaule
-méridionale_. Ivi, tom. I. c. 10, pensano costituissero in ogni città
-un senato superiore alla curia. A me non occorse mai menzione di senati
-provinciali.
-
-[78] Codice Giustinianeo, _Communia utr. jud._
-
-[79] _Nonnulli, quum domicilia atque agellos suos aut pervasionibus
-perdunt, aut fugati ab exactoribus deserunt, quia tenere non possunt,
-fundos majorum expetunt, atque coloni divitum fiunt_. SALVIANO, De
-gubern. Dei.
-
-[80] _Quæ enim differentia inter senos et adscriptitios intelligatur,
-cum uterque in domini sui positus sit potestate, et possit servum
-cum peculio manumittere, et adscriptitium cum terra dominio suo
-expellere?_ Cod. Giustin., lib. XI. tit. 47. l. 21. Forse si eccedette
-nell'intendere che questo passo di Giustiniano escluda l'emancipazione.
-E sebbene manumissioni di coloni non si trovino mai, si rifletta che
-il colono poteva o comprare o ricevere in dono il terreno al quale era
-affisso, poi con trent'anni d'assenza restava prosciolto; fors'anche
-non era reputata necessaria la manumissione. Giustiniano permise poi di
-ordinarli preti, purchè seguitassero negli obblighi del colonato _Nov._
-CXXV, 4.
-
-[81] È del 708 o 709 di Roma, e fu conservata in parte dalla Tavola
-d'Eraclea, e più da una iscrizione trovata a Padova. Vedi SAVIGNY,
-_Gesch. des römischen Rechts in Mittelalter,_ cap. II. § 8.
-
-[82] «Il soggetto delle curie, malgrado gli abbondanti materiali che
-esistono, rimane sempre il più oscuro nell'istoria legale dell'impero».
-GIBBON, cap. XXII.
-
-[83] AMMIANO MARCELLINO, XXV. 4; SIMMACO, _Ep._ 10; Cod. Teod., _De
-op. publ._ — Se i codici Teodosiano e Giustinianeo parlano sì poco
-de' magistrati municipali, mentre ogni tratto ne fan menzione i
-giureconsulti classici, la ragione si è che questi vivevano in Italia,
-quelli furono compilati in Oriente.
-
-[84] _Nemo, originis suæ oblitus et patriæ, cui domicilii jure
-devinctus est, ad gubernacula provinciæ nitatur ascendere priusquam,
-decursis gradatim curiæ muneribus, subvehatur; nec vero a duumviratu
-vel a sacerdotio incipiat, sed, servato ordine, omnium officiorum
-sollicitudinem sustineat_. Legge di Valentiniano nel codice Teodosiano,
-lib. XII. tit. 4. l. 77.
-
-[85] _Curiales nervos esse reipublicæ ac viscera civitatum, nullus
-ignorat: quorum cœtum recte appellavit antiquitas minorem senatum:
-huc redegit iniquitas judicum, et exactorum plectenda venalitas, ut
-nonnulli patrias deserentes, natalium splendore neglecto, occultas
-latebras elegerint, et habitationem juris alieni._ Nov. Magior, IV.
-4. _Curiales... cœperunt se eximere curiæ, et occasiones invenire per
-quas liberi ab his efficerentur. Ita civitates diminutæ... Decuriones
-facultatibus... et corporibus fraudare curiam voluerunt, rem omnium
-impiam adinvenerunt, a legitimis nuptiis abstinentes, ut eligerent
-magis sine filiis quam sub lege deficere... Transtulerunt curialium
-facultates ad alias personas, nihil exinde habente curia... sub falsis
-causis facientes donationes... Vidimus quosdam sic adversos esse contra
-proprias patrias..._ Nov. Giustin. XXXVIII.
-
-[86] _Hi potissimum constituantur defensores, quos decretis elegerint
-civitates. Defensores nihil sibi insolenter, nihil indebitum
-vindicantes, nominis sui tantum fungantur officio, nullas infligant
-mulctas, nullas exerceant quæstiones; plebem tantum vel decuriones ab
-omni improborum insolentia et temeritate tueantur, ut id tantum quod
-esse dicuntur, esse non desinant_. Cod. Teod., lib. XI. tit. 3.
-
-[87] _Cod. Teod._, lib. XIII, tit. 4.
-
-[88] PLINIO, _Ep._ X. 42; _Cod. Teod._, lib. XIV. tit. 1. l. 24; lib.
-XIII. tit. 5, l. 25; lib. X. tit. 4. l. 11. ecc.
-
-[89] LAMPRIDIO, in _Alex. Severo_, cap. 39.
-
-[90] _Cod. Teod._, lib. X. tit. 20.
-
-[91] _Cod. Teod._, lib. X. tit. 40; _Cod. Giustin._, lib. IV. tit. 41.
-l. 1; _Dig._, lib. XXIX. tit. 4. l. 11.
-
-[92] Ai tempi di san Girolamo andava ancor peggio. — Si suole in
-campagna esigere gl'interessi del frumento, del vino, dell'olio
-ed altre derrate; e per esempio si dà all'inverno dieci moggia per
-riceverne quindici al ricolto, cioè la metà più».
-
-Le parole che si riferiscono all'interesse sono:
-
- _Fœnus semiunciarium_ 1½ per cento.
- » _unciarium_ 1 »
- _Usura triens_ 3 »
- » _quadrans_ 4 »
- » _quincunx_ 5 »
- » _semis_ 6 »
- » _bes_ 8 »
- » _deunx_ 11 »
- » _centesima_ 12 »
- » _centesimaquaterna_ 48 »
- _Anatocismus_, interesse dell'interesse.
-
-[93] _Solum Barbaris aurum minime præbeatur, sed etiam, si apud eos
-inventum fuerit, subtili auferatur ingenio_. Cod. Giustin., lib. IV.
-_De comm. et merc._, 2.
-
-[94] _Codice Teod._, De fide test., lib. III e _passim_.
-
-[95] Zonara farebbe perduti trentamila uomini da Costanzo,
-ventiquattromila da Magnenzio: nel che dev'essere corso sbaglio.
-
-[96] Graziano e Valentiniano I ingiunsero che ogni vescovo potesse
-al romano appellarsi dalle sentenze del metropolita, il quale fosse
-tenuto esporre i motivi del suo giudicato: Valentiniano III, malgrado
-l'opposizione di sant'Ilario vescovo d'Arles, volle i vescovi soggetti
-alle decisioni del papa della città eterna: il concilio generale di
-Calcedonia nel 451 chiese da papa Leone Magno la conferma dei suoi
-decreti: i vescovi d'Oriente scrissero al papa Simmaco, riconoscendo
-che le pecore di Cristo furono confidate al successore di Pietro _in
-tutto il mondo abitato_: quelli dell'Epiro domandavano da Ormisda la
-conferma del vescovo da loro eletto; il quale papa stese un formolario,
-che i vescovi doveano trasmettere firmato ai metropoliti, questi ai
-patriarchi, i patriarchi al pontefice, come simbolo dell'unità, che le
-chiese d'Oriente accettarono, affrettandosi di meritare la comunione
-della sede apostolica, _in cui risiede la verace e intera solidità
-della religione cristiana_.
-
-[97] SVETONIO, in _Augusto_, 40.
-
-[98] Ap. BARONIO, _ad annum_ 324, num. 58. 65. 70. 71. E vedi indietro,
-a pag. 123.
-
-[99] A ciascun vescovo era lecito farvi cambiamenti; e Rufino ci reca
-il simbolo qual recitavasi dalla Chiesa romana, più incontaminato,
-e quale dall'aquilejese, a cui esso prete apparteneva. Eccoli a
-confronto:
-
- Romano _Credo in Deum patrem omnipotentem._
- Aquilejese _Credo in Deo patre omnipotente invisibili et
- impassibili._
- Rom. _Et in Christum Jesum unicum filium ejus, dominum
- nostrum._
- Aquil. _Et in Christo Jesu, unico filio ejus, domino
- nostro._
- Rom. e Aquil. _Qui natus est de Spiritu Sancto ex Maria
- Virgine._
- Rom. _Crucifixus sub Pontio Pilato et sepultus, tertia
- die resurrexit a mortuis._
- Aquil. _Crucifixus sub Pontio Pilato et sepultus, descendit
- ad inferna, tertia die resurrexit a
- mortuis._
- Rom. e Aquil. _Ascendit in cælos, sedet ad dexteram Patris;
- inde venturus est judicare vivos et mortuos._
- Rom. _Et in Spiritum Sanctum. Sanctam Ecclesiam.
- Remissionem peccatorum. Carnis resurrectionem._
- Aquil. _Et in Spiritu Sancto. Sancta Ecclesia. Remissione
- peccatorum. Hujus carnis resurrectione._
-
-Dalle catechesi di Massimo vescovo di Torino (_Homil. in traditione
-Symboli_), di san Pier Crisologo vescovo di Ravenna (_in Symb.
-apost._), e da altri raccogliamo i simboli delle diverse Chiese, dove
-trovansi introdotte le parole _conceptus, passus, mortuus, catholicam,
-sanctorum communionem, vitam æternam,_ dappoi adottate nel Simbolo
-comune, qual già si trova ne' sermoni 240, 241, 242, posti in appendice
-ai sermoni genuini di sant'Agostino nell'edizione de' Padri Maurini.
-
-Alcune di quelle aggiunte pajono arbitrarie e sin futili; ma tendevano
-a confutare alcuni errori divulgati. Così nel surriferito simbolo
-aquilejese il _descendit ad inferna_ si oppone agli Apollinaristi
-ed Ariani, che negavano l'anima a Cristo, quasi ne facesse vece
-la divinità: l'_invisibili et impassibili_ è contro i Novaziani e
-Sabelliani, che diceano esser nato e aver patito il Padre Eterno;
-l'_hujus carnis_ contrasta a chi teneva che dovessimo risorgere con un
-corpo aereo e celeste.
-
-[100] Nel concilio Niceno fu pure decisa la quistione delle pasque,
-importante sotto l'apparente frivolezza, giacchè suggellava il distacco
-del cristianesimo dagli Ebrei, e la supremazia della Chiesa di Roma;
-secondo la cui pratica, fu convenuto di festeggiare la resurrezione di
-Cristo la domenica in cui cade o che segue immediatamente il plenilunio
-più vicino all'equinozio di primavera. Questa deferenza alla Chiesa
-romana è un fatto rilevantissimo nella storia ecclesiastica.
-
-[101] È il _fallo di Liberio_, ridetto a sazietà dagli avversarj
-dell'infallibilità del papa. Ma quand'anche si accetti per vero, il che
-da alcuni s'impugna, nulla conchiude contro di quella, non avendo egli
-sentenziato dalla cattedra, non con libera volontà, e, appena rimesso
-nel suo seggio, si disdisse.
-
-[102] _Cod. Teod._, lib. XVI. tit. 10. l. 2.
-
-[103] Ivi, IV del 353; e V del 356.
-
-[104] I fatti vennero raccolti da TZCHIRNER, _Der Fall des Heidenthum_,
-Lipsia 1829, e da BEUGNOT, _Histoire de la destruction du paganisme
-en Occident_, Parigi 1835; ma le conseguenze che questo ne trae, non
-possono ragionevolmente accettarsi. Vedi pure J. E. AUER, _Kaiser
-Julian der Abtrünnige_ ecc. Vienna 1855.
-
-[105] _Nascuntur ergo et quotidie quidem dii novi: nec enim vincuntur
-ab hominibus fœcunditate_. Div. instit., I. 16.
-
-[106] JABLONSKI, _De origine festi natalis Christi_; SANT'EPIFANIO,
-_Adversus hæreses_, I. 29. Al 22 febbrajo celebravansi le _caristie_
-pei morti; e i nostri vi sostituirono la cattedra di San Pietro,
-_festum epularum sancti Petri_.
-
-[107] GREVIO, _Thesaurus antiq. rom._, VIII. 95.
-
-[108] HUDSON, _Geogr. minor._, III. 15.
-
-[109] _Contra Paganos_. D. MAXIMI _taurinensis episcopi opera_. Roma
-1674.
-
-[110] Τὸν πατέρα Μίθραν. _Opere_, pag. 336 e 130.
-
-[111] BANDURI, _Numismata imp. rom._, II. 427-440. — Ὄμνυμι δὲ τὸν
-Σαράπιν. _Ep._ VI.
-
-[112] LIBANIO, _Legat. ad Julianum_, pag. 157; e _Oratio parænetica_,
-cap. 85.
-
-[113] Se ne congratula Giuliano nell'_Ep._ 38; e se ne duole Ammiano
-Marcellino, lib. XXII. 12.
-
-[114] _Ep._ 42, Ἀκοντας ἱᾶσθαι, medicare contro voglia.
-
-[115] AMMIANO MARCELLINO, lib. XXV. 2. Così Ottaviano Augusto negò le
-feste pubbliche a Nettuno dopo che la flotta pericolò due volte.
-
-[116] _Hoc moderamine principatus inclaruit, quod, inter religionum
-diversitates, medius stetit, vel quemquam inquietavit, neque ut hoc
-coleretur imperavit aut illud, nec interdictis minacibus subjectorum
-cervicem ad id quod ipse coluit inclinabat, sed intemeratas reliquit
-has partes ut reperit._ Quest'asserzione di Ammiano Marcellino (XXX. 9)
-è confermata dal codice Teodosiano, ove Valentiniano dice: _Testes sunt
-leges a me in exordio imperii mei datæ, quibus unicuique, quod animo
-imbibisset, colendi libera facultas tributa est._ Lib. IX, tit. 16. I.
-9.
-
-[117] _Cod. Teod._, lib. XII, tit. 50. I. 75.
-
-[118] _Pudet dicere: sacerdotes idolorum, mimi, et aurigæ, et scorta
-hæreditates capiunt; solis clericis ac monacis hac lege prohibetur; et
-non prohibetur a persecutoribus, sed a principibus christianis. Nec de
-lege queror, sed doleo cur meruerimus hanc legem._ SAN GIROLAMO.
-
-[119] Sono esagerate, ma meritano esser riferite, le lodi dategli da
-Ausonio in tal proposito, _Epigr._ I:
-
- _Arma inter, Chunnosque truces, furtoque nocentes_
- _Sauromatas, quantum cessat de tempore belli,_
- _Indulget claris tantum inter castra Camœnis._
- _Vix posuit volucres stridentia tela sagittas,_
- _Musarum ad calamos fertur manus: otia nescit,_
- _Et commutata meditatur arundine carmen._
- _Sed carmen non molle modis; bella horrida Martis_
- _Odrysii, tressæque viraginis arma retractat._
- _Exulta, Æacides; celebraris vate superbo_
- _Rursus, romanumque tibi contingit Homerum._
-
-[120] _Cod. Teod._, lib. IX. tit. 7. I. 1.
-
-[121] TEMISTIO, _Oratio_ XIX.
-
-[122] Sotto una statua erettagli nel 387 è _chiamato pontifex
-Vestæ, pontifex Solis, quindecemvir, augur, tauroboliatus, neocorus,
-hierophanta et pater sacrorum_. GRUTERO, pag. 1102. Nº 2. In un'ara
-scoperta allo scorcio del secolo passato gli si aggiungono i titoli
-di _curialis Herculis, sacratus Libero et Eleusinis, pater patrum_;
-DONATO, _Suppl. al Muratori_, tom. I. p. 72. Nº 2. _Pater sacrorum_ e
-_pater patrum_ si riferiscono al culto di Mitra, come abbiam veduto.
-
-Macrobio fa da lui difendere nobilmente gli schiavi contro un tal
-Evangelo, dicendo ch'essi sono formati degli stessi elementi che noi,
-ricevono lo spirito dallo stesso principio, vivono, muojono all'egual
-modo; i costumi distinguere gli uomini, non l'abito o la condizione;
-infine espone nobilmente la maniera di farsi amato agli schiavi.
-_Saturn._, I.
-
-[123] Lib. I. ep. 43.
-
-[124] _Dii patrii, facite gratiam neglectorum sacrorum_. Lib. II. ep. 7.
-
-[125] Ep. 9.
-
-[126] AGOSTINO, _De civ. Dei_, v. 26.
-
-[127]
-
- _Sexcentas numerare domos de sanguine prisco_
- _Nobilium licet, ad Christi piacula versas._
- PRUDENZIO, v. 567.
-
-[128] Sebben Girolamo mostri disprezzo per distinzioni di nascita,
-rammenta che per padre ella discendeva da Agamennone, per madre dai
-Gracchi, e sposò uno disceso da Enea e da Giulio.
-
-[129] _Ep._ XXIII _ad Eustoch._
-
-[130] _Ep._ IV _ad Fabiol._ del 401.
-
-[131] SAN PAOLO, I _ad Corinth._, II. 4.
-
-[132] Il migliore per avventura de' suoi discorsi è quello in morte
-del fratello Satiro, tutto spirante affetti di famiglia. — A nulla mi
-valse l'aver raccolto il moribondo tuo respiro, appoggiata la bocca mia
-sulle estinte tue labbra. Io sperava far passare la tua morte nel mio
-seno, e comunicare a te la vita mia. Pegni crudeli e soavi, sventurati
-abbracci, fra i quali io sentii il suo corpo farsi gelato e rigido,
-e l'ultimo fiato esalare. Lo stringea fra le braccia, ma avevo già
-perduto colui che ancora io serravo. Quel soffio di morte divenne per
-me soffio di vita. Voglia il Cielo almeno ch'esso purifichi il cuor
-mio, e ponga nella mia anima l'innocenza e la dolcezza tua».
-
-Dall'affetto domestico sa elevarsi ai pubblici danni, come nel
-bell'esordio: — Fratelli carissimi, abbiam condotto innanzi all'ara
-del sacrifizio la vittima che fu richiesta, vittima pura, accetta a
-Dio, Satiro, mia scorta e mio fratello. Io non aveva dimenticato ch'ei
-fosse mortale, nè mi lasciai illudere da vana speranza; ma la grazia
-oltrepassò la speranza, e non che lamentarmi a Dio, devo ringraziarlo,
-come quegli che sempre desiderai, in caso che alla Chiesa o a me
-sovrastassero calamità, si sfogasse la tempesta sopra di me e sopra
-la mia famiglia. Grazie al Signore, che nell'universale sovvertimento
-prodotto dai Barbari che d'ogni parte recano guerra, abbia soddisfatto
-all'afflizione comune co' miei particolari dispiaceri, e sia stato
-percosso io solo quando temea per tutti. Sì, o fratello, avventuroso
-in quanto rende florida la vita, nol fosti meno per opportunità della
-morte. Non a noi fosti rapito, ma ai disastri; non hai perduto la vita,
-ma fosti campato dalla minaccia delle calamità sospese sul nostro capo.
-Affezionato com'eri a tutti i tuoi, oh quanto avresti gemuto nel sapere
-che l'Italia è incalzata da un nemico già alle porte! quale afflizione
-per te in pensare che ogni nostra speranza di salute sta nel baluardo
-delle Alpi, e che alcuni tronchi d'albero sono l'unica barriera che
-difende il pudore! quanto l'anima tua si sarebbe contristata nel vedere
-che sì piccola distanza ci separa dal nemico, nemico feroce e brutale,
-che nè la vita risparmia nè il pudore».
-
-Nulla di così bello egli dice o nella consolazione per la morte di
-Valentiniano o nel panegirico di Teodosio.
-
-[133] SIMMACO, lib. X. ep. 54. Il testo proprio della legge ci manca;
-ma in una d'Onorio del 415 (_Cod. Teod._, lib. XVI. tit. 10. l. 20) è
-detto: — Conforme ai decreti del divo Graziano, ordiniamo di applicare
-al nostro dominio tutte le proprietà (_omnia loca_) che l'errore degli
-antichi destinò alle sacre cose».
-
-[134] SIMMACO, lib. I. ep. 46.
-
-[135] _Cod. Teod._, lib. XVI, tit. 7. l. 11. 12. 16.
-
-[136] Ivi, I. 1. 4. 5.
-
-[137]
-
- _Exultare patres videas, pulcherrima mundi_
- _Lumina, concilium que senum gestire Catonum_
- _Candidiore toga niveum pietatis amictum_
- _Sumere, et exuvias deponere pontificales._
- Contro Simmaco.
-
-[138] _Cod. Teod._, lib. XVI. tit. 1. I. 2.
-
-[139] Se nella serie dei concilj ecumenici si annoveri pure quel di
-Gerusalemme, tenuto dagli Apostoli, nell'anno 50 d. C., e descritto
-da san Luca nel cap. XV degli _Atti_ — Il simbolo, quale allora fu
-redatto, si legge quotidianamente nella messa.
-
-[140] Oggi San Vittor Grande l'una, e Sant'Ambrogio l'altra.
-
-[141] Così racconta Isidoro di Siviglia, _De officiis ecclesiasticis_,
-lib. I. c. 7.
-
-[142] _Deus creator omnium — Jam surgit hora tertia — Nunc sancte
-nobis Spiritus_; e alcuno dice il _Te Deum_, ma altri lo pretende
-composto nel IV secolo da un frate Sisebut, vissuto probabilmente a
-Montecassino.
-
-[143] _Exameron_, III. 5; AUGUSTINI _Confess._ IX. 7.
-
-[144] _Rudis sed avida doctrinæ_, dicevala san Gaudenzio; e l'inno
-antico di san Filastro,
-
- _Et rudem sed tunc cupidam moneri_
- _Insciam quamquam, tamen ad docendum_
- _Firmiter promptam._
-
-[145] Labus, _Museo Bresciano_, intorno all'antico marmo di C. Giulio
-Ingenuo, pag. 56. Da un curioso passo di Rodolfo notajo parrebbe che
-fin nel VII secolo durasse in Valcamonica il culto di Saturno: _Erant
-adhuc in illa valle plurimi Pagani, qui arboribus et fontibus victimas
-offerebant. In tempore usque regis Ariberti imago Saturni magna
-frequentia venerabatur in curte Hedulio_ (a Edolo): _et quum præcepti
-regis obedientia non fieret ut illa imago destrueretur, Ingelardus dux
-Brissiæ misit armatorum manus, qui illam disperderunt in fragmentis_.
-
-[146] Una tradizione molto divulgata fa nato sant'Antonio a
-Ventimiglia, o almeno da madre di questa città.
-
-[147] Dell'unità del genere umano non ebbe conoscenza l'antichità,
-alla quale sembrava un fatto fatale la divisione in nazioni. Giuliano
-imperatore giudica che quest'unità, proclamata dagli Ebrei e dai
-Cristiani, ripugni alla diversità di leggi e di costumi, la quale
-deriva dalla volontà degli Dei, rappresentanti de' genj contrarj onde
-sono ispirati i popoli, da Marte i guerreschi, da Minerva quei che
-uniscono la prudenza al coraggio, da Mercurio quelli che hanno prudenza
-più che valore. SAN CIRILLO, _contra Julianum_, lib. IV.
-
-[148] Commento al cap. II dell'_epistola ai Galati_.
-
-[149] _Quicumque ad Urbem discendi cupiditate veniunt, primitus ad
-magistrum census provincialium judicum, a quibus copia est danda
-veniundi, ejusmodi litteras proferant, ut oppida hominum et natales
-et merita expressa teneantur; deinde ut primo statim profiteantur
-introitu, quibus potissimum studiis operam navare proponant; tertio,
-ut hospitia eorum sollicite censualium norit officium, quo ei rei
-impertiant curam, quam se adseruerint expetisse. Idem immineant
-censuales, ut singuli eorum tales se in conventibus præbeant, quales
-esse debent, qui turpem inhonestamque famam et consociationes (quas
-proximas putamus esse criminibus) æstiment fugiendas, neve spectacula
-frequentius adeant, aut adpetant vulgo intempestiva convivia. Quin
-etiam tribuimus potestatem, ut, si quis de his non ita in Urbe se
-gesserit quemadmodum liberalium dignitas poscat, publice verberibus
-adfectus, statimque navigio superpositus, abjiciatur Urbe, domumque
-redeat. His sane qui sedulam operam professionibus navant, usque ad
-vigesimum ætatis suæ annum Romæ licet commorari. Post id vero tempus,
-qui neglexit sponte remeare, sollicitudine præfecturæ etiam impurius
-ad patriam revertatur. Verum ne hæc perfunctorie fortasse curentur,
-præcelsa sinceritas tua officium censuale commoneat, ut per singulos
-menses, qui, vel unde veniant, quive sint, pro ratione temporis ad
-Africam vel ad cæteras provincias remittendi brevibus comprehendat, his
-dumtaxat exceptis, qui corporatorum sunt oneribus adjuncti. Similes
-autem breves etiam ad scrinia mansuetudinis nostræ annis singulis
-dirigantur; quo, meritis singolorum, institutionibusque compertis,
-utrum quæque nobis sint necessaria judicemus. Dat._ III _Id. Mart.
-Triv. Valentiniano et Valente III A. Cos._
-
-[150] Ne siamo accertati dal carme d'Ausonio in onore d'un grammatico
-di Bordeaux:
-
- _Quod jus pontificum, quæ fœdera, stemma quod olim_
- _Ante Numam fuerat sacrificis Curibus,_
- _Quod Castor cunctis de regibus ambiguis, quod_
- _Conjugis e libris ediderat Rhodope;_
- _Quod jus pontificum, veterum quæ scita Quiritum,_
- _Quæ consulta patrum, quid Draco, quidve Solon_
- _Sanxerit, et Locris dederat quæ jura Zaleucus,_
- _Sub Jove quæ Minos, quid Themis ante Jovem,_
- _Nota tibi._
- De Profess., cap. 22.
-
-[151] Ai primi, ventiquattro razioni giornaliere, agli altri metà
-soltanto. L'uso di fissare gli stipendj per razione era generale, e il
-fisco le ricomprava secondo un prezzo determinato. L'assegno suddetto
-è per le scuole municipali: nelle imperiali di Treveri i retori hanno
-trenta profende, venti un grammatico latino, dodici un greco.
-
-[152] Basti, a mostrarne la importanza, il titolo de' capitoli: I.
-_præfatio_; II. _cur genio, et quomodo sacrificetur_; III. _genius
-quid sit, et unde dicatur_; IV. _variæ opiniones veterum philosophorum
-de generatione_; V. d_e semine hominis, et quibus e partibus exeat_;
-VI. _quid primum in infante formetur, et quomodo alatur in utero
-etc._; VII. _de temporibus quibus partus solent esse ad nascendum
-maturi, deque numero septenario_; VIII. _rationes Chaldæorum de
-tempore partus; idem de zodiaco et de conspectibus_; IX. _opinio
-Pythagoræ de conformatione partus_; X. _de musica, ejusque regulis_;
-XI. _ratio Pythagoræ de conformatione partus confirmata_; XII. _de
-laudibus musicæ, ejusque virtute; item de spatio cœli, terræque ambitu,
-siderumque distantia_; XIII. _distinctiones ætatum hominis secundum
-opiniones multorum, deque annis climatericis_; XIV. _de diversorum
-hominum clarorum tempore mortis_; XV. _de tempore et de ævo_; XVI.
-_seculum quid sit ex diversorum definitione_; XVII. _Romanorum sæculum
-quale sit_; XVIII. _de ludorum sæcularium institutione eorumque
-celebratione usque ad imp. Septimium et M. Aurelium Antoninum_; XIX.
-_de anno magno secundum diversorum opiniones, item de diversis aliis
-annis, de olympiadibus, de lustris et agonibus capitolinis;_ XX.
-_de annis vertentibus diversarum nationum_; XXI. _de anno vertente
-Romanorum, deque illius varia correctione, de mensibus et diebus
-intercalariis, de diebus singulorum mensium, de annis julianis_;
-XXII. _de historico temporis intervallo, deque adelo et mystica, de
-annis Augustorum et ægyptiacis_; XXIII. _de mensibus naturalibus et
-civilibus, et nominum rationibus_; XXIV. _de diebus, et varia dierum
-apud diversas nationes observatione; idem de solariis et horariis_;
-XXV. _de dierum romanorum diversis partibus, deque eorum propriis
-nominibus_.
-
-[153] Così conchiude: _Hæc ut miles quondam et græcus, a principatu
-Cæsaris Nervæ exorsus, adusque Valentis interitum, pro virium explicavi
-mensura, numquam, ut arbitror, sciens silentio ausus corrumpere vel
-mendacio. Scribant reliqua potiores ætate, doctrinisque florentes.
-Quos id, si libuerit, aggressuros, procudere linguas ad majores moneo
-stylos._ Aveva in idea l'impero di Teodosio Magno.
-
-[154] Per Valentiniano, quando s'associò Valente all'impero, intona:
-_Si qua in te cognatas cælitum potestates hujusmodi esset æquatio,
-paribus cum sole luminibus globus sororis arderet; nec radiis fratris
-obnoxia, precarium raperet luna fulgorem: iisdem curriculis utrumque
-sidus emergeret, pari exortu diem germana renovaret, per easdem cæli
-lineas laberetur, nec menstruo pigra discursu aut in senescendo varias
-mulctaret effigies, aut in renascendo parvas pateretur ætates. Ecce
-formam beneficii tui astra nesciunt æmulari: illis nihil est in mundana
-luce consimile, vobis totum est in orbe commune._
-
-Pel ponte costruito sul Reno dall'imperatore stesso: _Eat nunc carminis
-auctor inlustris, et pro clade popularium Xantum fingat iratum, armatas
-cadaveribus undas scriptor decorus educat; nescivit flumina posse
-frenari. Tantumne valuit rivus iliacus, ut in auxilium Vulcani flamma
-peteretur? Profundus didicit, quid parvus evaserit? Defensio ipsa
-cælestium tuo operi non meretur æquari. Fluvium incendisse vindicia
-est, calcasse victoria._
-
-[155] Per l'eleganza della forma scegliamo questo:
-
- ARA PYTHIA.
- VIDES UT ARA STEM DICATA PYTHIO
- FABRE POLITA VATIS ARTE MUSICA
- SIC PULCHRA SACRATISSIMA GENS PHOEBO DECENS
- HIS APTA TEMPLIS QUI LITANT VATUM CHORI
- TOT COMPTA SERTIS ET CAMOENÆ FLORIBUS
- HELICONII LOCANDA LUCIS CARMINUM
- NON CAUTE DURA ME POLIVIT ARTIFEX
- EXCISA NON SUM RUPE MONTIS ALBIDI
- LUNA E NITENTE NEC PARI DE VERTICE
- NON CÆSA DURO NEC COACTA SPICULO
- ARCTARE PRIMOS EMINENTES ANGULOS
- ET MOX SECUNDOS PROPAGARE LATIUS
- EOSQUE CAUTE SINGULOS SUBDUCERE
- GRADU MINUTO PER RECURVAS LINEAS
- NORMATA UBIQUE SIC DEINDE REGULA
- UT ORA QUADRE SIT RIGENTE LIMITE
- VEL INDE AD IMUM FUSA RURSUM LINEA
- TENDATUR ARTE LATIOR PER ORDINEM
- ME METRA PANGUNT DE CAMOENARUM MODIS
- MUTATO NUMQUAM NUMERO DUMTAXAT PEDUM
- QUÆ DOCTA SERVAT DUM PRÆCEPTIS REGULA
- ELEMENTA CRESCUNT ET DECRESCUNT CARMINUM
- HAS PHOEBE SUPPLEX DANS METRORUM IMAGINES
- TEMPLIS CHORISQUE LÆTUS INTERSIT SACRIS.
-
-[156] N'abbiamo già esempj ne' classici, come in Marziale:
-
- _Rumpitur invidia quidam, dulcissime Juli,_
- _Quod me Roma legit; rumpitur invidia._
-
-[157]
-
- _Blanditia; fera mors Veneris persentit amando_
- _Permisit solitæ nec styga tristitiæ;_
-
-che può leggersi a rovescio:
-
- _Tristitiæ styga nec solitæ permisit amando_
- _Persentit Veneris mors fera blanditias._
-
-E così il seguente:
-
- _Perpetuis bene sic partiri munera seclis_
- _Sidera dant patria et patris imperium._
-
-[158]
-
- ... _Nec te jucunda fronte fefellit_
- _Luxuries, prædulce malum, quæ dedita semper_
- _Corporis arbitriis, hebetat caligine sensus..._
- _Fingendaque sensibus addis_
- _Verba, quibus magni geminatur gratia doni..._
- _Quoties incanduit ore_
- _Confessus secreta rubor, nomenque beatum_
- _Injussæ scripsere manus!_
- _Et reliquum nitido detersit pollice somnum:_
- _Utque erat interjecta comas, turbata capillos,_
- _Mollibus assurgit stratis._
-
-Questo mi sembra più felice del pariniano.
-
-La similitudine del cavallo, cara a tutti i poeti da Giobbe in qua,
-eccola in lui pure (_De nuptiis Mariæ_):
-
- _Nobilis haud aliter sonipes, quem primus amoris_
- _Sollicitavit odor, tumidus, quatiensgue decoras_
- _Curvata cervice jubas, pharsalia rura_
- _Pervolat, et notos hinnitu flagitat amnes,_
- _Naribus accensis: mulcet fæcunda magistros_
- _Spes gregis, et pulchro gaudent armenta merito._
-
-Nello stesso epitalamio descrive l'abitazione di Venere:
-
- _Hic habitat nullo constricta Licentia nodo,_
- _Et flecti faciles Iræ, vinoque madentes_
- _Excubiæ, Lacrymæque rudes, et gratus amantum_
- _Pallor, et in primis titubans Audacia furtis,_
- _Jucundique Metus, et non secura Voluptas,_
- _Et lasciva volant levibus Perjuria pennis._
- _Hos inter petulans alta cervice Juventus_
- _Excludit senium luco._
-
-Non saprei un passo d'Ovidio da contrapporre a questo, che ricorda
-Tibullo.
-
-[159] Ha un epigramma, ove, per tutti i santi cristiani, prega celiando
-un tal Jacopo a non censurarlo. Comincia:
-
- _Per cineres Pauli, per cani limina Petri,_
- _Ne laceres versus, dux Iacobe, meos._
-
-[160] Nel secolo XV fu dissotterrato il piedistallo con una iscrizione
-di non sicura autenticità, che dice: C. CLAVDIANO V. C. TRIBVNO ET
-NOTARIO, INTER CETERAS _vigentes_ ARTES QVE GLORIOSISSIMO POETARVM,
-LICET AD MEMORIAM SEMPITERNAM CARMINA AB EODEM SCRIPTA SVFFICIANT,
-ADTAMEN TESTIMONII GRATIA OB IVDICII SVI FIDEM DD. NN. ARCADIVS ET
-HONORIVS FELICISSIMI AC DOCTISSIMI IMPERATORES, SENATV PETENTE, STATVAM
-IN FORO DIVI TRAIANI ERIGI COLLOCARIQVE IVSSERINT. Ενι Βιργιλιοῖο νοὸν
-καὶ μοῦσαν Ομῆρον Κλαυδιανὸν ‘Ρώμη καὶ Βασιλεὶς ἔθεσαν.
-
-Scaligero (_Poetices_ lib. V. _qui et Hypercriticus_) chiama Claudiano
-_maximus poeta, solo argumento ignobiliore oppressus, addit de ingenio
-quantum deest materiæ Felix in eo calor, cultus non invisus, temperatum
-judicium, dictio candida, numeri non affectati, acute dicta multa sine
-ambitione_.
-
-[161] Tali sarebbero l'inno di sant'Ambrogio, _Deus creator omnium_;
-e quel di Prudenzio per gl'Innocenti, _Salvete, flores martirum_.
-Gli altri più antichi che la Chiesa ancor canti, sono il _Gloria in
-excelsis_ di sant'Ilario, lo _Jam mæsta quiesce querela_ di Prudenzio,
-e due di Sedulio.
-
-[162] Un poema di sant'Agostino o d'un contemporaneo contro i Donatisti
-d'Africa è in trocaici rimati:
-
- _Abundantia peccatorum solet fratres conturbare;_
- _Propter hoc dominus noster voluit nos præmonere,_
- _Comparans regnum cælorum reticulo misso in mare,_
- _Congreganti multos pisces omne genus hinc et inde,_
- _Quos cum traxissent ad litus, tunc cœperunt separare,_
- _Bonos in vasa miserunt, reliquos in mare._
-
-Sant'Agostino (_De tempore_): _Et magis ex ipsa (vita) corrumpitur
-quam sanetur: magis occiditur quam vivificetur_ (Serm. 138 _De verbis
-Dom._). _Ecce venitur et ad passionem, ecce venitur et ad sanguinis
-effusionem, venitur et ad corporis incensionem._ (_De civ. Dei_,
-XVI. 6) _Tamquam lex æterna in illa eorum curia superna_ (XVII. 12).
-_Infidelitas gentium cum Dei populum exultabat atque insultabat esse
-captivum, quid aliud quam Christi commutationem sed scientibus nesciens
-exprobabat?... Illius enim spei confirmatio verbi hujus_ (_fiat_)
-_iteratio_ (IX. 1). _Partim erudito otio, partim necessario negotio...
-Uno_ (_vitæ genere_) _in contemplatione vel inquisitione veritatis
-otioso, altero in gerendis rebus humanis negotioso... Crucifixerunt
-salvatorem suum, et fecerunt damnatorem suum..._
-
-[163] Vedi la nota 1 del Cap. XLVI.
-
-[164] Tre lettere conosciamo, attribuite a Maria Vergine. La prima, con
-quella di sant'Ignazio che le diede origine, è d'antica data, non di
-riconosciuta autenticità.
-
-Un vescovo messinese in occasione di peste ne trasse fuori un'altra,
-che pretese diretta da Maria a Messina e che ancora vi ottiene gran
-venerazione: benchè antichissima, la critica non può accettarla, e
-la Congregazione dell'Indice appuntò i libri ove troppo assolutamente
-n'era dichiarata l'autenticità. Eccola: _Maria Virgo, Joachim filia,
-humillima Dei ancilla, Christi Jesu crucifixi mater, ex tribu Juda,
-stirpe David, Messanensibus omnibus salutem, et Dei Patris omnipotentis
-benedictionem. Vos omnes fide magna legatos ac nuncios per publicum
-documentum ad nos misisse constat. Filium nostrum, Dei genitum, Deum et
-hominem esse fatemini, et in cœlum post suam resurrectionem ascendisse,
-Pauli apostoli prædicatione mediante viam veritatis agnoscentes. Ob
-quod vos et civitatem vestram benedicimus, cujus perpetuam protectricem
-nos esse volumus. Anno filii nostri_ XLII, III _nonas julii, luna_
-XVII, _feria quinta, ex Hierosolymis._
-
-Frà Girolamo Savonarola riguardava per autentica la lettera di Maria
-ai Fiorentini, d'immemorabile antichità: ma e la Chiesa e la critica vi
-mettono gran dubbj, tanto più che consta solo nel 65 dopo Cristo essere
-Firenze stata informata della verità da Paolino e Frontino discepoli di
-san Pietro. Essa dice: _Florentia, Deo et Domino nostro Jesu Christo
-filio meo, et mihi dilecta. Tene fidem, insta orationibus, roborare
-patientia. His enim sempiternam consequeris salutem apud Deum._
-
-[165] _Virgilium pueri legant, ut poeta magnus omniumque præclarissimus
-atque optimus, teneris imbibitus annis, non facile oblivione possit
-aboleri._ De civ. Dei, I. 3.
-
-[166] «Platone (dic'egli) mi ha fatto conoscere il vero Dio; Gesù
-Cristo me ne ha mostrato la via».
-
-[167] Nella _Città di Dio_ ha un intero capitolo sulla Sibilla
-Eritrea, _quæ inter alias Sibyllas cognoscitur de Christi evidentia
-multa cecinisse_. E racconta che in Italia seppe che alcune ostiere
-vantavansi di dare ai viaggiatori certi formaggi, che li cambiavano
-in bestie da soma, le quali esse adopravano pe' loro servigi, poi vi
-restituivano la forma primitiva; e benchè trasformati, conservavano
-la ragione. Ma, soggiunge, tali cose sono false o talmente rare, che
-poca fede vi si può prestare: pure s'ha da credere fermamente che Dio
-è onnipotente, e può far quel che vuole a castigo o a ricompensa; che
-i demonj sono angeli divenuti cattivi per le colpe, e che non possono
-se non quel che viene permesso da Colui, i cui giudizj sono talvolta
-secreti, non mai ingiusti. Lib. XVIII. c. 18. E merita esser letto
-tutto per vedere la possanza delle credenze comuni sopra un'elevata
-intelligenza, e per ispiegare le opinioni delle fatucchiere, di cui
-parleremo al CAP. CXLIV.
-
-[168] _De civ. Dei_, I. 29. Vedi DE MAISTRE, _Du pape_, IV. 4.
-
-[169] Confutazione di Fausto Manicheo.
-
-[170] _De civ. Dei_, XII. 2; XV. 1.
-
-[171] È curioso vedere come giustifichi, anzi lodi le antitesi, dicendo
-che nelle opere di Dio le apparenti contraddizioni producono bellezza,
-come nello stile le antitesi, «bellissimi ornamenti dell'eloquenza;
-e come questi contrapposti rendono più bello il parlare, così per una
-eloquenza di contrapposizione non di parole ma di cose, si compone la
-bellezza del secolo».
-
-[172] _De quæst. octogintatribus_, q. 58, e _De civ. Dei_, X. 14. Ecco
-prevenuti Pascal e Bossuet.
-
-[173] PANVINIO, _De ritu sepeliendi mortuos apud veteres Christianos,
-et de eorumdem cœmeteriis,_ 1574.
-
-MARANGONI, _Appendix de cœmeterio sanctorum Thrasonis et Saturnini_, e
-_Acta sancti Victorini_, 1740.
-
-BOLDETTI, _Sopra i cimiteri dei santi Martiri_.
-
-BOTTARI, _Roma sotterranea._ 1737-54. Le tavole sono le stesse del
-Bosio.
-
-MARCHI, _Monumenti delle arti cristiane primitive della metropoli del
-cristianesimo_. Roma 1844.
-
-Maitland (_La Chiesa nelle catacombe_. Londra 1847) volle fare
-l'opposto del Marchi, cercandovi argomenti contro il cattolicismo.
-
-A Parigi si era pubblicato _Rome souterraine_, ma il signor Perret non
-vi conservò il carattere, aggraziando le pitture. Pio IX incaricò il
-comm. De Rossi di nuove esplorazioni nelle catacombe: ed egli dispose
-ben 12 mila iscrizioni cristiane, delle quali molto importa accertare
-il tempo e il luogo. La più antica conosciuta è del 102. Il De Rossi
-trovò il vero cimiterio di san Calisto e le tombe dei primi pontefici,
-e i libri suoi sono il più sicuro testo intorno a quelle antichità
-cristiane.
-
-[174] Che però lo scheletro non fosse mai effigiato dai classici, come
-asseriscono i trattatisti d'arte, è smentito da pitture e bassorilievi:
-nel museo Borbonico si ha una donna che sparge di fiori lo scheletro
-del suo bambino; uno scheletro dalla cui bocca esce una farfalla,
-simbolo dell'anima; un altro che balla al flauto sonato da Sileno,
-primo cenno delle danze dei morti.
-
-[175] Semplicissimi sono gli epitafj: LAZARVS AMICVS NOSTER DORMIT —
-MARTYRI IN PACE — NEOPHITVS IIT AD DEVM — RESPECTVS QVI VIXIT ANNOS V
-ET MENSES VIII, DORMIT IN PACE — ALEXANDER MORTVVS NON EST SED VIVIT
-SVPER ASTRA.
-
-È particolare questo di Vicenza: MARTINA CARA CONJVX QUÆ VENIT DE
-GALLIA PER MANSIONES L VT COMMEMORARET MEMORIAM DVLCISSIMI MARITI SVI
-BENE QVIESCAS DVLCISSIME MI MARITE. (GIOVANNI DA SCHIO, _Le antiche
-iscrizioni di Vicenza_, 1850).
-
-[176] IVN. BASS. V. C. QVI VIXIT ANNIS XLII. II IN IPSA PRÆFECTVRA VRBI
-NEOFITVS IIT AD DEVM VIII KAL. SEPT. EVSEBIO ET YPATIO COSS. E vedi
-BOTTARI, tav. 33.
-
-[177] _A. F. Quast_, _Die altchristlichen Bauwerke von Ravenna, von_ V
-_bis zum_ IX. _Jahrhundert historisch geordnet, und durch Abbildungen
-erklärtert_. Berlino 1842.
-
-Gli edifizj di cui tratta, sono _i_. _Ecclesia ursiana_, cioè la
-cattedrale, edificata poco dopo il 400, ora tutta rimodernata; Ecclesia
-petriana, distrutta per tremuoto nell'VIII secolo; San Lorenzo in
-Cesarea, edificata da Luscrizio cameriere d'Onorio, distrutta per
-tremuoto nel 1553; battistero della cattedrale, eretto da Neo vescovo
-(425-30), fabbrica delle più rimarchevoli di Ravenna; battistero della
-Petriana, distrutto; basilica di san Giovanni Evangelista, costrutta
-da Galla Placidia; basilica di Santa Croce, dalla medesima, rovinata;
-cappella de' Santi Nazario e Celso, dalla medesima; San Giovanni
-Battista e Santa Agata, rimodernate; Sant'Agnese, distrutta; San
-Pietro, ora San Francesco, cappella nel palazzo arcivescovile.
-
-II. Epoca di Teodorico: Santa Maria in Cosmedin, già battistero ariano;
-San Teodoro; San Martino _in cœlo aureo_, ossia Sant'Apollinare nuovo;
-palazzo di Teodorico, mausoleo del medesimo; portico della piazza
-maggiore.
-
-III. Costruzioni posteriori sino alla morte di Agnello arcivescovo
-(566); Santa Maria Maggiore, rimodernata nel XVI secolo; San Michele
-in Affricisco, consacrata nel 545, or quasi distrutta; San Vitale;
-Sant'Apollinare in Classe, consacrata nel 549; Sant'Andrea e Santo
-Stefano.
-
-IV. Ultimo periodo, sino al 900; San Severo in Classe, distrutta
-al principio del nostro secolo; monastero di Sant'Apollinare, e
-abbellimenti delle parti interne della basilica fatti nel 642-77;
-devastazioni posteriori di Classe, e risarcimenti sotto Leone III;
-poi, per le incursioni de' Saracini, si portò in città il corpo di
-sant'Apollinare.
-
-[178] Ancora si vede in Roma a San Lorenzo, a San Giorgio in Velàbro, a
-Santa Maria Transtevere, e alquanto modificato a San Giovanni Laterano,
-Santa Maria Maggiore, ecc. I cortili si hanno a San Clemente, ai
-Quattro Santi Coronati, a San Lorenzo in Roma; a Sant'Apollinare e San
-Giovanni della Sagra in Classe a Ravenna; alla cattedrale di Parenzo in
-Istria, a Sant'Ambrogio di Milano... Quest'ultima basilica, San Zeno di
-Verona e Santa Maria di Torcello sono quelle dell'Italia superiore che
-per avventura conservano maggiori elementi della basilica antica.
-
-[179] _Hominem mortuum in urbe ne sepellito, neve urito_. La ragione
-politica di ciò era che la tomba dava la proprietà d'un luogo, e la
-città non doveva essere di verun privato.
-
-[180] A quello di Sant'Ambrogio in Milano servirono due arche
-funerarie, una sovrapposta all'altra.
-
-[181] Bruciata il 21 luglio 1832, ed ora ricostrutta. Vedi CIAMPINI,
-_Synopsis de sacris ædificiis a Constantino constructis_. Roma 1691.
-
-Calcolano essersi fabbricate in Roma:
-
- nel secolo II chiese 2
- — III » 9
- — IV » 17
- — V » 8
- — VI » 12
- — VII » 5
- — VIII » 11
- — IX » 7
- — X » 1
- — XI » 7
- — XII » 8
- — XIII » 16
- — XIV » 8
- — XV » 30
- — XVI » 93
- — XVII » 62
- — XVIII » 7
-
-[182] Il San Giovanni di Firenze, mal creduto tempio di Marte, mentre
-la dissonanza delle parti lo attesta eretto ne' bassi tempi; il
-circolare di Pisa; il San Giovanni di Parma, a sedici faccie dentro e
-otto fuori, cominciato il 1196 da Benedetto Antelmani, e finito verso
-il 1260; il dodecagono di Canosa; il San Giovanni in Fonte a Verona,
-ottagono, come quelli di Cremona, Volterra, Pistoja, ecc.
-
-[183] _Centurio nitentium rerum_. — AMMIANO MARCELLINO, XVI. 6; Cod.
-Teod., lib. IX. tit. 17; lib. XVI. tit. 49; Cod. Giust., tit. _De
-sepulc. viol._
-
-[184] _Qui cadit a formula, cadit a toto_. Un esempio vivo possiamo
-averlo negli Inglesi, schiavi del convenuto, del gusto nazionale,
-de' casi precedenti, della giustizia, della virtù, della religione
-uffiziale; eppure questa non è imitazione del diritto romano, il quale
-anzi è aborrito dai loro pratici.
-
-[185] _Respondebant, scribebant, cavebant,_ dice Cicerone.
-
-[186] _Sic enim, existimo, juris civilis magnum usum et apud Scævolam,
-et apud multos fuisse; artem in hoc uno. Quod nunquam effecisset ipsius
-juris scientia, nisi eam præterea didicisset artem, quæ doceret rem
-universam tribuere in partes, latentem reperire definiendo, obscuram
-explanare interpretando, ambigua primum videre, deinde distinguere...
-Sed adjunxit etiam et literarum scientiam, et loquendi elegantiam._
-Brutus, 41; Pro Muræna, 10. 14.
-
-[187] _Nihil tam proprium legis quam claritas_.
-
-[188] _Familia_ da _fons memoriæ; metus_ da _mentis trepidatio; furtus_
-da _furvus; stellionatus_ da _stellio_, tarantola; _testamentum_ da
-_testatio mentis_.
-
-[189] Una legge romana dice, non poter il cieco piatire, perchè non
-vede gli ornamenti della magistratura; Dig. lib. I, _De postul._ Paolo
-(_Sent._ IV. 9) scrive che il feto di sette mesi nasce perfetto, perchè
-sembra provarlo la ragione dei numeri di Pitagora.
-
-[190] Dig. lib. I. tit. 2. l. 1.
-
-[191] _Eosdem, quos populus romanus, hostes et amicos habeant —
-Majestatem populi romani comites conservanto._ CICERONE, pro Balbo, 16.
-
-[192] Eineccio (_Edicti Perpetui ordini et integritati suæ restituti,
-partes duo_), Bach (_Historia juris romani_. Lipsia 1806) e tutti
-sostennero il sì, fino ad Hugo che sostenne il no con ragioni di polso.
-L'Editto Perpetuo andò perduto, e i tentativi di rintegrarlo, fatti da
-G. Bauchin nel 1597, sono inseriti in POTHIER, _Pandectæ Justinianeæ_,
-lib. I. Meglio WIELING, _Fragmenta Edicti Perpetui_. Franeker 1733. E
-vedansi:
-
-GIFANIUS, _Œconomia juris_.
-
-NOODT, _Commentarius ad Digesta_.
-
-DE WEYTE, _De origine fatisque jurisprudentiæ romanæ, præsertim
-edictorum prætoris; ac de forma edicti perpetui._ Cella 1821.
-
-FRANK, _Commentarius de edicto prætoris_. Kiliæ 1830.
-
-HAIMBERGER, _Il diritto romano privato e puro_ (lat. e ted.). Lemberg
-1830.
-
-MACKELDEY, _Manuale del diritto romano_ (ted.). Berlino 1814.
-
-WESTEMBERG, _Manuale di diritto romano_ (ted.). Ivi 1822.
-
-La scuola storica del diritto, già ingrandita in Germania, venne
-diffusa allorchè fu coltivata dai Francesi; e i recenti lavori di
-Beugnot, Pardessus, Giraud, Laboulaye, Thibaut, Troplong, Laferrière,
-Du Caurroy.... ne resero comuni le conclusioni. È principalmente
-notevole l'_Explication historique des Instituts de l'empereur
-Justinien_, del sig. Ortolan. Parigi 1854.
-
-[193] Tale parmi il senso più naturale del famoso passo di Pomponio,
-Dig. lib. I. tit. 2. l. 1: _Sussurius Sabinus in equestri ordine
-fuit, et publice primus respondit; posteaque hoc cœpit beneficium
-dari a Tiberio Cæsare: hoc tamen illi concessum erat. Et, ut obiter
-dicamus, ante tempora Augusti publice respondendi jus non a principibus
-dabatur, sed qui fiduciam studiorum suorum habebant, consulentibus
-respondebant. Neque responsa utique signata dabant, sed plerumque
-judicibus ipsis scribebant, aut testabantur qui illas consulebant.
-Primus divus Augustus, ut major juris auctoritas haberetur, constituit
-ut ex auctoritate ejus responderent: et ex illo tempore peti hoc pro
-beneficio cœpit. Et ideo optimus princeps Hadrianus, quum ab eo viri
-prætorii petirent ut sibi liceret respondere, rescripsit eis, hoc non
-peti, sed præstari; et ideo delectari se, si qui fiduciam sui haberet,
-populo ad respondendum se præpararet._
-
-Come esorbitante, credevasi falsa una tanta autorità, quando la chiarì
-questo passo di Gajo, recentemente scoperto (_Comm._ I. 7): _Responsa
-prudentum sunt sententiæ et opiniones eorum, quibus permissum est jura
-condere: quorum omnium si in unum sententiæ concurrant, id quod ita
-sentiunt, legis vicem obtinet: si vero dissentiunt, judici licet quam
-velit sententiam sequi: idque rescripto divi Hadriani significatur._
-
-[194] Alcuno opinò divenissero sorgenti del diritto soltanto dopo
-Tiberio, e da prima fossero solo proposizioni, vigenti un anno e non
-più. Il contrario ora è dimostrato da Hugo, _Lehrbuch der Geschichte
-des römischen Rechts bis auf Justinian_.
-
-[195] Più di mille cinquecento ce ne rimangono da Augusto a Costantino.
-A domande rispondono colle _epistolæ, literæ_: sulla petizione fanno
-una _subscriptio, adnotatio_, che chiamasi _sanctio prammatica_ se
-diretta ad una città o ad un corpo; _constitutiones personales_
-si dicono propriamente le concessioni di privilegi: _decreta_
-o _interlocutiones_ sono decisioni di cause portate in appello
-all'imperatore o al suo consiglio: _mandata_ sono gli ordini dati
-dall'imperatore ai governatori delle provincie: _edicta_ gli ordini
-diretti al popolo.
-
-[196] Tali le _Receptæ Sententiæ_ di Paolo.
-
-[197] Talvolta in ciò degenerano in minuzie, come si vede nei frammenti
-trovati nella biblioteca Vaticana il 1823.
-
-[198] _Antistius Labeo, ingenii qualitate et fiducia doctrinæ, qui et
-in cæteris sapientiæ partibus operam dederat, plurima innovare studuit:
-Atejus Capito, in his quæ ei tradita erant, perseverabat._ POMPONIO,
-Dig. lib. I. tit. 2. l. 2.
-
-Avendo Tiberio in un editto usato una parola non latina, qualche
-senatore, desideroso di far pompa di libertà ove non portava pericolo,
-sorse a rinfacciargliela. Capitone sostenne che, quantunque mai non
-si trovasse usata, si dovesse però mettere fra le latine sull'autorità
-di Tiberio. Un Marcello replicò che Tiberio potea dare la cittadinanza
-agli uomini, non alle parole. Magnanima opposizione!
-
-[199] In capo alle Pandette si suole stampare il catalogo degli
-autori di cui si valse Giustiniano, cavato dal famoso manoscritto del
-Digesto conservato a Firenze. Da Alessandro Severo a Giustiniano tre
-soli giureconsulti vi sono citati, Arcadio Carisio, Giulio Aquila ed
-Ermogene, forse autore del codice che porta il suo nome.
-
-[200] È inserito nel Digesto, lib. I. tit. 2.
-
-[201] Fra' molti manoscritti ond'è ricca la biblioteca del Capitolo
-di Verona, e di cui diede il catalogo Scipione Maffei nella _Verona
-illustrata_, trovavansi alcuni fogli di pergamena, che quel dotto
-antiquario giudicò formar parte d'un codice o di qualche opera d'antico
-giureconsulto, e ne esibì il fac-simile. D'allora più non se ne parlò,
-fin quando Haubold nel 1816 stampò a Lipsia una _Notitia fragmenti
-veronensis _de interdictis_._ Niebuhr, venuto a Verona, trasse copia
-del frammento _de præscriptionibus_, e d'un altro sui diritti del
-fisco; esaminò varj manoscritti, e singolarmente le epistole di san
-Girolamo, riconosciute per palinsesto da Maffei e da Mosotti, ma non
-mai dicifrato: e al modo che sotto la storia poetica di Roma leggeva
-la vera, scoprì sotto la scrittura quanto bastasse per convincersi che
-era l'opera di un giureconsulto; e applicando l'infusione di galla a
-un foglio, lo lesse. Ne informò Savigny, ed insieme proclamarono sui
-giornali la scoperta, mostrando che il frammento _de præscriptionibus_
-apparteneva agli _Istituti_ di Gajo. L'Accademia di Berlino spedì
-a Verona nel 1817 i signori Göschen e Bekker, i quali, superando le
-gravi difficoltà che a chi vuol il bene oppongono coloro che fare nol
-vogliono o non sanno, giunsero a trascrivere nove decimi del libro; il
-resto era illeggibile. Il manoscritto componevasi di centoventisette
-fogli; la scrittura più recente in majuscole esibiva ventisei epistole
-di san Girolamo; la primitiva, elegantissima, gli _Istituti_; e fra
-questa e quella una terza stendevasi per un quarto del manoscritto,
-contenente epistole e meditazioni d'esso santo. Onde la membrana
-fu raschiata tre volte; eppure offre il testo più compiuto, sebbene
-difficile ed ostinato lavoro esigesse il leggerlo. Niebuhr e Knopp
-credono la scrittura anteriore al regno di Giustiniano. La prima
-edizione ne fu fatta a Berlino il 1820. Bluhm tornò a collazionarla col
-testo di Verona, e ne fece un'edizione _princeps_ nel 1824.
-
-[202] _Costituzioni_ del 321 e 327, scoperte dal Maj nel 1821.
-
-[203] Instit. lib. I; Dig. _De just. et jure_, l. 1; _De reg. juris_,
-l. 33.
-
-[204] Il codice Teodosiano andò perduto, colpa dei compendj fattine,
-tra cui il principale è il _Breviario_ d'Alarico, che ebbe vigore
-presso i Visigoti. Nel 1528 Giovanni Siccardo ne pubblicò un'edizione
-in Magonza; ma non è se non esso Breviario, purgato dalle leggi
-derivate da usanze gotiche. Du Tillet aggiunse gli ultimi otto libri,
-non compendiati in quel Breviario. Cujaccio credette dare interi
-il VII e VIII col supplemento di Stefano Carpino. A Cujaccio stesso
-furono da Pietro Piteo comunicate le costituzioni del senatoconsulto
-Claudiano, appartenenti al IV libro. Giacomo Gotofredo commentò questo
-codice con trenta anni di lavoro, pubblicato nel 1736 in Lipsia da
-Antonio Marsigli e Daniele Ritter (_Codex Theodosianus, cum perpetuis
-commentariis_ J. GOTHOFREDI; 6 vol. in-fol.). Il cardinale Maj in
-un palimsesto vaticano scoperse altri frammenti, che stampò a Roma
-nel 1823 coi tipi di Propaganda. L'anno seguente Amedeo Peyron nella
-biblioteca dell'Università di Torino trovò ben cinquanta leggi non
-prima conosciute, tra cui quelle ove Teodosio prescrive le norme colle
-quali produrre la sua legislazione (_Fragmenta codicis Theodosiani_,
-nel tomo XXVII degli _Atti dell'Accademia di Torino_). Con queste e le
-scoperte da Clossio fu fatta un'edizione nuova d'esso codice a Lipsia
-il 1825, per cura di C. F. Wenck. Ma nuove leggi scoprì a Torino e
-nell'Ambrosiana Carlo di Vesme, che ne fa la più compiuta edizione.
-
-[205] Πᾶν δέχεσθαι, tutto contenere. La sigla _ff_, colla quale
-suole indicarsi il Digesto, probabilmente viene da un _d_ corsivo,
-abbreviazione di Digesto, traversato da una linea, che dagli editori fu
-scambiato per un doppio _f_. Vedi CRAMER, _Progr. de sigla Digestorum
-ff._ Chilon 1790. Spesso, nel citar le leggi, invece di L. si pone
-_fr._, perchè in fatto son piuttosto frammenti.
-
-Già al tempo che si compilarono le Pandette, molte opere di diritto
-erano o perdute o scarse a Costantinopoli, poichè di Casellio vi si
-dice che _scripta non extant, sed unus liber_; di Trebazio, che _minus
-frequentatur_; di Tuberone, che _libri parum grati sunt_, ecc. ecc. Le
-Pandette stesse poco mancò non andassero perdute; giacchè, se anche è
-una storiella quella dell'unica copia serbatasi ad Amalfi, ne prova
-però la rarità. Più tardi gli eruditi raggranellarono i brani de'
-varj autori sparsi per le Pandette, e li disposero secondo i libri
-dond'erano tolti; e ad alcuni passi recò non poca luce il ravvicinarli
-e paragonarli.
-
-Degli scrittori di diritto antegiustinianei pochi ci arrivarono
-intatti; i più, alterati da qualche legislatore, come tutti quelli
-nella raccolta giustinianea. Queste opere di diritto sono o _Libri
-prudentum_, o _Codices constitutionum_, ossieno diritto antico e
-diritto posteriore. Fra i primi voglionsi particolarmente mentovare:
-
-1. I frammenti _Regularum_ di Ulpiano;
-
-2. Le _Instituta_ di Gajo, di cui parliamo;
-
-3. Le _Receptæ Sententiæ_ di Paolo, conservateci mutile dai Visigoti;
-
-4. _Lex Dei, sive Collatio legum mosaicarum et romanarum_, raccolta
-fatta sul dechino dell'Impero Occidentale, del pari che
-
-5. _Consultatio veteris jurisconsulti_;
-
-6. _Vaticana juris fragmenta_.
-
-I codici sono:
-
-1. Frammenti del Gregoriano e dell'Ermogeniano;
-
-2. Il Teodosiano;
-
-3. Le Novelle degli imperatori da Teodosio a Giustiniano.
-
-Le iscrizioni su pietra o su bronzo, contenenti testi di leggi,
-senatoconsulti, editti od atti, sono preziosi come testi autentici,
-mentre i libri non ci danno che le copie. Furono raccolti da
-Spangenberg (Berlino 1830) col titolo, _Antiquitatis romanæ monumenta
-legalia, extra libros juris romani sparsa_. Egli stesso avea pubblicato
-a Lipsia nel 1821 una raccolta d'atti del diritto romano, vale a
-dire contratti, testamenti e simili; _Juris romani tabulæ negotiorum
-solemnium, modo in ære, modo in marmore, modo in charta superstites_.
-E già ne' _Papiri diplomatici raccolti ed illustrati_, a Roma nel 1805,
-il Marini avea pubblicato una collezione d'atti sopra papiro.
-
-Delle leggi ed atti giuridici che abbiamo su bronzo, i principali sono:
-
-_Senatusconsultum de Bacchanalibus_ del 567 di Roma, che riporteremo
-nell'_Appendice I_.
-
-_Lex Thoria agraria_ del 613, che sta sul rovescio della tavola che
-contiene la _lex Servilia repetundarum_ del 654 circa;
-
-_Tabula Heracleensis_, frammenti trovati il 1732 nell'antica Eraclea
-presso Taranto, di varie leggi dal 664 al 680 di Roma, o, secondo
-Savigny, del 709: e sta nel museo di Napoli;
-
-_Plebiscitum de Thermensibus majoribus Pisidis_, forse del 690, degente
-nel museo Borbonico, dove pure la _lex de scribis viatoribus;_
-
-_Lex Rubria de Gallia Cisalpina, del 708 circa_: fu trovata mutila a
-Velleja, e deposta a Parma;
-
-_Lex Regia_, ossia il senatoconsulto dell'impero di Vespasiano,
-dell'823 di Roma: sta nel museo Capitolino, anch'essa mutila.
-Impropriamente chiamasi senatoconsulto: bensì tale è quello _de
-ædificiis negotiationis causa non diruendis_, dell'801 o 809,
-dissotterrato da Ercolano; e un altro _de Asclepiade Clazomenio_, uno
-_de Triburtibus_, uno in onore di Germanico.
-
-Si han pure due rescritti di Vespasiano dell'833, trovati uno a
-Malaga, l'altro in Corsica; un'_Epistola Domitiani, spectans ad
-litem inter Falerienses et Firmanos de subsecivis_, trovata presso
-Faleria; l'_Edictum Diocletiani de prætiis rerum_, del 303 d. C.,
-tariffa dei prezzi e de' salarj, del quale un esemplare sta nel Museo
-Britannico, un altro a Aix: l'_Edictum Constantini Magni de ordine
-judiciorum publicorum_ del 311 d. C., tratto da schede della Biblioteca
-Ambrosiana. Va anche mentovata l'orazione di Claudio imperatore in
-senato sul comunicare la cittadinanza ai Galli, la quale si conserva a
-Lione in due pezzi di bronzo; e _Tabula Trajani alimentaria_ sui fondi
-destinati da Trajano ad un ospizio di orfani nel 108 d. C., scoperta
-il 1747 a Velleja. Altre riferiscono testamenti, rendite, rescritti
-di magistrati, atti municipali, determinazioni di confini, fra' quali
-vuole una menzione particolare la sentenza, resa nel 633 di Roma, sopra
-le differenze nate tra i Genuesi e i Genuati, e che conservasi nel
-palazzo municipale di Genova.
-
-Nel secolo XVI cominciaronsi indagini storiche sopra il diritto romano,
-e massime i Batavi ne meritarono ottimamente. Lavori grandiosi però
-non apparvero che entrante il secolo passato; e primo quello di Gian
-Vincenzo Gravina, che nel 1701 pubblicò _Origines juris civilis_; poi
-in Germania Eineccio nel 1716, _Antiquitatum romanarum jurisprudentiam
-illustrantium syntagma_, che è il sunto più compito e chiaro degli
-studj storici fatti sin allora. Questo riguarda solo la storia interna
-del diritto romano; l'esterna fu dal medesimo trattata nell'_Historia
-juris civilis romani ac germanici_. Alla 1733.
-
-La quale distinzione della storia esterna ed interna fu prima
-introdotta dal Leibniz. L'esterna, ossia generale, considera solo
-l'andamento della legislazione d'un popolo, dando a conoscere l'origine
-e i progressi delle fonti del diritto, cioè de' costumi, delle leggi,
-de' codici, gli avvenimenti politici che v'ebbero influenza, la
-successione dei giureconsulti, le scuole loro, le opere e l'efficacia
-sulle riforme della legislazione. L'interna, o vogliasi dire _le
-antichità del diritto_, è la storia speciale de' principj del diritto
-medesimo, mostrando come progredirono lo stato delle persone, il
-reggimento domestico, la storia delle proprietà, delle istituzioni
-giudiziali, delle leggi penali, insomma le particolarità della
-legislazione d'un popolo.
-
-[206] Dell'autorità attribuita alla consuetudine, molte testimonianze
-abbiamo: _Pleraque in jure non legibus, sed moribus constant_.
-QUINTILIANO, Instit., v. 3. — S_ed et ea quæ longa consuetudine
-comprobata sunt, velut tacita civium conventio, non minus quam ea
-quæ scripta sunt, jura servantur_. Leg. 35 pr. Dig. tit. I. lib. 3. —
-_Omne jus aut consensus fecit, aut necessitas constituit, aut firmavit
-consuetudo_. Leg. 40 ivi. — Anche Portalis, nel discorso preliminare
-al Codice francese, pose: _Les codes des peuples se font avec le temps,
-mais, à proprement parler, on ne les fait pas._
-
-[207] Plutarco, in _Romolo_; DIONIGI D'ALICARNASSO, lib. II.
-
-[208] _Sei stuprum commisit aliudve peccassit, maritus judex et vindex
-estod, deque eo cum cognatis gnoscitod._ XII Tavole.
-
-[209] Vedi tutta l'_Aulularia_ di Plauto.
-
-[210] GIUSTINIANO, Nov. 91.
-
-[211] GIUSTINIANO, Nov. 53.
-
-[212] _Tutoris auctoritas necessaria est mulieribus, si lege aut
-legitimo judicio agant, si se obligent, si civile negotium gerant._
-ULPIANO, Framm. tit. XI.
-
-[213] _Nov._ 118, cap. 5.
-
-[214] Sotto l'impero figurano grandemente Giulia Domna, Soemi, Mammea,
-Zenobia; e al declinare di esso Pulcheria, Eudossia, Placidia, Onoria,
-Giustina.
-
-[215] Sant'Ambrogio (_Hexameron_, lib. VI. c. 4. § 22) scrive:
-_Natura hoc bestiis infundit, ut catulos proprios ament, et fœtus
-suos diligant. Nesciunt illa odia novercalia, nec, mutato concubitu,
-parentes a sobole depravantur, neque noverunt præferre filios
-posterioris copulæ. Nesciunt charitatis differentiam._ — Vedi il Cod.
-Teod. _De secundis nuptiis_; e POTHIER, _Pandectæ_, tom. II. p. 89.
-
-[216] Sotto Giustiniano potea ciascuno avere la concubina: _Cujuscumque
-ætatis concubinam haberi posse palam est, nisi minor annis duodecim
-sit._ Dig. lib. XIV. tit. 1. I. 4. Vanno in tal senso intesi i passi di
-concilj o d'autori ecclesiastici, ove si parla della concubina.
-
-[217] Sant'Agostino vuole che la madre abbia il maggior diritto
-nel maritare la figlia, se pur questa non sia maggiorenne: _Puellæ
-fortassis... apparebit et mater, cujus voluntatem in tradenda filia
-omnibus, ut arbitror, natura præponit; nisi eadem puella in ea ætate
-fuerit, ut jure licentiori sibi ipsa eligat quod velit._ Ep. 233 ad
-Benenatum.
-
-[218] Furono ridotti in versi a questo modo:
-
-dirimenti —
-
- _Error, conditio duplex, insania mentis,_
- _Nec non mandati vitium, puerilis et ætas,_
- _Raptus, adulterium, cædes, cognatio, votum,_
- _Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas,_
- _Si sit affinis, si clandestinus, et impos;_
- _Hæc facienda vetant connubia, facta retractant._
-
-impedienti —
-
- _Ecclesiæ vetitum, nec non tempus feriatum,_
- _Atque catechismus, sponsalia, jungite votum,_
- _Par nisi sit cultus, nisi proclamatio terna,_
- _Ni sacer accedat ritus, patrisque voluntas;_
- _Hæc prohibent fieri, permittunt facta teneri._
-
-[219] Arcadio temperò questo rigore, assolvendo dal fuoco; poi abrogò
-la legge. Cod. Giust., lib. III. tit. 7. l. 2; tit. 12. l. 3; lib. V.
-tit. 4. l. 19.
-
-[220] _Penes nos occultæ conjunctiones, idest non prius apud Ecclesiam
-professæ, juxta mœchiam et fornicationem judicari periclitantur._
-TERTULLIANO, De prudentia.
-
-[221] — La chiesa (dice Tertulliano) prepara il matrimonio, e ne
-stende il contratto, l'oblazione delle preghiere lo conferma, la
-benedizione il suggella, Dio lo ratifica. Due fedeli portano lo stesso
-giogo; non sono che una carne sola, un solo spirito; pregano insieme,
-insieme digiunano, insieme sono alla chiesa, alla mensa divina,
-nelle traversie, nella pace». _Ad uxorem_. — Del quale testo porge
-un esteso commento il Goudefroy sulla legge III del Cod. Teod. _De
-nuptiis_. E dopo Tertulliano viveva Modestino, che del matrimonio diede
-l'elegantissima definizione _conjunctio maris et fœminæ, consortium
-totius vitæ, divini et humani juris communicatio_. Dig. _De ritu nupt._
-I. 1.
-
-[222] _Repudium, quod permissum aliquando, jam prohibet... Solus enim
-separabit qui et conjunxit... In totum enim, sive per nuptias, sive
-vulgo, alterius viri admissio adulterium pronuntietur._ TERTULLIANO, De
-monogamia.
-
-[223] Cod. Giust., lib. III. _De patria potestate_.
-
-[224] Inst., _Per quas personas_. Gotofredo (sulla legge del Cod. Teod.
-_de maternis bonis_) avverte che ciò stabilivasi _christiana disciplina
-paullatim patriæ potestatis duritiem emolliente_.
-
-[225] PAOLO, _Sent._ v. 1. BYNCKERSHOECK, _De jure occidendi liberos_.
-
-[226] SVETONIO, in _Claudio_, 25; Dig. lib. XLVIII. tit. 8. l. 2; lib.
-II. tit. 2.
-
-[227] SPARZIANO in _Hadriano_, 19. — _Dominorum potestatem in suos
-servos illibatam esse oportet, nec cuipiam hominum jus suum detrahi_.
-Dig. lib. II. tit. I. l. 6.
-
-[228] Cod. Giust., lib. I. tit. 19. l. 1; lib. VII. tit. 13. l. 1.
-
-[229] Florio, _Hist._, III. 20.
-
-[230] Cod. Teod., lib. IX. tit. 12. l. 1; tit. 18. l. 40. tit. 12. l.
-1; Cod. Giust., lib. III. tit. 38. l. 2.
-
-[231] Opera capitale su questo punto è SAVIGNY, _Das Recht des
-Besitzes_. Giessen 1803. Vi fecero dilucidazioni e commenti WARN-KÖNIG
-(_Analyse du Traité de la possession par M. de Savigny_ Liegi 1824), e
-LHERMINIER (_De possessione; analytica Savinianæ doctrinæ expositio._
-Parigi 1828).
-
-[232] Tit. _De usucapione_, e _De nudo jure Quiritium tollendo_.
-
-[233] Cicerone prova che Archia era cittadino romano perchè fece
-testamento.
-
-[234] Inst. II. 22, _De lege Falcidia_.
-
-[235] _Aucupatione syllabarum insidiantes_. L. II. del Cod. Giust. _De
-formulis_, dell'anno 342.
-
-[236] Cod. Giust., lib. III. tit. 1. l. 13.
-
-[237] Cod. Teod., lib. XIV, tit. 1. l. 1.
-
-[238] Ulpiano scrive che, se una donna fu successivamente concubina
-del patrono, poi del figlio di esso, e ancora del figlio di questo, non
-crede operi regolarmente: NON PUTO EAM RECTE FACERE. Dig. lib. I. tit.
-1. l. 3.
-
-[239] _Aliudve quid simile admiserint_. Dig., tit. _Ad leg. Jul. maj._
-
-[240] _Sacrilegii instar est dubitare an dignus sit quem elegerit
-imperator_. Cod. _De crim. sacril._ La copiò re Ruggero nelle
-costituzioni di Napoli, tit. IV.
-
-[241] _Nam ipsi pars corporis nostri sunt_. Dig. l. cit.
-
-[242] Cod. Teod., tit. _De falsa moneta_.
-
-[243] Ammiano Marcellino, XVI. 8.
-
-[244] Cod. Giust., lib. IX. tit. 8. l. 6.
-
-[245] Lib. IV. tit. 15; lib. IX. tit. 42; lib. X. tit. 8. 9. 10.
-
-[246] Lib. IX, tit. 8. l. 1 e 2.
-
-[247] VOPISCO in _Alex. Sev._; Cod. Teod., tit. _Ad leg. Jul. maj._
-
-[248] _Nomina quidem servavimus, legum autem veritatem nostram fecimus.
-Itaque si quid erat in illis seditiosum (multa etiam talia erant ibi
-reposita), hoc decisum est et definitum, et in perspicuum finem deducta
-est quæque lex_. Cod. Giust., lib. I. tit. 17. l. 3.
-
-[249] Cod. Teod. tit. _De petit._, e _De famos. libell._ — Le seguenti
-leggi trovansi sparse nel codice stesso.
-
-[250] Ivi, tit. _De indulg. crim._ — Il Muratori, nel riferir ciò
-all'anno 409, dice che tal costume durava a' suoi giorni in moltissimi
-luoghi della cristianità, e nominatamente a Modena.
-
-[251] Ivi, lib. XI, tit. 30. l. 68; Cod. Giust., De leg. _Digna vox_.
-
-[252] _Nitimur aliquid invenire semper et naturæ consequens, et quod
-possit priora corrigere_. Nov. 18 præf.
-
-Il sig. Troplong, nell'_Influenza del cristianesimo sopra la
-legislazione_, conchiude: — Il diritto romano fu migliore nell'età
-cristiana che nelle antecedenti; e il dire contrario è paradosso o mala
-intelligenza; ma è inferiore alle legislazioni moderne, nate all'ombra
-del cristianesimo, e meglio penetrate del suo spirito».
-
-Gaudenzio Paganini nel 1638 beffò Giustiniano amaramente per avere
-abolito le leggi d'agnazione, ed essersi mostrato favorevole alle
-ragioni delle donne. Sagrifizio alle idee pagane, che vorrebbe nei
-secoli cristiani resuscitare i pregiudizj di Catone, il privilegio
-contro il diritto comune.
-
-Il grancancelliere L'Hôpital, volendo sviare i Francesi dalla
-legislazione romana per tenerli alle consuetudini patrie, incaricò
-Francesco Holmann di scrivere l'_Anti-Tribonien, ou Discours sur
-l'étude des lois_; dove, animandosi dell'odio contro Cujaccio, flagella
-non solo la giustinianea, ma tutta la legislazione romana, con acutezza
-e ardimento talvolta felice, sempre parziale.
-
-[253] Paolino, nella _Vita di sant'Ambrogio_. Anche Orosio ed altri
-autori ascrivono la vittoria su Radagaiso a miracolo; e a Firenze e nel
-Mugello si alzarono allora chiese a santa Reparata.
-
-[254] ZOSIMO, lib. 5.
-
-[255] Nel 1554 fu trovato sul Vaticano il costei cadavere, con molti
-oggetti preziosi; ne' soli abiti aveva trentasei libbre d'oro.
-
-[256] Fa pietà l'orrore che Rutilio Numaziano mostra per quell'enorme
-colpa, ch'egli trova peggiore di quella di Nerone:
-
- _Omnia tartarei cessent tormenta Neronis,_
- _Consumat stygias tristior umbra faces._
- _Hic immortalem, mortalem percutit ille;_
- _Hic mundi matrem perdidit, ille suam._
- Itinerarium, II.
-
-[257] AMMIANO MARCELLINO, lib. XIV. Secondo Dureau de la Malle,
-l'Egitto aveva appena un milione d'abitanti; un milione e ducentomila
-la Sicilia; dieci milioni la Gallia; qualcosa meno l'Italia; la Grecia,
-deserta.
-
-[258] Nella descrizione di quella peste trovansi molti sintomi simili
-al vajuolo, che molti credono abbia preceduto la invasione degli Arabi.
-
-[259] VOPISCO, 48.
-
-[260] AMMIANO MARCELLINO, XVIII. 5; XXXI. 9.
-
-[261] _Epist._ 39.
-
-[262] Cod. Teod., lib. XI. tit. 28. l. 2.
-
-[263] DIONE, lib. LXXV. E desolazione e briganti sono dunque di buona
-pezza anteriori al dominio dei papi, cui se ne ascrive la colpa.
-
-[264] Cod. Teod., lib. XV. tit. 47. l. 1; lib. IX. tit. 30. l. 3. 5.
-
-[265] Ivi, lib. IX. tit. 34.
-
-[266] SIDONIO APOLLINARE, _Ep._ v. 5. Di Scronato egli dice:
-_Exultans Gothis, insultansque Romanis, leges theodosianas calcans,
-theodoricinasque praeponens... Barbaris provincias propinans_. Ep. VII.
-7.
-
-[267] SOCRATE, _Storia eccl._, v. 8.
-
-[268] CLAUDIANO, _in Eutropium_, I, 401.
-
-[269] Lib. XXVIII.
-
-[270] AGOSTINO, _De civ. Dei_, I. 32; OROSIO, I. 6.
-
-[271] _De Providentia_.
-
-[272] San Girolamo (_adversus Rufinum_, lib. II) ricorda Filistone,
-Lentulo, Marullo, altri autori di commedie biologiche ed etologiche,
-drammi ove si riproduceano le abitudini della vita domestica e che
-perciò sarebbero preziosi a conoscere.
-
-[273] Tutto ciò raccogliamo da un curiosissimo frammento di
-Olimpiodoro, conservatoci da Fozio. Il quale Olimpiodoro compose un
-verso che in latino suona:
-
- _Est urbs una domus: mille urbes continet una urbs._
-
-Anche Rutilio Numaziano (_Itinerarium_, III) canta:
-
- _Quid loquar inclusas inter laquearia sylvas_
- _Vernula quæ vario carmine ludit avis?_
-
-[274] _Epist._ 14.
-
-[275] SIMMACO, lib. VIII. ep. 65.
-
-[276] _Ipsa Roma orbis domina, in singulis insulis domibusque, Tutelæ
-simulacrum cereis venerans ac lucernis, quam ad tuitionem ædium isto
-appellant nomine, ut tam intrantes quam exeuntes domos suas, inoliti
-semper commoveantur erraris_. SAN GIROLAMO, Comm. in Isaia.
-
-[277] AMMIANO MARCELLINO, XIV. 6. XXVIII. 2. — _Plena sunt conventicula
-nostra hominibus, qui tempora rerum agendarum a mathematicis
-accipiunt. Jam vero, ne aliquid inchoetur aut ædificiorum aut hujusmodi
-quorumlibet operum diebus quos ægyptiacos vocant, sæpe etiam nos movere
-non dubitant_. S. AGOSTINO, Expos. epist. ad Galatas, cap. IV.
-
-[278] Sant'Agostino non approva il fatto, _De civ. Dei_, II. 17.
-
-[279] SOZOMENE, IX. 10.
-
-[280] GIORNANDES, _De rebus goticis_, cap. XXX.
-
-[281] Lo disse egli stesso ad un Narbonese, il quale lo riferì a san
-Girolamo in un suo pellegrinaggio a Terrasanta, presente Orosio, che ce
-lo tramandò, lib. VII. 43.
-
-[282] Olimpiodoro, presso Fozio.
-
-[283] Orosio dice tremila ducento legni; Marcellino settecento.
-
-[284] PROCOPIO, _De bello gotico_.
-
-[285] È la legge che uffizialmente riconobbe il culto cristiano come
-unico dominante, XVI _kalendas decembris_ 408. Cod. Teod., lib. XVI.
-tit. 10. l. 29.
-
-[286] Ivi, lib. XVI. tit. 10. l. 13. 14. 15. 16.
-
-[287] GIORNANDES, _De rebus goticis_, cap. 33.
-
-[288] Siccome De Guignes, _Histoire des Huns, des Turcs et des
-Mongols_, 1756-58. Lo contraddissero Ghébard nella _Storia d'Ungheria_,
-I, 187, poi Klaproth, Rémusat, e omai tutti gli Orientalisti. Bensì
-Rémusat e Saint-Martin riconobbero i Geti e gli Asi negli Yue-ti e Osi,
-rammentati negli annali dei Cinesi come biondi. In una relazione dei
-regni buddici troviamo verso il 500 gli Yue-ti in guerra coi popoli
-sulle rive dell'Indo, per disputare la tazza d'oro di Budda. Le ragioni
-etimologiche hanno scarso valore, allorchè sieno isolate. In fatti
-Bergmann (nel _Nomadische Streifereien unter den Kalmuken_. Riga 1804,
-vol. I. p. 129) trova la radice del nome di _Muntsak_ padre di Attila
-nel mongolo _mu_ cattivo e _tzak_ tempo; Attila è da lui mutato in
-_Etzel_, che significa qual cosa di maestoso. Egualmente, o con meno
-stiracchiatura, si spiegano col parlare ungherese: Attila è _atzel_
-acciajo; Muntsag, _ment tseg_ fertilità. Altri potrebbe dedurre il nome
-d'Attila dalla radice _atta, atti, ætti,_ che in molte lingue asiatiche
-suona giudice, capo, re; donde Attalo re marcomanno, Attalo di Pergamo,
-Attalo mauro, Atea scita, Atalarico, Eticone, ecc. V'è chi riscontra i
-nomi di Bleda, Balamir, Munzuk nei nomi slavi di Blad o Vlad, Bolemir,
-Muzok.
-
-[289] A questa descrizione di Giornandes si conforma quella di Sidonio
-Apollinare, vescovo di Clermont nel 472, il quale canta nel carme II,
-vs. 245:
-
- _Gens animis membrisque minax: ita vultibus ipsis_
- _Infantum suus horror inest. Consurgit in arctum_
- _Massa rotunda caput; geminis sub fronte cavernis_
- _Visus adest, oculis absentibus: acta cerebri_
- _In cameram vix ad refugos lux pervenit orbes;_
- _Non tamen et clausos, nam fornice non spatioso_
- _Magna vident spatia, et majoris luminis usum_
- _Perspicua in puteis compensat puncta profundis._
- _Tum, ne per malas excrescat fistula duplex,_
- _Obtundit teneras circumdata fascia nares,_
- _Ut galeis cedant. Sic propter prælia natos_
- _Maternus deformat amor, quia tensa genarum_
- _Non interjecto fit latior area naso._
- _Cætera pars est pulchra viris. Stant pectora vasta,_
- _Insignes humeri, subcincta sub ilibus alvus._
- _Forma quidem pediti media est, procera sed extat_
- _Si cernas equites, sic longi sæpe putantur_
- _Si sedeant._
-
-[290] Così chiamati non dai Vendi, ma da ἐν ἴημι, _venuti_.
-
-[291] STRABONE, lib. XI.
-
-[292] _Æmula Bajanis Altini litora villis._ MARZIALE.
-
-[293] Una tradizione, che correva già ai tempi di Ottone da Frisinga,
-fa fondata Udine da Attila. Egli avea altro in vista che fondare città;
-ma forse su quell'altura, così singolare nel piano, si ritirò una parte
-della popolazione carnica del Friuli, e se ne formò quell'abitato,
-che però non trovasi nominato se non nel 983 quando Ottone II donò al
-patriarca Rodualdo _castellum Utini_.
-
-[294] _Frammenti di Damascio_ nella Biblioteca di Fozio, p. 1039.
-
-[295] _Lupus est homo homini; non homo, quem qualis sit non novit._
-PLAUTO, Asinaria, II. 4.
-
-[296] _Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant._ TACITO.
-
-[297] Il nostro Gravina è uno dei primi che riconosca il merito delle
-conquiste romane. Aristotele pose, e Cicerone sostenne che la natura
-dà alla ragione l'imperio sopra la barbarie, e l'interesse de' popoli
-rozzi esige sieno sottomessi a dominazione intelligente. Ora la
-dominazione di Roma (dice esso Gravina, _Origo juris civilis_, I. 16)
-fu la sola giusta, perchè _in vertice rationis humanæ_; non considerava
-come nemici che i nemici dell'umanità; non toglieva ai vinti che la
-facoltà di fare il male; imponeva servitù a quei soli che preferivano
-un'esistenza selvaggia al vivere sociale; mentre a' Greci e ad altri
-popoli civili permetteva di vivere secondo le leggi loro; proponeasi
-per iscopo di propagare la civiltà, e realizzare l'associazione
-universale.
-
-[298]
-
- _Hæc est quæ in gremium victos, quæ sola recepit,_
- _Humanumque genus communi nomine fovit,_
- _Matris non dominæ ritu, civemque vocavit_
- _Quem domuit, nexuque pio longinqua redemit._
- _Hujus pacificis debemus moribus omnes_
- _Quod, velut patriis regionibus, utitur hospes..._
- _Quod cunctis gens una sumus._
- CLAUDIANO, Consul. Stiliconis, II. 150.
-
-Anche Plinio maggiore conobbe l'efficacia civilizzatrice dell'unità
-romana e della lingua: _Omnium terrarum alumna eadem et parens, numine
-Deum electa, quæ sparsa congregaret imperia, ritusque molliret, et tot
-populorum discordes ferasque linguas sermonis commercio contraheret,
-colloquia et humanitatem homini daret, breviterque una cunctarum
-gentium in toto orbe patria fieret_, III. 6.
-
-[299] _Filia curialis, si, genitalis soli amore neglecto, in alia
-voluerit nubere civitate, quartam mox omnium facultatum suarum ordini
-conferat, a quo se alienari desiderat_. Nov. Major, IV.
-
-[300] Vedi il nostro Cap. XLVII. — Il decadimento personale dell'impero
-non potrebbe più al vivo ritrarsi di quel che fa Salviano, _De
-gubernatione Dei_, v. 5. 8: _Inter hæc vastantur pauperes, viduæ
-gemunt, orphani proculcantur, in tantum ut multi eorum, et non obscuris
-natalibus editi, et liberaliter instituti, ad hostes fugiant, ne
-persecutionis publicæ afflictione moriantur; quærentes scilicet apud
-Barbaros romanam humanitatem, quia apud Romanos barbaram inhumanitatem
-ferre non possunt. Et quamvis ab his, ad quos confugiunt, discrepent
-ritu, discrepent lingua, ipso etiam, ut ita dicam, corporum atque
-induviarum barbaricarum fætore dissentiant, malunt tamen in Barbaris
-pati cultum dissimilem, quam in Romanis injustitiam sævientem. Itaque
-passim vel ad Gothos, vel ad Bagaudas, vel ad alios ubique dominantes
-Barbaros migrant, et commigrasse non pænitet. Malunt enim sub specie
-captivitatis vivere liberi, quam sub specie libertatis esse captivi.
-Itaque nomen civium romanorum, aliquando non solum magno æstimatum,
-sed magno emptum, nunc ultro repudiatur ac fugitur, nec vile tantum,
-sed etiam abominabile pene habetur. Ecquod esse majus testimonium
-romanæ iniquitatis potest, quam quod plerique et honesti, et nobiles,
-et quibus romanus status summo et splendori esse debuit et honori,
-ad hoc tamen romanæ iniquitatis crudelitate compulsi sunt, ut nolint
-esse romani? E poco avanti: Ubi, aut in quibus sunt, nisi in Romanis
-tantum, hæc mala? Quorum injustitia tanta, nisi nostra? Franci enim
-hoc scelus nesciunt; Hunni ab his sceleribus immunes sunt; nihil horum
-est apud Vandalos, nihil horum apud Gothos. Tam longe enim est, ut
-hæc inter Gothos Barbari tolerent, ut ne Romani quidem, qui inter eos
-vivunt, ista patiantur. Itaque unum illic Romanorum omnium votum est,
-ne unquam eos necesse sit in jus transire Romanorum. Una et consentiens
-illic romanæ plebis oratio, ut liceat eis vitam, quam agunt, agere cum
-Barbaris. Et miramur, si non vincantur a nostris partibus Gothi, cum
-malint apud eos esse quam apud nos Romani! Itaque non solum transfugere
-ab eis ad nos fratres nostri omnino nolunt, sed, ut ad eos confugiant,
-nos relinquunt._
-
-[301] Gli scrittori ecclesiastici mostrano ben altri sentimenti verso
-gli Unni d'Attila e i Vandali di Genserico.
-
-[302] _Apocalissi_, cap. XVII.
-
-[303] AMMIANO MARCELLINO, _Hist._, XV.
-
-[304] _Singulos universosque nostro monemus edicto, ut, romani
-roboris confidentia, ex animo quo debent propria defensare cum suis
-adversus hostes, si vis exegerit, salva disciplina publica, servataque
-ingenuitatis modestia, quibus potuerint armis, nostrasque provincias
-ac fortunas proprias, fideli conspiratione et juncto umbone tueantur_.
-Costituz. di Valentiniano III del 430.
-
-[305] _Sive integra diœcesis in commune consuluerit, sive singulæ inter
-se voluerint provinciæ convenire, nullius judicis potestate tractatus
-utilitati eorum congruus differatur; neve provinciæ rector, ac
-præsidens vicariæ potestati, aut ipsa etiam præfectura decretum æstimet
-requirendum_. Costituz. del 382.
-
-[306] Costituz. del 418.
-
-[307] Atto non raro nei primi Cristiani. Nell'_Epist._ I di
-san Clemente leggiamo: — Molti de' nostri conoscemmo, i quali
-volontariamente si posero in ceppi per redimere altrui; molti che si
-assoggettarono alla schiavitù per pascere gli altri col prezzo della
-venduta libertà».
-
-[308] _Nov._ III, in calce al Cod. Teod.
-
-[309] Erano per lo più ottenute da favoriti, che ne abusavano per
-trarricchire colle più sottili arti. Una ci è nota dalle leggi.
-Essendosi peggiorata la moneta, pretendeano non ricevere che oro,
-portante il conio di Faustina e degli Antonini: il che raddoppiava
-l'aggravio; giacchè chi non ne avesse, dovea venire a gravose
-composizioni.
-
-[310] _Nov._ IV, in calce al Cod. Teod.
-
-[311] SIDONIO, _Paneg._
-
-
-
-
-
-Nota del Trascrittore
-
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
-senza annotazione minimi errori tipografici. Il testo greco è stato
-trascritto tal quale, senza alcuna correzione.
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-<div style='text-align:center; font-size:1.2em; font-weight:bold'>The Project Gutenberg eBook of Storia degli Italiani, vol. 4 (di 15), by Cesare Cantù</div>
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-
-<div style='display:block; margin-top:1em; margin-bottom:1em; margin-left:2em; text-indent:-2em'>Title: Storia degli Italiani, vol. 4 (di 15)</div>
-
-<div style='display:block; margin-top:1em; margin-bottom:1em; margin-left:2em; text-indent:-2em'>Author: Cesare Cantù</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>Release Date: February 21, 2021 [eBook #64605]</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>Language: Italian</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>Character set encoding: UTF-8</div>
-
-<div style='display:block; margin-left:2em; text-indent:-2em'>Produced by: Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images made available by The Internet Archive)</div>
-
-<div style='margin-top:2em; margin-bottom:4em'>*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DEGLI ITALIANI, VOL. 4 (DI 15) ***</div>
-
-<div class="booktitle">
-<h1>
-C. CANTÙ<br />
-STORIA DEGLI ITALIANI
-<span class="smaller">TOMO IV.</span>
-</h1>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="titlepage">
-<p class="main-t">
-<span class="small">STORIA</span><br />
-DEGLI ITALIANI
-</p>
-
-<p class="pad2">
-PER
-</p>
-
-<p class="pad1 x-large">
-CESARE CANTÙ
-</p>
-
-<p class="pad2 small">
-EDIZIONE POPOLARE<br />
-RIVEDUTA DALL'AUTORE E PORTATA FINO AGLI ULTIMI EVENTI
-</p>
-
-<p class="pad1 large">
-TOMO IV.
-</p>
-
-<p class="pad4">
-<span class="large">TORINO</span><br />
-<span class="small">UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE</span><br />
-1875
-</p>
-</div>
-
-<div class="somm">
-<hr />
-<p class="center x-large"><a href="#indice" id="indfront">INDICE</a></p>
-<hr />
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_1">[1]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap43">CAPITOLO XLIII.
-<span class="smaller">Da Comodo a Severo. Despotismo militare.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Di età la più felice del genere umano furono da
-alcuno qualificati gli ottantaquattro anni dalla morte di
-Domiziano a quella di Marc'Aurelio; e il nome degli
-Antonini restò così caro ai Romani, che i successori
-l'aggiunsero al proprio, sebbene non curassero meritarselo;
-anzi da quel punto si manifesta più apertamente,
-e senz'ammanti di giurisdizione civile, il
-despotismo militare; pessima fra le tirannidi, perchè
-soffoga le passioni che sono vita della società.
-</p>
-
-<p>
-Lo aveva preparato Augusto coll'incarnare nello Stato
-la forza militare per mezzo delle guardie pretoriane.
-In onta dell'antica costituzione, erano aquartierate in
-Italia; poi Tiberio, col pretesto d'esimere le altre città
-dagl'incomodi alloggi e di mantener meglio la disciplina,
-stanziò le loro dieci coorti sui colli Quirinale e Viminale,
-in un campo fortificato donde padroneggiavano
-e minacciavano Roma; Vitellio le crebbe a sedicimila.
-Erano più che bastanti a tener in freno qualche milioni
-d'inermi; ma guaste negli ozj d'un'opulenta città, vedendo
-dappresso i vizj del regnante e la fiacchezza del
-governo, si persuadevano che nulla resisterebbe alla
-loro forza, e come arbitri assoluti, davano e toglievano
-l'impero, non per altro, sovente, che per la speranza del
-donativo. Gl'imperatori per connivenza ne dissimulavano
-l'indisciplina, ne compravano il favore e il voto,
-che esse pretendevano poter dare quali fiore e rappresentanti
-del popolo; i loro capitani nei casi di Stato
-<span class="pagenum" id="Page_2">[2]</span>
-sedevano giudici<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a>, col qual mezzo superarono di
-potenza i consoli stessi, e contribuirono a sfasciare il
-senato. Quando poi Comodo nel prefetto del pretorio
-unì al militare comando un'autorità civile, come ministro
-di Stato e presidente al consiglio del principe, quella
-dignità divenne la prima dell'impero, e se ne gloriarono
-Ulpiano, Papirio, Paolo, Modestino ed altri giureconsulti
-di primo grido.
-</p>
-
-<p>
-Se la suprema podestà apparteneva alla forza, perchè
-anche le legioni di provincia non sarebbonsi arrogato
-di salutare imperatore colui che fossero disposte a
-sostenere colla spada? Massime dopo il tempo che
-descrivemmo, essendo gli eletti per lo più stranieri,
-spesso contendenti un coll'altro, scelti fra soldati, e
-costretti a vivere nei campi, l'impero vestì sembianze
-affatto militari, e l'imperatore non fu il primo magistrato
-di Roma, ma il generale degli eserciti, e sua
-principale e quasi unica cura il contentar questi o frenarli.
-Ma attesochè l'estensione dell'impero obbligava
-a mantenerne molti, l'uno per gelosia chiarivasi nemico
-all'imperatore che fosse eletto dall'altro esercito. Dopo
-che, coll'estinguersi la famiglia dei Cesari e le succedutevi
-de' Flavj e degli Antonini, neppure un'ombra di
-legittimità sosteneva que' principi di ventura, i soldati
-sentirono di poterli fare e disfare, alzar sullo scudo o
-trafiggere colle spade.
-</p>
-
-<p>
-L'esercito poi e nel fondo e nelle forme era ben
-altra cosa da quello che vinse il mondo. Augusto lo
-ridusse stabile, distribuito nelle provincie di frontiera,
-di cui egli riservossi il governo, sicchè lo stato civile
-rimaneva distinto dal militare: supremo difetto della
-costituzione imperiale. La nobile gioventù di Roma e
-d'Italia non aprivasi più la via alle magistrature col
-<span class="pagenum" id="Page_3">[3]</span>
-militare a cavallo, ma coll'amministrar la giustizia e
-le rendite pubbliche: se si applicasse alle armi, non
-per merito o per anzianità, ma per denaro o nobiltà
-otteneva il comando d'un'ala di cavalleria o d'una
-coorte di pedoni. Già Tiberio si lagnava non vi fossero
-volontarj, e mal si soffrisse la disciplina. Trajano e
-Adriano sistemarono la milizia quale si conservò sino
-alla fine dell'impero; e sui loro regolamenti è fondato
-il compendio di Vegezio <i>De re militari</i>. Augusto aveva
-assegnato a ciascun pretoriano due dramme al giorno,
-cioè ottantadue centesimi; Domiziano portò la paga a
-novecensessanta dramme l'anno; sotto Comodo ne ricevevano
-mille ducencinquanta, se ben leggiamo un passo
-confuso di Dione al libro <span class="smcap lowercase">LXXII</span>, discusso da Valois e
-Reimar. Le altre truppe, fra il 536 e il 703 di Roma,
-ebbero venticinque centesimi il giorno, sotto Giulio
-Cesare cinquantuno, sotto Augusto quarantanove, quarantotto
-sotto Tiberio, quarantacinque sotto Nerone,
-quarantaquattro sotto Galba, quarantatre sotto Otone,
-quarantaquattro sotto Vitellio, Vespasiano e Tito, cinquantasette
-sotto Domiziano.
-</p>
-
-<p>
-Delle venticinque legioni che erano sotto Augusto,
-sedici furono poi licenziate o incorporate nelle altre:
-ma Nerone, Galba, Vespasiano, Domiziano, Trajano,
-Marc'Aurelio ed Alessandro Severo ne formarono tredici
-nuove. Ciascuna componevasi di cinquemila uomini;
-e al tempo di quest'ultimo imperatore, tre accampavano
-in Bretagna, una nell'Alta e due nella Bassa Germania,
-una in Italia, una nella Spagna, una nella Numidia, una
-fra gli Arabi, due nell'irrequieta Palestina, altrettante
-nella Mesopotamia, e così nella Cappadocia, due nella
-Bassa ed una nell'Alta Mesia, una nel Norico, una nella
-Rezia: dell'altra non sappiamo il posto. Il numero ne
-variò poi, e fin trentasette furono imperante Diocleziano.
-Ad alcuni paesi imponevasi d'offrire truppe
-<span class="pagenum" id="Page_4">[4]</span>
-ausiliari, che si esercitavano colla disciplina romana,
-ma nelle armi cui ciascuno avevano avvezzato la patria
-e l'educazione; il che metteva ogni legione in grado
-d'affrontarsi con qualsifosse altra gente, comunque armata.
-Inoltre si menava appresso un treno di dieci
-grandi macchine militari e cinquantacinque minori da
-avventare projetti; oltre l'occorrente per piantare un
-campo.
-</p>
-
-<p>
-Corruttela agli uni e scoraggiamento agli altri recò
-la distinzione delle truppe in <i>palatine</i> e <i>di frontiera</i>;
-quelle destinate agli ozj cittadini, queste agli stenti del
-campo con soldo maggiore; sicchè mal sentivansi animate
-a respingere il nemico quando pensassero che i
-loro commilitoni marcivano in pingui riposi.
-</p>
-
-<p>
-Le prime guerre Roma sostenne coll'armi proprie e
-dei popoli vinti, obbligati a tributare un certo numero
-di cavalli e fanti, di navi e marinaj. Obbedivano questi
-a capi di loro nazione; e sebbene talvolta eguagliassero,
-talaltra eccedessero anche in quantità l'esercito romano,
-li teneva in rispetto l'essere scelti ciascuno da gente
-diversa, scevri dalle legioni, dipendenti dal generale
-supremo. Cesare pel primo assoldò Barbari; Augusto
-imitò ed estese l'esempio, e per sicurezza propria ne
-introdusse fra le guardie pretoriane. Progredendo,
-l'Italia si trovò esausta di forze, i socj ridotti a provinciali
-e privati dell'uso delle armi; onde fu necessario
-ricorrere ai Barbari. I Germani, gente robusta ed agguerrita,
-volentieri ponevano a servizio altrui il proprio
-valore, contenti di tenue soldo e scarsa prebenda; sicchè
-furono preferiti dagl'imperatori, cui sembrava
-anche vantaggioso il decimare così quei formidabili.
-</p>
-
-<p>
-Però la tirannide uccide se stessa. Coll'escludere
-dalle armi i provinciali e i cittadini, separavasi la forza
-dall'interesse d'adoprarla; ottenevasi per avventura la
-quiete, ma si spegneva il valore; nel mentre si rendevano
-<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span>
-più formidabili i nemici coll'aggiungere la disciplina
-al naturale coraggio. Costoro ben presto entrarono
-anche tra le privilegiate file legionarie; poi, non più
-bande, ma popolazioni intere vennero assoldate: infidi
-ajuti, che nel frangente ricusavano travagliarsi contro
-i proprj fratelli; avidi, preferivano il sacco alla battaglia;
-capricciosi, costringevano il generale a far giornata
-quando e dove meno convenisse; infine torcevano
-le armi contro i proprj maestri.
-</p>
-
-<p>
-Insomma le minaccie dei Barbari aveano reso necessario
-l'esercito, e perciò l'onnipotenza imperiale;
-vero governo militare, parallela al quale svolgeasi
-un'altra civiltà pacifica; quello opprimendo, questa
-costituendo leggi sapienti. Una serie d'insigni guerrieri
-portati all'impero ritardò per avventura l'invasione da
-ogni parte minacciata, ma recavano sul trono le dispotiche
-e feroci abitudini dell'accampamento e della
-guerra. Dalle spade alzati, da queste abbattuti, qualvogliasi
-riforma restava impedita dall'effimera loro durata,
-e dall'obbligo di vegliar sempre in armi contro gli
-stranieri, e più contro gli usurpatori, che con altrettanto
-diritto si sollevavano, e che si sostenevano col tenersi
-amici i soldati per gratitudine del passato e per apprensione
-dell'avvenire.
-</p>
-
-<p>
-Comodo, successore di Marc'Aurelio, ricco solo di
-forza, lussuria e codardia, fu il primo imperatore nato
-da padre regnante; ma si credè generato da uno dei
-gladiatori che Faustina dalla sanguinosa palestra chiamava
-a contaminare il talamo di Marc'Aurelio. Gli
-esempj e le lezioni di questo non ne corressero l'indole;
-e a dodici anni trovando soverchiamente scaldata
-l'acqua del bagno, ordinò di gettar nel fornello il
-bagnajuolo.
-</p>
-
-<p>
-Arrivato al trono di venti <span class="sidenote">(180 — 17 marzo)</span>, benchè non avesse nè
-emuli da tor di mezzo, nè ambizioni o memorie da
-<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span>
-sradicare, sbrigliasi a tutte le crudeltà che potevano
-suggerirgli il carattere atroce e fomenti malvagi: si
-compiace di veder uomini alla tortura; vantandosi
-esperto chirurgo, fa sue prove sopra infelici, che costringe
-ricorrere a' suoi consulti; girando notturno per
-le vie, a chi taglia per celia un piede, a chi cava un
-occhio; gitta alle belve uno perchè avea detto lui e
-Caligola esser nati lo stesso giorno; un altro fende in
-due di netto, per mostra di sua gagliardia; vestito da
-Ercole compare in pubblico, onde intitolarsi vincitore
-de' mostri. Per ostentare al <i>genere umano</i> le sue virtù,
-scende ignudo nell'arena, che i predecessori suoi avevano
-interdetta ai senatori, e non essendo mai rimasto
-ferito in settecentotrentacinque combattimenti, assume
-il titolo di <i>vincitore di mille gladiatori</i>.
-</p>
-
-<p>
-Di forza prodigiosa, trapassò fuor fuori un elefante
-colla lancia; uccise in un giorno cento leoni nel circo,
-ciascuno d'un solo trar d'arco; colle frecce levava di
-netto il collo a struzzi correnti, e trafisse una pantera
-senza toccar l'uomo con cui essa era alle prese. Perchè
-non mancassero belve all'imperial trastullo, vietò agli
-Africani d'uccider leoni, nè respingerli qualora affamati
-si accostassero ai villaggi. Di tutto ciò si fa gloria,
-e vuole se ne tenga memoria ne' giornali. Degli applausi
-del vulgo s'inebbria, e per serbarselo amico, istituisce
-una compagnia di mercadanti e una flotta che rechi
-grano dall'Africa, se càpiti male quella d'Egitto; ma
-immaginatosi un giorno che il popolo lo schernisca,
-comanda un generale macello e l'incendio della città,
-e a gran pena il prefetto de' pretoriani nel dissuade.
-Non meno segnalato per lussurie, tenne a sua posta
-trecento concubine e altrettanti cinedi; violò le proprie
-sorelle; sul resto si tiri un velo<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span>
-</p>
-
-<p>
-A tante pazzie occorrevagli denaro; onde rincarì le
-imposizioni, trafficò delle cariche, per denaro assolse
-rei, e permise assassinj e vendette. Lungo sarebbe
-ridire le vittime innocenti del forsennato, che ben presto,
-dato lo sfratto ai tutori impostigli da Marc'Aurelio,
-lasciò ogni arbitrio ai compagni di sue dissolutezze,
-salvo a disfarsene non appena il contrariassero. Perenne,
-entratogli in grazia col fomentarne le passioni, assisteva
-con esso ai giuochi Capitolini, quando un filosofo cinico
-compare nel teatro e grida a Comodo: — Mentre ti
-tuffi nelle voluttà, alla tua vita insidiano Perenne e suoi
-figliuoli». Detto fatto, Perenne fe gettar nel fuoco colui:
-ma all'imperatore restò il sospetto ch'egli aspirasse veramente
-a regnare perchè n'era capace; indi le legioni
-britanne deputarono mille cinquecento uomini che venissero
-a Roma chiedendo la morte del ministro; il
-quale, reo o no, fu ucciso colla moglie, la sorella e tre
-figliuoli: condiscendenza che rivelò la debolezza del
-governo all'esercito lontano.
-</p>
-
-<p>
-Gli sottentrava Cleandro, che dalla Frigia nativa portato
-schiavo a Roma, appartenne prima a Marc'Aurelio,
-poi a Comodo, il quale gli diede una sua concubina a
-sposa e la libertà; poi non avendo a temerne nè l'abilità
-nè la virtù, gli concesse sconfinato potere. E colui
-ne abusava per vender cariche, provincie, entrate,
-giustizia, vite d'innocenti. Fatto incetta de' grani, affamò
-la città per arricchirsi e per acquistar favore colle
-distribuzioni. Creò patrizj molti schiavi appena tolti alla
-catena, e gli assise in senato; e fin venticinque consoli
-elesse in un anno: chi osò portarne richiamo all'imperatore,
-pagò l'ardimento col sangue. Ma mentre celebravansi
-i giuochi circesi ecco entrare una turba di
-fanciulli capitanati da una viragine, e mandar feroci
-<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span>
-grida contro Cleandro: il popolo vi fa eco, ed accorre
-al palazzo suburbano ove questi era coll'imperatore, e
-ne chiede la morte; a tegoli e ciottoli volta in fuga i
-pretoriani: e Comodo che, immerso in sozze lascivie,
-ignorava il caso, sgomentato fa gettare ai tumultuanti
-la testa del favorito, che con la moglie, i figliuoli, gli
-amici è trascinato per le vie.
-</p>
-
-<p>
-Altro consigliatore de' suoi delitti era il liberto Antero
-di Nicomedia; e quando i pretoriani lo uccisero,
-l'imperatore se ne vendicò col mandare a male quanti
-di essi potè. Gli stessi prefetti del pretorio erano mutati
-si può dire ogni giorno; alcuni non durarono che sei
-ore; i più colla carica perdettero la vita.
-</p>
-
-<p>
-Scaricandosi d'ogni cura su cosiffatti, l'imperatore
-ricusava persino appor la firma a' dispacci; e appena
-sotto alle lettere degli amici scriveva il <i>vale</i>. Eppure
-questo basso infame nelle medaglie attribuiva a sè il
-titolo di felice, e al secolo suo quel di comodiano, di
-colonia comodiana a Roma; il senato piacentiero chiamò
-il luogo di sue assemblee <i>casa di Comodo</i>; i nomi dei
-mesi furono mutati in aggettivi a lode di lui; ed egli
-scriveva al senato: — L'imperatore Cesare Lucio Comodo
-Elio Aurelio Antonino Augusto felice, leone, pio,
-sarmatico, britannico, germanico, pacificatore, invincibile,
-ercole, romano, padre della patria, pontefice massimo,
-console per la VII volta, imperatore per l'VIII, tribuno
-per la XVII, agli illustri senatori comodiani salute».
-</p>
-
-<p>
-Mossa da privata ambizione, Lucilla sorella sua <span class="sidenote">(183)</span> presunse
-di voltare lo Stato congiurando coi principali
-senatori; ma il sicario, preso mentre vibrando il colpo
-diceva, «Questo dono t'inviano i senatori», fu coi
-complici messo a morte; la principessa esigliata a Capri
-ed ivi uccisa: dove pure fu relegata e morta l'imperatrice
-Crispina, propostasi d'imitare le scostumatezze
-del marito.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le parole del sicario, il quale seppe dire e non fare,
-invelenirono Comodo contro il senato; e se dapprima,
-feroce per inclinazione non per calcolo, sapeva anche
-perdonare, e sull'esempio paterno avea gittato al fuoco
-le rivelazioni offertegli da Manilio, segretario dell'usurpatore
-Avidio Cassio, allora fece rivivere i delatori e i
-processi di maestà e, solito corredo, i supplizj degl'innocenti
-e di quelli la cui virtù facesse raffaccio all'imperiale
-corruttela. Ricorderemo fra questi i due fratelli
-Quintilj Massimo e Condiano della Troade, unanimi a
-segno che operavano come un uomo solo; insieme
-governavano le provincie e comandavano gli eserciti,
-insieme sostennero il consolato ed altri onori, insieme
-da Comodo furono uccisi.
-</p>
-
-<p>
-Avesse almeno costui saputo usare la brutale valentìa
-a tutela de' confini. Ma al primo arrivar al trono cedette
-quante fortezze serbava sul territorio dei Quadi, patto
-che questi si tenessero inermi e cinque miglia discosto
-dal Danubio, nè s'adunassero che una volta il mese in
-presenza d'un centurione. Anche da altri Germani
-comprò la pace, e lasciò che i Saracini (qui per la
-prima volta nominati) riportassero vantaggi sopra
-l'impero. Poi un semplice soldato, di nome Materno,
-che a capo di disertori avea messe a soqquadro Spagna
-e Gallia, vedendosi circuito d'ogni dove, sparpagliò i
-suoi, e con alquanti di essi si spinse fino in Italia col
-proposito di scannare Comodo e farsi imperatore <span class="sidenote">(188)</span>. Già
-alcuni suoi eransi mescolati alle guardie di questo,
-allorchè altri li tradirono, e il supplizio di Materno sedò
-il tumulto. Però il valore de' generali potè reprimere
-i Frisoni, e respingere i Caledonj che avevano superato
-la muraglia di Trajano; e Comodo menava trionfi, e intitolavasi
-imperatore senza veder mai gli accampamenti.
-Solo una volta mostrò voler passare in Africa; ma
-come ebbe raccolto denari assai, li sciupò in gozzoviglie.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span>
-</p>
-
-<p>
-Naturali infortunj aggravarono i mali del suo regno:
-tremuoti; peste, che fin due in tre migliaja d'uomini
-al giorno mieteva in Roma; andò in fiamme il tempio
-della Pace, dove erano riposte le spoglie della Giudea,
-le opere dei letterati, preziose spezie d'Arabia e di
-Egitto; perfino al palazzo s'apprese l'incendio e al
-tempio di Vesta, da cui fuggendo, le sacre vergini
-esposero per la prima volta agli occhi profani il Palladio,
-talismano dell'impero.
-</p>
-
-<p>
-Il privato pericolo potè più che la pubblica indignazione;
-poichè Marcia concubina di Comodo, Leto capitano
-delle guardie, ed Ecleto suo ciambellano, sapendosi
-designati a morte, avvelenarono Comodo, di appena
-trentun anno, dopo regnato dodici <span class="sidenote">(192 — 31 xbre)</span>. Il senato, che
-ver lui era disceso all'infimo dell'abjezione, come il
-vide morto ripigliò coraggio, fece abbatter le statue,
-raderne il nome dalle lapidi, negar sepoltura al vile
-gladiatore, al parricida, al tiranno più sanguinario di
-Nerone; ma fra poco Settimio Severo lo farà riporre
-fra gli Dei, istituirgli sagrifizj e solennità anniversarie
-pel suo natale.
-</p>
-
-<p>
-I congiurati corsero alla casa di Publio Elvio Pertinace,
-vecchio senatore e consolare, allora prefetto della
-città, il quale, udito chiamarsi di mezzanotte, suppose
-venissero per ordine di Comodo a ucciderlo; onde,
-fattili entrare, disse: — Da buon tempo vi aspettavo,
-giacchè io e Pompejano siamo i soli amici di Marc'Aurelio
-lasciati sopravivere». Pompejano era virtuoso
-marito della trista Lucilla sorella di Comodo, e ricusando
-assistere all'anfiteatro, nè vedere il figliuolo di
-Marc'Aurelio prostituire la persona sua e la dignità,
-stava per lo più in campagna, pretessendo malattie che
-cessarono solo nel breve regno del successore.
-</p>
-
-<p>
-Pertinace era nato presso Alba del Monferrato, da
-uno schiavo carbonajo, che gl'impose quel nome per
-<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span>
-la pertinacia sua nel voler abbandonare il mestiero
-paterno, e mettersi a Roma maestro di greco e latino.
-In questa professione poco vantaggiando, diede il nome
-alla milizia, divenne centurione, poi prefetto di una
-coorte nella Siria e nella Britannia. Marc'Aurelio per
-un'accusa il degradò, poi scopertala falsa, creollo senatore,
-e il mandò colla prima legione a guerreggiare i
-Germani. Ritolta a questi la Rezia, fu fatto console:
-poi, regnando Comodo, si vide a vicenda alzato e depresso,
-in fine assunto governatore di Roma. Dabbene,
-assiduo agli affari, grave senza dispetti, dolce senza
-fiacchezza, prudente senz'astuzie, frugale senz'avarizia,
-grande senza orgoglio, amatore dell'antica semplicità
-romana, parve a Leto e ai congiurati opportunissimo
-a riparare ai guasti dell'ucciso.
-</p>
-
-<p>
-Lo portarono dunque al campo de' pretoriani <span class="sidenote">(193)</span>, i quali,
-sebbene affezionati a Comodo dalle largizioni, accettarono
-il nuovo imperatore, perchè prometteva tremila
-dramme per testa, e il condussero con rami d'alloro al
-senato, perchè se n'approvasse l'elezione. Qui cogli
-applausi interrompendo i rifiuti di Pertinace, gli fu
-conferito il titolo d'augusto, di padre della patria <span class="sidenote">(3 genn)</span>, di
-principe del senato, e recitato dai consoli il panegirico.
-Egli non permise si chiamasse augusta la moglie sua
-che nol meritava, nè cesare il figlio sinchè non ne
-venisse degno. A questi cedette ogni suo possesso perchè
-non avessero ragione di chieder nulla allo Stato; poi,
-perchè l'accidioso fasto della corte nol guastasse, mandò
-il figliuolo ad educare presso l'avo materno.
-</p>
-
-<p>
-Le virtù private conservò sul trono. Schietto nel
-vivere, usava come prima co' migliori senatori e gl'invitava
-a cene familiari, derise da quelli che preferivano
-le sanguinarie prodigalità di Comodo. Per risanguare
-l'erario fece voltare in moneta le abbattute statue del
-predecessore, vendere all'asta l'armi, i cavalli, le vesti
-<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span>
-di seta, i mobili <span class="sidenote">(193)</span>, fra cui un carro che indicava l'ora e
-il cammino percorso<a class="tag" id="tag3" href="#note3">[3]</a>; le concubine e gli schiavi,
-eccettuando solo i nati liberi e rapiti a forza; costrinse
-i favoriti del tiranno a rendere parte del male acquistato,
-con cui pagò, oltre i pretoriani, i creditori dello
-Stato, le pensioni maturate e i danneggiati; abolì i
-pedaggi nocevoli al commercio, e decretò per dieci
-anni immune chi rimettesse a coltura le sodaglie d'Italia;
-professò non accetterebbe legati a danno di legittimi
-eredi; ai banditi per fellonia restituì patria e beni, castigò
-i delatori, e impedì si apponesse il nome suo sugli
-edifizj, dicendo: — Sono pubblici, non dell'imperatore».
-</p>
-
-<p>
-I buoni godeano di veder rivivere Trajano e Marco
-Aurelio: ma troppi erano quelli cui giovavano il disordine
-e il silenzio delle leggi; e i pretoriani, temendo
-riformata la disciplina, ribramavano Comodo. Ottantasette
-giorni appena dopo la sua elevazione, alcune centinaja
-di essi precipitaronsi traverso a Roma nel palazzo <span class="sidenote">(30 marzo)</span>,
-aperto dalle guardie e dagli infidi liberti. L'imperatore,
-vilmente abbandonato dai cortigiani, colla maestà della
-presenza e l'autorità della parola arrestò i furibondi,
-che già si ritiravano, quando un Gallo, o non avesse
-inteso il discorso, o fosse di passione più violenta, gli
-cacciò la spada nel corpo, dicendo: — Eccoti un dono
-de' tuoi soldati»; negli altri rinasce la sete di sangue;
-e l'imperatore, avvoltosi il capo nella toga, pregando
-il cielo a vendicarlo, spira sotto mille colpi, e per la
-sgomentata città è portato dai pretoriani.
-</p>
-
-<p>
-Così la forza militare sormontava il contrasto oppostole
-dall'impotente senato e dagli Stoici, e stabiliva il
-despotismo de' pretoriani in Roma, degli eserciti fuori.
-Lo rivelò una scena di beffa tremenda. Perocchè il
-popolo infuriato corse al campo de' pretoriani, assediandolo
-<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span>
-minaccioso: ma non avendo capi, non comparendo
-i consoli, non adunandosi il senato, la folla si
-disperse. I pretoriani non aveano ucciso Pertinace per
-alcun fine o per innalzare qualc'altro, ma non trovando
-raccolto il senato per eleggere un successore, pubblicarono
-che l'impero era in vendita, si darebbe al miglior
-offerente. Sulpiciano, suocero dell'imperatore,
-ch'era stato spedito da questo nel campo a chetare il
-tumulto, non aborrì di concorrere a un seggio stillante
-di tal sangue; altri competerono; finchè ne venne voce
-a Didio Giuliano, vecchio e ricco milanese, che or
-favorito or disgraziato dagli imperatori, avea traversato
-senza rumore le principali dignità, e adesso nel lusso e
-ne' bagordi consumava una delle più sfondolate fortune.
-Stava allora spensieratamente banchettando cogli amici,
-i quali lo animarono a concorrere, ed egli va al campo,
-comincia a dirvi, promette ripristinar le cose come
-sotto Comodo, e dalle cinquemila dramme offerte per
-soldato, sale a seimila ducencinquanta (4300 lire),
-pagabili all'atto.
-</p>
-
-<p>
-O Giugurta, Roma ha trovato il compratore!
-</p>
-
-<p>
-Didio, a piene voci acclamato, è fra' pretoriani condotto
-per le deserte vie di Roma, indi nel senato, che
-uditolo enumerare i proprj meriti e vantare la libertà
-della sua elezione, ossequiosamente si congratulò della
-pubblica felicità. Collo stesso corredo guerresco portato
-in palazzo, vide il trono di Pertinace e la frugal
-cena che s'era disposto: eppure imbandì con più splendore
-che mai, e consumò la notte in banchettare, trarre
-ai dadi, e ammirar Pilade ballerino.
-</p>
-
-<p>
-Ma il popolo non un applauso avea levato; anzi,
-qualvolta egli comparisse, gli avventavano ingiurie e
-sassi, indignati da quel turpissimo mercato; e provocavano
-a sempre nuove risse i pretoriani. Poi fra breve
-la folla si ammutina, ed avventatasi nel circo dove egli
-<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span>
-assisteva ai giuochi, gli rinnova le imprecazioni; ricorrendo
-anch'essa fatalmente alla forza armata come i
-tiranni, fa appello agli eserciti lontani perchè vengano
-a vendicare la prostituita maestà dell'impero. Quel
-grido d'angoscia trovò eco in tutto l'impero, e gli eserciti
-di Britannia, di Siria, dell'Illiria, comandati da Clodio
-Albino, Pescennio Nigro e Settimio Severo, disdissero
-l'indegno contratto, fosse orgoglio, o invidia dei
-soldati, od ambizione dei capi.
-</p>
-
-<p>
-Clodio Albino, nato nobilmente in Adrumeto d'Africa,
-avea scritto d'agricoltura, poi, abbandonato lo stilo per
-la spada, allora comandava l'esercito di Britannia. Mai
-non aveva perdonato; crocifisse centurioni per colpe
-da nulla; uggioso in casa e con tutti; in un pasto logorò
-cinquecento fichi, cento pesche, dieci poponi, cento
-beccafichi e quattrocento ostriche. Ricusata obbedienza
-a Didio, si sosteneva nella Britannia senza assumere il
-titolo d'augusto, anzi esortando a ripristinare la repubblica,
-e asserendo non si acconcerebbero le cose finchè
-il potere civile non prevalesse al militare, e al senato
-non fosser rese le antiche prerogative.
-</p>
-
-<p>
-Pescennio Nigro d'Aquino, di poca ricchezza e meno
-studio, ma ardito soldato e buon capitano, era salito
-ai primi gradi della milizia; mantenitore della disciplina,
-non tollerava che gli uffiziali maltrattassero i soldati,
-fece lapidare due tribuni per avere sottratto alcun
-che della paga, e appena a suppliche dell'esercito perdonò
-la testa a dieci che avevano rubato del pollame;
-non permetteva il vino in campo; viaggiava a piedi e
-scoperto la testa; voleva i suoi servi portassero fardelli
-onde non parere oziosi nelle marcie. Nel governo
-importante quanto lucroso della Siria, procacciossi
-amore colla fermezza non discompagnata da affabile
-compiacenza: onde appena s'udì assassinato Pertinace,
-tutti l'esortarono ad assumere l'impero, le legioni orientali
-<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span>
-si chiarirono per lui, per lui il paese dall'Etiopia
-all'Adriatico, e di là dal Tigri e dall'Eufrate gli vennero
-regie gratulazioni. Nella solennità dell'acclamazione
-proferendosi il consueto panegirico, Pescennio
-interruppe l'oratore che il paragonava a Mario, ad Annibale,
-a non so quali altri capitani, dicendo: — Narraci
-piuttosto quel che han fatto costoro d'imitabile.
-Lodare i vivi, e massime l'imperatore che può ricompensare
-e punire, è da adulatore. Vivo, desidero di
-piacere al popolo: morto, mi loderete». Virtù moderate,
-pregevoli nel secondo posto, non sufficienti al primo.
-Invece di difilarsi sopra l'Italia ov'era invocato, Pescennio
-si rallentò nella voluttuosa Antiochia, persuaso
-che la sua elezione non sarebbe nè contrastata, nè macchiata
-di sangue cittadino.
-</p>
-
-<p>
-Un emulo superiore sorgeva in Settimio Severo,
-di Lepti nell'Africa Tripolitana e di famiglia senatoria;
-sperto nell'eloquenza, nella filosofia, nelle arti
-liberali e nella giurisprudenza, sostenne magistrature
-e comandi; faticante di corpo e di mente, alieno dal
-fasto e dalla gola, violento e tenace nell'amore come
-nell'odio, provvido dell'avvenire e dei mezzi onde profittarne,
-disposto a sacrificare fama e onestà all'ambizione,
-incline all'ingordigia e più alla crudeltà. L'astrologia,
-passione de' suoi nazionali, lo aveva lusingato
-dell'impero; sposò una Giulia Domna sira, perchè gli
-astri aveano promesso a costei, diverrebbe moglie d'un
-sovrano; e sotto Comodo ebbe accusa d'avere interrogato
-indovini sul divenir imperatore.
-</p>
-
-<p>
-In Pannonia, udita la morte di Pertinace, raduna i
-soldati, svela il turpe mercato de' pretoriani, e gli incita
-a vendetta con un'orazione eloquente e colla più
-eloquente promessa di un donativo doppio di quel di
-Didio: poi colla prontezza richiesta dal caso scrive ad
-Albino promettendo adottarlo e chiamandolo cesare;
-<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span>
-non tentò Nigro, perchè sapeva nol potrebbe sedurre;
-e mosse senza riposo verso l'Italia, che con isgomento
-vide le legioni di Pannonia sbucare per Aquileja.
-</p>
-
-<p>
-Didio sgomentavasi; i pretoriani, buoni solo al tumulto,
-tremavano delle invitte legioni di Pannonia e
-d'un tal generale; e se dai teatri e dai bagni correvano
-alle armi, a pena sapeano maneggiarle; gli elefanti
-sbattevano dal collo gl'inesperti condottieri; la flotta di
-Miseno mal volteggiava; e il popolo rideva, il senato
-gongolava. Didio in tentenno, ora faceva pronunziare
-Severo nemico della patria, ora pensava associarselo
-all'impero, oggi gli spediva messi, domani assassini:
-ordinò che le Vestali e i collegi sacerdotali uscissero
-incontro alle legioni, ma ricusarono: armò i gladiatori
-di Capua, e con magiche cerimonie e col sangue di
-molti fanciulli<a class="tag" id="tag4" href="#note4">[4]</a> fece prova di sviare il nembo.
-</p>
-
-<p>
-Ma i soldati che custodivano l'Appennino disertarono
-a Severo; disertarono i pretoriani, appena esso
-gli assicurò da ogni castigo, purchè consegnassero gli
-assassini di Pertinace. Avvertito che questi erano presi,
-il senato decretò morte a Didio, il trono a Severo, a
-Pertinace onori divini. Illustri senatori furono deputati
-a Severo, sicarj a Didio, che piagnucolò <span class="sidenote">(2 giugno)</span> perchè gli lasciassero
-la vita: — Che male fec'io? ho mai tolto di
-vita alcuno?» Ma dovette ripagare col sangue i sessantaquattro
-giorni di regno che coll'oro avea comprati.
-</p>
-
-<p>
-Severo, che in quaranta giorni avea coll'esercito
-traversate le ottocento miglia che corrono da Vienna a
-Roma, conseguì l'impero senz'altro sangue. Uccisi gli
-assassini di Pertinace, rese a questo segnalate esequie,
-e diede lusinghe al popolo e al senato. Prima d'entrare
-in Roma raccolse i pretoriani in gran parata, e ricinto
-de' suoi guerrieri, salito in tribunale, li rimbrottò di
-<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span>
-perfidia e codardia, e privandoli del cavallo e delle
-insegne, li congedò come felloni, e li sbandì a cento
-miglia.
-</p>
-
-<p>
-In loro luogo ne elesse quattro tanti, cernendoli dai
-più prodi suoi, di qual fossero paese: onde a tutti i
-soldati fu aperta la speranza d'entrare fra' pretoriani.
-Questi cinquantamila uomini, fior degli eserciti, dovevano
-dalle legioni essere considerati come loro rappresentanti,
-e togliere le speranze d'una ribellione. Il prefetto
-del pretorio crebbe d'autorità, non solo restando
-capo dell'esercito, ma e delle finanze e delle leggi. Per
-gratitudine o per politica condiscendenza Severo concesse
-ai soldati l'anello d'oro, aumentò le paghe, e con
-ciò il lusso, la mollezza, l'indisciplina, mentre l'itala
-gioventù, sturbata da quel suo privilegio, si diede al
-ladro o al gladiatore.
-</p>
-
-<p>
-Ciò più tardi: per allora, con truppe valorose e devote
-egli mosse ad assicurarsi l'impero non da' Barbari,
-ma dai due emuli, pari d'armi, di forza, d'artifizio. Prevalendo
-di rapidità e d'accorgimenti, appo Isso e Nicea
-sconfisse Nigro, e quando il seppe ucciso dai soldati
-presso Cizico, aspre vendette esercitò sugli amici del
-vecchio e generoso amico suo; spense la famiglia di
-esso e i senatori che l'aveano servito da tribuni o generali,
-gli altri sbandì, e i beni al fisco; molti di grado
-inferiore mise a morte; condannò coi padri i figli degli
-uffiziali che avea tenuti ostaggi; alle città fautrici dell'emulo
-tolse i privilegi; quelli che, buono o mal grado,
-l'aveano servito di denaro, ne dovettero il quadruplo a
-lui; lamenti scoppiassero pur d'ogni parte, egli non vi
-ascoltava.
-</p>
-
-<p>
-Nel caldo della vittoria passa l'Eufrate, vince gli abitanti
-dell'Osroene e dell'Adiabene che, fra l'ultime discordie,
-avevano trucidato i Romani e scosso il giogo;
-penetra nell'Arabia che avea parteggiato con Nigro, fa
-<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span>
-guerra anche ai Parti, conquista una porzione della
-Mesopotamia che riduce a provincia, assedia ed espugna
-Bisanzio, principale baluardo contro i Barbari.
-</p>
-
-<p>
-Sapendo che Albino era caro al senato quant'egli
-odioso, Severo non osava romperla seco apertamente,
-e gli scriveva lettere lusinghiere, ma al tempo stesso
-mandava per assassinarlo. Scoperta la slealtà, Albino
-la proclamò, assunse il titolo d'imperatore, e tragittato
-nella Gallia, vi fece nodo di autorevoli persone. Severo
-allora sacrifica una fanciulla per cercare nelle viscere
-di essa l'esito della guerra<a class="tag" id="tag5" href="#note5">[5]</a>: presso Lione s'affrontano
-cencinquantamila Romani: dopo lunga e incerta
-battaglia fra eserciti di pari valore, Albino, piagato a
-morte, spira ai piedi di Severo <span class="sidenote">(197)</span>, che con barbara gioja
-il fa calpestare dal suo cavallo e lasciare ai cani sulla
-soglia della sua tenda.
-</p>
-
-<p>
-La sicurezza non sopì in lui il desiderio di vendetta.
-La moglie ed i figliuoli d'Albino, già perdonati, fe trucidare
-e gettar nel Rodano, come tutti i parenti e gli
-amici, coi beni de' quali arricchì i guerrieri suoi e se
-stesso. Mandando al senato la testa d'Albino, si lamentò
-con lettera beffarda del bene che i senatori gli aveano
-voluto, vantò il governo di Comodo, e — In questo
-teschio (soggiungeva) voi che l'amaste leggete gli effetti
-del mio risentimento». Giunto poi, sciorinò in senato
-vilipendj contro Albino, lesse lettere a quello dirette,
-encomiò le precauzioni di Silla, Mario ed Augusto,
-mentre Pompeo e Cesare erano periti per inopportuna
-clemenza. Conseguente alle parole, in pochi giorni
-quarantadue senatori, consolari o pretori immolò con
-altri assai alla vendetta, alla gelosia ed all'avarizia sua;
-fece deificare Comodo, uccidere Narcisso che l'aveva
-attossicato.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span>
-</p>
-
-<p>
-La disciplina era il suo scopo; la voleva come un
-generale d'esercito, dispoticamente; giusto coi piccoli
-per deprimere i grandi, valendosi de' giureconsulti per
-organizzare l'obbedienza, e associando la giurisperizia
-coll'assolutismo; i soldati viepiù voleva sottomessi,
-quantunque obbligato a condiscendere in parte ad essi
-perchè stromenti di sua elevazione e conservazione. Il
-popolo, contento di vederlo uccider ladri, masnadieri,
-prepotenti, prese a benvolergli; lo chiamava il Mario o
-il Silla punico, mentre gli Africani lo amavano qual
-vindice dell'antica Cartagine, il cui nome ricompariva
-sulle medaglie che la nuova batteva in riconoscenza
-de' vantaggi da lui decretatile.
-</p>
-
-<p>
-Mosso per nuove battaglie, da Brindisi fu nella Siria
-ed a Nisiba di Mesopotamia per respingere i Parti <span class="sidenote">(198)</span>:
-varcato l'Eufrate, prese Seleucia e Babilonia abbandonate,
-e la capitale Ctesifonte, dopo lungo contrasto e
-gravi malattie, causate da deficenza di cibo. A Roma è
-comandato esultare di questi trionfi, fra i quali esso
-dichiara augusti Caracalla e Geta suoi figliuoli. Riposato
-alquanto in Siria, visita l'Arabia e la Palestina, ove
-proscrive la religione ebrea o cristiana: vede i monumenti
-dell'Egitto, e raccolti dai tempj i libri di arcane
-dottrine, li chiude nella tomba d'Alessandro Magno,
-perchè nè quelli nè questa più fossero veduti.
-</p>
-
-<p>
-Fra ciò non dimentica di spigolare, come dice Tertulliano,
-i fautori di Nigro e d'Albino e chi gli desse
-ombra: poi abbandonasi tutto a Flavio Plauziano <span class="sidenote">(201)</span>, prefetto
-del pretorio, cui ne' domestici ragionari e in senato
-lodava più che Tiberio non facesse di Sejano. Senatori
-e soldati offrivano a costui statue, voti, sacrifizj, come
-all'imperatore, e giuravano per la fortuna di Plauziano;
-solo per lui arrivavasi all'imperatore e ai posti; ed egli
-abusava dell'autorità, fino a mandare a morte illustri
-personaggi senza tampoco informarne Severo: il quale,
-<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span>
-credendolo un sant'uomo, il cresceva d'onori, e ne
-faceva sposare la figlia Plautilla al suo Caracalla <span class="sidenote">(202)</span>. Costei
-portò una dote che sarebbe bastata, dice Dione, a cinquanta
-regine; e cento persone di nobili case, alcuni
-anche padri di famiglia, furono fatti eunuchi per servirla.
-Ma non sempre spirò quell'aura. Ingelosito di
-Plauziano, Severo comandò s'abbattessero le statue
-erettegli: vero è che alcuni governatori, interpretandolo
-per segno di disfavore, essendosi affrettati di fare altrettanto
-nelle provincie, furono tolti di posto o sbanditi,
-e Severo dichiarò che guaj a chi facesse affronto a
-Plauziano. Caracalla, nojato del fasto di Plautilla, prese
-tal odio a lei ed al suocero, che ne giurò la ruina; e
-nel regio appartamento avventatosegli <span class="sidenote">(204)</span>, lo fece quivi
-stesso trucidare, dopo, fui per dire, un regno di dieci
-anni. La figlia e i confederati di esso furono relegati o
-morti, dicendosi che macchinava assassinar l'imperatore.
-</p>
-
-<p>
-Eppure Severo rifiorì il paese; corresse gli abusi
-insinuati dopo Marc'Aurelio; il tesoro trovato esausto,
-lasciò riboccante, e grano bastevole per sette anni<a class="tag" id="tag6" href="#note6">[6]</a>,
-olio per cinque, avendo disposto onde alquanto distribuirne
-in perpetuo a ciascun cittadino. Alzò nuovi monumenti,
-e riparò i vecchi a Roma e nelle maggiori
-città, sicchè molte presero il nome di sue colonie; largheggiò
-col popolo e negli spettacoli; mantenne la pace
-interna.
-</p>
-
-<p>
-Contro i Caledonj sollevati e vincitori accorse nella
-Britannia <span class="sidenote">(208)</span>, traendo seco i due suoi figli per istrapparli
-dalle lascivie: e benchè gottoso e vecchio, inseguiva a
-foco e ferro i nemici ne' più fitti loro recessi, li costrinse
-alla pace, e per separare le conquiste nuove dal paese
-indipendente, tirò una mura sull'istmo tra il golfo di
-Forth (<i>Bodotria æstuarium</i>) e la foce della Clyde (<i>Glota</i>).
-<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span>
-Poco durarono in quiete i Caledonj, e saputo che Severo
-stava malato, irruppero, ond'egli mandò Caracalla che
-li guerreggiasse a sterminio. Costui, che già aveva
-tentato assassinare il padre in battaglia, ora a capo d'un
-esercito colorì gli empj disegni, inducendo soldati e
-tribuni a disdire obbedienza al vecchio infermo. Severo
-rimbrottò l'esercito, fece decollare i più rei, ma al
-figlio perdonò; e l'unico suo atto di clemenza nocque
-al mondo più che tutte le sue crudeltà.
-</p>
-
-<p>
-Desolato dall'infame condotta di Caracalla, a York
-(<i>Eboracum</i>) sentendosi morire, Severo fece leggere ai
-due figliuoli il discorso che Sallustio mette in bocca a
-Micipsa per esortare i suoi eredi alla concordia: raccomandò
-quella ch'è principale arte de' tiranni, conciliarsi
-i soldati colle liberalità, poco curandosi del resto:
-fece trasferire la Fortuna Aurea dalla sua nella camera
-di Caracalla, poi in quella di Geta, ed esclamò, — Fui
-tutto, e a nulla giova»<a class="tag" id="tag7" href="#note7">[7]</a>; chiesta l'urna preparata
-per le sue ceneri, soggiunse, — Tu racchiuderai quello
-a cui la terra fu piccola». Non reggendo agli spasimi,
-domandò veleno, e negatogli, mangiò tanto da soffocare <span class="sidenote">(211)</span>.
-</p>
-
-<p>
-Accostavasi ai sessantasei anni, e ne regnò diciassette
-e otto mesi. All'effigie cerea di lui, in Roma collocata
-sopra letto d'avorio e coltrici d'oro, per sette giorni
-fecero corteggio senatori in bruno e dame in bianco; i
-medici proseguivano regolari visite, annunziando i progressi
-del male, finchè il settimo pubblicarono la morte.
-Allora il feretro fu per la via Sacra portato a spalla di
-cavalieri nel fôro, accompagnato dai senatori e dalla
-gioventù che inneggiava l'estinto. Sul Campo Marzio
-erasi elevata splendida piramide di legno, contenente
-quattro camere sovrapposte e decrescenti: nella seconda
-fu collocato il simulacro, sparso d'aromi e di fiori;
-<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span>
-e poichè i cavalieri ebbero attorno gareggiato in corse
-di cavalli, vi fu messo fuoco, e di mezzo alle vampe
-un'aquila, sciogliendo il volo, simboleggiò l'anima di
-Severo salente agli Dei.
-</p>
-
-<p>
-Avea pubblicato leggi di grande, quantunque severa
-giustizia, cui dettava e faceva eseguire egli stesso come
-despoto; poichè avvezzo ai campi e sapendosi esoso al
-senato, sprezzò e conculcò questo simulacro di autorità
-intermedia fra l'imperatore e i sudditi. Così svellendo
-gli ultimi resti della repubblica, insinuò colla dottrina
-e colla pratica il sistema despotico, e agevolò gli abusi
-de' suoi successori e il tracollo dell'impero.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap44">CAPITOLO XLIV.
