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If you are not located in the United States, you -will have to check the laws of the country where you are located before -using this eBook. - -Title: Storia degli Italiani, vol. 4 (di 15) - -Author: Cesare Cantù - -Release Date: February 21, 2021 [eBook #64605] - -Language: Italian - -Character set encoding: UTF-8 - -Produced by: Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at - http://www.pgdp.net (This file was produced from images made - available by The Internet Archive) - -*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DEGLI ITALIANI, VOL. 4 (DI -15) *** - - STORIA - DEGLI ITALIANI - - - PER - CESARE CANTÙ - - - EDIZIONE POPOLARE - RIVEDUTA DALL'AUTORE E PORTATA FINO AGLI ULTIMI EVENTI - - TOMO IV. - - - - TORINO - UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE - 1875 - - - - -CAPITOLO XLIII. - -Da Comodo a Severo. Despotismo militare. - - -Di età la più felice del genere umano furono da alcuno qualificati gli -ottantaquattro anni dalla morte di Domiziano a quella di Marc'Aurelio; -e il nome degli Antonini restò così caro ai Romani, che i successori -l'aggiunsero al proprio, sebbene non curassero meritarselo; anzi -da quel punto si manifesta più apertamente, e senz'ammanti di -giurisdizione civile, il despotismo militare; pessima fra le tirannidi, -perchè soffoga le passioni che sono vita della società. - -Lo aveva preparato Augusto coll'incarnare nello Stato la forza militare -per mezzo delle guardie pretoriane. In onta dell'antica costituzione, -erano aquartierate in Italia; poi Tiberio, col pretesto d'esimere le -altre città dagl'incomodi alloggi e di mantener meglio la disciplina, -stanziò le loro dieci coorti sui colli Quirinale e Viminale, in un -campo fortificato donde padroneggiavano e minacciavano Roma; Vitellio -le crebbe a sedicimila. Erano più che bastanti a tener in freno -qualche milioni d'inermi; ma guaste negli ozj d'un'opulenta città, -vedendo dappresso i vizj del regnante e la fiacchezza del governo, si -persuadevano che nulla resisterebbe alla loro forza, e come arbitri -assoluti, davano e toglievano l'impero, non per altro, sovente, -che per la speranza del donativo. Gl'imperatori per connivenza ne -dissimulavano l'indisciplina, ne compravano il favore e il voto, che -esse pretendevano poter dare quali fiore e rappresentanti del popolo; -i loro capitani nei casi di Stato sedevano giudici[1], col qual mezzo -superarono di potenza i consoli stessi, e contribuirono a sfasciare il -senato. Quando poi Comodo nel prefetto del pretorio unì al militare -comando un'autorità civile, come ministro di Stato e presidente al -consiglio del principe, quella dignità divenne la prima dell'impero, -e se ne gloriarono Ulpiano, Papirio, Paolo, Modestino ed altri -giureconsulti di primo grido. - -Se la suprema podestà apparteneva alla forza, perchè anche le legioni -di provincia non sarebbonsi arrogato di salutare imperatore colui -che fossero disposte a sostenere colla spada? Massime dopo il tempo -che descrivemmo, essendo gli eletti per lo più stranieri, spesso -contendenti un coll'altro, scelti fra soldati, e costretti a vivere -nei campi, l'impero vestì sembianze affatto militari, e l'imperatore -non fu il primo magistrato di Roma, ma il generale degli eserciti, -e sua principale e quasi unica cura il contentar questi o frenarli. -Ma attesochè l'estensione dell'impero obbligava a mantenerne molti, -l'uno per gelosia chiarivasi nemico all'imperatore che fosse eletto -dall'altro esercito. Dopo che, coll'estinguersi la famiglia dei Cesari -e le succedutevi de' Flavj e degli Antonini, neppure un'ombra di -legittimità sosteneva que' principi di ventura, i soldati sentirono di -poterli fare e disfare, alzar sullo scudo o trafiggere colle spade. - -L'esercito poi e nel fondo e nelle forme era ben altra cosa da quello -che vinse il mondo. Augusto lo ridusse stabile, distribuito nelle -provincie di frontiera, di cui egli riservossi il governo, sicchè lo -stato civile rimaneva distinto dal militare: supremo difetto della -costituzione imperiale. La nobile gioventù di Roma e d'Italia non -aprivasi più la via alle magistrature col militare a cavallo, ma -coll'amministrar la giustizia e le rendite pubbliche: se si applicasse -alle armi, non per merito o per anzianità, ma per denaro o nobiltà -otteneva il comando d'un'ala di cavalleria o d'una coorte di pedoni. -Già Tiberio si lagnava non vi fossero volontarj, e mal si soffrisse -la disciplina. Trajano e Adriano sistemarono la milizia quale si -conservò sino alla fine dell'impero; e sui loro regolamenti è fondato -il compendio di Vegezio _De re militari_. Augusto aveva assegnato a -ciascun pretoriano due dramme al giorno, cioè ottantadue centesimi; -Domiziano portò la paga a novecensessanta dramme l'anno; sotto Comodo -ne ricevevano mille ducencinquanta, se ben leggiamo un passo confuso -di Dione al libro LXXII, discusso da Valois e Reimar. Le altre -truppe, fra il 536 e il 703 di Roma, ebbero venticinque centesimi il -giorno, sotto Giulio Cesare cinquantuno, sotto Augusto quarantanove, -quarantotto sotto Tiberio, quarantacinque sotto Nerone, quarantaquattro -sotto Galba, quarantatre sotto Otone, quarantaquattro sotto Vitellio, -Vespasiano e Tito, cinquantasette sotto Domiziano. - -Delle venticinque legioni che erano sotto Augusto, sedici furono poi -licenziate o incorporate nelle altre: ma Nerone, Galba, Vespasiano, -Domiziano, Trajano, Marc'Aurelio ed Alessandro Severo ne formarono -tredici nuove. Ciascuna componevasi di cinquemila uomini; e al tempo -di quest'ultimo imperatore, tre accampavano in Bretagna, una nell'Alta -e due nella Bassa Germania, una in Italia, una nella Spagna, una nella -Numidia, una fra gli Arabi, due nell'irrequieta Palestina, altrettante -nella Mesopotamia, e così nella Cappadocia, due nella Bassa ed una -nell'Alta Mesia, una nel Norico, una nella Rezia: dell'altra non -sappiamo il posto. Il numero ne variò poi, e fin trentasette furono -imperante Diocleziano. Ad alcuni paesi imponevasi d'offrire truppe -ausiliari, che si esercitavano colla disciplina romana, ma nelle armi -cui ciascuno avevano avvezzato la patria e l'educazione; il che metteva -ogni legione in grado d'affrontarsi con qualsifosse altra gente, -comunque armata. Inoltre si menava appresso un treno di dieci grandi -macchine militari e cinquantacinque minori da avventare projetti; oltre -l'occorrente per piantare un campo. - -Corruttela agli uni e scoraggiamento agli altri recò la distinzione -delle truppe in _palatine_ e _di frontiera_; quelle destinate agli ozj -cittadini, queste agli stenti del campo con soldo maggiore; sicchè mal -sentivansi animate a respingere il nemico quando pensassero che i loro -commilitoni marcivano in pingui riposi. - -Le prime guerre Roma sostenne coll'armi proprie e dei popoli vinti, -obbligati a tributare un certo numero di cavalli e fanti, di navi e -marinaj. Obbedivano questi a capi di loro nazione; e sebbene talvolta -eguagliassero, talaltra eccedessero anche in quantità l'esercito -romano, li teneva in rispetto l'essere scelti ciascuno da gente -diversa, scevri dalle legioni, dipendenti dal generale supremo. Cesare -pel primo assoldò Barbari; Augusto imitò ed estese l'esempio, e per -sicurezza propria ne introdusse fra le guardie pretoriane. Progredendo, -l'Italia si trovò esausta di forze, i socj ridotti a provinciali e -privati dell'uso delle armi; onde fu necessario ricorrere ai Barbari. -I Germani, gente robusta ed agguerrita, volentieri ponevano a servizio -altrui il proprio valore, contenti di tenue soldo e scarsa prebenda; -sicchè furono preferiti dagl'imperatori, cui sembrava anche vantaggioso -il decimare così quei formidabili. - -Però la tirannide uccide se stessa. Coll'escludere dalle armi -i provinciali e i cittadini, separavasi la forza dall'interesse -d'adoprarla; ottenevasi per avventura la quiete, ma si spegneva -il valore; nel mentre si rendevano più formidabili i nemici -coll'aggiungere la disciplina al naturale coraggio. Costoro ben presto -entrarono anche tra le privilegiate file legionarie; poi, non più -bande, ma popolazioni intere vennero assoldate: infidi ajuti, che nel -frangente ricusavano travagliarsi contro i proprj fratelli; avidi, -preferivano il sacco alla battaglia; capricciosi, costringevano il -generale a far giornata quando e dove meno convenisse; infine torcevano -le armi contro i proprj maestri. - -Insomma le minaccie dei Barbari aveano reso necessario l'esercito, -e perciò l'onnipotenza imperiale; vero governo militare, parallela -al quale svolgeasi un'altra civiltà pacifica; quello opprimendo, -questa costituendo leggi sapienti. Una serie d'insigni guerrieri -portati all'impero ritardò per avventura l'invasione da ogni parte -minacciata, ma recavano sul trono le dispotiche e feroci abitudini -dell'accampamento e della guerra. Dalle spade alzati, da queste -abbattuti, qualvogliasi riforma restava impedita dall'effimera -loro durata, e dall'obbligo di vegliar sempre in armi contro gli -stranieri, e più contro gli usurpatori, che con altrettanto diritto -si sollevavano, e che si sostenevano col tenersi amici i soldati per -gratitudine del passato e per apprensione dell'avvenire. - -Comodo, successore di Marc'Aurelio, ricco solo di forza, lussuria e -codardia, fu il primo imperatore nato da padre regnante; ma si credè -generato da uno dei gladiatori che Faustina dalla sanguinosa palestra -chiamava a contaminare il talamo di Marc'Aurelio. Gli esempj e le -lezioni di questo non ne corressero l'indole; e a dodici anni trovando -soverchiamente scaldata l'acqua del bagno, ordinò di gettar nel -fornello il bagnajuolo. - -Arrivato al trono di venti (180 — 17 marzo), benchè non -avesse nè emuli da tor di mezzo, nè ambizioni o memorie da sradicare, -sbrigliasi a tutte le crudeltà che potevano suggerirgli il carattere -atroce e fomenti malvagi: si compiace di veder uomini alla tortura; -vantandosi esperto chirurgo, fa sue prove sopra infelici, che costringe -ricorrere a' suoi consulti; girando notturno per le vie, a chi taglia -per celia un piede, a chi cava un occhio; gitta alle belve uno perchè -avea detto lui e Caligola esser nati lo stesso giorno; un altro fende -in due di netto, per mostra di sua gagliardia; vestito da Ercole -compare in pubblico, onde intitolarsi vincitore de' mostri. Per -ostentare al _genere umano_ le sue virtù, scende ignudo nell'arena, -che i predecessori suoi avevano interdetta ai senatori, e non essendo -mai rimasto ferito in settecentotrentacinque combattimenti, assume il -titolo di _vincitore di mille gladiatori_. - -Di forza prodigiosa, trapassò fuor fuori un elefante colla lancia; -uccise in un giorno cento leoni nel circo, ciascuno d'un solo trar -d'arco; colle frecce levava di netto il collo a struzzi correnti, e -trafisse una pantera senza toccar l'uomo con cui essa era alle prese. -Perchè non mancassero belve all'imperial trastullo, vietò agli Africani -d'uccider leoni, nè respingerli qualora affamati si accostassero ai -villaggi. Di tutto ciò si fa gloria, e vuole se ne tenga memoria ne' -giornali. Degli applausi del vulgo s'inebbria, e per serbarselo amico, -istituisce una compagnia di mercadanti e una flotta che rechi grano -dall'Africa, se càpiti male quella d'Egitto; ma immaginatosi un giorno -che il popolo lo schernisca, comanda un generale macello e l'incendio -della città, e a gran pena il prefetto de' pretoriani nel dissuade. -Non meno segnalato per lussurie, tenne a sua posta trecento concubine -e altrettanti cinedi; violò le proprie sorelle; sul resto si tiri un -velo[2]. - -A tante pazzie occorrevagli denaro; onde rincarì le imposizioni, -trafficò delle cariche, per denaro assolse rei, e permise assassinj -e vendette. Lungo sarebbe ridire le vittime innocenti del forsennato, -che ben presto, dato lo sfratto ai tutori impostigli da Marc'Aurelio, -lasciò ogni arbitrio ai compagni di sue dissolutezze, salvo a -disfarsene non appena il contrariassero. Perenne, entratogli in -grazia col fomentarne le passioni, assisteva con esso ai giuochi -Capitolini, quando un filosofo cinico compare nel teatro e grida -a Comodo: — Mentre ti tuffi nelle voluttà, alla tua vita insidiano -Perenne e suoi figliuoli». Detto fatto, Perenne fe gettar nel fuoco -colui: ma all'imperatore restò il sospetto ch'egli aspirasse veramente -a regnare perchè n'era capace; indi le legioni britanne deputarono -mille cinquecento uomini che venissero a Roma chiedendo la morte del -ministro; il quale, reo o no, fu ucciso colla moglie, la sorella e -tre figliuoli: condiscendenza che rivelò la debolezza del governo -all'esercito lontano. - -Gli sottentrava Cleandro, che dalla Frigia nativa portato schiavo -a Roma, appartenne prima a Marc'Aurelio, poi a Comodo, il quale gli -diede una sua concubina a sposa e la libertà; poi non avendo a temerne -nè l'abilità nè la virtù, gli concesse sconfinato potere. E colui -ne abusava per vender cariche, provincie, entrate, giustizia, vite -d'innocenti. Fatto incetta de' grani, affamò la città per arricchirsi -e per acquistar favore colle distribuzioni. Creò patrizj molti schiavi -appena tolti alla catena, e gli assise in senato; e fin venticinque -consoli elesse in un anno: chi osò portarne richiamo all'imperatore, -pagò l'ardimento col sangue. Ma mentre celebravansi i giuochi circesi -ecco entrare una turba di fanciulli capitanati da una viragine, e -mandar feroci grida contro Cleandro: il popolo vi fa eco, ed accorre -al palazzo suburbano ove questi era coll'imperatore, e ne chiede la -morte; a tegoli e ciottoli volta in fuga i pretoriani: e Comodo che, -immerso in sozze lascivie, ignorava il caso, sgomentato fa gettare ai -tumultuanti la testa del favorito, che con la moglie, i figliuoli, gli -amici è trascinato per le vie. - -Altro consigliatore de' suoi delitti era il liberto Antero di -Nicomedia; e quando i pretoriani lo uccisero, l'imperatore se ne -vendicò col mandare a male quanti di essi potè. Gli stessi prefetti del -pretorio erano mutati si può dire ogni giorno; alcuni non durarono che -sei ore; i più colla carica perdettero la vita. - -Scaricandosi d'ogni cura su cosiffatti, l'imperatore ricusava -persino appor la firma a' dispacci; e appena sotto alle lettere degli -amici scriveva il _vale_. Eppure questo basso infame nelle medaglie -attribuiva a sè il titolo di felice, e al secolo suo quel di comodiano, -di colonia comodiana a Roma; il senato piacentiero chiamò il luogo -di sue assemblee _casa di Comodo_; i nomi dei mesi furono mutati in -aggettivi a lode di lui; ed egli scriveva al senato: — L'imperatore -Cesare Lucio Comodo Elio Aurelio Antonino Augusto felice, leone, pio, -sarmatico, britannico, germanico, pacificatore, invincibile, ercole, -romano, padre della patria, pontefice massimo, console per la VII -volta, imperatore per l'VIII, tribuno per la XVII, agli illustri -senatori comodiani salute». - -Mossa da privata ambizione, Lucilla sorella sua (183) presunse di -voltare lo Stato congiurando coi principali senatori; ma il sicario, -preso mentre vibrando il colpo diceva, «Questo dono t'inviano -i senatori», fu coi complici messo a morte; la principessa esigliata -a Capri ed ivi uccisa: dove pure fu relegata e morta l'imperatrice -Crispina, propostasi d'imitare le scostumatezze del marito. - -Le parole del sicario, il quale seppe dire e non fare, invelenirono -Comodo contro il senato; e se dapprima, feroce per inclinazione non per -calcolo, sapeva anche perdonare, e sull'esempio paterno avea gittato al -fuoco le rivelazioni offertegli da Manilio, segretario dell'usurpatore -Avidio Cassio, allora fece rivivere i delatori e i processi di maestà -e, solito corredo, i supplizj degl'innocenti e di quelli la cui virtù -facesse raffaccio all'imperiale corruttela. Ricorderemo fra questi i -due fratelli Quintilj Massimo e Condiano della Troade, unanimi a segno -che operavano come un uomo solo; insieme governavano le provincie e -comandavano gli eserciti, insieme sostennero il consolato ed altri -onori, insieme da Comodo furono uccisi. - -Avesse almeno costui saputo usare la brutale valentìa a tutela de' -confini. Ma al primo arrivar al trono cedette quante fortezze serbava -sul territorio dei Quadi, patto che questi si tenessero inermi e cinque -miglia discosto dal Danubio, nè s'adunassero che una volta il mese -in presenza d'un centurione. Anche da altri Germani comprò la pace, e -lasciò che i Saracini (qui per la prima volta nominati) riportassero -vantaggi sopra l'impero. Poi un semplice soldato, di nome Materno, -che a capo di disertori avea messe a soqquadro Spagna e Gallia, -vedendosi circuito d'ogni dove, sparpagliò i suoi, e con alquanti -di essi si spinse fino in Italia col proposito di scannare Comodo e -farsi imperatore (188). Già alcuni suoi eransi mescolati -alle guardie di questo, allorchè altri li tradirono, e il supplizio di -Materno sedò il tumulto. Però il valore de' generali potè reprimere i -Frisoni, e respingere i Caledonj che avevano superato la muraglia di -Trajano; e Comodo menava trionfi, e intitolavasi imperatore senza veder -mai gli accampamenti. Solo una volta mostrò voler passare in Africa; ma -come ebbe raccolto denari assai, li sciupò in gozzoviglie. - -Naturali infortunj aggravarono i mali del suo regno: tremuoti; peste, -che fin due in tre migliaja d'uomini al giorno mieteva in Roma; andò -in fiamme il tempio della Pace, dove erano riposte le spoglie della -Giudea, le opere dei letterati, preziose spezie d'Arabia e di Egitto; -perfino al palazzo s'apprese l'incendio e al tempio di Vesta, da cui -fuggendo, le sacre vergini esposero per la prima volta agli occhi -profani il Palladio, talismano dell'impero. - -Il privato pericolo potè più che la pubblica indignazione; poichè -Marcia concubina di Comodo, Leto capitano delle guardie, ed Ecleto -suo ciambellano, sapendosi designati a morte, avvelenarono Comodo, di -appena trentun anno, dopo regnato dodici (192 — 31 xbre). Il -senato, che ver lui era disceso all'infimo dell'abjezione, come il vide -morto ripigliò coraggio, fece abbatter le statue, raderne il nome dalle -lapidi, negar sepoltura al vile gladiatore, al parricida, al tiranno -più sanguinario di Nerone; ma fra poco Settimio Severo lo farà riporre -fra gli Dei, istituirgli sagrifizj e solennità anniversarie pel suo -natale. - -I congiurati corsero alla casa di Publio Elvio Pertinace, vecchio -senatore e consolare, allora prefetto della città, il quale, udito -chiamarsi di mezzanotte, suppose venissero per ordine di Comodo a -ucciderlo; onde, fattili entrare, disse: — Da buon tempo vi aspettavo, -giacchè io e Pompejano siamo i soli amici di Marc'Aurelio lasciati -sopravivere». Pompejano era virtuoso marito della trista Lucilla -sorella di Comodo, e ricusando assistere all'anfiteatro, nè vedere -il figliuolo di Marc'Aurelio prostituire la persona sua e la dignità, -stava per lo più in campagna, pretessendo malattie che cessarono solo -nel breve regno del successore. - -Pertinace era nato presso Alba del Monferrato, da uno schiavo -carbonajo, che gl'impose quel nome per la pertinacia sua nel voler -abbandonare il mestiero paterno, e mettersi a Roma maestro di greco -e latino. In questa professione poco vantaggiando, diede il nome -alla milizia, divenne centurione, poi prefetto di una coorte nella -Siria e nella Britannia. Marc'Aurelio per un'accusa il degradò, poi -scopertala falsa, creollo senatore, e il mandò colla prima legione a -guerreggiare i Germani. Ritolta a questi la Rezia, fu fatto console: -poi, regnando Comodo, si vide a vicenda alzato e depresso, in fine -assunto governatore di Roma. Dabbene, assiduo agli affari, grave -senza dispetti, dolce senza fiacchezza, prudente senz'astuzie, frugale -senz'avarizia, grande senza orgoglio, amatore dell'antica semplicità -romana, parve a Leto e ai congiurati opportunissimo a riparare ai -guasti dell'ucciso. - -Lo portarono dunque al campo de' pretoriani (193), i quali, -sebbene affezionati a Comodo dalle largizioni, accettarono il nuovo -imperatore, perchè prometteva tremila dramme per testa, e il condussero -con rami d'alloro al senato, perchè se n'approvasse l'elezione. Qui -cogli applausi interrompendo i rifiuti di Pertinace, gli fu conferito -il titolo d'augusto, di padre della patria (3 genn), di -principe del senato, e recitato dai consoli il panegirico. Egli non -permise si chiamasse augusta la moglie sua che nol meritava, nè cesare -il figlio sinchè non ne venisse degno. A questi cedette ogni suo -possesso perchè non avessero ragione di chieder nulla allo Stato; poi, -perchè l'accidioso fasto della corte nol guastasse, mandò il figliuolo -ad educare presso l'avo materno. - -Le virtù private conservò sul trono. Schietto nel vivere, usava come -prima co' migliori senatori e gl'invitava a cene familiari, derise -da quelli che preferivano le sanguinarie prodigalità di Comodo. Per -risanguare l'erario fece voltare in moneta le abbattute statue del -predecessore, vendere all'asta l'armi, i cavalli, le vesti di seta, -i mobili (193), fra cui un carro che indicava l'ora e il -cammino percorso[3]; le concubine e gli schiavi, eccettuando solo -i nati liberi e rapiti a forza; costrinse i favoriti del tiranno a -rendere parte del male acquistato, con cui pagò, oltre i pretoriani, -i creditori dello Stato, le pensioni maturate e i danneggiati; abolì -i pedaggi nocevoli al commercio, e decretò per dieci anni immune chi -rimettesse a coltura le sodaglie d'Italia; professò non accetterebbe -legati a danno di legittimi eredi; ai banditi per fellonia restituì -patria e beni, castigò i delatori, e impedì si apponesse il nome suo -sugli edifizj, dicendo: — Sono pubblici, non dell'imperatore». - -I buoni godeano di veder rivivere Trajano e Marco Aurelio: ma troppi -erano quelli cui giovavano il disordine e il silenzio delle leggi; -e i pretoriani, temendo riformata la disciplina, ribramavano Comodo. -Ottantasette giorni appena dopo la sua elevazione, alcune centinaja di -essi precipitaronsi traverso a Roma nel palazzo (30 marzo), -aperto dalle guardie e dagli infidi liberti. L'imperatore, vilmente -abbandonato dai cortigiani, colla maestà della presenza e l'autorità -della parola arrestò i furibondi, che già si ritiravano, quando -un Gallo, o non avesse inteso il discorso, o fosse di passione più -violenta, gli cacciò la spada nel corpo, dicendo: — Eccoti un dono de' -tuoi soldati»; negli altri rinasce la sete di sangue; e l'imperatore, -avvoltosi il capo nella toga, pregando il cielo a vendicarlo, spira -sotto mille colpi, e per la sgomentata città è portato dai pretoriani. - -Così la forza militare sormontava il contrasto oppostole dall'impotente -senato e dagli Stoici, e stabiliva il despotismo de' pretoriani in -Roma, degli eserciti fuori. Lo rivelò una scena di beffa tremenda. -Perocchè il popolo infuriato corse al campo de' pretoriani, -assediandolo minaccioso: ma non avendo capi, non comparendo i consoli, -non adunandosi il senato, la folla si disperse. I pretoriani non -aveano ucciso Pertinace per alcun fine o per innalzare qualc'altro, -ma non trovando raccolto il senato per eleggere un successore, -pubblicarono che l'impero era in vendita, si darebbe al miglior -offerente. Sulpiciano, suocero dell'imperatore, ch'era stato spedito -da questo nel campo a chetare il tumulto, non aborrì di concorrere a -un seggio stillante di tal sangue; altri competerono; finchè ne venne -voce a Didio Giuliano, vecchio e ricco milanese, che or favorito -or disgraziato dagli imperatori, avea traversato senza rumore le -principali dignità, e adesso nel lusso e ne' bagordi consumava -una delle più sfondolate fortune. Stava allora spensieratamente -banchettando cogli amici, i quali lo animarono a concorrere, ed egli -va al campo, comincia a dirvi, promette ripristinar le cose come sotto -Comodo, e dalle cinquemila dramme offerte per soldato, sale a seimila -ducencinquanta (4300 lire), pagabili all'atto. - -O Giugurta, Roma ha trovato il compratore! - -Didio, a piene voci acclamato, è fra' pretoriani condotto per le -deserte vie di Roma, indi nel senato, che uditolo enumerare i proprj -meriti e vantare la libertà della sua elezione, ossequiosamente si -congratulò della pubblica felicità. Collo stesso corredo guerresco -portato in palazzo, vide il trono di Pertinace e la frugal cena che -s'era disposto: eppure imbandì con più splendore che mai, e consumò la -notte in banchettare, trarre ai dadi, e ammirar Pilade ballerino. - -Ma il popolo non un applauso avea levato; anzi, qualvolta egli -comparisse, gli avventavano ingiurie e sassi, indignati da quel -turpissimo mercato; e provocavano a sempre nuove risse i pretoriani. -Poi fra breve la folla si ammutina, ed avventatasi nel circo dove egli -assisteva ai giuochi, gli rinnova le imprecazioni; ricorrendo anch'essa -fatalmente alla forza armata come i tiranni, fa appello agli eserciti -lontani perchè vengano a vendicare la prostituita maestà dell'impero. -Quel grido d'angoscia trovò eco in tutto l'impero, e gli eserciti -di Britannia, di Siria, dell'Illiria, comandati da Clodio Albino, -Pescennio Nigro e Settimio Severo, disdissero l'indegno contratto, -fosse orgoglio, o invidia dei soldati, od ambizione dei capi. - -Clodio Albino, nato nobilmente in Adrumeto d'Africa, avea scritto -d'agricoltura, poi, abbandonato lo stilo per la spada, allora comandava -l'esercito di Britannia. Mai non aveva perdonato; crocifisse centurioni -per colpe da nulla; uggioso in casa e con tutti; in un pasto logorò -cinquecento fichi, cento pesche, dieci poponi, cento beccafichi e -quattrocento ostriche. Ricusata obbedienza a Didio, si sosteneva -nella Britannia senza assumere il titolo d'augusto, anzi esortando a -ripristinare la repubblica, e asserendo non si acconcerebbero le cose -finchè il potere civile non prevalesse al militare, e al senato non -fosser rese le antiche prerogative. - -Pescennio Nigro d'Aquino, di poca ricchezza e meno studio, ma ardito -soldato e buon capitano, era salito ai primi gradi della milizia; -mantenitore della disciplina, non tollerava che gli uffiziali -maltrattassero i soldati, fece lapidare due tribuni per avere sottratto -alcun che della paga, e appena a suppliche dell'esercito perdonò la -testa a dieci che avevano rubato del pollame; non permetteva il vino -in campo; viaggiava a piedi e scoperto la testa; voleva i suoi servi -portassero fardelli onde non parere oziosi nelle marcie. Nel governo -importante quanto lucroso della Siria, procacciossi amore colla -fermezza non discompagnata da affabile compiacenza: onde appena s'udì -assassinato Pertinace, tutti l'esortarono ad assumere l'impero, le -legioni orientali si chiarirono per lui, per lui il paese dall'Etiopia -all'Adriatico, e di là dal Tigri e dall'Eufrate gli vennero regie -gratulazioni. Nella solennità dell'acclamazione proferendosi il -consueto panegirico, Pescennio interruppe l'oratore che il paragonava a -Mario, ad Annibale, a non so quali altri capitani, dicendo: — Narraci -piuttosto quel che han fatto costoro d'imitabile. Lodare i vivi, e -massime l'imperatore che può ricompensare e punire, è da adulatore. -Vivo, desidero di piacere al popolo: morto, mi loderete». Virtù -moderate, pregevoli nel secondo posto, non sufficienti al primo. Invece -di difilarsi sopra l'Italia ov'era invocato, Pescennio si rallentò -nella voluttuosa Antiochia, persuaso che la sua elezione non sarebbe nè -contrastata, nè macchiata di sangue cittadino. - -Un emulo superiore sorgeva in Settimio Severo, di Lepti nell'Africa -Tripolitana e di famiglia senatoria; sperto nell'eloquenza, nella -filosofia, nelle arti liberali e nella giurisprudenza, sostenne -magistrature e comandi; faticante di corpo e di mente, alieno dal fasto -e dalla gola, violento e tenace nell'amore come nell'odio, provvido -dell'avvenire e dei mezzi onde profittarne, disposto a sacrificare -fama e onestà all'ambizione, incline all'ingordigia e più alla -crudeltà. L'astrologia, passione de' suoi nazionali, lo aveva lusingato -dell'impero; sposò una Giulia Domna sira, perchè gli astri aveano -promesso a costei, diverrebbe moglie d'un sovrano; e sotto Comodo ebbe -accusa d'avere interrogato indovini sul divenir imperatore. - -In Pannonia, udita la morte di Pertinace, raduna i soldati, svela il -turpe mercato de' pretoriani, e gli incita a vendetta con un'orazione -eloquente e colla più eloquente promessa di un donativo doppio di quel -di Didio: poi colla prontezza richiesta dal caso scrive ad Albino -promettendo adottarlo e chiamandolo cesare; non tentò Nigro, perchè -sapeva nol potrebbe sedurre; e mosse senza riposo verso l'Italia, che -con isgomento vide le legioni di Pannonia sbucare per Aquileja. - -Didio sgomentavasi; i pretoriani, buoni solo al tumulto, tremavano -delle invitte legioni di Pannonia e d'un tal generale; e se dai -teatri e dai bagni correvano alle armi, a pena sapeano maneggiarle; -gli elefanti sbattevano dal collo gl'inesperti condottieri; la flotta -di Miseno mal volteggiava; e il popolo rideva, il senato gongolava. -Didio in tentenno, ora faceva pronunziare Severo nemico della patria, -ora pensava associarselo all'impero, oggi gli spediva messi, domani -assassini: ordinò che le Vestali e i collegi sacerdotali uscissero -incontro alle legioni, ma ricusarono: armò i gladiatori di Capua, e -con magiche cerimonie e col sangue di molti fanciulli[4] fece prova di -sviare il nembo. - -Ma i soldati che custodivano l'Appennino disertarono a Severo; -disertarono i pretoriani, appena esso gli assicurò da ogni castigo, -purchè consegnassero gli assassini di Pertinace. Avvertito che questi -erano presi, il senato decretò morte a Didio, il trono a Severo, a -Pertinace onori divini. Illustri senatori furono deputati a Severo, -sicarj a Didio, che piagnucolò (2 giugno) perchè gli lasciassero la -vita: — Che male fec'io? ho mai tolto di vita alcuno?» Ma dovette -ripagare col sangue i sessantaquattro giorni di regno che coll'oro -avea comprati. - -Severo, che in quaranta giorni avea coll'esercito traversate le -ottocento miglia che corrono da Vienna a Roma, conseguì l'impero -senz'altro sangue. Uccisi gli assassini di Pertinace, rese a questo -segnalate esequie, e diede lusinghe al popolo e al senato. Prima -d'entrare in Roma raccolse i pretoriani in gran parata, e ricinto -de' suoi guerrieri, salito in tribunale, li rimbrottò di perfidia e -codardia, e privandoli del cavallo e delle insegne, li congedò come -felloni, e li sbandì a cento miglia. - -In loro luogo ne elesse quattro tanti, cernendoli dai più prodi -suoi, di qual fossero paese: onde a tutti i soldati fu aperta la -speranza d'entrare fra' pretoriani. Questi cinquantamila uomini, fior -degli eserciti, dovevano dalle legioni essere considerati come loro -rappresentanti, e togliere le speranze d'una ribellione. Il prefetto -del pretorio crebbe d'autorità, non solo restando capo dell'esercito, -ma e delle finanze e delle leggi. Per gratitudine o per politica -condiscendenza Severo concesse ai soldati l'anello d'oro, aumentò le -paghe, e con ciò il lusso, la mollezza, l'indisciplina, mentre l'itala -gioventù, sturbata da quel suo privilegio, si diede al ladro o al -gladiatore. - -Ciò più tardi: per allora, con truppe valorose e devote egli mosse ad -assicurarsi l'impero non da' Barbari, ma dai due emuli, pari d'armi, di -forza, d'artifizio. Prevalendo di rapidità e d'accorgimenti, appo Isso -e Nicea sconfisse Nigro, e quando il seppe ucciso dai soldati presso -Cizico, aspre vendette esercitò sugli amici del vecchio e generoso -amico suo; spense la famiglia di esso e i senatori che l'aveano servito -da tribuni o generali, gli altri sbandì, e i beni al fisco; molti -di grado inferiore mise a morte; condannò coi padri i figli degli -uffiziali che avea tenuti ostaggi; alle città fautrici dell'emulo tolse -i privilegi; quelli che, buono o mal grado, l'aveano servito di denaro, -ne dovettero il quadruplo a lui; lamenti scoppiassero pur d'ogni parte, -egli non vi ascoltava. - -Nel caldo della vittoria passa l'Eufrate, vince gli abitanti -dell'Osroene e dell'Adiabene che, fra l'ultime discordie, avevano -trucidato i Romani e scosso il giogo; penetra nell'Arabia che avea -parteggiato con Nigro, fa guerra anche ai Parti, conquista una porzione -della Mesopotamia che riduce a provincia, assedia ed espugna Bisanzio, -principale baluardo contro i Barbari. - -Sapendo che Albino era caro al senato quant'egli odioso, Severo non -osava romperla seco apertamente, e gli scriveva lettere lusinghiere, -ma al tempo stesso mandava per assassinarlo. Scoperta la slealtà, -Albino la proclamò, assunse il titolo d'imperatore, e tragittato nella -Gallia, vi fece nodo di autorevoli persone. Severo allora sacrifica una -fanciulla per cercare nelle viscere di essa l'esito della guerra[5]: -presso Lione s'affrontano cencinquantamila Romani: dopo lunga e -incerta battaglia fra eserciti di pari valore, Albino, piagato a morte, -spira ai piedi di Severo (197), che con barbara gioja il fa -calpestare dal suo cavallo e lasciare ai cani sulla soglia della sua -tenda. - -La sicurezza non sopì in lui il desiderio di vendetta. La moglie ed i -figliuoli d'Albino, già perdonati, fe trucidare e gettar nel Rodano, -come tutti i parenti e gli amici, coi beni de' quali arricchì i -guerrieri suoi e se stesso. Mandando al senato la testa d'Albino, si -lamentò con lettera beffarda del bene che i senatori gli aveano voluto, -vantò il governo di Comodo, e — In questo teschio (soggiungeva) voi -che l'amaste leggete gli effetti del mio risentimento». Giunto poi, -sciorinò in senato vilipendj contro Albino, lesse lettere a quello -dirette, encomiò le precauzioni di Silla, Mario ed Augusto, mentre -Pompeo e Cesare erano periti per inopportuna clemenza. Conseguente -alle parole, in pochi giorni quarantadue senatori, consolari o pretori -immolò con altri assai alla vendetta, alla gelosia ed all'avarizia sua; -fece deificare Comodo, uccidere Narcisso che l'aveva attossicato. - -La disciplina era il suo scopo; la voleva come un generale d'esercito, -dispoticamente; giusto coi piccoli per deprimere i grandi, valendosi -de' giureconsulti per organizzare l'obbedienza, e associando la -giurisperizia coll'assolutismo; i soldati viepiù voleva sottomessi, -quantunque obbligato a condiscendere in parte ad essi perchè stromenti -di sua elevazione e conservazione. Il popolo, contento di vederlo -uccider ladri, masnadieri, prepotenti, prese a benvolergli; lo chiamava -il Mario o il Silla punico, mentre gli Africani lo amavano qual vindice -dell'antica Cartagine, il cui nome ricompariva sulle medaglie che la -nuova batteva in riconoscenza de' vantaggi da lui decretatile. - -Mosso per nuove battaglie, da Brindisi fu nella Siria ed a Nisiba di -Mesopotamia per respingere i Parti (198): varcato l'Eufrate, -prese Seleucia e Babilonia abbandonate, e la capitale Ctesifonte, -dopo lungo contrasto e gravi malattie, causate da deficenza di cibo. A -Roma è comandato esultare di questi trionfi, fra i quali esso dichiara -augusti Caracalla e Geta suoi figliuoli. Riposato alquanto in Siria, -visita l'Arabia e la Palestina, ove proscrive la religione ebrea o -cristiana: vede i monumenti dell'Egitto, e raccolti dai tempj i libri -di arcane dottrine, li chiude nella tomba d'Alessandro Magno, perchè nè -quelli nè questa più fossero veduti. - -Fra ciò non dimentica di spigolare, come dice Tertulliano, i fautori di -Nigro e d'Albino e chi gli desse ombra: poi abbandonasi tutto a Flavio -Plauziano (201), prefetto del pretorio, cui ne' domestici -ragionari e in senato lodava più che Tiberio non facesse di Sejano. -Senatori e soldati offrivano a costui statue, voti, sacrifizj, come -all'imperatore, e giuravano per la fortuna di Plauziano; solo per lui -arrivavasi all'imperatore e ai posti; ed egli abusava dell'autorità, -fino a mandare a morte illustri personaggi senza tampoco informarne -Severo: il quale, credendolo un sant'uomo, il cresceva d'onori, e ne -faceva sposare la figlia Plautilla al suo Caracalla (202). -Costei portò una dote che sarebbe bastata, dice Dione, a cinquanta -regine; e cento persone di nobili case, alcuni anche padri di famiglia, -furono fatti eunuchi per servirla. Ma non sempre spirò quell'aura. -Ingelosito di Plauziano, Severo comandò s'abbattessero le statue -erettegli: vero è che alcuni governatori, interpretandolo per segno di -disfavore, essendosi affrettati di fare altrettanto nelle provincie, -furono tolti di posto o sbanditi, e Severo dichiarò che guaj a chi -facesse affronto a Plauziano. Caracalla, nojato del fasto di Plautilla, -prese tal odio a lei ed al suocero, che ne giurò la ruina; e nel regio -appartamento avventatosegli (204), lo fece quivi stesso -trucidare, dopo, fui per dire, un regno di dieci anni. La figlia e i -confederati di esso furono relegati o morti, dicendosi che macchinava -assassinar l'imperatore. - -Eppure Severo rifiorì il paese; corresse gli abusi insinuati dopo -Marc'Aurelio; il tesoro trovato esausto, lasciò riboccante, e grano -bastevole per sette anni[6], olio per cinque, avendo disposto onde -alquanto distribuirne in perpetuo a ciascun cittadino. Alzò nuovi -monumenti, e riparò i vecchi a Roma e nelle maggiori città, sicchè -molte presero il nome di sue colonie; largheggiò col popolo e negli -spettacoli; mantenne la pace interna. - -Contro i Caledonj sollevati e vincitori accorse nella Britannia -(208), traendo seco i due suoi figli per istrapparli dalle -lascivie: e benchè gottoso e vecchio, inseguiva a foco e ferro i nemici -ne' più fitti loro recessi, li costrinse alla pace, e per separare le -conquiste nuove dal paese indipendente, tirò una mura sull'istmo tra il -golfo di Forth (_Bodotria æstuarium_) e la foce della Clyde (_Glota_). -Poco durarono in quiete i Caledonj, e saputo che Severo stava malato, -irruppero, ond'egli mandò Caracalla che li guerreggiasse a sterminio. -Costui, che già aveva tentato assassinare il padre in battaglia, ora a -capo d'un esercito colorì gli empj disegni, inducendo soldati e tribuni -a disdire obbedienza al vecchio infermo. Severo rimbrottò l'esercito, -fece decollare i più rei, ma al figlio perdonò; e l'unico suo atto di -clemenza nocque al mondo più che tutte le sue crudeltà. - -Desolato dall'infame condotta di Caracalla, a York (_Eboracum_) -sentendosi morire, Severo fece leggere ai due figliuoli il discorso -che Sallustio mette in bocca a Micipsa per esortare i suoi eredi -alla concordia: raccomandò quella ch'è principale arte de' tiranni, -conciliarsi i soldati colle liberalità, poco curandosi del resto: fece -trasferire la Fortuna Aurea dalla sua nella camera di Caracalla, poi in -quella di Geta, ed esclamò, — Fui tutto, e a nulla giova»[7]; chiesta -l'urna preparata per le sue ceneri, soggiunse, — Tu racchiuderai quello -a cui la terra fu piccola». Non reggendo agli spasimi, domandò veleno, -e negatogli, mangiò tanto da soffocare (211). - -Accostavasi ai sessantasei anni, e ne regnò diciassette e otto mesi. -All'effigie cerea di lui, in Roma collocata sopra letto d'avorio e -coltrici d'oro, per sette giorni fecero corteggio senatori in bruno -e dame in bianco; i medici proseguivano regolari visite, annunziando -i progressi del male, finchè il settimo pubblicarono la morte. Allora -il feretro fu per la via Sacra portato a spalla di cavalieri nel fôro, -accompagnato dai senatori e dalla gioventù che inneggiava l'estinto. -Sul Campo Marzio erasi elevata splendida piramide di legno, contenente -quattro camere sovrapposte e decrescenti: nella seconda fu collocato -il simulacro, sparso d'aromi e di fiori; e poichè i cavalieri ebbero -attorno gareggiato in corse di cavalli, vi fu messo fuoco, e di mezzo -alle vampe un'aquila, sciogliendo il volo, simboleggiò l'anima di -Severo salente agli Dei. - -Avea pubblicato leggi di grande, quantunque severa giustizia, cui -dettava e faceva eseguire egli stesso come despoto; poichè avvezzo ai -campi e sapendosi esoso al senato, sprezzò e conculcò questo simulacro -di autorità intermedia fra l'imperatore e i sudditi. Così svellendo gli -ultimi resti della repubblica, insinuò colla dottrina e colla pratica -il sistema despotico, e agevolò gli abusi de' suoi successori e il -tracollo dell'impero. - - - - -CAPITOLO XLIV. - -I Trenta Tiranni. Diocleziano. Imperatori colleghi. Costituzione mutata. - - -Caracalla e Geta, uno di ventitre, l'altro di ventun anno, -all'indolenza di chi nasce nella porpora aggiungevano mostruosi vizj -ed un reciproco esecrarsi. Il padre adoprò consigli e rimproveri per -mitigare quell'accannimento; s'ingegnò di uguagliarli in tutto, fin, -cosa inusata, nel titolo d'augusto: ma Caracalla tenevasi oltraggiato -di ciò, e del veder Geta conciliarsi il popolo e l'esercito. - -Appena Settimio Severo chiuse gli occhi, i due augusti abbandonarono -le conquiste per giungere a chi primo in Roma; e proclamati entrambi -dagli eserciti, ebbero eguale dominio indipendente. Già in via non -aveano mangiato mai insieme, mai dormito sotto il medesimo tetto; -in città si divisero il palazzo, ch'era più grande di tutta Roma[8], -fortificando la porzione dell'uno contro quella dell'altro, e postando -sentinelle; nè mai s'incontravano che coll'ingiuria sul labbro, col -pugno sull'elsa. Per ovviare l'imminente guerra fraterna, fu proposto -di spartire l'impero; ma Caracalla tolse le difficoltà col trucidar -Geta (212 — 27 febb) in grembo a Giulia loro madre. - -Fra rimorso e soddisfazione, quel mostro fugge al campo de' pretoriani, -prostrasi agli Dei, e dicendosi scampato dalle insidie fraterne, -protesta voler vivere e morire coi fedeli soldati. Questi prediligevano -Geta, ma un donativo di mille settecento lire ciascuno sopì le -mormorazioni. Caracalla non avea udito da suo padre, — Tienti amici i -soldati, e basta?» Del senato non restavagli a temere; per dare un osso -al popolo, lasciò deificar Geta, dicendo, — Sia divo, purchè non sia -vivo»; e consacrò a Serapide la spada con cui l'avea trafitto. - -Ma le furie ultrici straziarono il fratricida, che tra le occupazioni, -le adulazioni, le lascivie, vedevasi incontro i fantasmi del padre e -del fratello. Per cancellare ogni memoria dell'estinto, ne abbattè le -statue, e fuse le monete; a Giulia che lo piangeva, minacciò morte; la -diede a Fadilla, ultima figlia di Marc'Aurelio; ventimila persone fe -trucidare, come amici di esso. Ad Emilio Papiniano giureconsulto, già -odioso a lui perchè Severo gli avea raccomandato l'amministrazione del -regno e la concordia di sua famiglia, comandò di scrivere un'apologia -del suo fratricidio, come Seneca avea fatto con Nerone; ma questi -rispose: — È più facile commetterlo che giustificarlo», e con intrepida -morte suggellò la fama acquistata colle opere e colle cariche. - -Fattosi al sangue, Caracalla ne agogna sempre di nuovo, e basta per -colpa l'esser ricco o virtuoso. Girò le varie provincie (213-16), -massime le orientali, sfogando l'ingordigia di supplizj contro -tutto il genere umano. Dovunque fosse, i senatori doveano preparargli -e banchetti e sollazzi d'immenso costo, ch'egli poi abbandonava alle -sue guardie; ergergli palazzi e teatri, che o nè guardava tampoco o -comandava di demolire. Per acquistare popolarità, vestiva secondo il -paese; in Macedonia, attestando ammirazione per Alessandro, ordinò un -corpo del suo esercito a modo della falange, attribuendo agli uffiziali -il nome di quelli dell'eroe; in Asia idolatrò Achille; dappertutto -buffone e carnefice; nella Gallia fece uccidere sino i medici che -l'aveano guarito; per una satira ordinò di sterminare gli Alessandrini, -e dal tempio di Serapide dirigeva la strage di migliaja d'infelici, -lutti, come egli scrisse al senato, colpevoli. - -Del resto nessuna cura nè degli affari nè della giustizia; a giullari, -cocchieri, commedianti, gladiatori profondeva oro; a liberti, istrioni, -eunuchi dava i primi posti: che importavano i lamenti del mondo intero? -«Tienti amici i soldati, e basta». A costoro Caracalla largheggiò ancor -più che suo padre, del quale poi non avea la fermezza per frenarli; -settanta milioni di dramme all'anno distribuiva ad essi, oltre la -paga aumentata; li lasciava poltrire ne' quartieri, e ne provocava la -famigliarità, imitandone il vestire, i modi, i vizj. Dopo sprecato -l'immenso tesoro di Severo, dovette fin battere moneta falsa, e a -Giulia, che nel rimproverava, rispose impugnando la spada: — Finchè -avrò questa, mai non me ne mancherà». - -Menò qualche guerra, ed essendosi i popoli della Germania sollevati -di conserva, volendo o parte de' suoi tesori o guerra eterna, egli -scelse il primo patto: non ricevette però gli ambasciatori, ma i -soli interpreti, che subito fece ammazzare perchè non testimoniassero -della sua vergogna. Assassinò il re dei Quadi; e chiamati i giovani -della Rezia alle armi, li fece scannare. Avendo invitato Tiridate -re dell'Armenia e dell'Osroene ad Antiochia, lo gittò in carcere, -e l'Osroene ridusse a provincia; ma l'Armenia non potè. Senz'altra -dichiarazione entrato sulle terre dei Parti, ne sterminò gli abitanti, -fin collo sbandare bestie feroci: e sebbene non avesse visto nemico, -si vantò vincitore dell'Oriente, e il senato gli aggiunse i titoli di -Germanico, Getico e Partico, ed il trionfo. Elvio Pertinace, figlio -dell'imperatore ucciso, disse che il soprannome di _Getico_ gli -conveniva, per allusione a Geta ucciso; e pagò il motto colla vita. - -La prefettura del pretorio, che allora comprendeva tutte le funzioni -del dominio, era stata divisa; pel militare ad Avvento, pel civile a -Marco Opilio Macrino avvocato di Cesarea in Mauritania. Un africano -indovino predisse a quest'ultimo l'impero: del che fu mandato avviso -a Caracalla mentre in Edessa guidava un cocchio, ed egli consegnò il -dispaccio a Macrino stesso. Questi vide inevitabile il morire o dar -morte; onde comprò il centurione Marziale, che trafisse Caracalla -intanto che pellegrinava al tempio della Luna a Carre [Sidenote: 217 — -8 aprile]. - -Giulia Domna sua madre, che Severo avea sposata perchè le stelle -prediceanle regio marito, oltre bella, era di vivace immaginativa, -di fermo animo, di squisito giudizio, insegnata nelle arti e nelle -lettere, e protettrice degli uomini d'ingegno, le cui lodi però -non sopirono certi scandali. Sull'austero e geloso marito mai non -avea preso ascendente, ma sotto il figlio amministrò con prudenza e -moderazione; poi, per non sopravivere alla dignità, lasciossi morir di -fame. - -Questo mostro si rese memorabile coll'avere dichiarato cittadini -romani tutti i sudditi, non per generosità, ma per sottoporre anche -i provinciali alla ventesima delle eredità, che pagavasi dai soli -cittadini[9]. - -Tre giorni vacò l'impero del mondo: al quarto, i pretoriani non -trovando a chi darlo, acclamarono Macrino, che se ne mostrava -alieno ed accorato dell'uccisione di Caracalla, e che subito sparse -doni, promesse, amnistia. Il senato, fin allora esitante, prodigò -imprecazioni al morto, a Macrino più onori che a verun altro mai, -cesare il figlio suo, augusta la moglie; e il supplicò di punire i -ministri di Caracalla e sterminare i delatori. Macrino gli permise -d'esigliare e senatori e alcuni cittadini, crocifiggere gli schiavi -o liberti accusatori de' padroni; poi all'esercito consentì la -deificazione di Caracalla, che il sempre docile senato approvò. - -Tentando riparare i disordini, annullò gli editti repugnanti alle -leggi di Roma; punì col fuoco gli adulteri, chiunque fossero; gli -schiavi fuggiaschi obbligava a combattere coi gladiatori; talvolta -i rei lasciava morir di fame; condannava nel capo i delatori che -non provassero l'accusa; se la provassero, lasciava loro l'ordinaria -ricompensa d'un quarto dei beni dell'accusato, ma li dichiarava infami; -i cospiranti contro la sua persona ora punì, ora perdonò. Questo -rigore, e il surrogare talvolta nelle cariche a persone illustri -gente sprovvista di nobiltà e di merito, eccitò scontenti; trovossi -indecoroso il vedere in trono uno che nè tampoco era senatore, nè con -veruna qualità ricattava la bassezza dei natali. - -Giustizia o paura, l'imperatore rimandò i prigionieri rapiti da -Caracalla: ma Artabano IV re dei Parti, che faceva armi per vendicare -il costui affronto, pretese riedificassero le terre da Caracalla -diroccate, restituissero la Mesopotamia, e un'ammenda per le sepolture -dei re Parti oltraggiate; e non ottenendolo, assalì i Romani presso -Nisiba, li ruppe, nè concedette pace che al prezzo di cinquanta milioni -di dramme. Gli Armeni furono mitigati col rimettere Tiridate in trono. - -Causa principale delle rotte era l'indisciplina degli eserciti; onde -Macrino, ingegnandosi di ristabilirla, dai molti quartieri delle città -li trasferì alla campagna, vietando anzi d'accostarsi a quelle, e -puniva irremissibilmente ogni lieve fallo: volle anche attenuare la -paga ai soldati, che allora levarono il grido, rinfacciandogli l'oziare -suo suntuoso in Antiochia, e l'ipocrisia onde avea finto piangere -l'assassinio di Caracalla, opera sua. - -Soffiava nel fuoco Giulia Mesa, sorella di Giulia Domna, scaltra come -donna, e come uomo coraggiosa, alla quale Macrino avea lasciato le -molte ricchezze, relegandola però ad Emesa in Fenicia, coi nipoti Vario -Avito Bassiano di tredici e Alessandro Severo di nove anni, nati quello -da Giulia Soemi, questo da Giulia Mammea sue figliuole. Il primo, detto -Elagabalo dal nome del dio Sole di cui essa l'avea fatto sacerdote, -dai soldati del non lontano campo di Macrino si fece ben volere per -dolcezza e affabilità, tanto più dopo che Mesa sparse fosse generato -da Caracalla, e puntellò tal opinione con larghi donativi; indotti dai -quali, il proclamarono imperatore col nome di Marc'Aurelio Antonino -Elagabalo (218). Ulpio Giuliano prefetto del pretorio, spedito contro -di esso, fu trucidato: Macrino, in tentenno fra il rigore e -l'indulgenza, alfine lo dichiarò nemico della patria, proclamò -augusto il proprio figlio Marco Opilio Diadumeno, e promise a' soldati -cinquemila dramme, al popolo cencinquanta per testa. Non ostante ciò, -i soldati si chiarirono pel giovinetto; trucidavano gli uffiziali per -succeder loro nei beni e nel grado com'era promesso; poi in battaglia -sui confini della Siria e della Fenicia, Macrino con intempestiva -fuga decise della giornata. Côlto presso Archelaide in Cappadocia, -mentre era condotto all'emulo, avendo inteso che il bilustre figliuolo -Diadumeno era stato pubblicamente decollato, si precipitò dal carro, -e le guardie ne finirono i dolori e la vita. I pochi che resistettero, -perirono: in venti giorni cominciata e finita la rivoluzione. - -Elagabalo molti mesi consumò in frivolo viaggio e pomposo dalla Siria -in Italia, ove intanto spedì le solite promesse, e il proprio ritratto -in abiti sacerdotali di seta e d'oro, ondeggianti all'orientale, sul -capo la tiara, monili e collane e gemme per tutto, le ciglia tinte in -nero, le gote in rosso; talchè Roma dovette accorgersi che, dopo la -militare brutalità, le sovrastava il molle despotismo orientale. - -E veramente il sacerdote del Sole sorpassò in empietà, prodigalità, -impudicizia e barbarie i mostri che l'avevano preceduto. Fra le sei -mogli che in quattro anni condusse e che ripudiò od uccise, contò -anche una Vestale, colpa inaudita. Non d'altro che di stoffe d'oro -coprivansi i suoi appartamenti: nudo guidava il cocchio tempestato di -gemme, cui aggiogava donne seminude, e per giungere a quello non dovea -calcare che polvere d'oro: d'oro i vasi a qualunque uso, e la notte -distribuiva ai convitati quelli usati il giorno: le vesti, de' drappi -più fini, nè mai portò due volte la stessa, mai due volte un anello. -Le peschiere empì d'acqua di rose, di vino il canale de' conflitti -navali: un indistinto di fiori ricreava le camere, le gallerie, i letti -suoi: imbandiva pranzi di sole lingue di pavoni e rossignuoli, d'ova -di rombi, cervella di papagalli e fagiani, talloni di camelli, mamme -di cigni: non assaggiava pesci se non quando si trovasse lontanissimo -dal mare, ed allora ne distribuiva al vulgo quantità de' più fini -e più costosi al trasporto: nutriva i cani con fegato di paperi, -i cavalli con uva, le fiere con fagiani e pernici. Chi inventasse -qualche pruriginoso manicaretto, n'avea premio; ma se non incontrasse -il gusto dell'imperatore, era condannato a non mangiar altro che di -quello, finchè non ne scoprisse uno più avventurato. Servivansi inoltre -a quelle mense piselli misti con grani d'oro, lenti con pietre di -fulmine, fave con ambra, riso con perle; mescevasi mastice al vin di -rosa, spolveravansi d'ambra i tartufi e i pesci. D'argento erano le -tavole, e i vasi in forme impudiche; di nardo alimentavansi le lampade; -rose e giacinti piovevano sui convitati, alcuna volta in tal quantità -da soffocarli, per divertimento dell'imperatore. - -A infamie le più sozze, di cui il suo palazzo fu un ridotto, invitava -gli amici, che chiamava commilitoni per l'indegno consorzio; e -le salaci prodezze guadagnavano agli amasj suoi le prime cariche -dell'impero. Repente cacciò tutte le meretrici, e vi surrogò garzoni, -e si fece sposare da un uffiziale e da uno schiavo, consumando le -bestiali nozze al cospetto del mondo. Amò tanto il servo Ganni, che -pensò sposargli sua madre e farlo cesare; ma avendolo questi esortato -a maggior decenza, lo trucidò: altri assai mandò a morte nella Siria -e altrove, come disapprovassero la sua condotta. Quando apparve la -prima volta nella curia, volle sua madre fosse annoverata fra i padri -coscritti, con voce al par di loro; anzi istituì, sotto la presidenza -di lei, un senato di donne, che risolvessero sugli abiti dei Romani, i -gradi, le visite, e siffatte importanze. - -Pazzo pel dio al quale doveva il nome e il trono, e che era adorato -sotto forma d'un cono di pietra nera, gli alzò tempio magnifico sul -Palatino, con riti forestieri; Giove e gli altri Dei gli fossero servi; -anzi a nessun altro che a quello si prestasse adorazione. Profanati -adunque e spogli i tempj, al suo furono recati il fuoco eterno di -Vesta, la statua della Gran Madre, gli scudi Ancili, il Palladio; e da -Cartagine trasferita la dea Astarte con tutti gli ornamenti, la sposò -al dio suo con nozze sfarzose. Pel culto di quello, non che astenersi -egli medesimo dalla carne di porco e farsi circoncidere, sagrificava -fanciulli, rapiti ad illustri famiglie. Menando in processione la rozza -pietra s'un carro a sei bianchi cavalli, fece spolverar d'oro la via; -egli, tenendo le briglie, camminava a ritroso per non torcere gli occhi -dalla prediletta divinità. Nei sacrifizj suoi vini squisiti, rarissime -vittime, preziosi aromi si consumavano, e tra le lascive danze che -sirie fanciulle menavano al suono di barbarici stromenti, i più gravi -personaggi di toga e di spada adempivano ridicole ed abjette funzioni. - -Mesa faceva inutile prova di frenare quel forsennato: e prevedendo -che i Romani, ossia i soldati, nol soffrirebbero a lungo, lo indusse -(221) a adottare il cugino Alessandro Severo, acciò, diceva, -gli affari nol distraessero dalle divine sue cure. Elagabalo, come -vide costui non pigliar parte alle sue dissolutezze, e rendersi -caro al popolo e al senato, tentò ucciderlo: ma i pretoriani si -sollevarono, e uccidevano l'imperatore se a lacrime non avesse -impetrato gli lasciassero la vita e lo sposo; onde sfogarono la loro -indignazione sugli altri compagni di sue dissolutezze. Quando l'anno -vegnente attentò ancora alla vita d'Alessandro, i pretoriani di nuovo -tumultuarono, e avendo Elagabalo dovuto portarlo nel loro campo, a -quello profusero applausi, a lui insulti. Irritato, comanda la morte -di alcuni, ma i loro compagni li strappano al carnefice; si fa baruffa; -Elagabalo si nasconde nelle fogne, ed ivi scoperto è ucciso (222). Avea -diciott'anni! - -Alessandro Severo di quattordici fu gridato imperatore, augusto, -padre della patria, grande, prima di pur conoscerlo[10]. Egli, dolce -e modesto, lasciossi regolare dalla madre Mammea[11], la quale gli -pose attorno un consiglio di sedici senatori, e a loro capo il celebre -Domizio Ulpiano, affinchè risarcissero lo scompiglio del governo e -delle finanze, rimovessero i tanti indegni impiegati, e formassero il -giovane imperatore. - -Rispettoso ad essa e ad Ulpiano, aborrente dagli adulatori, Alessandro -amò la virtù, l'istruzione, il lavoro. Sorto coll'alba, dopo le -devozioni nella domestica cappella, adorna delle immagini d'eroi -benefici, dava opera agli affari nel consiglio di Stato e alle cause -private, donde ricreavasi coll'amena lettura e collo studiare poesia, -filosofia, storia, massime in Virgilio, Orazio, Platone e Tullio, senza -trascurare gli esercizj del corpo. Rimessosi poi agli affari, dava -spaccio a lettere e memoriali, fin alla cena, frugalmente imbandita per -pochi amici, dotti e virtuosi, la cui conversazione o la lettura gli -tenesser luogo de' ballerini e de' gladiatori, condimento ai banchetti -romani. Vestiva positivo, parlava cortese, a tutti dava udienza in -certe ore, e un banditore ripeteva quella formola de' misteri eleusini: -— Qua non entri chi non ha animo castigato ed innocente». Avea scritto -sulle porte del palazzo: — Fate altrui quel che a voi vorreste fatto». -Di Cristiani avea piena la Corte, e v'è chi dice adorasse in secreto -Cristo ed Abramo, e pensasse ergere tempj al vero Dio, se gli oracoli -non avessero riflettuto che ridurrebbe con ciò deserti que' degli -altri. Come vedeva usato dai Cristiani nella scelta de' sacerdoti, -pubblicava il nome de' governatori che eleggeva alle provincie, -invitando chi avesse alcun che da opporre. Moderato il lusso, diminuì -il prezzo delle derrate e l'interesse del denaro, non lasciando al -popolo mancare nè largizioni nè divertimenti. I governatori, persuasi -che l'amore de' governati fosse il solo modo di piacergli, tornavano -in lena le provincie; e così ricreavasi l'impero da quarant'anni di -diversa tirannia. - -Restavano, pessima piaga, i soldati, indocili d'ogni freno. Alessandro -gli amicò coi donativi e con alleviarli da qualche peso, come dal -portar nelle marcie la provvigione per diciassette giorni; ne diresse -il lusso sui cavalli e sulle armi; alle loro fatiche sottoponevasi egli -stesso, li visitava malati, non lasciava alcun servizio senza memoria -o compenso, e diceva premergli più il conservar loro che se stesso, in -quelli consistendo la pubblica salvezza. - -Ma val rimedio a male incancrenito? Ai pretoriani venne a noja la virtù -del loro creato, e tacciavano Ulpiano loro prefetto di consigliarlo -alla severità; onde infuriati corsero Roma per tre giorni come città -nemica, ficcando anche il fuoco, sinchè ebbero Ulpiano, che trucidarono -sugli occhi stessi dell'imperatore (230), indarno buono. -Egual fine minacciavano a qualunque ministro fedele; nè Dione storico -campò, che con celarsi nelle sue ville di Campania. Le legioni -imitarono il tristo esempio, e da ogni banda rivolte e uccisioni -d'uffiziali attestavano che nulla più giovava la bontà in tanta -sfrenatezza. - -Al tempo suo (223-26) una grande rivoluzione ristorò l'impero -di Persia, e Ardescir-Babegan o Artaserse, figlio di Sassan, re dei -re, all'unità dell'amministrazione e del culto del fuoco secondo la -dottrina di Zoroastro ridusse quanto paese giace tra l'Eufrate, il -Tigri, l'Arasse, l'Oxo, l'Indo, il Caspio e il golfo Persico. Erano -nuovi tremendi nemici all'impero romano; giacchè Ardescir disegnò -ricuperare quanto avea posseduto Ciro; e senza riguardo ad Alessandro -Severo, passò l'Eufrate (232), sottomise molte provincie -contigue, ed all'imperatore che s'avvicinava coll'esercito mandò -quattrocento uomini, i più atanti di loro persone, i quali dicessero: — -Il re dei re manda ordine ai Romani e al loro capo; sgombrino la Siria -e l'Asia Minore, e restituiscano ai Persiani i paesi di qua dell'Egeo e -del Ponto, posseduti dai loro avi». - -Alessandro s'irritò a quella tracotanza, e tolti ai messi gli -ornamenti, li relegò nella Frigia; la Mesopotamia senza battaglia -ricuperò; e sconfisse Ardescir (233), che contava cenventimila cavalli, -diecimila soldati pesanti, mille ottocento carri da guerra, e -settecento elefanti. Alessandro divise il suo esercito in tre corpi, -che per diversi lati invadessero la Partia; e la concordia del ben -disposto attacco avrebbe potuto fiaccare i Persi, se l'esercito -romano non avesse ricusato le fatiche e trucidato gli uffiziali. Reduce -a Roma (234), e vantate le sue imprese in senato, Alessandro -trionfò condotto da quattro elefanti, ed ebbe il soprannome di Partico -e di Persico: ma poco stante Ardescir ripigliò quanto i Romani aveano -acquistato, e in quindici anni di regno consolidò la sua potenza -minacciosa alla romana. - -Alessandro disponevasi a rinnovare le ostilità, da cui lo distrassero i -Germani. Accorso al Reno, ne li respinse (235); ma l'arrestò -lo scompiglio de' suoi eserciti, intolleranti delle fatiche, della -disciplina e del rigore ond'egli puniva qualunque oltraggio recassero -nelle marcie, lungo le quali faceva ripetere dagli araldi quel suo — -Fate come volete che a voi si faccia». - -Quando Alessandro, reduce d'Oriente, festeggiò nella Tracia con -giuochi militari il natogli Geta, si presentò un garzone balioso, in -barbara lingua implorando l'onore di concorrere alla lotta. La sua -corporatura dava grand'indizio di vigoria; laonde, affinchè non avesse, -egli barbaro, a trionfare d'un soldato romano, furongli opposti i più -forzosi schiavi del campo: ma un dopo l'altro, sedici ne abbattè. -Compensato con regalucci ed arrolato nelle truppe, al domani le -divertì con saltabellare a modo del suo paese: e vedendo che Severo gli -avea posto mente, tenne dietro al cavallo di lui in una lunga corsa, -senz'ombra di stanchezza; al fine della quale avendogli l'imperatore -esibito di lottare, accettò e vinse sette robusti soldati. Alessandro -il regalò d'una collana d'oro, e lo scrisse fra le guardie del suo -corpo con paga doppia, l'ordinaria non bastando al suo mantenimento. - -Costui chiamavasi Massimino, di padre goto, di madre alana: alto -otto piedi, trascinava un carro cui non bastava un par di bovi, -sradicava alberi, fiaccava la tibia di un cavallo con un calcio, -spiaccicava ciottoli fra le mani, mangiava quaranta libbre di carne, -bevea ventiquattro pinte di vino al giorno, quando non eccedesse. Nel -trattare cogli uomini vide la necessità di frenare la natìa fierezza; -e sotto i succedentisi imperadori si conservò in grado: Alessandro -il costituì tribuno della quarta legione; indi, per la disciplina -che serbava, lo promosse al primo comando, lo ascrisse al senato, e -pensava dare sua sorella a Giulio Vero figlio di lui, bello, robusto e -coraggioso quanto superbo. - -Tanti benefizj, non che ammansassero Massimino, l'invogliarono a tutto -osare quando tutto potea la forza; spargeva cronache e risa su questo -imperator siro, tutto senato, tutto mamma; e formatasi una fazione, -lo assalì presso Magonza (235), e lo trucidò con Mammea, -di soli ventisei anni. I soldati uccisero gli assassini, eccetto il -capo: popolo e senatori piansero Alessandro quanto meritava, e con -annua festa ne commemoravano il natale. Massimino, gridato imperatore, -si associò il figlio, cui i soldati baciarono le mani, le ginocchia, -i piedi; il senato confermò quel che non poteva disfare; e tosto -cominciarono le vendette e le crudeltà. Come chi da infima perviene -ad alta fortuna, Massimino temeva il dispregio e i confronti; quindi -la nascita illustre o il merito erano colpa agli occhi suoi, colpa -l'averlo vilipeso, colpa l'averlo sovvenuto nella sua povertà. Un -sospetto bastava perchè governatori, generali, consolari fossero -incatenati sui carri e portati all'imperatore, che, non sazio della -confisca e della morte, li faceva o esporre alle fiere entro pelli -fresche di bestie, o battere sinchè avessero fil di vita. Nè i -Cristiani cansarono la sua ferocia (236). - -A pari con questa andava in lui l'ingordigia; e incamerò le rendite -indipendenti che ciascuna città amministrava per le pubbliche -distribuzioni e per sollazzi, spogliò i tempj, e le statue di numi e -d'eroi volse in moneta. Dappertutto fu indignazione, in qualche luogo -tumulto. Nell'Africa, alcuni giovani ricchissimi, spogliati d'ogni ben -loro dal procuratore ingordo, armano schiavi e contadini, trucidano il -magistrato, e gridano imperatore Marc'Antonio Gordiano (237) -proconsole di quella provincia. - -Questo ricco e benefico senatore, discendente dai Gracchi e da Trajano, -occupava in Roma il palazzo di Pompeo, adorno di trofei e pitture: -aveva sulla via di Preneste una villa di magnifica estensione, con -tre sale lunghe cento piedi, e un portico sorretto da ducento colonne -de' quattro più stimati marmi: nei giuochi dati al popolo, non esibiva -mai meno di cencinquanta coppie di gladiatori, talora cinquecento: un -giorno fece uccidervi cento cavalli siciliani ed altrettanti cappadoci, -e mille orsi, a non dire le fiere minori: e siffatti giuochi, essendo -edile, rinnovò ogni mese; fatto console, gli estese alle principali -città d'Italia. - -Qui tutta la sua ambizione; placido del resto da non eccitare la -gelosia de' tiranni, attendeva alle lettere e cantò in trenta libri le -virtù degli Antonini. Toccava gli ottant'anni quando gli sopragiunse -codesta sventura dell'impero; e poichè preci e lacrime adoprò invano -a stornarla, vedendo non camperebbe altrimenti o dai soldati o da -Massimino, accettò e pose sede in Cartagine. Imperatore con esso -fu dichiarato suo figlio Gordiano, il quale avea raccolto ventidue -concubine e sessantaduemila volumi: da ciascuna delle prime ebbe tre o -quattro figliuoli; degli altri si valse per fare egli stesso libri, di -cui qualcuno ci rimane. - -Dando contezza al senato della loro elezione, i nuovi imperatori -protestavano deporrebbero la porpora se così a quello piacesse; dei -decreti ordinavano la pubblicazione soltanto qualora il senato vi -acconsentisse; richiamavano gli esuli, promettevano generosamente ai -soldati e al popolo, invitavano gli amici a sottrarsi dal tiranno. -La risolutezza del console vinse l'esitanza del senato, che dichiarò -nemici i Massimini e chi con loro, e ricompense a chi gli uccidesse; e -per tutta Italia si diffuse la rivolta, contaminata di troppo sangue. -Il senato avvilito a quel modo sotto il villano goto, ripigliava -allora spiriti e dignità, disponeva la difesa e la guerra, per deputati -invitava i governatori in ajuto della patria. Dappertutto erano i ben -accolti; ma Capeliano, governatore della Mauritania e privato nemico -de' Gordiani, fatto massa, aggrediva i nuovi imperatori (238) in -Cartagine. Il figlio periva combattendo; il padre all'annunzio -si strangolava, regnato appena sei settimane: Cartagine fu presa, e -torrenti di sangue saziarono la vendetta di Massimino. - -Il quale, all'udire le prime nuove, infuriando a modo di bestia, -voltolavasi per terra, dava del capo nelle muraglie, trafisse quanti -gli erano intorno, finchè a viva forza gli si strappò la spada, poi -mosse verso Italia. Proclamava intera perdonanza: ma chi si sarebbe -fidato? Il senato, spinto dalla disperazione ad un coraggio che la -ragione rinnegava, proclamò imperatori due vecchi senatori, Massimo -Pupieno e Claudio Balbino, uno che dirigesse la guerra, l'altro che -regolasse la città. Il primo, figlio di un carpentiere, rozzo ma -valoroso ed assennato, era salito di grado in grado fino ai sommi e -alla prefettura di Roma. Le sue vittorie contro Sarmati e Germani, e -il tenore austero di sua vita, non disgiunta da umanità, il faceano -riverito dal popolo; come amato n'era Balbino, oratore e poeta di nome, -integro governatore di molte provincie, ricco sfondolato e liberale, -amico de' piaceri senza eccesso. - -Appena costoro in Campidoglio compivano i primi sagrifizj, il popolo -tumultua, vuol fare esso pure una elezione, e che ai due s'aggiunga -un nipote di Gordiano, fanciullo di dodici anni, anch'esso Gordiano -di nome. Quelli accettarono il cesare, e rabbonacciato il tumulto, -pensarono a consolidarsi. - -Massimino, a capo dell'esercito col quale avea più volte vinto i -Germani e meditato stendere l'impero fino al mar settentrionale, movea -sbuffando sopra l'Italia, che mai non avea vista dopo imperatore; -e sceso dall'AIpi Giulie, trovava il paese deserto, consumate le -provvigioni, rotti i ponti, volendo così il senato logorarne le forze -sotto i castelli nel miglior modo muniti. Prima Aquileja gli abbarrò -la marcia con risoluto coraggio, fidata nel dio Beleno, che credeva -combattesse sulle sue mura. Se però Massimino si fosse lasciata alle -spalle quella città, difilandosi sopra Roma, che cosa avrebbe potuto -opporgli Pupieno, proceduto sin a Ravenna per tenergli testa? E che -valevano i politici accorgimenti di Balbino contro gl'interni tumulti? -Ma le truppe di Massimino, trovando il paese desolato e un'inattesa -resistenza, s'ammutinarono; e un corpo di pretoriani, tremando per le -mogli ed i figli loro rimasti nel campo d'Alba, trucidarono il tiranno -col figlio e co' suoi più fidati. - -Aquileja spalanca le porte, assediati e assediatori abbracciansi nella -esultanza della ricuperata libertà, e in Ravenna, in Roma, per tutto -la gioja, i mirallegro, i ringraziamenti agli Dei sono in proporzione -del terrore eccitato dagli uccisi e dalla fiducia nei nuovi. Questi -abolirono o temperarono le tasse imposte da Massimino, rimisero la -disciplina, pubblicarono leggi opportune col consiglio del senato, e -cercarono rimarginare le ferite sanguinose. Pupieno chiedeva a Balbino: -— Qual premio aspettarci per aver liberato Roma da un mostro? — L'amore -del senato, del popolo e di tutti», rispose Balbino; ma l'altro più -veggente: — Sarà piuttosto l'odio dei soldati e la loro vendetta». - -E indovinò. Ancor durante la guerra, popolo e pretoriani si erano in -Roma levati a stormo, inondate le vie di sangue, gittato il fuoco ne' -magazzini e nelle botteghe. Il tumulto fu sopito, non estinto, talchè -i senatori andavano muniti di pugnali, i pretoriani adocchiavano -l'occasione di vendicarsi; tutti al pari beffandosi dei deboli argini -che gl'imperatori mettevano al torrente delle fazioni. Crebbe il -fermento allorchè i pretoriani si trovarono riuniti in Roma; e fremendo -che agl'imperatori da essi eletti fossero surrogate queste creature -del senato, e che si pretendesse rimettere le leggi e la disciplina, -trucidano gl'imperatori, e recano al campo il giovine Gordiano III, -proclamandolo unico padrone (238). - -Quel fanciullo pareva nato fatto per riconciliare i rissosi: egli -bello, egli soave, egli rampollo di due imperatori, morti prima di -divenire malvagi; egli detto figliuolo dal senato, come dai soldati; -egli dalla plebe amato più che qualunque suo predecessore. Misiteo, -suo maestro di retorica poi suocero e prefetto al pretorio, dato lo -sfratto a' ribaldi confidenti del giovine imperatore, meritò la fiducia -coll'onestà e colla valentìa. Ma poco appresso morì; e il comando -de' pretoriani fu commesso a Marco Giulio Filippo, che, non contento -di quel posto, brigò fra i soldati tanto, che obbligò Gordiano ad -assumerlo compagno nel dominio (244), poi lo depose, infine -lo trucidò a Zait mentre guerreggiava il re sassanide Sciapur o Sapore, -figlio di Ardescir. - -Filippo era nato a Bosra nell'Idumea, da un capo di carovane arabe, e -v'è chi lo dice cristiano, sebbene le opere nol mostrino. Acconciatosi -con Sàpore, tornò in Antiochia (243), dove volendo assistere -alla solennità della Pasqua, il vescovo Babila lo dichiarò indegno, -finchè non subisse la penitenza. Giunto a Roma, si conciliò il popolo -colla dolcezza, e celebrò il millenario della città (247) -con giuochi ove combatterono trentadue elefanti, dieci orsi, sessanta -leoni, un caval marino, un rinoceronte, dieci leoni bianchi, dieci -asini, quaranta cavalli selvaggi, dieci giraffe, oltre belve minori e -duemila gladiatori. Sanguinosi dovean essere i giubilei della eroica -città. - -Ma d'ogni parte rampollavano nuovi imperatori, il più fortunato -de' quali fu Gneo Messio Decio di Sirmio, governatore della Mesia; -marciando contro del quale Filippo fu trucidato a Verona (249) per -mano dello stesso Decio, dopo cinque anni d'impero. - -Aveva egli lasciato progredire la religione cristiana, contro della -quale invece Decio bandì severissimi editti (250): e chi -ne faceva professione, era sturbato dalle case e dai beni, e tratto -al supplizio. Rinnovaronsi allora gli orrori delle proscrizioni; -fratelli tradirono i fratelli, figliuoli i padri; chi potea sottrarsi -a quel furore, si riduceva nelle selve e negli eremi. V'era mosso -Decio dall'amore dell'antica disciplina, che, attribuendo le -sciagure dell'impero alla corruttela, tentò ripristinare. Avea -pensato ristabilire la censura; quasi la rugginosa instituzione -fosse applicabile quando su tutto il mondo incivilito sarebbesi -dovuto estendere l'ispezione, e chiamare a giudizio inerme l'armata -depravazione. Pure volendo che il senato eleggesse un censore, -l'unanime voce acclamò Valeriano; e l'imperatore, conferendogli il -grado, disse: — Te fortunato per l'universale approvazione! ricevi -la censura del genere umano, e giudica i nostri costumi. Eleggerai -i meritevoli di seder nel senato, renderai lo splendore all'ordine -equestre, crescerai le pubbliche entrate pur alleggerendo le gravezze, -dividerai in classi l'infinita moltitudine de' cittadini, terrai -ragione di quanto concerna le forze, le ricchezze, la virtù, la -potenza di Roma. Al tuo tribunale sono soggetti la corte, l'esercito, -i ministri della giustizia, le dignità dell'impero, eccetto solo i -consoli ordinarj, il prefetto della città, il re dei sacrifizj, e la -maggior Vestale sinchè casta». - -Prima che al fatto apparisse ineseguibile quel disegno, lo interruppero -i Goti, che invasero la Bassa Mesia (254), poi la Tracia -e la Macedonia. Ora vincendo a forza, ora giovato dai tradimenti, -l'imperatore li ridusse a tale estremità, che offrirono di rendere i -prigionieri ed il bottino, pur che fossero lasciati ritirarsi. Decio, -risoluto a sterminarli, s'attraversò al loro passo. Mal per lui; -giacchè, assalito in disperata battaglia, vide cadere trafitto il -proprio figliuolo. Decio gridò ai soldati: — Non abbiam perduto che un -uomo; sì lieve mancanza non ci scoraggi»; ed avventatosi ove più fervea -la mischia, vi trovò la morte. - -Dell'esercito sbaragliato le reliquie si raggomitolarono al corpo di -Vibio Treboniano Gallo, da lui spedito per tagliare la ritirata ai -Goti. Questi, che forse avea colpa della sconfitta, finse volerla -vendicare, e così amicossi l'esercito che l'acclamò imperatore: ed -egli si associò Ostiliano figlio di Decio, e, morto fra breve costui, -il proprio figlio Volusiano. Ma non appena il senato lo confermò, -conchiuse vergognosa pace coi Goti, promettendo fin un tributo; -serbatosi a manifestare il suo coraggio col perseguitare i Cristiani. - -Nel suo regno d'un anno e mezzo, peste e siccità desolarono; Goti, -Borani, Carpi, Burgundioni irruppero nella Mesia e nella Pannonia; gli -Sciti devastarono l'Asia, i Persiani occuparono fino Antiochia. Il -mauro Emilio Emiliano, comandante della Mesia, borioso d'aver vinto -i Barbari, e sprezzando Gallo che marciva a Roma nei piaceri, si fa -salutare imperatore (253 — maggio), e prima che questi ben -si sdormenti, entra in Italia, e scontratolo a Terni, il vede ucciso -col figlio Volusiano da' suoi stessi soldati. Ma l'esercito uccide lui -pure presso Spoleto, dopo quattro mesi di regno, e s'accorda col senato -e coll'esercito della Gallia e Germania che aveano acclamato Licinio -Valeriano. - -Illustre nascita, modestia, prudenza faceano caro costui, che -forbendosi dai vizj d'allora, applicava alle belle lettere i suoi -riposi; devoto dei costumi antichi, aborriva la tirannide, talchè parea -degno dell'impero. Ma come l'ottenne, si sentì inabile a tanto peso; -nè altro ajuto seppe scegliere che il proprio figlio Egnazio Gallieno, -effeminato e vizioso. Pure dava miti ed opportuni provvedimenti, quando -il chiamarono all'armi i popoli, che dal Settentrione e dall'Oriente -irrompevano. - -Valeriano, vittorioso dei Goti, combattendo Sàpore (259) -nella Mesopotamia restò vinto e prigioniero per tradimento di Fulvio -Macriano suo favorito. Il re dei re, invanito dell'opìmo trionfo, il -menò catenato per le città principali, sul dosso di lui metteva il -piede per montare a cavallo: morto dopo parecchi anni di prigionia, -lo fece scorticare, e dedicarne la pelle in un tempio, a perpetuo -obbrobrio. Altri storici attestano che rispettò il prigioniero, a cui -lo strazio peggiore fu il vedere suo figlio esultare d'una sventura -che anticipavagli il regno. I Cristiani vi ravvisarono la punizione -dell'aver perseguitato i Fedeli, come fece ad istigazione di Marciano, -famigerato mago egizio, il quale gli persuase non potrebbe l'impero mai -prosperare finchè non annichilasse un culto abbominato dai patrj numi. - -All'annunzio della sconfitta, tutti i nemici dell'impero quasi -d'accordo l'assalgono e invadono anche l'Italia. Dal pericolo ridesti, -i senatori posero in essere la guarnigione pretoriana, arrolandovi i -più robusti plebei, sicchè i Barbari diedero volta. Gallieno rimasto -solo all'impero, s'adombrò di quest'accesso marziale; onde interdisse -ai senatori qualunque grado militare, e fin l'accostarsi ai campi delle -legioni: esclusione che i ricchi ammolliti accettarono come un favore. - -Gallieno procurò imbonire i Barbari anche con parentele, sposando la -figlia di Pipa re dei Marcomanni, nozze sempre tenute per sacrileghe -dalla romana vanità. Nell'Illiria sconfisse e uccise Ingenuo acclamato -imperatore, e in vendetta mandò per le spade gli abitanti della Mesia, -colpevoli o no. — Non basta (scriveva a Veriano Celere) che tu faccia -morire semplicemente quelli che portarono le armi contro di me, e -che avrebbero potuto perire nella zuffa; voglio che in ogni città tu -stermini tutti gli uomini, giovani o vecchi: non risparmiare pur uno -che m'abbia voluto male o sparlato di me, figlio, padre e fratello di -principi. Uccidi, strazia senza pietà, fa come farei io stesso che di -propria mano ti scrivo»[12]. - -Al furibondo decreto davasi esecuzione (261), talchè i minacciati, per -disperazione, gridarono imperatore Nonio Regillo. Daco d'origine, e -discendente da Decebalo che guerreggiò con Trajano, era prode a segno, -che Claudio, futuro imperatore, gli scrisse: — Un tempo ti sarebbe -stato decretato il trionfo: ora ti consiglio a vincere con maggior -precauzione, e non dimenticare che v'è cui le tue vittorie darebbero -sospetto». Questo valore lo portò al trono, ma non gliel conservò, e -ben tosto fu ucciso (262) dai proprj soldati. - -Un altro imperatore sorto nelle Gallie, Cassiano Postumio, di bassa -nazione ma sommo capitano, assediò in Colonia Salonino figlio di -Gallieno, e l'uccise (259), ed ebbe omaggio dalla Gallia, -dalla Spagna e dalla Bretagna, per otto anni conservandovi la -tranquillità, e facendosi amare. - -Tanti tumulti interni lasciavano agevolezza al persiano Sàpore di -devastare a baldanza l'Oriente. Anicio Balisto, capitano del pretorio -sotto Valeriano, raccolte le reliquie dell'esercito di questo, osa -tenergli fronte, e supplendo al numero colla rapidità e l'arte, -libera Pompejopoli in Cilicia, fa macello de' Persi in Licaonia, molti -rendendone prigioni, e tra questi le donne di Sàpore; poi ritirandosi -prima che questi il raggiunga, sbarca come un lampo a Sebaste e a -Corissa di Cilicia, sorprendendo e trucidando gl'invasori. Lo aveva -soccorso Odenato di Palmira, sceico d'alcune tribù di Saracini, educato -dalla puerizia a caccie e battaglie; e che respinto Sàpore e toltigli i -tesori, entrò nella Mesopotamia, e inoltrossi nel cuore dell'impero per -liberare Valeriano. Vinto Sàpore in campale giornata (261) -sulle sponde dell'Eufrate, lo chiude colla sua famiglia in Ctesifonte, -e gli sforzi suoi erano forse coronati, se le rinascenti sedizioni -dell'impero non avessero resa impossibile qualunque impresa grande. In -ricompensa de' segnalati servigi, nominato da Gallieno capo di tutte -le forze romane in Oriente, Odenato assunse il titolo di re di Palmira, -città del deserto (263), che per la cintura delle solitudini -isolata dal mondo, erasi serbata indipendente fra Roma e i Parti, -straordinariamente arricchita dall'essere la posata delle carovane che -andavano e venivano fra l'impero romano e le Indie. - -Mentre quivi Odenato e Balisto faceano mirabili prove, Gallieno -logoravasi fra meretrici: la crudeltà esercitava, non contro -i senatori, ma contro i soldati, facendone morire fin tre e -quattromila al giorno. Una volta menò ridicolo trionfo con finti -prigionieri vestiti da Goti, Sàrmati, Franchi e Persiani; onde alcuni -inopportunamente lepidi si diedero a squadrare costoro, e chiesti che -cosa esaminassero tanto minutamente, risposero: — Cerchiamo il padre -dell'imperatore». Gallieno li fece buttare nel fuoco, ottimo modo di -aver ragione. Poi prendea diletto a disputare col filosofo Plotino, e -ideava di commettergli una città ove ridurre in atto la repubblica di -Platone; faceva anche bei versi ed orazioni; sapeva con pari maestria -ornare un giardino o cuocere un pranzo; iniziavasi ai misteri di -Grecia, sollecitava un posto nell'areopago d'Atene; e nelle solennità -d'immeritati trionfi o nel lusso di sua corte profondeva tesori, che -la pubblica miseria e le grandi calamità reclamavano. Singolarmente -memorabile fu il trionfo da lui menato a Roma il decimo anno di suo -impero, e descrittoci da Trebellio. L'imperatore, corteggiato dal -senato, dai cavalieri, dalle milizie biancovestite, preceduto dal -popolo, da donne, da servi con torcie e candele, andò processionalmente -in Campidoglio. Cento bovi colle corna dorate e con gualdrappe di -seta, preziosa rarità, e ducento pecore bianche precedeano, ond'essere -sagrificate. Vi fecero pur mostra dieci elefanti, milleducento -gladiatori, carrette con ogni maniera di buffoni e commedianti, forze -ciclopiche, feste e giuochi per tutto, infine alquante centinaja di -persone vestite da Sciti, da Franchi, da Sarmati, da Persi. Fra ciò, -nessuna cura de' pubblici interessi; se gli si dice morto suo padre, -— Sapevo ch'egli era mortale»; se gli annunziano perduto l'Egitto, -— Faremo senza delle sue tele»; se occupata la Gallia, — Perirà Roma -senza le stoffe di Arras?» se predata l'Asia dagli Sciti, — Non potremo -noi lavarci senza le spume di nitro?» - -Quest'indolenza suscitava d'ogni parte usurpatori, che nella storia -sono conosciuti col nome di Trenta Tiranni, sebbene quel numero non -si ragguagli col vero: ma come senza noja e confusione seguire tutti -costoro nel breve tragitto dal trono alla tomba? - -Fulvio Macriano, meritati i primi gradi della milizia, coll'appoggio -di Balisto si fece gridar imperatore. Appena l'udì, Valerio Valente, -proconsole nell'Acaja, prese il titolo stesso: lo imitò Calpurnio -Pisone (261), speditogli contro. Era quest'ultimo d'illustre -casa e di grandi virtù, talchè, all'udirlo ucciso, Valente sclamò: — -Qual conto dovrò rendere ai giudici infernali della morte d'uno che non -ha l'eguale nell'impero!» Il senato ne decretò l'apoteosi, dichiarando -non essersi mai dato uomo migliore nè più fermo. - -Macriano sul confine della Tracia fu sconfitto e morto. Balisto, -chiamatosi imperatore in Emesa, è da un sicario di Gallieno tolto di -vita (264). In Egitto un Emiliano fu pure sconfitto e spedito -a Roma, e quivi strangolato in prigione, secondo il rito degli avi. -Nell'Asia Minore gl'Isauri acclamarono Claudio Annio Trebelliano, e -morto questo in campo, ricusarono sottomettersi, e devastarono l'Asia -Minore e la Siria fin al tempo di Costantino. Cornelio Gallo, gridato -augusto in Africa, in capo a sette giorni è crocifisso. - -Postumio nelle Gallie associossi Pianvonio Vittorino, resistendo a' -replicati attacchi di Gallieno, e vincendo un Lucio Eliano, erettosi -imperatore a Magonza; ma non volendo assentire ai soldati il saccheggio -di questa città, fu trucidato col figlio. Servio Lolliano che gli -successe, cadde ucciso per istigazione di Vittorino (266), -che restò unico padrone delle Gallie, finchè un marito oltraggiato non -lo scannò. Erasi egli destinato successore il figlio: però i Galli, -sdegnando obbedire ad un fanciullo, elessero Marc'Aurelio Mario, -armajuolo di forza e valore straordinario; ma, tre giorni dopo, un -suo garzone gli confisse la spada nel cuore, dicendo: — Fu fabbricata -nella tua fucina». I soldati gli surrogarono Pesuvio Tetrico, senatore -e consolare, che restò in possesso della Gallia, Spagna e Britannia. -Questi efimeri erano elevati ed abbattuti da Vittoria madre di -Vittorino, che a Gallieno opponeva virile coraggio e immense ricchezze. - -Anche Odenato, che, pel merito d'aver conservate le provincie -orientali, era stato da Gallieno assunto socio all'impero, e che -continuava prosperamente contro i Persi, mentre accorreva per riparare -alle invasioni dei Goti fu assassinato ad Emesa da un suo nipote -(267); e in nome dei tre figli che lasciava, governò la sua -seconda moglie Zenobia, forse complice dell'assassinio, col titolo di -regina d'Oriente e colle insegne imperiali. - -Acilio Aureolo, generale di Gallieno nell'Illiria, era stato obbligato -dall'esercito ad accettare la porpora, e passate le Alpi, battuto -l'esercito imperiale sull'Adda fra Bergamo e Milano, ove gettò un ponte -che ancora conserva il suo nome (Pons Aureoli, Pontiròlo) (268), occupò -Milano. Quivi assediava Gallieno, quando una congiura tolse questo di -vita, nel decimoquinto anno di regno, trentesimoquinto d'età. Sulle -prime i soldati voleano vendicarlo, poi vinti a denaro il dichiararono -tiranno; il senato lo pubblicò nemico della patria, fece trabalzare i -suoi amici e parenti dalla rupe Tarpea, poco dopo lo deificò. - -Il suo fu de' più infelici tempi che la storia ricordi; tutto guerra -dal Nilo alle Spagne, dall'Eufrate alla Bretagna; orde di Barbari -irrompevano, gli schiavi agricoli insorgevano, i tiranni faceano a -chi peggio: e poichè ogni nuovo che saltasse su, doveva profondere -coi soldati, bisognava smungesse il popolo; come in ogni Stato nuovo, -commetteva vessazioni e crudeltà; poi rapidamente cadendo, avvolgeva -nelle ruine l'esercito e le provincie. Talvolta ancora questi -istantanei signori davano mano ai Barbari per sostenersi contro i -rivali; sempre la loro disunione ne fomentava le correrie. La fame e la -peste durata dal 250 al 65 faceano del resto; poi tremuoti, eclissi di -sole, cupi muggiti della terra accrescevano lo sgomento dei popoli. - -A un impero costituito sulle armi, dalle armi potea derivare qualche -ristoro: e ne arrestò di fatto il tracollo una serie di prodi -imperatori, venuti dall'Illiria dopo di tristi venuti d'Africa e di -Siria. L'esercito acclama Marc'Aurelio Claudio (268), come -il più degno di sostenere il nome e la dignità imperiale; e i senatori -lo confermano, adunandosi nel tempio d'Apollo: — Augusto Claudio, gli -Dei ti conservino per noi (ripetuto sessanta volte). Te o un par tuo -noi abbiamo sempre desiderato (quaranta volte). Tu padre, tu fratello, -tu amico, tu senatore eccellente, tu vero imperatore (quaranta volte). -Tetrico è un nulla avanti a te (sette volte). Liberaci da Aureolo, da -Zenobia, da Vittoria (cinque volte)». - -Quest'illirico, acquistato il trono senza delitti, continuò l'assedio -di Milano finchè vi prese Aureolo, e ne concesse la morte alla domanda -del suo esercito; sconfisse i Germani inoltratisi fino al lago di -Garda: ma Tetrico si sostenne nella Gallia anche dopo morta Vittoria. -Claudio in Roma attese a ricomporre come meglio poteva i disordini -causati dai precedenti tumulti; agli amici e alla famiglia di Gallieno, -dal senato condannati a morte, impetrò il perdono; e fu soprannomato il -secondo Trajano. - -Mosso contro i Goti (269) che, saccheggiate le provincie, -ritiravansi per l'Alta Mesia, scrisse al senato: — Mi trovo al cospetto -di trecenventimila nemici. Se n'esco vincitore, confido sulla vostra -riconoscenza: se l'esito non risponde alle speranze, vi ricordi che dal -regno di Gallieno l'impero restò snervato, colpa sua e de' tiranni che -desolarono le nostre provincie. Nè lancie abbiamo, nè spade, nè scudi; -le Gallie e la Spagna, anima dell'impero, sono in mano di Tetrico; -gli arcieri, occupati contro Zenobia. Per poco che otteniamo, sarà già -assai». Pure, dopo alquanti giorni, potè scrivere di nuovo: — Abbiam -disfatto i Goti e distrutto la loro flotta di duemila vele; i campi -sono coperti di scudi e di cadaveri; e tanti prigioni, che due o tre -donne toccarono per ciascun soldato». - -Di vittorie così segnalate faceva mestieri per puntellare il vacillante -impero. Ma Claudio durò appena due anni: il senato gli decretò divini -onori (270), e sospese nelle sale delle adunanze uno scudo -d'oro coll'effigie di esso; il popolo gli alzò una statua d'oro alta -sei piedi, una d'argento pesante mille cinquecento libbre; e unanimi -chiamarono a succedergli il fratello Marc'Aurelio Quintillo: il quale, -dopo diciassette giorni, fu trucidato dall'esercito, o si uccise -all'udire che l'esercito aveva proclamato Lucio Domizio Aureliano. - -Quest'umile pannone era segnalato per forza e valore, sicchè i soldati -il conosceano col soprannome di _Mano al ferro_; cantavano ad onor suo -canzoni, il cui ritornello era _Mille, mille, mille uccise_, e diceano -che in varie battaglie ammazzasse di suo pugno novecentocinquanta -nemici. I Goti gli chiesero pace: ma Alemanni, Giutongi e Marcomanni -malgrado suo penetrarono in Italia, e presso Piacenza voltolo in -fuga, si difilarono sopra Roma. Lo spavento allora andò al colmo, -si consultarono i Libri Sibillini, e l'imperatore stesso si lagnò -col senato perchè ne' riti religiosi procedesse a rilento. — E che? -(diceva) siete forse radunati in una chiesa cristiana, non più nel -tempio di tutti gli Dei? Esaminate; e qualunque spesa, qualunque -animale od uomo vi ordinino i sacri libri, io ve ne fornirò». -Processioni di sacerdoti biancovestiti tra cori di vergini e garzoni, -che lustravano la campagna e la consacravano con mistici sacrifizj, -ravvivarono il coraggio de' Romani, sicchè Aureliano, raccozzate -le reliquie, presso Fano ruppe i Germani, poi in altre battaglie li -sterminò. Anche i Vandali che avevano varcato il Danubio, furono da lui -sconfitti, e costretti a dare ostaggi i figli dei due loro re. Cercando -però vantaggio reale, più che lusinghiera apparenza, abbandonò la -conquista di Trajano di là dal Danubio. - -Ripristinata la disciplina[13], ogni leggier mancamento de' soldati -puniva severissimamente; avendo un d'essi violato la donna dell'ospite -suo, lo fece legare a due alberi piegati, e sparare. I soldati -pertanto, in canzoni diverse dalle prime, cantavano: — Costui versò -più sangue che altri non bevesse vino». Se non che faceva sembrare -meno pesante quella disciplina col sottoporvisi egli stesso. Anche in -Roma dovette ricorrere ai partiti più rigorosi, e varj senatori mandò a -morte per accuse lievi nè provate. Riparò la mura attorno alla città, -per modo che ventun miglio circuiva: il che, se blandiva l'orgoglio -romano coll'estensione, l'umiliava, avvertendo come la capitale -dell'impero dovesse provvedere con munizioni alla propria sicurezza. - -Disposte le cose per la pace e la guerra, drizzò contro la regina -Zenobia, che scaltra e coraggiosa restò padrona della Siria e della -Mesopotamia, ebbe anche l'Egitto, prese gran parte d'Asia. Aureliano -la vinse presso Antiochia ed Emesa (272), l'ebbe prigioniera, -distrusse Palmira di modo, che fin le immense sue ruine si ignorarono, -finchè nel secolo passato ridestarono la meraviglia degli artisti e de' -curiosi. Domo anche l'Egitto, la cui conservazione tanto importava per -vettovagliare l'Italia, determinato il grano, il papiro, il lino, il -vetro che annualmente dovea tributare, Aureliano si volse all'Europa -per ritogliere Spagna, Gallia e Britannia dalle mani di Tetrico. -Questi, che per cinque anni avea piuttosto obbedito che comandato a -turbolenti soldati, venne a darglisi spontaneo (271), onde -dopo tredici anni quelle provincie si ricongiunsero all'impero. - -Aureliano menò trionfo pomposo se altro mai. Precedeano venti -elefanti, quattro tigri, oltre ducento fiere delle più rare e curiose -dell'Oriente e del Mezzodì; poi mille seicento gladiatori destinati -all'anfiteatro. Seguivano i tesori dell'Asia e della regina di Palmira -in bell'ordine e disordine; e sopra carri innumerevoli, elmi, scudi, -corazze, insegne militari. Gli ambasciadori di remotissime regioni, -etiopi, arabi, persi, battriani, indi, cinesi, venuti al rumore -delle sue vittorie sopra Palmira, attraevano gli occhi sì per la -stranezza loro, sì per la dovizia e la singolarità dell'addobbo. I -prodotti di tutte le parti, e le corone d'oro regalategli dalle città -riconoscenti, attestavano l'obbedienza e la devozione del mondo a -questa Roma sull'orlo del sepolcro. Seguivano lunghe file di Goti, -Vandali, Sarmati, Alemanni, Franchi, Galli, Siri, Egizj incatenati; -dieci guerriere gotiche, prese coll'armi alla mano, e intitolate -nazione delle Amazoni; l'imperatore Tetrico, colle brache galliche, -la tunica gialla e il manto di porpora, accompagnato dal figlio e dai -gallici cortigiani; Zenobia regina, tutta gioje e con catene d'oro alle -mani e al collo, sorretta da schiave persiane, con dietro il magnifico -carro, in cui avea sperato salire trionfalmente al Campidoglio, e i -due sontuosi di Odenato e del re persiano. Nel quarto stava Aureliano, -tratto da quattro cervi o forse renni, tolti a un re goto. Senatori e -illustri cittadini chiudeano fra un suono di viva: poi giuochi scenici -e circesi, battaglie di gladiatori, di fiere, di navi fecero memorabile -quella solennità. - -Sebbene l'esercito avesse a gran voci domandato in Siria la morte di -Zenobia, Aureliano le donò assai terre nei contorni di Tivoli, ove -potesse vivere conforme al grado: collocò nobilmente le figlie di -essa, e all'unico maschio sopravissuto conferì un piccolo principato -in Armenia. A Tetrico consentì il titolo di collega e il governo della -Lucania, e gli diceva celiando che il governare una provincia d'Italia -dava più onore che il regnar nelle Gallie. - -A porre in qualche miglior assetto la pubblica cosa, bandì leggi contro -l'adulterio e il concubinato, eccetto se fosse con ischiave: i liberti -e servi suoi puniva severamente, e se delinquessero li consegnava al -magistrato ordinario. Cercò reprimere il lusso, principalmente la -profusione dell'oro in ricami; e fin alla moglie e alla figliuola -sua non soffriva gli abiti di seta, perchè questa vendevasi a peso -d'oro[14]: alzò in Roma il tempio del Sole, riboccante di metalli -preziosi e di perle, con vasi d'oro pel peso di quindicimila libbre: -il Campidoglio e altri tempj ornò con doni speditigli da principi -stranieri, e assegnò stipendj pei sacerdoti e pel culto, ravvivato -in ogni modo. Oltre l'olio e il pane, distribuiva al popolo carne di -majale; voleva aggiungere il vino, ma il prefetto del pretorio notò -che presto il popolo avrebbe preteso anche polli. Rimise ogni debito -de' privati verso l'erario, facendo bruciare le polizze, e ogni colpa -di Stato. Ma una sollevazione, eccitata da non sappiamo quale riforma -della moneta, e che fu a fatica soffocata in torrenti di sangue, -ridestò l'indole severa di Aureliano, il quale empì le carceri e i -patiboli, massimamente di senatori. - -Unico diritto conoscendo la spada, trattava l'impero non altrimenti -che paese di conquista. Perciò il senato recosselo in odio, -quanto l'amava l'esercito; eppure da questo trovò la morte. Mentre -s'accingeva a vendicare in Persia Valeriano, Mnesteo suo liberto e -segretario, minacciato da esso per alcune estorsioni, prevenne il -castigo col mostrare ai principali dell'esercito una finta lista -di nomi proscritti, e persuaderli a fuggire la morte col darla -all'imperatore. In fatto tra Eraclea e Bisanzio fu trucidato dalle -sue guardie (275); scoperta poi falsa la scritta, i congiurati -gettarono Mnesteo alle fiere, ed eressero un tempio al _restauratore -dell'impero_. E veramente in que' cinque anni Aureliano avea -rimarginato le piaghe aperte dall'infingardo Gallieno, schermito -l'Italia da' Barbari, tornato l'unità all'impero, ricevuto omaggio -da Ormisda successore di Sapore; e se l'eccessivo rigore nol lascia -noverare fra i principi buoni, sta fra gli utili, in tempo che la spada -sola poteva rinfrancare un impero sulle spade fondato. - -I primarj uffiziali, trovandosi rei del sangue d'Aureliano, non osarono -scegliere il successore, e scrissero al senato perchè esso medesimo -eleggesse uno, pari al presente bisogno, e mondo di quell'assassinio. -Marco Claudio Tacito, principe del senato, dissuase dall'accettare -un incarico che susciterebbe turbolenze se la scelta spiacesse -all'esercito: onde la rimisero a questo, e questo di nuovo ai senatori, -e così fin a tre volte; sicchè otto mesi vacò l'impero. La quiete -interna non ne pativa, ma prendevamo baldanza i nemici dall'Eufrate al -Danubio; onde alfine esso Tacito, discendente dallo storico, dolce di -natura, ammiratore dell'antica semplicità, vecchio di settant'anni, -si lasciò indurre ad accettar la primazia dello Stato e del mondo, -decretatagli per autorità del senato, e meritata pel grado suo e per le -azioni. - -Il suo patrimonio, del valore di un milione seicentomila sesterzi, -vendette e cesse al pubblico[15]; francò quanti schiavi aveva in -Roma; e dalla sua temperanza e dal risparmio trasse di che fare -liberalità. Chiuse i postriboli affatto, i pubblici bagni prima -di sera; ordinò tempj e sacrifizj per gl'imperatori buoni; escluse -gli schiavi dal testimoniare contro i padroni; vietò le dorature e -l'amalgamare i metalli[16]. Ai senatori rese le attribuzioni antiche; -del che esultanti menarono processioni, e scrissero a tutte le città -e popoli amici che a loro si dirigessero gli appelli dai proconsoli, -non più all'imperatore nè al prefetto del pretorio: essi destinavano i -proconsoli, e conferivano le magistrature con tale indipendenza, che -negarono il consolato a un fratello di Tacito, da lui raccomandato; -e davano forza agli editti imperiali coi loro decreti. Ultimo lampo -dell'autorità senatoria. - -Tacito si amicò anche l'esercito con largizioni e col condurlo contro -i nemici: ma da una parte la rigidezza del clima, dall'altra le -turbolenze dei soldati, imbaldanziti dalla dolcezza di lui, il trassero -in Cappadocia (276) alla tomba, dopo appena sei mesi. Antonio Floriano -suo fratello si fece vestire della porpora, ed ebbe obbedienza dalle -provincie d'Europa e d'Africa: ma tre legioni d'Asia si chiarirono per -Valerio Probo sirmiese; quindi guerra civile, sinchè, due mesi dopo, il -primo restò trucidato. - -Probo, colle doti di gran principe, rincacciò fin oltre il Reno i -Barbari invasori della Gallia; costrinse Goti e Persi a chieder pace; -soggiogò gl'Isauri, spargendoli fra le provincie più lontane; ruppe -i Blemmi, stanziati fra l'Etiopia e l'Egitto; contro i Germani tese -una linea, non più d'alberi e palizzate come Trajano, ma di muro vivo, -che dalle vicinanze di Neustadt e di Ratisbona sul Danubio stendeasi -traverso a monti, valli, fiumi e paludi sino a Wimpfen sul Neckar, e -dopo ducento miglia riusciva al Reno. Costrinse anche i Germani a dare -sedicimila dei loro giovani più robusti, che scompartì fra le truppe -nazionali, cui ogni giorno più difficile riusciva il reclutare fra le -ammollite popolazioni d'Italia e delle provincie interne. Nel trionfo -suo del 281, Roma vide il circo mutato in selva, trasportandovi alberi -colle loro radici, e quivi mille struzzi, altrettanti cervi, cignali, -capriuoli, ibis abbandonati alla caccia del popolo: il domani poi cento -leoni, cento leonesse, ducento leopardi, trecento orsi, coi ruggiti, -cogli urli, colla morte divertirono la plebe, non meno che le trecento -coppie di gladiatori. - -Quando le guerre esterne e i rinascenti competitori gliel -consentissero, Probo, non volendo i soldati mangiassero il pane a -tradimento, gli adoprava in utili lavori, piantar di vigne le pendici -della Gallia, della Pannonia e della Mesia, ricostruire più di dieci -città diroccate, aprir canali: ma avendo detto che sperava fra poco -metter pace dappertutto e far senza de' soldati, questi lo trucidarono -(282), catastrofe ormai consueta degl'imperatori, fossero -ribaldi come Gallieno, o prudenti, giusti e rispettati come Probo[17]. - -E gridarono Marc'Aurelio Caro, prefetto del pretorio, che nominò Cesari -i figli suoi Carino e Numeriano, sconfisse i Sarmati nella Tracia, -assicurando così l'Illiria e l'Italia, indi mosse ai Persi una guerra, -divenuta omai di necessaria difesa. - -Varane II, succeduto su quel trono, avea già invaso la Mesopotamia; -ma come udì che i Romani avanzavano, indietreggiò, e mandò a Caro -ambasciadori. Questi il trovarono in abito guerresco con un rozzo -manto di porpora, che assiso sull'erba cenava con un pezzo di lardo -e pochi piselli; e quando ebbero esposto la legazione, egli, cavatosi -un copolino con cui copriva la sua calvizie, rispose: — Se il vostro -principe non si piega ai Romani, io ridurrò la Persia così nuda di -alberi, come vedete di capelli la mia testa». - -Perchè non paresse vuota millanteria, v'entrò vincendo; ma sul -meglio morì a Ctesifonte (283), regnato sedici mesi. Il suo -secretario Calpurnio scriveva al senato: — Il veramente caro nostro -imperator Caro giaceva malato nella sua tenda quando scoppiò un nembo, -e tutto fu tenebre: lampi e tuoni ci tolsero di conoscere quel che -accadeva; ma al cessar di quelli odesi gridare _L'imperatore è morto_. -Gli uffiziali di camera, desolati di tal perdita, miser fuoco alla -tenda, onde corse voce che l'imperatore fosse colpito dal fulmine; a -quanto possiam giudicare, non morì che della sua malattia». Che che ne -fosse, l'ebbe per sinistro augurio l'esercito, e costrinse Numeriano, -figlio dell'estinto, a retrocedere dal Tigri, termine fatato alle -conquiste romane. Era questo ricco di bellissime qualità, poeta e -oratore: ma nella ritirata anch'esso fu ucciso (284). - -Carino, dalla Gallia dove avea condotto la guerra non senza abilità, -venne a Roma, ed occupò l'impero: in pochi mesi condusse e ripudiò nove -donne, troppe più ne contaminò; in musiche, balli, oscenità logorava -il tempo; amici e consiglieri di suo padre, e chiunque poteva esser -rinfaccio a' suoi vizj o gli era stato pari in privata fortuna, mandò -a morte; superbo coi senatori, vantava voler distribuirne i poderi alla -plebe, che trastullava colle feste, e tra la quale schiumò i favoriti, -ministri e complici a un tempo, sopra i quali scaricavasi d'ogni cura, -fin dell'apporre le firme. - -Oziava e godeva sopra l'abisso; poichè l'esercito che con suo padre -aveva combattuto in Persia, come nel ritorno fu giunto a Calcedonia -d'Asia, acclamò imperatore Aurelio Diocleziano, comandante alle guardie -del corpo, dalmato di bassa gente, prode in armi, lontano da ogni fasto -e mollezza, destro agli affari, amico del bel sapere, benchè null'altro -intendesse che guerra. Correndo qualche dubbio ch'egli avesse avuto -parte all'assassinio di Numeriano, giurossene puro, indi fatto venire -Ario Apro, suocero dell'estinto, disse: — Costui fu l'assassino -dell'imperatore», e gl'immerse la spada in petto. Con ciò intendeva -di dare una prova all'esercito, che se n'accontentò, e adempiere la -predizione fattagli da una druidessa, ch'egli diverrebbe imperatore -quando uccidesse un cinghiale, che in latino dicesi _apro_. Perciò -nelle caccie egli inseguiva sempre questi animali; e allora colpito -l'emulo, sclamò: — L'ho pur ucciso l'apro fatale». - -L'esercito si dispose a sostenerne l'innocenza e l'augurio colla -guerra civile; per assicurare l'esito della quale, Diocleziano -fomentò il malcontento fra le truppe di Carino; ed essendo questo -ucciso (285) per vendetta d'un tribuno, Diocleziano si trovò padrone -dell'impero, ed ebbe la generosità o la politica di perdonare. Nei -novantadue anni da Comodo a Diocleziano, di venticinque volte che -vacò l'impero, ventidue fu per violenta fine di chi l'occupava; dei -trentaquattro imperadori, trenta furono uccisi da chi aspirava -succedere; elettori, carnefici, padroni di tutto i soldati: bisognava -dunque un riparo, e Diocleziano vi pensò col mutare la forma -dell'impero, e ridurlo, da comando soldatesco, a principato despotico. - -Incominciò dall'associarsi Massimiano (286 — 1 aprile), -contadino sirmiese, una delle migliori spade d'allora, crudele però -tanto, che Diocleziano potè comparire generoso moderandone gli atti -severi, forse da lui medesimo suggeriti. Assunsero Massimiano il -titolo di Erculeo, Diocleziano di Giovio: quegli rispettava per -genio superiore Diocleziano; questi trovava necessario il valore del -collega fra tanti nemici sbuffanti. Anzi, per essere più pronti ad -ogni occorrente, Diocleziano suddivise ancora l'autorità (292), -scegliendo a Cesari due generali sperimentati; Galerio, detto -Armentario forse dal prisco suo mestiere, e Costanzo Cloro, soldato -venuto su col proprio valore, e che allora si volle far discendere da -Claudio II. A Costanzo diede Massimiano una figlia, Diocleziano una a -Galerio; e così questi quattro Illirici spartirono tra loro, se non -l'amministrazione, la difesa dell'impero. Gallia, Spagna, Bretagna -furono affidate a Costanzo, che sedeva a Treveri od a York: a Galerio -le provincie illiriche sul Danubio, la Mesia superiore, la Macedonia, -l'Epiro, l'Acaja, facendone centro Sirmio: l'Italia, colle due Rezie, i -due Norici, la Pannonia e parte dell'Africa a Massimiano: a Diocleziano -la Tracia, l'Egitto e l'Asia. Nè per questo si scomponeva la monarchia, -poichè riguardavano spontaneamente come primo e come un _gran dio_ quel -che gli aveva assunti; in concordia rara fra potenti, unica fra quattro -guerrieri diversi di patria, d'età, d'inclinazione, si assistevano di -consiglio e di braccio: le provincie erano più da vicino guardate; le -legioni imparavano a rispettare la vita dei capi, quando l'assassinio -d'un solo nulla avrebbe fruttato: e mentre capitani che proclamavansi -augusti, Barbari che d'ogni parte irrompevano, faceano difficilissimo -il governare, i quattro sovrani mantennero l'autorità sul Danubio -come in Africa, nelle Spagne come in Persia. Ma se più pronti -erano all'interna sicurezza e alla difesa esteriore, s'indeboliva -il sentimento dell'unità, e preparavansi gli animi alla divisione -dell'impero, che presto si effettuò. - -Diocleziano dall'Egitto ai dominj persiani estese una linea di -campi, forti di buone armi; dalla foce del Reno a quella del -Danubio, antichi accampamenti e nuove fortezze sì ben custodì, che -i Barbari non s'arrischiarono quasi mai a superarle. I prigionieri -venivano scompartiti tra i provinciali, e massime dove le guerre -avevano decimato la popolazione, adoperandoli alla pastorizia ed -all'agricoltura, talvolta alle armi. - -Meglio di Roma parve conveniente Milano per tener d'occhio i Barbari -della Germania; popolosa, ben fabbricata, con circo, teatro, zecca, -palazzo, terme, portici adorni di statue; onde fu munita di doppia -mura, e Massimiano vi pose sua residenza. Per sè Diocleziano abbellì -Nicomedia sul confine dell'Europa coll'Asia, e se ne compiaceva, quanto -lo disgustavano di Roma la plebe insolente e il senato che ancora -voleva arrogarsi qualche diritto, in mezzo all'onnipotenza del brando. -Fuori dell'antica metropoli non v'erano memorie: onde nell'accampamento -o ne' consigli delle provincie gli augusti potevano spiegare assoluta -podestà; risolvevano co' proprj ministri, senza nè render conto nè -domandar parere al gran consiglio della nazione. Per istrappare a -questo le ultime apparenze di considerazione, Diocleziano lasciò -che il collega sbrigliasse il natural rigore col punire immaginarie -cospirazioni. I pretoriani che, sentendosi fiaccare da questa robusta -amministrazione, inclinavano a dar mano al senato, furono scemati di -numero e di privilegi, surrogandovi nella custodia di Roma due legioni -dell'Illiria col nome di Gioviani ed Erculei: i nomi di console, di -censore, di tribuno più non parvero necessarj per esercitare con titoli -repubblicani una potenza, da cui la repubblica era stata distrutta: e -l'imperatore, non più generale degli eserciti patrj, ma capo del mondo -romano, fu intitolato _dominus_ anche negli atti pubblici, con titoli e -attributi divini. - -E questa imperiale autorità, scaduta nell'opinione, rapina di viziosi, -trastullo dell'esercito, Diocleziano pensò ristaurarla dalla radice. -Italiano egli non era, sicchè gli rincrescesse di togliere alla patria -la primazia con tanto sangue acquistata: nei campi erasi avvezzo -alla disciplina indisputata e alle pompe allettatrici, sicchè tutto -foggiò a sistema orientale. Alla semplicità d'abbigliamenti, di corte, -d'udienze, che aveano serbata gl'imperatori quando si consideravano -come primi cittadini e nulla più, Diocleziano surrogò il fasto -asiatico; si cinse il diadema ch'era costato la vita a Cesare; di -seta, oro, gemme coprivasi dal capo alle piante la sacra persona; -scuole di uffiziali domestici custodivano gli accessi del palazzo; e -chi traverso a questi e ad infinite cerimonie s'accostasse alla maestà -dell'imperatore, doveva prostrarsi in adorazione. - -Tutto insomma dovea dirigersi a circondare d'un gran fasto la -dignità suprema, a scapito dei poteri subalterni: l'imperatore dovea -dirigere ogni cosa cogli ordini, eppure non iscemare la dignità coi -particolari dell'esecuzione e colle comunicazioni troppo immediate: i -magistrati doveano essere null'altro che esecutori: e poichè non si -poteva accordare quell'immensa estensione con un governo temperato, -bisognava studiare di renderlo forte insieme e dolce. Due imperatori -e due Cesari moltiplicavano queste appariscenze, e ministri del lusso, -uffiziali, servi; e gareggiando di splendidezza, da una parte crebbero -gl'intrighi, dall'altra le spese e in conseguenza i tributi. - -L'autorità eccessiva de' prefetti al pretorio fu ridotta a giusti -limiti, introducendo i maestri della milizia, ispettori generali -della cavalleria e della fanteria. Alla Corte potea portarsi reclamo -contro la decisione di qualsifosse magistrato. Le provincie furono -suddivise, e perciò sminuita la potenza di quei che le reggevano: a -cagion d'esempio, la Gallia, che ne formava un solo, fu tagliata in -quattordici governi. Conseguentemente cessava l'autorità del senato -sopra le provincie; le cariche civili restavano separate dai comandi -militari; represse le vessazioni causate dalla prevaricazione o dalla -negligenza de' magistrati; tolte le ingiustizie che nascevano dai -privilegi conceduti ad alcuni. Insomma il despotismo militare dava -luogo al despotismo governativo, appoggiato sopra innumerevole quantità -d'impiegati amministrativi. - -Diocleziano, autore del nuovo sistema, conservossi moderato, continuò -le distribuzioni al popolo, fabbricò splendidamente a Cartagine e -Milano, oltre Nicomedia, e meravigliose terme a Roma, bastanti a -tremila persone, alle quali unì la biblioteca di Trajano. E quando nel -ventesimo anno di suo regno menò un trionfo, il popolo, vedendo portate -le immagini di fiumi e città persiane non prima soggiogate, e de' figli -e della moglie del persiano re, potè illudersi ancora sull'eternità -del Giove Capitolino. Ma i Romani guardavano di mal occhio chi gli avea -tolti dall'esser capi del mondo; onde lanciavano motti, intollerabili -all'autocrato, che mostrò il suo dispetto abbandonando per sempre i -sette colli. - -Girando per le provincie illiriche, contrasse una malattia che il -portò a fil di morte. Riavutosi, nè sentendosi la pristina vigoria per -reggere l'impero, risolse abdicare. In una pianura presso Nicomedia, -salito sopra eccelso trono (305), dichiarò la sua intenzione -al popolo ed ai soldati, nominando Cesari Massimino Daza e Severo. -Il giorno stesso Massimiano, per adempiere il giuramento datone -già prima al collega, abdicava in Milano. Diocleziano ritiratosi -in uno splendido palazzo a Salona, sopravisse nove anni in privata -condizione, rispettato e consultato dai principi cui aveva ceduto -l'impero. Spesso esclamava: — Ora vivo, ora vedo la bellezza del sole»; -e quando Massimiano, ch'erasi ritirato nella Lucania, il sollecitava -a ripigliarsi il governo, rispose: — Non me ne consiglieresti, se tu -vedessi i bei cavoli che ho piantato in Salona di mia mano». Meditando -sui pericoli di chi regna, — Quanto spesso (diceva) due o tre ministri -s'accordano per ingannare il principe, al quale, separato dal resto -degli uomini, rara o non mai giunge la verità! Non vedendo e udendo che -per gli occhi e gli orecchi altrui, egli conferisce i posti a viziosi -o inetti, trascura i meritevoli, e benchè