-<span class="smaller">I Trenta Tiranni. Diocleziano. Imperatori colleghi.
-Costituzione mutata.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Caracalla e Geta, uno di ventitre, l'altro di ventun
-anno, all'indolenza di chi nasce nella porpora aggiungevano
-mostruosi vizj ed un reciproco esecrarsi. Il
-padre adoprò consigli e rimproveri per mitigare quell'accannimento;
-s'ingegnò di uguagliarli in tutto, fin,
-cosa inusata, nel titolo d'augusto: ma Caracalla tenevasi
-oltraggiato di ciò, e del veder Geta conciliarsi il popolo
-e l'esercito.
-</p>
-
-<p>
-Appena Settimio Severo chiuse gli occhi, i due augusti
-abbandonarono le conquiste per giungere a chi
-primo in Roma; e proclamati entrambi dagli eserciti,
-ebbero eguale dominio indipendente. Già in via non
-aveano mangiato mai insieme, mai dormito sotto il
-medesimo tetto; in città si divisero il palazzo, ch'era
-<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span>
-più grande di tutta Roma<a class="tag" id="tag8" href="#note8">[8]</a>, fortificando la porzione
-dell'uno contro quella dell'altro, e postando sentinelle;
-nè mai s'incontravano che coll'ingiuria sul labbro, col
-pugno sull'elsa. Per ovviare l'imminente guerra fraterna,
-fu proposto di spartire l'impero; ma Caracalla tolse le
-difficoltà col trucidar Geta <span class="sidenote">(212 — 27 febb)</span> in grembo a Giulia loro
-madre.
-</p>
-
-<p>
-Fra rimorso e soddisfazione, quel mostro fugge al
-campo de' pretoriani, prostrasi agli Dei, e dicendosi
-scampato dalle insidie fraterne, protesta voler vivere e
-morire coi fedeli soldati. Questi prediligevano Geta, ma
-un donativo di mille settecento lire ciascuno sopì le
-mormorazioni. Caracalla non avea udito da suo padre, — Tienti
-amici i soldati, e basta?» Del senato non
-restavagli a temere; per dare un osso al popolo, lasciò
-deificar Geta, dicendo, — Sia divo, purchè non sia
-vivo»; e consacrò a Serapide la spada con cui l'avea
-trafitto.
-</p>
-
-<p>
-Ma le furie ultrici straziarono il fratricida, che tra le
-occupazioni, le adulazioni, le lascivie, vedevasi incontro
-i fantasmi del padre e del fratello. Per cancellare ogni
-memoria dell'estinto, ne abbattè le statue, e fuse le
-monete; a Giulia che lo piangeva, minacciò morte; la
-diede a Fadilla, ultima figlia di Marc'Aurelio; ventimila
-persone fe trucidare, come amici di esso. Ad Emilio
-Papiniano giureconsulto, già odioso a lui perchè Severo
-gli avea raccomandato l'amministrazione del regno e la
-concordia di sua famiglia, comandò di scrivere un'apologia
-del suo fratricidio, come Seneca avea fatto con
-Nerone; ma questi rispose: — È più facile commetterlo
-che giustificarlo», e con intrepida morte suggellò
-la fama acquistata colle opere e colle cariche.
-</p>
-
-<p>
-Fattosi al sangue, Caracalla ne agogna sempre di
-<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span>
-nuovo, e basta per colpa l'esser ricco o virtuoso. Girò
-le varie provincie <span class="sidenote">(213-16)</span>, massime le orientali, sfogando l'ingordigia
-di supplizj contro tutto il genere umano. Dovunque
-fosse, i senatori doveano preparargli e banchetti
-e sollazzi d'immenso costo, ch'egli poi abbandonava alle
-sue guardie; ergergli palazzi e teatri, che o nè guardava
-tampoco o comandava di demolire. Per acquistare popolarità,
-vestiva secondo il paese; in Macedonia, attestando
-ammirazione per Alessandro, ordinò un corpo
-del suo esercito a modo della falange, attribuendo agli
-uffiziali il nome di quelli dell'eroe; in Asia idolatrò
-Achille; dappertutto buffone e carnefice; nella Gallia fece
-uccidere sino i medici che l'aveano guarito; per una
-satira ordinò di sterminare gli Alessandrini, e dal tempio
-di Serapide dirigeva la strage di migliaja d'infelici,
-lutti, come egli scrisse al senato, colpevoli.
-</p>
-
-<p>
-Del resto nessuna cura nè degli affari nè della giustizia;
-a giullari, cocchieri, commedianti, gladiatori
-profondeva oro; a liberti, istrioni, eunuchi dava i primi
-posti: che importavano i lamenti del mondo intero?
-«Tienti amici i soldati, e basta». A costoro Caracalla
-largheggiò ancor più che suo padre, del quale poi non
-avea la fermezza per frenarli; settanta milioni di
-dramme all'anno distribuiva ad essi, oltre la paga
-aumentata; li lasciava poltrire ne' quartieri, e ne provocava
-la famigliarità, imitandone il vestire, i modi, i
-vizj. Dopo sprecato l'immenso tesoro di Severo, dovette
-fin battere moneta falsa, e a Giulia, che nel rimproverava,
-rispose impugnando la spada: — Finchè avrò
-questa, mai non me ne mancherà».
-</p>
-
-<p>
-Menò qualche guerra, ed essendosi i popoli della Germania
-sollevati di conserva, volendo o parte de' suoi
-tesori o guerra eterna, egli scelse il primo patto: non
-ricevette però gli ambasciatori, ma i soli interpreti, che
-subito fece ammazzare perchè non testimoniassero della
-<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span>
-sua vergogna. Assassinò il re dei Quadi; e chiamati i
-giovani della Rezia alle armi, li fece scannare. Avendo
-invitato Tiridate re dell'Armenia e dell'Osroene ad
-Antiochia, lo gittò in carcere, e l'Osroene ridusse a
-provincia; ma l'Armenia non potè. Senz'altra dichiarazione
-entrato sulle terre dei Parti, ne sterminò gli abitanti,
-fin collo sbandare bestie feroci: e sebbene non
-avesse visto nemico, si vantò vincitore dell'Oriente, e
-il senato gli aggiunse i titoli di Germanico, Getico e
-Partico, ed il trionfo. Elvio Pertinace, figlio dell'imperatore
-ucciso, disse che il soprannome di <i>Getico</i> gli
-conveniva, per allusione a Geta ucciso; e pagò il motto
-colla vita.
-</p>
-
-<p>
-La prefettura del pretorio, che allora comprendeva
-tutte le funzioni del dominio, era stata divisa; pel militare
-ad Avvento, pel civile a Marco Opilio Macrino
-avvocato di Cesarea in Mauritania. Un africano indovino
-predisse a quest'ultimo l'impero: del che fu mandato
-avviso a Caracalla mentre in Edessa guidava un cocchio,
-ed egli consegnò il dispaccio a Macrino stesso. Questi
-vide inevitabile il morire o dar morte; onde comprò
-il centurione Marziale, che trafisse Caracalla intanto
-che pellegrinava al tempio della Luna a Carre <span class="sidenote">(217 — 8 aprile)</span>.
-</p>
-
-<p>
-Giulia Domna sua madre, che Severo avea sposata
-perchè le stelle prediceanle regio marito, oltre bella,
-era di vivace immaginativa, di fermo animo, di squisito
-giudizio, insegnata nelle arti e nelle lettere, e protettrice
-degli uomini d'ingegno, le cui lodi però non
-sopirono certi scandali. Sull'austero e geloso marito
-mai non avea preso ascendente, ma sotto il figlio amministrò
-con prudenza e moderazione; poi, per non
-sopravivere alla dignità, lasciossi morir di fame.
-</p>
-
-<p>
-Questo mostro si rese memorabile coll'avere dichiarato
-cittadini romani tutti i sudditi, non per generosità,
-ma per sottoporre anche i provinciali alla ventesima
-<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span>
-delle eredità, che pagavasi dai soli cittadini<a class="tag" id="tag9" href="#note9">[9]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Tre giorni vacò l'impero del mondo: al quarto, i
-pretoriani non trovando a chi darlo, acclamarono
-Macrino, che se ne mostrava alieno ed accorato dell'uccisione
-di Caracalla, e che subito sparse doni, promesse,
-amnistia. Il senato, fin allora esitante, prodigò
-imprecazioni al morto, a Macrino più onori che a verun
-altro mai, cesare il figlio suo, augusta la moglie; e il
-supplicò di punire i ministri di Caracalla e sterminare
-i delatori. Macrino gli permise d'esigliare e senatori e
-alcuni cittadini, crocifiggere gli schiavi o liberti accusatori
-de' padroni; poi all'esercito consentì la deificazione
-di Caracalla, che il sempre docile senato approvò.
-</p>
-
-<p>
-Tentando riparare i disordini, annullò gli editti repugnanti
-alle leggi di Roma; punì col fuoco gli adulteri,
-chiunque fossero; gli schiavi fuggiaschi obbligava
-a combattere coi gladiatori; talvolta i rei lasciava
-morir di fame; condannava nel capo i delatori che non
-provassero l'accusa; se la provassero, lasciava loro
-l'ordinaria ricompensa d'un quarto dei beni dell'accusato,
-ma li dichiarava infami; i cospiranti contro la sua
-persona ora punì, ora perdonò. Questo rigore, e il
-surrogare talvolta nelle cariche a persone illustri gente
-sprovvista di nobiltà e di merito, eccitò scontenti; trovossi
-indecoroso il vedere in trono uno che nè tampoco
-era senatore, nè con veruna qualità ricattava la bassezza
-dei natali.
-</p>
-
-<p>
-Giustizia o paura, l'imperatore rimandò i prigionieri
-rapiti da Caracalla: ma Artabano IV re dei Parti, che
-<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span>
-faceva armi per vendicare il costui affronto, pretese
-riedificassero le terre da Caracalla diroccate, restituissero
-la Mesopotamia, e un'ammenda per le sepolture
-dei re Parti oltraggiate; e non ottenendolo, assalì i
-Romani presso Nisiba, li ruppe, nè concedette pace che
-al prezzo di cinquanta milioni di dramme. Gli Armeni
-furono mitigati col rimettere Tiridate in trono.
-</p>
-
-<p>
-Causa principale delle rotte era l'indisciplina degli
-eserciti; onde Macrino, ingegnandosi di ristabilirla, dai
-molti quartieri delle città li trasferì alla campagna, vietando
-anzi d'accostarsi a quelle, e puniva irremissibilmente
-ogni lieve fallo: volle anche attenuare la paga
-ai soldati, che allora levarono il grido, rinfacciandogli
-l'oziare suo suntuoso in Antiochia, e l'ipocrisia onde
-avea finto piangere l'assassinio di Caracalla, opera sua.
-</p>
-
-<p>
-Soffiava nel fuoco Giulia Mesa, sorella di Giulia
-Domna, scaltra come donna, e come uomo coraggiosa,
-alla quale Macrino avea lasciato le molte ricchezze,
-relegandola però ad Emesa in Fenicia, coi nipoti Vario
-Avito Bassiano di tredici e Alessandro Severo di nove
-anni, nati quello da Giulia Soemi, questo da Giulia
-Mammea sue figliuole. Il primo, detto Elagabalo dal
-nome del dio Sole di cui essa l'avea fatto sacerdote,
-dai soldati del non lontano campo di Macrino si fece
-ben volere per dolcezza e affabilità, tanto più dopo che
-Mesa sparse fosse generato da Caracalla, e puntellò tal
-opinione con larghi donativi; indotti dai quali, il proclamarono
-imperatore col nome di Marc'Aurelio Antonino
-Elagabalo <span class="sidenote">(218)</span>. Ulpio Giuliano prefetto del pretorio,
-spedito contro di esso, fu trucidato: Macrino, in tentenno
-fra il rigore e l'indulgenza, alfine lo dichiarò
-nemico della patria, proclamò augusto il proprio figlio
-Marco Opilio Diadumeno, e promise a' soldati cinquemila
-dramme, al popolo cencinquanta per testa. Non
-ostante ciò, i soldati si chiarirono pel giovinetto; trucidavano
-<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span>
-gli uffiziali per succeder loro nei beni e nel
-grado com'era promesso; poi in battaglia sui confini
-della Siria e della Fenicia, Macrino con intempestiva
-fuga decise della giornata. Côlto presso Archelaide in
-Cappadocia, mentre era condotto all'emulo, avendo
-inteso che il bilustre figliuolo Diadumeno era stato
-pubblicamente decollato, si precipitò dal carro, e le
-guardie ne finirono i dolori e la vita. I pochi che resistettero,
-perirono: in venti giorni cominciata e finita
-la rivoluzione.
-</p>
-
-<p>
-Elagabalo molti mesi consumò in frivolo viaggio e
-pomposo dalla Siria in Italia, ove intanto spedì le solite
-promesse, e il proprio ritratto in abiti sacerdotali di
-seta e d'oro, ondeggianti all'orientale, sul capo la tiara,
-monili e collane e gemme per tutto, le ciglia tinte in
-nero, le gote in rosso; talchè Roma dovette accorgersi
-che, dopo la militare brutalità, le sovrastava il molle
-despotismo orientale.
-</p>
-
-<p>
-E veramente il sacerdote del Sole sorpassò in empietà,
-prodigalità, impudicizia e barbarie i mostri che
-l'avevano preceduto. Fra le sei mogli che in quattro
-anni condusse e che ripudiò od uccise, contò anche
-una Vestale, colpa inaudita. Non d'altro che di stoffe
-d'oro coprivansi i suoi appartamenti: nudo guidava il
-cocchio tempestato di gemme, cui aggiogava donne
-seminude, e per giungere a quello non dovea calcare
-che polvere d'oro: d'oro i vasi a qualunque uso, e la
-notte distribuiva ai convitati quelli usati il giorno: le
-vesti, de' drappi più fini, nè mai portò due volte la
-stessa, mai due volte un anello. Le peschiere empì
-d'acqua di rose, di vino il canale de' conflitti navali: un
-indistinto di fiori ricreava le camere, le gallerie, i letti
-suoi: imbandiva pranzi di sole lingue di pavoni e rossignuoli,
-d'ova di rombi, cervella di papagalli e fagiani,
-talloni di camelli, mamme di cigni: non assaggiava
-<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span>
-pesci se non quando si trovasse lontanissimo dal mare,
-ed allora ne distribuiva al vulgo quantità de' più fini e
-più costosi al trasporto: nutriva i cani con fegato di
-paperi, i cavalli con uva, le fiere con fagiani e pernici.
-Chi inventasse qualche pruriginoso manicaretto, n'avea
-premio; ma se non incontrasse il gusto dell'imperatore,
-era condannato a non mangiar altro che di quello,
-finchè non ne scoprisse uno più avventurato. Servivansi
-inoltre a quelle mense piselli misti con grani d'oro,
-lenti con pietre di fulmine, fave con ambra, riso con
-perle; mescevasi mastice al vin di rosa, spolveravansi
-d'ambra i tartufi e i pesci. D'argento erano le tavole,
-e i vasi in forme impudiche; di nardo alimentavansi le
-lampade; rose e giacinti piovevano sui convitati, alcuna
-volta in tal quantità da soffocarli, per divertimento
-dell'imperatore.
-</p>
-
-<p>
-A infamie le più sozze, di cui il suo palazzo fu un
-ridotto, invitava gli amici, che chiamava commilitoni
-per l'indegno consorzio; e le salaci prodezze guadagnavano
-agli amasj suoi le prime cariche dell'impero.
-Repente cacciò tutte le meretrici, e vi surrogò garzoni,
-e si fece sposare da un uffiziale e da uno schiavo, consumando
-le bestiali nozze al cospetto del mondo. Amò
-tanto il servo Ganni, che pensò sposargli sua madre e
-farlo cesare; ma avendolo questi esortato a maggior
-decenza, lo trucidò: altri assai mandò a morte nella
-Siria e altrove, come disapprovassero la sua condotta.
-Quando apparve la prima volta nella curia, volle sua
-madre fosse annoverata fra i padri coscritti, con voce
-al par di loro; anzi istituì, sotto la presidenza di lei,
-un senato di donne, che risolvessero sugli abiti dei
-Romani, i gradi, le visite, e siffatte importanze.
-</p>
-
-<p>
-Pazzo pel dio al quale doveva il nome e il trono, e
-che era adorato sotto forma d'un cono di pietra nera,
-gli alzò tempio magnifico sul Palatino, con riti forestieri;
-<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span>
-Giove e gli altri Dei gli fossero servi; anzi a
-nessun altro che a quello si prestasse adorazione. Profanati
-adunque e spogli i tempj, al suo furono recati il
-fuoco eterno di Vesta, la statua della Gran Madre, gli
-scudi Ancili, il Palladio; e da Cartagine trasferita la
-dea Astarte con tutti gli ornamenti, la sposò al dio suo
-con nozze sfarzose. Pel culto di quello, non che astenersi
-egli medesimo dalla carne di porco e farsi circoncidere,
-sagrificava fanciulli, rapiti ad illustri famiglie. Menando
-in processione la rozza pietra s'un carro a sei bianchi
-cavalli, fece spolverar d'oro la via; egli, tenendo le
-briglie, camminava a ritroso per non torcere gli occhi
-dalla prediletta divinità. Nei sacrifizj suoi vini squisiti,
-rarissime vittime, preziosi aromi si consumavano, e tra
-le lascive danze che sirie fanciulle menavano al suono
-di barbarici stromenti, i più gravi personaggi di toga
-e di spada adempivano ridicole ed abjette funzioni.
-</p>
-
-<p>
-Mesa faceva inutile prova di frenare quel forsennato:
-e prevedendo che i Romani, ossia i soldati, nol soffrirebbero
-a lungo, lo indusse <span class="sidenote">(221)</span> a adottare il cugino Alessandro
-Severo, acciò, diceva, gli affari nol distraessero
-dalle divine sue cure. Elagabalo, come vide costui non
-pigliar parte alle sue dissolutezze, e rendersi caro al
-popolo e al senato, tentò ucciderlo: ma i pretoriani si
-sollevarono, e uccidevano l'imperatore se a lacrime non
-avesse impetrato gli lasciassero la vita e lo sposo; onde
-sfogarono la loro indignazione sugli altri compagni di
-sue dissolutezze. Quando l'anno vegnente attentò ancora
-alla vita d'Alessandro, i pretoriani di nuovo tumultuarono,
-e avendo Elagabalo dovuto portarlo nel loro
-campo, a quello profusero applausi, a lui insulti. Irritato,
-comanda la morte di alcuni, ma i loro compagni li
-strappano al carnefice; si fa baruffa; Elagabalo si
-nasconde nelle fogne, ed ivi scoperto è ucciso <span class="sidenote">(222)</span>. Avea
-diciott'anni!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span>
-</p>
-
-<p>
-Alessandro Severo di quattordici fu gridato imperatore,
-augusto, padre della patria, grande, prima di pur
-conoscerlo<a class="tag" id="tag10" href="#note10">[10]</a>. Egli, dolce e modesto, lasciossi regolare
-<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span>
-dalla madre Mammea<a class="tag" id="tag11" href="#note11">[11]</a>, la quale gli pose attorno un
-consiglio di sedici senatori, e a loro capo il celebre
-<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span>
-Domizio Ulpiano, affinchè risarcissero lo scompiglio
-del governo e delle finanze, rimovessero i tanti indegni
-impiegati, e formassero il giovane imperatore.
-</p>
-
-<p>
-Rispettoso ad essa e ad Ulpiano, aborrente dagli
-adulatori, Alessandro amò la virtù, l'istruzione, il lavoro.
-Sorto coll'alba, dopo le devozioni nella domestica cappella,
-adorna delle immagini d'eroi benefici, dava opera
-agli affari nel consiglio di Stato e alle cause private,
-donde ricreavasi coll'amena lettura e collo studiare
-poesia, filosofia, storia, massime in Virgilio, Orazio,
-Platone e Tullio, senza trascurare gli esercizj del corpo.
-Rimessosi poi agli affari, dava spaccio a lettere e memoriali,
-fin alla cena, frugalmente imbandita per pochi
-amici, dotti e virtuosi, la cui conversazione o la lettura
-gli tenesser luogo de' ballerini e de' gladiatori, condimento
-ai banchetti romani. Vestiva positivo, parlava
-cortese, a tutti dava udienza in certe ore, e un banditore
-ripeteva quella formola de' misteri eleusini: — Qua
-non entri chi non ha animo castigato ed innocente».
-Avea scritto sulle porte del palazzo: — Fate altrui quel
-che a voi vorreste fatto». Di Cristiani avea piena la
-Corte, e v'è chi dice adorasse in secreto Cristo ed
-Abramo, e pensasse ergere tempj al vero Dio, se gli
-oracoli non avessero riflettuto che ridurrebbe con ciò
-deserti que' degli altri. Come vedeva usato dai Cristiani
-nella scelta de' sacerdoti, pubblicava il nome de' governatori
-che eleggeva alle provincie, invitando chi
-avesse alcun che da opporre. Moderato il lusso, diminuì
-il prezzo delle derrate e l'interesse del denaro, non
-lasciando al popolo mancare nè largizioni nè divertimenti.
-I governatori, persuasi che l'amore de' governati
-<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span>
-fosse il solo modo di piacergli, tornavano in lena le
-provincie; e così ricreavasi l'impero da quarant'anni
-di diversa tirannia.
-</p>
-
-<p>
-Restavano, pessima piaga, i soldati, indocili d'ogni
-freno. Alessandro gli amicò coi donativi e con alleviarli
-da qualche peso, come dal portar nelle marcie la provvigione
-per diciassette giorni; ne diresse il lusso sui
-cavalli e sulle armi; alle loro fatiche sottoponevasi egli
-stesso, li visitava malati, non lasciava alcun servizio
-senza memoria o compenso, e diceva premergli più il
-conservar loro che se stesso, in quelli consistendo la
-pubblica salvezza.
-</p>
-
-<p>
-Ma val rimedio a male incancrenito? Ai pretoriani
-venne a noja la virtù del loro creato, e tacciavano
-Ulpiano loro prefetto di consigliarlo alla severità; onde
-infuriati corsero Roma per tre giorni come città nemica,
-ficcando anche il fuoco, sinchè ebbero Ulpiano,
-che trucidarono sugli occhi stessi dell'imperatore <span class="sidenote">(230)</span>, indarno
-buono. Egual fine minacciavano a qualunque
-ministro fedele; nè Dione storico campò, che con celarsi
-nelle sue ville di Campania. Le legioni imitarono
-il tristo esempio, e da ogni banda rivolte e uccisioni
-d'uffiziali attestavano che nulla più giovava la bontà in
-tanta sfrenatezza.
-</p>
-
-<p>
-Al tempo suo <span class="sidenote">(223-26)</span> una grande rivoluzione ristorò l'impero
-di Persia, e Ardescir-Babegan o Artaserse, figlio di
-Sassan, re dei re, all'unità dell'amministrazione e del
-culto del fuoco secondo la dottrina di Zoroastro ridusse
-quanto paese giace tra l'Eufrate, il Tigri, l'Arasse, l'Oxo,
-l'Indo, il Caspio e il golfo Persico. Erano nuovi tremendi
-nemici all'impero romano; giacchè Ardescir disegnò
-ricuperare quanto avea posseduto Ciro; e senza riguardo
-ad Alessandro Severo, passò l'Eufrate <span class="sidenote">(232)</span>, sottomise molte
-provincie contigue, ed all'imperatore che s'avvicinava
-coll'esercito mandò quattrocento uomini, i più atanti di
-<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span>
-loro persone, i quali dicessero: — Il re dei re manda
-ordine ai Romani e al loro capo; sgombrino la Siria
-e l'Asia Minore, e restituiscano ai Persiani i paesi di
-qua dell'Egeo e del Ponto, posseduti dai loro avi».
-</p>
-
-<p>
-Alessandro s'irritò a quella tracotanza, e tolti ai messi
-gli ornamenti, li relegò nella Frigia; la Mesopotamia
-senza battaglia ricuperò; e sconfisse Ardescir <span class="sidenote">(233)</span>, che contava
-cenventimila cavalli, diecimila soldati pesanti, mille
-ottocento carri da guerra, e settecento elefanti. Alessandro
-divise il suo esercito in tre corpi, che per diversi
-lati invadessero la Partia; e la concordia del ben disposto
-attacco avrebbe potuto fiaccare i Persi, se l'esercito
-romano non avesse ricusato le fatiche e trucidato
-gli uffiziali. Reduce a Roma <span class="sidenote">(234)</span>, e vantate le sue imprese
-in senato, Alessandro trionfò condotto da quattro elefanti,
-ed ebbe il soprannome di Partico e di Persico:
-ma poco stante Ardescir ripigliò quanto i Romani
-aveano acquistato, e in quindici anni di regno consolidò
-la sua potenza minacciosa alla romana.
-</p>
-
-<p>
-Alessandro disponevasi a rinnovare le ostilità, da cui
-lo distrassero i Germani. Accorso al Reno, ne li respinse <span class="sidenote">(235)</span>;
-ma l'arrestò lo scompiglio de' suoi eserciti, intolleranti
-delle fatiche, della disciplina e del rigore ond'egli puniva
-qualunque oltraggio recassero nelle marcie, lungo
-le quali faceva ripetere dagli araldi quel suo — Fate
-come volete che a voi si faccia».
-</p>
-
-<p>
-Quando Alessandro, reduce d'Oriente, festeggiò nella
-Tracia con giuochi militari il natogli Geta, si presentò
-un garzone balioso, in barbara lingua implorando
-l'onore di concorrere alla lotta. La sua corporatura
-dava grand'indizio di vigoria; laonde, affinchè non
-avesse, egli barbaro, a trionfare d'un soldato romano,
-furongli opposti i più forzosi schiavi del campo: ma
-un dopo l'altro, sedici ne abbattè. Compensato con
-regalucci ed arrolato nelle truppe, al domani le divertì
-<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span>
-con saltabellare a modo del suo paese: e vedendo che
-Severo gli avea posto mente, tenne dietro al cavallo di
-lui in una lunga corsa, senz'ombra di stanchezza; al
-fine della quale avendogli l'imperatore esibito di lottare,
-accettò e vinse sette robusti soldati. Alessandro il regalò
-d'una collana d'oro, e lo scrisse fra le guardie del suo
-corpo con paga doppia, l'ordinaria non bastando al
-suo mantenimento.
-</p>
-
-<p>
-Costui chiamavasi Massimino, di padre goto, di madre
-alana: alto otto piedi, trascinava un carro cui non bastava
-un par di bovi, sradicava alberi, fiaccava la tibia
-di un cavallo con un calcio, spiaccicava ciottoli fra le
-mani, mangiava quaranta libbre di carne, bevea ventiquattro
-pinte di vino al giorno, quando non eccedesse.
-Nel trattare cogli uomini vide la necessità di frenare la
-natìa fierezza; e sotto i succedentisi imperadori si conservò
-in grado: Alessandro il costituì tribuno della
-quarta legione; indi, per la disciplina che serbava, lo
-promosse al primo comando, lo ascrisse al senato, e
-pensava dare sua sorella a Giulio Vero figlio di lui,
-bello, robusto e coraggioso quanto superbo.
-</p>
-
-<p>
-Tanti benefizj, non che ammansassero Massimino,
-l'invogliarono a tutto osare quando tutto potea la forza;
-spargeva cronache e risa su questo imperator siro,
-tutto senato, tutto mamma; e formatasi una fazione, lo
-assalì presso Magonza <span class="sidenote">(235)</span>, e lo trucidò con Mammea, di
-soli ventisei anni. I soldati uccisero gli assassini, eccetto
-il capo: popolo e senatori piansero Alessandro quanto
-meritava, e con annua festa ne commemoravano il
-natale. Massimino, gridato imperatore, si associò il figlio,
-cui i soldati baciarono le mani, le ginocchia, i piedi; il
-senato confermò quel che non poteva disfare; e tosto
-cominciarono le vendette e le crudeltà. Come chi da
-infima perviene ad alta fortuna, Massimino temeva il
-dispregio e i confronti; quindi la nascita illustre o il
-<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span>
-merito erano colpa agli occhi suoi, colpa l'averlo vilipeso,
-colpa l'averlo sovvenuto nella sua povertà. Un
-sospetto bastava perchè governatori, generali, consolari
-fossero incatenati sui carri e portati all'imperatore, che,
-non sazio della confisca e della morte, li faceva o
-esporre alle fiere entro pelli fresche di bestie, o battere
-sinchè avessero fil di vita. Nè i Cristiani cansarono la
-sua ferocia <span class="sidenote">(236)</span>.
-</p>
-
-<p>
-A pari con questa andava in lui l'ingordigia; e incamerò
-le rendite indipendenti che ciascuna città amministrava
-per le pubbliche distribuzioni e per sollazzi,
-spogliò i tempj, e le statue di numi e d'eroi volse in
-moneta. Dappertutto fu indignazione, in qualche luogo
-tumulto. Nell'Africa, alcuni giovani ricchissimi, spogliati
-d'ogni ben loro dal procuratore ingordo, armano
-schiavi e contadini, trucidano il magistrato, e gridano imperatore
-Marc'Antonio Gordiano <span class="sidenote">(237)</span> proconsole di quella
-provincia.
-</p>
-
-<p>
-Questo ricco e benefico senatore, discendente dai
-Gracchi e da Trajano, occupava in Roma il palazzo di
-Pompeo, adorno di trofei e pitture: aveva sulla via di
-Preneste una villa di magnifica estensione, con tre sale
-lunghe cento piedi, e un portico sorretto da ducento
-colonne de' quattro più stimati marmi: nei giuochi dati
-al popolo, non esibiva mai meno di cencinquanta coppie
-di gladiatori, talora cinquecento: un giorno fece uccidervi
-cento cavalli siciliani ed altrettanti cappadoci, e
-mille orsi, a non dire le fiere minori: e siffatti giuochi,
-essendo edile, rinnovò ogni mese; fatto console, gli
-estese alle principali città d'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Qui tutta la sua ambizione; placido del resto da non
-eccitare la gelosia de' tiranni, attendeva alle lettere e
-cantò in trenta libri le virtù degli Antonini. Toccava gli
-ottant'anni quando gli sopragiunse codesta sventura
-dell'impero; e poichè preci e lacrime adoprò invano a
-<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span>
-stornarla, vedendo non camperebbe altrimenti o dai
-soldati o da Massimino, accettò e pose sede in Cartagine.
-Imperatore con esso fu dichiarato suo figlio Gordiano,
-il quale avea raccolto ventidue concubine e sessantaduemila
-volumi: da ciascuna delle prime ebbe tre
-o quattro figliuoli; degli altri si valse per fare egli
-stesso libri, di cui qualcuno ci rimane.
-</p>
-
-<p>
-Dando contezza al senato della loro elezione, i nuovi
-imperatori protestavano deporrebbero la porpora se
-così a quello piacesse; dei decreti ordinavano la pubblicazione
-soltanto qualora il senato vi acconsentisse;
-richiamavano gli esuli, promettevano generosamente ai
-soldati e al popolo, invitavano gli amici a sottrarsi dal
-tiranno. La risolutezza del console vinse l'esitanza del
-senato, che dichiarò nemici i Massimini e chi con loro,
-e ricompense a chi gli uccidesse; e per tutta Italia si
-diffuse la rivolta, contaminata di troppo sangue. Il senato
-avvilito a quel modo sotto il villano goto, ripigliava
-allora spiriti e dignità, disponeva la difesa e la
-guerra, per deputati invitava i governatori in ajuto
-della patria. Dappertutto erano i ben accolti; ma Capeliano,
-governatore della Mauritania e privato nemico
-de' Gordiani, fatto massa, aggrediva i nuovi imperatori <span class="sidenote">(238)</span>
-in Cartagine. Il figlio periva combattendo; il padre
-all'annunzio si strangolava, regnato appena sei settimane:
-Cartagine fu presa, e torrenti di sangue saziarono
-la vendetta di Massimino.
-</p>
-
-<p>
-Il quale, all'udire le prime nuove, infuriando a modo
-di bestia, voltolavasi per terra, dava del capo nelle
-muraglie, trafisse quanti gli erano intorno, finchè a
-viva forza gli si strappò la spada, poi mosse verso
-Italia. Proclamava intera perdonanza: ma chi si sarebbe
-fidato? Il senato, spinto dalla disperazione ad un coraggio
-che la ragione rinnegava, proclamò imperatori
-due vecchi senatori, Massimo Pupieno e Claudio Balbino,
-<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span>
-uno che dirigesse la guerra, l'altro che regolasse la
-città. Il primo, figlio di un carpentiere, rozzo ma valoroso
-ed assennato, era salito di grado in grado fino ai
-sommi e alla prefettura di Roma. Le sue vittorie contro
-Sarmati e Germani, e il tenore austero di sua vita, non
-disgiunta da umanità, il faceano riverito dal popolo;
-come amato n'era Balbino, oratore e poeta di nome,
-integro governatore di molte provincie, ricco sfondolato
-e liberale, amico de' piaceri senza eccesso.
-</p>
-
-<p>
-Appena costoro in Campidoglio compivano i primi
-sagrifizj, il popolo tumultua, vuol fare esso pure una
-elezione, e che ai due s'aggiunga un nipote di Gordiano,
-fanciullo di dodici anni, anch'esso Gordiano di nome.
-Quelli accettarono il cesare, e rabbonacciato il tumulto,
-pensarono a consolidarsi.
-</p>
-
-<p>
-Massimino, a capo dell'esercito col quale avea più
-volte vinto i Germani e meditato stendere l'impero fino
-al mar settentrionale, movea sbuffando sopra l'Italia,
-che mai non avea vista dopo imperatore; e sceso dall'AIpi
-Giulie, trovava il paese deserto, consumate le
-provvigioni, rotti i ponti, volendo così il senato logorarne
-le forze sotto i castelli nel miglior modo muniti. Prima
-Aquileja gli abbarrò la marcia con risoluto coraggio,
-fidata nel dio Beleno, che credeva combattesse sulle sue
-mura. Se però Massimino si fosse lasciata alle spalle
-quella città, difilandosi sopra Roma, che cosa avrebbe
-potuto opporgli Pupieno, proceduto sin a Ravenna per
-tenergli testa? E che valevano i politici accorgimenti
-di Balbino contro gl'interni tumulti? Ma le truppe di
-Massimino, trovando il paese desolato e un'inattesa
-resistenza, s'ammutinarono; e un corpo di pretoriani,
-tremando per le mogli ed i figli loro rimasti nel campo
-d'Alba, trucidarono il tiranno col figlio e co' suoi più
-fidati.
-</p>
-
-<p>
-Aquileja spalanca le porte, assediati e assediatori
-<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span>
-abbracciansi nella esultanza della ricuperata libertà, e
-in Ravenna, in Roma, per tutto la gioja, i mirallegro,
-i ringraziamenti agli Dei sono in proporzione del terrore
-eccitato dagli uccisi e dalla fiducia nei nuovi.
-Questi abolirono o temperarono le tasse imposte da
-Massimino, rimisero la disciplina, pubblicarono leggi
-opportune col consiglio del senato, e cercarono rimarginare
-le ferite sanguinose. Pupieno chiedeva a Balbino: — Qual
-premio aspettarci per aver liberato Roma da
-un mostro? — L'amore del senato, del popolo e di
-tutti», rispose Balbino; ma l'altro più veggente: — Sarà
-piuttosto l'odio dei soldati e la loro vendetta».
-</p>
-
-<p>
-E indovinò. Ancor durante la guerra, popolo e pretoriani
-si erano in Roma levati a stormo, inondate le
-vie di sangue, gittato il fuoco ne' magazzini e nelle
-botteghe. Il tumulto fu sopito, non estinto, talchè i
-senatori andavano muniti di pugnali, i pretoriani adocchiavano
-l'occasione di vendicarsi; tutti al pari beffandosi
-dei deboli argini che gl'imperatori mettevano al
-torrente delle fazioni. Crebbe il fermento allorchè i
-pretoriani si trovarono riuniti in Roma; e fremendo che
-agl'imperatori da essi eletti fossero surrogate queste
-creature del senato, e che si pretendesse rimettere le
-leggi e la disciplina, trucidano gl'imperatori, e recano
-al campo il giovine Gordiano III, proclamandolo unico
-padrone <span class="sidenote">(238)</span>.
-</p>
-
-<p>
-Quel fanciullo pareva nato fatto per riconciliare i
-rissosi: egli bello, egli soave, egli rampollo di due
-imperatori, morti prima di divenire malvagi; egli detto
-figliuolo dal senato, come dai soldati; egli dalla plebe
-amato più che qualunque suo predecessore. Misiteo,
-suo maestro di retorica poi suocero e prefetto al pretorio,
-dato lo sfratto a' ribaldi confidenti del giovine
-imperatore, meritò la fiducia coll'onestà e colla valentìa.
-Ma poco appresso morì; e il comando de' pretoriani fu
-<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span>
-commesso a Marco Giulio Filippo, che, non contento di
-quel posto, brigò fra i soldati tanto, che obbligò Gordiano
-ad assumerlo compagno nel dominio <span class="sidenote">(244)</span>, poi lo depose,
-infine lo trucidò a Zait mentre guerreggiava il
-re sassanide Sciapur o Sapore, figlio di Ardescir.
-</p>
-
-<p>
-Filippo era nato a Bosra nell'Idumea, da un capo
-di carovane arabe, e v'è chi lo dice cristiano, sebbene
-le opere nol mostrino. Acconciatosi con Sàpore, tornò
-in Antiochia <span class="sidenote">(243)</span>, dove volendo assistere alla solennità della
-Pasqua, il vescovo Babila lo dichiarò indegno, finchè
-non subisse la penitenza. Giunto a Roma, si conciliò il
-popolo colla dolcezza, e celebrò il millenario della città <span class="sidenote">(247)</span>
-con giuochi ove combatterono trentadue elefanti, dieci
-orsi, sessanta leoni, un caval marino, un rinoceronte,
-dieci leoni bianchi, dieci asini, quaranta cavalli selvaggi,
-dieci giraffe, oltre belve minori e duemila
-gladiatori. Sanguinosi dovean essere i giubilei della
-eroica città.
-</p>
-
-<p>
-Ma d'ogni parte rampollavano nuovi imperatori, il
-più fortunato de' quali fu Gneo Messio Decio di Sirmio,
-governatore della Mesia; marciando contro del quale
-Filippo fu trucidato a Verona <span class="sidenote">(249)</span> per mano dello stesso
-Decio, dopo cinque anni d'impero.
-</p>
-
-<p>
-Aveva egli lasciato progredire la religione cristiana,
-contro della quale invece Decio bandì severissimi editti <span class="sidenote">(250)</span>:
-e chi ne faceva professione, era sturbato dalle case e
-dai beni, e tratto al supplizio. Rinnovaronsi allora gli
-orrori delle proscrizioni; fratelli tradirono i fratelli,
-figliuoli i padri; chi potea sottrarsi a quel furore, si
-riduceva nelle selve e negli eremi. V'era mosso Decio
-dall'amore dell'antica disciplina, che, attribuendo le
-sciagure dell'impero alla corruttela, tentò ripristinare.
-Avea pensato ristabilire la censura; quasi la rugginosa
-instituzione fosse applicabile quando su tutto il mondo
-incivilito sarebbesi dovuto estendere l'ispezione, e chiamare
-<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span>
-a giudizio inerme l'armata depravazione. Pure
-volendo che il senato eleggesse un censore, l'unanime
-voce acclamò Valeriano; e l'imperatore, conferendogli
-il grado, disse: — Te fortunato per l'universale approvazione!
-ricevi la censura del genere umano, e giudica
-i nostri costumi. Eleggerai i meritevoli di seder nel
-senato, renderai lo splendore all'ordine equestre, crescerai
-le pubbliche entrate pur alleggerendo le gravezze,
-dividerai in classi l'infinita moltitudine de' cittadini,
-terrai ragione di quanto concerna le forze, le ricchezze,
-la virtù, la potenza di Roma. Al tuo tribunale sono
-soggetti la corte, l'esercito, i ministri della giustizia, le
-dignità dell'impero, eccetto solo i consoli ordinarj, il
-prefetto della città, il re dei sacrifizj, e la maggior
-Vestale sinchè casta».
-</p>
-
-<p>
-Prima che al fatto apparisse ineseguibile quel disegno,
-lo interruppero i Goti, che invasero la Bassa Mesia <span class="sidenote">(254)</span>, poi
-la Tracia e la Macedonia. Ora vincendo a forza, ora
-giovato dai tradimenti, l'imperatore li ridusse a tale
-estremità, che offrirono di rendere i prigionieri ed il
-bottino, pur che fossero lasciati ritirarsi. Decio, risoluto
-a sterminarli, s'attraversò al loro passo. Mal per lui;
-giacchè, assalito in disperata battaglia, vide cadere
-trafitto il proprio figliuolo. Decio gridò ai soldati: — Non
-abbiam perduto che un uomo; sì lieve mancanza
-non ci scoraggi»; ed avventatosi ove più fervea
-la mischia, vi trovò la morte.
-</p>
-
-<p>
-Dell'esercito sbaragliato le reliquie si raggomitolarono
-al corpo di Vibio Treboniano Gallo, da lui spedito
-per tagliare la ritirata ai Goti. Questi, che forse avea
-colpa della sconfitta, finse volerla vendicare, e così
-amicossi l'esercito che l'acclamò imperatore: ed egli si
-associò Ostiliano figlio di Decio, e, morto fra breve
-costui, il proprio figlio Volusiano. Ma non appena il
-senato lo confermò, conchiuse vergognosa pace coi Goti,
-<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span>
-promettendo fin un tributo; serbatosi a manifestare il
-suo coraggio col perseguitare i Cristiani.
-</p>
-
-<p>
-Nel suo regno d'un anno e mezzo, peste e siccità
-desolarono; Goti, Borani, Carpi, Burgundioni irruppero
-nella Mesia e nella Pannonia; gli Sciti devastarono l'Asia,
-i Persiani occuparono fino Antiochia. Il mauro Emilio
-Emiliano, comandante della Mesia, borioso d'aver vinto
-i Barbari, e sprezzando Gallo che marciva a Roma nei
-piaceri, si fa salutare imperatore <span class="sidenote">(253 — maggio)</span>, e prima che questi
-ben si sdormenti, entra in Italia, e scontratolo a Terni,
-il vede ucciso col figlio Volusiano da' suoi stessi soldati.
-Ma l'esercito uccide lui pure presso Spoleto, dopo
-quattro mesi di regno, e s'accorda col senato e coll'esercito
-della Gallia e Germania che aveano acclamato
-Licinio Valeriano.
-</p>
-
-<p>
-Illustre nascita, modestia, prudenza faceano caro
-costui, che forbendosi dai vizj d'allora, applicava alle
-belle lettere i suoi riposi; devoto dei costumi antichi,
-aborriva la tirannide, talchè parea degno dell'impero.
-Ma come l'ottenne, si sentì inabile a tanto peso; nè altro
-ajuto seppe scegliere che il proprio figlio Egnazio Gallieno,
-effeminato e vizioso. Pure dava miti ed opportuni
-provvedimenti, quando il chiamarono all'armi i popoli,
-che dal Settentrione e dall'Oriente irrompevano.
-</p>
-
-<p>
-Valeriano, vittorioso dei Goti, combattendo Sàpore <span class="sidenote">(259)</span>
-nella Mesopotamia restò vinto e prigioniero per tradimento
-di Fulvio Macriano suo favorito. Il re dei re,
-invanito dell'opìmo trionfo, il menò catenato per le città
-principali, sul dosso di lui metteva il piede per montare
-a cavallo: morto dopo parecchi anni di prigionia, lo
-fece scorticare, e dedicarne la pelle in un tempio, a
-perpetuo obbrobrio. Altri storici attestano che rispettò
-il prigioniero, a cui lo strazio peggiore fu il vedere suo
-figlio esultare d'una sventura che anticipavagli il regno.
-I Cristiani vi ravvisarono la punizione dell'aver perseguitato
-<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span>
-i Fedeli, come fece ad istigazione di Marciano,
-famigerato mago egizio, il quale gli persuase non potrebbe
-l'impero mai prosperare finchè non annichilasse
-un culto abbominato dai patrj numi.
-</p>
-
-<p>
-All'annunzio della sconfitta, tutti i nemici dell'impero
-quasi d'accordo l'assalgono e invadono anche l'Italia.
-Dal pericolo ridesti, i senatori posero in essere la guarnigione
-pretoriana, arrolandovi i più robusti plebei,
-sicchè i Barbari diedero volta. Gallieno rimasto solo
-all'impero, s'adombrò di quest'accesso marziale; onde
-interdisse ai senatori qualunque grado militare, e fin
-l'accostarsi ai campi delle legioni: esclusione che i
-ricchi ammolliti accettarono come un favore.
-</p>
-
-<p>
-Gallieno procurò imbonire i Barbari anche con parentele,
-sposando la figlia di Pipa re dei Marcomanni,
-nozze sempre tenute per sacrileghe dalla romana vanità.
-Nell'Illiria sconfisse e uccise Ingenuo acclamato imperatore,
-e in vendetta mandò per le spade gli abitanti
-della Mesia, colpevoli o no. — Non basta (scriveva a
-Veriano Celere) che tu faccia morire semplicemente
-quelli che portarono le armi contro di me, e che
-avrebbero potuto perire nella zuffa; voglio che in ogni
-città tu stermini tutti gli uomini, giovani o vecchi: non
-risparmiare pur uno che m'abbia voluto male o sparlato
-di me, figlio, padre e fratello di principi. Uccidi,
-strazia senza pietà, fa come farei io stesso che di propria
-mano ti scrivo»<a class="tag" id="tag12" href="#note12">[12]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Al furibondo decreto davasi esecuzione <span class="sidenote">(261)</span>, talchè i minacciati,
-per disperazione, gridarono imperatore Nonio
-Regillo. Daco d'origine, e discendente da Decebalo che
-guerreggiò con Trajano, era prode a segno, che Claudio,
-futuro imperatore, gli scrisse: — Un tempo ti sarebbe
-<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span>
-stato decretato il trionfo: ora ti consiglio a vincere con
-maggior precauzione, e non dimenticare che v'è cui le
-tue vittorie darebbero sospetto». Questo valore lo portò
-al trono, ma non gliel conservò, e ben tosto fu ucciso <span class="sidenote">(262)</span>
-dai proprj soldati.
-</p>
-
-<p>
-Un altro imperatore sorto nelle Gallie, Cassiano
-Postumio, di bassa nazione ma sommo capitano, assediò
-in Colonia Salonino figlio di Gallieno, e l'uccise <span class="sidenote">(259)</span>, ed
-ebbe omaggio dalla Gallia, dalla Spagna e dalla Bretagna,
-per otto anni conservandovi la tranquillità, e
-facendosi amare.
-</p>
-
-<p>
-Tanti tumulti interni lasciavano agevolezza al persiano
-Sàpore di devastare a baldanza l'Oriente. Anicio
-Balisto, capitano del pretorio sotto Valeriano, raccolte
-le reliquie dell'esercito di questo, osa tenergli fronte, e
-supplendo al numero colla rapidità e l'arte, libera
-Pompejopoli in Cilicia, fa macello de' Persi in Licaonia,
-molti rendendone prigioni, e tra questi le donne di
-Sàpore; poi ritirandosi prima che questi il raggiunga,
-sbarca come un lampo a Sebaste e a Corissa di Cilicia,
-sorprendendo e trucidando gl'invasori. Lo aveva soccorso
-Odenato di Palmira, sceico d'alcune tribù di
-Saracini, educato dalla puerizia a caccie e battaglie;
-e che respinto Sàpore e toltigli i tesori, entrò nella
-Mesopotamia, e inoltrossi nel cuore dell'impero per
-liberare Valeriano. Vinto Sàpore in campale giornata <span class="sidenote">(261)</span>
-sulle sponde dell'Eufrate, lo chiude colla sua famiglia
-in Ctesifonte, e gli sforzi suoi erano forse coronati, se
-le rinascenti sedizioni dell'impero non avessero resa
-impossibile qualunque impresa grande. In ricompensa
-de' segnalati servigi, nominato da Gallieno capo di tutte
-le forze romane in Oriente, Odenato assunse il titolo di
-re di Palmira, città del deserto <span class="sidenote">(263)</span>, che per la cintura delle
-solitudini isolata dal mondo, erasi serbata indipendente
-fra Roma e i Parti, straordinariamente arricchita
-<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span>
-dall'essere la posata delle carovane che andavano e
-venivano fra l'impero romano e le Indie.
-</p>
-
-<p>
-Mentre quivi Odenato e Balisto faceano mirabili prove,
-Gallieno logoravasi fra meretrici: la crudeltà esercitava,
-non contro i senatori, ma contro i soldati, facendone
-morire fin tre e quattromila al giorno. Una volta menò
-ridicolo trionfo con finti prigionieri vestiti da Goti,
-Sàrmati, Franchi e Persiani; onde alcuni inopportunamente
-lepidi si diedero a squadrare costoro, e chiesti
-che cosa esaminassero tanto minutamente, risposero: — Cerchiamo
-il padre dell'imperatore». Gallieno li
-fece buttare nel fuoco, ottimo modo di aver ragione.
-Poi prendea diletto a disputare col filosofo Plotino, e
-ideava di commettergli una città ove ridurre in atto la
-repubblica di Platone; faceva anche bei versi ed orazioni;
-sapeva con pari maestria ornare un giardino o
-cuocere un pranzo; iniziavasi ai misteri di Grecia,
-sollecitava un posto nell'areopago d'Atene; e nelle
-solennità d'immeritati trionfi o nel lusso di sua corte
-profondeva tesori, che la pubblica miseria e le grandi
-calamità reclamavano. Singolarmente memorabile fu
-il trionfo da lui menato a Roma il decimo anno di suo
-impero, e descrittoci da Trebellio. L'imperatore, corteggiato
-dal senato, dai cavalieri, dalle milizie biancovestite,
-preceduto dal popolo, da donne, da servi con
-torcie e candele, andò processionalmente in Campidoglio.
-Cento bovi colle corna dorate e con gualdrappe di
-seta, preziosa rarità, e ducento pecore bianche precedeano,
-ond'essere sagrificate. Vi fecero pur mostra dieci
-elefanti, milleducento gladiatori, carrette con ogni maniera
-di buffoni e commedianti, forze ciclopiche, feste
-e giuochi per tutto, infine alquante centinaja di persone
-vestite da Sciti, da Franchi, da Sarmati, da Persi. Fra
-ciò, nessuna cura de' pubblici interessi; se gli si dice
-morto suo padre, — Sapevo ch'egli era mortale»; se
-<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span>
-gli annunziano perduto l'Egitto, — Faremo senza delle
-sue tele»; se occupata la Gallia, — Perirà Roma senza
-le stoffe di Arras?» se predata l'Asia dagli Sciti, — Non
-potremo noi lavarci senza le spume di nitro?»
-</p>
-
-<p>
-Quest'indolenza suscitava d'ogni parte usurpatori,
-che nella storia sono conosciuti col nome di Trenta
-Tiranni, sebbene quel numero non si ragguagli col vero:
-ma come senza noja e confusione seguire tutti costoro
-nel breve tragitto dal trono alla tomba?
-</p>
-
-<p>
-Fulvio Macriano, meritati i primi gradi della milizia,
-coll'appoggio di Balisto si fece gridar imperatore. Appena
-l'udì, Valerio Valente, proconsole nell'Acaja, prese
-il titolo stesso: lo imitò Calpurnio Pisone <span class="sidenote">(261)</span>, speditogli
-contro. Era quest'ultimo d'illustre casa e di grandi virtù,
-talchè, all'udirlo ucciso, Valente sclamò: — Qual conto
-dovrò rendere ai giudici infernali della morte d'uno
-che non ha l'eguale nell'impero!» Il senato ne decretò
-l'apoteosi, dichiarando non essersi mai dato uomo migliore
-nè più fermo.
-</p>
-
-<p>
-Macriano sul confine della Tracia fu sconfitto e morto.
-Balisto, chiamatosi imperatore in Emesa, è da un sicario
-di Gallieno tolto di vita <span class="sidenote">(264)</span>. In Egitto un Emiliano fu pure
-sconfitto e spedito a Roma, e quivi strangolato in prigione,
-secondo il rito degli avi. Nell'Asia Minore gl'Isauri
-acclamarono Claudio Annio Trebelliano, e morto questo
-in campo, ricusarono sottomettersi, e devastarono l'Asia
-Minore e la Siria fin al tempo di Costantino. Cornelio
-Gallo, gridato augusto in Africa, in capo a sette giorni
-è crocifisso.
-</p>
-
-<p>
-Postumio nelle Gallie associossi Pianvonio Vittorino,
-resistendo a' replicati attacchi di Gallieno, e vincendo
-un Lucio Eliano, erettosi imperatore a Magonza; ma
-non volendo assentire ai soldati il saccheggio di questa
-città, fu trucidato col figlio. Servio Lolliano che gli
-successe, cadde ucciso per istigazione di Vittorino <span class="sidenote">(266)</span>, che
-<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span>
-restò unico padrone delle Gallie, finchè un marito
-oltraggiato non lo scannò. Erasi egli destinato successore
-il figlio: però i Galli, sdegnando obbedire ad un
-fanciullo, elessero Marc'Aurelio Mario, armajuolo di
-forza e valore straordinario; ma, tre giorni dopo, un
-suo garzone gli confisse la spada nel cuore, dicendo: — Fu
-fabbricata nella tua fucina». I soldati gli surrogarono
-Pesuvio Tetrico, senatore e consolare, che
-restò in possesso della Gallia, Spagna e Britannia. Questi
-efimeri erano elevati ed abbattuti da Vittoria madre di
-Vittorino, che a Gallieno opponeva virile coraggio e
-immense ricchezze.
-</p>
-
-<p>
-Anche Odenato, che, pel merito d'aver conservate le
-provincie orientali, era stato da Gallieno assunto socio
-all'impero, e che continuava prosperamente contro i
-Persi, mentre accorreva per riparare alle invasioni dei
-Goti fu assassinato ad Emesa da un suo nipote <span class="sidenote">(267)</span>; e in
-nome dei tre figli che lasciava, governò la sua seconda
-moglie Zenobia, forse complice dell'assassinio, col titolo
-di regina d'Oriente e colle insegne imperiali.
-</p>
-
-<p>
-Acilio Aureolo, generale di Gallieno nell'Illiria, era
-stato obbligato dall'esercito ad accettare la porpora, e
-passate le Alpi, battuto l'esercito imperiale sull'Adda
-fra Bergamo e Milano, ove gettò un ponte che ancora
-conserva il suo nome (Pons Aureoli, Pontiròlo) <span class="sidenote">(268)</span>, occupò
-Milano. Quivi assediava Gallieno, quando una congiura
-tolse questo di vita, nel decimoquinto anno di regno,
-trentesimoquinto d'età. Sulle prime i soldati voleano
-vendicarlo, poi vinti a denaro il dichiararono tiranno;
-il senato lo pubblicò nemico della patria, fece trabalzare
-i suoi amici e parenti dalla rupe Tarpea, poco dopo lo
-deificò.
-</p>
-
-<p>
-Il suo fu de' più infelici tempi che la storia ricordi;
-tutto guerra dal Nilo alle Spagne, dall'Eufrate alla Bretagna;
-orde di Barbari irrompevano, gli schiavi agricoli
-<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span>
-insorgevano, i tiranni faceano a chi peggio: e poichè
-ogni nuovo che saltasse su, doveva profondere coi soldati,
-bisognava smungesse il popolo; come in ogni Stato
-nuovo, commetteva vessazioni e crudeltà; poi rapidamente
-cadendo, avvolgeva nelle ruine l'esercito e le
-provincie. Talvolta ancora questi istantanei signori
-davano mano ai Barbari per sostenersi contro i rivali;
-sempre la loro disunione ne fomentava le correrie. La
-fame e la peste durata dal 250 al 65 faceano del resto;
-poi tremuoti, eclissi di sole, cupi muggiti della terra
-accrescevano lo sgomento dei popoli.
-</p>
-
-<p>
-A un impero costituito sulle armi, dalle armi potea
-derivare qualche ristoro: e ne arrestò di fatto il tracollo
-una serie di prodi imperatori, venuti dall'Illiria dopo
-di tristi venuti d'Africa e di Siria. L'esercito acclama
-Marc'Aurelio Claudio <span class="sidenote">(268)</span>, come il più degno di sostenere
-il nome e la dignità imperiale; e i senatori lo confermano,
-adunandosi nel tempio d'Apollo: — Augusto
-Claudio, gli Dei ti conservino per noi (ripetuto sessanta
-volte). Te o un par tuo noi abbiamo sempre desiderato
-(quaranta volte). Tu padre, tu fratello, tu amico, tu
-senatore eccellente, tu vero imperatore (quaranta volte).
-Tetrico è un nulla avanti a te (sette volte). Liberaci
-da Aureolo, da Zenobia, da Vittoria (cinque volte)».
-</p>
-
-<p>
-Quest'illirico, acquistato il trono senza delitti, continuò
-l'assedio di Milano finchè vi prese Aureolo, e ne concesse
-la morte alla domanda del suo esercito; sconfisse
-i Germani inoltratisi fino al lago di Garda: ma Tetrico
-si sostenne nella Gallia anche dopo morta Vittoria.
-Claudio in Roma attese a ricomporre come meglio
-poteva i disordini causati dai precedenti tumulti; agli
-amici e alla famiglia di Gallieno, dal senato condannati
-a morte, impetrò il perdono; e fu soprannomato il
-secondo Trajano.
-</p>
-
-<p>
-Mosso contro i Goti <span class="sidenote">(269)</span> che, saccheggiate le provincie,
-<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span>
-ritiravansi per l'Alta Mesia, scrisse al senato: — Mi
-trovo al cospetto di trecenventimila nemici. Se n'esco
-vincitore, confido sulla vostra riconoscenza: se l'esito
-non risponde alle speranze, vi ricordi che dal regno di
-Gallieno l'impero restò snervato, colpa sua e de' tiranni
-che desolarono le nostre provincie. Nè lancie abbiamo,
-nè spade, nè scudi; le Gallie e la Spagna, anima dell'impero,
-sono in mano di Tetrico; gli arcieri, occupati
-contro Zenobia. Per poco che otteniamo, sarà già assai».
-Pure, dopo alquanti giorni, potè scrivere di nuovo: — Abbiam
-disfatto i Goti e distrutto la loro flotta di duemila
-vele; i campi sono coperti di scudi e di cadaveri;
-e tanti prigioni, che due o tre donne toccarono per
-ciascun soldato».
-</p>
-
-<p>
-Di vittorie così segnalate faceva mestieri per puntellare
-il vacillante impero. Ma Claudio durò appena due
-anni: il senato gli decretò divini onori <span class="sidenote">(270)</span>, e sospese nelle
-sale delle adunanze uno scudo d'oro coll'effigie di esso;
-il popolo gli alzò una statua d'oro alta sei piedi, una
-d'argento pesante mille cinquecento libbre; e unanimi
-chiamarono a succedergli il fratello Marc'Aurelio Quintillo:
-il quale, dopo diciassette giorni, fu trucidato dall'esercito,
-o si uccise all'udire che l'esercito aveva proclamato
-Lucio Domizio Aureliano.
-</p>
-
-<p>
-Quest'umile pannone era segnalato per forza e valore,
-sicchè i soldati il conosceano col soprannome di <i>Mano
-al ferro</i>; cantavano ad onor suo canzoni, il cui ritornello
-era <i>Mille, mille, mille uccise</i>, e diceano che in
-varie battaglie ammazzasse di suo pugno novecentocinquanta
-nemici. I Goti gli chiesero pace: ma Alemanni,
-Giutongi e Marcomanni malgrado suo penetrarono in
-Italia, e presso Piacenza voltolo in fuga, si difilarono
-sopra Roma. Lo spavento allora andò al colmo, si consultarono
-i Libri Sibillini, e l'imperatore stesso si lagnò
-col senato perchè ne' riti religiosi procedesse a rilento. — E
-<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span>
-che? (diceva) siete forse radunati in una chiesa
-cristiana, non più nel tempio di tutti gli Dei? Esaminate;
-e qualunque spesa, qualunque animale od uomo
-vi ordinino i sacri libri, io ve ne fornirò». Processioni
-di sacerdoti biancovestiti tra cori di vergini e garzoni,
-che lustravano la campagna e la consacravano con
-mistici sacrifizj, ravvivarono il coraggio de' Romani,
-sicchè Aureliano, raccozzate le reliquie, presso Fano
-ruppe i Germani, poi in altre battaglie li sterminò.
-Anche i Vandali che avevano varcato il Danubio, furono
-da lui sconfitti, e costretti a dare ostaggi i figli dei due
-loro re. Cercando però vantaggio reale, più che lusinghiera
-apparenza, abbandonò la conquista di Trajano
-di là dal Danubio.
-</p>
-
-<p>
-Ripristinata la disciplina<a class="tag" id="tag13" href="#note13">[13]</a>, ogni leggier mancamento
-de' soldati puniva severissimamente; avendo un
-d'essi violato la donna dell'ospite suo, lo fece legare a
-due alberi piegati, e sparare. I soldati pertanto, in
-canzoni diverse dalle prime, cantavano: — Costui versò
-più sangue che altri non bevesse vino». Se non che
-<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span>
-faceva sembrare meno pesante quella disciplina col
-sottoporvisi egli stesso. Anche in Roma dovette ricorrere
-ai partiti più rigorosi, e varj senatori mandò a
-morte per accuse lievi nè provate. Riparò la mura
-attorno alla città, per modo che ventun miglio circuiva:
-il che, se blandiva l'orgoglio romano coll'estensione,
-l'umiliava, avvertendo come la capitale dell'impero
-dovesse provvedere con munizioni alla propria
-sicurezza.
-</p>
-
-<p>
-Disposte le cose per la pace e la guerra, drizzò contro
-la regina Zenobia, che scaltra e coraggiosa restò padrona
-della Siria e della Mesopotamia, ebbe anche
-l'Egitto, prese gran parte d'Asia. Aureliano la vinse
-presso Antiochia ed Emesa <span class="sidenote">(272)</span>, l'ebbe prigioniera, distrusse
-Palmira di modo, che fin le immense sue ruine si
-ignorarono, finchè nel secolo passato ridestarono la
-meraviglia degli artisti e de' curiosi. Domo anche
-l'Egitto, la cui conservazione tanto importava per vettovagliare
-l'Italia, determinato il grano, il papiro, il lino,
-il vetro che annualmente dovea tributare, Aureliano si
-volse all'Europa per ritogliere Spagna, Gallia e Britannia
-dalle mani di Tetrico. Questi, che per cinque anni avea
-piuttosto obbedito che comandato a turbolenti soldati,
-venne a darglisi spontaneo <span class="sidenote">(271)</span>, onde dopo tredici anni quelle
-provincie si ricongiunsero all'impero.
-</p>
-
-<p>
-Aureliano menò trionfo pomposo se altro mai. Precedeano
-venti elefanti, quattro tigri, oltre ducento fiere
-delle più rare e curiose dell'Oriente e del Mezzodì; poi
-mille seicento gladiatori destinati all'anfiteatro. Seguivano
-i tesori dell'Asia e della regina di Palmira in
-bell'ordine e disordine; e sopra carri innumerevoli,
-elmi, scudi, corazze, insegne militari. Gli ambasciadori
-di remotissime regioni, etiopi, arabi, persi, battriani,
-indi, cinesi, venuti al rumore delle sue vittorie sopra
-Palmira, attraevano gli occhi sì per la stranezza loro,
-<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span>
-sì per la dovizia e la singolarità dell'addobbo. I prodotti
-di tutte le parti, e le corone d'oro regalategli dalle
-città riconoscenti, attestavano l'obbedienza e la devozione
-del mondo a questa Roma sull'orlo del sepolcro.
-Seguivano lunghe file di Goti, Vandali, Sarmati, Alemanni,
-Franchi, Galli, Siri, Egizj incatenati; dieci
-guerriere gotiche, prese coll'armi alla mano, e intitolate
-nazione delle Amazoni; l'imperatore Tetrico, colle
-brache galliche, la tunica gialla e il manto di porpora,
-accompagnato dal figlio e dai gallici cortigiani; Zenobia
-regina, tutta gioje e con catene d'oro alle mani e al
-collo, sorretta da schiave persiane, con dietro il magnifico
-carro, in cui avea sperato salire trionfalmente al
-Campidoglio, e i due sontuosi di Odenato e del re persiano.
-Nel quarto stava Aureliano, tratto da quattro
-cervi o forse renni, tolti a un re goto. Senatori e illustri
-cittadini chiudeano fra un suono di viva: poi
-giuochi scenici e circesi, battaglie di gladiatori, di fiere,
-di navi fecero memorabile quella solennità.
-</p>
-
-<p>
-Sebbene l'esercito avesse a gran voci domandato in
-Siria la morte di Zenobia, Aureliano le donò assai terre
-nei contorni di Tivoli, ove potesse vivere conforme al
-grado: collocò nobilmente le figlie di essa, e all'unico
-maschio sopravissuto conferì un piccolo principato in
-Armenia. A Tetrico consentì il titolo di collega e il
-governo della Lucania, e gli diceva celiando che il
-governare una provincia d'Italia dava più onore che
-il regnar nelle Gallie.
-</p>
-
-<p>
-A porre in qualche miglior assetto la pubblica cosa,
-bandì leggi contro l'adulterio e il concubinato, eccetto
-se fosse con ischiave: i liberti e servi suoi puniva severamente,
-e se delinquessero li consegnava al magistrato
-ordinario. Cercò reprimere il lusso, principalmente la
-profusione dell'oro in ricami; e fin alla moglie e alla
-figliuola sua non soffriva gli abiti di seta, perchè questa
-<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span>
-vendevasi a peso d'oro<a class="tag" id="tag14" href="#note14">[14]</a>: alzò in Roma il tempio del
-Sole, riboccante di metalli preziosi e di perle, con vasi
-d'oro pel peso di quindicimila libbre: il Campidoglio e
-altri tempj ornò con doni speditigli da principi stranieri,
-e assegnò stipendj pei sacerdoti e pel culto, ravvivato
-in ogni modo. Oltre l'olio e il pane, distribuiva al popolo
-carne di majale; voleva aggiungere il vino, ma il
-prefetto del pretorio notò che presto il popolo avrebbe
-preteso anche polli. Rimise ogni debito de' privati verso
-l'erario, facendo bruciare le polizze, e ogni colpa di
-Stato. Ma una sollevazione, eccitata da non sappiamo
-quale riforma della moneta, e che fu a fatica soffocata
-in torrenti di sangue, ridestò l'indole severa di Aureliano,
-il quale empì le carceri e i patiboli, massimamente
-di senatori.
-</p>
-
-<p>
-Unico diritto conoscendo la spada, trattava l'impero
-non altrimenti che paese di conquista. Perciò il senato
-recosselo in odio, quanto l'amava l'esercito; eppure da
-questo trovò la morte. Mentre s'accingeva a vendicare
-in Persia Valeriano, Mnesteo suo liberto e segretario,
-minacciato da esso per alcune estorsioni, prevenne il
-castigo col mostrare ai principali dell'esercito una finta
-lista di nomi proscritti, e persuaderli a fuggire la morte
-col darla all'imperatore. In fatto tra Eraclea e Bisanzio
-fu trucidato dalle sue guardie <span class="sidenote">(275)</span>; scoperta poi falsa la
-scritta, i congiurati gettarono Mnesteo alle fiere, ed
-eressero un tempio al <i>restauratore dell'impero</i>. E veramente
-in que' cinque anni Aureliano avea rimarginato
-le piaghe aperte dall'infingardo Gallieno, schermito
-l'Italia da' Barbari, tornato l'unità all'impero, ricevuto
-omaggio da Ormisda successore di Sapore; e se l'eccessivo
-rigore nol lascia noverare fra i principi buoni,
-<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span>
-sta fra gli utili, in tempo che la spada sola poteva rinfrancare
-un impero sulle spade fondato.
-</p>
-
-<p>
-I primarj uffiziali, trovandosi rei del sangue d'Aureliano,
-non osarono scegliere il successore, e scrissero
-al senato perchè esso medesimo eleggesse uno, pari al
-presente bisogno, e mondo di quell'assassinio. Marco
-Claudio Tacito, principe del senato, dissuase dall'accettare
-un incarico che susciterebbe turbolenze se la scelta
-spiacesse all'esercito: onde la rimisero a questo, e
-questo di nuovo ai senatori, e così fin a tre volte; sicchè
-otto mesi vacò l'impero. La quiete interna non ne
-pativa, ma prendevamo baldanza i nemici dall'Eufrate
-al Danubio; onde alfine esso Tacito, discendente dallo
-storico, dolce di natura, ammiratore dell'antica semplicità,
-vecchio di settant'anni, si lasciò indurre ad accettar
-la primazia dello Stato e del mondo, decretatagli per
-autorità del senato, e meritata pel grado suo e per le
-azioni.
-</p>
-
-<p>
-Il suo patrimonio, del valore di un milione seicentomila
-sesterzi, vendette e cesse al pubblico<a class="tag" id="tag15" href="#note15">[15]</a>; francò
-quanti schiavi aveva in Roma; e dalla sua temperanza
-e dal risparmio trasse di che fare liberalità. Chiuse i
-postriboli affatto, i pubblici bagni prima di sera; ordinò
-tempj e sacrifizj per gl'imperatori buoni; escluse gli
-schiavi dal testimoniare contro i padroni; vietò le dorature
-e l'amalgamare i metalli<a class="tag" id="tag16" href="#note16">[16]</a>. Ai senatori rese le
-attribuzioni antiche; del che esultanti menarono processioni,
-e scrissero a tutte le città e popoli amici che
-a loro si dirigessero gli appelli dai proconsoli, non più
-all'imperatore nè al prefetto del pretorio: essi destinavano
-i proconsoli, e conferivano le magistrature con
-<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span>
-tale indipendenza, che negarono il consolato a un fratello
-di Tacito, da lui raccomandato; e davano forza
-agli editti imperiali coi loro decreti. Ultimo lampo dell'autorità
-senatoria.
-</p>
-
-<p>
-Tacito si amicò anche l'esercito con largizioni e col
-condurlo contro i nemici: ma da una parte la rigidezza
-del clima, dall'altra le turbolenze dei soldati, imbaldanziti
-dalla dolcezza di lui, il trassero in Cappadocia <span class="sidenote">(276)</span> alla
-tomba, dopo appena sei mesi. Antonio Floriano suo
-fratello si fece vestire della porpora, ed ebbe obbedienza
-dalle provincie d'Europa e d'Africa: ma tre legioni
-d'Asia si chiarirono per Valerio Probo sirmiese; quindi
-guerra civile, sinchè, due mesi dopo, il primo restò
-trucidato.
-</p>
-
-<p>
-Probo, colle doti di gran principe, rincacciò fin oltre
-il Reno i Barbari invasori della Gallia; costrinse Goti
-e Persi a chieder pace; soggiogò gl'Isauri, spargendoli
-fra le provincie più lontane; ruppe i Blemmi, stanziati
-fra l'Etiopia e l'Egitto; contro i Germani tese una linea,
-non più d'alberi e palizzate come Trajano, ma di muro
-vivo, che dalle vicinanze di Neustadt e di Ratisbona
-sul Danubio stendeasi traverso a monti, valli, fiumi e
-paludi sino a Wimpfen sul Neckar, e dopo ducento miglia
-riusciva al Reno. Costrinse anche i Germani a dare
-sedicimila dei loro giovani più robusti, che scompartì
-fra le truppe nazionali, cui ogni giorno più difficile
-riusciva il reclutare fra le ammollite popolazioni d'Italia
-e delle provincie interne. Nel trionfo suo del 281, Roma
-vide il circo mutato in selva, trasportandovi alberi colle
-loro radici, e quivi mille struzzi, altrettanti cervi, cignali,
-capriuoli, ibis abbandonati alla caccia del popolo: il
-domani poi cento leoni, cento leonesse, ducento leopardi,
-trecento orsi, coi ruggiti, cogli urli, colla morte
-divertirono la plebe, non meno che le trecento coppie
-di gladiatori.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span>
-</p>
-
-<p>
-Quando le guerre esterne e i rinascenti competitori
-gliel consentissero, Probo, non volendo i soldati mangiassero
-il pane a tradimento, gli adoprava in utili lavori,
-piantar di vigne le pendici della Gallia, della Pannonia
-e della Mesia, ricostruire più di dieci città diroccate,
-aprir canali: ma avendo detto che sperava fra poco
-metter pace dappertutto e far senza de' soldati, questi
-lo trucidarono <span class="sidenote">(282)</span>, catastrofe ormai consueta degl'imperatori,
-fossero ribaldi come Gallieno, o prudenti, giusti
-e rispettati come Probo<a class="tag" id="tag17" href="#note17">[17]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E gridarono Marc'Aurelio Caro, prefetto del pretorio,
-che nominò Cesari i figli suoi Carino e Numeriano,
-sconfisse i Sarmati nella Tracia, assicurando così l'Illiria
-e l'Italia, indi mosse ai Persi una guerra, divenuta omai
-di necessaria difesa.
-</p>
-
-<p>
-Varane II, succeduto su quel trono, avea già invaso
-la Mesopotamia; ma come udì che i Romani avanzavano,
-indietreggiò, e mandò a Caro ambasciadori.
-Questi il trovarono in abito guerresco con un rozzo
-manto di porpora, che assiso sull'erba cenava con un
-pezzo di lardo e pochi piselli; e quando ebbero esposto
-la legazione, egli, cavatosi un copolino con cui copriva
-la sua calvizie, rispose: — Se il vostro principe non
-si piega ai Romani, io ridurrò la Persia così nuda di
-alberi, come vedete di capelli la mia testa».
-</p>
-
-<p>
-Perchè non paresse vuota millanteria, v'entrò vincendo;
-ma sul meglio morì a Ctesifonte <span class="sidenote">(283)</span>, regnato sedici
-mesi. Il suo secretario Calpurnio scriveva al senato: — Il
-veramente caro nostro imperator Caro giaceva
-malato nella sua tenda quando scoppiò un nembo, e
-tutto fu tenebre: lampi e tuoni ci tolsero di conoscere
-quel che accadeva; ma al cessar di quelli odesi gridare
-<i>L'imperatore è morto</i>. Gli uffiziali di camera, desolati
-<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span>
-di tal perdita, miser fuoco alla tenda, onde corse voce
-che l'imperatore fosse colpito dal fulmine; a quanto
-possiam giudicare, non morì che della sua malattia».
-Che che ne fosse, l'ebbe per sinistro augurio l'esercito,
-e costrinse Numeriano, figlio dell'estinto, a retrocedere
-dal Tigri, termine fatato alle conquiste romane. Era
-questo ricco di bellissime qualità, poeta e oratore: ma
-nella ritirata anch'esso fu ucciso <span class="sidenote">(284)</span>.
-</p>
-
-<p>
-Carino, dalla Gallia dove avea condotto la guerra
-non senza abilità, venne a Roma, ed occupò l'impero:
-in pochi mesi condusse e ripudiò nove donne, troppe
-più ne contaminò; in musiche, balli, oscenità logorava
-il tempo; amici e consiglieri di suo padre, e chiunque
-poteva esser rinfaccio a' suoi vizj o gli era stato pari in
-privata fortuna, mandò a morte; superbo coi senatori,
-vantava voler distribuirne i poderi alla plebe, che trastullava
-colle feste, e tra la quale schiumò i favoriti,
-ministri e complici a un tempo, sopra i quali scaricavasi
-d'ogni cura, fin dell'apporre le firme.
-</p>
-
-<p>
-Oziava e godeva sopra l'abisso; poichè l'esercito che
-con suo padre aveva combattuto in Persia, come nel
-ritorno fu giunto a Calcedonia d'Asia, acclamò imperatore
-Aurelio Diocleziano, comandante alle guardie del
-corpo, dalmato di bassa gente, prode in armi, lontano
-da ogni fasto e mollezza, destro agli affari, amico del
-bel sapere, benchè null'altro intendesse che guerra.
-Correndo qualche dubbio ch'egli avesse avuto parte
-all'assassinio di Numeriano, giurossene puro, indi fatto
-venire Ario Apro, suocero dell'estinto, disse: — Costui
-fu l'assassino dell'imperatore», e gl'immerse la spada
-in petto. Con ciò intendeva di dare una prova all'esercito,
-che se n'accontentò, e adempiere la predizione
-fattagli da una druidessa, ch'egli diverrebbe imperatore
-quando uccidesse un cinghiale, che in latino dicesi <i>apro</i>.
-Perciò nelle caccie egli inseguiva sempre questi animali;
-<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span>
-e allora colpito l'emulo, sclamò: — L'ho pur ucciso
-l'apro fatale».
-</p>
-
-<p>
-L'esercito si dispose a sostenerne l'innocenza e l'augurio
-colla guerra civile; per assicurare l'esito della
-quale, Diocleziano fomentò il malcontento fra le truppe
-di Carino; ed essendo questo ucciso <span class="sidenote">(285)</span> per vendetta d'un
-tribuno, Diocleziano si trovò padrone dell'impero, ed
-ebbe la generosità o la politica di perdonare. Nei novantadue
-anni da Comodo a Diocleziano, di venticinque
-volte che vacò l'impero, ventidue fu per violenta fine
-di chi l'occupava; dei trentaquattro imperadori, trenta
-furono uccisi da chi aspirava succedere; elettori, carnefici,
-padroni di tutto i soldati: bisognava dunque un
-riparo, e Diocleziano vi pensò col mutare la forma dell'impero,
-e ridurlo, da comando soldatesco, a principato
-despotico.
-</p>
-
-<p>
-Incominciò dall'associarsi Massimiano <span class="sidenote">(286 — 1 aprile)</span>, contadino sirmiese,
-una delle migliori spade d'allora, crudele però
-tanto, che Diocleziano potè comparire generoso moderandone
-gli atti severi, forse da lui medesimo suggeriti.
-Assunsero Massimiano il titolo di Erculeo, Diocleziano
-di Giovio: quegli rispettava per genio superiore
-Diocleziano; questi trovava necessario il valore del
-collega fra tanti nemici sbuffanti. Anzi, per essere più
-pronti ad ogni occorrente, Diocleziano suddivise ancora
-l'autorità <span class="sidenote">(292)</span>, scegliendo a Cesari due generali sperimentati;
-Galerio, detto Armentario forse dal prisco suo
-mestiere, e Costanzo Cloro, soldato venuto su col proprio
-valore, e che allora si volle far discendere da
-Claudio II. A Costanzo diede Massimiano una figlia,
-Diocleziano una a Galerio; e così questi quattro Illirici
-spartirono tra loro, se non l'amministrazione, la difesa
-dell'impero. Gallia, Spagna, Bretagna furono affidate a
-Costanzo, che sedeva a Treveri od a York: a Galerio le
-provincie illiriche sul Danubio, la Mesia superiore, la
-<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span>
-Macedonia, l'Epiro, l'Acaja, facendone centro Sirmio:
-l'Italia, colle due Rezie, i due Norici, la Pannonia e
-parte dell'Africa a Massimiano: a Diocleziano la Tracia,
-l'Egitto e l'Asia. Nè per questo si scomponeva la monarchia,
-poichè riguardavano spontaneamente come
-primo e come un <i>gran dio</i> quel che gli aveva assunti;
-in concordia rara fra potenti, unica fra quattro guerrieri
-diversi di patria, d'età, d'inclinazione, si assistevano
-di consiglio e di braccio: le provincie erano più
-da vicino guardate; le legioni imparavano a rispettare
-la vita dei capi, quando l'assassinio d'un solo nulla
-avrebbe fruttato: e mentre capitani che proclamavansi
-augusti, Barbari che d'ogni parte irrompevano, faceano
-difficilissimo il governare, i quattro sovrani mantennero
-l'autorità sul Danubio come in Africa, nelle Spagne come
-in Persia. Ma se più pronti erano all'interna sicurezza e
-alla difesa esteriore, s'indeboliva il sentimento dell'unità,
-e preparavansi gli animi alla divisione dell'impero,
-che presto si effettuò.
-</p>
-
-<p>
-Diocleziano dall'Egitto ai dominj persiani estese una
-linea di campi, forti di buone armi; dalla foce del Reno
-a quella del Danubio, antichi accampamenti e nuove
-fortezze sì ben custodì, che i Barbari non s'arrischiarono
-quasi mai a superarle. I prigionieri venivano
-scompartiti tra i provinciali, e massime dove le guerre
-avevano decimato la popolazione, adoperandoli alla
-pastorizia ed all'agricoltura, talvolta alle armi.
-</p>
-
-<p>
-Meglio di Roma parve conveniente Milano per tener
-d'occhio i Barbari della Germania; popolosa, ben fabbricata,
-con circo, teatro, zecca, palazzo, terme, portici
-adorni di statue; onde fu munita di doppia mura, e
-Massimiano vi pose sua residenza. Per sè Diocleziano
-abbellì Nicomedia sul confine dell'Europa coll'Asia, e
-se ne compiaceva, quanto lo disgustavano di Roma la
-plebe insolente e il senato che ancora voleva arrogarsi
-<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span>
-qualche diritto, in mezzo all'onnipotenza del brando.
-Fuori dell'antica metropoli non v'erano memorie: onde
-nell'accampamento o ne' consigli delle provincie gli
-augusti potevano spiegare assoluta podestà; risolvevano
-co' proprj ministri, senza nè render conto nè domandar
-parere al gran consiglio della nazione. Per istrappare
-a questo le ultime apparenze di considerazione, Diocleziano
-lasciò che il collega sbrigliasse il natural rigore
-col punire immaginarie cospirazioni. I pretoriani che,
-sentendosi fiaccare da questa robusta amministrazione,
-inclinavano a dar mano al senato, furono scemati di
-numero e di privilegi, surrogandovi nella custodia di
-Roma due legioni dell'Illiria col nome di Gioviani ed
-Erculei: i nomi di console, di censore, di tribuno più
-non parvero necessarj per esercitare con titoli repubblicani
-una potenza, da cui la repubblica era stata
-distrutta: e l'imperatore, non più generale degli eserciti
-patrj, ma capo del mondo romano, fu intitolato <i>dominus</i>
-anche negli atti pubblici, con titoli e attributi divini.
-</p>
-
-<p>
-E questa imperiale autorità, scaduta nell'opinione,
-rapina di viziosi, trastullo dell'esercito, Diocleziano
-pensò ristaurarla dalla radice. Italiano egli non era,
-sicchè gli rincrescesse di togliere alla patria la primazia
-con tanto sangue acquistata: nei campi erasi avvezzo
-alla disciplina indisputata e alle pompe allettatrici,
-sicchè tutto foggiò a sistema orientale. Alla semplicità
-d'abbigliamenti, di corte, d'udienze, che aveano serbata
-gl'imperatori quando si consideravano come primi cittadini
-e nulla più, Diocleziano surrogò il fasto asiatico;
-si cinse il diadema ch'era costato la vita a Cesare; di
-seta, oro, gemme coprivasi dal capo alle piante la sacra
-persona; scuole di uffiziali domestici custodivano gli
-accessi del palazzo; e chi traverso a questi e ad infinite
-cerimonie s'accostasse alla maestà dell'imperatore, doveva
-prostrarsi in adorazione.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span>
-</p>
-
-<p>
-Tutto insomma dovea dirigersi a circondare d'un
-gran fasto la dignità suprema, a scapito dei poteri
-subalterni: l'imperatore dovea dirigere ogni cosa cogli
-ordini, eppure non iscemare la dignità coi particolari
-dell'esecuzione e colle comunicazioni troppo immediate:
-i magistrati doveano essere null'altro che esecutori: e
-poichè non si poteva accordare quell'immensa estensione
-con un governo temperato, bisognava studiare di
-renderlo forte insieme e dolce. Due imperatori e due
-Cesari moltiplicavano queste appariscenze, e ministri
-del lusso, uffiziali, servi; e gareggiando di splendidezza,
-da una parte crebbero gl'intrighi, dall'altra le spese e
-in conseguenza i tributi.
-</p>
-
-<p>
-L'autorità eccessiva de' prefetti al pretorio fu ridotta
-a giusti limiti, introducendo i maestri della milizia,
-ispettori generali della cavalleria e della fanteria. Alla
-Corte potea portarsi reclamo contro la decisione di
-qualsifosse magistrato. Le provincie furono suddivise,
-e perciò sminuita la potenza di quei che le reggevano:
-a cagion d'esempio, la Gallia, che ne formava un solo,
-fu tagliata in quattordici governi. Conseguentemente
-cessava l'autorità del senato sopra le provincie; le
-cariche civili restavano separate dai comandi militari;
-represse le vessazioni causate dalla prevaricazione o
-dalla negligenza de' magistrati; tolte le ingiustizie che
-nascevano dai privilegi conceduti ad alcuni. Insomma
-il despotismo militare dava luogo al despotismo governativo,
-appoggiato sopra innumerevole quantità d'impiegati
-amministrativi.
-</p>
-
-<p>
-Diocleziano, autore del nuovo sistema, conservossi
-moderato, continuò le distribuzioni al popolo, fabbricò
-splendidamente a Cartagine e Milano, oltre Nicomedia,
-e meravigliose terme a Roma, bastanti a tremila persone,
-alle quali unì la biblioteca di Trajano. E quando
-nel ventesimo anno di suo regno menò un trionfo, il
-<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span>
-popolo, vedendo portate le immagini di fiumi e città
-persiane non prima soggiogate, e de' figli e della moglie
-del persiano re, potè illudersi ancora sull'eternità
-del Giove Capitolino. Ma i Romani guardavano di mal
-occhio chi gli avea tolti dall'esser capi del mondo;
-onde lanciavano motti, intollerabili all'autocrato, che
-mostrò il suo dispetto abbandonando per sempre i sette
-colli.
-</p>
-
-<p>
-Girando per le provincie illiriche, contrasse una malattia
-che il portò a fil di morte. Riavutosi, nè sentendosi
-la pristina vigoria per reggere l'impero, risolse
-abdicare. In una pianura presso Nicomedia, salito sopra
-eccelso trono <span class="sidenote">(305)</span>, dichiarò la sua intenzione al popolo ed
-ai soldati, nominando Cesari Massimino Daza e Severo.
-Il giorno stesso Massimiano, per adempiere il giuramento
-datone già prima al collega, abdicava in Milano.
-Diocleziano ritiratosi in uno splendido palazzo a Salona,
-sopravisse nove anni in privata condizione, rispettato e
-consultato dai principi cui aveva ceduto l'impero. Spesso
-esclamava: — Ora vivo, ora vedo la bellezza del sole»;
-e quando Massimiano, ch'erasi ritirato nella Lucania, il
-sollecitava a ripigliarsi il governo, rispose: — Non me
-ne consiglieresti, se tu vedessi i bei cavoli che ho piantato
-in Salona di mia mano». Meditando sui pericoli
-di chi regna, — Quanto spesso (diceva) due o tre
-ministri s'accordano per ingannare il principe, al quale,
-separato dal resto degli uomini, rara o non mai giunge
-la verità! Non vedendo e udendo che per gli occhi e
-gli orecchi altrui, egli conferisce i posti a viziosi o
-inetti, trascura i meritevoli, e benchè savio, è traviato
-dalla corruzione de' suoi cortigiani».
-</p>
-
-<p>
-Al lentarsi di quella mano robusta, le discordie
-ripullularono ad agitare per diciott'anni l'impero, disputato
-fra varj. Massimino Daza cesare, nipote di
-Galerio, rozzo di parole e d'atti, governò l'Egitto e la
-<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span>
-Siria; Severo, l'Italia e l'Africa; e Galerio, valoroso
-ma scaltrito e arrogante, dominando su queste sue
-creature e sul malaticcio Costanzo, confidava restare
-unico signor dell'impero, e trasmetterlo alla sua
-famiglia.
-</p>
-
-<p>
-Costanzo amministrò la Gallia, la Spagna e la Bretagna
-con generosa e modesta dolcezza, dicendo voler
-piuttosto ricchi i sudditi che lo Stato. Narrano che,
-avendo Diocleziano mandato a querelarlo perchè non
-avesse denaro in cassa, Costanzo pregò i deputati tornassero
-fra pochi giorni per la risposta. In questo mezzo
-informò i primarj delle sue provincie, accadergli bisogno
-di denaro; ed essi a gara gliene recarono. Mostrando
-allora quei tesori ai legati, li pregò a riferire a Diocleziano
-com'egli fosse il meglio provvisto de' quattro
-dominatori, se non che lasciava quelle dovizie in deposito
-presso il popolo, considerando l'amor di questo
-come il più pingue e sicuro erario del principe. Partiti
-i messi, rinviò il denaro a di cui era <span class="sidenote">(303)</span>. Quando infieriva
-la persecuzione mossa da Diocleziano contro i Cristiani,
-egli diè loro ricetto, che perciò il lodarono a cielo,
-come fuor misura aveano denigrato Diocleziano.
-</p>
-
-<p>
-Da Elena, donna oscura, egli avea generato Costantino;
-e per riguardo, o per timore della nuova regal
-moglie, l'avea mandato alla corte di Diocleziano. Questi
-lo fece educare, allettato dalle rare qualità del giovinetto,
-che bello di sua persona, generoso, affabile, temperava
-il giovanile ardore con virile prudenza, e facevasi
-amare al popolo ed ai soldati. Galerio ingelosito
-indusse Diocleziano a scegliere altri cesari, con vivo
-dispiacere del campo; poi fatto augusto, tenne sempre
-d'occhio Costantino, e l'avrebbe morto se non avesse
-temuto l'esercito a lui favorevole, o non gli fossero
-usciti a vuoto i tradimenti. Quando il padre lo ridomandò,
-esso gli frappose indugi, finchè il giovane fuggì,
-<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span>
-e raggiunto il padre, mosse con lui felicemente contro
-i Pitti e i Caledonj delle isole Britanniche.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap45">CAPITOLO XLV.
-<span class="smaller">Nemici dell'impero. I Germani. Costantino.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Questi nomi di Barbari ci avvertono ch'è tempo di
-far conoscere coloro, contro cui l'impero oggimai non
-tentava conquiste, ma cercava difese.
-</p>
-
-<p>
-Nell'immenso spazio occupato da questo impero
-(t. III, p. 272) poche città e poche provincie conservavano
-un'indipendenza di puro nome, come sarebbe nelle
-Alpi il re Cozio, possessore di dodici città, di cui era
-capo Susa (<i>Segusia</i>): il resto obbediva agli ordini ed
-ai magistrati che venivano da Roma o da Milano. Ma
-chi scorresse quel confine, sentiva d'ogni parte fremere
-popoli, che minacciavano rialzarsi contro questa
-universale tiranna, non appena la compressione si
-rallentasse.
-</p>
-
-<p>
-Dell'Africa settentrionale occupavano i Romani si può
-dir tutto il territorio abitabile, spintisi anche più volte
-fra le gole del monte Atlante. I Bereberi, i Getùli, i
-Mori o si scagliavano nel deserto rubando, o coltivavano
-le oasi, non domabili perchè non istanziati: e da essi
-il Romano traeva gli agrumi, la porpora delle loro rupi,
-le fiere per gli anfiteatri, l'avorio e gli schiavi negri.
-Ma di mano in mano che l'oppressione e l'esorbitanza
-de' tributi sminuivano la popolazione nei paesi sudditi
-a Roma, Mori e Getuli riconducevano gli armenti sulle
-campagne abbandonate, saccheggiando e fuggendo, e
-vendicando come un'ingiuria i supplizj che di loro
-pigliasse un'autorità che non riconoscevano. Cresciuti
-<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span>
-d'ardimento collo scemare della potenza romana, respinsero
-la civiltà sempre più verso le coste; e all'aprire
-del IV secolo, alcuni principi mori già avevano piantato
-dominj alle falde dell'Atlante e fra il deserto e la risorta
-Cartagine. Aspiravano però all'indipendenza non alla
-conquista; sicchè Roma non n'aveva a temere che di
-vedersi sottratto qualche terreno.
-</p>
-
-<p>
-Nubia e Abissinia non erano soggette ai Romani.
-Altri Barbari circondavano l'Egitto, quali i Mori Nasamoni
-sulla riva occidentale del Nilo, e sulla orientale gli
-Arabi. Sopra la grande penisola dell'Asia meridionale,
-che gli Europei intitolano Arabia, i Romani vantarono
-qualche trionfo: all'effetto s'avvidero come natura non
-abbia fatto quei popoli per rimanere soggetti, nè acconci
-ad una stabile civiltà. Valeansi dunque di loro per trafficare
-coll'India; talvolta ne prendevano agli stipendj
-la cavalleria, senza pari al mondo per l'instancabile
-ardore e la docilità dei cavalli: ma nulla più che scorrerie
-pareano a temersi da un popolo, che trecencinquant'anni
-più tardi, svegliato alla voce di Maometto,
-doveva in men di uno conquistare più paesi che non
-Roma in otto secoli.
-</p>
-
-<p>
-I Parti aveano soggiogato l'Armenia, che allora stendeasi
-ad oriente dell'Eufrate, da Satala fino alla spina
-di monti che costeggia il mar Caspio; e col porre un
-ramo degli Arsacidi sul trono d'Artaxata, erano venuti
-a contatto coll'impero. Ma quando li rimise al giogo
-la risorta schiatta persiana, anche l'Armenia ricuperò
-l'indipendenza, e si strinse ai Romani coi legami della
-religione. I Sassanidi, che aveano rinnovato l'impero
-della Persia, lo crebbero a segno, da sembrare il solo
-emulo formidabile del Campidoglio.
-</p>
-
-<p>
-Ma più che i quaranta milioni obbedienti al re dei
-re doveva riuscire funesta a Roma la libertà de' popoli
-del Settentrione, che incolti e vigorosi, aspettavano il
-<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span>
-cenno di Dio per avventarsele e vendicare l'universo.
-Dai primordj della civile società, la stirpe che denominano
-indo-germanica si stese in diverse direzioni sopra
-la terra (t. I, p. 36); e gli uni, vôlti alla Persia, all'India,
-al Tibet, crearono o conservarono una civiltà meravigliosa;
-altri, costeggiando il mar Nero e il Caspio, si
-spiegarono dalla Siberia all'Eusino, e da tre bande
-inondarono l'Europa. Gli uni, per le montagne di Tracia,
-la Macedonia e l'Illiria vennero assidersi fra gli ulivi e
-i laureti della Grecia; e a quei miti soli e alla limpida
-aria indocilendo la natìa rozzezza, e temperando la fervida
-fantasia coll'armonico sentimento, crearono la più
-eletta immagine del bello, mercè della quale primeggiò
-la stirpe greca. Ma questa, all'ora ove siamo col nostro
-racconto, ha compiuto la sua missione, non più s'inorgoglia
-che di rimembranze, nè s'occupa che di diverbj,
-come i popoli decaduti: mentre sul teatro politico
-appajono la stirpe gotica e la teutone, che la lunga
-separazione rese affatto disformi dalla prima, benchè
-il linguaggio, anche dopo tante modificazioni, ne attesti
-la comune origine.
-</p>
-
-<p>
-L'arrivo de' Germani in Europa rimonta forse a quattordici
-secoli avanti Cristo; ed otto o nove ne tennero
-a dilatarsi dal Dniester al Pruth, e sul paese fra
-l'Ural e i Crapak. Tendendo continuo verso occidente,
-spingendo i Cimri, e spinti essi medesimi degli Slavi,
-trovaronsi arrestati dall'impero romano al tempo di
-Augusto, sicchè voltarono la fronte contro gli Slavi, e
-rincacciatili, poterono assodarsi nel vasto paese, che
-poi collettivamente si chiamò Germania o Alemagna.
-</p>
-
-<p>
-Solo da quel punto la storia si prende cura di essi,
-e ci addita la stirpe gotica nelle montagnose foreste
-della Scandinavia; la teutonica sulle rive dell'Elba e
-del Reno, attenta ad esercitare la naturale vigoria, e
-mantenere gelosamente l'indipendenza, fidando nell'indomito
-<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span>
-suo coraggio. I primi di questi popoli che i
-Romani abbiano conosciuti, sono i posti avanzati che
-Cesare trovava sulle frontiere della Gallia; erranti,
-scomunati, senza proprietà fissa, nè agricoltura, nè
-vanto che del distruggere. Tacito conobbe quelli sulle
-rive del Reno, e seppe che, dietro alle popolazioni
-nomadi corseggianti al confine, n'esisteano di fisse,
-aventi lavoro, proprietà, poteri ereditarj, culto pubblico:
-ma le sue cognizioni non arrivavano che dove
-gli eserciti romani, onde fermavansi all'Elba, nè di là
-seppe altro che nomi.
-</p>
-
-<p>
-Quando, imperante Augusto, i Romani ebbero particolarmente
-a fare coi popoli sul Danubio, li designarono
-col nome di Germani, che probabilmente i Galli
-avevano applicato a qualche orda venuta di qua dal
-Reno, e che poi fu accomunato a tutta la gente che,
-nel primo secolo, abitava dal Reno ai Carpazj e alla
-Vistola, e dal Baltico e dal mar Germanico fino al monte
-Cezio (<i>Kalengebirge</i>) e al Danubio; oltre quelli diffusi
-lungo questo fiume sin all'Eusino, e piantati nella Scandinavia.
-Probabilmente queste popolazioni diverse attribuivansi
-la generale denominazione di Daci (<i>Deutsch</i>)
-o Teutoni, ma nomi speciali deducevano da particolari
-circostanze; come gli Svevi da <i>schweifen</i> errare, o da
-<i>swee, see</i> il mare; i Sassoni, da <i>sitzen</i> stare seduti, o
-da <i>saks</i> spada corta; i Longobardi dalle labarde o dalle
-barbe prolisse; i Franchi da <i>franke</i> lancia; i Marcomanni
-dallo star vicini alla frontiera (<i>marca</i>); i Vandali
-da <i>wand</i> acqua, perchè forse da principio abitassero
-al mare o su qualche grosso fiume.
-</p>
-
-<p>
-Queste medesime denominazioni son però male determinate,
-e nuova confusione proviene dall'uso degli
-antichi d'attribuire ai popoli deboli e vinti il nome del
-potente e vincitore. Per quanto ci è dato scorgere tra
-quel bujo, questi popoli si unirono in federazioni, simili
-<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span>
-a quelle degli Etruschi antichi e degli Svizzeri moderni,
-accordate in prima per resistere, in appresso per nuocere
-alla potenza romana. Sembra ancora che, verso
-il secondo secolo, alle varie genti prevalessero alcune,
-in modo da comparire otto nazioni, che paragoneremmo
-ad otto corpi di esercito; cioè Vandali, Burgundi, Longobardi,
-Goti, Svevi, Alemanni, Sassoni e Franchi.
-</p>
-
-<p>
-Anche popolazioni sarmate, cioè di quella che or
-chiamiamo Russia, scesero in Europa; e principalmente
-formidabili furono i Rossolani e gli Jazigi, scorridori
-inarrivabili, contro cui i Romani alzarono un vallo fra
-il Theiss e il Danubio, senza per questo ottenere
-sicurezza.
-</p>
-
-<p>
-Secondo l'Edda, libro sacro e poetico in cui è deposta
-la mitologia scandinava, Heimdall figliuolo di
-Odino (Wodan), scorrendo il mondo, generò tre figli:
-primo il Servo, nero, colle mani callose e gobbo; secondo
-il Libero, con capelli biondi, viso rosato, occhi
-sfavillanti; terzo il Nobile, col guardo penetrante di un
-dragone, gote vermiglie, capelli argentei. E quei che
-nacquero da ciascuno furono servi, liberi o nobili come
-essi. I figli del nobile aguzzarono le freccie, domarono
-cavalli, brandirono lancie: ultimo fu il re che conobbe
-i numi, comprese il canto degli uccelli, seppe calmare
-i flutti, estinguere gl'incendj, sopire i dolori<a class="tag" id="tag18" href="#note18">[18]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Qui avete delineata la costituzione primitiva della
-nazione scandinava, la quale si riprodusse nelle principali
-razze germaniche. Un Dio padre; tre Caste d'uomini,
-diversi per natura; vero e assoluto libero non
-era che il capo; in dipendenza da lui gli altri si trovavano
-o liberi o no, e i figliuoli seguivano la condizione
-del padre. Correva però divario tra le famiglie semplicemente
-libere ed i tenitori delle grandi possessioni, ai
-<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span>
-quali soli spettava il voto nelle adunanze, fors'anche il
-sacerdozio, e tra essi eleggevansi i re<a class="tag" id="tag19" href="#note19">[19]</a>. I liberi erano
-capaci di tutti i diritti.
-</p>
-
-<p>
-La nobiltà, fosse patriziato religioso, o privilegio delle
-famiglie e dei conti, sembra fosse ridotta ad una distinzione
-affatto personale, che non dava prevalenza nel
-governo o nell'amministrazione della giustizia; se non
-che ad essa erano privilegiate alcune dignità, come in
-Roma ai cittadini d'ottimo diritto. Non potevano i nobili
-sposarsi con liberi, nè questi con schiavi. Il restante
-popolo serviva in guerra col titolo di liti (<i>leute</i>, gente),
-o con quello di coloni lavorava i campi. I coloni avevano
-casa e famiglia propria, coltivando il terreno cui
-erano affissi in perpetuo, senz'altro che pagar al signore
-un canone in derrate, in bestiame o in panni. A costoro,
-e a servi, affrancati, donne, vecchi, infermicci lasciavansi
-i campi e le arti, mentre ai liberi restavano la
-guerra per occupazione, la caccia per divertimento, il
-saccheggio per industria.
-</p>
-
-<p>
-È antico il vezzo de' malcontenti di cercare fra i
-Barbari quella moralità, che dicono scomparsa d'infra
-la gente civile. Così lo storico Tacito esagerò la bontà
-morale de' Germani per farne raffaccio ai Romani;
-anche i santi Padri gli elevarono sopra di questi, perchè
-non ne aveano la raffinata corruttela: ma vuolsi distinguere
-l'ignoranza de' vizj dalla pratica ragionata delle
-virtù. Appena cessassero dalla caccia o dalla guerra,
-piombavano, come tutti i Barbari, dall'eccesso della
-fatica nell'inerzia assoluta; restavano poveri, perchè
-nulla si esaurisce più presto che il saccheggio; e ignudi
-e sudici passavano l'intero giorno al focolare sguazzando
-la preda, e poltrendo, bagnandosi, straviziando, alle
-violenti emozioni del giuoco abbandonandosi con tale
-<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span>
-frenesia, da mettere s'un trar di dadi l'avere, la moglie,
-i figli, se stessi. Tra i conviti, loro delizia, ponevano
-in discussione gli affari di maggior momento, serbandosi
-a deciderne il domani a mente riposata. Qualunque
-capitasse, otteneva franca ospitalità, e dava occasione
-di banchettare gli amici, e d'eccedere in voracità e
-bagordi. Mentre i meno ricchi mesceano bevande forti
-in tazze formate del cranio di nemici, i doviziosi traevano
-il vino dalle terre dell'impero, e scaldati da questo,
-rompevano a risse ed a violenze mortali, dimenticando
-le accordate paci, e ridestando antiche vendette.
-</p>
-
-<p>
-Non bollente di voluttuosi istinti come nell'Asia, più
-che la bellezza l'uomo pregiava nelle donne la prudenza,
-il valore, la castità. Sposate in età abbastanza matura,
-non venivano al marito con vezzi e cervello e passioni
-fanciullesche come in Asia, ma tali da ragionar l'obbedienza:
-onde inspiravano più saldo affetto, e ottenevano
-grand'ascendente sugli uomini. In casa attendevano
-all'ago, al pennecchio, ai campi; in guerra seguivano
-gli uomini incorandoli, talora combattendo, sempre
-pigliando in cura i feriti. Una fanciulla macchiava la
-verginale onestà? fosse pur bella e ricca, più non trovava
-nozze; l'adultera era severamente punita; la poligamia
-permessa soltanto ai re ed ai grandi come distintivo
-d'onore. Non che le mogli recassero dote al marito,
-questo le comprava dal futuro suocero con doni, che
-consistevano per lo più in un par di bovi, un cavallo
-bardato, e scudo e lancia; cui la sposa ricambiava con
-una compita armadura, simbolo della comunione di
-beni e di fatiche.
-</p>
-
-<p>
-Quando un garzone se ne fosse reso degno con qualche
-bella lode, riceveva asta e scudo dal padre o da
-alcun ragguardevole Germano nell'adunanza degli uomini;
-e d'allora più non li deponeva, assistendo armato
-alle assemblee, a banchetti, a giudizj, a giuochi, a sacrifizj;
-<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span>
-sulle armi giurava come sacre; coll'armi e col
-cavallo era sepolto.
-</p>
-
-<p>
-A tutti i liberi possidenti era un dovere, anzi un
-diritto il militare; e in occasione di guerra nazionale
-tutti convocavansi col bando militare o <i>eribanno</i> per
-proteggere la patria. Altre volte un capo qualunque
-radunava in banda armata i suoi clienti, o chiunque
-preferisse i rischi al riposo ed al lavoro, e s'avventurava
-in nuovi paesi. Supremi loro distintivi erano l'amore
-dell'indipendenza, e il diletto d'esercitare liberamente le
-forze: quindi il mettersi a pericolo con baldanza spensierata,
-non curarsi della sorte dei vicini, combatter
-domani quelli con cui jeri trovavansi in lega; manìa
-di libertà, che associandosi colla dipendenza militare,
-diede origine alla feudalità.
-</p>
-
-<p>
-Tra gente siffatta dovevano frequentare occasioni di
-guerra; e quand'anche gli storici nol dicessero, la mobilità
-di quelle tribù è attestata dalla grande migrazione.
-Questa a torto vien dipinta quasi un'improvvisa vertigine
-generale, un subito levarsi de' Germani ed irrompere
-sull'impero, o perchè giurati in lega d'armi a
-guerra finita, o perchè rincalzati da un'onda di Jung-nu
-che fossero espulsi dalla Cina, e che a torto si confondono
-cogli Unni. Il movimento era continuato da secoli,
-e queste popolazioni derivate dall'Oriente (matrice dei
-popoli, più vera che non il Settentrione), or più or
-meno, ma incessantemente si erano dilatate pel nord
-dell'Europa, spingendosi e respingendosi a vicenda,
-contrastate da indigeni, da Boj, da Lettoni, da Celti.
-</p>
-
-<p>
-Forse per incalzo dei Germani, i Galli erano piombati
-sui paesi meridionali e nella nostra penisola, fin a
-distruggere Roma col loro Brenno (t. <span class="smcap lowercase">I</span>, p. 493), e prendere
-stanza nell'Italia superiore. I Teutoni al tempo di
-Mario valicarono le Alpi: Cesare impedì che con Ariovisto
-occupassero l'Elvezia. Incontratisi con quest'altra
-<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span>
-onda romana, che in senso contrario invadeva il paese,
-ne restarono lungo tempo frenati, non però quieti.
-</p>
-
-<p>
-Il Danubio, divenuto frontiera settentrionale dell'impero,
-come il Reno fu munito con una schiera di fortificazioni
-e con uno spalto di terra da Ratisbona fin al
-confluente del Lahn, le quali impedissero le correrie
-dei Germani non soggiogati, mentre quelli di qua dal
-fiume accettavano i modi, l'industria e l'oppressione
-dei vincitori. Questi sulle prime eransi proposto di
-sottomettere i Germani come avean fatto dei Galli,
-svellendone i costumi, il governo, la lingua: ma lo
-sterminio di Varo (t. ii, p. 375) mostrò impossibile l'impresa,
-e che invece d'assalirli a visiera alzata, conveniva
-alimentare fra essi le discordie, or questi or quelli
-favorendo. Con ciò i Romani riuscirono a farsene
-alleati alcuni, come i Cherusci e i Batavi; alcuni tributarj,
-come i Frisoni e i Caninefati; o snervare i loro
-capi coi godimenti della civiltà.
-</p>
-
-<p>
-Non però rimanevansi tranquilli alle loro sedi; ed
-ora i Cherusci insorgevano pel valore di Erminio; ora
-Maroboduo snidava i Boj dall'antica sede, e vi piantava
-nuove genti; ora Claudio Civile rialzava la fortuna dei
-Batavi. E furono vinti spesso; ma se l'orgoglio romano
-si vantava d'avere volta per volta distrutti questi popoli,
-essi lo smentivano col sorgere più rigogliosi di
-prima a lanciare nuovi colpi contro il non più immobile
-sasso del Campidoglio.
-</p>
-
-<p>
-Trajano, spintosi ben addentro nel nord-est, potè
-ridurre a provincia la Dacia, ponendovi numerosa colonia
-di soldati, che misti coi natii, formarono la gente
-dei Valacchi, superbi anche adesso della romana origine.
-Sotto Marc'Aurelio i Marcomanni riuscirono fino
-ad Aquileja, e d'allora crebbe il numero degli Alemanni
-che Roma adoprò in guerra, nelle magistrature e nelle
-colonie.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span>
-</p>
-
-<p>
-Duravano dunque da molti secoli e i moti interni e
-le migrazioni. Fame, peste, diluvj, allettamento di patria
-migliore, baruffe intestine, oracoli, emulazioni di
-re, avidità di bottino, di conquiste, di sangue, traevano
-alcun popolo a respingere un altro: talvolta un capo
-colla numerosa banda de' suoi fedeli, o con una tribù,
-cominciava correrie; e dal fare preso ardimento al fare,
-spingeva le imprese più che prima non avesse immaginato.
-Il paese che abbandonavano non lasciava ad
-essi nè rimembranze nè desiderj, giacchè portavano
-seco gli Dei, le famiglie, le ossa dei progenitori, tutte
-le cose che fanno cara la patria.
-</p>
-
-<p>
-Allora poi che videro i Romani indeboliti lentarsi
-nella resistenza, cedere alcune provincie, in altre non
-opporre che una muraglia, più innanzi s'ardirono; ed
-allettati dal predare paesi colti e ricchi, e dall'umiliare
-la nazione che li chiamava barbari, irruppero tutti
-insieme; come al fiaccarsi della diga precipita il nostro
-Po sulle circostanti campagne, senza che per questo si
-dica esserne allora cominciati il corso e la foga. Che
-però l'impulso venisse di lontano, parrebbe provato dal
-vedere che i primi invasori non sono già i popoli confinanti,
-bensì i più remoti: gli Unni dal Volga; poi gli
-Alani dal Tanai e dal Boristene; poi i Vandali dalla
-Pannonia; seguono i Goti dalla Germania settentrionale,
-indi dalla centrale Eruli e Turingi, in appresso i Franchi
-dalla meridionale, e i Borgognoni dalla grande
-Polonia.
-</p>
-
-<p>
-I più segnalati fra questi popoli sono i Goti, che
-provenivano essi pure dall'Asia, e precisamente dai
-contorni del lago Aral, dove ebbero il nome di Messàgeti
-o Geti<a class="tag" id="tag20" href="#note20">[20]</a>: poi sembra pigliassero stanza nella
-<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span>
-penisola scandinava e attorno al Baltico, divisi in Ostrogoti
-od orientali, e Visigoti od occidentali, secondo la
-loro posizione colà; nomi che conservarono poi nelle
-successive migrazioni. Aggiunge la nazionale leggenda,
-che in tre vascelli uscirono dalla Scandinavia, uno dei
-quali essendo rimasto indietro, a quei che lo salivano
-restò il nome di Gepidi, cioè infingardi.
-</p>
-
-<p>
-Sarebbero dunque tre famiglie della nazione stessa:
-ma qual conto fare di tradizioni, alterate sulle bocche,
-e spesso mutate di gente in gente? Fatto è che i Goti
-ci appajono una nazione battagliera e numerosa, che
-meglio d'ogni altra germanica ebbe il concetto della
-monarchia ereditaria, dipendendo, non obbedendo, gli
-Ostrogoti alla stirpe degli Amali, i Visigoti a quella dei
-Balti, che si vantavano progenie degli Ansi loro semidei,
-e tra essi la nazione sceglieva il re.
-</p>
-
-<p>
-Dapprima seguirono il corso della Vistola, poi la
-catena de' Carpazj: al tempo degli Antonini abitavano
-quella che oggi è la Prussia, donde mossi, abbracciarono
-o sospinsero Eruli, Burgundi ed altri, bevettero alle
-foci del Boristene e del Tanai, e trovaronsi dinanzi la
-Dacia, ove un popolo laborioso coltivava campi gratissimi,
-s'arricchiva colle industrie, e nella diuturna pace
-aveva trascurato le difese contro nemici che reputava
-abbastanza discosti. Con poca difficoltà i Goti la invasero,
-e Decio imperatore, venuto in persona a combatterli,
-vi perdè la battaglia e la vita. Il successore di
-nulla si mostrò più premuroso che di lasciar liberamente
-tornarsene i Barbari, carichi di preda e di baldanza;
-che più? s'obbligò a loro di annuo tributo. Non
-era il modo d'invogliar altri all'attacco? Sempre nuovi
-sciami irrompevano in fatto sulle provincie limitrofe
-come a preda sicura, respinti talvolta, reduci sempre,
-tanto più mentre gli eserciti si trovavano impegnati fra
-emuli imperatori.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span>
-</p>
-
-<p>
-Piantatisi nell'Ucrania, i Goti vennero ben presto
-signori della costa settentrionale dell'Eusino, donde
-corseggiarono le ricche e molli provincie dell'Asia
-Minore. Usciti poi dall'Ellesponto, serpeggiarono tra le
-isole Egee, e sorti nel Pireo, s'impadronirono della
-città di Minerva, sparsero il guasto per tutta la Grecia,
-e si difilavano sull'Italia, quando Gallieno, scosso dalle
-torpide voluttà e comprata una banda di Eruli, al cui
-capo concesse gli ornamenti consolari, tenne testa agli
-invasori. La dissensione e l'indisciplina dell'esercito
-romano diedero agio ai Goti di ritirarsi, e sui rimasti
-vascelli devastare il lido ove Troja fu, poi riposarsi
-nella Tracia.
-</p>
-
-<p>
-Aureliano, dopo giornata campale, gl'indusse ad una
-pace, ove obbligavansi a fornire di duemila cavalieri
-gli eserciti romani, lasciando ostaggi i figliuoli de' caporioni,
-cui Aureliano fece educare convenientemente
-al sesso e al grado, poi le fanciulle impalmò a' primarj
-suoi uffiziali affine di saldar l'unione tra le due genti.
-Egli poi ritirava le guarnigioni dalla Dacia, i cui coloni
-rinvigorirono la parte meridionale del Danubio, mentre
-sull'abbandonato paese dilagavano Vandali e Goti, che
-dai coloni rimasi impararono qualche arte di pace,
-mantennero relazioni di commercio coll'altra riva del
-fiume, e furono barriera a nuovi invasori.
-</p>
-
-<p>
-Come dall'oriente i Goti, così dal nord-est della Germania
-uscì una seconda invasione, quella dei Franchi,
-che sotto Gallieno tragittarono il Reno, invasero le
-Gallie e la Spagna. Gli usurpatori che non iscrupoleggiavano
-sui mezzi per sostenersi nell'impero, ricorsero
-più volte al costoro braccio; ma infine Aureliano li
-ricacciò di là dal Reno. Poco tardarono a ripassarlo;
-e avvegnachè Probo ne trionfasse, non per questo mitigò
-la loro fierezza. Gran prova rinnovarono di loro
-ardimento allorchè dal mar Nero, ove esso imperatore
-<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span>
-gli aveva relegati, osarono sopra fragili legni tragittarsi
-nel Bosforo Tracio e nell'Egeo, e sbarcati predarono
-molti luoghi della Grecia e dell'Asia Minore, sorpresero
-Siracusa, approdarono in Africa, indi usciti
-dallo stretto di Cadice per l'Oceano tornarono in Germania<a class="tag" id="tag21" href="#note21">[21]</a>.
-Corsa appena credibile a chi non abbia
-osservato anche ai dì nostri quanto ardimento possa
-infondere la navigazione da corsaro. Rapidissimi si
-vedevano i Franchi piombare sulle coste dell'Armorica
-e della Belgica, saccheggiare e sottrarsi; poi quando
-Carausio si fu valso di loro per usurpare la Bretagna,
-divenuti più audaci, occuparono tutta l'isola de' Batavi.
-Colà furono vinti da Costanzo Cloro, e trapiantati lungi
-dal Reno; ma poco indugiarono a sorgere terribili
-contro di Costantino e di Crispo.
-</p>
-
-<p>
-Altra o lega o gente principale fra' nemici di Roma,
-sono gli Alemanni. Con questo nome comparvero primamente
-sul Meno ai giorni di Caracalla, il quale non
-solo scelse fra loro le sue guardie, ma ne imitò il
-vestire e la bionda capellatura. Benchè non osassero
-travalicare le barriere dei Romani, molestavano senza
-tregua il confine e le opulente contrade della Gallia;
-poi alcuni, varcato il Danubio, per le alpi Retiche scesero
-in queste nostre parti, ed accamparono fin sotto
-a Ravenna, donde con lautissimo bottino ritirarono il
-passo davanti all'esercito romano. Un'altra volta ben
-trecentomila di essi giunsero a Milano.
-</p>
-
-<p>
-Mentre poi Aureliano componeva coi Goti le cose sul
-confine illirico, gli Alemanni si scagliarono da capo
-nell'armi, e con quarantamila cavalieri e il doppio di
-fanti invasero la Rezia, menarono guasto dal Danubio
-al Po; ma intanto che si ritiravano, l'imperatore intercettò
-loro i passi con tanta maestria, che chiesero patti.
-Appena però dalle incalzanti necessità fu egli chiamato
-<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span>
-altrove, gli Alemanni ruppero quella siepe d'armi, e si
-difilarono sopra l'Italia, sperperando fin a Milano, e
-spargendosi a branchi per le valli dell'Adda e del Ticino:
-presso Piacenza sconfissero i Romani, ma a Fano rimasero
-vinti: poi disfatti interamente a Pavia, sbrattarono
-l'Italia. La subitanea invasione fece avvisato Aureliano
-della necessità di circondare di mura Roma, ridotta a
-difendersi sul Tevere, non più sul Volga o sull'Eufrate.
-E gli Alemanni acquistarono tanta preponderanza, che
-il nome loro venne esteso a tutti que' Germani che non
-s'appigliarono alla lega dei Franchi; laonde essendo
-spesso scambiati Alemanni e Germani, mal si possono
-sceverare le imprese di questi e di quelli.
-</p>
-
-<p>
-Fu per tenere questi Barbari in soggezione che Diocleziano
-collocò un imperatore ed una corte sul loro
-stesso confine, nell'alta Italia. Costanzo irruppe sul terreno
-dei Franchi, e rattenne gli Alemanni dal riversarsi
-sulle Gallie; ma a molte orde di Sarmati, di Carpi, di
-Bastarni fu concesso stanza nelle provincie consumate
-d'abitanti. Da ciò rimaneva blandita la vanità romana;
-e una politica di corta veduta s'appagava di questi effimeri
-trionfi, senza avvedersi che l'impero si educava
-in seno la serpe che lo morderebbe.
-</p>
-
-<p>
-I Franchi diedero assai a tribolare a Costantino, il
-quale contro di loro esercitò le legioni che dovevano
-renderlo signore del mondo; e, in memoria de' ben
-riusciti successi, istituì giuochi detti Franchici. Crispo
-suo figlio si rese formidabile a questi ed agli Alemanni;
-campeggiò egli medesimo i Goti, che rifattisi nella lunga
-pace, si unirono ai Sarmati della palude Meotide, e
-devastarono l'Illirico, finchè furono costretti a vergognosa
-ritirata. Anche nei loro paesi gli inseguì Costantino,
-passando il Danubio sul ristorato ponte di Trajano;
-e ridusse i Goti a cercar pace, e a tributargli quarantamila
-soldati.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span>
-</p>
-
-<p>
-Di molti allori già era dunque glorioso Costantino,
-quando, morto e deificato Costanzo, egli fu salutato imperatore <span class="sidenote">(306)</span>;
-e secondo il costume, spedì all'altro augusto
-e ai Cesari la propria effigie in addobbo imperiale.
-Galerio ne montò in superbissima collera; pure, onde
-evitare la guerra civile, gli mandò la porpora e il solo
-titolo di cesare, quello d'augusto serbando a Severo.
-</p>
-
-<p>
-Ma la inumanità di Galerio, la lunga assenza, e un
-censimento delle ricchezze fatto con tal rigore da ricorrere
-fin alla tortura per iscoprire gli averi nascosti,
-aveano mossa a rumore l'Italia, ove Massenzio, figlio
-di Massimiano e genero di Galerio, si fece gridare
-augusto, comprando i pretoriani col denaro, i Romani
-colla speranza di redimerli da Galerio, i Gentili con
-quella di restaurarne il culto. Massimiano, uscito dal
-ritiro, ripigliò gli affari <span class="sidenote">(307)</span>, e qual collega di suo figlio
-ricevette omaggio dal popolo e dal senato; vinse e
-uccise Severo, chiese amico Costantino dandogli sposa
-sua figlia Fausta e il titolo d'augusto; poi vedendo di
-esser considerato men di quello che desiderasse, si
-recò a Galerio, chi dice per incitarlo contro il proprio
-figliuolo, e chi per trovar luogo e tempo a tradirlo.
-Galerio intanto era penetrato in Italia; ma come vide
-l'immensità di Roma, o piuttosto la risolutezza di questa
-a servirsi delle ricchezze per respingere colui che voleva
-rapirgliele, non ardì assediarla e si ritirò, devastando
-la nostra patria, che peggio i barbari non avrebbero
-potuto.
-</p>
-
-<p>
-Al posto di Severo collocò Licinio Liciniano dace,
-amico suo e al par di lui valoroso ed ignorante, lascivo
-in vecchia età ed avaro. Massimino Daza, che governava
-l'Egitto e la Siria, pretese anch'egli al titolo d'augusto:
-per modo che sei imperatori presedevano al mondo
-romano, dal combattersi non rattenuti se non dal reciproco
-timore. Massimiano, rejetto da Galerio, rannodò
-<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span>
-con Costantino: ma mentre questo campeggiava i Franchi,
-ne divulgò la morte <span class="sidenote">(309)</span>, e schiuso il tesoro d'Arles,
-colla prodigalità e col rammemorare l'antico splendore
-mosse i Galli a voler tornare in dominio, e stese la
-mano a Massenzio <span class="sidenote">(310)</span>. Costantino sopragiunto, assediatolo
-in Marsiglia, l'ebbe in balia, e non gli lasciò che
-la scelta della morte.
-</p>
-
-<p>
-Galerio divise la vita tra opere di pubblica utilità,
-piaceri e sevizie. Geloso del sapere e della franchezza,
-sbandì giureconsulti, avvocati, letterati; affidava i giudizj
-a guerrieri, digiuni delle leggi: ma ulceri vergognose
-e schifosi insetti il consumarono, senza che trovasse
-ristoro o nei medici che spesso mandava a morte,
-o nei voti moltiplicati ad Apollo e ad Esculapio. Credendosi
-castigato dal cielo per la persecuzione contro
-i Cristiani, la sospese con un editto in nome suo, di
-Licinio e di Costantino, e poco stante morì <span class="sidenote">(311)</span>. Massimino
-volò dall'Oriente per occuparne le provincie, volò Licinio
-a contrastarlo; poi scesero ad accordi, statuendo
-per confine l'Ellesponto e il Bosforo di Tracia. Accordo
-di nemici, poichè le due rive stettero irte d'armi, e
-Licinio cercò l'alleanza di Costantino, Massimino quella
-di Massenzio, e guatavansi con terribile aspettazione
-dei popoli.
-</p>
-
-<p>
-Massenzio tiranneggiava l'Italia smungendola con
-pazze prodigalità; dai senatori esigeva spontanei donativi
-in moltiplicate occasioni; pel minimo sospetto sfogava
-il rancore contro di questi, mentre colla seduzione
-o la violenza ne disonorava le mogli e le figliuole.
-Costrinse il governatore della città a cedergli Sofronia
-sua sposa: ma questa, cristiana e virtuosa, chiese tempo
-per addobbarsi; e orato, si uccise. Lasciava che i soldati
-lo imitassero, saccheggiando, uccidendo, lascivendo;
-talora ad alcuno concedeva la villa, ad altri la donna
-d'un senatore; mentr'egli nel voluttuoso palazzo, gittando
-<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span>
-magìa e indagando l'avvenire nelle viscere di
-femmine e di fanciulli, vantavasi d'esser unico imperatore,
-gli altri sostener solo le sue veci. Il contrasto
-dava spicco alla felicità delle provincie soggette a Costantino,
-assicurate dai Barbari, e meno esauste dagli
-ingordi tributi.
-</p>
-
-<p>
-Udendo questi che Massenzio radunava gagliardo
-esercito per torgli l'impero col pretesto di vendicare il
-padre, lo prevenne e mosse verso Italia, sollecitato dal
-popolo e dal senato a redimere l'antica regina del
-mondo. Massenzio, fidando tutto ne' guerrieri, se gli
-era amicati; tornò i pretoriani al pristino numero; pose
-in armi ottantamila Italiani, aggiungendovi metà tanti
-Mori d'Africa, oltre i Siciliani, talchè comandava censettantamila
-pedoni e diciottomila cavalli<a class="tag" id="tag22" href="#note22">[22]</a>. Costantino
-non armava in tutto che novantamila de' primi ed ottomila
-degli altri; onde, distribuitine ove occorreva, provveduto
-alla difesa del regno suo, non potè moverne che
-quarantamila, prodi però, esercitati contro i robusti
-Germani, e condotti da capitano esperto ed amato.
-</p>
-
-<p>
-Il quale, mentre la sua flotta assaliva la Corsica, la
-Sardegna e i porti d'Italia, valicò le alpi Cozie, e, prima
-che Massenzio il sapesse partito dal Reno, pel Moncenisio
-calò a Susa. Presala di viva forza <span class="sidenote">(312)</span>, nelle pianure
-della Dora scontra un corpo italiano, coperti uomini e
-cavalli di ferro, e li rompe; entra in Torino, poi in
-Milano; ha Verona a discrezione, dopo sconfitto Pompejano
-che con grand'arte la difendeva. Massenzio intanto
-si stordiva o lusingava, finchè i suoi uffiziali furono spinti
-a mostrargli imminente la ruina. Posto in piedi un terzo
-<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span>
-esercito, egli se ne mise a capo, vergognandosi dei
-rimbrotti della moltitudine, e confortato dai Libri Sibillini
-che avevano ambiguamente risposto: — In questo
-giorno perirà il nemico di Roma». Incontratisi a nove
-miglia da Roma (<i>ad Saxa Rubra</i>), Massenzio vide
-l'esercito suo tagliato a pezzi, e fuggendo precipitò dal
-ponte Milvio nel Tevere: e Costantino, cinquantotto
-giorni dopo mosso da Verona, ebbe compita la guerra.
-</p>
-
-<p>
-Padrone di Roma, estirpò ogni seme e razza del
-tiranno, ma per quanto la moltitudine gridasse, non
-consentì l'uccisione de' primarj amici di quello; e sospesa
-la crudeltà quando più non era necessaria, dimenticò
-il passato, diede il congedo ai pretoriani e ne
-disfece il campo, impedì i delatori, sollevò gli oppressi
-da Massenzio, e in due mesi, dicono i panegiristi,
-rimarginò le piaghe recate da sei anni di tirannia. Al
-senato restituì lo splendore, e ne fu ripagato con ogni
-modo d'onoranze; il primo posto fra gl'imperatori, arco
-di trionfo che tuttora sussiste, dedicati a lui molti edifizj
-cominciati da Massenzio, a non dire le feste che
-attirarono infinito concorso. Diede sua sorella all'imperatore
-Licinio: mosso sopra i Franchi, devastò le loro
-terre, e molti prigionieri gettò alle belve.
-</p>
-
-<p>
-Quando Massimino Daza morì a Tarso, rimasero
-padroni Licinio delle provincie orientali, delle occidentali
-Costantino. Poteasi prevedere una scissura, che non
-tardò; e Costantino disfece l'emulo nella Pannonia e
-nelle pianure di Tracia <span class="sidenote">(314)</span>, indi gli concesse pace. Ma
-avendo Costantino, nello sconfiggere i Sarmati e i Goti,
-inseguiti questi ultimi fin sulle terre di Licinio, si rinnovarono
-lamenti, che finirono in guerra aperta. Licinio
-fu novamente battuto presso Adrianopoli, e la sua flotta
-nello stretto di Gallipoli, onde chiese patti e gli ottenne.
-Avendo però Costantino saputo ch'esso allestiva nuove
-armi <span class="sidenote">(323 — 3 luglio)</span>, e chiedeva perfino in ajuto i Barbari, lo prevenne
-<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span>
-e ruppe a segno, che non isperò salvezza altrimenti
-che col gettarsegli ai piedi, rinunciando alla porpora.
-Costantino l'accolse benigno, e lo inviò a Tessalonica
-con ogni cortesia; poco poi mandò a strangolarlo.
-Così l'impero restava unito nella robusta mano di Costantino,
-che, padrone del mondo, potè trarre ad effetto
-i lunghi divisamenti, e dargli politica nuova; nuova
-capitale, nuova religione.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span>
-</p>
-
-<h2 id="libro5">LIBRO QUINTO</h2>
-
-<h2 id="cap46">CAPITOLO XLVI.
-<span class="smaller">Il Cristianesimo perseguitato, combattente, vincitore.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Allorchè Costantino movea verso l'Italia contro Massenzio,
-tutto l'esercito vide, sopra del sole, uno splendore
-in forma di croce, dove leggeasi, <i>Per questo
-segno vincerai</i>. Dappoi in sogno esso imperatore fu
-avvertito che adottasse la croce per insegna; ond'egli
-fece farne una col monogramma di Cristo ☧ e la attaccò
-al làbaro, cioè allo stendardo imperiale, invece degli
-Dei che soleano portarsi innanzi alle legioni. Dall'obbrobrio
-del Gólgota passa dunque la croce a guidare gli
-eserciti; presto sfolgorerà in fronte ai re, aprendo una
-nuova civiltà; ma traverso ai contrasti e ai patimenti,
-che sono indispensabili pel trionfo del vero.
-</p>
-
-<p>
-Gli apostoli e i primi loro discepoli, colla voce, coll'esempio,
-col martirio, colla Grazia propagarono la
-redentrice morte in parti remotissime; giovati umanamente
-dalla grande concentrazione del mondo civile
-nell'Impero, per cui erano tolte le barriere delle nazionali
-nimicizie, e rese universali le lingue greca e
-romana.
-</p>
-
-<p>
-Come le antiche città voleano derivare le proprie
-origini da semidei, così le Chiese aspirarono al vanto
-d'esser fondate da apostoli o dai primi loro discepoli.
-<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span>
-Che san Paolo, allegando d'essere cittadino romano,
-declinasse i giudizj provinciali, e si facesse condurre a
-Roma, consta dagli Atti Apostolici. Un'antica fama vi
-porta anche san Pietro (t. <span class="smcap lowercase">III</span>, p. 194), il quale, secondo
-le tradizioni napoletane, venendo da Antiochia approdò
-a Brindisi, quindi a Otranto; in Taranto lasciò vescovo
-Amasiano; visitò Trani, Oria, Andria; per l'Adriatico
-navigò a Siponto, indi pel Tirreno giunse a Napoli, e
-convertitala, vi pose vescovo Aspreno; s'addentrò pure
-a Capua, facendone vescovo Prisco, e Marco ad Atina,
-Epafrodito a Terracina, Fotino a Benevento, Simisio
-a Sessa, così a Bari e altrove. Reggio vanta per
-primo pastore Stefano, ricevuto dall'apostolo Paolo;
-e Pozzuoli Patroba, discepolo di questo. Farebbero
-discepolo di Pietro san Paolino, che battezzò i Lucchesi.
-A Milano vorrebbe dirsi piantata la croce dall'apostolo
-Barnaba: nella Venezia da san Marco evangelista, il
-quale avendo convertito ad Aquileja Ermàgora, in
-Roma lo presentò a Pietro, che destinollo vescovo di
-questa città<a class="tag" id="tag23" href="#note23">[23]</a>, di Trieste, di Concordia; come san
-<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span>
-Massimo d'Emona, san Prosdocimo di Padova, Vicenza,
-Altino, Feltre, Este.
-</p>
-
-<p>
-Pie tradizioni, che la critica non può tutte accettare,
-ma neppure senza leggerezza repudiar tutte. Certo in
-Roma, trentatre anni dopo Cristo morto, Nerone trovava
-Cristiani in quantità (<i>multitudo ingens</i>); e non
-si poteano più reprimere che coll'inventare contro
-di loro insane calunnie, quali l'incendio di Roma
-(t. <span class="smcap lowercase">III</span>, p. 197). I grandi e i dotti continuavano come
-Pilato a dire — Cos'è la verità?» ma numerose classi,
-che la necessità del lavoro salvava dalla corruzione,
-credendo quello che avevano creduto i loro padri, frequentavano
-i tempj, e sentivano il bisogno della divinità
-che soccorre, che consola, che rimunera. Fra gli
-schiavi, se molti riduceansi turpe strumento ai vizj del
-padrone, altri, più remoti dal lezzo signorile, mantenevano
-la moralità naturale. A costoro dunque come
-riusciva consolante l'udire parlarsi d'un Dio, eguale per
-essi e pei loro tiranni; e che colla pazienza poteano le
-dure fatiche, gl'iniqui strapazzi tramutare in tesoro per
-un'altra vita, ove ad un giudizio incorruttibile sarebbero
-chiamati non meno gli oppressori che gli oppressi!
-</p>
-
-<p>
-Il più de' Cristiani cernivasi dunque tra costoro: ma
-<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span>
-ben presto Plinio ne scontrava d'ogni età ed ordine;
-Tertulliano asseriva al proconsole: — Se persisti a sterminare
-i Cristiani, puoi decimare la città, e fra' colpevoli
-troverai molti del tuo grado, senatori, matrone,
-amici»; l'editto dell'imperatore Valeriano suppone
-battezzati e senatori e cavalieri romani e dame di
-grado.
-</p>
-
-<p>
-Neppure ai popoli più abbandonati la Provvidenza
-non avea lasciato mancare lumi per iscorgere la verità,
-e per almeno rispettare quel che non aveano forza di
-seguire. L'orgoglio degradasse pure lo spirito, la concupiscenza
-invilisse la carne, gli uomini si stordissero
-fra cure e voluttà; non poteano spegnere la coscienza
-prepotente che porta a cercare chi è Dio? chi l'uomo?
-quali relazioni fra questo e quello? come il peccatore
-può rigenerarsi? che cosa s'incontrerà dopo morte?
-A siffatte domande niuna risposta soddisfacente adduceano
-l'orgoglio degli Stoici, la depravazione degli
-Epicurei, la grossolanità de' Cinici, lo scetticismo degli
-Accademici; e soltanto dubbj o sottilità esibivano a chi
-invocava il riposo della certezza.
-</p>
-
-<p>
-Nè meglio appagava una religione, dove professavasi
-o un Dio imperfetto, o la creatura perfetta; il che equivale
-a negare e la creatura e Dio; e che, spoglia di
-dogmi, riusciva mancante d'efficacia morale. Fra quei
-sacerdoti, se eccettuate alcuni fanatici egizj e siri, chi
-mai avrebbe patito disagi non che tormenti pel suo
-Dio? chi voluto girare predicandone il culto, più di
-quel che giovasse ad acquistare credito e ricchezze?
-tenevano la loro dignità non altrimenti che un impiego
-dello Stato; pronti, se il senato lo decretasse, a sostituire
-Giove a Tina, Mitra ad Apollo, ed erigere altari
-al tiranno ed alla meretrice.
-</p>
-
-<p>
-Or ecco il cristianesimo, «dalle tenebre chiamando
-nell'ammirabile sua luce», e rivelando Colui che è la
-<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span>
-chiave di tutti i secreti, la parola di tutti gli enigmi, il
-compimento di tutta la legge, proclamava di nuovo la
-fede perchè fondato sulla rivelazione, la speranza perchè
-appoggiato a promesse divine, la carità perchè
-mostra tutti fratelli e solidarj in quell'ordine universale,
-ove ogni cosa si armonizza al fine supremo
-che a ciascuno impose Iddio, e a quel supremo bene che
-è la manifestazione esterna delle perfezioni divine<a class="tag" id="tag24" href="#note24">[24]</a>.
-Gente non natavi per accidente, ma entrata nel cristianesimo
-per intima persuasione e dopo lunga lotta e
-duri sacrifizj e persuasa non darsi salute fuori di esso,
-restava impegnata a conservarlo e diffonderlo coll'esaltamento
-d'una profonda fiducia; scendere al vulgo, alle
-donne, ai fanciulli, per illuminarne l'intelletto, dirigerne
-la condotta, comunicare a tutti la cognizione più essenziale,
-quella de' proprj doveri; sicchè i principj importanti
-all'ordine sociale diventano universale eredità per
-via di catechismi, omelie, professioni di fede, cantici,
-preghiere: forme diverse d'una fede sola, d'una sola
-speranza, adattate alla comune capacità. Il padre convertito
-trae la famiglia ad una credenza, fuor della
-quale sa che non si arriva a salvamento; il soldato
-predica alla sua coorte, uno schiavo all'ergastolo e
-talora al padrone.
-</p>
-
-<p>
-A quest'apostolato potea lungamente resistere la
-gentilesca indifferenza? Roma avea provato ogni bene
-terreno, la potenza e la gloria, poi la ricchezza e le
-voluttà; e non se ne trovava appagata. De' suoi pensatori,
-alcuni deploravano ancora Farsaglia, ed oscillavano
-tra un'avventata resistenza e il disperare della pubblica
-cosa; altri in represso fermento aspettavano misteriosi
-avvenimenti predetti dagli oracoli, e creduti come si
-suole in tempi e da uomini infelici tra quell'avvicendare
-<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span>
-d'anarchia e despotismo, tra la brutalità degli imperanti,
-la feroce licenza de' guerrieri, le rapine de' magistrati.
-All'annunzio d'una religione, divina nella sua
-origine, semplice e vera nell'insegnamento, pura e
-generosa nell'applicazione; a quella dottrina semplice,
-chiara, umana e insieme sublime, l'intelletto s'apriva,
-se ancora la volontà esitava; quand'anche la Grazia
-non trionfasse delle abitudini e dell'interesse, il cristianesimo
-palesava virtù, a cui non poteasi ricusare ammirazione;
-colla fratellanza procurava i gaudj d'una
-vita interiore; coi purificati sentimenti sapeva occupare
-le anime robuste, esercitare le immaginazioni attive,
-soddisfare ai bisogni intellettuali e morali, repressi,
-non isradicati dal sofisma, dalla tirannide, dalle sventure.
-Prova di questo bisogno di virtù si è, che coloro
-i quali tentarono ringiovanirle, dovettero alle credenze
-antiche mescere alcun che di puro ed elevato, che non
-traevano dalla loro essenza, che mai non aveano avuto
-nella pratica; il grossolano politeismo avvicinare al
-dogma d'un Dio solo, restringendo il culto quasi unicamente
-a Giove, e facendo di Apollo un mediatore fra
-Dio e gli uomini per mezzo degli oracoli, un salvatore
-dell'umanità, il quale si fosse incarnato, vissuto servo
-in terra, sottoposto a patimenti per espiazione.
-</p>
-
-<p>
-Ma per quanto s'industriasse a rifarsi dei dogmi
-cristiani, forse che l'idolatria soccombente offriva la
-consolante dottrina della remissione de' peccati? Rimorso
-dalla coscienza, uno potea attutirla altrimenti
-che con olocausti, con farsi piovere sul capo il sangue
-di vittime scannate, o con altre espiazioni, di cui sentiva
-la superstiziosa vanità? Or che <i>buona novella</i> l'udire
-che un Dio aveva radunata in sè solo quell'ira ineffabile,
-e che ciascuno può appropriarsi i meriti infiniti del
-sacrifizio della croce mediante la fede nel divino Redentore?
-I fedeli di quelle legalità, dove allo scellerato
-<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span>
-non serbavasi che il castigo, ben faceano colpa ai Cristiani
-dell'accogliere i peccatori; ma i Cristiani rispondevano
-col restituirli innovati dalla penitenza.
-</p>
-
-<p>
-Di buon'ora i Cristiani si costituirono in società con
-capi e regolamenti, entrate e spese (t. III, p. 202); legami
-volontarj e morali, eppur tenaci, che davano prevalenza
-sopra le fiacche e disperse aggregazioni religiose
-degli antichi, nelle quali ciò che in Etruria si credeva,
-beffavasi in Sicilia, ed i sacerdoti de' varj delubri e
-de' molteplici numi, non che fra loro indipendenti, erano
-gelosi e nemici. Ne' Cristiani invece, uno lo spirito,
-una la morale, uno il culto: devoti fin alla morte alla
-causa stessa; «nell'unità della fede e nella cognizione
-del Figliuol di Dio»<a class="tag" id="tag25" href="#note25">[25]</a>, credevano infallibile il concilio
-de' loro sacerdoti, perchè lo Spirito Santo avea promesso
-d'esser con loro; dipendevano da capi che avevano
-conversato coll'Uomo Dio, o con chi gli era vissuto
-a' fianchi. Vedendo quell'intima comunanza, quel
-legame fraterno, saldato dall'unità delle credenze e delle
-speranze, i Gentili esclamavano, — Vedi com'e' si
-amano!» Ed a ragione, dice Tertulliano, ne fan le
-meraviglie, essi che non sanno se non odiarsi.