savio, è traviato dalla -corruzione de' suoi cortigiani». - -Al lentarsi di quella mano robusta, le discordie ripullularono ad -agitare per diciott'anni l'impero, disputato fra varj. Massimino Daza -cesare, nipote di Galerio, rozzo di parole e d'atti, governò l'Egitto e -la Siria; Severo, l'Italia e l'Africa; e Galerio, valoroso ma scaltrito -e arrogante, dominando su queste sue creature e sul malaticcio -Costanzo, confidava restare unico signor dell'impero, e trasmetterlo -alla sua famiglia. - -Costanzo amministrò la Gallia, la Spagna e la Bretagna con generosa -e modesta dolcezza, dicendo voler piuttosto ricchi i sudditi che lo -Stato. Narrano che, avendo Diocleziano mandato a querelarlo perchè -non avesse denaro in cassa, Costanzo pregò i deputati tornassero fra -pochi giorni per la risposta. In questo mezzo informò i primarj delle -sue provincie, accadergli bisogno di denaro; ed essi a gara gliene -recarono. Mostrando allora quei tesori ai legati, li pregò a riferire a -Diocleziano com'egli fosse il meglio provvisto de' quattro dominatori, -se non che lasciava quelle dovizie in deposito presso il popolo, -considerando l'amor di questo come il più pingue e sicuro erario del -principe. Partiti i messi, rinviò il denaro a di cui era (303). Quando -infieriva la persecuzione mossa da Diocleziano contro i Cristiani, -egli diè loro ricetto, che perciò il lodarono a cielo, come fuor -misura aveano denigrato Diocleziano. - -Da Elena, donna oscura, egli avea generato Costantino; e per riguardo, -o per timore della nuova regal moglie, l'avea mandato alla corte di -Diocleziano. Questi lo fece educare, allettato dalle rare qualità del -giovinetto, che bello di sua persona, generoso, affabile, temperava il -giovanile ardore con virile prudenza, e facevasi amare al popolo ed -ai soldati. Galerio ingelosito indusse Diocleziano a scegliere altri -cesari, con vivo dispiacere del campo; poi fatto augusto, tenne sempre -d'occhio Costantino, e l'avrebbe morto se non avesse temuto l'esercito -a lui favorevole, o non gli fossero usciti a vuoto i tradimenti. Quando -il padre lo ridomandò, esso gli frappose indugi, finchè il giovane -fuggì, e raggiunto il padre, mosse con lui felicemente contro i Pitti e -i Caledonj delle isole Britanniche. - - - - -CAPITOLO XLV. - -Nemici dell'impero. I Germani. Costantino. - - -Questi nomi di Barbari ci avvertono ch'è tempo di far conoscere coloro, -contro cui l'impero oggimai non tentava conquiste, ma cercava difese. - -Nell'immenso spazio occupato da questo impero (t. III, p. 272) poche -città e poche provincie conservavano un'indipendenza di puro nome, come -sarebbe nelle Alpi il re Cozio, possessore di dodici città, di cui era -capo Susa (_Segusia_): il resto obbediva agli ordini ed ai magistrati -che venivano da Roma o da Milano. Ma chi scorresse quel confine, -sentiva d'ogni parte fremere popoli, che minacciavano rialzarsi contro -questa universale tiranna, non appena la compressione si rallentasse. - -Dell'Africa settentrionale occupavano i Romani si può dir tutto il -territorio abitabile, spintisi anche più volte fra le gole del monte -Atlante. I Bereberi, i Getùli, i Mori o si scagliavano nel deserto -rubando, o coltivavano le oasi, non domabili perchè non istanziati: e -da essi il Romano traeva gli agrumi, la porpora delle loro rupi, le -fiere per gli anfiteatri, l'avorio e gli schiavi negri. Ma di mano -in mano che l'oppressione e l'esorbitanza de' tributi sminuivano la -popolazione nei paesi sudditi a Roma, Mori e Getuli riconducevano -gli armenti sulle campagne abbandonate, saccheggiando e fuggendo, -e vendicando come un'ingiuria i supplizj che di loro pigliasse -un'autorità che non riconoscevano. Cresciuti d'ardimento collo scemare -della potenza romana, respinsero la civiltà sempre più verso le coste; -e all'aprire del IV secolo, alcuni principi mori già avevano piantato -dominj alle falde dell'Atlante e fra il deserto e la risorta Cartagine. -Aspiravano però all'indipendenza non alla conquista; sicchè Roma non -n'aveva a temere che di vedersi sottratto qualche terreno. - -Nubia e Abissinia non erano soggette ai Romani. Altri Barbari -circondavano l'Egitto, quali i Mori Nasamoni sulla riva occidentale -del Nilo, e sulla orientale gli Arabi. Sopra la grande penisola -dell'Asia meridionale, che gli Europei intitolano Arabia, i Romani -vantarono qualche trionfo: all'effetto s'avvidero come natura non abbia -fatto quei popoli per rimanere soggetti, nè acconci ad una stabile -civiltà. Valeansi dunque di loro per trafficare coll'India; talvolta -ne prendevano agli stipendj la cavalleria, senza pari al mondo per -l'instancabile ardore e la docilità dei cavalli: ma nulla più che -scorrerie pareano a temersi da un popolo, che trecencinquant'anni -più tardi, svegliato alla voce di Maometto, doveva in men di uno -conquistare più paesi che non Roma in otto secoli. - -I Parti aveano soggiogato l'Armenia, che allora stendeasi ad oriente -dell'Eufrate, da Satala fino alla spina di monti che costeggia il mar -Caspio; e col porre un ramo degli Arsacidi sul trono d'Artaxata, erano -venuti a contatto coll'impero. Ma quando li rimise al giogo la risorta -schiatta persiana, anche l'Armenia ricuperò l'indipendenza, e si -strinse ai Romani coi legami della religione. I Sassanidi, che aveano -rinnovato l'impero della Persia, lo crebbero a segno, da sembrare il -solo emulo formidabile del Campidoglio. - -Ma più che i quaranta milioni obbedienti al re dei re doveva riuscire -funesta a Roma la libertà de' popoli del Settentrione, che incolti -e vigorosi, aspettavano il cenno di Dio per avventarsele e vendicare -l'universo. Dai primordj della civile società, la stirpe che denominano -indo-germanica si stese in diverse direzioni sopra la terra (t. I, -p. 36); e gli uni, vôlti alla Persia, all'India, al Tibet, crearono o -conservarono una civiltà meravigliosa; altri, costeggiando il mar Nero -e il Caspio, si spiegarono dalla Siberia all'Eusino, e da tre bande -inondarono l'Europa. Gli uni, per le montagne di Tracia, la Macedonia -e l'Illiria vennero assidersi fra gli ulivi e i laureti della Grecia; -e a quei miti soli e alla limpida aria indocilendo la natìa rozzezza, -e temperando la fervida fantasia coll'armonico sentimento, crearono la -più eletta immagine del bello, mercè della quale primeggiò la stirpe -greca. Ma questa, all'ora ove siamo col nostro racconto, ha compiuto -la sua missione, non più s'inorgoglia che di rimembranze, nè s'occupa -che di diverbj, come i popoli decaduti: mentre sul teatro politico -appajono la stirpe gotica e la teutone, che la lunga separazione rese -affatto disformi dalla prima, benchè il linguaggio, anche dopo tante -modificazioni, ne attesti la comune origine. - -L'arrivo de' Germani in Europa rimonta forse a quattordici secoli -avanti Cristo; ed otto o nove ne tennero a dilatarsi dal Dniester al -Pruth, e sul paese fra l'Ural e i Crapak. Tendendo continuo verso -occidente, spingendo i Cimri, e spinti essi medesimi degli Slavi, -trovaronsi arrestati dall'impero romano al tempo di Augusto, sicchè -voltarono la fronte contro gli Slavi, e rincacciatili, poterono -assodarsi nel vasto paese, che poi collettivamente si chiamò Germania o -Alemagna. - -Solo da quel punto la storia si prende cura di essi, e ci addita la -stirpe gotica nelle montagnose foreste della Scandinavia; la teutonica -sulle rive dell'Elba e del Reno, attenta ad esercitare la naturale -vigoria, e mantenere gelosamente l'indipendenza, fidando nell'indomito -suo coraggio. I primi di questi popoli che i Romani abbiano conosciuti, -sono i posti avanzati che Cesare trovava sulle frontiere della Gallia; -erranti, scomunati, senza proprietà fissa, nè agricoltura, nè vanto -che del distruggere. Tacito conobbe quelli sulle rive del Reno, e -seppe che, dietro alle popolazioni nomadi corseggianti al confine, -n'esisteano di fisse, aventi lavoro, proprietà, poteri ereditarj, culto -pubblico: ma le sue cognizioni non arrivavano che dove gli eserciti -romani, onde fermavansi all'Elba, nè di là seppe altro che nomi. - -Quando, imperante Augusto, i Romani ebbero particolarmente a fare -coi popoli sul Danubio, li designarono col nome di Germani, che -probabilmente i Galli avevano applicato a qualche orda venuta di qua -dal Reno, e che poi fu accomunato a tutta la gente che, nel primo -secolo, abitava dal Reno ai Carpazj e alla Vistola, e dal Baltico e dal -mar Germanico fino al monte Cezio (_Kalengebirge_) e al Danubio; oltre -quelli diffusi lungo questo fiume sin all'Eusino, e piantati nella -Scandinavia. Probabilmente queste popolazioni diverse attribuivansi la -generale denominazione di Daci (_Deutsch_) o Teutoni, ma nomi speciali -deducevano da particolari circostanze; come gli Svevi da _schweifen_ -errare, o da _swee, see_ il mare; i Sassoni, da _sitzen_ stare seduti, -o da _saks_ spada corta; i Longobardi dalle labarde o dalle barbe -prolisse; i Franchi da _franke_ lancia; i Marcomanni dallo star vicini -alla frontiera (_marca_); i Vandali da _wand_ acqua, perchè forse da -principio abitassero al mare o su qualche grosso fiume. - -Queste medesime denominazioni son però male determinate, e nuova -confusione proviene dall'uso degli antichi d'attribuire ai popoli -deboli e vinti il nome del potente e vincitore. Per quanto ci è dato -scorgere tra quel bujo, questi popoli si unirono in federazioni, -simili a quelle degli Etruschi antichi e degli Svizzeri moderni, -accordate in prima per resistere, in appresso per nuocere alla -potenza romana. Sembra ancora che, verso il secondo secolo, alle -varie genti prevalessero alcune, in modo da comparire otto nazioni, -che paragoneremmo ad otto corpi di esercito; cioè Vandali, Burgundi, -Longobardi, Goti, Svevi, Alemanni, Sassoni e Franchi. - -Anche popolazioni sarmate, cioè di quella che or chiamiamo Russia, -scesero in Europa; e principalmente formidabili furono i Rossolani e -gli Jazigi, scorridori inarrivabili, contro cui i Romani alzarono un -vallo fra il Theiss e il Danubio, senza per questo ottenere sicurezza. - -Secondo l'Edda, libro sacro e poetico in cui è deposta la mitologia -scandinava, Heimdall figliuolo di Odino (Wodan), scorrendo il mondo, -generò tre figli: primo il Servo, nero, colle mani callose e gobbo; -secondo il Libero, con capelli biondi, viso rosato, occhi sfavillanti; -terzo il Nobile, col guardo penetrante di un dragone, gote vermiglie, -capelli argentei. E quei che nacquero da ciascuno furono servi, liberi -o nobili come essi. I figli del nobile aguzzarono le freccie, domarono -cavalli, brandirono lancie: ultimo fu il re che conobbe i numi, -comprese il canto degli uccelli, seppe calmare i flutti, estinguere -gl'incendj, sopire i dolori[18]. - -Qui avete delineata la costituzione primitiva della nazione scandinava, -la quale si riprodusse nelle principali razze germaniche. Un Dio padre; -tre Caste d'uomini, diversi per natura; vero e assoluto libero non -era che il capo; in dipendenza da lui gli altri si trovavano o liberi -o no, e i figliuoli seguivano la condizione del padre. Correva però -divario tra le famiglie semplicemente libere ed i tenitori delle grandi -possessioni, ai quali soli spettava il voto nelle adunanze, fors'anche -il sacerdozio, e tra essi eleggevansi i re[19]. I liberi erano capaci -di tutti i diritti. - -La nobiltà, fosse patriziato religioso, o privilegio delle famiglie e -dei conti, sembra fosse ridotta ad una distinzione affatto personale, -che non dava prevalenza nel governo o nell'amministrazione della -giustizia; se non che ad essa erano privilegiate alcune dignità, come -in Roma ai cittadini d'ottimo diritto. Non potevano i nobili sposarsi -con liberi, nè questi con schiavi. Il restante popolo serviva in guerra -col titolo di liti (_leute_, gente), o con quello di coloni lavorava -i campi. I coloni avevano casa e famiglia propria, coltivando il -terreno cui erano affissi in perpetuo, senz'altro che pagar al signore -un canone in derrate, in bestiame o in panni. A costoro, e a servi, -affrancati, donne, vecchi, infermicci lasciavansi i campi e le arti, -mentre ai liberi restavano la guerra per occupazione, la caccia per -divertimento, il saccheggio per industria. - -È antico il vezzo de' malcontenti di cercare fra i Barbari quella -moralità, che dicono scomparsa d'infra la gente civile. Così lo storico -Tacito esagerò la bontà morale de' Germani per farne raffaccio ai -Romani; anche i santi Padri gli elevarono sopra di questi, perchè non -ne aveano la raffinata corruttela: ma vuolsi distinguere l'ignoranza -de' vizj dalla pratica ragionata delle virtù. Appena cessassero -dalla caccia o dalla guerra, piombavano, come tutti i Barbari, -dall'eccesso della fatica nell'inerzia assoluta; restavano poveri, -perchè nulla si esaurisce più presto che il saccheggio; e ignudi e -sudici passavano l'intero giorno al focolare sguazzando la preda, e -poltrendo, bagnandosi, straviziando, alle violenti emozioni del giuoco -abbandonandosi con tale frenesia, da mettere s'un trar di dadi l'avere, -la moglie, i figli, se stessi. Tra i conviti, loro delizia, ponevano -in discussione gli affari di maggior momento, serbandosi a deciderne -il domani a mente riposata. Qualunque capitasse, otteneva franca -ospitalità, e dava occasione di banchettare gli amici, e d'eccedere -in voracità e bagordi. Mentre i meno ricchi mesceano bevande forti -in tazze formate del cranio di nemici, i doviziosi traevano il vino -dalle terre dell'impero, e scaldati da questo, rompevano a risse ed a -violenze mortali, dimenticando le accordate paci, e ridestando antiche -vendette. - -Non bollente di voluttuosi istinti come nell'Asia, più che la bellezza -l'uomo pregiava nelle donne la prudenza, il valore, la castità. Sposate -in età abbastanza matura, non venivano al marito con vezzi e cervello e -passioni fanciullesche come in Asia, ma tali da ragionar l'obbedienza: -onde inspiravano più saldo affetto, e ottenevano grand'ascendente sugli -uomini. In casa attendevano all'ago, al pennecchio, ai campi; in guerra -seguivano gli uomini incorandoli, talora combattendo, sempre pigliando -in cura i feriti. Una fanciulla macchiava la verginale onestà? fosse -pur bella e ricca, più non trovava nozze; l'adultera era severamente -punita; la poligamia permessa soltanto ai re ed ai grandi come -distintivo d'onore. Non che le mogli recassero dote al marito, questo -le comprava dal futuro suocero con doni, che consistevano per lo più -in un par di bovi, un cavallo bardato, e scudo e lancia; cui la sposa -ricambiava con una compita armadura, simbolo della comunione di beni e -di fatiche. - -Quando un garzone se ne fosse reso degno con qualche bella lode, -riceveva asta e scudo dal padre o da alcun ragguardevole Germano -nell'adunanza degli uomini; e d'allora più non li deponeva, assistendo -armato alle assemblee, a banchetti, a giudizj, a giuochi, a sacrifizj; -sulle armi giurava come sacre; coll'armi e col cavallo era sepolto. - -A tutti i liberi possidenti era un dovere, anzi un diritto il -militare; e in occasione di guerra nazionale tutti convocavansi col -bando militare o _eribanno_ per proteggere la patria. Altre volte un -capo qualunque radunava in banda armata i suoi clienti, o chiunque -preferisse i rischi al riposo ed al lavoro, e s'avventurava in nuovi -paesi. Supremi loro distintivi erano l'amore dell'indipendenza, e -il diletto d'esercitare liberamente le forze: quindi il mettersi a -pericolo con baldanza spensierata, non curarsi della sorte dei vicini, -combatter domani quelli con cui jeri trovavansi in lega; manìa di -libertà, che associandosi colla dipendenza militare, diede origine alla -feudalità. - -Tra gente siffatta dovevano frequentare occasioni di guerra; e -quand'anche gli storici nol dicessero, la mobilità di quelle tribù -è attestata dalla grande migrazione. Questa a torto vien dipinta -quasi un'improvvisa vertigine generale, un subito levarsi de' Germani -ed irrompere sull'impero, o perchè giurati in lega d'armi a guerra -finita, o perchè rincalzati da un'onda di Jung-nu che fossero espulsi -dalla Cina, e che a torto si confondono cogli Unni. Il movimento -era continuato da secoli, e queste popolazioni derivate dall'Oriente -(matrice dei popoli, più vera che non il Settentrione), or più or meno, -ma incessantemente si erano dilatate pel nord dell'Europa, spingendosi -e respingendosi a vicenda, contrastate da indigeni, da Boj, da Lettoni, -da Celti. - -Forse per incalzo dei Germani, i Galli erano piombati sui paesi -meridionali e nella nostra penisola, fin a distruggere Roma col loro -Brenno (t. I, p. 493), e prendere stanza nell'Italia superiore. I -Teutoni al tempo di Mario valicarono le Alpi: Cesare impedì che con -Ariovisto occupassero l'Elvezia. Incontratisi con quest'altra onda -romana, che in senso contrario invadeva il paese, ne restarono lungo -tempo frenati, non però quieti. - -Il Danubio, divenuto frontiera settentrionale dell'impero, come il -Reno fu munito con una schiera di fortificazioni e con uno spalto di -terra da Ratisbona fin al confluente del Lahn, le quali impedissero -le correrie dei Germani non soggiogati, mentre quelli di qua dal fiume -accettavano i modi, l'industria e l'oppressione dei vincitori. Questi -sulle prime eransi proposto di sottomettere i Germani come avean -fatto dei Galli, svellendone i costumi, il governo, la lingua: ma lo -sterminio di Varo (t. ii, p. 375) mostrò impossibile l'impresa, e che -invece d'assalirli a visiera alzata, conveniva alimentare fra essi le -discordie, or questi or quelli favorendo. Con ciò i Romani riuscirono a -farsene alleati alcuni, come i Cherusci e i Batavi; alcuni tributarj, -come i Frisoni e i Caninefati; o snervare i loro capi coi godimenti -della civiltà. - -Non però rimanevansi tranquilli alle loro sedi; ed ora i Cherusci -insorgevano pel valore di Erminio; ora Maroboduo snidava i Boj -dall'antica sede, e vi piantava nuove genti; ora Claudio Civile -rialzava la fortuna dei Batavi. E furono vinti spesso; ma se l'orgoglio -romano si vantava d'avere volta per volta distrutti questi popoli, -essi lo smentivano col sorgere più rigogliosi di prima a lanciare nuovi -colpi contro il non più immobile sasso del Campidoglio. - -Trajano, spintosi ben addentro nel nord-est, potè ridurre a provincia -la Dacia, ponendovi numerosa colonia di soldati, che misti coi natii, -formarono la gente dei Valacchi, superbi anche adesso della romana -origine. Sotto Marc'Aurelio i Marcomanni riuscirono fino ad Aquileja, -e d'allora crebbe il numero degli Alemanni che Roma adoprò in guerra, -nelle magistrature e nelle colonie. - -Duravano dunque da molti secoli e i moti interni e le migrazioni. Fame, -peste, diluvj, allettamento di patria migliore, baruffe intestine, -oracoli, emulazioni di re, avidità di bottino, di conquiste, di sangue, -traevano alcun popolo a respingere un altro: talvolta un capo colla -numerosa banda de' suoi fedeli, o con una tribù, cominciava correrie; e -dal fare preso ardimento al fare, spingeva le imprese più che prima non -avesse immaginato. Il paese che abbandonavano non lasciava ad essi nè -rimembranze nè desiderj, giacchè portavano seco gli Dei, le famiglie, -le ossa dei progenitori, tutte le cose che fanno cara la patria. - -Allora poi che videro i Romani indeboliti lentarsi nella resistenza, -cedere alcune provincie, in altre non opporre che una muraglia, più -innanzi s'ardirono; ed allettati dal predare paesi colti e ricchi, -e dall'umiliare la nazione che li chiamava barbari, irruppero tutti -insieme; come al fiaccarsi della diga precipita il nostro Po sulle -circostanti campagne, senza che per questo si dica esserne allora -cominciati il corso e la foga. Che però l'impulso venisse di lontano, -parrebbe provato dal vedere che i primi invasori non sono già i popoli -confinanti, bensì i più remoti: gli Unni dal Volga; poi gli Alani dal -Tanai e dal Boristene; poi i Vandali dalla Pannonia; seguono i Goti -dalla Germania settentrionale, indi dalla centrale Eruli e Turingi, -in appresso i Franchi dalla meridionale, e i Borgognoni dalla grande -Polonia. - -I più segnalati fra questi popoli sono i Goti, che provenivano essi -pure dall'Asia, e precisamente dai contorni del lago Aral, dove ebbero -il nome di Messàgeti o Geti[20]: poi sembra pigliassero stanza nella -penisola scandinava e attorno al Baltico, divisi in Ostrogoti od -orientali, e Visigoti od occidentali, secondo la loro posizione colà; -nomi che conservarono poi nelle successive migrazioni. Aggiunge la -nazionale leggenda, che in tre vascelli uscirono dalla Scandinavia, -uno dei quali essendo rimasto indietro, a quei che lo salivano restò il -nome di Gepidi, cioè infingardi. - -Sarebbero dunque tre famiglie della nazione stessa: ma qual conto -fare di tradizioni, alterate sulle bocche, e spesso mutate di gente -in gente? Fatto è che i Goti ci appajono una nazione battagliera e -numerosa, che meglio d'ogni altra germanica ebbe il concetto della -monarchia ereditaria, dipendendo, non obbedendo, gli Ostrogoti alla -stirpe degli Amali, i Visigoti a quella dei Balti, che si vantavano -progenie degli Ansi loro semidei, e tra essi la nazione sceglieva il -re. - -Dapprima seguirono il corso della Vistola, poi la catena de' Carpazj: -al tempo degli Antonini abitavano quella che oggi è la Prussia, donde -mossi, abbracciarono o sospinsero Eruli, Burgundi ed altri, bevettero -alle foci del Boristene e del Tanai, e trovaronsi dinanzi la Dacia, -ove un popolo laborioso coltivava campi gratissimi, s'arricchiva colle -industrie, e nella diuturna pace aveva trascurato le difese contro -nemici che reputava abbastanza discosti. Con poca difficoltà i Goti la -invasero, e Decio imperatore, venuto in persona a combatterli, vi perdè -la battaglia e la vita. Il successore di nulla si mostrò più premuroso -che di lasciar liberamente tornarsene i Barbari, carichi di preda e -di baldanza; che più? s'obbligò a loro di annuo tributo. Non era il -modo d'invogliar altri all'attacco? Sempre nuovi sciami irrompevano in -fatto sulle provincie limitrofe come a preda sicura, respinti talvolta, -reduci sempre, tanto più mentre gli eserciti si trovavano impegnati fra -emuli imperatori. - -Piantatisi nell'Ucrania, i Goti vennero ben presto signori della costa -settentrionale dell'Eusino, donde corseggiarono le ricche e molli -provincie dell'Asia Minore. Usciti poi dall'Ellesponto, serpeggiarono -tra le isole Egee, e sorti nel Pireo, s'impadronirono della città -di Minerva, sparsero il guasto per tutta la Grecia, e si difilavano -sull'Italia, quando Gallieno, scosso dalle torpide voluttà e comprata -una banda di Eruli, al cui capo concesse gli ornamenti consolari, tenne -testa agli invasori. La dissensione e l'indisciplina dell'esercito -romano diedero agio ai Goti di ritirarsi, e sui rimasti vascelli -devastare il lido ove Troja fu, poi riposarsi nella Tracia. - -Aureliano, dopo giornata campale, gl'indusse ad una pace, ove -obbligavansi a fornire di duemila cavalieri gli eserciti romani, -lasciando ostaggi i figliuoli de' caporioni, cui Aureliano fece educare -convenientemente al sesso e al grado, poi le fanciulle impalmò a' -primarj suoi uffiziali affine di saldar l'unione tra le due genti. Egli -poi ritirava le guarnigioni dalla Dacia, i cui coloni rinvigorirono la -parte meridionale del Danubio, mentre sull'abbandonato paese dilagavano -Vandali e Goti, che dai coloni rimasi impararono qualche arte di pace, -mantennero relazioni di commercio coll'altra riva del fiume, e furono -barriera a nuovi invasori. - -Come dall'oriente i Goti, così dal nord-est della Germania uscì una -seconda invasione, quella dei Franchi, che sotto Gallieno tragittarono -il Reno, invasero le Gallie e la Spagna. Gli usurpatori che non -iscrupoleggiavano sui mezzi per sostenersi nell'impero, ricorsero più -volte al costoro braccio; ma infine Aureliano li ricacciò di là dal -Reno. Poco tardarono a ripassarlo; e avvegnachè Probo ne trionfasse, -non per questo mitigò la loro fierezza. Gran prova rinnovarono di -loro ardimento allorchè dal mar Nero, ove esso imperatore gli aveva -relegati, osarono sopra fragili legni tragittarsi nel Bosforo Tracio e -nell'Egeo, e sbarcati predarono molti luoghi della Grecia e dell'Asia -Minore, sorpresero Siracusa, approdarono in Africa, indi usciti -dallo stretto di Cadice per l'Oceano tornarono in Germania[21]. Corsa -appena credibile a chi non abbia osservato anche ai dì nostri quanto -ardimento possa infondere la navigazione da corsaro. Rapidissimi si -vedevano i Franchi piombare sulle coste dell'Armorica e della Belgica, -saccheggiare e sottrarsi; poi quando Carausio si fu valso di loro per -usurpare la Bretagna, divenuti più audaci, occuparono tutta l'isola de' -Batavi. Colà furono vinti da Costanzo Cloro, e trapiantati lungi dal -Reno; ma poco indugiarono a sorgere terribili contro di Costantino e di -Crispo. - -Altra o lega o gente principale fra' nemici di Roma, sono gli Alemanni. -Con questo nome comparvero primamente sul Meno ai giorni di Caracalla, -il quale non solo scelse fra loro le sue guardie, ma ne imitò il -vestire e la bionda capellatura. Benchè non osassero travalicare le -barriere dei Romani, molestavano senza tregua il confine e le opulente -contrade della Gallia; poi alcuni, varcato il Danubio, per le alpi -Retiche scesero in queste nostre parti, ed accamparono fin sotto a -Ravenna, donde con lautissimo bottino ritirarono il passo davanti -all'esercito romano. Un'altra volta ben trecentomila di essi giunsero a -Milano. - -Mentre poi Aureliano componeva coi Goti le cose sul confine illirico, -gli Alemanni si scagliarono da capo nell'armi, e con quarantamila -cavalieri e il doppio di fanti invasero la Rezia, menarono guasto dal -Danubio al Po; ma intanto che si ritiravano, l'imperatore intercettò -loro i passi con tanta maestria, che chiesero patti. Appena però dalle -incalzanti necessità fu egli chiamato altrove, gli Alemanni ruppero -quella siepe d'armi, e si difilarono sopra l'Italia, sperperando fin a -Milano, e spargendosi a branchi per le valli dell'Adda e del Ticino: -presso Piacenza sconfissero i Romani, ma a Fano rimasero vinti: poi -disfatti interamente a Pavia, sbrattarono l'Italia. La subitanea -invasione fece avvisato Aureliano della necessità di circondare -di mura Roma, ridotta a difendersi sul Tevere, non più sul Volga o -sull'Eufrate. E gli Alemanni acquistarono tanta preponderanza, che il -nome loro venne esteso a tutti que' Germani che non s'appigliarono alla -lega dei Franchi; laonde essendo spesso scambiati Alemanni e Germani, -mal si possono sceverare le imprese di questi e di quelli. - -Fu per tenere questi Barbari in soggezione che Diocleziano collocò un -imperatore ed una corte sul loro stesso confine, nell'alta Italia. -Costanzo irruppe sul terreno dei Franchi, e rattenne gli Alemanni -dal riversarsi sulle Gallie; ma a molte orde di Sarmati, di Carpi, di -Bastarni fu concesso stanza nelle provincie consumate d'abitanti. Da -ciò rimaneva blandita la vanità romana; e una politica di corta veduta -s'appagava di questi effimeri trionfi, senza avvedersi che l'impero si -educava in seno la serpe che lo morderebbe. - -I Franchi diedero assai a tribolare a Costantino, il quale contro di -loro esercitò le legioni che dovevano renderlo signore del mondo; e, -in memoria de' ben riusciti successi, istituì giuochi detti Franchici. -Crispo suo figlio si rese formidabile a questi ed agli Alemanni; -campeggiò egli medesimo i Goti, che rifattisi nella lunga pace, si -unirono ai Sarmati della palude Meotide, e devastarono l'Illirico, -finchè furono costretti a vergognosa ritirata. Anche nei loro paesi gli -inseguì Costantino, passando il Danubio sul ristorato ponte di Trajano; -e ridusse i Goti a cercar pace, e a tributargli quarantamila soldati. - -Di molti allori già era dunque glorioso Costantino, quando, morto e -deificato Costanzo, egli fu salutato imperatore (306); e -secondo il costume, spedì all'altro augusto e ai Cesari la propria -effigie in addobbo imperiale. Galerio ne montò in superbissima collera; -pure, onde evitare la guerra civile, gli mandò la porpora e il solo -titolo di cesare, quello d'augusto serbando a Severo. - -Ma la inumanità di Galerio, la lunga assenza, e un censimento delle -ricchezze fatto con tal rigore da ricorrere fin alla tortura per -iscoprire gli averi nascosti, aveano mossa a rumore l'Italia, ove -Massenzio, figlio di Massimiano e genero di Galerio, si fece gridare -augusto, comprando i pretoriani col denaro, i Romani colla speranza -di redimerli da Galerio, i Gentili con quella di restaurarne il -culto. Massimiano, uscito dal ritiro, ripigliò gli affari (307), e -qual collega di suo figlio ricevette omaggio dal popolo e dal -senato; vinse e uccise Severo, chiese amico Costantino dandogli -sposa sua figlia Fausta e il titolo d'augusto; poi vedendo di esser -considerato men di quello che desiderasse, si recò a Galerio, chi dice -per incitarlo contro il proprio figliuolo, e chi per trovar luogo e -tempo a tradirlo. Galerio intanto era penetrato in Italia; ma come vide -l'immensità di Roma, o piuttosto la risolutezza di questa a servirsi -delle ricchezze per respingere colui che voleva rapirgliele, non ardì -assediarla e si ritirò, devastando la nostra patria, che peggio i -barbari non avrebbero potuto. - -Al posto di Severo collocò Licinio Liciniano dace, amico suo e al -par di lui valoroso ed ignorante, lascivo in vecchia età ed avaro. -Massimino Daza, che governava l'Egitto e la Siria, pretese anch'egli -al titolo d'augusto: per modo che sei imperatori presedevano al mondo -romano, dal combattersi non rattenuti se non dal reciproco timore. -Massimiano, rejetto da Galerio, rannodò con Costantino: ma mentre -questo campeggiava i Franchi, ne divulgò la morte (309), e -schiuso il tesoro d'Arles, colla prodigalità e col rammemorare l'antico -splendore mosse i Galli a voler tornare in dominio, e stese la mano -a Massenzio (310). Costantino sopragiunto, assediatolo in -Marsiglia, l'ebbe in balia, e non gli lasciò che la scelta della morte. - -Galerio divise la vita tra opere di pubblica utilità, piaceri e -sevizie. Geloso del sapere e della franchezza, sbandì giureconsulti, -avvocati, letterati; affidava i giudizj a guerrieri, digiuni delle -leggi: ma ulceri vergognose e schifosi insetti il consumarono, senza -che trovasse ristoro o nei medici che spesso mandava a morte, o nei -voti moltiplicati ad Apollo e ad Esculapio. Credendosi castigato dal -cielo per la persecuzione contro i Cristiani, la sospese con un editto -in nome suo, di Licinio e di Costantino, e poco stante morì (311). -Massimino volò dall'Oriente per occuparne le provincie, volò -Licinio a contrastarlo; poi scesero ad accordi, statuendo per confine -l'Ellesponto e il Bosforo di Tracia. Accordo di nemici, poichè le due -rive stettero irte d'armi, e Licinio cercò l'alleanza di Costantino, -Massimino quella di Massenzio, e guatavansi con terribile aspettazione -dei popoli. - -Massenzio tiranneggiava l'Italia smungendola con pazze prodigalità; -dai senatori esigeva spontanei donativi in moltiplicate occasioni; -pel minimo sospetto sfogava il rancore contro di questi, mentre -colla seduzione o la violenza ne disonorava le mogli e le figliuole. -Costrinse il governatore della città a cedergli Sofronia sua sposa: ma -questa, cristiana e virtuosa, chiese tempo per addobbarsi; e orato, si -uccise. Lasciava che i soldati lo imitassero, saccheggiando, uccidendo, -lascivendo; talora ad alcuno concedeva la villa, ad altri la donna d'un -senatore; mentr'egli nel voluttuoso palazzo, gittando magìa e indagando -l'avvenire nelle viscere di femmine e di fanciulli, vantavasi d'esser -unico imperatore, gli altri sostener solo le sue veci. Il contrasto -dava spicco alla felicità delle provincie soggette a Costantino, -assicurate dai Barbari, e meno esauste dagli ingordi tributi. - -Udendo questi che Massenzio radunava gagliardo esercito per torgli -l'impero col pretesto di vendicare il padre, lo prevenne e mosse verso -Italia, sollecitato dal popolo e dal senato a redimere l'antica regina -del mondo. Massenzio, fidando tutto ne' guerrieri, se gli era amicati; -tornò i pretoriani al pristino numero; pose in armi ottantamila -Italiani, aggiungendovi metà tanti Mori d'Africa, oltre i Siciliani, -talchè comandava censettantamila pedoni e diciottomila cavalli[22]. -Costantino non armava in tutto che novantamila de' primi ed ottomila -degli altri; onde, distribuitine ove occorreva, provveduto alla -difesa del regno suo, non potè moverne che quarantamila, prodi però, -esercitati contro i robusti Germani, e condotti da capitano esperto ed -amato. - -Il quale, mentre la sua flotta assaliva la Corsica, la Sardegna e i -porti d'Italia, valicò le alpi Cozie, e, prima che Massenzio il sapesse -partito dal Reno, pel Moncenisio calò a Susa. Presala di viva forza -(312), nelle pianure della Dora scontra un corpo italiano, -coperti uomini e cavalli di ferro, e li rompe; entra in Torino, poi -in Milano; ha Verona a discrezione, dopo sconfitto Pompejano che con -grand'arte la difendeva. Massenzio intanto si stordiva o lusingava, -finchè i suoi uffiziali furono spinti a mostrargli imminente la ruina. -Posto in piedi un terzo esercito, egli se ne mise a capo, vergognandosi -dei rimbrotti della moltitudine, e confortato dai Libri Sibillini che -avevano ambiguamente risposto: — In questo giorno perirà il nemico di -Roma». Incontratisi a nove miglia da Roma (_ad Saxa Rubra_), Massenzio -vide l'esercito suo tagliato a pezzi, e fuggendo precipitò dal ponte -Milvio nel Tevere: e Costantino, cinquantotto giorni dopo mosso da -Verona, ebbe compita la guerra. - -Padrone di Roma, estirpò ogni seme e razza del tiranno, ma per quanto -la moltitudine gridasse, non consentì l'uccisione de' primarj amici -di quello; e sospesa la crudeltà quando più non era necessaria, -dimenticò il passato, diede il congedo ai pretoriani e ne disfece il -campo, impedì i delatori, sollevò gli oppressi da Massenzio, e in due -mesi, dicono i panegiristi, rimarginò le piaghe recate da sei anni di -tirannia. Al senato restituì lo splendore, e ne fu ripagato con ogni -modo d'onoranze; il primo posto fra gl'imperatori, arco di trionfo che -tuttora sussiste, dedicati a lui molti edifizj cominciati da Massenzio, -a non dire le feste che attirarono infinito concorso. Diede sua sorella -all'imperatore Licinio: mosso sopra i Franchi, devastò le loro terre, e -molti prigionieri gettò alle belve. - -Quando Massimino Daza morì a Tarso, rimasero padroni Licinio delle -provincie orientali, delle occidentali Costantino. Poteasi prevedere -una scissura, che non tardò; e Costantino disfece l'emulo nella -Pannonia e nelle pianure di Tracia (314), indi gli concesse -pace. Ma avendo Costantino, nello sconfiggere i Sarmati e i Goti, -inseguiti questi ultimi fin sulle terre di Licinio, si rinnovarono -lamenti, che finirono in guerra aperta. Licinio fu novamente battuto -presso Adrianopoli, e la sua flotta nello stretto di Gallipoli, onde -chiese patti e gli ottenne. Avendo però Costantino saputo ch'esso -allestiva nuove armi (323 — 3 luglio), e chiedeva perfino -in ajuto i Barbari, lo prevenne e ruppe a segno, che non isperò -salvezza altrimenti che col gettarsegli ai piedi, rinunciando alla -porpora. Costantino l'accolse benigno, e lo inviò a Tessalonica con -ogni cortesia; poco poi mandò a strangolarlo. Così l'impero restava -unito nella robusta mano di Costantino, che, padrone del mondo, potè -trarre ad effetto i lunghi divisamenti, e dargli politica nuova; nuova -capitale, nuova religione. - - - - -LIBRO QUINTO - - - - -CAPITOLO XLVI. - -Il Cristianesimo perseguitato, combattente, vincitore. - - -Allorchè Costantino movea verso l'Italia contro Massenzio, tutto -l'esercito vide, sopra del sole, uno splendore in forma di croce, dove -leggeasi, _Per questo segno vincerai_. Dappoi in sogno esso imperatore -fu avvertito che adottasse la croce per insegna; ond'egli fece farne -una col monogramma di Cristo ☧ e la attaccò al làbaro, cioè allo -stendardo imperiale, invece degli Dei che soleano portarsi innanzi alle -legioni. Dall'obbrobrio del Gólgota passa dunque la croce a guidare gli -eserciti; presto sfolgorerà in fronte ai re, aprendo una nuova civiltà; -ma traverso ai contrasti e ai patimenti, che sono indispensabili pel -trionfo del vero. - -Gli apostoli e i primi loro discepoli, colla voce, coll'esempio, -col martirio, colla Grazia propagarono la redentrice morte in parti -remotissime; giovati umanamente dalla grande concentrazione del mondo -civile nell'Impero, per cui erano tolte le barriere delle nazionali -nimicizie, e rese universali le lingue greca e romana. - -Come le antiche città voleano derivare le proprie origini da semidei, -così le Chiese aspirarono al vanto d'esser fondate da apostoli o dai -primi loro discepoli. Che san Paolo, allegando d'essere cittadino -romano, declinasse i giudizj provinciali, e si facesse condurre a Roma, -consta dagli Atti Apostolici. Un'antica fama vi porta anche san Pietro -(t. III, p. 194), il quale, secondo le tradizioni napoletane, venendo -da Antiochia approdò a Brindisi, quindi a Otranto; in Taranto lasciò -vescovo Amasiano; visitò Trani, Oria, Andria; per l'Adriatico navigò -a Siponto, indi pel Tirreno giunse a Napoli, e convertitala, vi pose -vescovo Aspreno; s'addentrò pure a Capua, facendone vescovo Prisco, e -Marco ad Atina, Epafrodito a Terracina, Fotino a Benevento, Simisio a -Sessa, così a Bari e altrove. Reggio vanta per primo pastore Stefano, -ricevuto dall'apostolo Paolo; e Pozzuoli Patroba, discepolo di questo. -Farebbero discepolo di Pietro san Paolino, che battezzò i Lucchesi. -A Milano vorrebbe dirsi piantata la croce dall'apostolo Barnaba: -nella Venezia da san Marco evangelista, il quale avendo convertito -ad Aquileja Ermàgora, in Roma lo presentò a Pietro, che destinollo -vescovo di questa città[23], di Trieste, di Concordia; come san Massimo -d'Emona, san Prosdocimo di Padova, Vicenza, Altino, Feltre, Este. - -Pie tradizioni, che la critica non può tutte accettare, ma neppure -senza leggerezza repudiar tutte. Certo in Roma, trentatre anni -dopo Cristo morto, Nerone trovava Cristiani in quantità (_multitudo -ingens_); e non si poteano più reprimere che coll'inventare contro -di loro insane calunnie, quali l'incendio di Roma (t. III, p. 197). I -grandi e i dotti continuavano come Pilato a dire — Cos'è la verità?» ma -numerose classi, che la necessità del lavoro salvava dalla corruzione, -credendo quello che avevano creduto i loro padri, frequentavano i -tempj, e sentivano il bisogno della divinità che soccorre, che consola, -che rimunera. Fra gli schiavi, se molti riduceansi turpe strumento ai -vizj del padrone, altri, più remoti dal lezzo signorile, mantenevano la -moralità naturale. A costoro dunque come riusciva consolante l'udire -parlarsi d'un Dio, eguale per essi e pei loro tiranni; e che colla -pazienza poteano le dure fatiche, gl'iniqui strapazzi tramutare in -tesoro per un'altra vita, ove ad un giudizio incorruttibile sarebbero -chiamati non meno gli oppressori che gli oppressi! - -Il più de' Cristiani cernivasi dunque tra costoro: ma ben presto Plinio -ne scontrava d'ogni età ed ordine; Tertulliano asseriva al proconsole: -— Se persisti a sterminare i Cristiani, puoi decimare la città, e fra' -colpevoli troverai molti del tuo grado, senatori, matrone, amici»; -l'editto dell'imperatore Valeriano suppone battezzati e senatori e -cavalieri romani e dame di grado. - -Neppure ai popoli più abbandonati la Provvidenza non avea lasciato -mancare lumi per iscorgere la verità, e per almeno rispettare quel che -non aveano forza di seguire. L'orgoglio degradasse pure lo spirito, la -concupiscenza invilisse la carne, gli uomini si stordissero fra cure -e voluttà; non poteano spegnere la coscienza prepotente che porta a -cercare chi è Dio? chi l'uomo? quali relazioni fra questo e quello? -come il peccatore può rigenerarsi? che cosa s'incontrerà dopo morte? -A siffatte domande niuna risposta soddisfacente adduceano l'orgoglio -degli Stoici, la depravazione degli Epicurei, la grossolanità de' -Cinici, lo scetticismo degli Accademici; e soltanto dubbj o sottilità -esibivano a chi invocava il riposo della certezza. - -Nè meglio appagava una religione, dove professavasi o un Dio -imperfetto, o la creatura perfetta; il che equivale a negare e la -creatura e Dio; e che, spoglia di dogmi, riusciva mancante d'efficacia -morale. Fra quei sacerdoti, se eccettuate alcuni fanatici egizj e siri, -chi mai avrebbe patito disagi non che tormenti pel suo Dio? chi voluto -girare predicandone il culto, più di quel che giovasse ad acquistare -credito e ricchezze? tenevano la loro dignità non altrimenti che un -impiego dello Stato; pronti, se il senato lo decretasse, a sostituire -Giove a Tina, Mitra ad Apollo, ed erigere altari al tiranno ed alla -meretrice. - -Or ecco il cristianesimo, «dalle tenebre chiamando nell'ammirabile sua -luce», e rivelando Colui che è la chiave di tutti i secreti, la parola -di tutti gli enigmi, il compimento di tutta la legge, proclamava di -nuovo la fede perchè fondato sulla rivelazione, la speranza perchè -appoggiato a promesse divine, la carità perchè mostra tutti fratelli -e solidarj in quell'ordine universale, ove ogni cosa si armonizza al -fine supremo che a ciascuno impose Iddio, e a quel supremo bene che è -la manifestazione esterna delle perfezioni divine[24]. Gente non natavi -per accidente, ma entrata nel cristianesimo per intima persuasione e -dopo lunga lotta e duri sacrifizj e persuasa non darsi salute fuori di -esso, restava impegnata a conservarlo e diffonderlo coll'esaltamento -d'una profonda fiducia; scendere al vulgo, alle donne, ai fanciulli, -per illuminarne l'intelletto, dirigerne la condotta, comunicare a -tutti la cognizione più essenziale, quella de' proprj doveri; sicchè -i principj importanti all'ordine sociale diventano universale eredità -per via di catechismi, omelie, professioni di fede, cantici, preghiere: -forme diverse d'una fede sola, d'una sola speranza, adattate alla -comune capacità. Il padre convertito trae la famiglia ad una credenza, -fuor della quale sa che non si arriva a salvamento; il soldato predica -alla sua coorte, uno schiavo all'ergastolo e talora al padrone. - -A quest'apostolato potea lungamente resistere la gentilesca -indifferenza? Roma avea provato ogni bene terreno, la potenza e la -gloria, poi la ricchezza e le voluttà; e non se ne trovava appagata. -De' suoi pensatori, alcuni deploravano ancora Farsaglia, ed oscillavano -tra un'avventata resistenza e il disperare della pubblica cosa; altri -in represso fermento aspettavano misteriosi avvenimenti predetti -dagli oracoli, e creduti come si suole in tempi e da uomini infelici -tra quell'avvicendare d'anarchia e despotismo, tra la brutalità degli -imperanti, la feroce licenza de' guerrieri, le rapine de' magistrati. -All'annunzio d'una religione, divina nella sua origine, semplice e vera -nell'insegnamento, pura e generosa nell'applicazione; a quella dottrina -semplice, chiara, umana e insieme sublime, l'intelletto s'apriva, -se ancora la volontà esitava; quand'anche la Grazia non trionfasse -delle abitudini e dell'interesse, il cristianesimo palesava virtù, a -cui non poteasi ricusare ammirazione; colla fratellanza procurava i -gaudj d'una vita interiore; coi purificati sentimenti sapeva occupare -le anime robuste, esercitare le immaginazioni attive, soddisfare ai -bisogni intellettuali e morali, repressi, non isradicati dal sofisma, -dalla tirannide, dalle sventure. Prova di questo bisogno di virtù si -è, che coloro i quali tentarono ringiovanirle, dovettero alle credenze -antiche mescere alcun che di puro ed elevato, che non traevano dalla -loro essenza, che mai non aveano avuto nella pratica; il grossolano -politeismo avvicinare al dogma d'un Dio solo, restringendo il culto -quasi unicamente a Giove, e facendo di Apollo un mediatore fra Dio e -gli uomini per mezzo degli oracoli, un salvatore dell'umanità, il quale -si fosse incarnato, vissuto servo in terra, sottoposto a patimenti per -espiazione. - -Ma per quanto s'industriasse a rifarsi dei dogmi cristiani, forse -che l'idolatria soccombente offriva la consolante dottrina della -remissione de' peccati? Rimorso dalla coscienza, uno potea attutirla -altrimenti che con olocausti, con farsi piovere sul capo il sangue -di vittime scannate, o con altre espiazioni, di cui sentiva la -superstiziosa vanità? Or che _buona novella_ l'udire che un Dio -aveva radunata in sè solo quell'ira ineffabile, e che ciascuno può -appropriarsi i meriti infiniti del sacrifizio della croce mediante -la fede nel divino Redentore? I fedeli di quelle legalità, dove -allo scellerato non serbavasi che il castigo, ben faceano colpa ai -Cristiani dell'accogliere i peccatori; ma i Cristiani rispondevano col -restituirli innovati dalla penitenza. - -Di buon'ora i Cristiani si costituirono in società con capi e -regolamenti, entrate e spese (t. III, p. 202); legami volontarj e -morali, eppur tenaci, che davano prevalenza sopra le fiacche e disperse -aggregazioni religiose degli antichi, nelle quali ciò che in Etruria -si credeva, beffavasi in Sicilia, ed i sacerdoti de' varj delubri e de' -molteplici numi, non che fra loro indipendenti, erano gelosi e nemici. -Ne' Cristiani invece, uno lo spirito, una la morale, uno il culto: -devoti fin alla morte alla causa stessa; «nell'unità della fede e nella -cognizione del Figliuol di Dio»[25], credevano infallibile il concilio -de' loro sacerdoti, perchè lo Spirito Santo avea promesso d'esser con -loro; dipendevano da capi che avevano conversato coll'Uomo Dio, o con -chi gli era vissuto a' fianchi. Vedendo quell'intima comunanza, quel -legame fraterno, saldato dall'unità delle credenze e delle speranze, -i Gentili esclamavano, — Vedi com'e' si amano!» Ed a ragione, dice -Tertulliano, ne fan le meraviglie, essi che non sanno se non odiarsi. - -I miracoli sono generalmente attestati, prodotti in apologie nelle -quali troppo importava non mentire; dai nemici stessi non negati, bensì -attribuiti a magia; tanto che anche il critico di buona fede s'arresta -prima di volgerli in riso. Si negano? più grande diventa il miracolo -di convertire il mondo, d'ispirare agli ignoranti la cognizione di -sì elevate dottrine, ai dotti la sommessione a tanti misteri, agli -scredenti la fede di cose incredibili; e tutto ciò a fronte di ostacoli -potentissimi. - -E ostacolo dei più robusti era l'abitudine. Colle prime idee, colle -prime parole, il Gentile avea bevuto il politeismo; gli Dei erano -associati alle impressioni di sua gioventù; ne' bisogni s'era rivolto -ad essi, ricorso ai loro oracoli nel dubbio, sciolto ad essi il voto -dopo campato da malattia, da naufragj, dalle manie di Caligola o dalle -vendette di Sejano. - -Le immagini della mitologia ridono di tale squisitezza, che, anche -perduta ogni fede e trascorsi tanti secoli, lusingano tuttora -le nostre immaginazioni. Che doveva essere allora, quando tutte -le arti v'attingeano? quando n'erano pieni i libri, con cui si -coltivava l'ingegno, s'incantavano gli ozj, si distraevano le -malinconie? Il Cristiano, che negli Dei protettori della musica, -della poesia, dell'eloquenza non riconosceva altro che demonj, era -ridotto a privarsene: perchè ad ogni piè sospinto trovava pericoli e -contaminazione, non dovea festeggiar i giorni di reciproci augurj o di -solenni commemorazioni; non sospendere lampade e rami di lauro alle -porte, nè coronarsi di fiori quando tutto il popolo s'inghirlandava; -anzi protestare ad ogni atto che inferisse idolatria. A nozze si -cantano Talassio ed Imene? alle esequie si fanno espiazioni? nei -banchetti si liba agli Dei ospitali? nelle case si riveriscono i Lari? -il Cristiano deve fuggire, mostrarne orrore. Da ciò continui disgusti; -e il convertito obbligato a lasciar le più care distrazioni, ridursi -alle abnegazioni, all'isolamento. - -A impieghi e dignità era unica via il piacere al principe: e il -principe bruciava i Cristiani, e ne faceva fanali a' suoi orti. Per -rinfrancare il debole sentimento morale, eransi muniti di religiose -cerimonie tutti gli atti della pubblica vita. Quelli dunque che già -occupavano magistrature, come poteano prestare il giuramento? come -sacrificare? come intervenire nel senato che radunavasi in un tempio, e -le cui tornate cominciavano da libagioni alle divinità? come presedere -ai giuochi gentileschi? - -E ai giuochi ripetemmo quanto traessero ingordi i Romani. Or bene, -il cristianesimo esecrava spettacoli ove per diletto si versava -sangue, e i nuovi convertiti venivano conosciuti all'allontanarsi dal -circo; ma ciò quanto costava! Alipio (ce lo racconta sant'Agostino) -convertito rinunziò agli spettacoli sanguinarj: pure un giorno i suoi -amici lo trassero al circo romano. Egli vi si tenne ad occhi chiusi -e immobile durante la lotta; quando improvviso il silenzio ansioso -degli spettatori è rotto da applausi feroci, perchè un gladiatore aveva -atterrato l'altro. Vinto dalla curiosità, Alipio schiude gli occhi, e -la vista di quel sangue gli ridesta la crudele voluttà; mal suo grado -s'affissa su quel corpo boccheggiante, e l'anima di lui s'inebbria -del furore del combattimento e degli omicidj dell'arena. «Più non era -l'uomo strascinatovi a forza, ma uno anch'esso della folla, commosso -del pari, del pari gridante, ebbro di gioja come essa, e impaziente -di ritornar a godere i furori del circo». Tanto l'abitudine prevaleva -sopra le migliori risoluzioni. - -L'idolatria sfoggiava la solennità d'un pubblico culto, con feste -patrie e regie; il cristianesimo non esibiva che povera e semplice -austerità; quella, connessa a' primordj della storia nazionale, -deificava i fondatori e i legislatori del popolo; questo li sbalzava -dall'are per sostituirvi il figlio di un fabbro, uno morto sul -patibolo. Il vulgo stesso nel culto della patria vedeva quello della -sua gloria; talchè s'innestavano pietà e patriotismo. - -E chi erano costoro che venivano a dar il crollo a credenze, antiche -quanto il mondo, diffuse quanto il genere umano? Non sapienti Greci, -non Pitagorici o Gimnosofisti, ma della genìa degli Ebrei, rinomata per -corriva e nata al servaggio, derisa per la singolarità de' costumi e -per le astinenze. Il loro fondatore non avea, come gli altri autori di -religioni, usato lo scettro o la spada, nè tampoco la cetra o la penna: -i suoi discepoli, levati dal remo o dal banco, erano una marmaglia -pezzente, che si raccoglieva attorno poveri schiavi, giovani inesperti -o vecchi mentecatti, per contar baje d'un Dio che si umana, d'uno che -crocifisso risorge; vietava di discutere le ragioni dell'adorare e del -credere; giudicava un male la sapienza del mondo, un bene la follia; -riponeva la sapienza (come Giuliano li rimproverava) nel ripetere -stupidamente, — Io credo». - -Pertanto la religione di Cristo era dai Latini chiamata _insania, -amentia, dementia, stultitia, furiosa opinio, furoris incipientia_; -l'orgoglioso repugnava dall'accomunarsi con artigiani e schiavi; i -dotti trovavano ridicoli que' misteri, la cui sublimità non s'attinge -che mediante la Grazia; la povertà e i supplizj de' discepoli davano -argomento della debolezza del fondatore in una società che tutto -riponeva nell'esito, tutto conchiudeva con questo mondo. Esagerando poi -e falsando, dicevano che i Nazareni adorassero il sole, un agnello, una -forca, una testa di giumento: e il vulgo, sempre numerosissimo, rideva, -e li giudicava stolti ancor più che malvagi[26]. - -Ma anche malvagi li credeva. Costretti com'erano a tenere le assemblee -in secreto, i Cristiani davano appiglio alle accuse, solite apporsi a -tutto ciò che è arcano; e nel più sinistro senso venivano intesi i riti -loro. Le sobrie agapi sono inverecondo stravizzo: nei silenzj delle -catacombe violentano il pudore e la natura: un fanciullo coperto di -farina è presentato al neofito, il quale lo trafigge senza sapere che -si faccia, se ne raccoglie il sangue in calici che passano da un labbro -all'altro, e se ne mangiano le carni. Ritraggonsi dalle magistrature -per non dovere far omaggio agli Dei? li sentenziano d'infingardi: sono -stregonerie i miracoli; malefizio la loro costanza nei supplizj: anzi -sono atei perchè non hanno sagrifizj, non tempj[27]. - -Eppure cotesti ribaldi qual morale insegnano? la più pura ed austera: -povertà ad un mondo idolatrante le ricchezze; umiltà al secolo della -superbia; castità in mezzo alle ostentate lascivie; abnegazione tra -il filosofico egoismo. Invece di quell'assenza d'ogni dogma, così -comoda all'accidia umana, che permetteva tutte le contraddizioni -all'intelligenza, tutti i vaneggiamenti all'anima, tutte le -superstizioni ai cuori, tutti gli eccessi alle passioni, intimavasi -un dogma preciso, assoluto, universale, che richiedeva l'intensità -dell'intelletto, la sommessione del raziocinio, l'obbedienza del cuore; -al panteismo filosofico o al popolare l'idea della spiritualità di Dio -e dell'individualità dell'uomo; agli Epicurei la fede nella Provvidenza -e nelle retribuzioni postume; agl'increduli e agli indifferenti la -necessità del culto; agli egoisti la solidarietà del genere umano; ai -gaudenti le austerità e l'umiliazione; allo schiavo di ritenere le -sue catene, sebbene al padrone intimi ch'egli è eguale al servo; al -povero di non esigere i soccorsi, sebbene al ricco imponga di dare -volontariamente. La gente, che da tanti mali erasi rifuggita nelle -voluttà, senza tampoco sospettare che queste offendessero divinità -tuffate nello stesso brago, vedevasi allora non solo interdetti gli -atti, ma riprovato il desiderio; riprovata la fornicazione anche -colle libere, anche colle schiave; riprovata la vendetta, che prima -era dovere e religione; riprovato il fasto, e detti beati coloro che -soffrono, beati gli umili di spirito; esclusi dalla gloria i molli, gli -adulteri, i pederasti. Questa guerra alle passioni, questo freno agli -istinti naturali, quanti non dovea stornare dal cristianesimo? - -Mercanti e artieri assai vivevano del somministrar vittime, -dell'allestire giuochi e simulacri: sacerdoti, auguri, re sacrificuli, -incantatori, astrologi recavansi in odio chi guastava lor arte, -e facevano prova di sostenerla col ravvivare il fervore pel culto -antico, l'attenzione degli oracoli, la scaltrezza dei prodigi. Così -invalse una quantità di maghi e prestigiatori, tra cui famosi Simone -samaritano in patria e Apollonio di Tiane a Roma. Quegli offerse a -san Pietro del denaro se gli partecipasse la facoltà di conferire -lo Spirito Santo; donde fu nominata la simonia, cioè il vendere le -cose sacre; prima eresia che comparve, ultima che sparirà. Vogliono -capitasse egli a Roma regnante Claudio, e co' suoi prestigi talmente -s'illustrasse, da meritare una statua nell'isola del Tevere[28]; ma -avendo voluto librarsi a volo, si ruppe la persona. Anche Apollonio -venne a Roma imperando Nerone, il quale, sebben nemico ai filosofi, -gli permise di rimanere, e d'alloggiar ne' tempj, secondo soleva; poi -a Vespasiano diede consigli sul ben governare l'impero. Accusato da un -Greco a Domiziano, tornò a Roma a giustificarsi, ma il giorno medesimo -fu visto a Pozzuoli e ad Efeso; e trovandosi in quest'ultima città al -momento che Domiziano cadeva trafitto a Roma, sospese di parlare, e -stato alquanto assorto, agli uditori meravigliati, disse: — Il tiranno -è morto». Nerva succeduto imperatore, e che già eragli amico, l'invitò; -ma egli scusossene, e mandogli de' pareri; indi sparve, nè più fu -veduto vivo o morto. - -Persone devote al nome di costui e a quel di Pitagora, a cui egli -s'appoggiava, professavano che un'infinità di genj occupassero il -vuoto fra l'uomo e Dio, partecipi in vario grado alla natura di esso; e -poter l'uomo contrarre patti con quelli per via di cerimonie, digiuni, -purificazioni. Il popolo li temeva e pagava, i grandi vi credevano; non -Caracalla soltanto, ma fin Marc'Aurelio ne aveva sempre agli orecchi; -e la malignità li confondeva coi Cristiani, e i miracoli de' santi coi -costoro prestigi. - -La più grave imputazione però ai Cristiani, vorrei dire la più romana, -era d'odiare il genere umano, il che significava odiare l'impero[29]. -Le istituzioni di Roma traevano lor forza dallo spirito di famiglia, -sopra il quale era sorta la gran città, e dalla conseguente venerazione -per gli antenati. Or ecco il cristianesimo, che, per guadagnare gli -spiriti volgendosi principalmente alla gioventù, la sottraeva