-</p>
-
-<p>
-I miracoli sono generalmente attestati, prodotti in
-apologie nelle quali troppo importava non mentire;
-dai nemici stessi non negati, bensì attribuiti a magia;
-tanto che anche il critico di buona fede s'arresta prima
-di volgerli in riso. Si negano? più grande diventa il
-miracolo di convertire il mondo, d'ispirare agli ignoranti
-la cognizione di sì elevate dottrine, ai dotti la
-sommessione a tanti misteri, agli scredenti la fede di
-cose incredibili; e tutto ciò a fronte di ostacoli
-potentissimi.
-</p>
-
-<p>
-E ostacolo dei più robusti era l'abitudine. Colle prime
-<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span>
-idee, colle prime parole, il Gentile avea bevuto il politeismo;
-gli Dei erano associati alle impressioni di sua
-gioventù; ne' bisogni s'era rivolto ad essi, ricorso ai
-loro oracoli nel dubbio, sciolto ad essi il voto dopo
-campato da malattia, da naufragj, dalle manie di Caligola
-o dalle vendette di Sejano.
-</p>
-
-<p>
-Le immagini della mitologia ridono di tale squisitezza,
-che, anche perduta ogni fede e trascorsi tanti
-secoli, lusingano tuttora le nostre immaginazioni. Che
-doveva essere allora, quando tutte le arti v'attingeano?
-quando n'erano pieni i libri, con cui si coltivava l'ingegno,
-s'incantavano gli ozj, si distraevano le malinconie?
-Il Cristiano, che negli Dei protettori della musica,
-della poesia, dell'eloquenza non riconosceva altro
-che demonj, era ridotto a privarsene: perchè ad ogni
-piè sospinto trovava pericoli e contaminazione, non
-dovea festeggiar i giorni di reciproci augurj o di solenni
-commemorazioni; non sospendere lampade e rami di
-lauro alle porte, nè coronarsi di fiori quando tutto il
-popolo s'inghirlandava; anzi protestare ad ogni atto
-che inferisse idolatria. A nozze si cantano Talassio ed
-Imene? alle esequie si fanno espiazioni? nei banchetti
-si liba agli Dei ospitali? nelle case si riveriscono i
-Lari? il Cristiano deve fuggire, mostrarne orrore.
-Da ciò continui disgusti; e il convertito obbligato a
-lasciar le più care distrazioni, ridursi alle abnegazioni,
-all'isolamento.
-</p>
-
-<p>
-A impieghi e dignità era unica via il piacere al
-principe: e il principe bruciava i Cristiani, e ne faceva
-fanali a' suoi orti. Per rinfrancare il debole sentimento
-morale, eransi muniti di religiose cerimonie tutti gli
-atti della pubblica vita. Quelli dunque che già occupavano
-magistrature, come poteano prestare il giuramento?
-come sacrificare? come intervenire nel senato
-che radunavasi in un tempio, e le cui tornate cominciavano
-<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span>
-da libagioni alle divinità? come presedere ai
-giuochi gentileschi?
-</p>
-
-<p>
-E ai giuochi ripetemmo quanto traessero ingordi i
-Romani. Or bene, il cristianesimo esecrava spettacoli
-ove per diletto si versava sangue, e i nuovi convertiti
-venivano conosciuti all'allontanarsi dal circo; ma ciò
-quanto costava! Alipio (ce lo racconta sant'Agostino)
-convertito rinunziò agli spettacoli sanguinarj: pure un
-giorno i suoi amici lo trassero al circo romano. Egli vi
-si tenne ad occhi chiusi e immobile durante la lotta;
-quando improvviso il silenzio ansioso degli spettatori
-è rotto da applausi feroci, perchè un gladiatore aveva
-atterrato l'altro. Vinto dalla curiosità, Alipio schiude gli
-occhi, e la vista di quel sangue gli ridesta la crudele
-voluttà; mal suo grado s'affissa su quel corpo boccheggiante,
-e l'anima di lui s'inebbria del furore del combattimento
-e degli omicidj dell'arena. «Più non era
-l'uomo strascinatovi a forza, ma uno anch'esso della
-folla, commosso del pari, del pari gridante, ebbro di
-gioja come essa, e impaziente di ritornar a godere i
-furori del circo». Tanto l'abitudine prevaleva sopra
-le migliori risoluzioni.
-</p>
-
-<p>
-L'idolatria sfoggiava la solennità d'un pubblico culto,
-con feste patrie e regie; il cristianesimo non esibiva che
-povera e semplice austerità; quella, connessa a' primordj
-della storia nazionale, deificava i fondatori e i
-legislatori del popolo; questo li sbalzava dall'are per
-sostituirvi il figlio di un fabbro, uno morto sul patibolo.
-Il vulgo stesso nel culto della patria vedeva quello della
-sua gloria; talchè s'innestavano pietà e patriotismo.
-</p>
-
-<p>
-E chi erano costoro che venivano a dar il crollo a
-credenze, antiche quanto il mondo, diffuse quanto il
-genere umano? Non sapienti Greci, non Pitagorici o
-Gimnosofisti, ma della genìa degli Ebrei, rinomata per
-corriva e nata al servaggio, derisa per la singolarità
-<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span>
-de' costumi e per le astinenze. Il loro fondatore non
-avea, come gli altri autori di religioni, usato lo scettro
-o la spada, nè tampoco la cetra o la penna: i suoi
-discepoli, levati dal remo o dal banco, erano una
-marmaglia pezzente, che si raccoglieva attorno poveri
-schiavi, giovani inesperti o vecchi mentecatti, per contar
-baje d'un Dio che si umana, d'uno che crocifisso risorge;
-vietava di discutere le ragioni dell'adorare e del credere;
-giudicava un male la sapienza del mondo, un
-bene la follia; riponeva la sapienza (come Giuliano li
-rimproverava) nel ripetere stupidamente, — Io credo».
-</p>
-
-<p>
-Pertanto la religione di Cristo era dai Latini chiamata
-<i>insania, amentia, dementia, stultitia, furiosa
-opinio, furoris incipientia</i>; l'orgoglioso repugnava
-dall'accomunarsi con artigiani e schiavi; i dotti trovavano
-ridicoli que' misteri, la cui sublimità non s'attinge
-che mediante la Grazia; la povertà e i supplizj de' discepoli
-davano argomento della debolezza del fondatore
-in una società che tutto riponeva nell'esito, tutto conchiudeva
-con questo mondo. Esagerando poi e falsando,
-dicevano che i Nazareni adorassero il sole, un agnello,
-una forca, una testa di giumento: e il vulgo, sempre
-numerosissimo, rideva, e li giudicava stolti ancor più
-che malvagi<a class="tag" id="tag26" href="#note26">[26]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ma anche malvagi li credeva. Costretti com'erano
-<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span>
-a tenere le assemblee in secreto, i Cristiani davano
-appiglio alle accuse, solite apporsi a tutto ciò che è
-arcano; e nel più sinistro senso venivano intesi i riti
-loro. Le sobrie agapi sono inverecondo stravizzo: nei
-silenzj delle catacombe violentano il pudore e la natura:
-un fanciullo coperto di farina è presentato al neofito,
-il quale lo trafigge senza sapere che si faccia, se ne
-raccoglie il sangue in calici che passano da un labbro
-all'altro, e se ne mangiano le carni. Ritraggonsi dalle
-magistrature per non dovere far omaggio agli Dei? li
-sentenziano d'infingardi: sono stregonerie i miracoli;
-malefizio la loro costanza nei supplizj: anzi sono atei
-perchè non hanno sagrifizj, non tempj<a class="tag" id="tag27" href="#note27">[27]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Eppure cotesti ribaldi qual morale insegnano? la più
-pura ed austera: povertà ad un mondo idolatrante le
-ricchezze; umiltà al secolo della superbia; castità in
-mezzo alle ostentate lascivie; abnegazione tra il filosofico
-egoismo. Invece di quell'assenza d'ogni dogma, così
-comoda all'accidia umana, che permetteva tutte le
-contraddizioni all'intelligenza, tutti i vaneggiamenti all'anima,
-tutte le superstizioni ai cuori, tutti gli eccessi
-alle passioni, intimavasi un dogma preciso, assoluto,
-universale, che richiedeva l'intensità dell'intelletto, la
-sommessione del raziocinio, l'obbedienza del cuore; al
-panteismo filosofico o al popolare l'idea della spiritualità
-<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span>
-di Dio e dell'individualità dell'uomo; agli Epicurei
-la fede nella Provvidenza e nelle retribuzioni postume;
-agl'increduli e agli indifferenti la necessità del culto;
-agli egoisti la solidarietà del genere umano; ai gaudenti
-le austerità e l'umiliazione; allo schiavo di ritenere le
-sue catene, sebbene al padrone intimi ch'egli è eguale
-al servo; al povero di non esigere i soccorsi, sebbene al
-ricco imponga di dare volontariamente. La gente, che
-da tanti mali erasi rifuggita nelle voluttà, senza tampoco
-sospettare che queste offendessero divinità tuffate nello
-stesso brago, vedevasi allora non solo interdetti gli atti,
-ma riprovato il desiderio; riprovata la fornicazione
-anche colle libere, anche colle schiave; riprovata la
-vendetta, che prima era dovere e religione; riprovato
-il fasto, e detti beati coloro che soffrono, beati gli umili
-di spirito; esclusi dalla gloria i molli, gli adulteri, i
-pederasti. Questa guerra alle passioni, questo freno
-agli istinti naturali, quanti non dovea stornare dal
-cristianesimo?
-</p>
-
-<p>
-Mercanti e artieri assai vivevano del somministrar
-vittime, dell'allestire giuochi e simulacri: sacerdoti,
-auguri, re sacrificuli, incantatori, astrologi recavansi
-in odio chi guastava lor arte, e facevano prova di
-sostenerla col ravvivare il fervore pel culto antico,
-l'attenzione degli oracoli, la scaltrezza dei prodigi. Così
-invalse una quantità di maghi e prestigiatori, tra cui
-famosi Simone samaritano in patria e Apollonio di
-Tiane a Roma. Quegli offerse a san Pietro del denaro
-se gli partecipasse la facoltà di conferire lo Spirito
-Santo; donde fu nominata la simonia, cioè il vendere
-le cose sacre; prima eresia che comparve, ultima che
-sparirà. Vogliono capitasse egli a Roma regnante Claudio,
-e co' suoi prestigi talmente s'illustrasse, da meritare
-una statua nell'isola del Tevere<a class="tag" id="tag28" href="#note28">[28]</a>; ma avendo
-<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span>
-voluto librarsi a volo, si ruppe la persona. Anche
-Apollonio venne a Roma imperando Nerone, il quale,
-sebben nemico ai filosofi, gli permise di rimanere, e
-d'alloggiar ne' tempj, secondo soleva; poi a Vespasiano
-diede consigli sul ben governare l'impero. Accusato da
-un Greco a Domiziano, tornò a Roma a giustificarsi,
-ma il giorno medesimo fu visto a Pozzuoli e ad Efeso;
-e trovandosi in quest'ultima città al momento che
-Domiziano cadeva trafitto a Roma, sospese di parlare,
-e stato alquanto assorto, agli uditori meravigliati, disse: — Il
-tiranno è morto». Nerva succeduto imperatore,
-e che già eragli amico, l'invitò; ma egli scusossene, e
-mandogli de' pareri; indi sparve, nè più fu veduto vivo
-o morto.
-</p>
-
-<p>
-Persone devote al nome di costui e a quel di Pitagora,
-a cui egli s'appoggiava, professavano che un'infinità
-di genj occupassero il vuoto fra l'uomo e Dio,
-partecipi in vario grado alla natura di esso; e poter
-l'uomo contrarre patti con quelli per via di cerimonie,
-digiuni, purificazioni. Il popolo li temeva e pagava, i
-grandi vi credevano; non Caracalla soltanto, ma fin
-Marc'Aurelio ne aveva sempre agli orecchi; e la malignità
-li confondeva coi Cristiani, e i miracoli de' santi
-coi costoro prestigi.
-</p>
-
-<p>
-La più grave imputazione però ai Cristiani, vorrei
-dire la più romana, era d'odiare il genere umano, il
-che significava odiare l'impero<a class="tag" id="tag29" href="#note29">[29]</a>. Le istituzioni di
-Roma traevano lor forza dallo spirito di famiglia, sopra
-il quale era sorta la gran città, e dalla conseguente venerazione
-<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span>
-per gli antenati. Or ecco il cristianesimo, che,
-per guadagnare gli spiriti volgendosi principalmente
-alla gioventù, la sottraeva ad una generazione frivola,
-logora, ignara del vero bene, nimicava il padre ai figli,
-il fratello al fratello; donde eseredati figliuoli, repudiate
-mogli, puniti schiavi, scassinata l'autorità domestica.
-Non che opporre agli antichi nuove glorie, nuove virtù,
-proferivansi dannati eternamente gli uomini più cari e
-venerati, i conquistatori ed i sapienti, i Cesari e i Ciceroni;
-chiamati demonj gli Dei, pel cui auspicio era
-ingrandito il Campidoglio. Mentre Roma intitolava eroi
-quelli che aveano sterminato maggiori popoli, grandezza
-il rapire a molti l'indipendenza, principal fonte
-di potere e di gloria la guerra, unico scopo di questa
-la conquista; ecco predicarsi la pace, la fratellanza, la
-giustizia, condannarsi cioè tutta la politica antica e
-nuova di Roma; dall'angustie d'una patria terrena
-sollevati gli animi ad una invisibile, della quale erano
-cittadini gli uomini tutti, anche il vinto, anche il barbaro,
-anche lo schiavo.
-</p>
-
-<p>
-La religione de' Latini era essenzialmente nazionale,
-e incarnata colla repubblica; Roma, città santa, inorgoglivasi
-di derivare dagli Dei; a sette cose sacre annetteasi
-la conservazione dell'impero (t. I, p. 153-4); nei
-maggiori frangenti consultavansi i Libri Sibillini; senza
-auspicj non si tenevano assemblee, senza feciali non
-s'indiceva la guerra o saldava la pace, senza sacrifizj
-non s'inaugurava imperatore o console; a comuni
-solennità si congregavano le federazioni; e le teorie,
-portando l'annuo omaggio della lontana colonia alla
-madrepatria, teneano stretto il nodo fra questa e quella.
-Intaccare pertanto la religione era intaccare lo Stato,
-era un dichiararsi nemici del genere umano.
-</p>
-
-<p>
-Augusto, fondando l'impero, trovò la necessità di
-rinnobilire le svilite idee religiose, e «ristorare i tempj
-<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span>
-e le crollanti immagini degli Dei» (<span class="smcap">Orazio</span>); e in testimonio
-dell'alleanza fra lo statuto e la religione, unì il
-sommo pontificato alla potenza imperiale, e collocò nel
-senato l'altare della Vittoria. Allora fu imposto silenzio
-alle voci che nella Roma repubblicana sbraveggiavano
-gli Dei e la vita futura; si moltiplicarono sacrifizj, iscrizioni
-votive, delubri. Mecenate, consigliando Augusto
-sul modo di governare, gli aveva detto: — Onora
-sempre e dappertutto la divinità secondo le leggi e gli
-usi aviti, e costringi gli altri a farlo. Quelli che introducono
-alcun che di stranio nel culto, detesta e punisci,
-non solo per riguardo agli Dei, ma perchè questi
-novatori trascinano molti cittadini ad alterare i costumi,
-donde vengono congiure, intelligenze, associazioni pericolose»<a class="tag" id="tag30" href="#note30">[30]</a>.
-Le assemblee erano vietate, anche quando
-tendessero a pubblica utilità; e tanto più sedi scopo religioso.
-I giureconsulti «custodi delle divine ed umane
-cose» pronunziavano doversi conservare ad ogni costo
-il culto avito, e Ulpiano radunò tutte le leggi in proposito<a class="tag" id="tag31" href="#note31">[31]</a>.
-Ben è vero che ai numi patrj e ai greci si
-erano aggiunti ora l'Iside egizia, ora il Mitra persiano,
-poco importando al politeismo che gli Dei fossero venti
-o cento, anzi alla costituzione essendo consono l'adottare
-gli Dei stranieri, ed alla politica l'assimilarsi i vinti
-coll'accettarne le credenze. Ma tutt'altrimenti andava
-il caso con una religione che ogn'altra escludeva, che
-<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span>
-diceasi universale, e destinata a fabbricare il suo tempio
-colle macerie delle nemiche.
-</p>
-
-<p>
-La tirannia fin allora aveva colpito gli uomini nel
-corpo, ne' beni, nella vita, non s'era rivolta all'anima,
-al pensiero, mai non avendoli incontrati sulla sua via.
-Era la prima volta che desse di cozzo in una fede seria,
-profonda, pronta ad obbedire finchè le si chiedessero
-gli averi e il sangue, ma risoluta a resistere quando
-n'andassero di mezzo la credenza o il dovere: in quella
-gara di farsi vili al pie' di vili regnanti, insegnano che
-l'uomo è soltanto di Dio<a class="tag" id="tag32" href="#note32">[32]</a>; quanto ai dogmi ed
-all'esercizio di loro religione, non conoscono superiorità
-terrena; adoprano sincerità e pazienza, non forza
-o scaltrezze, non calare a transazioni, non guadagnar
-tempo; persuasi che tutte le cose visibili sono un nulla
-a petto delle arcane, che l'unico bene consiste nell'accettar
-la croce, l'unico male nel peccato, e che la follia
-del Calvario trionferebbe dell'ostinazione d'Israele e
-della superbia di Roma: gl'imperatori o i proconsoli
-vogliono forzarli? se deboli, fuggono; se no, soffrono,
-non piegano: contro la barbarie raddoppiasi la loro
-costanza, la quale diventa ad altri eccitamento, sicchè
-«il sangue è semenza di Cristiani».
-</p>
-
-<p>
-Pure cotesti settarj dal loro Cristo aveano imparato
-a rispettare la potestà; sotto imperatori che disonoravano
-la natura, i loro dottori gli esortavano alla docilità,
-non essendo ancora in tal numero che bastassero
-a rappresentare un voto nazionale e mutare un reggimento.
-San Vittore interrogato da un prefetto, risponde: — Nulla
-ho fatto contro l'onore o gl'interessi dell'imperatore
-o della repubblica; non ricusai di assumere
-la difesa ove il dovere me l'imponeva; ogni giorno
-offro il sacrifizio per la salute di cesare e dell'impero;
-ogni giorno in favore della repubblica immolo vittima
-<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span>
-spirituale al mio Dio». Perocchè il cristianesimo, improntato
-della universalità, attributo incomunicabile
-delle soluzioni divine, collocò la religione ben disopra
-alla parte contingente e variabile della società, fermandola
-nell'essenziale e permanente, sicchè l'uomo, in
-qualunque clima e qualunque governo, possa operare
-il perfezionamento proprio e meritarsi il cielo; sotto
-principi crudeli e scostumati non si ribella alla società,
-da' cui peccati rifugge; non pretende sovvertirla, ma
-cerca emendarla; combatte i vizj del secolo, ma senza
-staccarsi da esso.
-</p>
-
-<p>
-Pertanto i Cristiani, ignorati o tollerati, erano cresciuti.
-I padroni degli schiavi s'accorgeano d'un mutamento,
-non cominciato dalle sublimi, ma dalle infime
-parti della società: alcuni sofisti tolsero a sillogizzare
-sopra quelle credenze: i sacerdoti vedeano diradarsi i
-tempj, sminuire le offerte. Allora, aperti gli occhi, si
-conobbe che costoro, nati appena jeri, già empivano i
-fòri, i tribunali, le legioni; senz'armi, senza difesa,
-negavano obbedienza ad ordini così semplici, quali
-pareano il bruciare un grano d'incenso sull'ara di un
-dio o d'un imperatore; e piuttosto accontentavansi di
-morire. Alla romana legalità, che faceva delitto il contrariare
-un decreto qualunque, come doveva movere
-sdegno questa inobbedienza! Gli statisti, che sentivano
-non poter più Roma prosperare dacchè era spoglia di
-morale ed abbandonata ai baccanali della forza, sapevano
-però che nel cadavere d'un grande Stato le istituzioni
-antiche conservano una vita galvanica, perchè
-e l'aristocrazia si ricorda qual fu, e l'esercito è abituato
-ad una certa disciplina, e il popolo ad un'amministrazione
-qual ella sia, e nel principe si concentrano la
-forza e l'opinione. Di qui la tenacità alle forme vetuste,
-che è propria de' dominj deboli; di qui l'odio dei
-politici contro il cristianesimo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span>
-</p>
-
-<p>
-Sopragiungevano intanto sempre nuove traversie;
-peste, tremuoti, fame, correrie di Barbari: e i Cristiani
-predicavano, — Sono avvisi del cielo; Roma e il mondo,
-sommersi in un mare di vizj, meritano questi e peggiori
-castighi». Fremeano i Gentili a tal voce, quasi desiderassero
-o si compiacessero de' mali di cui adducevano
-la ragione: i politici si confermavano nel crederli avversi
-allo Stato: i religiosi pensavano che le costoro
-bestemmie irritassero gli Dei, i quali, destri un tempo
-agl'incrementi di Roma, lasciavanla allora sfasciarsi.
-Adunque ne si plachi la collera col sagrificare i loro
-nemici; il Cristiano, pel solo suo nome, sia considerato
-«nemico de' numi, degl'imperatori, delle leggi, de' costumi,
-di tutta la natura»<a class="tag" id="tag33" href="#note33">[33]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Derivavano dunque dalla legalità romana le persecuzioni,
-che quella civiltà ci presentano in un aspetto
-differente assai dal classico; quistione politica più che
-religiosa, dove, poco curando la dottrina, punivasi la
-disobbedienza; e dove gl'imperatori buoni, cioè ispirati
-dall'antico genio romano, imperversarono più che non
-i malvagi, quali Comodo od Elagabalo.
-</p>
-
-<p>
-La Chiesa noverò le sue vittorie dal numero delle
-sue tribolazioni. Sotto Nerone vedemmo la prima volta
-perseguitati i Cristiani, e non pare fosse soltanto per
-dare una soddisfazione al popolo, nè che si limitasse a
-Roma<a class="tag" id="tag34" href="#note34">[34]</a>. Domiziano, quando voleva rifabbricare il
-Giove Capitolino, tassò gli Ebrei un tanto per testa; e
-i Cristiani, compresi sotto quel nome, non volendo a
-<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span>
-verun patto contribuire per idolatrie, ne nacque nuova
-persecuzione, in cui caddero Flavio Clemente, cugino
-dell'imperatore e collega di lui nel consolato, colla
-moglie e la nipote Domitilla. Il cristianesimo era già
-dunque arrivato ai limitari della reggia.
-</p>
-
-<p>
-Plinio Cecilio (t. <span class="smcap lowercase">III</span>, p. 339), stando proconsole della
-Bitinia e del Ponto, sentì contrasto fra il dovere d'eseguir
-la legge che condannava i Cristiani, e la coscienza
-propria che glieli mostrava incolpevoli; laonde interpellò
-l'imperatore Trajano come comportarsi, e se
-fossero a punire indistintamente giovani e vecchi, se
-perdonare a chi si pentiva. — Gl'interrogai (soggiunge)
-se fossero cristiani; e quei che confessarono, escussi
-due o tre fiate con minaccia del supplizio se perseveravano,
-gli ho condannati, giacchè meritano castigo la
-disobbedienza e l'ostinazione. Alcuni denunziati negarono;
-altri dissero aver cessato d'essere cristiani, ed
-affermavano che tutto il loro errore o delitto consisteva
-nell'adunarsi un giorno prefisso avanti l'alba e avvicendare
-inni a Cristo come fosse dio; si obbligavano
-con giuramento di non commetter furto, adulterio od
-altro misfatto, nè negare il deposito; poi raccoglievansi
-a mensa comune, innocente. Credetti bene chiarir la
-verità col mettere alla tortura due giovani schiave che
-diceansi addette ai ministerj di quel culto: non vi ho
-scoperto che una superstizione trasmodata, laonde ho
-sospeso tutto, aspettando tuoi ordini. Gran numero di
-persone d'ogni sesso e grado sono e saranno comprese
-in tale accusa, poichè questo contagio non ha soltanto
-infette le città, ma si è dilatato pei villaggi e le
-campagne».
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'imperatore, rispondendo, collauda l'operato del
-suo ministro, ma essere impossibile stabilir regola
-certa e generale in cause di questa natura. — Non bisogna
-fare indagini; ma se accusati e convinti, punirli; se
-l'imputato nega d'esser cristiano, gli si perdoni».
-</p>
-
-<p>
-Strana rivelazione del contrasto fra la legalità e la
-giustizia! Il proconsole, uomo onesto, non trova rei
-questi settarj se non del nome, pure non domanda che
-siano salvati, sibbene con qual misura deva castigarli;
-e li mette al tormento per iscoprirne delitti, di cui non
-sono accusati. L'imperatore, un de' migliori, anch'egli
-tentenna fra il proprio sentimento e la ferrea rigidezza
-delle leggi! E come! la legge è tanto vaga che i prudenti
-stessi non sanno come interpretarla, e può essere
-sospesa non solo dall'imperatore, ma fin dal proconsole:
-eppure a' dubbj di questo l'imperatore non risponde
-se non che ha fatto bene. Se sono colpevoli, perchè
-declinare l'indagine? perchè assolverli sulla semplice
-negativa? Se innocenti, perchè punirli di confessare
-ciò che non è colpa? Che legislazione è cotesta dove
-si castiga non un fatto, ma un sentimento? Qual sanguinoso
-testimonio del niun conto che gli antichi faceano
-della vita dei loro simili!<a class="tag" id="tag35" href="#note35">[35]</a>
-</p>
-
-<p>
-Che se tanto lasciavasi all'arbitrio de' tribunali, e
-sotto un Plinio ed un Trajano, che doveva essere delle
-assemblee tumultuarie, quando la plebe, nei giorni
-devoti agli Dei o fra la sanguinaria ebbrezza dell'anfiteatro,
-chiamava a gran voci, — I Cristiani alle fiamme,
-alle fiere?» Editti d'Adriano e d'Antonino vietarono
-di far fondamento sulla semplice diceria per condannarli:
-ma che, se i rei medesimi confessavano, anzi
-<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span>
-gloriavansi? Come doveva inviperire l'orgoglio degli
-imperatori o de' loro ministri allorchè vedeano un
-fanciullo, una donna, un oscuro cittadino confessare
-apertamente il delitto apposto; e a lusinghe, a promesse,
-a minaccie resistendo, ricusare non un delitto, ma l'atto
-il più semplice del culto nazionale, un granello d'incenso
-al dio Giove o al dio Antinoo! Li straziavano allora
-colla tortura, non per istrapparne la confessione del
-delitto, ma acciocchè il negassero; oppure mettevano
-a lubriche prove la continenza dei giovani e la castità
-delle vergini; e infelloniti dalla resistenza, gli abbandonavano
-a' manigoldi e al vulgo, in cui la ferocia,
-innestata dall'abitudine de' supplizj e de' giuochi circesi,
-veniva esasperata dal fanatismo.
-</p>
-
-<p>
-Talvolta governatori umani respingevano le accuse,
-o con sotterfugi salvavano gl'imputati; talvolta li cacciavano
-solamente a confine: ma altri li chiudevano
-negli ergastoli e nelle miniere, oppure esercitavano su
-loro l'esacerbazione che permetteva la legge, iniquissima
-perchè indeterminata. Alla prova soccombevano?
-riportavano applausi dai Pagani, orrore e compassione
-dai Cristiani. Chi subisse generoso i tormenti, restava
-in venerazione: i fedeli baciavano le catene portate e
-le cicatrici rimaste; pei morti istituivano annue commemorazioni;
-e il sangue e le ossa, raccolte studiosamente,
-venivano poste sotto gli altari che servivano di
-mensa al viatico di quelli che si professavano pronti ad
-imitarli, e che in impeto generoso ambivano il martirio
-fin a denunziarsi da se stessi, a sturbare a bella posta
-i riti idolatrici, a ricusare la clemenza, e negli anfiteatri
-provocar l'ira delle fiere e de' manigoldi<a class="tag" id="tag36" href="#note36">[36]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span>
-</p>
-
-<p>
-A malgrado degli scrupoli di Trajano, consta che
-sotto di esso molti subirono il martirio. Clemente papa
-fu sbandito dalla sua sede. Ignazio, vescovo d'Antiochia,
-fu da quell'imperatore mandato a Roma, perchè vi fosse
-ucciso: sul viaggio dell'intrepido confessore di Cristo
-accorreano vescovi, diaconi, fedeli; in Roma tanti mostravano
-interesse per lui, ch'egli temeva riuscissero a
-camparlo dal martirio; ma come vi si seppe destinato,
-coi fedeli pregò il Figliuol di Dio per le Chiese, per la
-carità fra' Cristiani, per la cessazione delle persecuzioni:
-esposto nell'anfiteatro alle fiere nelle feste Sigillarie,
-mentre i Gentili applaudivano ai leoni che lo sbranavano,
-i fedeli pregavano per esso, e ne davano avviso
-ai fratelli d'ogni paese, affinchè quel giorno tenessero
-in perpetuo solenne.
-</p>
-
-<p>
-Adriano, spinto al sangue da zelo per le superstizioni
-e la magìa, e da odio per gli Ebrei, ordinò processure,
-nelle quali caddero i papi Alessandro, Sisto e Telesforo.
-Fabbricata la villa di Tivoli, cominciò magnifici sacrifizj
-<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span>
-per dedicarla: ma che? le vittime, gli auspizj, gli
-augurj uscivano a vuoto o in sinistro. Interrogati con
-più vigorose evocazioni, gli Dei risposero: — Come
-renderemmo oracoli, se ogni giorno Sinforosa co' suoi
-sette figli ci oltraggia, invocando il suo Dio?» L'imperatore
-ebbe a sè costei, che richiesta dell'esser suo,
-rispose: — Mio marito Getulio, con Amanzio fratel suo,
-tribuni militari, patirono per Gesù Cristo, ed anzichè
-immolare agli Dei, lasciaronsi recidere il capo, acquistando
-infamia in terra e gloria fra gli angeli». E intimandole
-l'imperatore, — Tu sagrificherai agli Dei, o
-sarai a loro sagrificata», non esitò nella scelta, anelando
-di ricongiungersi collo sposo. L'imperatore dunque
-la fece condurre nel tempio d'Ercole, quivi schiaffeggiare,
-sospendere pei capelli, e durando pur ferma,
-gettare nelle cascatelle, memori delle voluttuose canzoni
-d'Orazio. I figliuoli ne imitarono la costanza.
-</p>
-
-<p>
-Era Aglae una romana tanto ricca, che tre volte
-diede i pubblici spettacoli; amministravano le sue entrate
-settantatre agenti, ai quali soprantendeva Bonifazio,
-uomo ospitale e largo coi poveri, ma licenzioso, e che
-con essa viveva in peccato. Avuto da Aglae commissione
-di andare in Oriente, e recare reliquie di martiri,
-per cui intercessione ottenere perdonanza, egli partì con
-dodici cavalli, tre lettighe e molti profumi; e per via
-cominciò a pensare seriamente ad un'opera assunta
-con leggerezza, e ad orare e far astinenza. Giunto a
-Tarso, vide il martirio d'alcuni Cristiani, e preso dalla
-costoro fermezza, li pregò che per lui pregassero; sicchè
-il governatore fece esporre lui pure ad ogni peggior
-tormento, che egli comportò pazientissimo in ammenda
-del passato. Aglae, avvertita del martirio dell'amante,
-ne ricomprò il cadavere a molto prezzo, e ritornata
-allo spirito, diede ogni aver suo ai poveri, e con poche
-donzelle si ritirò dal mondo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span>
-</p>
-
-<p>
-Cecilia romana, obbligata contro voglia al matrimonio,
-converte il marito, il cognato e altri, ed è condannata
-a perdere gli occhi da un governatore cui
-troppo erano piaciuti. Maria, schiava d'un Tertullo
-senatore romano, sola della casa adorava Cristo, ed era
-tollerata per la fedeltà e l'esatto servire. Sopragiunta
-la persecuzione di Diocleziano, il padrone, per non
-essere costretto a denunziarla e così perderla, la fa
-battere a verghe onde muti fede, e sepellire in carcere,
-ma senza smoverla. Il giudice, informatone, la volle a
-sè, la fece martorare tanto che il popolo incompassionito
-volle si cessassero i tormenti. Il giudice la diede
-allora in custodia ad un soldato, ed essa temendo
-per la sua onestà, fuggì tra i monti, ove finì poi
-santamente<a class="tag" id="tag37" href="#note37">[37]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Molte altre donne col santo eroismo assicuravano la
-libertà della femmina, e ricompravano dall'obbrobriosa
-servitù il loro sesso, elevandolo alla dignità della donna
-cristiana. Così la bellezza domava la forza, la morte
-intimoriva i viventi, e la fede trionfava dell'orgoglio.
-</p>
-
-<p>
-Que' Romani che non voleano stordirsi sull'avvilimento
-della patria, si compiacevano nel rimembrare
-gli Scevola, i Bruti, i Catoni, prodighi delle grand'anime
-per una libertà, che sembrava più bella dacchè perduta;
-e nel segreto vantavano i pochi che ancora gl'imitassero
-o li contraffacessero resistendo ai cesari e affrontando
-la morte. Or eccoti una setta che proclama la libertà;
-non la libertà che rinnega l'ordine e che si acquista per
-sommosse, ma che rifiuta qualsivoglia restrizione alla
-coscienza, e per la quale cotesti Galilei sanno, non
-darsi la morte, ma intrepidi aspettarla<a class="tag" id="tag38" href="#note38">[38]</a>. Ma gli
-eroi, sublimando la passione umana, operavano cose
-<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span>
-straordinarie per l'acquisto di gloria: i santi, rinunziato
-ad ogni passione, senza calcolare le proprie forze,
-inermi ma intrepidi affrontavano le potestà umane e
-le infernali, nulla curando della lode, e la volontà propria
-rimettendo affatto a Dio.
-</p>
-
-<p>
-Vero è che i Romani erano avvezzi a quotidiani
-supplizj, a conflitti di gladiatori, a battaglie nella città
-o sui campi, a stoici suicidj: ma coloro o lasciavano
-la vita costretti, o la gittavano come un carico importabile,
-al più la deponevano con indifferenza, come cosa
-che saziò. Ne' Cristiani, all'incontro, fanciulli «che non
-distinguono la destra dalla sinistra», vecchi, donne,
-morivano non coll'orgogliosa dignità delle scuole, ma
-con semplicità; non per erudizione di dottrine morte,
-ma per le parole della vita; non per se stessi, ma pel
-genere umano: fra supplizj squisiti non metteano lamento,
-gioivano, perdonavano. «Il vulgo (dice Lattanzio)
-vedendo le persone lacerate con varj tormenti,
-e mentre i carnefici si stancano, esse durare nella pazienza,
-fa giudizio che non sia vanità questa perseveranza
-dei morenti, e che senza Dio non potrebbero
-sopportarsi tanti spasimi. Masnadieri, persone robustissime
-non reggono a pari torture, gemono, urlano,
-soccombono al dolore, perchè vi manca l'ispirata pazienza.
-I nostri, non che uomini, ma fanciulli e donnicciuole,
-tacendo vincono i loro tormentatori, nè il
-fuoco stesso può strappar ad essi un gemito; il sesso
-debole, la fragile età soffrono d'essere sbranati a membro
-a membro, e non per necessità, giacchè potrebbero
-evitarlo, ma per volontà, giacchè confidano in
-Dio»<a class="tag" id="tag39" href="#note39">[39]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'antica società facea dunque il suo dovere, e il suo
-la nuova; i Cristiani subiscono la pena di morte, ma
-la dichiarano iniqua; si crederebbero contaminati pur
-dalla vista d'un supplizio, e interdicono il sacerdozio
-a chi uccise od esercitò diritto di sangue<a class="tag" id="tag40" href="#note40">[40]</a>; sublimando
-per tal guisa il carattere dell'uomo, non più
-soltanto quand'è ravvolto nella toga senatoria o nel
-mantello filosofico, o decorato dell'anello equestre, ma
-anche povero, ignorante, nudo, perfin colpevole; è
-uomo, e basta. Questa tacita ma costante resistenza
-rivelò la vigoria del cristianesimo.
-</p>
-
-<p>
-Ai propagatori del vero più che le persecuzioni e
-la morte pesano la calunnia o la noncuranza; e queste
-porsero nuovo esercizio alla pazienza de' primi Cristiani.
-Giovenale descrisse uno dei loro supplizj coll'indifferenza
-d'un franco pensatore al cospetto di fanatici<a class="tag" id="tag41" href="#note41">[41]</a>;
-Tacito confuse questa <i>setta odiosa</i> colle tante che infestavano
-Roma, cloaca di tutte le immondezze<a class="tag" id="tag42" href="#note42">[42]</a>;
-Plinio giuniore non può crederli rei, eppure li punisce;
-Plinio maggiore, Plutarco, Quintiliano nè tampoco li
-nominano; nè la lunga storia di Dione Cassio, nè quasi
-la più ampia <i>Storia Augusta</i>; il satirico Luciano ne
-fa assurde celie; i dotti gli accusano di predicare a
-<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span>
-donne, fanciulli, schiavi, evitando di scontrarsi con
-pensatori.
-</p>
-
-<p>
-Ma intanto la parola, soffocata o derisa, echeggiava
-da mille parti; e già penetrava nelle scuole, sostenuta
-con eloquenti scritture e incalzanti argomentazioni; nè
-più fu lecito alle persone colte ignorarla quando veniva
-a provocar l'esame e chiedere giustizia. Alcuni autori
-vi attingevano verità dapprima ignote, sicchè qualcosa
-di più puro ed elevato inserivano in libri di fondo
-pagano. Singolarmente in Seneca, fra tante debolezze
-e vanità, s'incontrano rudimenti di precetti e persino
-frasi, che accertano avesse cognizione de' libri cristiani,
-anzi alcuno disse amicizia con san Paolo<a class="tag" id="tag43" href="#note43">[43]</a>. Il suo
-<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span>
-non è più il Dio cieco ed impotente degli Stoici, ma
-uno incorporeo, indipendente, che è sua propria necessità,
-e che prima di far il mondo lo pensò<a class="tag" id="tag44" href="#note44">[44]</a>;
-abita in cuor dell'uomo virtuoso<a class="tag" id="tag45" href="#note45">[45]</a>, vuol essere
-amato<a class="tag" id="tag46" href="#note46">[46]</a> perchè ci ama; noi siamo socj e membri
-suoi<a class="tag" id="tag47" href="#note47">[47]</a>: la maestà degli Dei è nulla senza la loro
-bontà: la Provvidenza governa il mondo, non da madre
-cieca, ma da padre prudente, laonde obbedire a Dio è
-libertà<a class="tag" id="tag48" href="#note48">[48]</a>: supremo bene è il possedere un'anima
-retta e una lucida intelligenza. Romano, egli seppe
-compassionar l'uomo esposto alle belve e agli stocchi
-dell'anfiteatro. — Voi dite, egli commise un delitto e
-merita morte. Sia; ma voi, qual delitto avete voi commesso
-per meritare d'essere spettatori del suo supplizio?»<a class="tag" id="tag49" href="#note49">[49]</a>
-Proclamò che «il divino spirito appartiene
-allo schiavo come al patrizio; schiavo, liberto, cavaliere,
-son parole inventate dalla vanità o dal dispregio; la
-virtù non esclude veruno; ognuno è nobile perchè
-discende da Dio. Non li chiamare schiavi, ma uomini,
-ma commensali, ma men nobili amici, ma consorti di
-schiavitù, giacchè la fortuna ha su noi i medesimi
-diritti come su loro. Quel che tu dici schiavo, viene
-<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span>
-dal ceppo stesso che tu. Consultalo, ammettilo a' tuoi
-colloquj, a' tuoi pasti; non voler essergli formidabile,
-e ti basti quel che basta a Dio, rispetto e amore»<a class="tag" id="tag50" href="#note50">[50]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Per verità le azioni sue furono poco cristiane, ma
-certo egli migliorò sul fine di sua vita: le lettere a
-Lucilio tengono più del serio; nella sesta accenna ad
-un cambiamento avvenuto in lui, ad una trasfigurazione;
-gli manda libri dove ha segnato i passi più degni d'approvazione
-e ammirazione. Pure nelle lettere stesse
-colloca il saggio più in alto che Dio, esalta il suicidio,
-dubita dell'immortalità, e affatto da gentile fu la sua
-morte; onde possiam conchiudere con Erasmo: — Se
-si legga come pagano, scrisse cristianamente; se come
-cristiano, scrisse gentilesco».
-</p>
-
-<p>
-Ma la sapienza, che in lui e in altri moralisti s'incontra
-a frammenti e tra contraddizioni, veniva insegnata
-nella sua pienezza dai santi Padri, e col carattere
-dell'universalità. Quella manifestazione di Dio rendeva
-inescusabile il paganesimo<a class="tag" id="tag51" href="#note51">[51]</a>; quella fede indomita
-a terrori e lusinghe, quelle virtù più che umane infondeano
-nel mondo uno spirito nuovo; sicchè la Chiesa,
-poc'anzi appena sperante, si estende trionfatrice, e
-s'accinge a riformare la società con nuovo sistema di
-credenze e di morale. Chè, sebbene il cristianesimo
-non tendesse a cambiar le relazioni e la condizione
-esterna dell'uomo, dichiarasse anzi non voler portare
-la mano all'edifizio della società, e rispettasse le grandi
-ingiustizie d'allora, la tirannide, la schiavitù, la guerra,
-pure sin da' primordj si mostrò fruttuosissimo al civile
-progresso. Non cambiando la società, bensì il modo
-d'apprezzarla; non togliendo i patimenti, ma trasformandoli
-in meriti; non mirando a riformare il popolo
-per mezzo dei governi, ma questi per mezzo di quello,
-<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span>
-migliorava la morale e gl'intelletti, incivilimento importantissimo
-giacchè intimamente connesso col civile. Ove
-dominavano l'anarchia, l'empietà, la dissolutezza, l'egoismo,
-eccolo sostituire un gerarchico ordinamento,
-la fede, la santità, l'amor generoso ed universale. Il
-potere, anche mentre restringe e comprime la spirituale
-società, ne prova il virtuoso ascendente: i giureconsulti,
-meditando sulla lettera tenace delle leggi,
-sentonsi da un'aura diversa lor malgrado ispirati: nella
-costituzione, ove tutto possono l'esercito e l'imperatore,
-appare un esempio delle due supreme garanzie della
-libertà, l'elezione e il dibattimento: si sciolgono gli
-uomini dalle leggi umane arbitrarie, per sottometterli
-alla legge razionale e divina<a class="tag" id="tag52" href="#note52">[52]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Tali benefizj non furono allora intesi dai forti nè dai
-savj; e quelli, indispettiti e meravigliati del trovar gente
-che, contro il volere imperiale, sostenesse l'indipendenza
-delle proprie convinzioni, tolsero a perseguitarla, dapprima
-per antipatia, senz'ira, senza timore, fin senza
-fanatismo, per secondare il gusto che il popolo prendeva
-ai supplizj; poi per un deliberato proposito di
-sterminarla.
-</p>
-
-<p>
-Sotto gli Antonini, che erano la stessa bontà, come
-dice il dabben Muratori; che erano i migliori de' principi
-e i migliori degli uomini, come dice il retorico
-Gibbon, non mancarono martiri. Pare che del loro
-tempo venisse a Roma Luciano, nativo di Samosata in
-Asia, il quale per l'universale ironia ben fu paragonato
-a Voltaire. Ricco di cognizioni, potente di stile, arguto
-di riso, fece una trista pittura de' costumi romani, poi
-volse in beffa tutto quanto si credeva e venerava, il
-<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span>
-potere come il sapere, le religioni come la filosofia;
-gli Dei perseguita con frizzi che doveano sconficcarli
-non meno dei ragionamenti, e attesta che nè gl'intelletti
-serj nè gli arguti più non vi prestavano fede o
-rispetto; e se ancora se ne frequentavano gli altari, più
-non era se non per convenienza sociale.
-</p>
-
-<p>
-Marc'Aurelio fra tante virtù non ebbe quella di
-resistere ai filosofi che l'accannivano contro i Cristiani;
-e come rei di attentare alla religione dello Stato, e
-nutrire spiriti avversi alla pubblica cosa, li perseguitò
-o lasciolli perseguitare, finchè, dicono, il riferito miracolo
-della legione fulminante sospese le stragi. Risparmiata
-sotto Comodo e i successivi, si dilatò la credenza
-nostra. Se n'adombrò Settimio Severo sul finire del
-regno, e confondendoli cogl'irrequieti Ebrei, promulgò
-un editto contro i nuovi proseliti, ma che facilmente si
-estendeva anche agli altri, e massime a quelli che andavano
-a convertire: onde la persecuzione cominciata
-in Egitto, si propagò pel resto dell'impero.
-</p>
-
-<p>
-È ingagliardita assai un'opinione quando la parte
-che può opprimerla a forza, sentesi tratta a combatterla
-con argomenti. Trasferita che fu la quistione nel
-campo della parola, i Cristiani poterono accettare quella
-battaglia, per la quale, più che per pacifiche comunicazioni,
-si propaga la verità. Adunque, mentre i martiri
-col sangue, altri coll'ingegno difesero la verità in una
-serie di apologie, dirette le più agl'imperatori onde
-distorli dalla persecuzione coll'esporre la morale e i
-dogmi cristiani. Le più rinomate sono quelle che san
-Giustino samaritano indirizzò ad Antonino e Lucio
-Vero, al senato e al popolo romano, poi a Marc'Aurelio,
-lagnandosi che, dove si tolleravano tante assurde religioni,
-soli i Cristiani venissero perseguitati, essi tanto
-meglio costumati che i Gentili, e che con orribili torture
-si estorcessero confessioni di colpe bugiarde.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span>
-</p>
-
-<p>
-Tertulliano cartaginese, il più eloquente padre in
-lingua latina, commentando l'accennata lettera di Trajano
-a Plinio<a class="tag" id="tag53" href="#note53">[53]</a>, mostrava quale ingiustizia fosse il
-punirli pel solo nome, togliere ad essi la difesa e gli
-avvocati che a nessun reo si negano, nè appurare i
-delitti confessati, la qualità, il tempo, il modo, i complici.
-All'illegalità delle processure aggiunge la sconvenienza
-di castigare tante persone, e — Che farete delle
-migliaja d'uomini, di donne, d'ogni età e condizione,
-che presentano le braccia alle vostre catene? di quanti
-roghi, di quante spade non avrete bisogno? Ci si
-accusa di mangiar fanciulli. Come! bensì in Africa durò
-l'uso d'immolarne a Saturno, fin quando Tiberio non
-fece crocifiggere i sagrificatori agli alberi che ombreggiavano
-il tempio. Ma se l'uso pubblicamente è cessato,
-praticasi ancora in segreto: uomini si scannano a Mercurio
-dai Galli; sangue umano versasi in Roma stessa
-per onore di Giove; mentre noi Cristiani ci asteniamo
-perfino dal gustare qualunque sangue<a class="tag" id="tag54" href="#note54">[54]</a>. Ci calunniano
-di lesa maestà: ma sebbene i Cristiani non manifestino
-la devozione con giuramenti e bagordi, pregano
-il Dio vero acciocchè all'imperatore conceda lunga
-vita, regno riposato, sicurezza nei palazzi, valor nelle
-truppe, fedeltà nel senato, probità nel popolo, pace in
-tutto il mondo. Coloro che più profondono di tali testimonianze
-agl'imperatori, gli sono i meno fedeli e
-meglio disposti alla ribellione: al contrario i Cristiani
-<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span>
-perseguitati obbediscono; e quand'anche il popolo previene
-gli ordini supremi per ucciderli, e viola perfino
-i cadaveri, essi non pensano alla vendetta... Dilaga il
-Tevere? non dilaga il Nilo? difettasi d'acqua? trema la
-terra? gittasi una carestia, una peste? tosto si esclama,
-<i>I Cristiani ai leoni.</i> Simili sventure non venivano
-esse anche prima di Cristo? e sono effetti dello sdegno
-di Dio contro gli uomini colpevoli e ingrati. Intanto,
-quando il seccore fa temere di sterilità, voi sacrificate
-a Giove, frequentando i bagni, le osterie, i postriboli;
-noi cerchiamo placare il Cielo colla continenza, colla
-frugalità, con digiuni, col coprirci di sacco e di cenere;
-e ottenuta misericordia, ne diamo onore a Dio. Ma
-queste sciagure non ci scompongono, nè in questo
-mondo altro desiderio abbiamo che di partirne il più
-presto possibile».
-</p>
-
-<p>
-Così la Chiesa dogmatizzava e disputava, soffriva e
-protestava; venerava i martiri, ma facea sentir le ragioni
-ai popoli ed agli imperatori.
-</p>
-
-<p>
-Alla morte di Settimio Severo tanto s'erano assodati
-i Cristiani, che, mentre prima adunavansi in case private
-e di nascosto, poterono eriger chiese, comprare
-terreni in Roma, pubblicamente far le elezioni. Alessandro
-Severo gli ammise nella reggia come sacerdoti
-e come filosofi, e a vescovi e dottori concesse le sue
-grazie: ma quando Massimino succedutogli punì gli
-amici del predecessore, molti Cristiani andarono avvolti
-nel castigo, poi altri in occasione di un tremuoto.
-</p>
-
-<p>
-L'imperatore Filippo li favorì tanto, che si credette
-ne avesse abbracciata la fede: ma sotto Decio, un fanatico
-poeta uscì in pubblico, deplorando l'abbandonata
-religione; il vulgo chiese fosse riparata col sangue degli
-empj; e i magistrati cercarono l'aura popolare col
-concederlo. Anche la peste, che in quel tempo devastava
-l'impero, aizzò la furia del popolo e la superstizione
-<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span>
-dei ministri ad isfogarsi sopra queste innocenti vittime,
-che rendevano il ricambio col profondere assistenza,
-preghiere, carità. Allora i principali vescovi furono
-morti od esigliati; per sedici mesi impedito al clero
-di Roma d'eleggere un successore all'ucciso papa Fabiano;
-i preti di questo messi in carcere; sistemata la
-persecuzione per via di decreti.
-</p>
-
-<p>
-Valeriano al fine del regno, per istigazione del prefetto
-Macriano, egizio e dotto di magia, perseguitò
-nuovamente i Cristiani, tra i quali caddero illustri vittime,
-e Stefano e Sisto II papi. Gallieno sospese le persecuzioni;
-e quantunque alcune vittime cadessero sotto
-Aureliano, la Chiesa potè assumere quell'aspetto di
-legalità che il tempo conferisce.
-</p>
-
-<p>
-È nella natura dell'uomo di lasciar illanguidire una
-credenza allorchè non contrastata, ravvivarla quando
-combattuta. I Pagani guardavano con indifferenza o
-spregio la loro religione; ma quando i Cristiani si
-presentarono a mostrarne la falsità e l'indecenza, per
-reazione vi si affezionarono; le dottrine o le pratiche
-che bastava conoscere per disapprovarle, dichiararono
-non essere che vulgari aggiunte, oppure simboli di
-arcana sapienza e di morale sublime. Si rinfrescò pertanto
-la venerazione alle antiche favole; e il dispetto
-di vederle malmenate dai nuovi settarj, insegnava mille
-arti di sostenerle. Allora dunque rinnovati più pomposi
-che mai i sagrifizj, introdotti di nuovi, proposte iniziazioni
-ed espiamenti, con cui supplire a ciò che la
-Chiesa prometteva col battesimo e colla confessione;
-poi si moltiplicarono miracoli, e profeti, e oracoli, e
-guarigioni ai sacrarj di Esculapio e d'Igia; e tanto se
-n'esaltò il fanatismo del popolo, che città e comuni a
-gara supplicavano gl'imperatori di adempire le antiche
-leggi, cioè sterminare i Cristiani.
-</p>
-
-<p>
-Galerio e Diocleziano, abboccatisi dopo la guerra
-<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span>
-persiana affine di prendere un partito sopra un punto
-ormai divenuto capitale, da un'accolta di pochi primarj
-vennero persuasi di toglier via una setta, che formando
-uno Stato nello Stato, ne impacciava il movimento, e
-poteva minacciarne l'esistenza. Ed era vero che il cristianesimo
-cresciuto scomponeva l'unità così necessaria
-delle leggi e delle credenze; e chi volesse rintegrarla,
-trovavasi obbligato a questa scelta, o di rendere dominante
-la nuova religione, o di distruggerla. Di far il
-primo non ebbe senno o volontà Diocleziano; tentò il
-secondo, e professando voler abolire il nome cristiano,
-pubblicò la proscrizione generale: — In tutte le provincie
-si demoliscano le chiese; pena il capo a chi
-tenga conventicole segrete; si consegnino i libri santi
-per essere bruciati in forma solenne; i beni ecclesiastici
-venduti all'asta, o tratti al fisco, o donati a comunità
-e a cortigiani: quelli che ricusino omaggio agli Dei di
-Roma, se ingenui rimangano esclusi da onori e impieghi;
-se schiavi, dalla speranza di libertà; tutti sottratti
-alla protezione della legge: i giudici accolgano qualunque
-accusa contro i Cristiani, e nessun richiamo o
-discolpa».
-</p>
-
-<p>
-Se non fosse attestato concordemente da tanti storici,
-appena si potrebbe credere pubblicato da nazione civile
-un decreto di sì tirannesca perversità, che avvolgeva
-tanta parte del mondo nella persecuzione, sbrigliando
-le private violenze e le frodi coll'interdire agii offesi di
-portarne querela, e l'uffizio del giudice riduceva non a
-librare l'accusa colle prove, ma a scoprire, perseguitare,
-cruciare chi fosse cristiano o un cristiano volesse salvare.
-</p>
-
-<p>
-E la persecuzione di Diocleziano rimase famosissima<a class="tag" id="tag55" href="#note55">[55]</a>,
-e la Chiesa d'Italia vi diede larga messe:
-<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span>
-in Roma Genesio commediante, Pancrazio di quattordici
-anni, Agnese di dodici, Sebastiano milanese, Marcello
-sacerdote, Pietro esorcista; a Benevento Gennaro
-vescovo, ingloriato dai Napoletani; a Bologna Agricola
-gentiluomo con Vitale suo schiavo; in Milano Nazaro,
-Celso, Naborre, Felice, Gervaso, Protaso; in Aquileja
-Canzio, Canziano e Canzianilla, di casa Anicia; — glorie
-nuove nel paese ove la gloria fin allora s'era dedotta
-dall'uccidere, non dal patire. Il diacono Cesario, venuto
-d'Africa a Terracina, vi fu testimonio dell'empio rito,
-per cui a certe solennità sagrificavasi un giovane ad
-Apollo gettandosi in mare; e levò la voce contro questo
-suicidio, onde meritò il martirio. Vuolsi che la legione
-Tebea negasse idoleggiare, e agli ordini imperiali rispondesse: — Noi
-siamo soldati dell'imperatore; da
-lui riceviamo la paga, ma da Dio la vita. Dobbiamo
-versar questa contro il nemico? sì il faremo: abbiam
-l'armi alla mano, ma non opponiamo resistenza, e
-preferiamo morire incolpevoli che uccidere gl'innocenti».
-Distinzione ignota ai soldati antichi, e per la
-quale furono trucidati a San Maurizio del Vallese<a class="tag" id="tag56" href="#note56">[56]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Gli editti di Diocleziano furono dai successori suoi modificati
-secondo l'indole loro o le circostanze; chè ormai
-la quistione non era più religiosa ma politica, e gl'imperatori
-ai Cristiani recavano pace o guerra, per calpestare
-o alzar una fazione, già preponderante nella
-fortuna dell'impero. Galerio, forse dalla malattia richiamato
-a sentimenti migliori, in nome proprio e di
-<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span>
-Costantino e Licinio, pubblicò un editto ove, asserendo
-«d'avere adoperato a ristabilire l'antica disciplina
-romana, e fare che si ravvedessero i Cristiani, i quali,
-presuntuosamente disprezzando la pratica dell'antichità,
-abbandonarono la religione dei padri; e avendone
-molti fatti patire e perire, vedendoli però ostinarsi a
-non rendere il culto debito agli Dei», permette che
-professino liberamente le private opinioni, e uniscansi
-nelle loro conventicole, purchè serbino rispetto alle
-leggi e al governo stabilito.
-</p>
-
-<p>
-L'opinione dianzi perseguitata, era ancor vilipesa,
-ma tollerata; onde i confessori vennero schiusi dagli
-ergastoli e dalle miniere, gli apostati tornavano a penitenza,
-i raminghi rivedevano le dolci case, e nella
-pubblica professione della fede e del culto loro ricantavano
-il Dio forte, il quale può dai sassi suscitare
-figliuoli d'Abramo.
-</p>
-
-<p>
-Costantino doveva meritare il cognome di grande da
-chiunque sa far merito a un principe di accettare le
-novità, mal fin allora combattute: che se gli emuli suoi
-chiedevano il favor popolare col secondare i Gentili,
-egli pensò appoggiarsi sui Cristiani, men numerosi ma
-pieni di gioventù e della forza di chi viene a riformare,
-talchè poteasi prevedere come nel loro movimento
-trascinerebbero l'inerzia pagana, e resterebbero in
-piedi quando il gentilesimo andava a fasci.
-</p>
-
-<p>
-Allora la santa letizia della libertà si diffuse in tutto
-l'impero; dalle squallide catacombe sbucavano i sacerdoti
-a celebrare alla faccia del mondo i riti della nuova
-alleanza; i vescovi solennizzavano memorie di martiri,
-o dedicavano chiese; i letterati pubblicavano virtù fin
-allora dissimulate; i fedeli, riconoscendosi fra loro,
-s'abbracciavano, saldando la fratellanza colla cena della
-perpetua commemorazione.
-</p>
-
-<p>
-Se non che al paganesimo rimanevano sostegno i
-<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span>
-sacerdoti, l'aristocrazia, i corpi municipali che spesso
-aveano provocato gl'imperatori alla persecuzione, i
-tanti magistrati e capitani. A Roma, per memoria degli
-antichi auspizj e per lunga sequela di sacerdozj, erano
-affezionate le persone di grado, e per consenso i liberti
-e gli schiavi; essa veniva considerata come splendido
-centro della religione; i riti, i giuochi, più che trastullo,
-v'erano l'occupazione e il nutrimento del vulgo; d'ogni
-parte vi conveniva il fiore della gioventù, che in quella
-sentina di tutte le superstizioni, come san Girolamo la
-chiamava, bevea l'odio del nome cristiano ne' tempj,
-nei teatri, nelle scuole. Era dunque assai che l'imperatore
-alla nuova religione concedesse libertà pari
-all'antica, senza avventurarsi di colpo ad un cambiamento
-che avrebbe sovvertito lo Stato<a class="tag" id="tag57" href="#note57">[57]</a>: onde prepararvi
-gli animi, negligentò alcuni riti nazionali; non
-celebrò i giuochi secolari nel 314; i Capitolini, cui
-avrebbe egli dovuto presentarsi cinto dai pontefici e
-dal senato, a capo dell'esercito, non impedì, ma volse
-in derisione<a class="tag" id="tag58" href="#note58">[58]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Eppure doveano inorridire i Romani rugginosi nel
-vedere il successore d'Augusto mettere a pari col pagano
-il culto pur dianzi proscritto; esimere i sacerdoti
-di questo dalle funzioni municipali, come quei del gentilesimo;
-proibire che la domenica si lavorasse, o che
-i giudici e i corpi dello Stato s'occupassero di verun
-affare, salvo che dell'emancipazione de' figli o degli
-schiavi. Ma Costantino non vi facea mente: e allorchè
-si trovò senza colleghi nè emuli, proscrisse i giuochi
-<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span>
-gladiatorj, le feste scandalose; chiuse tempj, tolse alle
-Vestali e ai sacerdoti profani i privilegi, concedendoli
-invece al clero e ai vescovi, alle cui sentenze diede
-forza quanto alle sue medesime, sminuendo in tal modo
-l'autorità de' magistrati secolari; largheggiò di beni e
-di denaro colle chiese<a class="tag" id="tag59" href="#note59">[59]</a>; sedeva ne' concilj, disputava
-<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span>
-di teologia, metteva sugli edifizj pubblici la croce,
-alzava il làbaro alla testa degli eserciti, e nel campo
-una cappella uffiziata da Cristiani.
-</p>
-
-<p>
-Ma non che indicesse guerra al paganesimo, conservava,
-come i suoi predecessori, il titolo di sommo
-pontefice, e in tale qualità fece decreti religiosi con
-titoli idolatrici; con immagini di numi si lasciò scolpire
-sulle medaglie; poi quando morì, sagrifizj gli furono
-fatti all'antica, ascrivendolo fra gli Dei. Tanto i Gentili
-erano lontani dal credere ch'egli avesse soppiantato il
-culto nazionale, e dal prevedere che non tarda il trionfo
-della verità, posta che sia a pari armi coll'errore.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap47">CAPITOLO XLVII.
-<span class="smaller">Traslazione della sede imperiale a Costantinopoli.
-Costituzione del Basso Impero.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Chi conosce quanta potenza sia inerente alla vista dei
-luoghi, intenderà gli ostacoli che in Roma dovea trovar
-Costantino alla sua deliberazione d'impiantare la nuova
-politica sopra una religione nuova. Unico centro non
-aveva il politeismo, che, neppure col concedere a tutti
-gli Dei l'ospitalità, caratteristica degl'istituti romani,
-giunse mai all'unità: pure Roma, cominciando dal suo
-fondatore, racchiudeva una serie di tradizioni gentilesche,
-colle quali andavano connesse le sue vittorie,
-l'orgoglio de' suoi bei giorni; e sarebbesi detto che
-Giove dalla rupe Capitolina minacciasse chiunque ne
-violava gli altari, benchè fosse disposto a dividerne gli
-onori con qualsifosse dio nuovo o rinnovato, da qualsifosse
-parte del mondo giungesse a Roma col suo
-bagaglio di superstizioni. Fra le quali come poteva il
-buon seme attecchire?
-</p>
-
-<p>
-Ogni atto pubblico poi, giusta l'origine sacerdotale
-del governo patrizio, era consacrato da cerimonie; e
-Costantino si stomacò de' riti profani: popolo e patrizj
-si scandolezzarono o indispettirono di vederlo vilipendere
-ciò che, non più per convinzione, ma per legalità
-era sacro; ed egli, non che sbigottire, deliberò staccarsi
-da cotesta genìa dirazzata e pretensiva. Il senato
-professava ancora che il governo del mondo fosse privilegio
-d'una stirpe; laonde l'abbattere le case senatorie,
-che parve il solo proposito comune a tutti gli imperatori,
-venne ancor meno da frenesia di sangue che da
-gelosia di dominio e da bisogno di rifornire l'erario
-<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span>
-colle pinguissime loro fortune. Di tal passo rimase
-annichilata l'antica razza conquistatrice, a segno che,
-sotto Gallieno, credeasi che delle famiglie patrizie unica
-la Calfurnia sussistesse. Coll'accomunato diritto di cittadinanza
-erasi surrogata una gente nuova; gl'imperatori
-da eunuchi e da liberti sceglievano i confidenti ed
-i ministri, i quali costituivano nuove famiglie, ricche e
-potenti: equavasi il diritto a vantaggio della plebe e fin
-degli schiavi.
-</p>
-
-<p>
-Ma anche scomparsi i discendenti degli Scipioni e
-degli Emilj, la ricordanza d'altri tempi sopraviveva:
-il Romano, dovunque si volgesse, incontrava d'altra
-natura memorie sull'Aventino, al Foro, in Campidoglio,
-il sangue di Virginia, l'ombra de' Gracchi, il cipiglio di
-Catone, il pugnale di Bruto; nel suo orgoglio arricciavasi
-dinanzi a imperadori, stranieri alle gloriose sue
-rimembranze, impostigli dall'esercito, e che stavano
-fuor di Roma gran tempo e fin tutta la vita.
-</p>
-
-<p>
-Sintanto che gli augusti risedevano nella metropoli,
-il popolo credeva serbare ancora un residuo d'autorità
-quando sotto alle finestre del palazzo o nel teatro,
-coll'applauso o col sibilo, approvava o disdiceva un
-fatto, una legge; quando li vedeva accattare il suo
-favore con largizioni, con giuochi. Ma le condiscendenze
-che gl'imperatori doveano alla maestà del senato e alla
-famigliarità del popolo, repugnavano ai nuovi ordinamenti,
-e a chi erasi abituato alla docile obbedienza
-delle legioni e dei provinciali. Se ne emancipò Diocleziano
-piantando altrove la residenza, e convertì la tenda
-militare in una corte di despoto orientale, sopra l'elmo
-collocando il diadema: fra i sudditi e l'imperante fu
-scavato l'abisso da che a questo più non accadea bisogno
-di cattivarsi la plebe, nè venerare il senato, nè
-rispettare le patrie costumanze, ma gli bastava abbagliare
-col fasto, imporre colla forza.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span>
-</p>
-
-<p>
-Alle provincie, avvezze a servire, non costava nulla
-il piegarsi alla nuova politica, tanto più che ridondava
-tutta in loro vantaggio: laonde Costantino stabilì rompere
-interamente col passato, mutando la sede dell'impero
-in luogo che non avesse memorie da rinfacciare,
-riti da adempiere, tombe da riverire. E scelse Bisanzio,
-che, sul limite dell'Europa e dell'Asia, univa alla salubrità
-e all'incomparabile bellezza l'opportunità di tener
-occhio sì agli irrompenti Settentrionali, sì ai minacciosi
-Persiani. Rifabbricò dunque essa città, intitolandola
-Costantinopoli <span class="sidenote">(329)</span>, vi improvvisò edifizj e vi trasferì la
-Corte<a class="tag" id="tag60" href="#note60">[60]</a>: la nuova capitale, per riverenza all'antica,
-fu intitolata colonia e prima e prediletta figlia di Roma;
-e a' suoi cittadini partecipato il diritto italico.
-</p>
-
-<p>
-Ma il tempo ha un'irresistibile efficacia a fare divenir
-vere le cose e repudiar le finzioni: e la nostra Roma,
-sebbene conservasse il primato nominale, non fu più
-la metropoli del mondo; dietro all'imperatore migrarono
-magistrati, cortigiani e la folla di coloro che voleano
-vivere di largizioni, o vendere l'adulazione, o
-sfoggiar l'opulenza, od esercitare le arti del lusso; tornarono
-verso Levante tanti capi d'arte, che alla Grecia
-e all'Asia erano stati usurpati in dieci secoli di vittorie.
-</p>
-
-<p>
-Fu questa la terza trasformazione del potere di Roma;
-e qui noi ci baderemo a dar conto dell'amministrazione
-civile e militare, cominciata da Diocleziano, migliorata
-<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span>
-da Costantino, compita da' suoi successori, e che durò
-per tutto quel che dicono Basso Impero.
-</p>
-
-<p>
-Per tre secoli l'imperatore non era stato che comandante
-all'esercito, nè l'autorità amministrativa esercitava
-altrimenti che arrogandosi le varie magistrature
-con militare usurpazione. Augusto, fondato il despotismo
-unicamente sulle armi e sulle finanze, avviava
-alla monarchia collo spossare la democrazia: dal che
-derivò un potere assoluto e precario, conturbato da
-frequenti rivoluzioni, causate non più dalla plebe ma
-dalla soldatesca.
-</p>
-
-<p>
-Alla sfrenatezza militare bisognava un rimedio, e lo
-applicò Diocleziano coll'introdurre un'amministrazione
-che tutto facesse dipendere da una volontà, da un impulso,
-da un sentimento; i poteri, dianzi confusi e indeterminati,
-divenissero distinti e precisi; la suddivisione
-di provincie, d'eserciti, di funzioni tenesse gli uni subordinati
-agli altri, e tutti all'imperatore, causando il
-pericolo di soverchio ingrandimento e di subitanee
-usurpazioni.
-</p>
-
-<p>
-Scorgendo quale appoggio sia al trono l'aristocrazia,
-Costantino all'antica ne surrogò una che non avesse
-diritti e memorie da tutelare, ma dall'imperatore traesse
-e su lui riflettesse il proprio splendore. Fu essa disposta
-in quattro ordini, i <i>chiarissimi</i>, i <i>rispettabili</i>, gl'<i>illustri</i>,
-i <i>perfettissimi</i>, oltre i <i>nobilissimi</i> membri della
-famiglia imperiale. Titolo di Chiarissimi competeva ai
-senatori; a quelli tra essi che sortivansi a governare
-una provincia, e a chi per grado od uffizio si elevasse
-sopra gli altri, toccava del Rispettabile: Illustri erano
-i consoli e patrizj, i prefetti al pretorio di Roma e di
-Costantinopoli, i generali, i sette uffiziali del palazzo:
-dietro a questi venivano i Perfettissimi. Mentre prima
-il Romano volgeva la parola direttamente anche al capo
-dello Stato, allora più non parlò che alla <i>sua maestà</i>;
-<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span>
-i magistrati primarj chiamava <i>serenità, eccellenza,
-eminenza, gravità, sublime ed ammirabile grandezza,
-illustre e magnifica altezza</i>; e l'usurpare un
-titolo indebito, anche per ignoranza, dichiaravasi
-sacrilegio<a class="tag" id="tag61" href="#note61">[61]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Le porzioni di sovranità, che tradizionalmente conservavano
-il popolo e le magistrature curuli, cessarono,
-rimanendo unico padrone e signor delle cose l'imperatore,
-unica fonte all'autorità de' magistrati<a class="tag" id="tag62" href="#note62">[62]</a>. Il
-<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span>
-senato, «consiglio sempiterno della repubblica dei
-popoli, delle nazioni e dei re» (<span class="smcap">Cicerone</span>), era soccombuto
-ai colpi replicati degl'imperatori e alle proprie
-bassezze; e l'assemblea, che a Cinea era sembrata
-un'accolta di re, allora spendeva lunghe adunanze in
-recitare codardi vituperj agl'imperatori caduti, o codarde
-apoteosi ai nuovi innalzati, e registrava ne' suoi
-atti quante volte fossero stati ripetuti i viva e i riviva<a class="tag" id="tag63" href="#note63">[63]</a>.
-Se i primi imperatori offrivano al senato in <i>lettere</i> o
-<i>libelli</i> od <i>orazioni</i> il loro desiderio, che dal consenso
-di esso acquistava forza di legge; i susseguenti fecero
-di per sè <i>editti, rescritti, costituzioni</i>, le quali a metà
-del <span class="smcap lowercase">III</span> secolo aveano già vigor di legge; e i padri
-coscritti trovaronsi ristretti a formolare in senatoconsulti
-le proposizioni fatte dall'imperatore in materie
-legali, a riconoscere il nuovo augusto, e morto decretargli
-altari o patibolo. Conservassero pure il laticlavo,
-i calzari neri colla mezza luna d'argento, il posto
-distinto agli spettacoli, la direzione d'alcune minuzie;
-ma ogni ingerenza nel reggimento dell'impero, nella
-cura dell'erario, nel governo delle provincie fu tolta
-loro da Diocleziano. Infine non furono più che un
-consiglio municipale, di giurisdizione circoscritta quasi
-alle mura della città, sicchè appena si trovava chi
-desiderasse appartenervi. Per ciò, e per secondare lo
-spirito monarchico, quella dignità venne, almeno in
-parte, ridotta ereditaria<a class="tag" id="tag64" href="#note64">[64]</a>.
-</p>
-
-<p>
-I consoli non più dal popolo e dal senato, ma erano
-<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span>
-eletti dal principe per propria autorità<a class="tag" id="tag65" href="#note65">[65]</a>. Inaugurati
-erano là dove sedeva l'imperatore: il primo gennajo,
-vestiti di porpora ricamata a seta ed oro, con ricche
-gemme e col corteo dei primarj uffiziali di toga e di
-spada, preceduti dai littori, andavano con gran maniere
-di letizia al fôro, ove seduti sul tribunale d'avorio,
-esercitavano atto di giurisdizione col manomettere uno
-schiavo; davano le feste che soleansi in Roma; i nomi
-e le effigie loro su tavolette d'avorio si spargeano in
-dono al popolo, alle città, alle provincie, ai magistrati.
-A ciò, e a dar nome all'anno riducevasi l'uffizio dei
-consoli, vigliaccamente esultanti d'ottenere un onore
-senza peso<a class="tag" id="tag66" href="#note66">[66]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Il titolo di patrizio fu concesso a vita da Costantino
-ad alcuni personaggi, appena inferiori ai consoli, e detti
-padri adottivi dell'imperatore e della repubblica.
-</p>
-
-<p>
-I prefetti al pretorio da Severo a Diocleziano erano
-primi ministri dell'impero nell'amministrazione civile
-e militare: ma fiaccati, poi tolti via i pretoriani, si
-trasformarono in magistrati civili. Erano quattro, uno
-per l'Oriente, uno per l'Illirico, uno per le Gallie, uno
-per l'Italia, al qual ultimo spettavano pure la Rezia fin
-al Danubio, le isole del Mediterraneo, la provincia africana.
-<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span>
-Ammiano Marcellino, storico di quel tempo, non
-esita a chiamarli imperatori di minor grado, giacchè
-competeva ad essi l'amministrare le finanze e la giustizia,
-il regolar la moneta, le strade, i granaj, il traffico
-e quanto ha tratto alla pubblica prosperità; spiegare,
-estendere, talvolta anche modificare gli editti generali;
-vigilare sui governanti delle provincie, decidere supremamente
-delle cause di maggior rilievo.
-</p>
-
-<p>
-Da essi rimanevano dissoggette Roma e Costantinopoli,
-dipendendo da un prefetto ciascuna. Quel di Roma,
-istituzione d'Augusto, era assistito da quindici uffiziali
-nel soprantendere alla sicurezza, abbondanza e polizia
-della città, uno dei quali specialmente aveva in cura le
-statue. Il prefetto trasse ben presto a sè le cause già
-attribuite ai pretori; poi occupò nel senato il posto
-de' consoli, come presidente ordinario; a lui si recavano
-gli appelli da cento miglia in giro; da esso dipendeva
-l'autorità municipale.
-</p>
-
-<p>
-Pel governo civile l'impero fu distribuito in tredici
-diocesi, le quali poi suddivideansi in centosedici provincie;
-tre governate da proconsoli, trentasette da
-consolari, cinque da correttori, settantuna da presidi.
-</p>
-
-<p>
-Quanto è specialmente dell'Italia, i successori d'Augusto
-s'erano avvisati che il miglior mezzo a consolidare
-la loro tirannide fosse il mozzar man mano i
-diritti alla penisola, nido dell'antica libertà municipale
-privilegiata. Comodo estese a tutto il mondo ciò che
-era stato speciale di Roma, poi dell'Italia: pure la
-penisola era rimasta esente dal tributo. Ma quando
-Diocleziano la concesse al collega Massimiano, non
-essendo più alimentata dalle contribuzioni altrui, dovette
-sottoporsi ai pesi medesimi delle provincie, e più
-mai non ne fu alleviata.
-</p>
-
-<p>
-Col fondere Osci, Sabelli, Latini nella nazionalità
-romana si era dato forza e vitalità allo Stato: ma sette
-<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span>
-secoli vi vollero perchè l'Italia divenisse nazione, e solo
-col sistema di Costantino quel nome espresse un'unità
-politica, anzi più propriamente significò le contrade
-superiori, l'antica Gallia Cisalpina, i paesi una volta
-abitati da Veneti, Liguri, Insubri.
-</p>
-
-<p>
-Dal prefetto di Roma dipendeano dieci provincie,
-chiamate suburbicarie: Campania, Etruria ed Umbria,
-Piceno suburbicario, Sicilia, Apulia, Calabria, Lucania
-e Bruzio, Sannio, Sardegna e Corsica, Valeria. Dal suo
-vicario, la Liguria, l'Emilia, il Piceno annonario e la
-Venezia, dette provincie d'Italia, cui furono poi unite
-l'Istria, le alpi Cozie, le due Rezie. In appresso la prefettura
-d'Italia venne divisa in due diocesi, d'Italia e
-d'Africa. Nella diocesi d'Italia, l'Emilia fra il Po e l'Appennino,
-la Liguria, la Venezia, il Piceno, la Flaminia
-tra Modena e Rimini col litorale dell'antica Umbria, la
-Campania, l'Etruria, la Sicilia erano governate da un
-consolare; da correttori l'Etruria, l'Apulia, la Calabria,
-la Lucania, il Bruzio; da presidi il Sannio, la Valeria,
-le alpi Marittime, Pennine e Graje, le due Rezie, la
-Sardegna, la Corsica.
-</p>
-
-<p>
-Proconsoli, correttori, presidi, erano varj d'attribuzioni;
-tutti però amministravano e la giustizia e le
-finanze in dipendenza dai prefetti, e per quanto al
-principe piacesse; infliggevano pene fin capitali; il
-mitigarle era serbato ai prefetti, come pure il condannare
-all'esiglio. Ponevasi attenzione che nessuno fosse
-natìo del paese che governava, nè vi contraesse parentele,
-o comprasse schiavi e terre, volendo con ciò
-ovviare gli abusi e le corruzioni; pure Costantino medesimo,
-poi i successivi imperatori non rifinano di querelarsi
-che tutto si venda da essi o da' loro ministri<a class="tag" id="tag67" href="#note67">[67]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ciascuna provincia formava un corpo politico, rappresentato
-dall'assemblea generale, che una volta l'anno
-o per occasioni straordinarie, concedente il prefetto del
-pretorio, radunavasi nel capoluogo, intervenendovi gli
-onorati, i curiali e possessori liberi. Questa dieta provinciale
-potea far decreti, spedire messi al principe,
-anche malgrado del vicario, del preside o del prefetto
-al pretorio<a class="tag" id="tag68" href="#note68">[68]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Si trasformano dunque i magistrati all'antica in impiegati
-alla moderna, gli uffiziali della patria in servitori
-del principe. Sotto i re, essi magistrati rimanevano
-sottoposti al capo dello Stato: nella repubblica, ciascuno
-aveva un'autorità sovrana entro la sfera d'attività a lui
-<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span>
-competente, e poteva fare opposizione al collega o ai
-funzionarj inferiori, sempre esposto ad una responsalità
-reale e terribile: or eccoli connessi in un'assoluta
-gerarchia. Nella repubblica, ed anche sotto i primi
-imperatori, le insegne della dignità accompagnavano il
-magistrato soltanto in uffizio; fuor di quello, console,
-pretore, imperatore non avevano altro corteggio o
-servitù che i liberti, i clienti, gli schiavi proprj: ma
-cogli innovamenti di Diocleziano, il palazzo, la tavola,
-lo sfarzo, il numeroso codazzo posero immensurabile
-distanza fra il monarca ed i sudditi.
-</p>
-
-<p>
-Già prima il titolo di <i>onorato</i> distingueva chi avesse
-sostenuta alcuna dignità nell'impero, o cui il principe
-avesse concesso trionfi od onorificenze: al perdersi
-delle altre distinzioni, tutti ambirono questa, e l'imperatore
-la largì a chiunque prestasse alcun servizio alla
-sua persona; merito più rilevante che il giovare allo
-Stato. Pertanto gli uffizj dapprima affidati a schiavi, il
-tagliare avanti, il servire alla coppa, fin le <i>prestazioni
-sordide</i>, erano ambite da gran signori, non tanto per
-gli stipendj, quanto per le esenzioni ond'erano privilegiate;
-perocchè gli Onorati restavano ascritti al senato
-senza subirne i pesi, e dopo servito dieci o quindici
-anni, andavano sciolti da ogni vincolo che per nascita
-li legasse alla curia o ad alcuna corporazione. Per
-<i>codicilli onorarj</i> poi si concedevano talvolta i titoli a
-persone che mai non avevano servito, nè tampoco
-veduto il principe, tanto per godere l'esenzione, od
-almeno usar le insegne della nominale dignità.
-</p>
-
-<p>
-A fianco dell'imperatore stavano sette uffiziali, consiglieri
-privati, e custodi della persona, della casa, del
-tesoro. Un eunuco, gran ciambellano (<i>præfectus sacri
-cubiculi</i>), mai non distaccavasi dal principe, fosse agli
-affari o alle ricreazioni, prestandogli i più umili servigi,
-e avendo così mille occasioni d'insinuarsegli nelle grazie
-<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span>
-e di regolarne i favori. Da quello dipendevano i Conti
-della mensa e della guardaroba. Il maestro degli uffizj,
-ministro di Stato, dirigeva gli affari pubblici, e nessun
-richiamo di suddito giungeva al principe se non attraverso
-a quattro uffizj, uno dei quali riceveva i memoriali,
-l'altro le lettere, il terzo le domande, il quarto la
-corrispondenza varia. Davano spaccio agli esibiti cenquarantotto
-segretarj, per lo più legali, e preseduti da
-quattro maestri.
-</p>
-
-<p>
-Al maestro degli uffizj sottostavano alcune centinaja
-di messaggeri, che, col favore delle buone strade e
-delle poste, dalla capitale fin alle provincie estreme
-recavano gli editti, le vittorie degl'imperatori, il nome
-de' consoli; e che acquistarono importanza col riferire
-quanto raccogliessero sulle condizioni del paese e sui
-portamenti de' magistrati e de' cittadini. Crebbero costoro
-fin a diecimila, a proporzione della debolezza
-della corte o del timore di ribellioni; e divennero gravosi
-al popolo pel modo con cui esigevano il servizio
-delle poste, e perchè favorivano o perseguitavano (stile
-dei delatori) chi sapeva o no tenerseli amici.
-</p>
-
-<p>
-Divenuta imperiale la podestà, tolta l'aristocrazia
-delle famiglie, accomunata la cittadinanza, cambiasi
-pure la procedura giudiziale: non occorrono più magistrati
-patrizj che dicano il diritto; senatori, cavalieri,
-plebe non lottano più per essere ammessi nella lista
-de' giudici; non più le decurie sono annualmente elette
-nel fôro ed esposte al pubblico: nè il cliente sceglie
-il magistrato, nè i cittadini il giudice sopra la lista
-annuale. La giustizia emana dal trono: il rettore di
-ciascuna provincia o il vicario suo; il prefetto del pretorio
-in appello come rappresentante dell'imperatore;
-l'imperatore stesso per supremo ricorso, costituiscono
-l'alto organamento giudiziario: l'inferiore i magistrati
-locali di ciascuna città con giurisdizione limitata: alcuni
-<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span>
-agenti speciali per le cause fiscali: una distinta giurisdizione
-militare, e la ecclesiastica de' vescovi. Più non
-sono separati lo <i>jus</i> dal <i>judicium</i>; più non si sceglie
-il giudice, e si redige la formola a ciascuna causa.
-L'attore cita il reo davanti l'autorità competente, mediante
-un atto; il magistrato gliene fa l'intimazione per
-mezzo d'un usciere, giudica la causa e nel fatto e nel
-diritto. Questa procedura, in origine introdotta come
-straordinaria, allora divenne generale.
-</p>
-
-<p>
-Finchè i giudizj emanavano direttamente dal popolo,
-ovvero dal pretore eletto da esso, non rimaneva luogo
-ad appello, sovrana essendo quell'autorità. Commessi
-a magistrati eletti senza concorso di questa e subordinati,
-era naturale che ne venisse quella graduazione,
-per cui i giudizj dell'uno erano riveduti dal superiore,
-e infin dall'augusto. La cooperazione dei giudici ne
-spiega in qual modo nell'immensa Roma due pretori
-potessero risolvere i dissidj di cittadini e forestieri: ma
-aboliti quelli, come bastare? Già, durante la repubblica,
-i pretori teneansi allato dei giureconsulti per consiglio;
-poi gl'imperatori ne assunsero un collegio (<i>consistorium</i>),
-che decidesse i punti di diritto portatigli in
-ultima appellazione.
-</p>
-
-<p>
-Essendo la salute dell'impero suprema legge, bastava
-che uno di questi delatori imputasse di tradimento
-qualche cittadino, perchè tosto venisse tradotto in catene
-a Milano, a Roma, a Costantinopoli, e quivi giudicato
-con metodi estralegali, e massime colla tortura. Questa
-erasi fin allora in Roma serbata agli schiavi: ma i
-magistrati, che nelle provincie la trovavano già consueta,
-ne continuarono l'uso, e guari non andò che
-l'applicarono anche a cittadini romani. Furono dunque
-chieste eccezioni, e concedute a favore degli Illustri e
-degli Onorati, del clero, de' soldati e casa loro, de' professori
-d'arti liberali, dei magistrati municipali e loro
-<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span>
-discendenza fin al terzo grado, e degli impuberi: le
-quali esenzioni venivano a confermare quell'iniquità
-ad aggravio degli altri. Siccome poi i giureconsulti
-definirono, nei casi di Stato, potersi trascendere il
-diritto, perciò in quelli la tortura applicavasi indistintamente
-a rei, a complici, a testimonj.
-</p>
-
-<p>
-Lo studio delle leggi restava incoraggiato come scala
-alle magistrature civili. Tutte le città ragguardevoli
-n'aveano scuole, dove rimasti cinque anni, i giovani
-cercavano ricchezza ed onori col dibattere sopra le innumerevoli
-cause private, o coll'iniziarsi agli impieghi,
-abbondantissimi, e nei quali il merito o l'abilità o la
-pieghevolezza potevano condurre sino a divenire Illustri.
-Questo sciame che strepitava pei tribunali, o strisciava
-alla corte, o traforavasi nelle case private ad azzeccare
-litigi e trafficar di cavilli, divenne nuova peste dell'impero,
-e degradò la nobile giurisprudenza fino all'abjettezza
-de' mozzorecchi.
-</p>
-
-<p>
-Degli antichi questori un solo rimase, non più incaricato
-dell'erario, ma di comporre orazioni ed epistole
-a nome dell'imperatore, e leggerle in senato. E poichè
-quelle presero la forza, poi anche la forma di editti,
-il questore equivalse al moderno grancancelliere, rappresentante
-del potere legislativo, fonte della civile
-giurisprudenza. Talora sedeva a suprema giudicatura
-nel gabinetto imperiale coi prefetti del pretorio e col
-maestro degli uffizj, o scioglieva i dubbj dei giudici
-inferiori; oltrechè, per servizio dell'imperatore e per
-modello uffiziale di stile, coltivava quel gergo pomposo
-e barbarico che acquistava nome d'eloquenza. Come
-giudice delegato proferiva egli talvolta di casi riservati
-all'imperatore; talaltra consultavansi i due senati, come
-alle corti di giustizia.
-</p>
-
-<p>
-Da un ministro del fisco (<i>comes rerum privatarum</i>)
-amministravasi il tesoro particolare dell'imperatore,
-<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span>
-costituito dai patrimonj dei re e delle repubbliche
-sottoposte, da quei delle varie famiglie venute al trono,
-e dalle confische. Le entrate pubbliche furono maneggiate
-da un Conte delle sacre largizioni, che centinaia di
-persone occupava in undici uffizj per fare e riscontrare
-i conti. Le zecche, le miniere, gli erarj deposti nelle
-diverse città dipendevano dal tesoriere, che corrispondeva
-co' ventinove ricevitori provinciali, regolava il
-commercio esterno, dirigeva le manifatture del lino e
-della lana, esercitate da schiavi per uso della corte e
-dell'esercito.
-</p>
-
-<p>
-La distinzione fra l'erario militare e il fisco disparve
-in diritto dacchè l'imperatore potea disporre liberamente
-di tutte le casse: pure si lasciarono separati
-l'<i>erario sacro</i>, che riceveva le imposte pubbliche, il
-<i>privato</i> che riceveva le rendite particolari del principe,
-e quello <i>di prefettura</i> per le entrate che si destinavano
-specialmente all'esercito. Le pubbliche consistevano
-ne' possessi imperiali, nelle contribuzioni dirette, nelle
-indirette, e in frutti eventuali, oltre i dominj del fisco:
-ma qui ci si affaccia la peggior piaga de' popoli nel
-Basso Impero.
-</p>
-
-<p>
-Ciascun patrimonio veniva esattamente descritto, con
-la misura dei terreni, il numero degli schiavi e del
-bestiame, adequandone il valore per ogni jugero sopra
-giuramento del proprietario: al quale l'usar frode sarebbesi
-imputato come sacrilegio ed offesa maestà<a class="tag" id="tag69" href="#note69">[69]</a>.
-<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span>
-Censo vizioso che ad ogni mutar di possesso sarebbe
-convenuto rifare; laonde ne faceano lor pro i ricchi,
-vendendo gli sterili per comprar terreni feraci: dal
-che richiami incessanti, e visite, e riforme.
-</p>
-
-<p>
-Ad ogni jugero della stessa categoria era imposto
-un eguale tributo in denari e in derrate. Ma al tempo
-di Costantino il tributo fondiario si esigeva per <i>capi</i>,
-intitolandosi così un complesso di terreni, varj d'estensione,
-ma stimati di rendita eguale, e perciò d'egual
-valore. Questo valore era di mille <i>aurei</i>, lo perchè un
-capo dicevasi anche <i>millena</i>; e da tale unità tassabile
-venne il nome di capitazione<a class="tag" id="tag70" href="#note70">[70]</a>. La capitazione
-personale colpiva i nulla aventi. Al censo venivano
-proporzionate altre gravezze o straordinarie, o canoniche,
-o sordide, o d'altra categoria.
-</p>
-
-<p>
-Era dunque lo stesso <i>tributum ex censu</i> dei tempi
-repubblicani: ma un decreto (<i>indictio</i>) del principe
-determinava ogn'anno la quantità e qualità delle imposizioni;
-e se al bisogno non bastasse, imponevasi una
-<i>superindizione</i>: alle straordinarie occorrenze potevano
-supplire fin i prefetti del pretorio, sovrintendenti alle
-finanze. Il tributo ripartivasi sul luogo, vigilando il
-preside della provincia, e intervenendovi i Difensori
-della città. Pagavasi in tre rate, nelle mani de' ricevitori
-del preside; il quale ogni quattro mesi trasmetteva al
-tesoriere della provincia la lista delle somme percette,
-e questo al conte delle largizioni. La più parte si pagava
-in denaro, anzi in oro; il resto coi generi che il terreno
-dava, i quali, a spese de' provinciali, erano spediti nei
-<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span>
-pubblici magazzini, donde si distribuivano alla Corte,
-all'esercito, alla plebe di Roma e di Costantinopoli.
-</p>
-
-<p>
-Che se riescono sempre malvedute le incumbenze
-de' finanzieri, viepiù allora quando con sì largo arbitrio
-si esercitavano, e smungevasi il popolo con sovrimposte
-e anticipazioni accumulate, non impedite da verun corpo
-dello Stato. L'esazione sotto Galerio offriva a Lattanzio
-l'immagine della guerra e della cattività: «Misurar
-terre, numerare viti e alberi, registrare gli animali
-d'ogni razza, il nome di tutte le persone, non distinguendo
-contadini da borghesi: ognuno accorreva con
-figli e schiavi, e lo scudiscio faceva l'uffizio suo: per
-forza di torture costringevansi i figliuoli ad attestare
-contro il padre, gli schiavi contro i padroni, le donne
-contro i mariti: se mancassero prove, mettevansi alla
-corda i padri, i padroni, i mariti, per farli deporre
-contro se stessi; e quando il dolore avesse loro strappato
-di bocca alcuna confessione, questa si tenea per
-vera, nè età o malattia valeva di scusa: faceansi recare
-infermi e malati, e si fissavano gli anni di ciascuno,
-aggiungendone ai fanciulli, detraendone ai vecchi; poichè
-pagavasi un tanto per testa, e a denaro si comprava
-la libertà del respirare... Fra ciò gli animali
-perivano? perivano gli uomini? tassavasi ciò che più
-non esisteva, in modo che nè vivere nè morire si potea
-gratuitamente: pur beati i mendichi, che restavano
-esenti da tali violenze. Galerio, mostrandone pietà, li
-fece imbarcare, con ordine che, quando fossero in alto,
-venissero gettati al mare: egregio spediente per nettare
-dalla mendicità l'impero! e acciocchè, sotto pretesto
-di povertà, nessuno si esimesse dal censo, far
-perire un'infinità di poveretti!»
-</p>
-
-<p>
-Nè meno della capitazione gravava la <i>collazione
-lustrale</i>, che ogni quinto anno esigevasi dai trafficanti. — Il
-tempo in cui essa matura (dicea Libanio davanti
-<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span>
-ad un imperatore), cresce il numero degli schiavi; e
-dai padri vendonsi i figli, non per riporne il prezzo,
-ma per darlo agli esattori». E Zosimo: — Quando
-torna il tempo della collazione lustrale, allora pianti e
-guaj per tutta la città; vedesi con battiture ed altri
-strazj tormentar chi per povertà non può sborsare la
-tassa; madri vendono i figliuoli, padri menano le figlie
-al postribolo per procacciarsi di che soddisfare l'esattore»<a class="tag" id="tag71" href="#note71">[71]</a>.
-Costantino proibì quelle torture, surrogandovi
-una cortese prigionia: gli eredi dovevano spegnere
-il debito del defunto al fisco, o abbandonare l'eredità.
-</p>
-
-<p>
-I contribuenti erano inoltre tenuti a molte prestazioni
-personali, come cuocere il pane, la calcina, trasportare
-i generi ai magazzini o all'esercito, servire di
-cavalli le poste. I senatori e gli ottimati delle provincie
-pagavano un tributo speciale (<i>follis</i>) sulle loro
-sostanze, e una tassa qualora venissero promossi ad una
-carica<a class="tag" id="tag72" href="#note72">[72]</a>. I donativi spontanei che davano le città a
-trionfanti o a benemeriti, per lo più in corone d'oro,
-ben presto furono tenuti come un dovere verso il
-principe quando salisse al trono, menasse moglie, avesse
-figliuoli, guidasse trionfi. I senatori a quest'<i>oro coronario</i>
-surrogavano un'offerta di mille seicento libbre
-d'oro<a class="tag" id="tag73" href="#note73">[73]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Sull'entrata, l'uscita, il transito, il consumo pesavano
-gabelle: fors'anche pagavano le merci nel passare da
-una all'altra diocesi, poichè dell'entrate di ciascuna
-assumevano l'appalto distinte società di pubblicani. Era
-speciale dell'Italia il dazio di consumo della vigesimaquinta
-e della centesima, che oggi diremmo del quattro
-<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span>
-e dell'uno per cento. Poi si pagava su quanto si portasse
-in viaggio, poi per mantenere le vie; sicchè dappertutto
-erano guardie e stradieri, le cui concussioni
-mal potevano esser frenate dal minaccioso rigore delle
-leggi.
-</p>
-
-<p>
-Le arti tiranniche degli esattori ci sono legalmente
-attestate dall'imperatore Valentiniano. — Appena l'esattore
-giunge nella sbigottita provincia, circondato da
-fabbri di calunnie, inorgoglisce dei sontuosi ossequj,
-chiede l'appoggio delle autorità provinciali, talora aggiunge
-a sè anche le scuole, acciocchè, moltiplicato il
-numero degli uomini e degli uffizj, il terrore estorca
-quanto piaccia all'avidità. Comincia egli dall'addurre e
-svolgere terribili comandi sopra molteplici decreti;
-presenta caligini di minute supputazioni, confuse con
-inesplicabile oscurità, che, fra gli uomini ignari delle
-tranellerie, più fanno effetto quanto meno possono intendersi.
-Domanda le quietanze distrutte dal tempo,
-non conservate dalla semplicità e fiducia dello sdebitato:
-e se perirono, coglie occasione di predare; se vi sono,
-bisogna pagare acciocchè valgano: talchè presso quel
-malvagio arbitro la carta perita nuoce, la conservata
-non giova. Da ciò innumerevoli guaj, dura prigionia,
-crudele tortura e tutti i martorj preparati dall'esattore
-ostinato nelle crudeltà. Il palatino, complice de' furti,
-esorta; incalzano i turbolenti uscieri; sovrasta la spietata
-esecuzione militare: nè questa ribalderia, usata su
-cittadini come su nemici, termina per giustizia di prove
-o per compassione»<a class="tag" id="tag74" href="#note74">[74]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Le passate turbolenze e i tanti usurpatori aveano
-chiarito come fosse pericoloso l'unire ne' governatori
-delle provincie la giustizia e l'amministrazione col
-comando militare; laonde Costantino li separò. La suprema
-<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span>
-ispezione sugli eserciti fu commessa ad un maestro
-generale per la fanteria, uno per la cavalleria: poi
-n'ebbe uno a ciascuna delle frontiere più minacciate,
-sul Reno, sull'alto e basso Danubio, sull'Eufrate: in fine
-diventarono otto. Sotto di essi erano disposti trentacinque
-duci, distinti tutti col cingolo d'oro; a dieci era
-concesso il titolo di <i>comiti</i>, ossia compagni più onorevoli;
-ed oltre il soldo, ricevevano onde mantenere
-cennovanta servi e cencinquantotto cavalli. Essi non
-doveano brigarsi dell'amministrazione civile, nè i magistrati
-del loro comando: il che assicurò la quiete
-interna, togliendo il despotismo militare, unico ed infelicissimo
-avanzo della democrazia.
-</p>
-
-<p>
-La milizia fu ridotta ad una specie di tributo, giacchè
-i senatori, gli Onorati, i sacerdoti del gentilesimo, e
-i principali decurioni furono obbligati somministrare
-un prefisso numero di soldati, o in cambio trenta o
-trentasei soldi d'oro per uomo. Tale somma attesta
-quanto fossero scarsi i volontarj; e malgrado le grosse
-paghe e i ripetuti donativi, la milizia era aborrita tanto,
-che molti per sottrarsene si mozzavano le dita; e quantunque
-fosse appiccinita la misura pei coscritti, e s'ammettessero
-anche schiavi, pure, se vollero empiere le
-file, gl'imperatori dovettero concedere terre immuni e
-inalienabili ai veterani, col patto feudale che i loro
-figliuoli, giunti a età virile, dessero il nome all'esercito,
-se no perdessero l'onore, il fondo ed anche la vita<a class="tag" id="tag75" href="#note75">[75]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Le ripetute severissime minaccie non rattenevano
-dal disertare ai Barbari, o favorirne le correrie; nè
-dal soperchiare i sudditi, mandando i cavalli a pascolo
-sull'altrui fondo, o mescolandosi d'affari civili; nè induceano
-i veterani ad occuparsi nel mercimonio o coltivare
-<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span>
-le terre concesse. Si dovette anche ricorrere ad
-ausiliarj stranieri, arrolando Goti e Alemanni, e sollevandoli
-ai gradi della milizia, donde ai civili, e perfino
-al consolato: lo che sempre più sviliva le magistrature
-curuli.
-</p>
-
-<p>
-La legione fu ridotta da seimila a mille o millecinquecento
-guerrieri, separandone, come pare, la cavalleria;
-il che, se scemò la robustezza, crebbe la mobilità,
-assomigliandola ai reggimenti nostri. Centrentadue
-legioni allora componeano l'esercito romano; e sembra
-fra tutto si armassero seicentoquarantacinquemila
-uomini, sullo spazio stesso dove in piena quiete ora ne
-stanno in armi più di due milioni. Li dicono necessarj
-alla pace!
-</p>
-
-<p>
-La guardia del principe era fatta da tremilacinquecento
-domestici<a class="tag" id="tag76" href="#note76">[76]</a>, distribuiti in sette scuole, e comandati
-da due conti. Splendidamente divisati con armi
-d'oro e d'argento, fra essi cernivansi due compagnie di
-cavalli e fanti, detti dei <i>protettori</i>. Facevano la scolta
-negli appartamenti interni; andavano nelle provincie
-quando abbisognasse dar pronta e vigorosa esecuzione
-agli ordini imperiali; e l'esser messo fra questi era la
-più elevata speranza del guerriero.
-</p>
-
-<p>
-I sudditi liberi dell'impero si dividevano in tre classi:
-abitanti delle due metropoli, abitanti delle città provinciali,
-e campagnuoli. I primi, sebbene assoggettati alle
-medesime imposizioni, erano però vantaggiati da privilegi,
-e dalle distribuzioni del grano, spedito per obbligo
-dalle provincie, a cura d'un preside particolare
-(<i>præfectus annonæ</i>).
-</p>
-
-<p>
-Gli abitanti delle città provinciali cessarono d'esser
-divisi in cittadini, socj e sudditi quando Caracalla, accomunata
-la cittadinanza, tutti eguagliò nella soggezione
-<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span>
-all'imperatore. Allora vi troviamo senatori, curiali o
-decurioni, e plebe. I senatori erano ombre dell'ombra
-di senato che sopraviveva a Costantinopoli e a Roma;
-quell'onorificenza di puro nome ricevendo dagl'imperatori
-per avere sostenuto cariche insigni, e che infine
-diventò comune ai maggiori possidenti. Poteano esser
-giudicati soltanto da un tribunale particolare, non richiesti
-alla tortura, nè obbligati alle cariche municipali:
-vantaggi che pagavano con una speciale imposizione, e
-con contributi straordinarj in caso di bisogno<a class="tag" id="tag77" href="#note77">[77]</a>. I
-possessori, fossero originarj (<i>municipes</i>) od avveniticci
-(<i>incolæ</i>), formavano i decurioni o curiali; e poichè
-doveano spendere e denaro e tempo nelle pubbliche
-cure, le leggi municipali determinavano qual facoltà
-dovessero possedere. Nel II secolo, da un curiale di
-Como esigevansi centomila sesterzj, cioè da diciannove
-a ventimila lire; nel 342, Costanzo II obbligava alla
-curia d'Antiochia chi possedesse venticinque jugeri di
-terreno; nel 435, Valentiniano III quei che avessero
-trecento soldi d'oro, che potevano contarsi per quattromila
-cinquecento lire: tant'erasi avvilita quella dignità,
-in prima ambita e con suntuose largizioni procacciata.
-Le iscrizioni accennano anche un ordine equestre, forse
-de' membri di certi collegi.
-</p>
-
-<p>
-Nella plebe si riducevano i minori possidenti, artieri,
-mercadanti, esclusi dall'amministrazione urbana (<i>jus
-honorum</i>); era distribuita in varie maestranze; del resto
-faziosa, tremante o minaccevole, attenta ad ogni occasione
-di saccheggi e di violenze.
-</p>
-
-<p>
-Alla campagna stavano o proprietarj liberi, o coloni,
-o schiavi. Di questi ultimi non faremo parola più che
-<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span>
-di animali domestici. I coloni, di mezzo fra liberi e
-schiavi, erano avvinti al terreno che coltivavano, in
-modo che con esso erano venduti e divisi, benchè una
-legge pietosa vietasse di separare i membri della stessa
-famiglia<a class="tag" id="tag78" href="#note78">[78]</a>. Erano dunque un avviamento ad abolire
-la schiavitù; e mentre verun cenno ne fanno i giurisprudenti
-classici, frequente si trovano menzionati dopo
-Costantino. Donde provennero? chi li crede imitati da
-ciò che si vedeva nelle nazioni germaniche; chi derivati
-dalle colonie barbare trapiantate nell'impero: più probabilmente
-germogliarono dall'antica forma dei possessi,
-quando Vespasiano e Tito chiamando al fisco i
-beni comunali, su cui aveano diritto gli abitanti di
-ciascun cantone, e Costantino applicandoli al culto cristiano,
-ridussero gran parte de' possessori a miseria,
-ed a vendere il proprio patrimonio, o lavorarlo a titolo
-di coloni<a class="tag" id="tag79" href="#note79">[79]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Obbligati a vivere e morire sul suolo ove nasceano,
-trovavansi del resto liberi di loro persona; e perciò il
-diritto li annovera tra gl'ingenui, e ne fa legittime le
-nozze; ma insieme li chiama servi della gleba; nè
-contro del padrone poteano stare in giudizio, salvo si
-discutesse della propria condizione. Ad esso retribuivano
-in denaro o in natura un canone impreteribile, al
-fisco l'imposizione; col rimanente viveano, e risparmiando
-poteano comprar beni, dei quali però l'alto
-dominio restava al padrone. Condizione peggiore dello
-schiavo in quanto non potevano essere affrancati, non
-disgiunti dal suolo, nè tampoco emanciparsi coll'entrare
-ecclesiastici o militari<a class="tag" id="tag80" href="#note80">[80]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span>
-</p>
-
-<p>
-Colle traversie pubbliche ne crebbe il numero e peggiorò
-la condizione, scomparendo la classe tanto utile
-de' liberi coltivatori e de' minuti possidenti. Chi non
-potesse soffrire la perdita della libertà, rifuggiva nelle
-città a nuove miserie: altri, oppressi da crudeli
-padroni o dall'ingordo fisco, rompevano ad aperte
-ribellioni.
-</p>
-
-<p>
-Questa causa s'univa alle anzidette per aumentare i
-terreni abbandonati. Gl'imperatori fecero esente da
-tributi chi gli occupasse; li distribuivano anche fra i
-possessori di buone campagne, minacciando privarli di
-queste se quelli trascurassero: provvedimenti vessatorj,
-che a niun bene riuscivano perchè non toccavano la
-radice del male. All'uopo stesso fu introdotta l'enfiteusi,
-contratto pel quale, mediante un canone statuito, assegnavasi
-un fondo a coltivare per un certo tempo od in
-perpetuo. Prima fu praticato solo con terreni del fisco
-o del municipio; dappoi anche coi privati, allorchè
-questi possedettero intere provincie.
-</p>
-
-<p>
-Prima di Giulio Cesare, ciascun municipio costituiva
-una repubblica indipendente, associata alla romana, cui
-contribuiva un contingente determinato, e ne ricevea
-protezione; partecipava ad alcuni impieghi, e ne comunicava
-la capacità ai Romani entro le sue mura; del
-resto avea leggi proprie, magistrati elettivi, libera amministrazione
-degli interni affari. Intera dunque la
-<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span>
-libertà civile e la comunale; soltanto la libertà politica
-era legata dal patto federale.
-</p>
-
-<p>
-Ma talora il municipio o per forza o di voglia adottava
-le leggi civili romane, e in tal caso entrava fra i
-popoli detti <i>fundi</i>. Sotto l'impero, la condizione di fundi
-diviene generale, adottandosi dappertutto il diritto civile
-romano come condizione della cittadinanza, formandosi
-così l'unità giuridica, mentre gl'Italici non aveano chiesto
-che l'accomunamento del diritto politico. Allora tutte le
-colonie latine divennero municipj; ed essendo caduto
-in dissuetudine il diritto di suffragio, municipio significò
-una città abitata da cittadini romani, qual che ne fosse
-l'origine.
-</p>
-
-<p>
-Tutto ciò effettuossi colla <i>lex julia</i><a class="tag" id="tag81" href="#note81">[81]</a> o poco dopo:
-e in conseguenza Roma non fu più soltanto una repubblica
-sostenuta da repubbliche, ma la metropoli d'un
-grand'impero, di cui l'Italia era la provincia principale.
-Ma a farla vera monarchia si opponeva il carattere del
-diritto pubblico e privato di Roma, municipale per
-essenza, come di quasi tutte le antiche città italiche:
-onde fu mestieri riformare il modo della libertà municipale
-in Italia, per armonizzarla colla politica imperiale
-e coll'accentrata uniformità.
-</p>
-
-<p>
-Come in Roma i soli cittadini di ottimo diritto erano
-partecipi della sovranità, cioè potevano render suffragio
-in una tribù e sostenere le magistrature, così nelle città
-i decurioni. Non che in pratica, neppure nelle filosofiche
-speculazioni si conosceva il sistema della rappresentanza,
-che fa partecipare al governo effettivo i sudditi, per
-quanto discosti. La riforma di Cesare rese possibile ad
-Augusto di risparmiare ai cittadini lontani il disagio di
-<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span>
-recarsi fin a Roma a rendere i voti, imponendo di
-raccoglierli ne' particolari comizj, indi spedirli alla metropoli.
-Questo diritto egli limitò ai municipj, sotto il
-qual nome vennero intesi non più tutti i cittadini, ma
-puramente i decurioni. Il senato di questi (<i>ordo, curia</i>)
-insieme coi magistrati amministrava la città; ma non
-che la curia fosse contrappeso ai magistrati, unicamente
-da essa sceglievansi. Questi potevano presentare i proprj
-successori; ma poichè ciò li rendeva garanti dell'amministrazione
-del surrogato, guardavanlo come un peso,
-e le più volte ne abbandonavano la scelta al governatore
-della provincia<a class="tag" id="tag82" href="#note82">[82]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Prima magistratura della città erano i due o i quattro
-giuridici (<i>duumviri, quatuorviri jure dicundo</i>), equivalenti
-ai consoli di Roma innanzi che avessero divisa
-l'autorità coi pretori. Annui, soprintendevano all'amministrazione,
-presedevano il senato municipale, ed esercitavano
-la giurisdizione entro certi limiti, di là dai
-quali le cause portavansi al magistrato. Col crescere
-dell'imperatoria, scemò l'autorità dei corpi municipali;
-fu tenuto per concessione graziosa quel che era diritto
-anteriore alla conquista; e i duumviri scaddero fra
-gl'impiegati inferiori, senza più nè imperio nè potestà
-nè tribunale. In fine cessarono, e alla curia e all'amministrazione
-degli affari municipali presedeva il primo
-decurione (<i>principalis</i>) per tutta la vita o almeno per
-quindici anni, senza giurisdizione perchè non era un
-magistrato, ma solo il decano del collegio<a class="tag" id="tag83" href="#note83">[83]</a>. Così il
-<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span>
-despotismo imperiale insinuava le forme monarchiche
-perfino nella costituzione delle curie.
-</p>
-
-<p>
-I Comuni dunque conservavano la sovranità municipale,
-ma non aveano alcuno schermo costituzionale
-contro il potere assoluto.
-</p>
-
-<p>
-Al vedere l'ordinamento delle curie, ov'è scritto nell'<i>album</i>
-chiunque abbia capacità e certi possessi, senza
-privilegi di nascita o limite di numero; ove gli imperatori
-raccomandano di non sollevare al duumvirato se
-non grado a grado<a class="tag" id="tag84" href="#note84">[84]</a>, siccome al sacerdozio; ove la
-curia stessa prende parte immediata agli affari della
-città, elegge i magistrati suoi, convoca all'uopo tutti gli
-abitanti, fa decreti che spedisce direttamente, senza che
-il prefetto possa altro che accompagnarli d'informazioni,
-voi credereste aver sottocchi altrettante repubbliche,
-democratiche affatto, la cui opposizione impedisca o
-turbi le violenze de' lontani dominatori. Apparenza e
-null'altro.
-</p>
-
-<p>
-Ogn'atto delle curie poteva essere cassato dal principe;
-il rettore della provincia annullava a volontà l'elezione
-dei magistrati; quando poi la centralità imperiale spense
-ogni pubblica vita, l'ordine de' decurioni cadde nell'ultimo
-avvilimento. Perocchè nella difficoltà di esigere le esorbitanti
-imposte, gl'imperatori obbligarono i decurioni
-a riscuoterle, e star garanti di quelle della comunità
-coi beni e colla persona propria, come pure a rispondere
-della propria amministrazione, e di quella degli
-uffiziali dipendenti da essi. Da un debitore del fisco
-erano abbandonati i campi? la curia era tenuta a
-<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span>
-pagarne i carichi, trovasse o no a chi venderli. Erano
-dunque i decurioni ridotti ad agenti gratuiti e vittime
-del despotismo, e coll'aumentare de' bisogni dell'impero,
-la carica ne divenne insopportabile; mentre l'assodarsi
-della monarchia scemava e l'autorità e la riverenza
-de' municipj. Costantino e i successori suoi, esentando
-molti dalle cariche municipali, le facevano pesare viepiù
-sui restanti, e togliendo a molte città i lauti patrimonj
-per applicarli alle chiese cristiane, resero impossibile
-il sostenere le spese. Aggiungete che i curiali senza figli
-poteano disporre solo un quarto de' loro beni, cadendo
-il resto alla curia; dal municipio non potevano allontanarsi
-senza permissione del governatore della provincia;
-sopra di essi pesava la speciale oblazione
-dell'oro: di modo che trovavansi esposti alle sempre
-crescenti avidità dell'erario, alle prepotenze dei Barbari
-che soprarrivavano, all'esecrazione dei cittadini, che li
-riguardavano come implacabili riscossori.
-</p>
-
-<p>
-Bisognò dunque ristorarli di nuovi privilegi: cadendo
-in miseria, fossero nutriti a spese del municipio; se
-sani e salvi uscissero dal giro di tutte le cariche municipali,
-se n'intendessero dispensati per l'avvenire; fossero
-anche decorati col titolo di conte. Poi s'apposero
-rimedj agli artifizj onde si declinava questa penosa
-onorificenza; Trajano proibì di spender denaro per
-esimersene; ogni figlio di decurione dovesse restar
-curiale; entrarvi chi acquistasse fino a venticinque
-jugeri; nessuno potesse vendere il terreno che gli conferiva
-quell'oneroso diritto; nessuno ottenere uffizio di
-corte se prima non avesse adempito a que' carichi. Per
-sottrarsi, il decurione arrolavasi all'esercito? la legge
-lo strappava agli stendardi; davasi schiavo? la legge il
-ritornava libero per empiere la curia; gli spurj, gli
-Ebrei, i nati da padre servo e donna libera, il guerriero
-vile, il prete scostumato erano condannati a farsi
-<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span>
-decurioni<a class="tag" id="tag85" href="#note85">[85]</a>. Questi erano i padri della patria; questi
-i puntelli delle municipali franchigie.
-</p>
-
-<p>
-L'eccesso dei mali portato dal pervertimento delle
-curie fece, dopo il 365, introdurre sindaci (<i>defensores</i>),
-eletti dall'intera città per tutelare i contribuenti contro
-le pretensioni della curia, e questa contro gli uffiziali
-dell'impero<a class="tag" id="tag86" href="#note86">[86]</a>. Nelle cause criminali istruivano essi
-il processo, nelle civili giudicavano fino all'ammontare
-di trecento soldi, e da loro davasi appello ai governatori.
-Ne crebbe l'importanza quando, più esigendosi dai
-Comuni, più bisognava a questi concedere; e quando,
-oppressi i decurioni, non si poteva usufruttare che la
-plebe. Stranio da prima alla curia, il Difensore finì per
-diventarne capo: sinchè, cadendo a fasci l'amministrazione,
-il clero s'insinuò nelle curie, e il vescovo assunse
-l'uffizio del Difensore.
-</p>
-
-<p>
-Nella giurisdizione volontaria alcuni atti solenni dell'antico
-diritto, come le <i>vindiciæ</i> con tutte le loro
-applicazioni del manomettere, adottare, emancipare,
-<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span>
-rimanevano ai magistrati del principe, nè comunicavansi
-ai municipali. Altri di forma nuova furono introdotti
-dagli imperatori, quando si cominciò a distendere
-protocolli d'ogni cosa; e secondo lo statuto di Onorio,
-gli alti doveansi erigere davanti ad un magistrato o al
-difensore, a tre <i>principali</i> e ad uno scrivano (<i>exceptor</i>);
-e consistevano in un dialogo fra il primario attore e il
-magistrato. I testamenti sarebbero dovuti aprirsi solennemente
-alla presenza del governatore della provincia;
-ma per agevolezza alcuna volta si leggevano nella curia.
-</p>
-
-<p>
-Le città nostre conservavano l'antico diritto italico,
-che la giustizia fosse resa dai cittadini stessi, almeno
-in materia civile e per la prima istanza. Il magistrato
-istruiva il processo, determinava il principio di diritto
-applicabile al caso, e rendeva una decisione condizionata:
-allora un giurato (<i>judex</i>), scelto ciascuna volta e
-di privata condizione, ponderava il fatto, e lo metteva
-in relazione col principio dottrinale esibitogli dal magistrato;
-dal quale accordo usciva il giudizio deliberativo.
-Quest'ordine di <i>giudizj privati</i> cadde sotto gl'imperatori,
-come dicemmo, e i magistrati pronunziavano
-d'alcuni affari senza assistenza di giudici (<i>extraordinariæ
-cognitiones</i>). La quale procedura straordinaria fu
-poi da Diocleziano abolita in alcune provincie, in altre
-dileguò, rimanendo la giurisdizione ai governatori,
-salvo l'appello.
-</p>
-
-<p>
-Il nobile romano continuava a credere abjezione il
-lordar la mano nelle arti; ancora al tempo di Costantino
-erano infami coloro che si applicassero a vendere
-a ritaglio e guadagnare d'industria; Onorio e Teodosio
-vietarono a' nobili e ricchi il mercatare, come cosa
-pregiudicevole allo Stato. Ma rivoluzione importantissima,
-comecchè neppure accennata dalla storia, fu il
-mutarsi l'industria dagli schiavi ai liberi. Mentre prima
-ciascun dovizioso teneva in casa chi facesse ogni servizio
-<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span>
-sì pel suo occorrente, sì per venderne, allora troviamo
-artigiani indipendenti che lavorano per se stessi e per
-chi paga; in ciascuna città raccolti in maestranze, le
-quali molto estese e con ampj privilegi, dapprima servirono
-di valido sostegno ai municipj, poi dalla fiscalità
-furono ridotte a nuovo stromento di tirannia e
-d'oppressura.
-</p>
-
-<p>
-I nove collegi d'arti che sussistevano a Roma fin dai
-tempi di Numa, dovettero esser formati piuttosto per
-apparato che pei bisogni: ma sotto l'impero crebbero
-tanto, che Costantino ne distingue trentacinque; cioè,
-fonditori di metalli, fabbri, lavoratori di ferro, di bronzo,
-di piombo, d'argento; orefici, giojellieri, doratori, fabbricatori
-di vetri, di specchi; conciatori, tintori di porpora,
-tessitori di damaschi, d'altre stoffe operate; folloni,
-muratori, tagliapietre, lavoratori di marmo, di
-musaico, d'avorio; terrazzieri, plasticatori, falegnami,
-marangoni, quei che ornavano le soffitte, carpentieri,
-vasaj, livellatori dell'acqua, pittori, architetti, intagliatori,
-scultori, medici, veterinarj<a class="tag" id="tag87" href="#note87">[87]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Gli aggregati doveano assicurarsi protezione coll'eleggersi
-un patrono: acquistavano il privilegio d'esercitare
-quell'arte, ad esclusione d'ogni altro; aveano sindaco,
-statuti, possedimenti; erano immuni da prestazioni di
-corpo, e fin dal militare nelle legioni, ma dovevano allo
-Stato certi servigi. Così ai fabbri in Roma incombeva
-di spegnere gl'incendj; lungo i fiumi alcuni <i>navicularj</i>
-erano tenuti a trasportar le derrate degli eserciti; i
-<i>bastagarj</i> a carreggiare le annone del fisco, e via
-discorrete. Pertanto consideravansi come legati al territorio
-della città, coi figli e cogli averi; lo scostarsene
-pareggiavasi a diserzione, e venivano rinviati; nè agli
-obblighi poteano sottrarsi neppure per rescritto imperiale,
-<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span>
-eccetto se entrassero soldati o cherici<a class="tag" id="tag88" href="#note88">[88]</a>. Di
-questa servitù si valsero gl'imperatori a sevizie fiscali,
-e tennero le maestranze in solido responsabili delle
-tasse; quando non trovassero denaro altrove, gettavansi
-sopra di esse con tale oppressura, che molti se ne sottraevano
-fino col rendersi servi della gleba.
-</p>
-
-<p>
-Grave crollo all'industria diedero gl'imperatori col
-fabbricare per economia checchè occorresse al servizio
-proprio, alle distribuzioni pei cortigiani e ministri, agli
-eserciti, infine anche per farne traffico: intempestiva
-reminiscenza dell'antica costituzione domestica, quando
-ogni padrefamiglia teneva in casa servi per tutte le manifatture
-occorrenti. Alessandro Severo faceva tessere
-e tignere porpora, e la più fina e lucente mandava sul
-mercato<a class="tag" id="tag89" href="#note89">[89]</a>: Costantino vendeva vesti, lino, pelliccie
-per conto del fisco: Costanzo II avea telaj di lana, seta,
-lino. Errore grossolano d'economia, del quale fu conseguenza
-l'avere Valentiniano proibito a qualunque
-privato di fabbricar seterie, o tessere ori od altre stoffe;
-Graziano e Teodosio multano di morte e confisca chi
-tignesse o vendesse porpora, o comprasse seta dai
-Barbari, serbandosene il monopolio l'imperatore, dal
-quale pure i soldati doveano comprar le vesti<a class="tag" id="tag90" href="#note90">[90]</a>.
-Davano opera a tali manifatture innumerevoli schiavi,
-obbligativi in perpetuo coi figli loro acciocchè non
-portassero fuori l'arte.
-</p>
-
-<p>
-Gli armajuoli erano liberi di condizione; ma ascritti
-una volta al collegio, doveano per un certo numero
-d'anni rimanervi coi figli, marchiati al braccio ond'essere
-riconosciuti. Internamente le armi si vendeano alla
-libera, ma era vietato asportarle. Fabbricavansi (per
-<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span>
-dir solo dell'Italia) freccie a Concordia, scudi a Verona
-e Cremona, corazze a Mantova, archi a Pavia, spade a
-Lucca: ad Aquileja, Milano, Ravenna, Roma, Canusio,
-Venosa lavoravansi stoffe di lana e seta per uso particolare
-degl'imperatori, divise militari, vele e sartiame
-per le navi: Taranto e Siracusa aveano tintorie; zecca
-Aquileja e Roma.
-</p>
-
-<p>
-Al fisco furono tratte anche le miniere, le saline, le
-cave di gesso, di coti, di marmi, e perfino delle pietre;
-ed affittavansi a privati. Vi lavoravano o condannati, o
-schiavi coi loro figliuoli: schiavi erano i monetieri.
-Tante opere affidate a schiavi, che non costavano se
-non il mantenimento, diminuivano i modi di guadagnare
-alla libera popolazione, offrendo le manifatture
-ad un prezzo cui non poteano i privati.
-</p>
-
-<p>
-Il commercio non fioriva meglio che nell'età precedente;
-e se le leggi il tolsero in cura, fu con meschini
-ed avari accorgimenti. Allorchè i Barbari si avvicinarono,
-e preser gusto alle delicature della civiltà, i Romani
-avrebbero potuto, collo stabilire mercati sulle
-frontiere, ricuperare in parte l'oro che quelli rapivano
-o ricevevano in tributi e soldi. Ma temendo di allettarli
-colla mostra delle ricchezze, fu limitato quel traffico, e
-interdetto, pena la confisca e l'esiglio, il vendere ai
-Barbari nè ai loro ambasciadori non solo le armi, ma
-sino il ferro greggio o lavorato, nè le coti, o l'insegnare
-a costruir navi nè somministrarne il legname, anzi fin
-il dare vino, olio, caviale, sale: poi il timore fece escludere
-gelosamente i mercadanti persiani e barbari, salvo
-alcune città determinate<a class="tag" id="tag91" href="#note91">[91]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Se pensate che a Roma era chiusa la principale sorgente
-di sue ricchezze, la conquista, comprenderete
-come ella doveva impoverire. I metalli fini eransi cumulati
-<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span>
-in poche mani, e resi sterili nel lusso de' giojelli,
-delle dorature, de' vasi; le miniere di Spagna e di
-Grecia erano esauste, ossia entrate nel terreno duro,
-che esige tempo e forza soverchia; dall'Egitto e dalla
-Libia conveniva trarre tutto il grano, il quale si paga
-a contanti: onde la mancanza di numerario fu uno degli
-sconci più sentiti in quell'estremo, non bastando a pagare
-gli eserciti, a incoraggiare l'agricoltura, a dar
-capitali all'industria e agevolezza al cambio.
-</p>
-
-<p>
-Già Antonino Pio avea dovuto sovvenire alle pubbliche
-necessità fin col vendere gli ornamenti imperiali;
-Marc'Aurelio mandò due volte all'incanto i vasi d'oro
-e le preziosità della reggia; Didio Giuliano adulterò la
-moneta, indotto forse dall'ingente somma a cui erasi
-obbligato per comprare il breve impero. Le monete
-d'oro si conservavano a settecentottantotto di fino, ma
-deteriorarono quelle d'argento; Caracalla vi mescolò
-metà rame; di due terzi le alterò Alessandro Severo:
-Massimo fece coniare i metalli preziosi dei tempj e dei
-luoghi pubblici, e fino i simulacri degli Dei e degli
-eroi: sotto Filippo non correvano quasi altre specie
-d'argento che le battute dagli Antonini: da Gallieno a
-Diocleziano se ne spendeano soltanto di rame stagnato;
-e tanto insolentivano i monetieri falsi, da proromper
-fino contro Aureliano in una sommossa, che settemila
-soldati costò il soffocarla. Dopo lui ricomparve l'argento,
-forse perchè egli ne traesse dalla depredata Palmira;
-ma a poco andare fu esaurito. Mentre Costantino nel
-325 tagliava ottantaquattro solidi ogni libbra d'oro,
-quarantadue anni più tardi Valentiniano I ne tagliava
-settantadue, cioè l'aumentava d'un settimo: e mentre la
-proporzione dell'oro coll'argento al tempo di Vespasiano
-era di uno a dieci, Costantino la stabilì come di dodici
-a quattordici.
-</p>
-
-<p>
-Teodosio determina che ai soldati sui confini dell'Illirico
-<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span>
-si dia denaro invece delle razioni, e che ottanta
-libbre di carne porcina salata valutinsi un soldo d'oro,
-come ottanta libbre di olio, e dodici moggia di sale.
-Il soldo d'oro può ragguagliarsi a lire 14.81, talchè
-una libbra metrica di carne valeva 57 centesimi, e
-lire 1.13 la mina del sale; tanto era incarito il denaro
-dal tempo di Diocleziano.
-</p>
-
-<p>
-Doveva incarirne anche l'interesse. Già sotto la repubblica
-abbiam veduto a che grosse usure si collocassero
-i capitali: senza tener conto degli abusi, la
-legge al tempo d'Augusto determinava il quattro per
-cento, il sei sotto Tiberio, il dodici regnante Alessandro
-Severo: questi lo ridusse ancora di tratto al quattro;
-infausto accorgimento, che fece chiuder l'oro, e moltiplicare
-le segrete usure, tantochè a Costantino parve
-assai il poterle ridurre al dodici<a class="tag" id="tag92" href="#note92">[92]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Nell'ignoranza de' principj che regolano la ricchezza,
-fu persino vietato di portar fuori l'oro, e, ciò che a pena
-si può credere, venne ordinato di usare ogni astuzia
-per carpirlo ai forestieri<a class="tag" id="tag93" href="#note93">[93]</a>. Allo scemare del denaro,
-<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span>
-si assegnavano in natura gli stipendj a' magistrati e
-guerrieri, valendosi dei tributi pagati in natura dalle
-provincie. E poichè il soldo tanto cresciuto alle legioni
-non poteasi senza pericolo diminuire, s'introdussero
-ausiliarj barbari, i quali s'accontentavano di pane, lardo,
-vino, olio e poca moneta.
-</p>
-
-<p>
-Così l'enorme avidità delle finanze, se non bastava
-diroccasse l'industria e l'agricoltura, apriva anche il
-paese ai Barbari, che ben presto dovevano dominarlo.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap48">CAPITOLO XLVIII.
-<span class="smaller">Figli di Costantino. Sistemazione ecclesiastica.
-L'Arianismo.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Tanti interessi favorì e guastò Costantino col mutare
-politica, religione, metropoli, che non è meraviglia se
-di niun altro personaggio forse tanto bene fu detto e
-tanto male. Converrebbe trasferirsi al suo tempo per
-ponderare con esattezza il merito e la colpa dell'assodare
-sulle ruine del governo popolare la sovranità centrale,
-mutando lo spirito della sua nazione non solo,
-ma delle successive, che da quel punto appajono distinte
-dalle antiche. Robusto animo si richiede per certo
-a cangiare, non che gli statuti, la religione d'un paese,
-senza sbigottire a pregiudizj d'educazione, a sofismi, a
-mormorazioni; robusto per resistere alle insinuazioni
-d'un partito trionfante, anelo di vendicarsi della lunga
-oppressione. A chi il chiedeva di condannare Gentili
-od eretici, Costantino rispondeva: — La religione vuole
-che per lei si soffra la morte, non che la si dia». Nelle
-carestie mandava generosamente ai vescovi grani, vino,
-<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span>
-olio, vesti, denaro da compartire ai bisognosi, massime
-ad orfani e vedove, senza divario di credenze. Represse
-le spie, <i>pubblica peste</i>, punendole se calunniatrici; professava
-di voler calcare le orme di Marc'Aurelio e dello
-zio Claudio; attesa la fragilità degli uomini, doversi
-nel governo propendere alla condiscendente equità più
-che alla stretta giustizia. Riferitogli che alcuni popolani
-aveano lanciato sassi contro le sue statue, si palpò, e
-disse: — Non mi risento di nessun'ammaccatura». In
-uno di que' panegirici che la viltà de' letterati tesseva,
-e l'impudenza de' Cesari tollerava, un sacerdote predicevagli
-che, dominato glorioso sugli uomini, salirebbe
-a regnare a lato del Figliuol di Dio; ma l'imperatore
-lo interruppe, e, — Non de' tuoi elogi ho mestieri,
-bensì delle tue preghiere».
-</p>
-
-<p>
-Quando di paganesimo era satura la società, non
-poteva egli a un tratto promulgare editti che abolissero
-il passato, e sopra la formalista legalità facessero trionfare
-il giusto e il buono: pure adoperò per elevare
-l'uomo materiale a uom morale, e al diritto di natura
-sottoporre gli arbitrj del diritto civile. Conforme alle
-dottrine religiose, abrogò le punizioni contro il celibato,
-esentò i cherici da ogni pubblico servizio od impiego
-oneroso, restrinse la facoltà di far divorzio; mandò a
-tutte le città d'Italia poi d'Africa, che si sussidiassero i
-genitori poveri, acciocchè non avessero a mandar a
-male i neonati. Punì il ratto fin a volere arso vivo il
-reo, o sbranato nell'anfiteatro; ed anche la rapita se
-confessasse aver consentito; i genitori di lei doveano
-pubblicamente accusarla; gli schiavi che v'avessero
-tenuto mano, erano bruciati, o liquefatto loro del
-piombo nella gola; nè lunghezza di tempo prescriveva
-l'azione contro questo misfatto, i cui effetti cadevano
-anche sulla prole: legge dove la moralità faceva trascendere
-la giustizia, e che perciò dovette modificarsi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span>
-</p>
-
-<p>
-A insinuazione de' vescovi, meglio tutelò gl'interessi
-dei pupilli, ne garantì i possessi immobili, e volle s'intendessero
-aver ipoteca legale sui beni dei loro tutori.
-Generalizzò il diritto delle madri sulla successione ai
-proprj figliuoli; rinfrancò la buona fede, mediante il
-giuramento che i testimonj doveano proferire prima
-di deporre; estese l'uso de' codicilli; e volle più non
-fossero essenziali le formole nelle stipulazioni, nè le
-parole rituali nei legati. Da qualunque decisione diede
-appello a magistrati superiori; ma per ovviare allo
-spirito contenzioso, morbo d'allora, inflisse pene a chi
-interponesse appelli temerarj<a class="tag" id="tag94" href="#note94">[94]</a>. Sottopose anche il
-soldato all'ordinaria autorità nelle cause civili: nelle
-criminali, per tutti i sudditi fino ai Chiarissimi, furono
-competenti i medesimi tribunali. Stabilì che le condanne
-si registrassero, per responsabilità morale dei giudici:
-minacciò i magistrati prevaricatori o negligenti: dalle
-confische esentò ciò che fosse stato donato alle mogli
-ed ai figli, e nel registro de' confiscati si notasse sempre
-che aveano prole: addolcì la detenzione ai prevenuti,
-e volle che gl'incarcerati per debiti al fisco avessero
-stanza capace ed ariosa: mitigò le pene afflittive, abolendo
-quella tanto prodigata del marchio in fronte e
-la croce.
-</p>
-
-<p>
-Vietò agli uffiziali pubblici di togliere, per debiti
-fiscali, i bovi, gli schiavi o gli attrezzi rurali, nè per
-le poste usare gli animali destinati ai campi: durante
-la seminagione e la messe dispensò i contadini da ogni
-servizio di corpo, e fin dal santificare le feste. Incoraggiò
-le arti e il sapere, mantenne pubbliche biblioteche,
-e la tradizione fa da lui fabbricare innumerevoli chiese,
-e tutte dotare pinguamente, con vasi preziosi e aromi
-e marmi fini. A tali liberalità gli porgevano modo sì i
-<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span>
-beni che i predecessori suoi aveano confiscato ai martiri,
-sì quelli ch'e' toglieva ai tempj profani o alla celebrazione
-de' giuochi circensi e teatrali. Proibì anche i
-gladiatori, ma non fece osservare il divieto: come anco
-ripermise l'aruspicina, che prima avea vietata.
-</p>
-
-<p>
-Ma prode a capo degli eserciti, nella reggia annighittiva
-a posta de' ministri, che sperdevano il genio
-di lui tra frivole particolarità. Guasto dalla prospera
-fortuna, portava inseparabile il diadema, effeminato
-nell'addobbo e nel lusso aulico; al quale ed alla fabbrica
-della nuova città non bastando i tesori accumulati,
-gravò di nuovi accatti i sudditi. Da crudeltà ed
-avarizia nol ritennero la riflessione e il cristianesimo.
-</p>
-
-<p>
-Da Minervina, moglie oscura di sua giovinezza, avea
-generato Giulio Crispo; giovane di ridente aspettazione,
-che a diciassette anni <span class="sidenote">(317)</span> proclamato cesare e governatore
-delle Gallie, con vittorie su Germani e Franchi e nella
-guerra civile acquistò il cuore della moltitudine. Ma
-repente Costantino lo faceva giudicare e uccidere a
-Pola <span class="sidenote">(326)</span>: dappoi, scopertolo innocente, lo pianse, e punì
-atrocemente coloro che l'aveano indotto a un misfatto,
-le cui ragioni sono avvolte nel mistero, come avviene
-di questi assassinj di palazzo. Allora dichiarò Cesari
-Costantino, Costanzo, Costante, partoritigli da Fausta
-figlia di Massimiano; associò loro, non si saprebbe
-perchè, gli zii Dalmazio e Annibaliano; e li collocò in
-diverse parti dell'impero, con qualche porzione di autorità,
-ma sempre in sua dipendenza.
-</p>
-
-<p>
-Negli ultimi quattordici anni meritò il titolo di
-fondatore della pubblica quiete: temuto dai Goti, dai
-Vandali, dai Persi, riceveva ambascerie fin dalle rive
-dell'oceano Orientale, e dalle sorgenti del Nilo. Dieci
-mesi dopo celebrato il trentesimo anno d'impero,
-ammalò a Nicomedia, e sentendosi mancare, chiese
-l'imposizione delle mani ed il battesimo <span class="sidenote">(337 — 27 maggio)</span> fin là differito,
-<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span>
-e morì protestando esser unica vera vita quella in cui
-entrava. Onorato di solennissime esequie, fu collocato
-dall'adulazione de' Pagani fra gli Dei, dalla gratitudine
-del clero fra gli apostoli e i santi, dalla giustizia della
-posterità fra i grandi monarchi, come quello che intese
-il suo tempo, e non che ostinarsi al passato, secondò e
-favorì i maturi progressi, e si pose a capo della maggior
-rivoluzione che la storia descriva.
-</p>
-
-<p>
-Appena lui morto, il popolo e i soldati, non si sa
-per qual motivo, trucidarono Dalmazio, Annibaliano e
-i nipoti di lui, sicchè regnarono soli i figli. Costanzo II
-ebbe l'Asia, l'Egitto, la Tracia; Costante l'Italia, l'Illirico
-e l'Africa: Costantino II, non contento delle Gallie, della
-Spagna e della Bretagna, pretese anche la Mauritania <span class="sidenote">(340)</span>,
-e per averla invase l'Italia; ma ad Aquileja restò ucciso.
-Ne occupò i dominj Costante, ma debole e scostumato,
-perdeva gli amici, esacerbava i nemici: del che imbaldanzito
-Flavio Magnenzio, capitano barbaro, l'uccise e
-si fece gridare imperatore <span class="sidenote">(350)</span>, ed ebbe l'Occidente coll'Italia.
-Contemporaneamente Vetranione, antico generale
-delle legioni dell'Illirico, intesa la morte di Costante,
-lasciossi da queste acclamare augusto; e in Roma Popilio
-Nepoziano, nipote di Costantino, con un branco di schiavi
-e gladiatori, carpiva la porpora.
-</p>
-
-<p>
-Costanzo dalla guerra di Persia si volse contro gli
-usurpatori; ricevette al perdono Vetranione che sempre
-avea fatto mostra d'essere daccordo con lui; a Magnenzio,
-che già aveva ucciso Nepoziano, diede una
-delle più sanguinose battaglie che da gran tempo vedesse
-l'Europa<a class="tag" id="tag95" href="#note95">[95]</a>. Costanzo pianse allo sterminio di
-tanti prodi che avrebber potuto far barriera ai Barbari:
-Magnenzio, fuggito in Aquileja, sostenne alquanto tempo
-<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span>
-la guerra nell'alta Italia poi nelle Gallie, finchè a Lione
-s'uccise <span class="sidenote">(353)</span>. Allora Costanzo si trovò unico possessore di
-tutto l'impero; egli <i>eterno</i>, egli <i>signore dell'universo</i>:
-ma era un fiacco, inetto a far il bene o impedire il
-male, aggirato da eunuchi, i quali, arbitri del nuovo
-impero come dell'antico erano i pretoriani, ergevano
-ai primi gradi creature loro, accumulavano ricchezze,
-impedivano che i lamenti giungessero al monarca, illuso
-da mendace quadro di prosperità e d'applausi.
-</p>
-
-<p>
-Di tali disordini si fanno forti alcuni per dire, — Ecco
-a che fu ridotto l'impero dal cristianesimo».
-</p>
-
-<p>
-Perchè l'illazione reggesse, bisognerebbe dimenticare
-qual era l'impero pagano; chè è solo dei fatui, allorchè
-una medicina non risana un infermo disperato, dire che
-lo ammazzò. Il cristianesimo operava una rivoluzione,
-non di accademiche speculazioni, ma pratica, volendo
-mutare la condizione morale, dirigere la volontà e la
-vita. Non tendeva dunque ad operare sull'opinione per
-via della pietà, ma viceversa, a penetrare nelle credenze,
-e da queste nelle leggi quale indistruttibile componente.
-In mutazioni siffatte, il movimento, non che si arresti
-alla superficie, investe tutte le azioni e le idee, la società
-domestica non men che la pubblica, s'intreccia spesso
-ne' legami della famiglia e dello Stato, sempre alla loro
-sanzione; talchè l'opinione recente trovasi a petto un
-ordine legale da abbattere, affezioni da contrastare,
-abitudini inveterate da rompere, giudizj abbarbicati da
-revocare in discussione.
-</p>
-
-<p>
-Men difficile riuscirebbe la vittoria se i novatori
-portassero seco un ordinamento bello e compito, una
-legislazione foggiata sui dogmi che insegnano. Ma il
-cristianesimo, società spirituale, volta a convincere
-gl'intelletti e far retti i cuori, più che a sovvertire le
-relazioni e l'esterior condizione dell'uomo, quando uscì
-dall'angusto circolo delle chiese non aveva in pronto
-<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span>
-veruna teorica sociale da offerire agli imperatori convertiti,
-sicchè trovossi esposto agli inevitabili ondeggiamenti
-del tirocinio.
-</p>
-
-<p>
-I successori pertanto di Costantino trovavano nei
-precetti del Vangelo e nei consigli della Chiesa di che
-migliorare le leggi dal lato morale: ma mentre la
-legislazione civile assumeva spirito cristiano, gentilesca
-rimase l'amministrazione; il sovrano era ancora identico
-collo Stato, coll'autorità senza confini rendendo
-smisurata l'efficacia de' vizj suoi; alla Corte duravano
-perversi costumi, e raggiri d'eunuchi e cortigiani; le
-credenze evangeliche rimanevano falsate dal despotismo
-di teologi coronati. Se v'aggiungete l'irriflessivo ostinarsi
-di molti nella dottrina dei loro padri; la necessità
-di rispettare certe forme di reggimento, unico
-puntello della costituzione di cui erano scalzati i fondamenti;
-le gravi sventure che percossero l'impero; le
-dissensioni interne della Chiesa, vi sarà spiegato perchè
-sì lento arrivasse il finale trionfo di questa, e nella sua
-visibile attuazione si mescolassero estranei elementi.
-</p>
-
-<p>
-Frattanto alla società civile essa ne contrapponeva
-un'altra, costituita regolarmente ma sovra tutt'altre
-basi. E poichè gli affari esterni della Chiesa tale importanza
-acquistano, che senza di essi rimarrebbe inintelligibile
-la storia, vogliamo esaminarne l'ordinamento
-allora introdotto; e tanto più che durò dopo scomparso
-il civile, per dar carattere alla storia moderna d'Italia,
-e conservasi fino a noi colla stabilità che la Chiesa
-imprime a tutto.
-</p>
-
-<p>
-A una dottrina veramente cattolica, la cui identità resterebbe
-distrutta per ogni minima deviazione dalla fede
-comune, era indispensabile un sacerdozio ordinato in
-modo, da perpetuare la rigorosa conformità di credenze
-nell'infinito numero di Stati fra cui è divisa la comunità
-spirituale, indipendenti, distinti di luoghi, di stirpe, di
-<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span>
-favella; in modo che s'attuasse una civiltà, universale
-di fatto come di nome. A ciò servì l'unità del sacerdozio,
-pel quale l'esistenza del potere ecclesiastico
-rimane assicurata accanto al temporale, senza che l'uno
-minacci l'altro.
-</p>
-
-<p>
-Col sacerdozio s'introduce fin dal principio una distinzione,
-ignota a Greci e Romani, fra preti e laici. I
-sacerdoti, destinandosi a speciale servizio divino, ricevevano
-la missione e la dignità dai vescovi coll'imposizione
-delle mani. Ogni comunità aveva un solo vescovo,
-che la propria elezione comunicava ai confratelli con
-lettere pastorali, ove faceva professione di sua fede: gli
-uni agli altri poi partecipavansi la lista degli scomunicati,
-acciocchè nessuno di questi fosse accettato in altre
-chiese; e davano lettere di raccomandazione (<i>literæ formatæ</i>)
-pei fedeli della propria diocesi che viaggiassero.
-Così l'universalità moltiplicava le relazioni, potentissimo
-mezzo d'incivilimento.
-</p>
-
-<p>
-Il territorio su cui un vescovo aveva giurisdizione,
-chiamavasi diocesi, con nome dedotto dalla nuova
-distribuzione imperiale. Più tardi a molti vescovi fu
-preposto un metropolita, col titolo d'arcivescovo o di
-patriarca, che li consacrava, convocava a sinodi, rivedeva
-le loro sentenze. Ne' primi secoli non appajono
-altri patriarchi che a Roma, Alessandria, Antiochia.
-</p>
-
-<p>
-La chiesa di Roma, oltre esser eretta nella maggior
-città d'allora, vantavasi fondata avanti ogn'altra di
-Occidente, e dal maggiore degli apostoli, e bagnata del
-sangue di esso e di san Paolo; onde consideravasi capo
-della gerarchia il vescovo di essa, malgrado che gli
-altri patriarchi ora ad ora competessero: ma almen
-nella pratica, la primazia teneasi piuttosto d'ordine e
-dignità, che di potere o giurisdizione. Quando la Chiesa
-universale fu legalmente riconosciuta, e potè congregare
-i suoi rappresentanti, e pubblicare decreti per tutto
-<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span>
-l'impero, l'autorità della romana sede fondossi sopra
-atti legittimi, emanati dalla potenza ecclesiastica d'accordo
-colla civile<a class="tag" id="tag96" href="#note96">[96]</a>, e s'andò via via fortificando
-anche esteriormente.
-</p>
-
-<p>
-La comunanza dei beni, possibile in società ristretta,
-perdette opportunità appena la Chiesa fu dilatata; e i
-proseliti poterono conservare i loro beni ed aumentarli
-ciascuno col traffico, l'industria, le eredità, solo obbligati
-a soccorrere i fratelli poveri, e ad un'offerta nelle
-ebdomadali o mensili adunanze, pel culto o per opere
-di pietà. Il denaro raccolto custodivasi dal vescovo, e
-tre porzioni generalmente se ne facevano: la prima a
-sostentamento del vescovo e del clero; la seconda al
-culto e ai banchetti di carità; l'ultima ai poveri, pellegrini,
-schiavi, carcerati, a salvar la vita e l'anima degli
-esposti, a quelli che soffrissero per la giustizia. N'erano
-dispensieri i diaconi; nè lontananza di provincie, nè
-diversità di nazione limitava la carità, anzi neppure la
-differenza di religione. Essendo dalle leggi imperiali
-interdetto ai collegi e corpi il possedere fondi senza
-dispensa del senato o del l'imperatore, le chiese non
-n'ebbero se non sullo scorcio del secolo III. Dall'editto
-<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span>
-di Costantino ne ricevettero ampia facoltà, e allora
-cessarono di trarre unico sostentamento dalle limosine
-dei fedeli.
-</p>
-
-<p>
-Gli ecclesiastici dapprima vestivano non altrimenti
-de' laici, per la necessità di nascondersi; ed abito consueto
-a' Cristiani era il mantello filosofico sopra la
-tunica, quale con poca varietà conservasi tuttora dagli
-ecclesiastici. La maestosa toga già cadeva in disuso
-sotto Augusto<a class="tag" id="tag97" href="#note97">[97]</a>, riserbandosi solo a certe comparse,
-per quanto egli e più tardi Adriano tentassero richiamarne
-l'usanza: smessa poi affatto nel dechino dell'impero,
-dell'antico vestimento serbarono traccia soltanto
-gli ecclesiastici, i quali in tal modo vennero a trovarsi
-addobbati diversamente dalla comune de' cittadini.
-</p>
-
-<p>
-Ciascuna <i>plebe</i> poi eleggeva i proprj sacerdoti: fra
-questi cernivasi il vescovo, cercando appartenesse alla
-diocesi medesima, onde conoscesse il suo gregge, ma
-del resto prendendolo dovunque si trovassero scienza,
-virtù, opportunità alle circostanze; e popolarmente era
-pure eletto il romano pontefice. Per decidere sui dubbj,
-o per refocillarsi di fede e di carità, si radunavano in
-sinodi particolari, ovvero in generali.
-</p>
-
-<p>
-Era dunque la Chiesa costituita in monarchia elettiva
-e rappresentativa, colla libertà e l'eguaglianza accoppiando
-l'assoluta obbedienza dovuta al capo, benchè
-tolto dal popolo: nè altro culto al mondo seppe coordinare
-una gerarchia in modo, da potersi svolgere ed
-ampliare indefinitamente, eppur rimanere sotto ad una
-magistratura suprema ed infallibile in diritto e in fatto.
-Re e sudditi, individui ed assemblee non sono sommessi
-che alla legge di Dio, promulgata e interpretata dalla
-Chiesa, a cui egli disse, — Chi ascolta voi, ascolta me;
-pascete le mie pecore; ciò che voi sciorrete sarà sciolto,
-<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span>
-ciò che legherete sarà legato»; onde l'autorità e l'obbedienza
-rimangono del pari nobilitate; ai popoli s'impone
-un'autorità scevra d'ogni violenza, e tale che lo
-spirito vi s'inchina senza che il cuore s'avvilisca; giacchè,
-parlando dall'alto, obbliga eppure non costringe.
-</p>
-
-<p>
-La potenza morale de' pontefici, divenuta poi efficacissima
-nel medioevo, riducesi, come quella de' prischi
-tribuni, a una negazione protettrice, impedendo si conculcassero
-la giustizia e la moralità. Come un pretore
-romano, il pontefice pacifico e inerme decide, secondo
-equità, le dissensioni, che l'interesse o l'ambizione suscitino
-fra i credenti; come un censore, ammonisce
-gl'ingiusti ed i violenti; come un tribuno, protesta a
-favore degli oppressi. I suoi ministri, recisamente distinti
-da quelli dell'ordine temporale, sono obbligati
-all'universale insegnamento, epilogato in simboli noti
-a tutti, ed esposti al cherico, al laico, all'incredulo: il
-che impedisce del pari e l'esclusività delle Caste orientali,
-e il vacillamento dei moderni Riformati. Il sacerdote
-accostandosi al sovrano siccome deputato della
-monarchia della Chiesa, rammenta l'eguaglianza di tutti
-e la preferenza dovuta ai poveri; accostandosi al popolo,
-predica la ragionata soggezione.
-</p>
-
-<p>
-I primi pontefici, dopo sudato tutta la vita a serbare
-pura la fede e incoraggiarne i confessori, l'avevano
-suggellata col proprio sangue. A Pietro succedettero <span class="sidenote">(67)</span>
-Lino volterrano; Anacleto romano; Clemente romano,
-già compagno di san Paolo, e di cui ci rimangono due
-lettere ai Corintj <span class="sidenote">(100)</span>; Evaristo siro; Alessandro romano;
-Sisto della gente Elvidia, che introdusse il digiuno
-della quaresima; Telesforo di Turio, cui si attribuisce
-il <i>Gloria in excelsis</i> <span class="sidenote">(139)</span>. Di Igino ateniese, Pio d'Aquileja,
-Aniceto d'Ancisa, Sotero di Fondi, non è ben certo,
-non che il tempo, l'ordine di successione <span class="sidenote">(177)</span>. Eleuterio di
-Nicopoli narrano mandasse missionarj nella Bretagna.
-<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span>
-Lo zelo di Vittore africano <span class="sidenote">(193)</span> fu temperato dai prelati
-occidentali, affinchè non segregasse dalla Chiesa i vescovi
-d'Asia per la quistione sul tempo in cui celebrare
-la pasqua. Calisto della gente Domizia <span class="sidenote">(249)</span>, succeduto a
-Zefirino romano, dicono scavasse il famoso cimitero
-lungo la via Appia, che vi fossero tumulati censettantaquattromila
-martiri e quarantatre papi. Seguono Urbano
-e Ponziano romani <span class="sidenote">(253)</span>, Antero di Policastro, Fabiano, Cornelio,
-Lucio, Stefano romani: quest'ultimo ebbe dispareri
-con san Cipriano. Poi Sisto II ateniese <span class="sidenote">(257)</span>; Dionisio
-di Turio, de' cui scritti ci rimane qualche frammento;
-Felice romano; Eutichiano da Lucca; Cajo Dalmata;
-Marcellino romano; Marcello romano <span class="sidenote">(304)</span>, di cui la severità
-e le contraddizioni sono attestate dall'epitafio che san
-Damaso ne scrisse. Pochi mesi durato papa Eusebio
-calabrese, gli successe Melchiade o Milziade africano <span class="sidenote">(311)</span>,
-indi Silvestro di Roma <span class="sidenote">(314)</span>, sotto il quale avvenne il fortunato
-cambiamento degl'imperatori.
-</p>
-
-<p>
-Tardi si narrò che Costantino, mondato dalla lebbra
-e battezzato da questo pontefice, cedesse a lui ed ai
-successori la sovranità di Roma, dell'Italia e delle province
-d'Occidente. L'atto, forse foggiato nell'<span class="smcap lowercase">VIII</span> secolo
-e inserito nelle Decretali del falso Isidoro, parve assegnare
-remotissima antichità e legittimo principio alla
-dominazione temporale dei papi. Pure sin dal secolo <span class="smcap lowercase">XII</span>
-ne fu impugnata l'autenticità, poi Lorenzo Valla l'abbattè
-con ragioni, cui i leali difensori della santa sede
-furono i primi ad assentire. Costantino dotò bensì lautamente
-le chiese di Roma; ed un catalogo, comunque
-imperfetto<a class="tag" id="tag98" href="#note98">[98]</a>, enumera le rendite che da case, botteghe,
-fondi, giardini traevano quelle di San Pietro, San
-Paolo, San Giovanni Laterano, sommanti a ventiduemila
-aurei, oltre quantità d'olio, lino, carta, aromi, frutti.
-<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span>
-Pure i pontefici anche dopo il trionfo perseverarono
-in umile tenore di vita, non aspirando a regnare su
-questo mondo, ma a darsi specchi di costante virtù.
-</p>
-
-<p>
-Tosto però che le cose del cielo toccano queste umane,
-partecipano della pervertita loro natura. Nella Chiesa,
-da perseguitata divenuta dominante, a folla entrarono
-Pagani, non sempre per intima convinzione, nè dopo
-lottato col raziocinio, colle passioni, coll'abitudine,
-cogl'interessi; ma sovente per conservare le cariche o
-il favore, o per cupidigia de' privilegi e delle ricchezze
-sacerdotali: di che i costumi de' Cristiani peggiorarono,
-e i vizj dell'antica s'insinuarono nella nuova religione.
-Trista pittura de' costumi dei prelati fa Ammiano Marcellino,
-ma siccome uomo che del cristianesimo non
-conosce se non l'austera semplicità, senza avvertire
-come già acquistasse ingerenza civile, e in conseguenza
-dovesse mostrare pompe esteriorj, suntuose solennità,
-ricevere tributi, avere possessi, co' privilegi e coi pericoli
-che gli accompagnavano.
-</p>
-
-<p>
-In Oriente si era meno ammazzato e più discusso;
-laonde, se rapido germogliò il cristianesimo, insieme
-nacquero dubbj e novità, e quella serie di dissensi
-che rampollano da ogni verità tosto che sia seminata
-in mezzo agli uomini, dove può restare contaminata
-da amici, da nemici, dai mezzi stessi di cui l'uomo è
-costretto valersi per propagarla, cioè la parola e la
-scrittura. Quindi nuova nè sempre incruenta persecuzione
-cominciò alla sposa di Cristo, la quale, sicura
-omai della costanza dei martiri, doveva temere la seduzione
-dell'errore, e travagliarsi a conservare nell'apostolica
-integrità questo vasto simbolo della rivelazione,
-di cui ogni parte, ogni parola corrisponde al tutto.
-</p>
-
-<p>
-Al nostro libro non appartiene di toccarne se non
-quanto concerne l'Italia, e quanto operò sui pubblici
-avvenimenti; perocchè le eresie, che dapprima erano
-<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span>
-dispute di scuola, giunsero ben presto a sconvolgere la
-politica: e la più clamorosa fu l'Arianismo.
-</p>
-
-<p>
-Cristo nulla scrisse. Che gli Apostoli, prima di spargersi
-a predicare alle nazioni, abbiano fra sè combinato
-il simbolo della fede comune, quale ci fu tramandato
-col titolo d'<i>Apostolico</i>, è pia credenza<a class="tag" id="tag99" href="#note99">[99]</a>. Un'esposizione
-<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span>
-generale e compita del dogma non si aveva; e la
-dichiarazione di fede consisteva nell'escludere dalla comunione
-d'una chiesa chi credesse altrimenti, cioè chi
-alla verità generale surrogasse una restrizione di particolar
-suo giudizio.
-</p>
-
-<p>
-Di siffatta guisa erano stati combattuti i primi errori
-intorno alla natura divina, dove alcuni aveano sostenuto
-l'unità astratta della sostanza di quella, fino a negare
-ch'essa si svolgesse in tre persone; alcuni eransi abbandonati
-alla vaghezza d'idee platoniche, analoghe alle
-cristiane sul Verbo; altri aveano posto troppa differenza
-tra il Padre e il Figliuolo, o formandone un dio distinto,
-o riducendolo a un uomo, nel quale per alcun tempo si
-fosse incarnata una virtù celeste, una sostanza divina.
-Da che il mondo omai apparteneva a Cristo, viepiù
-importava di conoscere chi e quale egli fosse. Ario,
-prete d'Alessandria d'Egitto <span class="sidenote">(312)</span>, pretese spiegarlo; ma
-mentre gli ortodossi tengono Cristo come la conoscibilità
-divina, il pensiero eterno di Dio, coesistente
-coll'eterna sua attività, della medesima sua sostanza
-(ὁμούσιος), Ario vi riconosceva la forza, la verità, l'avvenire,
-ma non voleva identificarlo con Dio, e ne formava
-un essere distinto, di sostanza analoga (ὁμοιούσιος) a quella
-di Dio, una creatura tipica, che Dio generò per servire
-di modello agli uomini.
-</p>
-
-<p>
-Erudito in quanto erasi detto prima di lui, con sottilissima
-dialettica, stile splendido e fin lezioso, arguta
-industria d'insinuarsi negli spiriti, perseveranza di aspettare,
-accorgimento di cedere a tempo, e rimanere nella
-Chiesa nel mentre la sovvertiva, faceva libri e poemi
-popolari, entrava nelle case confabulando, e — Avete
-voi (domandava alle donne), avete avuto figli prima di
-<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span>
-partorire? così neppur Dio potette averne uno prima
-che il generasse». Da questa triviale comparazione
-molti restavano convinti che il Padre dovess'essere
-anteriore al Figliuolo.
-</p>
-
-<p>
-Già allora non pochi teneano che, nella forma della
-dottrina, nulla vi fosse di assoluto, e tutto dipendesse
-dal riflesso d'una certa modificazione del sentimento,
-e che le differenze della Chiesa non fossero se non
-varianti maniere di vedere dell'intelligenza cristiana:
-sicchè gl'istinti razionali dirigeansi a favore di Ario, il
-quale al mistero opponeva il senso comune: i tanti che,
-sull'esempio di Costantino e della Corte, si erano convertiti
-prima di vincere sè ed il mondo, abbandonavansi
-alla rilassatezza nel credere, alla svogliatezza nel cercare
-il vero: lo scarso studio agevolava l'errore, e a gente
-inavvezza alle sublimi audacie dell'ideale, riusciva più
-facile rappresentarsi Gesù nella sua vita e morte qual
-profeta, che qual dio; tanto più che, con tale spediente,
-le dottrine comunicate dall'alto per suo mezzo conservavano
-il valore dogmatico, mentre all'unità di Dio non
-restava più questa nube della triplicità di persone.
-</p>
-
-<p>
-Ma se l'autore del cristianesimo non è dio, eguale e
-consustanziale coll'autore delle cose, quei che l'adorano
-sono idolatri, o riconoscendo due Dei, ricascano nel
-politeismo; Cristo non è più il tipo a cui l'uomo dee
-conformarsi per meritare, lo che costituisce la base del
-cristianesimo pratico; e perduta la fede del mediatore
-divino, trova novamente fra sè e Dio quell'abisso che
-ne lo separava nei secoli pagani. La dottrina di Ario
-feriva dunque l'essenza del cristianesimo. Inoltre, per
-conservare la società e per migliorare i costumi e la
-condizione civile, allora più che mai faceva duopo di
-opere; e per operare bisogna credere; e per credere
-bisogna ammettere un'autorità infallibile. L'egoismo
-avea sfasciato la società romana; il sacrifizio dovea
-<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span>
-ricostruirla, e per sagrificarsi bisogna non dubitare
-dello scopo dei proprj sforzi. Ben è dritto dunque se
-tanta importanza attribuì la Chiesa ad un'eresia che
-intaccava le basi della fede, l'appoggio della speranza,
-il nerbo della carità.
-</p>
-
-<p>
-L'introdursi d'una nuova religione avea spezzato
-l'unità politica romana, sicchè gl'imperatori a ferro
-e fuoco vollero distruggerla; ma cresciuta tanto da
-divenire prepollente, Costantino la favorì per ricomporre
-l'unità in senso cristiano. Erasi appena avviata,
-quand'ecco il cristianesimo scindersi in parti; ecco
-sconnettersi quella fede, che della propria unità avea
-sempre fatto arma trionfante contro la Babele delle
-opinioni gentilesche.
-</p>
-
-<p>
-Costantino, che dapprima l'avea sprezzata come un
-problema irresolubile a raziocinj umani, si accorse
-quanto seria si rendesse la querela sì pel pericolo
-della fede, sì pel calore sedizioso con cui era agitata:
-persuaso però che la Chiesa nelle credenze non dev'essere
-regolata che da se stessa, indicò un'adunanza, non
-più particolare, ma universale. Ora che voleasi accogliere
-tutto il mondo romano nella comunione cristiana,
-non bastavano parziali decisioni; ma la Chiesa, rappresentante
-dell'umanità divinamente ristabilita nell'unità,
-dovea mostrarsi una in un concilio ecumenico, e in
-questo chiarirsi del comune consenso, e stabilire qual
-credenza tenere sopra il punto essenziale del cristianesimo,
-la natura del Verbo.
-</p>
-
-<p>
-Pertanto a Nicea di Bitinia <span class="sidenote">(325)</span> convennero i vescovi di
-tutto l'impero, in numero di trecendiciotto. Molti di
-loro portavano sul corpo le gloriose stigmate del martirio,
-sostenuto per la fede che allora venivano a difendere
-colla parola; altri rendeva illustri uno speciale
-dono di santità, di miracoli, di dottrina; e fra loro
-primeggiavano da una parte Ario, attentissimo ad ogni
-<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span>
-opportunità di far trionfare la sua causa; dall'altra
-Atanasio, diacono poi vescovo d'Alessandria, per lunghi
-anni il campione più fervoroso della parte ortodossa.
-Silvestro papa vi mandò legati; varj laici vennero ad
-appoggiare colla dottrina l'una o l'altra causa; e lo
-stesso imperatore vi comparve colla maestà richiesta
-da tale assemblea.
-</p>
-
-<p>
-Qui cominciossi a contendere di testi, di ragioni e
-di cavilli; per sottrarsi ai quali fu adottata una parola
-platonica, dichiarando che il Figliuolo è <i>consustanziale</i>
-(ὁμούσιος) col Padre; fu compilato un simbolo, e condannati
-Ario ed i suoi<a class="tag" id="tag100" href="#note100">[100]</a>. Le decisioni del concilio
-furono notificate a tutto l'impero; e Costantino moltiplicò
-lettere in tal senso, ed esigliò Ario. Ma questo,
-inesauribile di spedienti, ora esclamava contro l'introdurre
-nel dogma una parola sconosciuta alle sacre
-scritture, o contro la presunzione di definire assolutamente
-sovra punti imperscrutabili; ora propugnava le
-opinioni sue davanti a nuovi concilj; ora con capziose
-professioni di fede sorprendeva l'imperatore, infelice
-teologo: il quale al fine ordinò al vescovo di Costantinopoli
-di ricevere Ario alla comunione. Questi però,
-mentre recasi alla chiesa, è preso da colica e muore <span class="sidenote">(336)</span>.
-</p>
-
-<p>
-Non che spegnersi con lui, l'incendio divampò: diciotto
-simboli in pochi anni pubblicarono gli Ariani, i
-sinodi particolari decidevano un contrario all'altro,
-s'avvicendavano le persecuzioni; e gl'imperatori succeduti
-a Costantino, e adombrati del potere conceduto
-<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span>
-da questo alla Chiesa, propendevano per la fazione
-che gl'invocava. Costanzo II perseguitò accannitamente
-sant'Atanasio, che instancabile parlava, agiva, scriveva,
-passava da Oriente in Occidente, dai deserti di Libia
-alla sede di Roma per far trionfare la verità. Papa
-Liberio romano, succeduto a Marco e Giulio romani
-anch'essi, sosteneva Atanasio e le decisioni del concilio
-Niceno <span class="sidenote">(352)</span>; ma per ciò Costanzo, o piuttosto i suoi eunuchi
-il tolsero a perseguitare, e coltolo nottetempo, il trasferirono
-a Milano <span class="sidenote">(356)</span>, indi il confinarono a Berea nella
-Tracia; ma nulla il divolse dal proponimento.
-</p>
-
-<p>
-E violenza era in ogni dove; per bandi imperiali,
-chiunque sostenesse la parola <i>consustanziale</i> era marchiato
-in fronte, espulso di città, confiscati gli averi;
-i Cattolici comunicassero cogli Ariani, o guaj; date a
-questi le chiese e le pubbliche dotazioni; in Roma si
-veniva alle mani per la consustanzialità, come un tempo
-pei diritti del popolo; e i soldati, «cattivi apostoli della
-verità, la quale non conosce altr'arme che la persuasione»
-(<span class="smcap">Atanasio</span>), pretendevano imporre la fede. Ma
-intanto riconosceasi qualcosa di nuovo nel mondo
-romano; il vessillo della Chiesa sventolava di fronte a
-quel della terra: la Chiesa proclamava un'autorità superiore
-alle umane, e da cui queste ritraggono; Cesare
-rispondeva colla spada; ma gli ecclesiastici ne aspettavano
-imperterriti il colpo, sostenuti dal popolo e dal
-rappresentante di questo, il pontefice.
-</p>
-
-<p>
-Frattanto i fedeli, privi di pastori, esitanti nelle
-coscienze, sottoposti a vescovi non eletti da loro e non
-conosciuti, alzavano concordi lamenti. Allorchè Costanzo
-venne a Roma, una nobiltà di matrone in addobbi sfarzosi
-gli si presentò, invocando — Restituisci alla sede
-papale Liberio, giacchè nessuno entra nelle chiese dacchè
-vi sta Felice a lui surrogato». L'imperatore accondiscese,
-purchè Liberio convenisse nel parere de' vescovi;
-<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span>
-ma quando tal concessione fu proclamata nel circo, il
-popolo, che in Italia non aveva disimparato le democratiche
-manifestazioni, raccolse a scherni, dicendo: — La
-Chiesa è forse un anfiteatro, dove fare due
-fazioni? Un solo Dio, un solo Cristo, un vescovo solo».
-</p>
-
-<p>
-Pure i soliti artifizj de' prelati greci, affinati alla
-Corte e nelle scuole, prevalsero nel concilio di Rimini <span class="sidenote">(358)</span>;
-quattrocento vescovi furono tratti a firmare una formola
-di fede, la quale condannava chi dicesse, il Figliuolo
-di Dio essere creatura eguale alle altre; formola che,
-sotto sembianza di verità, implicava che Cristo fosse
-creatura. All'insistente persecuzione non seppe resistere
-Liberio; e in un istante di debolezza, affine di esser
-restituito alla sua sede, sottoscrisse un simbolo in senso
-ariano, o più veramente la condanna d'Atanasio<a class="tag" id="tag101" href="#note101">[101]</a>.
-</p>
-
-<p>
-San Girolamo potè allora dire che il mondo stupì
-di trovarsi tutto ariano: vent'anni di durata toglievano
-a quest'opinione la taccia di nuova; il papa vi aveva
-aderito, non cercavasi per quali arti, nè se subito si
-ritrattò: laonde si poteva credere imminente la caduta
-della fede Nicena, un concilio ecumenico si sarebbe
-ingannato, avrebbe mentito la parola di Cristo. Ma
-Atanasio, non che disperare, sbucato dal settenne nascondiglio,
-si scagliò non contro i prevaricatori, bensì
-contro la forza che li traviava; tosto i Padri illusi
-protestano contro l'errore; e nel concilio d'Alessandria
-vien rintegrata la dottrina cattolica.
-</p>
-
-<p>
-Invece di risecare tante vane quistioni, le fomentava
-Costanzo, non assodando per fede, ma turbando per
-curiosità la Chiesa, e intanto lasciando mal capitare
-l'impero.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap49">CAPITOLO XLIX.
-<span class="smaller">Giuliano. Riscossa del Paganesimo.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Dallo sterminio della famiglia imperiale (pag. 164)
-erano campati Costantino Gallo e Claudio Giuliano nipoti
-di Costantino, che furono educati principescamente.
-Gallo tentò signoria <span class="sidenote">(354)</span>, onde fu condannato e ucciso. Giuliano
-dissimulando sguisciò dal pericolo; e messo ad
-onorevole esiglio in Atene, assunse il vestire e i modi
-de' filosofi, alle cui arti intendeva da lunga pezza. Eusebia,
-moglie di Costanzo II, nelle mille occasioni che ad
-ogni donna si presentano e che la scaltra fa nascere,
-insinuava nelle grazie del marito il giovane Giuliano;
-e poichè i nemici d'ogni parte irrompevano, Costanzo,
-sentendosi incapace di tener testa, concesse a Giuliano
-il titolo di cesare <span class="sidenote">(355)</span>, la mano di Elena sua sorella, ed i
-paesi di là dall'Alpi. I soldati, la cui approvazione allora
-bastava, la diedero in Milano, battendo dello scudo
-contro i ginocchi, pieni di fiducia nella virtù del giovane
-venticinquenne. L'ombroso imperatore gl'impose per
-iscritto il modo di contenersi, e fin le spese della tavola;
-non gli permise di fare il donativo ai soldati, nè lo fece
-egli stesso; e lo circondò di servi e cortigiani che, in
-aspetto d'ossequio, limitavangli la libertà degli atti,
-delle parole, fui per dire del pensiero.
-</p>
-
-<p>
-Lasciato lui a guardia dell'Occidente, Costanzo si
-voltò all'Asia; ma prima volle veder Roma, dove ricevette
-gli onori trionfali e gli omaggi servili dell'antica
-metropoli del mondo, alla quale tributò ammirazione, e
-ne crebbe gli ornamenti coll'erigere nel Circo l'obelisco
-egizio, che ora grandeggia sulla piazza del Laterano.
-<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span>
-Guerreggiò i Barbari prosperamente, e con minor
-fortuna i Persiani.
-</p>
-
-<p>
-Basso di statura, grosso di collo, spalle larghe, tra
-cui affondava la testa, agitata da frequenti moti involontarj;
-arruffata la capigliatura, occhi vivi ma stravolti;
-prolissa, ispida, impidocchiata la barba; irsuto
-il petto, sucide le mani, lunghe le ugne; in compenso,
-faticante di corpo e ardito d'animo, memoria pronta
-e tenace, ingegno arguto, piacentesi in sottili quistioni;
-parlare facile e naturale, men volentieri in latino che
-in greco; buono e dolce nel fare, intrepido ne' pericoli:
-tale era Giuliano. Cresciuto prima in un carcere cortese,
-poi fra gli ozj ringhiosi delle scuole e sui libri, quando
-rase la barba e depose il mantello per assumere il paludamento
-di cesare, parve strano e ridevole a' cortigiani
-di Costanzo. Ma dalla sventura e dai libri aveva imparato
-temperanza, continenza, amor della fatica, disprezzo
-del fasto. Vestiva poco meglio che soldato, dormiva
-sopra un tappeto steso sul terreno, e nel fitto della notte
-sorgeva per attendere agli affari o agli studj; poi l'eloquenza
-appresa dai retori adoprava nel calmare o
-dirigere le passioni della turba guerresca; le nozioni di
-giustizia attinte dai sofisti applicava a districare i litigi
-avviluppati, quantunque poco versato nella giurisprudenza;
-univa l'arte di scegliersi buoni consiglieri, e la
-docilità di confidarvisi. Tre volte passò il Reno per
-portar guerra rotta ai borghi che i Germani vi fabbricavano
-ad imitazione de' nostri; e obbligatili alla pace,
-menò di qua ventimila prigionieri redenti. I Franchi,
-di più formidabile valore, riuscì a snidare dalla Gallia <span class="sidenote">(357)</span>,
-di cui ricostruì le città, e fortezze e navi dispose coi
-materiali somministrati per patto dai Germani e coll'opera
-delle legioni e degli ausiliarj.
-</p>
-
-<p>
-Alla Corte imperiale i buffoni, fastidiume d'ogni età,
-proverbiavano questo soldato filosofo, le sue sinistraggini
-<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span>
-e lo strano vestire, paragonandolo a uno scimiotto,
-a una talpa, a un caprone, e facendone la parodia. Ma
-allorchè le vittorie impedirono di prenderlo più a
-gabbo, la beffa si risolse in gelosia; e cortigiani ed
-eunuchi esageravano le sue imprese per metterne ombra
-a Costanzo come d'un emulo.
-</p>
-
-<p>
-E vi riuscirono. Parendo composte le cose della
-Gallia mentre cresceva il pericolo in Oriente, Costanzo
-ne colse pretesto <span class="sidenote">(361)</span> onde togliere a Giuliano le legioni
-gratificategli dai trionfi, per portarle nella Persia. Moltissimi
-volontarj d'ogni favella aveanvi dato il nome
-col patto di non passare mai le Alpi; nè la tutela della
-gloria romana era motivo efficace su' Barbari. Amorosi
-di Giuliano quanto aborrenti dalla disastrosa marcia e
-dal campeggiare in terre sconfacenti e con nemici
-nuovi, si gettarono all'unica via che restava per non
-abbandonare la patria e lui, la ribellione, e gridarono
-augusto Giuliano. Questo seppe procurare all'infedeltà
-la scusa della violenza; e ne' suoi scritti giura per
-Giove, pel Sole, per Marte, per Minerva, per tutti gli
-Dei, che della cospirazione non ebbe sentore. Altri
-assicurano che sinceramente vi resistette finchè, avendo
-preso sonno, gli comparve il genio dell'Impero, istantemente
-rimproverandolo di mancante coraggio: Giuliano
-destatosi pregò di cuore Giove, il quale con
-manifesto augurio gli ordinò di rassegnarsi al voler
-del cielo e dell'esercito.
-</p>
-
-<p>
-Fatto è che egli regalò di cinque monete d'oro e una
-libbra d'argento ciascun de' soldati che gli aveano usato
-quella violenza: poi avventatosi ad atti che gli toglievano
-di più riconciliarsi con Costanzo, si accinse
-alla guerra, confidando negli Dei immortali. Colle celeri
-marcie che spaventano gli avversarj e trascinano gli
-esitanti, a giornate crescendo di gente, riceve l'omaggio
-dell'Illiria, dell'Italia, della Grecia; e traversato il
-<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span>
-monte Emo, s'accosta ad Adrianopoli. Apollo avevalo
-assicurato della morte di Costanzo, il quale infatti consunto
-da lenta febbre risparmiò una guerra civile.
-</p>
-
-<p>
-Costantino, ingegno mediocre, meritò insigne posto
-nella storia secondando il progresso delle idee e coordinandole
-ai fatti. Or ecco un uomo di splendide qualità
-riuscire meschino coll'affaticarsi a rimorchiare il mondo
-verso un passato irremeabile; col ripetere in mille toni: — Schiviamo
-le novità».
-</p>
-
-<p>
-Associata nella giovine testa l'idea di Costanzo suo
-oppressore con quella dei Cristiani, Giuliano li confuse
-in un odio comune; stomacato dagli inesplicabili litigi
-sull'arianismo, nojato degli obbligati esercizj di pietà,
-ribramò il culto antico, sotto del quale l'impero aveva
-raggiunto il colmo, e le lettere prodotto lavori immortali.
-Gli accarezzavano questa inclinazione i sofisti, che
-ristrettisi a ripetere la parola vecchia, nulla capivano
-dello spirito recente, e che il lusingavano colla speranza
-di future grandezze. Ha un bel ridire che egli disprezza
-la gloria, ma da ogni atto Giuliano lascia trasparire
-filosofica ostentazione; qualunque azione sua egli narri,
-ne dà per ragione che così doveva un filosofo; qualunque
-sua virtù era un calcolo, un esercizio scolastico,
-una parata.
-</p>
-
-<p>
-Aggiungerei anche un'impostura. Noi rispettiamo le
-convinzioni religiose; ma potremmo compatire Giuliano
-che, mentre lusinga gl'idolatri colla speranza
-d'una ristorazione, continua a fingersi cristiano per
-conciliarsi ora l'imperatore, ora i soldati, comunica con
-questi nella solennità del Natale, adempie le solenni
-cerimonie? Que' numi suoi compajono troppo a proposito
-nei casi decisivi di sua vita; per essi giura non
-aver nodrito ambizione; ad essi imputa la sua ribellione;
-con aruspici e indovini passa ore ed ore almanaccando
-sull'esito de' suoi tentativi. In queste vanità
-<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span>
-stava occupato allorchè gli giunse la morte di Costanzo <span class="sidenote">(11 xbre)</span>;
-onde padrone incontrastato dell'impero, pensò effettuare
-le promesse tante volte date ai fautori dell'idolatria.
-</p>
-
-<p>
-Ripetemmo come Costantino si fosse creduto obbligato
-a riguardi co' partigiani di essa, ed a palliare col
-nome di tolleranza la protezione conceduta al cristianesimo.
-I figli suoi, col vantaggio di chi viene secondo,
-e nell'età che tiene minor conto degli ostacoli, ardirono
-di più, ma non tutto. La legge del 341 ordina che «cessi
-la superstizione, si abolisca l'infamia de' sacrifizj»<a class="tag" id="tag102" href="#note102">[102]</a>;
-ma non vi annette pena, e Magnenzio la abrogò, sperando
-acquistarsi fautori. Costanzo II, trovatosi unico
-padrone, decretò fosse interamente abolita l'idolatria,
-pena la vita<a class="tag" id="tag103" href="#note103">[103]</a>; pure nulla intraprese contro il culto
-antico. Può darsi che i Cristiani de' decreti contrarj
-all'aruspicina ed ai riti segreti e divinatorj profittassero
-onde molestare i sacerdoti pagani; ma l'esecuzione
-misuravasi all'arbitrio de' magistrati. Laonde troviamo
-sussistere e tempj e sacrifizj in Occidente, e in ispecial
-modo a Roma; alla Sibilla di Tivoli chiedevansi ancora
-oracoli; se i venti contrariassero la flotta portatrice del
-grano, la plebe strascinava i magistrati ad Ostia affinchè
-sagrificassero sugli altari di Castore; i sacerdoti Salj
-menavano cogli scudi caduti dal cielo le frenetiche
-carole, per quanto derisi dai Cristiani; libazioni d'umano
-sangue continuavansi a Giove Laziale sul monte Albano;
-sussistevano le varie gerarchie sacerdotali; sotto la
-sanzione delle leggi riposava ancora il voto di castità
-delle Vestali; si eressero anzi nuovi tempj alle divinità
-già ferite a morte<a class="tag" id="tag104" href="#note104">[104]</a>; e, al dire di Lattanzio, nuovi
-<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span>
-numi ogni giorno nasceano<a class="tag" id="tag105" href="#note105">[105]</a>. Ma agli altri prevalsero
-Cibele e Mitra.
-</p>
-
-<p>
-Dicemmo come, fervendo la seconda guerra punica,
-fosse dalla Frigia introdotto a Roma il simulacro della
-Madre Idea; i cui sacerdoti, chiamati Galli, fanaticamente
-danzando e cantando sul cimbalo, erravano di terra in
-terra, traendosi dietro la turba, meravigliata dello strano
-vestire, della scurrile devozione, dei prestigi, in cui
-erano destrissimi. Scostumati, ignoranti, golosi, scrocconi,
-non sarebbonsi attirato che lo spregio, se non
-avessero acquistato forza dal trovarsi disposti in compatta
-ordinanza sotto un arcigallo.
-</p>
-
-<p>
-Il culto che da antichissimo a Mitra prestavano i
-Persiani, andò alterato da eterogenee mescolanze: i
-nuovi Mitriaci esigevano rigide macerazioni, e da chi
-aspirava a' gradi più sublimi, la verginità e il celibato.
-Insinuatosi, non si sa quando, nel Campidoglio, crebbe
-sotto gl'imperatori, ed eccedeva fino a sagrifizj umani.
-Per diversi gradi compivasi l'iniziazione a quei misteri.
-Il supremo capo a Roma chiamavasi <i>pater patrum</i>;
-avea sotto di sè il <i>pater sacrorum</i> e gli ordini inferiori,
-intitolati il corvo, il grifo, il soldato, il leone, il
-perseo, l'eliodramo. Erano cerniti i più fra l'aristocrazia,
-sebbene nelle molte iscrizioni che ricordano
-criòboli e tauròboli, cioè sacrifizj d'arieti e di tori, si
-trovi ben di rado ornato di que' titoli il capo dello
-Stato, cioè della religione nazionale. I neofiti ricevevano
-una specie di battesimo, s'imprimevano dei segni in
-fronte, beveano farina stemprata nell'acqua, con certe
-formole rituali. Nei sotterranei del Campidoglio aprivasi
-<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span>
-il principale tempio di Mitra; all'equinozio di primavera
-se ne celebravano i misteri; ma con maggior
-festa il <i>natale del Sole invitto</i> ai 25 dicembre: lo
-perchè i padri della Chiesa occidentale scelsero questo
-giorno a solennizzare la natività di Cristo, vero sole,
-la quale in Oriente festeggiavasi il 6 gennajo, giorno
-colà sacro ad Osiride<a class="tag" id="tag106" href="#note106">[106]</a>. Tali particolarità raccogliamo
-dai Cristiani che impugnarono quel culto; e le
-somiglianze sue con quello di Cristo indussero alcuno
-de' filosofi antichi e de' razionalisti moderni a sostenere
-che questo derivasse da quello i misteri e i riti.
-</p>
-
-<p>
-Oltre queste novità, duravano ancora molte forme
-del gentilesimo nazionale, care a un popolo così tenace
-delle costumanze avite. Alla elezione dell'imperatore
-Probo, il senato volgeva ancor la preghiera alle grandi
-divinità: — O sommo Giove, o Giunone regina del
-cielo, o Minerva protettrice delle virtù, o Concordia,
-o Vittoria romana, accordate ai senatori, al popolo
-romano, ai soldati, agli alleati nostri, agli stranieri
-la grazia di veder Probo regnare come ha combattuto».
-Un calendario del 354 dopo Cristo o circa,
-descrive le feste profane che si devono celebrare giorno
-per giorno<a class="tag" id="tag107" href="#note107">[107]</a>. Da recenti scavi dell'anfiteatro di Capua
-uscì un'iscrizione del 387, ove Romano Giuniore sacerdote
-enumera le solennità pagane da lui celebrate
-quell'anno: e sono <i>vota</i> al 3 gennajo per la salute del
-principe; <i>genialia</i> in febbrajo, tre lustrazioni per le
-sementi; <i>rosaria</i> in maggio; feste vendemmiali all'uscire
-di ottobre; e così via. Un viaggiatore del 374
-trova «in Roma sette vergini nobili e chiarissime, che
-<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span>
-per la salvezza della città compiono le cerimonie degli
-Dei secondo l'uso degli avi»; e soggiugne che «i Romani
-onorano gl'iddii, e spezialmente Giove, il Sole,
-Cibele»<a class="tag" id="tag108" href="#note108">[108]</a>. Di quel torno stesso abbiamo l'arida nomenclatura
-delle vie e degli edifizj di Roma, fatta da un
-Publio Vittore e un Rufo Festo, dove riscontriamo
-cencinquantadue tempj e cennovantuna cappelle.
-</p>
-
-<p>
-— Alle calende di gennajo tutti levansi buon'ora e
-si corrono incontro ciascuno con regalucci chiamati
-strenne: agli amici si fa un dono prima di augurare il
-buon giorno, si premono le labbra, stringonsi la mano,
-non per ricambiare espressioni d'amicizia, ma per farsi
-pagare le cortesie dell'amicizia. Così al tempo stesso
-abbracciano e tastano un amico...; poi tornando a casa,
-portano rami, come se avessero presi gli augurj, e
-riedono carichi dei doni raccolti, senza accorgersi che
-sono altrettanti peccati». Così predicava Massimo vescovo
-di Torino, il quale non pensò gittar invano il
-suo zelo in confutare quelli che credevano in Venere,
-in Marte, negli altri Dei, lamentandosi che i magistrati
-non facessero adempiere, nè i Cristiani osservassero gli
-editti imperiali attorno al culto; esortava ripetutamente
-ad abbattere gl'idoli ne' contorni di Torino, vietare i
-sagrifizj intemperanti o crudeli, non credere a maghi
-o a coloro che vantano di potere coi carmi trarre dal
-cielo la luna<a class="tag" id="tag109" href="#note109">[109]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Gaudenzio vescovo di Brescia, seguitando l'esempio
-di Filastro suo predecessore, combattè vigoroso l'idolatria
-nella sua diocesi; e — Voi, neofiti, chiamati al
-banchetto di questa pasqua mistica e salutare, badate
-bene di conservar le anime monde dagli alimenti contaminati
-dalla superstizione pagana. Non basta che il
-<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span>
-vero Cristiano respinga da sè il pascolo avvelenato dai
-demonj; bisogna ancora che sfugga tutte le abominazioni
-dei Gentili, tutte le frodi degl'idolatri, come si
-fugge il veleno vomitato dal serpente infernale. L'idolatria
-si compone d'incanti, di presagi, d'augurj, di
-sorti, di tutte le vane osservanze; e inoltre di quelle
-feste chiamate <i>parentali</i>, per cui mezzo l'idolatria sa
-rianimar l'errore. Di fatto gli uomini, cedendo alla
-gola, cominciarono a mangiar i cibi che avevano imbanditi
-pei morti, poi non temettero di celebrare a
-onor loro sacrileghi sacrifizj, per quanto sia difficile a
-credere che adempiano un dovere verso i loro morti
-quelli che, con mano tremolante per l'ubriachezza,
-ergono il desco sui sepolcri, e dicono a chiara voce,
-<i>Lo spirito ha sete</i>. Ve ne supplico, astenetevi da questi
-atti, chè Dio sdegnato non abbandoni al furor dell'inferno
-i suoi sprezzatori e nemici, reluttanti al suo
-giogo».
-</p>
-
-<p>
-Abondio, vescovo di Como, col risuscitare un fanciullo
-morto toglieva dal gentilesimo il principale signore
-di quella città. Benchè sia attribuita a san Romolo
-la conversione di tutta l'Etruria al tempo di Costantino,
-numerose iscrizioni attestano che il culto idolatrico
-sopraviveva in Firenze, a Pisa, a Volterra, a Rimini.
-Giove e la Fortuna Pubblica erano adorati a Spoleto,
-Vesta ad Alba, Castore e Polluce nell'isola Sacra presso
-Ostia, Nettuno in questa città; Anzio, Preneste, Velletri,
-Terracina, Narni consultavano e riverivano gli Dei antichi;
-in Ardea continuavasi il culto della madre degli
-Dei; Napoli era la metropoli del paganesimo dell'Italia
-meridionale. Con tanta ostinazione si conservavano le
-viete osservanze! E più ancora nella campagna, donde
-venne il nome di paganesimo (<i>pagus</i>); sicchè i missionarj
-osavano appena staccarsi dalle città.
-</p>
-
-<p>
-Per isvecchiare l'antico si era tentato innestarvi i
-<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span>
-culti orientali, con una tolleranza che degenerò in grossolano
-sincretismo. L'arguto Luciano mise in burletta
-l'affaccendamento di Mercurio per trovar posto nell'Olimpo
-agli Dei che v'arrivano in folla dalla Persia,
-dalla Scizia, dalla Tracia, dalla Gallia; e il dispetto con
-che i vecchi guatavano cotesta gentaglia nuova, il dio
-Ati, il dio Sebazio, i Coribanti; Bacco che seco introduce
-i satiri capripedi, e fin il cagnuolo d'Erigone:
-Mitra, che giungendo di Media col turbante in testa,
-adocchia stupido i colleghi, e non capisce quel che
-dicano, neppur quando trincano alla salute di lui.
-</p>
-
-<p>
-Inoltre i filosofi avversavano la nuova dottrina, la
-cui umiltà mortificava la loro superbia: i sacerdoti che
-aveano divulgato tanti miracoli e tante baje, or trovavano
-ridicole le leggende de' Cristiani: i retori erano
-menati dall'abitudine scolastica e dalla classica educazione
-a sostenere e imbellire cerimonie senza fede, numi
-senza vita, e render popolare la causa soccombente,
-ch'essi patrocinavano tanto più, quanto meno poteano
-comprendere le sublimità della trionfante. Si tentò
-dunque opporvi una religione filosofica, impastata di
-neoplatonismo; e a quell'estremo sforzo per rigenerare
-la società e il politeismo diede opera principale Plotino
-di Licopoli. Coll'esercito dell'imperatore Gordiano era
-venuto in Asia e a Roma, dove si pose a lottar di virtù
-e di scienza col cristianesimo, e chiese a Gordiano una
-piccola città della Campania, ove stabilire un governo
-repubblicano secondo le massime della sua scuola. Non
-l'ottenne, ma molti seguaci si attirò predicando il
-distacco delle cose terrene: i ricchi lo costituivano
-tutore de' loro figliuoli, i litiganti lo sceglievano arbitro,
-lasciavansi le delizie della città per ritirarsi seco nella
-solitudine. Altri correano a cercar lumi a Edesio, scolaro
-di Giamblico: ma anche costoro erano costretti
-assumere aspetto religioso; ed o impostori contraffacevano
-<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span>
-le austerità de' cristiani per combatterli; o avidi
-del vero, eppure sfasciati nel dubbio, riuscivano a pratiche
-teurgiche e a teorie panteistiche, le meno convenevoli
-ad una fede pubblica, che vuole un oggetto degno
-d'amore, di riverenza, di speranza.
-</p>
-
-<p>
-Tutti questi aveano occhieggiato con compiacenza
-Giuliano, che mostravasi disposto a rimettere in onore
-il culto avito. Compita la poca filosofica sua rivolta, egli
-getta la maschera; man mano che acquista un paese,
-vi lascia riaprire i tempj, rinnovare i sagrifizj; egli
-stesso come sacerdote massimo moltiplica questi a
-segno, da far temere non venissero meno i bovi nell'impero.
-Conoscendo troppo che una religione da alcun
-tempo riposata, anzi seduta sul trono, più non poteva
-essere combattuta coi supplizj e a spada sguainata,
-introdusse una persecuzione d'altro genere dalle precedenti;
-e potè vantare non senza verità d'essersi coi
-Cristiani mostrato più umano che non il predecessore,
-il quale tanti n'avea espulsi e morti a titolo d'eresia,
-mentr'egli restituì agli esuli la patria, i beni agli spogliati,
-le sedi ai vescovi di qual si fossero setta. Ma operava
-non per generosità, bensì per iscaltrimento, prevedendo
-che con ciò susciterebbe tale vespajo, da
-sovvolgere la Chiesa, e da aprire largo campo alle beffe
-sue e de' suoi.
-</p>
-
-<p>
-Altro pensato attacco fu l'interdire ai Cristiani la elevata
-educazione; e stando a lui la nomina de' maestri
-di grammatica e di retorica e fors'anche de' medici,
-arti liberali stipendiate dall'erario, sbandì dall'insegnamento
-tutti i Cristiani, per dirigere all'intento suo le
-prime tanto efficaci impressioni della gioventù, e così
-o guastarla o escluderla dalle scuole, e preparare alla
-Chiesa gli erramenti ed il fanatismo dell'ignoranza. Al
-modo stesso precluse loro tutti gl'impieghi d'onore e
-di confidenza, munendo ogni aula, ogni bandiera colle
-<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span>
-immagini idolatriche, cui il fedele non poteva rendere
-omaggio: la quale esclusione in mano de' subalterni
-diventava una fiera tirannia, portando sino a negare la
-giustizia.
-</p>
-
-<p>
-Poi egli medesimo scese alla lizza, e nei <i>Cesari</i> e
-nei <i>Sette libri contro i Cristiani</i> risvegliò quante
-folli ed esagerate accuse mai si fossero avventate contro
-di questi, condendole colla beffa, arma terribile perchè
-vulgare, e perchè dispensa dal ragionamento. Mentre
-con ciò tendeva ad offuscar la luce, erasi proposto di
-trovare virtù e verità là dove erano vizio e pazzia, svecchiare
-le credenze pagane col ritrarle verso i loro
-cominciamenti, imbellire come simboli ed allegorie ciò
-che d'empio e di turpe v'aveano introdotto le popolari
-tradizioni, trarre dagli adulterj di Giove una lezione
-di morale, e dall'eviramento di Ati un simbolo dell'anima
-separata dal vizio e dall'errore; Omero doveva
-essere per lui quel che l'Evangelo pei Cristiani; morale
-caritatevole, dogmi puri, idee nuove indagando sotto
-idee antiche e favole sensuali; e foggiando a proprio
-talento una scientifica superstizione, la quale pretendeva
-innestare, non già ne' cuori, ma nelle teste degli uomini.
-</p>
-
-<p>
-Era egli possibile riformare una religione che mai
-non possedette principj teologici assoluti, nè precetti
-morali, nè sacerdotale ordinamento? Vero è forse che
-ne' misteri tradizionalmente s'insegnasse alcun che di
-meno materiale che non le oscenità e le ridicolaggini
-delle cerimonie e delle credenze propalate: ma qualvolta
-il senato romano volle rinvigorire la fede, nol
-seppe altrimenti che coll'introdurre numi forestieri, a
-cui la novità procacciasse devozione. Se un robusto
-pensatore, conoscente della società fra cui vivea, avesse
-mai potuto proporsi di rimpedulare il passato, con che
-spedienti vi si potea accingere? col saldare le istituzioni
-romane, sostegno della religione in cui erano nate e
-<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span>
-cresciute; religione del resto tutta politica, nè punto
-metafisica. Che se Costantino, per sottrarsi all'ascendente
-di questa, avea mutato la sede dell'impero a
-Costantinopoli, chi volesse risuscitarla dovea ritornare
-verso quel focolajo dell'idolatria.
-</p>
-
-<p>
-Giuliano, all'incontro, filosofo da scuola, nè tampoco
-s'accôrse che in Roma sopravivevano un senato ed
-un'aristocrazia, avvinghiati al culto degli avi; e tutte le
-sue sollecitudini concentrò sull'ellenismo, vale a dire
-sopra credenze impotenti da gran pezzo a sostenere il
-dechino de' costumi e ad invigorire la nazionalità; e
-pensò affidar l'avvenire del mondo a sofisti, indovini,
-ciancieri furbi e sprezzati. Con un eclettismo senza buona
-fede, injettando alla credenza greca sentimenti che mai
-non v'erano stati o che da secoli erano periti, egli accettava
-l'unità di Dio: al tempo stesso, avendogli il Sole
-in visione a Vienna pronosticate le future grandezze,
-venerò specialmente il <i>padre Mitra</i>, e si dichiarò assessore
-di quell'altro<a class="tag" id="tag110" href="#note110">[110]</a>; nelle medaglie si lasciò figurare
-or da Serapide, ora da Apollo, e dipingere fra Marte
-e Mercurio; giurava per Serapide<a class="tag" id="tag111" href="#note111">[111]</a>; faceva il panegirico
-della Madre Idea, sgridando cotesti <i>ridicoli</i> che,
-acuti, ma non sani dell'intelletto, negano fede a ciò che
-dalle città viene creduto, e preferiscono la croce ai
-sacri trofei degli Ancili, indubbiamente caduti dal cielo;
-con una turba di sofisti e teurgici celebrava sacrifizj,
-rinnovava le spaventose scene dell'iniziazione e l'orrida
-maestà de' riti in antri cupi, fra tuoni e lampi.
-</p>
-
-<p>
-Dopo imperatore e pontefice massimo, non poteva
-accomunarsi ai sudditi nelle pratiche devote; onde ebbe
-una cappella domestica sacra al Sole: di statue e altari
-empì gli appartamenti e i giardini: appena l'astro del
-<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span>
-giorno apparisse sull'orizzonte, il salutava con un sacrifizio;
-di nuove vittime l'onorava al tramonto; nè la
-notte lasciava prive d'offerte la luna e le stelle: ciascun
-giorno visitava il tempio del Dio, di cui correva speciale
-commemorazione; poi non isdegnando gli uffizj
-più bassi, vestito di porpora, in mezzo ad impudichi
-sacerdoti e a donne carolanti, soffiava nel fuoco, sgozzava
-di propria mano le vittime, e nelle palpitanti
-viscere indagava il futuro; si sottopose anche ad un
-taurobolo, facendosi piovere sul capo il sangue d'un
-toro scannato. — Con ciò vuol cancellare il carattere
-impressogli dal battesimo», dicevano i Cristiani, ai
-quali se volessimo credere, scannò vergini e fanciulli
-per esplorarne le viscere, e i cadaveri ne furono trovati
-lui morto: ma il titolo di <i>apostato</i> attribuitogli,
-bastava a denigrarlo agli occhi di quelli ch'esso perseguitava;
-onde conviene andar cauti nel credere ai delitti,
-di cui essi funestano i tre anni del suo regno.
-</p>
-
-<p>
-A vicarj del suo pontificato elesse sacerdoti e filosofi,
-amici e confidenti di sua gioventù, zelatori della
-credenza avita; e principalmente il rétore Libanio d'Antiochia,
-il quale ci assicura che, dopo che fu ammesso
-all'illustrazione, Dei e Dee scendevano assiduamente a
-conversare coll'imperatore; talvolta gli rompevano il
-sonno, lambendogli leggermente i capelli; sempre il
-tenevano consigliato ne' dubbj, avvertito se alcun pericolo
-gl'imminesse; e talmente v'era abituato, che discerneva
-alla voce e all'incesso Minerva da Giove, Ercole da
-Apollo<a class="tag" id="tag112" href="#note112">[112]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Tanti favori si meritava egli con opere, cui non mi
-ricorda che Omero abbia mai riconosciute per meritorie,
-come l'astenersi in certi giorni da alcuni cibi
-ch'egli immaginava meno graditi a questo o a quello
-<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span>
-iddio. Ad imitazione del cristianesimo, tentò riordinare
-l'ellenismo con riti nuovi e con una gerarchia, raccogliendone
-in sè i supremi uffizj, e formandone una superstizione
-ragionata. Voleva introdurre nei tempj la
-predica e il catechismo, preghiere ad ore determinate,
-canti a due cori, penitenze per li peccati, apparecchi
-per l'iniziazione, ritiri per i contemplativi e per le vergini:
-singolarmente gli piacevano le <i>lettere formate</i>
-dei vescovi, mediante le quali i fedeli viaggiando erano
-dappertutto accolti con effusione di carità. Sull'esempio
-delle pastorali de' Cristiani, ne mandava fuori anch'esso,
-raccomandando ai sacerdoti di esser buoni, e d'imitare
-quei cani di Galilei, i quali alle loro credenze acquistavano
-fede con tante opere di carità: proponeasi
-d'assistere gl'indigenti, stabilire ospedali pei poveri,
-senza distinzione di patria nè di credenza: il che se
-avesse effettuato, avrebbe porto un'altra prova dell'efficacia
-della verità anche sopra coloro che repugnano
-dalla luce di essa.
-</p>
-
-<p>
-Mentre involontaria testimonianza rendea della virtù
-cristiana volendola conculcata e imitata, chiudeva gli
-occhi ai progressi che il cristianesimo avea fatto fare
-all'equità legale; e di tante sue costituzioni inserite nel
-codice Teodosiano, neppur una asseconda l'affrancamento
-del diritto naturale, sì bene avviato da' suoi predecessori.
-Che poi egli non operasse convinto, ma per
-odio al cristianesimo, il mostrò con favorire gli Ebrei,
-che cercò anche ristabilire a Gerusalemme, affine di
-smentire la profezia di Cristo: ma si disse che fiamme
-sbucate di terra distruggessero le fabbriche cominciate.
-</p>
-
-<p>
-Trattavasi di teurgie e sagrifizj? Giuliano deviava
-dalla parsimonia introdotta in ogni altro atto; e rari
-uccelli e fin cento bovi al giorno propiziavano le sorde
-divinità; e largizioni veramente regie dotavano i santuarj,
-sopravissuti all'indifferenza dei Gentili ed allo
-<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span>
-zelo dei Cristiani. Che gioja per lui quando i soldati
-esercitavano l'appetito sopra le vittime scannate agli
-idoli, e s'ubriacavano col sacro vino!<a class="tag" id="tag113" href="#note113">[113]</a> Poi nei
-giorni solenni, mentre passavangli davanti in rassegna,
-largheggiava con chiunque gettasse sull'ara alcuni grani
-d'incenso. Molti Cristiani rimasero ingannati dalla semplicità
-di quest'atto; poi come lo conobbero colpevole,
-corsero a furia al palazzo, repudiando l'oro ricevuto, e
-gridandosi cristiani: del che cruccioso, l'imperatore
-ordinò fossero decollati; e già avviavansi contenti al
-supplizio disputando a chi primo, quand'esso li graziò,
-ripetendo: — Non voglio dare a costoro la gloria del
-martirio».
-</p>
-
-<p>
-Quest'entusiasmo artifiziale non gli toglieva di accorgersi
-come ai riti ellenici o etruschi più non appartenesse
-la direzione delle coscienze; ogni tratto si querela della
-trascuranza ne' doveri religiosi, della spilorceria nell'onorare
-gli Dei; ma sordo all'eloquenza de' fatti, per
-decreti imperiali e per filosofiche elucubrazioni ostinavasi
-ad imporre una religione, la cosa più libera del
-mondo.
-</p>
-
-<p>
-E per imporla non rifuggiva dell'accoppiare alla dotta
-persecuzione la legale. Ordinò che i Cristiani restaurassero
-i delubri degli Dei, dal loro zelo demoliti, e vi
-si restituissero i beni confiscati; e attesochè per lo più
-su quelli eransi costruite chiese, conveniva abbatterle;
-e non permettendo la religione ai Cristiani di fabbricare
-tempj profani, venivano trattati a maniera dei
-debitori insolvibili, carcerati al modo romano, e malmenati
-da uffiziali che colla arbitraria severità sapevano
-di gratificarsi l'augusto. Ai pontefici profani trasferì
-l'amministrazione dei beni assegnati da Costantino
-e da' suoi figli pel culto; confuse i sacerdoti cristiani
-<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span>
-coll'infimo vulgo; attese ad escludere i fedeli da ogni
-onore e vantaggio temporale; e non dissimulava
-l'intenzione di adoperar cogli ostinati una salutare
-violenza<a class="tag" id="tag114" href="#note114">[114]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Insomma la tolleranza di Giuliano era quella di tutti
-i tiranni, clementi finchè nessuno si oppone. Ma una
-Chiesa avvezza a quarant'anni di dominio spiegava
-più sicura la costanza di cui avea fatto mostra fin quando
-era scarsa ed oppressa: che se alle prime persecuzioni
-avevano i Cristiani chinato la fronte, obbedendo alle
-potestà superiori anche ribalde, or che si sentivano
-divenuti un popolo, non si credevano obbligati a sopportare
-l'ingiustizia peggiore, quella che violenta le
-coscienze. Adunque in varie parti abbatterono i rialzatisi
-altari, i riaperti delubri; alto levavano i lamenti
-contro l'usurpare beni alle chiese per darli agli idoli.
-Giuliano, indispettito della resistenza, puniva i contumaci:
-e i Cristiani veneravano le vittime sue come
-martiri; e la presunzione d'innocenza faceva accompagnare
-di non dissimulato compatimento il supplizio
-anche di quelli che per avventura l'aveano meritato
-coll'esorbitare nell'opposizione, solito e naturale effetto
-delle inique procedure. Anzi, temendo che Giuliano non
-si avventurasse a peggio, i Cristiani accingevansi ad
-una resistenza che poteva travolgere l'impero nella
-guerra civile, se i casi non l'avessero prevenuta.
-</p>
-
-<p>
-Giuliano conservò in trono molte belle qualità. Semplice
-nel vestire e nei piaceri, attento ai gravi obblighi
-di re, dava udienza ogni giorno agli ambasciatori ed
-ai privati, prendendo istantanea deliberazione sopra le
-suppliche; scriveva lettere pubbliche e trattati filosofici;
-le caste notti usurpava al riposo per darle agli affari;
-nè ai giuochi del Circo, passione de' suoi predecessori,
-<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span>
-recava la sua noja se non quando il rito l'obbligasse.
-Ripigliando uffizj dimenticati dagli augusti, sovente
-arringava, massime nel senato, per isfoggiare eloquenza:
-più spesso sedeva ne' giudizj come a dovere o
-come a divertimento, spassandosi a sventare i cavilli
-degli avvocati; ma talora appassionandosi in modo
-disdicevole a giudice, empiva l'aula di schiamazzo, e
-una volta, stomacato dalla zotichezza di certi villani
-venuti a supplicarlo, li prese a pugni e calci. Con quelli
-che tramavano contro di lui usò clemenza; ricusò il
-titolo di signore; mostrò riverenza ai consoli; pensava
-anche rinunziare al diadema, se non l'avesse distolto
-una rivelazione degli Dei.
-</p>
-
-<p>
-Nel libro dei <i>Cesari</i> protestò contro le interminabili
-conquiste di Roma, preferendo Antonino a Cesare ed
-Augusto, cioè la pace alla guerra. Eppure della gloria
-d'Antonino non s'appagava, e ambiva pur quella di
-Trajano. Chetati in Occidente i Franchi, gli Alemanni,
-i Goti, restava in Oriente l'impero dei Persi, contro di
-cui, in trecent'anni di guerra, i Romani non aveano
-ancor potuto stabilmente acquistare pur una provincia
-della Mesopotamia, o dell'Assiria. Per vendicare i danni
-recati da re Sapore, Giuliano raccolse formidabile esercito
-ad Antiochia, ove consumò l'inverno a ristabilire
-l'idolatria e saldar la disciplina. A primavera <span class="sidenote">(268)</span> si mosse,
-a vicenda consolato ed afflitto dagli oracoli bene o
-male risposti, e dal trovar in fiore o sfruttato il culto
-de' suoi numi.
-</p>
-
-<p>
-Dirizzatosi sopra Ctesifonte, assalse l'esercito nemico,
-e l'inseguì fin sotto alla città: ma improvvidamente abbandonato
-il Tigri, base delle sue operazioni, e sul
-quale le navi lo provvedeano di vettovaglie, inoltratosi
-nell'interno della Persia, non trova che solitudine; le
-ubertose campagne, i pingui villaggi sono ridotti a
-fumanti deserti dall'amor della patria o dagli ordini
-<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span>
-d'un déspoto; ogni giorno s'assottigliano le provvigioni;
-false guide rendono più disagiate le marcie al pesante
-treno; uomini e Dei non suggeriscono più ripieghi
-all'eroe, il quale, se dianzi fantasticava la conquista
-dell'Ircania e dell'India, allora, desolato al vedersi
-causa di tanto pubblico disastro, dovette dar volta
-verso il Tigri.
-</p>
-
-<p>
-Le bande, che aveano bersagliato incessantemente
-la marcia, si raccozzarono in immenso esercito per abbarrargli
-la ritirata. Grossi di numero, leggeri di movimenti,
-a dovizia provvigionati, chiudevano in mezzo
-i Romani, costretti a combattere marciando, impediti
-dalle gravi armature, sì scarsi di cibo, che logoravano
-quanto potevano sottrarre ai somieri. Giuliano
-non concedeva a se stesso nulla più che all'infimo
-soldato: ma la superstizione che l'avea spinto ad afferrare
-il diadema, minacciava strapparglielo. Quel
-genio dell'Impero, che nella Gallia avea chiesto d'essere
-ammesso nella sua tenda, or rivide in atto di
-velare di gramaglie il capo e il cornucopia, e ritirarsene
-esterrefatto: Giuliano balza all'aria aperta,
-quand'eccogli avanti un'ignota meteora in sembianza
-del dio Marte, corrucciato con esso perchè in un
-trasporto di collera avea giurato non volergli più fare
-sacrifizj<a class="tag" id="tag115" href="#note115">[115]</a>. Gli aruspici etruschi consultati lo sconsigliano
-dalla pugna; ma come evitarla? Al nuovo
-giorno intimata la mischia <span class="sidenote">(27 giugno)</span>, mentre, imbaldanzito del
-primo successo, insegue i Persiani, questi al modo
-loro saettano a man salva un nembo di dardi e giavellotti,
-uno de' quali imbrocca Giuliano nel petto.
-</p>
-
-<p>
-Portato nella tenda, e riconosciuta mortale la ferita,
-cogli amici egli ragionò della morte alla maniera di
-<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span>
-Socrate, e come gli sapesse dolce in quel punto l'incolpabilità
-di sua vita; compiacersi di morire da re,
-anzichè per segrete cospirazioni, o per violenza di
-tiranno, o per languore di malattia; augurare ai Romani
-potessero esser felici sotto un sovrano virtuoso.
-Dissertò sulla natura dell'anima e sulla sua, che presto
-sarebbe ricongiunta alle stelle da cui emanava; e spirò
-di trentun anno e otto mesi.
-</p>
-
-<p>
-Così narrano i suoi ammiratori; e Ammiano Marcellino,
-ch'era presente, gli pone in bocca una dissertazione
-nè da moribondo nè da lui. I Cristiani invece
-fanno che, sentendosi ferito, urlasse — Vincesti, o
-Galileo», e spirasse fra spasimi e rimorsi. E una cosa
-e l'altra sarà stata creduta, perchè i partiti credono
-non esaminano, e la storia rimane esitante fra eccessi
-opposti, colla sola certezza che entrambi esagerarono.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap50">CAPITOLO L.
-<span class="smaller">Da Gioviano a Teodosio. I santi Padri.
-Trionfo del cattolicismo.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Non rimanendo alcun rampollo di Costantino, e importando
-aver un capo da opporre all'incalzante nemico,
-fu acclamato Claudio Gioviano, primicerio de' domestici,
-trentaduenne, bello, piacevole, prode, non ambizioso,
-diviso tra il cristianesimo e le voluttà. Ridotto ad accettare
-capitolazioni indecorose ma inevitabili, dopo disastrosa
-ritirata si raccolse a salvamento in Nisibe.
-</p>
-
-<p>
-Lo aveva preceduto nell'impero la fama della morte
-di Giuliano, accolta con impeti d'esultanza e di dolore;
-perocchè il labaro, drappellato in capo all'esercito
-annunziava ripristinato il culto del vero Dio. L'idolatria,
-<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span>
-risorta per obbedienza o per adulazione, ricadde per
-sempre; spontaneamente richiusi i tempj, cessate le
-vittime; i filosofi si rasero, deposero il pallio, e tacquero;
-i Cristiani non vendicarono l'arroganza e l'oppressione
-passata se non con un'allegrezza trascendente
-forse i limiti della carità: ma quanto son pochi quelli
-che s'accontentino di vincere senza voler trionfare!
-</p>
-
-<p>
-Gioviano restituì le immunità alle chiese, al clero <span class="sidenote">(364)</span>,
-alle vedove, alle vergini sacre, proibendo di violentarle
-o sedurle al matrimonio; richiamò i vescovi; interdisse
-magìe e superstizioni, ma non l'esercizio del politeismo;
-circondato dai vescovi delle varie sêtte, premurosi di
-trarlo dalla loro, egli si chiarì pei Cattolici. Ma appena
-riconosciuto da tutto l'impero, una notte morì <span class="sidenote">(15 febbr.)</span>, chi dice
-d'intemperanza, chi d'asfissia, chi di tradimento.
-</p>
-
-<p>
-Dopo dieci giorni, i capi dell'esercito buttarono la porpora
-sulle robuste spalle di Flavio Valentiniano, soldato
-pannone, in cui gran destrezza, valore, bella presenza,
-eloquenza naturale sebbene incolta. Siccome Gioviano,
-così egli fu eletto da soli i capi, non da tutto l'esercito,
-che, composto il più di Barbari mercenarj o di ragunaticci,
-poco badava a cui toccasse l'impero; e di tal
-passo s'introdussero le elezioni per intrigo.
-</p>
-
-<p>
-Il 25 febbrajo era bisestile, giorno di sinistro augurio,
-onde Valentiniano si tenne nascosto, poi il domani fu
-acclamato a grida incessanti. Sentendo per altro la
-necessità che almen due capi vi fossero in tanta estensione,
-l'esercito il richiese di darsi un collega, e Valentiniano
-rispose: — Testè dipendeva da voi l'eleggere
-un imperatore; eletto, ora spetta a me il provvedere
-al pubblico interesse: non bisogna precipitare, state
-cheti e fidate in me». Poco appresso condiscese a quel
-voto intitolando augusto suo fratello Valente <span class="sidenote">(8 marzo)</span> di trentasei
-anni, che debole e timido, unico merito aveva l'amare
-il fratello; e gli lasciò le prefetture d'Oriente, tenendo
-<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span>
-per sè quelle dell'Illirico, dell'Italia, della Gallia, cioè
-quanto si stende tra i confini della Grecia, il muro
-Caledonio e il monte Atlante; l'antica amministrazione
-non innovando in altro che nello stabilire guardia
-doppia e doppia corte, una in Milano, una in Costantinopoli.
-</p>
-
-<p>
-Sol dunque di Valentiniano spetta a noi il dire. Egli
-invitò ognuno ad esporre le querele, e ne fioccarono
-contro i ministri che avevano abusato della credulità e
-della superstizione di Giuliano, e che furono puniti di
-multe e tormenti. Soldato grossolano, dilettavasi a vedere
-torture ed esecuzioni; più gli veniva in grazia chi
-più spietato; e a Massimino conferì la prefettura della
-Gallia per avere menato strage tra le famiglie di Roma.
-Innocenza e Mica Aurea chiamava due orse che teneva
-sempre accanto alla sua camera, pascendole e trastullandole
-egli stesso; porgeva loro a sbranare i malfattori;
-e quando gli parve che Innocenza avesse abbastanza ben
-servito, le rese la libertà delle selve. — Uccidetelo»
-era l'ordinaria sua sentenza sopra le accuse; e non già
-per propria sicurezza, ma perchè gli aveano detto che
-vuolsi esercitar la giustizia.
-</p>
-
-<p>
-Un prefetto desidera cangiar luogo, e l'imperatore: — Va,
-conte, e spicca il capo a costui che vuole spiccarsi
-dalla sua provincia». Un ragazzo sguinzaglia
-troppo presto un cane? un artefice fa una corazza
-bella, ma alquanto mancante del peso convenuto? sono
-decretati a morte. Trovate esauste le finanze, benchè
-da quarant'anni in poi il tributo si fosse addoppiato,
-Valentiniano non si fece coscienza d'intaccare le proprietà
-dei più ricchi e magnifici. Irritato dai disordini
-derivanti dallo esorbitare delle imposizioni, comanda
-gli si porti il capo di tre decurioni per ciascuna città
-di quella provincia. — Piaccia alla clemenza vostra
-decretare come comportarci ove tre decurioni non vi
-<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span>
-sieno», gli chiese il prefetto Florenzio; e l'ordine insano
-fu revocato.
-</p>
-
-<p>
-Però nel vivere privato si condusse con castigata
-semplicità, nè fu cieco pei parenti. Difese avvisatamente
-l'impero, e lasciò che i giurisprudenti gli suggerissero
-ottime leggi. Zelante quando il mostrarsi cristiano recava
-pericolo, si mantenne poi tollerante<a class="tag" id="tag116" href="#note116">[116]</a>; allontanò
-una legione da una sinagoga, di cui disturbava il culto;
-i Pagani esercitassero i loro riti, esclusa però la magìa
-e le superstizioni che dal senato erano state interdette;
-ai pontefici provinciali concedette le immunità proprie
-dei decurioni e gli onori di conti<a class="tag" id="tag117" href="#note117">[117]</a>; lasciò rinnovare
-i misteri Eleusini, e si videro arder vittime sugli altari,
-menarsi per le vie le orgie di Bacco, e uomini e donne,
-vestiti di pelli caprine, stracciar cani e fare l'altre follie
-di quel culto.
-</p>
-
-<p>
-Perchè il clero non si corrompesse nelle prosperità,
-a Dàmaso vescovo di Roma dirizzò Valentiniano un
-editto, che ecclesiastici e monaci non frequentassero
-le case di vergini e di vedove; ai direttori inibì di
-ricevere dalle figlie spirituali donativo, legato o eredità;
-e pare che dappoi a tutte le persone dell'ordine ecclesiastico
-fosse vietato l'accettar testamenti o legati, atteso
-l'abusare che alcuni faceano della fiducia, massime delle
-donne, onde fraudare i parenti della legittima eredità<a class="tag" id="tag118" href="#note118">[118]</a>;
-e il lusso e l'ambizione facevano che il seggio
-<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span>
-pontificale fosse ambito per ben altro che per zelo delle
-anime, e acquistato sin colla forza.
-</p>
-
-<p>
-Valentiniano esercitò sua bravura contro le nazioni
-straniere, che quasi di conserto invadevano l'impero.
-I Germani, offesi della scarsezza dei donativi fatti agli
-ambasciatori spediti colle congratulazioni, si avventarono
-sulle Gallie, ruppero i Romani in battaglia ordinata,
-uccidendone il generale Severiano; ma poi vennero
-interamente disfatti da Gioviano presso Metz. I
-Sassoni penetrarono nell'impero; ma tolti in mezzo,
-furono rinviati, e malgrado la salvezza promessa, assaliti
-e fatti a pezzi. Valentiniano stesso entrò sul territorio
-degli Alemanni, e nel paese che ora è regno di Würtemberg
-li ruppe sanguinosamente, e passò gran tempo
-sul Reno <span class="sidenote">(366-70)</span> per inanimare i soldati alla fabbrica de' forti
-con cui muniva quella linea. Da lui istigati, ottantamila
-Borgognoni si affacciarono a quel fiume per danneggiare
-gli Alemanni; ma non vedendosi assecondati
-dall'imperatore, diedero volta, trucidando quanti aveano
-prigionieri.
-</p>
-
-<p>
-Avendo Valentiniano fabbricato forti di là del Danubio
-sulle terre dei Quadi confederati, Gabinio re di questi
-venne in persona a querelarsene <span class="sidenote">(373)</span>; ma essendo stato
-vilmente trucidato, i suoi mandarono a sperpero l'Illiria,
-e ruppero due legioni romane. Contro di loro mosso
-in persona, Valentiniano ne dilapidò le terre, sicchè
-essi spedirongli ambasciatori a Guns in Ungheria implorando
-pietà. Mentre a questi Valentiniano parlava
-coll'escandescenza cui soleva talora abbandonarsi, cadde
-morto <span class="sidenote">(375 — 17 9bre)</span>, avendo vissuto cinquantacinque anni, regnato
-dodici.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span>
-</p>
-
-<p>
-Graziano suo figlio sarebbe potuto succedergli; ma
-alcuni, ambiziosi di governare sotto il nome d'un re
-bambino, acclamarono Valentiniano II, partorito da
-Giustina, seconda moglie del defunto, perchè nato nella
-porpora: e ne seguiva guerra civile se il prudente
-Graziano non si fosse quetato all'elezione, consigliando
-la vedova imperatrice a stabilirsi col figlio in Milano,
-mentr'egli assumeva il difficile governo delle Gallie.
-</p>
-
-<p>
-Ma ecco giungergli avviso che i Goti aveano invaso
-l'impero orientale, onde s'allestì a difesa dello zio Valente;
-prima però che giungesse, questo in fiera giornata
-ad Adrianopoli era stato vinto ed ucciso <span class="sidenote">(378 — 9 agosto)</span>. Con
-ciò Graziano trovavasi a diciannove anni padrone del
-mondo: se non che davanti si vedea un milione di
-Goti, insuperbiti d'aver ucciso quarantamila guerrieri,
-e acquistatone l'armi e i cavalli in una battaglia tanto
-segnalata; alle spalle gli si agitavano i Germani; all'un
-estremo del mondo fremevano i Persi, gli Scoti all'altro,
-istrutti alla prova che potevasi vincer Roma, incatenare
-od uccidere i suoi imperatori. Graziano, sentendosi
-insufficiente a tanti urti, il pubblico bene preferì alla
-personale ambizione, e fermò scegliersi a collega non
-un fanciullo nato per caso nella reggia, ma un uomo
-pari alla gravezza dei tempi; e pose gli occhi sopra
-un esule, un oltraggiato, che non ambiva nè sognava
-tampoco il trono.
-</p>
-
-<p>
-Teodosio conte spagnuolo avea condotto gl'imperiali
-a vincere Firmo, principotto mauro di gran seguito, il
-quale avea sommosso l'Africa, disgustata dalle vessazioni
-di Romano, governatore avido, crudele, e insieme
-superbo a segno, che non volea mettersi in marcia se
-non con quattromila camelli. Firmo, ridotto alle strette,
-dopo ostinata difesa si strangolò; ma Teodosio rimostrò
-che le sollevazioni non si poteano prevenire efficacemente
-se non reprimendo gli eccessi de' governatori,
-<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span>
-e massime di Romano. Tale franchezza gli costò la
-vita.
-</p>
-
-<p>
-Suo figlio, di nome anch'egli Teodosio, liberalmente
-educato, aveva nella Bretagna represso le irruzioni
-de' Pitti e Scoti, e vinto l'usurpatore Valentino, consegnandolo
-ai magistrati, ma esigendo non l'obbligassero
-a nominare i complici, per non essere costretto a punirli.
-Piombò poi sulle terre degli Alemanni, e assai
-ne prese, che furono messi in colonia sul Po. Venuto
-famoso per questi ed altri fatti, fu spedito duca della
-Mesia, la quale salvò dai Sarmati. Quando suo padre
-fu decollato, egli, sentendosi invidiato dai cortigiani, si
-ritirò in Ispagna, dispensando il tempo fra le cure di
-cittadino e la tranquilla amministrazione d'un vasto
-patrimonio, lieto di tre figliuoli, Arcadio, Onorio e
-Pulcheria.
-</p>
-
-<p>
-Cincinnato della Roma decrepita, fu invitato da
-Graziano, prima a combattere in difesa dell'impero,
-poi a parte del trono, quando compiva i trentatre anni <span class="sidenote">(370 — 19 genn.)</span>.
-L'imperatore non temeva che alla vendetta domestica
-posponesse il pubblico vantaggio, e gli sposò Galla sua
-sorella: il popolo ne ammirava la maschia bellezza, la
-maestà temperata dalla grazia, e — Viene dalla patria
-stessa di Trajano e d'Adriano; gli imiterà». A Teodosio
-furono assegnate le provincie già imperiate da Valente,
-oltre la Dacia e la Macedonia; Graziano serbò le Gallie,
-la Spagna, la Bretagna; mentre di nome obbedivano
-al fanciullo Valentiniano II l'Illiria occidentale, l'Italia
-e l'Africa.
-</p>
-
-<p>
-Graziano sospese le persecuzioni; protesse le lettere
-e le coltivò, trovando agio di trattare la cetra colla
-mano avvezza alla spada, e di cantare le imprese degli
-eroi; al poeta Ausonio suo maestro concesse il consolato,
-e una toga quale gl'imperatori indossavano nel
-trionfo; conservò perenne amicizia con sant'Ambrogio
-<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span>
-vescovo di Milano<a class="tag" id="tag119" href="#note119">[119]</a>. Ma morti coloro che lo avevano
-messo sul cammino diritto, lasciossi forviare da
-indegni cortigiani, sicchè consumava il tempo tra le
-caccie e in disputare coi vescovi, de' quali talvolta
-assecondava l'intolleranza.
-</p>
-
-<p>
-Nella Bretagna i soldati scontenti si levarono a sedizione;
-e Magno Massimo, compatrioto e commilitone
-di Teodosio, non avendo ottenuto grado pari alla sua
-ambizione, si fece gridare imperatore, e passò nelle
-Gallie con trentamila soldati e centomila paesani; coraggioso
-e degno d'impero se l'avesse cercato per vie
-migliori. Fissatosi a Treveri, si procacciava ogni giorno
-nuovi partigiani, anche dei più vicini di Graziano.
-Questi da Parigi fuggì verso l'Italia; ma presso Lione
-tratto insidie, cadde ucciso a ventiquattr'anni <span class="sidenote">(383 — 23 agosto)</span>. Massimo
-spedì a Teodosio giustificandosi del fatto; e — Riconoscimi
-per collega, o mi sosterrò colle forze
-de' più floridi paesi dell'impero». Necessità e desiderio
-di risparmiare una guerra indussero Teodosio al patto;
-e i tre imperatori furono acclamati per tutto l'orbe
-romano.
-</p>
-
-<p>
-Pochi anni dopo <span class="sidenote">(387)</span>, Massimo, non sapendo limitare la
-sua ambizione, sotto finta di ausiliarj esibì un grosso
-di truppe, le quali in sicurtà di pace passando le Alpi,
-assicurarongli l'entrata nell'Italia. Valentiniano II, o
-<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span>
-dirò meglio Giustina che ne reggeva la fanciullezza,
-fuggirono allora da Milano, ove Massimo entrava trionfante:
-ma Teodosio sopragiunsegli con esercito agguerrito
-e somma rapidità; talchè chiuso in Aquileja, fu
-da' suoi spogliato e condotto all'imperatore <span class="sidenote">(388 — agosto)</span>, che ne
-volle il capo a vendetta di Graziano. Sbrigata così la
-guerra civile, e sveltene le radici colla moderazione e
-col perdono, Teodosio salì al Campidoglio in trionfo.
-</p>
-
-<p>
-E ben n'avea diritto: i Goti aveva ripartiti in colonie
-per paesi deserti, dove si convertivano al cristianesimo
-e alla civiltà; i Persiani invocavano la sua amicizia; i
-sudditi gli mostravano riconoscenza. Nella privata condotta
-abbastanza temperante, ai parenti affezionato e
-rispettoso, allevò come proprj i nipoti; affabile al conversare,
-variava tono a seconda delle persone, gli amici
-sceglieva tra' migliori, e impieghi e premj dava a' più
-degni, non adombrandosi del merito, nè dimenticando
-i benefizj. Fra le cure del vasto impero trovava pure
-alcun respiro onde applicarsi alla lettura, e massime
-alla storia, giudicando i fatti antichi, fremendo alle
-crudeltà di Cinna, di Mario, di Silla, il passato facendo
-scuola dell'avvenire. Senza ostacolo e quasi senza lamenti
-avrebbe potuto occupare intera l'autorità; pure
-ricollocò sul trono Valentiniano II, aggiungendogli
-anche le provincie tolte a Massimo di là dell'Alpi.
-</p>
-
-<p>
-In tempi ove l'impero sfasciavasi, nè un palmo di
-terra egli perdette, costretto però aggravare le imposizioni,
-e amministrar con un rigore molto simile a
-tirannia, unico puntello del cadente dominio. La rivoltosa
-Antiochia avea minacciata d'estremo rigore; ma
-lo placarono gli anacoreti e san Giovanni Grisostomo.
-Tessalonica però, che uccise i primarj uffiziali di lui,
-fu condannata a sanguinoso sterminio. Ambrogio,
-vescovo di Milano, ove l'imperatore si trovava, ne
-smarrì d'orrore; gli scrisse ad esecrazione del fatto,
-<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span>
-esortando ne facesse penitenza a calde lagrime, e avvertendolo
-non ardisse accostarsi all'altare del Dio della
-misericordia colle mani stillanti del sangue innocente.
-Teodosio a quei rimproveri risensò; e poichè non poteva
-più riparare all'eccidio, si recò per penitenza nella
-basilica milanese. Ed ecco Ambrogio farsegli innanzi
-sul vestibolo, dichiarando che, pubblico essendo stato
-il delitto, pubblicamente doveva soddisfare alla divina
-giustizia; nè lo volle ricevere alla comunione finchè
-non si sottomise alla canonica penitenza. Spoglio delle
-insegne della suprema podestà, comparve supplichevole
-in mezzo della chiesa, confessandosi in colpa: col che
-dopo otto mesi ottenne indulgenza e d'essere ricomunicato;
-e frutto ne fu un editto che ingiungeva di
-soprassedere sempre trenta giorni alle comandate
-esecuzioni.
-</p>
-
-<p>
-Di maggior memoria è degna quest'altra legge,
-viepiù opportuna dopo profonde commozioni: — Se
-alcuno, dimentico della prudenza, si fa lecito di straziare
-con trista e sconsiderata maldicenza il nostro
-nome, e per orgoglio si rende detrattore sedizioso del
-tempo presente, vietiamo gli s'infligga alcun castigo o
-maltrattamento. Se l'offesa proviene da leggerezza,
-vuolsi disprezzarla; se da follia, compatirla; se da perversità,
-perdonarla»<a class="tag" id="tag120" href="#note120">[120]</a>. Nè erano i detti smentiti dalle
-opere, giacchè essendosi scoperta una congiura contro
-di lui a Costantinopoli, e i rei condannati nel capo,
-Teodosio perdonò a tutti, e non volle si cercassero i
-complici, soggiungendo, — Così potessi rendere la vita
-ai morti»<a class="tag" id="tag121" href="#note121">[121]</a>. E un'altra volta un magistrato insistendo
-che degli uffiziali della giustizia doveva essere principal
-cura l'assicurare la vita del principe, — Sì (soggiunse
-<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span>
-egli), ma vorrei prendeste anche maggior cura della
-mia reputazione».
-</p>
-
-<p>
-Poichè le rivoluzioni durature non si compiono d'improvviso,
-i primi imperatori cristiani aveano lasciato il
-culto antico sussistere allato al nuovo; ancora i riti
-pagani si riguardavano, o almeno chiamavansi nazionali;
-i pontefici sagrificavano in nome del genere
-umano; in mezzo alla curia Giulia, dove accoglievasi
-il senato, sorgeva sull'ara la statua della Vittoria, tolta
-ai Tarantini, e da Augusto ornata colle spoglie dell'Egitto;
-e prima delle adunanze, i senatori vi ardevano
-incenso, giurando fedeltà all'imperatore.
-</p>
-
-<p>
-E in Italia non pochi nelle scuole difendevano le
-antiche credenze, e nella società se ne chiarivano campioni.
-Nominerò fra questi Vettio Agorio Pretestato,
-«capo della pietà pagana», nella cui biblioteca Macrobio
-fa radunare gl'interlocutori de' suoi Saturnali,
-e prestargli un rispetto vicino a venerazione. Mettevasi
-egli attorno gl'illustri avanzi del paganesimo; fu deputato
-a Valentiniano I perchè sospendesse le persecuzioni
-contro gli auguri; ed altamente onorato finchè visse,
-ebbe dopo morte due statue dagl'imperatori, una dalle
-Vestali<a class="tag" id="tag122" href="#note122">[122]</a>.
-</p>
-
-<p>
-A lui diresse amichevoli lettere Aurelio Anicio
-<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span>
-Simmaco romano, che dal retore Libanio avea succhiato
-la venerazione del paganesimo e la speranza di rintegrarlo.
-Nato dal prefetto di Roma, salì pontefice, questore,
-pretore, governò la Campania e i Bruzj, stette
-proconsole in Africa, indi prefetto di Roma, da ultimo
-console (391); parteggiò per Magno Massimo, vinto il
-quale, rifuggì in una chiesa di quei Cristiani che aveva
-osteggiati, e papa Liberio gl'impetrò perdono; aggregato
-ai pontefici, vi portò uno zelo vigoroso, lamentando
-che troppi di essi col negligere i sacri doveri cercassero
-la grazia degli imperanti. Mirabile accecamento! in
-mezzo a tanta mutazione, egli favella delle patrie religioni
-come niuno le avesse revocate in dubbio, e a
-Pretestato scrive: — Oh se m'accora che, dopo moltiplicati
-sacrifizj, il funesto presagio manifestatosi a
-Spoleto non siasi ancora pubblicamente espiato! Giove
-si mostrò favorevole appena alla quarta mactazione,
-e neppure all'undecima ci fu possibile soddisfare alla
-fortuna pubblica. Deh in qual paese siamo! Ora si
-tratta di raccorre ad assemblea i colleghi nostri, e ti
-terrò informato se giunsero a scoprire qualche rimedio
-divino»<a class="tag" id="tag123" href="#note123">[123]</a>. Con singolare contrizione supplica egli i
-patrj numi che perdonino le neglette cerimonie<a class="tag" id="tag124" href="#note124">[124]</a>;
-esorta le Vestali a mantenere severa la disciplina;
-chiede la punizione d'alcuna che avea leso il voto<a class="tag" id="tag125" href="#note125">[125]</a>;
-e s'adopera per sostenere la politica importanza del
-paganesimo.
-</p>
-
-<p>
-A questa unicamente dirigeano la mira i difensori
-del politeismo in Occidente; a differenza dell'impero
-Orientale, che aveva in Atene una scuola regolarmente
-piantata all'uopo di mantenere, per una <i>catena d'oro</i>
-<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span>
-d'iniziati, la fiducia nelle defunte immortalità e nelle
-dottrine teurgiche associate al neoplatonismo. Solo i
-maestri delle varie scuole di Roma, Milano, Bordeaux,
-Treveri, Tolosa, Narbona diffondeano le favole degli
-autori pagani nel farne ammirar le bellezze; e quando
-uno di essi, Eugenio, dall'accidente fu portato al trono,
-diede mano all'idolatria, rialzò l'altare della Vittoria,
-collocò la statua di Giove al varco delle alpi Giulie<a class="tag" id="tag126" href="#note126">[126]</a>,
-e drappellava l'effigie di Ercole innanzi a' suoi eserciti.
-</p>
-
-<p>
-La costoro esistenza è prova che il cristianesimo
-trionfante si guardò dalle persecuzioni, cui era soggiaciuto
-nascente. Il numero però de' Cristiani era grandemente
-cresciuto, e illustri famiglie<a class="tag" id="tag127" href="#note127">[127]</a> vi aggiungevano
-credito e potenza. La stessa scenica persecuzione
-di Giuliano, comprimendo un istante la libera manifestazione
-del culto, rintegrò l'elasticità; e il facile trionfo
-sopra la impotente ricomparsa degli idoli di Grecia
-crebbe l'autorità dei vescovi, che, quasi altrettanti
-capitani non solo per dilatare il cristianesimo, ma per
-combattere il politeismo, a gran voce domandavano che
-la società rompesse finalmente i legami che l'avvincevano
-all'idolatria.
-</p>
-
-<p>
-Internamente però la Chiesa non avea mai cessato
-d'essere conturbata dalla quistione sulla natura del divin
-Figliuolo; e vescovi gli uni avversi agli altri, non paghi
-di lanciarsi riprovazioni ecclesiastiche, studiavano nuocersi
-a vicenda ora nell'opinione de' fedeli, ora nel favore
-dei potenti. Questi collocavano nelle sedi non il più
-meritevole, ma quello che tenesse la loro credenza; e
-spesso il popolo od eleggevasi un altro vescovo, o lasciando
-vuote le chiese, s'adunava alla campagna; agli
-<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span>
-uffiziali che volessero mescolarsene facea resistenza, e
-ne nascevano violenze, bandi, uccisioni.
-</p>
-
-<p>
-Di nuove glorie intanto ammantavansi i padiglioni
-del militante cristianesimo; e i santi Padri costituivano
-una letteratura, non educata alle imitazioni, non a ritrarre
-una società che avea cessato d'esistere, od una
-ideale che non era esistita mai, bensì il presente, l'attualità,
-le idee sociali più avanzate, cioè le religiose.
-</p>
-
-<p>
-Nei primi tempi del cristianesimo predomina il miracolo;
-e sebbene campeggi la potenza dell'uomo nel
-soffrire, nel resistere, nel vincere, quegli avvenimenti
-sono men tosto da descrivere che da venerare. Semplici
-ed incolti erano la maggior parte de' primi discepoli,
-più pratici che speculativi, più d'azione che di discorso;
-la dottrina, perpetuata dalla tradizione orale e viva,
-concentravasi in poche parole gravi e schiette; nascevano
-dispute? le terminava la voce d'un discepolo che
-potea dire, — Ho veduto io stesso il verbo umanato»
-oppure — L'ha veduto chi a me lo narrò»; e della
-verità era splendida prova la rinnovazione dell'uomo
-interno, che si operava per via di virtù dapprima ignote,
-pace, fraternità, eguaglianza, universale beneficenza,
-costanza ai martirj, magnanimo perdono. Ma ben tosto
-i dotti, loro malgrado, sono costretti ad accorgersi della
-presenza de' novatori, e se non altro, a vituperarli:
-allora i Padri cominciano a difendere i dogmi dai Gentili
-e dai filosofi, per mostrare come le dottrine antiche
-siano inferiori e meno conformi alla ragione. Non paghi
-di tenersi sulle difese, provano la verità della dottrina
-cristiana con eccellenti ragioni, coi miracoli, colle profezie;
-e già mettono fuori idee profonde e nuove sulla
-natura di Dio e su quella dell'uomo; anzi colla logica e
-colla storia assaltano il paganesimo e la filosofia, e a
-quegl'imperatori onnipossenti favellano con nobile ed
-insolita libertà.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span>
-</p>
-
-<p>
-Qui ci si apre un nuovo prospetto dell'attività latina.
-Ne' primi secoli le Chiese occidentali somigliarono a
-colonie delle orientali; ordinamento, riti, libri, lingua
-liturgica erano greci: perocchè la greca era la lingua
-internazionale dell'impero, siccome nel XV secolo l'italiana
-ed oggi la francese; laonde con essa parlavano
-gli apostoli e gli eresiarchi, la Bibbia leggeasi nella
-versione dei Settanta fatta ad Alessandria, in greco si
-stesero le omelie di san Clemente, il <i>Pastore</i> di Ermia,
-le apologie di san Giustino, la confutazione delle eresie
-di Ippolito, il quale, al par di Origéne, predicò a Roma
-in greco. Non dicasi per questo che la religione cristiana
-appartenesse alla letteratura de' Greci; chè se di
-questi tiene la forma, ebraico essenzialmente erane il
-fondo, colla semplicità, coll'ispirazione, colla rigidezza
-d'espressione e di sentimento.
-</p>
-
-<p>
-Dopo gli apologisti di cui già parlammo (pag. 115),
-il primo scritto teologico in latino fu l'<i>Ottavio</i> di Minucio
-Felice. Ottavio convertito e Cecilio ancora pagano,
-condottisi ad Ostia, dove villeggiava Minucio celebre
-avvocato, passeggiavano sul lido; e perchè, al vedere
-un idolo di Serapide, Cecilio si pose la mano alla bocca
-baciandola, come praticavasi in segno d'adorazione,
-Ottavio il disapprovò come d'ubbia indegna d'un par
-suo. Fermatisi poi ad osservare fanciulli che faceano il
-rimbalzello mentre altri ne prendevano diletto, Cecilio
-rimaneva pensieroso sopra le parole udite, sicchè fu
-proposto di mettere fra loro la cosa in discussione. Tale
-è il soggetto d'un dialogo di Minucio, che volta a volta
-rende sapore de' platonici; Cecilio sostiene gli Dei, antica
-e generale credenza, contro questa pazzia di gente
-nuova, deturpata di sozze infamie e perseguitata; ma
-gli altri due sillogizzano così bene, che egli si dà vinto
-e convertito.
-</p>
-
-<p>
-L'africano Arnobio, a lungo sostenuto il paganesimo,
-<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span>
-si rese vinto alla Chiesa, la quale gl'impose d'adoperare
-contro dell'idolatria la sua artifiziosa parola. Come dunque
-dapprima aveva commentato gli autori profani,
-così nei sette libri <i>contro i Gentili</i> offrì una compiuta
-oppugnazione delle antiche credenze, rivolgendosi agli
-addottrinati ch'erano capaci di bilanciarle colle nuove;
-confuta coloro che dicevano, — Dopo il cristianesimo
-è perito il mondo: il genere umano diventa preda di
-ogni male»; e nel suo zelo di proselito, domanda la
-distruzione non solo dei teatri, ma anche delle opere
-de' poeti.
-</p>
-
-<p>
-Educò egli un altro potente campione del cristianesimo
-in Lattanzio suo compaesano. Più d'immaginazione
-oratoria che di storica verità egli fa prova nel trattatello
-<i>Della morte de' persecutori</i>; nelle <i>Istituzioni divine</i>,
-pubblicate sul fine del regno di Costantino, debolmente
-ribattè gli errori senza saperli schivare. Men
-notevole per elevata eloquenza che per accurata espressione,
-è il più elegante fra gli autori ecclesiastici latini,
-nè però merita il titolo di Cicerone cristiano. Ben lontano
-dall'indignazione di Giulio Firmico, il quale suggeriva
-di punire l'idolatria a rigor di legge, proclama
-essere la religione la cosa più spontanea: — Via da noi
-il pensiero di vendicarci de' nostri persecutori; a Dio
-se ne lasci la cura; il sangue de' Cristiani ricadrà sul
-capo di chi lo versò».
-</p>
-
-<p>
-San Cipriano, vescovo di Cartagine <span class="sidenote">(248)</span>, colle moltissime
-opere di soave e lucida abbondanza, contribuì forse
-meglio che altri a separare i due ordini di fede e d'esame,
-di rivelazione e di concepimento, la cui mescolanza
-produce o la schiavitù o il traviamento dell'intelligenza,
-mentre la distinzione schiude allo spirito
-umano le barriere dell'infinito, traendolo dal simbolo
-nella realtà.
-</p>
-
-<p>
-San Girolamo <span class="sidenote">(331-420)</span>, nato nobilmente a Stridone nella Dalmazia,
-<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span>
-educato a Roma sotto Donato commentatore di
-Terenzio, e sotto il retore Vittorino, contrasse la coltura
-e la corruzione di quella grande città, finchè nauseato
-concentrò sopra il cristianesimo l'ardore potente
-che prima dissipava nelle passioni. Gustò le maschie
-voluttà della solitudine, abbellita, come egli dice, «dai
-fiori di Cristo, lontano dall'affumicata prigione della
-città»: ma non restandone soddisfatta la operosità sua,
-si condusse ad Antiochia, dove contro voglia fu ordinato
-prete; indi a Costantinopoli, benchè quinquagenario,
-si pose discepolo a Gregorio Nazianzeno nell'esegesi
-sacra, e mutò in latino varie opere; poi a Roma papa
-Damaso l'adoprò a diversi negozj e lavori letterarj.
-</p>
-
-<p>
-Quivi legò amicizia con pie matrone, degne di storia.
-Melania, uscita d'una di quelle case senatorie, alle quali,
-cessata ogni potenza politica, erano rimaste opulentissime
-rendite, perduti il marito e due figli, lasciò il
-terzo fanciullo per passare in Egitto a conoscere gli
-anacoreti; sovvenne largamente ai fedeli perseguitati
-dagli Ariani, accogliendoli nella fuga, e vestendosi da
-schiava per nutrirli e consolarli nelle prigioni. Marcella,
-pur vedova, erasi raccolta in villa a monastico
-rigore con Principia sua figliuola. Di pari virtù rifulgevano
-Asella ed Albina, suora e madre di Marcella.
-Per maggiore pietà e più generosi soccorsi a poveri ed
-infermi si segnalò Paola d'antichissima famiglia<a class="tag" id="tag128" href="#note128">[128]</a>,
-colle sue figliuole Eustochio e Blesilla. Queste dame
-sottometteansi al dominio dell'anima robusta di Girolamo,
-e così Leta, Fabiola, altre coscienze profondamente
-convinte, che colle virtù più austere protestavano
-contro le fiacchezze, e soccorrevano generosamente alle
-miserie d'un secolo infelicissimo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span>
-</p>
-
-<p>
-Saldo al vero, Girolamo insegnava che la saldezza della
-Chiesa dipende dall'unità del pontefice, e se a questo
-non si dia un potere superiore agli altri, v'avrà tanti
-scismi quanti vescovi. Umile in faccia a Dio, altero in
-faccia agli uomini, flagella stizzosamente quanti vizj
-incontra; nè risparmia gl'indegni ministri della religione,
-smascherando certuni che, fattisi diaconi e
-sacerdoti per trattare più liberamente colle donne, si
-piacevano in vesti eleganti, capelli ricci e profumati,
-anelli alle dita, camminar in punta di piedi, traforarsi
-nelle case, e sollecitare donativi e legati<a class="tag" id="tag129" href="#note129">[129]</a>. Punti da
-ciò, tolsero a perseguitare il santo, denigrandone le
-amicizie spirituali; tanto che egli, sebbene davanti
-ai magistrati si chiarisse innocente, abbandonò Roma
-e tornò in Palestina, percorrendone passo passo i luoghi
-per meglio comprendere le sacre scritture.
-</p>
-
-<p>
-Paola suddetta, fissatasi con Girolamo a Betlemme,
-dove accorrevano Cristiani d'ogni paese senza distinzione
-di grado o di ricchezza e riguardando primo chi
-facevasi ultimo, presedette a un monastero di donne;
-Girolamo ad uno d'uomini. Caloroso martire di se
-stesso, egli scriveva sin mille righe il giorno: pure trovava
-tempo di spiegare la Bibbia a' suoi anacoreti,
-dirozzare colle prime lettere i fanciulli, e tornare di
-furto agli autori profani, delizia della sua gioventù.
-</p>
-
-<p>
-Anche Melania, piantatasi a Gerusalemme, vi accolse
-per trent'anni tutti coloro che affluivano a venerare i
-santi luoghi. Con lei erasi stretto di spirituale amicizia
-Rufino prete d'Aquileja, ammiratore d'Origene, teologo
-austero, ma traviato dal proprio orgoglio; talchè Gerusalemme,
-popolata di questi fervidi proseliti e ingegnosi,
-divenne il centro delle dottrine rigorose e razionali
-di Origene. Girolamo, che dapprima lo avea levato
-a cielo, dappoi ne vide il pericolo, e cominciò contro
-<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span>
-Rufino una polemica, disabbellita da ingiurie che ripescava
-in Persio e Giovenale.
-</p>
-
-<p>
-Le più importanti sue elucubrazioni sono di critica
-sacra. I Greci aveano avuto fin dall'origine i libri sacri,
-stesi in parte dagli apostoli in quella lingua, come la
-più diffusa: i Latini anch'essi di buon'ora ne fecero una
-traduzione, per quanto faticoso riuscisse il voltarli nella
-lingua del vulgo, da cui fu detta <i>la Vulgata</i>. Incaricato
-da Damaso di togliere ad esame la versione italica dei
-Vangeli, fedele ma da interpolamenti e variazioni alterata,
-Girolamo il fece, e insieme corresse il Salterio,
-Giobbe ed altri libri che non ci rimangono. Pensò poi
-a una nuova versione dell'antico Testamento, non più
-sul testo dei Settanta, ma sull'originale; e per quindici
-anni vi si ostinò, fedele al testo a segno da introdurre
-nella lingua molti modi ebraici, valendosi pure delle
-versioni siriaca ed araba, e delle greche: fatica stupenda
-per un uomo solo, ove dovette crear quasi una
-lingua nuova, che si appropriò immagini e frasi orientali,
-piegossi ad esprimere idee e cose opposte al suo
-carattere, eppure non perdette maestà e gravità. Per
-tale opera le lingue d'Oriente vennero ad influire, più
-tardi, sopra quelle dell'Europa; e la traduzione di Girolamo,
-adottata dalla Chiesa invece dell'antica italica
-fatta sopra i Settanta, diventò fondamento a quella che
-il concilio Tridentino dichiarò autentica.
-</p>
-
-<p>
-Accortosi per propria sperienza che alcune letture
-aduggiano i fiori celesti sotto un rigoglio d'importuni
-pensieri, e smorzano il gusto degli studj meglio confacenti
-a Cristiano, Girolamo nella tarda età garriva coloro
-che, dopo abbandonata la sapienza del secolo, si nauseavano
-della semplicità delle sacre scritture, e tornavano
-ai poeti<a class="tag" id="tag130" href="#note130">[130]</a>. Eppure egli stesso gli amò sempre,
-tanto che gliel'apponevano i suoi avversarj: nuovo
-<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span>
-indizio della battaglia, che le due civiltà si portavano
-nella letteratura come in ogni altra cosa.
-</p>
-
-<p>
-Del che un nuovo esempio abbiamo in Ponzio Meropio
-Paolino da Bordeaux <span class="sidenote">(353-431)</span>, che, dopo dignità primarie
-nella Spagna e nelle Gallie, governò la Campania; e
-nominatissimo per parentadi non meno che per dottrina,
-consentì alla chiamata di Dio, rinunziò al mondo,
-e a Roma ricevette il battesimo. Di tale acquisto i Cristiani
-fecero pubbliche gratulazioni, mentre i Pagani se
-ne rodevano; parenti e amici incontrandolo voltavano
-largo da lui come da disertore; clienti, liberti, schiavi
-consideravano rotto ogni vincolo con esso. Il poeta
-Ausonio non lasciò via intentata per istornarlo dalla sua
-risoluzione, tra le frivolezze letterarie d'allora non intendendo
-come la forza della convinzione e l'autorità
-della coscienza potessero reggere contro consigli e lamenti
-così poetici.
-</p>
-
-<p>
-Paolino, a Firenze animatosi nei colloquj di sant'Ambrogio,
-si ritirò nella solitudine presso Nola, ove colla
-moglie, ridotta a sorella, visse sedici anni, istituendo
-una specie di Tebaide fra le delizie della Campania:
-fabbricò una chiesa a san Felice con dipinte istorie
-dell'antico Testamento, per guardar le quali i terrazzani
-dimenticavano fin il desinare. Minacciano i Barbari? ei
-non li teme, assorto in una pace che il mondo non può
-rapire. Ogn'anno, il giorno natalizio del suo santo prediletto,
-compone un canto; e benchè gl'idolatri della
-forma sentenziino ch'egli scrisse meglio da pagano che
-convertito, Ambrogio trovava composti e soavi quei
-carmi, e Agostino ne lodava la <i>gemebonda pietà</i>. Fatto
-vescovo, mantiene corrispondenza con Ambrogio, Girolamo,
-Agostino, coll'Italia, coll'Asia, coll'Africa, ricambiando
-idee, consigli, schiarimenti.
-</p>
-
-<p>
-Trapassando altri Padri della Chiesa occidentale, nominerò
-Zenone vescovo di Verona, che sbarbicò dalla
-<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span>
-sua chiesa i resti dell'idolatria e dell'arianismo, e ci
-lasciò settantasette discorsi, eleganti d'espressione, se
-non nuovi d'idee. Eusebio sardo pel primo introdusse
-la vita regolare fra il clero di Vercelli ond'era vescovo;
-nel concilio di Milano resistette all'imperatore, il quale
-cacciò fin la mano alla spada contro di esso; mandato
-esule qua e là, stava nella Tebaide allorchè lo richiamò
-l'editto di Giuliano; caldeggiò sempre sant'Atanasio; fu
-spedito a rimettere in pace la chiesa d'Antiochia; al che
-non essendo riuscito, tornò alla sua sede, ove chiuse
-santamente i giorni. Ebbe amico Lucifero vescovo di
-Cagliari, uno dei più fervorosi oppugnatori de' varj
-scismi, e che dall'esiglio mandò all'imperatore uno
-scritto dettato con quella violenza che gli faceva ordinare
-a' suoi di non aver comunicazione di sorta cogli
-eretici. Conformi opinioni sosteneva l'amico suo diacono
-Ilario, pretendendo sino che gli Ariani, per rientrare
-in grembo alla Chiesa, dovessero ribattezzarsi; il
-che lo faceva da san Girolamo soprannomare il Deucalione
-del mondo.
-</p>
-
-<p>
-Mai non s'era pensato dai Pagani ad accogliere in
-una chiesa il popolo per esporgli che cosa credere,
-come adorare, come operare: la cognizione delle cose
-sacre, siccome tutto il resto, essendo privilegio di pochi,
-non mai accomunata alle plebi. D'altra parte, che
-sarebbesi potuto predicare nel tempio quando i dottori
-stessi non aveano dogmi comuni, e stavano perplessi
-sulla morale? L'eloquenza antica esercitavasi negl'interessi
-particolari d'un cittadino o d'una città; al più
-qualche filosofo disputava coi discepoli, ma intorno a
-dottrine speciali, sprovvedute di carattere pubblico e
-universale.
-</p>
-
-<p>
-Da che Cristo ebbe detto, — Andate e predicate a
-tutti», doveva alla congregazione dei fedeli essere
-esposta la verità universalmente accettata, e spiegarvisi
-<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span>
-i punti che rilievano alla salute di tutti. Dalla più tenera
-età il sacerdote assumeva il fanciullo, e col catechismo
-gl'insinuava le verità sublimi, mercè delle quali potrebbe
-anche la femminetta rispondere a ciò che ignoravano
-Aristotele e Platone. L'istruzione continuava
-quanto la vita, o confermando i credenti, o convertendo
-i traviati, o persuadendo gl'increduli. La predicazione
-sulle prime era avvalorata dal santo olezzo della
-virtù, dall'evidenza del miracolo; e parlando lo Spirito
-Santo per bocca degli apostoli, non era mestieri di
-persuasive d'umana sapienza<a class="tag" id="tag131" href="#note131">[131]</a>. Ma come la religione
-fu estesa e mescolata alla società, si munì anch'essa
-delle armi con cui l'errore la combatteva, e l'eloquenza
-fu trasportata dalla ringhiera al pulpito, dalla politica
-alla morale, dagl'interessi del mondo a quelli del cielo.
-La Chiesa, fatta trionfante, volle ornarsi dell'eloquenza,
-come si ornava di pompe e d'apparati, e supplì coll'arte
-del pulpito all'intepidita fede primitiva. Suo primo
-campo furono le lotte cogli Ariani; poi giganteggiò per
-opera di oratori, i quali, nel combattere l'orgoglio del
-sapere e l'indocilità del cuore, reggono a petto di
-quanto l'antichità vanta di più insigne, non che sorpassare
-di buon tratto i loro contemporanei.
-</p>
-
-<p>
-Con gagliardia affrontò Ariani e idolatri <span class="sidenote">(340-97)</span> in Occidente
-sant'Ambrogio, romano nato a Treveri. Come
-governatore della Liguria e dell'Emilia sedeva egli in
-Milano, dove la presenza dell'imperatrice Giustina facea
-prevalere gli Ariani a segno, che vi fu posto a vescovo
-il cappadoce Ausenzio di quella setta. Quando
-l'imperatrice ottenne dal figlio una legge, che a quelli
-concedeva piena libertà di assemblee, e guaj se i Cristiani
-li molestassero, il segretario Benevolo negò formolarla,
-e rinunziò piuttosto al grado; ma Ausenzio
-<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span>
-se ne incaricò. Allorchè questo vescovo morì, poteasi
-prevedere tumultuosa l'elezione del successore, che
-faceasi a voci di popolo; e il governatore Ambrogio
-si presentò ai comizj per tenerli in dovere. Ma appena
-entrato, le due divise d'accordo gridano: — Sii vescovo
-tu stesso», poichè il vescovo si eleggeva di qualunque
-condizione, nè tampoco esigendosi fosse cristiano; onde
-Ambrogio, tentato invano sottrarsi a quel peso colla
-fuga e col seder giudice in un caso di sangue, riconoscendo
-il volere di Dio a portentosi indizj, si lasciò
-battezzare, poi ordinar prete e vescovo; e ceduto ai
-poveri il suo denaro, alla Chiesa i terreni, al fratello
-Satiro l'amministrazione della propria casa, tutto si
-affisse al santo ministero.
-</p>
-
-<p>
-Dalla Bibbia e dai Padri, letture a lui nuove, tal
-frutto colse, che divenne il primo dei santi Padri in
-Occidente; e se cede in genio a Gregorio Magno, a
-Basilio, a Giovan Grisostomo, li supera in pratica attività,
-sublimandosi negli atti più che negli scritti. La
-vita sua, delineataci eloquentemente da Paolino suo
-segretario, era assorta nelle cure più diverse; giudicare
-cento affari a lui portati dai fedeli, curare spedali,
-attendere ai poveri, accogliere tutti con affabilità, e fra
-ciò meditare e comporre: forniva di vescovi chiese che
-mai non ne aveano avuti; visitava ed incorava gli altri,
-e talvolta li raccoglieva a concilj; interponevasi a favore
-de' rei di Stato; vendeva gli ori del tempio per riscattare
-prigionieri dai Goti. Missioni importanti erano a
-lui affidate come a pratico: da Valentiniano morendo
-gli furono raccomandati i suoi figliuoli: dissuase Magno
-Massimo dall'entrare in Italia: ucciso Graziano, andò
-ad impetrarne il cadavere, e con franchezza intimava a
-Teodosio la verità, e gl'insegnava le distinzioni fra il
-sacerdozio e l'impero, talchè quegli diceva, — Solo
-Ambrogio conosco, il quale di vescovo porti degnamente
-<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span>
-il nome». Intanto egli rappresentava con dignità
-ed amore il tribunato che in nome di Cristo aveano
-assunto i vescovi dopo caduto quello in nome della
-legge, colla parola e colle opere offrendosi sostegno al
-popolo, invocando la giustizia o l'indulgenza de' principi,
-interponendo a favore de' tapini e de' soffrenti le
-dottrine della povertà, dell'eguaglianza, del riscatto
-umano, operato col sangue d'una vittima celeste.
-</p>
-
-<p>
-Quanta pratica avesse coi classici lo palesano le opere
-sue; sebbene scriva balzellante e scorretto, senza padronanza
-di frasi, e con vane sottigliezze e giocherelli,
-qualora non sia animato dal sentimento del dovere o
-del pericolo<a class="tag" id="tag132" href="#note132">[132]</a>. Nella più estesa e curiosa fra le sue
-opere, sui <i>Doveri degli ecclesiastici</i>, passa in rassegna
-quelli di tutti gli uomini, e scioglie quistioni di pratica
-filosofia. Nell'<i>Esamerone</i>, commentando le sei giornate
-del mondo creato, molto si giova di Origene. I suoi
-elogi della virginità producevano tale effetto, che padri
-<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span>
-e mariti lamentavansi perchè troppe donne dedicassero
-a Dio la loro continenza.
-</p>
-
-<p>
-L'imperatore Graziano avea decretato che ciascuno
-potesse onorar la divinità nelle adunanze al modo che
-più credesse opportuno; ma Ambrogio seppe persuaderlo
-a ferire di colpo estremo l'osservanza antica. In
-conseguenza ordinò di toglier via dal senato di Roma
-la statua della Vittoria; poi chiamò al fisco tutti i beni
-con cui mantenevansi i tempj, i pontefici, i sacrifizj;
-annullò i privilegi politici e civili delle Vestali, e vietò
-ai sacerdoti d'accettare legati se non di beni mobili<a class="tag" id="tag133" href="#note133">[133]</a>.
-Spaventati i nobili romani, i capi del senato,
-e quelli che si ostinavano a chiamarsi «la parte migliore
-dell'uman genere»<a class="tag" id="tag134" href="#note134">[134]</a>, spedirono a Graziano
-perchè sospendesse questi decreti; e per fare maggior
-colpo, gli recarono la veste di sommo pontefice, religiosamente
-custodita, e che a lui dovea rammentare la
-lunga serie de' predecessori che se ne fregiarono come
-<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span>
-simbolo del potere supremo in terra e d'onori divini
-dopo morte. Graziano non si arrese a quelle dimostrazioni,
-e proferì, — Tale ornamento disdicesi a cristiano»;
-onde la religione antica rimase senza sommo
-pontefice, e il sacerdozio spogliato dei beni che lo facevano
-ambire anche dopo ch'era privato degli onori e
-de' privilegi.
-</p>
-
-<p>
-Nè diverso esito sortì l'ambasceria mandata a Valentiniano
-II acciocchè ripristinasse l'altare della Vittoria;
-e le suppliche di Simmaco e di Libanio a tale intento
-sono l'ultimo grido del paganesimo, che sentesi trafitto
-nel cuore. Lo sdegno di questi esalò non soltanto in
-segreti mormorii, ma in voci aperte; nè forse restarono
-estranj alla sommossa, nella quale Graziano perdette
-la vita. Ma soccombettero definitivamente allorchè
-ebbe la porpora Teodosio, che il titolo di Grande
-dovette principalmente all'avere terminata con coraggio
-e convincimento la prolungata contesa fra le due
-religioni.
-</p>
-
-<p>
-Narrasi che, venuto a Roma, e ricevuto da un bell'incontro
-di dame e senatori, Teodosio proponesse a
-discutere qual fosse la religione da seguitarsi, e che
-l'idolatria vi soccombette. Il fatto non ha sembianza di
-vero: certo per legge generale egli vietò che «alcuno
-si contaminasse co' sagrifizj, immolasse vittime, difendesse
-simulacri fatti a man d'uomo»; i magistrati non
-entrassero ne' tempj; confisca per qualunque atto d'idolatria,
-e morte a chi immolasse; il giorno del Signore
-fu dichiarato sacro, proibendo in esso i giuochi e gli
-spettacoli, e riformando il calendario giuridico a norma
-delle prescrizioni cristiane<a class="tag" id="tag135" href="#note135">[135]</a>. Eppure le leggi di
-Teodosio convincono che non erano cessati i riti antichi;
-imperocchè egli decretò che, chi dal cristianesimo
-<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span>
-ritornasse all'idolatria, rimanesse incapace di disporre
-de' suoi beni per testamento; dappoi estese questo statuto
-ai catecumeni, e dichiarò infami gli apòstati<a class="tag" id="tag136" href="#note136">[136]</a>.
-I concilj ripeterono queste leggi, e gli scrittori ecclesiastici
-inveivano contro le cerimonie gentilesche, conservate
-massimamente nelle feste, nei saturnali e nei
-giuochi. Tempj e delubri furono però chiusi allora dai
-magistrati, e spesso demoliti dalla pietà: i senatori,
-come cantava Prudenzio, bellissimi splendori del mondo,
-deposero le insegne del vecchio sacerdozio per rivestire
-la candida toga del catecumeno<a class="tag" id="tag137" href="#note137">[137]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Restava a domare l'eresia; e Teodosio, caduto in grave
-malattia, decretò essere volontà sua che tutti aderissero
-alla religione insegnata da san Pietro ai Romani, quale
-allora si professava dal pontefice Damaso e da Pietro
-vescovo d'Alessandria; ai seguaci di essa dava autorità
-d'assumere il titolo di Cristiani Cattolici; i dissidenti
-infamava col nome d'eretici, minacciandoli anche di
-castighi<a class="tag" id="tag138" href="#note138">[138]</a>. Rimossi i vescovi e cherici ostinati, senza
-tumulto nè sangue si stabilì la fede ortodossa; e il
-terzo<a class="tag" id="tag139" href="#note139">[139]</a> concilio ecumenico, adunato in Costantinopoli,
-confermò nell'interezza sua il simbolo Niceno,
-dichiarandolo più distesamente in alcuna parte, onde
-combattere posteriori eresie.
-</p>
-
-<p>
-Ciò in Oriente; ma fra noi l'arianismo erasi ricoverato
-sotto il manto di Giustina madre di Valentiniano II,
-<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span>
-la quale, arrogando all'imperiale autorità anche l'ispezione
-sopra il culto, pretendeva che sant'Ambrogio cedesse
-agli Ariani una delle chiese di Milano. L'indegna
-proposizione con fermezza egli respinse; e Giustina,
-chiamando ribellione l'opporsi ai voleri imperiali, si
-ostinò d'ottenere a forza l'intento. Cominciò a gravare
-i mercanti d'una tassa di ducento libbre d'oro, e imprigionare
-molti che non vollero o non potevano pagarla.
-Mandò ad Ambrogio l'ordine di uscire dalla
-città, ma egli protestò non poter abbandonare il gregge
-da Dio affidatogli: minacciollo di morte, ed egli mostrò
-nulla desidererebbe meglio del martirio. Deliberata poi
-di pubblicamente solennizzare a modo suo la pasqua,
-citò Ambrogio al suo consiglio; ma per ispontaneo
-affetto essendogli corso dietro a turba il suo gregge
-fino al palazzo, i ministri imperiali dovettero supplicare
-il prelato a disperdere e calmare l'estuante moltitudine,
-promettendo non sarebbe violata la religione.
-</p>
-
-<p>
-Bugiarde promesse! Nella solenne mestizia della settimana
-santa, uffiziali di palazzo si recano dapprima
-alla basilica Porziana, poi alla nuova<a class="tag" id="tag140" href="#note140">[140]</a>, per disporre
-ogni cosa a ricevervi l'imperatore e sua madre. Il popolo
-torna allora sui tumulti, sicchè gran pena durarono
-le guardie a difendere le chiese; e un sacerdote ariano
-versava in grave pericolo, se non fosse ricorso per
-difesa ad Ambrogio stesso. Questi negava d'esser obbligato
-a cedere il tempio, attesochè le cose divine non
-vanno soggette all'imperatore, il quale si trova nella
-Chiesa, non sopra la Chiesa; e dalla cattedra di verità
-mostrava come sia lecito resistere all'ingiustizia, non
-però con armi, non colla forza; pregava Dio a non
-permettere si versasse sangue per la sua Chiesa; e
-congregati nelle due basiliche i fedeli, gl'intratteneva,
-<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span>
-or cantando, ora predicando, e ripeteva — La tirannide
-del sacerdote è la sua debolezza».
-</p>
-
-<p>
-Fu allora che Ambrogio, per animare e distrarre il
-popolo, introdusse il cantare a vicenda in due cori,
-cioè le antifone, ancora inusate nel nostro Occidente.
-Prima d'allora certamente cantavasi dai fedeli, ma
-forse con una semplicità tutta di pratica; e probabilmente
-nelle chiese derivate dagli Ebrei seguivasi il
-modo che questi aveano tenuto nel recitare i salmi,
-mentre in Grecia vi si applicavano le melopee della
-lira. Da questa melopea greca prese le mosse Ambrogio,
-sia togliendone i nômi o le arie popolari, sia riducendo
-in <i>octacordi</i>, o serie di otto suoni (le ottave), i
-tetracordi o serie di quattro suoni di cui componeansi
-i modi greci<a class="tag" id="tag141" href="#note141">[141]</a>. Scrisse pure inni di nobile commovente
-semplicità, alcuni dei quali si cantano tuttora<a class="tag" id="tag142" href="#note142">[142]</a>.
-Con santa compiacenza egli rimembrava la melodia
-d'uomini e donne, di vergini e fanciulli, sonante come
-il fragore delle onde, e dalla quale anche sant'Agostino
-restava commosso fino alle lagrime<a class="tag" id="tag143" href="#note143">[143]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La fermezza d'Ambrogio vinse l'ostinazione dell'imperatrice,
-che dischiuse le carceri, tolse le guardie; e
-Valentiniano, sentendo la potenza di quell'inerme, diceva
-a' suoi uffiziali: — Se Ambrogio l'ordinasse, voi
-mi consegnereste a lui colle mani legate».
-</p>
-
-<p>
-Ma poco di poi gli fu elevato incontro un dottore
-degli Ariani, e pubblicato un editto che permetteva a
-questi di tenere loro assemblee, minacciando di morte
-i Cattolici se le turbassero. Ambrogio tornò alle armi
-<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span>
-sue, la predica, le antifone; e dì e notte la chiesa fu
-occupata dai fedeli. Tale consenso distolse i principi
-dall'usare violenza; e il concilio d'Aquileja, tenuto poco
-dopo il Costantinopolitano, e dove Ambrogio sostenne
-la parte principale, chiarì la fede de' vescovi d'Occidente,
-che poterono asserire non esistere più Ariani
-fino all'Oceano.
-</p>
-
-<p>
-Ambrogio durò ventidue anni al laborioso ministero,
-finchè di cinquantasette a Dio piacque chiamarlo al
-premio. Si pretende che, per ricompensare lo zelo adoperato
-contro gli Ariani da lui e da san Valeriano, il
-pontefice erigesse le sedi di Milano e d'Aquileja in
-metropoli, dignità fin allora ignota in Occidente. La
-prima estese la giurisdizione sui vescovadi da Po fin
-dentro la Rezia; l'altra su quei della Dalmazia, della
-Pannonia, del Norico, e poc'a poco della Venezia: e
-l'un metropolita consacrava l'altro, risparmiando il difficile
-viaggio a Roma.
-</p>
-
-<p>
-Contemporaneamente san Filastro combatteva gli
-Ariani, stese un <i>Catalogo delle eresie</i>, e fatto vescovo
-di Brescia «città rozza, ma avida di dottrina»<a class="tag" id="tag144" href="#note144">[144]</a>,
-resistette a Valentiniano e Giustina insieme con Benivolo,
-magistrato, il quale, piuttosto che cedere alle blandizie
-dell'imperatore, si ritirò a vivere oscuro in riva
-al Benàco. A questo Benivolo sono diretti alcuni sermoni
-di san Gaudenzio, che peregrinato a Gerusalemme,
-in Antiochia conobbe san Giovanni Grisostomo, poi
-succedette a Filastro nel vescovado di Brescia, ove colle
-reliquie portate d'Oriente consacrò una chiesa col titolo
-di Concilio de' Santi. Vigilio dal vicino Trento scorreva
-<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span>
-la valle dell'Adige e il Veronese, predicando, battezzando,
-ergendo chiese, abbattendo idoli: perocchè nelle
-vallate alpine conservavasi il culto di Saturno, e nella
-trentina di Non (Anaunia) circuivansi processionalmente
-i campi, litando a quel dio; al che non avendo voluto
-uniformarsi Sisinio, Martirio, Alessandro, furono martirizzati:
-anche i valligiani di Rondera, ligi all'adorazione
-di quell'idolo, lapidarono Vigilio<a class="tag" id="tag145" href="#note145">[145]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Sì grandiosi uffizj incombevano ai Padri in quella
-Chiesa, che di perseguitata diveniva dominatrice; ma
-sebbene greci e latini difendano le stesse verità, e in tutti
-si senta la convinzione che lotta, l'entusiasmo che eleva,
-la carità che santifica, traggono carattere particolare
-dalla natura del paese, secondo che vivono in Oriente o
-in Occidente. In Roma non erano mai prosperate la metafisica
-e la filosofia sublime, per difetto in parte della
-lingua; mentre il sano intelletto e lo spirito pratico vi
-campeggiarono nello svolgere ed ordinare la legislazione.
-Pertanto gli apologisti latini non offrono grande
-apparenza d'ingegno, conservano alcun che dell'alterezza
-romana, rigidi, ostinati di non calare ad accordi
-coll'avversario, nè tampoco valersi d'altre armi che le
-proprie; onde sdegnano gli ornamenti dell'eloquenza,
-gli artifizj della logica, le reminiscenze della letteratura
-ostile. La Grecia, ancora fiorente di lettere quando il cristianesimo
-apparve, gli oppose più clamorosa lotta,
-armata di cavilli, di seduzioni, di disprezzo; ma quando
-<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span>
-convertita gli esibì difensori, questi conservarono le
-costumanze e i difetti delle scuole dond'erano usciti, e
-comparivano in campo come Davide, accinti della spada
-rapita al gigante.
-</p>
-
-<p>
-Il nemico stesso che combattevano era differente.
-Roma, per cui sono identici la religione e lo Stato, non
-sa apporre al cristianesimo condanna peggiore che dichiararlo
-nemico del genere umano, cioè dell'Impero;
-il genio suo legale decreta, uccide, non discute; e gli
-apologisti, opponendo rigore a rigore, s'accontentano
-spiegare il dogma ed appellarsi alla lettera scritta. I
-Greci, perdute le avite istituzioni, naturali alla disputa
-e alle sottigliezze, retori e sofisti ingordi di quistioni
-nuove, guardano i Cristiani come novatori pazzi o pericolosi,
-che ripudiando la tradizione, precipitano la
-coscienza umana nell'incertezza. Mentre dunque i magistrati
-a Roma uccidevano, i dotti di Grecia esaminavano,
-discutevano, sicchè gli apologisti erano obbligati
-scendere a minuzie, accettare l'objezione arguta, snodare
-il sottile paradosso, il sillogismo capzioso; e sentendo
-tutta la potenza della libera parola, invocavano
-solo che la forza non intervenisse nella discussione della
-verità.
-</p>
-
-<p>
-Gli uni e gli altri aprono la nuova società, posati
-tuttavia sul terreno dell'antica; convincono l'uomo che,
-senza quel lume del lume, egli ignora le verità più
-necessarie alla sua condotta, più care al suo cuore, più
-dolci alle sue speranze; e invocano la libertà delle
-coscienze, non più per il solo senato, nè per una città
-od una gente, ma per l'universo. Vinti che ebbero i
-nemici esterni, dovettero lottare contro le discordie
-intestine, cioè coloro che, al modo del serpente antico,
-adopravano la parola di Dio per diffondere l'errore, o
-per restringere a concetti particolari le verità generalissime
-che la Chiesa annunziava.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nelle scuole vengono a fronte l'antico Oriente, l'antico
-Occidente e il cristianesimo, il quale, estendendosi
-su tutti gli uomini e tutti gl'interessi, era naturale che
-trovasse molte ed interessate contraddizioni. I Neoplatonici
-vogliono elevarsi a Dio non mediante la fede,
-ma mediante la dottrina. Sêtte giudaizzanti, sêtte giudaiche,
-sêtte orientali assenzienti od avverse agli
-Ebrei, sêtte cristiane propense o nemiche all'ascetismo,
-docili o reluttanti all'asiatica teosofia, cominciano
-la più splendida gara d'ingegno che il mondo avesse
-mai veduta, fra la teologia antica e la nuova, fra la
-mitologia poetica e la religione morale, fra la vetustà
-che tramonta e il nuovo tempo che s'apre. Onde alla
-dottrina evangelica incontrò come a tutte le novità;
-prima tacciata di sogno e di follia, dappoi se ne confessa
-la sublimità, ma appuntandola di plagio, quasi
-ogni sua verità fosse dedotta dall'Egitto, dall'India,
-dall'Accademia; infine se ne adottano i concetti, mentre
-tuttavia si persiste ad oppugnarla. Ma su quella bilancia
-ha perduto ogni peso la spada; e l'autorità dei cesari,
-nell'apogeo della sua forza, non entra per nulla a determinare
-la credenza; tanto efficace sonò la parola
-che distingueva i diritti della spada da quelli del
-pensiero.
-</p>
-
-<p>
-Fra le eresie fu clamorosissima quella di Nestorio,
-il quale negava l'incarnazione di Dio, distinguendo in
-Cristo la persona divina dall'umana, e ripudiando perciò
-la divina maternità di Maria: condannata nel concilio
-di Efeso <span class="sidenote">(431)</span>, quarto ecumenico, venne per ricolpo a dare
-estensione al culto della Vergine, il quale contribuì non
-poco a svellere i resti del paganesimo, convertendo
-alla Madre dell'amore e alla donna dei dolori i tempj
-pagani. Non più sulla natura di Dio ma su quella dell'uomo
-sofisticarono i Pelagiani, cercando perchè tanti
-mali si patiscano sotto un Dio buono, come la prescienza
-<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span>
-divina si combini coll'umana libertà, e la Grazia coll'attività
-morale dell'uomo. I Manichei lo spiegavano in
-modo vulgare, supponendo un Dio buono e un malvagio;
-e da quella provincia romana dell'Africa, dove si
-svolsero le più vigorose intelligenze cristiane, dove si
-elaborarono i principj fondamentali della cristiana filosofia,
-sorse il più vigoroso combattitore, sant'Agostino,
-del quale parleremo fra poco. Eutichiani, Monofisiti,
-Monoteliti, colle varie gradazioni di loro eresie concernenti
-la natura o la volontà di Dio e del suo Verbo,
-agitarono piuttosto l'Oriente.
-</p>
-
-<p>
-Perocchè la divisione ch'erasi fatta nell'Impero,
-estendevasi pure alle chiese, e cominciata dalla fabbricazione
-di Costantinopoli, dura fino ad oggi, avendo
-ciascuna, anche prima di scindere la essenziale unità,
-conservato un'impronta e una pendenza particolare;
-speculativo il genio bisantino, pratico il genio romano.
-Allorchè la Chiesa greca si radunò nel concilio di Nicea,
-fu per chiarire la relazione delle tre persone divine,
-e settanta opinioni agitavano il clero abissino sopra
-l'unione delle due nature in Cristo: la latina non ebbe
-trattati dogmatici prima di Agostino, nè prima di Gregorio
-Magno alcun metafisico sedette sul trono papale.
-In Oriente si disputa sulla essenza della natura divina,
-mentre quasi ignote vi sono le quistioni sulla libertà
-umana e sulla Grazia: al contrario, da noi si ragiona
-sopra gli atti umani.
-</p>
-
-<p>
-I rigori della vita monastica erano cominciati in
-Oriente; e i deserti della Siria e della Tebaide si popolarono
-d'anacoreti, che nella solitudine attendevano
-ad operare la salute delle proprie anime, staccati dalle
-cose terrene, come Antonio<a class="tag" id="tag146" href="#note146">[146]</a>, Pacomio, Ilarione.
-Non tardarono i monaci a propagarsi nel nostro paese,
-<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span>
-forse allorchè sant'Atanasio scorreva l'Italia per combattere
-l'arianismo: ma ben presto si raccolsero in
-compagnie, sotto regole dettate da sant'Agostino, poi
-da san Benedetto; e furono piuttosto missionarj di
-Barbari, dissodatori di terreni, assistenti di infermi; nè
-le Alpi e gli Appennini videro strazj e macerazioni
-quali i torrenti petrosi dell'Egitto e le bollenti arene
-della Libia; e invece di quegli stiliti che colà passavano
-l'intera vita su di una colonna, da noi si vide l'attività
-efficace di sant'Ambrogio, di Leon Magno.
-</p>
-
-<p>
-La Chiesa greca restò corrotta dalla propria immobilità,
-non progredendo in mezzo a tanto sapere, non
-raffinando l'arte in mezzo a tanto cerimoniale, anzi
-vedendo sorgere gli Iconoclasti, poi retrocedendo collo
-scisma. Nella latina invece il buon senso filosofico e
-pratico si piegò al progresso, si modificò a seconda
-dei tempi e nello svolgersi dell'attività; man mano che
-la società secolare diveniva impotente, l'ecclesiastica vi
-si surrogava; i riti pagani come i tempj conservava,
-trasformandoli e traendoli a superiore intelligenza; le
-terre cambiavano i nomi per assumer quello d'un santo.
-</p>
-
-<p>
-La differenza fra le due Chiese fu rivelata maggiormente
-dall'ordinamento esterno. L'impero Occidentale
-sfasciavasi quando appunto ingrandivano i pontefici; e
-in questi si concentrava l'autorità, che lasciavansi cadere
-di mano i magistrati civili. Avrebbero essi dovuto
-allegare l'incompetenza, per non esporsi al rimprovero
-d'usurpazione, dato molti secoli dopo da una filosofia
-non solo estranea a quei pericoli, ma incapace o risoluta
-a non intenderli? doveano lasciare che la società
-andasse a fascio, anzichè togliere a dirigerla, come
-ognuno deve fare ne' frangenti?
-</p>
-
-<p>
-Il patriarca di Costantinopoli scapitava per la presenza
-dell'imperatore; nè era meglio che una delle
-ruote d'un sistema civile, regolare, protetto dalla gerarchia
-<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span>
-e dall'esercito. In Italia invece vedremo ben presto
-gl'imperatori fuggire da Roma, sicchè il papa, dolente
-sì, ma non vergognoso delle pubbliche sventure, mantenevasi
-colla fronte alta, come scevro dalle colpe
-imperiali; quando ogn'altra autorità perdea vigore,
-egli solo rimaneva cogli attributi di un'altra sovranità,
-reale e permanente; e le istituzioni politiche dell'impero,
-l'energia delle genti occidentali, il pericolo valeano ad
-assodarlo, mentre a lui si volgeano i Barbari, ch'egli
-doveva convertire, illuminare, incivilire, governare.
-</p>
-
-<p>
-Il bisogno di difesa e d'azione facea stringere fra sè
-i monaci, milizia poderosissima de' pontefici. Il celibato
-staccò l'ordine sacerdotale dal laico, e dagli interessi e
-affetti terreni; sicchè il prete si considerò superiore al
-laico, e perciò esigeva rispetto e sommessione, come
-marchio di santità adducendo le astinenze e la dottrina.
-Perfino la lingua comune e la pace universale, che
-parvero sin oggi utopie benevole, vennero dalla società
-cristiana attuate per quanto è possibile col parlar latino
-e coi concilj.
-</p>
-
-<p>
-Così, mediante il cristianesimo, dentro periva il despotismo,
-cioè il potere separato dal dovere, l'autorità
-che crede aver sopra gli uomini ogni diritto, fin quello
-negatogli dalla legge naturale e divina; fuori periva la
-nazionalità esclusiva, tutto dirigendo all'affratellamento.
-Nè però la Chiesa aboliva l'individualità degli uomini
-o de' popoli, anzi la nobilitava; solo alla nazionale
-esclusività contrapponeva il concetto d'universalità,
-dovendosi rispetto anche ai minimi, non perchè greci
-o romani od ebrei, ma perchè uomini e cristiani,
-perchè non fattura capricciosa di varj numi, ma libera
-creazione del Padre nostro<a class="tag" id="tag147" href="#note147">[147]</a>. Le verità, tramandate
-<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span>
-parte in iscritto, parte a voce, riceveano non solo
-spiegazione ma autenticità dalla Chiesa, che n'è la depositaria
-e la garante, e ogniqualvolta ne vede intaccata
-una, la chiarisce e svolge viemeglio; e poichè non c'è
-verità astratta che non operi sulla morale, stabilendo
-quelle purifica questa.
-</p>
-
-<p>
-Tale fu il còmpito de' santi Padri. Malgrado che le
-condizioni della società d'allora e i sopravenuti infortunj
-tardassero i frutti, pure non v'è per avventura
-miglioramento alcuno de' tempi più civili, che almeno
-in germe non si trovi in essi. Succeduti agli apostoli
-ed ai martiri per propugnare col sapere e colla parola
-le credenze nuove, sorte col popolo e fra il popolo
-rampollate, essi rompono il perpetuo circolo dell'imitazione
-fra cui era incantata la profana letteratura, e
-formano il secolo d'oro della cristiana: e noi potemmo
-studiarvi molte particolarità della storia de' popoli, e
-il lento ma incessante maturarsi della più vasta rivoluzione,
-e gli ostacoli attraversatile dalla scienza appoggiata
-sulle antiche osservanze, sinchè fu chiamata a
-sostenere con reintegrato vigore le nuove.
-</p>
-
-<p>
-Le dispute che essi agitarono, oggi sono dimenticate:
-ma essi combatterono perchè noi, vulgo senza diritti
-nè forza nè divinità, potessimo cessare d'essere schiavi
-negli ergastoli, o pasto ai leoni per divertimento del
-popolo re, e le nostre anime trastullo ai sofismi dei
-filosofi, alla prepotenza dei dominatori, alla lascivia
-de' ricchi; combatterono, perchè noi plebe potessimo
-sentire l'eguaglianza nostra e proclamarla in diritto,
-sinchè il tempo non la consacri nel fatto.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap51">CAPITOLO LI.
-<span class="smaller">La coltura pagana digrada, si amplia la cristiana.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Quella dei santi Padri era letteratura vitale, nuova,
-dell'avvenire; ma la scolastica, di forme ricalcate sui
-modelli classici, neppur un grande scrittore produsse
-dopo Costantino. Dall'Africa fu chiamato a Roma e a
-Milano sant'Agostino per insegnare eloquenza; dalle
-Gallie un retore per tessere il panegirico a Teodosio;
-le vennero d'Egitto Macrobio e il migliore poeta Claudiano,
-da Siria il retore migliore Icherio, d'Antiochia
-il migliore storico Ammiano Marcellino; e ricordiamoci
-che in gran carezza di viveri, essendo rinviati i forestieri
-da Roma, i pochi letterati dovettero andarsene,
-conservando invece tremila ballerine, altrettante cantatrici,
-e loro maestri e cori e turba seguace.