ad -una generazione frivola, logora, ignara del vero bene, nimicava il -padre ai figli, il fratello al fratello; donde eseredati figliuoli, -repudiate mogli, puniti schiavi, scassinata l'autorità domestica. -Non che opporre agli antichi nuove glorie, nuove virtù, proferivansi -dannati eternamente gli uomini più cari e venerati, i conquistatori ed -i sapienti, i Cesari e i Ciceroni; chiamati demonj gli Dei, pel cui -auspicio era ingrandito il Campidoglio. Mentre Roma intitolava eroi -quelli che aveano sterminato maggiori popoli, grandezza il rapire a -molti l'indipendenza, principal fonte di potere e di gloria la guerra, -unico scopo di questa la conquista; ecco predicarsi la pace, la -fratellanza, la giustizia, condannarsi cioè tutta la politica antica e -nuova di Roma; dall'angustie d'una patria terrena sollevati gli animi -ad una invisibile, della quale erano cittadini gli uomini tutti, anche -il vinto, anche il barbaro, anche lo schiavo. - -La religione de' Latini era essenzialmente nazionale, e incarnata colla -repubblica; Roma, città santa, inorgoglivasi di derivare dagli Dei; -a sette cose sacre annetteasi la conservazione dell'impero (t. I, p. -153-4); nei maggiori frangenti consultavansi i Libri Sibillini; senza -auspicj non si tenevano assemblee, senza feciali non s'indiceva la -guerra o saldava la pace, senza sacrifizj non s'inaugurava imperatore -o console; a comuni solennità si congregavano le federazioni; e -le teorie, portando l'annuo omaggio della lontana colonia alla -madrepatria, teneano stretto il nodo fra questa e quella. Intaccare -pertanto la religione era intaccare lo Stato, era un dichiararsi nemici -del genere umano. - -Augusto, fondando l'impero, trovò la necessità di rinnobilire le -svilite idee religiose, e «ristorare i tempj e le crollanti immagini -degli Dei» (ORAZIO); e in testimonio dell'alleanza fra lo statuto -e la religione, unì il sommo pontificato alla potenza imperiale, e -collocò nel senato l'altare della Vittoria. Allora fu imposto silenzio -alle voci che nella Roma repubblicana sbraveggiavano gli Dei e la -vita futura; si moltiplicarono sacrifizj, iscrizioni votive, delubri. -Mecenate, consigliando Augusto sul modo di governare, gli aveva detto: -— Onora sempre e dappertutto la divinità secondo le leggi e gli usi -aviti, e costringi gli altri a farlo. Quelli che introducono alcun -che di stranio nel culto, detesta e punisci, non solo per riguardo -agli Dei, ma perchè questi novatori trascinano molti cittadini ad -alterare i costumi, donde vengono congiure, intelligenze, associazioni -pericolose»[30]. Le assemblee erano vietate, anche quando tendessero -a pubblica utilità; e tanto più sedi scopo religioso. I giureconsulti -«custodi delle divine ed umane cose» pronunziavano doversi conservare -ad ogni costo il culto avito, e Ulpiano radunò tutte le leggi in -proposito[31]. Ben è vero che ai numi patrj e ai greci si erano -aggiunti ora l'Iside egizia, ora il Mitra persiano, poco importando al -politeismo che gli Dei fossero venti o cento, anzi alla costituzione -essendo consono l'adottare gli Dei stranieri, ed alla politica -l'assimilarsi i vinti coll'accettarne le credenze. Ma tutt'altrimenti -andava il caso con una religione che ogn'altra escludeva, che diceasi -universale, e destinata a fabbricare il suo tempio colle macerie delle -nemiche. - -La tirannia fin allora aveva colpito gli uomini nel corpo, ne' beni, -nella vita, non s'era rivolta all'anima, al pensiero, mai non avendoli -incontrati sulla sua via. Era la prima volta che desse di cozzo in -una fede seria, profonda, pronta ad obbedire finchè le si chiedessero -gli averi e il sangue, ma risoluta a resistere quando n'andassero di -mezzo la credenza o il dovere: in quella gara di farsi vili al pie' di -vili regnanti, insegnano che l'uomo è soltanto di Dio[32]; quanto ai -dogmi ed all'esercizio di loro religione, non conoscono superiorità -terrena; adoprano sincerità e pazienza, non forza o scaltrezze, non -calare a transazioni, non guadagnar tempo; persuasi che tutte le cose -visibili sono un nulla a petto delle arcane, che l'unico bene consiste -nell'accettar la croce, l'unico male nel peccato, e che la follia -del Calvario trionferebbe dell'ostinazione d'Israele e della superbia -di Roma: gl'imperatori o i proconsoli vogliono forzarli? se deboli, -fuggono; se no, soffrono, non piegano: contro la barbarie raddoppiasi -la loro costanza, la quale diventa ad altri eccitamento, sicchè «il -sangue è semenza di Cristiani». - -Pure cotesti settarj dal loro Cristo aveano imparato a rispettare la -potestà; sotto imperatori che disonoravano la natura, i loro dottori -gli esortavano alla docilità, non essendo ancora in tal numero che -bastassero a rappresentare un voto nazionale e mutare un reggimento. -San Vittore interrogato da un prefetto, risponde: — Nulla ho fatto -contro l'onore o gl'interessi dell'imperatore o della repubblica; non -ricusai di assumere la difesa ove il dovere me l'imponeva; ogni giorno -offro il sacrifizio per la salute di cesare e dell'impero; ogni giorno -in favore della repubblica immolo vittima spirituale al mio Dio». -Perocchè il cristianesimo, improntato della universalità, attributo -incomunicabile delle soluzioni divine, collocò la religione ben -disopra alla parte contingente e variabile della società, fermandola -nell'essenziale e permanente, sicchè l'uomo, in qualunque clima e -qualunque governo, possa operare il perfezionamento proprio e meritarsi -il cielo; sotto principi crudeli e scostumati non si ribella alla -società, da' cui peccati rifugge; non pretende sovvertirla, ma cerca -emendarla; combatte i vizj del secolo, ma senza staccarsi da esso. - -Pertanto i Cristiani, ignorati o tollerati, erano cresciuti. I padroni -degli schiavi s'accorgeano d'un mutamento, non cominciato dalle -sublimi, ma dalle infime parti della società: alcuni sofisti tolsero -a sillogizzare sopra quelle credenze: i sacerdoti vedeano diradarsi -i tempj, sminuire le offerte. Allora, aperti gli occhi, si conobbe -che costoro, nati appena jeri, già empivano i fòri, i tribunali, -le legioni; senz'armi, senza difesa, negavano obbedienza ad ordini -così semplici, quali pareano il bruciare un grano d'incenso sull'ara -di un dio o d'un imperatore; e piuttosto accontentavansi di morire. -Alla romana legalità, che faceva delitto il contrariare un decreto -qualunque, come doveva movere sdegno questa inobbedienza! Gli statisti, -che sentivano non poter più Roma prosperare dacchè era spoglia di -morale ed abbandonata ai baccanali della forza, sapevano però che nel -cadavere d'un grande Stato le istituzioni antiche conservano una vita -galvanica, perchè e l'aristocrazia si ricorda qual fu, e l'esercito -è abituato ad una certa disciplina, e il popolo ad un'amministrazione -qual ella sia, e nel principe si concentrano la forza e l'opinione. Di -qui la tenacità alle forme vetuste, che è propria de' dominj deboli; di -qui l'odio dei politici contro il cristianesimo. - -Sopragiungevano intanto sempre nuove traversie; peste, tremuoti, fame, -correrie di Barbari: e i Cristiani predicavano, — Sono avvisi del -cielo; Roma e il mondo, sommersi in un mare di vizj, meritano questi e -peggiori castighi». Fremeano i Gentili a tal voce, quasi desiderassero -o si compiacessero de' mali di cui adducevano la ragione: i politici -si confermavano nel crederli avversi allo Stato: i religiosi pensavano -che le costoro bestemmie irritassero gli Dei, i quali, destri un tempo -agl'incrementi di Roma, lasciavanla allora sfasciarsi. Adunque ne si -plachi la collera col sagrificare i loro nemici; il Cristiano, pel -solo suo nome, sia considerato «nemico de' numi, degl'imperatori, delle -leggi, de' costumi, di tutta la natura»[33]. - -Derivavano dunque dalla legalità romana le persecuzioni, che quella -civiltà ci presentano in un aspetto differente assai dal classico; -quistione politica più che religiosa, dove, poco curando la dottrina, -punivasi la disobbedienza; e dove gl'imperatori buoni, cioè ispirati -dall'antico genio romano, imperversarono più che non i malvagi, quali -Comodo od Elagabalo. - -La Chiesa noverò le sue vittorie dal numero delle sue tribolazioni. -Sotto Nerone vedemmo la prima volta perseguitati i Cristiani, e non -pare fosse soltanto per dare una soddisfazione al popolo, nè che si -limitasse a Roma[34]. Domiziano, quando voleva rifabbricare il Giove -Capitolino, tassò gli Ebrei un tanto per testa; e i Cristiani, compresi -sotto quel nome, non volendo a verun patto contribuire per idolatrie, -ne nacque nuova persecuzione, in cui caddero Flavio Clemente, cugino -dell'imperatore e collega di lui nel consolato, colla moglie e la -nipote Domitilla. Il cristianesimo era già dunque arrivato ai limitari -della reggia. - -Plinio Cecilio (t. III, p. 339), stando proconsole della Bitinia -e del Ponto, sentì contrasto fra il dovere d'eseguir la legge che -condannava i Cristiani, e la coscienza propria che glieli mostrava -incolpevoli; laonde interpellò l'imperatore Trajano come comportarsi, -e se fossero a punire indistintamente giovani e vecchi, se perdonare -a chi si pentiva. — Gl'interrogai (soggiunge) se fossero cristiani; -e quei che confessarono, escussi due o tre fiate con minaccia del -supplizio se perseveravano, gli ho condannati, giacchè meritano -castigo la disobbedienza e l'ostinazione. Alcuni denunziati negarono; -altri dissero aver cessato d'essere cristiani, ed affermavano che -tutto il loro errore o delitto consisteva nell'adunarsi un giorno -prefisso avanti l'alba e avvicendare inni a Cristo come fosse dio; si -obbligavano con giuramento di non commetter furto, adulterio od altro -misfatto, nè negare il deposito; poi raccoglievansi a mensa comune, -innocente. Credetti bene chiarir la verità col mettere alla tortura -due giovani schiave che diceansi addette ai ministerj di quel culto: -non vi ho scoperto che una superstizione trasmodata, laonde ho sospeso -tutto, aspettando tuoi ordini. Gran numero di persone d'ogni sesso e -grado sono e saranno comprese in tale accusa, poichè questo contagio -non ha soltanto infette le città, ma si è dilatato pei villaggi e le -campagne». - -L'imperatore, rispondendo, collauda l'operato del suo ministro, -ma essere impossibile stabilir regola certa e generale in cause di -questa natura. — Non bisogna fare indagini; ma se accusati e convinti, -punirli; se l'imputato nega d'esser cristiano, gli si perdoni». - -Strana rivelazione del contrasto fra la legalità e la giustizia! -Il proconsole, uomo onesto, non trova rei questi settarj se non del -nome, pure non domanda che siano salvati, sibbene con qual misura deva -castigarli; e li mette al tormento per iscoprirne delitti, di cui non -sono accusati. L'imperatore, un de' migliori, anch'egli tentenna fra il -proprio sentimento e la ferrea rigidezza delle leggi! E come! la legge -è tanto vaga che i prudenti stessi non sanno come interpretarla, e può -essere sospesa non solo dall'imperatore, ma fin dal proconsole: eppure -a' dubbj di questo l'imperatore non risponde se non che ha fatto bene. -Se sono colpevoli, perchè declinare l'indagine? perchè assolverli sulla -semplice negativa? Se innocenti, perchè punirli di confessare ciò che -non è colpa? Che legislazione è cotesta dove si castiga non un fatto, -ma un sentimento? Qual sanguinoso testimonio del niun conto che gli -antichi faceano della vita dei loro simili![35] - -Che se tanto lasciavasi all'arbitrio de' tribunali, e sotto un Plinio -ed un Trajano, che doveva essere delle assemblee tumultuarie, quando -la plebe, nei giorni devoti agli Dei o fra la sanguinaria ebbrezza -dell'anfiteatro, chiamava a gran voci, — I Cristiani alle fiamme, alle -fiere?» Editti d'Adriano e d'Antonino vietarono di far fondamento -sulla semplice diceria per condannarli: ma che, se i rei medesimi -confessavano, anzi gloriavansi? Come doveva inviperire l'orgoglio -degli imperatori o de' loro ministri allorchè vedeano un fanciullo, -una donna, un oscuro cittadino confessare apertamente il delitto -apposto; e a lusinghe, a promesse, a minaccie resistendo, ricusare non -un delitto, ma l'atto il più semplice del culto nazionale, un granello -d'incenso al dio Giove o al dio Antinoo! Li straziavano allora colla -tortura, non per istrapparne la confessione del delitto, ma acciocchè -il negassero; oppure mettevano a lubriche prove la continenza dei -giovani e la castità delle vergini; e infelloniti dalla resistenza, gli -abbandonavano a' manigoldi e al vulgo, in cui la ferocia, innestata -dall'abitudine de' supplizj e de' giuochi circesi, veniva esasperata -dal fanatismo. - -Talvolta governatori umani respingevano le accuse, o con sotterfugi -salvavano gl'imputati; talvolta li cacciavano solamente a confine: -ma altri li chiudevano negli ergastoli e nelle miniere, oppure -esercitavano su loro l'esacerbazione che permetteva la legge, -iniquissima perchè indeterminata. Alla prova soccombevano? riportavano -applausi dai Pagani, orrore e compassione dai Cristiani. Chi subisse -generoso i tormenti, restava in venerazione: i fedeli baciavano le -catene portate e le cicatrici rimaste; pei morti istituivano annue -commemorazioni; e il sangue e le ossa, raccolte studiosamente, venivano -poste sotto gli altari che servivano di mensa al viatico di quelli che -si professavano pronti ad imitarli, e che in impeto generoso ambivano -il martirio fin a denunziarsi da se stessi, a sturbare a bella posta -i riti idolatrici, a ricusare la clemenza, e negli anfiteatri provocar -l'ira delle fiere e de' manigoldi[36]. - -A malgrado degli scrupoli di Trajano, consta che sotto di esso molti -subirono il martirio. Clemente papa fu sbandito dalla sua sede. -Ignazio, vescovo d'Antiochia, fu da quell'imperatore mandato a Roma, -perchè vi fosse ucciso: sul viaggio dell'intrepido confessore di Cristo -accorreano vescovi, diaconi, fedeli; in Roma tanti mostravano interesse -per lui, ch'egli temeva riuscissero a camparlo dal martirio; ma come vi -si seppe destinato, coi fedeli pregò il Figliuol di Dio per le Chiese, -per la carità fra' Cristiani, per la cessazione delle persecuzioni: -esposto nell'anfiteatro alle fiere nelle feste Sigillarie, mentre i -Gentili applaudivano ai leoni che lo sbranavano, i fedeli pregavano per -esso, e ne davano avviso ai fratelli d'ogni paese, affinchè quel giorno -tenessero in perpetuo solenne. - -Adriano, spinto al sangue da zelo per le superstizioni e la magìa, -e da odio per gli Ebrei, ordinò processure, nelle quali caddero i -papi Alessandro, Sisto e Telesforo. Fabbricata la villa di Tivoli, -cominciò magnifici sacrifizj per dedicarla: ma che? le vittime, gli -auspizj, gli augurj uscivano a vuoto o in sinistro. Interrogati con -più vigorose evocazioni, gli Dei risposero: — Come renderemmo oracoli, -se ogni giorno Sinforosa co' suoi sette figli ci oltraggia, invocando -il suo Dio?» L'imperatore ebbe a sè costei, che richiesta dell'esser -suo, rispose: — Mio marito Getulio, con Amanzio fratel suo, tribuni -militari, patirono per Gesù Cristo, ed anzichè immolare agli Dei, -lasciaronsi recidere il capo, acquistando infamia in terra e gloria -fra gli angeli». E intimandole l'imperatore, — Tu sagrificherai agli -Dei, o sarai a loro sagrificata», non esitò nella scelta, anelando -di ricongiungersi collo sposo. L'imperatore dunque la fece condurre -nel tempio d'Ercole, quivi schiaffeggiare, sospendere pei capelli, e -durando pur ferma, gettare nelle cascatelle, memori delle voluttuose -canzoni d'Orazio. I figliuoli ne imitarono la costanza. - -Era Aglae una romana tanto ricca, che tre volte diede i pubblici -spettacoli; amministravano le sue entrate settantatre agenti, ai -quali soprantendeva Bonifazio, uomo ospitale e largo coi poveri, -ma licenzioso, e che con essa viveva in peccato. Avuto da Aglae -commissione di andare in Oriente, e recare reliquie di martiri, per -cui intercessione ottenere perdonanza, egli partì con dodici cavalli, -tre lettighe e molti profumi; e per via cominciò a pensare seriamente -ad un'opera assunta con leggerezza, e ad orare e far astinenza. Giunto -a Tarso, vide il martirio d'alcuni Cristiani, e preso dalla costoro -fermezza, li pregò che per lui pregassero; sicchè il governatore -fece esporre lui pure ad ogni peggior tormento, che egli comportò -pazientissimo in ammenda del passato. Aglae, avvertita del martirio -dell'amante, ne ricomprò il cadavere a molto prezzo, e ritornata allo -spirito, diede ogni aver suo ai poveri, e con poche donzelle si ritirò -dal mondo. - -Cecilia romana, obbligata contro voglia al matrimonio, converte il -marito, il cognato e altri, ed è condannata a perdere gli occhi da un -governatore cui troppo erano piaciuti. Maria, schiava d'un Tertullo -senatore romano, sola della casa adorava Cristo, ed era tollerata -per la fedeltà e l'esatto servire. Sopragiunta la persecuzione di -Diocleziano, il padrone, per non essere costretto a denunziarla e -così perderla, la fa battere a verghe onde muti fede, e sepellire in -carcere, ma senza smoverla. Il giudice, informatone, la volle a sè, la -fece martorare tanto che il popolo incompassionito volle si cessassero -i tormenti. Il giudice la diede allora in custodia ad un soldato, -ed essa temendo per la sua onestà, fuggì tra i monti, ove finì poi -santamente[37]. - -Molte altre donne col santo eroismo assicuravano la libertà della -femmina, e ricompravano dall'obbrobriosa servitù il loro sesso, -elevandolo alla dignità della donna cristiana. Così la bellezza -domava la forza, la morte intimoriva i viventi, e la fede trionfava -dell'orgoglio. - -Que' Romani che non voleano stordirsi sull'avvilimento della patria, si -compiacevano nel rimembrare gli Scevola, i Bruti, i Catoni, prodighi -delle grand'anime per una libertà, che sembrava più bella dacchè -perduta; e nel segreto vantavano i pochi che ancora gl'imitassero o -li contraffacessero resistendo ai cesari e affrontando la morte. Or -eccoti una setta che proclama la libertà; non la libertà che rinnega -l'ordine e che si acquista per sommosse, ma che rifiuta qualsivoglia -restrizione alla coscienza, e per la quale cotesti Galilei sanno, non -darsi la morte, ma intrepidi aspettarla[38]. Ma gli eroi, sublimando la -passione umana, operavano cose straordinarie per l'acquisto di gloria: -i santi, rinunziato ad ogni passione, senza calcolare le proprie forze, -inermi ma intrepidi affrontavano le potestà umane e le infernali, nulla -curando della lode, e la volontà propria rimettendo affatto a Dio. - -Vero è che i Romani erano avvezzi a quotidiani supplizj, a conflitti di -gladiatori, a battaglie nella città o sui campi, a stoici suicidj: ma -coloro o lasciavano la vita costretti, o la gittavano come un carico -importabile, al più la deponevano con indifferenza, come cosa che -saziò. Ne' Cristiani, all'incontro, fanciulli «che non distinguono la -destra dalla sinistra», vecchi, donne, morivano non coll'orgogliosa -dignità delle scuole, ma con semplicità; non per erudizione di -dottrine morte, ma per le parole della vita; non per se stessi, ma pel -genere umano: fra supplizj squisiti non metteano lamento, gioivano, -perdonavano. «Il vulgo (dice Lattanzio) vedendo le persone lacerate -con varj tormenti, e mentre i carnefici si stancano, esse durare -nella pazienza, fa giudizio che non sia vanità questa perseveranza -dei morenti, e che senza Dio non potrebbero sopportarsi tanti spasimi. -Masnadieri, persone robustissime non reggono a pari torture, gemono, -urlano, soccombono al dolore, perchè vi manca l'ispirata pazienza. I -nostri, non che uomini, ma fanciulli e donnicciuole, tacendo vincono i -loro tormentatori, nè il fuoco stesso può strappar ad essi un gemito; -il sesso debole, la fragile età soffrono d'essere sbranati a membro -a membro, e non per necessità, giacchè potrebbero evitarlo, ma per -volontà, giacchè confidano in Dio»[39]. - -L'antica società facea dunque il suo dovere, e il suo la nuova; i -Cristiani subiscono la pena di morte, ma la dichiarano iniqua; si -crederebbero contaminati pur dalla vista d'un supplizio, e interdicono -il sacerdozio a chi uccise od esercitò diritto di sangue[40]; -sublimando per tal guisa il carattere dell'uomo, non più soltanto -quand'è ravvolto nella toga senatoria o nel mantello filosofico, o -decorato dell'anello equestre, ma anche povero, ignorante, nudo, perfin -colpevole; è uomo, e basta. Questa tacita ma costante resistenza rivelò -la vigoria del cristianesimo. - -Ai propagatori del vero più che le persecuzioni e la morte pesano -la calunnia o la noncuranza; e queste porsero nuovo esercizio alla -pazienza de' primi Cristiani. Giovenale descrisse uno dei loro supplizj -coll'indifferenza d'un franco pensatore al cospetto di fanatici[41]; -Tacito confuse questa _setta odiosa_ colle tante che infestavano Roma, -cloaca di tutte le immondezze[42]; Plinio giuniore non può crederli -rei, eppure li punisce; Plinio maggiore, Plutarco, Quintiliano nè -tampoco li nominano; nè la lunga storia di Dione Cassio, nè quasi la -più ampia _Storia Augusta_; il satirico Luciano ne fa assurde celie; i -dotti gli accusano di predicare a donne, fanciulli, schiavi, evitando -di scontrarsi con pensatori. - -Ma intanto la parola, soffocata o derisa, echeggiava da mille parti; -e già penetrava nelle scuole, sostenuta con eloquenti scritture -e incalzanti argomentazioni; nè più fu lecito alle persone colte -ignorarla quando veniva a provocar l'esame e chiedere giustizia. Alcuni -autori vi attingevano verità dapprima ignote, sicchè qualcosa di più -puro ed elevato inserivano in libri di fondo pagano. Singolarmente -in Seneca, fra tante debolezze e vanità, s'incontrano rudimenti di -precetti e persino frasi, che accertano avesse cognizione de' libri -cristiani, anzi alcuno disse amicizia con san Paolo[43]. Il suo non -è più il Dio cieco ed impotente degli Stoici, ma uno incorporeo, -indipendente, che è sua propria necessità, e che prima di far il -mondo lo pensò[44]; abita in cuor dell'uomo virtuoso[45], vuol essere -amato[46] perchè ci ama; noi siamo socj e membri suoi[47]: la maestà -degli Dei è nulla senza la loro bontà: la Provvidenza governa il mondo, -non da madre cieca, ma da padre prudente, laonde obbedire a Dio è -libertà[48]: supremo bene è il possedere un'anima retta e una lucida -intelligenza. Romano, egli seppe compassionar l'uomo esposto alle belve -e agli stocchi dell'anfiteatro. — Voi dite, egli commise un delitto e -merita morte. Sia; ma voi, qual delitto avete voi commesso per meritare -d'essere spettatori del suo supplizio?»[49] Proclamò che «il divino -spirito appartiene allo schiavo come al patrizio; schiavo, liberto, -cavaliere, son parole inventate dalla vanità o dal dispregio; la virtù -non esclude veruno; ognuno è nobile perchè discende da Dio. Non li -chiamare schiavi, ma uomini, ma commensali, ma men nobili amici, ma -consorti di schiavitù, giacchè la fortuna ha su noi i medesimi diritti -come su loro. Quel che tu dici schiavo, viene dal ceppo stesso che -tu. Consultalo, ammettilo a' tuoi colloquj, a' tuoi pasti; non voler -essergli formidabile, e ti basti quel che basta a Dio, rispetto e -amore»[50]. - -Per verità le azioni sue furono poco cristiane, ma certo egli -migliorò sul fine di sua vita: le lettere a Lucilio tengono più -del serio; nella sesta accenna ad un cambiamento avvenuto in lui, -ad una trasfigurazione; gli manda libri dove ha segnato i passi -più degni d'approvazione e ammirazione. Pure nelle lettere stesse -colloca il saggio più in alto che Dio, esalta il suicidio, dubita -dell'immortalità, e affatto da gentile fu la sua morte; onde -possiam conchiudere con Erasmo: — Se si legga come pagano, scrisse -cristianamente; se come cristiano, scrisse gentilesco». - -Ma la sapienza, che in lui e in altri moralisti s'incontra a frammenti -e tra contraddizioni, veniva insegnata nella sua pienezza dai santi -Padri, e col carattere dell'universalità. Quella manifestazione di -Dio rendeva inescusabile il paganesimo[51]; quella fede indomita a -terrori e lusinghe, quelle virtù più che umane infondeano nel mondo -uno spirito nuovo; sicchè la Chiesa, poc'anzi appena sperante, si -estende trionfatrice, e s'accinge a riformare la società con nuovo -sistema di credenze e di morale. Chè, sebbene il cristianesimo non -tendesse a cambiar le relazioni e la condizione esterna dell'uomo, -dichiarasse anzi non voler portare la mano all'edifizio della società, -e rispettasse le grandi ingiustizie d'allora, la tirannide, la -schiavitù, la guerra, pure sin da' primordj si mostrò fruttuosissimo -al civile progresso. Non cambiando la società, bensì il modo -d'apprezzarla; non togliendo i patimenti, ma trasformandoli in meriti; -non mirando a riformare il popolo per mezzo dei governi, ma questi per -mezzo di quello, migliorava la morale e gl'intelletti, incivilimento -importantissimo giacchè intimamente connesso col civile. Ove dominavano -l'anarchia, l'empietà, la dissolutezza, l'egoismo, eccolo sostituire -un gerarchico ordinamento, la fede, la santità, l'amor generoso ed -universale. Il potere, anche mentre restringe e comprime la spirituale -società, ne prova il virtuoso ascendente: i giureconsulti, meditando -sulla lettera tenace delle leggi, sentonsi da un'aura diversa lor -malgrado ispirati: nella costituzione, ove tutto possono l'esercito -e l'imperatore, appare un esempio delle due supreme garanzie della -libertà, l'elezione e il dibattimento: si sciolgono gli uomini dalle -leggi umane arbitrarie, per sottometterli alla legge razionale e -divina[52]. - -Tali benefizj non furono allora intesi dai forti nè dai savj; e quelli, -indispettiti e meravigliati del trovar gente che, contro il volere -imperiale, sostenesse l'indipendenza delle proprie convinzioni, tolsero -a perseguitarla, dapprima per antipatia, senz'ira, senza timore, fin -senza fanatismo, per secondare il gusto che il popolo prendeva ai -supplizj; poi per un deliberato proposito di sterminarla. - -Sotto gli Antonini, che erano la stessa bontà, come dice il dabben -Muratori; che erano i migliori de' principi e i migliori degli uomini, -come dice il retorico Gibbon, non mancarono martiri. Pare che del -loro tempo venisse a Roma Luciano, nativo di Samosata in Asia, il -quale per l'universale ironia ben fu paragonato a Voltaire. Ricco di -cognizioni, potente di stile, arguto di riso, fece una trista pittura -de' costumi romani, poi volse in beffa tutto quanto si credeva e -venerava, il potere come il sapere, le religioni come la filosofia; -gli Dei perseguita con frizzi che doveano sconficcarli non meno dei -ragionamenti, e attesta che nè gl'intelletti serj nè gli arguti più -non vi prestavano fede o rispetto; e se ancora se ne frequentavano gli -altari, più non era se non per convenienza sociale. - -Marc'Aurelio fra tante virtù non ebbe quella di resistere ai filosofi -che l'accannivano contro i Cristiani; e come rei di attentare alla -religione dello Stato, e nutrire spiriti avversi alla pubblica cosa, -li perseguitò o lasciolli perseguitare, finchè, dicono, il riferito -miracolo della legione fulminante sospese le stragi. Risparmiata sotto -Comodo e i successivi, si dilatò la credenza nostra. Se n'adombrò -Settimio Severo sul finire del regno, e confondendoli cogl'irrequieti -Ebrei, promulgò un editto contro i nuovi proseliti, ma che facilmente -si estendeva anche agli altri, e massime a quelli che andavano a -convertire: onde la persecuzione cominciata in Egitto, si propagò pel -resto dell'impero. - -È ingagliardita assai un'opinione quando la parte che può opprimerla a -forza, sentesi tratta a combatterla con argomenti. Trasferita che fu -la quistione nel campo della parola, i Cristiani poterono accettare -quella battaglia, per la quale, più che per pacifiche comunicazioni, -si propaga la verità. Adunque, mentre i martiri col sangue, altri -coll'ingegno difesero la verità in una serie di apologie, dirette -le più agl'imperatori onde distorli dalla persecuzione coll'esporre -la morale e i dogmi cristiani. Le più rinomate sono quelle che san -Giustino samaritano indirizzò ad Antonino e Lucio Vero, al senato e al -popolo romano, poi a Marc'Aurelio, lagnandosi che, dove si tolleravano -tante assurde religioni, soli i Cristiani venissero perseguitati, essi -tanto meglio costumati che i Gentili, e che con orribili torture si -estorcessero confessioni di colpe bugiarde. - -Tertulliano cartaginese, il più eloquente padre in lingua latina, -commentando l'accennata lettera di Trajano a Plinio[53], mostrava -quale ingiustizia fosse il punirli pel solo nome, togliere ad essi la -difesa e gli avvocati che a nessun reo si negano, nè appurare i delitti -confessati, la qualità, il tempo, il modo, i complici. All'illegalità -delle processure aggiunge la sconvenienza di castigare tante persone, -e — Che farete delle migliaja d'uomini, di donne, d'ogni età e -condizione, che presentano le braccia alle vostre catene? di quanti -roghi, di quante spade non avrete bisogno? Ci si accusa di mangiar -fanciulli. Come! bensì in Africa durò l'uso d'immolarne a Saturno, fin -quando Tiberio non fece crocifiggere i sagrificatori agli alberi che -ombreggiavano il tempio. Ma se l'uso pubblicamente è cessato, praticasi -ancora in segreto: uomini si scannano a Mercurio dai Galli; sangue -umano versasi in Roma stessa per onore di Giove; mentre noi Cristiani -ci asteniamo perfino dal gustare qualunque sangue[54]. Ci calunniano -di lesa maestà: ma sebbene i Cristiani non manifestino la devozione -con giuramenti e bagordi, pregano il Dio vero acciocchè all'imperatore -conceda lunga vita, regno riposato, sicurezza nei palazzi, valor nelle -truppe, fedeltà nel senato, probità nel popolo, pace in tutto il mondo. -Coloro che più profondono di tali testimonianze agl'imperatori, gli -sono i meno fedeli e meglio disposti alla ribellione: al contrario i -Cristiani perseguitati obbediscono; e quand'anche il popolo previene -gli ordini supremi per ucciderli, e viola perfino i cadaveri, essi -non pensano alla vendetta... Dilaga il Tevere? non dilaga il Nilo? -difettasi d'acqua? trema la terra? gittasi una carestia, una peste? -tosto si esclama, _I Cristiani ai leoni._ Simili sventure non venivano -esse anche prima di Cristo? e sono effetti dello sdegno di Dio contro -gli uomini colpevoli e ingrati. Intanto, quando il seccore fa temere -di sterilità, voi sacrificate a Giove, frequentando i bagni, le -osterie, i postriboli; noi cerchiamo placare il Cielo colla continenza, -colla frugalità, con digiuni, col coprirci di sacco e di cenere; e -ottenuta misericordia, ne diamo onore a Dio. Ma queste sciagure non ci -scompongono, nè in questo mondo altro desiderio abbiamo che di partirne -il più presto possibile». - -Così la Chiesa dogmatizzava e disputava, soffriva e protestava; -venerava i martiri, ma facea sentir le ragioni ai popoli ed agli -imperatori. - -Alla morte di Settimio Severo tanto s'erano assodati i Cristiani, -che, mentre prima adunavansi in case private e di nascosto, poterono -eriger chiese, comprare terreni in Roma, pubblicamente far le elezioni. -Alessandro Severo gli ammise nella reggia come sacerdoti e come -filosofi, e a vescovi e dottori concesse le sue grazie: ma quando -Massimino succedutogli punì gli amici del predecessore, molti Cristiani -andarono avvolti nel castigo, poi altri in occasione di un tremuoto. - -L'imperatore Filippo li favorì tanto, che si credette ne avesse -abbracciata la fede: ma sotto Decio, un fanatico poeta uscì in -pubblico, deplorando l'abbandonata religione; il vulgo chiese fosse -riparata col sangue degli empj; e i magistrati cercarono l'aura -popolare col concederlo. Anche la peste, che in quel tempo devastava -l'impero, aizzò la furia del popolo e la superstizione dei ministri ad -isfogarsi sopra queste innocenti vittime, che rendevano il ricambio col -profondere assistenza, preghiere, carità. Allora i principali vescovi -furono morti od esigliati; per sedici mesi impedito al clero di Roma -d'eleggere un successore all'ucciso papa Fabiano; i preti di questo -messi in carcere; sistemata la persecuzione per via di decreti. - -Valeriano al fine del regno, per istigazione del prefetto Macriano, -egizio e dotto di magia, perseguitò nuovamente i Cristiani, tra i quali -caddero illustri vittime, e Stefano e Sisto II papi. Gallieno sospese -le persecuzioni; e quantunque alcune vittime cadessero sotto Aureliano, -la Chiesa potè assumere quell'aspetto di legalità che il tempo -conferisce. - -È nella natura dell'uomo di lasciar illanguidire una credenza allorchè -non contrastata, ravvivarla quando combattuta. I Pagani guardavano -con indifferenza o spregio la loro religione; ma quando i Cristiani -si presentarono a mostrarne la falsità e l'indecenza, per reazione -vi si affezionarono; le dottrine o le pratiche che bastava conoscere -per disapprovarle, dichiararono non essere che vulgari aggiunte, -oppure simboli di arcana sapienza e di morale sublime. Si rinfrescò -pertanto la venerazione alle antiche favole; e il dispetto di vederle -malmenate dai nuovi settarj, insegnava mille arti di sostenerle. -Allora dunque rinnovati più pomposi che mai i sagrifizj, introdotti -di nuovi, proposte iniziazioni ed espiamenti, con cui supplire a ciò -che la Chiesa prometteva col battesimo e colla confessione; poi si -moltiplicarono miracoli, e profeti, e oracoli, e guarigioni ai sacrarj -di Esculapio e d'Igia; e tanto se n'esaltò il fanatismo del popolo, che -città e comuni a gara supplicavano gl'imperatori di adempire le antiche -leggi, cioè sterminare i Cristiani. - -Galerio e Diocleziano, abboccatisi dopo la guerra persiana affine -di prendere un partito sopra un punto ormai divenuto capitale, da -un'accolta di pochi primarj vennero persuasi di toglier via una setta, -che formando uno Stato nello Stato, ne impacciava il movimento, e -poteva minacciarne l'esistenza. Ed era vero che il cristianesimo -cresciuto scomponeva l'unità così necessaria delle leggi e delle -credenze; e chi volesse rintegrarla, trovavasi obbligato a questa -scelta, o di rendere dominante la nuova religione, o di distruggerla. -Di far il primo non ebbe senno o volontà Diocleziano; tentò il secondo, -e professando voler abolire il nome cristiano, pubblicò la proscrizione -generale: — In tutte le provincie si demoliscano le chiese; pena il -capo a chi tenga conventicole segrete; si consegnino i libri santi -per essere bruciati in forma solenne; i beni ecclesiastici venduti -all'asta, o tratti al fisco, o donati a comunità e a cortigiani: quelli -che ricusino omaggio agli Dei di Roma, se ingenui rimangano esclusi -da onori e impieghi; se schiavi, dalla speranza di libertà; tutti -sottratti alla protezione della legge: i giudici accolgano qualunque -accusa contro i Cristiani, e nessun richiamo o discolpa». - -Se non fosse attestato concordemente da tanti storici, appena si -potrebbe credere pubblicato da nazione civile un decreto di sì -tirannesca perversità, che avvolgeva tanta parte del mondo nella -persecuzione, sbrigliando le private violenze e le frodi coll'interdire -agii offesi di portarne querela, e l'uffizio del giudice riduceva non a -librare l'accusa colle prove, ma a scoprire, perseguitare, cruciare chi -fosse cristiano o un cristiano volesse salvare. - -E la persecuzione di Diocleziano rimase famosissima[55], e la Chiesa -d'Italia vi diede larga messe: in Roma Genesio commediante, Pancrazio -di quattordici anni, Agnese di dodici, Sebastiano milanese, Marcello -sacerdote, Pietro esorcista; a Benevento Gennaro vescovo, ingloriato -dai Napoletani; a Bologna Agricola gentiluomo con Vitale suo schiavo; -in Milano Nazaro, Celso, Naborre, Felice, Gervaso, Protaso; in Aquileja -Canzio, Canziano e Canzianilla, di casa Anicia; — glorie nuove nel -paese ove la gloria fin allora s'era dedotta dall'uccidere, non -dal patire. Il diacono Cesario, venuto d'Africa a Terracina, vi fu -testimonio dell'empio rito, per cui a certe solennità sagrificavasi -un giovane ad Apollo gettandosi in mare; e levò la voce contro questo -suicidio, onde meritò il martirio. Vuolsi che la legione Tebea negasse -idoleggiare, e agli ordini imperiali rispondesse: — Noi siamo soldati -dell'imperatore; da lui riceviamo la paga, ma da Dio la vita. Dobbiamo -versar questa contro il nemico? sì il faremo: abbiam l'armi alla -mano, ma non opponiamo resistenza, e preferiamo morire incolpevoli che -uccidere gl'innocenti». Distinzione ignota ai soldati antichi, e per la -quale furono trucidati a San Maurizio del Vallese[56]. - -Gli editti di Diocleziano furono dai successori suoi modificati -secondo l'indole loro o le circostanze; chè ormai la quistione non -era più religiosa ma politica, e gl'imperatori ai Cristiani recavano -pace o guerra, per calpestare o alzar una fazione, già preponderante -nella fortuna dell'impero. Galerio, forse dalla malattia richiamato -a sentimenti migliori, in nome proprio e di Costantino e Licinio, -pubblicò un editto ove, asserendo «d'avere adoperato a ristabilire -l'antica disciplina romana, e fare che si ravvedessero i Cristiani, -i quali, presuntuosamente disprezzando la pratica dell'antichità, -abbandonarono la religione dei padri; e avendone molti fatti patire -e perire, vedendoli però ostinarsi a non rendere il culto debito -agli Dei», permette che professino liberamente le private opinioni, e -uniscansi nelle loro conventicole, purchè serbino rispetto alle leggi e -al governo stabilito. - -L'opinione dianzi perseguitata, era ancor vilipesa, ma tollerata; -onde i confessori vennero schiusi dagli ergastoli e dalle miniere, gli -apostati tornavano a penitenza, i raminghi rivedevano le dolci case, e -nella pubblica professione della fede e del culto loro ricantavano il -Dio forte, il quale può dai sassi suscitare figliuoli d'Abramo. - -Costantino doveva meritare il cognome di grande da chiunque sa far -merito a un principe di accettare le novità, mal fin allora combattute: -che se gli emuli suoi chiedevano il favor popolare col secondare i -Gentili, egli pensò appoggiarsi sui Cristiani, men numerosi ma pieni -di gioventù e della forza di chi viene a riformare, talchè poteasi -prevedere come nel loro movimento trascinerebbero l'inerzia pagana, e -resterebbero in piedi quando il gentilesimo andava a fasci. - -Allora la santa letizia della libertà si diffuse in tutto l'impero; -dalle squallide catacombe sbucavano i sacerdoti a celebrare alla faccia -del mondo i riti della nuova alleanza; i vescovi solennizzavano memorie -di martiri, o dedicavano chiese; i letterati pubblicavano virtù fin -allora dissimulate; i fedeli, riconoscendosi fra loro, s'abbracciavano, -saldando la fratellanza colla cena della perpetua commemorazione. - -Se non che al paganesimo rimanevano sostegno i sacerdoti, -l'aristocrazia, i corpi municipali che spesso aveano provocato -gl'imperatori alla persecuzione, i tanti magistrati e capitani. A Roma, -per memoria degli antichi auspizj e per lunga sequela di sacerdozj, -erano affezionate le persone di grado, e per consenso i liberti e -gli schiavi; essa veniva considerata come splendido centro della -religione; i riti, i giuochi, più che trastullo, v'erano l'occupazione -e il nutrimento del vulgo; d'ogni parte vi conveniva il fiore della -gioventù, che in quella sentina di tutte le superstizioni, come san -Girolamo la chiamava, bevea l'odio del nome cristiano ne' tempj, nei -teatri, nelle scuole. Era dunque assai che l'imperatore alla nuova -religione concedesse libertà pari all'antica, senza avventurarsi di -colpo ad un cambiamento che avrebbe sovvertito lo Stato[57]: onde -prepararvi gli animi, negligentò alcuni riti nazionali; non celebrò -i giuochi secolari nel 314; i Capitolini, cui avrebbe egli dovuto -presentarsi cinto dai pontefici e dal senato, a capo dell'esercito, non -impedì, ma volse in derisione[58]. - -Eppure doveano inorridire i Romani rugginosi nel vedere il successore -d'Augusto mettere a pari col pagano il culto pur dianzi proscritto; -esimere i sacerdoti di questo dalle funzioni municipali, come quei -del gentilesimo; proibire che la domenica si lavorasse, o che i -giudici e i corpi dello Stato s'occupassero di verun affare, salvo -che dell'emancipazione de' figli o degli schiavi. Ma Costantino non vi -facea mente: e allorchè si trovò senza colleghi nè emuli, proscrisse -i giuochi gladiatorj, le feste scandalose; chiuse tempj, tolse alle -Vestali e ai sacerdoti profani i privilegi, concedendoli invece al -clero e ai vescovi, alle cui sentenze diede forza quanto alle sue -medesime, sminuendo in tal modo l'autorità de' magistrati secolari; -largheggiò di beni e di denaro colle chiese[59]; sedeva ne' concilj, -disputava di teologia, metteva sugli edifizj pubblici la croce, alzava -il làbaro alla testa degli eserciti, e nel campo una cappella uffiziata -da Cristiani. - -Ma non che indicesse guerra al paganesimo, conservava, come i suoi -predecessori, il titolo di sommo pontefice, e in tale qualità fece -decreti religiosi con titoli idolatrici; con immagini di numi si lasciò -scolpire sulle medaglie; poi quando morì, sagrifizj gli furono fatti -all'antica, ascrivendolo fra gli Dei. Tanto i Gentili erano lontani dal -credere ch'egli avesse soppiantato il culto nazionale, e dal prevedere -che non tarda il trionfo della verità, posta che sia a pari armi -coll'errore. - - - - -CAPITOLO XLVII. - -Traslazione della sede imperiale a Costantinopoli. Costituzione del -Basso Impero. - - -Chi conosce quanta potenza sia inerente alla vista dei luoghi, -intenderà gli ostacoli che in Roma dovea trovar Costantino alla sua -deliberazione d'impiantare la nuova politica sopra una religione nuova. -Unico centro non aveva il politeismo, che, neppure col concedere a -tutti gli Dei l'ospitalità, caratteristica degl'istituti romani, giunse -mai all'unità: pure Roma, cominciando dal suo fondatore, racchiudeva -una serie di tradizioni gentilesche, colle quali andavano connesse -le sue vittorie, l'orgoglio de' suoi bei giorni; e sarebbesi detto -che Giove dalla rupe Capitolina minacciasse chiunque ne violava gli -altari, benchè fosse disposto a dividerne gli onori con qualsifosse dio -nuovo o rinnovato, da qualsifosse parte del mondo giungesse a Roma col -suo bagaglio di superstizioni. Fra le quali come poteva il buon seme -attecchire? - -Ogni atto pubblico poi, giusta l'origine sacerdotale del governo -patrizio, era consacrato da cerimonie; e Costantino si stomacò de' -riti profani: popolo e patrizj si scandolezzarono o indispettirono di -vederlo vilipendere ciò che, non più per convinzione, ma per legalità -era sacro; ed egli, non che sbigottire, deliberò staccarsi da cotesta -genìa dirazzata e pretensiva. Il senato professava ancora che il -governo del mondo fosse privilegio d'una stirpe; laonde l'abbattere -le case senatorie, che parve il solo proposito comune a tutti gli -imperatori, venne ancor meno da frenesia di sangue che da gelosia -di dominio e da bisogno di rifornire l'erario colle pinguissime loro -fortune. Di tal passo rimase annichilata l'antica razza conquistatrice, -a segno che, sotto Gallieno, credeasi che delle famiglie patrizie -unica la Calfurnia sussistesse. Coll'accomunato diritto di cittadinanza -erasi surrogata una gente nuova; gl'imperatori da eunuchi e da liberti -sceglievano i confidenti ed i ministri, i quali costituivano nuove -famiglie, ricche e potenti: equavasi il diritto a vantaggio della plebe -e fin degli schiavi. - -Ma anche scomparsi i discendenti degli Scipioni e degli Emilj, -la ricordanza d'altri tempi sopraviveva: il Romano, dovunque si -volgesse, incontrava d'altra natura memorie sull'Aventino, al Foro, in -Campidoglio, il sangue di Virginia, l'ombra de' Gracchi, il cipiglio -di Catone, il pugnale di Bruto; nel suo orgoglio arricciavasi dinanzi -a imperadori, stranieri alle gloriose sue rimembranze, impostigli -dall'esercito, e che stavano fuor di Roma gran tempo e fin tutta la -vita. - -Sintanto che gli augusti risedevano nella metropoli, il popolo credeva -serbare ancora un residuo d'autorità quando sotto alle finestre del -palazzo o nel teatro, coll'applauso o col sibilo, approvava o disdiceva -un fatto, una legge; quando li vedeva accattare il suo favore con -largizioni, con giuochi. Ma le condiscendenze che gl'imperatori doveano -alla maestà del senato e alla famigliarità del popolo, repugnavano -ai nuovi ordinamenti, e a chi erasi abituato alla docile obbedienza -delle legioni e dei provinciali. Se ne emancipò Diocleziano piantando -altrove la residenza, e convertì la tenda militare in una corte di -despoto orientale, sopra l'elmo collocando il diadema: fra i sudditi e -l'imperante fu scavato l'abisso da che a questo più non accadea bisogno -di cattivarsi la plebe, nè venerare il senato, nè rispettare le patrie -costumanze, ma gli bastava abbagliare col fasto, imporre colla forza. - -Alle provincie, avvezze a servire, non costava nulla il piegarsi -alla nuova politica, tanto più che ridondava tutta in loro vantaggio: -laonde Costantino stabilì rompere interamente col passato, mutando la -sede dell'impero in luogo che non avesse memorie da rinfacciare, riti -da adempiere, tombe da riverire. E scelse Bisanzio, che, sul limite -dell'Europa e dell'Asia, univa alla salubrità e all'incomparabile -bellezza l'opportunità di tener occhio sì agli irrompenti -Settentrionali, sì ai minacciosi Persiani. Rifabbricò dunque essa -città, intitolandola Costantinopoli (329), vi improvvisò -edifizj e vi trasferì la Corte[60]: la nuova capitale, per riverenza -all'antica, fu intitolata colonia e prima e prediletta figlia di Roma; -e a' suoi cittadini partecipato il diritto italico. - -Ma il tempo ha un'irresistibile efficacia a fare divenir vere le cose e -repudiar le finzioni: e la nostra Roma, sebbene conservasse il primato -nominale, non fu più la metropoli del mondo; dietro all'imperatore -migrarono magistrati, cortigiani e la folla di coloro che voleano -vivere di largizioni, o vendere l'adulazione, o sfoggiar l'opulenza, -od esercitare le arti del lusso; tornarono verso Levante tanti capi -d'arte, che alla Grecia e all'Asia erano stati usurpati in dieci secoli -di vittorie. - -Fu questa la terza trasformazione del potere di Roma; e qui noi ci -baderemo a dar conto dell'amministrazione civile e militare, cominciata -da Diocleziano, migliorata da Costantino, compita da' suoi successori, -e che durò per tutto quel che dicono Basso Impero. - -Per tre secoli l'imperatore non era stato che comandante all'esercito, -nè l'autorità amministrativa esercitava altrimenti che arrogandosi -le varie magistrature con militare usurpazione. Augusto, fondato -il despotismo unicamente sulle armi e sulle finanze, avviava alla -monarchia collo spossare la democrazia: dal che derivò un potere -assoluto e precario, conturbato da frequenti rivoluzioni, causate non -più dalla plebe ma dalla soldatesca. - -Alla sfrenatezza militare bisognava un rimedio, e lo applicò -Diocleziano coll'introdurre un'amministrazione che tutto facesse -dipendere da una volontà, da un impulso, da un sentimento; i poteri, -dianzi confusi e indeterminati, divenissero distinti e precisi; la -suddivisione di provincie, d'eserciti, di funzioni tenesse gli uni -subordinati agli altri, e tutti all'imperatore, causando il pericolo di -soverchio ingrandimento e di subitanee usurpazioni. - -Scorgendo quale appoggio sia al trono l'aristocrazia, Costantino -all'antica ne surrogò una che non avesse diritti e memorie da tutelare, -ma dall'imperatore traesse e su lui riflettesse il proprio splendore. -Fu essa disposta in quattro ordini, i _chiarissimi_, i _rispettabili_, -gl'_illustri_, i _perfettissimi_, oltre i _nobilissimi_ membri della -famiglia imperiale. Titolo di Chiarissimi competeva ai senatori; a -quelli tra essi che sortivansi a governare una provincia, e a chi per -grado od uffizio si elevasse sopra gli altri, toccava del Rispettabile: -Illustri erano i consoli e patrizj, i prefetti al pretorio di Roma e -di Costantinopoli, i generali, i sette uffiziali del palazzo: dietro -a questi venivano i Perfettissimi. Mentre prima il Romano volgeva la -parola direttamente anche al capo dello Stato, allora più non parlò -che alla _sua maestà_; i magistrati primarj chiamava _serenità, -eccellenza, eminenza, gravità, sublime ed ammirabile grandezza, -illustre e magnifica altezza_; e l'usurpare un titolo indebito, anche -per ignoranza, dichiaravasi sacrilegio[61]. - -Le porzioni di sovranità, che tradizionalmente conservavano il popolo -e le magistrature curuli, cessarono, rimanendo unico padrone e signor -delle cose l'imperatore, unica fonte all'autorità de' magistrati[62]. -Il senato, «consiglio sempiterno della repubblica dei popoli, delle -nazioni e dei re» (CICERONE), era soccombuto ai colpi replicati -degl'imperatori e alle proprie bassezze; e l'assemblea, che a Cinea -era sembrata un'accolta di re, allora spendeva lunghe adunanze in -recitare codardi vituperj agl'imperatori caduti, o codarde apoteosi -ai nuovi innalzati, e registrava ne' suoi atti quante volte fossero -stati ripetuti i viva e i riviva[63]. Se i primi imperatori offrivano -al senato in _lettere_ o _libelli_ od _orazioni_ il loro desiderio, -che dal consenso di esso acquistava forza di legge; i susseguenti -fecero di per sè _editti, rescritti, costituzioni_, le quali a -metà del III secolo aveano già vigor di legge; e i padri coscritti -trovaronsi ristretti a formolare in senatoconsulti le proposizioni -fatte dall'imperatore in materie legali, a riconoscere il nuovo -augusto, e morto decretargli altari o patibolo. Conservassero pure il -laticlavo, i calzari neri colla mezza luna d'argento, il posto distinto -agli spettacoli, la direzione d'alcune minuzie; ma ogni ingerenza -nel reggimento dell'impero, nella cura dell'erario, nel governo delle -provincie fu tolta loro da Diocleziano. Infine non furono più che un -consiglio municipale, di giurisdizione circoscritta quasi alle mura -della città, sicchè appena si trovava chi desiderasse appartenervi. -Per ciò, e per secondare lo spirito monarchico, quella dignità venne, -almeno in parte, ridotta ereditaria[64]. - -I consoli non più dal popolo e dal senato, ma erano eletti dal principe -per propria autorità[65]. Inaugurati erano là dove sedeva l'imperatore: -il primo gennajo, vestiti di porpora ricamata a seta ed oro, con ricche -gemme e col corteo dei primarj uffiziali di toga e di spada, preceduti -dai littori, andavano con gran maniere di letizia al fôro, ove -seduti sul tribunale d'avorio, esercitavano atto di giurisdizione col -manomettere uno schiavo; davano le feste che soleansi in Roma; i nomi -e le effigie loro su tavolette d'avorio si spargeano in dono al popolo, -alle città, alle provincie, ai magistrati. A ciò, e a dar nome all'anno -riducevasi l'uffizio dei consoli, vigliaccamente esultanti d'ottenere -un onore senza peso[66]. - -Il titolo di patrizio fu concesso a vita da Costantino ad alcuni -personaggi, appena inferiori ai consoli, e detti padri adottivi -dell'imperatore e della repubblica. - -I prefetti al pretorio da Severo a Diocleziano erano primi ministri -dell'impero nell'amministrazione civile e militare: ma fiaccati, poi -tolti via i pretoriani, si trasformarono in magistrati civili. Erano -quattro, uno per l'Oriente, uno per l'Illirico, uno per le Gallie, uno -per l'Italia, al qual ultimo spettavano pure la Rezia fin al Danubio, -le isole del Mediterraneo, la provincia africana. Ammiano Marcellino, -storico di quel tempo, non esita a chiamarli imperatori di minor grado, -giacchè competeva ad essi l'amministrare le finanze e la giustizia, -il regolar la moneta, le strade, i granaj, il traffico e quanto -ha tratto alla pubblica prosperità; spiegare, estendere, talvolta -anche modificare gli editti generali; vigilare sui governanti delle -provincie, decidere supremamente delle cause di maggior rilievo. - -Da essi rimanevano dissoggette Roma e Costantinopoli, dipendendo da un -prefetto ciascuna. Quel di Roma, istituzione d'Augusto, era assistito -da quindici uffiziali nel soprantendere alla sicurezza, abbondanza -e polizia della città, uno dei quali specialmente aveva in cura le -statue. Il prefetto trasse ben presto a sè le cause già attribuite ai -pretori; poi occupò nel senato il posto de' consoli, come presidente -ordinario; a lui si recavano gli appelli da cento miglia in giro; da -esso dipendeva l'autorità municipale. - -Pel governo civile l'impero fu distribuito in tredici diocesi, le -quali poi suddivideansi in centosedici provincie; tre governate da -proconsoli, trentasette da consolari, cinque da correttori, settantuna -da presidi. - -Quanto è specialmente dell'Italia, i successori d'Augusto s'erano -avvisati che il miglior mezzo a consolidare la loro tirannide fosse -il mozzar man mano i diritti alla penisola, nido dell'antica libertà -municipale privilegiata. Comodo estese a tutto il mondo ciò che era -stato speciale di Roma, poi dell'Italia: pure la penisola era rimasta -esente dal tributo. Ma quando Diocleziano la concesse al collega -Massimiano, non essendo più alimentata dalle contribuzioni altrui, -dovette sottoporsi ai pesi medesimi delle provincie, e più mai non ne -fu alleviata. - -Col fondere Osci, Sabelli, Latini nella nazionalità romana si era -dato forza e vitalità allo Stato: ma sette secoli vi vollero perchè -l'Italia divenisse nazione, e solo col sistema di Costantino quel nome -espresse un'unità politica, anzi più propriamente significò le contrade -superiori, l'antica Gallia Cisalpina, i paesi una volta abitati da -Veneti, Liguri, Insubri. - -Dal prefetto di Roma dipendeano dieci provincie, chiamate suburbicarie: -Campania, Etruria ed Umbria, Piceno suburbicario, Sicilia, Apulia, -Calabria, Lucania e Bruzio, Sannio, Sardegna e Corsica, Valeria. Dal -suo vicario, la Liguria, l'Emilia, il Piceno annonario e la Venezia, -dette provincie d'Italia, cui furono poi unite l'Istria, le alpi Cozie, -le due Rezie. In appresso la prefettura d'Italia venne divisa in due -diocesi, d'Italia e d'Africa. Nella diocesi d'Italia, l'Emilia fra -il Po e l'Appennino, la Liguria, la Venezia, il Piceno, la Flaminia -tra Modena e Rimini col litorale dell'antica Umbria, la Campania, -l'Etruria, la Sicilia erano governate da un consolare; da correttori -l'Etruria, l'Apulia, la Calabria, la Lucania, il Bruzio; da presidi il -Sannio, la Valeria, le alpi Marittime, Pennine e Graje, le due Rezie, -la Sardegna, la Corsica. - -Proconsoli, correttori, presidi, erano varj d'attribuzioni; tutti però -amministravano e la giustizia e le finanze in dipendenza dai prefetti, -e per quanto al principe piacesse; infliggevano pene fin capitali; il -mitigarle era serbato ai prefetti, come pure il condannare all'esiglio. -Ponevasi attenzione che nessuno fosse natìo del paese che governava, -nè vi contraesse parentele, o comprasse schiavi e terre, volendo con -ciò ovviare gli abusi e le corruzioni; pure Costantino medesimo, poi i -successivi imperatori non rifinano di querelarsi che tutto si venda da -essi o da' loro ministri[67]. - -Ciascuna provincia formava un corpo politico, rappresentato -dall'assemblea generale, che una volta l'anno o per occasioni -straordinarie, concedente il prefetto del pretorio, radunavasi nel -capoluogo, intervenendovi gli onorati, i curiali e possessori liberi. -Questa dieta provinciale potea far decreti, spedire messi al principe, -anche malgrado del vicario, del preside o del prefetto al pretorio[68]. - -Si trasformano dunque i magistrati all'antica in impiegati alla -moderna, gli uffiziali della patria in servitori del principe. Sotto -i re, essi magistrati rimanevano sottoposti al capo dello Stato: -nella repubblica, ciascuno aveva un'autorità sovrana entro la sfera -d'attività a lui competente, e poteva fare opposizione al collega o -ai funzionarj inferiori, sempre esposto ad una responsalità reale -e terribile: or eccoli connessi in un'assoluta gerarchia. Nella -repubblica, ed anche sotto i primi imperatori, le insegne della dignità -accompagnavano il magistrato soltanto in uffizio; fuor di quello, -console, pretore, imperatore non avevano altro corteggio o servitù -che i liberti, i clienti, gli schiavi proprj: ma cogli innovamenti -di Diocleziano, il palazzo, la tavola, lo sfarzo, il numeroso codazzo -posero immensurabile distanza fra il monarca ed i sudditi. - -Già prima il titolo di _onorato_ distingueva chi avesse sostenuta -alcuna dignità nell'impero, o cui il principe avesse concesso trionfi -od onorificenze: al perdersi delle altre distinzioni, tutti ambirono -questa, e l'imperatore la largì a chiunque prestasse alcun servizio -alla sua persona; merito più rilevante che il giovare allo Stato. -Pertanto gli uffizj dapprima affidati a schiavi, il tagliare avanti, il -servire alla coppa, fin le _prestazioni sordide_, erano ambite da gran -signori, non tanto per gli stipendj, quanto per le esenzioni ond'erano -privilegiate; perocchè gli Onorati restavano ascritti al senato senza -subirne i pesi, e dopo servito dieci o quindici anni, andavano sciolti -da ogni vincolo che per nascita li legasse alla curia o ad alcuna -corporazione. Per _codicilli onorarj_ poi si concedevano talvolta i -titoli a persone che mai non avevano servito, nè tampoco veduto il -principe, tanto per godere l'esenzione, od almeno usar le insegne della -nominale dignità. - -A fianco dell'imperatore stavano sette uffiziali, consiglieri privati, -e custodi della persona, della casa, del tesoro. Un eunuco, gran -ciambellano (_præfectus sacri cubiculi_), mai non distaccavasi dal -principe, fosse agli affari o alle ricreazioni, prestandogli i più -umili servigi, e avendo così mille occasioni d'insinuarsegli nelle -grazie e di regolarne i favori. Da quello dipendevano i Conti della -mensa e della guardaroba. Il maestro degli uffizj, ministro di Stato, -dirigeva gli affari pubblici, e nessun richiamo di suddito giungeva al -principe se non attraverso a quattro uffizj, uno dei quali riceveva -i memoriali, l'altro le lettere, il terzo le domande, il quarto la -corrispondenza varia. Davano spaccio agli esibiti cenquarantotto -segretarj, per lo più legali, e preseduti da quattro maestri. - -Al maestro degli uffizj sottostavano alcune centinaja di messaggeri, -che, col favore delle buone strade e delle poste, dalla capitale -fin alle provincie estreme recavano gli editti, le vittorie -degl'imperatori, il nome de' consoli; e che acquistarono importanza -col riferire quanto raccogliessero sulle condizioni del paese e sui -portamenti de' magistrati e de' cittadini. Crebbero costoro fin a -diecimila, a proporzione della debolezza della corte o del timore di -ribellioni; e divennero gravosi al popolo pel modo con cui esigevano il -servizio delle poste, e perchè favorivano o perseguitavano (stile dei -delatori) chi sapeva o no tenerseli amici. - -Divenuta imperiale la podestà, tolta l'aristocrazia delle famiglie, -accomunata la cittadinanza, cambiasi pure la procedura giudiziale: -non occorrono più magistrati patrizj che dicano il diritto; senatori, -cavalieri, plebe non lottano più per essere ammessi nella lista de' -giudici; non più le decurie sono annualmente elette nel fôro ed esposte -al pubblico: nè il cliente sceglie il magistrato, nè i cittadini -il giudice sopra la lista annuale. La giustizia emana dal trono: -il rettore di ciascuna provincia o il vicario suo; il prefetto del -pretorio in appello come rappresentante dell'imperatore; l'imperatore -stesso per supremo ricorso, costituiscono l'alto organamento -giudiziario: l'inferiore i magistrati locali di ciascuna città con -giurisdizione limitata: alcuni agenti speciali per le cause fiscali: -una distinta giurisdizione militare, e la ecclesiastica de' vescovi. -Più non sono separati lo _jus_ dal _judicium_; più non si sceglie il -giudice, e si redige la formola a ciascuna causa. L'attore cita il -reo davanti l'autorità competente, mediante un atto; il magistrato -gliene fa l'intimazione per mezzo d'un usciere, giudica la causa e -nel fatto e nel diritto. Questa procedura, in origine introdotta come -straordinaria, allora divenne generale. - -Finchè i giudizj emanavano direttamente dal popolo, ovvero dal -pretore eletto da esso, non rimaneva luogo ad appello, sovrana essendo -quell'autorità. Commessi a magistrati eletti senza concorso di questa -e subordinati, era naturale che ne venisse quella graduazione, per cui -i giudizj dell'uno erano riveduti dal superiore, e infin dall'augusto. -La cooperazione dei giudici ne spiega in qual modo nell'immensa Roma -due pretori potessero risolvere i dissidj di cittadini e forestieri: -ma aboliti quelli, come bastare? Già, durante la repubblica, i pretori -teneansi allato dei giureconsulti per consiglio; poi gl'imperatori -ne assunsero un collegio (_consistorium_), che decidesse i punti di -diritto portatigli in ultima appellazione. - -Essendo la salute dell'impero suprema legge, bastava che uno di questi -delatori imputasse di tradimento qualche cittadino, perchè tosto -venisse tradotto in catene a Milano, a Roma, a Costantinopoli, e quivi -giudicato con metodi estralegali, e massime colla tortura. Questa erasi -fin allora in Roma serbata agli schiavi: ma i magistrati, che nelle -provincie la trovavano già consueta, ne continuarono l'uso, e guari non -andò che l'applicarono anche a cittadini romani. Furono dunque chieste -eccezioni, e concedute a favore degli Illustri e degli Onorati, del -clero, de' soldati e casa loro, de' professori d'arti liberali, dei -magistrati municipali e loro discendenza fin al terzo grado, e degli -impuberi: le quali esenzioni venivano a confermare quell'iniquità ad -aggravio degli altri. Siccome poi i giureconsulti definirono, nei casi -di Stato, potersi trascendere il diritto, perciò in quelli la tortura -applicavasi indistintamente a rei, a complici, a testimonj. - -Lo studio delle leggi restava incoraggiato come scala alle magistrature -civili. Tutte le città ragguardevoli n'aveano scuole, dove rimasti -cinque anni, i giovani cercavano ricchezza ed onori col dibattere -sopra le innumerevoli cause private, o coll'iniziarsi agli impieghi, -abbondantissimi, e nei quali il merito o l'abilità o la pieghevolezza -potevano condurre sino a divenire Illustri. Questo sciame che -strepitava pei tribunali, o strisciava alla corte, o traforavasi nelle -case private ad azzeccare litigi e trafficar di cavilli, divenne -nuova peste dell'impero, e degradò la nobile giurisprudenza fino -all'abjettezza de' mozzorecchi. - -Degli antichi questori un solo rimase, non più incaricato dell'erario, -ma di comporre orazioni ed epistole a nome dell'imperatore, e -leggerle in senato. E poichè quelle presero la forza, poi anche la -forma di editti, il questore equivalse al moderno grancancelliere, -rappresentante del potere legislativo, fonte della civile -giurisprudenza. Talora sedeva a suprema giudicatura nel gabinetto -imperiale coi prefetti del pretorio e col maestro degli uffizj, o -scioglieva i dubbj dei giudici inferiori; oltrechè, per servizio -dell'imperatore e per modello uffiziale di stile, coltivava quel gergo -pomposo e barbarico che acquistava nome d'eloquenza. Come giudice -delegato proferiva egli talvolta di casi riservati all'imperatore; -talaltra consultavansi i due senati, come alle corti di giustizia. - -Da un ministro del fisco (_comes rerum privatarum_) amministravasi il -tesoro particolare dell'imperatore, costituito dai patrimonj dei re e -delle repubbliche sottoposte, da quei delle varie famiglie venute al -trono, e dalle confische. Le entrate pubbliche furono maneggiate da -un Conte delle sacre largizioni, che centinaia di persone occupava in -undici uffizj per fare e riscontrare i conti. Le zecche, le miniere, -gli erarj deposti nelle diverse città dipendevano dal tesoriere, -che corrispondeva co' ventinove ricevitori provinciali, regolava il -commercio esterno, dirigeva le manifatture del lino e della lana, -esercitate da schiavi per uso della corte e dell'esercito. - -La distinzione fra l'erario militare e il fisco disparve in diritto -dacchè l'imperatore potea disporre liberamente di tutte le casse: -pure si lasciarono separati l'_erario sacro_, che riceveva le imposte -pubbliche, il _privato_ che riceveva le rendite particolari del -principe, e quello _di prefettura_ per le entrate che si destinavano -specialmente all'esercito. Le pubbliche consistevano ne' possessi -imperiali, nelle contribuzioni dirette, nelle indirette, e in frutti -eventuali, oltre i dominj del fisco: ma qui ci si affaccia la peggior -piaga de' popoli nel Basso Impero. - -Ciascun patrimonio veniva esattamente descritto, con la misura dei -terreni, il numero degli schiavi e del bestiame, adequandone il valore -per ogni jugero sopra giuramento del proprietario: al quale l'usar -frode sarebbesi imputato come sacrilegio ed offesa maestà[69]. Censo -vizioso che ad ogni mutar di possesso sarebbe convenuto rifare; laonde -ne faceano lor pro i ricchi, vendendo gli sterili per comprar terreni -feraci: dal che richiami incessanti, e visite, e riforme. - -Ad ogni jugero della stessa categoria era imposto un eguale tributo in -denari e in derrate. Ma al tempo di Costantino il tributo fondiario si -esigeva per _capi_, intitolandosi così un complesso di terreni, varj -d'estensione, ma stimati di rendita eguale, e perciò d'egual valore. -Questo valore era di mille _aurei_, lo perchè un capo dicevasi anche -_millena_; e da tale unità tassabile venne il nome di capitazione[70]. -La capitazione personale colpiva i nulla aventi. Al censo venivano -proporzionate altre gravezze o straordinarie, o canoniche, o sordide, o -d'altra categoria. - -Era dunque lo stesso _tributum ex censu_ dei tempi repubblicani: -ma un decreto (_indictio_) del principe determinava ogn'anno la -quantità e qualità delle imposizioni; e se al bisogno non bastasse, -imponevasi una _superindizione_: alle straordinarie occorrenze -potevano supplire fin i prefetti del pretorio, sovrintendenti alle -finanze. Il tributo ripartivasi sul luogo, vigilando il preside della -provincia, e intervenendovi i Difensori della città. Pagavasi in tre -rate, nelle mani de' ricevitori del preside; il quale ogni quattro -mesi trasmetteva al tesoriere della provincia la lista delle somme -percette, e questo al conte delle largizioni. La più parte si pagava in -denaro, anzi in oro; il resto coi generi che il terreno dava, i quali, -a spese de' provinciali, erano spediti nei pubblici magazzini, donde -si distribuivano alla Corte, all'esercito, alla plebe di Roma e di -Costantinopoli. - -Che se riescono sempre malvedute le incumbenze de' finanzieri, viepiù -allora quando con sì largo arbitrio si esercitavano, e smungevasi il -popolo con sovrimposte e anticipazioni accumulate, non impedite da -verun corpo dello Stato. L'esazione sotto Galerio offriva a Lattanzio -l'immagine della guerra e della cattività: «Misurar terre, numerare -viti e alberi, registrare gli animali d'ogni razza, il nome di tutte -le persone, non distinguendo contadini da borghesi: ognuno accorreva -con figli e schiavi, e lo scudiscio faceva l'uffizio suo: per forza -di torture costringevansi i figliuoli ad attestare contro il padre, -gli schiavi contro i padroni, le donne contro i mariti: se mancassero -prove, mettevansi alla corda i padri, i padroni, i mariti, per farli -deporre contro se stessi; e quando il dolore avesse loro strappato di -bocca alcuna confessione, questa si tenea per vera, nè età o malattia -valeva di scusa: faceansi recare infermi e malati, e si fissavano gli -anni di ciascuno, aggiungendone ai fanciulli, detraendone ai vecchi; -poichè pagavasi un tanto per testa, e a denaro si comprava la libertà -del respirare... Fra ciò gli animali perivano? perivano gli uomini? -tassavasi ciò che più non esisteva, in modo che nè vivere nè morire -si potea gratuitamente: pur beati i mendichi, che restavano esenti -da tali violenze. Galerio, mostrandone pietà, li fece imbarcare, -con ordine che, quando fossero in alto, venissero gettati al mare: -egregio spediente per nettare dalla mendicità l'impero! e acciocchè, -sotto pretesto di povertà, nessuno si esimesse dal censo, far perire -un'infinità di poveretti!» - -Nè meno della capitazione gravava la _collazione lustrale_, che ogni -quinto anno esigevasi dai trafficanti. — Il tempo in cui essa matura -(dicea Libanio davanti ad un imperatore), cresce il numero degli -schiavi; e dai padri vendonsi i figli, non per riporne il prezzo, -ma per darlo agli esattori». E Zosimo: — Quando torna il tempo della -collazione lustrale, allora pianti e guaj per tutta la città; vedesi -con battiture ed altri strazj tormentar chi per povertà non può -sborsare la tassa; madri vendono i figliuoli, padri menano le figlie -al postribolo per procacciarsi di che soddisfare l'esattore»[71]. -Costantino proibì quelle torture, surrogandovi una cortese prigionia: -gli eredi dovevano spegnere il debito del defunto al fisco, o -abbandonare l'eredità. - -I contribuenti erano inoltre tenuti a molte prestazioni personali, -come cuocere il pane, la calcina, trasportare i generi ai magazzini o -all'esercito, servire di cavalli le poste. I senatori e gli ottimati -delle provincie pagavano un tributo speciale (_follis_) sulle loro -sostanze, e una tassa qualora venissero promossi ad una carica[72]. I -donativi spontanei che davano le città a trionfanti o a benemeriti, per -lo più in corone d'oro, ben presto furono tenuti come un dovere verso -il principe quando salisse al trono, menasse moglie, avesse figliuoli, -guidasse trionfi. I senatori a quest'_oro coronario_ surrogavano -un'offerta di mille seicento libbre d'oro[73]. - -Sull'entrata, l'uscita, il transito, il consumo pesavano gabelle: -fors'anche pagavano le merci nel passare da una all'altra diocesi, -poichè dell'entrate di ciascuna assumevano l'appalto distinte società -di pubblicani. Era speciale dell'Italia il dazio di consumo della -vigesimaquinta e della centesima, che oggi diremmo del quattro e -dell'uno per cento. Poi si pagava su quanto si portasse in viaggio, poi -per mantenere le vie; sicchè dappertutto erano guardie e stradieri, le -cui concussioni mal potevano esser frenate dal minaccioso rigore delle -leggi. - -Le arti tiranniche degli esattori ci sono legalmente attestate -dall'imperatore Valentiniano. — Appena l'esattore giunge nella -sbigottita provincia, circondato da fabbri di calunnie, inorgoglisce -dei sontuosi ossequj, chiede l'appoggio delle autorità provinciali, -talora aggiunge a sè anche le scuole, acciocchè, moltiplicato il -numero degli uomini e degli uffizj, il terrore estorca quanto piaccia -all'avidità. Comincia egli dall'addurre e svolgere terribili comandi -sopra molteplici decreti; presenta caligini di minute supputazioni, -confuse con inesplicabile oscurità, che, fra gli uomini ignari delle -tranellerie, più fanno effetto quanto meno possono intendersi. Domanda -le quietanze distrutte dal tempo, non conservate dalla semplicità e -fiducia dello sdebitato: e se perirono, coglie occasione di predare; -se vi sono, bisogna pagare acciocchè valgano: talchè presso quel -malvagio arbitro la carta perita nuoce, la conservata non giova. Da ciò -innumerevoli guaj, dura prigionia, crudele tortura e tutti i martorj -preparati dall'esattore ostinato nelle crudeltà. Il palatino, complice -de' furti, esorta; incalzano i turbolenti uscieri; sovrasta la spietata -esecuzione militare: nè questa ribalderia, usata su cittadini come su -nemici, termina per giustizia di prove o per compassione»[74]. - -Le passate turbolenze e i tanti usurpatori aveano chiarito come fosse -pericoloso l'unire ne' governatori delle provincie la giustizia e -l'amministrazione col comando militare; laonde Costantino li separò. -La suprema ispezione sugli eserciti fu commessa ad un maestro generale -per la fanteria, uno per la cavalleria: poi n'ebbe uno a ciascuna -delle frontiere più minacciate, sul Reno, sull'alto e basso Danubio, -sull'Eufrate: in fine diventarono otto. Sotto di essi erano disposti -trentacinque duci, distinti tutti col cingolo d'oro; a dieci era -concesso il titolo di _comiti_, ossia compagni più onorevoli; ed oltre -il soldo, ricevevano onde mantenere cennovanta servi e cencinquantotto -cavalli. Essi non doveano brigarsi dell'amministrazione civile, nè -i magistrati del loro comando: il che assicurò la quiete interna, -togliendo il despotismo militare, unico ed infelicissimo avanzo della -democrazia. - -La milizia fu ridotta ad una specie di tributo, giacchè i senatori, gli -Onorati, i sacerdoti del gentilesimo, e i principali decurioni furono -obbligati somministrare un prefisso numero di soldati, o in cambio -trenta o trentasei soldi d'oro per uomo. Tale somma attesta quanto -fossero scarsi i volontarj; e malgrado le grosse paghe e i ripetuti -donativi, la milizia era aborrita tanto, che molti per sottrarsene -si mozzavano le dita; e quantunque fosse appiccinita la misura pei -coscritti, e s'ammettessero anche schiavi, pure, se vollero empiere le -file, gl'imperatori dovettero concedere terre immuni e inalienabili ai -veterani, col patto feudale che i loro figliuoli, giunti a età virile, -dessero il nome all'esercito, se no perdessero l'onore, il fondo ed -anche la vita[75]. - -Le ripetute severissime minaccie non rattenevano dal disertare ai -Barbari, o favorirne le correrie; nè dal soperchiare i sudditi, -mandando i cavalli a pascolo sull'altrui fondo, o mescolandosi d'affari -civili; nè induceano i veterani ad occuparsi nel mercimonio o coltivare -le terre concesse. Si dovette anche ricorrere ad ausiliarj stranieri, -arrolando Goti e Alemanni, e sollevandoli ai gradi della milizia, -donde ai civili, e perfino al consolato: lo che sempre più sviliva le -magistrature curuli. - -La legione fu ridotta da seimila a mille o millecinquecento guerrieri, -separandone, come pare, la cavalleria; il che, se scemò la robustezza, -crebbe la mobilità, assomigliandola ai reggimenti nostri. Centrentadue -legioni allora componeano l'esercito romano; e sembra fra tutto si -armassero seicentoquarantacinquemila uomini, sullo spazio stesso dove -in piena quiete ora ne stanno in armi più di due milioni. Li dicono -necessarj alla pace! - -La guardia del principe era fatta da tremilacinquecento domestici[76], -distribuiti in sette scuole, e comandati da due conti. Splendidamente -divisati con armi d'oro e d'argento, fra essi cernivansi due compagnie -di cavalli e fanti, detti dei _protettori_. Facevano la scolta negli -appartamenti interni; andavano nelle provincie quando abbisognasse dar -pronta e vigorosa esecuzione agli ordini imperiali; e l'esser messo fra -questi era la più elevata speranza del guerriero. - -I sudditi liberi dell'impero si dividevano in tre classi: abitanti -delle due metropoli, abitanti delle città provinciali, e campagnuoli. -I primi, sebbene assoggettati alle medesime imposizioni, erano però -vantaggiati da privilegi, e dalle distribuzioni del grano, spedito per -obbligo dalle provincie, a cura d'un preside particolare (_præfectus -annonæ_). - -Gli abitanti delle città provinciali cessarono d'esser divisi in -cittadini, socj e sudditi quando Caracalla, accomunata la cittadinanza, -tutti eguagliò nella soggezione all'imperatore. Allora vi troviamo -senatori, curiali o decurioni, e plebe. I senatori erano ombre -dell'ombra di senato che sopraviveva a Costantinopoli e a Roma; -quell'onorificenza di puro nome ricevendo dagl'imperatori per avere -sostenuto cariche insigni, e che infine diventò comune ai maggiori -possidenti. Poteano esser giudicati soltanto da un tribunale -particolare, non richiesti alla tortura, nè obbligati alle cariche -municipali: vantaggi che pagavano con una speciale imposizione, e -con contributi straordinarj in caso di bisogno[77]. I possessori, -fossero originarj (_municipes_) od avveniticci (_incolæ_), formavano -i decurioni o curiali; e poichè doveano spendere e denaro e tempo -nelle pubbliche cure, le leggi municipali determinavano qual facoltà -dovessero possedere. Nel II secolo, da un curiale di Como esigevansi -centomila sesterzj, cioè da diciannove a ventimila lire; nel 342, -Costanzo II obbligava alla curia d'Antiochia chi possedesse venticinque -jugeri di terreno; nel 435, Valentiniano III quei che avessero trecento -soldi d'oro, che potevano contarsi per quattromila cinquecento lire: -tant'erasi avvilita quella dignità, in prima ambita e con suntuose -largizioni procacciata. Le iscrizioni accennano anche un ordine -equestre, forse de' membri di certi collegi. - -Nella plebe si riducevano i minori possidenti, artieri, mercadanti, -esclusi dall'amministrazione urbana (_jus honorum_); era distribuita in -varie maestranze; del resto faziosa, tremante o minaccevole, attenta ad -ogni occasione di saccheggi e di violenze. - -Alla campagna stavano o proprietarj liberi, o coloni, o schiavi. -Di questi ultimi non faremo parola più che di animali domestici. I -coloni, di mezzo fra liberi e schiavi, erano avvinti al terreno che -coltivavano, in modo che con esso erano venduti e divisi, benchè una -legge pietosa vietasse di separare i membri della stessa famiglia[78]. -Erano dunque un avviamento ad abolire la schiavitù; e mentre verun -cenno ne fanno i giurisprudenti classici, frequente si trovano -menzionati dopo Costantino. Donde provennero? chi li crede imitati da -ciò che si vedeva nelle nazioni germaniche; chi derivati dalle colonie -barbare trapiantate nell'impero: più probabilmente germogliarono -dall'antica forma dei possessi, quando Vespasiano e Tito chiamando al -fisco i beni comunali, su cui aveano diritto gli abitanti di ciascun -cantone, e Costantino applicandoli al culto cristiano, ridussero gran -parte de' possessori a miseria, ed a vendere il proprio patrimonio, o -lavorarlo a titolo di coloni[79]. - -Obbligati a vivere e morire sul suolo ove nasceano, trovavansi del -resto liberi di loro persona; e perciò il diritto li annovera tra -gl'ingenui, e ne fa legittime le nozze; ma insieme li chiama servi -della gleba; nè contro del padrone poteano stare in giudizio, salvo si -discutesse della propria condizione. Ad esso retribuivano in denaro -o in natura un canone impreteribile, al fisco l'imposizione; col -rimanente viveano, e risparmiando poteano comprar beni, dei quali però -l'alto dominio restava al padrone. Condizione peggiore dello schiavo -in quanto non potevano essere affrancati, non disgiunti dal suolo, nè -tampoco emanciparsi coll'entrare ecclesiastici o militari[80]. - -Colle traversie pubbliche ne crebbe il numero e peggiorò la condizione, -scomparendo la classe tanto utile de' liberi coltivatori e de' minuti -possidenti. Chi non potesse soffrire la perdita della libertà, -rifuggiva nelle città a nuove miserie: altri, oppressi da crudeli -padroni o dall'ingordo fisco, rompevano ad aperte ribellioni. - -Questa causa s'univa alle anzidette per aumentare i terreni -abbandonati. Gl'imperatori fecero esente da tributi chi gli occupasse; -li distribuivano anche fra i possessori di buone campagne, minacciando -privarli di queste se quelli trascurassero: provvedimenti vessatorj, -che a niun bene riuscivano perchè non toccavano la radice del male. -All'uopo stesso fu introdotta l'enfiteusi, contratto pel quale, -mediante un canone statuito, assegnavasi un fondo a coltivare per -un certo tempo od in perpetuo. Prima fu praticato solo con terreni -del fisco o del municipio; dappoi anche coi privati, allorchè questi -possedettero intere provincie. - -Prima di Giulio Cesare, ciascun municipio costituiva una repubblica -indipendente, associata alla romana, cui contribuiva un contingente -determinato, e ne ricevea protezione; partecipava ad alcuni impieghi, -e ne comunicava la capacità ai Romani entro le sue mura; del resto -avea leggi proprie, magistrati elettivi, libera amministrazione degli -interni affari. Intera dunque la libertà civile e la comunale; soltanto -la libertà politica era legata dal patto federale. - -Ma talora il municipio o per forza o di voglia adottava le leggi -civili romane, e in tal caso entrava fra i popoli detti _fundi_. -Sotto l'impero, la condizione di fundi diviene generale, adottandosi -dappertutto il diritto civile romano come condizione della -cittadinanza, formandosi così l'unità giuridica, mentre gl'Italici non -aveano chiesto che l'accomunamento del diritto politico. Allora tutte -le colonie latine divennero municipj; ed essendo caduto in dissuetudine -il diritto di suffragio, municipio significò una città abitata da -cittadini romani, qual che ne fosse l'origine. - -Tutto ciò effettuossi colla _lex julia_[81] o poco dopo: e in -conseguenza Roma non fu più soltanto una repubblica sostenuta da -repubbliche, ma la metropoli d'un grand'impero, di cui l'Italia era -la provincia principale. Ma a farla vera monarchia si opponeva il -carattere del diritto pubblico e privato di Roma, municipale per -essenza, come di quasi tutte le antiche città italiche: onde fu -mestieri riformare il modo della libertà municipale in Italia, per -armonizzarla colla politica imperiale e coll'accentrata uniformità. - -Come in Roma i soli cittadini di ottimo diritto erano partecipi della -sovranità, cioè potevano render suffragio in una tribù e sostenere -le magistrature, così nelle città i decurioni. Non che in pratica, -neppure nelle filosofiche speculazioni si conosceva il sistema della -rappresentanza, che fa partecipare al governo effettivo i sudditi, -per quanto discosti. La riforma di Cesare rese possibile ad Augusto -di risparmiare ai cittadini lontani il disagio di recarsi fin a Roma -a rendere i voti, imponendo di raccoglierli ne' particolari comizj, -indi spedirli alla metropoli. Questo diritto egli limitò ai municipj, -sotto il qual nome vennero intesi non più tutti i cittadini, ma -puramente i decurioni. Il senato di questi (_ordo, curia_) insieme coi -magistrati amministrava la città; ma non che la curia fosse contrappeso -ai magistrati, unicamente da essa sceglievansi. Questi potevano -presentare i proprj successori; ma poichè ciò li rendeva garanti -dell'amministrazione del surrogato, guardavanlo come un peso, e le più -volte ne abbandonavano la scelta al governatore della provincia[82]. - -Prima magistratura della città erano i due o i quattro giuridici -(_duumviri, quatuorviri jure dicundo_), equivalenti ai consoli di -Roma innanzi che avessero divisa l'autorità coi pretori. Annui, -soprintendevano all'amministrazione, presedevano il senato municipale, -ed esercitavano la giurisdizione entro certi limiti, di là dai quali -le cause portavansi al magistrato. Col crescere dell'imperatoria, -scemò l'autorità dei corpi municipali; fu tenuto per concessione -graziosa quel che era diritto anteriore alla conquista; e i duumviri -scaddero fra gl'impiegati inferiori, senza più nè imperio nè potestà -nè tribunale. In fine cessarono, e alla curia e all'amministrazione -degli affari municipali presedeva il primo decurione (_principalis_) -per tutta la vita o almeno per quindici anni, senza giurisdizione -perchè non era un magistrato, ma solo il decano del collegio[83]. Così -il despotismo imperiale insinuava le forme monarchiche perfino nella -costituzione delle curie. - -I Comuni dunque conservavano la sovranità municipale, ma non aveano -alcuno schermo costituzionale contro il potere assoluto. - -Al vedere l'ordinamento delle curie, ov'è scritto nell'_album_ chiunque -abbia capacità e certi possessi, senza privilegi di nascita o limite di -numero; ove gli imperatori raccomandano di non sollevare al duumvirato -se non grado a grado[84], siccome al sacerdozio; ove la curia stessa -prende parte immediata agli affari della città, elegge i magistrati -suoi, convoca all'uopo tutti gli abitanti, fa decreti che spedisce -direttamente, senza che il prefetto possa altro che accompagnarli -d'informazioni, voi credereste aver sottocchi altrettante repubbliche, -democratiche affatto, la cui opposizione impedisca o turbi le violenze -de' lontani dominatori. Apparenza e null'altro. - -Ogn'atto delle curie poteva essere cassato dal principe; il rettore -della provincia annullava a volontà l'elezione dei magistrati; quando -poi la centralità imperiale spense ogni pubblica vita, l'ordine de' -decurioni cadde nell'ultimo avvilimento. Perocchè nella difficoltà di -esigere le esorbitanti imposte, gl'imperatori obbligarono i decurioni -a riscuoterle, e star garanti di quelle della comunità coi beni e colla -persona propria, come pure a rispondere della propria amministrazione, -e di quella degli uffiziali dipendenti da essi. Da un debitore del -fisco erano abbandonati i campi? la curia era tenuta a pagarne i -carichi, trovasse o no a chi venderli. Erano dunque i decurioni -ridotti ad agenti gratuiti e vittime del despotismo, e coll'aumentare -de' bisogni dell'impero, la carica ne divenne insopportabile; mentre -l'assodarsi della monarchia scemava e l'autorità e la riverenza de' -municipj. Costantino e i successori suoi, esentando molti dalle cariche -municipali, le facevano pesare viepiù sui restanti, e togliendo a molte -città i lauti patrimonj per applicarli alle chiese cristiane, resero -impossibile il sostenere le spese. Aggiungete che i curiali senza figli -poteano disporre solo un quarto de' loro beni, cadendo il resto alla -curia; dal municipio non potevano allontanarsi senza permissione del -governatore della provincia; sopra di essi pesava la speciale oblazione -dell'oro: di modo che trovavansi esposti alle sempre crescenti -avidità dell'erario, alle prepotenze dei Barbari che soprarrivavano, -all'esecrazione dei cittadini, che li riguardavano come implacabili -riscossori. - -Bisognò dunque ristorarli di nuovi privilegi: cadendo in miseria, -fossero nutriti a spese del municipio; se sani e salvi uscissero dal -giro di tutte le cariche municipali, se n'intendessero dispensati -per l'avvenire; fossero anche decorati col titolo di conte. Poi -s'apposero rimedj agli artifizj onde si declinava questa penosa -onorificenza; Trajano proibì di spender denaro per esimersene; ogni -figlio di decurione dovesse restar curiale; entrarvi chi acquistasse -fino a venticinque jugeri; nessuno potesse vendere il terreno che gli -conferiva quell'oneroso diritto; nessuno ottenere uffizio di corte se -prima non avesse adempito a que' carichi. Per sottrarsi, il decurione -arrolavasi all'esercito? la legge lo strappava agli stendardi; davasi -schiavo? la legge il ritornava libero per empiere la curia; gli spurj, -gli Ebrei, i nati da padre servo e donna libera, il guerriero vile, il -prete scostumato erano condannati a farsi decurioni[85]. Questi erano i -padri della patria; questi i puntelli delle municipali franchigie. - -L'eccesso dei mali portato dal pervertimento delle curie fece, dopo il -365, introdurre sindaci (_defensores_), eletti dall'intera città per -tutelare i contribuenti contro le pretensioni della curia, e questa -contro gli uffiziali dell'impero[86]. Nelle cause criminali istruivano -essi il processo, nelle civili giudicavano fino all'ammontare di -trecento soldi, e da loro davasi appello ai governatori. Ne crebbe -l'importanza quando, più esigendosi dai Comuni, più bisognava a questi -concedere; e quando, oppressi i decurioni, non si poteva usufruttare -che la plebe. Stranio da prima alla curia, il Difensore finì per -diventarne capo: sinchè, cadendo a fasci l'amministrazione, il clero -s'insinuò nelle curie, e il vescovo assunse l'uffizio del Difensore. - -Nella giurisdizione volontaria alcuni atti solenni dell'antico diritto, -come le _vindiciæ_ con tutte le loro applicazioni del manomettere, -adottare, emancipare, rimanevano ai magistrati del principe, nè -comunicavansi ai municipali. Altri di forma nuova furono introdotti -dagli imperatori, quando si cominciò a distendere protocolli d'ogni -cosa; e secondo lo statuto di Onorio, gli alti doveansi erigere davanti -ad un magistrato o al difensore, a tre _principali_ e ad uno scrivano -(_exceptor_); e consistevano in un dialogo fra il primario attore e il -magistrato. I testamenti sarebbero dovuti aprirsi solennemente alla -presenza del governatore della provincia; ma per agevolezza alcuna -volta si leggevano nella curia. - -Le città nostre conservavano l'antico diritto italico, che la giustizia -fosse resa dai cittadini stessi, almeno in materia civile e per la -prima istanza. Il magistrato istruiva il processo, determinava il -principio di diritto applicabile al caso, e rendeva una decisione -condizionata: allora un giurato (_judex_), scelto ciascuna volta e -di privata condizione, ponderava il fatto, e lo metteva in relazione -col principio dottrinale esibitogli dal magistrato; dal quale accordo -usciva il giudizio deliberativo. Quest'ordine di _giudizj privati_ -cadde sotto gl'imperatori, come dicemmo, e i magistrati pronunziavano -d'alcuni affari senza assistenza di giudici (_extraordinariæ -cognitiones_). La quale procedura straordinaria fu poi da Diocleziano -abolita in alcune provincie, in altre dileguò, rimanendo la -giurisdizione ai governatori, salvo l'appello. - -Il nobile romano continuava a credere abjezione il lordar la mano -nelle arti; ancora al tempo di Costantino erano infami coloro che si -applicassero a vendere a ritaglio e guadagnare d'industria; Onorio -e Teodosio vietarono a' nobili e ricchi il mercatare, come cosa -pregiudicevole allo Stato. Ma rivoluzione importantissima, comecchè -neppure accennata dalla storia, fu il mutarsi l'industria dagli schiavi -ai liberi. Mentre prima ciascun dovizioso teneva in casa chi facesse -ogni servizio sì pel suo occorrente, sì per venderne, allora troviamo -artigiani indipendenti che lavorano per se stessi e per chi paga; in -ciascuna città raccolti in maestranze, le quali molto estese e con ampj -privilegi, dapprima servirono di valido sostegno ai municipj, poi dalla -fiscalità furono ridotte a nuovo stromento di tirannia e d'oppressura. - -I nove collegi d'arti che sussistevano a Roma fin dai tempi di Numa, -dovettero esser formati piuttosto per apparato che pei bisogni: -ma sotto l'impero crebbero tanto, che Costantino ne distingue -trentacinque; cioè, fonditori di metalli, fabbri, lavoratori di ferro, -di bronzo, di piombo, d'argento; orefici, giojellieri, doratori, -fabbricatori di vetri, di specchi; conciatori, tintori di porpora, -tessitori di damaschi, d'altre stoffe operate; folloni, muratori, -tagliapietre, lavoratori di marmo, di musaico, d'avorio; terrazzieri, -plasticatori, falegnami, marangoni, quei che ornavano le soffitte, -carpentieri, vasaj, livellatori dell'acqua, pittori, architetti, -intagliatori, scultori, medici, veterinarj[87]. - -Gli aggregati doveano assicurarsi protezione coll'eleggersi un -patrono: acquistavano il privilegio d'esercitare quell'arte, ad -esclusione d'ogni altro; aveano sindaco, statuti, possedimenti; erano -immuni da prestazioni di corpo, e fin dal militare nelle legioni, ma -dovevano allo Stato certi servigi. Così ai fabbri in Roma incombeva di -spegnere gl'incendj; lungo i fiumi alcuni _navicularj_ erano tenuti -a trasportar le derrate degli eserciti; i _bastagarj_ a carreggiare -le annone del fisco, e via discorrete. Pertanto consideravansi -come legati al territorio della città, coi figli e cogli averi; lo -scostarsene pareggiavasi a diserzione, e venivano rinviati; nè agli -obblighi poteano sottrarsi neppure per rescritto imperiale, eccetto -se entrassero soldati o cherici[88]. Di questa servitù si valsero -gl'imperatori a sevizie fiscali, e tennero le maestranze in solido -responsabili delle tasse; quando non trovassero denaro altrove, -gettavansi sopra di esse con tale oppressura, che molti se ne -sottraevano fino col rendersi servi della gleba. - -Grave crollo all'industria diedero gl'imperatori col fabbricare per -economia checchè occorresse al servizio proprio, alle distribuzioni pei -cortigiani e ministri, agli eserciti, infine anche per farne traffico: -intempestiva reminiscenza dell'antica costituzione domestica, quando -ogni padrefamiglia teneva in casa servi per tutte le manifatture -occorrenti. Alessandro Severo faceva tessere e tignere porpora, e la -più fina e lucente mandava sul mercato[89]: Costantino vendeva vesti, -lino, pelliccie per conto del fisco: Costanzo II avea telaj di lana, -seta, lino. Errore grossolano d'economia, del quale fu conseguenza -l'avere Valentiniano proibito a qualunque privato di fabbricar seterie, -o tessere ori od altre stoffe; Graziano e Teodosio multano di morte -e confisca chi tignesse o vendesse porpora, o comprasse seta dai -Barbari, serbandosene il monopolio l'imperatore, dal quale pure i -soldati doveano comprar le vesti[90]. Davano opera a tali manifatture -innumerevoli schiavi, obbligativi in perpetuo coi figli loro acciocchè -non portassero fuori l'arte. - -Gli armajuoli erano liberi di condizione; ma ascritti una volta al -collegio, doveano per un certo numero d'anni rimanervi coi figli, -marchiati al braccio ond'essere riconosciuti. Internamente le armi si -vendeano alla libera, ma era vietato asportarle. Fabbricavansi (per -dir solo dell'Italia) freccie a Concordia, scudi a Verona e Cremona, -corazze a Mantova, archi a Pavia, spade a Lucca: ad Aquileja, Milano, -Ravenna, Roma, Canusio, Venosa lavoravansi stoffe di lana e seta per -uso particolare degl'imperatori, divise militari, vele e sartiame per -le navi: Taranto e Siracusa aveano tintorie; zecca Aquileja e Roma. - -Al fisco furono tratte anche le miniere, le saline, le cave di gesso, -di coti, di marmi, e perfino delle pietre; ed affittavansi a privati. -Vi lavoravano o condannati, o schiavi coi loro figliuoli: schiavi -erano i monetieri. Tante opere affidate a schiavi, che non costavano -se non il mantenimento, diminuivano i modi di guadagnare alla libera -popolazione, offrendo le manifatture ad un prezzo cui non poteano i -privati. - -Il commercio non fioriva meglio che nell'età precedente; e se le leggi -il tolsero in cura, fu con meschini ed avari accorgimenti. Allorchè i -Barbari si avvicinarono, e preser gusto alle delicature della civiltà, -i Romani avrebbero potuto, collo stabilire mercati sulle frontiere, -ricuperare in parte l'oro che quelli rapivano o ricevevano in tributi -e soldi. Ma temendo di allettarli colla mostra delle ricchezze, fu -limitato quel traffico, e interdetto, pena la confisca e l'esiglio, il -vendere ai Barbari nè ai loro ambasciadori non solo le armi, ma sino -il ferro greggio o lavorato, nè le coti, o l'insegnare a costruir navi -nè somministrarne il legname, anzi fin il dare vino, olio, caviale, -sale: poi il timore fece escludere gelosamente i mercadanti persiani e -barbari, salvo alcune città determinate[91]. - -Se pensate che a Roma era chiusa la principale sorgente di sue -ricchezze, la conquista, comprenderete come ella doveva impoverire. I -metalli fini eransi cumulati in poche mani, e resi sterili nel lusso -de' giojelli, delle dorature, de' vasi; le miniere di Spagna e di -Grecia erano esauste, ossia entrate nel terreno duro, che esige tempo -e forza soverchia; dall'Egitto e dalla Libia conveniva trarre tutto -il grano, il quale si paga a contanti: onde la mancanza di numerario -fu uno degli sconci più sentiti in quell'estremo, non bastando a -pagare gli eserciti, a incoraggiare l'agricoltura, a dar capitali -all'industria e agevolezza al cambio. - -Già Antonino Pio avea dovuto sovvenire alle pubbliche necessità fin -col vendere gli ornamenti imperiali; Marc'Aurelio mandò due volte -all'incanto i vasi d'oro e le preziosità della reggia; Didio Giuliano -adulterò la moneta, indotto forse dall'ingente somma a cui erasi -obbligato per comprare il breve impero. Le monete d'oro si conservavano -a settecentottantotto di fino, ma deteriorarono quelle d'argento; -Caracalla vi mescolò metà rame; di due terzi le alterò Alessandro -Severo: Massimo fece coniare i metalli preziosi dei tempj e dei luoghi -pubblici, e fino i simulacri degli Dei e degli eroi: sotto Filippo non -correvano quasi altre specie d'argento che le battute dagli Antonini: -da Gallieno a Diocleziano se ne spendeano soltanto di rame stagnato; -e tanto insolentivano i monetieri falsi, da proromper fino contro -Aureliano in una sommossa, che settemila soldati costò il soffocarla. -Dopo lui ricomparve l'argento, forse perchè egli ne traesse dalla -depredata Palmira; ma a poco andare fu esaurito. Mentre Costantino nel -325 tagliava ottantaquattro solidi ogni libbra d'oro, quarantadue anni -più tardi Valentiniano I ne tagliava settantadue, cioè l'aumentava -d'un settimo: e mentre la proporzione dell'oro coll'argento al tempo di -Vespasiano era di uno a dieci, Costantino la stabilì come di dodici a -quattordici. - -Teodosio determina che ai soldati sui confini dell'Illirico si dia -denaro invece delle razioni, e che ottanta libbre di carne porcina -salata valutinsi un soldo d'oro, come ottanta libbre di olio, e dodici -moggia di sale. Il soldo d'oro può ragguagliarsi a lire 14.81, talchè -una libbra metrica di carne valeva 57 centesimi, e lire 1.13 la mina -del sale; tanto era incarito il denaro dal tempo di Diocleziano. - -Doveva incarirne anche l'interesse. Già sotto la repubblica abbiam -veduto a che grosse usure si collocassero i capitali: senza tener -conto degli abusi, la legge al tempo d'Augusto determinava il quattro -per cento, il sei sotto Tiberio, il dodici regnante Alessandro Severo: -questi lo ridusse ancora di tratto al quattro; infausto accorgimento, -che fece chiuder l'oro, e moltiplicare le segrete usure, tantochè a -Costantino parve assai il poterle ridurre al dodici[92]. - -Nell'ignoranza de' principj che regolano la ricchezza, fu persino -vietato di portar fuori l'oro, e, ciò che a pena si può credere, venne -ordinato di usare ogni astuzia per carpirlo ai forestieri[93]. Allo -scemare del denaro, si assegnavano in natura gli stipendj a' magistrati -e guerrieri, valendosi dei tributi pagati in natura dalle provincie. E -poichè il soldo tanto cresciuto alle legioni non poteasi senza pericolo -diminuire, s'introdussero ausiliarj barbari, i quali s'accontentavano -di pane, lardo, vino, olio e poca moneta. - -Così l'enorme avidità delle finanze, se non bastava diroccasse -l'industria e l'agricoltura, apriva anche il paese ai Barbari, che ben -presto dovevano dominarlo. - - - - -CAPITOLO XLVIII. - -Figli di Costantino. Sistemazione ecclesiastica. L'Arianismo. - - -Tanti interessi favorì e guastò Costantino col mutare politica, -religione, metropoli, che non è meraviglia se di niun altro personaggio -forse tanto bene fu detto e tanto male. Converrebbe trasferirsi al suo -tempo per ponderare con esattezza il merito e la colpa dell'assodare -sulle ruine del governo popolare la sovranità centrale, mutando lo -spirito della sua nazione non solo, ma delle successive, che da quel -punto appajono distinte dalle antiche. Robusto animo si richiede per -certo a cangiare, non che gli statuti, la religione d'un paese, senza -sbigottire a pregiudizj d'educazione, a sofismi, a mormorazioni; -robusto per resistere alle insinuazioni d'un partito trionfante, anelo -di vendicarsi della lunga oppressione. A chi il chiedeva di condannare -Gentili od eretici, Costantino rispondeva: — La religione vuole che -per lei si soffra la morte, non che la si dia». Nelle carestie mandava -generosamente ai vescovi grani, vino, olio, vesti, denaro da compartire -ai bisognosi, massime ad orfani e vedove, senza divario di credenze. -Represse le spie, _pubblica peste_, punendole se calunniatrici; -professava di voler calcare le orme di Marc'Aurelio e dello zio -Claudio; attesa la fragilità degli uomini, doversi nel governo -propendere alla condiscendente equità più che alla stretta giustizia. -Riferitogli che alcuni popolani aveano lanciato sassi contro le sue -statue, si palpò, e disse: — Non mi risento di nessun'ammaccatura». -In uno di que' panegirici che la viltà de' letterati tesseva, e -l'impudenza de' Cesari tollerava, un sacerdote predicevagli che, -dominato glorioso sugli uomini, salirebbe a regnare a lato del Figliuol -di Dio; ma l'imperatore lo interruppe, e, — Non de' tuoi elogi ho -mestieri, bensì delle tue preghiere». - -Quando di paganesimo era satura la società, non poteva egli a un tratto -promulgare editti che abolissero il passato, e sopra la formalista -legalità facessero trionfare il giusto e il buono: pure adoperò -per elevare l'uomo materiale a uom morale, e al diritto di natura -sottoporre gli arbitrj del diritto civile. Conforme alle dottrine -religiose, abrogò le punizioni contro il celibato, esentò i cherici -da ogni pubblico servizio od impiego oneroso, restrinse la facoltà -di far divorzio; mandò a tutte le città d'Italia poi d'Africa, che -si sussidiassero i genitori poveri, acciocchè non avessero a mandar a -male i neonati. Punì il ratto fin a volere arso vivo il reo, o sbranato -nell'anfiteatro; ed anche la rapita se confessasse aver consentito; -i genitori di lei doveano pubblicamente accusarla; gli schiavi che -v'avessero tenuto mano, erano bruciati, o liquefatto loro del piombo -nella gola; nè lunghezza di tempo prescriveva l'azione contro questo -misfatto, i cui effetti cadevano anche sulla prole: legge dove -la moralità faceva trascendere la giustizia, e che perciò dovette -modificarsi. - -A insinuazione de' vescovi, meglio tutelò gl'interessi dei pupilli, ne -garantì i possessi immobili, e volle s'intendessero aver ipoteca legale -sui beni dei loro tutori. Generalizzò il diritto delle madri sulla -successione ai proprj figliuoli; rinfrancò la buona fede, mediante il -giuramento che i testimonj doveano proferire prima di deporre; estese -l'uso de' codicilli; e volle più non fossero essenziali le formole -nelle stipulazioni, nè le parole rituali nei legati. Da qualunque -decisione diede appello a magistrati superiori; ma per ovviare allo -spirito contenzioso, morbo d'allora, inflisse pene a chi interponesse -appelli temerarj[94]. Sottopose anche il soldato all'ordinaria autorità -nelle cause civili: nelle criminali, per tutti i sudditi fino ai -Chiarissimi, furono competenti i medesimi tribunali. Stabilì che le -condanne si registrassero, per responsabilità morale dei giudici: -minacciò i magistrati prevaricatori o negligenti: dalle confische -esentò ciò che fosse stato donato alle mogli ed ai figli, e nel -registro de' confiscati si notasse sempre che aveano prole: addolcì la -detenzione ai prevenuti, e volle che gl'incarcerati per debiti al fisco -avessero stanza capace ed ariosa: mitigò le pene afflittive, abolendo -quella tanto prodigata del marchio in fronte e la croce. - -Vietò agli uffiziali pubblici di togliere, per debiti fiscali, i bovi, -gli schiavi o gli attrezzi rurali, nè per le poste usare gli animali -destinati ai campi: durante la seminagione e la messe dispensò i -contadini da ogni servizio di corpo, e fin dal santificare le feste. -Incoraggiò le arti e il sapere, mantenne pubbliche biblioteche, -e la tradizione fa da lui fabbricare innumerevoli chiese, e tutte -dotare pinguamente, con vasi preziosi e aromi e marmi fini. A tali -liberalità gli porgevano modo sì i beni che i predecessori suoi aveano -confiscato ai martiri, sì quelli ch'e' toglieva ai tempj profani o -alla celebrazione de' giuochi circensi e teatrali. Proibì anche i -gladiatori, ma non fece osservare il divieto: come anco ripermise -l'aruspicina, che prima avea vietata. - -Ma prode a capo degli eserciti, nella reggia annighittiva a posta de' -ministri, che sperdevano il genio di lui tra frivole particolarità. -Guasto dalla prospera fortuna, portava inseparabile il diadema, -effeminato nell'addobbo e nel lusso aulico; al quale ed alla fabbrica -della nuova città non bastando i tesori accumulati, gravò di nuovi -accatti i sudditi. Da crudeltà ed avarizia nol ritennero la riflessione -e il cristianesimo. - -Da Minervina, moglie oscura di sua giovinezza, avea generato Giulio -Crispo; giovane di ridente aspettazione, che a diciassette anni -(317) proclamato cesare e governatore delle Gallie, con -vittorie su Germani e Franchi e nella guerra civile acquistò il cuore -della moltitudine. Ma repente Costantino lo faceva giudicare e uccidere -a Pola (326): dappoi, scopertolo innocente, lo pianse, e punì -atrocemente coloro che l'aveano indotto a un misfatto, le cui ragioni -sono avvolte nel mistero, come avviene di questi assassinj di palazzo. -Allora dichiarò Cesari Costantino, Costanzo, Costante, partoritigli da -Fausta figlia di Massimiano; associò loro, non si saprebbe perchè, gli -zii Dalmazio e Annibaliano; e li collocò in diverse parti dell'impero, -con qualche porzione di autorità, ma sempre in sua dipendenza. - -Negli ultimi quattordici anni meritò il titolo di fondatore della -pubblica quiete: temuto dai Goti, dai Vandali, dai Persi, riceveva -ambascerie fin dalle rive dell'oceano Orientale, e dalle sorgenti del -Nilo. Dieci mesi dopo celebrato il trentesimo anno d'impero, ammalò -a Nicomedia, e sentendosi mancare, chiese l'imposizione delle mani -ed il battesimo (337 — 27 maggio) fin là differito, e morì -protestando esser unica vera vita quella in cui entrava. Onorato di -solennissime esequie, fu collocato dall'adulazione de' Pagani fra gli -Dei, dalla gratitudine del clero fra gli apostoli e i santi, dalla -giustizia della posterità fra i grandi monarchi, come quello che intese -il suo tempo, e non che ostinarsi al passato, secondò e favorì i maturi -progressi, e si pose a capo della maggior rivoluzione che la storia -descriva. - -Appena lui morto, il popolo e i soldati, non si sa per qual motivo, -trucidarono Dalmazio, Annibaliano e i nipoti di lui, sicchè regnarono -soli i figli. Costanzo II ebbe l'Asia, l'Egitto, la Tracia; Costante -l'Italia, l'Illirico e l'Africa: Costantino II, non contento delle -Gallie, della Spagna e della Bretagna, pretese anche la Mauritania -(340), e per averla invase l'Italia; ma ad Aquileja restò ucciso. Ne -occupò i dominj Costante, ma debole e scostumato, perdeva gli amici, -esacerbava i nemici: del che imbaldanzito Flavio Magnenzio, capitano -barbaro, l'uccise e si fece gridare imperatore (350), ed ebbe -l'Occidente coll'Italia. Contemporaneamente Vetranione, antico -generale delle legioni dell'Illirico, intesa la morte di Costante, -lasciossi da queste acclamare augusto; e in Roma Popilio Nepoziano, -nipote di Costantino, con un branco di schiavi e gladiatori, carpiva -la porpora. - -Costanzo dalla guerra di Persia si volse contro gli usurpatori; -ricevette al perdono Vetranione che sempre avea fatto mostra d'essere -daccordo con lui; a Magnenzio, che già aveva ucciso Nepoziano, -diede una delle più sanguinose battaglie che da gran tempo vedesse -l'Europa[95]. Costanzo pianse allo sterminio di tanti prodi che -avrebber potuto far barriera ai Barbari: Magnenzio, fuggito in -Aquileja, sostenne alquanto tempo la guerra nell'alta Italia poi nelle -Gallie, finchè a Lione s'uccise (353). Allora Costanzo si -trovò unico possessore di tutto l'impero; egli _eterno_, egli _signore -dell'universo_: ma era un fiacco, inetto a far il bene o impedire il -male, aggirato da eunuchi, i quali, arbitri del nuovo impero come -dell'antico erano i pretoriani, ergevano ai primi gradi creature -loro, accumulavano ricchezze, impedivano che i lamenti giungessero al -monarca, illuso da mendace quadro di prosperità e d'applausi. - -Di tali disordini si fanno forti alcuni per dire, — Ecco a che fu -ridotto l'impero dal cristianesimo». - -Perchè l'illazione reggesse, bisognerebbe dimenticare qual era l'impero -pagano; chè è solo dei fatui, allorchè una medicina non risana un -infermo disperato, dire che lo ammazzò. Il cristianesimo operava una -rivoluzione, non di accademiche speculazioni, ma pratica, volendo -mutare la condizione morale, dirigere la volontà e la vita. Non tendeva -dunque ad operare sull'opinione per via della pietà, ma viceversa, a -penetrare nelle credenze, e da queste nelle leggi quale indistruttibile -componente. In mutazioni siffatte, il movimento, non che si arresti -alla superficie, investe tutte le azioni e le idee, la società -domestica non men che la pubblica, s'intreccia spesso ne' legami della -famiglia e dello Stato, sempre alla loro sanzione; talchè l'opinione -recente trovasi a petto un ordine legale da abbattere, affezioni da -contrastare, abitudini inveterate da rompere, giudizj abbarbicati da -revocare in discussione. - -Men difficile riuscirebbe la vittoria se i novatori portassero seco un -ordinamento bello e compito, una legislazione foggiata sui dogmi che -insegnano. Ma il cristianesimo, società spirituale, volta a convincere -gl'intelletti e far retti i cuori, più che a sovvertire le relazioni -e l'esterior condizione dell'uomo, quando uscì dall'angusto circolo -delle chiese non aveva in pronto veruna teorica sociale da offerire -agli imperatori convertiti, sicchè trovossi esposto agli inevitabili -ondeggiamenti del tirocinio. - -I successori pertanto di Costantino trovavano nei precetti del Vangelo -e nei consigli della Chiesa di che migliorare le leggi dal lato morale: -ma mentre la legislazione civile assumeva spirito cristiano, gentilesca -rimase l'amministrazione; il sovrano era ancora identico collo Stato, -coll'autorità senza confini rendendo smisurata l'efficacia de' vizj -suoi; alla Corte duravano perversi costumi, e raggiri d'eunuchi e -cortigiani; le credenze evangeliche rimanevano falsate dal despotismo -di teologi coronati. Se v'aggiungete l'irriflessivo ostinarsi di -molti nella dottrina dei loro padri; la necessità di rispettare certe -forme di reggimento, unico puntello della costituzione di cui erano -scalzati i fondamenti; le gravi sventure che percossero l'impero; le -dissensioni interne della Chiesa, vi sarà spiegato perchè sì lento -arrivasse il finale trionfo di questa, e nella sua visibile attuazione -si mescolassero estranei elementi. - -Frattanto alla società civile essa ne contrapponeva un'altra, -costituita regolarmente ma sovra tutt'altre basi. E poichè gli affari -esterni della Chiesa tale importanza acquistano, che senza di essi -rimarrebbe inintelligibile la storia, vogliamo esaminarne l'ordinamento -allora introdotto; e tanto più che durò dopo scomparso il civile, per -dar carattere alla storia moderna d'Italia, e conservasi fino a noi -colla stabilità che la Chiesa imprime a tutto. - -A una dottrina veramente cattolica, la cui identità resterebbe -distrutta per ogni minima deviazione dalla fede comune, era -indispensabile un sacerdozio ordinato in modo, da perpetuare la -rigorosa conformità di credenze nell'infinito numero di Stati fra cui -è divisa la comunità spirituale, indipendenti, distinti di luoghi, -di stirpe, di favella; in modo che s'attuasse una civiltà, universale -di fatto come di nome. A ciò servì l'unità del sacerdozio, pel quale -l'esistenza del potere ecclesiastico rimane assicurata accanto al -temporale, senza che l'uno minacci l'altro. - -Col sacerdozio s'introduce fin dal principio una distinzione, ignota -a Greci e Romani, fra preti e laici. I sacerdoti, destinandosi a -speciale servizio divino, ricevevano la missione e la dignità dai -vescovi coll'imposizione delle mani. Ogni comunità aveva un solo -vescovo, che la propria elezione comunicava ai confratelli con lettere -pastorali, ove faceva professione di sua fede: gli uni agli altri poi -partecipavansi la lista degli scomunicati, acciocchè nessuno di questi -fosse accettato in altre chiese; e davano lettere di raccomandazione -(_literæ formatæ_) pei fedeli della propria diocesi che viaggiassero. -Così l'universalità moltiplicava le relazioni, potentissimo mezzo -d'incivilimento. - -Il territorio su cui un vescovo aveva giurisdizione, chiamavasi -diocesi, con nome dedotto dalla nuova distribuzione imperiale. -Più tardi a molti vescovi fu preposto un metropolita, col titolo -d'arcivescovo o di patriarca, che li consacrava, convocava a sinodi, -rivedeva le loro sentenze. Ne' primi secoli non appajono altri -patriarchi che a Roma, Alessandria, Antiochia. - -La chiesa di Roma, oltre esser eretta nella maggior città d'allora, -vantavasi fondata avanti ogn'altra di Occidente, e dal maggiore -degli apostoli, e bagnata del sangue di esso e di san Paolo; onde -consideravasi capo della gerarchia il vescovo di essa, malgrado che -gli altri patriarchi ora ad ora competessero: ma almen nella pratica, -la primazia teneasi piuttosto d'ordine e dignità, che di potere o -giurisdizione. Quando la Chiesa universale fu legalmente riconosciuta, -e potè congregare i suoi rappresentanti, e pubblicare decreti per tutto -l'impero, l'autorità della romana sede fondossi sopra atti legittimi, -emanati dalla potenza ecclesiastica d'accordo colla civile[96], e -s'andò via via fortificando anche esteriormente. - -La comunanza dei beni, possibile in società ristretta, perdette -opportunità appena la Chiesa fu dilatata; e i proseliti poterono -conservare i loro beni ed aumentarli ciascuno col traffico, -l'industria, le eredità, solo obbligati a soccorrere i fratelli poveri, -e ad un'offerta nelle ebdomadali o mensili adunanze, pel culto o per -opere di pietà. Il denaro raccolto custodivasi dal vescovo, e tre -porzioni generalmente se ne facevano: la prima a sostentamento del -vescovo e del clero; la