-</p>
-
-<p>
-Scuole però non mancavano, e san Girolamo vi si
-esercitava fanciullo a declamare, e con finti litigi addestravasi
-ai veri; nei tribunali, udiva eloquenti oratori
-disputare fino a svillaneggiarsi e mordersi<a class="tag" id="tag148" href="#note148">[148]</a>. Valentiniano
-e Graziano istituirono scuole di retorica e
-grammatica greca e latina nella metropoli di ciascuna
-provincia; e coloro che venivano a studio in Roma,
-dovevano portare dalla patria attestazioni dell'esser
-loro, poi arrivando notificare dove abitassero, a che
-studj intendessero, non bazzicare male compagnie e
-spettacoli, se no cacciati a verghe<a class="tag" id="tag149" href="#note149">[149]</a>. I maestri di
-<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span>
-grammatica non insegnavano meramente gli elementi
-della lingua, sibbene tutte le scienze filologiche<a class="tag" id="tag150" href="#note150">[150]</a>:
-che in conto maggiore fossero quei di retorica, appare
-dal doppio delle razioni a loro assegnate<a class="tag" id="tag151" href="#note151">[151]</a>: passavano
-<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span>
-di città in città al fiuto de' migliori stipendj,
-trafficando di versi, complimenti, panegirici, dispute,
-senza curarsi dell'impero che cadeva o del cristianesimo
-che sorgeva. Così le scuole diventavano semenzaj di
-cattivo gusto, come ogniqualvolta s'insegna a supplire
-ai pensieri con un'enfasi sempre più esagerata, e con
-cumuli di figure alla perfezione dello stile e alla purezza
-della lingua.
-</p>
-
-<p>
-Deteriorando la coltura e crescendo la mescolanza,
-sopra l'arte imitatrice studiata dagli scrittori rivalse
-l'elemento popolare, spontaneo e incolto; sicchè nemmeno
-i Romani giunsero a conservare l'aristocratica
-purità della dicitura. A ciò s'affaticarono retori e grammatici;
-Mauro Servio commentator di Virgilio; Elio
-Donato precettore di san Girolamo e autore dei rudimenti
-della grammatica, che divennero modello alle
-posteriori; Nonio Marcello che trattò <i>della proprietà
-delle parole latine</i>; Pomponio Festo che scrisse della
-significazione delle parole; Sosipatro Carisio che diede
-cinque libri di osservazioni grammaticali; Diomede,
-Fabio, Planciade, Fulgenzio, che hanno il merito
-d'averci conservato qualche frammento o qualche tradizione
-antica; ultimo Arusiano che dispose alfabeticamente
-frasi e locuzioni spigolate nei classici.
-</p>
-
-<p>
-Questi grammatici erano i soli che trascrivessero i
-libri per uso della scuola: e regolandosi secondo il
-gusto particolare, lasciavano perire i migliori per conservare
-i più opportuni; preferivano le cose tenui e le
-brevi alle storie di Tacito e di Livio; col divulgare
-estratti buttavano in dimenticanza le opere, il cui guasto
-venne dunque ben prima che dal medioevo e dai frati.
-</p>
-
-<p>
-Altri compilatori ci tramandarono notizie sulla storia
-e sulle scienze, come Aurelio Macrobio, vissuto al tempo
-di Teodosio II, che nei <i>Saturnali</i> introduce persone di
-conto a discorrere di variatissimi argomenti, riportando
-<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span>
-le notizie e le dottrine degli autori colle parole lor
-proprie. Di qui una sgarbata mescolanza di stile, confessando
-egli stesso maneggiare a stento il latino, giacchè
-era nato in Oriente: ma ci conservò per tal modo
-brani importanti<a class="tag" id="tag152" href="#note152">[152]</a>. Marciano Cappella africano nei
-nove libri del <i>Satyricon</i> fa fascio d'ogni erba in verso
-e in prosa: e quella specie di compendio di tutte le
-scienze servì di testo alle scuole del medioevo. Di
-Censorino, più che gli <i>Indigitamenta</i> sulle divinità che
-hanno potenza sopra la vita dell'uomo, è utile il trattato
-cronologico, astronomico, aritmetico, fisico De die
-natali, per la cognizione che se ne trae de' computi
-del tempo fra' diversi popoli.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le scienze non furono nè estese, nè applicate. La
-medicina seguitava in un empirismo misto d'incantagioni
-e di formole. Oribaso da Pergamo, medico di
-Giuliano e suggeritore delle costui superstizioni, transuntò
-opere d'antichi; ma il poco che ne rimane non
-ci aggiunge veruna cognizione: se non che discorre
-saviamente sugli esercizj di corpo frequentati dagli
-antichi, e sull'educazione fisica da darsi ai fanciulli,
-raccomandando quel che mai non sarà predicato abbastanza,
-d'invigorire il corpo prima di coltivare lo spirito,
-e lasciar questo in riposo fino ai sette anni, e
-allora affidare i ragazzi a maestri, ma fin ai quattordici
-astenerli da grammatici e geometri; dappoi non
-lasciarli mai oziosi, acciocchè precoce non si svegli in
-essi l'istinto della carne. Teodoro Prisciano scrisse in
-latino e in greco un <i>Emporiston</i> delle malattie facili a
-curarsi, il <i>Logicus</i> sugl'indizj delle croniche e delle
-acute, il <i>Ginecion</i> su quelle delle donne, e un libro
-d'esperienze fisiche. Di veterinaria (<i>mulomedicina</i>)
-trattò un Publio Vegezio, de' mali de' bovi un Gargilio
-Marziale, scorrendo su tutta l'economia rustica. Va col
-titolo di <i>Medicina pliniana</i> un libro mal attribuito a
-Plinio Valeriano. Dopo Costantino v'ebbe archiatri di
-palazzo, spesso decorati del titolo di conti del primo
-ordine, e nel v secolo posti a paro coi duchi o vicarj.
-Fu pensiero nuovo quel di Valentiniano II d'assegnare
-un medico a ciascuno dei quattordici rioni di Roma.
-</p>
-
-<p>
-Vindanio Anatolino diede alcune regole d'agricoltura,
-buone quantunque miste a gentilesche superstizioni.
-L'ultimo scrittore latino d'agraria, Palladio Tauro Emiliano,
-in quattordici libri offre, appropriandoli a ciascun
-mese, estratti d'antichi, massime di Columella, più di
-questo esatto nel parlare d'alberi fruttiferi e degli orti:
-l'ultimo libro è in versi elegiaci. In Italia, dove la retorica
-guasta sì spesso e la storia e la precettiva, giovi
-<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span>
-ricordare ch'egli dal bel principio avvertiva: — Innanzi
-tratto vuolsi por mente a qual sia la persona cui devi
-insegnare, nè chi istruisce l'agricoltore deve emulare le
-arti e l'eloquenza dei retori, come si fa da certuni che,
-volendo parlare eloquentemente ai contadini, ottengono
-che la loro dottrina non possa capirsi nemmeno da' più
-esperti».
-</p>
-
-<p>
-I Romani sapevano la guerra per arte più che per
-scienza; nè lo stesso Giulio Cesare riesce di grande
-utilità agli studiosi della strategia. Il primo che ne trattasse
-dogmaticamente fu Vegezio Renato, che nell'<i>Epitome
-institutionum rei militaris</i>, dedicato a Valentiniano
-II, spogliò varj autori di arte bellica terrestre e
-marittima, e gli ordini d'Augusto, Trajano e Adriano
-«affinchè, coll'esempio e l'imitazione delle antiche
-virtù, gl'istitutori de' giovani soldati potessero ripristinar
-l'onore della milizia romana guasta e giacente».
-</p>
-
-<p>
-Adriano, trovando mal accomodarsi l'antica legione
-coi nuovi modi della guerra, era ricorso al triviale
-ripiego di sceglierne i più prodi e obbedienti, e formarne
-una coorte di mille, quasi il frantumarlo rendesse
-buono ciò che non è. Probabilmente collocavasi essa a
-capo della legione, e dietro a lei le nove altre coorti,
-disposte sopra tre linee: lo che rendeva agevole il
-formare il battaglione quadrato, di grand'uso nelle
-guerre di quel tempo contro la cavalleria, nerbo
-de' Parti e degli Arabi. Ma al tempo di Vegezio la
-coorte era già ben diversa da quella d'Adriano, componendosi
-di due linee; la prima d'una fila di soldati
-pesanti, e d'una d'arcieri ferrati, con lancie e chiaverine;
-seguivano due file di veliti; indi una schiera di
-macchine da saettamenti, tra cui balestrieri e frombolieri
-e reclute male ad ordine d'arme, e gli <i>additi</i>
-destinati a protegger le macchine alle spalle; ultimi
-stavano i triarj per la riscossa. Vegezio si lamenta che
-<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span>
-della legione non sussista più che il nome: a fatica
-si reclutava, doveasi concederle voluttuosi quartieri,
-alleggerirne le armi, infine empirla di stranieri;
-eppure, dice Vegezio, lasciavansi uccidere non come
-uomini, ma come bruti, anzichè portar armi di buona
-difesa.
-</p>
-
-<p>
-Espone egli coll'ordine schietto e appropriato di
-Senofonte; mette per fondamento valere più l'arte che
-la natura, e coll'esercizio e le istituzioni essere i Romani
-riusciti ad una superiorità, non data loro dalla natura. — Non
-superavano essi in numero i Galli, in agilità
-gli Spagnuoli, in forza i Germani, in iscaltrimenti gli
-Africani, gli Asiatici in ricchezza, i Greci in dottrina;
-ma meglio di tutti sapeano scegliere buoni soldati,
-istruirli nella guerra per principj, rinvigorirli con esercizj
-giornalieri, prevedere quanto può occorrere nelle
-varie maniere di mischie, di marcie, d'accampamenti;
-punire i vili, ricompensare i prodi. Queste parti della
-scienza militare crescono il coraggio; nessuno ha paura
-nel praticare ciò che ha bene imparato; ond'è che un
-gomitolo ben destro e disciplinato prevale ad uno più
-numeroso, ma di minor disciplina ed esercizio, che
-perciò trovasi esposto a sconfitte micidiali». Scende
-poi alle particolarità de' varj esercizj nella centuria,
-nella coorte, nella camerata, nell'individuo.
-</p>
-
-<p>
-Nel libro secondo elevasi ad ordinamenti superiori,
-e alle guise con cui avvincevasi alla bandiera il soldato,
-non più volontario; facendogli, per Dio, per Cristo,
-per lo Spirito Santo e per la maestà dell'imperatore,
-giurar d'obbedire, di non disertare, d'immolar la vita
-per l'impero. Nel terzo tratta del formare gli eserciti,
-del conservarli sani e ben animati e disciplinati, delle
-qualità del capitano, dei segnali, delle disposizioni
-a norma del terreno, del passo dei fiumi, dei fenomeni
-naturali. Nel quarto ragiona delle fortificazioni;
-<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span>
-nel quinto della marina: cose del tutto mutate
-oggidì.
-</p>
-
-<p>
-Nè gran cosa si può imparare da' suoi ordini di
-battaglia; ma i consigli e le massime generali contengono
-principj sicuri, che ancora non perdettero l'utilità. — Più
-avrete esercitato e disciplinato il guerriero
-ne' quartieri, men pericoli correrete in campo. Non
-ordinate mai le truppe in battaglia campale, che non
-ne abbiate sperimentato il valore con avvisaglie, e non
-siano sicure di vincere. I grandi generali non danno
-mai battaglia se non tratti da occasione favorevole o
-dalla necessità. Procurate ridurre il nemico colla fame,
-col terrore, colle sorprese, più che colle battaglie,
-giacchè in queste la decisione sta alla fortuna. Maggiore
-scienza si vuole a ridurre il nemico per fame che per
-ferro. Staccate dal nemico più uomini che potete, e
-ricevete bene tutti quelli che a voi verranno: chè guadagnerete
-più col trar uomini a voi che coll'ucciderli.
-Dopo una battaglia fortificate i posti, anzi che sparpagliare
-l'esercito: chi lascia i suoi sbandarsi inseguendo i
-fuggiaschi, cerca perdere la vittoria. Il disegno migliore
-è quel che rimane celato al nemico. Cogliere le occasioni
-è arte di guerra più utile che il valore. L'armata
-acquista forze nell'esercizio, le perde nell'inazione. Chi
-rettamente giudica delle forze proprie e delle avversarie,
-di rado soccombe. Il valore prevale al numero; una
-posizione vantaggiosa prevale talvolta al valore. Manovre
-sempre nuove rendono formidabile un generale;
-condotta troppo uniforme lo fa vilipendere. Secondo
-sarete forte in fanteria o in cavalleria, procuratevi un
-campo favorevole a questa o a quell'arma; e l'urto
-maggiore parta da quel dei due, su cui fate maggior
-caso. Deliberate con molti ciò che in generale converrebbe
-fare; decidete con pochissimi o anche da solo su
-ciò che dovete fare in ciascun caso particolare».
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span>
-</p>
-
-<p>
-Sesto Giulio Africano, nei <i>Cesti</i>, deplorata la invalsa
-trascuranza delle armi offensive, continua: — Se si
-pensasse a proteggere i guerrieri con corazze ed elmi
-alla greca, se si attribuissero ad essi lunghe lancie, se
-si esercitassero a scagliare più a sesto il giavellotto, e
-a combattere caduno per se stesso, e quando occorra
-avventarsi sopra il nemico, correndo di tutta forza sin
-al tiro dei dardi, certo i Barbari non resisterebbero».
-Le quali modificazioni furono appunto adottate sotto
-Alessandro Severo, che con soldati così allestiti formò
-una gran falange di sei legioni, più numerosa che mai
-non fosse stata la greca. Ma già alla forza surrogavasi
-l'astuzia, ed esso Giulio si diffonde intorno ai modi di
-far perire il nemico senza combattere, cioè avvelenar
-le acque, i cibi, l'aria stessa, spaventare i cavalli, circuire
-il nemico con quelle frodi che la prisca virtù
-romana aveva aborrite. Poi suggerisce spedienti per
-sostenere intrepidi sia l'attacco de' nemici, sia il ferro
-de' chirurgi; all'uopo è ben fortunato chi trovi nello
-stomaco d'un gallo una pietruzza, e la porti seco alla
-mischia; come pure converrà tenersi propizio il dio
-Pan, ispiratore del terror panico, e potentissimo a dare
-e togliere il coraggio.
-</p>
-
-<p>
-In tempi di tanta importanza pel morire di una e il
-sottentrare d'un'altra civiltà, nessuno tolse a delineare
-al vero i popoli invasori, o il carattere dei personaggi
-senz'adulazione o livore. Nè a contemplare d'occhio
-fermo i casi, e con ordine e verità narrare tanti disastri
-era opportuna quella mollezza degli intelletti, quello
-spossamento degli animi. Qual fiducia avere nel domani
-quando si vedeva perire ramo a ramo la pianta sociale,
-nè prevedevasi qual sorgerebbe dal suo ceppo? I Barbari,
-in perpetuo ed irragionato movimento, presentavano
-soltanto l'agitazione del caos o l'impulso dell'accidente
-cieco, ineluttabile: maledirne le vittorie era
-<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span>
-pericoloso quando già sovrastavano, viltà il celebrarle;
-meglio tornava il tacere o stordirsi.
-</p>
-
-<p>
-Aurelio Vittore scarnamente compendiò le vicende
-romane da Augusto fin alle vittorie di Giuliano nelle
-Gallie, il quale gli decretò una statua di bronzo, onore
-svilito, e il governo della seconda Pannonia, indi Teodosio
-la prefettura di Roma. Flavio Eutropio, che fece
-la campagna di Persia con Giuliano, per ordine di
-Valente scrisse un <i>Breviario</i> della romana storia in
-dieci libri, dall'origine fino a Gioviano, con facile,
-semplice e pulita dettatura, e con amor del vero, quantunque
-non gli basti sempre l'arte di sceverarlo dal
-falso. Sesto Rufo, per ordine di Valentiniano, dettò un
-<i>Compendio delle vittorie e delle provincie del popolo
-romano</i>, specie di statistica, cui fa corona un opuscolo
-sui monumenti e gli edifizj di Roma. Storie scritte per
-ordine!
-</p>
-
-<p>
-Ammiano Marcellino, nato di buona casa in Antiochia,
-militò nella Mesopotamia e nella Gallia; poi di
-cinquant'anni ritiratosi dalle armi in Roma, scrisse in
-latino una storia dal punto ove Tacito finisce, sino alla
-morte di Valente: ma dei trentun libri ci rimangono
-solo gli ultimi diciotto, che abbracciano dal 352 al 78,
-viepiù importanti perchè ogn'altro storico è venuto
-meno. A modo dei cronisti, digredisce grossolanamente
-sopra le comete ed altri accidenti naturali, mentre tace
-occorrenze di capitale rilievo. Da soldato narratore
-scarseggia d'arte e finezza, ma non di buon senso e
-amore della verità; non si propone scolasticamente un
-modello qualsivoglia, non fa della storia un retorico
-esercizio, e conosce che la semplicità ne è merito supremo;
-sa mostrare come i fatti si concatenino, e
-delineare i caratteri; e preziose informazioni ci trasmise
-su paesi e costumi che avea veduti, e massime sulla
-Germania. Al cristianesimo non fa buon viso, pure non
-<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span>
-l'aspreggia; e disapprova egualmente le mistiche follie
-di Giuliano, l'intolleranza di Costanzo, e lo sviare
-d'alcuni vescovi dalla primitiva disciplina. È l'ultimo
-suddito di Roma che in latino scrivesse una storia
-profana, onde si prova un vero rincrescimento nell'abbandonarlo<a class="tag" id="tag153" href="#note153">[153]</a>.
-</p>
-
-<p>
-I narratori ecclesiastici sono greci i più; e fra' latini,
-per dizione pura e calma sobrietà fu chiamato Sallustio
-cristiano Sulpizio Severo d'Aquitania, che con pia credulità
-scrisse la vita di san Martino, e le vicende della
-religione dall'origine del mondo fino al 410 dopo Cristo.
-</p>
-
-<p>
-Dal vuoto Plinio sin a Costantino appena si trova
-chi aspiri al titolo di oratore; e le <i>Declamazioni di
-dieci retori minori</i>, raccolte da Calpurnio Flacco al
-tempo degli Antonini, girellano sopra soggetti immaginarj
-con poca arte, meno eleganza e niuna spontaneità.
-All'introdursi del fasto orientale frequentarono i panegirici,
-e dodici ce ne rimangono, infelici imitazioni del
-non felice Plinio: sono gratulazioni e piacenterie recitate
-agli augusti in nome della provincia dai più eloquenti,
-cioè da quelli che sapevano dir a disteso e
-ornatamente ciò che in breve e con semplicità si potrebbe.
-Anicio Simmaco romano, da Prudenzio anteposto
-fin a Cicerone, ci pare infelicissimo; pregia gli
-antichi, ma smanioso del bagliore poetico, ingordo
-dell'applauso anzi che castigato veneratore della bellezza,
-trastullasi in licenziosi traslati, e di giocherelli
-ingegnosi copre fracide adulazioni<a class="tag" id="tag154" href="#note154">[154]</a>. Suo figlio ne
-<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span>
-raccolse le lettere in dieci libri, senz'ordine cronologico,
-ma non inutili alla storia; e chi le paragoni con
-quelle di Cicerone, poi con quelle di Plinio, avrà tracciata
-la crescente digradazione dalla franca semplicità
-repubblicana alle formole pomposamente servili. Per
-eloquenza Mario Vittorino africano ottenne una statua
-nel fôro Trajano, e dall'Apostato fu eccettuato dal divieto
-d'insegnar belle lettere, quantunque cristiano:
-ma nè ciò, nè gli encomj dei santi Agostino e Girolamo
-tolgono alle opere sue di parer buje ed incolte, oltrechè
-povere di dottrina teologica.
-</p>
-
-<p>
-I poeti ridussero a mestiere l'adulare, e uniti in
-maestranze come le altre arti, dai loro priori erano
-condotti al palazzo dei grandi per celebrare onomastici,
-matrimonj, virtù finte quanto le augurate prosperità.
-Si lascino nell'oblio co' loro odierni imitatori que' verseggianti
-ispirati da fame e da vigliaccheria; quelle
-poesie descrittive, dove l'eleganza stentata rivela la
-meschinità dell'ingegno. Solito delle età di decadenza,
-al bello si credette supplire col difficile; e Publilio
-Ottaziano, esigliato da Costantino, ottenne grazia coll'offrirgli
-una serie di componimenti, alcuni dei quali
-<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span>
-figurano un altare, altri un flauto, quale un organo<a class="tag" id="tag155" href="#note155">[155]</a>;
-in uno il primo verso è tutto in bisillabi, il secondo in
-trisillabi, il terzo in quadrisillabi; in un altro si succedono
-le parole di una, due, tre, quattro, cinque sillabe;
-in altri la prima parte dell'esametro è riprodotta nella
-seconda del pentametro<a class="tag" id="tag156" href="#note156">[156]</a>; in uno i versi possono leggersi
-da destra a mancina senza che si alteri il metro;
-in uno di venti versi, tutte le prime lettere insieme formano
-<i>Fortissimus imperator</i>, le quattordicesime
-<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span>
-<i>Clementissimus rector</i>, le finali <i>Costantinus invictus</i><a class="tag" id="tag157" href="#note157">[157]</a>.
-Altri tessellavano poemi nuovi con emistichj vecchi,
-come Falconia Proba che applicò a Gesù Cristo le frasi
-di Virgilio; del casto Virgilio, cui Ausonio trasse a laide
-significazioni. Rufo Avieno, due volte proconsole al
-tempo di Teodosio, ridusse in versi latini i <i>Fenomeni</i>
-e i <i>Prognostici</i> d'Arato, e la <i>Descrizione della terra</i>
-di Dionigi Alessandrino, e fin le storie di Livio pensava
-verseggiare in giambi.
-</p>
-
-<p>
-Claudio Claudiano d'Alessandria, già maturo, adottò
-la lingua latina, e le restituì un vigore disimparato;
-scrisse sopra differenti soggetti, alcuni di rimembranza,
-come il <i>Ratto di Proserpina</i> e la <i>Gigantomachia</i>; i
-più d'occasione, or lodando il barbaro suo mecenate
-Stilicone, or con estro più caldo vituperando Rufino
-ed Eutropio avversarj di quello; sempre esagerato,
-sempre ingrandendo le cose piccole, abbellendo le
-grette. Triviale d'immaginativa, trova però felici
-modi<a class="tag" id="tag158" href="#note158">[158]</a>; è mirabile artefice d'armonia: ma non
-trascende mai quel piccolo valico, per cui gli ottimi
-arrivano a sollevare l'intelligenza e toccare il cuore.
-Entrato franco nel soggetto, languisce come chiunque
-<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span>
-non sorregge l'ingegno collo studio: nè rifugge da
-immagini esuberanti o schife, come cavalli che pregustano
-la preda che avran domani, o vene che vomitano
-l'oro, o mari che sputano gemme sulla spiaggia.
-</p>
-
-<p>
-Soprastava Alarico, soprastava Attila; ed i poeti
-chimerizzavano la Roma di Fabrizio e di Catone, nella
-città dei papi ricantavano Giove e la guerra, e a Stilicone
-parlavano un linguaggio qual sarebbe stato conveniente
-a Mario. Claudiano ha in pronto numi ed augurj
-per ogni occorrenza, per levare in cielo il cattolico
-imperatore Teodosio, per festeggiare il natalizio d'Onorio
-e vaticinare la fecondità de' suoi illibati imenei.
-Il genio poetico s'incateni a idee che hanno perduto la
-forza, la vita, l'avvenire, e avrà condannato se stesso a
-rimbambolire. Nè allora si trattava de' trastulli poetici
-di certi poetonzoli odierni; perocchè, quando stavansi
-a fronte due civiltà nemiche, il cantar Giove significava
-chiarirsi contro Cristo; e Claudiano forse col beffare i
-<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span>
-Cristiani<a class="tag" id="tag159" href="#note159">[159]</a> e rendersi cantore uffiziale del paganesimo,
-meritò che il senato facesse dai <i>dottissimi</i> imperatori
-decretargli il titolo di chiarissimo, il grado di
-notaro e una statua nel fôro Trajano<a class="tag" id="tag160" href="#note160">[160]</a>. Ma la ruina
-del generale Stilicone ravvolse anche il poeta.
-</p>
-
-<p>
-A Magno Ausonio di Bordeaux l'esser maestro di
-Graziano fece ottenere il titolo di conte, e le dignità di
-prefetto al pretorio d'Italia e d'Africa, e di console.
-Graziano, che non avea potuto trovarsi presente all'inaugurazione
-di lui, volle assistere allorchè deponeva i
-fasci; nella qual occasione il poeta recitò il ringraziamento
-che ci resta. L'imperiale alunno gli rispose: — Pago
-un debito, e pagandolo resto ancora debitore»;
-motto che val meglio di tutta l'elucubrata arringa del
-poeta. Morto Graziano, Ausonio collocossi in patria, ove
-compose la più parte delle opere che ce ne restano;
-delle quali tal conto facevasi, che Teodosio gliele chiese
-per lettera. Però, se nella verseggiatura conserva quel
-fiore che ultimo i Latini perdettero, dà troppi segni di
-decadenza; alla parola propria surroga artifiziate circonlocuzioni;
-<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span>
-e le lettere son le nere figlie di Cadmo,
-bianca figliuola del Nilo la carta, gnidj nodi la cannuccia
-da scrivere. Nel <i>Grifo</i> enumera tutte le cose che vanno
-tre a tre, le Grazie, le Parche, le fauci del Cerbero, il
-tridente di Nettuno, le teste della Gorgone, Iddio uno
-e trino; mescolanza di sacro e profano, in cui cade
-sovente. Piacesi anche degli sforzi, come terminare un
-verso col monosillabo da cui comincia il seguente:
-insomma un frivoleggiare perpetuo in mezzo a pericoli
-incalzanti.
-</p>
-
-<p>
-E s'egli è vero che fosse cristiano, voleva per arte
-rimanere gentilesco. Anche altri poeti cristiani s'accontentarono
-d'imitare i classici in descrizioni, narrative,
-didascaliche, panegirici, antichi di forma come d'immagini
-e di stile, se non che surrogavano la sacra
-scrittura, vite di santi, virtù cristiane; innesto disopportuno
-sul giovane tronco. San Severino lasciò un
-poema bucolico sopra una delle molte epizoozie che,
-uscente il iv secolo, s'aggiunsero alle altre sventure.
-Bucolo pastore al mandriano Egone guaisce d'aver
-perduto il suo armento; e Titiro, chiesto come il suo
-conservasse, risponde, col fargli in fronte il segno della
-croce; dal che toglie occasione per ridurli a seco
-adorare il Cristo: veste antica con toppe nuove.
-</p>
-
-<p>
-Altri, affidandosi ai sentimenti personali, aprivano
-campo intentato; e col cristianesimo, religione intima,
-coi sublimi modelli de' profeti, coll'espressione della
-gioja e della tristezza universale per via di cantici
-ripetuti a coro, la poesia latina si svincolò dalle elleniche
-imitazioni, e si fece originale, spontanea, inspirata.
-Alcuni inni, che tuttora si cantano dalla Chiesa, reggono
-a petto delle migliori odi de' classici, se non per elegante
-purezza di lingua, certo per profondità di sentimento
-e poetica potenza<a class="tag" id="tag161" href="#note161">[161]</a>. Destinata non a dilettar
-<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span>
-pochi, ma ad operare su tutti, non ad essere letta a
-tavolino, ma cantata nelle piene chiese, la lirica dovette
-scegliersi altre forme, più libera nella frase e nel metro,
-preferendo strofe di quattro versi, e giambici di quattro
-piedi, confacevoli alle schiette cantilene del coro; dalle
-severità della prosodia e del ritmo emancipandosi più
-sempre, finchè l'accento prevalesse del tutto alla quantità,
-e ne venisse la versificazione moderna. Anche nella
-descrittiva, qualora non vada sopraccarica d'inutili ed
-estranie particolarità, come in alcuni panegirici di
-santi, ricorre la solenne gravità e la forza dignitosa
-de' classici, mentre occupa di profondo sentimento
-il lettore, lontano al pari dalle sdulcinature e dalla
-gonfiezza.
-</p>
-
-<p>
-Negli inni di Aurelio Prudenzio tarragonese, oltre la
-cristiana unzione, si riscontrano passi e graziosi e commoventi,
-e pratica delle bellezze classiche, benchè incappi
-in solecismi, e leda le regole del metro. San
-Prospero d'Aquitania, notaro di Leon Magno, lasciò
-alcuni poemi, centosei epigrammi, o dirò meglio pensieri
-morali, derivati da sant'Agostino; un carme
-degl'<i>Ingrati</i>, designando con questo nome i Semipelagiani,
-che pretendevano potesse l'uomo colle sole sue
-forze operare la propria santificazione. Sidonio Apollinare,
-nobile lionese, coi panegirici agl'imperatori Avito,
-Magioriano, Avieno acquistò onori; poi ritiratosi placidamente
-nell'Alvernia, vivea con tre figli e coll'ottima
-moglie, visitato da quanto possedeva di meglio la fiorente
-Gallia, e scrivendo versi su tutti i piccoli accidenti:
-non manca d'estro e immaginativa, ma l'andazzo
-delle scuole il trasse a sottigliezze e metafore esagerate,
-<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span>
-che parevano un oro ai depravati Romani e agl'ignoranti
-invasori.
-</p>
-
-<p>
-Comodiano di Gaza fece un poema contro i Pagani,
-ove le iniziali di ciascun articolo formano il titolo dell'opera;
-ma è degno d'osservazione che gli esametri
-non han più riguardo alla quantità delle sillabe, ma al
-numero soltanto: avviamento dalla versificazione metrica
-alla ritmica moderna, e indizio che la pronunzia
-già fosse alterata, sebbene vivesse ancora il latino. E
-nuovo segno ne è l'introdursi della rima, la quale, se
-talvolta già era sfuggita anche ai classici, allora adopravasi
-per sistema sì nei versi che nella prosa<a class="tag" id="tag162" href="#note162">[162]</a>.
-Pure, se la prosa, accostandosi al parlar comune,
-ritraeva dell'alterazione prodotta dalla mescolanza di
-tante barbare voci e frasi, il poeta, non ispirato e
-spontaneo ma studioso e ricordevole, trovava ne' suoi
-modelli la purezza primitiva e meditata: laonde fin
-quelli che scrivono disacconcio e barbaro, come Sidonio
-e Capella, nei versi non sembrano più dessi. E sebbene
-<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span>
-ad altri insegnamenti che gli ordinarj fossero formati
-coloro che s'applicavano alla scienza di Dio ed alle
-quistioni morali e teologiche, salta agli occhi un malaugurato
-contrasto tra il fondo e le forme, le idee e
-lo stile: quelle, gravi e interessanti, come espressione
-degli uomini e del tempo cui appartengono; questo,
-affettato, quasi l'autore, nell'applicar la fantasia a cercare
-ingegnose combinazioni di parole e di frasi, tema
-sempre non trovarne di abbastanza nuove, bizzarre,
-forzate. È costretto usar la parola propria e immediata?
-vuol però rialzarla e darle apparenza di nuova con
-un giro della frase che stuzzichi l'attenzione, ecciti la
-meraviglia.
-</p>
-
-<p>
-La Bibbia portò un ringiovanimento nella letteratura
-latina, insegnando una inusata semplicità d'esposizione,
-una poesia più schietta, e a trattare i punti più elevati
-senza metafisiche astrazioni, ad esprimersi per immagini
-vive: e di là cominciarono le invenzioni simboliche,
-onde si arricchì il medioevo. Troppe cagioni, e non
-letterarie, intristirono i frutti; ma non è men vero che,
-mentre, per la trasfusione della lingua cristiana, sovvertivasi
-il latino classico, ne nasceva un nuovo che poi
-divenne comune a' filosofi, e durò fin nel Cinquecento
-allorchè risorse il ciceroniano.
-</p>
-
-<p>
-Di bonissima ora la Bibbia fu tradotta in latino, e
-forse qualche parte in latino scritta: dal che raccogliete
-quanta ragione abbiano i pedanti di considerare come
-barbara una dettatura contemporanea di Tacito<a class="tag" id="tag163" href="#note163">[163]</a>.
-Il Vangelo e gli Atti apostolici, narrandoci puramente
-quel che rileva alla dottrina, lasciavano la curiosità su
-quel profluvio di notizie, che soglionsi desiderare intorno
-a tutte le persone insigni, venerate o dilette. Per
-soddisfarvi cominciarono alcuni a raccontare la vita di
-<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span>
-Cristo, della sua madre<a class="tag" id="tag164" href="#note164">[164]</a>, degli apostoli, parte raccogliendo
-quel che da altri udivano, alterato come
-accade dalla tradizione, parte aggiungendovi di loro
-fantasia. Ne vennero così i vangeli apocrifi, i quali,
-sebbene non sieno esibiti alla fede del credente, nè
-resistano all'esame del critico, sono però modelli d'ingenuità,
-che contrastano singolarmente coll'antica letteratura,
-massime della decadenza. Alla pietà poco
-avveduta fece poi intoppo la malizia, quando, dilatandosi
-le eresie, ogni setta volle avere un vangelo suo
-proprio, con avvenimenti o sentenze che servissero
-a' suoi errori: talchè la Chiesa dovette intervenire per
-sceverare i veri dagli apocrifi.
-</p>
-
-<p>
-Campo nuovo alla letteratura cristiana aprivano pure
-le vite di tanti martiri e de' mirabili solitarj. Anche in
-<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span>
-antico si erano stese biografie, ma sempre di personaggi
-da storia; mentre qui l'umile virtù trovava il suo
-panegirico e la sua rivelazione, e l'umana natura riproducevasi
-nel racconto di minuti accidenti, esposti per
-edificazione altrui. Nessuno voglia cercarvi scene dilettevoli
-al bel mondo, nè filosofici accorgimenti, bensì
-l'ingenua narrazione domestica, in cui, se la storia positiva
-è talvolta alterata, la storia morale rivelasi con
-tocchi pieni d'attrattiva e di verità. Il mondo romano,
-fidato nella propria eternità mentre strisciava sull'orlo
-dell'abisso, proseguiva i suoi vanti e le sue cure; i
-poeti ricantavano i loro Dei, senza volersi accorgere
-che erano trafitti nel cuore; i filosofi disputavano sul
-crepuscolo, quando già era spiegata la pompa del
-giorno: frattanto il popolo, a cui quelli non ponevano
-mente, tesseva la storia secondo il suo stile, ripetendo
-ora le predicazioni dell'apostolo, ora i tormenti del
-martire, ora la castità della fanciulla, or le astinenze
-dell'eremita, con quegli abbellimenti di circostanze che
-sono carattere dei racconti popolari. Da ciò le tante
-leggende che esercitarono la pietà de' secoli credenti e
-la critica dei pensanti, ma dove nessuno potrà non
-riconoscere un'ammirabile semplicità, una credenza
-talvolta ingannata, non però ingannatrice; troppo male
-imitate da quelli che dappoi ne composero per esercizio
-di scuola.
-</p>
-
-<p>
-I primi scrittori cristiani, occupandosi della virtù più
-che della dottrina, pensarono solo esporre i dogmi della
-fede, i precetti della morale, i riti del culto: onde la
-più parte delle opere loro sono catechismi, dettati col
-calore della convinzione. Il cristianesimo aveva posto
-come base d'ogni dottrina quel che di più generale
-v'ha nelle credenze e nella ragione umana: agl'intelletti
-non restava dunque che adoperarsi a piantare ogni
-scienza sopra tale inconcusso fondamento, dal che
-<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span>
-sarebbe venuto e il totale rigeneramento del sapere, e
-l'immenso progresso che è frutto dell'accordo. Sciaguratamente
-sottentrò ben presto alla fede universale
-l'individuale opinione; e fra problemi inestricabili,
-logorossi tempo e fatica per fabbricar sistemi, incerti
-di diritto, effimeri di fatto; il carattere dell'universalità
-si smarrì nelle suggestioni parziali; e le speculazioni
-furono mentosto un ingrandimento dell'ordine della
-fede ben accertata, che un ritorno a parziali teoriche,
-a scuole esclusive, ad ipotesi gratuite.
-</p>
-
-<p>
-Già prima d'Augusto le produzioni dello spirito e
-delle arti non si proponevano che di stimolare i personali
-appetiti: al leggere i profani, diresti componessero
-in paesi remoti da ogni tumulto, nella Roma trionfale
-e confidente ne' suoi numi; tanto puerilmente cantano
-sull'orlo della tomba, e incensano per reminiscenza le
-quatriduane immortalità. Arte siffatta dritto è bene se
-vien presa a vile dai Padri della Chiesa; essi che,
-tonando dal pergamo, argomentando nell'assemblea,
-od orando nella solitudine, sempre sono gli uomini del
-momento e della realtà, risentono e rivelano i martorj
-d'una società che perisce; essi eroi della carità e
-dell'opposizione, quando nel resto non appajono che
-smaccate piacenterie, o flacida rassegnazione, o pazienza
-addolorata. Non per questo vilipendevano i
-classici; e Girolamo credeasi castigato dal cielo perchè
-troppo ciceroniano; e sant'Agostino raccomandava che
-ai fanciulli si desse di buon'ora Virgilio, acciocchè non
-più lo dimenticassero<a class="tag" id="tag165" href="#note165">[165]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Per assodare il vero, i Padri dovettero ribattere il
-falso, e mostrare l'accordo della fede colla ragione,
-non solo adducendo le prove storiche della rivelazione,
-<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span>
-ma costituendo un sistema di speculazioni razionali,
-fondate sopra di quella. Adunque, considerando filosofia
-e religione derivate dalla fonte stessa, drizzaronsi a
-conciliarle con un eclettismo, che differisce da quello
-dei Neoplatonici in quanto, invece di strascinare le
-concezioni delle varie scuole ad accordarsi con altre
-dell'ordine medesimo, le normeggia ad uno superiore,
-qual è la fede. I Padri latini, quand'ebbero a combattere
-eresie, adottarono anch'essi il sillogizzare d'Aristotele
-e di Zenone; ma in generale trovarono più confacente
-il platonismo, che alcuno disse un'anticipazione
-od un preparamento del cristianesimo, salvo a scostarsene
-ove men retto argomentasse; tenendo costantemente
-la filosofia come ancella della teologia, la
-rivelazione come base d'ogni cognizione pratica e
-speculativa.
-</p>
-
-<p>
-Ammessa la rivelazione, restavano chiariti tutti i
-dubbj logici. Essa contiene la morale, cioè quanto concerne
-le azioni umane: essa è comunicata per mezzo
-della parola, dunque spiega le origini del linguaggio:
-essa è fatta da un essere ad esseri, dunque accerta
-l'esistenza molteplice: essa viene da sorgente infallibile,
-dunque porge il criterio della certezza. Così argomentava
-la Chiesa, benchè alcuni de' Padri, ligi ad abitudini
-di scuola, andassero a cercare dalla scienza ciò che
-soltanto la fede può somministrare. Dio pertanto e la
-sua relazione col mondo e coll'uomo sono il primario
-oggetto del loro spiritualismo più o meno razionale.
-Dio per atto di libera volontà cavò dal nulla il mondo.
-Alcuni poi sostenevano operata la creazione nel tempo;
-altri da tutta l'eternità, come l'altre qualità di Dio così
-quella di creatore dovendo essere eterna. Alla fatalità
-degli astrologi e degli stoici opponevano una provvidenza
-generale e particolare, forse esercitata col ministero
-degli angeli.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span>
-</p>
-
-<p>
-Questa scienza, opposta all'egoismo filosofico, non
-aspira alla gloria mondana di fondare scuole, anzi
-professa che la dottrina non è sua; non dipartendosi
-mai dal senso comune del genere umano unito a Dio,
-cioè dall'autorità della Chiesa. La morale da que' principj
-dedotta non formolavano in una scienza; ma datole
-per fondamento la volontà di Dio, espressa dalla ragione
-e dalla rivelazione, e l'obbligo dell'uomo di
-obbedire a chi ordina o in virtù di potenza assoluta,
-o per dirizzare alla felicità temporale ed eterna, dettavano
-precetti severi e purissimi: raccomandavano
-specialmente la carità, ossia l'amore disinteressato del
-prossimo, la sincerità, la pazienza, la temperanza:
-alcuni si spinsero fino a rigoroso ascetismo, che purgasse
-dal peccato e sciogliesse dalla materia per via di
-contemplazione e di penitenza.
-</p>
-
-<p>
-Il complesso della dottrina, e insieme il punto più
-elevato della storia e della filosofia cristiana si riscontrano
-in Aurelio Agostino da Tagaste nella Numidia <span class="sidenote">(354-430)</span>.
-Cresciuto fra le lusinghe d'una giovinezza voluttuosa
-ma colta, sul terribile problema del come coesistano
-un Dio buono ed il peccato, accettò la vulgare soluzione
-de' Manichei, che supponeano un principio buono
-ed uno malvagio; poi non se n'accontentando, ne cercò
-altre, perfino coll'astrologia e colla chiaroveggenza; al
-fine per disperato abbandonossi allo scetticismo. Fatto
-professore di retorica a Milano, invaghito de' classici,
-sì che piangeva ai lamenti di Didone e dall'<i>Ortensio</i>
-era trascinato alla ricerca più sublime, per dotta curiosità
-andò ascoltar le prediche di sant'Ambrogio;
-ma queste gli crebbero il bisogno d'acchetarsi nella
-verità, e si rivolse a Platone, dal quale iniziato al
-sentimento dell'essere spirituale<a class="tag" id="tag166" href="#note166">[166]</a> e al concetto
-<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span>
-della realtà vera, tranquillò l'anima nell'autorità e nella
-rivelazione, e ricevuto il battesimo da sant'Ambrogio,
-alleò la fede di cristiano colla ragione di filosofo, tolse
-a confutare gli errori cui prima aveva aderito, dibattè
-i problemi più spinosi della filosofia, e primo in Occidente
-ridusse a forma sistematica la dottrina evangelica,
-mostrando indispensabile alla scienza e alla ragione
-umana l'appoggiarsi nella divina.
-</p>
-
-<p>
-Sublime ingegno benchè sfavorito dai tempi, fu il
-più filosofico tra i santi Padri; tutto seppe, a tutto
-piegò il docile intelletto; egli metafisico, egli storico,
-egli erudito delle arti e de' costumi<a class="tag" id="tag167" href="#note167">[167]</a>, sottile dialettico,
-oratore grave e maestoso; scrisse di musica,
-come dei più ardui punti teologici; descrisse la decadenza
-dell'imperio come i fenomeni del pensiero;
-avvivò la disputa scolastica coll'eloquenza; eloquenza
-talora barbara e affettata, spesso nuova e semplice,
-sempre viva e concisa, e sostenuta dall'affetto. Ne' <i>Soliloquj</i>
-ragiona seco stesso «per saper Dio e l'anima»,
-all'arguta dialettica accoppiando fantastica sensività.
-Nelle <i>Confessioni</i>, libro per le anime che ritornano al
-cammin dritto, non per quelle che mai non se ne scostarono,
-<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span>
-esponendo i proprj fatti non per celia come
-Orazio e l'Ariosto, nè coll'aria provocatrice di Rousseau
-e dell'Alfieri, ma gemebondo e a ginocchio, egli ci
-mostra un'anima tutta ambizione ed amore, che nel
-giovanile traviamento s'inebbria non si soddisfa, della
-celebrità s'annoja, corre ingorda dietro alla felicità e
-al vero, e nella turbolenta solitudine del cuore contrasta
-con se stessa, e supera le barriere che oppongono una
-falsa sapienza, una lunga abitudine, i fomiti della gioventù
-e della concupiscenza. La profonda naturalezza
-di quello scritto è cosa insolita all'antichità; come la
-riflessione severa e la mestizia senza disperazione, che
-il cristianesimo metteva nell'uomo.
-</p>
-
-<p>
-Quanto alla politica, al detto di san Paolo «Non
-v'è potestà che non sia stabilita da Dio», Agostino
-aggiunge, «O la ordini egli, o la permetta». Che
-appartenga al sovrano il diritto di vita e di morte, era
-allora sì indubitato, che il cristianesimo non bastò a
-negarlo; e sant'Agostino disse, il soldato che non
-uccide quando il principe legittimo glielo impone, esser
-reo come quello che uccide senz'ordine<a class="tag" id="tag168" href="#note168">[168]</a>; non bene
-ancora afferrando l'idea di un nuovo diritto pubblico,
-che discernerebbe affatto la forza dal diritto di giudicare.
-Assolve la tremenda necessità della guerra qualvolta
-sia fatta per respingere l'ingiuria, vendicar il torto
-recato ai sudditi, opporsi ad ambiziosi invasori; ma
-iniqua la rendono l'ingiustizia del motivo, la violenza
-dei mezzi, l'abuso della vittoria, l'accannimento contro
-il nemico, il turbar la pace, l'ambir conquiste, il permettere
-violenze che si potrebbero impedire<a class="tag" id="tag169" href="#note169">[169]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Agostino stesso dal tribuno Marcellino implora grazia
-per alcuni settarj, proponendo invece della morte una
-prigionia «dove siano ricondotti dalla malefica operosità
-<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span>
-all'utile lavoro, dalla follia del delitto alla ragione
-e al pentimento»: nel che voi scorgete adombrato quel
-sistema penitenziario, da cui tanto spera la nostra età.
-Altrove proclamava essere i governi istituiti dal popolo
-e pel popolo; «i re nè i signori non ebbero nome
-dal regnare o dal signoreggiare, bensì dal reggere;
-regno deriva da re, e questo da regolare. Il fasto principesco
-vuol riguardarsi non come attributo di chi
-governa, ma come orgoglio di chi domina. Iddio,
-avendo fatto l'uomo ragionevole ad immagine sua,
-volle dominasse sulle creature irragionevoli, non sull'uomo;
-e però i primi giusti furono collocati pastori
-di greggie, anzichè re d'uomini; volendo Dio con ciò
-darci a conoscere qual cosa fosse confacevole e all'ordine
-delle creature e alle conseguenze de' peccati»<a class="tag" id="tag170" href="#note170">[170]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Assunto vescovo d'Ippona <span class="sidenote">(395)</span>, coll'eloquenza evidente e
-colla straordinaria emozione allettava le fantasie degli
-Africani, che, per udirne i prolungati ragionamenti,
-abbandonavano i riti superstiziosi. Poi da' trattati più
-eccelsi della metafisica scendeva a catechizzare i fanciulli,
-addolciva la condizione degli schiavi, per redimere
-i quali vendea sino i vasi dei tempj; ed esortava
-tutti all'armonia e alla carità.
-</p>
-
-<p>
-Già considerammo i santi Padri nell'azione: come
-filosofi e letterati voglionsi misurare ad altra stregua
-che la ordinaria. È vero che ai latini manca la bella
-armonia del genio greco e la graziosa e castigata elocuzione;
-di rimpatto sono più originali, più attuali;
-piaciono meno, penetrano meglio. In Agostino e Ambrogio
-si fa sentire la scuola con tante antitesi, coll'enfasi,
-col sottilizzare; Cipriano ha l'ampollosilà meridionale;
-Lattanzio un'acquosa facilità; Tertulliano uno stile
-ferreo: ma di rimpatto la veemenza di Cipriano è
-<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span>
-sempre magnanima; Tertulliano spiega una robustezza
-senz'esempj; Ambrogio, naturalmente ameno, sempre
-nobile e pieno d'unzione; Agostino sublime e popolare,
-accoppia i pregi degli altri, e sa adoprarli a vicenda
-in una carriera di diversi combattimenti. In tutti poi,
-se la lingua digrada, si rialza lo stile; al difetto di
-purezza suppliscono il vigore del sentimento, la ricchezza
-delle immagini, l'elevatezza del vedere, e massime
-la novità del fondo, pregio notevolissimo in una
-letteratura che sempre erasi applicata a tradurre o
-imitare. Girolamo, fra bellezze stupende, tanto nerbo,
-tanta immaginativa, tanta erudizione, ha le bizzarrie
-d'un genio sbrigliato; l'espressione sempre energica,
-sovente naturale, guasta con citazioni disadatte, con
-triviali riflessi, col non sapersi arrestare a tempo: ma
-come riuscire corretto se talvolta in un giorno scrivea
-mille righe, e in una notte compose il trattato contro
-Vigilanzio?
-</p>
-
-<p>
-E la fretta è il carattere di scritture dettate per
-occasione: dettate fra l'universale scadimento, fra invasioni,
-fra dispute iraconde, fra grossolana effeminatezza
-e imbelle scoraggiamento, come pretendervi la sobria
-e severa purezza che innamora ne' classici? Ne' loro
-contemporanei trovammo grammatici gelati, retorici
-ciancieri, cronisti digiuni, poeti da nozze e da idillj,
-tutto ciò che può combinarsi colla depressione morale:
-i cristiani, filosofi e politici, destinati a meditare e fare,
-persuadere e governare, sovrastano per convinzione
-ardente ed operosa, conseguente calore e verità di
-linguaggio, pel continuo occuparsi degli interessi più
-attuali e grandiosi dell'uomo e dell'umanità, per l'elevatezza
-che ritraggono dall'osservare gli eventi non
-secondo l'impressione istantanea, ma in relazione colle
-verità eterne e con una vita di cui questa non è che
-l'ombra e la preparazione. Da tale punto d'aspetto
-<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span>
-doveano essi ravvisare ben altrimenti le grandezze e il
-decadimento di Roma.
-</p>
-
-<p>
-Quando questa, come or ora vedremo, fu presa dai
-Goti, il mondo cristiano esclamò esser vendicato il
-tanto sangue de' martiri; e da molti discorsi, anche di
-sant'Agostino, trapela una specie di contentezza per
-questa grande giustizia. Gli amici dell'antico culto interpretavano
-invece quel disastro come punizione degli
-Dei abbandonati, e imputavano ai Cristiani la ruina
-dell'impero. A costoro Agostino oppose la <i>Città di
-Dio,</i> curioso lavoro di genio e d'erudizione, tanto complesso
-di mezzi eppur unico di fine, e il primo monumento
-di filosofia della storia. Gran potenza doveva
-conservare il politeismo se Agostino credette d'insister
-tanto nel provare la superiorità di Dio sugli Dei. Assume
-egli di mostrare come nel paganesimo giacessero
-sconvolte le idee di virtù e di gloria, lo riconduce ai
-veri elementi suoi, il panteismo materialista e l'adorazione
-della carne, e cerca in esso le reali cagioni della
-rovina della società, ponendo a parallelo le due civiltà
-che si combattevano.
-</p>
-
-<p>
-Gli abitatori della città di Dio e della città del mondo
-vivono mescolati quaggiù, ma quale trionferà? che fia
-di Roma? Invece di rispondervi direttamente, egli
-s'approfonda ne' misteri dell'eternità, scruta i tremendi
-abissi della giustizia divina e le esultanze della rimunerazione.
-Quante bellezze nella natura! quante meraviglie
-nell'industria! quante gioje nell'intelligenza! Agostino
-divaga nel descriverle, e — Se tanto Iddio largisce a
-chi ha predestinato alla morte, che farà per coloro che
-predestina alla vita?» così dell'una città preconizza la
-caduta con una convinzione fin allora ignota alla storia,
-mentre canta il trionfo dell'altra, che da Abele in poi,
-fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio,
-peregrinando procede. «Quella venne fabbricata dall'amore
-<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span>
-di sè, portato fin al disprezzo di Dio; questa
-dall'amor di Dio, portato fin al disprezzo di sè; l'una
-si glorifica in se medesima, l'altra nel Signore; l'una
-cerca la gloria degli uomini, l'altra non vuol gloria
-fuorchè il testimonio della coscienza; l'una cammina
-tronfia e pettoruta, l'altra dice a Dio, <i>Tu sei mia gloria</i>;
-nell'una i principi sono strascinati dalla passione
-di signoreggiare sopra i sudditi, nell'altra principi e
-sudditi si rendono reciproca assistenza, quelli ben governando,
-questi obbedendo».
-</p>
-
-<p>
-Come dunque nella sua gioventù, cerca ancora le
-ragioni della lotta fra il bene e il male, ma pone fuor
-di questa un Dio immutabile, sorgente unica degli
-esseri tutti. Il male esiste, ma viene da una creatura,
-qual è il demonio: gli uomini si disputano la gloria, la
-ricchezza, i beni che Dio abbandona ad essi. L'incarnazione
-futura del Riparatore è la ragione suprema di
-essere del genere umano, la lanterna nel mar della
-storia. Viene Cristo, ma allora l'impero si scoscende,
-e sono le sue ruine che ispirano il libro d'Agostino, la
-più grande rivelazione del maggior conflitto che la
-storia ricordi tra i due mondi; l'uno perduto sempre
-dal peccato, l'altro sempre salvato da Cristo.
-</p>
-
-<p>
-Cominciata l'opera nel 411, la pubblicò in ventidue
-libri successivamente fino al 427; e chi non s'adombri
-alle incessanti antitesi<a class="tag" id="tag171" href="#note171">[171]</a> e allo stile brillantato, chi
-non s'offenda alle particolarità in cui si sminuzza nel
-determinare la fine delle due città, volendo applicarvi
-parola per parola l'Apocalisse senza che gli bastino
-l'immaginazione per valersi del linguaggio misterioso,
-<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span>
-e l'alta intelligenza per discernere qual idea convenga o
-no tradurre in immagini, ammirerà tanto ardimento di
-pensiero e tanta umiltà di fede, con cui affronta problemi
-fondamentali, il governo temporale della Provvidenza,
-l'accordo della prescienza col libero arbitrio, gli arcani
-della morte e della resurrezione.
-</p>
-
-<p>
-Prima d'ogni altro, Agostino seppe comprendere con
-uno sguardo l'intera umanità da Adamo fin alla consumazione
-dei secoli a guisa di un uomo solo, solidariamente
-congiunto nel male e nei patimenti, che dalla fanciullezza
-alla vecchiaja, passando per tutte le età, compie
-la sua carriera nel tempo<a class="tag" id="tag172" href="#note172">[172]</a>; e sotto la contingente varietà
-degli avvenimenti ond'è tessuta la storia dell'umana
-famiglia, scopre un disegno immutabile e necessario di
-essa Provvidenza, il quale gradatamente si compie,
-malgrado gli ostacoli dell'ignoranza e delle passioni.
-</p>
-
-<p>
-La storia fin allora era stata alea, cioè considerava
-che la società avesse in se medesima il proprio fine;
-nè i più grandi filosofi avrebbero potuto scorgerne il
-fine comune, quando le nazioni camminavano ciascuna
-per la sua via, distinte una dall'altra, e il libero arbitrio
-dell'uomo, la forza, le vittorie, le sconfitte decidevano
-della loro fortuna. Solo il cristianesimo poteva annunziare
-che gli uomini sono tutti fratelli, che Cristo è
-centro dell'umanità, e che l'estendersi del suo regno è
-il fine, cui le umane cose vengono dirette anche da
-ciò che sembra ad esse opporre contrasto. Le persecuzioni
-aveano di ciò offerto una dolorosa ma incontrastabile
-prova, e i Padri della Chiesa acclamarono
-che l'attuazione del vangelo è lo scopo a cui la Provvidenza
-governa le cose di quaggiù. Sotto questa prospettiva
-osserva Agostino gli avvenimenti.
-</p>
-
-<p>
-Erasi proposto di rispondere al paganesimo politico
-<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span>
-dell'Occidente, ma poi allargò il proprio soggetto, e
-invece d'una semplice confutazione, diede al mondo
-un'esposizione si può dire compiuta delle dottrine cristiane.
-A trattare quel primo assunto egli indusse Paolo
-Orosio spagnuolo, il quale fecesi a mostrare come, fin
-da' primordj, gravissime sciagure flagellarono senza
-tregua l'uman genere; la storia è una ripetizione continua
-del fallo d'Adamo, una serie di rivolte contro Dio
-e di conseguenti punizioni, talchè nulla di straordinario
-erano quelle d'allora, per quanto desolatrici: donde
-inferisce che la vita è un cammino d'espiazione, per
-cui l'uomo, traverso un'acerba preparazione, si conduce
-alla vera felicità, la quale anche in terra può prelibarsi
-da chi impari dalla religione ad accettare i travagli
-come si deve.
-</p>
-
-<p>
-Allorchè, occupata l'Africa dai Vandali, non i Gentili
-soltanto rinfacciavano al cristianesimo i disastri dell'impero,
-ma i Cristiani medesimi lagnavansi di non mietere
-che sventure dalle virtù e dai patimenti, Salviano,
-«eloquente prete di Marsiglia», scrisse <i>Del governo
-di Dio</i>, dove, mostrato quanto a torto si giudichi spesso
-del bene e del male, investiga nella storia la manifestazione
-della divina giustizia, e non potersi a ragione
-mover lamento, dacchè così universale vedeasi la corruttela
-dentro e fuori della Chiesa: anzi con ricche
-descrizioni e con patetici tocchi istituendo confronto,
-ne' Barbari devastatori dell'impero indica virtù non
-mai conosciute o dimenticate in questo, a segno che
-non sia da meravigliare se essi prevalgano. Palesava
-in somma di comprendere ciò che nessuno de' suoi
-contemporanei, cioè che la caduta dell'impero darebbe
-origine a nuova civiltà, costituita sopra il cristianesimo.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap52">CAPITOLO LII.
-<span class="smaller">Trasformazione delle arti belle.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Dopo l'archeologica restaurazione di Adriano, le arti
-andarono a precipizio. Già un gusto immiserito palesa
-la porta de' Borsari a Verona, colle colonne a strie
-torse, e sovrapposti alle nicchie frontoni a vicenda
-angolari e tondi. Nelle terme di Diocleziano, il quale
-volle sorpassare quante se n'erano fatte sin allora,
-caricaronsi le volte di ornamenti, i quali cadendo uccisero
-molte persone. Nel suo meraviglioso palazzo a
-Spalatro, l'arcata nasce dalle colonne senza cornicione;
-queste posano su modiglioni invece di piedistalli, e una
-schiera sopra l'altra senza che una linea continuata
-accenni una soffitta interna; le cornici, invece di tirare
-orizzontalmente dall'una all'altra colonna, circolano col
-fregio attorno di un'immensa arcata; aggiungete ornamenti,
-senza sobrietà nè significazione nè effetto, onde
-la superfluità genera confusione. Le proporzioni più
-non si osservarono; pesanti e secche modanature, goffi
-e meschini profili, archi senza archivolto, colonne spirali
-o elittiche, e perfino nel medesimo peristilio se
-ne posero di differente altezza. Eppure l'arte spiegava
-maggior libertà ed ampiezza nel gettare francamente
-le volte da una colonna all'altra senza bisogno di piedritto,
-ampliando così gl'intercolunnj, e dando snellezza
-e luce ai portici.
-</p>
-
-<p>
-Sì rapidamente degradò la scultura, che i giganteschi
-modiglioni del magnifico tempio della Pace non vantaggiano
-sui lavori dei secoli barbari. La noja del bello
-si rivela nella cupidigia del singolare; le statue degli
-<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span>
-Dei staccansi dalle sembianze umane per ridiventare
-simboliche all'orientale; il Mitra, o dio Sole, effigiasi
-con viso di leone e piccole ali e un serpente attorcigliato
-alla persona e molti simboli: anche i busti diminuiscono
-di rilievo, di correzione, di disegno; tutta la rappresentazione
-perde di carattere per modo, ch'è necessario
-ajutarne l'intelligenza per mezzo di scritture. Costantino,
-che tanto fece fabbricare nelle due città capitali, per
-ornare le sue terme a Roma portò di Grecia i colossi
-di Montecavallo, che l'epigrafe certo posteriore attribuisce
-a Fidia e Prassitele; ma in molto maggior
-numero opere trasferì da Roma a Costantinopoli, e per
-erigere edifizj nuovi fu ridotto a spogliare gli anteriori,
-acconciandone i frammenti in maniera sgraziata, quasi
-non si trovassero tampoco scarpellini per copiare
-l'antico.
-</p>
-
-<p>
-Ma qui pure avvicinavasi alla materia la scintilla dello
-spirito, perocchè le rivoluzioni che si fanno nell'idea,
-portano conseguenze in tutti i fatti; e come la morale privata
-e pubblica e la letteratura, così anche le arti belle
-doveano dal cristianesimo ricevere un mutamento radicale,
-e non essere distrutte ma compite. Quelle sensuali
-che effigiavano l'idolo o il monarca, poi identificavano
-l'idolo col Dio, non poteano ispirare che abominio ai
-primi Cristiani; ma ben tosto dall'essere mero trastullo
-de' fortunati, blandizie de' sensi, corredo della ricchezza,
-essi doveano chiamarle ad ornare le solennità d'amore
-e di dolore, associarsi alla nuova civiltà per esprimere
-l'aspirazione ad un perfezionamento, di cui continuo è
-il desiderio in questa vita, ma il compimento non si
-dà che nell'altra.
-</p>
-
-<p>
-Fin dal loro nascere i Cristiani usavano alcuni
-simboli, esprimenti le loro credenze: sulle tombe
-intagliavano palme, cuori, triangoli, viti, pesci, croci,
-specialmente il monogramma ☧, cioè Cristo, col nome
-<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span>
-dell'estinto. Null'altro che questi simboli tollerava l'austero
-Tertulliano, il quale, confondendo l'arte cogli
-abusi, riprovava qualsifosse effigie, sin quella del Buon
-Pastore: ma gli altri dottori mostraronsi più condiscendenti
-alla inclinazione della natura umana di rappresentare
-ai sensi gli oggetti consacrati nella sua memoria
-e nella sua venerazione.
-</p>
-
-<p>
-Roma posa sovra un terreno vulcanico, e le lave
-indurite, il peperino, la pozzolana da una parte, dall'altra
-il più moderno travertino, sedimento del Teverone,
-prestarono materiali a fabbricarla. Dallo scavo
-di queste materie, massime presso porta Esquilina,
-risultarono grotte vastissime, serpeggianti sotto alla
-gran metropoli, e talvolta a varj piani sovrapposti. Pare
-che di buon'ora s'introducesse l'uso di sepellire in
-alcune di esse <i>catacombe</i> la gente vulgare, entro cellette
-o loculi, ricavati nelle pareti l'uno sopra l'altro a
-maniera di colombajo.
-</p>
-
-<p>
-I Cristiani, forse condannati a lavorare in que' sotterranei,
-o che vi cercarono oblio e nascondigli, ne
-fecero il luogo di loro convegno e i dormitorj (<i>cœmeteria</i>),
-come con fausta parola chiamavano i sepolcreti
-dei fratelli addormentatisi in Dio. Quest'opinione vulgata
-appoggiasi sopra esempj consimili di Napoli, di
-Siracusa, di Parigi: ma renderebbe perplessi intorno
-alle reliquie che se ne estraggono, e supporrebbe un
-accomunamento de' riti cristiani co' gentileschi, troppo
-repugnante dal primitivo zelo; laonde qualche moderno
-dimostrò vittoriosamente che le catacombe cristiane
-furono fatte a bella posta, e i Gentili, come non posero
-mano a scavarle, non poterono per legge servirsene.
-</p>
-
-<p>
-Lunghi androni sotterranei, con nicchie a più ordini
-ricavate ne' fianchi, tratto tratto riescono a camere
-decorate di stucchi, e a cappelle destinate a celebrarvi
-i sacri misteri. Dopo che più non furono necessarie a
-<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span>
-celarvisi, restarono venerate come teatri di quelle scene
-devote, ove i fedeli, commemorando i martirizzati,
-preparavansi ad imitarli; e i più morendo chiedevano
-di dormire a lato a quei santi, per partecipare alle loro
-intercessioni. Furono pertanto frequentate dalla divozione
-fin al secolo xii, quando Pietro Mallio ne diede
-l'enumerazione; dappoi si visitava soltanto quella cui
-s'entra per la chiesa di San Sebastiano.
-</p>
-
-<p>
-Pontificando Sisto V, si tornò l'attenzione a questi
-antichi sepolcreti, ed egli ne fece estrarre delle reliquie;
-pietà che si estese, e che fu poi regolata da Clemente
-VIII e da altri, acciocchè non si confondessero
-le ossa de' santi e i distintivi del martirio con avanzi
-profani. Qualche erudito ne formò oggetto di studio; ed
-Onofrio Panvinio enumerò quarantatre catacombe a
-Roma, e discorse i riti e le adunanze che vi si tenevano;
-Antonio Bosio continuò più di trent'anni ad esplorarle,
-e senza misurare spese e fatiche ne levò i piani, disegnò
-le pitture, le sculture, i sarcofagi, gli altari, gli oratorj,
-e ne tessè l'opera della <i>Roma sotterranea</i>, che, pubblicata
-postuma, fu riveduta ed ampliata da Paolo Aringhi
-nella <i>Roma sotterranea novissima</i>, di maniera che se
-ne diffuse la cognizione, e si eccitarono nuove ricerche.
-Marc'Antonio Boldetti, nelle <i>Osservazioni</i> sopra i cimiteri
-de' santi martiri e degli antichi Cristiani di Roma,
-sebbene insista specialmente sull'autenticità delle reliquie
-e sui decreti della Chiesa in tal proposito, esibì
-insieme i disegni di molti oggetti scoverti nelle catacombe,
-e continuò lunghe indagini, di conserva col
-Marangoni; ma quando stavano per pubblicare gli studj
-di tanti anni, il fuoco li distrusse, e solo pochissimo
-il Marangoni ne stampò. Per commissione di Clemente
-XII, il Bollari si applicò a questa ricerca con
-ricchissima erudizione, ma poca diligenza e pochissimo
-sentimento dell'arte cristiana. Miglior esame vi portò
-<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span>
-il gesuita Marchi, in un'opera che le ultime vicende
-hanno sospesa, e che divenne il fondamento ad altre
-di forestieri<a class="tag" id="tag173" href="#note173">[173]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Da quelle grotte, che sono pel curioso una delle
-meraviglie di Roma e pel devoto un santuario di pietà
-e di speranze, si trassero in diversi tempi avanzi d'arte,
-che venivano collocati nelle chiese, massime di San
-Martino ai Monti, Sant'Agnese, San Giovan Laterano,
-Ara Coeli, Santa Maria Maggiore e Santa Maria Transtevere,
-e che poi si pensò raccogliere in un Museo
-Cristiano nel Vaticano.
-</p>
-
-<p>
-Delle figure le più sono ad incavo, empito di minio,
-colore de' trionfanti, che qui dinotava un nuovo genere
-di vittorie: appena arrivano a cento in tutta Roma le
-opere di bassorilievo, a cencinquanta nella restante
-Italia, e quaranta in Francia: non mancano musaici. E
-rappresentano il Buon Pastore; san Pietro col gallo;
-l'orante, cioè un uomo o una donna, stanti, cogli occhi
-al cielo e le mani protese; il fossore in atto di sterrare,
-col riscontro spesso di una figura portante la lucerna.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span>
-</p>
-
-<p>
-Fra i simboli che si conservavano come passaggio
-dall'iniziazione dei culti antichi alla realtà ed alla storia,
-sono le sigle Α Ω, ☧, IH, indicanti Cristo; la colomba
-posata sul ramo di palma con una stella nel becco, o
-che bee dal calice; cervi che corrono al fonte; pesci in
-asciutto; un gallo che annunzia il mattino dell'eterna
-giornata; due mani erette al cielo, o due mani e due
-piedi disposti a croce; il delfino, simbolo del tragitto
-delle anime verso una riva ospitale; l'àncora della
-speranza, o un semplice ramo d'ulivo; talvolta il cuore,
-che i Gentili appendevano al collo de' loro fanciulli. La
-croce era segno usitatissimo; e dapprincipio si faceva
-greca, cioè a braccia eguali; nel secolo iii si allungò,
-quando vi si appose il Crocifisso, ignoto a' primi tempi;
-com'era inusato il calice, da cui più tardi si fece sporgere
-l'ostia, o fu posto in mano all'evangelista di Patmo
-col serpente. Il serpente, nota di salute ai Greci che
-l'attribuivano al dio della medicina, ed agli Ebrei che
-ricordavano quello eretto nel deserto, passò a significare
-lo spirito del male, e si figurò vinto a piè della
-Croce, poi più tardi conculcato dalla Immaculata concetta.
-Talora il maligno esprimevasi col corvo; ma
-solo nel medioevo fu introdotta la sconcia forma di
-mezz'uomo e mezza bestia. La forza irrazionale trovasi
-talora rappresentata col leone, che dappoi fu posto
-fuor delle chiese con un agnello o un fanciullo in gola;
-altre volte, indicando la forza morale, sostiene la sedia
-vescovile, o il cero pasquale, o colonne.
-</p>
-
-<p>
-Alle allegorie si aggiungono rappresentazioni storiche,
-desunte dal nuovo Testamento, come le parabole
-del Vangelo, o dell'Apocalisse il libro dei sette suggelli,
-il candelabro di sette rami, i quattro angeli dei quattro
-venti, i ventiquattro vecchioni, la bilancia, la donna
-inseguita dal dragone: non ne mancano di cavate dai
-Gentili o dalla tradizionale sapienza, quali sarebbero
-<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span>
-l'Orfeo, le Sibille, le Muse: e scene di vendemmia, che
-raffiguravano pel pio artista una vita matura, e da cui
-stavasi per ispremere il succhio spirituale. La morte,
-effigiata dai Greci in genj di graziosa mestizia colla face
-rovesciata, non aveva emblemi tra' primi Cristiani, e
-furono i Gnostici che introdussero la forma dello
-scheletro<a class="tag" id="tag174" href="#note174">[174]</a>.
-</p>
-
-<p>
-I nomi di <i>santo, caro, innocente, dolcissimo</i>, attestano
-l'affetto verso il defunto: l'<i>in pace</i>, frequente
-imitazione degli Ebrei, la fiducia religiosa che fa men
-tristi gli avelli; mentre negli epitafj romani l'idea d'una
-vita futura era mentosto credenza che augurio. I caratteri
-romani vi sono deformati, ineguali, fitti, raccorci,
-misti a lettere greche<a class="tag" id="tag175" href="#note175">[175]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Antichissimo era l'uso dei doppieri accesi ai feretri;
-e sebbene Tertulliano riprovi lo spargervi fiori, troviamo
-usitato questo bel simbolo della bellezza e fragilità
-della vita. V'avea sepolture private, bisomi,
-trisomi, cioè per due, tre o più cadaveri; e alcune
-separate pei fanciulli vissuti men di quaranta giorni.
-Spesso il cadavere acconciavasi con aromi, donde quella
-fragranza che spesso si legge usciva dalle tombe
-dischiuse.
-</p>
-
-<p>
-I sarcofagi s'introdussero quando alla nuova religione
-<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span>
-diedero il nome senatori e ricchi. Il primo, di cui l'età
-sia accertata dall'iscrizione, è di appena due anni anteriore
-alla morte di Costantino<a class="tag" id="tag176" href="#note176">[176]</a>; ma forse il più
-antico è quello della villa Panfili, figurante portici alla
-corintia, sotto cui quindici personaggi che circondano
-Cristo, in toga sopra sedia curule, bello del volto, e colle
-chiome spartite sul capo, al modo che suole ancora
-figurarsi. Sui sarcofagi per lo più si scolpiscono scene
-evangeliche, come l'adorazione de' magi o la benedizione
-dei fanciulli: talvolta anche della mitologia, o
-pagane reminiscenze, talchè non meno di Giona e Noè
-vi appajono Deucalione e Giasone, e le agapi non differentemente
-dai banchetti profani. Imperocchè l'arte
-plastica greca rivaleva sulle concezioni giudaiche; e
-massime dopo che la Chiesa non fu più costretta a
-nascondersi, si palesò il contrasto fra i comandi a metà
-pagani de' signori, tendenti a ridur materiale il culto,
-e il genio riordinatore e progressivo della Chiesa, che
-sostituiva la storia all'allegoria: la qual lotta impedì
-qui pure la trasformazione totale, cui il cristianesimo
-aspirava.
-</p>
-
-<p>
-Intanto era nuovo questo prendere a soggetto, non
-più la forza e la leggiadria nella più vistosa appariscenza,
-bensì la bellezza che deriva dall'interno, i patimenti,
-l'ascetismo: e l'uomo dei dolori, la vergine
-madre, vecchi plebei, donne piangenti, esprimevano
-una religione insolita, per cui la vita era una espiazione,
-e che rendeva sacre le lagrime, e nell'amore e nella
-speranza trovava una significazione morale alla gioja
-e ai tormenti: anzi, per protestare contro gli abusi del
-bello, alcuni effigiavano la divinità in forma umile e
-servile. Quando la Chiesa divenne trionfante, più non
-<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span>
-ebbe a temere di quel che a principio potea parerle
-un inciampo; e non che repudiare le arti, se le appropriò,
-purificandole come tutto il resto; e conoscendole
-capaci di produrre effetti morali e intellettuali qualora
-sentano la propria elevatezza, se le rese ferme ed
-eloquenti ausiliarie nella promulgazione della divina
-parola.
-</p>
-
-<p>
-Nella vicenda di persecuzione e di tolleranza, corsa
-per quattro secoli, i Cristiani fabbricarono qualche cappella
-in Roma stessa: Adriano, dopo udita l'apologia
-di Quadrato, permise si radunassero in celle che s'intitolarono
-Adrianee: e già avanti Costantino, più di
-quaranta chiese aveva la sola metropoli. Ma sol dopo
-ottenuta la pace e il trionfo si potè alzare tempj artisticamente,
-ed abbellirli di effigie ed ornamenti. Papa
-Silvestro, avuto in dono da Costantino il palazzo di
-Laterano, vi fece disporre un battistero ottagono, consacrato
-al santo, dal quale prese nome la chiesa vicina
-di San Giovanni Laterano, dove ancora il pontefice
-prende possesso della città e del mondo (<i>urbis et orbis
-princeps</i>). Distrutto il circo di Nerone, Costantino v'alzò
-una chiesa al principe degli apostoli, fabbricò quella
-di San Paolo fuor delle mura, e San Lorenzo, e
-Sant'Agnese. Quest'ultima, in una valle sparsa di catacombe
-tra la via Salaria e la Nomentana, fu conversa
-poi in cappella funeraria, ove Costanza figlia dell'imperatore
-venne deposta entro stupendo sarcofago di porfido,
-ornato di bacchiche allegorie. Simboli eguali
-appajono nel musaico del vicino battistero rotondo.
-</p>
-
-<p>
-La chiesa dedicata in Roma a santa Prisca là dove
-sorgeva il palazzo di questa, battezzata da san Pietro
-e considerata come la prima martire, arieggia alle
-catacombe, con un sepolcro, un altare, una cappella.
-Quella di San Clemente, che è anteriore a Teodosio
-Magno, conserva inalterata la forma rituale, cinta d'un
-<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span>
-atrio a colonne e col pronao; dentro in tre navate, di
-cui la mediana ha undici metri di sfogo, quattro la
-destra, sei la sinistra, con anomalia non rara; ampia
-scala conduce alla tribuna, sotto cui si apre la confessione
-colle reliquie. Anche San Silvestro, Sant'Ermete,
-San Martino ai Monti in Roma furono elevati sopra
-oratorj sotterranei. Galla Placidia, figlia di Teodosio,
-volle che la chiesa de' Santi Nazario e Celso in Ravenna
-imitasse gl'ipogei; e vi collocò le tombe per sè, pel
-fratello Onorio, pel marito Costanzo e pel figlio Valentiniano
-III<a class="tag" id="tag177" href="#note177">[177]</a>. A Leon Magno s'attribuisce San Pietro
-<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span>
-in Vincoli a Roma, e ignoriamo donde togliesse quelle
-colonne d'un dorico assai più alto del pestano.
-</p>
-
-<p>
-Costantino imperatore e i primi successori suoi non
-abbatterono nè mutarono i tempj pagani; ma ciò si
-fece via via che il cristianesimo prevaleva. Uno dei
-primi che fossero ridotti a chiesa fu Sant'Urbano fuor
-porta Capena, sopra la fontana di Egeria, di cotto, con
-portico di quattro belle colonne. Però tempj così piccoli
-come i pagani mal potevano servire al popolo
-intero, che congregavasi a partecipare della preghiera
-e del sagrifizio, e ad ascoltare i dogmi della fede e i
-precetti della morale. Più opportune a tal uopo venivano
-le basiliche (t. <span class="smcap lowercase">III</span>, p. 425), recinti coperti, nei quali
-raccoglievansi i mercadanti agli affari, gli oratori a
-discutere, i magistrati a sentenziare. Dieci ne aveva la
-sola Roma, che altrove nominammo; e mentre i tempj
-per lo più abbellivansi esternamente di colonnati, della
-basilica non si vedeano che mura. La sala interna
-formava un quadrilungo, tripartito da due serie di
-colonne, le quali riuscivano ad un semicerchio, alzato
-d'alquanti gradini, e coperto d'un emiciclo. In questo
-abside o tribunale sedeva il pretore, con attorno i
-giudici e rimpetto gli avvocati: in gabinetti attigui si
-tenevano gli scrivani minori, uffiziali intenti a risolvere
-o conciliare i piati insorti fra negozianti: alcune basiliche
-erano provvedute di loggie in alto per comodo
-degli spettatori. Siffatte erano opportunissime alle riunioni
-dei Cristiani, non solo per la capacità, ma anche
-per la distribuzione, collocandosi in mezzo del tribunale
-l'altare, sulla cattedra del magistrato il vescovo, attorno
-ad esso il clero, nel resto i fedeli, e sulle loggie le
-vedove e le vergini devote. Dicono che la prima basilica
-volta ad uso cristiano fosse in Roma la Porcia, e
-servisse di modello alle chiese che conservarono quel
-nome.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span>
-</p>
-
-<p>
-Mentre papa Liberio con un senatore romano ideava
-la chiesa di Santa Maria Maggiore, cadde neve, benchè
-fosse agosto entrante; e su quella un angelo delineò la
-pianta della fabbrica. Questa leggenda attesta che s'attribuiva
-alle costruzioni sacre un senso superiore al
-capriccio dell'artista; e sembra che ogni parte fosse
-rituale, come già nel tempio ebraico. Allorchè fossero
-arbitri della scelta, i Cristiani costruivano le chiese
-sulle alture, lunghe due volte la larghezza, e colla cella
-rivolta ad oriente. Prima incontravasi l'atrio o paradiso,
-portico a colonne largo quanto la chiesa, e talora
-formante un cortile quadrilatero<a class="tag" id="tag178" href="#note178">[178]</a>. Ivi si deponevano
-gli estinti, col capo verso levante, ad aspettare la resurrezione.
-Del sepellire in città, vietato rigorosamente
-dalle XII Tavole<a class="tag" id="tag179" href="#note179">[179]</a>, più non s'aveva scrupolo, come
-mostrano le tombe di Costantino e d'Onorio: un campo
-fuor della chiesa serviva ai più: alcuno impetrava di
-collocare i suoi cari presso i martiri, come sant'Ambrogio
-depose il fratello Satiro vicino a San Vittore.
-Solo i vescovi poteano essere sepolti nelle navate della
-chiesa; la famiglia imperiale sotto la sacra soglia.
-</p>
-
-<p>
-In tre zone era partita la chiesa: alla prima (<i>narthex,
-ferula, pronaos</i>) vicina alla porta aveano accesso i
-penitenti non iscomunicati, e i catecumeni, che udivano
-il vangelo senza poter assistere al sacrifizio. La seconda
-<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span>
-(<i>navis</i>), ad uso degl'iniziati, n'era separata trasversalmente
-per un muro a tre porte; quella a destra per
-gli uomini, la sinistra per le donne, la mediana per le
-processioni. Nella nave di mezzo, riservata alle cerimonie
-religiose, avevano posto i leviti e i tre cori cantanti
-attorno ai tre pulpiti o amboni. Questi si faceano
-ottagoni o quadrati<a class="tag" id="tag180" href="#note180">[180]</a> con musaici e scolture; e uno
-serviva per l'orchestra, uno per l'epistola, dall'altro i
-diaconi leggeano il vangelo e le lettere dei vescovi.
-Davanti agli amboni stava la colonna del cero pasquale.
-La sedia del vescovo dietro all'altare occupava il centro
-dell'abside, che poi si chiamò presbitero, e che avea la
-volta dorata, e a lato i pastofori. All'estremità delle
-navi minori il <i>senatorium</i> ed il <i>matroneum</i> servivano
-pei patrizj e le dame. Al sacrario (<i>cella, hieration</i>),
-separato dal restante tempio con un arcone trionfale,
-si saliva per tre gradini; un velo colorato lo toglieva
-agli sguardi; nè ad altri che al sacerdote era dato
-penetrarvi. Stava sotto di esso la confessione, cripta
-delle ossa de' martiri, sopra cui ergevasi l'altare, unico
-all'unico Dio. Sopra di quello pendea la pisside, spesso
-in figura di colomba, entro cui conservavasi l'eucaristia;
-e attorno lampade di varie forme, appese al
-baldacchino in triangolo (<i>ciborium</i>) che era sorretto
-da quattro colonne. A questa generale distribuzione
-molte varietà s'introducevano.
-</p>
-
-<p>
-Per edificare più prontamente, e trovandosi già le
-arti in decadenza, alle chiese s'adattavano colonne tolte
-ad edifizj diversi, e perciò di grandezza disuguali. Invece
-d'accorciare le troppo lunghe o rialzare con uno
-zoccolo le brevi, si sbandì l'architrave, e dall'una
-all'altra gettaronsi archi, sorgenti immediatamente da
-esse; metodo già conosciuto, allora fatto generale. Nella
-<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span>
-basilica di San Paolo fuor della mura<a class="tag" id="tag181" href="#note181">[181]</a> ventiquattro
-colonne di pavonazzetto furono portate dalla Mole
-Adriana, i cui elegantissimi capitelli discordavano dalle
-sedici aggiuntevi forse quando Teodosio ed Arcadio
-l'ampliarono; divideano esse la basilica in cinque navate,
-che con una trasversale formavano croce, e davano
-un vedere ben più grandioso e magnifico che i peristilj
-esterni degli antichi: tutti gli archi impostavano sulle
-colonne. In Santa Costanza le colonne sono binate, non
-nel senso della circonferenza, ma secondo il raggio
-della rotonda; quali pure in una chiesa presso Nocera
-de' Pagani, e in non poche posteriori. Il tempio pagano
-ricevea luce dalle porte o da un foro nella volta o da
-lampade; ne' cristiani finestre rotonde ed arcuate trasmettevano
-una luce, temperata da vetri a colore che
-rappresentavano al popolo le storie bibliche o dei santi.
-</p>
-
-<p>
-Moltiplicaronsi poi le chiese a Roma, e in esse potrebbe
-seguirsi passo a passo l'architettura nel dechino
-e nel risorgimento, nessuna età così infelice trovandosi
-<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span>
-che qualcuna non ne ergesse per munificenza o devozione
-de' pontefici. Anche nelle altre città se ne aprivano,
-man mano che il cristianesimo vi era piantato, prediligendo
-le forme rituali nelle piante, nell'elevazione e
-negli ornamenti. Quando poi il culto non si limitò ad
-un martire solo, crebbero gli altari, il che coll'interrompere
-le linee alterò la semplicità del disegno; molto
-più quando s'introdusse la profana pompa de' mausolei.
-</p>
-
-<p>
-Edifizj considerevoli son pure i battisteri. Nelle rovine
-della casa di Prisca a Roma, ove credono abitasse
-san Pietro, mostrano un capitello incavato, nel quale è
-fama ch'egli battezzasse, con acqua dapprima sacra a
-Fauno: aggiungono ch'egli amministrasse quel sacramento
-in una catacomba della via Salaria, e in quella
-dove poi fu sepolto presso un luogo ch'ebbe nome di
-Fonte san Pietro. Dappoi si eressero a quest'uopo
-edifizj presso le acque, accanto alle chiese, alle quali
-talora erano congiunti per via di portici, come ad
-Aquileja. Presso al palazzo Laterano, Costantino o san
-Silvestro fece il suntuoso battistero che ancora sussiste,
-con più ordini di magnifiche colonne di porfido o
-marmo, e membrature di edifizj antichi, senza unità di
-stile e di proporzioni: nel mezzo vaneggia il bacino, a
-cui si scende per alquanti scaglioni, ottagono come tutto
-l'edifizio, al quale precede un portico pei neofiti aspettanti;
-e serbasi ancora pei solenni battesimi amministrati
-dal papa. A tal uso furono pure ridotte in Roma
-le terme pubbliche di Novato, fratello delle sante Prassede
-e Pudenziana; il bagno del loro padre senatore
-Pudente; e quello di santa Cecilia, chiuso ora nella
-bella chiesa che da questa trae il titolo. Ottagona se
-ne volea per lo più la pianta; ma talora quadra, rotonda
-o a croce, con gallerie in alto, e una cappella coll'immagine
-del Battista, o di san Pietro che battezza Cornelio,
-o altra da ciò. Alle vasche giungeva l'acqua per
-<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span>
-doccie sotterranee, talchè il vulgo credeva si empissero
-miracolosamente. In quel di Sant'Andrea, rifabbricato
-da Leone III, la fonte era circondata da colonne di
-porfido; e di mezzo ne sorgeva un'altra, portante un
-agnello d'argento che versava l'acqua. Talora era un
-vaso isolato, sorretto da colonne o da animali simbolici.
-Un solo battistero faceasi per diocesi, e a pasqua
-e pentecoste soltanto si compiva la cerimonia; lo perchè
-i battisteri doveano essere molto capaci. Sulla forma
-de' primi se ne costruirono poi molti nel medioevo<a class="tag" id="tag182" href="#note182">[182]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La decorazione e la sfragistica si esercitavano nei
-dittici, ove scriveansi i nomi dei santi e dei benefattori,
-da commemorare alla messa, ne' troni dei vescovi, negli
-altari e altarini, ne' candelabri, ne' reliquarj, nelle coperte
-dei libri rituali.
-</p>
-
-<p>
-Coloro che non giudicheranno queste opere col sentimento,
-ma le scruteranno colla critica artistica, non
-dimentichino che era un'età di universale decadenza;
-e già imperante Costantino tal penuria si pativa d'artisti,
-che si dovettero dilapidar le fabbriche anteriori onde
-fornire le nuove. L'arco alzato a' suoi trionfi è tutt'insieme
-più maestoso che quel di Settimio Severo; ma
-gli ornamenti furono levati dall'arco e dal fôro di Trajano,
-e mal raccozzati con lavori di nuovo, scarsi di
-quell'arte di profilare che produce la grazia. Di questa
-mancano affatto le immagini del Salvatore e dei dodici
-Apostoli ch'egli fece porre in argento a San Giovanni
-Laterano, ed altre statue dell'età sua in Campidoglio,
-come pure le medaglie e monete: e per dedicargli una
-<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span>
-statua, si pose il capo di lui sovra un antico Apollo. Di
-quel tempo si fusero le porte di bronzo di San Paolo,
-perite nell'ultimo incendio, con incise figure e rabeschi
-contornati d'argento, ove la ricchezza mal potè velare
-lo scadimento dell'arte. E tanto fra il popolo scemava il
-culto del bello, che fu necessario vietare si demolissero
-mausolei, archi e colonne per capriccio o per bisogno
-di murare, e istituire un magistrato per difendere colla
-forza i pubblici monumenti<a class="tag" id="tag183" href="#note183">[183]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Come dapprima la Grecia aveva allattata l'arte romana,
-così questa si trapiantò in Grecia con Costantino,
-e le costruzioni da lui fino all'imperatore Giustiniano
-derivano affatto dalle latine, e primieramente l'ippodromo
-e la gran cisterna di Costantinopoli; le medaglie
-bisantine portano latine leggende, e perfin la lupa
-romana. Solo al tempo di Giustiniano e colla fabbrica
-di Santa Sofia appare quel che volle dirsi stile bisantino,
-non bene definito nè cronologicamente nè artisticamente,
-ma che infine potrebbe ancora dedursi da
-edifizj romani, e specialmente dalle terme, preferendo
-alla sala rettangola delle basiliche la pianta rotonda e
-le cupole semicircolari, e tutto ornando di musaici e di
-pietre multicolori, e d'una ricchezza di ori, figure,
-rabeschi, opposta alla semplice nudità che dai Latini fu
-sempre preferita.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap53">CAPITOLO LIII.
-<span class="smaller">Miglioramenti e complesso della legislazione.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Man mano che le altre discipline e l'Impero decadevano,
-migliorava la legislazione; segno evidente che la
-cagione non era a cercarsene nell'incremento della
-civiltà romana, bensì nello spirito nuovo, infuso dal
-cristianesimo. Solo un secolo più tardi dell'età che
-narriamo quella legislazione fu raccolta e vagliata per
-cura dell'imperatore Giustiniano: ma a noi pare questo
-il luogo di toglierla ad esame, sì perchè le sue disposizioni
-capitali si riferiscono a quest'età, sì per coglierne
-occasione a spingere un estremo sguardo nella vita
-intima del gran popolo, e comprendere meglio in qual
-senso deva intendersi la sua caduta.
-</p>
-
-<p>
-L'antico Oriente non ebbe idea del diritto individuale,
-tutto rimanendo assorto dal capocasa, patriarca, autor
-della vita come del diritto; la personalità confondeasi
-nella famiglia, la famiglia nello Stato, lo Stato nel monarca;
-sicchè all'uomo non rimaneva altra difesa che
-ne' costumi patriarcali e nella religione, la quale, mentre
-sanziona l'obbedienza, mitiga insieme l'impero. Assoluta
-v'è pertanto la podestà paterna; il matrimonio è
-una vendita combinata fra' genitori; la moglie è serva;
-il padre può vendere i figliuoli, adottarne altri; sconosciuto
-il testamento, energica manifestazione della
-libertà individuale. È dunque il dominio dell'autorità,
-cioè della fatalità.
-</p>
-
-<p>
-In Grecia la filosofia, cioè la libertà e la ragione,
-spezzano quell'unità indefinita e universale, si svincola
-il progresso, la religione si scevera dal governo; ma
-la vita pubblica rimane tuttora confusa colla privata,
-<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span>
-pubblici i giudizj, il pubblico diritto identico coll'individuale;
-il matrimonio non ha luogo che fra concittadini;
-la potestà patria è proprietà sulla prole, e il
-genitore scontento ne fa protesta al magistrato, e rinvia
-di casa il figlio, che più non può vantare alcuna ragione.
-E però la Grecia elevossi a tante libertà, ma puramente
-comunali, fossero aristocratiche o democratiche; donde
-moltissime varietà. Ma in verun luogo la libertà individuale
-acquistò pienezza all'ombra del potere principesco,
-siccome accadde ne' nostri Comuni: bensì arrivarono
-a compimento la potenza e la franchigia delle
-città. Se non che i cittadini di Grecia erano nobili
-d'origine, a differenza degl'italiani ch'erano mercanti
-e borghesi; l'uomo rimaneva subordinato alla qualità
-di cittadino; lo spirito comunale teneva escluso lo straniero
-dal matrimonio legittimo: bensì questo fu purificato
-col ridurlo a monogamia, siccome la pubblica
-animadversione fu sostituita alla guerra privata.
-</p>
-
-<p>
-Roma apparve al termine de' tempi antichi, per modo
-che potette riassumere quanto di meglio erasi prodotto
-sotto il dominio dell'autorità, ed insieme profittare di
-quanto introducevano dapprima la filosofia, poi il cristianesimo,
-cioè la libertà, la ragione, l'umanità rinata
-nell'amore di Dio. Missione provvidenziale di essa parve
-il costituire e perfezionare socialmente l'elemento del
-diritto, il lato politico e giuridico della vita umana. Lo
-spirito d'ordine e l'inflessibilità de' primitivi patrizj
-introdusse lo <i>stretto diritto</i>, complesso di massime e
-d'azioni legali, arbitrarie, che, volendo regolare con
-atteggiamenti materiali lo spirito dell'uomo, ancora
-incapace di dirigersi per ragione, lo faceano chinare
-all'autorità, ad arcani religiosi, a formole impreteribili,
-cambiate le quali son cambiati gli effetti<a class="tag" id="tag184" href="#note184">[184]</a>; a solenni
-<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span>
-interrogazioni e risposte solenni, che non lasciano dubbio
-sulla volontà; la quale trovasi obbligata non dalla
-coscienza e dalla nozione del giusto e dell'ingiusto, ma
-dalla espressione letterale.
-</p>
-
-<p>
-Questo ferreo diritto nazionale, scritto nelle XII Tavole,
-diveniva insufficiente dacchè Roma accolse in
-grembo tanti forestieri, nelle cui controversie non potendo
-aver luogo le azioni legali, vi si sostituì l'imperio
-del magistrato. Inoltre molti de' suoi mandò a governare
-altre genti; l'agro sacro più non rimase privilegio dei
-patrizj; nuove vie s'apersero ad acquistare ricchezza,
-gloria, magistrature. Roma dunque avrebbe o dovuto
-rannicchiarsi negli angustissimi suoi principj, o sovvertirsi
-violentemente, se il flessibile e progressivo
-talento della democrazia non avesse reso diritto umano
-quel ch'era diritto quiritario, insinuato nel legale il
-sistema dell'onesto (<i>bonum et æquum</i>), l'<i>arbitrio</i> delle
-ordinanze annuali, e un <i>gius de' forestieri</i>, che la legge
-scritta temperasse coll'equità. E per <i>equità</i> intendevano
-la ragione naturale, cioè quel fondo di idee morali che
-tutti gli uomini civili possedono, che sopravive ad ogni
-corruzione e che fonda la convivenza sulla libertà, sull'eguaglianza,
-sui sentimenti naturali, sulle ispirazioni
-del buon senso.
-</p>
-
-<p>
-Il diritto <i>equo</i> era espresso negli editti, ove i pretori e
-gli edili pubblicavano le regole secondo cui giudicherebbero
-durante l'annuale loro magistratura (t. i, p. 411).
-In essi, conformandosi ai fatti, s'insegnavano azioni od
-eccezioni, per le quali piegare l'inflessibilità delle formole
-patrizie; per esempio, supporre erede chi nol sia,
-usucatto ciò che non è ancora, e vivo il morto o viceversa;
-proteggeasi la proprietà naturale in modo che
-<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span>
-si equiparasse alla quiritaria; accanto all'usucapione,
-riservata ai possessi italici, elevavasi la prescrizione,
-estesa anche ai provinciali. Al testatore è arbitrio di
-diseredare i proprj figliuoli; ma il pretore cassa quel
-testamento, supponendo nol potesse fare se non mentecatto
-(querela inofficiosi). Chi cadde prigioniero del
-nemico perde ogni diritto, fin quello di testare; ma il
-pretore ne autorizza il testamento, supponendolo morto
-all'istante che cominciò la cattività di lui. Pel gius civile
-romano, negli atti giuridici, malgrado l'errore, il dolo,
-la violenza, se il consenso fu dato, se l'atto ebbe il
-compimento delle solennità e delle parole, rimane prodotto
-l'effetto, creato o modificato il diritto: non così
-nel gius delle genti, e il pretore condanna l'iniquità, e
-con ingegnosi procedimenti corregge la materialità
-inflessibile della ragion civile. Questa non conosce altre
-forme d'obbligazione che i contratti o i delitti qualificati:
-ma l'equità pretoria inventa i quasi-contratti e
-quasi-delitti, coi quali fa passare nel fòro esteriore
-alcuni doveri, dapprima riservati alla coscienza.
-</p>
-
-<p>
-S'appajano dunque progresso e tradizione; creasi
-del nuovo, ma senza distruggere l'antico: mentre oggi
-troppo incliniamo ad abolire una istituzione perchè vecchia,
-i Romani la conservavano appunto perchè vecchia,
-modificandola; preferivano la scuola storica alla filosofica,
-le riforme inglesi alle rivoluzioni francesi. Perciò
-dappertutto s'incontra un diritto doppio e parallelo;
-parentela civile (<i>agnatio</i>) e parentela naturale (<i>cognatio</i>);
-matrimonio civile (<i>justæ nuptiæ, connubium</i>)
-e unione naturale (<i>concubinatus</i>); proprietà romana
-(<i>quiritaria</i>) e proprietà naturale (<i>bonitaria</i>); contratti
-di diritto formale (<i>stricti juris</i>) e contratti di buona
-fede. In questo modo si passava dall'iniziazione secreta
-de' patrizj alla pubblicità popolare, dall'autorità alla
-ragione, dalla generalità astratta alla personalità libera;
-<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span>
-conciliavasi la venerazione pel passato colla necessità
-di progressivi miglioramenti.
-</p>
-
-<p>
-Dalla lotta fra i due diritti è costituita la storia interna
-di Roma, la sua guerra nella pace: e siccome nell'esterna
-il valore, così nell'interna ebbe importanza principale
-la giurisprudenza, scienza capitale fra i Romani. Abbiansi
-i Greci le splendide qualità dell'immaginazione,
-i fiori, i canti, le arti: Roma possederà il positivo dell'età
-matura, la grande ambizione, ed un'unica letteratura
-originale, quella della giurisprudenza, che potrà
-effettuare l'unità del mondo antico.
-</p>
-
-<p>
-Già nella società primitiva, uno de' precipui uffizj
-del patrono romano consisteva nel tutelare il cliente;
-onde le famiglie grandi voleano tutte che un loro membro
-valesse nella giurisperizia; e poichè senza di lui
-non poteva il plebeo stare in giudizio, egli talvolta colle
-sportule che esigeva, gravava i clienti quasi d'un tributo.
-E il guadagno e l'influenza induceano i patroni a
-tenere arcane le azioni simboliche e legittime sì della
-giurisdizione volontaria, sì della contenziosa: avendole
-fatte pubbliche Gneo Flavio nel 449 di Roma (<i>jus Flavianum</i>),
-i patrizj ne inventarono di nuove; ma un
-secolo dopo, Sestio Elio palesò anche queste (<i>jus Ælianum</i>);
-finchè accomunate a' plebei le magistrature,
-Tiberio Coruncano, primo plebeo che salisse pontefice
-massimo, professò pubblicamente la giurisprudenza.
-</p>
-
-<p>
-Allora nuova importanza ottennero i giurisperiti,
-fossero assessori dei magistrati, o dirigessero i privati
-ne' loro affari, o gli assistessero nelle controversie,
-rispondendo, scrivendo, cautelando<a class="tag" id="tag185" href="#note185">[185]</a>, cioè dando
-consulti, redigendo formole di contratti e d'azioni,
-prevenendo contro le nullità. A Servio Sulpizio si fa
-merito d'avervi introdotto il metodo scientifico: ma
-<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span>
-Cicerone attribuisce questa lode a Quinto Scevola suo
-contemporaneo, che all'abilità letteraria e all'eleganza
-dell'esporre associò l'arte di distribuire, distinguere,
-definire, interpretare<a class="tag" id="tag186" href="#note186">[186]</a>. Vi ottennero popolarità Aulo
-Ofilio, Alfeno Varo, Sulpizio Rufo, Aquilio Gallo, che
-passava parte dell'anno in villa per iscriver opere; Aulo
-Cascellio, arguto ne' motti, indipendente nelle opinioni,
-che mai non volle comporre una formola secondo le
-leggi pubblicate dai triumviri, dicendo, — La vittoria
-non conferisce legittimo titolo al comandare»; e a chi
-lo consigliava a moderarsi nello sparlar di Cesare,
-rispose: — Due cose mi rendono franco; l'esser vecchio,
-e il non avere figliuoli».
-</p>
-
-<p>
-Anche Marco Tullio con occhio filosofico osservava
-la legislazione, volgendo in beffa le formole dello stretto
-diritto, religione del passato ormai insufficiente, e sostenendo
-risoluto la legge naturale e l'equità. Dichiarata
-allora la lotta del diritto naturale col civile, questo si
-trovò ridotto alla difensiva; tanto più dopo che vennero
-gl'imperatori, i quali lo astiavano come avanzo aristocratico,
-e Caligola voleva abolirlo d'un colpo, Claudio
-ne eliminava ciò che serbasse di troppo nazionale e
-rigido. I giureconsulti medesimi si persuasero che non
-era possibile circoscriversi nelle formole aristocratiche;
-e impedita o screditata la tribuna, e spenta l'eloquenza,
-si volsero alla pacata discussione e alla scrupolosa
-indagine dei fatti; e con tempo, dottrina e impassibilità
-maggiore che non potessero giudici e pretori, e
-<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span>
-con metafisica più esatta, pigliarono assunto di armonizzare
-le teoriche o discordi o repugnanti delle varie
-fonti, e giungere ai semplici risultamenti della pratica.
-</p>
-
-<p>
-Dall'età aristocratica del diritto si passò così alla
-filosofica; definita la giurisprudenza «cognizione delle
-cose umane e divine, scienza del giusto e dell'ingiusto,
-arte del buono e dell'equo», i giureconsulti videro la
-necessità di posare il diritto più sodamente che non
-nella contingenza dei casi e della volontà umana, e lo
-derivarono da un'eterna giustizia, ingenita nell'uomo,
-donde emanano tre regole cardinali: Vivere onesto,
-non offendere altrui, attribuire a ciascuno il suo.
-</p>
-
-<p>
-È fenomeno tutto particolare ai Romani questa letteratura
-legale, che per purità del dire, concisione,
-chiarezza<a class="tag" id="tag187" href="#note187">[187]</a>, lucido svolgimento delle intricatissime
-quistioni, e principalmente per l'analisi severa, rimarrà
-perpetua meraviglia de' savj e vergogna di que' moderni,
-nei quali non sai se più incoerenti le ragioni o
-più barbara la dicitura. Presentata la tesi in termini
-precisi, quei giureconsulti la svolgono al modo che
-sogliono i matematici, adoprando a vicenda l'analisi
-per penetrare nella natura delle cose, la grammatica
-per ispiegare le voci, la dialettica per acuire la rigorosa
-interpretazione, la sintesi per valutare l'autorità,
-non solo d'altri giurisprudenti e degl'imperatori, ma
-di filosofi, medici, fisici: invece di definizioni, pongono
-termini di senso certo e tecnico, tali da escludere il
-dubbio; invece di divisioni puramente da scuola, e di
-lungagne retoriche, si difilano alla effettiva applicazione;
-e vi arrivano con tale rapidità, che, per quanto complicatissime
-sieno le tesi, nessun loro consulto riempie
-una facciata. Questo li preservò dal guasto che nella
-letteratura e nella lingua recavano Seneca e i suoi; e
-<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span>
-come Galileo scriveva con limpida sobrietà fra le petulanti
-ampolle del Seicento, così la concisa purezza di
-quei giureconsulti, la semplice dignità, provenienti dal
-buon senso e dalla gravità, fanno mirabile contrasto coi
-ventosi traviamenti de' puri letterati, i quali separavano
-il linguaggio pratico dallo scritto.
-</p>
-
-<p>
-Chi si ricorda l'infelicità degli etimologi latini, non
-avrà meraviglia se in questo fatto anche i giureconsulti
-nè colsero nè diedero rasente<a class="tag" id="tag188" href="#note188">[188]</a>. Di rado criticano la
-legge, ancor più di rado ne investigano la ragione politica
-ed economica o, come oggi diremmo, lo spirito;
-eminentemente pratici, facevano fondamento sopra certi
-assiomi, dai quali deducevano le conseguenze e le applicavano
-a casi particolari, senza risalire ai generali
-principj e al diritto naturale; dialettici robusti, anzichè
-teorici, s'acchetavano talvolta a ragioni che fanno sorridere<a class="tag" id="tag189" href="#note189">[189]</a>:
-pure vanno qualificati filosofi d'una scienza
-tutta pratica, e a ragione intitolavansi «sacerdoti che
-cercano la vera non la simulata filosofia»<a class="tag" id="tag190" href="#note190">[190]</a>. S'appoggiarono
-essi sopra la scuola stoica, austera e castigata
-ancora, ma già diselvatichita, più tollerante e meno
-superstiziosa, quale ne' più recenti suoi adepti proclamava
-il governo della Provvidenza divina, la consanguineità
-degli uomini tutti, la potenza dell'equità
-naturale.
-</p>
-
-<p>
-Distinsero il diritto in naturale, delle genti, e civile,
-secondo che traeva i suoi principj dalla natura animale
-<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span>
-dell'uomo, o dalla razionale di tutti i popoli, o dall'ordine
-politico di ciascuno: in pratica però intrecciarono
-il primo col secondo, solo separando il diritto civile e
-il diritto delle genti, quello applicato ai cittadini soltanto,
-questo a tutti. Il primo formava parte di quel
-che anche oggi chiamiamo diritto civile, e regolava
-i possessi e le prerogative di chi godeva i privilegi
-di cittadino romano; mentre il gius naturale riconosceva
-ad ogni individuo la facoltà di soddisfare i bisogni
-e gl'istinti comuni; il gius delle genti poneva l'uomo
-in relazione cogli altri uomini non appartenenti al medesimo
-gremio sociale.
-</p>
-
-<p>
-Quest'ultimo era dunque ben altro da quel che noi
-chiamiamo ora diritto delle genti; sopra il quale anzi,
-fra tanti lavori giuridici, nessuno ne fecero i Romani,
-per la ragione che realmente non esisteva, nel senso
-che noi l'intendiamo. Due popoli, finchè in guerra, si
-conoscevano unicamente per la forza: solo alle nimicizie
-dava qualche norma il diritto feciale, stabilendo
-le cause di romperle e i modi di dichiararle; venuti ad
-accordi, si regolavano secondo la lettera di questi. Dagli
-alleati generalmente si esigeva che avessero gli stessi
-amici e nemici del popolo romano, e che riverissero
-la maestà di questo<a class="tag" id="tag191" href="#note191">[191]</a>: ma la prima condizione li privava
-del diritto di guerra e pace, e dava ai Romani
-quella di passarvi coll'esercito, di farvelo mantenere,
-di chiederne soldati; l'altra attribuiva a Roma la superiorità
-del patrono sul cliente: perciò i legati investigavano
-e decidevano nel paese amico, metteansi arbitri
-nelle querele; il senato, guardiano del diritto, pacificatore
-universale, dava o toglieva l'immunità, l'indipendenza;
-<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span>
-e chi resistesse a' suoi ordini, consideravano
-come irriverente, come un superbo da debellare.
-</p>
-
-<p>
-Ma alla natura umana come tale non aveasi riverenza;
-il forestiero non poteva tampoco possedere, ottener
-giustizia, entrare in relazioni di proprietà con un cittadino
-romano; fosse privato o nazione, solo per mezzo
-d'un patrono o d'un ospite poteva aver sicurezza garantita,
-e stare in giudizio; finchè non venne stabilito anche
-un pretore <i>peregrino</i>, che proferiva sopra le liti tra
-forestieri e cittadini. E nel discutere e risolvere i litigi
-dei tanti stranieri accorrenti a Roma, si compararono
-le differenti legislazioni; e que' principj che trovavansi
-comuni a tutte, compresero essere insiti alla natura
-umana e ne dedussero un diritto, proprio di tutte le
-nazioni civili.
-</p>
-
-<p>
-Gli editti pretorj essendosi estesi con successive aggiunte,
-sentivasi il bisogno di raccorli, ordinarli, armonizzarli.
-Ofilio, contemporaneo di Cicerone, pel primo
-gli avea radunati: più famosa opera prestò Salvio Giuliano
-(t. iii, p. 246), che scelse i migliori e più opportuni,
-per ordine di Adriano imperatore; il quale
-nel 131 fece dal senato approvare quella compilazione
-(<i>Editto Perpetuo</i>), forse allorchè istituì i quattro giuridici
-per l'Italia. Se con ciò abbia tolto ai pretori la
-facoltà legislativa di modificare l'editto, non è certo<a class="tag" id="tag192" href="#note192">[192]</a>.
-In questo lavoro, che servì di testo ai legisti, Giuliano
-non introdusse nuovi principj, pure cambiò il diritto
-coll'eliminarne ciò che più non confacevasi al tempo.
-Molti lo tolsero a commentare, incominciando Giuliano
-stesso; indi Pomponio ed Ulpiano in ottantatre libri,
-<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span>
-Paolo in ottanta, Furio Antico in cinque, e Saturnino
-e Gajo; oltre i moderni che tentarono rintegrarlo.
-</p>
-
-<p>
-L'effetto di questa buona istituzione che fissava norme
-comuni al governo dell'impero, incagliossi in due altre:
-la prima fu l'autorità concessa alle risposte dei prudenti;
-l'altra le costituzioni imperiali.
-</p>
-
-<p>
-Anticamente qualunque pratico di leggi rispondeva
-ai consulenti, senza bisogno di licenza; ma Augusto,
-accorgendosi quanto la loro autorità varrebbe a introdurre
-principj nuovi, conforme alla nuova amministrazione,
-prescelse taluni, le cui risposte si considerassero
-come date dall'imperatore stesso. Fu dunque un privilegio
-la dignità de' giureconsulti, i quali esponevano
-gli avvisi loro; se unanimi, acquistavano forza di legge;
-in caso di disparere, il magistrato decideva: modo opportunissimo
-a togliere di mezzo le discussioni di diritto,
-che poco s'acconciano colle monarchie. Per un
-rescritto d'Adriano tale privilegio restava comune ai
-giureconsulti classici, senza bisogno di particolare domanda<a class="tag" id="tag193" href="#note193">[193]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il cambiamento di costituzione avea introdotto una
-nuova fonte di diritto. Dapprima non v'avea che leggi
-e editti; pochi senatoconsulti ci restano dei tempi repubblicani<a class="tag" id="tag194" href="#note194">[194]</a>,
-perchè il senato, assorto dalla politica,
-del diritto civile abbandonava la cura ai tribuni; ma
-venuti gl'imperatori, su questo concentrò l'attenzione,
-esclusa dalla politica. Intanto la rivoluzione morale e
-la economica s'andavano compiendo; la nuova religione
-aveva insegnato un'eguaglianza ed una libertà che rinnegavano
-gli inveterati privilegi; l'astuta cupidigia, sottentrata
-all'energia ed alla politica ambizione, esigeva
-leggi meglio combinate per mettere barriera all'egoismo
-crescente. Più non bastando pertanto la tradizione avita,
-gl'imperatori si trovavano costretti intervenire ogni
-tratto, moltiplicando le costituzioni; e fu istituito che
-gli <i>atti</i> loro avessero forza di legge. Di questi alcuni
-<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span>
-introducevano veramente un nuovo diritto (<i>mandata,
-edicta</i>); altri non facevano che chiarire o applicare il
-già esistente (<i>rescripta, epistolæ, decreta, interlocutiones</i>):
-compilati dai migliori giureconsulti, erano avuti
-in molta stima, massime quanto all'applicazione del
-diritto<a class="tag" id="tag195" href="#note195">[195]</a>. Aggiungansi le <i>sanzioni</i> o <i>formole prammatiche</i>,
-rescritti imperiali pel governo delle provincie,
-diretti ad università o ai governatori come ordinanze
-speciali sull'esecuzione di leggi.
-</p>
-
-<p>
-Sul fine dunque dell'impero, fonti del diritto si riguardavano,
-per la teorica, le XII Tavole, i primitivi
-plebisciti, i consulti del senato, gli editti dei magistrati,
-le consuetudini non iscritte: ma nell'uso non cadevano
-se non gli scritti dei giureconsulti classici e le costituzioni
-imperiali.
-</p>
-
-<p>
-De' giureconsulti i più si attennero all'ordine pratico,
-quello cioè dell'Editto Perpetuo<a class="tag" id="tag196" href="#note196">[196]</a>; sebbene alcuni
-seguissero classificazioni filosofiche, come fecero Gajo
-ed Ulpiano, che distinsero i diritti spettanti alle persone,
-alle cose, alle azioni. Quel che oggi a noi pare di tanto
-rilievo, la determinazione storica delle leggi, è da essi
-negletta, se non venga assolutamente necessaria per
-comprendere il diritto: più volentieri fermansi a svolgere
-l'origine delle opinioni de' giureconsulti, e i principj
-da essi introdotti<a class="tag" id="tag197" href="#note197">[197]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span>
-</p>
-
-<p>
-Per quanto concordi nel fondo, i giureconsulti formarono
-delle scuole, che poi vennero a conflitto, come
-succede ogniqualvolta il ragionamento si applichi a
-discussione. Già ai tempi d'Augusto contrastavansi Antistio
-Labeone e Atejo Capitone; il primo fedele agli
-antichi privilegi, l'altro ligio all'imperatore; questo sottomettendo
-l'intima essenza del diritto all'indipendente
-esame della ragione, desideroso dei progressivi perfezionamenti;
-quello attaccato al positivo, alla lettera,
-alle dottrine tradizionali; rappresentanti insomma della
-più generale divisione fra le dottrine, quella del progresso
-e quella della conservazione<a class="tag" id="tag198" href="#note198">[198]</a>. I giureconsulti
-poi si spartirono: gli uni denominati Sabiniani in
-grazia di Sabino scolaro di Capitone, gli altri Proculejani
-da Proculo scolaro di Labeone, che propendeva
-a una trattazione più filosofica e storica del diritto, e a
-dar regole generali all'ermeneutica giuridica. Poi nuove
-scuole sorsero, distinte fra sè o pel metodo, o pel punto
-di partenza, o pel fondo della loro discussione; quali
-preferendo lo stretto diritto, quali il diritto equo, quali
-i principii teorici, quali l'espression della legge, finchè
-si avvicinarono nella convinzione che il gius positivo
-non può perfezionarsi meglio che coll'unire i metodi
-diversi.
-</p>
-
-<p>
-I libri dei giureconsulti esercitarono maravigliosa
-efficacia sull'avvenire, perciocchè in parte chiarirono il
-<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span>
-diritto, e furono posti a contributo da Giustiniano<a class="tag" id="tag199" href="#note199">[199]</a>,
-altri pervennero fino a noi, istruzione e guida, e talvolta
-impaccio ai giurisperiti ed ai legislatori, e per
-lungo tempo legge comune negli Stati moderni. Lungo
-sarebbe il dire di tutti quelli che acquistarono nome in
-sì importante scienza, la cui storia fu descritta da Sesto
-Pomponio romano, insigne giureconsulto, in un frammento,
-prezioso malgrado alquanti errori di fatto<a class="tag" id="tag200" href="#note200">[200]</a>.
-Lo pareggia Salvio Giuliano testè citato, probabilmente
-milanese, che viveva ancora sotto Antonino Pio; sostenne
-cariche eminenti; oltre compilare l'Editto Perpetuo,
-scrisse novanta libri di <i>Digesti</i>, di cui nelle
-Pandette si conservarono frammenti.
-</p>
-
-<p>
-Nei settant'anni fra Antonino e Alessandro Severo
-furono compilate le <i>Istituzioni</i> di Gajo in quattro libri,
-di Fiorentino in dodici, di Callistrato in tre, di Paolo e
-d'Ulpiano in due, di Marciano in sedici. Tutte si smarrirono,
-eccetto quelle di Gajo Tazio romano, rimaste
-ignote fino al 1816, cominciate sotto Antonino, finite
-sotto Marc'Aurelio, e formano il fondo di quelle di Giustiniano<a class="tag" id="tag201" href="#note201">[201]</a>.
-Erano destinate ad insegnare il diritto,
-<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span>
-e sono l'opera che, a malgrado delle troppe lacune,
-più particolarmente c'informa del diritto classico, ed
-anche de' costumi, delle istituzioni, della società pubblica
-e della privata; onde la loro scoperta fu per la
-scienza storica del diritto romano un acquisto, qual non
-toccò a verun'altra parte analoga delle cognizioni
-umane, improvvisamente aprendo una delle migliori
-fonti, inesplorata fin allora.
-</p>
-
-<p>
-Seguirono altri giureconsulti, finchè arrivano i più
-celebri, e principe fra essi Emilio Papipiano fenicio,
-prefetto al pretorio e presidente al consiglio privato di
-Settimio Severo, mandato a morte da Caracalla perchè
-non volle giustificarne il fratricidio. Giulio Paolo padovano
-e Domizio Ulpiano fenicio, assessori suoi nel consiglio
-di Stato, composero moltissime opere, tanto accreditate
-che gli estratti d'Ulpiano formano un terzo
-delle Pandette, un sesto quelli di Paolo; anzi può dirsi
-che fondo di quelle sieno i loro commenti sull'Editto
-Perpetuo. Di settantotto opere di Paolo trovasi cenno
-<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span>
-nel Digesto; oltre i cinque libri di <i>Receptæ Sententiæ</i>,
-che contengono tutti i principi giuridici non contestati,
-disposti coll'ordine dell'Editto Perpetuo. A volta a volta
-pecca d'oscurità; mentre preciso e chiaro procede
-Ulpiano, quantunque molti solecismi semitici rivelino
-la sua origine.
-</p>
-
-<p>
-Le opere de' giurisperiti, dotate d'autorità giuridica,
-formavano un'intera biblioteca; sicchè era da pochi
-l'averne copia, e da pochissimi lo studiarne gl'intendimenti:
-poi qualora uno dissonasse dall'altro, a quale
-appigliarsi? Convenne dunque gl'imperatori designassero
-quali preferire; e prima Costantino autorò gli
-scritti di Paolo, e specialmente le <i>Receptæ Sententiæ</i>,
-abolendo le note di Ulpiano e Paolo sopra Papiniano<a class="tag" id="tag202" href="#note202">[202]</a>;
-poi Valentiniano III determinò quali costituzioni
-imperiali e quai rescritti potessero allegarsi,
-quali tenersi per leggi comuni, eccettuando i rescritti
-per negozj particolari, od estorti dai litiganti in opposizione
-alle leggi. Quanto al modo di valersi de' giureconsulti,
-attribuì vigore legislativo a Papiniano, Paolo,
-Gajo, Ulpiano, Modestino; ove discordassero, valeva
-l'opinione dei più; ove pari, quella di Papiniano; e
-s'egli non parlava, decidesse la prudenza del giudice.
-Singolare e veramente unico tribunale, in cui l'imperatore,
-per isgravarsi del rendere egli stesso il diritto,
-lo restringeva a citazioni.
-</p>
-
-<p>
-Al consiglio de' classici giureconsulti, fioriti da Augusto
-fino a Caracalla, vanno attribuite le più savie, precise
-e circostanziate disposizioni intorno ai diritti reali
-ed alla famiglia, ed altri veri miglioramenti indotti nella
-legislazione; merito in parte alla natura della nuova
-costituzione, nella quale l'imperatore non era inceppato
-dai privilegi d'alcun corpo, e i cittadini, distolti dalla
-<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span>
-vita politica, ne cercavano un compenso dall'ottenere
-la massima indipendenza civile; in parte maggiore alle
-nuove dottrine che i Galilei opponevano alle superbe ed
-inumane delle scuole antiche. L'efficacia dello stoicismo,
-modificato dal cristianesimo, si sente in essi quando Fiorentino
-insegna che la schiavitù è un'istituzione del diritto
-delle genti contro natura, e che natura stabilì una
-specie di parentela fra gli uomini; e Ulpiano, che tutti
-gli uomini quanto al diritto naturale sono eguali e nascono
-liberi<a class="tag" id="tag203" href="#note203">[203]</a>. Ma que' giurisprudenti teneano ai
-pregiudizj dei tempi pagani, allorchè non eransi ancora
-introdotte tante alterazioni rispetto alle persone, ai
-legati, alle obbligazioni, alle forme, alla procedura. I
-giudici dunque si trovavano strascinati due secoli addietro,
-e incatenato il diritto alla latina pertinacia e a
-idee formaliste, di cui i precedenti imperatori si erano
-affaticati a spastojarlo.
-</p>
-
-<p>
-Anche ridotta la giurisprudenza a quella meccanica
-applicazione, e malgrado le scuole all'uopo istituite,
-ogni giorno cresceva la difficoltà d'intendere gli scrittori;
-sempre nuove complicazioni recavano gl'incessanti
-rescritti degli imperatori, massime di Costantino,
-venuto a compiere ed attestare la nuova rivoluzione.
-Come doveva riuscir lungo lo studiare, imbarazzante
-l'applicare tante leggi, spesso abrogate e derogate!
-come avvilupparsi la giustizia in un labirinto, ove non
-era avviata da canoni prefissi! Unico rimedio sentivasi
-il raccogliere i decreti e le sentenze ancora vigenti,
-disporle sistematicamente, formare insomma un codice.
-</p>
-
-<p>
-Già temendo che Costantino, per favorire alla religione
-adottata, non disperdesse le leggi de' suoi antecessori,
-due giureconsulti aveano unito quelle pubblicatesi
-da Adriano a Diocleziano, formandone i codici, che
-<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span>
-dagli autori trassero nome di Gregoriano ed Ermogeniano:
-impresa d'autorità privata, opportuna ma non
-legale. Teodosio il Giovane eternò la propria memoria
-con un divisamente degno de' Cesari più illustri, quale
-fu la prima raccolta autentica delle costituzioni romane.
-Con solenne editto elesse otto personaggi di grande
-scienza e dignità, i quali la compilassero sulle norme
-ivi prefisse; radunate le leggi, si disputerebbe della loro
-convenienza, per formarne un codice espresso con semplicità;
-si tralasciassero le costituzioni degli antecessori
-di Costantino, registrate nei codici di Gregorio ed Ermogene,
-attesochè quell'imperatore, coll'abolire le formole
-e solennità antiche, aveva mutato faccia alla giurisprudenza,
-e quindi messe fuori d'uso gran parte delle
-istituzioni precedenti. L'opera fra tre anni fu ridotta a
-compimento in sedici libri, di cui i primi cinque concernono
-il diritto civile, gli altri il pubblico e le cose
-della religione; e nel 438 fu promulgata in ambi gl'imperi,
-acciocchè avesse preminenza sopra ogni altra
-legge<a class="tag" id="tag204" href="#note204">[204]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span>
-</p>
-
-<p>
-Compilato a precipizio in tempi di scadente letteratura
-e fra gli sgomenti de' Barbari, il codice Teodosiano
-riuscì deteriore; limitandosi alle leggi posteriori
-a Costantino, cioè fatte sol dove tacessero le antecedenti,
-ne tralascia d'importanti, mentre ne inserisce alcune
-d'interesse affatto parziale; vane repliche, errori
-di data e di soscrizione, mutilazioni di leggi, irragionevole
-partimento disabbelliscono quel lavoro; per renderli
-concisi, oscuraronsi alcuni testi; talvolta le rubriche
-sono più particolari che il testo, talaltra affatto
-dissone da questo; benchè l'imperatore esigesse perfetta
-ortodossia, vi s'insinuarono leggi favorevoli all'aruspicina;
-del <i>divino</i> Giuliano è riferita la costituzione
-dove ai violatori de' sepolcri minaccia l'ira degli Dei
-Mani; il privilegio antico, che reclama la libertà del
-divorzio e del concubinato, attaccasi alle leggi Papia ed
-altre, posteriori al trionfo dell'equità. Insomma, piuttosto
-che un concetto creatore, vi si scorge una fatica
-da compilatori: eppure, a tacer la scienza legale, non
-v'è libro che meglio conduca alla cognizione di quel
-secolo, e principalmente della lotta estrema del privilegio
-patrizio e nazionale coll'equità universale. Perocchè,
-da sì varie fonti emanata, la giurisprudenza romana
-non poteva armonizzarsi in un bell'insieme; gli
-elementi eterogenei, venuti a transazione faticosa dopo
-lotte ostinate, ancor si discernono; fino i più arditi
-giureconsulti si acconciano alla patria ed al tempo:
-sol quando, caduto l'impero romano, restò dominante
-il cristianesimo, che dava vinta la causa all'equità,
-un più compito lavoro potè eseguirsi dall'imperatore
-Giustiniano.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span>
-</p>
-
-<p>
-Quest'impresa appartiene all'impero d'Oriente, e
-all'età in cui l'Italia era occupata dai Barbari; sicchè
-noi ci limiteremo a dire come il dotto Triboniano e i
-collaboratori a ciò eletti cominciarono dal raccogliere
-tutte le leggi, ordini, rescritti degl'imperatori, cristiani
-fossero o gentili; e disponendoli secondo l'Editto Perpetuo,
-formarono il <i>Codice</i> giustinianeo, decretato
-il 528.
-</p>
-
-<p>
-Non potendo un codice abbracciare tutti i casi e
-sminuzzarsi sopra ciascun accidente, occorreva di ricorrere
-alle opere de' giureconsulti per le spiegazioni
-e l'applicazione particolare. Ma poichè quella moltiplicità
-di responsi chiedeva lunghissimi studj, e spesso le
-sentenze erano irreconciliabili, si pensò estrarre da essi
-i più importanti teoremi di ragion civile. Duemila volumi
-si spogliarono a tal uopo, riducendoli in uno, ove
-in sette parti di cinquanta libri, sotto quattrocenventidue
-titoli, si trovarono classificate novemila cenventitre
-leggi, portanti ciascuna il nome di chi l'aveva emanata:
-nè i compilatori ci lasciarono ignorare quanta fatica
-sostenessero per aver ridotti a cencinquantamila i tre
-milioni di versi o, vogliam dire, sentenze de' loro autori.
-L'opera, pubblicata nel dicembre 533, fu intitolata <i>Pandette</i><a class="tag" id="tag205" href="#note205">[205]</a>,
-perchè abbracciava intera la giurisprudenza
-<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span>
-romana, o <i>Digesto</i>, perchè esse leggi v'erano classate
-con metodo: e quantunque le decisioni di casi particolari
-trascendano d'assai la vera legislazione, pure questo
-<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span>
-è l'unico codice compiuto che i Romani abbiano posseduto
-dopo le XII Tavole.
-</p>
-
-<p>
-Perdettero allora la giuridica autorità le decisioni
-de' prudenti, che non fossero ammesse nelle Pandette;
-la qual cosa fece trascurar le fonti, e smarrirsi così le
-XII Tavole, l'Editto pretorio, il papipiano, l'ulpiano e
-quegli altri che tanto or verrebbero destri per chiarire
-assai punti oscuri nella scienza del diritto. Neppur tutte
-le ammesse valsero per legge; ma le decisioni ed interpretazioni
-si considerarono come tali e nulla più. Ai
-copisti fu vietato lo scriverle con abbreviazioni, ed agli
-interpreti il commentarle altrimenti che parola per
-parola.
-</p>
-
-<p>
-In acconcio della gioventù, Giustiniano commise a
-Triboniano, Doroteo e Teofilo, consultando i compendj
-<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span>
-degli antichi giuristi, e principalmente quello di Gajo,
-componessero un corso d'<i>Istituzioni</i> in quattro libri:
-il primo che tratta delle persone, il secondo delle cose,
-il terzo delle azioni, il quarto delle ingiurie private,
-coronandoli cogli elementi criminali. Come il Digesto,
-e quasi al tempo stesso, ottennero forza di legge; e
-benchè al bello stile de' giureconsulti classici e al romano
-spirito di questi si mescolassero parole barbare
-e idee servili, di immenso prezzo riesce quell'opera
-vuoi per la storia, vuoi per la intelligenza del diritto.
-</p>
-
-<p>
-Ma poichè tra il fare comparvero soluzioni e pareri
-contraddittorj, fu duopo ricorrere all'oracolo sovrano,
-che pronunziò cinquanta decisioni. Giustiniano le volle
-innestate ai luoghi convenienti nel Codice, onde nel novembre
-534 ne fece una seconda edizione (<i>Prælectio
-<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span>
-repetita</i>), che sola a noi pervenne, in dodici libri di
-settecentosettantasei titoli, contenente costituzioni di
-cinquantaquattro imperatori da Adriano in giù. Poi
-forse ducento nuove costituzioni portò Giustiniano, che
-furon dette <i>Novelle</i>, e che i glossatori raccolsero in gran
-parte, e con poche altre di successivi imperatori distribuirono
-in nove collezioni.
-</p>
-
-<p>
-Molta confusione giuridica e morale derivò dallo
-sbranare lo studio della giurisprudenza in modo, che
-da un lato si accumulassero le opinioni dei legisti, originate
-talvolta da particolari circostanze de' consulenti;
-dall'altro le decisioni imperiali, autorevoli per l'origine;
-inoltre quelle prime compendiare, mutilare, disgiungere
-dalle antecedenti, lasciandole così oscure ed ambigue,
-eppure da concepimenti privati elevarle a dignità
-legislativa; nelle altre insinuar quelle dettate da spirito
-diverso, e fin ostile. Non che s'ardisse ad una legislazione
-nuova e originale, Giustiniano veruna fondamentale
-istituzione non introdusse, nè tampoco seppe ridurre
-d'accordo le contraddittorie che regolano le sociali
-e le domestiche relazioni dei Romani. Suggerite
-da accidentali bisogni, e spesso varie d'intento secondo
-il magistrato popolare o patrizio, conservatore o progressivo
-che le avea pronunziate, cozzano fra sè: quelle
-da lui promulgate contraffanno sovente alle consuetudini<a class="tag" id="tag206" href="#note206">[206]</a>
-e al diritto antico, ch'egli non osa annichilare
-secondo avrebbe chiesto la mutata condizione del
-<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span>
-mondo: nè seppe sinteticamente raccogliere i frutti
-della sperienza pubblica e privata, in un accordo robusto
-che veramente meritasse nome di legge, come
-avviene ne' codici moderni.
-</p>
-
-<p>
-Se non che a sgravio de' compilatori vuolsi riflettere
-ch'essi non si dirigevano a scientifico intento, ma puramente
-alla pratica: e in ciò ben riuscirono; e quantunque
-obbligati ad indagar le fonti in una letteratura
-straniera all'Oriente dov'essi viveano, nella scelta procedettero
-così accorti, da rimanere anch'oggi la più
-fedele espressione dello spirito del diritto romano.
-</p>
-
-<p>
-Sotto tale aspetto, e perchè formato sopra lavori del
-tempo che descriviamo, noi discorriamo qui del <i>Corpo
-del diritto civile</i>, e non sarà discaro che con esso c'indugiamo
-attorno a quella legislazione che tanta efficacia
-esercitò sulle successive, e al progredir suo man mano
-che abbracciava maggior numero d'uomini, finchè a
-tutti si estese col cristianesimo.
-</p>
-
-<p>
-Tre cose son nostre, la libertà, la città, la famiglia,
-dice Paolo: e la testa (<i>caput</i>) d'un cittadino era appunto
-costituita da queste tre qualità, protette dal gius civile.
-La libertà s'acquista per nascita o per manumessione,
-si perde per condanna giudiziaria o per prigionia: giacchè
-talmente riconosciuto era il diritto della forza, che
-il Romano caduto prigioniero di stranieri, foss'anche
-un console come Regolo, perdea la qualità di cittadino
-e d'uomo; era riscattato da un Romano? restava servo
-di questo, finchè non se ne fosse ricompro. La cittadinanza
-acquistavasi per nascita, per naturalizzazione, per
-affrancazione: perdeasi per la relegazione o la deportazione,
-o pel naturalizzarsi in uno Stato forestiero,
-cioè che non avesse il diritto di cittadinanza, quantunque
-appartenesse all'impero.
-</p>
-
-<p>
-A noi, avvezzi a vedere tutte le parti d'uno Stato
-sottostare alle medesime leggi, è difficile comprendere
-<span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span>
-la diversità de' legami che univano a Roma i vinti e gli
-aggregati: ma il nuovo codice portando in fronte <i>Nel
-nome del signor nostro Gesù Cristo</i>, il diritto veniva
-essenzialmente mutato da una religione che, al contrario
-delle dottrine uscite dai santuarj d'Etruria e di Grecia,
-proclamava esser gli uomini eguali; non la forza, ma
-ragione e carità aver a dirigere il mondo; e sommo
-rispetto doversi a ciascuno, non perchè cittadino, ma
-perchè uomo. Ne conseguì che il diritto delle genti
-prevalesse affatto sopra quello de' Quiriti.
-</p>
-
-<p>
-Tale lotta noi seguimmo già ne' politici ordinamenti,
-nelle leggi sui debitori, nelle successive acquisizioni del
-tribunato. Anche delle relazioni fra patroni e clienti,
-liberi e schiavi, ingenui e liberti, cittadini e provinciali,
-a lungo abbiamo e ripetutamente divisato. Qui
-cercheremo il progredire dell'equità in quella ch'è fondamento
-della civile convivenza, la famiglia romana.
-Questa anche nell'ordine privato non era naturale, ma
-creazione del diritto civile, abbracciando tutte le persone
-discendenti per maschi da un autore comune,
-ovvero entrati in essa per adozione o per manucapione.
-La donna è moglie pel marito, è madre pei figliuoli, ma
-non rimane compresa nella famiglia pel solo fatto del
-matrimonio; vi dà dei figliuoli, ma non è di loro famiglia.
-I figliuoli stessi possono esserne stranieri, mentre
-ne fanno parte straniere persone; attesochè fondamento
-non ne è il matrimonio, come da noi, bensì la potestà.
-Il padre è re in casa; nella propria persona assorbisce
-quella della moglie, dei figli, dei discendenti; giudica
-fin della loro vita. Ordinamento tirannico al modo orientale,
-vigorosissimo a conservar le case e la disciplina,
-restringendo i diritti domestici e di successione ad una
-parentela meramente civile (<i>agnatio</i>).
-</p>
-
-<p>
-La favola primitiva di Roma atteggiava fanciulle sabine
-di buona casa, rapite dai grossolani masnadieri
-<span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span>
-di Romolo, i quali redimono il rapimento col rispetto,
-e ad istanza di esse si rappacificano coi Sabini; nel
-trattato si obbligano a non costringerle mai a girar
-la macine o preparare il pranzo, ma solo a filar lana.
-Per legge le donne non potevano esser tradotte al giudice
-degli omicidj, reputandole incapaci di tal delitto<a class="tag" id="tag207" href="#note207">[207]</a>;
-duranti le feste a loro onore, gli uomini
-doveano cedere ad esse il passo. Malgrado questo
-rispetto, che le differenzia dalle orientali, pesava sopra
-di esse la rigidezza della potestà domestica.
-</p>
-
-<p>
-I patrizj conoscono soltanto le <i>giuste nozze</i>, contratto
-d'impreteribile solennità, pel quale la matrona diviene
-parte della famiglia (<i>materfamilias</i>), e mediante la formalità
-della confarreazione, o una compra (<i>coemptio</i>),
-o l'usucapione, è ridotta in assoluta dipendenza dalla
-maestà del marito (<i>in manum convenit</i>), a segno che
-nulla possiede in proprio, può da quello esser venduta,
-giudicata, fin messa a morte per deliberazione presa
-coi parenti<a class="tag" id="tag208" href="#note208">[208]</a>. Al contrario nel <i>matrimonio</i> plebeo
-la moglie (<i>uxor</i>), non che diventi schiava allo sposo,
-serba il godimento de' proprj beni, e può fino convenir
-il marito in giudizio. La seconda forma prese
-col tempo vigore ed estensione, mentre invecchiò
-l'altra.
-</p>
-
-<p>
-Pertanto, invece d'entrare nella famiglia del marito,
-le matrone rimanevano spesso in quella del padre, indipendenti
-da quello: vivo lui, doveano aver un assegno
-per le spese di casa; morto, ne ereditavano i beni, in
-solo usufrutto è vero, ma pure amministrandoli a voglia,
-senza dipendere dal marito. Ne derivava alla
-donna un'aria d'eguaglianza e talora di superiorità; il
-marito, per ottenerne prestiti, dovea farle delle
-<span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span>
-concessioni<a class="tag" id="tag209" href="#note209">[209]</a>, oppure essa armavasi dei titoli di creditrice.
-I comici, non meno del censore Catone, schernivano
-cotesta indipendenza, causata dalla dote: eppure essa
-avviava la donna all'emancipazione.
-</p>
-
-<p>
-Al tempo di Teodosio e Valentiniano trovansi le donazioni
-<i>avanti nozze</i>, ma come istituzione già consueta.
-Furono introdotte quale un compenso della dote, e stipulavansi
-prima, atteso che le donazioni tra marito e
-moglie erano nulle. Tale donativo rimaneva immune
-dall'azione de' creditori, e se il marito fosse insolvibile,
-la donna aveva un'azione personale ed anche reale per
-farselo attribuire. La sorte di lei e de' figli era dunque
-assicurata dalla dote e dal dono antenuziale. Cessando
-il matrimonio, il marito ripigliava su questi la pienezza
-de' diritti, come anche per colpe della moglie determinate
-dalla legge. In caso di sopravivenza, ella avea
-diritto ad una porzione. Così via via s'accostava la
-donna a quella libertà che poi ottenne piena col cristianesimo,
-e che la sottrasse all'assoluta potestà maritale,
-facendola <i>consorte</i>, non serva, dandole l'uguaglianza
-legittima, conservandole la padronanza ne' suoi beni,
-ed obbligando il marito ad una donazione per nozze,
-equivalente alla dote ricevuta<a class="tag" id="tag210" href="#note210">[210]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Da principio non dovea confondersi un ordine coll'altro:
-dappoi, per la legge Canuleja del 445 avanti
-Cristo, i plebej possono unirsi in matrimonio con patrizj:
-poi, per la Papia Poppea del 9 dopo Cristo, l'ingenuo
-può mescolarsi al liberto: infine, al tempo di
-Giustiniano, il sangue senatorio potè innestarsi con
-quello della liberta e della prostituta senza avvilirsi.
-</p>
-
-<p>
-Anticamente la madre rimaneva esclusa dall'eredità
-legittima del marito, e solo se cadesse in miseria, ne
-<span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span>
-riceveva una parte<a class="tag" id="tag211" href="#note211">[211]</a>; se il marito le lasciasse ogni
-aver suo, non ne toccava che un decimo; e nessun
-dono poteva accettarne. Ma le leggi Giulia e Papia Poppea
-le attribuirono un decimo dell'eredità del marito
-se avesse un figlio, un terzo se tre, volendo in ogni
-modo favorire la moltiplicazione della prole: a questo
-intento, la madre potea col marito ereditare da uno
-straniero.
-</p>
-
-<p>
-Nemmeno dai figli redava in origine la madre, nè
-essi da lei: ma al tempo di Claudio, essendo morti tre
-figlioletti, unica delizia della genitrice, l'imperatore ne
-fu commosso, e lei dichiarò erede universale. L'eccezione
-divenne regola, e l'affezione un titolo; e sotto
-Adriano e Marc'Aurelio, i senatoconsulti Tertulliano ed
-Orfiziano assegnarono alla madre una porzione legittima
-ed eguale alla paterna nell'eredità de' figli, come
-a questi nella materna eredità.
-</p>
-
-<p>
-Anche dalla perpetua tutela s'emancipò allora la
-madre, perocchè un senatoconsulto, imperante Claudio,
-proferì che l'ingenua la quale avesse tre figli, o la liberta
-la quale n'avesse quattro, per questo solo fatto
-rimarrebbero dispensate dalla tutela dell'agnato: la
-tutela stessa del padre fu poi ristretta alla minore età.
-Sopraviveva, gli è vero, la tutela <i>atiliana</i>, per cui una
-donna non poteva stare in giudizio o far contratti senza
-un curatore<a class="tag" id="tag212" href="#note212">[212]</a>; ma col dare a lei i diritti di tutrice
-venivasi a eluder quella, e mostrarne l'assurdità. In
-fatto dapprima si permise alla donna di sceglier essa
-medesima il tutore: ma divenuta questa tutela o inutile
-o viziosa, fosse di scelta loro od imposta dalla legge
-(<i>ottativa</i> o <i>dativa</i>), Costantino la abolì riconoscendo
-<span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span>
-alle donne diritti eguali all'uomo, e Giustiniano cassò
-dal suo codice tutto quanto rammentasse le antiche restrizioni,
-e decretò alla madre o all'avola la tutela legale
-di pien diritto<a class="tag" id="tag213" href="#note213">[213]</a>. Merito ancora del cristianesimo,
-che nella vita attiva diede alle donne una posizione
-quale non aveano mai avuta sotto il patriziato romano,
-e che esse eransi meritata col loro zelo alle conversioni,
-coll'eroismo al martirio e alla carità<a class="tag" id="tag214" href="#note214">[214]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Le seconde nozze erano state incoraggiate dai primi
-imperatori; nè il cristianesimo le riprovò, quantunque
-paressero indizio di debolezza. Gl'imperatori cristiani
-provvidero che l'interesse de' figliuoli non restasse deteriorato
-quando il padre o la madre passavano ad altro
-letto<a class="tag" id="tag215" href="#note215">[215]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La donna, ond'essere romanamente considerata moglie,
-bisognava fosse di classe conveniente, ed entrasse
-in casa colle richieste formalità, coi riti sacri e cogli
-Dei penati; diversamente era <i>concubina</i>, non partecipe
-all'acqua, al fuoco, al culto interiore: matrimonio inferiore,
-sprovvisto di solennità, solubile, eppur regolato
-dal diritto naturale, e che serviva a coprire unioni
-libere ma non viziose di chi non voleva gli eccessivi
-legami del matrimonio legale, o sposava liberte; i figli
-consideravansi naturali, e non aveano i diritti de' legittimi
-verso il padre, bensì verso la madre. Gl'imperatori
-cristiani non osarono batter di fronte questa
-<span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span>
-consuetudine<a class="tag" id="tag216" href="#note216">[216]</a>; solo provvidero meglio alla legittimazione.
-Leone il Filosofo abolì poi il concubinato in Oriente:
-in Europa si protrasse fin dopo il Mille.
-</p>
-
-<p>
-Esercitando il diritto suo sopra il matrimonio quale
-sacramento, la Chiesa vi pose ordinamenti, e tolse di
-guardarlo come semplice contratto d'interesse e di
-piacere. Meglio fu tutelata la libertà della donna nella
-scelta dello sposo<a class="tag" id="tag217" href="#note217">[217]</a>, tanto più da che contro la violenza
-offriva rifugio la verginità onorata e sacra.
-</p>
-
-<p>
-Le nozze romane non s'intendevano <i>giuste</i> se non vi
-consentissero e i contraenti e quelli in cui potestà erano:
-che se padre e madre negassero il consenso senza motivi,
-il governatore della provincia poteva concederlo,
-e prefiggere la dote. Perchè i riguardi non impacciassero
-la volontà, nessun magistrato doveva contrar
-parentela nella provincia che reggeva; e se vi facesse
-sponsali, era in arbitrio della donna lo scioglierli,
-uscito ch'egli fosse d'autorità. Nè il tutore potea farsi
-sposa o nuora la pupilla. Incestuosi guardavansi i maritaggi
-tra genitori e figli anche adottivi, tra fratelli e
-sorelle. Restavano sciolti quando il marito cadesse
-schiavo o prigioniero, o per cinque anni non se ne
-avesse contezza.
-</p>
-
-<p>
-La Chiesa, volendo purificare tutte le relazioni civili
-e sottoporle a norme spirituali, crebbe gl'impedimenti,
-e chiamò <i>impedienti</i> gli uni, <i>pubblici</i> o <i>dirimenti</i> gli
-<span class="pagenum" id="Page_318">[318]</span>
-altri<a class="tag" id="tag218" href="#note218">[218]</a>. Dovendo i Cristiani vivere in legame di
-carità e in unione di credenza e di pratiche, bisognò
-proteggere i costumi con maggiori divieti, e insieme
-propagare a lontane famiglie que' vincoli di benevolenza
-che già esistono tra parenti: furono quindi proibiti
-i matrimonj tra figli di fratelli, sotto l'esorbitante
-pena del fuoco e la confisca de' beni; ed anche lo
-sposar nipoti nè cognate<a class="tag" id="tag219" href="#note219">[219]</a>. Facevano impedimento
-l'adulterio e il ratto; e come nel diritto romano era
-d'ostacolo l'adozione, così nel diritto canonico la parentela
-spirituale. I santi Padri ebbero sempre come pericolosi
-i matrimonj con infedeli: sotto il qual nome le
-leggi civili intesero poi soltanto gli Ebrei, giacchè i
-Pagani sempre più scomparivano; più tardi furono
-vietate le nozze anche con eretici.
-</p>
-
-<p>
-Per simboli antichi il matrimonio dovea simulare
-una violenza, e la sposa essere fra i pianti divelta dalle
-braccia materne per passare in quelle del marito. Cinque
-tede di pino ed una di biancospino; i capelli della
-ragazza divisi sulla fronte col ferro d'una lancia; le
-monete ch'essa dava allo sposo; l'invocato nome di
-Talasso; l'ungere il chiavistello della porta maritale, e
-varcarne la soglia a braccia d'amici per non incespicare;
-<span class="pagenum" id="Page_319">[319]</span>
-la focaccia di farina, sale e acqua, ed altri riti
-antichi, avevano perduto significazione, fin per gli eruditi.
-Però gli sponsali non andavano senza solennità; e
-il fidanzato dava alla sposa un anello, ponendoglielo
-sul quarto dito, che (tradizione egizia, non ancora spenta
-fra il vulgo) credeasi comunicare per un nervo sottilissimo
-col cuore. Il cristianesimo semplificò questi riti:
-ma fin dai primi tempi si esigeva che gli sposi dichiarassero
-al vescovo l'intenzione di contrar nozze, cerimonia
-surrogata alle sponsalizie del diritto civile<a class="tag" id="tag220" href="#note220">[220]</a>;
-e gl'imperatori resero obbligatorio tale atto. Generalmente
-si dava la benedizione; ma solo nell'VIII o IX secolo
-fu dall'autorità reputata necessaria a render valido
-il matrimonio; nel diritto canonico non si tenne mai
-per indispensabile<a class="tag" id="tag221" href="#note221">[221]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Sotto la legge Papia il matrimonio si provava per
-semplice presunzione, e, come ogni altro diritto, per
-l'uso e il possesso; nè occorreano magistrati per sancirlo,
-quasi il legislatore avesse sdegnato d'intervenire
-ad autenticare un obbligo, che ciascuna delle parti potea
-rescindere a talento. Nasceano dissapori in famiglia?
-se non fossero tolti da preghiere sporte alla dea Viriplaca,
-o dal pranzo che imbandivasi il 19 febbrajo
-(charistia), si consentiva il divorzio, non altro esigendosi
-<span class="pagenum" id="Page_320">[320]</span>
-se non che uno dei conjugi mandasse all'altro il
-libello, in presenza di sette cittadini. Elevato il matrimonio
-a dignità di sacramento, dalle leggi fu derogata
-la facilità procellosa de' divorzj, e specificatene le cause.
-La donna poteva separarsi dal marito se omicida, avvelenatore,
-sacrilego, impotente, o per lunga assenza e
-professione monastica; in ogni altro caso ella era
-rimandata spoglia d'ogni ricchezza ed ornamento: ma
-poteva far esigliare, e trarre a sè gli averi di quella
-che il marito introducesse nel suo talamo. La Chiesa
-non permise mai il divorzio nel senso civile; che se gli
-sposi separavansi, non poteano contrarre altri nodi<a class="tag" id="tag222" href="#note222">[222]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Del passo medesimo si addolcì la paterna assolutezza,
-non derivante dal sangue, ma dalle formole delle giuste
-nozze, e dalla finzione civile dell'adozione e dell'arrogazione.
-Era essa illimitata, sin a poter esporre o diseredare
-i figliuoli, i quali, sebbene fossero indipendenti
-pel diritto civile, e votassero nella tribù e nella classe
-del padre, pel diritto privato restavano non soltanto
-soggetti, ma in proprietà del genitore, per qualunque
-età o grado o magistratura avessero, salvo se fossero
-emancipati con finta vendita. Questa faceasi dal genitore
-a persona terza, la quale gli dava a peso il denaro
-convenuto, ripetendo l'atto tre volte, giacchè per altrettante
-la legge permetteva al padre di vendere il figlio;
-dopo di che il compratore lo menava ad un crocevia,
-e gli dicea: — Va dove t'aggrada». Chi non avesse
-figli poteva adottarne o arrogarne, col che su loro
-acquistava diritti e doveri di padre, e tramandava ad
-essi il nome e i beni; mezzo di perpetuar le famiglie,
-che nell'aristocrazia sono il tutto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_321">[321]</span>
-</p>
-
-<p>
-Dalla centralità del potere imperiale discordava quella
-giurisdizione privata de' padri; e il contrasto che la
-nuova generazione convertita aveva esercitato verso la
-vecchia pertinace, invogliava a porre limiti alla potestà
-patria, da carnale mutata in spirituale. Costantino lo
-fece; tanto che il padre rimase capo rispettato della
-sua discendenza, arbitro di diseredare, d'infliggere correzioni
-moderate, di dettare al magistrato la sentenza
-severa che fosse reclamata dalla disciplina domestica:
-ma ai genitori micidiali de' proprj figli fu applicata la
-pena dell'omicidio<a class="tag" id="tag223" href="#note223">[223]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ai pupilli non ancora puberi, vale a dire ai maschi
-prima dei quattordici anni, e alle fanciulle prima
-dei dodici, che perdessero il padre, si destinava un
-tutore fra' più prossimi parenti paterni; e sin a Claudio
-non era questo obbligato a veruna cauzione. Fatti puberi,
-gli orfani non potevano disporre de' proprj beni
-avanti la maggiore età, vale a dire a venticinque anni,
-se non consenziente un curatore, destinato dal prefetto
-della provincia.
-</p>
-
-<p>
-Ogni guadagno del figliofamiglia apparteneva al
-padre. Se vivesse a parte e con mestiere differente, il
-padre gli abbandonava il peculio, in modo che potesse
-disporne, non però alienarlo a titolo gratuito, nè legarlo
-in testamento. Dopo Augusto, per equità si permise ai
-figliuoli di disporre di ciò che avessero guadagnato
-militando (<i>peculium castrense</i>): sotto Costantino vi si
-assimilarono i beni acquistati in uffizj civili ed ecclesiastici
-(<i>peculium quasi-castrense</i>) o per dote: infine
-il padre non restò erede del figlio ab-intestato, se non
-in una parte legittima; de' beni della moglie non gli
-rimase che l'usufrutto, spettandone la proprietà ai
-figliuoli. Gran progresso alla indipendenza di questi e
-<span class="pagenum" id="Page_322">[322]</span>
-al loro valor civile in una società che fin allora gli avea
-tenuti soggetti. Generalizzando poi quel concetto, e
-depurandolo dalle viete mescolanze, Giustiniano attribuì
-al figlio la proprietà di quanto entrava nel suo peculio
-<i>avventizio</i><a class="tag" id="tag224" href="#note224">[224]</a>: del che s'applaudisce egli a nome
-dell'umanità, e avrebbe potuto dire, a gloria del
-cristianesimo.
-</p>
-
-<p>
-Sfasciasi dunque la famiglia legale per dar luogo al
-diritto umano; la gentilità cade in dimenticanza, e così
-il <i>nesso</i> e l'<i>addizione</i> dell'uomo libero; la mano e il
-<i>mancipio</i> non sopravanzano che come finzioni, onde
-eludere certi rigori dell'antico diritto. Il figliofamigiia
-ottiene una capacità, uno stato, poi una proprietà; il
-gius pretorio favorisce i cognati, i parenti di sangue, e
-attribuisce loro sempre maggiori diritti; finchè dalle
-costituzioni imperiali restano cancellati gli effetti della
-prisca famiglia romana, che da prima politica, poi
-religiosa, poi di diritto civile privato, infine si riduce
-a naturale.
-</p>
-
-<p>
-La paterna onnipotenza e la nessuna cura dell'uomo
-se non in quanto era cittadino, palesavasi principalmente
-nell'infanticidio, costumato da tutti gli antichi. Romolo
-ordinò di conservare in vita la fanciulla primogenita: le
-leggi imponevano d'uccidere il neonato deforme o infermiccio:
-che il padre impoverito potesse vendere i
-figliuoli, risulta da Paolo, e fin sotto Costantino e Teodosio
-Magno se ne trovano prove autentiche, e san
-Girolamo ci porge i gemiti di una madre, i cui tre figli
-erano stati venduti dal marito per pagare il fisco<a class="tag" id="tag225" href="#note225">[225]</a>.
-L'abortire era una scienza, e Giustiniano dichiarava che
-<span class="pagenum" id="Page_323">[323]</span>
-il feto, non ancor venuto in luce, non è uomo: onde,
-se al padre gravasse l'educare altra prole, se la madre
-non volesse abbreviarsi la gioventù, se gl'indovini o la
-congiunzione delle stelle profetassero sinistramente,
-disperdevasi il concetto; o, dopo nato, il padre non lo
-levava di terra; col che intendevasi ch'egli non lo
-riconosceva, ed era gettato alla via a morire, se pure
-nol raccogliessero certi speculatori che, storpiatili, se
-ne servivano per eccitare la pietà de' passeggieri, o li
-riducevano eunuchi o nani.
-</p>
-
-<p>
-Primi i Cristiani levarono la voce a favore di quei
-tapini; poi li raccolsero per salvarne la vita e l'anima;
-Costantino decretò sussidj a chi fosse impotente a nutrire
-i figliuoli: ma l'uso di gettarli era talmente radicato,
-che non veniva punito; solo la legge voleva ne
-diventasse proprietario chi li raccoglieva, passando in
-esso la patria potestà e il diritto di trattarli come figli
-o come servi. Valente e Graziano costituirono pene a
-chi esponesse i bambini: finalmente Giustiniano, sostenuto
-dalle censure ecclesiastiche, abolì questa nefandità.
-</p>
-
-<p>
-Nel codice Giustinianeo è proclamata l'eguaglianza di
-tutti i cittadini avanti alla legge; abolite le orgogliose
-distinzioni de' tempi repubblicani, a ottenere cariche e
-comandi non valeva più l'esser nobile o plebeo, romano
-o barbaro, ma il merito o vero o supposto. Logicamente
-ne conseguiva il cassare l'altra più iniqua distinzione fra
-ingenui e schiavi; ma talmente era connaturata colla
-società, che lunghi secoli stentarono la civiltà e il
-cristianesimo prima di toglierla.
-</p>
-
-<p>
-L'antico diritto distingueva lo stato dell'uomo in naturale
-e civile. Per natura ha la libertà, cioè può fare
-ciò che la forza e il diritto non vieta, nè tal libertà può
-alienare: ma civilmente ammettevasi la schiavitù; e lo
-schiavo era diminuito del <i>capo</i>, cioè senza le tre cose che
-lo costituiscono, libertà, cittadinanza, famiglia; era cosa,
-<span class="pagenum" id="Page_324">[324]</span>
-non uomo. Come fosse trattato, non serve ripeterlo
-(Cap. <span class="smcap lowercase">XIX</span>); ma gl'imperatori, contornati di schiavi e
-liberti, presero compassione per quella classe, con cui
-incrudelivano o straviziavano, e spesso divennero redentori
-degli schiavi quei ch'erano flagello dei liberi.
-Claudio pronunziò liberi i servi che nell'infermità fossero
-abbandonati dai padroni sull'isola d'Esculapio, e
-omicida chi li trucidasse per non mantenerli: la legge
-Petronia sotto Nerone impedì d'obbligarli a combattere
-colle fiere<a class="tag" id="tag226" href="#note226">[226]</a>: Adriano volle alle pene capitali non
-fossero condannati dai padroni, ma dal giudice, e potessero
-portar querela ai magistrati per mali trattamenti<a class="tag" id="tag227" href="#note227">[227]</a>:
-Antonino Pio costituì, che chi uccidesse il
-proprio schiavo fosse punito come l'uccisore dell'altrui,
-e i magistrati soccorressero a quelli che dai padroni fossero
-straziati, ovvero spinti all'impudicizia: Diocleziano
-permise allo schiavo di stare in giudizio o per costringere
-il padrone a concedergli la libertà dopo pagato il
-riscatto, o per vendicare la morte di quello<a class="tag" id="tag228" href="#note228">[228]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Restavano però sempre come una <i>seconda specie
-d'uomini</i><a class="tag" id="tag229" href="#note229">[229]</a>, e una legge di Costantino, vietandole,
-enumera le atrocità usitate contro gli schiavi; toglierli
-di vita col laccio, la croce, le armi, o trabalzarli, o
-injettar loro veleno nelle vene, o strapparne a brani le
-carni, o arderli a lento fuoco, o perfino lasciarli imputridire
-vivi. Esso imperatore abolì la croce, consueto
-loro supplizio, e il marchio in fronte: se mandò assolto
-il padrone che uccidesse il servo nel correggerlo, lo
-dichiarò omicida se per deliberata volontà il mettesse
-<span class="pagenum" id="Page_325">[325]</span>
-a morte: nel dividere i coloni coi poderi, volle non si
-separassero i figliuoli dai genitori, dalle sorelle i fratelli,
-dai mariti le mogli<a class="tag" id="tag230" href="#note230">[230]</a>. Egli stesso agevolò le manumessioni
-fatte in chiesa e da chierici; e tante furono,
-che l'Impero si trovò affollato di poveri, cui la Chiesa
-dovette soccorrere con ospedali e sussidj. Se ne induceva
-la necessità di procedere lentamente: e l'avere un
-giorno l'effimero imperatore Giovanni abolita la schiavitù,
-fu un atto di que' rivoluzionarj che non riflettono
-al domani.
-</p>
-
-<p>
-Costantino lasciò sussistere gl'impedimenti frapposti
-da Augusto alla manumessione per testamento; pure
-diveniva consueta, e Giustiniano vi diede altrettanta
-libertà come alle manumessioni tra vivi. Egli stanziò
-che, chiunque cessava d'essere schiavo, acquistasse
-immediatamente la cittadinanza, abolendo la restrizione,
-di cui la legge Giunia Norbana circondava quelli fatti
-liberi <i>per lettera, fra amici</i>, o con formalità meno
-solenni; introdusse di liberarli <i>nelle sacrosante chiese</i>,
-giusto trovando che i ceppi dello schiavo si spezzassero
-a piè di quella croce, donde l'uomo era stato redento
-dalla servitù.
-</p>
-
-<p>
-A paro colle persone, venne svincolandosi la proprietà,
-le cui vicende sono il più significante testimonio
-della condizione di un popolo. Come fra i più antichi,
-così probabilmente fra i Greci essa era di natura religiosa:
-a Roma la troviamo municipale, sebbene in
-origine l'esser cittadino portasse forse la comunanza
-di riti. Da principio l'intera tribù acquistava proprietà
-sopra i campi da essa coltivati, dividendo come le
-fatiche così i frutti, e ripartendoli per famiglie o consorzj,
-obbligati a conservare e trasmettere la proprietà
-comune. A ciascun brano di privata si aggiungeva un
-<span class="pagenum" id="Page_326">[326]</span>
-pezzo di proprietà pubblica pei pascoli: dal che seguiva
-che, com'era comune la pubblica, così la privata dovesse
-unirsi in consorzj, e perciò rimaner solidale nei pesi
-pubblici.
-</p>
-
-<p>
-I Comuni però non erano unioni popolari, quali oggi
-le intendiamo, determinate dall'unità territoriale; sibbene
-aggregamento di alquanti consorzj. Talvolta parte
-di un consorzio si poneva sotto al patronato d'un senatore
-o d'una persona di Corte, e con ciò restava
-esente dai carichi, ad aggravio dell'altra parte. Ciò
-contribuì a sminuire i possessori liberi, moltiplicando
-i coloni e i servi. Gl'imperatori poco a poco aveano
-tratto sotto l'immediata loro protezione anche le città,
-solo garantendone alcune franchigie. I consorzj godeano
-pure di privilegi imperiali, contribuendo ai pubblici
-aggravj; e fu come consorzio che la nuova Chiesa
-crebbe e divenne governo.
-</p>
-
-<p>
-Fra le cose, alcune erano state appetite sovra le altre
-dalla semplicità guerresca dei prischi Romani, come
-la terra che costituiva la proprietà per eccellenza, poi
-le case, gli schiavi, le bestie da lavoro. Queste (dette
-<span class="smcap lowercase">RES MANCIPI</span> perchè non s'acquistavano se non colla
-mancipazione o con altro atto legale) conferivano la
-condizione civile, e perciò erano regolate colla religione
-e coll'autorità pubblica, non poteano acquistarsi che
-dal cittadino, nè alienarsi senza formole pubbliche. Le
-altre cose di lusso e godimento, per quanto Roma
-arricchisse, furono sempre tenute da meno (chiamate
-res nec mancipi perchè vi bastava la tradizione, senza
-le solennità sacramentali della mancipazione), e regolavansi
-col diritto naturale.
-</p>
-
-<p>
-Da principio esiste un dominio solo; si possiede pel
-diritto de' Quiriti (<i>dominio quiritario</i>), o non si possiede.
-Solo il cittadino può avere tale dominio; solo
-farne oggetto le cose e il suolo <i>commerciabile</i>; escluse
-<span class="pagenum" id="Page_327">[327]</span>
-dunque le persone e le terre straniere: la provincia è
-proprietà del popolo, poi dell'imperatore; in essa e
-sopra ogni suolo che non fruisca del diritto italico, si
-hanno de' possessi, ma non la proprietà: sebbene poco a
-poco anche quelli acquistino i mezzi di tutela e i vantaggi
-della proprietà legale romana. Questa non può
-essere attribuita con modi diversi dalle romane prescrizioni:
-compite le quali, diviene assoluta, che che
-inganno o forza vi siano intervenuti.
-</p>
-
-<p>
-Dalle scuole stoiche i giureconsulti aveano dedotta
-la distinzione dei beni in cose materiali e no: contavansi
-fra le materiali quelle che possono toccarsi; le
-altre indicavano piuttosto diritti sulle cose stesse, fra
-cui i più importanti erano le servitù rustiche ed urbane,
-e le personali, cioè usufrutto, uso, abitazione. Alcune
-cose erano <i>sacre</i>, come i tempj; altre <i>religiose</i>, come
-i luoghi destinati a sepolture; altre sante, come le
-porte d'una città. Alcune erano di tutti (<i>res universitatis</i>),
-come teatri, stadj; alcune di nessuno, come i
-lidi del mare, i fiumi; o del primo occupante, come gli
-uccelli liberi, alla cui caccia unico limite era il rispetto
-dovuto ai fondi e alle siepi altrui.
-</p>
-
-<p>
-Acquistavasi la proprietà delle cose particolari colla
-prescrizione, col dono, colla compra, o colle successioni:
-le servitù, gli schiavi e le terre poste in Italia trasmettevansi
-col solenne rito della mancipazione. Ma accanto
-al dominio quiritario s'introduce un diritto meno perfetto,
-un possesso secondo il diritto delle genti, non
-giuridico ma di fatto, e che si definisce <i>in bonis habere</i>,
-avere tra i proprj beni; donde fu poi denominato
-dominio <i>bonitario</i>: gli editti pretorj lo proteggeranno,
-la giurisprudenza ne snoderà le regole, vi si annetteranno
-gli effetti utili del dominio<a class="tag" id="tag231" href="#note231">[231]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_328">[328]</span>
-</p>
-
-<p>
-I Cristiani non riconoscevano per padrona di tutto
-la patria; i possessi non deducevano dalla ragion di
-Stato, ma da Dio; laonde il civile diritto cedette a quel
-delle genti, e invalse la proprietà naturale; e quando
-si compilò il Codice, furono equiparate le cose màncipi
-e le non màncipi<a class="tag" id="tag232" href="#note232">[232]</a>, il diritto quiritario e il bonitario,
-«ludibrio d'antica sottigliezza». Adunque da principio
-trovammo una sola proprietà <i>ex jure Quiritium</i>; alla
-fine, ancora una proprietà sola, ma aperta a tutti, in
-qualunque territorio, e in arbitrio del possessore il
-disporne. Speciali regolamenti ebbe l'enfiteusi ecclesiastica,
-o precaria, per la quale un podere veniva
-dalle Chiese conceduto con lieve canone per un tempo
-determinato, allo spirar del quale tornava ad esse con
-aggiunta d'altri terreni e coi miglioramenti.
-</p>
-
-<p>
-In prima il solo cittadino romano poteva testare<a class="tag" id="tag233" href="#note233">[233]</a>,
-e in due maniere: o ne' <i>comizj calati</i> il patrizio dichiarava
-alle tribù la sua ultima volontà; o sul campo di
-guerra il soldato avanti ai commilitoni (<i>in procinctu</i>).
-Da poi, cogli stessi riti onde trasferivasi il dominio, si
-facea la solenne dichiarazione dell'ultima volontà, presenti
-cinque testimonj e un pesatore, simulando vendere
-famiglia e beni ad un altro, il quale non era dunque
-erede ma compratore (<i>familiæ emptor</i>). L'editto pretorio
-modificò queste norme, accordando valore (<i>possessio
-bonorum</i>) a qualunque testamento portasse il
-suggello di sette cittadini. Sotto gl'imperatori la dichiarazione
-d'ultima volontà potè farsi davanti un magistrato,
-e alla curia municipale, iscrivendola ne' protocolli;
-<span class="pagenum" id="Page_329">[329]</span>
-donde il testamento <i>autentico</i>. Infine Valentiniano III
-introdusse il testamento <i>olografo</i>.
-</p>
-
-<p>
-L'istituzione dell'erede, ch'era il punto essenziale,
-dovea farsi in termini imperativi; ma Costantino alla
-necessità delle formole surrogò la semplice espressione
-di volontà. Chi avesse figliuoli naturali o adottivi, non
-emancipati nè espressamente diseredati, doveva istituirli
-eredi. Al debitore insolubile imprimevasi nota
-d'infamia; laonde chi morisse in tal condizione, istituiva
-erede forzato uno schiavo, acciocchè la procedura
-fosse patita da questo, senz'aggravio della sua memoria.
-Perocchè gli schiavi e i figlifamiglia sottentravano
-<i>necessariamente</i> al defunto nei diritti non meno che
-nei pesi: poi il pretore permise di <i>astenersi</i> dalla successione
-del padre: finalmente con Giustiniano s'introdusse
-il benefizio dell'inventario.
-</p>
-
-<p>
-In legati non poteasi disporre di là da tre quarti
-dell'eredità<a class="tag" id="tag234" href="#note234">[234]</a>. I beni dell'intestato passavano agli
-eredi <i>suoi e necessarj</i>, cioè ai figli legittimi o adottivi,
-o ai discendenti in linea mascolina: gli emancipati non
-v'aveano diritto per legge, ma furonvi ammessi per
-editto pretorio (<i>bonorum possessio ab intestato</i>). Dappoi
-non s'ebbe più riguardo all'agnazione, aristocraticamente
-diretta a conservar i beni nelle famiglie; e le
-costituzioni imperiali chiamarono alla successione legittima
-anche i discendenti per donna; le madri ereditarono
-dai figli, a preferenza degli agnati; non contandosi
-più il legame della potestà, ma quello del sangue. Così
-la natura fu ripristinata ne' suoi diritti, e il principio
-aristocratico soccombette all'equalità naturale. L'ordine
-di successione stabilito da Giustiniano secondo la parentela
-naturale, è affatto filosofico, e sopravisse alla
-barbarie e alla feudalità, per impiantarsi ne' codici
-odierni.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_330">[330]</span>
-</p>
-
-<p>
-In una successione non può raccogliersi se non quel
-che esisteva nel patrimonio del defunto; in conseguenza
-non si può stipulare una promessa pel momento della
-morte. Questa sottigliezza de' giureconsulti romani fu
-tolta via da Giustiniano. Ove mancasse un successore,
-l'eredità ricadeva al fisco. Da poi alcune corporazioni
-ottennero privilegio speciale sui beni de' loro aggregati,
-morti senza eredi; onde quei de' soldati devolveansi
-alla sua legione, quei del decurione municipale
-alla curia, quei del monaco al convento.
-</p>
-
-<p>
-Di quattro specie obbligazioni riconosce il diritto
-romano; per <i>contratti</i> e <i>quasi-contratti</i>, per <i>delitti</i> e
-<i>quasi-delitti</i>. Le convenzioni fra i Romani non produceano
-obbligazione se non in casi determinati; cioè
-quando vi si fosse adoperata una delle formole riconosciute
-dal civile diritto, come il nesso, la stipulazione;
-o quando l'uso vi avesse applicato un nome e un'azione
-speciale, come il mutuo, il comodato, il deposito, il
-pegno, la fidejussione, la vendita, la locazione, il mandato,
-la società. Que' primi quattro chiamavansi contratti
-<i>reali</i>, perchè, oltre il consenso, suppongono la
-tradizione fatta da chi deve a chi riceve; mentre gli
-altri si formano col semplice consenso. Pel diritto pretorio,
-a tali contratti se n'aggiunsero più altri <i>innominati</i>;
-finchè Aristone, imperante Trajano, introdusse
-l'azione <i>ex præscriptis verbis</i>, cioè che chi diede o
-fece una cosa in vista d'una prestazione equivalente,
-possa esigerla. Quindi i contratti innominati furono
-ridotti a quattro tipi, <i>Do ut des, do ut facias, facio
-ut des, facio ut facias</i>; ma non si statuì mai che in
-essi il consenso delle parti bastasse per produrre obbligazione:
-così, per esempio, il baratto, che alcun tempo
-fu assimilato alla vendita, si ebbe sempre come un
-contratto innominato, una variante del tipo <i>do ut des</i>.
-</p>
-
-<p>
-In generale le formole in cui s'adoprava il verbo
-<span class="pagenum" id="Page_331">[331]</span>
-<i>spondère</i>, tenevansi come di diritto civile, e non creavano
-obbligazioni che fra cittadini romani; fin a quando
-l'imperatore Leone dichiarò che le stipulazioni reggevano,
-qualunque ne fossero i termini. Bastava dunque
-si facesse un dialogo fra i due contraenti: — Prometti
-di dare o di fare la tal cosa? — Prometto». Gli atti
-e le formole inchiudevano la necessità che gli stipulanti
-fossero presenti: ma uno potea farsi rappresentare dai
-proprj schiavi. Ogni padrefamiglia teneva un libro di
-dare e avere (<i>codex accepti et expensi</i>), e il registrarvi
-un obbligo lo rendeva autentico; sebbene non conosciamo
-di quali cautele abbisognasse quest'atto.
-</p>
-
-<p>
-Un fatto lecito da cui risultassero obbligazioni, chiamavasi
-quasi-contratto, come la volontaria gestione
-d'affari altrui. Dei delitti parleremo or ora. Quasi-delilto
-dicevasi un fatto che recò o poteva recar danno, senza
-precisa intenzione, ma per colpa; come chi sospendesse
-o gettasse alcun che, o scavasse una fossa con pericolo
-de' passeggieri.
-</p>
-
-<p>
-L'ipoteca potea mettersi su tutti i beni; nè conosceasi
-la <i>legale</i>, cioè non precisata da convenzione. Le
-ipoteche non erano pubbliche, nè il credito veniva
-assicurato se non dalle pene minacciate ai venditori
-che dissimulassero di quali carichi fosse gravato il fondo
-che vendeano.
-</p>
-
-<p>
-Le azioni, cioè il diritto di reclamare in giudizio il
-dovuto, distinguevansi, quanto all'oggetto, in <i>personali</i>,
-<i>reali</i> e <i>miste</i>, secondo che erano da persona a persona
-per costringerla ad adempiere un obbligo, o chiedevasi
-compenso o restituzione d'una cosa, o faceasi l'una cosa
-e l'altra, come nel domandare una divisione d'eredità.
-Quanto all'origine, erano o <i>civili</i>, autorizzate da legge,
-o <i>pretorie</i>, fondate sull'editto del pretore. Quanto al
-soggetto, erano di <i>stretto diritto</i>, di <i>buona fede</i>, ed
-<i>arbitrarie</i>; distinzioni fondate sul particolar modo
-<span class="pagenum" id="Page_332">[332]</span>
-d'amministrare la giustizia, essendo le prime due deferite
-al magistrato, le terze all'arbitrio.
-</p>
-
-<p>
-La giurisdizione rimaneva congiunta all'amministrazione
-in quel che dicevasi <i>imperio</i>: se non che alcuni
-magistrati inferiori non aveano tutto l'imperio, ma soltanto
-l'autorità giuridica. Dell'imperio ordinario non
-facea parte la giurisdizione criminale, che era sempre
-una delegazione speciale, denominata <i>merum imperium</i>,
-e portava diritto di spada; a diversità del <i>mixtum imperium</i>,
-che consisteva nel poter mettere alcuno in
-possesso di beni.
-</p>
-
-<p>
-Anche dopo dismesse e diradate le azioni simboliche,
-la legge e la consuetudine avevano determinato le formole
-della processura. Negli atti giuridici da principio
-sopra l'intenzione predomina la forma, che è quasi la
-veste, l'esternazione del pensiero; e non usandosi o
-poco la scrittura, bisogna far impressione sui sensi, e
-che l'atto della volontà istantaneo e fuggevole sia ridotto
-sensibile e irrevocabile. Oltre le cause generali che
-materializzano le istituzioni al tempo delle civiltà nascenti,
-e che in paesi diversissimi offrono press'a poco
-gli stessi fenomeni, le forme della stipulazione giovano
-in quanto fissano seriamente l'attenzione delle parti
-sopra ciò che stanno per fare; in un'espressione netta,
-breve, rigorosa, precisano l'obbligazione che contraesi,
-e fanno apparire più vigorosamente l'assenso delle parti
-mediante l'interrogazione e la risposta. Oggi stesso che
-si bada più ch'altro alla pura volontà, all'intenzione,
-per certi atti più importanti si conservano pratiche
-analoghe all'antica stipulazione, come è la formola del
-matrimonio, come il giuramento.
-</p>
-
-<p>
-In principio questi atti s'appoggiano all'analogia,
-operazione tanto comune nella fanciullezza dell'individuo
-come delle nazioni. Da poi si arriva al simbolo, che
-spesso non è se non l'avanzo d'un rito perduto. Via via
-<span class="pagenum" id="Page_333">[333]</span>
-le istituzioni dalla materia passano nel campo dell'intelligenza;
-la civiltà si appiglia immediatamente allo
-spirito, alla volontà, all'intenzione; dall'esteriorità chiedendo
-soltanto ciò che è indispensabile per rivelare e
-garantire il consenso.
-</p>
-
-<p>
-Così andò in Roma. Quando ancora non si coniava
-denaro, ogni vendita faceasi a peso; donde ci son
-rimaste le espressioni moderne di <i>spesa, stipendio</i>,
-<i>spendere</i>. Anche dopo conosciute le monete, si comparve
-al giudizio colla bilancia e col metallo (æs et libra); e
-questi divennero simbolo in molti contratti, dove si
-trattava di tutt'altro che vendita. Ne' processi di rivendicazione
-si finge battaglia, come quando la guerra era
-il modo d'acquisto per eccellenza: poi la bacchetta
-rimase simbolo della lancia: e tale procedura s'accomunò
-a casi, dove nè tampoco trattavasi di decidere
-una contestazione. Sopra una zolla, sopra un tegolo
-recati al pretore si adempivano le formalità ch'era
-prescritto al magistrato di fare sugli oggetti stessi.
-Abolite le trenta curie, trenta littori ne rimasero simbolo,
-poi bastò la scure del littore.
-</p>
-
-<p>
-A passo passo tutte le azioni legali che drammatizzavano
-il diritto patrizio (t. I, p. 182), si mutarono in
-formole che erano date dal pretore stesso, in modo che
-le parti non deteriorassero la propria condizione per
-ignoranza di esse: ma benchè la <i>lex Julia privatorum</i>
-di Augusto avesse concesso ai litiganti di spiegare
-semplicemente davanti al magistrato l'oggetto in contestazione,
-pure non era unico intento de' giureconsulti
-e de' giudici la scoperta del vero e del diritto, e la
-decisione restava vincolata all'esattezza di esse formole
-d'azione, che doveano adoprarsi dai contendenti, prima
-che la causa fosse librata dal giudice; talchè uno trovavasi
-condannato, non perchè avesse torto, ma solo
-per ignoranza o fallo in quelle applicare. Un tale (racconta
-<span class="pagenum" id="Page_334">[334]</span>
-Gajo) portò querela per alcuni ceppi di viti
-tagliate (<i>vitibus succisis</i>); ma le XII Tavole aveano
-parlato soltanto di alberi, sicchè la petizione fu respinta.
-Caduta la religione che sanciva le formole, Costanzo le
-abolì come divenute un lacciuolo di sillabe alla buona
-fede<a class="tag" id="tag235" href="#note235">[235]</a>, lasciando che l'attore scegliesse qual più gli
-piaceva.
-</p>
-
-<p>
-Questo, nell'introdurre l'istanza, giurava non esser
-mosso da prurito di calunniare o vessare, ma da convinzione;
-e se perdesse, doveva per ammenda il decimo
-dell'oggetto contestato. Nelle cause reali ciascuna parte
-poteva obbligare l'avversario a deporre una somma,
-che andava perduta qualora soccombesse. A nessuno
-era negato farsi rappresentare da un procuratore, e
-sopra di questo cadeva la sentenza: ma ben doveano
-trascinarsi per le lunghe i processi, se Giustiniano, «per
-impedire che divengano immortali», dichiarò l'intenzione
-che una causa non oltrepassasse la durata d'una
-vita d'uomo<a class="tag" id="tag236" href="#note236">[236]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Mentre fra noi qualsivoglia reità, dall'adulterio in
-fuori, provoca azione pubblica nell'interesse della società,
-fra i Romani il furto, la rapina, il danneggiamento,
-le ingiurie ed altri delitti erano <i>privati</i>, procedendosi
-contr'essi soltanto sopra istanza dell'offeso. I <i>pubblici</i>
-si distinguevano da capo in <i>ordinarj</i>, contemplati da
-alcuna legge particolare con pena prestabilita, e <i>straordinarj</i>,
-che erano puniti a stima del magistrato, quali
-la tentata infrazione del carcere, lo stellionato, il formare
-delle società non autorate dall'imperatore. Morte
-infliggevasi anche per colpe vaghe o leggeri, come
-abbattere un albero, tagliar una vigna, se supponeasi
-<span class="pagenum" id="Page_335">[335]</span>
-fatto nell'intento di sminuire il censo al fisco<a class="tag" id="tag237" href="#note237">[237]</a>.
-Gravissima pena l'esiglio, che traeva seco la morte
-civile, e che solevasi infliggere per adulterio, atto falso,
-estorsioni e simiglianti; o a persone qualificate, pei
-delitti per cui le inferiori si condannavano alle miniere.
-Perocchè le pene colpivano in grado diverso secondo
-il delinquente; e chi uccidesse la propria moglie côlta
-in adulterio, se libero era relegato in un'isola; se egli
-fosse di condizione inferiore, subiva i lavori pubblici;
-anche per dato incendio la persona oscura andava
-alle catene ed alle fiere, non la illustre; nel furto l'uom
-vulgare era staffilato e precipitato dalla rupe Tarpea,
-il ricco si redimeva col dare il quadruplo del rubato.
-</p>
-
-<p>
-Non poteva il codice negligere i precetti della nuova
-religione intorno alla castigatezza del costume, ignota
-all'antichità<a class="tag" id="tag238" href="#note238">[238]</a>. Mentre alle adultere fu ridotta la pena
-a due anni di solitudine penitente, i peccati contro
-natura castigaronsi, senza divario di persone, con una
-squisitezza di supplizj che a fatica può perdonarsi alla
-purità del motivo. Nuova cosa erano pure le comminatorie
-contro l'eresia: ma il volere alla religione della
-carità e della mansuetudine applicare i regolamenti
-dalla patrizia severità emanati in sostegno dell'inesorabile
-religione dello Stato, portò a giustificare le persecuzioni,
-e offrì l'autorità dell'esempio agl'imperatori
-germanici, quando, più tardi, statuirono fin la morte
-contro i miscredenti.
-</p>
-
-<p>
-Nei casi di maestà rinasce l'esorbitanza del prisco
-diritto. La società antica, propensa a tutto idoleggiare,
-avea divinizzato l'imperatore, in modo che qualunque
-<span class="pagenum" id="Page_336">[336]</span>
-attentato contro di esso consideravasi fatto contro la
-repubblica in lui personificata, e contro la divinità.
-Enormissimo fra i delitti era pertanto quello di Stato:
-ma tale qualifica colpiva anche azioni indifferenti,
-nè soltanto sotto principi tirannici, ma fin sotto quelli
-che aveano del cristianesimo adottate le esteriorità,
-non il liberale sentimento. La legge Giulia fa reo
-di fellonia chi fonde le statue degl'imperatori od
-«opera alcun che di somigliante»<a class="tag" id="tag239" href="#note239">[239]</a>: tanta latitudine
-nella più formidabile delle accuse! Vi volle un
-senatoconsulto per dichiarare che non offendeva la
-maestà chi disfacesse simulacri di imperatori riprovati;
-e rescritti di Severo ed Antonino per mandare immune
-chi ne vendesse di non consacrati, o per caso li colpisse
-d'una pietra.
-</p>
-
-<p>
-Una legge imperiale puniva chi mettesse in forse il
-giudizio del principe o dubitasse del merito de' suoi
-impiegati<a class="tag" id="tag240" href="#note240">[240]</a>: un'altra pronunziò che l'attentare contro
-i ministri e gli uffiziali del principe fosse misfatto, come
-il nuocere al principe stesso, del cui corpo son quasi
-membri<a class="tag" id="tag241" href="#note241">[241]</a>; una di Valentiniano, Teodosio e Arcadio
-costituisce rei di maestà i monetieri falsi<a class="tag" id="tag242" href="#note242">[242]</a>: sotto
-Costanzo reputavasi fellonia l'interrogare indovini sopra
-lo strillo d'un topo o d'una donnola, e il medicare una
-doglia con parole da vecchierella<a class="tag" id="tag243" href="#note243">[243]</a>. Soffogata la
-rivolta di Avidio Cassio, s'introdusse di processare anche
-morti, per incamerarne i beni se convinti<a class="tag" id="tag244" href="#note244">[244]</a>. E
-la confisca era grande stimolo ad abbondare in siffatte
-<span class="pagenum" id="Page_337">[337]</span>
-accuse; e v'avea gente apposta (<i>petitorii</i>) che le promovevano,
-per domandarne in compenso i beni, con
-un'insistenza mal frenata da ventisei leggi del codice
-Teodosiano<a class="tag" id="tag245" href="#note245">[245]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Quanto di severo aveano statuito sopra tal fatto i
-predecessori, fu accolto da Giustiniano, tenendo fin memoria
-del giureconsulto Paolino che accusò di perduellione
-un giudice per aver deciso in senso contrario ad
-una legge dell'imperatore: e di Faustiniano, che, avendo
-giurato per la vita del principe non perdonare al suo
-schiavo, si credette obbligato a perpetuar la collera per
-non incorrere in crimenlese<a class="tag" id="tag246" href="#note246">[246]</a>. Dimenticò invece che
-l'imperatore Alessandro Severo avea respinte le accuse
-indirette di maestà, e Tacito escluse gli schiavi dallo
-attestare in queste contro i loro padroni<a class="tag" id="tag247" href="#note247">[247]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Dove ci si manifesta uno dei difetti principali del codice
-Giustinianeo, l'avere tramandato ai posteri uno spirito
-dissonante dall'amore e dalla benevolenza predicate
-dal Vangelo. L'imperatore dispotico e il ligio suo ministro
-evitarono d'inserire le leggi <i>sediziose</i> della repubblica,
-e checchè sentisse di libertà o di privilegi,
-cancellati o cancellabili dalla tirannide. Di tre soli giureconsulti
-dell'età repubblicana fecero menzione, e
-scarsa di quelli fioriti sotto i primi Cesari, larga messe
-invece cogliendo nel tempo che una turba di forestieri
-portava a Roma l'omaggio di sue adulazioni: osarono
-perfino il nome degli antichi giureconsulti lasciar in
-capo a leggi loro, benchè mutilate o travolte<a class="tag" id="tag248" href="#note248">[248]</a>,
-<span class="pagenum" id="Page_338">[338]</span>
-mentre non omettevasi alcuno de' passi che consolidi
-od esageri i monarchici arbitrj; il che, oltre nuocere
-allora, innestò un morboso elemento alle costituzioni
-della nuova Europa, presumendo giustificare la tirannia
-al cospetto di quelli, per cui son tutt'uno giustizia e
-legalità. Imperocchè, se lo studio rinnovato del diritto
-giustinianeo offrì dopo il <span class="smcap lowercase">XIV</span> secolo felicissimi concetti
-d'ordine e d'amministrazione, pregiudicò alla posterità
-l'idolatrare tutto ciò che Giustiniano avea raccolto della
-sapienza come dell'imbecillità e ferocia de' suoi predecessori;
-i principi se ne armarono per menomare le
-franchigie introdotte dallo spirito de' Germani, dalle
-immunità ecclesiastiche, dalla feudalità e dai Comuni;
-si tornò a predicare la pagana onnipotenza del monarca;
-e i progressi dell'umana ragione furono inceppati
-dalla pretensione di governare il mondo colle istituzioni
-di tanti secoli prima, e d'una società e d'una
-religione essenzialmente differenti.
-</p>
-
-<p>
-Non ostante gli errori particolari, non ostante che il
-Codice di Giustiniano e il Digesto non siano giunti a
-noi quali erano stati compilati, rimangono il più insigne
-monumento della sapienza antica, viepiù meraviglioso
-per tempi considerati d'universale decadenza. E decadenza
-era veramente, ma solo delle idee antiche,
-le quali cedevano luogo alle nuove. Il politeismo era
-perito; perite le favole filosofiche d'Alessandria e le
-legali d'Atene; perito l'alito esclusivo del patriziato,
-livellato pur esso nella soggezione alle leggi; perita la
-fierezza d'un tempo che affiggeva la giustizia a formole
-morte. Che altro restava se non il cristianesimo? E
-quanto esso giovasse a migliorare la legislazione ci
-apparve in tutta questa rassegna, e nelle leggi de' successori
-di Costantino, che attestano quanto fossero inumane
-le precedenti.
-</p>
-
-<p>
-I tre figli di quello nel 338 ricusavano i libelli infamatorj, le
-<span class="pagenum" id="Page_339">[339]</span>
-lettere cieche, le accuse secrete, impedendo
-di procedere sopra tali denunzie<a class="tag" id="tag249" href="#note249">[249]</a>. Valentiniano condannò
-l'esposizione degl'infanti; stipendiò un medico
-dei poveri per ciascun quartiere di Roma; vietò agli
-avvocati di ricevere sportule, bastando la gloria di difendere
-l'innocenza; a tutti impedì lo ingiuriarsi nei
-dibattimenti; i commedianti, battezzati in pericolo di
-morte, non si potesse più obbligarli a salire sul palco,
-nè le figlie delle attrici a seguire la professione materna;
-istituì scuole, stabilì i difensori delle città, avvocati
-degli interessi di queste, i quali poteano recar
-rimostranze ai magistrati civili ed anche al trono. Graziano
-ai delatori bugiardi infliggeva la pena che sarebbe
-tocca al calunniato; revocò tutti i privilegi concessi a
-privati in pregiudizio del corpo cui appartengono;
-dispensò dall'obbedire ad ordini che i tribunali o i
-magistrati dicessero aver ricevuto a viva voce dall'imperatore.
-</p>
-
-<p>
-Teodosio Magno proibì di sollecitare i beni dei condannati
-per ribellione, giacchè talora, a forza d'importunità,
-si otteneva ciò che principe giusto non era in
-diritto di concedere: la quale ordinanza rattenne dallo
-spionaggio quei tanti che si faceano delatori per ciuffare
-i beni dell'accusato. Mentre dapprima gli averi degli
-esigliati si applicavano al tesoro, egli ordinò fossero
-divisi tra questo e il reo od i suoi eredi, e che ai figli
-si lasciassero interi quelli d'un padre condannato a
-morte. Agli Ebrei fu proibito comprare schiavi cristiani,
-e ai Cristiani permesso senza misura di affrancare i
-loro. Dolcezza e umanità prescrisse Teodosio a quei che
-sogliono averne sì poca, i carcerieri; i giudici visitassero
-frequente le prigioni, raccogliessero le lagnanze
-dei detenuti, ed esattamente registrassero le loro imputazioni.
-<span class="pagenum" id="Page_340">[340]</span>
-Vietò anche il vendere, comprare ed ammaestrare
-alcuna sonatrice, o invitarla a banchetti e
-spettacoli, e il tenere musici di professione; contro la
-quale specie di servi, continui erano in declamare i
-santi Padri, come semenzajo di scostumatezza.
-</p>
-
-<p>
-Una legge d'Onorio vietava il traffico a persone di
-qualità, non perchè disonorevole, ma perchè aveano
-agevolezza di far torti agli inferiori: un'altra permetteva
-a chi trovasse leoni sulle proprie terre, d'ucciderli,
-non però di prenderli vivi per farne mercato; preferendo
-ai piaceri imperiali il vantaggio de' popoli. Più
-ricordevole è quella che impone, i prigionieri ogni domenica
-sieno tratti fuori dai giudici, per sapere se
-ebbero ogni necessità, e mandati al bagno; se poveri,
-siano alimentati dal pubblico: e di questa legge raccomandava
-l'adempimento a' vescovi, dai quali probabilmente
-gli fu suggerita. Un'altra ordina ai medesimi di
-prender cura non sieno maltrattati gli schiavi cristiani
-tornanti alle case.
-</p>
-
-<p>
-I due Valentiniani aveano introdotto di liberare al
-giorno di Pasqua i carcerati per delitti non gravi<a class="tag" id="tag250" href="#note250">[250]</a>.
-Dipoi Valentiniano III proferiva che alla maestà regia
-convenisse dichiarare «anche il principe esser tenuto
-alle leggi, e che l'autorità di lui dipende dall'autorità
-del diritto, più che l'imperare essendo cosa magnifica
-il sommettere il principato alle leggi». In conseguenza
-proibiva a tutti quel tanto che voleva non fosse lecito
-neppure a lui stesso; e notificava che, salva la riverenza
-dovuta alla maestà sua, non avrebbe sdegnato litigare
-coi privati al medesimo fòro, ed esser giudicato colle
-leggi medesime<a class="tag" id="tag251" href="#note251">[251]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_341">[341]</span>
-</p>
-
-<p>
-Alla rugginosa originalità romana, e ai sistemi non
-più confacenti colle abitudini contemporanee, Giustiniano
-più non doveva i riguardi cui Costantino si trovò
-astretto; alla lettera che ammazza sostituiva lo spirito
-che vivifica; dai giureconsulti classici estrasse quanto
-gli parve di diritto cosmopolitico, e ripudiò quel che
-fosse meramente romano, non esitando ad alterarne i
-testi per emancipare le leggi da una tutela retrospettiva.
-Cominciando dal nome di Cristo e dall'augusta Trinità,
-professava che l'autorità deriva da Dio; riconosceva la
-Chiesa coll'accettare la fede da questa consacrata; da
-tal fede dedusse quanto ha d'originale la sua compilazione,
-l'eguaglianza degli uomini, la giusta democrazia,
-la rintegrazione della persona morale, sicchè non si
-guardasse la Casta o la tribù o la famiglia, ma l'individuo.
-Forte abbastanza per trarre le conseguenze dalle
-premesse cristiane, si fece uom dell'avvenire, intento
-sempre a trovare qualche miglioramento conforme alla
-natura e al progresso<a class="tag" id="tag252" href="#note252">[252]</a> e incessantemente accostò
-il diritto al tipo semplice e puro del cristianesimo: teologo
-ancor più che giureconsulto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_342">[342]</span>
-</p>
-
-<p>
-Insomma la giurisprudenza, unica scienza vera e
-particolare del popolo romano, estese a tutta l'umanità
-il diritto equo e buono, e aprì la società moderna col
-rendere individuale e potente il diritto, formolandolo
-in un capolavoro della logica. Vero è che l'ingegno non
-produce moralità, e il difetto di quell'opera consistette
-appunto nella prevalenza della logica; ma parte sempre
-maggiore di spiritualità vi s'introdusse dacchè coi giuristi
-cooperarono i teologi a redimere il mondo dalla
-legale oppressione per vie differenti. Però il diritto avea
-già fatto sforzi per separarsi dall'elemento teocratico e
-aristocratico, ed assumere esistenza indipendente; lo
-perchè al cristianesimo costò maggior fatica il dominarlo.
-Ma da quell'ora trovansi a contatto, e spesso
-a conflitto la ragion civile colla canonica; e l'effettuare
-il principio eminentemente cristiano che tutta l'umanità
-abbia diritto alla giustizia, alla simpatia, alla libertà,
-sarà l'opera di tutto l'avvenire: opera lenta, tergiversata,
-incompresa, fin maledetta, ma che si compie fra gli
-errori degli uomini e sotto l'occhio della Provvidenza.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap54">CAPITOLO LIV.
-<span class="smaller">Impero diviso. Onorio. Invasione di Alarico.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Ripigliamo il corso de' fatti, accostandoci alla fine
-dell'Impero.
-</p>
-
-<p>
-Morta che fu Giustina sua madre, Valentiniano II abbracciò
-la fede cattolica, e sempre più amore e stima
-acquistossi colla morigeratezza, l'applicazione agli affari,
-le domestiche virtù, la cura della giustizia. Accusato
-d'amar troppo i giuochi del circo e i combattimenti
-<span class="pagenum" id="Page_343">[343]</span>
-delle fiere, se gli interdisse; imputato d'intemperanza,
-spesseggiò i digiuni; saputo che in Roma una commediante
-allettava troppi giovani, la chiamò alla corte, e
-rimandolla senza vederla tampoco, per dare esempio.
-Grand'amore portava alle sorelle; eppure litigando esse
-di certi possessi con un orfano, egli rimise al giudice
-ordinario la querela, e le persuase a recedere dalla
-pretensione.
-</p>
-
-<p>
-Arbogasto, Franco valoroso, de' benefizj di lui abusò
-per sovvertire l'impero d'Occidente; a proprie creature
-distribuì i posti importanti nelle milizie e nel governo
-della Gallia, sicchè Valentiniano si trovò in Vienna come
-prigioniero di questi occulti nemici. Citato Arbogasto,
-lo ricevette sul trono intimandogli di deporre le cariche;
-ma il Franco rispose: — L'autorità mia non dipende
-dal sorriso o dal cipiglio d'un monarca»; e
-gettò il foglio dove l'ordine era scritto. Valentiniano fu
-a gran pena trattenuto da un atto di violenza; ma pochi
-giorni dopo il trovarono strozzato nella sua tenda <span class="sidenote">(390)</span>, e
-tutti indovinarono da chi. Arbogasto, non osando cingere
-a se medesimo il diadema, lo conferì al retore
-Eugenio, suo segretario privato e maestro degli uffizj,
-reputato per sapere e prudenza.
-</p>
-
-<p>
-Commosso dall'indegna uccisione del collega e cognato,
-Teodosio pascolò di parole Eugenio, intanto che
-dai valorosi generali Stilicone e Timosio facea porre
-in essere e in disciplina le legioni e i Barbari federati;
-coi quali mosse contro il nostro Occidente. Arbogasto
-si restrinse a difendere i confini dell'Italia; ma Teodosio,
-occupata la Pannonia sino ai piedi delle alpi
-Giulie, scese ad affrontarlo nelle pianure di Aquileja <span class="sidenote">(391)</span>, e
-lo vinse. Arbogasto si diede la morte; Eugenio l'ebbe
-dall'impazienza dei soldati a' piedi di Teodosio. Sant'Ambrogio,
-che avea resistito inerme all'usurpatore, rifiutandone
-i doni e ritirandosi da Milano per non avere
-<span class="pagenum" id="Page_344">[344]</span>
-con esso corrispondenza, allora recò a Teodosio l'omaggio
-delle provincie occidentali, e ne impetrò amnistia.
-</p>
-
-<p>
-Teodosio raccoglieva così novamente il mondo romano
-nelle proprie mani; e le sue virtù e la florida età
-serenavano di speranze. Poco dopo la vittoria, egli divise
-l'impero d'Oriente e quello d'Occidente fra i due
-suoi figliuoli Arcadio ed Onorio, e questo secondo
-chiamò a ricevere le insegne in Milano. Quivi splendidi
-giuochi furono disposti, ai quali avendo Teodosio
-assistito, la sua salute già logora n'ebbe tale scossa, che
-la notte morì <span class="sidenote">(395 — 17 genn.)</span>. Ultimo imperatore che reggesse con
-fermo polso le romane cose, e guidasse gli eserciti in
-campo; lasciava negli amici e nei nemici alta stima di
-sue virtù, e una grave apprensione per la preveduta
-fragilità d'un regno spartito tra fanciulli.
-</p>
-
-<p>
-Arcadio da Costantinopoli governava l'impero d'Oriente;
-Onorio da Milano reggeva Italia, Africa, Gallia,
-Spagna, Bretagna, Norico, Pannonia, Dalmazia, l'Illirico
-dimezzato. Ma Arcadio contava appena diciott'anni,
-undici Onorio, nè l'un nè l'altro le qualità che si richiedono
-anche in tempi quieti, non che le occorrenti in
-tanta procella. Vero è che il padre li aveva provveduti
-d'abilissimi tutori, mettendo Rufino guascone a fianco
-di Arcadio, Stilicone vandalo di Onorio: ma le gelosie
-di cotesti e de' loro successori approfondirono le divisioni,
-non solo di Stato, ma d'interessi fra i due imperi.
-</p>
-
-<p>
-Stilicone, granmaestro della cavalleria e della fanteria,
-aveva accompagnato in tutte le guerre Teodosio,
-il quale lo spedì ambasciadore in Persia, poi gli sposò
-sua nipote Serena, dalla quale ebbe Eucherio, Maria e
-Termanzia. In ventitre anni che comandò gli eserciti,
-non vendette gradi, non fraudò delle paghe i soldati,
-nè elevò il proprio figlio o gl'immeritevoli: ma avido
-di piaceri e ricchezze, l'ambizione sua non era soddisfatta
-al vedersi dagli adulatori corteggiato più di Onorio
-<span class="pagenum" id="Page_345">[345]</span>
-stesso, e cantato perpetuamente dal miglior poeta d'allora,
-Claudiano. Traverso alle costui piacenterie ed alle
-calunnie della storia, queste e quelle stipendiate, è difficile
-avverare altro, se non il valore di lui, e l'uso fattone
-a pro d'un impero, che costituito militarmente, sol
-dalla forza doveva trarre l'ultimo suo ristoro.
-</p>
-
-<p>
-Al morire di Teodosio, Stilicone aveva preteso alla
-tutela d'amendue gl'imperatori; e se ne mostrò degno
-col coraggio contro i Barbari. Dovendo, come il denaro
-e le gioje, così le legioni dividersi fra i due imperatori,
-propose guidarle egli stesso in Oriente, sì per tenere
-in disciplina i soldati, sì per opporsi all'insurrezione
-dei Goti: ma Rufino ingelosito gli fece da Arcadio intimare
-non procedesse, se non voleva essere in conto di
-ribelle. Stilicone non esitò a dar volta, ma affidò le
-legioni e la sua vendetta al goto Gaina, che trucidò Rufino <span class="sidenote">(395 — 9bre)</span>.
-Eutropio, succeduto a costui, prima copertamente
-insidiò a Stilicone per togliergli ora il favore del suo
-principe, ora la confidenza del popolo, ora anche la
-vita; poi dal docile senato di Costantinopoli il fece decretare
-pubblico nemico <span class="sidenote">(396)</span>, confiscatine i possessi in
-Oriente; e quando il vide movere contro Costantinopoli,
-sollecitò Gildone nobile mauritano a voltarsi da Onorio
-ad Arcadio.
-</p>
-
-<p>
-Questo Gildone aveva in patrimonio mille ottocento
-miglia di terreno sulle coste d'Africa, che anticamente
-formavano cinque provincie romane; e fatto anche comandante
-dell'armi imperiali d'Africa, vi regnò da
-tiranno, con un'armata di settantamila uomini, Roma
-riconoscendo soltanto col tributarle il grano, del quale
-mantenevasi l'Italia. Le lamentanze degli oppressi giunsero
-però all'imperatore; e Stilicone, fattolo chiarire
-nemico della patria, spedì Mascezelo a domarlo <span class="sidenote">(398)</span>. Cinquemila
-uomini bastarono contro quell'immenso apparato;
-Gildone preso si uccise; i capi della sommossa
-<span class="pagenum" id="Page_346">[346]</span>
-furon dati da giudicare al senato, impaziente di punire
-coloro che aveano minacciato il popolo in ciò che più
-gli stava a cuore, il vitto. Dieci anni appresso non erano
-ancora esaurite le procedure contro i complici dell'Africano.
-</p>
-
-<p>
-Leggete le odi di Orazio, ove dagli Dei è promesso
-a Roma che starà immobile, e detterà patti ai trionfati
-Medi; poi vedete il poemetto di Claudiano <i>Della guerra
-gildonica</i>; qual melanconico contrasto! Quivi Roma,
-misera in aspetto, recasi ai piedi di Giove «non coll'usato
-volto, nè qual dettava leggi ai Britanni, o sottometteva
-a' suoi fasci i tremendi Indiani; ma fievole di
-voce, tarda il passo, depressa gli occhi, colle guancie
-scarne, le braccia smagrite, a gran pena sul debole
-omero sostenendo lo squallido scudo, rivelando la canizie
-di sotto all'elmo lentato, e trascinando l'asta irrugginita.
-Giunta finalmente al cielo, prostrossi alle ginocchia
-del tonante, e ordì meste querele: — Se le mie
-mura, o Giove, meritarono di nascere con durevoli
-augurj, se inalterati stanno i carmi della Sibilla, nè
-disprezzi ancora la rôcca Tarpea, io vengo a supplicarti,
-non perchè il console trionfante calchi l'Arasse, o le
-nostre scuri oppugnino la faretrata Susa, nè perchè
-piantinsi l'aquile nostre sulle arene del mar Rosso:
-questo un tempo mi concedevi; ora io Roma ti chiedo
-il vitto, il vitto soltanto, ottimo padre; rimovi l'estrema
-fame; già satollammo ogn'ira; già soffrimmo tanto, da
-movere a compassione e Geti e Svevi; la Partia stessa
-inorridisce ai casi miei».
-</p>
-
-<p>
-L'orgoglio di Stilicone passò ogni segno quando ebbe
-sposata sua figlia Maria all'imperatore. Ma questi compiva
-appena i quattordici anni; e dopo dieci altri la
-sposa morì, illibata da un marito senza forza e senza
-passioni, il quale in ventott'anni di regno non uscì
-mai di fanciullo, lasciando imperare Stilicone, che
-<span class="pagenum" id="Page_347">[347]</span>
-forse ne fomentava l'inerzia e accarezzava l'imbecillità.
-</p>
-
-<p>
-Eppure, se in alcun tempo mai, allora veramente era
-bisogno di principe attuoso e guerresco; perocchè, non
-appena Teodosio chiuse gli occhi, i Goti pensarono
-uscire dalla forzata tranquillità, e mettere a nuovi
-guasti l'impero. Alarico, della principesca famiglia dei
-Baiti, la più illustre fra' Goti dopo quella degli Amali,
-era stato formidabile avversario di Teodosio, poi riconciliato
-seco ed eletto maestro delle milizie. Morto questo,
-e tenendosi scarsamente rimunerato, stava di mal cuore
-nelle terre assegnategli; forse inizzato da Rufino, devastò
-la Tracia, la Macedonia, la Tessaglia; per le mal
-difese Termopile entrò nella Grecia, fin allora intatta
-da scorrerie; e distrutti tempj e città, sospesi i riti di
-Cerere Eleusina, dal mar Nero al golfo Adriatico gli
-abitanti furono uccisi o spinti in ischiavitù.
-</p>
-
-<p>
-Accorto più che non s'aspetterebbe da Barbaro, Alarico
-facea spargere un oracolo, che lo diceva fatato a
-distrugger Roma e l'Impero. Ne lo lusingava la scissura
-fra le due Corti, posto in mezzo alle quali, poteva profittare
-degli errori d'entrambe. Ed error sommo commise
-Arcadio cedendogli la provincia da lui devastata
-e, ch'è peggio, i quattro grandi arsenali dell'Illiria. Ne
-conobbe l'importanza Alarico, e per quattro anni li
-fece lavorare non ad altro che a stromenti da guerra;
-sicchè, a spese e fatica delle provincie, i Barbari poterono
-al naturale coraggio unire questo sussidio, sovente
-mancato. Ne cresceva Alarico di credito e d'aderenti,
-i quali lo proclamarono re dei Visigoti <span class="sidenote">(382)</span>, e chiesero
-li traesse di servitù e li menasse al trionfo.
-</p>
-
-<p>
-Piantavasi in tal modo una terza potenza fra le due
-che divideano l'orbe romano; e il nuovo re ora all'Oriente
-ora all'Occidente vendeva i suoi servigi, calcolando
-con barbara sagacia contro di quale più gli convenisse
-voltar le armi. Le provincie orientali sono state
-<span class="pagenum" id="Page_348">[348]</span>
-corse dalle orde in ogni senso: Costantinopoli è situata
-in troppo mirabile robustezza; l'Asia non è accessibile
-a chi non abbia flotte: ma l'Italia, oh! essa può dirsi
-intatta ancora, essa opulenta, essa indifesa.
-</p>
-
-<p>
-Ed a quella bellezza, che formò sempre il vanto e il
-pericolo del nostro paese, drizzò Alarico la voglia e i
-passi; e valicate le alpi Giulie, consumò buon tempo
-attorno alle oppostegli difese e massime ad Aquileja,
-mentre tale sgomento diffondevasi per la penisola, che
-i ricchi già imbarcavano ogni avere per la Sicilia e per
-l'Africa. I residui Pagani all'aspetto di queste sventure
-esclamavano, — Ecco segni della collera dei numi abbandonati»;
-i Cristiani ripetevano, — Ecco la punizione
-dei delitti con cui Roma salì tant'alto, e di quelli
-pei quali ora declina»; e gli uni e gli altri cresceano
-il danno reale con terrori superstiziosi.
-</p>
-
-<p>
-Ad Onorio, sonnecchiante nel palazzo di Milano, le
-adulazioni non lasciavano pur sospettare che altri potesse
-avventurarsi contro il successore di tanti cesari;
-e baloccandosi nel dar beccare di propria mano a
-una nidiata di polli, non aveva forse tampoco udito il
-nome d'Alarico. Il nembo gli ruppe il sonno, non gl'infuse
-il coraggio; e tentennando fra le paure, pensò ricovrarsi
-in alcuna remota parte della Gallia. Ma Stilicone,
-prevedendo qual terrore getterebbe la fuga del monarca,
-vi si oppose; pigliò l'assunto d'accozzare un
-esercito; e non v'avendo truppe in Italia, che pur era
-capo d'un impero steso sulla Gallia, la Spagna, l'Inghilterra,
-il Belgio, la costa d'Africa e mezza Germania,
-mandò alle più lontane legioni che accorressero,
-lasciando la mura Caledonia e le rive del Reno
-sguernite, od affidate a soli Germani. Egli medesimo,
-non essendo di quelli per cui il patriotismo è passione
-accecante ed esclusiva, non badava se il soccorso
-venisse da Barbari o no; e imbarcatosi sul lago di
-<span class="pagenum" id="Page_349">[349]</span>
-Como nel cuore della vernata, giunse nella Rezia, sedò
-i tumulti, e arrolò quanti nemici di Roma vollero divenirne
-i difensori.
-</p>
-
-<p>
-Onorio, assediato in Asti, già era a un punto di cedere,
-quando, gli eserciti d'ogni parte sopravenendo, Stilicone
-strinse in mezzo i Goti; côlto il tempo che celebravano
-la pasqua, gli assalì a Pollenza nella Liguria <span class="sidenote">(403)</span>,
-li ruppe, e delle spoglie loro arricchì i suoi soldati. Alarico,
-dopo che invano adoprò il senno e il braccio a
-reggere il campo, e vide prigioni sua moglie, le nuore, i
-figliuoli, si ritirò con la cavalleria, e pensava rifarsi con
-un colpo ardito varcando l'Appennino per isgominare
-la Toscana ed assalir Roma. Ma i capi dei Goti, infedeli
-a un re vinto, o ineducati alla prova dell'avversità,
-minacciarono abbandonarlo; tanto ch'egli dovette porgere
-ascolto alle proposizioni fattegli d'abbandonare
-l'Italia, purchè gli fossero restituiti i parenti presi e
-una pensione. Nella ritirata avea disegno di sorprendere
-Verona; ma Stilicone, istruttone, lo colse e sconfisse
-di modo, che gli fu grazia sottrarsi colla fuga.
-Eppure quell'instancabile, rannodate le reliquie fra
-i monti, mostrò ancora la fronte al nemico, che
-stimò fortuna il lasciarlo uscir dall'Italia, troppo convinta
-di non aver più barriere contro l'ingordigia
-de' Barbari.
-</p>
-
-<p>
-Onorio solennizzò in Roma il trionfo <span class="sidenote">(404)</span>, cui non avea
-contribuito. Questa, che in cent'anni vedeva appena per
-la terza volta un imperatore, andò lieta dei doni che
-fece alle chiese, della riverenza insolita che mostrò al
-senato, e soprattutto dei giuochi ch'esso le preparò nel
-circo: ma i sanguinosi spettacoli dei gladiatori erano
-riprovati a gran voce dai sacerdoti cristiani; il poeta
-Prudenzio in bei versi ne sconsigliava l'imperatore pupillo;
-il pio Telemaco uscì a bella posta dal suo romitaggio,
-e discese nell'arena egli stesso per impedirli: il
-<span class="pagenum" id="Page_350">[350]</span>
-popolo infuriato lo trucidò, ma col sangue del martire
-fu scritto il trionfo dell'umanità.
-</p>
-
-<p>
-L'adulazione ergeva ad Onorio un arco, ove leggevasi
-aver lui per sempre distrutta la nazione dei Goti:
-ma la prudenza dava la mentita col riparare e munire
-i castelli vicini a Roma e le mura di questa. Eppure
-nè quivi nè in Milano sentendosi sicuro, l'imperatore
-andò a rimpiattare la porpora in Ravenna, difesa dalla
-flotta, dalle paludi e dalle fortezze.
-</p>
-
-<p>
-E ben era tempo di munirsi, perocchè tutto il Settentrione
-agitavasi e traboccava le sue piene verso
-l'Italia. Allettato dai trionfi e dalle prede altrui, Radagaiso
-(Radegast), a capo d'un'accozzaglia, alcuno dice
-di ducentomila Vandali, Svevi, Borgognoni, mosse dal
-Baltico, e cresciuto per via da venturieri d'ogni nazione,
-si presentò sul Danubio. Come difendere le lontane provincie
-quando il pericolo stringeva l'Italia? Stilicone
-dunque richiamò di là le guarnigioni, e con nuove
-leve, e col promettere libertà e denaro agli schiavi che
-s'arrolassero, appena mise in piedi trenta o quarantamila
-guerrieri, cui aggiunse molti Barbari ausiliarj:
-tanto era stata micidiale l'ultima guerra, tanto aborrito
-il militare.
-</p>
-
-<p>
-Con uno dei tre corpi in cui erasi divisa quella moltitudine,
-Radagaiso passò senza ostacolo la Pannonia,
-le Alpi, il Po; evitando Stilicone accampato sul Ticino,
-dagli Appennini scese improvviso a saccheggiare l'aperto
-paese, distruggendo gli avanzi delle già floride città
-d'Etruria <span class="sidenote">(405)</span>, assediò Firenze, e bucinavasi che il feroce
-avesse giurato ridurre a un mucchio di rottami la regina
-del mondo, e col sangue de' più illustri senatori
-propiziare i numi suoi. I fedeli dell'antica religione nazionale,
-sperando quest'idolatro ripristinerebbe gli Dei,
-e sulla ruina della patria trionferebbe la loro fazione,
-invece di eccitare il popolo ad armarsi di coraggio, e
-<span class="pagenum" id="Page_351">[351]</span>
-se non altro di disperazione, esclamavano: — Ecco,
-tutto perisce al tempo de' Cristiani; come resistere ad
-un guerriero che ogni giorno fa sagrifizj, mentre a noi
-sono vietati?» I Cristiani incoravano l'assediata Firenze
-con miracoli e rivelazioni; ed uno asserì che sant'Ambrogio
-eragli apparso in sogno, assicurandolo che per
-domani la patria sarebbe redenta<a class="tag" id="tag253" href="#note253">[253]</a>. In fatti dinanzi a
-quella città l'esercito di Stilicone raggiunse il barbaro;
-e coll'abilità medesima onde aveva due volte vinto Alarico
-senz'avventurarsi all'incertezza d'una battaglia la
-cui perdita sarebbe stata irreparabile, circonvallò il
-nemico di robuste trincee, talchè di assediatore assediato
-sulle aride balze di Fiesole, restò consunto dalla
-fame. Radagaiso, costretto ad arrendersi, ebbe tronca
-la testa; e i suoi furono venduti schiavi in tanto numero,
-che se ne aveva una partita per una moneta d'oro; il
-clima poi e il vitto cangiato li sterminò. Ad altre grosse
-frotte aquartieratesi fra le Alpi Stilicone agevolò la
-ritirata; andassero pure a manomettere le provincie,
-tanto solo che rimanesse salva l'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Alla quale ormai riducevasi l'immenso impero d'Occidente;
-perocchè la Gallia era occupata da Franchi,
-Burgundi, Alemanni; la Bretagna, sgombra di legioni;
-effimeri imperatori s'ergeano a disputare il lacero manto
-d'Augusto, fra cui basti nominare Costantino, che chiaritosi
-imperator delle Gallie <span class="sidenote">(407)</span>, ottenne da Onorio il titolo
-di collega. Poi sovrastava Alarico, dalla sventura non
-abbattuto ma istruito; e non che i Barbari perdessero
-confidenza nel valore e nella prudenza di esso, a lui
-facevano capo quante bande scorrazzavano dal Reno
-all'Eusino. Stilicone cercò dunque gratificarselo per
-averlo fautore nel non mai deposto disegno di sottomettere
-<span class="pagenum" id="Page_352">[352]</span>
-l'Oriente: e Alarico, affacciatosi alle frontiere
-d'Italia, esibì difenderla, purchè gli fossero accordate
-alcune domande, e a' suoi una delle provincie occidentali
-restate deserte.
-</p>
-
-<p>
-Nella crescente fiacchezza d'Onorio e del suo governo,
-Stilicone s'era industriato di tornare qualche polso al
-senato, e far che si recasse in mano gli affari pubblici;
-ma non avea trovato che retori, istruiti nelle forme
-dell'antica repubblica e nulla più, e vogliosi di pompeggiare
-in parole sonanti, come al tempo che i loro padri
-intimavano a Pirro, — Esci dall'Italia, e poi tratteremo».
-Allora dunque che Stilicone propose le domande
-del re goto, i senatori gridarono essere indegno
-della romana maestà il comprare incerta e vergognosa
-pace da un Barbaro: ma il generale, non badando a ciò
-che ricordavano i libri, ma a ciò che esigeva la vigliaccheria
-della corte di Ravenna, attutì l'intempestivo patriotismo
-imponendo consentissero ad Alarico quattromila
-libbre d'oro, perchè assicurasse i confini d'Italia.
-Lampadio senatore esclamò, — Questa non è una pace,
-ma patto di servitù»; e dalle conseguenze di tale franchezza
-nol campò che l'asilo d'una chiesa<a class="tag" id="tag254" href="#note254">[254]</a>: ma incorati
-da tale protesta, i senatori si ostinano sul niego,
-mettendo un'opposizione affatto insolita al generale
-onnipotente.
-</p>
-
-<p>
-Ad essi davano sostegno le legioni, indispettite dal
-vedersi posposte a Barbari. Onorio medesimo era stato
-insusurrato contro del suo tutore, come volesse tenerlo
-perpetuo pupillo, se non anche mutarne la corona sul
-capo del proprio figlio Eucherio; onde, diretto da
-Olimpio, pretese esercitare in fatto il dominio che teneva
-di puro nome, e fare mal arrivato il ministro. Si
-presenta dunque al campo di Pavia, composto di truppe
-<span class="pagenum" id="Page_353">[353]</span>
-romane ostili al Barbaro, e ad un segnale fa trucidare
-tutti gli amici di questo, altri illustri con essi, e saccheggiare
-le case. I condottieri, la cui fortuna intrecciavasi
-a quella di lui, ad una voce chiesero a Stilicone
-li menasse a sterminare questi imbelli Romani. Se gli
-ascoltava, l'esito avrebbe potuto giustificarlo; ma egli
-o fiaccamente tentennò, o generosamente preferì la
-propria alla pubblica ruina, sicchè i federati l'abbandonarono
-dispettosi; un di loro assaltò la sua tenda, e
-trucidò gli Unni che vi stavano di guardia; Stilicone,
-rifuggito agli altari in Ravenna, ne fu tratto con
-perfidia; e decretato a morte, la subì con dignità e
-coraggio <span class="sidenote">(408)</span>.
-</p>
-
-<p>
-Al traditore, al parricida fu allora gridato d'ogni
-parte da coloro stessi che dianzi incensavano il ministro
-guerriero; e chi s'affrettava a rivelarne gli amici, chi
-a nascondersi. Olimpio, orditor primo della trama
-contro il suo benefattore, esagerava ad Onorio il pericolo
-sfuggito, e l'inaspriva contro la memoria del salvatore
-dell'impero; Eucherio, figlio di questo, svelto
-alla chiesa, fu trucidato; Termanzia, succeduta alla sorella
-Maria<a class="tag" id="tag255" href="#note255">[255]</a> nel freddo talamo di Onorio, fu repudiata
-intatta; e la fermezza con cui gli amici di Stilicone
-sostennero torture e morte, lasciò che i servigi di lui
-rimanessero certi, incerta la colpa. Fu imputato d'intelligenza
-coi Barbari, egli il solo che li seppe vincere
-sempre in ventitre anni che diresse gli eserciti; d'avviare
-al trono Eucherio, egli che il lasciò fino ai vent'anni
-umile tribuno dei notari; di meditare il rialzamento
-del paganesimo, egli che educò il figlio nella religione
-cristiana, e che era esoso ai Gentili per avere arso i
-Libri Sibillini<a class="tag" id="tag256" href="#note256">[256]</a> e perchè sua moglie avea tolto un
-<span class="pagenum" id="Page_354">[354]</span>
-monile a Vesta, quelli oracolo, questa salvaguardia di
-Roma.
-</p>
-
-<p>
-Al rompere della diga, il torrente traripò; ed Onorio
-stesso pareva compiacersi d'abbattere se alcun ostacolo
-restava, congedando i più prodi perchè idolatri od
-ariani, e sostituendo uffiziali vilipesi dai nemici, esosi
-all'esercito. I Barbari, che servivano come ausiliarj, dal
-vendicare Stilicone non si rattenevano se non per riguardo
-alle famiglie e alle ricchezze che aveano depositate
-nelle città forti d'Italia: or bene, Onorio ordinò
-che que' preziosi ostaggi fossero tutti il medesimo giorno
-scannati, e rapitine i beni. Tolto ogni freno all'ira e
-alla disperazione, trentamila federati disertarono ad
-Alarico, che esultò di veder la Corte operare così a suo
-disegno; e la caduta di Stilicone riverito e paventato,
-le paghe interrotte, l'istigazione degli offesi lo resero
-ardito d'intimare all'impero soddisfazione o guerra.
-Lasciossi poi mitigare: ma i Romani, interpretando la
-moderazione per paura, nè accettarono i patti, nè s'allestirono
-d'armi <span class="sidenote">(409)</span>; sicchè Alarico, rotta l'amistà e la fede,
-si mosse, e dall'alto delle alpi Giulie mostrò a' suoi le
-delizie del clima italiano, le superbe città, i soavi frutteti,
-le spoglie di trecento trionfi accumulate in Roma,
-e la facilità di rapirgliele. Aquileja, Altino, Concordia,
-Cremona soccombono a quel forte; nuovi federati s'aggiungono
-ogni dì alla sua bandiera, che sventola in
-faccia a Ravenna; spaventata la quale, egli costeggia
-l'Adriatico, poi, per la via Flaminia, di città in città
-senza contrasto pianta le tende sotto l'antica signora
-<span class="pagenum" id="Page_355">[355]</span>
-del mondo. Un eremita tenta sedarne la furia, ed Alarico
-risponde: — Non posso fermarmi; Iddio mi spinge
-avanti».
-</p>
-
-<p>
-Più non era il tempo che, contro di Annibale e di
-Pirro, il popolo romano si alzava quasi una persona
-sola, e dall'infimo plebeo fin al consolare e al dittatore
-tutti correvano a vittoria o morte. L'Impero avea perduto
-le migliori sue provincie; le altre rimanevano sì
-deserte, che doveasi ripopolarle con sciami di Barbari.
-L'Italia specialmente, per le ragioni altrove discorse e
-massime per le colonie militari, andavasi disabitando
-fin dal tempo dei primi imperatori.
-</p>
-
-<p>
-Esauste da piaceri eccessivi od infami le sorgenti della
-vita, i ricchi per voluttà, i poveri per necessità, aborrivano
-dal matrimonio; sicchè Costantino grandi privilegi
-attribuiva a chi pur un figliuolo avesse. Non volendo
-svilirsi nel commercio e nell'industria, i ricchi investivano
-i loro capitali in terreni, che vennero a ridursi
-tutti nelle mani di giganteschi possessori, massime dopo
-che Trajano pose per condizione dell'aspirare a dignità
-l'avere almeno i tre quarti del patrimonio in Italia. Sparì
-dunque la classe vitale de' minuti proprietarj, e alla
-popolazione agricola sottentrarono gli schiavi: ma fin
-questa infelice genìa minoravasi, e perchè gl'imperatori
-non conducevano tutti i prigionieri in Italia dacchè essa
-non era più riguardata come capo dell'impero, e perchè,
-meglio delle robuste braccia da aratro e da marra, si
-cercavano molti servi, che a centinaja seguissero per
-via i padroni e le dame<a class="tag" id="tag257" href="#note257">[257]</a>.
-</p>
-
-<p>
-I piani d'Italia, dalla maschia loro feracità erano convertiti
-in molli giardini e inutili parchi; il grano aspettavasi
-<span class="pagenum" id="Page_356">[356]</span>
-dall'Africa e dall'Egitto, sicchè qualvolta o le
-flotte nemiche o i tiranni o le procelle intercettassero
-il tragitto, Italia affamava. Diviso poi l'Impero, essa non
-solo cessò di ricevere i tributi del mondo, ma ebbe
-accomunate le tasse degli altri paesi, e divenne simile
-a colui che, avvezzo a scialare in casa di grandi, si trovi
-repente senz'appoggio, povero, inerte, male abituato.
-</p>
-
-<p>
-Più volte qui gittò la peste, fierissima sotto a Tito,
-fin ad uccidere in Roma diecimila persone in un giorno;
-poi riportata d'Oriente dall'esercito di Lucio Vero<a class="tag" id="tag258" href="#note258">[258]</a>;
-di nuovo sotto Comodo, e spesso nel secolo seguente.
-Tre guerre civili s'erano combattute alla gagliarda nell'Italia
-settentrionale al tempo dei Trenta Tiranni, tre
-sotto Massenzio, tre sotto i figli di Costantino, due alla
-morte di Graziano e di Valentiniano II: e i Barbari,
-facendosi beffa della barriera dell'Alpi, venivano a rapire
-schiavi ed armenti, lasciando un incolto deserto.
-</p>
-
-<p>
-Procuravano gl'imperatori risanguarlo o colle colonie
-militari, o trasferendovi gente; Aureliano distribuì prigionieri,
-che nel paese fra l'Etruria e le alpi Marittime
-piantassero vigne da far gratitudine alla romana
-plebe<a class="tag" id="tag259" href="#note259">[259]</a>; il vecchio Valentiniano spedì sul Po gli Alemanni
-presi al Reno<a class="tag" id="tag260" href="#note260">[260]</a>; Graziano, Taifali ed Ostrogoti
-su quel di Modena, Reggio e Parma: ma fin questo
-inadeguato ristoro mancò quando altrove che all'Italia
-gl'imperatori mandarono i prigionieri di Germania e
-di Persia, e quando, cessate le esenzioni, nulla allettava
-i veterani forestieri a piantarsi in colonia di qua dalle
-Alpi. Pertanto sant'Ambrogio scrive a Faustino: — Partendo
-da Bologna, tu lasci alle spalle Claterna, essa
-<span class="pagenum" id="Page_357">[357]</span>
-Bologna, Modena, Reggio; hai a destra Brescello, di
-fronte Piacenza, di cui non altro che il nome rimembra
-l'antica celebrità; a sinistra mettono compassione gl'incolti
-Appennini; e considerando le borgate un tempo
-animatissime di popolo, ti si stringe il cuore nell'osservare
-i cadaveri di tante città mezzo diroccate, e la morte
-di tante contrade per sempre distrutte»<a class="tag" id="tag261" href="#note261">[261]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La Gallia Cisalpina, più discosta dalla corruttela,
-avea serbato lena più a lungo; ma quando si piantarono
-altre corti in Ravenna e Milano, le auliche splendidezze
-introdussero immoralità, le largizioni ozio, le
-cariche brogli; e la gente, affollandosi a quelle per
-vivere di donativi, svogliavasi dal lavoro dei campi,
-dalla tediosa onestà delle famiglie, dalla schietta rozzezza
-de' villaggi.
-</p>
-
-<p>
-Quanto al mezzodì dell'Italia, basti dire che nel 395
-una legge d'Onorio sgravò del tributo cinquecentoventottomila
-e quarantadue jugeri di terreno inseminato
-nel paese a cui l'ubertà guadagnò il nome di <i>Terra di
-lavoro</i><a class="tag" id="tag262" href="#note262">[262]</a>. Per quei deserti erravano a baldanza orde
-devastatrici. Già soleano molestar le vie ne' tempi antichi;
-ripullularono durante le guerre civili, peggio
-dappoi: un Balla, entrante il III secolo, con seicento
-masnadieri infestava l'Italia inferiore, e due anni penò
-Settimio Severo a sterminarlo<a class="tag" id="tag263" href="#note263">[263]</a>. Tanto poi crebbe
-il male, che Valentiniano I venne nella determinazione
-di disarmare l'Italia come le provincie, sicchè nessuno
-portasse armi senza sua espressa licenza; nessuno,
-eccetto le persone di qualità, comparisse a cavallo nel
-Piceno, nella Flaminia, nell'Apulia, nella Calabria,
-<span class="pagenum" id="Page_358">[358]</span>
-ne' Bruzj, nella Lucania, nel Sannio, indi neppure nelle
-circostanze di Roma<a class="tag" id="tag264" href="#note264">[264]</a>: provvedimento estremo,
-che attesta la gravezza del male, e che toglieva alla
-quieta popolazione il modo di schermirsi da coloro che
-sfidavano la legge. E perchè di pastori principalmente
-formavansi queste bande, Onorio decretò che, chi consegnasse
-figli da allevare a pastori, s'avrebbe come
-confesso d'intelligenza co' masnadieri<a class="tag" id="tag265" href="#note265">[265]</a>. Alla strada
-e al bosco molti erano spinti dall'ingorda tirannide
-degli esattori fiscali, che, sotto pretesto di vecchi debiti,
-taglieggiavano il paese, e molestavano con estorsioni,
-prigionie, supplizj.
-</p>
-
-<p>
-Potevano i cittadini amare una patria, che più non
-recava nè grandezza nè dignità nè sicurezza nè giustizia?
-Ristretta la pubblica vita nel gabinetto dell'imperatore,
-ai sapienti, agli statisti più non rimane che
-coltivare il diritto civile, ed esercitare la retorica e la
-giurisperizia nei minuti interessi privati. Proscrizioni
-dittatorie, guerra civile e supplizj imperiali tolsero di
-mezzo la nobiltà antica: la nuova, che non ha tradizioni
-a custodire, privilegi a tutelare, affollasi attorno al
-principe onde esercitare una parte delle costui tirannidi,
-e godere in fretta d'una preda che fra breve sarà rapita.
-</p>
-
-<p>
-Dispensati dal servizio militare per gelosia, esclusi
-dai dibattimenti pubblici per costituzione, considerando
-come turpe l'industria, popolo e ricchi poltriscono nell'inerzia,
-ovvero esalano la turbolenta energia ne' parteggiamenti
-del circo o nelle esorbitanze del lusso.
-Ciascuno si fa parte da se medesimo, e con mercenaria
-avidità specula sulle pubbliche sciagure per ottenere
-gradi, piaceri, potenza, e, stromento dell'una e degli
-altri, il denaro, procacciato con spergiuri, corruzione,
-falsi testimonj, ladronecci. V'ha chi serba sentimento
-<span class="pagenum" id="Page_359">[359]</span>
-del nobile e del giusto? geme sulle sventure, e vedendole
-irreparabili, abbandona la società ai ribaldi e
-agli ambiziosi, e armato di disprezzo, o si ricinge di
-virtù austere ma senza viscere, o si stordisce fra godimenti
-sensuali, e con riti superstiziosi interroga un
-destino che teme e che non può declinare.
-</p>
-
-<p>
-La classe media, più morale perchè operosa, era
-perduta, l'Impero riducendosi a ricchi sfondolati e a
-pezzenti, e tra loro l'abisso. Decurioni e senatori, a
-forza di eredità e di usurpamenti, succedendo ad infinite
-famiglie cadute serve o mendiche, aveano occupato
-provincie intere, e facendosi centro ciascuno d'un piccolo
-mondo, trascuravano tutto il resto. Se ad un
-de' siffatti il Goto occupasse i campi della Tracia,
-gliene sopravanzano immensi nella Spagna; se il Borgognone
-gli ardesse il ricolto nella Gallia, continuavano
-a fruttargli gli oliveti della Siria. Di qui l'imprevidenza
-meravigliosa di gente esultante sopra il sepolcro; di
-qui i prepotenti abusi, giacchè, qual magistrato poteva
-intimare obbedienza al possessore d'intere provincie?
-</p>
-
-<p>
-In queste la nobiltà imperiale, cui spettavano le elevate
-magistrature, somigliava a quella di Roma, e diffondeva
-lontano la corruttela della metropoli; la nobiltà
-paesana, investita degli onori municipali, foggiavasi su
-quegli esempj. Fatti tutti cittadini romani, crebbe il
-numero degli ozianti, cui il tesoro dovea nutrire, del
-quale così aumentavano i bisogni quanto sminuivano
-le entrate; e ben tosto le campagne e le città lasciaronsi
-vuote per andar a godere e brogliare in Roma. Quivi
-bisognava alimentarli; e perciò, invece del grano,
-distribuivansi pane e carne e vesti già fatte e denaro,
-tutto a spese del restante impero.
-</p>
-
-<p>
-Nelle grandi città s'annida una mescolata d'artigiani
-e di liberti, viventi sullo scarso traffico lasciato a loro
-dal monopolio imperiale, e col porgere alimenti al lusso
-<span class="pagenum" id="Page_360">[360]</span>
-e alle voluttà de' signori; del resto arrogante e vilipesa,
-conculcata e sommovitrice, minacciosa e tremante. Nè
-s'agita essa, come al tempo de' Coriolani, pei diritti
-proprj o per gl'interessi della patria; ma per domandare
-pane e giuochi, per sostenere prezzolata le cabale
-d'eunuchi e favoriti, che in pochi anni trarricchiscono
-vendendo le grazie del monarca. Ignorante e conculcata,
-paurosa di perdere quel che non possiede, avida d'un
-avvenire che nè conosce nè spera, esulta non della
-propria libertà, ma dello strazio de' suoi antichi oppressori;
-gode allorchè può crescere le sofferenze, e
-chiedere sieno dati i Cristiani ai leoni, o gettati nel
-Tevere i tiranni che jeri adorava. L'unica volta che i
-Romani mostrarono qualche vigore, fu nel respingere
-la legge Papia Poppea, che reprimeva il libertinaggio.
-</p>
-
-<p>
-Così non più affetto pei deboli, non più subordinazione
-verso i potenti, non zelo per l'ordine sociale, non
-dignità di carattere, non venerazione per la divinità;
-una dotta corruttela, sfruttata d'immaginativa e fiacca
-di ragione, che più non sa se non commentare le opere
-antiche, rimenar dispute incancrenite, simile ai vecchi
-che ridicono il passato quando perdettero il senso del
-presente. Rimescolavano questa decrepita società le
-dottrine teurgiche, tardo alimento a credenze illanguidite,
-sicchè il meraviglioso e l'incredibile divenivano
-ordine e realtà.
-</p>
-
-<p>
-E una tal Roma si vorrebbe che noi compiangessimo?
-Ne' tempi nostri, se ci stomaca la corruttela de' ricchi
-e de' saccenti, ci volgiamo alle classi operose. Queste
-in Roma trovavansi sistemate a modo di maestranze
-fin dall'antica costituzione; ma non che servire alla
-tutela reciproca, offrirono destro all'avidità del fisco,
-che esigeva da tutti insieme quel che dai singoli non
-avrebbe ottenuto. E talmente erano gravate, che non
-comprenderemmo come durassero, se non sapessimo
-<span class="pagenum" id="Page_361">[361]</span>
-che gl'imperatori poteano costringer uno ad entrarvi;
-che entrati, non se n'usciva più, e se uno se n'allontanasse,
-v'era ricondotto come disertore.
-</p>
-
-<p>
-I campagnuoli, tanta oggi e sì vital parte, erano o
-coloni liberi o schiavi, distinti piuttosto di nome che di
-fatto, e poco superiori alle bestie che ne ajutavano le
-fatiche. Non che ispirare a costoro sentimenti di patria,
-o educarne il coraggio, erano tenuti inermi e ignoranti,
-che mai non potessero rivoltare contro dei tiranni le
-braccia od il pensiero: i lontani padroni gli affidavano
-a qualche schiavo o liberto favorito, che esercitava la
-superbia dispotica e crudele del servo che comanda.
-Al colono non restava modo legale di recare i lamenti
-al padrone o contro di esso; aggravato di canone
-sempre crescente, s'indebitava; quando l'oppressione
-giungesse al colmo, fuggiva, abbandonando casa, campi,
-famiglia per mettersi a servizio d'un altro, col quale
-ricominciare l'inevitabile vicenda, se pure il primitivo
-signore nol ridomandasse colle sommarie processure
-statuite dalla legge.
-</p>
-
-<p>
-Se v'è cosa che compensi la libertà, a migliore
-partito si trovavano i coltivatori schiavi, cui almeno
-il padrone pasceva per conservare queste macchine
-animate. Però le fatiche e la durezza de' sovrantendenti
-li consumavano, e più non essendone empito
-il vuoto dalle cessate vittorie, bisognava comprarli dai
-Barbari vincitori, o fra quelli che per castigo erano
-privati della libertà. Insofferenti dell'oppressione in cui
-non erano nati, costoro erano tenuti quieti soltanto dalla
-sferza e dalle catene; al primo bel destro fuggivano a
-vivere vagabondi; o intendendosi fra loro, trucidavano
-i padroni, e gittatisi alla foresta, viveano in armi. Non
-potendo dai Romani aspettare che castigo, blandivano
-i Barbari, ne imparavano la favella, ne divenivano anche
-guide, esultando agli strazj del popolo, da' cui ceppi si
-<span class="pagenum" id="Page_362">[362]</span>
-erano riscossi<a class="tag" id="tag266" href="#note266">[266]</a>; ovvero dai loro covili piombando
-sui coloni rimasti, ne esacerbavano le miserie. Il proprietario
-assalito o minacciato, se fosse qualche opulento
-senatore, poteva invocare la pubblica forza: il
-minuto possidente trovavasi esposto irreparabilmente
-all'attacco, vietandogli le leggi l'uso delle armi. Che gli
-rimaneva dunque? vendere il camperello al dovizioso
-vicino, o lasciarlo sodo, se pure il fisco non glielo
-staggisse in pagamento de' gravosi contributi; e sottrattosi
-all'infelicità del possedere, rifuggire a Roma.
-</p>
-
-<p>
-Chi s'accostava a questa città, vedeva per tutto magnificenza,
-codardia e morte; campagne trascurate e
-parchi voluttuosi; solitudine e stormi di schiavi; poi
-ville splendidissime, e vie eterne fiancheggiate di monumenti,
-le quali fin dal Clyde e dall'Eufrate mettevano
-capo al Foro, pieno di storia più che non interi regni.
-Alle trentasette porte schiuse nella cerchia di Roma,
-che girava quindici miglia (t. III, p. 424), rispondevano
-altrettanti suburbj, simili a città, e che prolungavansi
-fino al mare, ai Sabini e per entro al Lazio antico e
-all'Etruria. Là entro stivavasi una popolazione affluente
-da tutto il mondo, ridotta a un terzo dalle recenti sciagure,
-e dopo che con Roma, oltre Costantinopoli,
-gareggiavano Cartagine, Treveri, la florida Milano e la
-paludosa Ravenna. Là trovavi distinti Cappadoci, Sciti,
-Ebrei; là quella mescolata d'ogni razza e credenza,
-senza condizione nè patria nè nome, che è la zavorra
-di tutte le metropoli. La plebe più non guadagna a
-vendere il voto o a testimoniare il falso; non v'è più
-un Clodio, un Catilina che l'assoldi per tumultuare;
-non più re stranieri che ne comprino il favore, nè la
-<span class="pagenum" id="Page_363">[363]</span>
-chiamino erede di intere provincie; la pompa de' trionfanti
-non rinnova ogni anno le largizioni, nè agl'imperatori
-più cale d'averla amica e plaudente. Il mutarsi
-a Costantinopoli o a Milano di tante famiglie senatorie
-e della Corte, lasciò senza pane migliaja di persone
-avvezze a vivere su quelle: giace dunque la moltitudine
-scoraggiata, come il pitocco che sciupò nell'inerzia la
-gioventù; Teodosio e Graziano sono costretti a reprimere
-l'oziosa mendicità che ingombra le vie; e dell'antica
-boria non si conservano che i vizj, cresciuti
-coll'affluirvi d'ogni genìa. Sotto Teodosio si erano piantati
-lupanari presso certi molini, e gli uomini che v'entrassero
-cadevano in trabocchetti, ed erano forzati a
-girar le màcine, senza che più nulla se n'intendesse di
-fuori<a class="tag" id="tag267" href="#note267">[267]</a>. Nel mezzo di Roma! e il delitto sarebbe
-rimasto occulto, se un soldato non riusciva per gran
-ventura a camparne.
-</p>
-
-<p>
-Pure il popolo, antico padrone del mondo, non avea
-perduto il diritto d'essere pasciuto gratuitamente; e
-ogni giorno a tenuissimo prezzo distribuivasi pane a
-ciascun cittadino, in ducencinquantaquattro forni e
-ducensessantotto magazzini assegnati ne' varj quartieri:
-vi si univa per cinque mesi il lardo, somministrato dai
-majali della Lucania, e che al tempo di Valentiniano III
-saliva a tre milioni secentoventottomila libbre; tre
-milioni di libbre d'olio, tributo africano, distribuivansi
-per accendere i lumi e per ungersi nei bagni; e le
-vendemmie della Campania procacciavano vino a basso
-mercato. Ogni sollevazione dell'Africa o della Sicilia,
-da cui bisognava trarre il grano, recava dunque spavento;
-e dopo che l'Egitto ebbe ad approvvigionare
-Costantinopoli, si dovettero empire i granaj di Roma
-con frumenti del Rodano, dell'Arari e dell'Iberia<a class="tag" id="tag268" href="#note268">[268]</a>.
-<span class="pagenum" id="Page_364">[364]</span>
-Somme ingenti uscivano pure d'Italia per provvedere
-tante lautezze di vestire e di mangiare, e marmi e travi
-per le fabbriche, e belve per gli spettacoli; poi anche
-per assoldare i Barbari, o pagar ad essi un indecoroso
-tributo. La minutaglia, nudrita non per onore, ma
-perchè non tumultui, senza letto nè tetto, nè scarpe in
-piedi o cenci in dosso, s'affolla nei teatri e pei circhi,
-tronfia di nomi pomposi, lavasi in terme degne di re,
-e beve, e giuoca; ode una sconfitta? ulula gemiti
-disperati, che domani più non ricorda; ode una vittoria?
-esclama, — Viva l'imperatore; avremo pane e
-giuochi».
-</p>
-
-<p>
-Perocchè al pane e ai giuochi riduceansi tutte le sue
-aspirazioni, e al delirio giungeva l'amore degli spettacoli.
-«Odono (dice Ammiano Marcellino) che da alcun
-luogo giungano cocchieri o cavalli? s'affollano attorno
-al narratore, come gli avi loro affisavano attoniti i
-figliuoli di Leda, nunzj della vittoria. La plebe logora
-la vita al giuoco, nel vino, pei chiassi e negli spettacoli;
-centro di loro speranza, loro tempio, loro abitazione,
-lor parlamento è il circo Massimo. Pei fôri, sui trivj,
-nelle piazze s'accalca; e chi più gode autorità, va per
-le strade gridando che crolla il pubblico stato se, nel
-prossimo conflitto, il tale auriga suo protetto non
-ottiene la palma. Il giorno poi de' ludi equestri, prima
-che il sole mostri dal cielo la splendida faccia, v'accorrono,
-superando in velocità i cocchi disposti per entrare
-in lizza; e molti fin la notte vegliano, temendo
-non soccomba la fazione lor favorita»<a class="tag" id="tag269" href="#note269">[269]</a>. Sant'Agostino
-ed Orosio raccontano che i Romani, fuggiti da
-Alarico a Cartagine, vi duravano nei teatri quant'era
-lunga la giornata; nulla credevasi perduto se il circo
-si ricuperasse; la spada gotica non avea nociuto a Roma
-<span class="pagenum" id="Page_365">[365]</span>
-se i cittadini potevano rigodere i giuochi circensi<a class="tag" id="tag270" href="#note270">[270]</a>:
-donde la felice frase di Salviano, — Il popolo muore
-e ride»<a class="tag" id="tag271" href="#note271">[271]</a>. Tremila ballerini e altrettanti musici
-sollazzavano Roma; essi soli vennero eccettuati quando,
-in una gran penuria, si sbandirono tutti i forestieri,
-sino i professori d'ogni arte liberale<a class="tag" id="tag272" href="#note272">[272]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Gli eccessi del lusso accostavansi a quelli della miseria
-e della corruzione. I patrizj non sapevano che vantare
-una serie di avi, alle cui austere virtù potevano contrapporre
-soltanto un fasto, cresciuto a misura che
-diminuiva la civile importanza. Il nome di senato non
-indicava tampoco il primo corpo della metropoli d'un
-impero; ma opulentissimi senatori occupavano palagi
-da poter dirsi quartieri, anzi città, comprendendo piazze,
-tempj, ippodromi, boschi<a class="tag" id="tag273" href="#note273">[273]</a>. E provincie poteansi
-dire le loro possessioni, da cui alcuno traeva quattromila
-libbre d'oro l'anno, e un terzo di questo valore in
-generi; la rendita cioè di quattro milioni e mezzo. Chi
-non avesse che mille o mille cinquecento libbre d'oro
-sarebbesi appena reputato degno di sedere in quell'ordine,
-nè sufficiente a sostenerne i pesi e lo sfarzo. Macrino,
-quando fu eletto imperatore, potea colle proprie
-rendite bastare alle spese dello Stato: san Girolamo ad
-Eliodoro nobile cittadino d'Aquileja, poi divenuto vescovo
-di Altino, rinfaccia i vasti portici, gl'ingenti spazj
-<span class="pagenum" id="Page_366">[366]</span>
-occupati da case, le villeggiature deliziose<a class="tag" id="tag274" href="#note274">[274]</a>: Paola,
-la devota amica di esso santo, contava tra' suoi poderi
-la città di Nicopoli.
-</p>
-
-<p>
-Di tali ricchezze facevano sciupìo in una vanità senza
-gusto: empiere la casa d'argenterie; moltiplicare le
-proprie effigie di bronzo o di marmo rivestito di foglia
-d'oro; sopraccaricare d'ornamenti i cocchi, di seta e
-porpora l'abito, che ad arte sciorinato, scopriva tuniche
-suntuose, ricamate a figure d'animali o a piante; e
-farsi precorrere da cuochi affumicati, seguire da una
-cinquantina di schiavi e di buffoni, poi parasiti ed
-eunuchi d'ogni età, pallidi e lividi. Il figliuolo d'Alipio,
-nelle solennità obbligate dell'anno di sua pretura, logorò
-un milione e duecentomila nummi d'oro, o vogliam
-dire zecchini, in sei o sette giorni: il figlio di Simmaco,
-senatore di mediocre fortuna, ne spese due milioni:
-quattro milioni il figlio di Massimo. Quegli Anicj e
-Petronj ed Olibrj, il cui patriotismo consisteva tutto
-nell'ostentare alberi genealogici, non che rifuggire dall'armi,
-nè tampoco comportavano fossero arrolati i loro
-servi; e quando l'imperatore Onorio volle con questi
-empire l'esercito, assordarono la curia di lamenti, ed
-esibirono piuttosto una somma d'oro<a class="tag" id="tag275" href="#note275">[275]</a>: tanto alla
-comune sicurezza preferivano l'avere magnifica famiglia.
-</p>
-
-<p>
-Sotterfuggere ogni pubblica cura o domestica fatica,
-l'intera giornata oziare a garruli crocchi e a bagni,
-uscire talvolta con apparato immenso a vedere i servi
-cacciar le fiere, o pel lago Lucrino navigare alle magnifiche
-lor ville con una salmeria di fanti, eunuchi,
-staffieri, tal era la loro vita. Vai per loro? alla soglia
-incontri le are della dea Tutela, il cui nome dia buon
-auspizio all'entrare<a class="tag" id="tag276" href="#note276">[276]</a>. Il damigello non t'annunzia
-<span class="pagenum" id="Page_367">[367]</span>
-al padrone, se prima non si lavò da capo a piedi. Tarda
-uno schiavo a recare il tepido lavacro? trecento sferzate.
-La mano o il ginocchio soltanto concedono ai baci
-de' clienti, i quali vengono ancora ad offerire omaggio,
-o ricevere promesse e sportule: nè si lusinghi entrar
-loro in grazia chi non è destro nell'adulare, nel suono,
-nel canto, nell'avventurar patrimonj sopra un dado,
-nello spacciare auspizj e indovinamenti<a class="tag" id="tag277" href="#note277">[277]</a>, senza i
-quali non s'intraprende opera alcuna. Dimenticati i libri,
-se non qualche scurrile; le biblioteche chiuse come
-sepolcri; in quella vece cercano organi idraulici, lire
-grandi quanto un carro, flauti ed altri enormi stromenti,
-de' quali e di voci canore solo risuonano i palazzi.
-</p>
-
-<p>
-Che se alcun sintomo di vita appariva ancora fra
-quella turba viziosa, pusillanime, arrogante, era nella
-nimicizia fra Cristiani e Gentili, che, invece d'accordarsi
-a salute della patria, quelli attribuivano tutti i mali
-all'indulgenza dei Cesari verso le reliquie dell'idolatria,
-questi faceano voti per la fortuna dei Barbari, da cui
-speravano rialzati gli abbattuti delubri.
-</p>
-
-<p>
-E i Barbari venivano addosso a questa città, che non
-avea più veduto eserciti stranieri da quando, seicentoventiquattr'anni
-prima, Annibale sciorinò in faccia a
-porta Collina il cavallo di Cartagine. Colla baldanza
-consueta ne' decaduti, ripetevasi sorridendo, — Impossibile
-che un Barbaro assedii questa città gigante, al
-modo che Porsena l'assediò nascente!» ma ecco
-<span class="pagenum" id="Page_368">[368]</span>
-Alarico la circonda <span class="sidenote">(409)</span>, e ne interdice ogni comunicazione
-colla campagna e col Tevere: Allora i Romani si gettarono
-alla disperazione, solita conseguenza; e poichè il
-vulgo nelle grandi sventure vuol sempre alcuno su cui
-versare la colpa, cominciò la solita canzone de' tradimenti: — Fu
-Stilicone che chiamò Alarico; Serena,
-vedova di lui, tiene intelligenza con questo per vendicarlo»;
-e tanto schiamazzò, che spinse il senato ad uno
-di quegli atti di condiscendenza che attestano una debolezza
-colpevole; cioè condannarla a morte. Fieri e
-d'accordo al delitto, divisi e pusillanimi alla difesa.
-</p>
-
-<p>
-La fame ingagliardiva alla giornata, nè la pietà dei
-monaci e di Leta, vedova dell'imperatore Graziano,
-bastavano a gran pezza al bisogno; onde la gente dai
-cibi schifi passò ai nefandi, e moriva per le vie, dove
-il lezzo dei cadaveri generava malattie. Ai mali opponevansi
-le superstizioni, ed auguri etruschi vennero
-asserendo di avere, con riti loro, salvato Narni, traendo
-il fulmine sopra i nemici, ed esibirono fare altrettanto
-a Roma: Pompejano, prefetto della città, interrogò i
-libri pontificali sopra ciò che convenisse fare; ma alle
-Sibille, che alla culla di Roma ne aveano vaticinato
-l'eternità, non restava più voce se non per annunziarne
-la morte quand'era già all'agonia. Gli aruspici allora
-protestarono, — Il Cielo non può placarsi altrimenti
-che con pubblici sacrificj, e col salire il senato in Campidoglio»;
-ma verun senatore osò assistere alla cerimonia,
-e i Toscani furono congedati. Falliti anche i
-soccorsi che si speravano mandati da Ravenna, più
-non restava che implorare la clemenza del re goto.
-</p>
-
-<p>
-Il senatore Basilio e Giovanni tribuno dei notari
-furono spediti ad invocarla; ed avendo essi detto ad
-Alarico, — Non vedi quanta gente sia ancora in Roma?»
-egli rispose: — Meglio si sega il fieno dov'è più folto»,
-e ordinò gli consegnassero quant'oro e argento rimaneva
-<span class="pagenum" id="Page_369">[369]</span>
-in città, pubblico o di privati, ogni suppellettile
-di prezzo, e tutti gli schiavi barbari. — Ma che dunque
-ci lasci?» chiesero i deputati; ed Alarico: — La vita».
-Pure assentì una tregua, nella quale piegatosi a qualche
-umanità, limitò la contribuzione a cinquemila libbre
-d'oro, trentamila d'argento, trentamila di pepe, quattromila
-vesti di seta, tremila pezze di scarlatto fine, e
-si rendessero in libertà tutti gli schiavi barbari. Benchè
-fossero messi a contribuzione tutti i cittadini, non riuscivasi
-a pareggiare quella somma, onde si mise mano
-agli ornamenti dei tempj, e si fusero molte statue, fra
-cui quella del Valore, guajendone gli idolatri come
-segno che fosse perita la romana virtù.
-</p>
-
-<p>
-Così soddisfatto, Alarico lentò l'assedio; e disserrate
-le porte, tre giorni si fece mercato di viveri ne' sobborghi,
-empiendo i granaj pubblici e privati pel caso
-di nuovi disastri. Alarico tenne in rigorosa disciplina il
-suo esercito, sicchè non insultasse ai vinti; poi diede
-volta verso Toscana, dove pensava svernare. Accorsero
-alla sua bandiera quarantamila Barbari schiavi, anelanti
-alla vendetta contro gli aspri signori, intanto che
-il suo cognato Ataulfo gli menava un rinforzo di Goti
-e di Unni, sicchè a capo di centomila uomini sgomentava
-l'Italia. Ma perchè ripeteva di voler pace, furono
-spediti tre senatori espressi da Roma alla corte di Ravenna
-a sollecitare il cambio degli ostaggi e un trattato,
-per cui fondamento Alarico poneva d'essere eletto
-generale degli eserciti d'Occidente con annua provvigione
-di denaro e di grano, e il possesso della Dalmazia,
-del Norico, della Venezia, che lo facevano arbitro del
-Danubio e dell'Italia. Olimpio, ministro d'Onorio, negò
-darvi orecchio; anzi dietro ai messi spedì a Roma un
-corpo di seimila Dalmati: dal cui minaccioso aspetto
-irritati, i Barbari li tolsero in mezzo e trucidarono.
-Poco dopo, Olimpio perde la grazia dell'imperatore, e
-<span class="pagenum" id="Page_370">[370]</span>
-dovette andarsene esule; ricuperò poi l'autorità, la
-riperdette, e mozzegli le orecchie, finì la vita sotto le
-verghe.
-</p>
-
-<p>
-Onorio, non potendo far senza d'un padrone, assunse
-a quel grado Giovio, prefetto del pretorio: agli eretici
-e a' Pagani furono riaperti i comandi e le magistrature:
-Gennerido, barbaro di nazione, idolatro di fede, rimesso
-generale della Dalmazia, della Pannonia, del Norico e
-della Rezia, disciplinò le truppe, le incoraggiò, ricompensando
-talvolta del suo per supplire alla grettezza
-della Corte; e trasse a sè diecimila ausiliarj Unni, abbondevolmente
-provvisti di viveri e d'armenti, talchè
-assicurò la frontiera illirica. La Corte, non che secondare
-questi sforzi, armeggiava solo in intrighi disonorevoli
-e rischiosi. Istigate dal prefetto Giovio, le guardie
-a tumulto chiesero la testa di due generali e dei due
-primi eunuchi; quelli furono decollati, questi ricoverarono
-a Milano. Il brigante eunuco Eusebio e il crudele
-Allobico rimescolarono la reggia, finchè avversatisi per
-reciproca gelosia, il primo fu a bastonate ucciso sotto
-gli occhi dell'imperatore; l'altro s'accordò con Costantino
-imperator delle Gallie onde abbattere Onorio, e
-sotto veste di guerreggiare i Goti, il fece calare sino
-al Po. Ma la trama fu scoperta, e Onorio, non osando
-(così sentivasi da poco) punire giuridicamente Allobico,
-dispose una cavalcata, e in mezzo a quella pompa lo
-fece assassinare; indi scavalcato egli stesso, a ginocchi
-ringraziò Dio d'averlo libero da un traditore.
-</p>
-
-<p>
-Alarico avea, per mezzo di papa Innocenzo I, spedite
-nuove proposte di pace, e Giovio cominciava a praticarla,
-quando Onorio, incaparbito dalle istigazioni
-de' cortigiani, gli mandò disponesse del tesoro, ma non
-prostituisse ad un Barbaro le onoranze militari di Roma.
-La lettera, mostrata ad Alarico, lo irritò, ed inveendo
-contro l'imbecille imperatore, ruppe ogni accordo:
-<span class="pagenum" id="Page_371">[371]</span>
-d'altra parte la Corte obbligò i primarj uffiziali a giurare
-sul sacro capo del loro monarca, che in nessun
-tempo, a nessun patto farebbero accordi col nemico
-dell'Impero, anzi menerebbero implacabile guerra.
-Tanta baldanza infondevano le paludi di Ravenna; tanta
-ne sogliono ostentare coloro che o son lontani dal danno,
-o vogliono mascherar la paura.
-</p>
-
-<p>
-Ma il dissimulare il pericolo non lo rimuove, e già
-tutto l'Impero andava a balìa de' Barbari, e Roma vide
-di nuovo calare alla sua volta l'irresistibile Alarico.
-Costui, moderato ancora nell'ira e nella prosperità, non
-si stancò di spedire vescovi all'imperatore acciocchè
-campasse la città e l'Italia dall'ultimo sterminio: ma
-vistesi ripudiare tutte le condizioni, occupò il porto
-d'Ostia, e intimò a Roma di arrendersi a discrezione,
-o distruggerebbe d'un colpo i magazzini da cui ne
-dipendeva la sussistenza. Alle grida del popolo cedette
-il senato, e per ordine d'Alarico accettò imperatore
-Flavio Attalo, prefetto della città. Costui dichiara generale
-degli eserciti d'Occidente il suo creatore, assume
-Ataulfo per conte de' domestici, cioè della guardia del
-corpo; distribuite le cariche civili e militari tra suoi
-fidati, convoca il senato, e dichiara voler rintegrare
-la maestà romana, e stendere l'impero sull'Egitto e sull'Oriente
-usurpatigli. Stolidi millanti in chi era ludibrio
-de' Barbari: tuttavia furono mandate truppe a racconciare
-il freno all'Africa; Milano e il resto d'Italia acclamarono
-a pien popolo il nuovo augusto, che cercossi
-favore col sostenere i Pagani, e ripermetterne le assemblee;
-e fra le armi gotiche accampato presso Ravenna,
-ricusò la proposta d'Onorio di dividere le provincie
-occidentali, dicendo: — Se egli depone all'istante la
-porpora, gli concederò pacifico esiglio in qualche isola
-remota».
-</p>
-
-<p>
-Anche Giovio ministro e Valente generale di Onorio
-<span class="pagenum" id="Page_372">[372]</span>
-si unirono ad Attalo <span class="sidenote">(410)</span>; di che tale sgomento concepì il
-figlio di Teodosio, che in ogni amico, in ogni servo
-paventava un traditore, e teneva legni sull'ancora per
-tragittarsi nelle terre del nipote. Ma quattromila veterani
-speditigli dall'Oriente tolsero a difendere Ravenna;
-le scarse truppe da Attalo spedite in Africa furono
-messe a pezzi dal conte Eracliano, che coll'impedire
-l'asportazione del grano affamò Roma, sicchè ne sollevò
-la plebe: poi Alarico prese in sospetto il proprio creato
-perchè talora mostrava condiscendere al senato più che
-ai Goti; e toltegli le insegne imperiali, le spedì qual
-pegno di pace ad Onorio.
-</p>
-
-<p>
-Ma dalla pace sconsigliavano l'imperatore i baldanzosi
-ministri e qualche fortunata sortita; laonde Alarico
-comparve sotto le mura di Roma <span class="sidenote">(24 agosto)</span>, anelando alle spoglie
-ed alla vendetta; e dopo lungo assedio, per tradimento
-di schiavi v'entrò, passando sotto gli archi che, sette
-anni prima, erano stati eretti a celebrare il totale sterminio
-di sua nazione; e la città degli augusti, dopo
-avere per mille censessantatre anni predato il mondo,
-rimase preda al furore lungamente represso. Alarico
-ordinò si risparmiasse il sangue, e non si violassero le
-chiese degli apostoli Pietro e Paolo, sicchè la religione
-diventava unica salvaguardia a coloro che l'aveano
-perseguitata. Un Goto, entrato nell'abitazione d'una
-vergine matura, le chiese l'oro; ed essa il condusse ad
-un armadio, gli mostrò una ricchezza di vasi preziosi,
-e — Io non riterrò ciò che non posso difendere; ma
-vi voglio avvisato, che queste suppellettili sono sacre a
-san Pietro, e se le toccate, il sacrilegio resterà sulla
-vostra coscienza». Il Barbaro non ardì porvi la mano,
-e ne comunicò avviso ad Alarico, il quale ingiunse si
-tornassero intatte alla chiesa del maggiore apostolo.
-Spettacolo singolare, una processione di fieri Goti,
-mossa in ordine dal Quirinale, tra una schiera d'armati,
-<span class="pagenum" id="Page_373">[373]</span>
-alternando grida guerresche con devote salmodie, portò
-quei vasi al Vaticano; Cristo trionfava dove fallivano
-le armi terrene; e tante vite salvate negli asili della
-religione attestarono la civile potenza di questa, e il
-sorgere di tempj nuovi dallo sfasciume degli antichi.
-</p>
-
-<p>
-Fuori di là, il furore barbarico esercitò le licenze
-solite in città presa d'assalto; e dei tanti rimastivi fin
-allora schiavi, il lungo rancore si satollò nel sangue. Il
-sacco si stese dagli insigni capi d'arte fino agli addobbi
-privati; ori, gemme, tavole d'avorio, tripodi d'argento
-andarono confusi coi tappeti e colle vesti seriche sul
-lungo traino di carri che seguiva l'esercito goto; egregie
-statue furono gittate; stupendi vasi barbaramente divisi
-dall'ascia ignorante; con acerbe torture scoperti i tesori;
-alcuni palagi caddero preda delle fiamme; molti uomini
-uccisi, assai più ridotti servi, se non li riscattasse o la
-pietà congiunta o la religiosa carità; alquante vergini
-e matrone scamparono vergogna con volontaria
-morte<a class="tag" id="tag278" href="#note278">[278]</a>; una bella dama assalita da un giovane
-Goto, resistette finch'egli, tocco da quella virtù, la condusse
-incolume al marito<a class="tag" id="tag279" href="#note279">[279]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Il sesto giorno i Goti lasciarono la città, e rigurgitanti
-di prede scesero per la via Appia all'Italia meridionale,
-spogliando e vincendo un paese che offriva
-quanto può allettare un conquistatore, nulla di quanto
-può frenarlo. Il campo de' Goti era pieno di cittadini e
-matrone d'illustri case, che ora schiavi e ludibrio della
-fortuna, mesceano il vino dei non più loro campi ai
-rozzi Settentrionali, i quali, assisi fra i platani e gli
-eterni laureti delle ville di Cicerone e di Lucullo, godevano
-le delizie del cielo italiano, e da quelle balzavano
-ad altre battaglie, a stragi nuove. Molti Italiani rifuggivano
-in terre più remote, alcuni nelle isole o in Africa,
-<span class="pagenum" id="Page_374">[374]</span>
-alcuni in Egitto, a Costantinopoli, a Betlemme, soccorrendo
-ai miserabili chi avea potuto sottrarre gli averi
-alla devastazione. Le ricchezze delle chiese si conversero
-in nutrire poveri e riscattar prigioni; Proba, altra
-amica di Girolamo, perdute nel sacco della città le sfondolate
-sue dovizie, approdò in Africa, e il frutto degli
-ampj possedimenti che vi tenea distribuì ai fuggiaschi.
-</p>
-
-<p>
-Alarico, giunto allo Stretto, gettò gli occhi sulla
-Sicilia, che meditava occupare per farsene scala all'Africa:
-ma una procella che disperse il primo imbarco,
-svogliò i Goti da un elemento per essi inusato; poi ne
-li distolse affatto la morte di Alarico <span class="sidenote">(412)</span>. Per dare sepoltura
-all'eroe fu deviato il Busentino che lambisce le
-mura di Cosenza; scavata nel letto una fossa, e depostovelo
-con opulente spoglie, si diede novamente il corso
-alla fiumana, uccisi gli schiavi che eransi in quell'opera
-travagliati, perchè nessuno sapesse il luogo dove riposava
-il terrore di Roma, nè il suo riposo fosse turbato
-da postume vendette<a class="tag" id="tag280" href="#note280">[280]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Allora i Goti raccolsero i voti sopra Ataulfo, cognato
-dell'estinto. Secondando Alarico, avea costui meditato
-di rinnovare faccia al mondo, e colle macerie del romano
-ergere un impero gotico: ma dall'esperienza
-chiarito che la forza demolisce non edifica, che a comporre
-uno Stato voglionsi leggi e ordinamenti di cui
-non erano capaci i nazionali suoi, si propose di meritar
-gratitudine col rifondere lena all'Impero cadente<a class="tag" id="tag281" href="#note281">[281]</a>.
-Sospesi dunque i colpi, offrì pace ed amicizia alla Corte
-imperiale: e questa, nulla ostando il dissennato giuramento,
-ebbe di grazia l'accettarla, e diede impresa ai
-nuovi federati d'osteggiare i tiranni sorti di là dell'Alpi.
-<span class="pagenum" id="Page_375">[375]</span>
-Ataulfo menò i suoi fuor dell'Italia, che per quattro
-anni avevano corsa e devastata; ma come alleati non
-meno che come nemici mandavano a sperpero le contrade,
-ora col pretesto di ribellioni, ora per l'indisciplina
-di gente che, stanziando nell'Impero, n'aveva
-contratto i vizj, non la pulizia.
-</p>
-
-<p>
-Sul cuore di Ataulfo aveva acquistato dominio Galla
-Placidia, figliuola di Teodosio, che cresciuta nella porpora,
-s'invogliò d'intromettersi alle politiche vicende,
-mentre le abbandonavano gl'infingarditi fratelli. Stava
-in Roma quando Alarico vi pose assedio la prima volta;
-e leggera o crudele, assentì alla morte di sua cugina
-Serena. Presa dai Goti, fu trattata con umanità e riguardi,
-forse per la protezione di Ataulfo che tolse ad
-amarla. Quand'egli ne chiese la mano, i ministri d'Oriente
-disconsigliavano superbamente l'ineguale parentela;
-ma la gradì Placidia, e le nozze furono stipulate
-prima che i Goti valicassero le Alpi, indi solennemente
-celebrate a Narbona. Messa da imperatrice, Placidia
-sedette su splendido soglio, e più basso a lato di lei
-Ataulfo vestito alla romana, che alla sposa per dono
-nuziale offrì le spoglie dell'Impero. Cinquanta garzoni,
-fior di bellezza, in abiti di seta, portavano ciascuno due
-vassoj, colmi l'uno di monete d'oro, l'altro di gemme:
-dirigeva il coro degli epitalamj Attalo, che, perduto il
-trono, non isdegnava seguire da cortigiano i gotici re.
-</p>
-
-<p>
-Perdonate le colpe de' passati scompigli, si ristaurò
-alquanto la capitale, portandovi abbondanza dall'Africa;
-e la gente tornava con tal ressa, che in un sol giorno
-n'arrivarono quattordici migliaja<a class="tag" id="tag282" href="#note282">[282]</a>. Ma come lusingarsi
-di durevole ristoro in tanta enormità di mali
-ed imminenza di pericoli? I rimedj stessi attestavano
-l'acerbità delle piaghe d'Italia, giacchè la Campania,
-la Toscana, il Piceno, il Sannio, la Puglia, la
-<span class="pagenum" id="Page_376">[376]</span>
-Calabria, l'Abruzzo, la Lucania, provincie le più manomesse,
-dovettero tenersi assolte dal tributo, eccetto un
-quinto per mantenere le pubbliche poste; le terre vacanti
-concedevansi a vicini o a stranieri, scarche di
-tasse.
-</p>
-
-<p>
-Nuovi guaj le vennero quando il conte Eracliano,
-rompendo la fede serbata nelle più urgenti necessità,
-ribellò l'Africa, e impedì i viveri alla nostra penisola:
-anzi con copiosissimo armamento<a class="tag" id="tag283" href="#note283">[283]</a> sorto nel Tevere,
-si diresse sopra Roma; ma scontrato dagli imperiali
-n'andò rotto, e fuggendo in Africa, fu côlto e decapitato.
-Della quale vittoria doveasi il merito all'illirio Costanzo,
-succeduto ad Allobico nel governare Onorio; bello e
-robusto come piace alla moltitudine, cortese ne' modi,
-sentito ne' motteggi; di valore poi e di capacità tale,
-che, mentre diresse le cose, non solo l'Italia rimase
-franca da invasioni, ma alcune provincie vennero ricuperate.
-Nelle Gallie vinse l'imperatore Costantino, che,
-sebbene avesse creduto render sacra la propria vita
-coll'ordinarsi prete, fu mandato in Italia ed ucciso.
-Anche Attalo, abbandonato da Ataulfo, fu condotto ad
-Onorio, il quale l'espose agli scherni della sua capitale,
-poi gli fece amputar due dita, ed esigliare a Lipari.
-</p>
-
-<p>
-Così Onorio, imbelle di corpo e di senno, in cinque
-anni trionfava di sette competitori. Ma quando doveva
-mostrarsi meglio riconoscente ad Ataulfo, l'inasprì col
-pretendere gli restituisse Placidia. Ataulfo da quel punto
-cessò di far causa coll'Impero; e Costanzo, che aspirava
-alla mano di Placidia e al trono, assicuratesi le spalle
-mediante la pace coi Barbari ch'eransi tragittati sulla
-sinistra del Reno, incalzò robustamente i Goti. Ataulfo
-allora gittossi di là de' Pirenei; ma presto fu assassinato
-da Sigerico in Barcellona <span class="sidenote">(415)</span>; il quale, succedutogli
-<span class="pagenum" id="Page_377">[377]</span>
-nel comando, ne scannò i sei figliuoli, e fra una ciurma
-di schiave vulgari costrinse l'imperiale Placidia a camminare
-per dodici miglia dinanzi al cavallo di colui
-che l'avea vedovata. Ma dopo sette giorni di dominio,
-anch'egli fu ucciso, e surrogatogli Vallia, il quale, avversissimo
-ai Romani, corse la Spagna fin al mare, e
-con Costanzo si accordò di restituire Placidia, combattere
-in nome d'Onorio i Barbari di Spagna, e dare
-ostaggio, ricevendo in cambio seicentomila moggia di
-grano e un paese ove collocar sua gente.
-</p>
-
-<p>
-Delle vittorie di lui menò trionfo Onorio in Campidoglio;
-indi a Vallia assegnò l'Aquitania e per sede
-Tolosa; ai Burgundi consentì la Germania Prima, donde
-poco a poco si stesero sul bel paese cui lasciarono il
-nome di Borgogna. I Franchi, combattuto i nemici di
-Roma, gl'imitarono saccheggiando, e via via si dilagarono
-su tutta la Germania Seconda. L'isola Britannica,
-rimasta sguarnita allorchè l'usurpatore Costantino condusse
-le sue truppe sul continente, pregò ed ottenne da
-Onorio di potersi difendere colle proprie forze: altrettanto
-fecero gli Armorici nel litorale della Gallia fra la
-Senna e la Loira: e così pezzo a pezzo scomponeasi il
-colosso romano.
-</p>
-
-<p>
-In Italia Costanzo sollecitava il compimento de' suoi
-voti non d'amore, ma d'ambizione, chiedendo la mano
-di Placidia, la quale finalmente, per espresso comando
-d'Onorio, lo sposò, ed ottenne per sè e pel marito il
-titolo d'augusti <span class="sidenote">(421)</span>. Quando però le immagini loro furono
-recate alla corte di Costantinopoli, Teodosio il Giovane
-sdegnò accettarle, e immineva aperta guerra, se non che
-fra l'allestirla Costanzo morì <span class="sidenote">(2 7bre)</span>. Al cadere di costui, che
-per undici anni aveva sorretto l'esilità d'Onorio, rannodaronsi
-gl'intrighi di corte; e Placidia, cara al fratello
-a segno da dare appiglio alla malignità, gli fu dagli
-invidiosi messa in odio, e dopo tumulti e baruffe la
-<span class="pagenum" id="Page_378">[378]</span>
-costrinse a cercare co' suoi figli ricovero alla corte
-Orientale <span class="sidenote">(423 — 15 agosto)</span>. Poco sopravisse Onorio, che, in regno abbastanza
-lungo, mai non aveva operato se non per impulso
-di chi lo avvicinava. A sbottoneggiare la sua
-voluttuosa negligenza, il popolo inventò che, avendo
-udito Roma essere stata presa dai nemici, se ne desolò,
-fin quando non seppe che trattavasi dell'antica metropoli
-del mondo, non d'una gallina sua favorita, che con
-quel nome egli chiamava<a class="tag" id="tag284" href="#note284">[284]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Imperando Onorio, si può dire dato l'ultimo crollo
-al paganesimo. Arcadio comandò d'abbattere i tempj
-in città ed in campagna, e coi materiali riparare i
-ponti, le vie maestre, gli acquedotti e le mura di Costantinopoli,
-tolto qualunque privilegio ai ministri degli
-idoli, vietato ogni culto <i>superstizioso</i> sotto gravi
-pene<a class="tag" id="tag285" href="#note285">[285]</a>. Onorio parimenti comminava la morte a
-chi sagrificasse a' falsi Dei, aboliva le rendite dei tempj,
-e destinava questi a pubblico uso, punendo gli uffiziali
-che tollerassero i sagrifizj, e commettendo ai vescovi
-d'impedirli<a class="tag" id="tag286" href="#note286">[286]</a>. Molti tempj andarono pertanto in ruina,
-alcuni furono vôlti al culto migliore, e i loro beni passarono
-ad arricchire la Chiesa.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_379">[379]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap55">CAPITOLO LV.
-<span class="smaller">Valentiniano III. — Gli Unni.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-A separare più sempre i due Imperi, Onorio aveva
-decretato che in Occidente non valessero le leggi emanate
-da Costantinopoli. Quivi le cose volgeano non meno
-improspere che in Italia, anzi la monarchia, non frenata
-da veruna memoria d'antichi privilegi, operava a
-maggior baldanza; nè la splendidissima pompa bastava
-a coprire l'inettitudine del fanciullo Arcadio, che, al
-pari d'Onorio, metteva la testa in grembo a favoriti, i
-quali a vicenda acquistavano ed abusavano il potere.
-Quando egli morì dopo tredici anni di regno <span class="sidenote">(408)</span>, Onorio
-fece qualche movimento verso la tutela del nipote Teodosio
-II, ma presto lasciolla cascare in mano di favoriti,
-poi della sorella Pulcheria, che votatasi alla verginità e
-a pie pratiche, si mostrava però degna di governare
-mezzo l'Impero, più che non lo zio ed il fratello. Questo
-fu da lei provveduto di buoni maestri, ma cresceva
-inetto; eppure intanto la Persia rinnovava gli attacchi
-contro l'Impero, e strappavagli l'Armenia.
-</p>
-
-<p>
-Morto Onorio <span class="sidenote">(423)</span>, Teodosio si aggiunse anche il titolo
-d'imperatore d'Occidente, e mandò a debellare Giovanni
-segretario dell'estinto, che n'aveva usurpato il diadema,
-e che, resistito invano in Ravenna, ebbe tronca la destra;
-poi condotto a strapazzo sopra un asino, fu decapitato
-nel circo d'Aquileja. Teodosio trovossi allora padrone
-di tutto l'Impero; ma, fosse moderazione o negligenza,
-cesse l'Occidente al nipote Placido Valentiniano <span class="sidenote">(425)</span>, figlio
-di Costanzo e di Placidia. Aveva questi appena sei anni,
-gli diedero sposa Licinia Eudossia figlia di Teodosio, e
-<span class="pagenum" id="Page_380">[380]</span>
-fu commesso alla tutela della madre, che per venti anni
-lo governò, con molle educazione sviandolo da occupazioni
-virili; mentr'essa nè sapeva reggere il freno,
-nè commetterlo a buone mani.
-</p>
-
-<p>
-Ultimo puntello degl'imperi sfasciantisi sono i guerrieri,
-e Placidia trovò due eccellenti generali in Ezio e
-Bonifazio. Il primo, nato nella Mesia inferiore da un'Italiana
-sposata a uno Scita, messosi giovanissimo alle
-armi, aveva praticato coi Barbari qual soldato e quale
-ostaggio. Bonifazio erasi non meno segnalato nei governi
-che ne' campi; riuscito a liberare l'Africa, ne fu
-posto governatore, e per giustizia e probità si rese caro
-e rispettato. L'accordo di questi due campioni avrebbe
-potuto rinvigorire alquanto l'Impero, ma gli diè il tracollo
-la loro nimistà. Nel passato tumulto Bonifazio
-avea serbato fede a Valentiniano, mentre Ezio ajutò
-all'usurpatore con sessantamila Unni. Fallita l'impresa,
-Ezio è accarezzato per paura, e ringrandisce nel favore
-dell'imperatrice; e macchinando di elevare se stesso
-sulle ruine di Bonifazio, susurra a Placidia, — Bisogna
-richiamarlo dall'Africa»; intanto segretamente avvisa
-Bonifazio, — Bada che l'obbedire ti costerebbe la testa».
-Bonifazio gli dà ascolto, e, invece di deporre il comando,
-avventasi alle armi; e da Placidia dichiarato ribelle,
-manda a Genserico re de' Vandali, eccitandolo ad acquistare
-stabili possedimenti in Africa.
-</p>
-
-<p>
-Genserico, uomo di meschina statura, azzoppato nel
-cader da cavallo, ma riflessivo, sprezzatore del lusso,
-lento al parlare, facile all'ira, cupido del possedere e di
-mischiar litigi<a class="tag" id="tag287" href="#note287">[287]</a>, aveva condotto i suoi ad occupare
-la Spagna; donde allora, sopra vascelli offerti da Bonifazio
-che l'invitava e dagli Spagnuoli che bramavano
-liberarsene, tragittò in Africa cinquantamila uomini <span class="sidenote">(429)</span>, ai
-quali s'aggiunsero malcontenti e Mori vagabondi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_381">[381]</span>
-</p>
-
-<p>
-Sant'Agostino, vescovo d'Ippona, pose in opera l'autorità
-di prelato e d'amico per distogliere Bonifazio
-dall'insensata vendetta; ma quando altri amici scopersero
-le fraudolente lettere di Ezio, Bonifazio pentito
-venne ad affidare la sua testa a Placidia, e Cartagine e
-le guernigioni romane rientrarono nel dovere. Ma il
-colpo era dato, e per quante somme il ravveduto offrisse
-a Genserico acciò sgombrasse l'Africa, questi rimase
-non più come ausiliario, ma come padrone e devastatore;
-e sgominato Bonifazio, che combatteva col valore
-d'un pentito, scorse liberamente la campagna; sperperò
-le sette provincie, che chiamavansi granajo di Roma e
-del genere umano, mandando a strazio senza distinzione
-d'età o di grado, svellendo le vigne e gli ulivi,
-e se il terrore non esagerò, scannando i prigionieri
-davanti alle città assediate, acciocchè il lezzo ne ammorbasse
-l'aria.
-</p>
-
-<p>
-Sconfitti interamente i Romani, Bonifazio per disperato
-fuggì dalla contrada sopra la quale avea tratto
-tante sventure, e giunto a Ravenna, ebbe da Placidia
-oneste accoglienze e il grado di patrizio e di generale
-degli eserciti romani. Questi onori parvero un oltraggio
-ad Ezio, a cui l'essere scoperto perfido non avea scemato
-la confidenza; onde accorse con uno stuolo di
-Barbari; e a tal segno era scaduta ogni autorità imperiale,
-che assalì armata mano Bonifazio. Questi prevalse,
-ma d'una ferita spirò poco dappoi <span class="sidenote">(432)</span>, perdonando
-ad Ezio, e consigliando alla ricca sua moglie di sposarlo.
-Ezio, rassicurato di perdono, torna; e l'imperatrice,
-baciando la mano che non poteva recidere, il
-solleva a patrizio. Fatti inesplicabili nella scarsità ed
-inesattezza de' cronisti d'allora. Nè con Ezio si deve
-parlare del patriotismo antico: libertà considerava l'affrancare
-i suoi padroni dagli stranieri, e se medesimo
-da chiunque l'impacciasse; combatteva per quell'onor
-<span class="pagenum" id="Page_382">[382]</span>
-militare, che oggi pure manda migliaja di soldati a
-profondere la vita e farsi eroi per una causa che non
-esaminarono, che forse ignorano.
-</p>
-
-<p>
-Genserico, domata la risorta Cartagine <span class="sidenote">(439)</span>, i migliori
-terreni da Tripoli a Tangar distribuì fra' suoi, riducendo
-a servi i prischi possessori. Nessun'altra invasione riusciva
-di tanto pregiudizio all'Italia, avvegnachè i senatori
-vi perdevano i lauti patrimonj ivi collocati, il fisco
-l'immensa eredità di Gildone, la plebe le distribuzioni
-del grano e dell'olio che di là si traevano. Stava dunque
-sul cuore agl'imperatori di ricuperarla, ma Genserico,
-scaltro quanto prode, intoppò ogni lor passo; e posta
-in essere un'armata navale da ricordare i migliori tempi
-di Cartagine, invase anche la Sicilia, occupò Palermo,
-sbarcò più volte sulle coste della Lucania. Quand'ecco
-nuovo flagello scaricarsi sull'Impero: gli Unni.
-</p>
-
-<p>
-È impossibile confonderli, come gli storici d'un secolo
-fa<a class="tag" id="tag288" href="#note288">[288]</a>, coi Mongoli e Tartari; e meglio si assegnano
-alla stirpe finnica, cioè a quella da cui derivano
-gli odierni Ungheresi. I nostri, sgomentati dall'apparire
-<span class="pagenum" id="Page_383">[383]</span>
-di genti estranie alla razza indo-germanica, non trovando
-immagini adeguate al loro terrore, ricorsero alle
-favole, e dissero che re Filimero avendo trovato fra' suoi
-Goti alcune maliarde, le cacciò in paese deserto, lontan
-lontano dal campo suo: quivi le imbatterono spiriti
-maligni, e mescolatisi con esse, generarono gli Unni,
-orridi e piccoli, nè somiglianti ad uomini se non perchè
-favellano<a class="tag" id="tag289" href="#note289">[289]</a>. Ammiano Marcellino li descrive di ferocia
-senza pari; nati appena, solcavasi loro il viso con un
-ferro rovente, acciocchè non mettessero barba; piccoli
-e tarchiati della persona, con vigorose membra, grosse
-teste, spalle tozze, tanto da scambiarli per bestie ritte
-sulle zampe, o per le grossolane cariatidi che sorreggono
-i palchi; portano alta la fronte, cavalcano a meraviglia,
-e maneggiano maestrevolmente arco e freccie.
-</p>
-
-<p>
-La caccia era loro abitudine; ed inseguendo una cerva
-bianca, alcuni traversarono la palude Meotide, onde
-vennero a conoscere il paese degli Sciti; e giudicando
-che per guisa soprannaturale fosse loro indicata quella
-<span class="pagenum" id="Page_384">[384]</span>
-via, indussero i compatrioti a invadere le contrade scoperte.
-Così fecero; e parte vinsero i popoli che scontravano,
-parte li fugarono col terrore degli orridi
-aspetti e d'una ferocia mai più sperimentata. Condotti
-dal re Balamiro <span class="sidenote">(376)</span>, sottomisero gli Acatsiri e gli Alani,
-coi quali saltarono sulle contrade degli Ostrogoti, e li
-dispersero e sottomisero. I Visigoti chiesero ricovero
-sulle terre dell'Impero, abbandonando agli Unni il paese
-a settentrione del Danubio, ove da un secolo e mezzo
-stanziavano, e che allora divenne centro d'un nuovo
-Stato che dovea durare settantasette anni.
-</p>
-
-<p>
-Balamiro, inanimato dal buon successo, devastò le
-provincie romane, e molte città distrusse, finchè non
-venne acquietato col promettergli l'annuo tributo di
-diciannove libbre d'oro (20,000 lire) <span class="sidenote">(400)</span>. Uldino, che gli
-succedette nel comando, fu assassinato; i Romani dovettero
-con più larghi donativi sviare le minaccie di
-Caratone; e d'allora gli Unni si mescolarono volta a
-volta nelle vicende dell'Impero. Varcato il Danubio,
-misero a sacco la Tracia e minacciarono Costantinopoli;
-se non che la peste li sterminò <span class="sidenote">(425)</span>. Roila riceveva
-da Teodosio il Giovane l'annuo tributo di trecencinquanta
-libbre d'oro (370,000 lire) per tenersi tranquillo;
-forse con Ezio menò perfide pratiche; ma appena
-ebbe conchiuso nuovi accordi con Valentiniano III,
-morì <span class="sidenote">(433)</span>, lasciando il principato al nipote Attila.