seconda al culto e ai banchetti di carità; -l'ultima ai poveri, pellegrini, schiavi, carcerati, a salvar la vita -e l'anima degli esposti, a quelli che soffrissero per la giustizia. -N'erano dispensieri i diaconi; nè lontananza di provincie, nè -diversità di nazione limitava la carità, anzi neppure la differenza di -religione. Essendo dalle leggi imperiali interdetto ai collegi e corpi -il possedere fondi senza dispensa del senato o del l'imperatore, le -chiese non n'ebbero se non sullo scorcio del secolo III. Dall'editto di -Costantino ne ricevettero ampia facoltà, e allora cessarono di trarre -unico sostentamento dalle limosine dei fedeli. - -Gli ecclesiastici dapprima vestivano non altrimenti de' laici, per -la necessità di nascondersi; ed abito consueto a' Cristiani era il -mantello filosofico sopra la tunica, quale con poca varietà conservasi -tuttora dagli ecclesiastici. La maestosa toga già cadeva in disuso -sotto Augusto[97], riserbandosi solo a certe comparse, per quanto egli -e più tardi Adriano tentassero richiamarne l'usanza: smessa poi affatto -nel dechino dell'impero, dell'antico vestimento serbarono traccia -soltanto gli ecclesiastici, i quali in tal modo vennero a trovarsi -addobbati diversamente dalla comune de' cittadini. - -Ciascuna _plebe_ poi eleggeva i proprj sacerdoti: fra questi -cernivasi il vescovo, cercando appartenesse alla diocesi medesima, -onde conoscesse il suo gregge, ma del resto prendendolo dovunque si -trovassero scienza, virtù, opportunità alle circostanze; e popolarmente -era pure eletto il romano pontefice. Per decidere sui dubbj, o per -refocillarsi di fede e di carità, si radunavano in sinodi particolari, -ovvero in generali. - -Era dunque la Chiesa costituita in monarchia elettiva e -rappresentativa, colla libertà e l'eguaglianza accoppiando l'assoluta -obbedienza dovuta al capo, benchè tolto dal popolo: nè altro culto -al mondo seppe coordinare una gerarchia in modo, da potersi svolgere -ed ampliare indefinitamente, eppur rimanere sotto ad una magistratura -suprema ed infallibile in diritto e in fatto. Re e sudditi, individui -ed assemblee non sono sommessi che alla legge di Dio, promulgata e -interpretata dalla Chiesa, a cui egli disse, — Chi ascolta voi, ascolta -me; pascete le mie pecore; ciò che voi sciorrete sarà sciolto, ciò che -legherete sarà legato»; onde l'autorità e l'obbedienza rimangono del -pari nobilitate; ai popoli s'impone un'autorità scevra d'ogni violenza, -e tale che lo spirito vi s'inchina senza che il cuore s'avvilisca; -giacchè, parlando dall'alto, obbliga eppure non costringe. - -La potenza morale de' pontefici, divenuta poi efficacissima nel -medioevo, riducesi, come quella de' prischi tribuni, a una negazione -protettrice, impedendo si conculcassero la giustizia e la moralità. -Come un pretore romano, il pontefice pacifico e inerme decide, secondo -equità, le dissensioni, che l'interesse o l'ambizione suscitino fra i -credenti; come un censore, ammonisce gl'ingiusti ed i violenti; come un -tribuno, protesta a favore degli oppressi. I suoi ministri, recisamente -distinti da quelli dell'ordine temporale, sono obbligati all'universale -insegnamento, epilogato in simboli noti a tutti, ed esposti al cherico, -al laico, all'incredulo: il che impedisce del pari e l'esclusività -delle Caste orientali, e il vacillamento dei moderni Riformati. Il -sacerdote accostandosi al sovrano siccome deputato della monarchia -della Chiesa, rammenta l'eguaglianza di tutti e la preferenza dovuta ai -poveri; accostandosi al popolo, predica la ragionata soggezione. - -I primi pontefici, dopo sudato tutta la vita a serbare pura la fede e -incoraggiarne i confessori, l'avevano suggellata col proprio sangue. A -Pietro succedettero (67) Lino volterrano; Anacleto romano; -Clemente romano, già compagno di san Paolo, e di cui ci rimangono -due lettere ai Corintj (100); Evaristo siro; Alessandro -romano; Sisto della gente Elvidia, che introdusse il digiuno della -quaresima; Telesforo di Turio, cui si attribuisce il _Gloria in -excelsis_ (139). Di Igino ateniese, Pio d'Aquileja, Aniceto -d'Ancisa, Sotero di Fondi, non è ben certo, non che il tempo, l'ordine -di successione (177). Eleuterio di Nicopoli narrano mandasse -missionarj nella Bretagna. Lo zelo di Vittore africano (193) -fu temperato dai prelati occidentali, affinchè non segregasse dalla -Chiesa i vescovi d'Asia per la quistione sul tempo in cui celebrare -la pasqua. Calisto della gente Domizia (249), succeduto a -Zefirino romano, dicono scavasse il famoso cimitero lungo la via Appia, -che vi fossero tumulati censettantaquattromila martiri e quarantatre -papi. Seguono Urbano e Ponziano romani (253), Antero di -Policastro, Fabiano, Cornelio, Lucio, Stefano romani: quest'ultimo -ebbe dispareri con san Cipriano. Poi Sisto II ateniese (257); -Dionisio di Turio, de' cui scritti ci rimane qualche frammento; Felice -romano; Eutichiano da Lucca; Cajo Dalmata; Marcellino romano; Marcello -romano (304), di cui la severità e le contraddizioni sono -attestate dall'epitafio che san Damaso ne scrisse. Pochi mesi durato -papa Eusebio calabrese, gli successe Melchiade o Milziade africano -(311], indi Silvestro di Roma [Sidenote: 314), sotto il quale -avvenne il fortunato cambiamento degl'imperatori. - -Tardi si narrò che Costantino, mondato dalla lebbra e battezzato -da questo pontefice, cedesse a lui ed ai successori la sovranità -di Roma, dell'Italia e delle province d'Occidente. L'atto, forse -foggiato nell'VIII secolo e inserito nelle Decretali del falso -Isidoro, parve assegnare remotissima antichità e legittimo principio -alla dominazione temporale dei papi. Pure sin dal secolo XII ne fu -impugnata l'autenticità, poi Lorenzo Valla l'abbattè con ragioni, -cui i leali difensori della santa sede furono i primi ad assentire. -Costantino dotò bensì lautamente le chiese di Roma; ed un catalogo, -comunque imperfetto[98], enumera le rendite che da case, botteghe, -fondi, giardini traevano quelle di San Pietro, San Paolo, San Giovanni -Laterano, sommanti a ventiduemila aurei, oltre quantità d'olio, -lino, carta, aromi, frutti. Pure i pontefici anche dopo il trionfo -perseverarono in umile tenore di vita, non aspirando a regnare su -questo mondo, ma a darsi specchi di costante virtù. - -Tosto però che le cose del cielo toccano queste umane, partecipano -della pervertita loro natura. Nella Chiesa, da perseguitata divenuta -dominante, a folla entrarono Pagani, non sempre per intima convinzione, -nè dopo lottato col raziocinio, colle passioni, coll'abitudine, -cogl'interessi; ma sovente per conservare le cariche o il favore, o per -cupidigia de' privilegi e delle ricchezze sacerdotali: di che i costumi -de' Cristiani peggiorarono, e i vizj dell'antica s'insinuarono nella -nuova religione. Trista pittura de' costumi dei prelati fa Ammiano -Marcellino, ma siccome uomo che del cristianesimo non conosce se non -l'austera semplicità, senza avvertire come già acquistasse ingerenza -civile, e in conseguenza dovesse mostrare pompe esteriorj, suntuose -solennità, ricevere tributi, avere possessi, co' privilegi e coi -pericoli che gli accompagnavano. - -In Oriente si era meno ammazzato e più discusso; laonde, se rapido -germogliò il cristianesimo, insieme nacquero dubbj e novità, e quella -serie di dissensi che rampollano da ogni verità tosto che sia seminata -in mezzo agli uomini, dove può restare contaminata da amici, da nemici, -dai mezzi stessi di cui l'uomo è costretto valersi per propagarla, cioè -la parola e la scrittura. Quindi nuova nè sempre incruenta persecuzione -cominciò alla sposa di Cristo, la quale, sicura omai della costanza -dei martiri, doveva temere la seduzione dell'errore, e travagliarsi -a conservare nell'apostolica integrità questo vasto simbolo della -rivelazione, di cui ogni parte, ogni parola corrisponde al tutto. - -Al nostro libro non appartiene di toccarne se non quanto concerne -l'Italia, e quanto operò sui pubblici avvenimenti; perocchè le eresie, -che dapprima erano dispute di scuola, giunsero ben presto a sconvolgere -la politica: e la più clamorosa fu l'Arianismo. - -Cristo nulla scrisse. Che gli Apostoli, prima di spargersi a predicare -alle nazioni, abbiano fra sè combinato il simbolo della fede comune, -quale ci fu tramandato col titolo d'_Apostolico_, è pia credenza[99]. -Un'esposizione generale e compita del dogma non si aveva; e la -dichiarazione di fede consisteva nell'escludere dalla comunione -d'una chiesa chi credesse altrimenti, cioè chi alla verità generale -surrogasse una restrizione di particolar suo giudizio. - -Di siffatta guisa erano stati combattuti i primi errori intorno alla -natura divina, dove alcuni aveano sostenuto l'unità astratta della -sostanza di quella, fino a negare ch'essa si svolgesse in tre persone; -alcuni eransi abbandonati alla vaghezza d'idee platoniche, analoghe -alle cristiane sul Verbo; altri aveano posto troppa differenza tra -il Padre e il Figliuolo, o formandone un dio distinto, o riducendolo -a un uomo, nel quale per alcun tempo si fosse incarnata una virtù -celeste, una sostanza divina. Da che il mondo omai apparteneva a -Cristo, viepiù importava di conoscere chi e quale egli fosse. Ario, -prete d'Alessandria d'Egitto (312), pretese spiegarlo; ma -mentre gli ortodossi tengono Cristo come la conoscibilità divina, il -pensiero eterno di Dio, coesistente coll'eterna sua attività, della -medesima sua sostanza (ὁμούσιος), Ario vi riconosceva la forza, la -verità, l'avvenire, ma non voleva identificarlo con Dio, e ne formava -un essere distinto, di sostanza analoga (ὁμοιούσιος) a quella di Dio, -una creatura tipica, che Dio generò per servire di modello agli uomini. - -Erudito in quanto erasi detto prima di lui, con sottilissima -dialettica, stile splendido e fin lezioso, arguta industria -d'insinuarsi negli spiriti, perseveranza di aspettare, accorgimento -di cedere a tempo, e rimanere nella Chiesa nel mentre la sovvertiva, -faceva libri e poemi popolari, entrava nelle case confabulando, -e — Avete voi (domandava alle donne), avete avuto figli prima di -partorire? così neppur Dio potette averne uno prima che il generasse». -Da questa triviale comparazione molti restavano convinti che il Padre -dovess'essere anteriore al Figliuolo. - -Già allora non pochi teneano che, nella forma della dottrina, nulla -vi fosse di assoluto, e tutto dipendesse dal riflesso d'una certa -modificazione del sentimento, e che le differenze della Chiesa non -fossero se non varianti maniere di vedere dell'intelligenza cristiana: -sicchè gl'istinti razionali dirigeansi a favore di Ario, il quale -al mistero opponeva il senso comune: i tanti che, sull'esempio di -Costantino e della Corte, si erano convertiti prima di vincere sè ed il -mondo, abbandonavansi alla rilassatezza nel credere, alla svogliatezza -nel cercare il vero: lo scarso studio agevolava l'errore, e a gente -inavvezza alle sublimi audacie dell'ideale, riusciva più facile -rappresentarsi Gesù nella sua vita e morte qual profeta, che qual dio; -tanto più che, con tale spediente, le dottrine comunicate dall'alto per -suo mezzo conservavano il valore dogmatico, mentre all'unità di Dio non -restava più questa nube della triplicità di persone. - -Ma se l'autore del cristianesimo non è dio, eguale e consustanziale -coll'autore delle cose, quei che l'adorano sono idolatri, o -riconoscendo due Dei, ricascano nel politeismo; Cristo non è più il -tipo a cui l'uomo dee conformarsi per meritare, lo che costituisce la -base del cristianesimo pratico; e perduta la fede del mediatore divino, -trova novamente fra sè e Dio quell'abisso che ne lo separava nei secoli -pagani. La dottrina di Ario feriva dunque l'essenza del cristianesimo. -Inoltre, per conservare la società e per migliorare i costumi e la -condizione civile, allora più che mai faceva duopo di opere; e per -operare bisogna credere; e per credere bisogna ammettere un'autorità -infallibile. L'egoismo avea sfasciato la società romana; il sacrifizio -dovea ricostruirla, e per sagrificarsi bisogna non dubitare dello scopo -dei proprj sforzi. Ben è dritto dunque se tanta importanza attribuì la -Chiesa ad un'eresia che intaccava le basi della fede, l'appoggio della -speranza, il nerbo della carità. - -L'introdursi d'una nuova religione avea spezzato l'unità politica -romana, sicchè gl'imperatori a ferro e fuoco vollero distruggerla; -ma cresciuta tanto da divenire prepollente, Costantino la favorì per -ricomporre l'unità in senso cristiano. Erasi appena avviata, quand'ecco -il cristianesimo scindersi in parti; ecco sconnettersi quella fede, che -della propria unità avea sempre fatto arma trionfante contro la Babele -delle opinioni gentilesche. - -Costantino, che dapprima l'avea sprezzata come un problema irresolubile -a raziocinj umani, si accorse quanto seria si rendesse la querela -sì pel pericolo della fede, sì pel calore sedizioso con cui era -agitata: persuaso però che la Chiesa nelle credenze non dev'essere -regolata che da se stessa, indicò un'adunanza, non più particolare, -ma universale. Ora che voleasi accogliere tutto il mondo romano nella -comunione cristiana, non bastavano parziali decisioni; ma la Chiesa, -rappresentante dell'umanità divinamente ristabilita nell'unità, -dovea mostrarsi una in un concilio ecumenico, e in questo chiarirsi -del comune consenso, e stabilire qual credenza tenere sopra il punto -essenziale del cristianesimo, la natura del Verbo. - -Pertanto a Nicea di Bitinia (325) convennero i vescovi di -tutto l'impero, in numero di trecendiciotto. Molti di loro portavano -sul corpo le gloriose stigmate del martirio, sostenuto per la fede -che allora venivano a difendere colla parola; altri rendeva illustri -uno speciale dono di santità, di miracoli, di dottrina; e fra loro -primeggiavano da una parte Ario, attentissimo ad ogni opportunità di -far trionfare la sua causa; dall'altra Atanasio, diacono poi vescovo -d'Alessandria, per lunghi anni il campione più fervoroso della parte -ortodossa. Silvestro papa vi mandò legati; varj laici vennero ad -appoggiare colla dottrina l'una o l'altra causa; e lo stesso imperatore -vi comparve colla maestà richiesta da tale assemblea. - -Qui cominciossi a contendere di testi, di ragioni e di cavilli; per -sottrarsi ai quali fu adottata una parola platonica, dichiarando che -il Figliuolo è _consustanziale_ (ὁμούσιος) col Padre; fu compilato un -simbolo, e condannati Ario ed i suoi[100]. Le decisioni del concilio -furono notificate a tutto l'impero; e Costantino moltiplicò lettere in -tal senso, ed esigliò Ario. Ma questo, inesauribile di spedienti, ora -esclamava contro l'introdurre nel dogma una parola sconosciuta alle -sacre scritture, o contro la presunzione di definire assolutamente -sovra punti imperscrutabili; ora propugnava le opinioni sue davanti -a nuovi concilj; ora con capziose professioni di fede sorprendeva -l'imperatore, infelice teologo: il quale al fine ordinò al vescovo di -Costantinopoli di ricevere Ario alla comunione. Questi però, mentre -recasi alla chiesa, è preso da colica e muore (336). - -Non che spegnersi con lui, l'incendio divampò: diciotto simboli in -pochi anni pubblicarono gli Ariani, i sinodi particolari decidevano un -contrario all'altro, s'avvicendavano le persecuzioni; e gl'imperatori -succeduti a Costantino, e adombrati del potere conceduto da questo -alla Chiesa, propendevano per la fazione che gl'invocava. Costanzo II -perseguitò accannitamente sant'Atanasio, che instancabile parlava, -agiva, scriveva, passava da Oriente in Occidente, dai deserti di -Libia alla sede di Roma per far trionfare la verità. Papa Liberio -romano, succeduto a Marco e Giulio romani anch'essi, sosteneva -Atanasio e le decisioni del concilio Niceno (352); ma per -ciò Costanzo, o piuttosto i suoi eunuchi il tolsero a perseguitare, e -coltolo nottetempo, il trasferirono a Milano (356), indi il -confinarono a Berea nella Tracia; ma nulla il divolse dal proponimento. - -E violenza era in ogni dove; per bandi imperiali, chiunque sostenesse -la parola _consustanziale_ era marchiato in fronte, espulso di città, -confiscati gli averi; i Cattolici comunicassero cogli Ariani, o -guaj; date a questi le chiese e le pubbliche dotazioni; in Roma si -veniva alle mani per la consustanzialità, come un tempo pei diritti -del popolo; e i soldati, «cattivi apostoli della verità, la quale -non conosce altr'arme che la persuasione» (ATANASIO), pretendevano -imporre la fede. Ma intanto riconosceasi qualcosa di nuovo nel mondo -romano; il vessillo della Chiesa sventolava di fronte a quel della -terra: la Chiesa proclamava un'autorità superiore alle umane, e da cui -queste ritraggono; Cesare rispondeva colla spada; ma gli ecclesiastici -ne aspettavano imperterriti il colpo, sostenuti dal popolo e dal -rappresentante di questo, il pontefice. - -Frattanto i fedeli, privi di pastori, esitanti nelle coscienze, -sottoposti a vescovi non eletti da loro e non conosciuti, alzavano -concordi lamenti. Allorchè Costanzo venne a Roma, una nobiltà di -matrone in addobbi sfarzosi gli si presentò, invocando — Restituisci -alla sede papale Liberio, giacchè nessuno entra nelle chiese dacchè -vi sta Felice a lui surrogato». L'imperatore accondiscese, purchè -Liberio convenisse nel parere de' vescovi; ma quando tal concessione fu -proclamata nel circo, il popolo, che in Italia non aveva disimparato le -democratiche manifestazioni, raccolse a scherni, dicendo: — La Chiesa -è forse un anfiteatro, dove fare due fazioni? Un solo Dio, un solo -Cristo, un vescovo solo». - -Pure i soliti artifizj de' prelati greci, affinati alla Corte e nelle -scuole, prevalsero nel concilio di Rimini (358); quattrocento -vescovi furono tratti a firmare una formola di fede, la quale -condannava chi dicesse, il Figliuolo di Dio essere creatura eguale -alle altre; formola che, sotto sembianza di verità, implicava che -Cristo fosse creatura. All'insistente persecuzione non seppe resistere -Liberio; e in un istante di debolezza, affine di esser restituito alla -sua sede, sottoscrisse un simbolo in senso ariano, o più veramente la -condanna d'Atanasio[101]. - -San Girolamo potè allora dire che il mondo stupì di trovarsi tutto -ariano: vent'anni di durata toglievano a quest'opinione la taccia -di nuova; il papa vi aveva aderito, non cercavasi per quali arti, nè -se subito si ritrattò: laonde si poteva credere imminente la caduta -della fede Nicena, un concilio ecumenico si sarebbe ingannato, avrebbe -mentito la parola di Cristo. Ma Atanasio, non che disperare, sbucato -dal settenne nascondiglio, si scagliò non contro i prevaricatori, bensì -contro la forza che li traviava; tosto i Padri illusi protestano contro -l'errore; e nel concilio d'Alessandria vien rintegrata la dottrina -cattolica. - -Invece di risecare tante vane quistioni, le fomentava Costanzo, non -assodando per fede, ma turbando per curiosità la Chiesa, e intanto -lasciando mal capitare l'impero. - - - - -CAPITOLO XLIX. - -Giuliano. Riscossa del Paganesimo. - - -Dallo sterminio della famiglia imperiale (pag. 164) erano campati -Costantino Gallo e Claudio Giuliano nipoti di Costantino, che furono -educati principescamente. Gallo tentò signoria (354), onde -fu condannato e ucciso. Giuliano dissimulando sguisciò dal pericolo; -e messo ad onorevole esiglio in Atene, assunse il vestire e i modi -de' filosofi, alle cui arti intendeva da lunga pezza. Eusebia, moglie -di Costanzo II, nelle mille occasioni che ad ogni donna si presentano -e che la scaltra fa nascere, insinuava nelle grazie del marito il -giovane Giuliano; e poichè i nemici d'ogni parte irrompevano, Costanzo, -sentendosi incapace di tener testa, concesse a Giuliano il titolo di -cesare (355), la mano di Elena sua sorella, ed i paesi di là -dall'Alpi. I soldati, la cui approvazione allora bastava, la diedero in -Milano, battendo dello scudo contro i ginocchi, pieni di fiducia nella -virtù del giovane venticinquenne. L'ombroso imperatore gl'impose per -iscritto il modo di contenersi, e fin le spese della tavola; non gli -permise di fare il donativo ai soldati, nè lo fece egli stesso; e lo -circondò di servi e cortigiani che, in aspetto d'ossequio, limitavangli -la libertà degli atti, delle parole, fui per dire del pensiero. - -Lasciato lui a guardia dell'Occidente, Costanzo si voltò all'Asia; -ma prima volle veder Roma, dove ricevette gli onori trionfali e gli -omaggi servili dell'antica metropoli del mondo, alla quale tributò -ammirazione, e ne crebbe gli ornamenti coll'erigere nel Circo -l'obelisco egizio, che ora grandeggia sulla piazza del Laterano. -Guerreggiò i Barbari prosperamente, e con minor fortuna i Persiani. - -Basso di statura, grosso di collo, spalle larghe, tra cui affondava -la testa, agitata da frequenti moti involontarj; arruffata la -capigliatura, occhi vivi ma stravolti; prolissa, ispida, impidocchiata -la barba; irsuto il petto, sucide le mani, lunghe le ugne; in compenso, -faticante di corpo e ardito d'animo, memoria pronta e tenace, ingegno -arguto, piacentesi in sottili quistioni; parlare facile e naturale, men -volentieri in latino che in greco; buono e dolce nel fare, intrepido -ne' pericoli: tale era Giuliano. Cresciuto prima in un carcere cortese, -poi fra gli ozj ringhiosi delle scuole e sui libri, quando rase la -barba e depose il mantello per assumere il paludamento di cesare, -parve strano e ridevole a' cortigiani di Costanzo. Ma dalla sventura -e dai libri aveva imparato temperanza, continenza, amor della fatica, -disprezzo del fasto. Vestiva poco meglio che soldato, dormiva sopra -un tappeto steso sul terreno, e nel fitto della notte sorgeva per -attendere agli affari o agli studj; poi l'eloquenza appresa dai retori -adoprava nel calmare o dirigere le passioni della turba guerresca; -le nozioni di giustizia attinte dai sofisti applicava a districare i -litigi avviluppati, quantunque poco versato nella giurisprudenza; univa -l'arte di scegliersi buoni consiglieri, e la docilità di confidarvisi. -Tre volte passò il Reno per portar guerra rotta ai borghi che i Germani -vi fabbricavano ad imitazione de' nostri; e obbligatili alla pace, menò -di qua ventimila prigionieri redenti. I Franchi, di più formidabile -valore, riuscì a snidare dalla Gallia (357), di cui ricostruì -le città, e fortezze e navi dispose coi materiali somministrati per -patto dai Germani e coll'opera delle legioni e degli ausiliarj. - -Alla Corte imperiale i buffoni, fastidiume d'ogni età, proverbiavano -questo soldato filosofo, le sue sinistraggini e lo strano vestire, -paragonandolo a uno scimiotto, a una talpa, a un caprone, e facendone -la parodia. Ma allorchè le vittorie impedirono di prenderlo più -a gabbo, la beffa si risolse in gelosia; e cortigiani ed eunuchi -esageravano le sue imprese per metterne ombra a Costanzo come d'un -emulo. - -E vi riuscirono. Parendo composte le cose della Gallia mentre cresceva -il pericolo in Oriente, Costanzo ne colse pretesto (361) -onde togliere a Giuliano le legioni gratificategli dai trionfi, per -portarle nella Persia. Moltissimi volontarj d'ogni favella aveanvi -dato il nome col patto di non passare mai le Alpi; nè la tutela della -gloria romana era motivo efficace su' Barbari. Amorosi di Giuliano -quanto aborrenti dalla disastrosa marcia e dal campeggiare in terre -sconfacenti e con nemici nuovi, si gettarono all'unica via che restava -per non abbandonare la patria e lui, la ribellione, e gridarono augusto -Giuliano. Questo seppe procurare all'infedeltà la scusa della violenza; -e ne' suoi scritti giura per Giove, pel Sole, per Marte, per Minerva, -per tutti gli Dei, che della cospirazione non ebbe sentore. Altri -assicurano che sinceramente vi resistette finchè, avendo preso sonno, -gli comparve il genio dell'Impero, istantemente rimproverandolo di -mancante coraggio: Giuliano destatosi pregò di cuore Giove, il quale -con manifesto augurio gli ordinò di rassegnarsi al voler del cielo e -dell'esercito. - -Fatto è che egli regalò di cinque monete d'oro e una libbra d'argento -ciascun de' soldati che gli aveano usato quella violenza: poi -avventatosi ad atti che gli toglievano di più riconciliarsi con -Costanzo, si accinse alla guerra, confidando negli Dei immortali. -Colle celeri marcie che spaventano gli avversarj e trascinano gli -esitanti, a giornate crescendo di gente, riceve l'omaggio dell'Illiria, -dell'Italia, della Grecia; e traversato il monte Emo, s'accosta ad -Adrianopoli. Apollo avevalo assicurato della morte di Costanzo, il -quale infatti consunto da lenta febbre risparmiò una guerra civile. - -Costantino, ingegno mediocre, meritò insigne posto nella storia -secondando il progresso delle idee e coordinandole ai fatti. Or ecco -un uomo di splendide qualità riuscire meschino coll'affaticarsi a -rimorchiare il mondo verso un passato irremeabile; col ripetere in -mille toni: — Schiviamo le novità». - -Associata nella giovine testa l'idea di Costanzo suo oppressore con -quella dei Cristiani, Giuliano li confuse in un odio comune; stomacato -dagli inesplicabili litigi sull'arianismo, nojato degli obbligati -esercizj di pietà, ribramò il culto antico, sotto del quale l'impero -aveva raggiunto il colmo, e le lettere prodotto lavori immortali. -Gli accarezzavano questa inclinazione i sofisti, che ristrettisi a -ripetere la parola vecchia, nulla capivano dello spirito recente, -e che il lusingavano colla speranza di future grandezze. Ha un bel -ridire che egli disprezza la gloria, ma da ogni atto Giuliano lascia -trasparire filosofica ostentazione; qualunque azione sua egli narri, ne -dà per ragione che così doveva un filosofo; qualunque sua virtù era un -calcolo, un esercizio scolastico, una parata. - -Aggiungerei anche un'impostura. Noi rispettiamo le convinzioni -religiose; ma potremmo compatire Giuliano che, mentre lusinga -gl'idolatri colla speranza d'una ristorazione, continua a fingersi -cristiano per conciliarsi ora l'imperatore, ora i soldati, comunica -con questi nella solennità del Natale, adempie le solenni cerimonie? -Que' numi suoi compajono troppo a proposito nei casi decisivi di sua -vita; per essi giura non aver nodrito ambizione; ad essi imputa la -sua ribellione; con aruspici e indovini passa ore ed ore almanaccando -sull'esito de' suoi tentativi. In queste vanità stava occupato allorchè -gli giunse la morte di Costanzo (11 xbre); onde padrone -incontrastato dell'impero, pensò effettuare le promesse tante volte -date ai fautori dell'idolatria. - -Ripetemmo come Costantino si fosse creduto obbligato a riguardi co' -partigiani di essa, ed a palliare col nome di tolleranza la protezione -conceduta al cristianesimo. I figli suoi, col vantaggio di chi viene -secondo, e nell'età che tiene minor conto degli ostacoli, ardirono di -più, ma non tutto. La legge del 341 ordina che «cessi la superstizione, -si abolisca l'infamia de' sacrifizj»[102]; ma non vi annette pena, -e Magnenzio la abrogò, sperando acquistarsi fautori. Costanzo II, -trovatosi unico padrone, decretò fosse interamente abolita l'idolatria, -pena la vita[103]; pure nulla intraprese contro il culto antico. Può -darsi che i Cristiani de' decreti contrarj all'aruspicina ed ai riti -segreti e divinatorj profittassero onde molestare i sacerdoti pagani; -ma l'esecuzione misuravasi all'arbitrio de' magistrati. Laonde troviamo -sussistere e tempj e sacrifizj in Occidente, e in ispecial modo a -Roma; alla Sibilla di Tivoli chiedevansi ancora oracoli; se i venti -contrariassero la flotta portatrice del grano, la plebe strascinava i -magistrati ad Ostia affinchè sagrificassero sugli altari di Castore; -i sacerdoti Salj menavano cogli scudi caduti dal cielo le frenetiche -carole, per quanto derisi dai Cristiani; libazioni d'umano sangue -continuavansi a Giove Laziale sul monte Albano; sussistevano le varie -gerarchie sacerdotali; sotto la sanzione delle leggi riposava ancora -il voto di castità delle Vestali; si eressero anzi nuovi tempj alle -divinità già ferite a morte[104]; e, al dire di Lattanzio, nuovi numi -ogni giorno nasceano[105]. Ma agli altri prevalsero Cibele e Mitra. - -Dicemmo come, fervendo la seconda guerra punica, fosse dalla Frigia -introdotto a Roma il simulacro della Madre Idea; i cui sacerdoti, -chiamati Galli, fanaticamente danzando e cantando sul cimbalo, erravano -di terra in terra, traendosi dietro la turba, meravigliata dello -strano vestire, della scurrile devozione, dei prestigi, in cui erano -destrissimi. Scostumati, ignoranti, golosi, scrocconi, non sarebbonsi -attirato che lo spregio, se non avessero acquistato forza dal trovarsi -disposti in compatta ordinanza sotto un arcigallo. - -Il culto che da antichissimo a Mitra prestavano i Persiani, andò -alterato da eterogenee mescolanze: i nuovi Mitriaci esigevano rigide -macerazioni, e da chi aspirava a' gradi più sublimi, la verginità e -il celibato. Insinuatosi, non si sa quando, nel Campidoglio, crebbe -sotto gl'imperatori, ed eccedeva fino a sagrifizj umani. Per diversi -gradi compivasi l'iniziazione a quei misteri. Il supremo capo a Roma -chiamavasi _pater patrum_; avea sotto di sè il _pater sacrorum_ e -gli ordini inferiori, intitolati il corvo, il grifo, il soldato, il -leone, il perseo, l'eliodramo. Erano cerniti i più fra l'aristocrazia, -sebbene nelle molte iscrizioni che ricordano criòboli e tauròboli, -cioè sacrifizj d'arieti e di tori, si trovi ben di rado ornato di que' -titoli il capo dello Stato, cioè della religione nazionale. I neofiti -ricevevano una specie di battesimo, s'imprimevano dei segni in fronte, -beveano farina stemprata nell'acqua, con certe formole rituali. Nei -sotterranei del Campidoglio aprivasi il principale tempio di Mitra; -all'equinozio di primavera se ne celebravano i misteri; ma con maggior -festa il _natale del Sole invitto_ ai 25 dicembre: lo perchè i padri -della Chiesa occidentale scelsero questo giorno a solennizzare la -natività di Cristo, vero sole, la quale in Oriente festeggiavasi -il 6 gennajo, giorno colà sacro ad Osiride[106]. Tali particolarità -raccogliamo dai Cristiani che impugnarono quel culto; e le somiglianze -sue con quello di Cristo indussero alcuno de' filosofi antichi e de' -razionalisti moderni a sostenere che questo derivasse da quello i -misteri e i riti. - -Oltre queste novità, duravano ancora molte forme del gentilesimo -nazionale, care a un popolo così tenace delle costumanze avite. Alla -elezione dell'imperatore Probo, il senato volgeva ancor la preghiera -alle grandi divinità: — O sommo Giove, o Giunone regina del cielo, -o Minerva protettrice delle virtù, o Concordia, o Vittoria romana, -accordate ai senatori, al popolo romano, ai soldati, agli alleati -nostri, agli stranieri la grazia di veder Probo regnare come ha -combattuto». Un calendario del 354 dopo Cristo o circa, descrive -le feste profane che si devono celebrare giorno per giorno[107]. Da -recenti scavi dell'anfiteatro di Capua uscì un'iscrizione del 387, ove -Romano Giuniore sacerdote enumera le solennità pagane da lui celebrate -quell'anno: e sono _vota_ al 3 gennajo per la salute del principe; -_genialia_ in febbrajo, tre lustrazioni per le sementi; _rosaria_ -in maggio; feste vendemmiali all'uscire di ottobre; e così via. Un -viaggiatore del 374 trova «in Roma sette vergini nobili e chiarissime, -che per la salvezza della città compiono le cerimonie degli Dei -secondo l'uso degli avi»; e soggiugne che «i Romani onorano gl'iddii, e -spezialmente Giove, il Sole, Cibele»[108]. Di quel torno stesso abbiamo -l'arida nomenclatura delle vie e degli edifizj di Roma, fatta da un -Publio Vittore e un Rufo Festo, dove riscontriamo cencinquantadue tempj -e cennovantuna cappelle. - -— Alle calende di gennajo tutti levansi buon'ora e si corrono incontro -ciascuno con regalucci chiamati strenne: agli amici si fa un dono -prima di augurare il buon giorno, si premono le labbra, stringonsi la -mano, non per ricambiare espressioni d'amicizia, ma per farsi pagare -le cortesie dell'amicizia. Così al tempo stesso abbracciano e tastano -un amico...; poi tornando a casa, portano rami, come se avessero presi -gli augurj, e riedono carichi dei doni raccolti, senza accorgersi che -sono altrettanti peccati». Così predicava Massimo vescovo di Torino, -il quale non pensò gittar invano il suo zelo in confutare quelli che -credevano in Venere, in Marte, negli altri Dei, lamentandosi che i -magistrati non facessero adempiere, nè i Cristiani osservassero gli -editti imperiali attorno al culto; esortava ripetutamente ad abbattere -gl'idoli ne' contorni di Torino, vietare i sagrifizj intemperanti o -crudeli, non credere a maghi o a coloro che vantano di potere coi carmi -trarre dal cielo la luna[109]. - -Gaudenzio vescovo di Brescia, seguitando l'esempio di Filastro suo -predecessore, combattè vigoroso l'idolatria nella sua diocesi; e — Voi, -neofiti, chiamati al banchetto di questa pasqua mistica e salutare, -badate bene di conservar le anime monde dagli alimenti contaminati -dalla superstizione pagana. Non basta che il vero Cristiano respinga -da sè il pascolo avvelenato dai demonj; bisogna ancora che sfugga -tutte le abominazioni dei Gentili, tutte le frodi degl'idolatri, come -si fugge il veleno vomitato dal serpente infernale. L'idolatria si -compone d'incanti, di presagi, d'augurj, di sorti, di tutte le vane -osservanze; e inoltre di quelle feste chiamate _parentali_, per cui -mezzo l'idolatria sa rianimar l'errore. Di fatto gli uomini, cedendo -alla gola, cominciarono a mangiar i cibi che avevano imbanditi pei -morti, poi non temettero di celebrare a onor loro sacrileghi sacrifizj, -per quanto sia difficile a credere che adempiano un dovere verso i -loro morti quelli che, con mano tremolante per l'ubriachezza, ergono -il desco sui sepolcri, e dicono a chiara voce, _Lo spirito ha sete_. Ve -ne supplico, astenetevi da questi atti, chè Dio sdegnato non abbandoni -al furor dell'inferno i suoi sprezzatori e nemici, reluttanti al suo -giogo». - -Abondio, vescovo di Como, col risuscitare un fanciullo morto toglieva -dal gentilesimo il principale signore di quella città. Benchè sia -attribuita a san Romolo la conversione di tutta l'Etruria al tempo -di Costantino, numerose iscrizioni attestano che il culto idolatrico -sopraviveva in Firenze, a Pisa, a Volterra, a Rimini. Giove e la -Fortuna Pubblica erano adorati a Spoleto, Vesta ad Alba, Castore e -Polluce nell'isola Sacra presso Ostia, Nettuno in questa città; Anzio, -Preneste, Velletri, Terracina, Narni consultavano e riverivano gli -Dei antichi; in Ardea continuavasi il culto della madre degli Dei; -Napoli era la metropoli del paganesimo dell'Italia meridionale. Con -tanta ostinazione si conservavano le viete osservanze! E più ancora -nella campagna, donde venne il nome di paganesimo (_pagus_); sicchè i -missionarj osavano appena staccarsi dalle città. - -Per isvecchiare l'antico si era tentato innestarvi i culti orientali, -con una tolleranza che degenerò in grossolano sincretismo. L'arguto -Luciano mise in burletta l'affaccendamento di Mercurio per trovar -posto nell'Olimpo agli Dei che v'arrivano in folla dalla Persia, -dalla Scizia, dalla Tracia, dalla Gallia; e il dispetto con che i -vecchi guatavano cotesta gentaglia nuova, il dio Ati, il dio Sebazio, -i Coribanti; Bacco che seco introduce i satiri capripedi, e fin il -cagnuolo d'Erigone: Mitra, che giungendo di Media col turbante in -testa, adocchia stupido i colleghi, e non capisce quel che dicano, -neppur quando trincano alla salute di lui. - -Inoltre i filosofi avversavano la nuova dottrina, la cui umiltà -mortificava la loro superbia: i sacerdoti che aveano divulgato tanti -miracoli e tante baje, or trovavano ridicole le leggende de' Cristiani: -i retori erano menati dall'abitudine scolastica e dalla classica -educazione a sostenere e imbellire cerimonie senza fede, numi senza -vita, e render popolare la causa soccombente, ch'essi patrocinavano -tanto più, quanto meno poteano comprendere le sublimità della -trionfante. Si tentò dunque opporvi una religione filosofica, impastata -di neoplatonismo; e a quell'estremo sforzo per rigenerare la società e -il politeismo diede opera principale Plotino di Licopoli. Coll'esercito -dell'imperatore Gordiano era venuto in Asia e a Roma, dove si pose a -lottar di virtù e di scienza col cristianesimo, e chiese a Gordiano una -piccola città della Campania, ove stabilire un governo repubblicano -secondo le massime della sua scuola. Non l'ottenne, ma molti seguaci -si attirò predicando il distacco delle cose terrene: i ricchi lo -costituivano tutore de' loro figliuoli, i litiganti lo sceglievano -arbitro, lasciavansi le delizie della città per ritirarsi seco -nella solitudine. Altri correano a cercar lumi a Edesio, scolaro di -Giamblico: ma anche costoro erano costretti assumere aspetto religioso; -ed o impostori contraffacevano le austerità de' cristiani per -combatterli; o avidi del vero, eppure sfasciati nel dubbio, riuscivano -a pratiche teurgiche e a teorie panteistiche, le meno convenevoli ad -una fede pubblica, che vuole un oggetto degno d'amore, di riverenza, di -speranza. - -Tutti questi aveano occhieggiato con compiacenza Giuliano, che -mostravasi disposto a rimettere in onore il culto avito. Compita la -poca filosofica sua rivolta, egli getta la maschera; man mano che -acquista un paese, vi lascia riaprire i tempj, rinnovare i sagrifizj; -egli stesso come sacerdote massimo moltiplica questi a segno, da -far temere non venissero meno i bovi nell'impero. Conoscendo troppo -che una religione da alcun tempo riposata, anzi seduta sul trono, -più non poteva essere combattuta coi supplizj e a spada sguainata, -introdusse una persecuzione d'altro genere dalle precedenti; e potè -vantare non senza verità d'essersi coi Cristiani mostrato più umano -che non il predecessore, il quale tanti n'avea espulsi e morti a -titolo d'eresia, mentr'egli restituì agli esuli la patria, i beni agli -spogliati, le sedi ai vescovi di qual si fossero setta. Ma operava -non per generosità, bensì per iscaltrimento, prevedendo che con ciò -susciterebbe tale vespajo, da sovvolgere la Chiesa, e da aprire largo -campo alle beffe sue e de' suoi. - -Altro pensato attacco fu l'interdire ai Cristiani la elevata -educazione; e stando a lui la nomina de' maestri di grammatica -e di retorica e fors'anche de' medici, arti liberali stipendiate -dall'erario, sbandì dall'insegnamento tutti i Cristiani, per dirigere -all'intento suo le prime tanto efficaci impressioni della gioventù, -e così o guastarla o escluderla dalle scuole, e preparare alla Chiesa -gli erramenti ed il fanatismo dell'ignoranza. Al modo stesso precluse -loro tutti gl'impieghi d'onore e di confidenza, munendo ogni aula, ogni -bandiera colle immagini idolatriche, cui il fedele non poteva rendere -omaggio: la quale esclusione in mano de' subalterni diventava una fiera -tirannia, portando sino a negare la giustizia. - -Poi egli medesimo scese alla lizza, e nei _Cesari_ e nei _Sette libri -contro i Cristiani_ risvegliò quante folli ed esagerate accuse mai -si fossero avventate contro di questi, condendole colla beffa, arma -terribile perchè vulgare, e perchè dispensa dal ragionamento. Mentre -con ciò tendeva ad offuscar la luce, erasi proposto di trovare virtù -e verità là dove erano vizio e pazzia, svecchiare le credenze pagane -col ritrarle verso i loro cominciamenti, imbellire come simboli ed -allegorie ciò che d'empio e di turpe v'aveano introdotto le popolari -tradizioni, trarre dagli adulterj di Giove una lezione di morale, -e dall'eviramento di Ati un simbolo dell'anima separata dal vizio -e dall'errore; Omero doveva essere per lui quel che l'Evangelo pei -Cristiani; morale caritatevole, dogmi puri, idee nuove indagando sotto -idee antiche e favole sensuali; e foggiando a proprio talento una -scientifica superstizione, la quale pretendeva innestare, non già ne' -cuori, ma nelle teste degli uomini. - -Era egli possibile riformare una religione che mai non possedette -principj teologici assoluti, nè precetti morali, nè sacerdotale -ordinamento? Vero è forse che ne' misteri tradizionalmente -s'insegnasse alcun che di meno materiale che non le oscenità e le -ridicolaggini delle cerimonie e delle credenze propalate: ma qualvolta -il senato romano volle rinvigorire la fede, nol seppe altrimenti -che coll'introdurre numi forestieri, a cui la novità procacciasse -devozione. Se un robusto pensatore, conoscente della società fra cui -vivea, avesse mai potuto proporsi di rimpedulare il passato, con che -spedienti vi si potea accingere? col saldare le istituzioni romane, -sostegno della religione in cui erano nate e cresciute; religione -del resto tutta politica, nè punto metafisica. Che se Costantino, per -sottrarsi all'ascendente di questa, avea mutato la sede dell'impero -a Costantinopoli, chi volesse risuscitarla dovea ritornare verso quel -focolajo dell'idolatria. - -Giuliano, all'incontro, filosofo da scuola, nè tampoco s'accôrse che -in Roma sopravivevano un senato ed un'aristocrazia, avvinghiati al -culto degli avi; e tutte le sue sollecitudini concentrò sull'ellenismo, -vale a dire sopra credenze impotenti da gran pezzo a sostenere il -dechino de' costumi e ad invigorire la nazionalità; e pensò affidar -l'avvenire del mondo a sofisti, indovini, ciancieri furbi e sprezzati. -Con un eclettismo senza buona fede, injettando alla credenza greca -sentimenti che mai non v'erano stati o che da secoli erano periti, -egli accettava l'unità di Dio: al tempo stesso, avendogli il Sole in -visione a Vienna pronosticate le future grandezze, venerò specialmente -il _padre Mitra_, e si dichiarò assessore di quell'altro[110]; nelle -medaglie si lasciò figurare or da Serapide, ora da Apollo, e dipingere -fra Marte e Mercurio; giurava per Serapide[111]; faceva il panegirico -della Madre Idea, sgridando cotesti _ridicoli_ che, acuti, ma non sani -dell'intelletto, negano fede a ciò che dalle città viene creduto, e -preferiscono la croce ai sacri trofei degli Ancili, indubbiamente -caduti dal cielo; con una turba di sofisti e teurgici celebrava -sacrifizj, rinnovava le spaventose scene dell'iniziazione e l'orrida -maestà de' riti in antri cupi, fra tuoni e lampi. - -Dopo imperatore e pontefice massimo, non poteva accomunarsi ai sudditi -nelle pratiche devote; onde ebbe una cappella domestica sacra al Sole: -di statue e altari empì gli appartamenti e i giardini: appena l'astro -del giorno apparisse sull'orizzonte, il salutava con un sacrifizio; -di nuove vittime l'onorava al tramonto; nè la notte lasciava prive -d'offerte la luna e le stelle: ciascun giorno visitava il tempio del -Dio, di cui correva speciale commemorazione; poi non isdegnando gli -uffizj più bassi, vestito di porpora, in mezzo ad impudichi sacerdoti -e a donne carolanti, soffiava nel fuoco, sgozzava di propria mano le -vittime, e nelle palpitanti viscere indagava il futuro; si sottopose -anche ad un taurobolo, facendosi piovere sul capo il sangue d'un -toro scannato. — Con ciò vuol cancellare il carattere impressogli dal -battesimo», dicevano i Cristiani, ai quali se volessimo credere, scannò -vergini e fanciulli per esplorarne le viscere, e i cadaveri ne furono -trovati lui morto: ma il titolo di _apostato_ attribuitogli, bastava -a denigrarlo agli occhi di quelli ch'esso perseguitava; onde conviene -andar cauti nel credere ai delitti, di cui essi funestano i tre anni -del suo regno. - -A vicarj del suo pontificato elesse sacerdoti e filosofi, amici -e confidenti di sua gioventù, zelatori della credenza avita; e -principalmente il rétore Libanio d'Antiochia, il quale ci assicura -che, dopo che fu ammesso all'illustrazione, Dei e Dee scendevano -assiduamente a conversare coll'imperatore; talvolta gli rompevano -il sonno, lambendogli leggermente i capelli; sempre il tenevano -consigliato ne' dubbj, avvertito se alcun pericolo gl'imminesse; e -talmente v'era abituato, che discerneva alla voce e all'incesso Minerva -da Giove, Ercole da Apollo[112]. - -Tanti favori si meritava egli con opere, cui non mi ricorda che Omero -abbia mai riconosciute per meritorie, come l'astenersi in certi giorni -da alcuni cibi ch'egli immaginava meno graditi a questo o a quello -iddio. Ad imitazione del cristianesimo, tentò riordinare l'ellenismo -con riti nuovi e con una gerarchia, raccogliendone in sè i supremi -uffizj, e formandone una superstizione ragionata. Voleva introdurre nei -tempj la predica e il catechismo, preghiere ad ore determinate, canti -a due cori, penitenze per li peccati, apparecchi per l'iniziazione, -ritiri per i contemplativi e per le vergini: singolarmente gli -piacevano le _lettere formate_ dei vescovi, mediante le quali i -fedeli viaggiando erano dappertutto accolti con effusione di carità. -Sull'esempio delle pastorali de' Cristiani, ne mandava fuori anch'esso, -raccomandando ai sacerdoti di esser buoni, e d'imitare quei cani di -Galilei, i quali alle loro credenze acquistavano fede con tante opere -di carità: proponeasi d'assistere gl'indigenti, stabilire ospedali pei -poveri, senza distinzione di patria nè di credenza: il che se avesse -effettuato, avrebbe porto un'altra prova dell'efficacia della verità -anche sopra coloro che repugnano dalla luce di essa. - -Mentre involontaria testimonianza rendea della virtù cristiana -volendola conculcata e imitata, chiudeva gli occhi ai progressi che -il cristianesimo avea fatto fare all'equità legale; e di tante sue -costituzioni inserite nel codice Teodosiano, neppur una asseconda -l'affrancamento del diritto naturale, sì bene avviato da' suoi -predecessori. Che poi egli non operasse convinto, ma per odio al -cristianesimo, il mostrò con favorire gli Ebrei, che cercò anche -ristabilire a Gerusalemme, affine di smentire la profezia di Cristo: -ma si disse che fiamme sbucate di terra distruggessero le fabbriche -cominciate. - -Trattavasi di teurgie e sagrifizj? Giuliano deviava dalla parsimonia -introdotta in ogni altro atto; e rari uccelli e fin cento bovi al -giorno propiziavano le sorde divinità; e largizioni veramente regie -dotavano i santuarj, sopravissuti all'indifferenza dei Gentili ed allo -zelo dei Cristiani. Che gioja per lui quando i soldati esercitavano -l'appetito sopra le vittime scannate agli idoli, e s'ubriacavano col -sacro vino![113] Poi nei giorni solenni, mentre passavangli davanti -in rassegna, largheggiava con chiunque gettasse sull'ara alcuni -grani d'incenso. Molti Cristiani rimasero ingannati dalla semplicità -di quest'atto; poi come lo conobbero colpevole, corsero a furia al -palazzo, repudiando l'oro ricevuto, e gridandosi cristiani: del che -cruccioso, l'imperatore ordinò fossero decollati; e già avviavansi -contenti al supplizio disputando a chi primo, quand'esso li graziò, -ripetendo: — Non voglio dare a costoro la gloria del martirio». - -Quest'entusiasmo artifiziale non gli toglieva di accorgersi come -ai riti ellenici o etruschi più non appartenesse la direzione -delle coscienze; ogni tratto si querela della trascuranza ne' -doveri religiosi, della spilorceria nell'onorare gli Dei; ma sordo -all'eloquenza de' fatti, per decreti imperiali e per filosofiche -elucubrazioni ostinavasi ad imporre una religione, la cosa più libera -del mondo. - -E per imporla non rifuggiva dell'accoppiare alla dotta persecuzione -la legale. Ordinò che i Cristiani restaurassero i delubri degli Dei, -dal loro zelo demoliti, e vi si restituissero i beni confiscati; e -attesochè per lo più su quelli eransi costruite chiese, conveniva -abbatterle; e non permettendo la religione ai Cristiani di fabbricare -tempj profani, venivano trattati a maniera dei debitori insolvibili, -carcerati al modo romano, e malmenati da uffiziali che colla arbitraria -severità sapevano di gratificarsi l'augusto. Ai pontefici profani -trasferì l'amministrazione dei beni assegnati da Costantino e da' suoi -figli pel culto; confuse i sacerdoti cristiani coll'infimo vulgo; -attese ad escludere i fedeli da ogni onore e vantaggio temporale; e -non dissimulava l'intenzione di adoperar cogli ostinati una salutare -violenza[114]. - -Insomma la tolleranza di Giuliano era quella di tutti i tiranni, -clementi finchè nessuno si oppone. Ma una Chiesa avvezza a quarant'anni -di dominio spiegava più sicura la costanza di cui avea fatto mostra fin -quando era scarsa ed oppressa: che se alle prime persecuzioni avevano -i Cristiani chinato la fronte, obbedendo alle potestà superiori anche -ribalde, or che si sentivano divenuti un popolo, non si credevano -obbligati a sopportare l'ingiustizia peggiore, quella che violenta le -coscienze. Adunque in varie parti abbatterono i rialzatisi altari, -i riaperti delubri; alto levavano i lamenti contro l'usurpare beni -alle chiese per darli agli idoli. Giuliano, indispettito della -resistenza, puniva i contumaci: e i Cristiani veneravano le vittime -sue come martiri; e la presunzione d'innocenza faceva accompagnare -di non dissimulato compatimento il supplizio anche di quelli che per -avventura l'aveano meritato coll'esorbitare nell'opposizione, solito e -naturale effetto delle inique procedure. Anzi, temendo che Giuliano non -si avventurasse a peggio, i Cristiani accingevansi ad una resistenza -che poteva travolgere l'impero nella guerra civile, se i casi non -l'avessero prevenuta. - -Giuliano conservò in trono molte belle qualità. Semplice nel vestire e -nei piaceri, attento ai gravi obblighi di re, dava udienza ogni giorno -agli ambasciatori ed ai privati, prendendo istantanea deliberazione -sopra le suppliche; scriveva lettere pubbliche e trattati filosofici; -le caste notti usurpava al riposo per darle agli affari; nè ai -giuochi del Circo, passione de' suoi predecessori, recava la sua noja -se non quando il rito l'obbligasse. Ripigliando uffizj dimenticati -dagli augusti, sovente arringava, massime nel senato, per isfoggiare -eloquenza: più spesso sedeva ne' giudizj come a dovere o come a -divertimento, spassandosi a sventare i cavilli degli avvocati; ma -talora appassionandosi in modo disdicevole a giudice, empiva l'aula -di schiamazzo, e una volta, stomacato dalla zotichezza di certi -villani venuti a supplicarlo, li prese a pugni e calci. Con quelli -che tramavano contro di lui usò clemenza; ricusò il titolo di signore; -mostrò riverenza ai consoli; pensava anche rinunziare al diadema, se -non l'avesse distolto una rivelazione degli Dei. - -Nel libro dei _Cesari_ protestò contro le interminabili conquiste -di Roma, preferendo Antonino a Cesare ed Augusto, cioè la pace alla -guerra. Eppure della gloria d'Antonino non s'appagava, e ambiva pur -quella di Trajano. Chetati in Occidente i Franchi, gli Alemanni, -i Goti, restava in Oriente l'impero dei Persi, contro di cui, in -trecent'anni di guerra, i Romani non aveano ancor potuto stabilmente -acquistare pur una provincia della Mesopotamia, o dell'Assiria. Per -vendicare i danni recati da re Sapore, Giuliano raccolse formidabile -esercito ad Antiochia, ove consumò l'inverno a ristabilire l'idolatria -e saldar la disciplina. A primavera (268) si mosse, a vicenda -consolato ed afflitto dagli oracoli bene o male risposti, e dal trovar -in fiore o sfruttato il culto de' suoi numi. - -Dirizzatosi sopra Ctesifonte, assalse l'esercito nemico, e l'inseguì -fin sotto alla città: ma improvvidamente abbandonato il Tigri, -base delle sue operazioni, e sul quale le navi lo provvedeano di -vettovaglie, inoltratosi nell'interno della Persia, non trova che -solitudine; le ubertose campagne, i pingui villaggi sono ridotti a -fumanti deserti dall'amor della patria o dagli ordini d'un déspoto; -ogni giorno s'assottigliano le provvigioni; false guide rendono più -disagiate le marcie al pesante treno; uomini e Dei non suggeriscono -più ripieghi all'eroe, il quale, se dianzi fantasticava la conquista -dell'Ircania e dell'India, allora, desolato al vedersi causa di tanto -pubblico disastro, dovette dar volta verso il Tigri. - -Le bande, che aveano bersagliato incessantemente la marcia, si -raccozzarono in immenso esercito per abbarrargli la ritirata. Grossi -di numero, leggeri di movimenti, a dovizia provvigionati, chiudevano -in mezzo i Romani, costretti a combattere marciando, impediti dalle -gravi armature, sì scarsi di cibo, che logoravano quanto potevano -sottrarre ai somieri. Giuliano non concedeva a se stesso nulla più che -all'infimo soldato: ma la superstizione che l'avea spinto ad afferrare -il diadema, minacciava strapparglielo. Quel genio dell'Impero, che -nella Gallia avea chiesto d'essere ammesso nella sua tenda, or rivide -in atto di velare di gramaglie il capo e il cornucopia, e ritirarsene -esterrefatto: Giuliano balza all'aria aperta, quand'eccogli avanti -un'ignota meteora in sembianza del dio Marte, corrucciato con esso -perchè in un trasporto di collera avea giurato non volergli più fare -sacrifizj[115]. Gli aruspici etruschi consultati lo sconsigliano -dalla pugna; ma come evitarla? Al nuovo giorno intimata la mischia -(27 giugno), mentre, imbaldanzito del primo successo, insegue -i Persiani, questi al modo loro saettano a man salva un nembo di dardi -e giavellotti, uno de' quali imbrocca Giuliano nel petto. - -Portato nella tenda, e riconosciuta mortale la ferita, cogli amici egli -ragionò della morte alla maniera di Socrate, e come gli sapesse dolce -in quel punto l'incolpabilità di sua vita; compiacersi di morire da -re, anzichè per segrete cospirazioni, o per violenza di tiranno, o per -languore di malattia; augurare ai Romani potessero esser felici sotto -un sovrano virtuoso. Dissertò sulla natura dell'anima e sulla sua, -che presto sarebbe ricongiunta alle stelle da cui emanava; e spirò di -trentun anno e otto mesi. - -Così narrano i suoi ammiratori; e Ammiano Marcellino, ch'era presente, -gli pone in bocca una dissertazione nè da moribondo nè da lui. I -Cristiani invece fanno che, sentendosi ferito, urlasse — Vincesti, o -Galileo», e spirasse fra spasimi e rimorsi. E una cosa e l'altra sarà -stata creduta, perchè i partiti credono non esaminano, e la storia -rimane esitante fra eccessi opposti, colla sola certezza che entrambi -esagerarono. - - - - -CAPITOLO L. - -Da Gioviano a Teodosio. I santi Padri. Trionfo del cattolicismo. - - -Non rimanendo alcun rampollo di Costantino, e importando aver un capo -da opporre all'incalzante nemico, fu acclamato Claudio Gioviano, -primicerio de' domestici, trentaduenne, bello, piacevole, prode, -non ambizioso, diviso tra il cristianesimo e le voluttà. Ridotto ad -accettare capitolazioni indecorose ma inevitabili, dopo disastrosa -ritirata si raccolse a salvamento in Nisibe. - -Lo aveva preceduto nell'impero la fama della morte di Giuliano, accolta -con impeti d'esultanza e di dolore; perocchè il labaro, drappellato -in capo all'esercito annunziava ripristinato il culto del vero Dio. -L'idolatria, risorta per obbedienza o per adulazione, ricadde per -sempre; spontaneamente richiusi i tempj, cessate le vittime; i filosofi -si rasero, deposero il pallio, e tacquero; i Cristiani non vendicarono -l'arroganza e l'oppressione passata se non con un'allegrezza -trascendente forse i limiti della carità: ma quanto son pochi quelli -che s'accontentino di vincere senza voler trionfare! - -Gioviano restituì le immunità alle chiese, al clero (364), -alle vedove, alle vergini sacre, proibendo di violentarle o sedurle -al matrimonio; richiamò i vescovi; interdisse magìe e superstizioni, -ma non l'esercizio del politeismo; circondato dai vescovi delle varie -sêtte, premurosi di trarlo dalla loro, egli si chiarì pei Cattolici. -Ma appena riconosciuto da tutto l'impero, una notte morì [Sidenote: 15 -febbr.], chi dice d'intemperanza, chi d'asfissia, chi di tradimento. - -Dopo dieci giorni, i capi dell'esercito buttarono la porpora sulle -robuste spalle di Flavio Valentiniano, soldato pannone, in cui gran -destrezza, valore, bella presenza, eloquenza naturale sebbene incolta. -Siccome Gioviano, così egli fu eletto da soli i capi, non da tutto -l'esercito, che, composto il più di Barbari mercenarj o di ragunaticci, -poco badava a cui toccasse l'impero; e di tal passo s'introdussero le -elezioni per intrigo. - -Il 25 febbrajo era bisestile, giorno di sinistro augurio, onde -Valentiniano si tenne nascosto, poi il domani fu acclamato a grida -incessanti. Sentendo per altro la necessità che almen due capi vi -fossero in tanta estensione, l'esercito il richiese di darsi un -collega, e Valentiniano rispose: — Testè dipendeva da voi l'eleggere -un imperatore; eletto, ora spetta a me il provvedere al pubblico -interesse: non bisogna precipitare, state cheti