-</p>
-
-<p>
-Deforme figura, carnagione olivigna, testa grossa,
-capelli brizzolati, piccoli occhi affossati, naso simo,
-pochi peli al mento, corporatura tozza e nerboruta,
-fiero il portamento e la guardatura, come d'uomo che
-si sente vigoria superiore a quanti lo circondano, tale
-ci è descritto Attila. Sua vita era la guerra, pure sapea
-frenarsi: severo nel pretendere giustizia, considerava
-per tale la propria volontà; pure ai supplichevoli mostravasi
-esorabile, propizio a chi in fede ricevesse. Nè
-<span class="pagenum" id="Page_385">[385]</span>
-soltanto nella forza fidando, fece spargere di quelle
-ubbie che allettano la plebe. Una vitella tra il pascolare
-si ferisce un piede; e il pastore meravigliato cerca
-fra l'erbe, e vede sporgere la punta di una spada, che
-egli trae fuori e reca ad Attila; il quale mostra accettarla
-come un dono del dio della guerra, e un segno
-della dominazione universale. — La stella cade (diceva),
-la terra trema, io sono il martello del mondo, e più
-non cresce erba dove il mio cavallo ha posto piede».
-Avendolo un eremita chiamato <i>flagello di Dio</i>, adottò
-questo titolo come un augurio, e convinse le genti che
-lo meritava.
-</p>
-
-<p>
-Da principio sgomenta Teodosio il Giovane, che, al
-prezzo di settecento libbre d'oro all'anno, compra una
-pace vergognosa, oltre concedergli libero mercato in
-riva al Danubio, e restituirgli quanti sudditi suoi erano
-rifuggiti nelle provincie imperiali: avuti i quali, e tra
-essi alcuni giovani di regia stirpe, Attila li fa crocifiggere <span class="sidenote">(441)</span>.
-Allora osteggia i Barbari di varia nazione, stanziati
-od erranti nel centro dell'Europa: Gepidi, Ostrogoti,
-Svevi, Alani, Quadi, Marcomanni si piegano o sono
-ridotti all'obbedienza di lui, che stende dai Franchi agli
-Scandinavi il dominio, il terrore per tutto il mondo:
-una folla di re lo corteggia, settecentomila guerrieri
-aspettano dal suo cenno qual paese abbiagli designato
-la vendetta di Dio. Ed egli, dal barbaro volgendosi al
-mondo incivilito, assale la Persia, ma respinto, ascolta
-al vandalo Genserico, e si avventa sull'impero romano;
-e distesi i suoi Barbari in una terribile linea di cinquecento
-miglia dall'Eusino all'Adriatico, manda dire a
-Valentiniano e Teodosio — Preparatemi un palazzo».
-</p>
-
-<p>
-Tre segnalate vittorie lo recano fino ai sobborghi di
-Costantinopoli. Devastate settanta città, ridotto in servitù
-chi campava dal ferro, pretese che Teodosio cessasse
-d'intitolarsi signore della contrada che si estende dal
-<span class="pagenum" id="Page_386">[386]</span>
-Danubio fino a Naisso e alla Nava in Tracia; poi qualora
-volesse premiare qualche suo benemerito, lo spediva
-alla corte di Costantinopoli ad insultar l'imperatore
-nel suo palazzo, col pretesto di chiedere l'adempimento
-de' patti, ma in realtà per farsi impinguare di doni dallo
-sbigottito augusto.
-</p>
-
-<p>
-Satollo di vittorie e di sangue, Attila ricoveravasi a
-riposo, non in alcuna città, ma nel proprio accampamento
-fra il Danubio, il Teiss ed i Carpazj, in quei
-campi d'Austerlitz, che divennero modernamente famosi
-per segnalata vittoria. Colà i vincitori del mondo
-e le loro donne compiacevansi attestare i loro trionfi
-coll'oro e le gemme onde fregiavano la persona fin
-alle scarpe, le spade, le bardature, e col vasellame
-d'oro e d'argento cesellato onde caricavano le mense.
-Attila solo, che sembra gigante perchè montato su tante
-ruine, e innanzi al quale tremava ognuno dal Baltico
-all'Atlante e al Tigri, ostentava non portare altro ornamento
-che d'armi; a tavola usava coppe e taglieri di
-legno, nè mangiava che carne e pane. Ivi accolse le
-umili e pompose ambasciate degli imperatori romani,
-ai quali a prezzo concedette di sopravivere ancora
-alquanto.
-</p>
-
-<p>
-Poco dipoi Teodosio II, cascando di cavallo, morì di
-cinquant'anni <span class="sidenote">(450 — 28 luglio)</span>, dopo quarantatre d'un regno disonestato
-dall'avvilimento dell'impero, illustrato dal Codice ch'egli
-fece pubblicare: Pulcheria ottenne anche in titolo il
-comando sull'Oriente, che di fatto già esercitava; e per
-la prima volta una donna stette in proprio nome a capo
-dell'impero romano. Non un marito essa volendo ma
-un collega, fermò sua scelta sopra Marciano senatore
-sessagenario, il quale alla scuola dell'armi e della sventura
-aveva appreso virtù ignote ai cesari ch'erano stati
-cullati nella porpora.
-</p>
-
-<p>
-Quanto importasse il conservar la pace egli lo sentiva,
-<span class="pagenum" id="Page_387">[387]</span>
-ma non a prezzo di viltà; onde ad Attila, che mandava
-arrogantemente a chiedere il tributo, rispose: — Oro
-ho per gli amici, pei nemici ferro». Ultima
-voce romana. Attila si risolve alla guerra, e move dal
-fondo dei pascoli pannonj esitando, — Mi drizzerò all'oriente
-o all'occidente? cancellerò dal mondo Costantinopoli
-o Roma?» Una serie d'accidenti il determinò
-verso questa.
-</p>
-
-<p>
-Ezio, dopo ch'ebbe costretto Placidia a rimetterlo in
-grande stato, e sacrificare i nemici alla sua vendetta,
-baldanzeggiava di potere e di fasto, mentre l'imperatore
-vero marciva in un vile riposo, assicuratogli dalla valentìa
-di questo capitano. Il quale veramente ritardò
-d'alquanti anni l'ultimo crollo dell'Impero; frenò i Vandali
-con trattati, mantenne l'autorità imperiale nella
-Gallia e nella Spagna, e strinse federazione coi Franchi
-e cogli Svevi. Non aveva mai interrotto le relazioni
-cogli Unni d'Attila, nel cui campo pose ad educare il
-proprio figlio Carpiglione: la sua intromessa manteneva
-pace fra l'imperatore e quel formidabile, al costo
-però di frequenti umiliazioni: anzi ebbe Unni ed Alani
-agli stipendj allorchè volle combattere i Burgundi e
-Visigoti, già accasati nelle Gallie. Ma come Genserico
-mandò invitare gli Unni, Attila si difilò sopra le Gallie,
-dove lo chiamava anche l'alleanza dei Franchi, che colà
-avevano preso stanza dal Reno fin alla Somma.
-</p>
-
-<p>
-Se occorrevagli un'ombra di diritto, gliel'offerse
-Onoria, sorella di Valentiniano III, che relegata per
-aver amato il ciambellano Eugenio, spedì un eunuco
-ad Attila, esibendogli l'anello e le ragioni ch'essa poteva
-offrirgli come moglie. L'Unno mandò a chiedere
-formalmente la mano d'Onoria, come già sua fidanzata,
-e con lei mezzo l'impero. — Le donne romane non
-hanno diritto alla successione», gli fu risposto: e la
-principessa venne maritata di nome ad un uomo oscuro,
-<span class="pagenum" id="Page_388">[388]</span>
-indi chiusa in perpetuo carcere. Attila allora aduna un
-nuvolo di popoli germani e di vassalli od alleati, stermina
-molte città della Gallia <span class="sidenote">(450)</span>, ed assedia Orleans.
-</p>
-
-<p>
-Ezio, non illudendosi nè alle insidiose profferte d'Attila,
-nè agli intrighi d'una parzialità che alla corte italiana
-favoriva la pace, per timida apprensione della guerra,
-fatto eroe per volontà, come sempre era stato per coraggio,
-avea raccolto le maggiori truppe che potesse,
-e massime gli ajuti dei Visigoti e de' costoro alleati,
-congiuntisi per respingere questi nuovi invasori d'un
-terreno, dov'essi cominciavano a gustare la dolcezza di
-stabili domicilj. Un generale romano, purchè riuscisse
-ad unire un esercito, poteva fare gran fondamento sulla
-superiorità che la tattica gli dava sopra di gente ragunaticcia,
-ricca soltanto di personale valore. Lo sentì
-Attila, il quale, ingombrato più che soccorso dalla moltitudine
-raccozzata, conobbe la titubanza, e levatosi
-d'attorno ad Orleans, e ripassata la Senna <span class="sidenote">(451)</span>, attese il
-nemico nelle pianure Catalauniche sulla Marna, opportune
-ai volteggiamenti della cavalleria.
-</p>
-
-<p>
-Ivi dunque s'accampava tutto il mondo asiatico, romano
-e germanico; quelli cui sfuggiva, e quelli che
-afferravano il dominio della nuova Europa. Con Roma
-schieravansi Visigoti, Leti, Armorici, Galli, Breuni, Sassoni,
-Borgognoni, Sarmati, Alani, Franchi, Ripuarj;
-con Attila altri Franchi ed altri Borgognoni, Boj, Eruli,
-Turingi, Gepidi, Ostrogoti: fratelli separati da lunga
-stagione, qui si rincontravano per trucidarsi. Nella battaglia,
-con poc'arte e assai furore travagliata, cencinquantamila
-cadaveri copersero le rive della Marna, ma
-ai Romani restò il vanto: e fu l'ultima gran vittoria che
-si riportasse in nome degli antichi signori del mondo.
-Attila si ritirò dietro la trincea de' suoi carri, e la notte
-cantava battendo le armi, a guisa di leone che rugge
-nella caverna dove l'hanno ridotto i cacciatori. Preparatosi
-<span class="pagenum" id="Page_389">[389]</span>
-alla difesa, accatastò le selle e le gualdrappe dei
-suoi cavalli, disposto a bruciarvisi vivo perchè nessuno
-potesse vantare d'aver preso od ucciso il sire di tante
-vittorie. Ivi aspetta un attacco; ma al silenzio della
-campagna s'accorge che il nemico s'era ritirato per
-arte di Ezio, ed anch'egli rivarca il Reno, e costeggiando
-il Danubio torna in Pannonia.
-</p>
-
-<p>
-A primavera s'accinge a nuova invasione <span class="sidenote">(452)</span>, e chiesta
-ancora la mano di Onoria col patrimonio di essa, e
-ancora disdetto, mettesi in marcia, valica le Alpi, e
-invade la pianura che l'Isonzo, il Tagliamento, la Livenza,
-la Piave, il Musone, la Brenta, l'Adige, il Sile
-avevano formata presso ai lenti loro sbocchi in mare.
-Era stata popolata dai Veneti Paflagoni<a class="tag" id="tag290" href="#note290">[290]</a>, i quali colla
-caccia e la pesca viveano in quelle lagune, che offrivano
-breve tragitto fra Aquileja e Ravenna: vestiti alla
-greca con tuniche a maniche, larghi calzoni, il pileo in
-capo, e molto curandosi dei cavalli<a class="tag" id="tag291" href="#note291">[291]</a>. Il paese che
-con nome generico chiamavasi le Venezie, fioriva per
-le città di Concordia, Opitergio, Patavio, Altino, ridente
-di ville quanto il lido di Baja<a class="tag" id="tag292" href="#note292">[292]</a>, e principalmente
-Aquileja.
-</p>
-
-<p>
-A questa pose assedio Attila colle macchine fabbricategli
-da disertori, e col dispendio di vite incalcolate.
-Gl'Italiani nel difenderla mostrarono che l'antico valore
-non mancava in essi del tutto, qualora o non li disgustasse
-la dotta oppressione, o non gl'impedisse la gelosia
-degli imperatori. Dopo tre mesi di vani attacchi,
-Attila per disperato levava già il campo, quando nel
-girare vede una cicogna che s'appresta a fuggire coi
-pulcini suoi da una torre dove aveva posto nido. — La
-città sta per cadere, se l'abbandonano fin animali così
-<span class="pagenum" id="Page_390">[390]</span>
-fidi», egli dice; e con tale augurio ravvivato lo stanco
-coraggio de' suoi, li mena con superstiziosa foga all'assalto.
-S'apre la breccia, ed Aquileja ruina per più non
-risorgere. Altino, Concordia, Patavio vanno a strazio
-uguale; e gli abitanti sbigottiti, dal continente cercano
-rifugio tra le isolette della laguna, primo nocciolo della
-città e della repubblica che dovea conservare il libero
-imperio più a lungo che Roma<a class="tag" id="tag293" href="#note293">[293]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Internatosi allora fra terra, Attila mandò a pari guasto
-Vicenza, Verona, Bergamo: Pavia e Milano si ricomprarono
-dal fuoco col cedere tutte le ricchezze e colla
-pronta sommessione. Attila, entrando nella reggia a
-Milano, e visto una pittura dove gl'imperatori erano
-rappresentati sul trono in atto di calpestar re barbari,
-sorrise, e vi fece istoriare i cesari, versanti sacca d'oro
-a' piedi di lui vincitore.
-</p>
-
-<p>
-Tutta Italia, alle incalzanti notizie di replicati disastri,
-giaceva scarsa di consiglio, sprovvista di esercito, decimata
-d'abitanti. Ezio solo tenevasi in piedi: ma gli
-alleati che lo aveano soccorso di là dall'Alpi quando
-a quella dell'Impero andava congiunta la propria loro
-salvezza, allora vedevano con indifferenza dirigersi
-quella furia sopra l'Italia, come l'agricoltore quando il
-nembo, minaccioso a' suoi campi, si sfoga sopra gli
-altrui. Anche l'impero Orientale non seppe che promettere
-soccorsi; talchè a quel generale non restava
-che bezzicare di fianco l'esercito d'Attila. Valentiniano
-stesso non ben s'affidava nel suo generale, e tenendosi
-poco sicuro nel nascondiglio di Ravenna, era fuggito a
-<span class="pagenum" id="Page_391">[391]</span>
-Roma; poi vedendo anche questa abbandonata di soccorso
-e imperfetta di mura, meditava uscire d'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Nell'universale scoraggiamento, Leone papa ed Avieno
-romano consolare presero il partito di condursi supplichevoli
-al Flagello di Dio, e in nome della religione
-e delle antiche memorie implorare la salvezza di Roma.
-Lo scontrarono vicino a Peschiera, e accolti con rispetto,
-il pregarono a dar sosta, promettendogli immense
-somme qual dote d'Onoria.
-</p>
-
-<p>
-Le leggende, che non poco s'esercitarono intorno a
-questo gran frangente, ricordano diverse battaglie avvenute
-sotto le mura di Roma, sì fiere che tutti i soldati
-perirono, eccetto i comandanti; ed anche esalate
-le anime, i cadaveri continuavano a pugnare tre giorni
-e tre notti come vivi<a class="tag" id="tag294" href="#note294">[294]</a>. Altri dissero che i santi Pietro
-e Paolo comparissero dal cielo, proteggendo la città
-dove riposano le loro ceneri, e minacciando Attila, il
-quale atterrito indietreggiò; miracolo perpetuato in
-colori da Rafaello, in marmo dall'Algardi.
-</p>
-
-<p>
-Anche senza miracolo, può credersi che il rispetto
-all'antica metropoli del mondo gentile e alla nuova del
-cristianesimo rattenesse i Barbari: recente era l'esempio
-d'Alarico, di cui restarono spezzati i trionfi e la vita
-appena ebbe violato la gran città; i seguaci d'Attila,
-impetuosi negli attacchi, non reggevano alle lunghe
-prove degli assedj: erano decimati dalle malattie,
-con cui tante volte Italia punì i suoi invasori; infine,
-quale allettamento potevano avere i palagi per Attila,
-avvezzo a considerar libertà l'aria aperta, e prigione
-le case? Agognava prede? gli venivano offerte senza
-fatica.
-</p>
-
-<p>
-Ripiegò dunque verso la sua città di legno; e tra via,
-alle tante mogli che l'aveano fatto padre d'innumerevole
-<span class="pagenum" id="Page_392">[392]</span>
-prole, aggiunse la giovinetta Ildegonda: ma nella
-gioja o nell'abuso delle nozze fu sorpreso dalla morte <span class="sidenote">(453)</span>.
-Il cadavere di lui venne esposto in mezzo alla campagna
-fra due lunghe file di tende di seta; i suoi Unni si mozzarono
-i capelli, sfregiaronsi il volto, e gli offersero
-esequie di sangue umano. Chiuso in tre casse, una d'oro,
-una d'argento, una di ferro, nottetempo lo sepellirono
-colle spoglie più scelte de' nemici e coi cadaveri degli
-schiavi che aveano scavata la fossa, intorno alla quale
-i nobili Unni menarono dissoluti e intemperanti banchetti
-funerali. I molti figli di lui se ne disputarono gli
-ampj possessi; ma questi già erano perduti al lentar
-della mano che unica valeva a tenerli congiunti.
-</p>
-
-<p>
-La costui corsa non recò all'Italia soltanto i passeggieri
-disastri d'un'irruzione. Il paese veneto era la linea
-di congiunzione fra l'impero Orientale e l'Occidentale:
-i Barbari vi si erano affollati rompendola a volta a
-volta, ma senza stabilità, finchè la dominazione astuta
-quanto violenta d'Attila non ebbe dissipato ogni prestigio
-della superiorità romana. Distrutta Aquileja, la
-piazza d'arme più rilevante e la piazza di commercio
-più considerevole nell'alta Italia, questa si trovò aperta
-a chiunque venisse; e da quel punto la Venezia rimase
-staccata dall'Impero.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap56">CAPITOLO LVI.
-<span class="smaller">Sulla caduta dell'Impero romano.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-L'Impero potè dunque inneggiare e Giove e Cristo
-perchè trovavasi un'altra volta salvato: ma il cancro ne
-rodeva gli organi vitali; e dismessa l'obbedienza, indisciplinati
-gli eserciti, esausto l'erario, un sentimento
-<span class="pagenum" id="Page_393">[393]</span>
-universale di stanchezza e di paura stringeva gli animi,
-e facea guardare con isgomento il compirsi del <span class="smcap lowercase">XII</span> secolo
-di Roma, che, secondo i computi de' sacerdoti
-etruschi, reputavasi fatale alla durata di essa.
-</p>
-
-<p>
-Educati da fanciulli ad ammirare Roma gigante, in
-una letteratura tutta piena della grandezza di lei, e
-sopra storie che, isolando la gloria dal diritto, la idolatrano,
-ne esagerano le virtù, ne giustificano le colpe,
-infondono idee false ed inumane della libertà, della
-gloria, del diritto di conquista; condotti poi a meditare
-quella legislazione, non solo ammirata ma seguita ancora
-in gran parte dopo tanti progressi della ragione e
-della pratica; circondati da mirabili avanzi di quella
-civiltà, e considerando come vanto patrio la magnificenza
-e i trionfi di coloro che godiamo chiamare nostri
-avi; qual meraviglia se con fatica deponiamo giudizj
-ricevuti senza discussione, e convertiti in sentimenti?
-se ci riesce ingrato chi ci strappa quelle illusioni, ed
-alle magnifiche frasi surroga i nudi fatti, allo splendore
-la giustizia, alla gloria l'umanità?
-</p>
-
-<p>
-Sulla caduta maestà latina faccia elegie chi, avvinto
-alle reminiscenze di scuola, giudica col patriotismo di
-Tullio e di Catone. Un insigne scrittore inglese, stomacato
-di vedere il convento d'Ara-cœli sorgere a fianco
-al Campidoglio, e cantici di frati sonare là dove un
-tempo decretavasi lo sterminio d'intere nazioni, fra
-sardonico ed epigrammatico dipinse come declinasse
-Roma dal punto che fu inaugurata la nuova fede. Ma
-chi si affezioni agli oppressi, ai vinti, al popolo, sarà a
-stupire se giudichi diverso da chi ammira la violenza,
-il trionfo, gli eroi? sarà a stupire se, chi della Via sacra
-e del Campidoglio si occupa meno che della Suburra e
-delle catacombe, non preconizza tanto la Roma d'Augusto
-quanto medita sul suo deperimento? V'ha spettacolo
-più istruttivo che quello d'una società che si
-<span class="pagenum" id="Page_394">[394]</span>
-sfascia mentre un'altra si forma? e quando mai la storia
-offrì maggiore opportunità di considerarlo?
-</p>
-
-<p>
-Un occhio umano e filosofico dovrà riconoscere che
-quella catastrofe, di lunga mano preparata, ritardata
-forse da accidenti che parvero accelerarla, tolse via
-una barriera ai progressi dell'umanità. D'altra parte
-l'agonia di dieci secoli dell'impero d'Oriente basterebbe
-a convincerci del come si sarebbe miseramente trascinata
-la sopravivenza dell'Occidentale.
-</p>
-
-<p>
-Per imputare della caduta di questo le sole invasioni
-dei Barbari, bisognerebbe dimenticare come esse cominciassero
-fin dal tempo di Mario e di Cesare, e che
-cinque secoli urtarono l'Impero senza scassinarlo, fintantochè
-le corrosioni interne non ebber reso irreparabile
-un crollo, di cui la grande migrazione fu occasione
-e nulla più.
-</p>
-
-<p>
-Le società moderne, anche traverso a quell'inumano
-avanzo che dicesi ragione di Stato, si fondano sull'amore;
-e più s'inciviliscono, più procurano la pace,
-estendono l'eguaglianza a maggior numero d'uomini, e
-infine a tutti. Le antiche in quella vece, non riconoscendo
-la fratellanza originaria nè la solidarietà del genere
-umano, si nutrivano d'odio, di guerra, dell'escludere
-ogn'altra gente dal piccolo numero de' privilegiati;
-libere nell'interno, tiranne e nemiche di chiunque non
-appartenesse alla loro aggregazione; il patriotismo era
-meno amor de' suoi che odio de' non suoi; il che fu
-espresso nel proverbio romano «L'uomo è un lupo per
-l'uomo»<a class="tag" id="tag295" href="#note295">[295]</a>. Di qui la necessità di tenersi sempre in
-armi per difendersi o per offendere; di qui la cura dei
-legislatori civili e religiosi nel conservare costumi e
-istituzioni che la loro tenevano distinta da ogni altra
-gente.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_395">[395]</span>
-</p>
-
-<p>
-Però conquiste, alleanze, federazioni dilatavano questa
-società, col che scemavansi i nemici, e comunicavasi
-a maggior numero quella giustizia naturale, che è diritto,
-ma che guardavasi come privilegio. L'incivilimento
-e l'umanità ne vantaggiavano, ma ne rimanevano
-sconficcate le società parziali; il patriotismo,
-svigorito coll'allargarlo, riducevasi incapace di resistere
-ad altro popolo che ne conservasse la primitiva
-inesorabilità.
-</p>
-
-<p>
-Greci, Pelasgi, Etruschi, gli altri popoli circumabitanti
-al Mediterraneo viveano in questo secondo stadio,
-allorchè Roma li colse e domò; Roma patriotica e
-guerriera per eccellenza. All'impeto suo, all'inflessibilità
-di que' patrizj, qual ostacolo poteva opporre l'Europa?
-Le nazioni di questa si trovavano press'a poco
-al medesimo livello di civiltà; date all'agricoltura, divise
-in popoletti secondo i territorj, tra loro frequenti
-in guerre, delle quali la minutezza impediva sino i vantaggi,
-soliti derivare da queste feconde malattie dell'umanità;
-non aveano una metropoli che primeggiasse;
-gelose dell'indipendenza, non s'univano se non a tempo
-per momentanei interessi o per calcoli d'equilibrio politico.
-Ma anche dove scarseggiavano i raffinamenti
-sociali, possedevasi la libertà; e mentre nei grandi
-imperi asiatici l'individuo andava perduto o sagrificato
-nelle convenienze dello Stato o nella volontà d'un arbitro,
-qui la suddivisione produceva quelle lotte, in cui
-l'uomo svolge ed esercita le proprie forze.
-</p>
-
-<p>
-Ne profitta Roma, miscuglio anch'essa di genti diverse;
-e fra le popolazioni italiote costretta a sostenersi
-colle armi, introduce quel sistema che da tutte doveva
-distinguerla, l'assimilare gradatamente al suo Comune
-i vinti, mediante la potenza del diritto. Quest'assimilazione
-fu iniziata dai re: la cacciata de' Tarquinj la
-sospese, ed assodò l'oligarchia, nella quale la plebe
-<span class="pagenum" id="Page_396">[396]</span>
-soffriva orribile pressura; ma non che fiaccarsi alla
-tirannide, si agitava, e chiedeva pane e diritti. Come
-acquietarla? occupandola in incessanti guerre, donde i
-patrizj traevano infallibile vantaggio, perocchè vincendo
-arricchivansi, vinti trovavano d'aver decimato e punito
-i loro tiranneggiati. Delle perdite Roma si rifaceva coll'assorbire
-il fiore de' paesi soggiogati: mirabile costituzione,
-mercè della quale divenne padrona non istantanea
-del mondo.
-</p>
-
-<p>
-Sottoposta la penisola, Roma si trovò a petto Cartagine;
-poi la Grecia e l'Asia, civiltà antiche; poi la Gallia,
-la Spagna, la Germania, civiltà esordienti: nella resistenza
-divenuta gigante, nella vittoria irresistibile, sulla
-meschina bilancia dell'altrui politica getta la sua spada;
-dà mano al debole, per opprimere con questo il forte,
-indi l'uno e l'altro soggiogare.
-</p>
-
-<p>
-Guai ai vinti! I trattati portavano in capo la parola
-di pace, come testè vedevamo quelle di libertà e fratellanza;
-ma realmente erano patti d'un superiore ad
-inferiori, sottomettendo non solo i vinti ma gli alleati
-a più o men diretta dipendenza. Il feroce diritto patrizio
-considera nemici i popoli indifferenti, e di buona presa
-la roba e gli uomini di chi non sia alleato; con lunga
-arte cancella i caratteri nazionali; ovunque tocchi, abbatte
-le vetuste grandezze e l'industria di lunghi secoli;
-l'opulenta Corinto, Cartagine regina dei mari, Rodi
-sposa del sole, cadono immolate alla gelosa conquistatrice;
-pérdono fiore le mercantili città dell'Egeo,
-muojono le splendide della Grecia; il commercio, anima
-del popolo attorno ai mari interni, è strozzato fra gli
-abbracci della padrona.
-</p>
-
-<p>
-Ad alcuni paesi vinti d'Italia e di Grecia lasciava
-essa qualche ombra di libertà; ma delle popolazioni
-di Spagna, delle Gallie, della restante Europa fa quello
-sterminio che crede necessario alla sua sicurezza; e sui
-<span class="pagenum" id="Page_397">[397]</span>
-cadaveri pianta colonie talmente efficaci, che giunsero
-fino a mutarne il linguaggio. Delle provincie conquistate
-dividevasi il bottino fra i soldati, il terreno fra i
-cittadini, che così diventavano barriera contro i nemici,
-ed estendendo fra i vinti il timore di Roma e il rispetto
-per le istituzioni sue, preparavano nuovi trionfi. Salvo
-i pochi che in alcuni paesi ottenevano in tutto o in
-parte il civile o il politico privilegio di Romani o di
-Latini, gli altri restavano esposti alle calunnie de' giudizj,
-alle estorsioni de' legulej, alla tirannide de' nobili,
-alla rapina de' proconsoli, sicchè il metter pace era un
-ridurre a deserto<a class="tag" id="tag296" href="#note296">[296]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Tutto ciò importava quella necessità che più ripugna
-alle libere istituzioni, un grosso esercito. Le lontane
-conquiste obbligarono a prolungare i comandi, sicchè
-i generali si abituarono a potere ogni lor voglia fra le
-provincie schiave; gli eserciti, devoti ai capitani che
-gli aveano guidati alla vittoria, li seguivano anche
-contro la patria; e con essi Mario e Silla si fecero sanguinarj
-tiranni, con essi Cesare abbattè l'aristocrazia,
-Augusto la repubblica.
-</p>
-
-<p>
-Non abbandoniamoci a quella sentimentalità, che
-nelle guerre vede soltanto capitali sperperati e sangue
-effuso. Non che speciale a Roma fosse la crudeltà,
-vedemmo anzi lodarla di moderazione: che se tal lode
-veniva dal concetto che gli antichi si formavano della
-conquista, è certo che essa sottometteva e inciviliva;
-fra società fondate sull'odio, sospendea la permanente
-ostilità che ne parea condizione necessaria; toglieva la
-libertà, ma dava un governo e i vantaggi della civiltà
-e dell'ordine; imponeva il patriotismo e la dignità
-romana; un secolo dopo la conquista, la fiera Spagna
-era trasformata, con grandi strade, acquedotti, terme,
-<span class="pagenum" id="Page_398">[398]</span>
-teatri, circhi, tempj, crescente popolazione, e viva industria,
-e coltura tale che mandava a Roma i maestri
-d'Augusto, d'Ovidio, di Nerone, i poeti Lucano e Marziale,
-i due Seneca, gli storici Mela e Floro, l'agronomo
-Columella; nella Gallia si spianano strade, si
-aboliscono con lunghi sforzi i sagrifizj umani, grandeggiano
-scuole d'eloquenza; l'Africa sale ad una floridezza,
-qual mai non ebbe o prima o poi; in Egitto è
-portato il lino, nella Gallia l'ulivo, la vigna sul Danubio
-e sul Reno, ove sorsero città, che fin ad oggi sono le
-meglio fiorenti<a class="tag" id="tag297" href="#note297">[297]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E fu Roma la prima che le conquistate nazioni pensasse
-a governare. Il diritto pubblico stabilito dalla
-vittoria la rendea padrona, ma la civiltà diffusa mediante
-le colonie facea che assimilasse il mondo, divenisse
-centro d'incivilimento, e perpetuasse i risultamenti
-dell'invasione armata; sicchè non la violenza
-solo, ma l'autorità e la coltura congiungeva a Roma il
-mondo, la cui immensa varietà era diretta da spirito
-d'ordine, di regola, di stabilità. Anzi, al vederla fatta
-meta di tutti i desiderj, Roma somiglia un centro che
-attira, anzichè un vortice che ingoja; e che non essa
-ingoji il mondo, ma il mondo costringa lei a riceverlo
-nel suo grembo.
-</p>
-
-<p>
-Questi miglioramenti eransi cominciati sotto la Repubblica;
-<span class="pagenum" id="Page_399">[399]</span>
-ma li perturbava la violenza, divenuta universale
-quando tanti anelavano a far propria la cosa
-pubblica colle ricchezze, coll'eloquenza, colle vittorie,
-cogli assassinj, cogli abusi di quella libertà, che è la
-parola più frantesa, giacchè valse perfino a scagionare
-i patiboli di Robespierre e i pugnali di nostri contemporanei.
-Il mondo n'era scagliato in preda alla forza
-brutale, quando gl'imperatori poterono sospenderne la
-caduta; e come la legge internazionale della repubblica
-era stata la guerra, così dell'Impero divenne la pace.
-La costituzione andò alterata, non tanto perchè il dittatore
-de' nobili o il tribuno della plebe avesse assunto il
-titolo imperiale, quanto pel cessare delle conquiste,
-ch'erano state l'alimento di Roma. La politica dell'accomunare
-di dentro l'eguaglianza cittadina, fuori i
-diritti dell'umanità, prese allora tutta l'ampiezza, avviando
-ad una grande unità, nella quale per conseguenza
-cessava la distinzione di nazioni, tutti potendo
-dar voti, tutti aspirare alle cariche, purchè aggregati
-all'estesissima cittadinanza.
-</p>
-
-<p>
-La innovazione dell'Impero bisogna conchiudere fosse
-necessaria, poichè durò sì a lungo, nè mai fu seriamente
-tentato di ripristinare l'antica Repubblica. Ma
-da una parte venne operata colla forza, in aspetto
-di usurpazione militare, che imponeva un governo soldatesco
-senza freni civili; dall'altra le irruzioni, allora
-cresciute, de' Barbari costrinsero a continuar le guerre,
-non più di conquista ma di difesa. Sono i due modi
-per cui si consolida il despotismo.
-</p>
-
-<p>
-Sebbene il sistema fosse fondato sulla violenza, già
-ne veniva indizio di quella spontanea associazione de' popoli,
-costituita sulla pace e sulla libertà, alla quale tende
-il mondo; intanto le idee si ampliavano, estendeansi
-la coltura e i miglioramenti materiali, ed il concetto
-d'una grande unità.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_400">[400]</span>
-</p>
-
-<p>
-Di ciò s'avvidero già gli antichi, laonde, col nome di
-orbe, di universo, di genere umano intesero il popolo
-e l'impero romano; e al decadere di questo, Claudiano
-glorificava Roma perchè sola ricevette nel suo grembo
-anche i vinti, e tutti abbracciò col nome di cittadino,
-e, merito di lei, anche lo straniero godeva le pacifiche
-consuetudini come nella propria patria, atteso che tutti
-sono una sola gente<a class="tag" id="tag298" href="#note298">[298]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ma perchè siavi unità, son necessarj l'accordo degli
-interessi, la simpatia de' popoli. Qui invece Roma trovavasi
-fra due civiltà, la greca e la barbara, essenzialmente
-diverse, e che divenivano germe d'una divisione,
-la quale si pronunziò col distacco dei due Imperi.
-L'unità, cioè l'eguaglianza, non era possibile in società
-costituite sulla separazione, sulla disparità; nè dagli
-antichi era concepita se non come monarchia universale,
-cioè il sacrifizio di tutti i vinti al vantaggio del
-vincitore.
-</p>
-
-<p>
-In fatti, dopo che la Repubblica avea cancellate le
-nazionalità, annichilò anche gl'individui, valutando il
-cittadino solamente in quanto giovava allo Stato, e
-scompagnando per tal modo l'interesse personale dal
-comune. Togli quei pochi che speravano dignità o
-<span class="pagenum" id="Page_401">[401]</span>
-impieghi, tutti gli altri non conosceano lo Stato se non
-per le oppressioni o le imposte.
-</p>
-
-<p>
-In Roma repubblicana la patria era una religione:
-scopo supremo delle azioni pubbliche e private l'ingrandirla;
-per essa sprezzati l'oro, la vita, la pietà, la virtù;
-non accettata la pace che dopo la vittoria; e creati
-quegli eroi che formano l'ammirazione di chiunque
-osservi la grandezza indipendentemente dall'umanità.
-</p>
-
-<p>
-Quel vitale sistema di Roma d'aggregarsi i vinti fu
-guasto dagli imperatori esagerandolo; e per togliere
-ogni ostacolo ai proprj arbitrj e impinguare il tesoro,
-estesero a sempre maggior numero di sudditi la cittadinanza,
-rintuzzando così il sentimento esclusivo dell'amor
-di patria. A misura che questa dilatavasi, quello
-s'indeboliva, e la pena dell'esiglio, terribile al Romano
-quando lo spingeva soltanto a Fidene o ad Ardea, parve
-sì mite ai tempi di Cesare, che convenne aggiungervi
-la confisca dei beni.
-</p>
-
-<p>
-In un piccolo Stato libero, ove il diritto di suffragio
-dipende dalla proprietà, si comprende come tutti i privilegi
-e i poteri si devono concentrare nella città.
-Ragionevolmente dunque Roma tenne un governo di
-municipio, ove patrizj, popolo e cavalieri, senato, consoli
-e tribuni si bilanciavano per modo che una mano
-vigorosa poteva dirigerli in un bello ordinamento civile.
-Siffatto ella il mantenne anche ampliandosi, onde perdeva
-le proporzioni allorchè la città era estesa quanto
-il mondo. Altre Rome ottennero la forma della madre,
-ma della prisca non rimaneva che il fantasma; nè coll'aprirla
-a tutta Italia, poi all'Impero tutto, si produsse
-un vero ordine di cittadini, una nobiltà imperiale, che
-desse assicurazioni di libertà al popolo, di durata al
-governo, d'efficacia all'amministrazione.
-</p>
-
-<p>
-Se Cesare, passaggio fra l'antichità conquistatrice e
-le moderne età civilizzatrici e vero fondatore dell'autocrazia,
-<span class="pagenum" id="Page_402">[402]</span>
-avesse potuto effettuare i grandiosi suoi divisamenti,
-ridurre ad unità l'Impero mediante la rappresentanza,
-accomunare alle provincie la cittadinanza,
-abolire il patriziato originario coll'accogliere nel senato
-il meglio d'ogni gente, poteva uscirne un governo
-bilanciato, che le forze diverse convergesse ad uno
-scopo, e quella mescolanza di Latini, Italici, nuovi
-Latini, municipj, coloni, provinciali, fondesse in un
-grand'insieme per la franchigia della nazione e l'incivilimento
-del mondo. Ma al piccolo ingegno e al piccolo
-cuore d'Augusto mancò la capacità o la generosità
-d'istituire un freno a se stesso e alla rea volontà de' successivi
-imperanti. Questi, all'ombra de' regolamenti con
-cui la Repubblica patrizia proteggeva i magistrati, poterono
-legalmente ciò che vollero, identificando in sè il
-popolo, armandosi dell'autorità tribunizia; e per logica
-legalità, al cieco amore di patria rimase sostituita la
-cieca obbedienza al despoto di essa. Tutto dipendeva
-dai capricci d'un solo, e questo dai capricci dell'esercito;
-laonde la monarchia arrotando la conquista, regolò
-l'ammirazione del mondo, ma riuscì tempestosa
-poco meno della repubblica.
-</p>
-
-<p>
-Sotto le forme d'una grande unità, internamente
-nulla era fuso; razze, lingue, credenze, istituzioni, intenti,
-tutto rimaneva differente; un popolo ignorava
-l'altro; le comunicazioni non aperte che fra le capitali,
-cioè fra le varie stanze di cittadini di Roma; del resto
-avversione reciproca fra soggiogati e vincitori; le compresse
-nazionalità rialzavansi a tratti; le provincie, non
-che crescessero forza a Roma, la indebolivano reputandola
-nemica, e consideravano come propria libertà il
-perdersi della loro tiranna; sicchè quell'antagonismo,
-nulla avendo di legale, sconvolgeva lo Stato.
-</p>
-
-<p>
-I comizj del popolo erano più possibili quando gente
-da tutto l'orbe potea prendervi parte? Perchè il senato
-<span class="pagenum" id="Page_403">[403]</span>
-avrebbe potuto frapporre qualche barriera, tutti gl'imperatori,
-buoni o malvagi, fiacchi o risoluti, accordaronsi
-nel decimarlo e avvilirlo. E ne restò sbrigliata
-la tirannide; tanto più che l'esecutivo non era, come
-nei moderni, separato dal potere legislativo; i principi
-faceano da giudici, pronunziavano in casi particolari,
-ed applicavano le pene da loro stessi decretate.
-</p>
-
-<p>
-I buoni imperatori si temperavano nell'esercitare
-quest'illimitato e legale rigore: i malvagi ne facevano
-stromento a passioni, e coll'infame genìa delle spie
-spargevano tra il popolo la pessima delle corruzioni,
-quella che ti fa sospettare un nemico in ogni fratello.
-Ma a quei mostri che si succedettero sul trono d'Augusto,
-udimmo mai rinfacciare che trascendessero la
-legge? Nulla avea questa che restringesse i loro arbitrj;
-della religione erano essi i pontefici sommi; la moralità
-era una controversia di scuola, sottomessa alla
-ferrea parola della legge, per la quale chiamavasi diritto
-ciò ch'era comandato (jus jussum). Se l'eventualità
-della nascita, o il capriccio dell'esercito, o la venalità
-d'un'assemblea assidono un mostro sul trono del mondo,
-costui diffonderà tanto più la propria corruzione, quanto
-più in alto è collocato. Se poi la scarsa fazione de' buoni
-vi innalzi principi d'invidiabile virtù, questi allevieranno
-i mali di chi sta a loro più vicino, ma dovranno assecondare
-anch'essi le materiali inclinazioni che ormai
-allo spirito tolgono ogni possanza; giacchè le abitudini
-d'un potere sfrenato si connaturarono a segno da non
-lasciar discernere la giustizia, nè sentire l'umanità; e
-tutte le classi, disarmoniche e scoraggiate, sospingonsi
-a vicenda nell'irreparabile abisso.
-</p>
-
-<p>
-Questo principe è proclamato superiore alla legge,
-eppure, come un balocco da fanciulli, è sollevato e
-abbattuto da frequenti rivoluzioni: non di quelle rivoluzioni,
-ove fra il sangue proceda la società, come la
-<span class="pagenum" id="Page_404">[404]</span>
-nave nelle tempeste; ma congiure di Corte o di caserma,
-che non fruttano nè franchigie nè esperienza, che uccidendo
-il tiranno assodano la tirannia.
-</p>
-
-<p>
-Da qui, come da tutte le rivoluzioni, la prevalenza
-della forza armata. Costretti a tenersi in guardia men
-tosto contro nemici esterni che contro i sudditi, gl'imperatori
-crebbero la potenza de' pretoriani, e questi
-usurparono la facoltà di eleggerli e mescersi del governo
-civile, finchè Comodo strappò le ultime apparenze
-di franchigia rimaste al popolo e al senato, col porre
-accanto al trono il prefetto del pretorio. Insuperbiti
-dal sentirsi necessarj, i pretoriani occupavano i beni
-altrui senza tampoco mascherare colle formole l'usurpazione;
-svilirono il senato coll'aggregarvi ogni feccia,
-purchè pagasse; vendettero i decreti; crearono venticinque
-consoli in un anno; che più? posero all'asta
-l'Impero.
-</p>
-
-<p>
-Quel che i pretoriani in città, pretesero farlo gli
-eserciti fuori, conferendo il diadema a quel qualunque,
-cui fossero disposti a sostenere. Dopo Massimino cominciano
-le gare fra il senato e l'esercito per l'elezione;
-e poichè il secondo preponderava, sceglieva gl'imperatori
-da nazioni differenti; Roma, invece di dar il
-padrone agli stranieri, lo ricevette da essi; e quale
-patriotismo poteva attendersi fra capi forestieri e sudditi
-avviliti? Poi ciascun esercito pretendendo l'eguale
-diritto, ne vennero doppie e triplici elezioni, sostenute
-da guerre civili, tra cui si logoravano le armi che sarebbero
-state necessarie contro i Barbari, e lasciavansi
-sguarnite le frontiere quando più era mestieri guardarle.
-</p>
-
-<p>
-Nei censessant'anni descritti dalla <i>Storia Augusta</i>,
-settanta persone portarono il titolo imperiale; e, dove
-conferivasi a quel modo, manca ogni criterio per distinguere
-il legittimo dall'usurpatore, se non sia l'esito.
-Effimeri monarchi potevano attenersi ad una politica
-<span class="pagenum" id="Page_405">[405]</span>
-uniforme? Ogni nuovo venuto vi mescolava alcun che
-di personale, compiacevasi operare a rovescio del predecessore;
-nessuno proponevasi un gran disegno, nè
-aveva il tempo d'effettuarlo.
-</p>
-
-<p>
-La divisione dell'Impero fatta da Diocleziano agevolava
-il pronto riparare agli invasori, e terminò le sommosse
-dei soldati: ma ne venne sterminato aumento
-alle spese delle Corti, non più semplici come al tempo
-d'Augusto, ma emule della vanità persiana; alle forze
-mancò l'accordo, e massime l'Italia nostra ne patì,
-cessando d'essere il capo e il cuore di quel corpo
-gigantesco.
-</p>
-
-<p>
-Costantino conobbe la necessità d'una monarchia
-regolare, comunque irrefrenata, e di separar il potere
-che dirige da quello che eseguisce; ma non ebbe arte
-o volontà di fondere i diversi elementi. Poneva un termine
-all'anarchia militare, facendo prevalere l'ordine
-civile; fiaccò la guardia pretoriana; ai capi de' soldati
-non assegnò che gl'infimi gradi della nuova gerarchia;
-quattro prefetti del pretorio e quattro eserciti si tennero
-l'un l'altro in rispetto; i soldati si cernirono solo
-fra proletarj, e perchè non disertassero, marchiavansi
-a fuoco sul braccio o sulla gamba. Restavano da ciò
-prevenute le turbolenze e le insurrezioni, ma fiaccata
-la robustezza militare allora appunto quando il bisogno
-ne cresceva; e disperse le legioni che difendevano i
-passi, lasciavansi a sbaraglio le provincie.
-</p>
-
-<p>
-I successori suoi abbandonaronsi alla corruttela d'una
-Corte asiatica, e i palazzi dov'essi ricoveravano la minacciata
-maestà, divennero officine d'intrighi, d'iniqui
-giudizj, di basse turpitudini, surrogate ai macelli dei
-primi Cesari. Fra cortigiani ed eunuchi, gl'imperatori
-non contraevano che avidità di godimenti, non gustavano
-che la beatitudine del far nulla; negligendo di
-vedere le cose coi proprj occhi, sulla guerra e l'amministrazione,
-<span class="pagenum" id="Page_406">[406]</span>
-sui lamenti e i bisogni dei popoli acquetavansi
-alle relazioni d'un confidente scaltro, brigante o
-venale. Che la traslazione della sede fosse opportuna
-alla durata dell'Impero, l'attestano i dieci secoli che
-Costantinopoli sopravisse: ma fra le due metropoli
-entrò gelosia; Roma indispettivasi di vedere diviso il
-diadema, e le ricchezze e gli ornamenti suoi passar ad
-abbellire la figlia rivale; Costantinopoli recavasi a sdegno
-che Roma pretendesse ancora il primato: sul Tevere
-ricoveravansi le reliquie del paganesimo in grembo
-all'aristocrazia; sul Bosforo versavasi sangue per le
-dispute cristiane: dei reciproci pericoli parevano esultare,
-anzi talvolta l'una dirigeva sopra l'altra i nemici
-o per rancore o per salvare se stessa.
-</p>
-
-<p>
-Vedemmo i Romani, sempre mal pratici in fatto di
-finanze, dapprima cercare la prosperità col tener basse
-le fortune, poi non conoscer la ricchezza che nel cumulo
-di metalli preziosi; e dopochè col cessar le
-conquiste cessò l'affluenza di questi, nessun modo si
-conobbe d'agevolare i cambj, e provaronsi tutte le
-angustie della mancanza di numerario. Neppure troviamo
-che in quegli estremi si ricorresse ai prestiti
-forzati e ai viglietti di banco, come erasi usato ai tempi
-d'Annibale; e l'arte riducevasi a smungere i sudditi
-col divisare un raffinato concatenamento di vessazioni.
-Man mano che l'Impero declina, cessano gli eventuali
-ristori che la sua potenza recava; e sempre più bisognoso
-d'uomini e di denaro, maggiormente domanda
-ai sudditi quanto meno si occupa del loro benessere;
-anzi, per soddisfare alle sue necessità, incatena le persone
-ed i possessi. Qui v'avea servi affissi ai padroni,
-là coloni affissi alla gleba, artigiani affissi alla manifattura,
-decurioni affissi al municipio colla persona, le
-sostanze, i figliuoli, l'eredità, l'amore<a class="tag" id="tag299" href="#note299">[299]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_407">[407]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'artigiano non paga le tasse? le dovrà la maestranza
-cui egli spetta. Ai sudditi le imposte riescono esorbitanti?
-ebbene, soddisfino per essi i decurioni. Abbandonano
-i terreni? ebbene, siano obbligati gli altri possessori
-a comperarli. I decurioni, aborriti perchè tiranni,
-aborrenti perchè tiranneggiati, sottraggonsi a quella
-carica? ebbene, vi si obblighino a forza; la assumano
-i bastardi, gli Ebrei, i sacerdoti indegni, i soldati fuggiaschi,
-i debitori insolvibili. Pertanto i municipj non
-erano che un sistema di più vasta e più immediata
-oppressura; le corporazioni d'arti equivalevano ad una
-galera; il titolo di cittadino romano, dianzi stimato e
-compro a gran valuta, era fuggito come un supplizio,
-era ripudiato quasi infame<a class="tag" id="tag300" href="#note300">[300]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_408">[408]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ne' mali più gravi i rimedj stessi aggravano; perfin
-la giustizia diviene un'occasione di danni. L'accomunamento
-della cittadinanza, reclamato dall'equità e dalla
-politica, non fece che spopolare l'Italia, traendone a
-Roma tutti i ricchi e gli scioperati: questo gentame
-seguì a Costantinopoli il pane e i piaceri, lasciando
-l'Italia vuota, deserti i suoi campi, le città senza patrimonio,
-senza capi. Allora la patria nostra perdette le
-esenzioni, fin là godute come terra sovrana; restò gravata
-dalle tasse comuni, appunto quando cessavano
-d'affluirle quelle di tutto il mondo; la migrazione dei
-ricchi e le rapaci correrie dei Barbari desolavano d'abitanti
-le sue città, di frutti le campagne, che, da giardini
-dei grandi com'erano prima, si conversero in letto
-di fiumi, in asilo di belve e di ladroni.
-</p>
-
-<p>
-Come prendersi cura alla difesa d'uno Stato, a cui
-non erano attaccati altrimenti che pel sanguinoso legame
-del tributo? Quei Greci, quei Galli che avevano
-profuso milioni di vite per la propria indipendenza
-contro Roma, veruna resistenza opposero agl'invasori.
-Il modo d'esazione dei Barbari, semplice per quanto
-arbitrario, men rincresceva che non il lento sanguisugio
-di un governo, che non pareva essersi raffinato se
-non a danno de' sudditi: le migliaja di schiavi sospiravano
-l'ora di mirare umiliati i burbanzosi padroni, e
-lanciar loro in viso i ceppi che aveano sin allora portati:
-i coloni, sottoposti all'enorme capitazione e ad
-<span class="pagenum" id="Page_409">[409]</span>
-opprimenti servigi di corpo, offrivansi a chiunque promettesse
-un sollievo, od almeno una mutazione di mali:
-il cittadino si divincolava in quella inestricabile rete
-di tirannia che avviluppava tutti, dall'imperatore sino
-all'infimo schiavo.
-</p>
-
-<p>
-Tra siffatti come suscitare il patriotismo? e tolto
-questo, qual movente rimaneva nelle antiche società?
-la legislazione? la filosofia? la religione? La prima fu
-il vero vanto degli ultimi secoli dell'Impero, consolidando
-ed appurando la famiglia e la proprietà, sicchè
-il furore de' tiranni violava quegli ordinamenti, ma non
-li cambiava: e questo rispetto alle leggi valse a prolungare
-l'esistenza di Roma, il cui decadimento venne
-lentissimo perchè il sistema era buono, nè facilmente si
-cancellava la grandezza del nome suo.
-</p>
-
-<p>
-Ma se, vedendo imperatori dispotici, moltitudine
-adulante, menzogna perpetua nelle apparenze e nel
-linguaggio, le anime nobili s'indignavano, non sorgeano
-però ad alto scopo, limitandosi a ribramare il
-passato; sicchè non mirando a un avvenire, ne seguiva
-sterilità d'intelligenza e di cuore. Una religione
-fondata sopra la credenza d'un Dio solo, se anche
-travii, può revocarsi a' suoi principj, avendo un punto
-saldo da cui prender le mosse. La latina, senza base
-una e solida, senz'intima moralità, contraddicente alla
-ragione e ai bisogni spirituali di quel tempo, non poteva
-restaurarsi, sconnessa che fosse. Inutili dunque gli
-sforzi di Augusto per rintegrarla come elemento d'ordine.
-Tentarono gli Antonini rinsanichirla innestandovi
-la filosofia stoica, e ne sorsero benefici regnanti e vigorosi
-magistrati: ma quella scuola, oltre gl'intimi difetti,
-non potea mai divenir popolare, come dev'essere una
-religione. Tanto peggio riuscirono i tentativi di ringiovanirla
-colle dottrine neoplatoniche, coi riti teurgici,
-colle iniziazioni mitriache.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_410">[410]</span>
-</p>
-
-<p>
-Rimedj organici portava il cristianesimo, destinato
-a compier l'opera di Roma, cioè unificare il mondo
-nel diritto, ricevere tutti nella gran città, reggere coll'impero
-i popoli senza abolirne l'indipendenza e l'autonomia,
-e non solo i popoli tra l'Eufrate e il Danubio,
-ma fin di là da mari, di cui neppure l'esistenza
-conoscevano gl'imperatori: dentro, virtù cittadine e
-private rifiorivano; un clero che la legge romana esimeva
-dai tributi oppressivi e dalle odiose cariche curiali,
-mentre la legge cristiana gli toglieva d'imbrutalire
-nell'ozio e ne' bagordi. Ma i monaci nel deserto e i sacerdoti
-nelle città, non che tutelare l'antico, invocavano
-il giovane mondo. Perocchè il dire che una
-società si discioglie, significa che un'altra cova nel
-suo seno, il cui fermentare scompone gli elementi
-dell'anteriore acciocchè entrino in nuove combinazioni.
-Insinuarsi nell'Impero la nuova dottrina non poteva
-se non iscomponendo l'ordine, di cui l'apparenza
-durava.
-</p>
-
-<p>
-Se n'accorsero fin dall'origine i giureconsulti e gli
-imperatori, laonde bandirono guerra a questi sudditi
-riottosi; e i Cristiani, ridotti a considerare per nemico
-un governo che in guise spietate voleva inceppare la
-più libera delle cose, la coscienza, se ne sceveravano
-stringendosi fra sè; disobbedivano ed erano puniti per
-colpe che non si giudicavano disonoranti, sicchè la disciplina
-andava a fasci, mentre fiaccavasi il sentimento
-morale; ne' magistrati onesti lottavano la coscienza e
-la legalità; entro le stesse mura, nella casa stessa, uno
-trovavasi nemico dell'altro, e lentavasi ogni legame di
-società e di famiglia.
-</p>
-
-<p>
-Il cristianesimo, sapendo che la resistenza è colpa
-quando cessa d'essere un dovere, per non provocare i
-tiranni, aveva dapprima offerto il collo tacendo e perdonando:
-invigorito poi ne' tormenti e nelle maschie
-<span class="pagenum" id="Page_411">[411]</span>
-voluttà dell'astinenza e della solitudine, alza la voce di
-mezzo al fragore dell'armi; da credenza personale e
-interiore s'è mutato in istituzione, con governo e rendite,
-rappresentanza ed assemblee, talchè può svincolarsi
-dagl'impacci della società civile. L'unità, scopo
-della politica romana, perì allorchè questa a doppio
-interesse si dirizzò, alla patria cioè ed al cristianesimo;
-e la società che finiva non avendo più l'autorità, la
-nuova non avendo ancora la potenza, venne ad accelerarsi
-lo sfacelo.
-</p>
-
-<p>
-Ogni nuova rivoluzione religiosa noceva allo Stato;
-poichè o Costantino alzasse il làbaro, o Giuliano riaprisse
-i delúbri, o Gioviano tornasse alla croce, sottraevansi
-all'Impero le braccia o il senno di alcuni, che
-faceansi coscienza di coadjuvare a chi adorava altrimenti,
-o non v'erano sofferti dall'intolleranza: le istituzioni
-introdotte e quelle abolite dal cristianesimo
-traevano il crollo di altre, su cui la vecchia società era
-sistemata: ai municipj non restò più che miseria quando
-Costantino applicò i loro possessi alle chiese: dalla
-milizia e dalle magistrature molti forti e pensatori si
-stornavano per darsi all'eremo o al sacerdozio, e tornavano
-di aggravio ai laici le esenzioni concedute al clero.
-</p>
-
-<p>
-Nella teologia antica il perire degli Dei faceva perire
-la nazione: sicchè Roma dovea cadere perchè caduti i
-suoi numi, finir l'Impero perchè era finita quella teologia.
-La nuova avrebbe potuto rivolgersi tutta a riformare
-i costumi mediante i precetti morali e le leggi
-civili: ma ne fu sviata per l'inciampo delle eresie. Perocchè,
-se la morale era la conseguenza, la premessa
-era il dogma: e quella senza di questo sarebbe soccombuta
-nell'urto della barbarie, non potendo dalla
-sola filosofia cominciarsi una civiltà duratura. Bisognò
-dunque chiarire, precisare, mettere in sodo il dogma:
-ma che la morale e l'attuamento di essa nelle leggi non
-<span class="pagenum" id="Page_412">[412]</span>
-fossero neglette, il palesano la motivazione delle migliori
-costituzioni imperiali, tutti gli scritti dei santi Padri, e
-quella folla di sacerdoti e di monaci che coll'esempio
-e colla parola proclamavano la virtù, pur lamentando
-che tanto restasse annebbiata dalle antiche abitudini.
-</p>
-
-<p>
-Efficacia pubblica scemò alla religione l'essere la
-società civile rimasta ancora pagana di fondo, d'istituti,
-di leggi, di costumi, qual era sorta e cresciuta. Essa
-possedeva tutte le istituzioni opportune al progresso
-delle idee e all'ammiglioramento degl'intelletti; mentre
-la religione nuova ne mancava: e tutto dovea dedurre
-dalla propria volontà, dalle credenze, dall'impero di
-queste sugli animi, dal bisogno che aveano di propagarsi
-e d'occupare il mondo.
-</p>
-
-<p>
-L'esito del conflitto non restò a lungo dubbioso, e la
-società antica fu trafitta nel cuore: ma siccome certi
-paladini del medioevo si favoleggiò che persistessero
-a combattere tre giorni dopo morti, così quella si reggea
-per la propria mole, e pagana nelle midolle anche dopo
-fatta cristiana nell'esteriore, prolungò una vita affatto
-artifiziale; posto il dogma della Trinità e della Redenzione
-in fronte alle leggi, pure l'impero progrediva in
-un ordine diverso, se non anche opposto al Vangelo.
-Nè il cristianesimo proponevasi d'abbatterlo, suo scopo
-essendo il migliorare gli uomini acciocchè s'immegliasse
-la società, non già il correggere quelli per mezzo di
-questa, come fin allora avevano i savj praticato. Non
-fa dunque cessar di colpo le intime ostilità, la schiavitù,
-la passiva obbedienza; con quali forze l'avrebbe potuto?
-non determina le relazioni di coscienza fra re e popoli,
-perchè nazioni cristiane non v'aveva ancora, ma soltanto
-individui; al governo siedono imperatori, che sono capi
-degli eserciti e dello Stato, pontefici e Dei, con un
-senato disposto a tutto confermare, un esercito a tutto
-eseguire: ma la Chiesa intuona che gl'imperatori dipendono
-<span class="pagenum" id="Page_413">[413]</span>
-anch'essi da un Dio, il quale a suo grado li solleva
-ed abbatte; che la rigidezza parziale ed esclusiva della
-legge romana deve piegarsi alla comprensibilità cristiana,
-cioè alla moralità e alla giustizia, uniformi per
-tutti; i cesari non sono sbalzati dal trono, ma dall'altare
-e dalla sedia pontifizia; e accanto alla società peritura
-ne viene alzata per modello una nuova, diversa all'intutto,
-fondata sull'eguaglianza degli uomini, con una
-gerarchia elettiva, dove non nobiltà, non privilegi ereditarj,
-dove gli onori, la considerazione, il potere si
-piantano sull'unica base legittima, il merito.
-</p>
-
-<p>
-Frattanto i ministri della parola consigliavano a garantirsi
-dalla corruzione col ridursi nella solitudine, nella
-preghiera, nel celibato: del che i Pagani li rimproverano,
-quasi tendessero a rompere ogni legame, fin quelli della
-famiglia, e il cristianesimo fosse incompatibile con qualunque
-civile assestamento. Sant'Agostino, che vedeva
-qual partito potrebbero i nemici della religione trarre
-da principj, dei quali soltanto l'esagerazione era pericolosa,
-assumeva a dimostrare che il Vangelo non proibisce
-nè di portar le armi, nè di sostenere le cariche
-pubbliche, ma aspira a formare magistrati integri e
-soldati docili alla disciplina; e — Quelli che pretendono
-la dottrina di Cristo contraria alla repubblica, ci diano
-un esercito composto di soldati quali essa dottrina li
-vuole; ci diano magistrati provinciali, mariti, spose,
-genitori, figli, padroni, schiavi, re, giudici, debitori,
-esattori, quali la legge di Cristo comanda che sieno; e
-allora vedremo chi oserà dire che essa è nemica della
-repubblica; nè si esiterà a riconoscere quanto la salvezza
-dello Stato sarebbe meglio assicurata qualora si
-ascoltasse alle nostre esortazioni».
-</p>
-
-<p>
-Tal era il vero spirito del cristianesimo; ma non tutti
-i dottori cristiani lo comprendevano sì chiaro come
-Agostino, e la divergenza d'opinioni dava appiglio ai
-<span class="pagenum" id="Page_414">[414]</span>
-rimbrotti dei Pagani. Ad ogni modo, società cristiana
-non poteva dirsi fintanto che i depositarj della nuova
-dottrina non fossero riusciti ad impadronirsi dell'uomo
-dalle fasce, eliminare le idee dell'ordine antico, divenute
-seconda natura, ed istillar quelle del nuovo, insieme coi
-precetti ricevuti sulle ginocchia della madre.
-</p>
-
-<p>
-Benchè dunque sembrassero riconciliate la società
-civile e la religiosa, sussisteva la contraddizione d'origine
-e d'essenza, e comprendeasi che non bastava mutare
-le costituzioni romane, ma bisognava per tutt'altra
-via dirigere il Governo, se si volesse lo scampo non
-dell'Impero ma della società. La nuova fede non era
-discesa dal cielo pel Romano soltanto, come il Palladio
-e gli Ancili; ma nella giustizia e carità sua abbracciando
-il genere umano, sostituiva l'amore universale all'angusto
-patriotismo antico: d'altra parte, non vedeansi
-già i Barbari combattere nelle file di Roma, e governare,
-e talora anche sedere sul trono? Lontani adunque dal
-compiangere la rovina d'una società esclusiva, l'invasione
-dei Goti consideravano come un estendersi dei
-diritti umani, un necessario risanguamento<a class="tag" id="tag301" href="#note301">[301]</a>; e le
-macerazioni di Roma come un giusto giudizio delle
-sanguinose sue iniquità.
-</p>
-
-<p>
-Pertanto non rinvigorirono il patriotico egoismo e
-l'odio contro tutte le nazioni: parevano fino esultare ai
-disastri della città terrena, i quali tornavano a glorificazione
-della città celeste. Di ciò movevano loro acerba
-accusa i Gentili, e ne restavano più sempre lentati i
-vincoli sociali, e indotto quello spirito di diffidenza e
-persecuzione, che è effetto e diviene causa della sconnessione
-sociale. Qualora poi il pericolo stringesse,
-ambe le parti esagerando, gli uni ponevano ogni fiducia
-ne' martiri e nei miracoli, gli altri nelle viete osservanze;
-<span class="pagenum" id="Page_415">[415]</span>
-invece di cercar le cause presenti dei mali ed i rimedj,
-i Gentili ripeteano, — Ecco come si vendicano quei
-numi abbandonati, sotto i quali era giganteggiata la
-romana fortuna»; di rimpatto i Cristiani sulla nuova
-Babele intonavano le minaccie de' profeti contro l'antica,
-e ne' disastri scorgevano l'avviso o la punizione di
-Dio, il trionfo della verità, la legge della Provvidenza.
-Nel più sublime de' loro carmi essi leggevano le maledizioni
-contro di Roma: «Uno dei sette angeli venne,
-e disse al veggente di Patmo: — Ti mostrerò la condanna
-della gran meretrice, che siede sopra le grandi
-acque. E lo trasportò nel deserto, e vide una donna
-seduta sopra una bestia color porpora, piena di nomi
-di bestemmia, con sette teste e dieci corna; ed era
-vestita di porpora e di grana, fregiata d'oro, di gemme
-e di perle, e teneva in mano un vaso d'oro, e sulla
-fronte portava scritto <i>Mistero</i>. E l'angelo gli disse: — Perchè
-stupisci? io ti dirò il mistero della donna e
-della bestia che la porta, e che ha sette teste e dieci
-corna. Le sette teste sono i sette colli sopra cui ella è
-posta: le acque che tu vedi, sono i popoli, le genti, le
-favelle: la donna è la gran città, che regna sopra i re
-della terra. Tutte le nazioni furono sedotte da' suoi
-prestigi; i mercadanti della terra si arricchirono degli
-eccessi del suo lusso; essa si elevò nell'orgoglio suo e
-tuffossi nelle delizie, dicendo in suo cuore, <i>io son regina,
-e mai non cadrò in lutto</i>; e divenne una Babilonia
-madre delle fornicazioni e d'ogni abominio, e
-inebbriò i re della terra col vino della sua prostituzione,
-e nella stessa coppa fece bevere tutti i popoli del mondo.
-Dai quali comperò preziosità, ed essi esclamarono:
-<i>Qual città fu mai pari a questa?</i> Ma guaj a lei, che
-s'ubriacò del sangue de' santi, del sangue dei martiri di
-Gesù. I mercadanti della terra gemeranno e piangeranno
-sopra di essa, perchè non fia più chi compri le loro merci,
-<span class="pagenum" id="Page_416">[416]</span>
-le merci d'argento e d'oro, di pietre, di perle, di bisso,
-di porpora, di seta, di grana, d'ogni sorta legni odorosi,
-e mobili d'avorio, e gemme preziose, e rame e
-ferro e marmo, e cinnamomo ed incenso, vino, olio,
-fior di farina, biada, bestie da carico, agnelli, cavalli,
-carri, schiavi ed anime d'uomini. In un giorno le verrà
-lutto e morte, fame e incendio, perchè forte è il Signore
-che la giudicherà»<a class="tag" id="tag302" href="#note302">[302]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Che vediamo dunque a Roma negli ultimi suoi tempi?
-sul trono un fasto imbelle e snervante; usurpatori che
-si disputano le provincie senza saperle difendere; confische
-e procedure moltiplicate dai sospetti; le pubbliche
-cose in mano di schiavi, di stranieri, d'eunuchi;
-cortigiani che rinterzano intrighi; vescovi in lite e
-scisma tra sè; provincie quali perdute, quali in tentenno;
-gli eserciti composti di barbari soldati, comandati da
-barbari generali; decurioni per forza; magistrati che
-procurano, come nei naufragi, raccogliere qualche
-brano di potere e di ricchezza; molti ribellatisi alle
-leggi, che fanno guerra alle vie e ai campi; una plebe
-ignorante, scostumata, inerme, che, oppressa da sciagure,
-pretende dall'avvenire ciò che questo non le potrebbe
-dare, e con odio sovente ingiusto trabalza quelli
-che con inconsiderato entusiasmo elevò; finchè, caduta
-nella prostrazione d'animo che consegue alla servitù
-ed alla diuturnità dei mali, guarda impassibile lo sfasciarsi
-d'un ordine di cose che nè teme nè ama, e, per
-sottrarsi ai mali incalzanti, desidera fin i disastri gravi
-ma passeggeri della guerra. Pertanto l'impronta degli
-ultimi anni dell'Impero è la vigliaccheria; è una personalità
-inerte, a cui le irruenti sventure non istrappano
-che querele, e del passato non ritiene se non un residuo
-di idee pagane, che rende necessaria la distruzione di
-<span class="pagenum" id="Page_417">[417]</span>
-quel cadavere, la cui putrefazione avrebbe appestato la
-terra.
-</p>
-
-<p>
-A distruggerlo ecco i Barbari. La Germania era
-divisa fra cento popolazioni, da nessun legame od interesse
-congiunte nell'impresa; e non appena le aquile
-latine aveano fitto in una l'artiglio, una nuova sottentrava
-con integre forze e diverso metodo di guerra;
-sicchè per quattro secoli, da Basilea sino alle foci del
-Reno e del Danubio, durarono aperte ostilità o pace
-armata, nè le guerre profittavano ad altro che a respingere
-l'assalto. Ma ormai che valeano le barriere
-poste dalla natura e dall'uomo, quando d'ogni dove i
-nemici irrompevano, o per naturale desiderio d'avventure
-e pericoli, o per avidità di preda, o per vendetta,
-o per impulso d'altri Barbari, o per sollecitazione
-d'alcun ambizioso?
-</p>
-
-<p>
-Que' Germani venivano tutt'animo e spiriti guerreschi,
-colle virtù domestiche, e coi vizj della forza. Capi, eletti
-per merito e nel fiore dell'età, servivano di raffaccio
-agli accidianti augusti; le assemblee generali sotto cielo
-aperto, agl'intrighi de' gabinetti romani; gli eserciti
-ignudi e baldanzosi, alle truppe comprate e insofferenti
-della disciplina; i Germani robustamente sistemati nelle
-loro tribù, ai Romani svigoriti dallo spegnersi del patriotismo;
-il governo semplice e spicciativo di quelli,
-ad uno di fiscali e legulej, al quale, come al vampiro,
-non rimaneva fiato se non per suggere il sangue. La
-brutalità barbarica era meno obbrobriosa che non l'affinata
-dissolutezza de' Romani che aveano abusato di
-tutte le dottrine, di tutti i godimenti: que' caratteri
-vigorosi sapeano obbedire, sapeano sacrificarsi, possedevano
-istintivamente quel sentimento d'onore che l'antichità
-classica non conobbe, e di cui il cristianesimo
-dovea poi valersi per formare la coscienza pubblica,
-e costituire l'obbedienza ragionevole. I Germani agognavano
-<span class="pagenum" id="Page_418">[418]</span>
-acquistare una patria: i Romani non curavano
-difendere la propria. Fra i primi le donne stimolavano
-al valore ed alle imprese: le nostre svogliavano dalle
-pubbliche cure, talvolta ancora tradivano, come dicesi
-che la moglie di Stilicone invitasse Alarico, Onoria conducesse
-Attila, Genserico Eudossia. Quelli erano animati
-da religione sanguinaria, che assegnava il paradiso in
-premio delle stragi: questi divisi tra una voluttuosa che
-sfasciavasi, e una nuova che, avendo il suo regno in
-altro mondo che questo, insegnava ad offrire la guancia
-sinistra a chi la destra avea percosso.
-</p>
-
-<p>
-Il popolo di Marte come poteva ritardar la sua caduta
-altrimenti, che col rinfrescare l'elemento suo primo, la
-forza? Tanto si vide allorchè sedette a capo dell'Impero
-una serie di prodi, cresciuti fra l'armi e sollevati dal
-valore: ma i più, giunti alla porpora, deponevano
-l'usbergo, o ignari d'ogni altro studio fuor della guerra,
-mandavano a precipizio l'amministrazione. Nell'esercito,
-cernito per forza, la disciplina, nerbo di Roma, pervertivasi;
-si voleva ragionare l'obbedienza: era bisogno di
-trasportare le legioni su remoto confine? ricusavano,
-pronte a salutare augusto il primo che promettesse
-riposo e donativi; lagnavansi del peso delle armadure,
-e prima la corazza, poi il caschetto vollero deporre;
-preferivano il comodo dei cavalli alla fermezza della
-fanteria; cessarono di fortificare ogni volta gli accampamenti,
-sicchè, esposti senza difesa, più non poterono
-confidare che ne' turpi passi della fuga.
-</p>
-
-<p>
-Che se ancora il desiderio di passare dalla classe degli
-oppressi in quella degli oppressori faceva ad alcuni desiderare
-la condizione di soldato, in cui potessero saccomannare
-le provincie, esigere lauti donativi dagli
-imperatori, deporli e crearli a talento, cambiossi il caso
-dopo Diocleziano e Costantino, quando una regolata
-gerarchia ridusse l'esercito alla vera sua natura di
-<span class="pagenum" id="Page_419">[419]</span>
-macchina. Allora il fasto della Corte attribuiva i titoli
-della milizia a chi avesse, non meritato in opera d'arme,
-ma prestato servigi al principe; sicchè trovossi più
-comodo intrigare in palazzo che combattere sul campo:
-ogni gloria era riservata all'imperatore; dall'arbitrio
-di questo gli onori e le dignità. Nulla dunque allettava
-alla pericolosa e non necessaria carriera dell'armi; e
-tanto meno dacchè, forse per impedire le frequenti
-sedizioni, Gallieno escluse i senatori dal capitanare eserciti.
-Allora i patrizj infingardirono, e fuggendo dall'Italia,
-s'andavano a rimpiattare nella Macedonia, nella
-Dalmazia, nella Tracia, per sottrarsi alle dignità e alla
-milizia che recava gravissimo peso e scarsi onori. Il
-popolo minuto rifuggiva dal servizio a segno, che per
-sottrarsene molti si amputavano il pollice<a class="tag" id="tag303" href="#note303">[303]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Quando Italia fu invasa, non si trovò chi ostasse: Stilicone
-offrì due monete d'oro a qualunque schiavo si
-arrolasse, mentre un tempo costoro venivano accettati
-appena in pericoli stringentissimi: città folte di popolo
-e munite resistettero solo qualche istante a bande di
-scorridori, ignari dell'arte degli assedj, e incapaci di
-perseverare ad un'impresa. Inetti a resistere coll'armi,
-i figli di quel Camillo che volea la patria salvata col
-ferro non coll'oro, chetano i nemici a denaro, prima
-palliato col nome di soldo, poi preteso apertamente
-siccome tributo. L'Impero ne resta smunto, e costretto
-a gravare più sempre i sudditi, mentre i nemici se ne
-rifacevano, per tornare più vigorosi a nuove pretensioni,
-perduto il rispetto che ispira una nazione domabile sol
-dopo lunga resistenza. Che se quel soldo fosse tardato
-o disdetto, i Barbari venivano a ripeterlo colle armi,
-più baldanzosi quanto più i provinciali divezzavansi da
-queste.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_420">[420]</span>
-</p>
-
-<p>
-Fu dunque forza rimettersi affatto a braccia straniere:
-riempiute le schiere di così fatti, anche il comando se
-ne affidò a Barbari, che per tal via ascesero alle supreme
-magistrature. Grandi capitani ne trasse Roma, non
-mossi però da carità di patria, o da quel sentimento
-che è padre del vero coraggio, bensì da cupidigia di
-tesori e di gradi, o da ambiziose gelosie: Rufino sommoveva
-i Vandali e i Goti per contrariare Stilicone;
-questo lasciavasi fuggir di mano i Goti perchè non si
-cessasse d'aver bisogno di lui; Ezio non esterminava
-Attila per impedire gl'incrementi di Torrismondo. Gli
-imperatori non poteano riporre piena fiducia in eroi
-prezzolati: i cortigiani invidiavano ed aborrivano cotesta
-genìa, potente solo per le spade: la vanità latina
-si teneva oltraggiata dalla superiorità di quelli che continuava
-a chiamar barbari: e Stilicone, Ezio, Romano,
-Nigidio cadevano sotto al pugnale di maligni eunuchi
-o d'emuli imbelli.
-</p>
-
-<p>
-Eppure a svecchiare l'Impero, o almeno a difenderlo
-da nuove invasioni, unico partito sarebbe stato il fondere
-i Romani coi Goti, gente da gran pezzo abituata
-agli ordini de' Romani, tra cui o presso cui viveva, non
-isnervata dai vizj della civiltà, e capace di riceverne i
-vantaggi, come ne fanno prova i regni dove si piantò.
-Ma da una parte vi si oppose l'antipatia nazionale,
-inasprita dai disaccordi religiosi; dall'altra la sleale
-politica credeva sottigliezza d'accorgimento il seminare
-zizzania fra i popoli assalitori; e col violare i patti e
-con turpi tradimenti gl'irritava, e toglieva la possibilità
-d'onorevoli accordi.
-</p>
-
-<p>
-Disgustati, essi rivoltavansi contro quelli che dianzi
-aveano difesi; tornando d'aver servito nelle legioni,
-rivelavano le ricchezze e le delizie de' paesi romani,
-e la facilità di conquistarli; e ricomparivano più baldanzosi
-e più forti. Al crescere del pericolo scemavano
-<span class="pagenum" id="Page_421">[421]</span>
-i mezzi di ripararvi; ogni provincia che i Barbari invadono,
-cessano le contribuzioni di generi e d'uomini
-all'Impero; si ritirano dalle frontiere le guarnigioni e
-i magistrati, abbandonando le antiche conquiste agli
-assalitori ed a se stesse. Allora si scioglie il solo legame
-che unisce a Roma i varj municipj; e tutti si
-smembrano senza un pensiero al bene del corpo, al
-quale erano appiccicati, non congiunti. Solo in governi
-federativi, o dove le libertà provinciali sono profondamente
-radicate ne' costumi, le nazioni possono sussistere
-anche con un governo debole, e fin senza governo:
-qui invece erasi voluto ridurre ogni cosa al
-centro, e sfasciavasi l'intero corpo quand'era minacciato
-il capo.
-</p>
-
-<p>
-Qualche imperatore s'avvisò di riscuotere il patriotismo
-coll'avventurare, fra quello scompiglio, alcun
-elemento di libertà; il diritto di tener armi, levato
-dall'ombroso Augusto, fu restituito ai sudditi<a class="tag" id="tag304" href="#note304">[304]</a>;
-Graziano esortò le provincie a formare assemblee, ove
-discutere sopra oggetti di pubblico interesse, non impedite
-o ritardate da verun magistrato<a class="tag" id="tag305" href="#note305">[305]</a>; Onorio
-suggerì perfino una specie di governo federativo che
-raccogliesse quei divisi, ma niuna provincia o città ne
-approfittò<a class="tag" id="tag306" href="#note306">[306]</a>: tanto al sentimento affatto locale di
-quelle società riusciva incomprensibile e repugnante il
-<span class="pagenum" id="Page_422">[422]</span>
-sentimento dell'unione. Pertanto ciascuno, uomini e
-corpi, restringendosi in se stessi, non rimase chi difendesse
-l'Impero: i Barbari lo sovvertirono a loro voglia,
-finchè risolsero d'abolirlo.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap57">CAPITOLO LVII.
-<span class="smaller">Ultimi imperatori.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Gl'imperatori stessi, inetti a sostenerlo, davano il
-crollo all'Impero. Valentiniano III, trionfante senz'aver
-combattuto <span class="sidenote">(450)</span>, si scapestrò dopo la morte di Placidia; e
-preso in odio e in sospetto Ezio, salvatore dell'Impero,
-ad istigazione de' suoi eunuchi gl'immerse in cuore
-quella spada che mai non avea saputa impugnare
-contro de' Barbari. Con pari viltà furono assassinati
-gli amici del patrizio: al quale, come all'uomo che
-soccombe, furono attribuiti ambiziosi disegni, accordi
-coi nemici, macchinate rivolte. Vili che applaudissero
-all'imperiale assassino non mancarono; ma un Romano
-osò dirgli: — Tu facesti come chi colla sinistra si amputasse
-la destra».
-</p>
-
-<p>
-A scorno della virtuosa moglie Eudossia, Valentiniano
-lasciviva fin sopra le dame principali. La moglie
-di Petronio Massimo, ricco senatore di casa Anicia, gli
-resistette; ma un giorno al giuoco l'imperatore vinse
-a costui l'anello, e di questo si valse per mandar a
-chiamare la casta donna in nome del marito e se ne
-sbramò. Massimo propose tergere l'oltraggio nel sangue,
-e due fedeli di Ezio, improvvidamente accolti fra
-le guardie imperiali, gli prestarono il braccio per scannare
-Valentiniano <span class="sidenote">(455 — 16 marzo)</span>. Massimo non durò fatica a erigersi
-imperatore; ma quest'atto fu il termine delle prosperità
-<span class="pagenum" id="Page_423">[423]</span>
-e delle virtù, di cui egli era stato fin allora un modello <span class="sidenote">(455)</span>.
-Quanto non dovette egli sospirare la privata onorevole
-tranquillità allorchè si trovò a capo d'un Impero che
-uom del mondo più non era capace di rinfiorire! Coll'amico
-Fulgenzio, al cadere di giornate tempestose e
-di notti insonni, esclamava: — Fortunato Damocle, il
-cui regno cominciò e finì nel pranzo istesso!»
-</p>
-
-<p>
-Volle puntellarsi sul trono coll'impalmare a suo figlio
-Palladia, primogenita dell'ucciso imperatore; ed egli
-stesso, mortagli la virtuosa donna, menò a forza la
-vedova di Valentiniano. Costei, per vendicar sè ed il
-marito, si dirizzò al terribile Genserico, che con robusto
-armamento di Vandali e Alani dall'Africa sbarcò alla
-foce del Tevere. Massimo rimase ad aspettarlo con una
-freddezza che non era coraggio; ma dal popolo fu tolto
-a sassi, e gettato nel Tevere <span class="sidenote">(12 giugno)</span>.
-</p>
-
-<p>
-Tre giorni dopo, Genserico era alle porte di Roma,
-la quale, sapendo assassinare, non difendersi, limitavasi
-a piangere ed orare. La religione di nuovo la coprì col
-suo manto; e Leone papa, che l'avea schermita da Attila,
-uscì col clero in processione, e coll'autorità d'uomo
-venerato e colla santità del ministero indusse Genserico
-a risparmiare le stragi e il fuoco; del resto tutto
-fu abbandonato ad un saccheggio di quattordici giorni.
-Al tempio di Giove in Campidoglio fu tolto fin il tetto
-di bronzo dorato, salvandone però le statue dei numi e
-degli eroi. In quello della Pace aveva Tito deposti gli
-arredi del culto giudaico, la tavola e il settemplice candelabro
-d'oro; e questi pure furono rapiti. Nè le chiese
-cristiane restarono immuni; e le ricchezze sfuggite ad
-Alarico vennero accumulate sulle navi africane, che
-parevano vendicare Cartagine. Eudossia medesima,
-avanzatasi incontro all'invocato liberatore, si vide strappar
-di dosso le gioje, e con due figliuole fu imbarcata
-fra migliaja di schiavi, scelti per bellezza o vigorìa.
-<span class="pagenum" id="Page_424">[424]</span>
-Prospero vento portò a Cartagine le prede e le persone,
-alle quali alcun ristoro diede il vescovo Deograzia,
-ricoverandole nelle chiese, soccorrendole cogli
-ori di queste, e coi conforti che la carità sola conosce.
-Il poeta Paolino, allora vescovo di Nola, convertì in
-questo pio uso tutte le ricchezze ecclesiastiche; e nulla
-più restandogli, per riscattare il figliuolo d'una vedova,
-diede schiavo se stesso<a class="tag" id="tag307" href="#note307">[307]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Anche da altre parti i Barbari irrompevano, e le
-provincie scotevano il giogo di Roma. Franchi ed Alemanni
-procedettero fino alla Senna; alle coste portavano
-assalto i Sassoni; i Goti aspiravano a durevoli
-conquiste. A frenare costoro, Massimo aveva destinato
-Flavio Avito, nobile d'Alvergna, che in sua giovinezza
-attese alle lettere e al diritto, combattè a fianco di Ezio,
-meritò d'essere prefetto al pretorio della Gallia; poi
-dal ritiro villereccio presso Clermont chiamato generale
-della fanteria e cavalleria, non si ricusò al bisogno
-della patria, tenne in rispetto i Barbari, ed egli medesimo
-andò a trattare con Teodorico II re dei Visigoti.
-Costui, udita la morte di Massimo, esibì assistere Avito
-per succedergli <span class="sidenote">(10 luglio)</span>; e Roma e l'Italia nol poterono ricusare,
-solo pregandolo a por sua sede nell'antica capitale
-del mondo.
-</p>
-
-<p>
-La virtù di Avito non resistette alle blandizie d'un
-grado, cui, perduta la potenza, restavano le seducenti
-vanità; e molti mariti inimicò. Lo scontento non tardò
-a prorompere; e il senato, che nella debolezza degli
-augusti aveva ricuperato alcuna autorità, pose in campo
-il suo diritto d'eleggere l'imperatore. A nulla però sarebbe
-<span class="pagenum" id="Page_425">[425]</span>
-riuscito se non v'avesse dato appoggio il conte
-Ricimero, uno de' principali comandanti dei Barbari
-ausiliarj in Italia. Distrutte sessanta galee vandale nelle
-acque della Corsica, era costui stato salutato liberatore
-d'Italia: del quale trionfo imbaldanzito, intimò ad Avito
-di deporre la porpora <span class="sidenote">(456 — 16 8bre)</span>. Questo cercò sicurezza col farsi
-ungere vescovo di Piacenza; ma quivi pure perseguito
-dalla vendetta del senato, mentre fuggiva verso la natale
-Alvergna, morì o fu ucciso.
-</p>
-
-<p>
-Vacato alquanto l'Impero, fu conferito a Giulio Valerio
-Magioriano <span class="sidenote">(457 — 1 agosto)</span>, degno di migliori tempi. In voce di
-coraggioso, liberale e accorto, sotto Ezio militò con
-tanta gloria, da eccitarne la gelosia; degradato per ciò,
-fu riassunto alla morte di quello, e Ricimero, divenuto
-patrizio d'Italia, lo costituì generale della cavalleria e
-della fanteria; e poi ch'ebbe in quel grado respinto
-gli Alemanni che erano proceduti fino a Bellinzona di
-qua dall'alpi Lepontine, lo collocò sopra un trono, di
-cui disponeva a suo talento. Dell'elezione Magioriano
-fece saputo il senato e l'esercito<a class="tag" id="tag308" href="#note308">[308]</a>: — A sostenere
-il colmo del principato, non per volontà mia m'accostai,
-ma per ossequio della pubblica devozione, onde non
-vivere a me solo, o ricusando non parere ingrato alla
-repubblica per cui nacqui. Or favorite al principe da
-voi creato, e partecipate con noi alla cura degli affari,
-acciocchè l'impero, datomi per vostra istanza, cresca
-per le concordi attenzioni. La giustizia varrà al tempo
-nostro, e la virtù potrà prosperare sotto la tutela dell'innocenza.
-Nessuno temerà gli spionaggi, che già da
-privati noi detestammo, e che ora specialmente condanniamo:
-delle calunnie abbia paura soltanto chi le
-porti. Col padre e patrizio nostro Ricimero, vigilantissimo
-delle cose militari, avremo cura di serbare il
-<span class="pagenum" id="Page_426">[426]</span>
-mondo romano, che in comune assicurammo da esterni
-nemici e da domestica discordia. Spero che della elezione
-nostra voi serberete tal memoria, quale io, consorte
-una volta dei vostri pericoli, mi riprometto senza
-manco dall'amor vostro; e se il Cielo m'assista, mi sforzerò,
-con autorità di principe e riverenza di collega,
-che non abbia a spiacervi il giudizio che di me recaste».
-</p>
-
-<p>
-Il linguaggio costituzionale de' primi anni dell'Impero,
-disusato da tanto tempo, suona ancora in questo
-editto, e per l'ultima volta.
-</p>
-
-<p>
-Nelle poche sue leggi Magioriano mostrava i sentimenti
-generosi e generosamente espressi d'un padre
-di popolo infelice, che ai mali di questo soccorre ove
-può, se non altro li compatisce. Le fortune dei provinciali,
-«attrite dalla varia e molteplice esazione di tributi,
-e dagli straordinarj pesi fiscali», sollevò alquanto
-depennando i vecchi crediti del fisco; e toltala alle
-commissioni straordinarie<a class="tag" id="tag309" href="#note309">[309]</a>, tornò ai provinciali la
-giurisdizione sulle tasse. I senati minori, cioè i corpi
-municipali, «viscere delle città e nervi delle repubbliche»,
-erano tanto sviliti dall'ingiustizia de' magistrati
-e dalla insaziabilità degli esattori<a class="tag" id="tag310" href="#note310">[310]</a>, che i cittadini se
-ne sottraevano coll'esigliarsi lontano od ascondersi.
-Magioriano gli esorta a tornare, alleviandone i pesi;
-e scioltili dall'esser garanti del tributo nel loro distretto,
-esige da essi soltanto un esatto conto del ricevuto e dei
-debitori morosi. Ai difensori della città restituisce la
-tutelare potenza, confortando ad eleggere a quel grado
-persone incorrotte, capaci e coraggiose di sostenere il
-<span class="pagenum" id="Page_427">[427]</span>
-povero e combattere il prepotente, ed informare l'imperatore
-de' soprusi, col suo nome ammantati. Provvide
-anche agli antichi edifizj, o per negligenza crollanti,
-o che abbatteansi onde avere materiali a nuove fabbriche.
-All'adultero, confisca de' beni ed esiglio; se
-tornasse in Italia, poteva essere ucciso impunemente.
-Nessuna si consacrasse a Dio prima dei quarant'anni:
-le vedove minori di quest'età si rimaritassero, o perdessero
-metà dei beni. Annullati i matrimonj disuguali.
-Di quel che vi si scorge d'eccessiva minutezza, di sproporzionato
-rigore e di rimembranze pagane, lo scusi
-la buona intenzione.
-</p>
-
-<p>
-Sconfitto Genserico che era sbarcato in Italia, Magioriano
-meditava ricuperare l'Africa; ma non potendo
-restituire il coraggio e la disciplina nelle legioni, assoldò
-Barbari, e a capo loro <span class="sidenote">(458)</span> passate le Alpi di fitto
-inverno, vinse Teodorico II visigoto, e lo accettò in
-alleanza; intanto che negli arsenali di Miseno e di
-Ravenna faceva allestire navigli, sicchè prontamente
-ebbe raccolte a Cartagena trecento grosse galee e adeguato
-numero di sottili. Ma Genserico ridusse a deserto
-la Mauritania, e sorpresa la flotta mal guardata nel
-porto, vi fisse il fuoco. Magioriano si trovò allora
-ridotto ad accettare una tregua, durante la quale accelerò
-nuovi preparativi: ma gli scontenti prodotti dalle
-sue riforme toccarono il colmo per la presente disgrazia,
-e il sollevato campo l'uccise a Voghera <span class="sidenote">(461 — 2 agosto)</span>.
-</p>
-
-<p>
-Ricimero allora ingiunse al senato d'eleggere Vibio
-o Libio Severo, oscuro lucano: poi, appena gli riuscì
-incomodo, il tolse di mezzo <span class="sidenote">(465 — 15 agosto)</span>, e per venti mesi governò,
-non assumendo verun titolo, ma facendo tesoro, armi,
-alleanze in proprio nome. Protestavano contro la sua
-dittatura Marcellino ed Egidio. Il primo, letterato e
-fedele all'antica religione, era stato caro ad Ezio, perseguito
-da Valentiniano, da Magioriano messo a governare
-<span class="pagenum" id="Page_428">[428]</span>
-la Sicilia e l'esercito ivi disposto contro i Vandali;
-dappoi, occupata la provincia della Dalmazia, si
-intitolò patrizio dell'Occidente, e andando in corso per
-l'Adriatico, infestava le coste d'Italia e d'Africa. Egidio,
-maestro della milizia nella Gallia, si chiarì nemico agli
-uccisori di Magioriano, e con forte esercito si rese formidabile:
-presso Orleans sconfisse gl'imperiali e minacciò
-l'Italia: nè forse Ricimero seppe disfarsene altrimenti
-che col veleno.
-</p>
-
-<p>
-Anche Beorgor re degli Alani era sceso in Italia <span class="sidenote">(464)</span>, ma
-sotto Bergamo toccò una sconfitta sì piena, che dopo
-d'allora più non trovasi mentovata quella gente. Genserico,
-non fiaccato dalla grave età, usciva ogni primavera
-con grossa flotta dal porto di Cartagine, e se il
-piloto gli chiedesse ove drizzar la prora, rispondeva: — Ove
-soffiano i venti, che ci porteranno al lido cui
-la divina giustizia voglia punire». Quanto bagna il
-Mediterraneo fu infestato da' costui ladroni, i quali,
-non avidi di gloria ma di bottino, sfuggivano d'affrontare
-eserciti in campagna, o assaltar fortezze; e sui loro
-cavalli battuto il litorale e rapitone il bello e il buono,
-si rimbarcavano. Ricimero, sprovveduto di forze navali,
-dovette lasciare che gl'italiani ricorressero alla mediazione
-dell'imperatore di Costantinopoli.
-</p>
-
-<p>
-Questi spedì ambasciatori a Marcellino, che, pago di
-vedersi con tal atto riconosciuto sovrano della Dalmazia,
-promise restar quieto. Genserico, al contrario, alzava le
-pretensioni, e pretendeva che suo cognato Olibrio fosse
-elevato augusto; ma in vece sua, dopo diuturna vacanza,
-fu gridato Procopio Antemio <span class="sidenote">(467 — 12 aprile)</span>, galata di nazione,
-uno de' più illustri privati dell'impero Orientale, e genero
-dell'imperatore Marciano. Mosso da Costantinopoli
-con molti conti e con piccolo esercito, entrò in Roma
-trionfalmente, e senato, popolo, federati approvarono
-la scelta. Ricimero, che nella vacanza avea continuato
-<span class="pagenum" id="Page_429">[429]</span>
-da padrone, volle gli sposasse una sua figlia, e splendidissime
-celebraronsi le nozze. Antemio, lasciando
-Costantinopoli, avea ceduto la sua casa per farne un
-bagno pubblico, una chiesa, un ospizio pei vecchi:
-pure in Roma tollerò sì gli avanzi del paganesimo, sì
-gli eretici, e nel fôro Trajano rinnovò l'antica cerimonia
-del manomettere i servi colla guanciata, «pronto
-(diceva il suo panegirista) a sciogliere gli antichi schiavi
-e farne di nuovi»<a class="tag" id="tag311" href="#note311">[311]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Leone imperatore d'Oriente adoprò allora le sue
-forze e centrentamila libbre d'oro per isbrattare dai
-Vandali il Mediterraneo; il patrizio Marcellino, colle
-sue navi avvezze a corseggiare, li snidò di Sardegna;
-Basilisco, fratello dell'imperatrice d'Oriente, comandava
-la flotta di mille centredici navi, e più di centomila fra
-soldati e ciurma: ma Genserico trovò ancor modo di
-gettar le fiamme nella flotta, sicchè i due Imperj videro
-andar col fumo un armamento che gli avea spossati.
-Basilisco, con appena mezze le navi, fuggì a Costantinopoli;
-Marcellino si ritrasse in Sicilia, dove cadde assassinato;
-e Genserico tornò despoto del mare, aggiunta
-anche la Sicilia al suo dominio, mentre l'Impero perdeva
-tutte le provincie d'oltr'Alpe.
-</p>
-
-<p>
-Ricimero, non trovando Antemio abbastanza ligio, si
-ritirò da Roma a Milano, e intendendosela coi Barbari,
-minacciava guerra civile, se Epifanio vescovo di Pavia
-non fosse riuscito a conciliare l'imperatore di nome
-con quello di fatto. Ma il barbaro patrizio covava
-l'astio; e raccolto un grosso di Borgognoni e di Svevi,
-negò di più obbedire all'impero greco e all'eletto di
-quello, e proclamò Anicio Olibrio. Questo senatore,
-della più illustre famiglia romana, avendo sposata Placidia,
-ultima figlia di Valentiniano III, vantava ragioni
-<span class="pagenum" id="Page_430">[430]</span>
-al trono; e come cognato di Genserico, aveva l'appoggio
-di questo: lasciati gli ozj di Costantinopoli, dove
-era fuggito da Roma dopo il saccheggio di Genserico,
-sbarcò in Italia, e fu portato da Ricimero verso l'antica
-metropoli. Il senato e parte del popolo stavano per
-Antemio, e sostenuti da un esercito goto o gallo, tre
-mesi resistettero; ma una forte fazione repugnava a
-quell'imperatore, greco d'origine e poco zelante della
-fede; talchè Ricimero prevalse <span class="sidenote">(472 — 11 luglio)</span>, fece trucidar l'imperatore
-suo suocero, e col saccheggio satollò le milizie.
-</p>
-
-<p>
-Dopo poche settimane Ricimero stesso moriva, cessando
-di sovvertire l'Impero, e lasciando l'esercito al
-nipote Gundibaldo principe de' Borgognoni. Olibrio
-anch'esso non sopravisse che sette mesi; e l'imperiale
-corona fu usurpata da un Flavio Glicerio <span class="sidenote">(473)</span>, non sappiamo
-quale; poi da Leone imperatore di Costantinopoli data
-a Giulio Nepote, successo allo zio Marcellino nella sovranità
-della Dalmazia <span class="sidenote">(474)</span>. Condottosi in Italia, e quivi agevolmente
-mutato in vescovo il competitore Glicerio,
-riconfortò di qualche speranza l'Impero cadente. Ma
-da lontano Eurico re dei Visigoti lo costrinse a cedergli
-l'Alvergna; da vicino i Barbari federati, insorti
-sotto Oreste, marciarono da Roma a Ravenna <span class="sidenote">(475 — 28 agosto)</span>. Fuggì al
-loro avvicinarsi Giulio, e abdicandosi d'un trono che fa
-meraviglia come ancora trovasse aspiranti, visse nel
-suo principato della Dalmazia, ove quattro anni appresso
-fu assassinato da due cortigiani di Glicerio.
-</p>
-
-<p>
-Oreste, figlio di Tatullo, avea servito da segretario
-ad Attila e da suo ambasciadore a Costantinopoli. Morto
-il terribile padrone, ricusò obbedire ai figli di esso nè
-ai Visigoti; e raccozzato uno sciame dei Barbari che
-seguivano il Flagello di Dio, massime Eruli, Scirri,
-Alani, Turcilingi e Rugi, li menò al soldo di Roma col
-nome consueto di federati. Gl'imperatori per paura e
-necessità lo contentarono di regali e di gradi, fin a intitolarlo
-<span class="pagenum" id="Page_431">[431]</span>
-patrizio e generale. Infido ajuto, poichè, acquistata
-autorità su quella sua banda, come uomo sicuro
-ch'egli era e loro compatrioto e vivente al modo stesso,
-gl'indusse a scuotere l'obbedienza, e gridar imperatore
-suo figlio Romolo Augusto <span class="sidenote">(476 — 28 8bre)</span>, vezzeggiato in Momillo
-Augustolo.
-</p>
-
-<p>
-Quelle ciurme raccogliticcie, recandosi a vile un imperatore
-ch'era loro creato, pretendevano facesse ogni
-loro talento, aumentasse paghe e doni; anzi, invidiando
-i Barbari che aveano già acquistato ferme stanze nella
-Gallia, nella Spagna, in Africa, domandarono anch'essi
-un terzo delle terre italiane. Oreste negò contentarli
-della domanda; ma essi trovarono chi gliela esaudì.
-</p>
-
-<p>
-Collega di Oreste nell'ambasceria d'Attila a Costantinopoli
-era stato un Edecone, il cui figlio Odoacre,
-senz'altro retaggio che il proprio valore, l'adoprò alla
-rapina e a servire chi lo pagasse, pensando farsi buona
-parte fra le tempeste d'allora. Errò qualche tempo nel
-Norico; poi calato nel bel paese, e udito i federati
-mormorare pel rifiuto d'Oreste, — Io v'accorderò
-quanto bramate, purchè a me vogliate sottomettervi».
-Accorsero a gara sotto le bandiere di esso <span class="sidenote">(476)</span>, che senza
-contrasto giunse fino all'Adda; preso Oreste in Pavia,
-lo mandò a morte; avuta compassione o disprezzo dell'imbelle
-Augustolo, sol notevole per giovanile bellezza,
-gli assegnò seimila monete d'oro l'anno; e Luculliano,
-villa sul delizioso promontorio di Miseno, fabbricata
-da Mario, abbellita da Lucullo con tutte le arti di
-Grecia, poi gradita campagna degl'imperatori, indi
-nelle invasioni mutata in fortezza, diveniva asilo dell'ultimo
-successore d'Ottaviano.
-</p>
-
-<p>
-A che serviva omai questa dispendiosa dignità d'imperatore?
-Adunque, sotto dettatura del Barbaro, il senato
-scrisse all'imperatore Zenone a Costantinopoli: — Non
-intendiamo continuare più oltre la successione
-<span class="pagenum" id="Page_432">[432]</span>
-imperiale in Italia; basta la maestà d'un solo monarca
-a difendere l'Oriente e l'Occidente; sia dunque Costantinopoli
-sede dell'impero universale; a tutelare la repubblica
-romana rimarrà Odoacre, cui ti preghiamo
-concedere il titolo di patrizio e l'amministrazione della
-diocesi italica». Zenone esitò; e nel giovane figlio di
-Oreste, in cui per bizzarro caso si univano i nomi del
-primo re e del primo imperatore romano, terminò
-l'impero d'Occidente, 476 anni dopo Cristo, 1229 dopo
-la fondazione della città, 507 dopo che la battaglia
-d'Azio vi stabilì il dominio d'un solo. Roma aveano
-governata in prima sette re, poi quattrocentottantatre
-coppie di consoli, infine settantatre imperatori.
-</p>
-
-<p>
-E qui si chiude la storia di Roma: storia la più
-importante del mondo, non solo per noi, che viviamo
-sul suolo stesso, e che possiamo ed affacciarla a chi ci
-chiama nazione molle, e tenercene obbligati ad essere
-grandi noi pure, sebbene in modo diverso; ma anche
-per le lezioni, di cui l'incremento, la grandezza, il dechino
-di essa sono fecondi a chi guarda l'uomo, e la
-potenza di lui ammira meno nelle violenze della forza,
-che nelle lente conquiste del diritto. Poi quella storia
-si mescola a tutte le posteriori, giacchè gli Stati successivi
-d'Europa sono romano-germanici, e molti fatti
-trovano in quella o la spiegazione o l'esempio. E noi,
-credenti e speranti che l'uman genere progredisca imparando
-e migliorando, noi severi scrutatori delle virtù
-romane, noi proclameremo come una delle più belle
-glorie italiane l'immensa efficacia che Roma esercitò
-agli avanzamenti di quello.
-</p>
-
-<p>
-Dalla rupe Tarpea i Romani guardavansi come una
-gente privilegiata che non si conosce alcun obbligo
-morale colle altre, tutte barbare, predestinate al ferro
-de' guerrieri e all'ingordigia de' proconsoli, i quali, tra
-un parco di schiavi, in una miniera di denari qual è il
-<span class="pagenum" id="Page_433">[433]</span>
-mondo straniero, procedono come il dio Marte lor
-progenitore, intimando — Guai ai vinti». Un popolo
-che non intendeva la proprietà, non la libertà; che
-disciplinato soltanto per la guerra anche nella pace,
-lottava onde ripartirsi la preda; che il patriotismo
-riponeva non tanto nell'amar la propria, quanto nell'odiare
-le altre nazioni; che facevasi gloria dello sterminio;
-che unico mezzo di sussistenza considerava la
-dilapidazione, la rapina, la schiavitù, parve ad alcuni
-null'altro che abbominevole, mentre altri ne deducevano
-falsi concetti di gloria, e il vanto delle guerre
-ambiziose e dei colpi robusti, e la giustificazione
-dell'esito.
-</p>
-
-<p>
-Ma colla smania o piuttosto la necessità delle conquiste,
-i Romani arrestavano l'indefinito suddividersi
-dei popoli, introducevano qualche ordine nel caos delle
-genti antiche; per modo che quelle che prima non si
-conoscevano che per cozzarsi e distruggersi, si trovassero
-strette nell'unità della forza prepotente, poi della
-legge e dell'amministrazione.
-</p>
-
-<p>
-In tutta la società antica non si erano vedute fin
-allora che comunità di pochi, o accidentale aggregazione
-di molte comunità, dominate da una sola, e pronte
-a sconnettersi: Roma sola faticò all'opera eminentemente
-italiana di unire; ed organizzatrice anche al
-tempo di sua decadenza, colla spada ravvicina elementi
-disparati; per conservarli introduce unità di
-governo, principj di equità, nozioni di diritto; vuole
-assimilarsi il mondo, impresa mai più tentata, e formare
-una patria, una città; allo sfrazionamento de' Comuni
-sostituisce l'idea di nazione; agl'individui surroga
-un popolo, un popolo re; spezza mille barriere, frapposte
-alle genti; innesta civiltà dissomigliantissime,
-sicchè l'una all'altra profitti. In quell'espansione il
-Britanno del pari e l'Etiope si trovarono concittadini;
-<span class="pagenum" id="Page_434">[434]</span>
-si estesero la lingua, l'arte, la legislazione romana; anzi
-ne' paesi sottoposti quasi d'altra civiltà non ci fu tramandata
-memoria che della romana; e i Balbi di Napoli,
-i Virj e i Plinj di Como, i Nepoti e i Catulli di
-Verona, i Severi di Trieste, i Fabj di Brescia, i Sergj di
-Pola sono romani; come sono inglesi tutti i nomi segnalati
-nell'Unione americana.
-</p>
-
-<p>
-Ma fondere non poteva Roma, essa medesima mancando
-di quell'unità, superiore alle contingenze umane,
-nella quale soltanto possono i popoli affratellarsi, e
-costituire una dinastia di nazione, non più regnante per
-la forza ma per l'intelligenza. La necessità di questo
-grande eguagliamento non era predetta dalle Sibille,
-non l'avvisavano filosofi nè statisti, irritavansi anzi coi
-Cristiani che la predicavano; sicchè Roma moriva persuasa
-della propria immortale sovranità; moriva per
-la forza, essa che di forza era vissuta.
-</p>
-
-<p>
-Moriva, ma dopo che, venendo ultima degli antichi
-popoli, seppe profittare dell'esperienza di tutti, sistemarla
-col senso legale, sublimarla col cristianesimo;
-moriva, ma un immenso retaggio lasciando all'avvenire.
-La sua supremazia assicurò il primato dell'Europa sul
-resto del mondo, giacchè, in qualunque parte essa arrivò,
-stabilì città donde s'irradiava l'incivilimento, e che
-dapprima fissarono al terreno l'onda dei Barbari, più
-tardi coi vescovi e coi Comuni poterono frangere la
-tirannide feudale. I reggimenti municipali dall'impero
-istituiti o regolati, restarono, almeno ne' paesi non
-occupati dai Longobardi; e sebbene si restringessero
-a semplice amministrazione, misti ad elementi settentrionali,
-e vivificati dalle ecclesiastiche immunità produssero
-i Comuni del medioevo e la più gloriosa età
-dell'Italia. Già era non solo nata, ma svolta la più parte
-delle idee destinate a vivere nella società nuova; il
-primato pontifizio, la solitaria operosità de' monaci, il
-<span class="pagenum" id="Page_435">[435]</span>
-rinnovamento dell'arte, la lingua vulgare, perfino la
-scolastica, perfino la filosofia della storia con sant'Agostino.
-La letteratura latina, per quanto di fioritura
-breve, più di qualsiasi ebbe durata ed estensione, perocchè
-si collocò accanto ad ogni altra nazionale, educando
-i nuovi popoli europei, che tutti ne desunsero
-qual più qual meno il carattere: l'Omero dei mezzi
-tempi facevasi guidare da Virgilio traverso al miracoloso
-viaggio, col quale esordiva al volo delle letterature
-moderne.
-</p>
-
-<p>
-Quell'idioma, universale alla Chiesa universale, depositaria
-privilegiata della civiltà e del sapere, viepiù
-veniva opportuno nell'ignoranza, e nelle scarse comunicazioni
-d'allora; e modificando i prischi dialetti, generò
-le nuove favelle, che sono un latino corrotto,
-rigenerato da spirito analitico e flessibile; più logiche
-se meno maestose, più limpide se meno poetiche.
-</p>
-
-<p>
-Le leggi di Roma, perchè dirette al mondo intero,
-aveano meno dell'arbitrario e del particolare; e in
-canoni generali dominano i costumi e le credenze
-tutte; tutti i fatti sociali, tutte le differenze riconducono
-ad unità di principj. In conseguenza si adattano
-anche all'avvenire, e mantenute in prima e modificate
-nella Chiesa, poi introdotte nelle scuole e nella società
-secolare a dar norma agli atti, alle transazioni, ai contratti,
-offrirono grandiosi modelli d'ordine e di equità;
-la legislazione moderna s'affisse al diritto romano come
-al suo principio, spesso come a suo testo; man mano
-che si scioglie dai vincoli feudali, la proprietà torna
-a regolarsi alla romana; il nostro ordinamento amministrativo
-è istituzione romana acconciata a governi
-temperati: sebbene sia vero che talvolta quegl'istituti
-divennero ceppi a coloro che non sanno ammirare
-senza voler imitare.
-</p>
-
-<p>
-Il concetto di un potere centrale, che tutto muova e
-<span class="pagenum" id="Page_436">[436]</span>
-governi, fu trasmesso da Roma, parte coll'amministrazione
-sopravissuta, parte nelle ricordanze: i popoli
-barbari l'ammiravano, pur senza forza o sapienza bastante
-a raggiungerlo; e di esso fu merito se un impero
-cristiano rivisse sotto Carlo Magno, se alle sfrantumate
-giurisdizioni feudali riuscirono legisti popolani
-ad opporre la liberale perchè tutrice preponderanza
-d'un'autorità suprema.
-</p>
-
-<p>
-Così Roma, perduto lo scettro della forza, afferrerà
-quello del pensiero; dopochè per cinque secoli fu centro
-dell'unità materiale e della forza politica, lo diverrà
-della forza spirituale e dell'unità intelligente; papi e
-imperatori aspireranno alla primazia per memoria di
-Roma, mentre il servo invocherà nell'emancipazione
-d'essere dichiarato cittadino romano; sicchè quella
-città per nuova via tornerà a mettersi a capo dell'incivilimento,
-in una grande unificazione, che non abolisca
-le nazionalità particolari, le provincie, i Comuni, ma
-dia vita alla nazione cristiana, la quale sarà la più
-civile; e fondata sul dogma dell'eguaglianza delle
-anime, cioè sull'unità d'origine, di redenzione, di fine,
-più non retrocederà, e nella quale la potenza che regola
-i corpi non potrà nulla sugli spiriti. Stupendi frutti
-della romana sapienza, dacchè fu fecondata dal cristianesimo,
-che, cancellando le idee ingiuriose a Dio, cancella
-pur quelle ingiuriose all'uomo.
-</p>
-
-<p class="pad2 center large">
-FINE DEL TOMO QUARTO E DEL LIBRO QUINTO
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_437">[437]</span>
-</p>
-
-<h2 id="aggiunte">AGGIUNTE</h2>
-</div>
-
-<p class="indl">
-Vol. I, p. 169, alla nota 12 aggiungi:
-</p>
-
-<p>
-Sul <i>Nexum et la contrainte par corps en droit romain</i> offrì
-un'importante dissertazione all'Istituto di Francia nel 1874 il
-sig. S. Vainberg.
-</p>
-
-<p>
-Vedasi pure <span class="smcap">Unterholzer</span>, <i>Lehre des römischen Rechts von
-den Schuld Verhältnissen</i>, Lipsia 1840; <span class="smcap">Sell</span>, <i>De jure romano
-nexo et mancipio</i>, Brunswich 1840, come Vainberg, sostiene che
-<i>nexum</i> e <i>mancipium</i> fossero una cosa stessa, attuata sempre
-per <i>æs et libram</i>. <span class="smcap">Giraud</span>, <i>Des nexi</i>, distingue il <i>nexum</i> dal
-<i>mancipium</i>; <span class="smcap">Huschke</span>, <i>Ueber das Recht des Nexum, und das
-altrömische Schuldrecht</i>, Lipsia 1846; <span class="smcap">Bachofen</span>, <i>Das Nexum</i>,
-Basilea 1846.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Vol. I, p. 261, alla nota 23 aggiungi:
-</p>
-
-<p>
-Il più recente lavoro che conosciamo sopra Selinunte è di
-Otto Benndorf (Berlino 1873), <i>Die Metopen von Selinunt, mit
-Untersuchungen über die Geschichte, die Topographie und die
-Tempel von Selinunt</i>, con 13 tavole.
-</p>
-
-<div class="somm">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_439">[439]</span>
-</p>
-
-<h2><a id="indice" href="#indfront">
-INDICE</a></h2>
-
-<table class="indice" summary="">
- <tr>
- <td><span class="smcap">Capitolo</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLIII.</td> <td>Da Comodo a Severo. Despotismo militare</td> <td class="pag"><a href="#cap43"><i>pag.</i> 1</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLIV.</td> <td>I Trenta Tiranni. Diocleziano. Imperatori colleghi. Costituzione mutata</td> <td class="pag"><a href="#cap44">22</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLV.</td> <td>Nemici dell'Impero. I Germani. Costantino</td> <td class="pag"><a href="#cap45">65</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3" class="center">LIBRO QUINTO</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLVI.</td> <td>Il Cristianesimo perseguitato, combattente, vincitore</td> <td class="pag"><a href="#cap46">87</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLVII.</td> <td>Traslazione della sede imperiale a Costantinopoli. Costituzione del Basso Impero</td> <td class="pag"><a href="#cap47">125</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLVIII.</td> <td>Figli di Costantino. Sistemazione ecclesiastica. L'Arianismo</td> <td class="pag"><a href="#cap48">160</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLIX.</td> <td>Giuliano. Riscossa del Paganesimo</td> <td class="pag"><a href="#cap49">180</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">L.</td> <td>Da Gioviano a Teodosio. I santi Padri. Trionfo del Cattolicismo</td> <td class="pag"><a href="#cap50">199</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LI.</td> <td>La coltura pagana digrada, si amplia la cristiana</td> <td class="pag"><a href="#cap51">236</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LII.</td> <td>Trasformazione delle arti belle</td> <td class="pag"><a href="#cap52">269</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LIII.</td> <td>Miglioramenti e complesso della legislazione</td> <td class="pag"><a href="#cap53">286</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LIV.</td> <td>Impero diviso. Onorio. Invasione di Alarico</td> <td class="pag"><a href="#cap54">342</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LV.</td> <td>Valentiniano III. Gli Unni</td> <td class="pag"><a href="#cap55">379</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LVI.</td> <td>Sulla caduta dell'Impero romano</td> <td class="pag"><a href="#cap56">392</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LVII.</td> <td>Ultimi imperatori</td> <td class="pag"><a href="#cap57">422</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="2">Aggiunte al volume I</td> <td class="pag"><a href="#aggiunte">437</a></td>
- </tr>
-</table>
-
-<hr />
-
-</div>
-
-<div class="footnotes">
-
-<h2>
-NOTE:
-</h2>
-
-<div class="footnote" id="note1">
-<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lampridio</span>, <i>Vita di Alessandro</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note2">
-<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Sororibus suis constupratis, ipsas concubinas suas sub
-oculis suis stuprari jubebat, nec irruentium in se juvenum carebat
-infamia, omni parte corporis atque ore in sexum utrumque
-pollutus</i>. Historia Aug., 47.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note3">
-<p><span class="label"><a href="#tag3">3</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lampridio, <i>Vita di Pertinace</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note4">
-<p><span class="label"><a href="#tag4">4</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Dione</span>, in <i>Didio Giuliano</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note5">
-<p><span class="label"><a href="#tag5">5</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Suida</span>, pag. 257.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note6">
-<p><span class="label"><a href="#tag6">6</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In ragione di settantacinquemila moggia l'anno.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note7">
-<p><span class="label"><a href="#tag7">7</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Omnia fui, et nihil expedit</i>. Historia Aug., 71.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note8">
-<p><span class="label"><a href="#tag8">8</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Erodiano</span>. Bisognerà comprendervi i giardini.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note9">
-<p><span class="label"><a href="#tag9">9</a>.&nbsp;&nbsp;</span></p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Fecisti patriam diversis gentibus unam,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Urbem fecisti quæ prius orbis erat.</i></p>
-<p class="i09"> <span class="smcap">Rutilio</span>, Itinerario.</p>
-</div></div>
-
-<p>
-V'è chi ascrive questa legge a Marc'Aurelio (<span class="smcap">Mannert</span>, <i>Commentatio
-de Marco Aurelio Antonino, constitutionis de civitate
-universo orbi data auctore</i>. Alla 1772); e forse v'avea posto restrizioni,
-che Caracalla levò.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note10">
-<p><span class="label"><a href="#tag10">10</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lampridio trasse dagli archivj della città questo processo
-verbale della elezione di lui:
-</p>
-
-<p>
-— Il giorno avanti le none di marzo, essendosi in folla raccolto
-il senato nella curia, cioè nel tempio sacro alla Concordia,
-e avendo pregato Aurelio Alessandro Cesare Augusto
-a intervenirvi, ed avendo egli ricusato perchè sapeva trattarsi
-di onori suoi, poscia essendo venuto, si acclamò: «O augusto
-innocente, gli Dei ti conservino. Alessandro imperatore, gli
-Dei ti conservino. Gli Dei ti hanno dato a noi, gli Dei ti
-conservino. Gli Dei ti tolsero dalle impure mani, gli Dei ti
-perpetuino. Tu pure soffristi l'impuro tiranno, tu pure ti dolesti
-di vedere quell'impuro ed osceno; gli Dei lo svelsero, gli
-Dei ti conservino. Infame imperatore, giustamente dannato!
-Felici noi dell'imperio tuo, felice la repubblica! L'infame fu
-trascinato coll'uncino ad esempio spaventevole; il lussurioso
-imperatore fu a ragione punito. Dei immortali, ad Alessandro
-vita; di qui appajano i giudizj degli Dei».
-</p>
-
-<p>
-E avendo Alessandro ringraziato, si acclamò: «Antonino
-Alessandro, gli Dei ti conservino. Ti preghiamo ad assumere il
-nome d'Antonino. Vendica tu l'ingiuria di Marco; vendica tu
-l'ingiuria di Vero; vendica tu l'ingiuria di Bassiano. Peggior di
-Comodo fu il solo Elagabalo, nè imperatore, nè Antonino, nè
-cittadino, nè senatore, nè nobile, nè romano. I tempj degli Antonini
-un Antonino dedichi; il casto riceva il sacro nome, il
-nome di Antonino, il nome degli Antonini».
-</p>
-
-<p>
-E dopo le acclamazioni, Aurelio Alessandro Cesare Augusto
-proferì: «Vi ringrazio, o padri coscritti, non ora primamente,
-ma e pel titolo di Cesare, e per la vita salvata, e per l'aggiunto
-nome d'Augusto, pel pontificato massimo, per la podestà tribunizia,
-pel comando proconsolare, cose tutte che, con nuovo
-esempio, in un sol giorno mi conferiste». E come ebbe parlato,
-si acclamò: «Queste accettasti; accetta ora il nome di Antonino».
-Ed egli: «Non vogliate, vi prego, o padri coscritti, costringermi
-ad accettare un nome cui mi sarebbe difficile soddisfare,
-già gravi essendo questi insigni nomi. Chi intitolerebbe
-Cicerone un muto? chi un ignorante Varrone? Marcello un
-empio?»
-</p>
-
-<p>
-Di nuovo fu acclamato come sopra, e l'imperatore disse:
-«Qual sia stato il nome degli Antonini, ricordi la clemenza
-vostra. Se pietà, chi più santo del Pio? se dottrina, chi più
-prudente di Marco? se forza, chi più robusto di Bassiano?»
-Di nuovo si acclamò come sopra, e l'imperatore soggiunse:
-«Certo vi ricorda come testè quel più laido di tutti i bipedi non
-solo ma e de' quadrupedi, portasse il nome di Antonino, e in
-turpitudine e lussuria superasse i Neroni, i Vitellj, i Comodi,
-e quali erano i gemiti di tutti: e pei circoli del popolo e dei
-nobili una sola voce fosse, che sconvenientemente e' si chiamava
-Antonino, e che da tale obbrobrio era violato tanto nome».
-</p>
-
-<p>
-Mentre parlava si acclamò: «Gli Dei allontanino i mali; te
-imperante, di ciò non temiamo; ne siamo sicuri te duce. Vincesti
-i vizj, vincesti i disonori, ornasti il nome d'Antonino.
-Certi siamo, ben presumiamo; noi te fin dalla puerizia approvammo
-ed oggi approviamo». Allora l'imperatore: «Nè io
-esito ad assumer questo nome a tutti venerabile, perchè tema
-che ne' vizj risolvasi la mia vita, o abbia a vergognarmene;
-ma mi spiace prima il prendere il nome d'altra famiglia, poi
-credo di gravare me stesso».
-</p>
-
-<p>
-E di nuovo gli fu acclamato, ed egli proseguì: «Perocchè, se
-accetto il nome di Antonino, posso anche quello assumere di
-Trajano, di Tito, di Vespasiano». E gli fu gridato: «Come
-Augusto, così anche Antonino». Allora l'imperatore: «Vedo
-che cosa vi spinga a tale aggiunta. Augusto è il primo fondatore
-dell'impero, e nel nome di lui tutti succediamo quasi
-per adozione e per dritto ereditario: anche gli Antonini furono
-detti Augusti. Ma il nome fu ereditario in Comodo, affettato
-in Bassiano, ridicolo in Aurelio».
-</p>
-
-<p>
-E gli fu acclamato: «Alessandro Augusto, gli Dei ti conservino.
-Alla verecondia tua, alla prudenza, all'innocenza, alla
-tua castità. Di qui comprendiamo qual diverrai; tu farai che
-il senato ben elegga i principi. Sii vincitore! sii sano! regna
-per molti anni». Alessandro soggiunse: «Vedo, o padri coscritti,
-d'aver ottenuto quel che desideravo, e ve ne ringrazio,
-e procurerò che questo nome che porto nell'impero sia tale
-che da altri si desideri, ed offrasi ai buoni uffizj della vostra
-pietà». E avendolo più volte ripetuto, e' disse: «Più facile
-mi sarebbe stato accettare il nome degli Antonini; poichè condiscenderei
-in parte alla parentela od alla comunanza del titolo
-imperiale. Ma il cognome di Magno perchè si adopra?
-che cosa ho fatto di grande? e sol dopo belle imprese l'ebbe
-Alessandro, dopo grandi trionfi Pompeo. Cheti dunque, e voi
-stessi, magnifici, contate me per uno di voi, anzi che darmi
-il nome di Magno».
-</p>
-
-<p>
-Dopo di che fu acclamato: «Aurelio Alessandro Augusto,
-gli Dei ti conservino».
-</p>
-
-<p>
-Tali erano le discussioni del glorioso senato; in tali atti si
-sfogava la manìa delle mozioni, triviale occupazione degli inetti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note11">
-<p><span class="label"><a href="#tag11">11</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il vescovo Eusebio la chiama religiosissima e di gran
-pietà (<span class="smcap lowercase">VI.</span> 21), lo che da alcuni la fece credere cristiana. La
-vita d'Alessandro, nella <i>Storia Augusta</i>, è piuttosto un romanzo
-sul fare della <i>Ciropedia</i>. Erodiano sembra più attendibile,
-e s'accorda coi frammenti di Dione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note12">
-<p><span class="label"><a href="#tag12">12</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi Manso, <i>I Trenta Tiranni</i> (ted.), dietro alla sua <i>Vita
-di Costantino</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note13">
-<p><span class="label"><a href="#tag13">13</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Delle minutezze cui scendeva Aureliano in fatto di disciplina
-militare sia argomento questa lettera a un suo luogotenente: — Se
-vuoi essere tribuno, anzi se t'è caro di vivere,
-tieni in freno le mani dei soldati. Niun d'essi rapisca i polli
-altrui, niuno tocchi le altrui pecore. Sia proibito il rubar uve,
-il far danno ai seminati, l'esigere dalla gente olio, sale, legna,
-dovendo ognuno contentarsi della provvisione del principe. Hanno
-i soldati a rallegrarsi del bottino fatto sopra i nemici, non delle
-lagrime de' sudditi romani. Ognuno abbia l'armi sue ben terse,
-le spade ben aguzze ed affilate, e le scarpe ben cucite. Alle
-vesti logore succedano le nuove. Mettano la paga nella tasca, e
-non nella taverna. Ognuno porti la sua collana, il suo anello, il
-suo bracciale, e nol venda o biscazzi. Si governi e strigli il cavallo
-e il giumento per le bagaglie, e così ancora il mulo comune
-della compagnia, e non si venda la biada lor destinata.
-L'uno all'altro presti ajuto, come se fosse un servo. Hanno il
-medico senza spesa; non gettino denaro in consultare indovini.
-Vivano costantemente negli alloggi; e se attaccheranno
-lite, non manchi loro una mancia di buone bastonate».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note14">
-<p><span class="label"><a href="#tag14">14</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Absit ut auro fila pensentur; libra enim auri tunc libra
-serici fuit</i>. <span class="smcap">Vopisco</span>, in <i>Aureliano</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note15">
-<p><span class="label"><a href="#tag15">15</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Se pure va inteso così il <i>publicavit</i> di Vopisco.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note16">
-<p><span class="label"><a href="#tag16">16</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Da Claudio II a Diocleziano non si batterono più monete
-d'argento, ma di rame argentato. Quelle d'oro continuarono ad
-essere di titolo fino, perchè il tributo era pagato in oro.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note17">
-<p><span class="label"><a href="#tag17">17</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vopisco soggiunge che i discendenti di Probo andarono
-ad abitare nelle vicinanze dei laghi di Garda e di Como.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note18">
-<p><span class="label"><a href="#tag18">18</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Edda Sæmundar. Rigsmal.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note19">
-<p><span class="label"><a href="#tag19">19</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Reges ex nobilitate, duces ex virtute sumunt</i>. <span class="smcap">Tacito</span>,
-cap. <span class="smcap lowercase">VII</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note20">
-<p><span class="label"><a href="#tag20">20</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Muratori talvolta scrive: — Gli Sciti, o vogliam dire i
-Goti», al 267, 271 ecc.; e tal altra: — Gli Sciti, cioè i Tartari»,
-al 261.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note21">
-<p><span class="label"><a href="#tag21">21</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Zosimo</span>, i. 67; <i>Panegyr. veteres</i>, <span class="smcap lowercase">V</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note22">
-<p><span class="label"><a href="#tag22">22</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Romagnosi (<i>Dell'indole e dei fattori dell'incivilimento</i>,
-part. <span class="smcap lowercase">II</span>. c. 252) accolse l'opinione d'alcuni, che, per avversione
-a Costantino, presentano quella di Massenzio come un'«opposizione
-armata in senso nazionale». Io non trovai il minimo appoggio
-a tale asserzione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note23">
-<p><span class="label"><a href="#tag23">23</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È bizzarro come la boria municipale sapesse innestare le
-origini favolose delle città colle sacre. Il Malvezzi cronista bresciano
-(<i>Rer. It. Script.</i>, tom. <span class="smcap lowercase">XIV</span>. 780) racconta che Ercole fondò
-a Brescia la rocca Cidnea (<i>Brixia Cydneæ supposita speculæ</i>,
-cantò Catullo); poi la cinsero di torri e di spalti i Tirreni, dai
-quali in dritta linea derivavano i santi Faustino e Giovita.
-</p>
-
-<p>
-Nella cattedrale di Gorizia conservossi il bastone pastorale
-che Ermagora avrebbe ricevuto da san Pietro; come in San
-Carpoforo a Como quel che usava san Felice primo vescovo. Più
-famoso è il codice dei vangeli, che stava nel monastero di San
-Giovanni del Timavo, distrutto dagli Ungari nel 615, donde
-passò al monastero Belinese, e di là al capitolo d'Aquileja, sotto
-il patriarcato dei Torriani, di cui porta lo stemma. Carlo IV
-nel 1353 passando per Aquileja, ottenne dal patriarca gli ultimi
-due quaderni di quella reliquia, che comprendono dal versetto 20
-del cap. <span class="smcap lowercase">XII</span> sino al fine; e li regalò alla metropolitana di Praga,
-ordinando di legarli in oro e perle, assegnandovi duemila ducati;
-e volle che l'arcivescovo e il clero andassero incontro alla reliquia,
-ed ogni pasqua fosse portata in solenne processione. Gli
-altri cinque quaderni, rimasti ad Aquileja, furono poi recati a
-Venezia per ordine del doge Tommaso Mocenigo nel 1420: ma
-l'umidità danneggiò talmente il manoscritto, che più non è leggibile,
-e si disputò perfino se fosse latino, e se su papiro o pergamena.
-I dubbj furono risoluti da Lorenzo della Torre, nel ii
-vol., pag. 548 e seg. dell'<i>Evangeliarium quadruplex</i> del Bianchini
-(Roma 1749). Che questo brano appartenesse al manoscritto
-d'Aquileja raccogliesi anche da ciò, che in esso, dove
-finisce il vangelo di san Matteo, si legge, <i>Explicit evangelium
-secundum Matthæum, incipit secundum Marcum</i>; e nulla segue.
-Nel 1778 Giuseppe Dobrowsky, sotto il titolo di <i>Fragmentum
-pragense evangelii sancti Marci, vulgo autographi</i>, fece a Praga
-stampare i sedici fogli donati da Carlo IV, e apparve che non
-era neppure l'antica versione italica, ma quella emendata da
-san Girolamo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note24">
-<p><span class="label"><a href="#tag24">24</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Epistola</i> <span class="smcap lowercase">I</span> di san <span class="smcap">Pietro, ii.</span> 9.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note25">
-<p><span class="label"><a href="#tag25">25</a>.&nbsp;&nbsp;</span>San Paolo, <i>ad Eph.</i>, IV. 13.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note26">
-<p><span class="label"><a href="#tag26">26</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Audio eos turpissimæ pecudis caput asini consecratum,
-inepta nescio qua persuasione, venerari</i>, fa dire Minucio a Cecilio. — <i>Ab
-indoctis hominibus scriptæ sunt res vestræ.</i> <span class="smcap">Arnobio</span>,
-I. 39. — Il padre Mamachi, nelle <i>Origini ed antichità cristiane</i>
-(1750), comincia dal riferire a lungo tutti i titoli d'onore che
-davansi a questi, poi quelli d'ignominia: ed erano, 1. atei,
-2. magi e malefici, 3. prestigiatori, 4. greci e impostori, 5. sofisti,
-6. seduttori, 7. seguaci di nuova, prava, smodata o malefica superstizione,
-8. di religione barbara e pellegrina e barbari, 9. malvagi
-demonj, 10. disperati e parobolani, 11. sarmentizj e serniassj,
-12. biatanati, cioè violentemente uccisi, 13. ottusi, stolidi,
-rozzi, idioti, ignoranti, goffi, inetti, agresti, miseri, fatui, ostinati,
-di deplorata e illecita fazione, 14. plantina prosapia e panattieri,
-15. nazione nemica della luce e amante i nascondigli,
-muta in pubblico, 16. persone vili, 17. asinaj e adoratori di asini,
-18. stranieri, faziosi, rei d'offesa divinità, sacrileghi, profani,
-varj, 19. nemici dell'uman genere e de' principi, omicidi, incestuosi,
-pessimi, scelleratissimi d'ogni ribalderia, 20. uomini da
-nulla negli affari, 21. Cristempori o negozianti di Cristo, 22. sibillisti,
-23. Giudei. Seguono le accuse che ad essi venivano apposte,
-dividendole in ventiquattro capi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note27">
-<p><span class="label"><a href="#tag27">27</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Αἶρε τοὺς ἀθεοὺς era il grido contro loro sotto Adriano. E
-nel dialogo di Minucio, l'interlocutore gentile esclama: <i>Cur
-nullas aras habent? templa nulla? nulla nota simulacra?...
-Unde autem, vel quis ille, aut ubi, deus unicus, solitarius, destitutus?</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note28">
-<p><span class="label"><a href="#tag28">28</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pare uno sbaglio di san Giustino, che credette a lui dedicata
-l'iscrizione, <span class="smcap">Semoni sanco deo fidio sacrum</span>, la quale
-alludeva a una delle antiche divinità italiche.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note29">
-<p><span class="label"><a href="#tag29">29</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Gruner</span>. <i>De odio humani generis Christianis a Romanis
-objecto</i>. Coburgo 1755. <i>Genus humanum</i> in questo senso è solenne
-in Tacito; Pisone dice: <i>Galbam consensus generis humani,
-me Galba cæsarem dixit</i>. Hist., lib. I. Da ciò Tito fu detto
-<i>delizia del genere umano</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note30">
-<p><span class="label"><a href="#tag30">30</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Dione</span>, lib. LII. 36. Le parole sono precise: ἠνάγκαζε.....
-τοὺς δὲ δὴ ξενίζοντας.... μίσει, καὶ κόλαζε. Se le ricordi chi vanta
-la tolleranza religiosa degli antichi, dimenticandosi le stragi di
-Cambise, i tempj incendiati da Serse, i processi contro Protagora,
-Diagora, Socrate, Anassagora, Stilpone; per non dir nulla degli
-Egizj. Platone stesso e Cicerone nelle immaginarie loro repubbliche
-negano tollerare culti stranieri.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note31">
-<p><span class="label"><a href="#tag31">31</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Domitius Ulpianus rescripta principum nefaria collegit,
-ut doceret quibus pœnis affici oportet eos qui se cultores Dei
-confitentur</i>. <span class="smcap">Lattanzio</span>, Inst., v. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note32">
-<p><span class="label"><a href="#tag32">32</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Solus Dei homo</i>. Tertulliano, <i>Scorp.</i> 14.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note33">
-<p><span class="label"><a href="#tag33">33</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Tertulliano</span>, <i>Apol.</i> <span class="smcap lowercase">I.</span> 21. Abbiamo una sentenza di
-questo tenore: «Essendo che Sperato, Cittino... confessano
-di essere cristiani, e ricusano di rendere omaggio e rispetto allo
-imperatore, ordiniamo sieno decapitati». <span class="smcap">Baronio</span>, <i>ad ann.</i>
-202, § 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note34">
-<p><span class="label"><a href="#tag34">34</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In Ispagna fu trovato un marmo, ove Nerone è lodato
-d'aver purgata quella provincia «dai ladroni, e da quelli che
-inculcavano una nuova superstizione al genere umano». Ap.
-<span class="smcap">Muratori</span>, <i>Thes. Ant.</i>, i. 99. Si dubitò della sua autenticità, ma
-la sostenne il protestante Gian Ernesto Walchio, <i>Marmor
-Hispaniæ antiquum vexationis Christianorum neronianæ insigne
-documentum illustratum, etc. v. c. F. Goris consecratum.</i>
-Jena 1750.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note35">
-<p><span class="label"><a href="#tag35">35</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche qui la leggenda intervenne, e narrò che Plinio
-fosse in Creta convertito da Tito discepolo di San Paolo, e
-subisse il martirio. Rincresceva ai Cristiani di credere perduto
-l'uomo che avea reso testimonianza delle loro virtù.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note36">
-<p><span class="label"><a href="#tag36">36</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Certatim gloriosa in certamina ruebatur, multoque avidius
-tunc martyria gloriosis motibus quærebantur, quam nunc
-episcopatus pravis ambitionibus appetuntur</i>, <span class="smcap">Sulpicio Severo</span>,
-lib. II.
-</p>
-
-<p>
-A coloro che riducono a minimo numero le vittime, volle
-rispondere il Visconti (<i>Mem. romane d'antichità</i>. Roma 1825)
-colle tante iscrizioni di martiri. Di molti non s'indicava il nome,
-ma il numero; come,
-</p>
-
-<p class="center">
-MARCELLA ET CHRISTI MARTYRES CCCCL.<br />
-HIC REQVIESCIT MEDICVS CVM PLVRIBVS.<br />
-CL MARTYRES CHRISTI.
-</p>
-
-<p>
-Fors'anche son numeri di martiri quelli che, senz'altra indicazione,
-troviamo su alcune sepolture, colla corona e la palma;
-del qual uso è testimonio anche il seguente epigramma di Prudenzio,
-Carm. XI:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Sunt et multa tamen, tacitas claudentia tumbas</i></p>
-<p class="i02"> <i>Marmora, quæ solum significant numerum.</i></p>
-<p class="i01"><i>Quanta virum jaceant, congestis corpora acervis,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Scire licet, quorum nomina nulla legas.</i></p>
-<p class="i01"><i>Sexaginta illic, defossa mole sub una,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Reliquias memini me didicisse hominum</i>.</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Una, per esempio, dice: <span class="smcap lowercase">N. XXX. SVRRA ET SENEC. COSS</span>; cioè ci
-dà trenta uccisi sotto il pio Trajano; e contraddice a chi asserì
-(come il <span class="smcap">Burnet</span>, <i>Lettere dall'Italia</i>, pag. 224) che i Cristiani
-non avessero catacombe prima del IV secolo, giacchè questa, del
-107, fu scavata da una catacomba.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note37">
-<p><span class="label"><a href="#tag37">37</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Baluzio</span>, <i>Miscell.</i>, tom. <span class="smcap lowercase">II.</span> p. 115.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note38">
-<p><span class="label"><a href="#tag38">38</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ipsam libertatem, pro qua mori novimus</i>. <span class="smcap">Tertulliano</span>,
-<i>ad Nat.</i> <span class="smcap lowercase">I.</span> 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note39">
-<p><span class="label"><a href="#tag39">39</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Instit., lib. <span class="smcap lowercase">V.</span> c. 13: <i>Nam, cum videat vulgus dilacerari
-homines variis tormentorum generibus, et inter fatigatos carnifices
-invictam tenere patientiam, existimat id quod est, nec consensum
-tam multorum, nec perseverantiam morientium vanam
-esse, nec ipsam patientiam sine Deo cruciatus tantos posse superare.
-Latrones et robusti corporis viri ejusmodi lacerationes
-perferre nequeunt, exclamant et gemitus edunt, vincuntur enim
-dolore, quia deest illis inspirata patientia. Nostri autem, ut de
-viris taceam, pueri et mulierculæ tortores suos taciti vincunt,
-et expromere illis gemitum nec ignis potest. Ecce sexus infirmus
-et fragilis ætas dilacerari se toto corpore utique perpetitur, non
-necessitate, quia licet vitare si vellent, sed voluntate, quia confidunt
-in Deo.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note40">
-<p><span class="label"><a href="#tag40">40</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sant'Ambrogio, per mostrarsi indegno dell'episcopato,
-assistè ad un giudizio capitale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note41">
-<p><span class="label"><a href="#tag41">41</a>.&nbsp;&nbsp;</span></p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Pone Tigillinum; tæda lucebis in illa,</i></p>
-<p class="i01"><i>Qua stantes ardent, qui fixo gutture fumant,</i></p>
-<p class="i01"><i>Et latum media sulcum deducit arena</i>. <span class="spaced1">Sat.</span> <span class="smcap lowercase">I</span>. 155.</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Allude ai fanali degli orti di Nerone.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note42">
-<p><span class="label"><a href="#tag42">42</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Annal.</i>, <span class="smcap lowercase">XV</span>. 44.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note43">
-<p><span class="label"><a href="#tag43">43</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È tradizione antica; e i santi Girolamo ed Agostino non
-metteano dubbio sull'autenticità di quattordici lettere fra Seneca
-e san Paolo, che ora la critica rifiuta. Altri andarono a
-cercarne prove nelle opere stesse di Seneca, riscontrandovi
-passi analoghi a quei dell'apostolo delle genti. Questi nella
-IIª ai Corintj, 11, chiama <i>angelo di Satana</i> un falso profeta; e
-Seneca: <i>Nec ego, Epicuri angelus, scio</i>... (Ep. 20). Così <i>progenitura
-di Dio</i> per uom dabbene: così somigliata la vita allo
-stato di guerra (Epp. 51. 96). Altre maniere Seneca usa nel
-senso del Nuovo Testamento; come caro (<i>Animo cum hac carne
-grave certamen est, ne abstrahatur</i>. De cons. ad Marciam, 240).
-E molto maggiore vi è la quantità di idee cristiane. Che se alcuno
-dica che un uomo, meditando sulla natura umana e sui
-rapporti fra l'uomo e Dio, può arrivarvi di per sè, noi chiederemo
-perchè nulla se ne trovi o nei <i>Dialoghi</i> di Platone, o nella <i>Morale</i>
-d'Aristotele, o nei <i>Memorabili</i> di Senofonte, o nelle opere di
-Cicerone, anzi neppure in Marc'Aurelio e in Epitteto, della
-scuola stessa di Seneca?
-</p>
-
-<p>
-Se riflettiamo che Seneca si astenne dalla dieta pitagorica
-soltanto per non parere un ebreo nè dispiacere a Tiberio, se
-osserviamo le sue colpevoli condiscendenze verso Nerone, siam
-poco inclinati a farne un santo. Ma storicamente nulla si oppone
-all'amicizia tra questo e l'Apostolo delle genti; il quale arrivato,
-come credesi, a Roma nel 61, cortese prigionia ottenne da Burro
-prefetto del pretorio, amico di Seneca: fors'anche Seneca n'avea
-già contezza da suo fratello Anneo Novato Gallione, governatore
-dell'Acaja, al cui tribunale Paolo era stato tradotto
-mentre dimorava in Corinto. Che se la maggior parte delle
-opere sue si mostrano scritte prima della venuta di Paolo,
-quella sulla <i>Vita beata</i> e sui <i>Benefizj</i>, ove più abbondano le
-espressioni cristiane, e massimamente molte <i>Lettere</i>, sono posteriori.
-Del resto le somiglianze potrebbero indicare soltanto
-che Seneca conobbe i libri de' Cristiani.