e fidate in me». -Poco appresso condiscese a quel voto intitolando augusto suo fratello -Valente (8 marzo) di trentasei anni, che debole e timido, -unico merito aveva l'amare il fratello; e gli lasciò le prefetture -d'Oriente, tenendo per sè quelle dell'Illirico, dell'Italia, della -Gallia, cioè quanto si stende tra i confini della Grecia, il muro -Caledonio e il monte Atlante; l'antica amministrazione non innovando in -altro che nello stabilire guardia doppia e doppia corte, una in Milano, -una in Costantinopoli. - -Sol dunque di Valentiniano spetta a noi il dire. Egli invitò ognuno -ad esporre le querele, e ne fioccarono contro i ministri che avevano -abusato della credulità e della superstizione di Giuliano, e che furono -puniti di multe e tormenti. Soldato grossolano, dilettavasi a vedere -torture ed esecuzioni; più gli veniva in grazia chi più spietato; e a -Massimino conferì la prefettura della Gallia per avere menato strage -tra le famiglie di Roma. Innocenza e Mica Aurea chiamava due orse che -teneva sempre accanto alla sua camera, pascendole e trastullandole -egli stesso; porgeva loro a sbranare i malfattori; e quando gli parve -che Innocenza avesse abbastanza ben servito, le rese la libertà delle -selve. — Uccidetelo» era l'ordinaria sua sentenza sopra le accuse; e -non già per propria sicurezza, ma perchè gli aveano detto che vuolsi -esercitar la giustizia. - -Un prefetto desidera cangiar luogo, e l'imperatore: — Va, conte, e -spicca il capo a costui che vuole spiccarsi dalla sua provincia». Un -ragazzo sguinzaglia troppo presto un cane? un artefice fa una corazza -bella, ma alquanto mancante del peso convenuto? sono decretati a morte. -Trovate esauste le finanze, benchè da quarant'anni in poi il tributo -si fosse addoppiato, Valentiniano non si fece coscienza d'intaccare le -proprietà dei più ricchi e magnifici. Irritato dai disordini derivanti -dallo esorbitare delle imposizioni, comanda gli si porti il capo di -tre decurioni per ciascuna città di quella provincia. — Piaccia alla -clemenza vostra decretare come comportarci ove tre decurioni non -vi sieno», gli chiese il prefetto Florenzio; e l'ordine insano fu -revocato. - -Però nel vivere privato si condusse con castigata semplicità, nè -fu cieco pei parenti. Difese avvisatamente l'impero, e lasciò che -i giurisprudenti gli suggerissero ottime leggi. Zelante quando il -mostrarsi cristiano recava pericolo, si mantenne poi tollerante[116]; -allontanò una legione da una sinagoga, di cui disturbava il culto; -i Pagani esercitassero i loro riti, esclusa però la magìa e le -superstizioni che dal senato erano state interdette; ai pontefici -provinciali concedette le immunità proprie dei decurioni e gli onori -di conti[117]; lasciò rinnovare i misteri Eleusini, e si videro arder -vittime sugli altari, menarsi per le vie le orgie di Bacco, e uomini e -donne, vestiti di pelli caprine, stracciar cani e fare l'altre follie -di quel culto. - -Perchè il clero non si corrompesse nelle prosperità, a Dàmaso vescovo -di Roma dirizzò Valentiniano un editto, che ecclesiastici e monaci non -frequentassero le case di vergini e di vedove; ai direttori inibì di -ricevere dalle figlie spirituali donativo, legato o eredità; e pare -che dappoi a tutte le persone dell'ordine ecclesiastico fosse vietato -l'accettar testamenti o legati, atteso l'abusare che alcuni faceano -della fiducia, massime delle donne, onde fraudare i parenti della -legittima eredità[118]; e il lusso e l'ambizione facevano che il seggio -pontificale fosse ambito per ben altro che per zelo delle anime, e -acquistato sin colla forza. - -Valentiniano esercitò sua bravura contro le nazioni straniere, -che quasi di conserto invadevano l'impero. I Germani, offesi -della scarsezza dei donativi fatti agli ambasciatori spediti colle -congratulazioni, si avventarono sulle Gallie, ruppero i Romani in -battaglia ordinata, uccidendone il generale Severiano; ma poi vennero -interamente disfatti da Gioviano presso Metz. I Sassoni penetrarono -nell'impero; ma tolti in mezzo, furono rinviati, e malgrado la salvezza -promessa, assaliti e fatti a pezzi. Valentiniano stesso entrò sul -territorio degli Alemanni, e nel paese che ora è regno di Würtemberg li -ruppe sanguinosamente, e passò gran tempo sul Reno (366-70) -per inanimare i soldati alla fabbrica de' forti con cui muniva quella -linea. Da lui istigati, ottantamila Borgognoni si affacciarono a -quel fiume per danneggiare gli Alemanni; ma non vedendosi assecondati -dall'imperatore, diedero volta, trucidando quanti aveano prigionieri. - -Avendo Valentiniano fabbricato forti di là del Danubio sulle terre dei -Quadi confederati, Gabinio re di questi venne in persona a querelarsene -(373); ma essendo stato vilmente trucidato, i suoi mandarono -a sperpero l'Illiria, e ruppero due legioni romane. Contro di loro -mosso in persona, Valentiniano ne dilapidò le terre, sicchè essi -spedirongli ambasciatori a Guns in Ungheria implorando pietà. Mentre -a questi Valentiniano parlava coll'escandescenza cui soleva talora -abbandonarsi, cadde morto (375 — 17 9bre), avendo vissuto -cinquantacinque anni, regnato dodici. - -Graziano suo figlio sarebbe potuto succedergli; ma alcuni, ambiziosi -di governare sotto il nome d'un re bambino, acclamarono Valentiniano -II, partorito da Giustina, seconda moglie del defunto, perchè nato -nella porpora: e ne seguiva guerra civile se il prudente Graziano -non si fosse quetato all'elezione, consigliando la vedova imperatrice -a stabilirsi col figlio in Milano, mentr'egli assumeva il difficile -governo delle Gallie. - -Ma ecco giungergli avviso che i Goti aveano invaso l'impero orientale, -onde s'allestì a difesa dello zio Valente; prima però che giungesse, -questo in fiera giornata ad Adrianopoli era stato vinto ed ucciso -(378 — 9 agosto). Con ciò Graziano trovavasi a diciannove -anni padrone del mondo: se non che davanti si vedea un milione di -Goti, insuperbiti d'aver ucciso quarantamila guerrieri, e acquistatone -l'armi e i cavalli in una battaglia tanto segnalata; alle spalle -gli si agitavano i Germani; all'un estremo del mondo fremevano i -Persi, gli Scoti all'altro, istrutti alla prova che potevasi vincer -Roma, incatenare od uccidere i suoi imperatori. Graziano, sentendosi -insufficiente a tanti urti, il pubblico bene preferì alla personale -ambizione, e fermò scegliersi a collega non un fanciullo nato per caso -nella reggia, ma un uomo pari alla gravezza dei tempi; e pose gli occhi -sopra un esule, un oltraggiato, che non ambiva nè sognava tampoco il -trono. - -Teodosio conte spagnuolo avea condotto gl'imperiali a vincere Firmo, -principotto mauro di gran seguito, il quale avea sommosso l'Africa, -disgustata dalle vessazioni di Romano, governatore avido, crudele, e -insieme superbo a segno, che non volea mettersi in marcia se non con -quattromila camelli. Firmo, ridotto alle strette, dopo ostinata difesa -si strangolò; ma Teodosio rimostrò che le sollevazioni non si poteano -prevenire efficacemente se non reprimendo gli eccessi de' governatori, -e massime di Romano. Tale franchezza gli costò la vita. - -Suo figlio, di nome anch'egli Teodosio, liberalmente educato, aveva -nella Bretagna represso le irruzioni de' Pitti e Scoti, e vinto -l'usurpatore Valentino, consegnandolo ai magistrati, ma esigendo -non l'obbligassero a nominare i complici, per non essere costretto -a punirli. Piombò poi sulle terre degli Alemanni, e assai ne prese, -che furono messi in colonia sul Po. Venuto famoso per questi ed altri -fatti, fu spedito duca della Mesia, la quale salvò dai Sarmati. Quando -suo padre fu decollato, egli, sentendosi invidiato dai cortigiani, -si ritirò in Ispagna, dispensando il tempo fra le cure di cittadino -e la tranquilla amministrazione d'un vasto patrimonio, lieto di tre -figliuoli, Arcadio, Onorio e Pulcheria. - -Cincinnato della Roma decrepita, fu invitato da Graziano, prima a -combattere in difesa dell'impero, poi a parte del trono, quando compiva -i trentatre anni (370 — 19 genn.). L'imperatore non temeva -che alla vendetta domestica posponesse il pubblico vantaggio, e gli -sposò Galla sua sorella: il popolo ne ammirava la maschia bellezza, la -maestà temperata dalla grazia, e — Viene dalla patria stessa di Trajano -e d'Adriano; gli imiterà». A Teodosio furono assegnate le provincie già -imperiate da Valente, oltre la Dacia e la Macedonia; Graziano serbò le -Gallie, la Spagna, la Bretagna; mentre di nome obbedivano al fanciullo -Valentiniano II l'Illiria occidentale, l'Italia e l'Africa. - -Graziano sospese le persecuzioni; protesse le lettere e le coltivò, -trovando agio di trattare la cetra colla mano avvezza alla spada, e di -cantare le imprese degli eroi; al poeta Ausonio suo maestro concesse -il consolato, e una toga quale gl'imperatori indossavano nel trionfo; -conservò perenne amicizia con sant'Ambrogio vescovo di Milano[119]. -Ma morti coloro che lo avevano messo sul cammino diritto, lasciossi -forviare da indegni cortigiani, sicchè consumava il tempo tra le -caccie e in disputare coi vescovi, de' quali talvolta assecondava -l'intolleranza. - -Nella Bretagna i soldati scontenti si levarono a sedizione; e Magno -Massimo, compatrioto e commilitone di Teodosio, non avendo ottenuto -grado pari alla sua ambizione, si fece gridare imperatore, e passò -nelle Gallie con trentamila soldati e centomila paesani; coraggioso -e degno d'impero se l'avesse cercato per vie migliori. Fissatosi a -Treveri, si procacciava ogni giorno nuovi partigiani, anche dei più -vicini di Graziano. Questi da Parigi fuggì verso l'Italia; ma presso -Lione tratto insidie, cadde ucciso a ventiquattr'anni [Sidenote: 383 -— 23 agosto]. Massimo spedì a Teodosio giustificandosi del fatto; e -— Riconoscimi per collega, o mi sosterrò colle forze de' più floridi -paesi dell'impero». Necessità e desiderio di risparmiare una guerra -indussero Teodosio al patto; e i tre imperatori furono acclamati per -tutto l'orbe romano. - -Pochi anni dopo (387), Massimo, non sapendo limitare la -sua ambizione, sotto finta di ausiliarj esibì un grosso di truppe, le -quali in sicurtà di pace passando le Alpi, assicurarongli l'entrata -nell'Italia. Valentiniano II, o dirò meglio Giustina che ne reggeva -la fanciullezza, fuggirono allora da Milano, ove Massimo entrava -trionfante: ma Teodosio sopragiunsegli con esercito agguerrito e -somma rapidità; talchè chiuso in Aquileja, fu da' suoi spogliato e -condotto all'imperatore (388 — agosto), che ne volle il capo -a vendetta di Graziano. Sbrigata così la guerra civile, e sveltene le -radici colla moderazione e col perdono, Teodosio salì al Campidoglio in -trionfo. - -E ben n'avea diritto: i Goti aveva ripartiti in colonie per paesi -deserti, dove si convertivano al cristianesimo e alla civiltà; -i Persiani invocavano la sua amicizia; i sudditi gli mostravano -riconoscenza. Nella privata condotta abbastanza temperante, ai parenti -affezionato e rispettoso, allevò come proprj i nipoti; affabile al -conversare, variava tono a seconda delle persone, gli amici sceglieva -tra' migliori, e impieghi e premj dava a' più degni, non adombrandosi -del merito, nè dimenticando i benefizj. Fra le cure del vasto impero -trovava pure alcun respiro onde applicarsi alla lettura, e massime -alla storia, giudicando i fatti antichi, fremendo alle crudeltà di -Cinna, di Mario, di Silla, il passato facendo scuola dell'avvenire. -Senza ostacolo e quasi senza lamenti avrebbe potuto occupare intera -l'autorità; pure ricollocò sul trono Valentiniano II, aggiungendogli -anche le provincie tolte a Massimo di là dell'Alpi. - -In tempi ove l'impero sfasciavasi, nè un palmo di terra egli perdette, -costretto però aggravare le imposizioni, e amministrar con un rigore -molto simile a tirannia, unico puntello del cadente dominio. La -rivoltosa Antiochia avea minacciata d'estremo rigore; ma lo placarono -gli anacoreti e san Giovanni Grisostomo. Tessalonica però, che uccise -i primarj uffiziali di lui, fu condannata a sanguinoso sterminio. -Ambrogio, vescovo di Milano, ove l'imperatore si trovava, ne smarrì -d'orrore; gli scrisse ad esecrazione del fatto, esortando ne facesse -penitenza a calde lagrime, e avvertendolo non ardisse accostarsi -all'altare del Dio della misericordia colle mani stillanti del sangue -innocente. Teodosio a quei rimproveri risensò; e poichè non poteva più -riparare all'eccidio, si recò per penitenza nella basilica milanese. Ed -ecco Ambrogio farsegli innanzi sul vestibolo, dichiarando che, pubblico -essendo stato il delitto, pubblicamente doveva soddisfare alla divina -giustizia; nè lo volle ricevere alla comunione finchè non si sottomise -alla canonica penitenza. Spoglio delle insegne della suprema podestà, -comparve supplichevole in mezzo della chiesa, confessandosi in colpa: -col che dopo otto mesi ottenne indulgenza e d'essere ricomunicato; e -frutto ne fu un editto che ingiungeva di soprassedere sempre trenta -giorni alle comandate esecuzioni. - -Di maggior memoria è degna quest'altra legge, viepiù opportuna -dopo profonde commozioni: — Se alcuno, dimentico della prudenza, -si fa lecito di straziare con trista e sconsiderata maldicenza il -nostro nome, e per orgoglio si rende detrattore sedizioso del tempo -presente, vietiamo gli s'infligga alcun castigo o maltrattamento. Se -l'offesa proviene da leggerezza, vuolsi disprezzarla; se da follia, -compatirla; se da perversità, perdonarla»[120]. Nè erano i detti -smentiti dalle opere, giacchè essendosi scoperta una congiura contro -di lui a Costantinopoli, e i rei condannati nel capo, Teodosio perdonò -a tutti, e non volle si cercassero i complici, soggiungendo, — Così -potessi rendere la vita ai morti»[121]. E un'altra volta un magistrato -insistendo che degli uffiziali della giustizia doveva essere principal -cura l'assicurare la vita del principe, — Sì (soggiunse egli), ma -vorrei prendeste anche maggior cura della mia reputazione». - -Poichè le rivoluzioni durature non si compiono d'improvviso, i primi -imperatori cristiani aveano lasciato il culto antico sussistere allato -al nuovo; ancora i riti pagani si riguardavano, o almeno chiamavansi -nazionali; i pontefici sagrificavano in nome del genere umano; in mezzo -alla curia Giulia, dove accoglievasi il senato, sorgeva sull'ara la -statua della Vittoria, tolta ai Tarantini, e da Augusto ornata colle -spoglie dell'Egitto; e prima delle adunanze, i senatori vi ardevano -incenso, giurando fedeltà all'imperatore. - -E in Italia non pochi nelle scuole difendevano le antiche credenze, e -nella società se ne chiarivano campioni. Nominerò fra questi Vettio -Agorio Pretestato, «capo della pietà pagana», nella cui biblioteca -Macrobio fa radunare gl'interlocutori de' suoi Saturnali, e prestargli -un rispetto vicino a venerazione. Mettevasi egli attorno gl'illustri -avanzi del paganesimo; fu deputato a Valentiniano I perchè sospendesse -le persecuzioni contro gli auguri; ed altamente onorato finchè visse, -ebbe dopo morte due statue dagl'imperatori, una dalle Vestali[122]. - -A lui diresse amichevoli lettere Aurelio Anicio Simmaco romano, che -dal retore Libanio avea succhiato la venerazione del paganesimo e la -speranza di rintegrarlo. Nato dal prefetto di Roma, salì pontefice, -questore, pretore, governò la Campania e i Bruzj, stette proconsole -in Africa, indi prefetto di Roma, da ultimo console (391); parteggiò -per Magno Massimo, vinto il quale, rifuggì in una chiesa di quei -Cristiani che aveva osteggiati, e papa Liberio gl'impetrò perdono; -aggregato ai pontefici, vi portò uno zelo vigoroso, lamentando che -troppi di essi col negligere i sacri doveri cercassero la grazia -degli imperanti. Mirabile accecamento! in mezzo a tanta mutazione, -egli favella delle patrie religioni come niuno le avesse revocate in -dubbio, e a Pretestato scrive: — Oh se m'accora che, dopo moltiplicati -sacrifizj, il funesto presagio manifestatosi a Spoleto non siasi ancora -pubblicamente espiato! Giove si mostrò favorevole appena alla quarta -mactazione, e neppure all'undecima ci fu possibile soddisfare alla -fortuna pubblica. Deh in qual paese siamo! Ora si tratta di raccorre -ad assemblea i colleghi nostri, e ti terrò informato se giunsero -a scoprire qualche rimedio divino»[123]. Con singolare contrizione -supplica egli i patrj numi che perdonino le neglette cerimonie[124]; -esorta le Vestali a mantenere severa la disciplina; chiede la punizione -d'alcuna che avea leso il voto[125]; e s'adopera per sostenere la -politica importanza del paganesimo. - -A questa unicamente dirigeano la mira i difensori del politeismo in -Occidente; a differenza dell'impero Orientale, che aveva in Atene -una scuola regolarmente piantata all'uopo di mantenere, per una -_catena d'oro_ d'iniziati, la fiducia nelle defunte immortalità e -nelle dottrine teurgiche associate al neoplatonismo. Solo i maestri -delle varie scuole di Roma, Milano, Bordeaux, Treveri, Tolosa, -Narbona diffondeano le favole degli autori pagani nel farne ammirar -le bellezze; e quando uno di essi, Eugenio, dall'accidente fu portato -al trono, diede mano all'idolatria, rialzò l'altare della Vittoria, -collocò la statua di Giove al varco delle alpi Giulie[126], e -drappellava l'effigie di Ercole innanzi a' suoi eserciti. - -La costoro esistenza è prova che il cristianesimo trionfante si guardò -dalle persecuzioni, cui era soggiaciuto nascente. Il numero però -de' Cristiani era grandemente cresciuto, e illustri famiglie[127] -vi aggiungevano credito e potenza. La stessa scenica persecuzione -di Giuliano, comprimendo un istante la libera manifestazione del -culto, rintegrò l'elasticità; e il facile trionfo sopra la impotente -ricomparsa degli idoli di Grecia crebbe l'autorità dei vescovi, che, -quasi altrettanti capitani non solo per dilatare il cristianesimo, ma -per combattere il politeismo, a gran voce domandavano che la società -rompesse finalmente i legami che l'avvincevano all'idolatria. - -Internamente però la Chiesa non avea mai cessato d'essere conturbata -dalla quistione sulla natura del divin Figliuolo; e vescovi gli uni -avversi agli altri, non paghi di lanciarsi riprovazioni ecclesiastiche, -studiavano nuocersi a vicenda ora nell'opinione de' fedeli, ora -nel favore dei potenti. Questi collocavano nelle sedi non il più -meritevole, ma quello che tenesse la loro credenza; e spesso il popolo -od eleggevasi un altro vescovo, o lasciando vuote le chiese, s'adunava -alla campagna; agli uffiziali che volessero mescolarsene facea -resistenza, e ne nascevano violenze, bandi, uccisioni. - -Di nuove glorie intanto ammantavansi i padiglioni del militante -cristianesimo; e i santi Padri costituivano una letteratura, non -educata alle imitazioni, non a ritrarre una società che avea cessato -d'esistere, od una ideale che non era esistita mai, bensì il presente, -l'attualità, le idee sociali più avanzate, cioè le religiose. - -Nei primi tempi del cristianesimo predomina il miracolo; e sebbene -campeggi la potenza dell'uomo nel soffrire, nel resistere, nel vincere, -quegli avvenimenti sono men tosto da descrivere che da venerare. -Semplici ed incolti erano la maggior parte de' primi discepoli, più -pratici che speculativi, più d'azione che di discorso; la dottrina, -perpetuata dalla tradizione orale e viva, concentravasi in poche -parole gravi e schiette; nascevano dispute? le terminava la voce d'un -discepolo che potea dire, — Ho veduto io stesso il verbo umanato» -oppure — L'ha veduto chi a me lo narrò»; e della verità era splendida -prova la rinnovazione dell'uomo interno, che si operava per via di -virtù dapprima ignote, pace, fraternità, eguaglianza, universale -beneficenza, costanza ai martirj, magnanimo perdono. Ma ben tosto i -dotti, loro malgrado, sono costretti ad accorgersi della presenza de' -novatori, e se non altro, a vituperarli: allora i Padri cominciano -a difendere i dogmi dai Gentili e dai filosofi, per mostrare come -le dottrine antiche siano inferiori e meno conformi alla ragione. -Non paghi di tenersi sulle difese, provano la verità della dottrina -cristiana con eccellenti ragioni, coi miracoli, colle profezie; e già -mettono fuori idee profonde e nuove sulla natura di Dio e su quella -dell'uomo; anzi colla logica e colla storia assaltano il paganesimo e -la filosofia, e a quegl'imperatori onnipossenti favellano con nobile ed -insolita libertà. - -Qui ci si apre un nuovo prospetto dell'attività latina. Ne' primi -secoli le Chiese occidentali somigliarono a colonie delle orientali; -ordinamento, riti, libri, lingua liturgica erano greci: perocchè la -greca era la lingua internazionale dell'impero, siccome nel XV secolo -l'italiana ed oggi la francese; laonde con essa parlavano gli apostoli -e gli eresiarchi, la Bibbia leggeasi nella versione dei Settanta fatta -ad Alessandria, in greco si stesero le omelie di san Clemente, il -_Pastore_ di Ermia, le apologie di san Giustino, la confutazione delle -eresie di Ippolito, il quale, al par di Origéne, predicò a Roma in -greco. Non dicasi per questo che la religione cristiana appartenesse -alla letteratura de' Greci; chè se di questi tiene la forma, ebraico -essenzialmente erane il fondo, colla semplicità, coll'ispirazione, -colla rigidezza d'espressione e di sentimento. - -Dopo gli apologisti di cui già parlammo (pag. 115), il primo scritto -teologico in latino fu l'_Ottavio_ di Minucio Felice. Ottavio -convertito e Cecilio ancora pagano, condottisi ad Ostia, dove -villeggiava Minucio celebre avvocato, passeggiavano sul lido; e -perchè, al vedere un idolo di Serapide, Cecilio si pose la mano alla -bocca baciandola, come praticavasi in segno d'adorazione, Ottavio -il disapprovò come d'ubbia indegna d'un par suo. Fermatisi poi -ad osservare fanciulli che faceano il rimbalzello mentre altri ne -prendevano diletto, Cecilio rimaneva pensieroso sopra le parole udite, -sicchè fu proposto di mettere fra loro la cosa in discussione. Tale -è il soggetto d'un dialogo di Minucio, che volta a volta rende sapore -de' platonici; Cecilio sostiene gli Dei, antica e generale credenza, -contro questa pazzia di gente nuova, deturpata di sozze infamie e -perseguitata; ma gli altri due sillogizzano così bene, che egli si dà -vinto e convertito. - -L'africano Arnobio, a lungo sostenuto il paganesimo, si rese vinto alla -Chiesa, la quale gl'impose d'adoperare contro dell'idolatria la sua -artifiziosa parola. Come dunque dapprima aveva commentato gli autori -profani, così nei sette libri _contro i Gentili_ offrì una compiuta -oppugnazione delle antiche credenze, rivolgendosi agli addottrinati -ch'erano capaci di bilanciarle colle nuove; confuta coloro che -dicevano, — Dopo il cristianesimo è perito il mondo: il genere umano -diventa preda di ogni male»; e nel suo zelo di proselito, domanda la -distruzione non solo dei teatri, ma anche delle opere de' poeti. - -Educò egli un altro potente campione del cristianesimo in Lattanzio -suo compaesano. Più d'immaginazione oratoria che di storica verità -egli fa prova nel trattatello _Della morte de' persecutori_; nelle -_Istituzioni divine_, pubblicate sul fine del regno di Costantino, -debolmente ribattè gli errori senza saperli schivare. Men notevole per -elevata eloquenza che per accurata espressione, è il più elegante fra -gli autori ecclesiastici latini, nè però merita il titolo di Cicerone -cristiano. Ben lontano dall'indignazione di Giulio Firmico, il quale -suggeriva di punire l'idolatria a rigor di legge, proclama essere la -religione la cosa più spontanea: — Via da noi il pensiero di vendicarci -de' nostri persecutori; a Dio se ne lasci la cura; il sangue de' -Cristiani ricadrà sul capo di chi lo versò». - -San Cipriano, vescovo di Cartagine (248), colle moltissime -opere di soave e lucida abbondanza, contribuì forse meglio che -altri a separare i due ordini di fede e d'esame, di rivelazione e di -concepimento, la cui mescolanza produce o la schiavitù o il traviamento -dell'intelligenza, mentre la distinzione schiude allo spirito umano le -barriere dell'infinito, traendolo dal simbolo nella realtà. - -San Girolamo (331-420), nato nobilmente a Stridone nella -Dalmazia, educato a Roma sotto Donato commentatore di Terenzio, e sotto -il retore Vittorino, contrasse la coltura e la corruzione di quella -grande città, finchè nauseato concentrò sopra il cristianesimo l'ardore -potente che prima dissipava nelle passioni. Gustò le maschie voluttà -della solitudine, abbellita, come egli dice, «dai fiori di Cristo, -lontano dall'affumicata prigione della città»: ma non restandone -soddisfatta la operosità sua, si condusse ad Antiochia, dove contro -voglia fu ordinato prete; indi a Costantinopoli, benchè quinquagenario, -si pose discepolo a Gregorio Nazianzeno nell'esegesi sacra, e mutò in -latino varie opere; poi a Roma papa Damaso l'adoprò a diversi negozj e -lavori letterarj. - -Quivi legò amicizia con pie matrone, degne di storia. Melania, uscita -d'una di quelle case senatorie, alle quali, cessata ogni potenza -politica, erano rimaste opulentissime rendite, perduti il marito e due -figli, lasciò il terzo fanciullo per passare in Egitto a conoscere gli -anacoreti; sovvenne largamente ai fedeli perseguitati dagli Ariani, -accogliendoli nella fuga, e vestendosi da schiava per nutrirli e -consolarli nelle prigioni. Marcella, pur vedova, erasi raccolta in -villa a monastico rigore con Principia sua figliuola. Di pari virtù -rifulgevano Asella ed Albina, suora e madre di Marcella. Per maggiore -pietà e più generosi soccorsi a poveri ed infermi si segnalò Paola -d'antichissima famiglia[128], colle sue figliuole Eustochio e Blesilla. -Queste dame sottometteansi al dominio dell'anima robusta di Girolamo, e -così Leta, Fabiola, altre coscienze profondamente convinte, che colle -virtù più austere protestavano contro le fiacchezze, e soccorrevano -generosamente alle miserie d'un secolo infelicissimo. - -Saldo al vero, Girolamo insegnava che la saldezza della Chiesa dipende -dall'unità del pontefice, e se a questo non si dia un potere superiore -agli altri, v'avrà tanti scismi quanti vescovi. Umile in faccia a -Dio, altero in faccia agli uomini, flagella stizzosamente quanti -vizj incontra; nè risparmia gl'indegni ministri della religione, -smascherando certuni che, fattisi diaconi e sacerdoti per trattare più -liberamente colle donne, si piacevano in vesti eleganti, capelli ricci -e profumati, anelli alle dita, camminar in punta di piedi, traforarsi -nelle case, e sollecitare donativi e legati[129]. Punti da ciò, tolsero -a perseguitare il santo, denigrandone le amicizie spirituali; tanto che -egli, sebbene davanti ai magistrati si chiarisse innocente, abbandonò -Roma e tornò in Palestina, percorrendone passo passo i luoghi per -meglio comprendere le sacre scritture. - -Paola suddetta, fissatasi con Girolamo a Betlemme, dove accorrevano -Cristiani d'ogni paese senza distinzione di grado o di ricchezza e -riguardando primo chi facevasi ultimo, presedette a un monastero di -donne; Girolamo ad uno d'uomini. Caloroso martire di se stesso, egli -scriveva sin mille righe il giorno: pure trovava tempo di spiegare la -Bibbia a' suoi anacoreti, dirozzare colle prime lettere i fanciulli, e -tornare di furto agli autori profani, delizia della sua gioventù. - -Anche Melania, piantatasi a Gerusalemme, vi accolse per trent'anni -tutti coloro che affluivano a venerare i santi luoghi. Con lei erasi -stretto di spirituale amicizia Rufino prete d'Aquileja, ammiratore -d'Origene, teologo austero, ma traviato dal proprio orgoglio; talchè -Gerusalemme, popolata di questi fervidi proseliti e ingegnosi, divenne -il centro delle dottrine rigorose e razionali di Origene. Girolamo, che -dapprima lo avea levato a cielo, dappoi ne vide il pericolo, e cominciò -contro Rufino una polemica, disabbellita da ingiurie che ripescava in -Persio e Giovenale. - -Le più importanti sue elucubrazioni sono di critica sacra. I Greci -aveano avuto fin dall'origine i libri sacri, stesi in parte dagli -apostoli in quella lingua, come la più diffusa: i Latini anch'essi -di buon'ora ne fecero una traduzione, per quanto faticoso riuscisse -il voltarli nella lingua del vulgo, da cui fu detta _la Vulgata_. -Incaricato da Damaso di togliere ad esame la versione italica dei -Vangeli, fedele ma da interpolamenti e variazioni alterata, Girolamo -il fece, e insieme corresse il Salterio, Giobbe ed altri libri che non -ci rimangono. Pensò poi a una nuova versione dell'antico Testamento, -non più sul testo dei Settanta, ma sull'originale; e per quindici -anni vi si ostinò, fedele al testo a segno da introdurre nella lingua -molti modi ebraici, valendosi pure delle versioni siriaca ed araba, -e delle greche: fatica stupenda per un uomo solo, ove dovette crear -quasi una lingua nuova, che si appropriò immagini e frasi orientali, -piegossi ad esprimere idee e cose opposte al suo carattere, eppure non -perdette maestà e gravità. Per tale opera le lingue d'Oriente vennero -ad influire, più tardi, sopra quelle dell'Europa; e la traduzione di -Girolamo, adottata dalla Chiesa invece dell'antica italica fatta sopra -i Settanta, diventò fondamento a quella che il concilio Tridentino -dichiarò autentica. - -Accortosi per propria sperienza che alcune letture aduggiano i -fiori celesti sotto un rigoglio d'importuni pensieri, e smorzano -il gusto degli studj meglio confacenti a Cristiano, Girolamo nella -tarda età garriva coloro che, dopo abbandonata la sapienza del -secolo, si nauseavano della semplicità delle sacre scritture, e -tornavano ai poeti[130]. Eppure egli stesso gli amò sempre, tanto che -gliel'apponevano i suoi avversarj: nuovo indizio della battaglia, che -le due civiltà si portavano nella letteratura come in ogni altra cosa. - -Del che un nuovo esempio abbiamo in Ponzio Meropio Paolino da Bordeaux -(353-431), che, dopo dignità primarie nella Spagna e nelle -Gallie, governò la Campania; e nominatissimo per parentadi non meno -che per dottrina, consentì alla chiamata di Dio, rinunziò al mondo, -e a Roma ricevette il battesimo. Di tale acquisto i Cristiani fecero -pubbliche gratulazioni, mentre i Pagani se ne rodevano; parenti e -amici incontrandolo voltavano largo da lui come da disertore; clienti, -liberti, schiavi consideravano rotto ogni vincolo con esso. Il poeta -Ausonio non lasciò via intentata per istornarlo dalla sua risoluzione, -tra le frivolezze letterarie d'allora non intendendo come la forza -della convinzione e l'autorità della coscienza potessero reggere contro -consigli e lamenti così poetici. - -Paolino, a Firenze animatosi nei colloquj di sant'Ambrogio, si ritirò -nella solitudine presso Nola, ove colla moglie, ridotta a sorella, -visse sedici anni, istituendo una specie di Tebaide fra le delizie -della Campania: fabbricò una chiesa a san Felice con dipinte istorie -dell'antico Testamento, per guardar le quali i terrazzani dimenticavano -fin il desinare. Minacciano i Barbari? ei non li teme, assorto in una -pace che il mondo non può rapire. Ogn'anno, il giorno natalizio del suo -santo prediletto, compone un canto; e benchè gl'idolatri della forma -sentenziino ch'egli scrisse meglio da pagano che convertito, Ambrogio -trovava composti e soavi quei carmi, e Agostino ne lodava la _gemebonda -pietà_. Fatto vescovo, mantiene corrispondenza con Ambrogio, Girolamo, -Agostino, coll'Italia, coll'Asia, coll'Africa, ricambiando idee, -consigli, schiarimenti. - -Trapassando altri Padri della Chiesa occidentale, nominerò Zenone -vescovo di Verona, che sbarbicò dalla sua chiesa i resti dell'idolatria -e dell'arianismo, e ci lasciò settantasette discorsi, eleganti -d'espressione, se non nuovi d'idee. Eusebio sardo pel primo introdusse -la vita regolare fra il clero di Vercelli ond'era vescovo; nel -concilio di Milano resistette all'imperatore, il quale cacciò fin la -mano alla spada contro di esso; mandato esule qua e là, stava nella -Tebaide allorchè lo richiamò l'editto di Giuliano; caldeggiò sempre -sant'Atanasio; fu spedito a rimettere in pace la chiesa d'Antiochia; al -che non essendo riuscito, tornò alla sua sede, ove chiuse santamente i -giorni. Ebbe amico Lucifero vescovo di Cagliari, uno dei più fervorosi -oppugnatori de' varj scismi, e che dall'esiglio mandò all'imperatore -uno scritto dettato con quella violenza che gli faceva ordinare a' suoi -di non aver comunicazione di sorta cogli eretici. Conformi opinioni -sosteneva l'amico suo diacono Ilario, pretendendo sino che gli Ariani, -per rientrare in grembo alla Chiesa, dovessero ribattezzarsi; il che lo -faceva da san Girolamo soprannomare il Deucalione del mondo. - -Mai non s'era pensato dai Pagani ad accogliere in una chiesa il -popolo per esporgli che cosa credere, come adorare, come operare: la -cognizione delle cose sacre, siccome tutto il resto, essendo privilegio -di pochi, non mai accomunata alle plebi. D'altra parte, che sarebbesi -potuto predicare nel tempio quando i dottori stessi non aveano -dogmi comuni, e stavano perplessi sulla morale? L'eloquenza antica -esercitavasi negl'interessi particolari d'un cittadino o d'una città; -al più qualche filosofo disputava coi discepoli, ma intorno a dottrine -speciali, sprovvedute di carattere pubblico e universale. - -Da che Cristo ebbe detto, — Andate e predicate a tutti», doveva alla -congregazione dei fedeli essere esposta la verità universalmente -accettata, e spiegarvisi i punti che rilievano alla salute di tutti. -Dalla più tenera età il sacerdote assumeva il fanciullo, e col -catechismo gl'insinuava le verità sublimi, mercè delle quali potrebbe -anche la femminetta rispondere a ciò che ignoravano Aristotele e -Platone. L'istruzione continuava quanto la vita, o confermando i -credenti, o convertendo i traviati, o persuadendo gl'increduli. La -predicazione sulle prime era avvalorata dal santo olezzo della virtù, -dall'evidenza del miracolo; e parlando lo Spirito Santo per bocca degli -apostoli, non era mestieri di persuasive d'umana sapienza[131]. Ma -come la religione fu estesa e mescolata alla società, si munì anch'essa -delle armi con cui l'errore la combatteva, e l'eloquenza fu trasportata -dalla ringhiera al pulpito, dalla politica alla morale, dagl'interessi -del mondo a quelli del cielo. La Chiesa, fatta trionfante, volle -ornarsi dell'eloquenza, come si ornava di pompe e d'apparati, e supplì -coll'arte del pulpito all'intepidita fede primitiva. Suo primo campo -furono le lotte cogli Ariani; poi giganteggiò per opera di oratori, i -quali, nel combattere l'orgoglio del sapere e l'indocilità del cuore, -reggono a petto di quanto l'antichità vanta di più insigne, non che -sorpassare di buon tratto i loro contemporanei. - -Con gagliardia affrontò Ariani e idolatri (340-97) in Occidente -sant'Ambrogio, romano nato a Treveri. Come governatore della Liguria -e dell'Emilia sedeva egli in Milano, dove la presenza dell'imperatrice -Giustina facea prevalere gli Ariani a segno, che vi fu posto a vescovo -il cappadoce Ausenzio di quella setta. Quando l'imperatrice ottenne -dal figlio una legge, che a quelli concedeva piena libertà di -assemblee, e guaj se i Cristiani li molestassero, il segretario -Benevolo negò formolarla, e rinunziò piuttosto al grado; ma Ausenzio -se ne incaricò. Allorchè questo vescovo morì, poteasi prevedere -tumultuosa l'elezione del successore, che faceasi a voci di -popolo; e il governatore Ambrogio si presentò ai comizj per tenerli -in dovere. Ma appena entrato, le due divise d'accordo gridano: — -Sii vescovo tu stesso», poichè il vescovo si eleggeva di qualunque -condizione, nè tampoco esigendosi fosse cristiano; onde Ambrogio, -tentato invano sottrarsi a quel peso colla fuga e col seder giudice -in un caso di sangue, riconoscendo il volere di Dio a portentosi -indizj, si lasciò battezzare, poi ordinar prete e vescovo; e ceduto -ai poveri il suo denaro, alla Chiesa i terreni, al fratello Satiro -l'amministrazione della propria casa, tutto si affisse al santo -ministero. - -Dalla Bibbia e dai Padri, letture a lui nuove, tal frutto colse, che -divenne il primo dei santi Padri in Occidente; e se cede in genio a -Gregorio Magno, a Basilio, a Giovan Grisostomo, li supera in pratica -attività, sublimandosi negli atti più che negli scritti. La vita sua, -delineataci eloquentemente da Paolino suo segretario, era assorta nelle -cure più diverse; giudicare cento affari a lui portati dai fedeli, -curare spedali, attendere ai poveri, accogliere tutti con affabilità, -e fra ciò meditare e comporre: forniva di vescovi chiese che mai non ne -aveano avuti; visitava ed incorava gli altri, e talvolta li raccoglieva -a concilj; interponevasi a favore de' rei di Stato; vendeva gli ori -del tempio per riscattare prigionieri dai Goti. Missioni importanti -erano a lui affidate come a pratico: da Valentiniano morendo gli furono -raccomandati i suoi figliuoli: dissuase Magno Massimo dall'entrare -in Italia: ucciso Graziano, andò ad impetrarne il cadavere, e con -franchezza intimava a Teodosio la verità, e gl'insegnava le distinzioni -fra il sacerdozio e l'impero, talchè quegli diceva, — Solo Ambrogio -conosco, il quale di vescovo porti degnamente il nome». Intanto egli -rappresentava con dignità ed amore il tribunato che in nome di Cristo -aveano assunto i vescovi dopo caduto quello in nome della legge, -colla parola e colle opere offrendosi sostegno al popolo, invocando -la giustizia o l'indulgenza de' principi, interponendo a favore de' -tapini e de' soffrenti le dottrine della povertà, dell'eguaglianza, del -riscatto umano, operato col sangue d'una vittima celeste. - -Quanta pratica avesse coi classici lo palesano le opere sue; sebbene -scriva balzellante e scorretto, senza padronanza di frasi, e con vane -sottigliezze e giocherelli, qualora non sia animato dal sentimento -del dovere o del pericolo[132]. Nella più estesa e curiosa fra le sue -opere, sui _Doveri degli ecclesiastici_, passa in rassegna quelli -di tutti gli uomini, e scioglie quistioni di pratica filosofia. -Nell'_Esamerone_, commentando le sei giornate del mondo creato, -molto si giova di Origene. I suoi elogi della virginità producevano -tale effetto, che padri e mariti lamentavansi perchè troppe donne -dedicassero a Dio la loro continenza. - -L'imperatore Graziano avea decretato che ciascuno potesse onorar la -divinità nelle adunanze al modo che più credesse opportuno; ma Ambrogio -seppe persuaderlo a ferire di colpo estremo l'osservanza antica. In -conseguenza ordinò di toglier via dal senato di Roma la statua della -Vittoria; poi chiamò al fisco tutti i beni con cui mantenevansi -i tempj, i pontefici, i sacrifizj; annullò i privilegi politici e -civili delle Vestali, e vietò ai sacerdoti d'accettare legati se non -di beni mobili[133]. Spaventati i nobili romani, i capi del senato, -e quelli che si ostinavano a chiamarsi «la parte migliore dell'uman -genere»[134], spedirono a Graziano perchè sospendesse questi decreti; -e per fare maggior colpo, gli recarono la veste di sommo pontefice, -religiosamente custodita, e che a lui dovea rammentare la lunga serie -de' predecessori che se ne fregiarono come simbolo del potere supremo -in terra e d'onori divini dopo morte. Graziano non si arrese a quelle -dimostrazioni, e proferì, — Tale ornamento disdicesi a cristiano»; -onde la religione antica rimase senza sommo pontefice, e il sacerdozio -spogliato dei beni che lo facevano ambire anche dopo ch'era privato -degli onori e de' privilegi. - -Nè diverso esito sortì l'ambasceria mandata a Valentiniano II acciocchè -ripristinasse l'altare della Vittoria; e le suppliche di Simmaco e di -Libanio a tale intento sono l'ultimo grido del paganesimo, che sentesi -trafitto nel cuore. Lo sdegno di questi esalò non soltanto in segreti -mormorii, ma in voci aperte; nè forse restarono estranj alla sommossa, -nella quale Graziano perdette la vita. Ma soccombettero definitivamente -allorchè ebbe la porpora Teodosio, che il titolo di Grande dovette -principalmente all'avere terminata con coraggio e convincimento la -prolungata contesa fra le due religioni. - -Narrasi che, venuto a Roma, e ricevuto da un bell'incontro di dame -e senatori, Teodosio proponesse a discutere qual fosse la religione -da seguitarsi, e che l'idolatria vi soccombette. Il fatto non ha -sembianza di vero: certo per legge generale egli vietò che «alcuno si -contaminasse co' sagrifizj, immolasse vittime, difendesse simulacri -fatti a man d'uomo»; i magistrati non entrassero ne' tempj; confisca -per qualunque atto d'idolatria, e morte a chi immolasse; il giorno -del Signore fu dichiarato sacro, proibendo in esso i giuochi e -gli spettacoli, e riformando il calendario giuridico a norma delle -prescrizioni cristiane[135]. Eppure le leggi di Teodosio convincono -che non erano cessati i riti antichi; imperocchè egli decretò che, -chi dal cristianesimo ritornasse all'idolatria, rimanesse incapace -di disporre de' suoi beni per testamento; dappoi estese questo -statuto ai catecumeni, e dichiarò infami gli apòstati[136]. I concilj -ripeterono queste leggi, e gli scrittori ecclesiastici inveivano contro -le cerimonie gentilesche, conservate massimamente nelle feste, nei -saturnali e nei giuochi. Tempj e delubri furono però chiusi allora dai -magistrati, e spesso demoliti dalla pietà: i senatori, come cantava -Prudenzio, bellissimi splendori del mondo, deposero le insegne del -vecchio sacerdozio per rivestire la candida toga del catecumeno[137]. - -Restava a domare l'eresia; e Teodosio, caduto in grave malattia, -decretò essere volontà sua che tutti aderissero alla religione -insegnata da san Pietro ai Romani, quale allora si professava dal -pontefice Damaso e da Pietro vescovo d'Alessandria; ai seguaci di essa -dava autorità d'assumere il titolo di Cristiani Cattolici; i dissidenti -infamava col nome d'eretici, minacciandoli anche di castighi[138]. -Rimossi i vescovi e cherici ostinati, senza tumulto nè sangue si -stabilì la fede ortodossa; e il terzo[139] concilio ecumenico, adunato -in Costantinopoli, confermò nell'interezza sua il simbolo Niceno, -dichiarandolo più distesamente in alcuna parte, onde combattere -posteriori eresie. - -Ciò in Oriente; ma fra noi l'arianismo erasi ricoverato sotto il manto -di Giustina madre di Valentiniano II, la quale, arrogando all'imperiale -autorità anche l'ispezione sopra il culto, pretendeva che sant'Ambrogio -cedesse agli Ariani una delle chiese di Milano. L'indegna proposizione -con fermezza egli respinse; e Giustina, chiamando ribellione -l'opporsi ai voleri imperiali, si ostinò d'ottenere a forza l'intento. -Cominciò a gravare i mercanti d'una tassa di ducento libbre d'oro, e -imprigionare molti che non vollero o non potevano pagarla. Mandò ad -Ambrogio l'ordine di uscire dalla città, ma egli protestò non poter -abbandonare il gregge da Dio affidatogli: minacciollo di morte, ed -egli mostrò nulla desidererebbe meglio del martirio. Deliberata poi di -pubblicamente solennizzare a modo suo la pasqua, citò Ambrogio al suo -consiglio; ma per ispontaneo affetto essendogli corso dietro a turba il -suo gregge fino al palazzo, i ministri imperiali dovettero supplicare -il prelato a disperdere e calmare l'estuante moltitudine, promettendo -non sarebbe violata la religione. - -Bugiarde promesse! Nella solenne mestizia della settimana santa, -uffiziali di palazzo si recano dapprima alla basilica Porziana, poi -alla nuova[140], per disporre ogni cosa a ricevervi l'imperatore e sua -madre. Il popolo torna allora sui tumulti, sicchè gran pena durarono le -guardie a difendere le chiese; e un sacerdote ariano versava in grave -pericolo, se non fosse ricorso per difesa ad Ambrogio stesso. Questi -negava d'esser obbligato a cedere il tempio, attesochè le cose divine -non vanno soggette all'imperatore, il quale si trova nella Chiesa, -non sopra la Chiesa; e dalla cattedra di verità mostrava come sia -lecito resistere all'ingiustizia, non però con armi, non colla forza; -pregava Dio a non permettere si versasse sangue per la sua Chiesa; e -congregati nelle due basiliche i fedeli, gl'intratteneva, or cantando, -ora predicando, e ripeteva — La tirannide del sacerdote è la sua -debolezza». - -Fu allora che Ambrogio, per animare e distrarre il popolo, introdusse -il cantare a vicenda in due cori, cioè le antifone, ancora inusate nel -nostro Occidente. Prima d'allora certamente cantavasi dai fedeli, ma -forse con una semplicità tutta di pratica; e probabilmente nelle chiese -derivate dagli Ebrei seguivasi il modo che questi aveano tenuto nel -recitare i salmi, mentre in Grecia vi si applicavano le melopee della -lira. Da questa melopea greca prese le mosse Ambrogio, sia togliendone -i nômi o le arie popolari, sia riducendo in _octacordi_, o serie di -otto suoni (le ottave), i tetracordi o serie di quattro suoni di cui -componeansi i modi greci[141]. Scrisse pure inni di nobile commovente -semplicità, alcuni dei quali si cantano tuttora[142]. Con santa -compiacenza egli rimembrava la melodia d'uomini e donne, di vergini -e fanciulli, sonante come il fragore delle onde, e dalla quale anche -sant'Agostino restava commosso fino alle lagrime[143]. - -La fermezza d'Ambrogio vinse l'ostinazione dell'imperatrice, che -dischiuse le carceri, tolse le guardie; e Valentiniano, sentendo -la potenza di quell'inerme, diceva a' suoi uffiziali: — Se Ambrogio -l'ordinasse, voi mi consegnereste a lui colle mani legate». - -Ma poco di poi gli fu elevato incontro un dottore degli Ariani, e -pubblicato un editto che permetteva a questi di tenere loro assemblee, -minacciando di morte i Cattolici se le turbassero. Ambrogio tornò alle -armi sue, la predica, le antifone; e dì e notte la chiesa fu occupata -dai fedeli. Tale consenso distolse i principi dall'usare violenza; -e il concilio d'Aquileja, tenuto poco dopo il Costantinopolitano, e -dove Ambrogio sostenne la parte principale, chiarì la fede de' vescovi -d'Occidente, che poterono asserire non esistere più Ariani fino -all'Oceano. - -Ambrogio durò ventidue anni al laborioso ministero, finchè di -cinquantasette a Dio piacque chiamarlo al premio. Si pretende che, -per ricompensare lo zelo adoperato contro gli Ariani da lui e da san -Valeriano, il pontefice erigesse le sedi di Milano e d'Aquileja in -metropoli, dignità fin allora ignota in Occidente. La prima estese la -giurisdizione sui vescovadi da Po fin dentro la Rezia; l'altra su quei -della Dalmazia, della Pannonia, del Norico, e poc'a poco della Venezia: -e l'un metropolita consacrava l'altro, risparmiando il difficile -viaggio a Roma. - -Contemporaneamente san Filastro combatteva gli Ariani, stese un -_Catalogo delle eresie_, e fatto vescovo di Brescia «città rozza, ma -avida di dottrina»[144], resistette a Valentiniano e Giustina insieme -con Benivolo, magistrato, il quale, piuttosto che cedere alle blandizie -dell'imperatore, si ritirò a vivere oscuro in riva al Benàco. A questo -Benivolo sono diretti alcuni sermoni di san Gaudenzio, che peregrinato -a Gerusalemme, in Antiochia conobbe san Giovanni Grisostomo, poi -succedette a Filastro nel vescovado di Brescia, ove colle reliquie -portate d'Oriente consacrò una chiesa col titolo di Concilio de' Santi. -Vigilio dal vicino Trento scorreva la valle dell'Adige e il Veronese, -predicando, battezzando, ergendo chiese, abbattendo idoli: perocchè -nelle vallate alpine conservavasi il culto di Saturno, e nella trentina -di Non (Anaunia) circuivansi processionalmente i campi, litando a -quel dio; al che non avendo voluto uniformarsi Sisinio, Martirio, -Alessandro, furono martirizzati: anche i valligiani di Rondera, ligi -all'adorazione di quell'idolo, lapidarono Vigilio[145]. - -Sì grandiosi uffizj incombevano ai Padri in quella Chiesa, che di -perseguitata diveniva dominatrice; ma sebbene greci e latini difendano -le stesse verità, e in tutti si senta la convinzione che lotta, -l'entusiasmo che eleva, la carità che santifica, traggono carattere -particolare dalla natura del paese, secondo che vivono in Oriente -o in Occidente. In Roma non erano mai prosperate la metafisica e la -filosofia sublime, per difetto in parte della lingua; mentre il sano -intelletto e lo spirito pratico vi campeggiarono nello svolgere ed -ordinare la legislazione. Pertanto gli apologisti latini non offrono -grande apparenza d'ingegno, conservano alcun che dell'alterezza -romana, rigidi, ostinati di non calare ad accordi coll'avversario, -nè tampoco valersi d'altre armi che le proprie; onde sdegnano gli -ornamenti dell'eloquenza, gli artifizj della logica, le reminiscenze -della letteratura ostile. La Grecia, ancora fiorente di lettere quando -il cristianesimo apparve, gli oppose più clamorosa lotta, armata di -cavilli, di seduzioni, di disprezzo; ma quando convertita gli esibì -difensori, questi conservarono le costumanze e i difetti delle scuole -dond'erano usciti, e comparivano in campo come Davide, accinti della -spada rapita al gigante. - -Il nemico stesso che combattevano era differente. Roma, per cui sono -identici la religione e lo Stato, non sa apporre al cristianesimo -condanna peggiore che dichiararlo nemico del genere umano, cioè -dell'Impero; il genio suo legale decreta, uccide, non discute; e gli -apologisti, opponendo rigore a rigore, s'accontentano spiegare il -dogma ed appellarsi alla lettera scritta. I Greci, perdute le avite -istituzioni, naturali alla disputa e alle sottigliezze, retori e -sofisti ingordi di quistioni nuove, guardano i Cristiani come novatori -pazzi o pericolosi, che ripudiando la tradizione, precipitano la -coscienza umana nell'incertezza. Mentre dunque i magistrati a Roma -uccidevano, i dotti di Grecia esaminavano, discutevano, sicchè gli -apologisti erano obbligati scendere a minuzie, accettare l'objezione -arguta, snodare il sottile paradosso, il sillogismo capzioso; e -sentendo tutta la potenza della libera parola, invocavano solo che la -forza non intervenisse nella discussione della verità. - -Gli uni e gli altri aprono la nuova società, posati tuttavia sul -terreno dell'antica; convincono l'uomo che, senza quel lume del lume, -egli ignora le verità più necessarie alla sua condotta, più care al -suo cuore, più dolci alle sue speranze; e invocano la libertà delle -coscienze, non più per il solo senato, nè per una città od una gente, -ma per l'universo. Vinti che ebbero i nemici esterni, dovettero lottare -contro le discordie intestine, cioè coloro che, al modo del serpente -antico, adopravano la parola di Dio per diffondere l'errore, o per -restringere a concetti particolari le verità generalissime che la -Chiesa annunziava. - -Nelle scuole vengono a fronte l'antico Oriente, l'antico Occidente -e il cristianesimo, il quale, estendendosi su tutti gli uomini e -tutti gl'interessi, era naturale che trovasse molte ed interessate -contraddizioni. I Neoplatonici vogliono elevarsi a Dio non mediante la -fede, ma mediante la dottrina. Sêtte giudaizzanti, sêtte giudaiche, -sêtte orientali assenzienti od avverse agli Ebrei, sêtte cristiane -propense o nemiche all'ascetismo, docili o reluttanti all'asiatica -teosofia, cominciano la più splendida gara d'ingegno che il mondo -avesse mai veduta, fra la teologia antica e la nuova, fra la mitologia -poetica e la religione morale, fra la vetustà che tramonta e il nuovo -tempo che s'apre. Onde alla dottrina evangelica incontrò come a tutte -le novità; prima tacciata di sogno e di follia, dappoi se ne confessa -la sublimità, ma appuntandola di plagio, quasi ogni sua verità fosse -dedotta dall'Egitto, dall'India, dall'Accademia; infine se ne adottano -i concetti, mentre tuttavia si persiste ad oppugnarla. Ma su quella -bilancia ha perduto ogni peso la spada; e l'autorità dei cesari, -nell'apogeo della sua forza, non entra per nulla a determinare la -credenza; tanto efficace sonò la parola che distingueva i diritti della -spada da quelli del pensiero. - -Fra le eresie fu clamorosissima quella di Nestorio, il quale negava -l'incarnazione di Dio, distinguendo in Cristo la persona divina -dall'umana, e ripudiando perciò la divina maternità di Maria: -condannata nel concilio di Efeso (431), quarto ecumenico, -venne per ricolpo a dare estensione al culto della Vergine, il quale -contribuì non poco a svellere i resti del paganesimo, convertendo -alla Madre dell'amore e alla donna dei dolori i tempj pagani. Non più -sulla natura di Dio ma su quella dell'uomo sofisticarono i Pelagiani, -cercando perchè tanti mali si patiscano sotto un Dio buono, come -la prescienza divina si combini coll'umana libertà, e la Grazia -coll'attività morale dell'uomo. I Manichei lo spiegavano in modo -vulgare, supponendo un Dio buono e un malvagio; e da quella provincia -romana dell'Africa, dove si svolsero le più vigorose intelligenze -cristiane, dove si elaborarono i principj fondamentali della cristiana -filosofia, sorse il più vigoroso combattitore, sant'Agostino, del quale -parleremo fra poco. Eutichiani, Monofisiti, Monoteliti, colle varie -gradazioni di loro eresie concernenti la natura o la volontà di Dio e -del suo Verbo, agitarono piuttosto l'Oriente. - -Perocchè la divisione ch'erasi fatta nell'Impero, estendevasi pure alle -chiese, e cominciata dalla fabbricazione di Costantinopoli, dura fino -ad oggi, avendo ciascuna, anche prima di scindere la essenziale unità, -conservato un'impronta e una pendenza particolare; speculativo il genio -bisantino, pratico il genio romano. Allorchè la Chiesa greca si radunò -nel concilio di Nicea, fu per chiarire la relazione delle tre persone -divine, e settanta opinioni agitavano il clero abissino sopra l'unione -delle due nature in Cristo: la latina non ebbe trattati dogmatici prima -di Agostino, nè prima di Gregorio Magno alcun metafisico sedette sul -trono papale. In Oriente si disputa sulla essenza della natura divina, -mentre quasi ignote vi sono le quistioni sulla libertà umana e sulla -Grazia: al contrario, da noi si ragiona sopra gli atti umani. - -I rigori della vita monastica erano cominciati in Oriente; e i -deserti della Siria e della Tebaide si popolarono d'anacoreti, che -nella solitudine attendevano ad operare la salute delle proprie -anime, staccati dalle cose terrene, come Antonio[146], Pacomio, -Ilarione. Non tardarono i monaci a propagarsi nel nostro paese, forse -allorchè sant'Atanasio scorreva l'Italia per combattere l'arianismo: -ma ben presto si raccolsero in compagnie, sotto regole dettate da -sant'Agostino, poi da san Benedetto; e furono piuttosto missionarj -di Barbari, dissodatori di terreni, assistenti di infermi; nè le Alpi -e gli Appennini videro strazj e macerazioni quali i torrenti petrosi -dell'Egitto e le bollenti arene della Libia; e invece di quegli stiliti -che colà passavano l'intera vita su di una colonna, da noi si vide -l'attività efficace di sant'Ambrogio, di Leon Magno. - -La Chiesa greca restò corrotta dalla propria immobilità, non -progredendo in mezzo a tanto sapere, non raffinando l'arte in -mezzo a tanto cerimoniale, anzi vedendo sorgere gli Iconoclasti, -poi retrocedendo collo scisma. Nella latina invece il buon senso -filosofico e pratico si piegò al progresso, si modificò a seconda -dei tempi e nello svolgersi dell'attività; man mano che la società -secolare diveniva impotente, l'ecclesiastica vi si surrogava; i riti -pagani come i tempj conservava, trasformandoli e traendoli a superiore -intelligenza; le terre cambiavano i nomi per assumer quello d'un santo. - -La differenza fra le due Chiese fu rivelata maggiormente -dall'ordinamento esterno. L'impero Occidentale sfasciavasi quando -appunto ingrandivano i pontefici; e in questi si concentrava -l'autorità, che lasciavansi cadere di mano i magistrati civili. -Avrebbero essi dovuto allegare l'incompetenza, per non esporsi al -rimprovero d'usurpazione, dato molti secoli dopo da una filosofia non -solo estranea a quei pericoli, ma incapace o risoluta a non intenderli? -doveano lasciare che la società andasse a fascio, anzichè togliere a -dirigerla, come ognuno deve fare ne' frangenti? - -Il patriarca di Costantinopoli scapitava per la presenza -dell'imperatore; nè era meglio che una delle ruote d'un sistema civile, -regolare, protetto dalla gerarchia e dall'esercito. In Italia invece -vedremo ben presto gl'imperatori fuggire da Roma, sicchè il papa, -dolente sì, ma non vergognoso delle pubbliche sventure, mantenevasi -colla fronte alta, come scevro dalle colpe imperiali; quando ogn'altra -autorità perdea vigore, egli solo rimaneva cogli attributi di un'altra -sovranità, reale e permanente; e le istituzioni politiche dell'impero, -l'energia delle genti occidentali, il pericolo valeano ad