-</p>
-
-<p>
-Vedi in proposito <span class="smcap">Fr. Ch. Gelpke,</span> <i>Tractatiuncula de familiaritate,
-quæ Paulo apostolo cum Seneca philosopho intercessisse
-traditur verisimillima</i>. Lipsia 1813; il <i>Seneca</i> del sig. Durosoir
-nella collezione di Panckouke; Amédée Fleury, Saint
-<i>Paul et Sénéque</i>. Parigi 1853. E tratto tratto il tema si ripiglia,
-e il dotto vulgo lo crede nuovo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note44">
-<p><span class="label"><a href="#tag44">44</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De benef.</i>, VI. 7. 23; <i>Quæst. nat.</i>, I. 1, III. 45.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note45">
-<p><span class="label"><a href="#tag45">45</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ep.</i> 41. 73.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note46">
-<p><span class="label"><a href="#tag46">46</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Deus ametur</i>. Ep. 42. 47. 96; <i>De benef.</i>, VII. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note47">
-<p><span class="label"><a href="#tag47">47</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Hujus socii sumus et membra</i>. Ep. 93.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note48">
-<p><span class="label"><a href="#tag48">48</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Parere Deo libertas est</i>. De vita beata, 15; <i>Colite in pia
-et recta voluntate</i>. De benef., I. 6; Ep. 116.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note49">
-<p><span class="label"><a href="#tag49">49</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ep.</i> 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note50">
-<p><span class="label"><a href="#tag50">50</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De benef.</i>, III; <i>Ep.</i> 44.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note51">
-<p><span class="label"><a href="#tag51">51</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">San Paolo</span>, <i>ad Rom.</i>, I. 18. 20.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note52">
-<p><span class="label"><a href="#tag52">52</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Teodosio e Valentiniano scrivono: <i>Digna vox est majestate
-regnantis legibus alligatum se principem profiteri; adeo
-de auctoritate juris nostra pendet auctoritas. Et revera majus
-imperio est submittere legibus principatum</i>. Cod., I. 14.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note53">
-<p><span class="label"><a href="#tag53">53</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Giannone, nell'opera manoscritta che citammo a pag. 24
-del vol. III, esclama: — Or chi crederebbe che, contro un rescritto
-cotanto savio, prudente e degno della romana moderazione e
-sapienza, Tertulliano avesse potuto declamar tanto, deridendolo
-e reputandolo contraddittorio, e con iscipiti contrapposti ed antitesi
-malmenarlo e schernirlo? ecc.»; e segue dimostrando la
-<i>legalità</i> del proconsole e dell'imperatore.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note54">
-<p><span class="label"><a href="#tag54">54</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per regola data dal concilio degli Apostoli, e a lungo
-osservata, i Cristiani s'astenevano dal sangue e dagli animali
-soffogati. Avanzo di rito ebraico.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note55">
-<p><span class="label"><a href="#tag55">55</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dal giorno dell'acclamazione di Diocleziano, 29 agosto
-281, parte l'<i>êra dei martiri</i>, usata a lungo dalla Chiesa, e tuttora
-dai Copti e dagli Abissini.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note56">
-<p><span class="label"><a href="#tag56">56</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Agatangelo romano descrisse e probabilmente vide le
-persecuzioni di quel tempo in Armenia, dove le vergini Ripsima
-e Galana romana furono esposte alla brutalità di re Tiridate:
-e molte con loro patirono, ma il martirio di esse valse la conversione
-dell'Armenia. La storia di Agatangelo, dall'armeno
-volta in italiano, forma uno degli anelli della Collana Storica,
-che i padri Mechitaristi aveano cominciata nella loro isola a
-Venezia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note57">
-<p><span class="label"><a href="#tag57">57</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Costantino scrisse ad Ario: — Sono persuaso, che se io
-fossi tanto felice da recar gli uomini ad adorare tutti lo stesso
-Dio, questo cambiamento di religione ne produrrebbe un altro
-nel governo»; e soggiunge che cerca compiere questo disegno
-«senza far troppo rumore». <span class="smcap">Eusebio</span>, <i>Vita Const.</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>. 65. Avea
-dunque chiaro concetto di quel che operava.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note58">
-<p><span class="label"><a href="#tag58">58</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gran colpa gliene fa Zosimo, <span class="smcap lowercase">II</span>. 7 e 30.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note59">
-<p><span class="label"><a href="#tag59">59</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anastasio Bibliotecario cavò dagli archivj del Vaticano
-il catalogo degli arredi donati da Costantino alla basilica di
-San Giovanni Laterano, di portentosa ricchezza:
-</p>
-
-<p>
-1. Un baldacchino (<i>fastigium</i>) d'argento, sul cui dinanzi una
-statua del Salvatore in sedia, alta 5 piedi, e pesante 120 libbre;
-inoltre i dodici Apostoli con corone d'argento purissimo in testa,
-alti ciascuno 5 piedi e pesanti 90 libbre. Sul dietro un'altra
-statua del Salvatore in trono, e che guarda l'abside, alta 5 piedi
-e pesante 140 libbre. Vicino di lei, quattro angeli d'argento, di
-5 piedi, e del peso di 50 libbre. E tutto il baldacchino pesa
-libbre 2025.
-</p>
-
-<p>
-2. Una lumiera d'oro puro, ornata di 15 delfini, e pesante
-25 libbre, colla catena che la sospende al baldacchino.
-</p>
-
-<p>
-3. Quattro candelabri a forma di corone, d'oro puro, ornati
-di venti delfini, e pesanti 15 libbre ciascuno.
-</p>
-
-<p>
-4. La volta della basilica, dorata in tutta la lunghezza, che
-è di 500 piedi.
-</p>
-
-<p>
-5. Sette altari d'argento, ciascuno di 200 libbre.
-</p>
-
-<p>
-6. Sette patene d'oro, da 30 libbre.
-</p>
-
-<p>
-7. Sedici d'argento, da 30 libbre.
-</p>
-
-<p>
-8. Sette coppe d'oro puro, da 10 libbre.
-</p>
-
-<p>
-9. Una di metallo, sparsa d'oro e adorna di coralli, smeraldi,
-giacinti, pesante 20 libbre, 3 oncie.
-</p>
-
-<p>
-10. Venti coppe d'argento da 15 libbre.
-</p>
-
-<p>
-11. Due vasi sacri d'oro puro, da 50 libbre, capaci di 3 medimni
-ciascuno.
-</p>
-
-<p>
-12. Altri venti d'argento, da 10 libbre e da un medimno.
-</p>
-
-<p>
-13. Quaranta calici d'oro puro, da 1 libbra.
-</p>
-
-<p>
-14. Cinquanta d'argento da 2 libbre.
-</p>
-
-<p>
-15. Un candelabro d'oro puro, collocato avanti all'altare,
-ornato di venticinque delfini, e pesante 30 libbre.
-</p>
-
-<p>
-16. Un candelabro d'argento con venti delfini, da 50 libbre.
-</p>
-
-<p>
-17. Quarantacinque candelabri d'argento, disposti nella nave,
-ciascuno da 30 libbre.
-</p>
-
-<p>
-18. Dal lato destro della basilica, quaranta candelabri, da
-20 libbre d'argento;
-</p>
-
-<p>
-19. Dal sinistro, altri venticinque;
-</p>
-
-<p>
-20. E altri cinquanta nella nave, simili.
-</p>
-
-<p>
-21. Tre urne d'argento, da 30 libbre, e capaci di 10 medimni
-ciascuna.
-</p>
-
-<p>
-22. Due incensieri d'oro puro, da 50 libbre.
-</p>
-
-<p>
-23. Nel Battistero una vasca di porfido, dentro e fuori rivestita
-di lamina d'argento per 3008 libbre.
-</p>
-
-<p>
-24. Nel cui mezzo, una colonna di porfido, che sostiene una
-lampada d'oro puro, da 50 libbre.
-</p>
-
-<p>
-25. Sull'orlo della vasca un agnello che versa acqua, di
-30 libbre d'oro.
-</p>
-
-<p>
-26. A destra di quello una statua del Salvatore, d'argento
-puro, alta 5 piedi, e pesante 70 libbre.
-</p>
-
-<p>
-27. A sinistra un san Giovanni Battista d'argento, alto 5
-piedi, del peso di 100 libbre.
-</p>
-
-<p>
-28. Sette cervi d'argento che versano acqua, da 80 libbre
-ciascuno.
-</p>
-
-<p>
-29. Un incensiere di 10 libbre d'oro puro, ornato di quarantadue
-pietre fine.
-</p>
-
-<p>
-Erano dunque 685 libbre d'oro, e 12,943 d'argento, non contando
-la duratura della volta: lo che varrebbe 1,700,000 franchi,
-senza la fattura. Costantino vi aggiunse fondi per una rendita
-di circa 230,000 lire, e l'annuo tributo di 150 libbre d'aromi.
-</p>
-
-<p>
-Tanta liberalità fece dubitare sulla genuinità del testo, la
-quale però fu da autorevoli critici sostenuta.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note60">
-<p><span class="label"><a href="#tag60">60</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Constantinopolis dedicatur pene omnium urbium nuditate</i>,
-dice san Girolamo. Codino, greco d'età posteriore, riferisce un
-aneddoto favoloso, ma degno di ricordo; cioè che Costantino
-chiamò i principali nobili di Roma, e li spedì alla guerra contro
-i Persiani; intanto fece fabbricare a Costantinopoli palazzi affatto
-simili a quei ch'essi possedevano in Roma, e vi pose gli
-stessi mobili, indi le mogli e i figli loro. Tornati dopo sedici
-mesi quei signori, esso gli accolse con un solenne banchetto,
-dopo il quale fece condurre ciascuno alla nuova abitazione, dove
-si meravigliarono di trovarsi nella casa e fra le persone conosciute
-e care.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note61">
-<p><span class="label"><a href="#tag61">61</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Si quis indebitum sibi locum usurpaverit, nulla ignoratione
-defendat, sitque plane sacrilegii reus qui divina præcepta neglexerit.</i>
-Legge di Graziano nel Codice Teodosiano, lib. <span class="smcap lowercase">VI</span>.
-tit. 5. l. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note62">
-<p><span class="label"><a href="#tag62">62</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ci sono guida esso <i>Codice Teodosiano</i> coi ricchissimi commenti
-del Gotofredo e del Ritter.
-</p>
-
-<p>
-La <i>Notizia delle dignità dell'Oriente e dell'Occidente</i>, specie
-d'almanacco imperiale, composto un secolo più tardi, commentato
-dal Panciroli nel <i>Thesaurus antiquitatum romanarum</i> del
-<span class="smcap">Grevio</span>, vol. <span class="smcap lowercase">VII</span>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Lydus</span>, <i>De officiis romani imperii.</i>
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Salvianus</span>, <i>De gubernatione Dei</i>.
-</p>
-
-<p>
-<i>Tabula Heracleensis</i>, ediz. <span class="smcap">Mazocchi</span>. Napoli 1754.
-</p>
-
-<p>
-Oltre i predetti abbreviatori di storie, abbiamo <span class="smcap">Paolo Orosio</span>,
-<i>Historiarum libri</i> <span class="smcap lowercase">VII</span>, e <span class="smcap">Zonara</span>, <i>Annales</i>.
-</p>
-
-<p>
-Da qui innanzi la storia assume colore diverso, secondo che
-gli scrittori sono idolatri o cristiani.
-</p>
-
-<p>
-Zosimo, alla maniera di Polibio, dipinge la decadenza dell'Impero,
-avversissimo sempre ai Cristiani: i cinque libri che ce
-ne restano, arrivano al 410.
-</p>
-
-<p>
-Dei trentun libri di Ammiano Marcellino, tredici sono perduti,
-negli altri egli si stende dal 354 al 378: prolisso, ma istruttivo
-e di sufficiente imparzialità.
-</p>
-
-<p>
-<i>Panegyricæ orationes veterum oratorum; notis ac numismatibus
-illustravit et italicam interpretationem adjecit</i> <span class="smcap">Laurentius
-Patarol.</span> Venezia 1708. Sono i panegirici recitati agli imperatori
-da Diocleziano a Teodosio, donde con molta cautela può
-attingersi qualche notizia, o dirò meglio qualche sentimento.
-</p>
-
-<p>
-Eusebio, nei dieci libri della <i>Storia ecclesiastica</i>, e nei cinque
-della <i>Vita di Costantino</i>, e i continuatori suoi Socrate, Teodoreto,
-Sozomene, Evagrio, illustrano grandemente la storia politica;
-parziali sempre agli imperatori cristiani. Dicasi lo stesso di
-molte vite di santi.
-</p>
-
-<p>
-Fra' moderni, tutti gli storici filosofisti avversano Costantino;
-sono per lui i fautori del cristianesimo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note63">
-<p><span class="label"><a href="#tag63">63</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lampridio ci conservò due pagine d'imprecazioni del
-senato contro Comodo (in <i>Comodo</i>, 18, 19) ed altre non meno
-abjette contro Elagabalo (in <i>Alex. Severo</i>, 6. 7. 9). Vopisco ci
-tramandò il processo verbale dell'acclamazione di Claudio II,
-da noi riferito a pag. 49.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note64">
-<p><span class="label"><a href="#tag64">64</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Si quis senatorium nostra largitate fastigium, vel <span class="upright">generis
-felicitate</span> consecutus...</i> Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">V</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note65">
-<p><span class="label"><a href="#tag65">65</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Graziano imperatore ad Ausonio poeta scriveva: <i>Cum de consulibus
-in annum creandis solus mecum volutarem... te consulem
-et designavi, et declaravi, et priorem nuncupavi</i>. Ed Ausonio ringraziandonelo,
-si congratula di non aver dovuto scendere alle
-antiche bassezze del cercarlo al popolo: <i>Consul ego, imperator
-auguste, munere tuo, non passus septa neque campum, non suffragia,
-non puncta, non loculos: qui non prensaverim manus,
-nec consalutantium confusus occursu, aut sua amicis nomina
-non reddiderim; aut aliena imposuerim; qui tribus non circuivi,
-centurias non adulavi; jure vocatis classibus non intremui; nihil
-cum sequestre deposui, cum diribitore nihil pepigi. Romanus populus,
-Martius campus, equester ordo, rostra, ovilia, senatus,
-curia, unus mihi omnia Gratianus</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note66">
-<p><span class="label"><a href="#tag66">66</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>In consulatu honos sine labore suscipitur</i>. <span class="smcap">Mamertino</span>,
-Paneg. vet., <span class="smcap lowercase">XI</span>. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note67">
-<p><span class="label"><a href="#tag67">67</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Da un curioso passo di Lampridio (in <i>Alex. Severo</i>, 42)
-impariamo le paghe che ricevevano i governatori delle provincie:
-venti libbre d'argento, cento monete d'oro (lire 3913), sei anfore
-di vino, due muli, due cavalli, due vesti da comparsa (<i>forenses</i>),
-una da casa (<i>domestica</i>), un tinozzo da bagno, un cuoco, un mulattiere,
-e se non avesser moglie, una concubina, reputata necessaria
-come le altre cose. <i>Quod sine his esse non possent</i>.
-Uscendo di carica, restituivano i muli, i cavalli, il mulattiere e
-il cuoco: il restante tenevano, se il principe fosse soddisfatto di
-loro; se no, restituivano quadruplicato.
-</p>
-
-<p>
-Valeriano fissa l'assegnamento di Aureliano, tribuno delle
-legioni, così scrivendo a Sejonio Albino prefetto alla città: <i>Sinceritas
-tua supradicto viro efficiet, quamdiu Romæ fuerit, panes
-militares mundos sexdecim, panes militares castrenses quadraginta,
-olei sextarium unum, et item olei secundi sextarium unum,
-porcellum dimidium, gallinaceos duos, porcinæ pondo triginta,
-bubulæ pondo quadraginta, liquaminis sextarium, salis sextarium
-unum, herbarum, olerum, quantum satis est.</i> E a Probo: <i>In salario
-diurno bubulæ pondo, porcinæ pondo sex, caprinæ pondo
-decem, gallinaceum per biduum, vini veteris diurnos sextarios
-decem, cum lardo bubalino, salis, olerum, lignorum, quantum
-satis est</i>. (Historia Augusta)
-</p>
-
-<p>
-Sotto Costantino continuavasi a dare la provvigione in natura;
-e poichè egli limitò a tre lustri la durata del servizio militare,
-per dare il ben servito ai congedati introdusse una tassa straordinaria
-ogni quintodecimo anno, dal che venne il ciclo delle <i>Indizioni</i>;
-così alcuni. Savigny (<i>Ueber die römische Steuerverfassung</i>)
-pensa l'Indizione fosse il rinnovamento del catasto, che par si
-raddrizzasse ogni quindici anni. Certo però l'Indizione trovasi
-già sotto Diocleziano.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note68">
-<p><span class="label"><a href="#tag68">68</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, <i>Hist.</i>, <span class="smcap lowercase">XXVIII</span>. 6. — <i>Cod. Teod.</i>,
-lib. <span class="smcap lowercase">IV. IX. XII.</span> ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note69">
-<p><span class="label"><a href="#tag69">69</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Si quis sacrilega vitem falce succiderit, aut feracium ramorum
-fœtus hebetaverit, quo declinet fidem censuum, et mentiatur
-callide paupertatis ingenium, mox detectus, capitale subibit
-exitium, et bona ejus in fisci jura migrabunt.</i> Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">XVIII.</span>
-tit. 11. l. <span class="smcap lowercase">I</span>.
-</p>
-
-<p>
-<i>Finis</i> nella bassa latinità voleva dire pagamento, come τέλος
-in greco, e <i>Ziel</i> in tedesco. Da ciò il nome di <i>finanza</i>, venuto a
-significar l'arte di procurarsi denaro con modi raffinati e dotti.
-La voce <i>taglia</i> viene dalla tacca, che l'esattore dell'imposta e
-il riscontratore facevano sopra un pezzo di legno per indicare
-le somme pagate, e che divideasi, restando espressa la somma
-sulle due metà.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note70">
-<p><span class="label"><a href="#tag70">70</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Da una novella di Magioriano raccogliesi che ciascun
-capo pagava all'anno due soldi d'imposta, e mezzo soldo per le
-spese di percezione; vale a dire che queste si valutavano un
-quarto dell'entrata totale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note71">
-<p><span class="label"><a href="#tag71">71</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Libanio</span>, <i>Or. contro Flor.</i>; <span class="smcap">Zosimo, ii</span>. 24.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note72">
-<p><span class="label"><a href="#tag72">72</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XII. XIII.</span> ecc.; <span class="smcap">Nazario</span>, <i>Paneg. vet.</i>, <span class="smcap lowercase">X.</span> 35;
-<span class="smcap">Zosimo</span>, <span class="smcap lowercase">II.</span> 38.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note73">
-<p><span class="label"><a href="#tag73">73</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Oblatio auri</i>. <span class="smcap">Simmaco</span>, Ep. 10. 26. — <i>Universi, guos
-senatorii nominis dignitas non tuetur, ad auri coronarii præstationem
-vocentur.</i> Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">XII</span>, tit. 13.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note74">
-<p><span class="label"><a href="#tag74">74</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Nov. Valent.</i> <span class="smcap lowercase">VII</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note75">
-<p><span class="label"><a href="#tag75">75</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi <span class="smcap">Gotofredo</span> al lib. <span class="smcap lowercase">VII.</span> <i>De re militari</i> del codice
-Teodosiano; e questo codice nei titoli <i>De tyronibus, De desertoribus,
-De decurionibus, De veteranis, De filiis veteranorum</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note76">
-<p><span class="label"><a href="#tag76">76</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Giustiniano li portò poi a cinquemila cinquecento; e il
-<i>comes domesticorum</i> divenne carica importantissima.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note77">
-<p><span class="label"><a href="#tag77">77</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Alcuni moderni, come <span class="smcap">Raynouard</span>, <i>Hist. du droit municipal
-en France</i>. Parigi 1836, tom. <span class="smcap lowercase">I</span>. c. 17, e <span class="smcap">Fauriel</span>, <i>Hist. de
-la Gaule méridionale</i>. Ivi, tom. <span class="smcap lowercase">I</span>. c. 10, pensano costituissero in
-ogni città un senato superiore alla curia. A me non occorse mai
-menzione di senati provinciali.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note78">
-<p><span class="label"><a href="#tag78">78</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Codice Giustinianeo, <i>Communia utr. jud.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note79">
-<p><span class="label"><a href="#tag79">79</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Nonnulli, quum domicilia atque agellos suos aut pervasionibus
-perdunt, aut fugati ab exactoribus deserunt, quia tenere
-non possunt, fundos majorum expetunt, atque coloni divitum
-fiunt</i>. <span class="smcap">Salviano</span>, De gubern. Dei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note80">
-<p><span class="label"><a href="#tag80">80</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Quæ enim differentia inter senos et adscriptitios intelligatur,
-cum uterque in domini sui positus sit potestate, et possit
-servum cum peculio manumittere, et adscriptitium cum terra
-dominio suo expellere?</i> Cod. Giustin., lib. XI. tit. 47. l. 21.
-Forse si eccedette nell'intendere che questo passo di Giustiniano
-escluda l'emancipazione. E sebbene manumissioni di coloni
-non si trovino mai, si rifletta che il colono poteva o comprare
-o ricevere in dono il terreno al quale era affisso, poi con
-trent'anni d'assenza restava prosciolto; fors'anche non era reputata
-necessaria la manumissione. Giustiniano permise poi di
-ordinarli preti, purchè seguitassero negli obblighi del colonato
-<i>Nov.</i> <span class="smcap lowercase">CXXV</span>, 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note81">
-<p><span class="label"><a href="#tag81">81</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È del 708 o 709 di Roma, e fu conservata in parte dalla
-Tavola d'Eraclea, e più da una iscrizione trovata a Padova.
-Vedi <span class="smcap">Savigny</span>, <i>Gesch. des römischen Rechts in Mittelalter,</i>
-cap. <span class="smcap lowercase">II</span>. § 8.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note82">
-<p><span class="label"><a href="#tag82">82</a>.&nbsp;&nbsp;</span>«Il soggetto delle curie, malgrado gli abbondanti materiali
-che esistono, rimane sempre il più oscuro nell'istoria legale
-dell'impero». <span class="smcap">Gibbon</span>, cap. XXII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note83">
-<p><span class="label"><a href="#tag83">83</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, XXV. 4; <span class="smcap">Simmaco</span>, <i>Ep.</i> 10; Cod.
-Teod., <i>De op. publ.</i> — Se i codici Teodosiano e Giustinianeo
-parlano sì poco de' magistrati municipali, mentre ogni tratto
-ne fan menzione i giureconsulti classici, la ragione si è che
-questi vivevano in Italia, quelli furono compilati in Oriente.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note84">
-<p><span class="label"><a href="#tag84">84</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Nemo, originis suæ oblitus et patriæ, cui domicilii jure
-devinctus est, ad gubernacula provinciæ nitatur ascendere priusquam,
-decursis gradatim curiæ muneribus, subvehatur; nec vero a
-duumviratu vel a sacerdotio incipiat, sed, servato ordine, omnium
-officiorum sollicitudinem sustineat</i>. Legge di Valentiniano nel
-codice Teodosiano, lib. <span class="smcap lowercase">XII</span>. tit. 4. l. 77.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note85">
-<p><span class="label"><a href="#tag85">85</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Curiales nervos esse reipublicæ ac viscera civitatum, nullus
-ignorat: quorum cœtum recte appellavit antiquitas minorem senatum:
-huc redegit iniquitas judicum, et exactorum plectenda
-venalitas, ut nonnulli patrias deserentes, natalium splendore neglecto,
-occultas latebras elegerint, et habitationem juris alieni.</i>
-Nov. Magior, <span class="smcap lowercase">IV</span>. 4. <i>Curiales... cœperunt se eximere curiæ,
-et occasiones invenire per quas liberi ab his efficerentur. Ita civitates
-diminutæ... Decuriones facultatibus... et corporibus
-fraudare curiam voluerunt, rem omnium impiam adinvenerunt,
-a legitimis nuptiis abstinentes, ut eligerent magis sine filiis quam
-sub lege deficere... Transtulerunt curialium facultates ad alias
-personas, nihil exinde habente curia... sub falsis causis facientes
-donationes... Vidimus quosdam sic adversos esse contra proprias
-patrias...</i> Nov. Giustin. <span class="smcap lowercase">XXXVIII</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note86">
-<p><span class="label"><a href="#tag86">86</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Hi potissimum constituantur defensores, quos decretis
-elegerint civitates. Defensores nihil sibi insolenter, nihil indebitum
-vindicantes, nominis sui tantum fungantur officio, nullas
-infligant mulctas, nullas exerceant quæstiones; plebem tantum
-vel decuriones ab omni improborum insolentia et temeritate
-tueantur, ut id tantum quod esse dicuntur, esse non desinant</i>.
-Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">XI</span>. tit. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note87">
-<p><span class="label"><a href="#tag87">87</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XIII</span>, tit. 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note88">
-<p><span class="label"><a href="#tag88">88</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Plinio</span>, <i>Ep.</i> <span class="smcap lowercase">X.</span> 42; <i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XIV.</span> tit. 1. l. 24;
-lib. <span class="smcap lowercase">XIII.</span> tit. 5, l. 25; lib. <span class="smcap lowercase">X.</span> tit. 4. l. 11. ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note89">
-<p><span class="label"><a href="#tag89">89</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lampridio</span>, in <i>Alex. Severo</i>, cap. 39.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note90">
-<p><span class="label"><a href="#tag90">90</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">X.</span> tit. 20.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note91">
-<p><span class="label"><a href="#tag91">91</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">X.</span> tit. 40; <i>Cod. Giustin.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">IV.</span> tit. 41.
-l. 1; <i>Dig.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XXIX.</span> tit. 4. l. 11.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note92">
-<p><span class="label"><a href="#tag92">92</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ai tempi di san Girolamo andava ancor peggio. — Si
-suole in campagna esigere gl'interessi del frumento, del vino,
-dell'olio ed altre derrate; e per esempio si dà all'inverno dieci
-moggia per riceverne quindici al ricolto, cioè la metà più».
-</p>
-
-<p>
-Le parole che si riferiscono all'interesse sono:
-</p>
-
-<table class="gener" summary="">
- <tr>
- <td><i>Fœnus semiunciarium</i></td> <td class="num">1½</td> <td class="center">per cento.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>Fœnus unciarium</i></td> <td class="num">1</td> <td class="center">»</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>Usura triens</i></td> <td class="num">3</td> <td class="center">»</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>Usura quadrans</i></td> <td class="num">4</td> <td class="center">»</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>Usura quincunx</i></td> <td class="num">5</td> <td class="center">»</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>Usura semis</i></td> <td class="num">6</td> <td class="center">»</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>Usura bes</i></td> <td class="num">8</td> <td class="center">»</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>Usura deunx</i></td> <td class="num">11</td> <td class="center">»</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>Usura centesima</i></td> <td class="num">12</td> <td class="center">»</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>Usura centesimaquaterna</i></td> <td class="num">48</td> <td class="center">»</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>Anatocismus</i>, interesse dell'interesse.</td>
- </tr>
-</table>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note93">
-<p><span class="label"><a href="#tag93">93</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Solum Barbaris aurum minime præbeatur, sed etiam, si
-apud eos inventum fuerit, subtili auferatur ingenio</i>. Cod. Giustin.,
-lib. IV. <i>De comm. et merc.</i>, 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note94">
-<p><span class="label"><a href="#tag94">94</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Codice Teod.</i>, De fide test., lib. III e <i>passim</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note95">
-<p><span class="label"><a href="#tag95">95</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Zonara farebbe perduti trentamila uomini da Costanzo,
-ventiquattromila da Magnenzio: nel che dev'essere corso
-sbaglio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note96">
-<p><span class="label"><a href="#tag96">96</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Graziano e Valentiniano I ingiunsero che ogni vescovo
-potesse al romano appellarsi dalle sentenze del metropolita,
-il quale fosse tenuto esporre i motivi del suo giudicato: Valentiniano
-III, malgrado l'opposizione di sant'Ilario vescovo
-d'Arles, volle i vescovi soggetti alle decisioni del papa della
-città eterna: il concilio generale di Calcedonia nel 451 chiese
-da papa Leone Magno la conferma dei suoi decreti: i vescovi
-d'Oriente scrissero al papa Simmaco, riconoscendo che le pecore
-di Cristo furono confidate al successore di Pietro <i>in
-tutto il mondo abitato</i>: quelli dell'Epiro domandavano da Ormisda
-la conferma del vescovo da loro eletto; il quale papa
-stese un formolario, che i vescovi doveano trasmettere firmato
-ai metropoliti, questi ai patriarchi, i patriarchi al pontefice,
-come simbolo dell'unità, che le chiese d'Oriente accettarono,
-affrettandosi di meritare la comunione della sede apostolica, <i>in
-cui risiede la verace e intera solidità della religione cristiana</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note97">
-<p><span class="label"><a href="#tag97">97</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Svetonio</span>, in <i>Augusto</i>, 40.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note98">
-<p><span class="label"><a href="#tag98">98</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ap. <span class="smcap">Baronio</span>, <i>ad annum</i> 324, num. 58. 65. 70. 71. E vedi
-indietro, a pag. 123.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note99">
-<p><span class="label"><a href="#tag99">99</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A ciascun vescovo era lecito farvi cambiamenti; e Rufino
-ci reca il simbolo qual recitavasi dalla Chiesa romana, più incontaminato,
-e quale dall'aquilejese, a cui esso prete apparteneva.
-Eccoli a confronto:
-</p>
-
-<table class="gener" summary="">
- <tr>
- <td class="type">Romano</td> <td><i>Credo in Deum patrem omnipotentem.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="type">Aquilejese</td> <td><i>Credo in Deo patre omnipotente invisibili et impassibili.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="type">Rom.</td> <td><i>Et in Christum Jesum unicum filium ejus, dominum nostrum.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="type">Aquil.</td> <td><i>Et in Christo Jesu, unico filio ejus, domino nostro.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="type">Rom. e Aquil.</td> <td><i>Qui natus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="type">Rom.</td> <td><i>Crucifixus sub Pontio Pilato et sepultus, tertia die resurrexit a mortuis.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="type">Aquil.</td> <td><i>Crucifixus sub Pontio Pilato et sepultus, descendit ad inferna, tertia die resurrexit a mortuis.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="type">Rom. e Aquil.</td> <td><i>Ascendit in cælos, sedet ad dexteram Patris; inde venturus est judicare vivos et mortuos.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="type">Rom.</td> <td><i>Et in Spiritum Sanctum. Sanctam Ecclesiam. Remissionem peccatorum. Carnis resurrectionem.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="type">Aquil.</td> <td><i>Et in Spiritu Sancto. Sancta Ecclesia. Remissione peccatorum. Hujus carnis resurrectione.</i></td>
- </tr>
-</table>
-
-<p>
-Dalle catechesi di Massimo vescovo di Torino (<i>Homil. in traditione
-Symboli</i>), di san Pier Crisologo vescovo di Ravenna (<i>in
-Symb. apost.</i>), e da altri raccogliamo i simboli delle diverse
-Chiese, dove trovansi introdotte le parole <i>conceptus, passus,
-mortuus, catholicam, sanctorum communionem, vitam æternam,</i>
-dappoi adottate nel Simbolo comune, qual già si trova ne' sermoni
-240, 241, 242, posti in appendice ai sermoni genuini di
-sant'Agostino nell'edizione de' Padri Maurini.
-</p>
-
-<p>
-Alcune di quelle aggiunte pajono arbitrarie e sin futili; ma
-tendevano a confutare alcuni errori divulgati. Così nel surriferito
-simbolo aquilejese il <i>descendit ad inferna</i> si oppone agli
-Apollinaristi ed Ariani, che negavano l'anima a Cristo, quasi ne
-facesse vece la divinità: l'<i>invisibili et impassibili</i> è contro i
-Novaziani e Sabelliani, che diceano esser nato e aver patito il
-Padre Eterno; l'<i>hujus carnis</i> contrasta a chi teneva che dovessimo
-risorgere con un corpo aereo e celeste.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note100">
-<p><span class="label"><a href="#tag100">100</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel concilio Niceno fu pure decisa la quistione delle pasque,
-importante sotto l'apparente frivolezza, giacchè suggellava
-il distacco del cristianesimo dagli Ebrei, e la supremazia
-della Chiesa di Roma; secondo la cui pratica, fu convenuto di
-festeggiare la resurrezione di Cristo la domenica in cui cade o
-che segue immediatamente il plenilunio più vicino all'equinozio
-di primavera. Questa deferenza alla Chiesa romana è un fatto
-rilevantissimo nella storia ecclesiastica.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note101">
-<p><span class="label"><a href="#tag101">101</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È il <i>fallo di Liberio</i>, ridetto a sazietà dagli avversarj
-dell'infallibilità del papa. Ma quand'anche si accetti per vero,
-il che da alcuni s'impugna, nulla conchiude contro di quella,
-non avendo egli sentenziato dalla cattedra, non con libera
-volontà, e, appena rimesso nel suo seggio, si disdisse.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note102">
-<p><span class="label"><a href="#tag102">102</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XVI.</span> tit. 10. l. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note103">
-<p><span class="label"><a href="#tag103">103</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ivi, <span class="smcap lowercase">IV</span> del 353; e <span class="smcap lowercase">V</span> del 356.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note104">
-<p><span class="label"><a href="#tag104">104</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I fatti vennero raccolti da <span class="smcap">Tzchirner</span>, <i>Der Fall des Heidenthum</i>,
-Lipsia 1829, e da <span class="smcap">Beugnot</span>, <i>Histoire de la destruction
-du paganisme en Occident</i>, Parigi 1835; ma le conseguenze
-che questo ne trae, non possono ragionevolmente accettarsi.
-Vedi pure <span class="smcap">J. E. Auer</span>, <i>Kaiser Julian der Abtrünnige</i> ecc.
-Vienna 1855.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note105">
-<p><span class="label"><a href="#tag105">105</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Nascuntur ergo et quotidie quidem dii novi: nec enim vincuntur
-ab hominibus fœcunditate</i>. Div. instit., I. 16.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note106">
-<p><span class="label"><a href="#tag106">106</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Jablonski</span>, <i>De origine festi natalis Christi</i>; <span class="smcap">Sant'Epifanio</span>,
-<i>Adversus hæreses</i>, <span class="smcap lowercase">I.</span> 29. Al 22 febbrajo celebravansi le <i>caristie</i>
-pei morti; e i nostri vi sostituirono la cattedra di San Pietro,
-<i>festum epularum sancti Petri</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note107">
-<p><span class="label"><a href="#tag107">107</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Grevio</span>, <i>Thesaurus antiq. rom.</i>, <span class="smcap lowercase">VIII.</span> 95.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note108">
-<p><span class="label"><a href="#tag108">108</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Hudson</span>, <i>Geogr. minor.</i>, <span class="smcap lowercase">III.</span> 15.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note109">
-<p><span class="label"><a href="#tag109">109</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Contra Paganos</i>. <span class="smcap">D. Maximi</span> <i>taurinensis episcopi opera</i>.
-Roma 1674.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note110">
-<p><span class="label"><a href="#tag110">110</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Τὸν πατέρα Μίθραν. <i>Opere</i>, pag. 336 e 130.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note111">
-<p><span class="label"><a href="#tag111">111</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Banduri</span>, <i>Numismata imp. rom.</i>, <span class="smcap lowercase">II.</span> 427-440. — Ὄμνυμι δὲ
-τὸν Σαράπιν. <i>Ep.</i> <span class="smcap lowercase">VI.</span></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note112">
-<p><span class="label"><a href="#tag112">112</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Libanio</span>, <i>Legat. ad Julianum</i>, pag. 157; e <i>Oratio parænetica</i>,
-cap. 85.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note113">
-<p><span class="label"><a href="#tag113">113</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Se ne congratula Giuliano nell'<i>Ep.</i> 38; e se ne duole
-Ammiano Marcellino, lib. <span class="smcap lowercase">XXII.</span> 12.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note114">
-<p><span class="label"><a href="#tag114">114</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ep.</i> 42, Ἀκοντας ἱᾶσθαι, medicare contro voglia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note115">
-<p><span class="label"><a href="#tag115">115</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, lib. <span class="smcap lowercase">XXV.</span> 2. Così Ottaviano Augusto
-negò le feste pubbliche a Nettuno dopo che la flotta pericolò
-due volte.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note116">
-<p><span class="label"><a href="#tag116">116</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Hoc moderamine principatus inclaruit, quod, inter religionum
-diversitates, medius stetit, vel quemquam inquietavit,
-neque ut hoc coleretur imperavit aut illud, nec interdictis minacibus
-subjectorum cervicem ad id quod ipse coluit inclinabat, sed
-intemeratas reliquit has partes ut reperit.</i> Quest'asserzione di
-Ammiano Marcellino (<span class="smcap lowercase">XXX.</span> 9) è confermata dal codice Teodosiano,
-ove Valentiniano dice: <i>Testes sunt leges a me in exordio
-imperii mei datæ, quibus unicuique, quod animo imbibisset,
-colendi libera facultas tributa est.</i> Lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>, tit. 16. I. 9.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note117">
-<p><span class="label"><a href="#tag117">117</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XII</span>, tit. 50. I. 75.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note118">
-<p><span class="label"><a href="#tag118">118</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Pudet dicere: sacerdotes idolorum, mimi, et aurigæ, et
-scorta hæreditates capiunt; solis clericis ac monacis hac lege
-prohibetur; et non prohibetur a persecutoribus, sed a principibus
-christianis. Nec de lege queror, sed doleo cur meruerimus hanc
-legem.</i> <span class="smcap">San Girolamo</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note119">
-<p><span class="label"><a href="#tag119">119</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sono esagerate, ma meritano esser riferite, le lodi dategli
-da Ausonio in tal proposito, <i>Epigr.</i> <span class="smcap lowercase">I</span>:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Arma inter, Chunnosque truces, furtoque nocentes</i></p>
-<p class="i01"><i>Sauromatas, quantum cessat de tempore belli,</i></p>
-<p class="i01"><i>Indulget claris tantum inter castra Camœnis.</i></p>
-<p class="i01"><i>Vix posuit volucres stridentia tela sagittas,</i></p>
-<p class="i01"><i>Musarum ad calamos fertur manus: otia nescit,</i></p>
-<p class="i01"><i>Et commutata meditatur arundine carmen.</i></p>
-<p class="i01"><i>Sed carmen non molle modis; bella horrida Martis</i></p>
-<p class="i01"><i>Odrysii, tressæque viraginis arma retractat.</i></p>
-<p class="i01"><i>Exulta, Æacides; celebraris vate superbo</i></p>
-<p class="i01"><i>Rursus, romanumque tibi contingit Homerum.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note120">
-<p><span class="label"><a href="#tag120">120</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 7. I. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note121">
-<p><span class="label"><a href="#tag121">121</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Temistio</span>, <i>Oratio</i> <span class="smcap lowercase">XIX</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note122">
-<p><span class="label"><a href="#tag122">122</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sotto una statua erettagli nel 387 è <i>chiamato pontifex
-Vestæ, pontifex Solis, quindecemvir, augur, tauroboliatus, neocorus,
-hierophanta et pater sacrorum</i>. <span class="smcap">Grutero</span>, pag. 1102. Nº 2.
-In un'ara scoperta allo scorcio del secolo passato gli si aggiungono
-i titoli di <i>curialis Herculis, sacratus Libero et Eleusinis,
-pater patrum</i>; <span class="smcap">Donato</span>, <i>Suppl. al Muratori</i>, tom. <span class="smcap lowercase">I</span>. p. 72. Nº 2.
-<i>Pater sacrorum</i> e <i>pater patrum</i> si riferiscono al culto di Mitra,
-come abbiam veduto.
-</p>
-
-<p>
-Macrobio fa da lui difendere nobilmente gli schiavi contro un
-tal Evangelo, dicendo ch'essi sono formati degli stessi elementi
-che noi, ricevono lo spirito dallo stesso principio, vivono,
-muojono all'egual modo; i costumi distinguere gli uomini, non
-l'abito o la condizione; infine espone nobilmente la maniera di
-farsi amato agli schiavi. <i>Saturn.</i>, <span class="smcap lowercase">I</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note123">
-<p><span class="label"><a href="#tag123">123</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lib. <span class="smcap lowercase">I</span>. ep. 43.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note124">
-<p><span class="label"><a href="#tag124">124</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dii patrii, facite gratiam neglectorum sacrorum</i>. Lib. <span class="smcap lowercase">II</span>.
-ep. 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note125">
-<p><span class="label"><a href="#tag125">125</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ep. 9.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note126">
-<p><span class="label"><a href="#tag126">126</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Agostino</span>, <i>De civ. Dei</i>, v. 26.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note127">
-<p><span class="label"><a href="#tag127">127</a>.&nbsp;&nbsp;</span></p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Sexcentas numerare domos de sanguine prisco</i></p>
-<p class="i01"><i>Nobilium licet, ad Christi piacula versas.</i></p>
-<p class="i10"> <span class="smcap">Prudenzio</span>, v. 567.</p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note128">
-<p><span class="label"><a href="#tag128">128</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sebben Girolamo mostri disprezzo per distinzioni di nascita,
-rammenta che per padre ella discendeva da Agamennone,
-per madre dai Gracchi, e sposò uno disceso da Enea e da Giulio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note129">
-<p><span class="label"><a href="#tag129">129</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ep.</i> <span class="smcap lowercase">XXIII</span> <i>ad Eustoch.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note130">
-<p><span class="label"><a href="#tag130">130</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ep.</i> <span class="smcap lowercase">IV</span> <i>ad Fabiol.</i> del 401.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note131">
-<p><span class="label"><a href="#tag131">131</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">San Paolo, i</span> <i>ad Corinth.</i>, <span class="smcap lowercase">II.</span> 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note132">
-<p><span class="label"><a href="#tag132">132</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il migliore per avventura de' suoi discorsi è quello in
-morte del fratello Satiro, tutto spirante affetti di famiglia. — A
-nulla mi valse l'aver raccolto il moribondo tuo respiro, appoggiata
-la bocca mia sulle estinte tue labbra. Io sperava far passare
-la tua morte nel mio seno, e comunicare a te la vita mia.
-Pegni crudeli e soavi, sventurati abbracci, fra i quali io sentii
-il suo corpo farsi gelato e rigido, e l'ultimo fiato esalare. Lo
-stringea fra le braccia, ma avevo già perduto colui che ancora
-io serravo. Quel soffio di morte divenne per me soffio di vita.
-Voglia il Cielo almeno ch'esso purifichi il cuor mio, e ponga
-nella mia anima l'innocenza e la dolcezza tua».
-</p>
-
-<p>
-Dall'affetto domestico sa elevarsi ai pubblici danni, come nel
-bell'esordio: — Fratelli carissimi, abbiam condotto innanzi all'ara
-del sacrifizio la vittima che fu richiesta, vittima pura,
-accetta a Dio, Satiro, mia scorta e mio fratello. Io non aveva
-dimenticato ch'ei fosse mortale, nè mi lasciai illudere da vana
-speranza; ma la grazia oltrepassò la speranza, e non che lamentarmi
-a Dio, devo ringraziarlo, come quegli che sempre desiderai,
-in caso che alla Chiesa o a me sovrastassero calamità, si
-sfogasse la tempesta sopra di me e sopra la mia famiglia.
-Grazie al Signore, che nell'universale sovvertimento prodotto
-dai Barbari che d'ogni parte recano guerra, abbia soddisfatto
-all'afflizione comune co' miei particolari dispiaceri, e sia stato
-percosso io solo quando temea per tutti. Sì, o fratello, avventuroso
-in quanto rende florida la vita, nol fosti meno per opportunità
-della morte. Non a noi fosti rapito, ma ai disastri; non
-hai perduto la vita, ma fosti campato dalla minaccia delle
-calamità sospese sul nostro capo. Affezionato com'eri a tutti
-i tuoi, oh quanto avresti gemuto nel sapere che l'Italia è incalzata
-da un nemico già alle porte! quale afflizione per te
-in pensare che ogni nostra speranza di salute sta nel baluardo
-delle Alpi, e che alcuni tronchi d'albero sono l'unica barriera
-che difende il pudore! quanto l'anima tua si sarebbe contristata
-nel vedere che sì piccola distanza ci separa dal nemico,
-nemico feroce e brutale, che nè la vita risparmia nè il pudore».
-</p>
-
-<p>
-Nulla di così bello egli dice o nella consolazione per la
-morte di Valentiniano o nel panegirico di Teodosio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note133">
-<p><span class="label"><a href="#tag133">133</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Simmaco</span>, lib. <span class="smcap lowercase">X.</span> ep. 54. Il testo proprio della legge ci
-manca; ma in una d'Onorio del 415 (<i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XVI.</span>
-tit. 10. l. 20) è detto: — Conforme ai decreti del divo Graziano,
-ordiniamo di applicare al nostro dominio tutte le proprietà
-(<i>omnia loca</i>) che l'errore degli antichi destinò alle sacre cose».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note134">
-<p><span class="label"><a href="#tag134">134</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Simmaco</span>, lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> ep. 46.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note135">
-<p><span class="label"><a href="#tag135">135</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XVI</span>, tit. 7. l. 11. 12. 16.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note136">
-<p><span class="label"><a href="#tag136">136</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ivi, I. 1. 4. 5.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note137">
-<p><span class="label"><a href="#tag137">137</a>.&nbsp;&nbsp;</span></p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Exultare patres videas, pulcherrima mundi</i></p>
-<p class="i01"><i>Lumina, concilium que senum gestire Catonum</i></p>
-<p class="i01"><i>Candidiore toga niveum pietatis amictum</i></p>
-<p class="i01"><i>Sumere, et exuvias deponere pontificales.</i></p>
-<p class="i12"> Contro Simmaco.</p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note138">
-<p><span class="label"><a href="#tag138">138</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XVI.</span> tit. 1. I. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note139">
-<p><span class="label"><a href="#tag139">139</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Se nella serie dei concilj ecumenici si annoveri pure
-quel di Gerusalemme, tenuto dagli Apostoli, nell'anno 50 d. C.,
-e descritto da san Luca nel cap. <span class="smcap lowercase">XV</span> degli <i>Atti</i> — Il simbolo,
-quale allora fu redatto, si legge quotidianamente nella messa.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note140">
-<p><span class="label"><a href="#tag140">140</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Oggi San Vittor Grande l'una, e Sant'Ambrogio l'altra.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note141">
-<p><span class="label"><a href="#tag141">141</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Così racconta Isidoro di Siviglia, <i>De officiis ecclesiasticis</i>,
-lib. I. c. 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note142">
-<p><span class="label"><a href="#tag142">142</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Deus creator omnium — Jam surgit hora tertia — Nunc
-sancte nobis Spiritus</i>; e alcuno dice il <i>Te Deum</i>, ma altri lo
-pretende composto nel <span class="smcap lowercase">IV</span> secolo da un frate Sisebut, vissuto
-probabilmente a Montecassino.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note143">
-<p><span class="label"><a href="#tag143">143</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Exameron</i>, <span class="smcap lowercase">III</span>. 5; <span class="smcap">Augustini</span> <i>Confess.</i> IX. 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note144">
-<p><span class="label"><a href="#tag144">144</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Rudis sed avida doctrinæ</i>, dicevala san Gaudenzio; e
-l'inno antico di san Filastro,
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Et rudem sed tunc cupidam moneri</i></p>
-<p class="i01"><i>Insciam quamquam, tamen ad docendum</i></p>
-<p class="i01"><i>Firmiter promptam.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note145">
-<p><span class="label"><a href="#tag145">145</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Labus, <i>Museo Bresciano</i>, intorno all'antico marmo di
-C. Giulio Ingenuo, pag. 56. Da un curioso passo di Rodolfo notajo
-parrebbe che fin nel VII secolo durasse in Valcamonica il
-culto di Saturno: <i>Erant adhuc in illa valle plurimi Pagani, qui
-arboribus et fontibus victimas offerebant. In tempore usque regis
-Ariberti imago Saturni magna frequentia venerabatur in curte
-Hedulio</i> (a Edolo): <i>et quum præcepti regis obedientia non fieret
-ut illa imago destrueretur, Ingelardus dux Brissiæ misit armatorum
-manus, qui illam disperderunt in fragmentis</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note146">
-<p><span class="label"><a href="#tag146">146</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Una tradizione molto divulgata fa nato sant'Antonio a
-Ventimiglia, o almeno da madre di questa città.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note147">
-<p><span class="label"><a href="#tag147">147</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dell'unità del genere umano non ebbe conoscenza l'antichità,
-alla quale sembrava un fatto fatale la divisione in
-nazioni. Giuliano imperatore giudica che quest'unità, proclamata
-dagli Ebrei e dai Cristiani, ripugni alla diversità di leggi e di
-costumi, la quale deriva dalla volontà degli Dei, rappresentanti
-de' genj contrarj onde sono ispirati i popoli, da Marte
-i guerreschi, da Minerva quei che uniscono la prudenza al
-coraggio, da Mercurio quelli che hanno prudenza più che
-valore. <span class="smcap">San Cirillo</span>, <i>contra Julianum</i>, lib. <span class="smcap lowercase">IV</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note148">
-<p><span class="label"><a href="#tag148">148</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Commento al cap. <span class="smcap lowercase">II</span> dell'<i>epistola ai
-Galati</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note149">
-<p><span class="label"><a href="#tag149">149</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Quicumque ad Urbem discendi cupiditate veniunt, primitus
-ad magistrum census provincialium judicum, a quibus copia est
-danda veniundi, ejusmodi litteras proferant, ut oppida hominum
-et natales et merita expressa teneantur; deinde ut primo statim
-profiteantur introitu, quibus potissimum studiis operam navare
-proponant; tertio, ut hospitia eorum sollicite censualium
-norit officium, quo ei rei impertiant curam, quam se adseruerint
-expetisse. Idem immineant censuales, ut singuli eorum tales se
-in conventibus præbeant, quales esse debent, qui turpem inhonestamque
-famam et consociationes (quas proximas putamus esse
-criminibus) æstiment fugiendas, neve spectacula frequentius
-adeant, aut adpetant vulgo intempestiva convivia. Quin etiam
-tribuimus potestatem, ut, si quis de his non ita in Urbe se gesserit
-quemadmodum liberalium dignitas poscat, publice verberibus
-adfectus, statimque navigio superpositus, abjiciatur Urbe,
-domumque redeat. His sane qui sedulam operam professionibus
-navant, usque ad vigesimum ætatis suæ annum Romæ licet commorari.
-Post id vero tempus, qui neglexit sponte remeare, sollicitudine
-præfecturæ etiam impurius ad patriam revertatur. Verum
-ne hæc perfunctorie fortasse curentur, præcelsa sinceritas
-tua officium censuale commoneat, ut per singulos menses, qui,
-vel unde veniant, quive sint, pro ratione temporis ad Africam
-vel ad cæteras provincias remittendi brevibus comprehendat, his
-dumtaxat exceptis, qui corporatorum sunt oneribus adjuncti.
-Similes autem breves etiam ad scrinia mansuetudinis nostræ
-annis singulis dirigantur; quo, meritis singolorum, institutionibusque
-compertis, utrum quæque nobis sint necessaria judicemus.
-Dat.</i> <span class="smcap lowercase">III</span> <i>Id. Mart. Triv. Valentiniano et Valente III A. Cos.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note150">
-<p><span class="label"><a href="#tag150">150</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ne siamo accertati dal carme d'Ausonio in onore d'un
-grammatico di Bordeaux:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Quod jus pontificum, quæ fœdera, stemma quod olim</i></p>
-<p class="i02"> <i>Ante Numam fuerat sacrificis Curibus,</i></p>
-<p class="i01"><i>Quod Castor cunctis de regibus ambiguis, quod</i></p>
-<p class="i02"> <i>Conjugis e libris ediderat Rhodope;</i></p>
-<p class="i01"><i>Quod jus pontificum, veterum quæ scita Quiritum,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Quæ consulta patrum, quid Draco, quidve Solon</i></p>
-<p class="i01"><i>Sanxerit, et Locris dederat quæ jura Zaleucus,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Sub Jove quæ Minos, quid Themis ante Jovem,</i></p>
-<p class="i01"><i>Nota tibi.</i></p>
-<p class="i13"> De Profess., cap. 22.</p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note151">
-<p><span class="label"><a href="#tag151">151</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ai primi, ventiquattro razioni giornaliere, agli altri metà
-soltanto. L'uso di fissare gli stipendj per razione era generale,
-e il fisco le ricomprava secondo un prezzo determinato. L'assegno
-suddetto è per le scuole municipali: nelle imperiali di
-Treveri i retori hanno trenta profende, venti un grammatico
-latino, dodici un greco.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note152">
-<p><span class="label"><a href="#tag152">152</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Basti, a mostrarne la importanza, il titolo de' capitoli:
-<span class="smcap lowercase">I</span>. <i>præfatio</i>; <span class="smcap lowercase">II</span>. <i>cur genio, et quomodo sacrificetur</i>; <span class="smcap lowercase">III</span>. <i>genius quid
-sit, et unde dicatur</i>; <span class="smcap lowercase">IV</span>. <i>variæ opiniones veterum philosophorum
-de generatione</i>; <span class="smcap lowercase">V</span>. d<i>e semine hominis, et quibus e partibus exeat</i>;
-<span class="smcap lowercase">VI</span>. <i>quid primum in infante formetur, et quomodo alatur in
-utero etc.</i>; <span class="smcap lowercase">VII</span>. <i>de temporibus quibus partus solent esse ad nascendum
-maturi, deque numero septenario</i>; <span class="smcap lowercase">VIII</span>. <i>rationes Chaldæorum
-de tempore partus; idem de zodiaco et de conspectibus</i>;
-<span class="smcap lowercase">IX</span>. <i>opinio Pythagoræ de conformatione partus</i>; <span class="smcap lowercase">X</span>. <i>de musica,
-ejusque regulis</i>; <span class="smcap lowercase">XI</span>. <i>ratio Pythagoræ de conformatione partus
-confirmata</i>; <span class="smcap lowercase">XII</span>. <i>de laudibus musicæ, ejusque virtute; item de
-spatio cœli, terræque ambitu, siderumque distantia</i>; <span class="smcap lowercase">XIII</span>. <i>distinctiones
-ætatum hominis secundum opiniones multorum, deque
-annis climatericis</i>; <span class="smcap lowercase">XIV</span>. <i>de diversorum hominum clarorum tempore
-mortis</i>; <span class="smcap lowercase">XV</span>. <i>de tempore et de ævo</i>; <span class="smcap lowercase">XVI</span>. <i>seculum quid sit ex
-diversorum definitione</i>; <span class="smcap lowercase">XVII</span>. <i>Romanorum sæculum quale sit</i>;
-<span class="smcap lowercase">XVIII</span>. <i>de ludorum sæcularium institutione eorumque celebratione
-usque ad imp. Septimium et M. Aurelium Antoninum</i>; <span class="smcap lowercase">XIX</span>. <i>de
-anno magno secundum diversorum opiniones, item de diversis
-aliis annis, de olympiadibus, de lustris et agonibus capitolinis;</i>
-<span class="smcap lowercase">XX</span>. <i>de annis vertentibus diversarum nationum</i>; <span class="smcap lowercase">XXI</span>. <i>de anno vertente
-Romanorum, deque illius varia correctione, de mensibus et
-diebus intercalariis, de diebus singulorum mensium, de annis
-julianis</i>; <span class="smcap lowercase">XXII</span>. <i>de historico temporis intervallo, deque adelo et
-mystica, de annis Augustorum et ægyptiacis</i>; <span class="smcap lowercase">XXIII</span>. <i>de mensibus
-naturalibus et civilibus, et nominum rationibus</i>; <span class="smcap lowercase">XXIV</span>. <i>de
-diebus, et varia dierum apud diversas nationes observatione;
-idem de solariis et horariis</i>; <span class="smcap lowercase">XXV</span>. <i>de dierum romanorum diversis
-partibus, deque eorum propriis nominibus</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note153">
-<p><span class="label"><a href="#tag153">153</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Così conchiude: <i>Hæc ut miles quondam et græcus, a principatu
-Cæsaris Nervæ exorsus, adusque Valentis interitum, pro
-virium explicavi mensura, numquam, ut arbitror, sciens silentio
-ausus corrumpere vel mendacio. Scribant reliqua potiores ætate,
-doctrinisque florentes. Quos id, si libuerit, aggressuros, procudere
-linguas ad majores moneo stylos.</i> Aveva in idea l'impero di
-Teodosio Magno.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note154">
-<p><span class="label"><a href="#tag154">154</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per Valentiniano, quando s'associò Valente all'impero,
-intona: <i>Si qua in te cognatas cælitum potestates hujusmodi esset
-æquatio, paribus cum sole luminibus globus sororis arderet; nec
-radiis fratris obnoxia, precarium raperet luna fulgorem: iisdem
-curriculis utrumque sidus emergeret, pari exortu diem germana
-renovaret, per easdem cæli lineas laberetur, nec menstruo pigra
-discursu aut in senescendo varias mulctaret effigies, aut in renascendo
-parvas pateretur ætates. Ecce formam beneficii tui astra
-nesciunt æmulari: illis nihil est in mundana luce consimile, vobis
-totum est in orbe commune.</i>
-</p>
-
-<p>
-Pel ponte costruito sul Reno dall'imperatore stesso: <i>Eat nunc
-carminis auctor inlustris, et pro clade popularium Xantum fingat
-iratum, armatas cadaveribus undas scriptor decorus educat; nescivit
-flumina posse frenari. Tantumne valuit rivus iliacus, ut
-in auxilium Vulcani flamma peteretur? Profundus didicit, quid
-parvus evaserit? Defensio ipsa cælestium tuo operi non meretur
-æquari. Fluvium incendisse vindicia est, calcasse victoria.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note155">
-<p><span class="label"><a href="#tag155">155</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per l'eleganza della forma scegliamo questo:
-</p>
-
-<p class="center">
-ARA PYTHIA.<br />
-<span class="smcap lowercase">VIDES UT ARA STEM DICATA PYTHIO</span><br />
-<span class="smcap lowercase">FABRE POLITA VATIS ARTE MUSICA</span><br />
-SIC PULCHRA SACRATISSIMA GENS PHOEBO DECENS<br />
-HIS APTA TEMPLIS QUI LITANT VATUM CHORI<br />
-TOT COMPTA SERTIS ET CAMOENÆ FLORIBUS<br />
-HELICONII LOCANDA LUCIS CARMINUM<br />
-<span class="smcap lowercase">NON CAUTE DURA ME POLIVIT ARTIFEX</span><br />
-<span class="smcap lowercase">EXCISA NON SUM RUPE MONTIS ALBIDI</span><br />
-<span class="smcap lowercase">LUNA E NITENTE NEC PARI DE VERTICE</span><br />
-<span class="smcap lowercase">NON CÆSA DURO NEC COACTA SPICULO</span><br />
-<span class="smcap lowercase">ARCTARE PRIMOS EMINENTES ANGULOS</span><br />
-<span class="smcap lowercase">ET MOX SECUNDOS PROPAGARE LATIUS</span><br />
-<span class="smcap lowercase">EOSQUE CAUTE SINGULOS SUBDUCERE</span><br />
-<span class="smcap lowercase">GRADU MINUTO PER RECURVAS LINEAS</span><br />
-<span class="smcap lowercase">NORMATA UBIQUE SIC DEINDE REGULA</span><br />
-<span class="smcap lowercase">UT ORA QUADRE SIT RIGENTE LIMITE</span><br />
-<span class="smcap lowercase">VEL INDE AD IMUM FUSA RURSUM LINEA</span><br />
-<span class="smcap lowercase">TENDATUR ARTE LATIOR PER ORDINEM</span><br />
-<span class="smcap lowercase">ME METRA PANGUNT DE CAMOENARUM MODIS</span><br />
-MUTATO NUMQUAM NUMERO DUMTAXAT PEDUM<br />
-QUÆ DOCTA SERVAT DUM PRÆCEPTIS REGULA<br />
-ELEMENTA CRESCUNT ET DECRESCUNT CARMINUM<br />
-HAS PHOEBE SUPPLEX DANS METRORUM IMAGINES<br />
-TEMPLIS CHORISQUE LÆTUS INTERSIT SACRIS.
-</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note156">
-<p><span class="label"><a href="#tag156">156</a>.&nbsp;&nbsp;</span>N'abbiamo già esempj ne' classici, come in Marziale:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Rumpitur invidia quidam, dulcissime Juli,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Quod me Roma legit; rumpitur invidia.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note157">
-<p><span class="label"><a href="#tag157">157</a>.&nbsp;&nbsp;</span></p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Blanditia; fera mors Veneris persentit amando</i></p>
-<p class="i02"> <i>Permisit solitæ nec styga tristitiæ;</i></p>
-</div></div>
-
-<p>
-che può leggersi a rovescio:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Tristitiæ styga nec solitæ permisit amando</i></p>
-<p class="i02"> <i>Persentit Veneris mors fera blanditias.</i></p>
-</div></div>
-
-<p>
-E così il seguente:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Perpetuis bene sic partiri munera seclis</i></p>
-<p class="i02"> <i>Sidera dant patria et patris imperium.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note158">
-<p><span class="label"><a href="#tag158">158</a>.&nbsp;&nbsp;</span></p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i05"> ... <i>Nec te jucunda fronte fefellit</i></p>
-<p class="i01"><i>Luxuries, prædulce malum, quæ dedita semper</i></p>
-<p class="i01"><i>Corporis arbitriis, hebetat caligine sensus...</i></p>
-<p class="i05"> <i>Fingendaque sensibus addis</i></p>
-<p class="i01"><i>Verba, quibus magni geminatur gratia doni...</i></p>
-<p class="i05"> <i>Quoties incanduit ore</i></p>
-<p class="i01"><i>Confessus secreta rubor, nomenque beatum</i></p>
-<p class="i01"><i>Injussæ scripsere manus!</i></p>
-<p class="i01"><i>Et reliquum nitido detersit pollice somnum:</i></p>
-<p class="i01"><i>Utque erat interjecta comas, turbata capillos,</i></p>
-<p class="i01"><i>Mollibus assurgit stratis.</i></p>
-</div></div>
-
-<p>
-Questo mi sembra più felice del pariniano.
-</p>
-
-<p>
-La similitudine del cavallo, cara a tutti i poeti da Giobbe in
-qua, eccola in lui pure (<i>De nuptiis Mariæ</i>):
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Nobilis haud aliter sonipes, quem primus amoris</i></p>
-<p class="i01"><i>Sollicitavit odor, tumidus, quatiensgue decoras</i></p>
-<p class="i01"><i>Curvata cervice jubas, pharsalia rura</i></p>
-<p class="i01"><i>Pervolat, et notos hinnitu flagitat amnes,</i></p>
-<p class="i01"><i>Naribus accensis: mulcet fæcunda magistros</i></p>
-<p class="i01"><i>Spes gregis, et pulchro gaudent armenta merito.</i></p>
-</div></div>
-
-<p>
-Nello stesso epitalamio descrive l'abitazione di Venere:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Hic habitat nullo constricta Licentia nodo,</i></p>
-<p class="i01"><i>Et flecti faciles Iræ, vinoque madentes</i></p>
-<p class="i01"><i>Excubiæ, Lacrymæque rudes, et gratus amantum</i></p>
-<p class="i01"><i>Pallor, et in primis titubans Audacia furtis,</i></p>
-<p class="i01"><i>Jucundique Metus, et non secura Voluptas,</i></p>
-<p class="i01"><i>Et lasciva volant levibus Perjuria pennis.</i></p>
-<p class="i01"><i>Hos inter petulans alta cervice Juventus</i></p>
-<p class="i01"><i>Excludit senium luco.</i></p>
-</div></div>
-
-<p>
-Non saprei un passo d'Ovidio da contrapporre a questo, che
-ricorda Tibullo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note159">
-<p><span class="label"><a href="#tag159">159</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ha un epigramma, ove, per tutti i santi cristiani, prega
-celiando un tal Jacopo a non censurarlo. Comincia:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Per cineres Pauli, per cani limina Petri,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Ne laceres versus, dux Iacobe, meos.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note160">
-<p><span class="label"><a href="#tag160">160</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel secolo <span class="smcap lowercase">XV</span> fu dissotterrato il piedistallo con una
-iscrizione di non sicura autenticità, che dice: <span class="smcap">C. Clavdiano</span>
-<span class="smcap lowercase">V. C. TRIBVNO ET NOTARIO, INTER CETERAS</span> <i>vigentes</i> <span class="smcap">artes qve
-gloriosissimo poetarvm, licet ad memoriam sempiternam
-carmina ab eodem scripta svfficiant, adtamen testimonii
-gratia ob ivdicii svi fidem dd. nn. Arcadivs et Honorivs</span>
-<span class="smcap lowercase">FELICISSIMI AC DOCTISSIMI IMPERATORES, SENATV PETENTE,
-STATVAM IN FORO DIVI TRAIANI ERIGI COLLOCARIQVE IVSSERINT.</span>
-Ενι Βιργιλιοῖο νοὸν καὶ μοῦσαν Ομῆρον Κλαυδιανὸν ‘Ρώμη καὶ Βασιλεὶς
-ἔθεσαν.
-</p>
-
-<p>
-Scaligero (<i>Poetices</i> lib. <span class="smcap lowercase">V</span>. <i>qui et Hypercriticus</i>) chiama Claudiano
-<i>maximus poeta, solo argumento ignobiliore oppressus,
-addit de ingenio quantum deest materiæ Felix in eo calor,
-cultus non invisus, temperatum judicium, dictio candida, numeri
-non affectati, acute dicta multa sine ambitione</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note161">
-<p><span class="label"><a href="#tag161">161</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tali sarebbero l'inno di sant'Ambrogio, <i>Deus creator
-omnium</i>; e quel di Prudenzio per gl'Innocenti, <i>Salvete, flores
-martirum</i>. Gli altri più antichi che la Chiesa ancor canti, sono
-il <i>Gloria in excelsis</i> di sant'Ilario, lo <i>Jam mæsta quiesce querela</i>
-di Prudenzio, e due di Sedulio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note162">
-<p><span class="label"><a href="#tag162">162</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Un poema di sant'Agostino o d'un contemporaneo contro
-i Donatisti d'Africa è in trocaici rimati:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Abundantia peccatorum solet fratres conturbare;</i></p>
-<p class="i01"><i>Propter hoc dominus noster voluit nos præmonere,</i></p>
-<p class="i01"><i>Comparans regnum cælorum reticulo misso in mare,</i></p>
-<p class="i01"><i>Congreganti multos pisces omne genus hinc et inde,</i></p>
-<p class="i01"><i>Quos cum traxissent ad litus, tunc cœperunt separare,</i></p>
-<p class="i01"><i>Bonos in vasa miserunt, reliquos in mare.</i></p>
-</div></div>
-
-<p>
-Sant'Agostino (<i>De tempore</i>): <i>Et magis ex ipsa (vita) corrumpitur
-quam sanetur: magis occiditur quam vivificetur</i> (Serm.
-138 <i>De verbis Dom.</i>). <i>Ecce venitur et ad passionem, ecce venitur
-et ad sanguinis effusionem, venitur et ad corporis incensionem.</i>
-(<i>De civ. Dei</i>, <span class="smcap lowercase">XVI</span>. 6) <i>Tamquam lex æterna in illa
-eorum curia superna</i> (<span class="smcap lowercase">XVII</span>. 12). <i>Infidelitas gentium cum Dei populum
-exultabat atque insultabat esse captivum, quid aliud quam
-Christi commutationem sed scientibus nesciens exprobabat?...
-Illius enim spei confirmatio verbi hujus</i> (<i>fiat</i>) <i>iteratio</i> (<span class="smcap lowercase">IX</span>. 1).
-<i>Partim erudito otio, partim necessario negotio... Uno</i> (<i>vitæ
-genere</i>) <i>in contemplatione vel inquisitione veritatis otioso, altero in
-gerendis rebus humanis negotioso... Crucifixerunt salvatorem
-suum, et fecerunt damnatorem suum...</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note163">
-<p><span class="label"><a href="#tag163">163</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi la nota 1 del Cap. <span class="smcap lowercase">XLVI</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note164">
-<p><span class="label"><a href="#tag164">164</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tre lettere conosciamo, attribuite a Maria Vergine. La
-prima, con quella di sant'Ignazio che le diede origine, è d'antica
-data, non di riconosciuta autenticità.
-</p>
-
-<p>
-Un vescovo messinese in occasione di peste ne trasse fuori
-un'altra, che pretese diretta da Maria a Messina e che ancora
-vi ottiene gran venerazione: benchè antichissima, la critica non
-può accettarla, e la Congregazione dell'Indice appuntò i libri
-ove troppo assolutamente n'era dichiarata l'autenticità. Eccola:
-<i>Maria Virgo, Joachim filia, humillima Dei ancilla, Christi Jesu
-crucifixi mater, ex tribu Juda, stirpe David, Messanensibus
-omnibus salutem, et Dei Patris omnipotentis benedictionem. Vos
-omnes fide magna legatos ac nuncios per publicum documentum
-ad nos misisse constat. Filium nostrum, Dei genitum, Deum et
-hominem esse fatemini, et in cœlum post suam resurrectionem
-ascendisse, Pauli apostoli prædicatione mediante viam veritatis
-agnoscentes. Ob quod vos et civitatem vestram benedicimus, cujus
-perpetuam protectricem nos esse volumus. Anno filii nostri</i> <span class="smcap">xlii,
-III</span> <i>nonas julii, luna</i> <span class="smcap lowercase">XVII</span>, <i>feria quinta, ex Hierosolymis.</i>
-</p>
-
-<p>
-Frà Girolamo Savonarola riguardava per autentica la lettera
-di Maria ai Fiorentini, d'immemorabile antichità: ma e la
-Chiesa e la critica vi mettono gran dubbj, tanto più che consta
-solo nel 65 dopo Cristo essere Firenze stata informata della
-verità da Paolino e Frontino discepoli di san Pietro. Essa dice:
-<i>Florentia, Deo et Domino nostro Jesu Christo filio meo, et mihi
-dilecta. Tene fidem, insta orationibus, roborare patientia. His
-enim sempiternam consequeris salutem apud Deum.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note165">
-<p><span class="label"><a href="#tag165">165</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Virgilium pueri legant, ut poeta magnus omniumque præclarissimus
-atque optimus, teneris imbibitus annis, non facile oblivione
-possit aboleri.</i> De civ. Dei, <span class="smcap lowercase">I.</span> 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note166">
-<p><span class="label"><a href="#tag166">166</a>.&nbsp;&nbsp;</span>«Platone (dic'egli) mi ha fatto conoscere il vero Dio;
-Gesù Cristo me ne ha mostrato la via».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note167">
-<p><span class="label"><a href="#tag167">167</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nella <i>Città di Dio</i> ha un intero capitolo sulla Sibilla
-Eritrea, <i>quæ inter alias Sibyllas cognoscitur de Christi evidentia
-multa cecinisse</i>. E racconta che in Italia seppe che alcune ostiere
-vantavansi di dare ai viaggiatori certi formaggi, che li cambiavano
-in bestie da soma, le quali esse adopravano pe' loro servigi,
-poi vi restituivano la forma primitiva; e benchè trasformati,
-conservavano la ragione. Ma, soggiunge, tali cose sono false o
-talmente rare, che poca fede vi si può prestare: pure s'ha da
-credere fermamente che Dio è onnipotente, e può far quel che
-vuole a castigo o a ricompensa; che i demonj sono angeli divenuti
-cattivi per le colpe, e che non possono se non quel che viene
-permesso da Colui, i cui giudizj sono talvolta secreti, non mai
-ingiusti. Lib. <span class="smcap lowercase">XVIII.</span> c. 18. E merita esser letto tutto per vedere
-la possanza delle credenze comuni sopra un'elevata intelligenza,
-e per ispiegare le opinioni delle fatucchiere, di cui parleremo
-al <span class="smcap">Cap. cxliv.</span></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note168">
-<p><span class="label"><a href="#tag168">168</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De civ. Dei</i>, <span class="smcap lowercase">I.</span> 29. Vedi <span class="smcap">De Maistre</span>, <i>Du pape</i>, <span class="smcap lowercase">IV.</span> 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note169">
-<p><span class="label"><a href="#tag169">169</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Confutazione di Fausto Manicheo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note170">
-<p><span class="label"><a href="#tag170">170</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De civ. Dei</i>, <span class="smcap lowercase">XII.</span> 2; <span class="smcap lowercase">XV.</span> 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note171">
-<p><span class="label"><a href="#tag171">171</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È curioso vedere come giustifichi, anzi lodi le antitesi,
-dicendo che nelle opere di Dio le apparenti contraddizioni producono
-bellezza, come nello stile le antitesi, «bellissimi ornamenti
-dell'eloquenza; e come questi contrapposti rendono più
-bello il parlare, così per una eloquenza di contrapposizione non
-di parole ma di cose, si compone la bellezza del secolo».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note172">
-<p><span class="label"><a href="#tag172">172</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De quæst. octogintatribus</i>, q. 58, e <i>De civ. Dei</i>, <span class="smcap lowercase">X.</span> 14. Ecco
-prevenuti Pascal e Bossuet.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note173">
-<p><span class="label"><a href="#tag173">173</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Panvinio</span>, <i>De ritu sepeliendi mortuos apud veteres Christianos,
-et de eorumdem cœmeteriis,</i> 1574.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Marangoni</span>, <i>Appendix de cœmeterio sanctorum Thrasonis
-et Saturnini</i>, e <i>Acta sancti Victorini</i>, 1740.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Boldetti</span>, <i>Sopra i cimiteri dei santi Martiri</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Bottari</span>, <i>Roma sotterranea.</i> 1737-54. Le tavole sono le
-stesse del Bosio.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Marchi</span>, <i>Monumenti delle arti cristiane primitive della metropoli
-del cristianesimo</i>. Roma 1844.
-</p>
-
-<p>
-Maitland (<i>La Chiesa nelle catacombe</i>. Londra 1847) volle fare
-l'opposto del Marchi, cercandovi argomenti contro il cattolicismo.
-</p>
-
-<p>
-A Parigi si era pubblicato <i>Rome souterraine</i>, ma il signor
-Perret non vi conservò il carattere, aggraziando le pitture.
-Pio IX incaricò il comm. De Rossi di nuove esplorazioni nelle
-catacombe: ed egli dispose ben 12 mila iscrizioni cristiane, delle
-quali molto importa accertare il tempo e il luogo. La più antica
-conosciuta è del 102. Il De Rossi trovò il vero cimiterio di
-san Calisto e le tombe dei primi pontefici, e i libri suoi sono
-il più sicuro testo intorno a quelle antichità cristiane.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note174">
-<p><span class="label"><a href="#tag174">174</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Che però lo scheletro non fosse mai effigiato dai classici,
-come asseriscono i trattatisti d'arte, è smentito da pitture e
-bassorilievi: nel museo Borbonico si ha una donna che sparge
-di fiori lo scheletro del suo bambino; uno scheletro dalla cui
-bocca esce una farfalla, simbolo dell'anima; un altro che balla
-al flauto sonato da Sileno, primo cenno delle danze dei morti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note175">
-<p><span class="label"><a href="#tag175">175</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Semplicissimi sono gli epitafj: <span class="smcap lowercase">LAZARVS AMICVS NOSTER
-DORMIT — MARTYRI IN PACE — NEOPHITVS IIT AD DEVM — RESPECTVS
-QVI VIXIT ANNOS V ET MENSES VIII, DORMIT IN PACE — ALEXANDER
-MORTVVS NON EST SED VIVIT SVPER ASTRA.</span>
-</p>
-
-<p>
-È particolare questo di Vicenza: <span class="smcap lowercase">MARTINA CARA CONJVX QUÆ
-VENIT DE GALLIA PER MANSIONES L VT COMMEMORARET MEMORIAM
-DVLCISSIMI MARITI SVI BENE QVIESCAS DVLCISSIME MI MARITE.</span>
-(<span class="smcap">Giovanni da Schio</span>, <i>Le antiche iscrizioni di Vicenza</i>, 1850).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note176">
-<p><span class="label"><a href="#tag176">176</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap lowercase">IVN. BASS. V. C. QVI VIXIT ANNIS XLII. II IN IPSA PRÆFECTVRA
-VRBI NEOFITVS IIT AD DEVM VIII KAL. SEPT. EVSEBIO ET YPATIO
-COSS</span>. E vedi <span class="smcap">Bottari</span>, tav. 33.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note177">
-<p><span class="label"><a href="#tag177">177</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>A. F. Quast</i>, <i>Die altchristlichen Bauwerke von Ravenna,
-von</i> <span class="smcap lowercase">V</span> <i>bis zum</i> <span class="smcap lowercase">IX</span>. <i>Jahrhundert historisch geordnet, und durch
-Abbildungen erklärtert</i>. Berlino 1842.
-</p>
-
-<p>
-Gli edifizj di cui tratta, sono <i>i</i>. <i>Ecclesia ursiana</i>, cioè la cattedrale,
-edificata poco dopo il 400, ora tutta rimodernata; Ecclesia
-petriana, distrutta per tremuoto nell'<span class="smcap lowercase">VIII</span> secolo; San Lorenzo
-in Cesarea, edificata da Luscrizio cameriere d'Onorio,
-distrutta per tremuoto nel 1553; battistero della cattedrale,
-eretto da Neo vescovo (425-30), fabbrica delle più rimarchevoli
-di Ravenna; battistero della Petriana, distrutto; basilica di
-san Giovanni Evangelista, costrutta da Galla Placidia; basilica di
-Santa Croce, dalla medesima, rovinata; cappella de' Santi Nazario
-e Celso, dalla medesima; San Giovanni Battista e Santa
-Agata, rimodernate; Sant'Agnese, distrutta; San Pietro, ora
-San Francesco, cappella nel palazzo arcivescovile.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap lowercase">II</span>. Epoca di Teodorico: Santa Maria in Cosmedin, già battistero
-ariano; San Teodoro; San Martino <i>in cœlo aureo</i>, ossia
-Sant'Apollinare nuovo; palazzo di Teodorico, mausoleo del medesimo;
-portico della piazza maggiore.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap lowercase">III</span>. Costruzioni posteriori sino alla morte di Agnello arcivescovo
-(566); Santa Maria Maggiore, rimodernata nel <span class="smcap lowercase">XVI</span> secolo;
-San Michele in Affricisco, consacrata nel 545, or quasi
-distrutta; San Vitale; Sant'Apollinare in Classe, consacrata
-nel 549; Sant'Andrea e Santo Stefano.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap lowercase">IV</span>. Ultimo periodo, sino al 900; San Severo in Classe, distrutta
-al principio del nostro secolo; monastero di Sant'Apollinare,
-e abbellimenti delle parti interne della basilica fatti
-nel 642-77; devastazioni posteriori di Classe, e risarcimenti
-sotto Leone III; poi, per le incursioni de' Saracini, si portò in
-città il corpo di sant'Apollinare.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note178">
-<p><span class="label"><a href="#tag178">178</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ancora si vede in Roma a San Lorenzo, a San Giorgio
-in Velàbro, a Santa Maria Transtevere, e alquanto modificato a
-San Giovanni Laterano, Santa Maria Maggiore, ecc. I cortili si
-hanno a San Clemente, ai Quattro Santi Coronati, a San Lorenzo
-in Roma; a Sant'Apollinare e San Giovanni della Sagra
-in Classe a Ravenna; alla cattedrale di Parenzo in Istria, a
-Sant'Ambrogio di Milano... Quest'ultima basilica, San Zeno di
-Verona e Santa Maria di Torcello sono quelle dell'Italia superiore
-che per avventura conservano maggiori elementi della
-basilica antica.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note179">
-<p><span class="label"><a href="#tag179">179</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Hominem mortuum in urbe ne sepellito, neve urito</i>. La
-ragione politica di ciò era che la tomba dava la proprietà d'un
-luogo, e la città non doveva essere di verun privato.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note180">
-<p><span class="label"><a href="#tag180">180</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A quello di Sant'Ambrogio in Milano servirono due arche
-funerarie, una sovrapposta all'altra.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note181">
-<p><span class="label"><a href="#tag181">181</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Bruciata il 21 luglio 1832, ed ora ricostrutta. Vedi <span class="smcap">Ciampini</span>,
-<i>Synopsis de sacris ædificiis a Constantino constructis</i>.
-Roma 1691.
-</p>
-
-<p>
-Calcolano essersi fabbricate in Roma:
-</p>
-
-<table class="gener" summary="">
- <tr>
- <td class="center">nel secolo</td> <td><span class="smcap lowercase">II</span></td> <td class="center">chiese</td> <td class="num">2</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">III</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">9</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">IV</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">17</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">V</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">8</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">VI</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">12</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">VII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">5</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">VIII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">11</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">IX</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">7</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">X</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">1</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XI</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">7</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">8</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XIII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">16</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XIV</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">8</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XV</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">30</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XVI</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">93</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XVII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">62</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XVIII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">7</td>
- </tr>
-</table>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note182">
-<p><span class="label"><a href="#tag182">182</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il San Giovanni di Firenze, mal creduto tempio di Marte,
-mentre la dissonanza delle parti lo attesta eretto ne' bassi
-tempi; il circolare di Pisa; il San Giovanni di Parma, a sedici
-faccie dentro e otto fuori, cominciato il 1196 da Benedetto Antelmani,
-e finito verso il 1260; il dodecagono di Canosa; il San
-Giovanni in Fonte a Verona, ottagono, come quelli di Cremona,
-Volterra, Pistoja, ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note183">
-<p><span class="label"><a href="#tag183">183</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Centurio nitentium rerum</i>. — <span class="smcap">Ammiano Marcellino, xvi</span>.
-6; Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 17; lib. <span class="smcap lowercase">XVI</span>. tit. 49; Cod. Giust., tit.
-<i>De sepulc. viol.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note184">
-<p><span class="label"><a href="#tag184">184</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Qui cadit a formula, cadit a toto</i>. Un esempio vivo possiamo
-averlo negli Inglesi, schiavi del convenuto, del gusto
-nazionale, de' casi precedenti, della giustizia, della virtù, della
-religione uffiziale; eppure questa non è imitazione del diritto
-romano, il quale anzi è aborrito dai loro pratici.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note185">
-<p><span class="label"><a href="#tag185">185</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Respondebant, scribebant, cavebant,</i> dice Cicerone.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note186">
-<p><span class="label"><a href="#tag186">186</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Sic enim, existimo, juris civilis magnum usum et apud
-Scævolam, et apud multos fuisse; artem in hoc uno. Quod nunquam
-effecisset ipsius juris scientia, nisi eam præterea didicisset
-artem, quæ doceret rem universam tribuere in partes,
-latentem reperire definiendo, obscuram explanare interpretando,
-ambigua primum videre, deinde distinguere... Sed adjunxit
-etiam et literarum scientiam, et loquendi elegantiam.</i> Brutus, 41;
-Pro Muræna, 10. 14.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note187">
-<p><span class="label"><a href="#tag187">187</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Nihil tam proprium legis quam claritas</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note188">
-<p><span class="label"><a href="#tag188">188</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Familia</i> da <i>fons memoriæ; metus</i> da <i>mentis trepidatio;
-furtus</i> da <i>furvus; stellionatus</i> da <i>stellio</i>, tarantola; <i>testamentum</i>
-da <i>testatio mentis</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note189">
-<p><span class="label"><a href="#tag189">189</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Una legge romana dice, non poter il cieco piatire, perchè
-non vede gli ornamenti della magistratura; Dig. lib. <span class="smcap lowercase">I</span>, <i>De postul.</i>
-Paolo (<i>Sent.</i> <span class="smcap lowercase">IV.</span> 9) scrive che il feto di sette mesi nasce perfetto,
-perchè sembra provarlo la ragione dei numeri di Pitagora.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note190">
-<p><span class="label"><a href="#tag190">190</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dig. lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> tit. 2. l. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note191">
-<p><span class="label"><a href="#tag191">191</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Eosdem, quos populus romanus, hostes et amicos habeant — Majestatem
-populi romani comites conservanto.</i> <span class="smcap">Cicerone</span>,
-pro Balbo, 16.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note192">
-<p><span class="label"><a href="#tag192">192</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Eineccio (<i>Edicti Perpetui ordini et integritati suæ restituti,
-partes duo</i>), Bach (<i>Historia juris romani</i>. Lipsia 1806) e tutti
-sostennero il sì, fino ad Hugo che sostenne il no con ragioni di
-polso. L'Editto Perpetuo andò perduto, e i tentativi di rintegrarlo,
-fatti da G. Bauchin nel 1597, sono inseriti in <span class="smcap">Pothier</span>,
-<i>Pandectæ Justinianeæ</i>, lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> Meglio <span class="smcap">Wieling</span>,
-<i>Fragmenta
-Edicti Perpetui</i>. Franeker 1733. E vedansi:
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Gifanius</span>, <i>Œconomia juris</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Noodt</span>, <i>Commentarius ad Digesta</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">De Weyte</span>, <i>De origine fatisque jurisprudentiæ romanæ,
-præsertim edictorum prætoris; ac de forma edicti perpetui.</i>
-Cella 1821.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Frank</span>, <i>Commentarius de edicto prætoris</i>. Kiliæ 1830.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Haimberger</span>, <i>Il diritto romano privato e puro</i> (lat. e ted.).
-Lemberg 1830.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Mackeldey</span>, <i>Manuale del diritto romano</i> (ted.). Berlino 1814.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Westemberg</span>, <i>Manuale di diritto romano</i> (ted.). Ivi 1822.
-</p>
-
-<p>
-La scuola storica del diritto, già ingrandita in Germania,
-venne diffusa allorchè fu coltivata dai Francesi; e i recenti
-lavori di Beugnot, Pardessus, Giraud, Laboulaye, Thibaut,
-Troplong, Laferrière, Du Caurroy.... ne resero comuni le conclusioni.
-È principalmente notevole l'<i>Explication historique des
-Instituts de l'empereur Justinien</i>, del sig. Ortolan. Parigi 1854.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note193">
-<p><span class="label"><a href="#tag193">193</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tale parmi il senso più naturale del famoso passo di
-Pomponio, Dig. lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> tit. 2. l. 1: <i>Sussurius Sabinus in
-equestri
-ordine fuit, et publice primus respondit; posteaque hoc cœpit
-beneficium dari a Tiberio Cæsare: hoc tamen illi concessum erat.
-Et, ut obiter dicamus, ante tempora Augusti publice respondendi
-jus non a principibus dabatur, sed qui fiduciam studiorum
-suorum habebant, consulentibus respondebant. Neque responsa
-utique signata dabant, sed plerumque judicibus ipsis scribebant,
-aut testabantur qui illas consulebant. Primus divus Augustus,
-ut major juris auctoritas haberetur, constituit ut ex auctoritate
-ejus responderent: et ex illo tempore peti hoc pro beneficio cœpit.
-Et ideo optimus princeps Hadrianus, quum ab eo viri prætorii
-petirent ut sibi liceret respondere, rescripsit eis, hoc non peti,
-sed præstari; et ideo delectari se, si qui fiduciam sui haberet,
-populo ad respondendum se præpararet.</i>
-</p>
-
-<p>
-Come esorbitante, credevasi falsa una tanta autorità, quando
-la chiarì questo passo di Gajo, recentemente scoperto (<i>Comm.</i>
-<span class="smcap lowercase">I.</span> 7):
-<i>Responsa prudentum sunt sententiæ et opiniones eorum, quibus
-permissum est jura condere: quorum omnium si in unum sententiæ
-concurrant, id quod ita sentiunt, legis vicem obtinet: si
-vero dissentiunt, judici licet quam velit sententiam sequi: idque
-rescripto divi Hadriani significatur.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note194">
-<p><span class="label"><a href="#tag194">194</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Alcuno opinò divenissero sorgenti del diritto soltanto
-dopo Tiberio, e da prima fossero solo proposizioni, vigenti un
-anno e non più. Il contrario ora è dimostrato da Hugo, <i>Lehrbuch
-der Geschichte des römischen Rechts bis auf Justinian</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note195">
-<p><span class="label"><a href="#tag195">195</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Più di mille cinquecento ce ne rimangono da Augusto a
-Costantino. A domande rispondono colle <i>epistolæ, literæ</i>: sulla
-petizione fanno una <i>subscriptio, adnotatio</i>, che chiamasi <i>sanctio
-prammatica</i> se diretta ad una città o ad un corpo; <i>constitutiones
-personales</i> si dicono propriamente le concessioni di privilegi:
-<i>decreta</i> o <i>interlocutiones</i> sono decisioni di cause portate in appello
-all'imperatore o al suo consiglio: <i>mandata</i> sono gli ordini dati
-dall'imperatore ai governatori delle provincie: <i>edicta</i> gli ordini
-diretti al popolo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note196">
-<p><span class="label"><a href="#tag196">196</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tali le <i>Receptæ Sententiæ</i> di Paolo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note197">
-<p><span class="label"><a href="#tag197">197</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Talvolta in ciò degenerano in minuzie, come si vede nei
-frammenti trovati nella biblioteca Vaticana il 1823.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note198">
-<p><span class="label"><a href="#tag198">198</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Antistius Labeo, ingenii qualitate et fiducia doctrinæ, qui
-et in cæteris sapientiæ partibus operam dederat, plurima innovare
-studuit: Atejus Capito, in his quæ ei tradita erant, perseverabat.</i>
-<span class="smcap">Pomponio</span>, Dig. lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> tit. 2. l. 2.
-</p>
-
-<p>
-Avendo Tiberio in un editto usato una parola non latina,
-qualche senatore, desideroso di far pompa di libertà ove non
-portava pericolo, sorse a rinfacciargliela. Capitone sostenne che,
-quantunque mai non si trovasse usata, si dovesse però mettere
-fra le latine sull'autorità di Tiberio. Un Marcello replicò che
-Tiberio potea dare la cittadinanza agli uomini, non alle parole.
-Magnanima opposizione!</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note199">
-<p><span class="label"><a href="#tag199">199</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In capo alle Pandette si suole stampare il catalogo degli
-autori di cui si valse Giustiniano, cavato dal famoso manoscritto
-del Digesto conservato a Firenze. Da Alessandro Severo a Giustiniano
-tre soli giureconsulti vi sono citati, Arcadio Carisio,
-Giulio Aquila ed Ermogene, forse autore del codice che porta
-il suo nome.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note200">
-<p><span class="label"><a href="#tag200">200</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È inserito nel Digesto, lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> tit. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note201">
-<p><span class="label"><a href="#tag201">201</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fra' molti manoscritti ond'è ricca la biblioteca del Capitolo
-di Verona, e di cui diede il catalogo Scipione Maffei nella
-<i>Verona illustrata</i>, trovavansi alcuni fogli di pergamena, che
-quel dotto antiquario giudicò formar parte d'un codice o di
-qualche opera d'antico giureconsulto, e ne esibì il fac-simile.
-D'allora più non se ne parlò, fin quando Haubold nel 1816 stampò
-a Lipsia una <i>Notitia fragmenti veronensis <span class="upright">de interdictis</span>.</i>
-Niebuhr, venuto a Verona, trasse copia del frammento <i>de præscriptionibus</i>,
-e d'un altro sui diritti del fisco; esaminò varj manoscritti,
-e singolarmente le epistole di san Girolamo, riconosciute
-per palinsesto da Maffei e da Mosotti, ma non mai
-dicifrato: e al modo che sotto la storia poetica di Roma leggeva
-la vera, scoprì sotto la scrittura quanto bastasse per convincersi
-che era l'opera di un giureconsulto; e applicando l'infusione di
-galla a un foglio, lo lesse. Ne informò Savigny, ed insieme proclamarono
-sui giornali la scoperta, mostrando che il frammento
-<i>de præscriptionibus</i> apparteneva agli <i>Istituti</i> di Gajo. L'Accademia
-di Berlino spedì a Verona nel 1817 i signori Göschen e
-Bekker, i quali, superando le gravi difficoltà che a chi vuol il
-bene oppongono coloro che fare nol vogliono o non sanno, giunsero
-a trascrivere nove decimi del libro; il resto era illeggibile.
-Il manoscritto componevasi di centoventisette fogli; la scrittura
-più recente in majuscole esibiva ventisei epistole di san Girolamo;
-la primitiva, elegantissima, gli <i>Istituti</i>; e fra questa e
-quella una terza stendevasi per un quarto del manoscritto, contenente
-epistole e meditazioni d'esso santo. Onde la membrana
-fu raschiata tre volte; eppure offre il testo più compiuto, sebbene
-difficile ed ostinato lavoro esigesse il leggerlo. Niebuhr e
-Knopp credono la scrittura anteriore al regno di Giustiniano.
-La prima edizione ne fu fatta a Berlino il 1820. Bluhm tornò a
-collazionarla col testo di Verona, e ne fece un'edizione <i>princeps</i>
-nel 1824.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note202">
-<p><span class="label"><a href="#tag202">202</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Costituzioni</i> del 321 e 327, scoperte dal Maj nel 1821.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note203">
-<p><span class="label"><a href="#tag203">203</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Instit. lib. <span class="smcap lowercase">I</span>; Dig. <i>De just. et jure</i>, l. 1; <i>De reg. juris</i>, l. 33.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note204">
-<p><span class="label"><a href="#tag204">204</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il codice Teodosiano andò perduto, colpa dei compendj
-fattine, tra cui il principale è il <i>Breviario</i> d'Alarico, che ebbe
-vigore presso i Visigoti. Nel 1528 Giovanni Siccardo ne pubblicò
-un'edizione in Magonza; ma non è se non esso Breviario, purgato
-dalle leggi derivate da usanze gotiche. Du Tillet aggiunse
-gli ultimi otto libri, non compendiati in quel Breviario. Cujaccio
-credette dare interi il <span class="smcap lowercase">VII</span> e <span class="smcap lowercase">VIII</span> col supplemento di
-Stefano
-Carpino. A Cujaccio stesso furono da Pietro Piteo comunicate
-le costituzioni del senatoconsulto Claudiano, appartenenti al
-<span class="smcap lowercase">IV</span> libro. Giacomo Gotofredo commentò questo codice con trenta
-anni di lavoro, pubblicato nel 1736 in Lipsia da Antonio Marsigli
-e Daniele Ritter (<i>Codex Theodosianus, cum perpetuis commentariis</i>
-<span class="smcap">J. Gothofredi</span>; 6 vol. in-fol.). Il cardinale Maj in un
-palimsesto vaticano scoperse altri frammenti, che stampò a
-Roma nel 1823 coi tipi di Propaganda. L'anno seguente Amedeo
-Peyron nella biblioteca dell'Università di Torino trovò ben
-cinquanta leggi non prima conosciute, tra cui quelle ove Teodosio
-prescrive le norme colle quali produrre la sua legislazione
-(<i>Fragmenta codicis Theodosiani</i>, nel tomo <span class="smcap lowercase">XXVII</span> degli <i>Atti
-dell'Accademia di Torino</i>). Con queste e le scoperte da Clossio fu
-fatta un'edizione nuova d'esso codice a Lipsia il 1825, per cura
-di C. F. Wenck. Ma nuove leggi scoprì a Torino e nell'Ambrosiana
-Carlo di Vesme, che ne fa la più compiuta edizione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note205">
-<p><span class="label"><a href="#tag205">205</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Πᾶν δέχεσθαι, tutto contenere. La sigla <i>ff</i>, colla quale
-suole
-indicarsi il Digesto, probabilmente viene da un <i>d</i> corsivo,
-abbreviazione
-di Digesto, traversato da una linea, che dagli editori
-fu scambiato per un doppio <i>f</i>. Vedi <span class="smcap">Cramer</span>, <i>Progr. de sigla
-Digestorum ff.</i> Chilon 1790. Spesso, nel citar le leggi, invece
-di L. si pone <i>fr.</i>, perchè in fatto son piuttosto frammenti.
-</p>
-
-<p>
-Già al tempo che si compilarono le Pandette, molte opere di
-diritto erano o perdute o scarse a Costantinopoli, poichè di Casellio
-vi si dice che <i>scripta non extant, sed unus liber</i>; di Trebazio,
-che <i>minus frequentatur</i>; di Tuberone, che <i>libri parum grati
-sunt</i>, ecc. ecc. Le Pandette stesse poco mancò non andassero
-perdute; giacchè, se anche è una storiella quella dell'unica copia
-serbatasi ad Amalfi, ne prova però la rarità. Più tardi gli eruditi
-raggranellarono i brani de' varj autori sparsi per le Pandette,
-e li disposero secondo i libri dond'erano tolti; e ad alcuni passi
-recò non poca luce il ravvicinarli e paragonarli.
-</p>
-
-<p>
-Degli scrittori di diritto antegiustinianei pochi ci arrivarono
-intatti; i più, alterati da qualche legislatore, come tutti quelli
-nella raccolta giustinianea. Queste opere di diritto sono o <i>Libri
-prudentum</i>, o <i>Codices constitutionum</i>, ossieno diritto antico e
-diritto posteriore. Fra i primi voglionsi particolarmente mentovare:
-</p>
-
-<p>
-1. I frammenti <i>Regularum</i> di Ulpiano;
-</p>
-
-<p>
-2. Le <i>Instituta</i> di Gajo, di cui parliamo;
-</p>
-
-<p>
-3. Le <i>Receptæ Sententiæ</i> di Paolo, conservateci mutile dai
-Visigoti;
-</p>
-
-<p>
-4. <i>Lex Dei, sive Collatio legum mosaicarum et romanarum</i>,
-raccolta fatta sul dechino dell'Impero Occidentale, del
-pari che
-</p>
-
-<p>
-5. <i>Consultatio veteris jurisconsulti</i>;
-</p>
-
-<p>
-6. <i>Vaticana juris fragmenta</i>.
-</p>
-
-<p>
-I codici sono:
-</p>
-
-<p>
-1. Frammenti del Gregoriano e dell'Ermogeniano;
-</p>
-
-<p>
-2. Il Teodosiano;
-</p>
-
-<p>
-3. Le Novelle degli imperatori da Teodosio a Giustiniano.
-</p>
-
-<p>
-Le iscrizioni su pietra o su bronzo, contenenti testi di leggi,
-senatoconsulti, editti od atti, sono preziosi come testi autentici,
-mentre i libri non ci danno che le copie. Furono raccolti da
-Spangenberg (Berlino 1830) col titolo, <i>Antiquitatis romanæ
-monumenta legalia, extra libros juris romani sparsa</i>. Egli stesso
-avea pubblicato a Lipsia nel 1821 una raccolta d'atti del diritto
-romano, vale a dire contratti, testamenti e simili; <i>Juris romani
-tabulæ negotiorum solemnium, modo in ære, modo in marmore,
-modo in charta superstites</i>. E già ne' <i>Papiri diplomatici raccolti
-ed illustrati</i>, a Roma nel 1805, il Marini avea pubblicato
-una collezione d'atti sopra papiro.
-</p>
-
-<p>
-Delle leggi ed atti giuridici che abbiamo su bronzo, i principali
-sono:
-</p>
-
-<p>
-<i>Senatusconsultum de Bacchanalibus</i> del 567 di Roma, che
-riporteremo nell'<i>Appendice I</i>.
-</p>
-
-<p>
-<i>Lex Thoria agraria</i> del 613, che sta sul rovescio della
-tavola che contiene la <i>lex Servilia repetundarum</i> del 654
-circa;
-</p>
-
-<p>
-<i>Tabula Heracleensis</i>, frammenti trovati il 1732 nell'antica
-Eraclea presso Taranto, di varie leggi dal 664 al 680 di
-Roma, o, secondo Savigny, del 709: e sta nel museo di
-Napoli;
-</p>
-
-<p>
-<i>Plebiscitum de Thermensibus majoribus Pisidis</i>, forse del
-690, degente nel museo Borbonico, dove pure la <i>lex de
-scribis viatoribus;</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>Lex Rubria de Gallia Cisalpina, del 708 circa</i>: fu trovata
-mutila a Velleja, e deposta a Parma;
-</p>
-
-<p>
-<i>Lex Regia</i>, ossia il senatoconsulto dell'impero di Vespasiano,
-dell'823 di Roma: sta nel museo Capitolino, anch'essa
-mutila. Impropriamente chiamasi senatoconsulto:
-bensì tale è quello <i>de ædificiis negotiationis causa non
-diruendis</i>, dell'801 o 809, dissotterrato da Ercolano; e
-un altro <i>de Asclepiade Clazomenio</i>, uno <i>de Triburtibus</i>,
-uno in onore di Germanico.
-</p>
-
-<p>
-Si han pure due rescritti di Vespasiano dell'833, trovati uno
-a Malaga, l'altro in Corsica; un'<i>Epistola Domitiani, spectans
-ad litem inter Falerienses et Firmanos de subsecivis</i>, trovata
-presso Faleria; l'<i>Edictum Diocletiani de prætiis rerum</i>, del 303
-d. C., tariffa dei prezzi e de' salarj, del quale un esemplare sta
-nel Museo Britannico, un altro a Aix: l'<i>Edictum Constantini
-Magni de ordine judiciorum publicorum</i> del 311 d. C., tratto
-da schede della Biblioteca Ambrosiana. Va anche mentovata
-l'orazione di Claudio imperatore in senato sul comunicare
-la cittadinanza ai Galli, la quale si conserva a Lione in due
-pezzi di bronzo; e <i>Tabula Trajani alimentaria</i> sui fondi destinati
-da Trajano ad un ospizio di orfani nel 108 d. C., scoperta
-il 1747 a Velleja. Altre riferiscono testamenti, rendite,
-rescritti di magistrati, atti municipali, determinazioni di confini,
-fra' quali vuole una menzione particolare la sentenza, resa nel
-633 di Roma, sopra le differenze nate tra i Genuesi e i Genuati,
-e che conservasi nel palazzo municipale di Genova.
-</p>
-
-<p>
-Nel secolo <span class="smcap lowercase">XVI</span> cominciaronsi indagini storiche sopra il diritto
-romano, e massime i Batavi ne meritarono ottimamente. Lavori
-grandiosi però non apparvero che entrante il secolo passato; e
-primo quello di Gian Vincenzo Gravina, che nel 1701 pubblicò
-<i>Origines juris civilis</i>; poi in Germania Eineccio nel 1716, <i>Antiquitatum
-romanarum jurisprudentiam illustrantium syntagma</i>,
-che è il sunto più compito e chiaro degli studj storici fatti sin
-allora. Questo riguarda solo la storia interna del diritto romano;
-l'esterna fu dal medesimo trattata nell'<i>Historia juris civilis
-romani ac germanici</i>. Alla 1733.
-</p>
-
-<p>
-La quale distinzione della storia esterna ed interna fu prima
-introdotta dal Leibniz. L'esterna, ossia generale, considera solo
-l'andamento della legislazione d'un popolo, dando a conoscere
-l'origine e i progressi delle fonti del diritto, cioè de' costumi, delle
-leggi, de' codici, gli avvenimenti politici che v'ebbero influenza,
-la successione dei giureconsulti, le scuole loro, le opere e l'efficacia
-sulle riforme della legislazione. L'interna, o vogliasi dire
-<i>le antichità del diritto</i>, è la storia speciale de' principj del diritto
-medesimo, mostrando come progredirono lo stato delle persone,
-il reggimento domestico, la storia delle proprietà, delle istituzioni
-giudiziali, delle leggi penali, insomma le particolarità della
-legislazione d'un popolo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note206">
-<p><span class="label"><a href="#tag206">206</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dell'autorità attribuita alla consuetudine, molte testimonianze
-abbiamo: <i>Pleraque in jure non legibus, sed moribus
-constant</i>. <span class="smcap">Quintiliano</span>, Instit., v. 3. — S<i>ed et ea quæ longa
-consuetudine comprobata sunt, velut tacita civium conventio,
-non minus quam ea quæ scripta sunt, jura servantur</i>. Leg. 35
-pr. Dig. tit. <span class="smcap lowercase">I</span>. lib. 3. — <i>Omne jus aut consensus fecit, aut necessitas
-constituit, aut firmavit consuetudo</i>. Leg. 40 ivi. — Anche
-Portalis, nel discorso preliminare al Codice francese, pose: <i>Les
-codes des peuples se font avec le temps, mais, à proprement
-parler, on ne les fait pas.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note207">
-<p><span class="label"><a href="#tag207">207</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Plutarco, in <i>Romolo</i>; <span class="smcap">Dionigi d'Alicarnasso</span>, lib. <span class="smcap lowercase">II</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note208">
-<p><span class="label"><a href="#tag208">208</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Sei stuprum commisit aliudve peccassit, maritus judex et
-vindex estod, deque eo cum cognatis gnoscitod.</i> XII Tavole.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note209">
-<p><span class="label"><a href="#tag209">209</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi tutta l'<i>Aulularia</i> di Plauto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note210">
-<p><span class="label"><a href="#tag210">210</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Giustiniano</span>, Nov. 91.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note211">
-<p><span class="label"><a href="#tag211">211</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Giustiniano</span>, Nov. 53.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note212">
-<p><span class="label"><a href="#tag212">212</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Tutoris auctoritas necessaria est mulieribus, si lege aut
-legitimo judicio agant, si se obligent, si civile negotium gerant.</i>
-<span class="smcap">Ulpiano</span>, Framm. tit. <span class="smcap lowercase">XI</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note213">
-<p><span class="label"><a href="#tag213">213</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Nov.</i> 118, cap. 5.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note214">
-<p><span class="label"><a href="#tag214">214</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sotto l'impero figurano grandemente Giulia Domna, Soemi,
-Mammea, Zenobia; e al declinare di esso Pulcheria, Eudossia,
-Placidia, Onoria, Giustina.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note215">
-<p><span class="label"><a href="#tag215">215</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sant'Ambrogio (<i>Hexameron</i>, lib. <span class="smcap lowercase">VI</span>. c. 4. § 22) scrive:
-<i>Natura hoc bestiis infundit, ut catulos proprios ament, et fœtus
-suos diligant. Nesciunt illa odia novercalia, nec, mutato concubitu,
-parentes a sobole depravantur, neque noverunt præferre
-filios posterioris copulæ. Nesciunt charitatis differentiam.</i> — Vedi
-il Cod. Teod. <i>De secundis nuptiis</i>; e <span class="smcap">Pothier</span>, <i>Pandectæ</i>,
-tom. <span class="smcap lowercase">II</span>. p. 89.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note216">
-<p><span class="label"><a href="#tag216">216</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sotto Giustiniano potea ciascuno avere la concubina:
-<i>Cujuscumque ætatis concubinam haberi posse palam est, nisi
-minor annis duodecim sit.</i> Dig. lib. <span class="smcap lowercase">XIV</span>. tit. 1. I. 4. Vanno in tal
-senso intesi i passi di concilj o d'autori ecclesiastici, ove si parla
-della concubina.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note217">
-<p><span class="label"><a href="#tag217">217</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sant'Agostino vuole che la madre abbia il maggior diritto
-nel maritare la figlia, se pur questa non sia maggiorenne:
-<i>Puellæ fortassis... apparebit et mater, cujus voluntatem in
-tradenda filia omnibus, ut arbitror, natura præponit; nisi
-eadem puella in ea ætate fuerit, ut jure licentiori sibi ipsa eligat
-quod velit.</i> Ep. 233 ad Benenatum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note218">
-<p><span class="label"><a href="#tag218">218</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Furono ridotti in versi a questo modo:
-</p>
-
-<p>
-dirimenti&nbsp;—
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Error, conditio duplex, insania mentis,</i></p>
-<p class="i01"><i>Nec non mandati vitium, puerilis et ætas,</i></p>
-<p class="i01"><i>Raptus, adulterium, cædes, cognatio, votum,</i></p>
-<p class="i01"><i>Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas,</i></p>
-<p class="i01"><i>Si sit affinis, si clandestinus, et impos;</i></p>
-<p class="i01"><i>Hæc facienda vetant connubia, facta retractant.</i></p>
-</div></div>
-
-<p>
-impedienti&nbsp;—
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Ecclesiæ vetitum, nec non tempus feriatum,</i></p>
-<p class="i01"><i>Atque catechismus, sponsalia, jungite votum,</i></p>
-<p class="i01"><i>Par nisi sit cultus, nisi proclamatio terna,</i></p>
-<p class="i01"><i>Ni sacer accedat ritus, patrisque voluntas;</i></p>
-<p class="i01"><i>Hæc prohibent fieri, permittunt facta teneri.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note219">
-<p><span class="label"><a href="#tag219">219</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Arcadio temperò questo rigore, assolvendo dal fuoco;
-poi abrogò la legge. Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">III</span>. tit. 7. l. 2; tit. 12. l. 3;
-lib. <span class="smcap lowercase">V</span>. tit. 4. l. 19.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note220">
-<p><span class="label"><a href="#tag220">220</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Penes nos occultæ conjunctiones, idest non prius apud
-Ecclesiam professæ, juxta mœchiam et fornicationem judicari
-periclitantur.</i> <span class="smcap">Tertulliano</span>, De prudentia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note221">
-<p><span class="label"><a href="#tag221">221</a>.&nbsp;&nbsp;</span>— La chiesa (dice Tertulliano) prepara il matrimonio, e
-ne stende il contratto, l'oblazione delle preghiere lo conferma,
-la benedizione il suggella, Dio lo ratifica. Due fedeli portano
-lo stesso giogo; non sono che una carne sola, un solo spirito;
-pregano insieme, insieme digiunano, insieme sono alla chiesa,
-alla mensa divina, nelle traversie, nella pace». <i>Ad uxorem</i>. — Del
-quale testo porge un esteso commento il Goudefroy
-sulla legge <span class="smcap lowercase">III</span> del Cod. Teod. <i>De nuptiis</i>. E dopo Tertulliano
-viveva Modestino, che del matrimonio diede l'elegantissima definizione
-<i>conjunctio maris et fœminæ, consortium totius vitæ, divini
-et humani juris communicatio</i>. Dig. <i>De ritu nupt.</i> I. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note222">
-<p><span class="label"><a href="#tag222">222</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Repudium, quod permissum aliquando, jam prohibet...
-Solus enim separabit qui et conjunxit... In totum enim, sive
-per nuptias, sive vulgo, alterius viri admissio adulterium pronuntietur.</i>
-<span class="smcap">Tertulliano</span>, De monogamia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note223">
-<p><span class="label"><a href="#tag223">223</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">III</span>. <i>De patria potestate</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note224">
-<p><span class="label"><a href="#tag224">224</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Inst., <i>Per quas personas</i>. Gotofredo (sulla legge del Cod.
-Teod. <i>de maternis bonis</i>) avverte che ciò stabilivasi <i>christiana
-disciplina paullatim patriæ potestatis duritiem emolliente</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note225">
-<p><span class="label"><a href="#tag225">225</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Paolo</span>, <i>Sent.</i> v. 1. <span class="smcap">Bynckershoeck</span>, <i>De jure occidendi
-liberos</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note226">
-<p><span class="label"><a href="#tag226">226</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Svetonio</span>, in <i>Claudio</i>, 25; Dig. lib. <span class="smcap lowercase">XLVIII</span>. tit. 8. l. 2;
-lib. <span class="smcap lowercase">II</span>. tit. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note227">
-<p><span class="label"><a href="#tag227">227</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Sparziano</span> in <i>Hadriano</i>, 19. — <i>Dominorum potestatem in
-suos servos illibatam esse oportet, nec cuipiam hominum jus
-suum detrahi</i>. Dig. lib. <span class="smcap lowercase">II</span>. tit. <span class="smcap lowercase">I</span>. l. 6.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note228">
-<p><span class="label"><a href="#tag228">228</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">I</span>. tit. 19. l. 1; lib. <span class="smcap lowercase">VII</span>. tit. 13. l. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note229">
-<p><span class="label"><a href="#tag229">229</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Florio, <i>Hist.</i>, <span class="smcap lowercase">III</span>. 20.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note230">
-<p><span class="label"><a href="#tag230">230</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 12. l. 1; tit. 18. l. 40. tit. 12. l. 1;
-Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">III</span>. tit. 38. l. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note231">
-<p><span class="label"><a href="#tag231">231</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Opera capitale su questo punto è <span class="smcap">Savigny</span>, <i>Das
-Recht
-des Besitzes</i>. Giessen 1803. Vi fecero dilucidazioni e commenti
-<span class="smcap">Warn-König</span> (<i>Analyse du Traité de la possession par M. de
-Savigny</i> Liegi 1824), e <span class="smcap">Lherminier</span> (<i>De possessione;
-analytica
-Savinianæ doctrinæ expositio.</i> Parigi 1828).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note232">
-<p><span class="label"><a href="#tag232">232</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tit. <i>De usucapione</i>, e <i>De nudo jure Quiritium tollendo</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note233">
-<p><span class="label"><a href="#tag233">233</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cicerone prova che Archia era cittadino romano perchè
-fece testamento.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note234">
-<p><span class="label"><a href="#tag234">234</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Inst. <span class="smcap lowercase">II</span>. 22, <i>De lege Falcidia</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note235">
-<p><span class="label"><a href="#tag235">235</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Aucupatione syllabarum insidiantes</i>. L. <span class="smcap lowercase">II</span>. del Cod. Giust.
-<i>De formulis</i>, dell'anno 342.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note236">
-<p><span class="label"><a href="#tag236">236</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">III</span>. tit. 1. l. 13.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note237">
-<p><span class="label"><a href="#tag237">237</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">XIV</span>, tit. 1. l. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note238">
-<p><span class="label"><a href="#tag238">238</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ulpiano scrive che, se una donna fu successivamente
-concubina del patrono, poi del figlio di esso, e ancora del figlio
-di questo, non crede operi regolarmente: <span class="smcap lowercase">NON PUTO EAM RECTE
-FACERE</span>. Dig. lib. <span class="smcap lowercase">I</span>. tit. 1. l. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note239">
-<p><span class="label"><a href="#tag239">239</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Aliudve quid simile admiserint</i>. Dig., tit. <i>Ad leg. Jul. maj.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note240">
-<p><span class="label"><a href="#tag240">240</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Sacrilegii instar est dubitare an dignus sit quem elegerit
-imperator</i>. Cod. <i>De crim. sacril.</i> La copiò re Ruggero nelle costituzioni
-di Napoli, tit. <span class="smcap lowercase">IV</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note241">
-<p><span class="label"><a href="#tag241">241</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Nam ipsi pars corporis nostri sunt</i>. Dig. l. cit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note242">
-<p><span class="label"><a href="#tag242">242</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod. Teod., tit. <i>De falsa moneta</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note243">
-<p><span class="label"><a href="#tag243">243</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ammiano Marcellino, <span class="smcap lowercase">XVI</span>. 8.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note244">
-<p><span class="label"><a href="#tag244">244</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 8. l. 6.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note245">
-<p><span class="label"><a href="#tag245">245</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lib. <span class="smcap lowercase">IV</span>. tit. 15; lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 42; lib. <span class="smcap lowercase">X</span>. tit. 8. 9. 10.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note246">
-<p><span class="label"><a href="#tag246">246</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>, tit. 8. l. 1 e 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note247">
-<p><span class="label"><a href="#tag247">247</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Vopisco</span> in <i>Alex. Sev.</i>; Cod. Teod., tit. <i>Ad leg. Jul. maj.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note248">
-<p><span class="label"><a href="#tag248">248</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Nomina quidem servavimus, legum autem veritatem
-nostram fecimus. Itaque si quid erat in illis seditiosum (multa
-etiam talia erant ibi reposita), hoc decisum est et definitum, et
-in perspicuum finem deducta est quæque lex</i>. Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">I</span>.
-tit. 17. l. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note249">
-<p><span class="label"><a href="#tag249">249</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod. Teod. tit. <i>De petit.</i>, e <i>De famos. libell.</i> — Le seguenti
-leggi trovansi sparse nel codice stesso.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note250">
-<p><span class="label"><a href="#tag250">250</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ivi, tit. <i>De indulg. crim.</i> — Il Muratori, nel riferir ciò
-all'anno 409, dice che tal costume durava a' suoi giorni in moltissimi
-luoghi della cristianità, e nominatamente a Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note251">
-<p><span class="label"><a href="#tag251">251</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ivi, lib. <span class="smcap lowercase">XI</span>, tit. 30. l. 68; Cod. Giust., De leg. <i>Digna vox</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note252">
-<p><span class="label"><a href="#tag252">252</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Nitimur aliquid invenire semper et naturæ consequens,
-et quod possit priora corrigere</i>. Nov. 18 præf.
-</p>
-
-<p>
-Il sig. Troplong, nell'<i>Influenza del cristianesimo sopra la
-legislazione</i>, conchiude: — Il diritto romano fu migliore nell'età
-cristiana che nelle antecedenti; e il dire contrario è paradosso o
-mala intelligenza; ma è inferiore alle legislazioni moderne, nate
-all'ombra del cristianesimo, e meglio penetrate del suo spirito».
-</p>
-
-<p>
-Gaudenzio Paganini nel 1638 beffò Giustiniano amaramente
-per avere abolito le leggi d'agnazione, ed essersi mostrato favorevole
-alle ragioni delle donne. Sagrifizio alle idee pagane, che
-vorrebbe nei secoli cristiani resuscitare i pregiudizj di Catone,
-il privilegio contro il diritto comune.
-</p>
-
-<p>
-Il grancancelliere L'Hôpital, volendo sviare i Francesi dalla
-legislazione romana per tenerli alle consuetudini patrie, incaricò
-Francesco Holmann di scrivere l'<i>Anti-Tribonien, ou Discours
-sur l'étude des lois</i>; dove, animandosi dell'odio contro Cujaccio,
-flagella non solo la giustinianea, ma tutta la legislazione romana,
-con acutezza e ardimento talvolta felice, sempre parziale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note253">
-<p><span class="label"><a href="#tag253">253</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Paolino, nella <i>Vita di sant'Ambrogio</i>. Anche Orosio ed
-altri autori ascrivono la vittoria su Radagaiso a miracolo; e a
-Firenze e nel Mugello si alzarono allora chiese a santa Reparata.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note254">
-<p><span class="label"><a href="#tag254">254</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Zosimo</span>, lib. 5.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note255">
-<p><span class="label"><a href="#tag255">255</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel 1554 fu trovato sul Vaticano il costei cadavere, con
-molti oggetti preziosi; ne' soli abiti aveva trentasei libbre d'oro.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note256">
-<p><span class="label"><a href="#tag256">256</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fa pietà l'orrore che Rutilio Numaziano mostra per quell'enorme
-colpa, ch'egli trova peggiore di quella di Nerone:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Omnia tartarei cessent tormenta Neronis,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Consumat stygias tristior umbra faces.</i></p>
-<p class="i01"><i>Hic immortalem, mortalem percutit ille;</i></p>
-<p class="i02"> <i>Hic mundi matrem perdidit, ille suam.</i></p>
-<p class="i13"> Itinerarium, <span class="smcap lowercase">II</span>.</p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note257">
-<p><span class="label"><a href="#tag257">257</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, lib. <span class="smcap lowercase">XIV</span>. Secondo Dureau de la
-Malle, l'Egitto aveva appena un milione d'abitanti; un milione
-e ducentomila la Sicilia; dieci milioni la Gallia; qualcosa meno
-l'Italia; la Grecia, deserta.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note258">
-<p><span class="label"><a href="#tag258">258</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nella descrizione di quella peste trovansi molti sintomi
-simili al vajuolo, che molti credono abbia preceduto la invasione
-degli Arabi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note259">
-<p><span class="label"><a href="#tag259">259</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Vopisco</span>, 48.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note260">
-<p><span class="label"><a href="#tag260">260</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, <span class="smcap lowercase">XVIII</span>. 5; <span class="smcap lowercase">XXXI</span>. 9.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note261">
-<p><span class="label"><a href="#tag261">261</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Epist.</i> 39.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note262">
-<p><span class="label"><a href="#tag262">262</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod. Teod., lib. XI. tit. 28. l. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note263">
-<p><span class="label"><a href="#tag263">263</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Dione</span>, lib. <span class="smcap lowercase">LXXV</span>. E desolazione e briganti sono dunque di
-buona pezza anteriori al dominio dei papi, cui se ne ascrive
-la colpa.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note264">
-<p><span class="label"><a href="#tag264">264</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">XV</span>. tit. 47. l. 1; lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 30. l. 3. 5.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note265">
-<p><span class="label"><a href="#tag265">265</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ivi, lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 34.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note266">
-<p><span class="label"><a href="#tag266">266</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Sidonio Apollinare</span>, <i>Ep.</i> v. 5. Di Scronato egli dice:
-<i>Exultans Gothis, insultansque Romanis, leges theodosianas
-calcans, theodoricinasque praeponens... Barbaris provincias
-propinans</i>. Ep. <span class="smcap lowercase">VII</span>. 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note267">
-<p><span class="label"><a href="#tag267">267</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Socrate</span>, <i>Storia eccl.</i>, v. 8.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note268">
-<p><span class="label"><a href="#tag268">268</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Claudiano</span>, <i>in Eutropium</i>, <span class="smcap lowercase">I</span>, 401.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note269">
-<p><span class="label"><a href="#tag269">269</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lib. <span class="smcap lowercase">XXVIII</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note270">
-<p><span class="label"><a href="#tag270">270</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Agostino</span>, <i>De civ. Dei</i>, I. 32; <span class="smcap">Orosio</span>, <span class="smcap lowercase">I</span>. 6.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note271">
-<p><span class="label"><a href="#tag271">271</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De Providentia</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note272">
-<p><span class="label"><a href="#tag272">272</a>.&nbsp;&nbsp;</span>San Girolamo (<i>adversus Rufinum</i>, lib. <span class="smcap lowercase">II</span>) ricorda Filistone,
-Lentulo, Marullo, altri autori di commedie biologiche ed etologiche,
-drammi ove si riproduceano le abitudini della vita domestica
-e che perciò sarebbero preziosi a conoscere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note273">
-<p><span class="label"><a href="#tag273">273</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tutto ciò raccogliamo da un curiosissimo frammento di
-Olimpiodoro, conservatoci da Fozio. Il quale Olimpiodoro compose
-un verso che in latino suona:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Est urbs una domus: mille urbes continet una urbs.</i></p>
-</div></div>
-
-<p>
-Anche Rutilio Numaziano (<i>Itinerarium</i>, <span class="smcap lowercase">III</span>) canta:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Quid loquar inclusas inter laquearia sylvas</i></p>
-<p class="i01"><i>Vernula quæ vario carmine ludit avis?</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note274">
-<p><span class="label"><a href="#tag274">274</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Epist.</i> 14.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note275">
-<p><span class="label"><a href="#tag275">275</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Simmaco</span>, lib. <span class="smcap lowercase">VIII</span>. ep. 65.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note276">
-<p><span class="label"><a href="#tag276">276</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ipsa Roma orbis domina, in singulis insulis domibusque,
-Tutelæ simulacrum cereis venerans ac lucernis, quam ad tuitionem
-ædium isto appellant nomine, ut tam intrantes quam exeuntes
-domos suas, inoliti semper commoveantur erraris</i>. <span class="smcap">San Girolamo</span>,
-Comm. in Isaia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note277">
-<p><span class="label"><a href="#tag277">277</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, <span class="smcap lowercase">XIV</span>. 6. <span class="smcap lowercase">XXVIII</span>. 2. — <i>Plena sunt
-conventicula nostra hominibus, qui tempora rerum agendarum
-a mathematicis accipiunt. Jam vero, ne aliquid inchoetur aut
-ædificiorum aut hujusmodi quorumlibet operum diebus quos
-ægyptiacos vocant, sæpe etiam nos movere non dubitant</i>. <span class="smcap">S. Agostino</span>,
-Expos. epist. ad Galatas, cap. IV.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note278">
-<p><span class="label"><a href="#tag278">278</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sant'Agostino non approva il fatto, <i>De civ. Dei</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>. 17.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note279">
-<p><span class="label"><a href="#tag279">279</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Sozomene</span>, <span class="smcap lowercase">IX</span>. 10.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note280">
-<p><span class="label"><a href="#tag280">280</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Giornandes</span>, <i>De rebus goticis</i>, cap. <span class="smcap lowercase">XXX</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note281">
-<p><span class="label"><a href="#tag281">281</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lo disse egli stesso ad un Narbonese, il quale lo riferì a
-san Girolamo in un suo pellegrinaggio a Terrasanta, presente
-Orosio, che ce lo tramandò, lib. <span class="smcap lowercase">VII</span>. 43.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note282">
-<p><span class="label"><a href="#tag282">282</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Olimpiodoro, presso Fozio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note283">
-<p><span class="label"><a href="#tag283">283</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Orosio dice tremila ducento legni; Marcellino settecento.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note284">
-<p><span class="label"><a href="#tag284">284</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Procopio</span>, <i>De bello gotico</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note285">
-<p><span class="label"><a href="#tag285">285</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È la legge che uffizialmente riconobbe il culto cristiano
-come unico dominante, <span class="smcap lowercase">XVI</span> <i>kalendas decembris</i> 408. Cod. Teod.,
-lib. <span class="smcap lowercase">XVI.</span> tit. 10. l. 29.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note286">
-<p><span class="label"><a href="#tag286">286</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ivi, lib. <span class="smcap lowercase">XVI.</span> tit. 10. l. 13. 14. 15. 16.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note287">
-<p><span class="label"><a href="#tag287">287</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Giornandes</span>, <i>De rebus goticis</i>, cap. 33.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note288">
-<p><span class="label"><a href="#tag288">288</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Siccome De Guignes, <i>Histoire des Huns, des Turcs et des
-Mongols</i>, 1756-58. Lo contraddissero Ghébard nella <i>Storia d'Ungheria</i>,
-I, 187, poi Klaproth, Rémusat, e omai tutti gli Orientalisti.
-Bensì Rémusat e Saint-Martin riconobbero i Geti e gli Asi
-negli Yue-ti e Osi, rammentati negli annali dei Cinesi come
-biondi. In una relazione dei regni buddici troviamo verso il 500
-gli Yue-ti in guerra coi popoli sulle rive dell'Indo, per disputare
-la tazza d'oro di Budda. Le ragioni etimologiche hanno scarso
-valore, allorchè sieno isolate. In fatti Bergmann (nel <i>Nomadische
-Streifereien unter den Kalmuken</i>. Riga 1804, vol. I. p. 129)
-trova la radice del nome di <i>Muntsak</i> padre di Attila nel mongolo
-<i>mu</i> cattivo e <i>tzak</i> tempo; Attila è da lui mutato in <i>Etzel</i>, che
-significa qual cosa di maestoso. Egualmente, o con meno stiracchiatura,
-si spiegano col parlare ungherese: Attila è <i>atzel</i> acciajo;
-Muntsag, <i>ment tseg</i> fertilità. Altri potrebbe dedurre il nome
-d'Attila dalla radice <i>atta, atti, ætti,</i> che in molte lingue asiatiche
-suona giudice, capo, re; donde Attalo re marcomanno,
-Attalo di Pergamo, Attalo mauro, Atea scita, Atalarico, Eticone,
-ecc. V'è chi riscontra i nomi di Bleda, Balamir, Munzuk
-nei nomi slavi di Blad o Vlad, Bolemir, Muzok.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note289">
-<p><span class="label"><a href="#tag289">289</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A questa descrizione di Giornandes si conforma quella di
-Sidonio Apollinare, vescovo di Clermont nel 472, il quale canta
-nel carme <span class="smcap lowercase">II</span>, vs. 245:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Gens animis membrisque minax: ita vultibus ipsis</i></p>
-<p class="i01"><i>Infantum suus horror inest. Consurgit in arctum</i></p>
-<p class="i01"><i>Massa rotunda caput; geminis sub fronte cavernis</i></p>
-<p class="i01"><i>Visus adest, oculis absentibus: acta cerebri</i></p>
-<p class="i01"><i>In cameram vix ad refugos lux pervenit orbes;</i></p>
-<p class="i01"><i>Non tamen et clausos, nam fornice non spatioso</i></p>
-<p class="i01"><i>Magna vident spatia, et majoris luminis usum</i></p>
-<p class="i01"><i>Perspicua in puteis compensat puncta profundis.</i></p>
-<p class="i01"><i>Tum, ne per malas excrescat fistula duplex,</i></p>
-<p class="i01"><i>Obtundit teneras circumdata fascia nares,</i></p>
-<p class="i01"><i>Ut galeis cedant. Sic propter prælia natos</i></p>
-<p class="i01"><i>Maternus deformat amor, quia tensa genarum</i></p>
-<p class="i01"><i>Non interjecto fit latior area naso.</i></p>
-<p class="i01"><i>Cætera pars est pulchra viris. Stant pectora vasta,</i></p>
-<p class="i01"><i>Insignes humeri, subcincta sub ilibus alvus.</i></p>
-<p class="i01"><i>Forma quidem pediti media est, procera sed extat</i></p>
-<p class="i01"><i>Si cernas equites, sic longi sæpe putantur</i></p>
-<p class="i01"><i>Si sedeant.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note290">
-<p><span class="label"><a href="#tag290">290</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Così chiamati non dai Vendi, ma da ἐν ἴημι, <i>venuti</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note291">
-<p><span class="label"><a href="#tag291">291</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Strabone</span>, lib. <span class="smcap lowercase">XI.</span></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note292">
-<p><span class="label"><a href="#tag292">292</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Æmula Bajanis Altini litora villis.</i> <span class="smcap">Marziale.</span></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note293">
-<p><span class="label"><a href="#tag293">293</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Una tradizione, che correva già ai tempi di Ottone da
-Frisinga, fa fondata Udine da Attila. Egli avea altro in vista
-che fondare città; ma forse su quell'altura, così singolare nel
-piano, si ritirò una parte della popolazione carnica del Friuli, e
-se ne formò quell'abitato, che però non trovasi nominato se
-non nel 983 quando Ottone II donò al patriarca Rodualdo
-<i>castellum Utini</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note294">
-<p><span class="label"><a href="#tag294">294</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Frammenti di Damascio</i> nella Biblioteca di Fozio, p. 1039.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note295">
-<p><span class="label"><a href="#tag295">295</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Lupus est homo homini; non homo, quem qualis sit non
-novit.</i> <span class="smcap">Plauto</span>, Asinaria, <span class="smcap lowercase">II.</span> 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note296">
-<p><span class="label"><a href="#tag296">296</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant.</i> <span class="smcap">Tacito</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note297">
-<p><span class="label"><a href="#tag297">297</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il nostro Gravina è uno dei primi che riconosca il merito
-delle conquiste romane. Aristotele pose, e Cicerone sostenne
-che la natura dà alla ragione l'imperio sopra la barbarie, e
-l'interesse de' popoli rozzi esige sieno sottomessi a dominazione
-intelligente. Ora la dominazione di Roma (dice esso Gravina,
-<i>Origo juris civilis</i>, <span class="smcap lowercase">I</span>. 16) fu la sola giusta, perchè <i>in
-vertice
-rationis humanæ</i>; non considerava come nemici che i nemici
-dell'umanità; non toglieva ai vinti che la facoltà di fare il male;
-imponeva servitù a quei soli che preferivano un'esistenza selvaggia
-al vivere sociale; mentre a' Greci e ad altri popoli civili
-permetteva di vivere secondo le leggi loro; proponeasi per iscopo
-di propagare la civiltà, e realizzare l'associazione universale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note298">
-<p><span class="label"><a href="#tag298">298</a>.&nbsp;&nbsp;</span></p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Hæc est quæ in gremium victos, quæ sola recepit,</i></p>
-<p class="i01"><i>Humanumque genus communi nomine fovit,</i></p>
-<p class="i01"><i>Matris non dominæ ritu, civemque vocavit</i></p>
-<p class="i01"><i>Quem domuit, nexuque pio longinqua redemit.</i></p>
-<p class="i01"><i>Hujus pacificis debemus moribus omnes</i></p>
-<p class="i01"><i>Quod, velut patriis regionibus, utitur hospes...</i></p>
-<p class="i01"><i>Quod cunctis gens una sumus.</i></p>
-<p class="i07"> <span class="smcap">Claudiano</span>, Consul. Stiliconis,<span class="smcap lowercase"> II</span>. 150.</p>
-</div></div>
-
-<p>
-Anche Plinio maggiore conobbe l'efficacia civilizzatrice dell'unità
-romana e della lingua: <i>Omnium terrarum alumna eadem
-et parens, numine Deum electa, quæ sparsa congregaret imperia,
-ritusque molliret, et tot populorum discordes ferasque linguas
-sermonis commercio contraheret, colloquia et humanitatem homini
-daret, breviterque una cunctarum gentium in toto orbe patria
-fieret</i>, <span class="smcap lowercase">III</span>. 6.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note299">
-<p><span class="label"><a href="#tag299">299</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Filia curialis, si, genitalis soli amore neglecto, in alia
-voluerit nubere civitate, quartam mox omnium facultatum suarum
-ordini conferat, a quo se alienari desiderat</i>. Nov. Major, IV.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note300">
-<p><span class="label"><a href="#tag300">300</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il nostro Cap. <span class="smcap lowercase">XLVII</span>. — Il decadimento personale
-dell'impero non potrebbe più al vivo ritrarsi di quel che fa Salviano,
-<i>De gubernatione Dei</i>, v. 5. 8: <i>Inter hæc vastantur pauperes,
-viduæ gemunt, orphani proculcantur, in tantum ut multi
-eorum, et non obscuris natalibus editi, et liberaliter instituti, ad
-hostes fugiant, ne persecutionis publicæ afflictione moriantur;
-quærentes scilicet apud Barbaros romanam humanitatem, quia
-apud Romanos barbaram inhumanitatem ferre non possunt. Et
-quamvis ab his, ad quos confugiunt, discrepent ritu, discrepent
-lingua, ipso etiam, ut ita dicam, corporum atque induviarum
-barbaricarum fætore dissentiant, malunt tamen in Barbaris
-pati cultum dissimilem, quam in Romanis injustitiam sævientem.
-Itaque passim vel ad Gothos, vel ad Bagaudas, vel ad alios
-ubique dominantes Barbaros migrant, et commigrasse non pænitet.
-Malunt enim sub specie captivitatis vivere liberi, quam
-sub specie libertatis esse captivi. Itaque nomen civium romanorum,
-aliquando non solum magno æstimatum, sed magno
-emptum, nunc ultro repudiatur ac fugitur, nec vile tantum, sed
-etiam abominabile pene habetur. Ecquod esse majus testimonium
-romanæ iniquitatis potest, quam quod plerique et honesti, et
-nobiles, et quibus romanus status summo et splendori esse debuit
-et honori, ad hoc tamen romanæ iniquitatis crudelitate compulsi
-sunt, ut nolint esse romani? E poco avanti: Ubi, aut in quibus
-sunt, nisi in Romanis tantum, hæc mala? Quorum injustitia
-tanta, nisi nostra? Franci enim hoc scelus nesciunt; Hunni ab
-his sceleribus immunes sunt; nihil horum est apud Vandalos,
-nihil horum apud Gothos. Tam longe enim est, ut hæc inter
-Gothos Barbari tolerent, ut ne Romani quidem, qui inter eos
-vivunt, ista patiantur. Itaque unum illic Romanorum omnium
-votum est, ne unquam eos necesse sit in jus transire Romanorum.
-Una et consentiens illic romanæ plebis oratio, ut liceat
-eis vitam, quam agunt, agere cum Barbaris. Et miramur, si
-non vincantur a nostris partibus Gothi, cum malint apud eos
-esse quam apud nos Romani! Itaque non solum transfugere ab
-eis ad nos fratres nostri omnino nolunt, sed, ut ad eos confugiant,
-nos relinquunt.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note301">
-<p><span class="label"><a href="#tag301">301</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gli scrittori ecclesiastici mostrano ben altri sentimenti
-verso gli Unni d'Attila e i Vandali di Genserico.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note302">
-<p><span class="label"><a href="#tag302">302</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Apocalissi</i>, cap. <span class="smcap lowercase">XVII.</span></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note303">
-<p><span class="label"><a href="#tag303">303</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, <i>Hist.</i>, <span class="smcap lowercase">XV.</span></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note304">
-<p><span class="label"><a href="#tag304">304</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Singulos universosque nostro monemus edicto, ut, romani
-roboris confidentia, ex animo quo debent propria defensare cum
-suis adversus hostes, si vis exegerit, salva disciplina publica, servataque
-ingenuitatis modestia, quibus potuerint armis, nostrasque
-provincias ac fortunas proprias, fideli conspiratione et juncto
-umbone tueantur</i>. Costituz. di Valentiniano III del 430.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note305">
-<p><span class="label"><a href="#tag305">305</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Sive integra diœcesis in commune consuluerit, sive singulæ
-inter se voluerint provinciæ convenire, nullius judicis potestate
-tractatus utilitati eorum congruus differatur; neve provinciæ
-rector, ac præsidens vicariæ potestati, aut ipsa etiam
-præfectura decretum æstimet requirendum</i>. Costituz. del 382.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note306">
-<p><span class="label"><a href="#tag306">306</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Costituz. del 418.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note307">
-<p><span class="label"><a href="#tag307">307</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Atto non raro nei primi Cristiani. Nell'<i>Epist.</i> <span class="smcap lowercase">I</span> di san Clemente
-leggiamo: — Molti de' nostri conoscemmo, i quali volontariamente
-si posero in ceppi per redimere altrui; molti che
-si assoggettarono alla schiavitù per pascere gli altri col prezzo
-della venduta libertà».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note308">
-<p><span class="label"><a href="#tag308">308</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Nov.</i> <span class="smcap lowercase">III</span>, in calce al Cod. Teod.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note309">
-<p><span class="label"><a href="#tag309">309</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Erano per lo più ottenute da favoriti, che ne abusavano
-per trarricchire colle più sottili arti. Una ci è nota dalle leggi.
-Essendosi peggiorata la moneta, pretendeano non ricevere che
-oro, portante il conio di Faustina e degli Antonini: il che raddoppiava
-l'aggravio; giacchè chi non ne avesse, dovea venire a
-gravose composizioni.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note310">
-<p><span class="label"><a href="#tag310">310</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Nov.</i> <span class="smcap lowercase">IV</span>, in calce al Cod. Teod.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note311">
-<p><span class="label"><a href="#tag311">311</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Sidonio</span>, <i>Paneg.</i></p>
-</div>
-</div>
-
-<div class="tnote">
-<p class="tntitle">
-Nota del Trascrittore
-</p>
-
-<p>
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione
-minimi errori tipografici. Il testo greco è stato trascritto tal quale, senza alcuna correzione.
-</p>
-
-<p class="covernote">
-Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.
-</p>
-</div>
-
-<div style='display:block; margin-top:4em'>*** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DEGLI ITALIANI, VOL. 4 (DI 15) ***</div>
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-or any Project Gutenberg&#8482; work, (b) alteration, modification, or
-additions or deletions to any Project Gutenberg&#8482; work, and (c) any
-Defect you cause.
-</div>
-
-<div style='display:block; font-size:1.1em; margin:1em 0; font-weight:bold'>
-Section 2. Information about the Mission of Project Gutenberg&#8482;
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-Project Gutenberg&#8482; is synonymous with the free distribution of
-electronic works in formats readable by the widest variety of
-computers including obsolete, old, middle-aged and new computers. It
-exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations
-from people in all walks of life.
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-Volunteers and financial support to provide volunteers with the
-assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg&#8482;&#8217;s
-goals and ensuring that the Project Gutenberg&#8482; collection will
-remain freely available for generations to come. In 2001, the Project
-Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure
-and permanent future for Project Gutenberg&#8482; and future
-generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary
-Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see
-Sections 3 and 4 and the Foundation information page at www.gutenberg.org.
-</div>
-
-<div style='display:block; font-size:1.1em; margin:1em 0; font-weight:bold'>
-Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non-profit
-501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the
-state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal
-Revenue Service. The Foundation&#8217;s EIN or federal tax identification
-number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary
-Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by
-U.S. federal laws and your state&#8217;s laws.
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-The Foundation&#8217;s business office is located at 809 North 1500 West,
-Salt Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up
-to date contact information can be found at the Foundation&#8217;s website
-and official page at www.gutenberg.org/contact
-</div>
-
-<div style='display:block; font-size:1.1em; margin:1em 0; font-weight:bold'>
-Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-Project Gutenberg&#8482; depends upon and cannot survive without widespread
-public support and donations to carry out its mission of
-increasing the number of public domain and licensed works that can be
-freely distributed in machine-readable form accessible by the widest
-array of equipment including outdated equipment. Many small donations
-($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt
-status with the IRS.
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-The Foundation is committed to complying with the laws regulating
-charities and charitable donations in all 50 states of the United
-States. Compliance requirements are not uniform and it takes a
-considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up
-with these requirements. We do not solicit donations in locations
-where we have not received written confirmation of compliance. To SEND
-DONATIONS or determine the status of compliance for any particular state
-visit <a href="https://www.gutenberg.org/donate/">www.gutenberg.org/donate</a>.
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-While we cannot and do not solicit contributions from states where we
-have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition
-against accepting unsolicited donations from donors in such states who
-approach us with offers to donate.
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-International donations are gratefully accepted, but we cannot make
-any statements concerning tax treatment of donations received from
-outside the United States. U.S. laws alone swamp our small staff.
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-Please check the Project Gutenberg web pages for current donation
-methods and addresses. Donations are accepted in a number of other
-ways including checks, online payments and credit card donations. To
-donate, please visit: www.gutenberg.org/donate
-</div>
-
-<div style='display:block; font-size:1.1em; margin:1em 0; font-weight:bold'>
-Section 5. General Information About Project Gutenberg&#8482; electronic works
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-Professor Michael S. Hart was the originator of the Project
-Gutenberg&#8482; concept of a library of electronic works that could be
-freely shared with anyone. For forty years, he produced and
-distributed Project Gutenberg&#8482; eBooks with only a loose network of
-volunteer support.
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-Project Gutenberg&#8482; eBooks are often created from several printed
-editions, all of which are confirmed as not protected by copyright in
-the U.S. unless a copyright notice is included. Thus, we do not
-necessarily keep eBooks in compliance with any particular paper
-edition.
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-Most people start at our website which has the main PG search
-facility: <a href="https://www.gutenberg.org">www.gutenberg.org</a>.
-</div>
-
-<div style='display:block; margin:1em 0'>
-This website includes information about Project Gutenberg&#8482;,
-including how to make donations to the Project Gutenberg Literary
-Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to
-subscribe to our email newsletter to hear about new eBooks.
-</div>
-
-</div>
-
-</body>
-</html>
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