assodarlo, -mentre a lui si volgeano i Barbari, ch'egli doveva convertire, -illuminare, incivilire, governare. - -Il bisogno di difesa e d'azione facea stringere fra sè i monaci, -milizia poderosissima de' pontefici. Il celibato staccò l'ordine -sacerdotale dal laico, e dagli interessi e affetti terreni; sicchè -il prete si considerò superiore al laico, e perciò esigeva rispetto -e sommessione, come marchio di santità adducendo le astinenze e la -dottrina. Perfino la lingua comune e la pace universale, che parvero -sin oggi utopie benevole, vennero dalla società cristiana attuate per -quanto è possibile col parlar latino e coi concilj. - -Così, mediante il cristianesimo, dentro periva il despotismo, cioè il -potere separato dal dovere, l'autorità che crede aver sopra gli uomini -ogni diritto, fin quello negatogli dalla legge naturale e divina; fuori -periva la nazionalità esclusiva, tutto dirigendo all'affratellamento. -Nè però la Chiesa aboliva l'individualità degli uomini o de' popoli, -anzi la nobilitava; solo alla nazionale esclusività contrapponeva -il concetto d'universalità, dovendosi rispetto anche ai minimi, non -perchè greci o romani od ebrei, ma perchè uomini e cristiani, perchè -non fattura capricciosa di varj numi, ma libera creazione del Padre -nostro[147]. Le verità, tramandate parte in iscritto, parte a voce, -riceveano non solo spiegazione ma autenticità dalla Chiesa, che n'è -la depositaria e la garante, e ogniqualvolta ne vede intaccata una, la -chiarisce e svolge viemeglio; e poichè non c'è verità astratta che non -operi sulla morale, stabilendo quelle purifica questa. - -Tale fu il còmpito de' santi Padri. Malgrado che le condizioni della -società d'allora e i sopravenuti infortunj tardassero i frutti, pure -non v'è per avventura miglioramento alcuno de' tempi più civili, che -almeno in germe non si trovi in essi. Succeduti agli apostoli ed ai -martiri per propugnare col sapere e colla parola le credenze nuove, -sorte col popolo e fra il popolo rampollate, essi rompono il perpetuo -circolo dell'imitazione fra cui era incantata la profana letteratura, -e formano il secolo d'oro della cristiana: e noi potemmo studiarvi -molte particolarità della storia de' popoli, e il lento ma incessante -maturarsi della più vasta rivoluzione, e gli ostacoli attraversatile -dalla scienza appoggiata sulle antiche osservanze, sinchè fu chiamata a -sostenere con reintegrato vigore le nuove. - -Le dispute che essi agitarono, oggi sono dimenticate: ma essi -combatterono perchè noi, vulgo senza diritti nè forza nè divinità, -potessimo cessare d'essere schiavi negli ergastoli, o pasto ai leoni -per divertimento del popolo re, e le nostre anime trastullo ai sofismi -dei filosofi, alla prepotenza dei dominatori, alla lascivia de' ricchi; -combatterono, perchè noi plebe potessimo sentire l'eguaglianza nostra e -proclamarla in diritto, sinchè il tempo non la consacri nel fatto. - - - - -CAPITOLO LI. - -La coltura pagana digrada, si amplia la cristiana. - - -Quella dei santi Padri era letteratura vitale, nuova, dell'avvenire; -ma la scolastica, di forme ricalcate sui modelli classici, neppur un -grande scrittore produsse dopo Costantino. Dall'Africa fu chiamato -a Roma e a Milano sant'Agostino per insegnare eloquenza; dalle -Gallie un retore per tessere il panegirico a Teodosio; le vennero -d'Egitto Macrobio e il migliore poeta Claudiano, da Siria il retore -migliore Icherio, d'Antiochia il migliore storico Ammiano Marcellino; -e ricordiamoci che in gran carezza di viveri, essendo rinviati i -forestieri da Roma, i pochi letterati dovettero andarsene, conservando -invece tremila ballerine, altrettante cantatrici, e loro maestri e cori -e turba seguace. - -Scuole però non mancavano, e san Girolamo vi si esercitava fanciullo -a declamare, e con finti litigi addestravasi ai veri; nei tribunali, -udiva eloquenti oratori disputare fino a svillaneggiarsi e -mordersi[148]. Valentiniano e Graziano istituirono scuole di retorica -e grammatica greca e latina nella metropoli di ciascuna provincia; e -coloro che venivano a studio in Roma, dovevano portare dalla patria -attestazioni dell'esser loro, poi arrivando notificare dove abitassero, -a che studj intendessero, non bazzicare male compagnie e spettacoli, -se no cacciati a verghe[149]. I maestri di grammatica non insegnavano -meramente gli elementi della lingua, sibbene tutte le scienze -filologiche[150]: che in conto maggiore fossero quei di retorica, -appare dal doppio delle razioni a loro assegnate[151]: passavano di -città in città al fiuto de' migliori stipendj, trafficando di versi, -complimenti, panegirici, dispute, senza curarsi dell'impero che cadeva -o del cristianesimo che sorgeva. Così le scuole diventavano semenzaj di -cattivo gusto, come ogniqualvolta s'insegna a supplire ai pensieri con -un'enfasi sempre più esagerata, e con cumuli di figure alla perfezione -dello stile e alla purezza della lingua. - -Deteriorando la coltura e crescendo la mescolanza, sopra l'arte -imitatrice studiata dagli scrittori rivalse l'elemento popolare, -spontaneo e incolto; sicchè nemmeno i Romani giunsero a conservare -l'aristocratica purità della dicitura. A ciò s'affaticarono retori -e grammatici; Mauro Servio commentator di Virgilio; Elio Donato -precettore di san Girolamo e autore dei rudimenti della grammatica, che -divennero modello alle posteriori; Nonio Marcello che trattò _della -proprietà delle parole latine_; Pomponio Festo che scrisse della -significazione delle parole; Sosipatro Carisio che diede cinque libri -di osservazioni grammaticali; Diomede, Fabio, Planciade, Fulgenzio, -che hanno il merito d'averci conservato qualche frammento o qualche -tradizione antica; ultimo Arusiano che dispose alfabeticamente frasi e -locuzioni spigolate nei classici. - -Questi grammatici erano i soli che trascrivessero i libri per uso della -scuola: e regolandosi secondo il gusto particolare, lasciavano perire -i migliori per conservare i più opportuni; preferivano le cose tenui -e le brevi alle storie di Tacito e di Livio; col divulgare estratti -buttavano in dimenticanza le opere, il cui guasto venne dunque ben -prima che dal medioevo e dai frati. - -Altri compilatori ci tramandarono notizie sulla storia e sulle -scienze, come Aurelio Macrobio, vissuto al tempo di Teodosio II, -che nei _Saturnali_ introduce persone di conto a discorrere di -variatissimi argomenti, riportando le notizie e le dottrine degli -autori colle parole lor proprie. Di qui una sgarbata mescolanza di -stile, confessando egli stesso maneggiare a stento il latino, giacchè -era nato in Oriente: ma ci conservò per tal modo brani importanti[152]. -Marciano Cappella africano nei nove libri del _Satyricon_ fa fascio -d'ogni erba in verso e in prosa: e quella specie di compendio di tutte -le scienze servì di testo alle scuole del medioevo. Di Censorino, più -che gli _Indigitamenta_ sulle divinità che hanno potenza sopra la vita -dell'uomo, è utile il trattato cronologico, astronomico, aritmetico, -fisico De die natali, per la cognizione che se ne trae de' computi del -tempo fra' diversi popoli. - -Le scienze non furono nè estese, nè applicate. La medicina seguitava -in un empirismo misto d'incantagioni e di formole. Oribaso da -Pergamo, medico di Giuliano e suggeritore delle costui superstizioni, -transuntò opere d'antichi; ma il poco che ne rimane non ci aggiunge -veruna cognizione: se non che discorre saviamente sugli esercizj di -corpo frequentati dagli antichi, e sull'educazione fisica da darsi ai -fanciulli, raccomandando quel che mai non sarà predicato abbastanza, -d'invigorire il corpo prima di coltivare lo spirito, e lasciar questo -in riposo fino ai sette anni, e allora affidare i ragazzi a maestri, -ma fin ai quattordici astenerli da grammatici e geometri; dappoi non -lasciarli mai oziosi, acciocchè precoce non si svegli in essi l'istinto -della carne. Teodoro Prisciano scrisse in latino e in greco un -_Emporiston_ delle malattie facili a curarsi, il _Logicus_ sugl'indizj -delle croniche e delle acute, il _Ginecion_ su quelle delle donne, e -un libro d'esperienze fisiche. Di veterinaria (_mulomedicina_) trattò -un Publio Vegezio, de' mali de' bovi un Gargilio Marziale, scorrendo su -tutta l'economia rustica. Va col titolo di _Medicina pliniana_ un libro -mal attribuito a Plinio Valeriano. Dopo Costantino v'ebbe archiatri di -palazzo, spesso decorati del titolo di conti del primo ordine, e nel -v secolo posti a paro coi duchi o vicarj. Fu pensiero nuovo quel di -Valentiniano II d'assegnare un medico a ciascuno dei quattordici rioni -di Roma. - -Vindanio Anatolino diede alcune regole d'agricoltura, buone quantunque -miste a gentilesche superstizioni. L'ultimo scrittore latino d'agraria, -Palladio Tauro Emiliano, in quattordici libri offre, appropriandoli a -ciascun mese, estratti d'antichi, massime di Columella, più di questo -esatto nel parlare d'alberi fruttiferi e degli orti: l'ultimo libro -è in versi elegiaci. In Italia, dove la retorica guasta sì spesso e -la storia e la precettiva, giovi ricordare ch'egli dal bel principio -avvertiva: — Innanzi tratto vuolsi por mente a qual sia la persona cui -devi insegnare, nè chi istruisce l'agricoltore deve emulare le arti -e l'eloquenza dei retori, come si fa da certuni che, volendo parlare -eloquentemente ai contadini, ottengono che la loro dottrina non possa -capirsi nemmeno da' più esperti». - -I Romani sapevano la guerra per arte più che per scienza; nè lo stesso -Giulio Cesare riesce di grande utilità agli studiosi della strategia. -Il primo che ne trattasse dogmaticamente fu Vegezio Renato, che -nell'_Epitome institutionum rei militaris_, dedicato a Valentiniano II, -spogliò varj autori di arte bellica terrestre e marittima, e gli ordini -d'Augusto, Trajano e Adriano «affinchè, coll'esempio e l'imitazione -delle antiche virtù, gl'istitutori de' giovani soldati potessero -ripristinar l'onore della milizia romana guasta e giacente». - -Adriano, trovando mal accomodarsi l'antica legione coi nuovi modi della -guerra, era ricorso al triviale ripiego di sceglierne i più prodi -e obbedienti, e formarne una coorte di mille, quasi il frantumarlo -rendesse buono ciò che non è. Probabilmente collocavasi essa a capo -della legione, e dietro a lei le nove altre coorti, disposte sopra -tre linee: lo che rendeva agevole il formare il battaglione quadrato, -di grand'uso nelle guerre di quel tempo contro la cavalleria, nerbo -de' Parti e degli Arabi. Ma al tempo di Vegezio la coorte era già -ben diversa da quella d'Adriano, componendosi di due linee; la prima -d'una fila di soldati pesanti, e d'una d'arcieri ferrati, con lancie e -chiaverine; seguivano due file di veliti; indi una schiera di macchine -da saettamenti, tra cui balestrieri e frombolieri e reclute male ad -ordine d'arme, e gli _additi_ destinati a protegger le macchine alle -spalle; ultimi stavano i triarj per la riscossa. Vegezio si lamenta -che della legione non sussista più che il nome: a fatica si reclutava, -doveasi concederle voluttuosi quartieri, alleggerirne le armi, infine -empirla di stranieri; eppure, dice Vegezio, lasciavansi uccidere non -come uomini, ma come bruti, anzichè portar armi di buona difesa. - -Espone egli coll'ordine schietto e appropriato di Senofonte; mette -per fondamento valere più l'arte che la natura, e coll'esercizio e -le istituzioni essere i Romani riusciti ad una superiorità, non data -loro dalla natura. — Non superavano essi in numero i Galli, in agilità -gli Spagnuoli, in forza i Germani, in iscaltrimenti gli Africani, -gli Asiatici in ricchezza, i Greci in dottrina; ma meglio di tutti -sapeano scegliere buoni soldati, istruirli nella guerra per principj, -rinvigorirli con esercizj giornalieri, prevedere quanto può occorrere -nelle varie maniere di mischie, di marcie, d'accampamenti; punire -i vili, ricompensare i prodi. Queste parti della scienza militare -crescono il coraggio; nessuno ha paura nel praticare ciò che ha bene -imparato; ond'è che un gomitolo ben destro e disciplinato prevale -ad uno più numeroso, ma di minor disciplina ed esercizio, che perciò -trovasi esposto a sconfitte micidiali». Scende poi alle particolarità -de' varj esercizj nella centuria, nella coorte, nella camerata, -nell'individuo. - -Nel libro secondo elevasi ad ordinamenti superiori, e alle guise -con cui avvincevasi alla bandiera il soldato, non più volontario; -facendogli, per Dio, per Cristo, per lo Spirito Santo e per la maestà -dell'imperatore, giurar d'obbedire, di non disertare, d'immolar la -vita per l'impero. Nel terzo tratta del formare gli eserciti, del -conservarli sani e ben animati e disciplinati, delle qualità del -capitano, dei segnali, delle disposizioni a norma del terreno, del -passo dei fiumi, dei fenomeni naturali. Nel quarto ragiona delle -fortificazioni; nel quinto della marina: cose del tutto mutate oggidì. - -Nè gran cosa si può imparare da' suoi ordini di battaglia; ma i -consigli e le massime generali contengono principj sicuri, che ancora -non perdettero l'utilità. — Più avrete esercitato e disciplinato il -guerriero ne' quartieri, men pericoli correrete in campo. Non ordinate -mai le truppe in battaglia campale, che non ne abbiate sperimentato il -valore con avvisaglie, e non siano sicure di vincere. I grandi generali -non danno mai battaglia se non tratti da occasione favorevole o dalla -necessità. Procurate ridurre il nemico colla fame, col terrore, colle -sorprese, più che colle battaglie, giacchè in queste la decisione sta -alla fortuna. Maggiore scienza si vuole a ridurre il nemico per fame -che per ferro. Staccate dal nemico più uomini che potete, e ricevete -bene tutti quelli che a voi verranno: chè guadagnerete più col trar -uomini a voi che coll'ucciderli. Dopo una battaglia fortificate i -posti, anzi che sparpagliare l'esercito: chi lascia i suoi sbandarsi -inseguendo i fuggiaschi, cerca perdere la vittoria. Il disegno migliore -è quel che rimane celato al nemico. Cogliere le occasioni è arte di -guerra più utile che il valore. L'armata acquista forze nell'esercizio, -le perde nell'inazione. Chi rettamente giudica delle forze proprie -e delle avversarie, di rado soccombe. Il valore prevale al numero; -una posizione vantaggiosa prevale talvolta al valore. Manovre sempre -nuove rendono formidabile un generale; condotta troppo uniforme lo -fa vilipendere. Secondo sarete forte in fanteria o in cavalleria, -procuratevi un campo favorevole a questa o a quell'arma; e l'urto -maggiore parta da quel dei due, su cui fate maggior caso. Deliberate -con molti ciò che in generale converrebbe fare; decidete con pochissimi -o anche da solo su ciò che dovete fare in ciascun caso particolare». - -Sesto Giulio Africano, nei _Cesti_, deplorata la invalsa trascuranza -delle armi offensive, continua: — Se si pensasse a proteggere i -guerrieri con corazze ed elmi alla greca, se si attribuissero ad -essi lunghe lancie, se si esercitassero a scagliare più a sesto il -giavellotto, e a combattere caduno per se stesso, e quando occorra -avventarsi sopra il nemico, correndo di tutta forza sin al tiro dei -dardi, certo i Barbari non resisterebbero». Le quali modificazioni -furono appunto adottate sotto Alessandro Severo, che con soldati così -allestiti formò una gran falange di sei legioni, più numerosa che mai -non fosse stata la greca. Ma già alla forza surrogavasi l'astuzia, ed -esso Giulio si diffonde intorno ai modi di far perire il nemico senza -combattere, cioè avvelenar le acque, i cibi, l'aria stessa, spaventare -i cavalli, circuire il nemico con quelle frodi che la prisca virtù -romana aveva aborrite. Poi suggerisce spedienti per sostenere intrepidi -sia l'attacco de' nemici, sia il ferro de' chirurgi; all'uopo è ben -fortunato chi trovi nello stomaco d'un gallo una pietruzza, e la porti -seco alla mischia; come pure converrà tenersi propizio il dio Pan, -ispiratore del terror panico, e potentissimo a dare e togliere il -coraggio. - -In tempi di tanta importanza pel morire di una e il sottentrare -d'un'altra civiltà, nessuno tolse a delineare al vero i popoli -invasori, o il carattere dei personaggi senz'adulazione o livore. Nè -a contemplare d'occhio fermo i casi, e con ordine e verità narrare -tanti disastri era opportuna quella mollezza degli intelletti, quello -spossamento degli animi. Qual fiducia avere nel domani quando si vedeva -perire ramo a ramo la pianta sociale, nè prevedevasi qual sorgerebbe -dal suo ceppo? I Barbari, in perpetuo ed irragionato movimento, -presentavano soltanto l'agitazione del caos o l'impulso dell'accidente -cieco, ineluttabile: maledirne le vittorie era pericoloso quando -già sovrastavano, viltà il celebrarle; meglio tornava il tacere o -stordirsi. - -Aurelio Vittore scarnamente compendiò le vicende romane da Augusto fin -alle vittorie di Giuliano nelle Gallie, il quale gli decretò una statua -di bronzo, onore svilito, e il governo della seconda Pannonia, indi -Teodosio la prefettura di Roma. Flavio Eutropio, che fece la campagna -di Persia con Giuliano, per ordine di Valente scrisse un _Breviario_ -della romana storia in dieci libri, dall'origine fino a Gioviano, con -facile, semplice e pulita dettatura, e con amor del vero, quantunque -non gli basti sempre l'arte di sceverarlo dal falso. Sesto Rufo, per -ordine di Valentiniano, dettò un _Compendio delle vittorie e delle -provincie del popolo romano_, specie di statistica, cui fa corona -un opuscolo sui monumenti e gli edifizj di Roma. Storie scritte per -ordine! - -Ammiano Marcellino, nato di buona casa in Antiochia, militò nella -Mesopotamia e nella Gallia; poi di cinquant'anni ritiratosi dalle armi -in Roma, scrisse in latino una storia dal punto ove Tacito finisce, -sino alla morte di Valente: ma dei trentun libri ci rimangono solo -gli ultimi diciotto, che abbracciano dal 352 al 78, viepiù importanti -perchè ogn'altro storico è venuto meno. A modo dei cronisti, digredisce -grossolanamente sopra le comete ed altri accidenti naturali, mentre -tace occorrenze di capitale rilievo. Da soldato narratore scarseggia -d'arte e finezza, ma non di buon senso e amore della verità; non si -propone scolasticamente un modello qualsivoglia, non fa della storia un -retorico esercizio, e conosce che la semplicità ne è merito supremo; -sa mostrare come i fatti si concatenino, e delineare i caratteri; -e preziose informazioni ci trasmise su paesi e costumi che avea -veduti, e massime sulla Germania. Al cristianesimo non fa buon viso, -pure non l'aspreggia; e disapprova egualmente le mistiche follie di -Giuliano, l'intolleranza di Costanzo, e lo sviare d'alcuni vescovi -dalla primitiva disciplina. È l'ultimo suddito di Roma che in latino -scrivesse una storia profana, onde si prova un vero rincrescimento -nell'abbandonarlo[153]. - -I narratori ecclesiastici sono greci i più; e fra' latini, per dizione -pura e calma sobrietà fu chiamato Sallustio cristiano Sulpizio Severo -d'Aquitania, che con pia credulità scrisse la vita di san Martino, e le -vicende della religione dall'origine del mondo fino al 410 dopo Cristo. - -Dal vuoto Plinio sin a Costantino appena si trova chi aspiri al -titolo di oratore; e le _Declamazioni di dieci retori minori_, -raccolte da Calpurnio Flacco al tempo degli Antonini, girellano sopra -soggetti immaginarj con poca arte, meno eleganza e niuna spontaneità. -All'introdursi del fasto orientale frequentarono i panegirici, e -dodici ce ne rimangono, infelici imitazioni del non felice Plinio: -sono gratulazioni e piacenterie recitate agli augusti in nome della -provincia dai più eloquenti, cioè da quelli che sapevano dir a -disteso e ornatamente ciò che in breve e con semplicità si potrebbe. -Anicio Simmaco romano, da Prudenzio anteposto fin a Cicerone, ci pare -infelicissimo; pregia gli antichi, ma smanioso del bagliore poetico, -ingordo dell'applauso anzi che castigato veneratore della bellezza, -trastullasi in licenziosi traslati, e di giocherelli ingegnosi -copre fracide adulazioni[154]. Suo figlio ne raccolse le lettere in -dieci libri, senz'ordine cronologico, ma non inutili alla storia; e -chi le paragoni con quelle di Cicerone, poi con quelle di Plinio, -avrà tracciata la crescente digradazione dalla franca semplicità -repubblicana alle formole pomposamente servili. Per eloquenza Mario -Vittorino africano ottenne una statua nel fôro Trajano, e dall'Apostato -fu eccettuato dal divieto d'insegnar belle lettere, quantunque -cristiano: ma nè ciò, nè gli encomj dei santi Agostino e Girolamo -tolgono alle opere sue di parer buje ed incolte, oltrechè povere di -dottrina teologica. - -I poeti ridussero a mestiere l'adulare, e uniti in maestranze -come le altre arti, dai loro priori erano condotti al palazzo dei -grandi per celebrare onomastici, matrimonj, virtù finte quanto le -augurate prosperità. Si lascino nell'oblio co' loro odierni imitatori -que' verseggianti ispirati da fame e da vigliaccheria; quelle -poesie descrittive, dove l'eleganza stentata rivela la meschinità -dell'ingegno. Solito delle età di decadenza, al bello si credette -supplire col difficile; e Publilio Ottaziano, esigliato da Costantino, -ottenne grazia coll'offrirgli una serie di componimenti, alcuni dei -quali figurano un altare, altri un flauto, quale un organo[155]; in -uno il primo verso è tutto in bisillabi, il secondo in trisillabi, -il terzo in quadrisillabi; in un altro si succedono le parole di -una, due, tre, quattro, cinque sillabe; in altri la prima parte -dell'esametro è riprodotta nella seconda del pentametro[156]; in uno -i versi possono leggersi da destra a mancina senza che si alteri il -metro; in uno di venti versi, tutte le prime lettere insieme formano -_Fortissimus imperator_, le quattordicesime _Clementissimus rector_, -le finali _Costantinus invictus_[157]. Altri tessellavano poemi nuovi -con emistichj vecchi, come Falconia Proba che applicò a Gesù Cristo -le frasi di Virgilio; del casto Virgilio, cui Ausonio trasse a laide -significazioni. Rufo Avieno, due volte proconsole al tempo di Teodosio, -ridusse in versi latini i _Fenomeni_ e i _Prognostici_ d'Arato, e la -_Descrizione della terra_ di Dionigi Alessandrino, e fin le storie di -Livio pensava verseggiare in giambi. - -Claudio Claudiano d'Alessandria, già maturo, adottò la lingua -latina, e le restituì un vigore disimparato; scrisse sopra differenti -soggetti, alcuni di rimembranza, come il _Ratto di Proserpina_ e la -_Gigantomachia_; i più d'occasione, or lodando il barbaro suo mecenate -Stilicone, or con estro più caldo vituperando Rufino ed Eutropio -avversarj di quello; sempre esagerato, sempre ingrandendo le cose -piccole, abbellendo le grette. Triviale d'immaginativa, trova però -felici modi[158]; è mirabile artefice d'armonia: ma non trascende -mai quel piccolo valico, per cui gli ottimi arrivano a sollevare -l'intelligenza e toccare il cuore. Entrato franco nel soggetto, -languisce come chiunque non sorregge l'ingegno collo studio: nè rifugge -da immagini esuberanti o schife, come cavalli che pregustano la preda -che avran domani, o vene che vomitano l'oro, o mari che sputano gemme -sulla spiaggia. - -Soprastava Alarico, soprastava Attila; ed i poeti chimerizzavano la -Roma di Fabrizio e di Catone, nella città dei papi ricantavano Giove -e la guerra, e a Stilicone parlavano un linguaggio qual sarebbe stato -conveniente a Mario. Claudiano ha in pronto numi ed augurj per ogni -occorrenza, per levare in cielo il cattolico imperatore Teodosio, -per festeggiare il natalizio d'Onorio e vaticinare la fecondità de' -suoi illibati imenei. Il genio poetico s'incateni a idee che hanno -perduto la forza, la vita, l'avvenire, e avrà condannato se stesso a -rimbambolire. Nè allora si trattava de' trastulli poetici di certi -poetonzoli odierni; perocchè, quando stavansi a fronte due civiltà -nemiche, il cantar Giove significava chiarirsi contro Cristo; e -Claudiano forse col beffare i Cristiani[159] e rendersi cantore -uffiziale del paganesimo, meritò che il senato facesse dai _dottissimi_ -imperatori decretargli il titolo di chiarissimo, il grado di notaro e -una statua nel fôro Trajano[160]. Ma la ruina del generale Stilicone -ravvolse anche il poeta. - -A Magno Ausonio di Bordeaux l'esser maestro di Graziano fece ottenere -il titolo di conte, e le dignità di prefetto al pretorio d'Italia e -d'Africa, e di console. Graziano, che non avea potuto trovarsi presente -all'inaugurazione di lui, volle assistere allorchè deponeva i fasci; -nella qual occasione il poeta recitò il ringraziamento che ci resta. -L'imperiale alunno gli rispose: — Pago un debito, e pagandolo resto -ancora debitore»; motto che val meglio di tutta l'elucubrata arringa -del poeta. Morto Graziano, Ausonio collocossi in patria, ove compose -la più parte delle opere che ce ne restano; delle quali tal conto -facevasi, che Teodosio gliele chiese per lettera. Però, se nella -verseggiatura conserva quel fiore che ultimo i Latini perdettero, dà -troppi segni di decadenza; alla parola propria surroga artifiziate -circonlocuzioni; e le lettere son le nere figlie di Cadmo, bianca -figliuola del Nilo la carta, gnidj nodi la cannuccia da scrivere. -Nel _Grifo_ enumera tutte le cose che vanno tre a tre, le Grazie, le -Parche, le fauci del Cerbero, il tridente di Nettuno, le teste della -Gorgone, Iddio uno e trino; mescolanza di sacro e profano, in cui -cade sovente. Piacesi anche degli sforzi, come terminare un verso -col monosillabo da cui comincia il seguente: insomma un frivoleggiare -perpetuo in mezzo a pericoli incalzanti. - -E s'egli è vero che fosse cristiano, voleva per arte rimanere -gentilesco. Anche altri poeti cristiani s'accontentarono d'imitare i -classici in descrizioni, narrative, didascaliche, panegirici, antichi -di forma come d'immagini e di stile, se non che surrogavano la sacra -scrittura, vite di santi, virtù cristiane; innesto disopportuno sul -giovane tronco. San Severino lasciò un poema bucolico sopra una delle -molte epizoozie che, uscente il iv secolo, s'aggiunsero alle altre -sventure. Bucolo pastore al mandriano Egone guaisce d'aver perduto il -suo armento; e Titiro, chiesto come il suo conservasse, risponde, col -fargli in fronte il segno della croce; dal che toglie occasione per -ridurli a seco adorare il Cristo: veste antica con toppe nuove. - -Altri, affidandosi ai sentimenti personali, aprivano campo intentato; e -col cristianesimo, religione intima, coi sublimi modelli de' profeti, -coll'espressione della gioja e della tristezza universale per via di -cantici ripetuti a coro, la poesia latina si svincolò dalle elleniche -imitazioni, e si fece originale, spontanea, inspirata. Alcuni inni, che -tuttora si cantano dalla Chiesa, reggono a petto delle migliori odi de' -classici, se non per elegante purezza di lingua, certo per profondità -di sentimento e poetica potenza[161]. Destinata non a dilettar pochi, -ma ad operare su tutti, non ad essere letta a tavolino, ma cantata -nelle piene chiese, la lirica dovette scegliersi altre forme, più -libera nella frase e nel metro, preferendo strofe di quattro versi, -e giambici di quattro piedi, confacevoli alle schiette cantilene del -coro; dalle severità della prosodia e del ritmo emancipandosi più -sempre, finchè l'accento prevalesse del tutto alla quantità, e ne -venisse la versificazione moderna. Anche nella descrittiva, qualora non -vada sopraccarica d'inutili ed estranie particolarità, come in alcuni -panegirici di santi, ricorre la solenne gravità e la forza dignitosa -de' classici, mentre occupa di profondo sentimento il lettore, lontano -al pari dalle sdulcinature e dalla gonfiezza. - -Negli inni di Aurelio Prudenzio tarragonese, oltre la cristiana -unzione, si riscontrano passi e graziosi e commoventi, e pratica delle -bellezze classiche, benchè incappi in solecismi, e leda le regole del -metro. San Prospero d'Aquitania, notaro di Leon Magno, lasciò alcuni -poemi, centosei epigrammi, o dirò meglio pensieri morali, derivati -da sant'Agostino; un carme degl'_Ingrati_, designando con questo -nome i Semipelagiani, che pretendevano potesse l'uomo colle sole sue -forze operare la propria santificazione. Sidonio Apollinare, nobile -lionese, coi panegirici agl'imperatori Avito, Magioriano, Avieno -acquistò onori; poi ritiratosi placidamente nell'Alvernia, vivea con -tre figli e coll'ottima moglie, visitato da quanto possedeva di meglio -la fiorente Gallia, e scrivendo versi su tutti i piccoli accidenti: -non manca d'estro e immaginativa, ma l'andazzo delle scuole il trasse -a sottigliezze e metafore esagerate, che parevano un oro ai depravati -Romani e agl'ignoranti invasori. - -Comodiano di Gaza fece un poema contro i Pagani, ove le iniziali -di ciascun articolo formano il titolo dell'opera; ma è degno -d'osservazione che gli esametri non han più riguardo alla quantità -delle sillabe, ma al numero soltanto: avviamento dalla versificazione -metrica alla ritmica moderna, e indizio che la pronunzia già fosse -alterata, sebbene vivesse ancora il latino. E nuovo segno ne è -l'introdursi della rima, la quale, se talvolta già era sfuggita anche -ai classici, allora adopravasi per sistema sì nei versi che nella -prosa[162]. Pure, se la prosa, accostandosi al parlar comune, ritraeva -dell'alterazione prodotta dalla mescolanza di tante barbare voci e -frasi, il poeta, non ispirato e spontaneo ma studioso e ricordevole, -trovava ne' suoi modelli la purezza primitiva e meditata: laonde fin -quelli che scrivono disacconcio e barbaro, come Sidonio e Capella, -nei versi non sembrano più dessi. E sebbene ad altri insegnamenti che -gli ordinarj fossero formati coloro che s'applicavano alla scienza -di Dio ed alle quistioni morali e teologiche, salta agli occhi un -malaugurato contrasto tra il fondo e le forme, le idee e lo stile: -quelle, gravi e interessanti, come espressione degli uomini e del tempo -cui appartengono; questo, affettato, quasi l'autore, nell'applicar la -fantasia a cercare ingegnose combinazioni di parole e di frasi, tema -sempre non trovarne di abbastanza nuove, bizzarre, forzate. È costretto -usar la parola propria e immediata? vuol però rialzarla e darle -apparenza di nuova con un giro della frase che stuzzichi l'attenzione, -ecciti la meraviglia. - -La Bibbia portò un ringiovanimento nella letteratura latina, insegnando -una inusata semplicità d'esposizione, una poesia più schietta, e -a trattare i punti più elevati senza metafisiche astrazioni, ad -esprimersi per immagini vive: e di là cominciarono le invenzioni -simboliche, onde si arricchì il medioevo. Troppe cagioni, e non -letterarie, intristirono i frutti; ma non è men vero che, mentre, per -la trasfusione della lingua cristiana, sovvertivasi il latino classico, -ne nasceva un nuovo che poi divenne comune a' filosofi, e durò fin nel -Cinquecento allorchè risorse il ciceroniano. - -Di bonissima ora la Bibbia fu tradotta in latino, e forse qualche parte -in latino scritta: dal che raccogliete quanta ragione abbiano i pedanti -di considerare come barbara una dettatura contemporanea di Tacito[163]. -Il Vangelo e gli Atti apostolici, narrandoci puramente quel che rileva -alla dottrina, lasciavano la curiosità su quel profluvio di notizie, -che soglionsi desiderare intorno a tutte le persone insigni, venerate -o dilette. Per soddisfarvi cominciarono alcuni a raccontare la vita di -Cristo, della sua madre[164], degli apostoli, parte raccogliendo quel -che da altri udivano, alterato come accade dalla tradizione, parte -aggiungendovi di loro fantasia. Ne vennero così i vangeli apocrifi, i -quali, sebbene non sieno esibiti alla fede del credente, nè resistano -all'esame del critico, sono però modelli d'ingenuità, che contrastano -singolarmente coll'antica letteratura, massime della decadenza. Alla -pietà poco avveduta fece poi intoppo la malizia, quando, dilatandosi le -eresie, ogni setta volle avere un vangelo suo proprio, con avvenimenti -o sentenze che servissero a' suoi errori: talchè la Chiesa dovette -intervenire per sceverare i veri dagli apocrifi. - -Campo nuovo alla letteratura cristiana aprivano pure le vite di tanti -martiri e de' mirabili solitarj. Anche in antico si erano stese -biografie, ma sempre di personaggi da storia; mentre qui l'umile -virtù trovava il suo panegirico e la sua rivelazione, e l'umana -natura riproducevasi nel racconto di minuti accidenti, esposti per -edificazione altrui. Nessuno voglia cercarvi scene dilettevoli al -bel mondo, nè filosofici accorgimenti, bensì l'ingenua narrazione -domestica, in cui, se la storia positiva è talvolta alterata, la storia -morale rivelasi con tocchi pieni d'attrattiva e di verità. Il mondo -romano, fidato nella propria eternità mentre strisciava sull'orlo -dell'abisso, proseguiva i suoi vanti e le sue cure; i poeti ricantavano -i loro Dei, senza volersi accorgere che erano trafitti nel cuore; i -filosofi disputavano sul crepuscolo, quando già era spiegata la pompa -del giorno: frattanto il popolo, a cui quelli non ponevano mente, -tesseva la storia secondo il suo stile, ripetendo ora le predicazioni -dell'apostolo, ora i tormenti del martire, ora la castità della -fanciulla, or le astinenze dell'eremita, con quegli abbellimenti di -circostanze che sono carattere dei racconti popolari. Da ciò le tante -leggende che esercitarono la pietà de' secoli credenti e la critica -dei pensanti, ma dove nessuno potrà non riconoscere un'ammirabile -semplicità, una credenza talvolta ingannata, non però ingannatrice; -troppo male imitate da quelli che dappoi ne composero per esercizio di -scuola. - -I primi scrittori cristiani, occupandosi della virtù più che della -dottrina, pensarono solo esporre i dogmi della fede, i precetti della -morale, i riti del culto: onde la più parte delle opere loro sono -catechismi, dettati col calore della convinzione. Il cristianesimo -aveva posto come base d'ogni dottrina quel che di più generale v'ha -nelle credenze e nella ragione umana: agl'intelletti non restava -dunque che adoperarsi a piantare ogni scienza sopra tale inconcusso -fondamento, dal che sarebbe venuto e il totale rigeneramento -del sapere, e l'immenso progresso che è frutto dell'accordo. -Sciaguratamente sottentrò ben presto alla fede universale l'individuale -opinione; e fra problemi inestricabili, logorossi tempo e fatica -per fabbricar sistemi, incerti di diritto, effimeri di fatto; il -carattere dell'universalità si smarrì nelle suggestioni parziali; e le -speculazioni furono mentosto un ingrandimento dell'ordine della fede -ben accertata, che un ritorno a parziali teoriche, a scuole esclusive, -ad ipotesi gratuite. - -Già prima d'Augusto le produzioni dello spirito e delle arti non -si proponevano che di stimolare i personali appetiti: al leggere i -profani, diresti componessero in paesi remoti da ogni tumulto, nella -Roma trionfale e confidente ne' suoi numi; tanto puerilmente cantano -sull'orlo della tomba, e incensano per reminiscenza le quatriduane -immortalità. Arte siffatta dritto è bene se vien presa a vile dai -Padri della Chiesa; essi che, tonando dal pergamo, argomentando -nell'assemblea, od orando nella solitudine, sempre sono gli uomini del -momento e della realtà, risentono e rivelano i martorj d'una società -che perisce; essi eroi della carità e dell'opposizione, quando nel -resto non appajono che smaccate piacenterie, o flacida rassegnazione, -o pazienza addolorata. Non per questo vilipendevano i classici; e -Girolamo credeasi castigato dal cielo perchè troppo ciceroniano; -e sant'Agostino raccomandava che ai fanciulli si desse di buon'ora -Virgilio, acciocchè non più lo dimenticassero[165]. - -Per assodare il vero, i Padri dovettero ribattere il falso, e mostrare -l'accordo della fede colla ragione, non solo adducendo le prove -storiche della rivelazione, ma costituendo un sistema di speculazioni -razionali, fondate sopra di quella. Adunque, considerando filosofia e -religione derivate dalla fonte stessa, drizzaronsi a conciliarle con un -eclettismo, che differisce da quello dei Neoplatonici in quanto, invece -di strascinare le concezioni delle varie scuole ad accordarsi con altre -dell'ordine medesimo, le normeggia ad uno superiore, qual è la fede. I -Padri latini, quand'ebbero a combattere eresie, adottarono anch'essi -il sillogizzare d'Aristotele e di Zenone; ma in generale trovarono -più confacente il platonismo, che alcuno disse un'anticipazione -od un preparamento del cristianesimo, salvo a scostarsene ove men -retto argomentasse; tenendo costantemente la filosofia come ancella -della teologia, la rivelazione come base d'ogni cognizione pratica e -speculativa. - -Ammessa la rivelazione, restavano chiariti tutti i dubbj logici. -Essa contiene la morale, cioè quanto concerne le azioni umane: essa -è comunicata per mezzo della parola, dunque spiega le origini del -linguaggio: essa è fatta da un essere ad esseri, dunque accerta -l'esistenza molteplice: essa viene da sorgente infallibile, dunque -porge il criterio della certezza. Così argomentava la Chiesa, benchè -alcuni de' Padri, ligi ad abitudini di scuola, andassero a cercare -dalla scienza ciò che soltanto la fede può somministrare. Dio pertanto -e la sua relazione col mondo e coll'uomo sono il primario oggetto del -loro spiritualismo più o meno razionale. Dio per atto di libera volontà -cavò dal nulla il mondo. Alcuni poi sostenevano operata la creazione -nel tempo; altri da tutta l'eternità, come l'altre qualità di Dio così -quella di creatore dovendo essere eterna. Alla fatalità degli astrologi -e degli stoici opponevano una provvidenza generale e particolare, forse -esercitata col ministero degli angeli. - -Questa scienza, opposta all'egoismo filosofico, non aspira alla gloria -mondana di fondare scuole, anzi professa che la dottrina non è sua; -non dipartendosi mai dal senso comune del genere umano unito a Dio, -cioè dall'autorità della Chiesa. La morale da que' principj dedotta -non formolavano in una scienza; ma datole per fondamento la volontà di -Dio, espressa dalla ragione e dalla rivelazione, e l'obbligo dell'uomo -di obbedire a chi ordina o in virtù di potenza assoluta, o per -dirizzare alla felicità temporale ed eterna, dettavano precetti severi -e purissimi: raccomandavano specialmente la carità, ossia l'amore -disinteressato del prossimo, la sincerità, la pazienza, la temperanza: -alcuni si spinsero fino a rigoroso ascetismo, che purgasse dal peccato -e sciogliesse dalla materia per via di contemplazione e di penitenza. - -Il complesso della dottrina, e insieme il punto più elevato della -storia e della filosofia cristiana si riscontrano in Aurelio Agostino -da Tagaste nella Numidia (354-430). Cresciuto fra le lusinghe -d'una giovinezza voluttuosa ma colta, sul terribile problema del come -coesistano un Dio buono ed il peccato, accettò la vulgare soluzione de' -Manichei, che supponeano un principio buono ed uno malvagio; poi non -se n'accontentando, ne cercò altre, perfino coll'astrologia e colla -chiaroveggenza; al fine per disperato abbandonossi allo scetticismo. -Fatto professore di retorica a Milano, invaghito de' classici, sì che -piangeva ai lamenti di Didone e dall'_Ortensio_ era trascinato alla -ricerca più sublime, per dotta curiosità andò ascoltar le prediche di -sant'Ambrogio; ma queste gli crebbero il bisogno d'acchetarsi nella -verità, e si rivolse a Platone, dal quale iniziato al sentimento -dell'essere spirituale[166] e al concetto della realtà vera, tranquillò -l'anima nell'autorità e nella rivelazione, e ricevuto il battesimo da -sant'Ambrogio, alleò la fede di cristiano colla ragione di filosofo, -tolse a confutare gli errori cui prima aveva aderito, dibattè i -problemi più spinosi della filosofia, e primo in Occidente ridusse a -forma sistematica la dottrina evangelica, mostrando indispensabile alla -scienza e alla ragione umana l'appoggiarsi nella divina. - -Sublime ingegno benchè sfavorito dai tempi, fu il più filosofico tra -i santi Padri; tutto seppe, a tutto piegò il docile intelletto; egli -metafisico, egli storico, egli erudito delle arti e de' costumi[167], -sottile dialettico, oratore grave e maestoso; scrisse di musica, come -dei più ardui punti teologici; descrisse la decadenza dell'imperio come -i fenomeni del pensiero; avvivò la disputa scolastica coll'eloquenza; -eloquenza talora barbara e affettata, spesso nuova e semplice, -sempre viva e concisa, e sostenuta dall'affetto. Ne' _Soliloquj_ -ragiona seco stesso «per saper Dio e l'anima», all'arguta dialettica -accoppiando fantastica sensività. Nelle _Confessioni_, libro per le -anime che ritornano al cammin dritto, non per quelle che mai non se -ne scostarono, esponendo i proprj fatti non per celia come Orazio e -l'Ariosto, nè coll'aria provocatrice di Rousseau e dell'Alfieri, ma -gemebondo e a ginocchio, egli ci mostra un'anima tutta ambizione ed -amore, che nel giovanile traviamento s'inebbria non si soddisfa, della -celebrità s'annoja, corre ingorda dietro alla felicità e al vero, e -nella turbolenta solitudine del cuore contrasta con se stessa, e supera -le barriere che oppongono una falsa sapienza, una lunga abitudine, i -fomiti della gioventù e della concupiscenza. La profonda naturalezza -di quello scritto è cosa insolita all'antichità; come la riflessione -severa e la mestizia senza disperazione, che il cristianesimo metteva -nell'uomo. - -Quanto alla politica, al detto di san Paolo «Non v'è potestà che -non sia stabilita da Dio», Agostino aggiunge, «O la ordini egli, -o la permetta». Che appartenga al sovrano il diritto di vita e di -morte, era allora sì indubitato, che il cristianesimo non bastò a -negarlo; e sant'Agostino disse, il soldato che non uccide quando il -principe legittimo glielo impone, esser reo come quello che uccide -senz'ordine[168]; non bene ancora afferrando l'idea di un nuovo diritto -pubblico, che discernerebbe affatto la forza dal diritto di giudicare. -Assolve la tremenda necessità della guerra qualvolta sia fatta per -respingere l'ingiuria, vendicar il torto recato ai sudditi, opporsi ad -ambiziosi invasori; ma iniqua la rendono l'ingiustizia del motivo, la -violenza dei mezzi, l'abuso della vittoria, l'accannimento contro il -nemico, il turbar la pace, l'ambir conquiste, il permettere violenze -che si potrebbero impedire[169]. - -Agostino stesso dal tribuno Marcellino implora grazia per alcuni -settarj, proponendo invece della morte una prigionia «dove siano -ricondotti dalla malefica operosità all'utile lavoro, dalla follia del -delitto alla ragione e al pentimento»: nel che voi scorgete adombrato -quel sistema penitenziario, da cui tanto spera la nostra età. Altrove -proclamava essere i governi istituiti dal popolo e pel popolo; «i re -nè i signori non ebbero nome dal regnare o dal signoreggiare, bensì dal -reggere; regno deriva da re, e questo da regolare. Il fasto principesco -vuol riguardarsi non come attributo di chi governa, ma come orgoglio -di chi domina. Iddio, avendo fatto l'uomo ragionevole ad immagine sua, -volle dominasse sulle creature irragionevoli, non sull'uomo; e però i -primi giusti furono collocati pastori di greggie, anzichè re d'uomini; -volendo Dio con ciò darci a conoscere qual cosa fosse confacevole e -all'ordine delle creature e alle conseguenze de' peccati»[170]. - -Assunto vescovo d'Ippona (395), coll'eloquenza evidente e -colla straordinaria emozione allettava le fantasie degli Africani, -che, per udirne i prolungati ragionamenti, abbandonavano i riti -superstiziosi. Poi da' trattati più eccelsi della metafisica scendeva -a catechizzare i fanciulli, addolciva la condizione degli schiavi, -per redimere i quali vendea sino i vasi dei tempj; ed esortava tutti -all'armonia e alla carità. - -Già considerammo i santi Padri nell'azione: come filosofi e letterati -voglionsi misurare ad altra stregua che la ordinaria. È vero che ai -latini manca la bella armonia del genio greco e la graziosa e castigata -elocuzione; di rimpatto sono più originali, più attuali; piaciono -meno, penetrano meglio. In Agostino e Ambrogio si fa sentire la -scuola con tante antitesi, coll'enfasi, col sottilizzare; Cipriano ha -l'ampollosilà meridionale; Lattanzio un'acquosa facilità; Tertulliano -uno stile ferreo: ma di rimpatto la veemenza di Cipriano è sempre -magnanima; Tertulliano spiega una robustezza senz'esempj; Ambrogio, -naturalmente ameno, sempre nobile e pieno d'unzione; Agostino sublime e -popolare, accoppia i pregi degli altri, e sa adoprarli a vicenda in una -carriera di diversi combattimenti. In tutti poi, se la lingua digrada, -si rialza lo stile; al difetto di purezza suppliscono il vigore del -sentimento, la ricchezza delle immagini, l'elevatezza del vedere, e -massime la novità del fondo, pregio notevolissimo in una letteratura -che sempre erasi applicata a tradurre o imitare. Girolamo, fra bellezze -stupende, tanto nerbo, tanta immaginativa, tanta erudizione, ha le -bizzarrie d'un genio sbrigliato; l'espressione sempre energica, sovente -naturale, guasta con citazioni disadatte, con triviali riflessi, col -non sapersi arrestare a tempo: ma come riuscire corretto se talvolta -in un giorno scrivea mille righe, e in una notte compose il trattato -contro Vigilanzio? - -E la fretta è il carattere di scritture dettate per occasione: dettate -fra l'universale scadimento, fra invasioni, fra dispute iraconde, fra -grossolana effeminatezza e imbelle scoraggiamento, come pretendervi -la sobria e severa purezza che innamora ne' classici? Ne' loro -contemporanei trovammo grammatici gelati, retorici ciancieri, cronisti -digiuni, poeti da nozze e da idillj, tutto ciò che può combinarsi -colla depressione morale: i cristiani, filosofi e politici, destinati -a meditare e fare, persuadere e governare, sovrastano per convinzione -ardente ed operosa, conseguente calore e verità di linguaggio, pel -continuo occuparsi degli interessi più attuali e grandiosi dell'uomo -e dell'umanità, per l'elevatezza che ritraggono dall'osservare gli -eventi non secondo l'impressione istantanea, ma in relazione colle -verità eterne e con una vita di cui questa non è che l'ombra e la -preparazione. Da tale punto d'aspetto doveano essi ravvisare ben -altrimenti le grandezze e il decadimento di Roma. - -Quando questa, come or ora vedremo, fu presa dai Goti, il mondo -cristiano esclamò esser vendicato il tanto sangue de' martiri; e -da molti discorsi, anche di sant'Agostino, trapela una specie di -contentezza per questa grande giustizia. Gli amici dell'antico -culto interpretavano invece quel disastro come punizione degli -Dei abbandonati, e imputavano ai Cristiani la ruina dell'impero. A -costoro Agostino oppose la _Città di Dio,_ curioso lavoro di genio -e d'erudizione, tanto complesso di mezzi eppur unico di fine, e -il primo monumento di filosofia della storia. Gran potenza doveva -conservare il politeismo se Agostino credette d'insister tanto nel -provare la superiorità di Dio sugli Dei. Assume egli di mostrare come -nel paganesimo giacessero sconvolte le idee di virtù e di gloria, -lo riconduce ai veri elementi suoi, il panteismo materialista e -l'adorazione della carne, e cerca in esso le reali cagioni della rovina -della società, ponendo a parallelo le due civiltà che si combattevano. - -Gli abitatori della città di Dio e della città del mondo vivono -mescolati quaggiù, ma quale trionferà? che fia di Roma? Invece di -rispondervi direttamente, egli s'approfonda ne' misteri dell'eternità, -scruta i tremendi abissi della giustizia divina e le esultanze -della rimunerazione. Quante bellezze nella natura! quante meraviglie -nell'industria! quante gioje nell'intelligenza! Agostino divaga nel -descriverle, e — Se tanto Iddio largisce a chi ha predestinato alla -morte, che farà per coloro che predestina alla vita?» così dell'una -città preconizza la caduta con una convinzione fin allora ignota alla -storia, mentre canta il trionfo dell'altra, che da Abele in poi, fra le -persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, peregrinando procede. -«Quella venne fabbricata dall'amore di sè, portato fin al disprezzo di -Dio; questa dall'amor di Dio, portato fin al disprezzo di sè; l'una si -glorifica in se medesima, l'altra nel Signore; l'una cerca la gloria -degli uomini, l'altra non vuol gloria fuorchè il testimonio della -coscienza; l'una cammina tronfia e pettoruta, l'altra dice a Dio, _Tu -sei mia gloria_; nell'una i principi sono strascinati dalla passione di -signoreggiare sopra i sudditi, nell'altra principi e sudditi si rendono -reciproca assistenza, quelli ben governando, questi obbedendo». - -Come dunque nella sua gioventù, cerca ancora le ragioni della lotta fra -il bene e il male, ma pone fuor di questa un Dio immutabile, sorgente -unica degli esseri tutti. Il male esiste, ma viene da una creatura, -qual è il demonio: gli uomini si disputano la gloria, la ricchezza, i -beni che Dio abbandona ad essi. L'incarnazione futura del Riparatore -è la ragione suprema di essere del genere umano, la lanterna nel mar -della storia. Viene Cristo, ma allora l'impero si scoscende, e sono le -sue ruine che ispirano il libro d'Agostino, la più grande rivelazione -del maggior conflitto che la storia ricordi tra i due mondi; l'uno -perduto sempre dal peccato, l'altro sempre salvato da Cristo. - -Cominciata l'opera nel 411, la pubblicò in ventidue libri -successivamente fino al 427; e chi non s'adombri alle incessanti -antitesi[171] e allo stile brillantato, chi non s'offenda alle -particolarità in cui si sminuzza nel determinare la fine delle due -città, volendo applicarvi parola per parola l'Apocalisse senza che -gli bastino l'immaginazione per valersi del linguaggio misterioso, e -l'alta intelligenza per discernere qual idea convenga o no tradurre in -immagini, ammirerà tanto ardimento di pensiero e tanta umiltà di fede, -con cui affronta problemi fondamentali, il governo temporale della -Provvidenza, l'accordo della prescienza col libero arbitrio, gli arcani -della morte e della resurrezione. - -Prima d'ogni altro, Agostino seppe comprendere con uno sguardo -l'intera umanità da Adamo fin alla consumazione dei secoli a guisa -di un uomo solo, solidariamente congiunto nel male e nei patimenti, -che dalla fanciullezza alla vecchiaja, passando per tutte le età, -compie la sua carriera nel tempo[172]; e sotto la contingente varietà -degli avvenimenti ond'è tessuta la storia dell'umana famiglia, scopre -un disegno immutabile e necessario di essa Provvidenza, il quale -gradatamente si compie, malgrado gli ostacoli dell'ignoranza e delle -passioni. - -La storia fin allora era stata alea, cioè considerava che la società -avesse in se medesima il proprio fine; nè i più grandi filosofi -avrebbero potuto scorgerne il fine comune, quando le nazioni -camminavano ciascuna per la sua via, distinte una dall'altra, e -il libero arbitrio dell'uomo, la forza, le vittorie, le sconfitte -decidevano della loro fortuna. Solo il cristianesimo poteva annunziare -che gli uomini sono tutti fratelli, che Cristo è centro dell'umanità, -e che l'estendersi del suo regno è il fine, cui le umane cose -vengono dirette anche da ciò che sembra ad esse opporre contrasto. -Le persecuzioni aveano di ciò offerto una dolorosa ma incontrastabile -prova, e i Padri della Chiesa acclamarono che l'attuazione del vangelo -è lo scopo a cui la Provvidenza governa le cose di quaggiù. Sotto -questa prospettiva osserva Agostino gli avvenimenti. - -Erasi proposto di rispondere al paganesimo politico dell'Occidente, ma -poi allargò il proprio soggetto, e invece d'una semplice confutazione, -diede al mondo un'esposizione si può dire compiuta delle dottrine -cristiane. A trattare quel primo assunto egli indusse Paolo Orosio -spagnuolo, il quale fecesi a mostrare come, fin da' primordj, -gravissime sciagure flagellarono senza tregua l'uman genere; la storia -è una ripetizione continua del fallo d'Adamo, una serie di rivolte -contro Dio e di conseguenti punizioni, talchè nulla di straordinario -erano quelle d'allora, per quanto desolatrici: donde inferisce che -la vita è un cammino d'espiazione, per cui l'uomo, traverso un'acerba -preparazione, si conduce alla vera felicità, la quale anche in terra -può prelibarsi da chi impari dalla religione ad accettare i travagli -come si deve. - -Allorchè, occupata l'Africa dai Vandali, non i Gentili soltanto -rinfacciavano al cristianesimo i disastri dell'impero, ma i Cristiani -medesimi lagnavansi di non mietere che sventure dalle virtù e dai -patimenti, Salviano, «eloquente prete di Marsiglia», scrisse _Del -governo di Dio_, dove, mostrato quanto a torto si giudichi spesso -del bene e del male, investiga nella storia la manifestazione della -divina giustizia, e non potersi a ragione mover lamento, dacchè così -universale vedeasi la corruttela dentro e fuori della Chiesa: anzi -con ricche descrizioni e con patetici tocchi istituendo confronto, -ne' Barbari devastatori dell'impero indica virtù non mai conosciute -o dimenticate in questo, a segno che non sia da meravigliare se essi -prevalgano. Palesava in somma di comprendere ciò che nessuno de' suoi -contemporanei, cioè che la caduta dell'impero darebbe origine a nuova -civiltà, costituita sopra il cristianesimo. - - - - -CAPITOLO LII. - -Trasformazione delle arti belle. - - -Dopo l'archeologica restaurazione di Adriano, le arti andarono a -precipizio. Già un gusto immiserito palesa la porta de' Borsari -a Verona, colle colonne a strie torse, e sovrapposti alle nicchie -frontoni a vicenda angolari e tondi. Nelle terme di Diocleziano, il -quale volle sorpassare quante se n'erano fatte sin allora, caricaronsi -le volte di ornamenti, i quali cadendo uccisero molte persone. Nel -suo meraviglioso palazzo a Spalatro, l'arcata nasce dalle colonne -senza cornicione; queste posano su modiglioni invece di piedistalli, -e una schiera sopra l'altra senza che una linea continuata accenni -una soffitta interna; le cornici, invece di tirare orizzontalmente -dall'una all'altra colonna, circolano col fregio attorno di un'immensa -arcata; aggiungete ornamenti, senza sobrietà nè significazione nè -effetto, onde la superfluità genera confusione. Le proporzioni più non -si osservarono; pesanti e secche modanature, goffi e meschini profili, -archi senza archivolto, colonne spirali o elittiche, e perfino nel -medesimo peristilio se ne posero di differente altezza. Eppure l'arte -spiegava maggior libertà ed ampiezza nel gettare francamente le volte -da una colonna all'altra senza bisogno di piedritto, ampliando così -gl'intercolunnj, e dando snellezza e luce ai portici. - -Sì rapidamente degradò la scultura, che i giganteschi modiglioni del -magnifico tempio della Pace non vantaggiano sui lavori dei secoli -barbari. La noja del bello si rivela nella cupidigia del singolare; -le statue degli Dei staccansi dalle sembianze umane per ridiventare -simboliche all'orientale; il Mitra, o dio Sole, effigiasi con viso di -leone e piccole ali e un serpente attorcigliato alla persona e molti -simboli: anche i busti diminuiscono di rilievo, di correzione, di -disegno; tutta la rappresentazione perde di carattere per modo, ch'è -necessario ajutarne l'intelligenza per mezzo di scritture. Costantino, -che tanto fece fabbricare nelle due città capitali, per ornare le sue -terme a Roma portò di Grecia i colossi di Montecavallo, che l'epigrafe -certo posteriore attribuisce a Fidia e Prassitele; ma in molto maggior -numero opere trasferì da Roma a Costantinopoli, e per erigere edifizj -nuovi fu ridotto a spogliare gli anteriori, acconciandone i frammenti -in maniera sgraziata, quasi non si trovassero tampoco scarpellini per -copiare l'antico. - -Ma qui pure avvicinavasi alla materia la scintilla dello spirito, -perocchè le rivoluzioni che si fanno nell'idea, portano conseguenze in -tutti i fatti; e come la morale privata e pubblica e la letteratura, -così anche le arti belle doveano dal cristianesimo ricevere un -mutamento radicale, e non essere distrutte ma compite. Quelle sensuali -che effigiavano l'idolo o il monarca, poi identificavano l'idolo col -Dio, non poteano ispirare che abominio ai primi Cristiani; ma ben tosto -dall'essere mero trastullo de' fortunati, blandizie de' sensi, corredo -della ricchezza, essi doveano chiamarle ad ornare le solennità d'amore -e di dolore, associarsi alla nuova civiltà per esprimere l'aspirazione -ad un perfezionamento, di cui continuo è il desiderio in questa vita, -ma il compimento non si dà che nell'altra. - -Fin dal loro nascere i Cristiani usavano alcuni simboli, esprimenti -le loro credenze: sulle tombe intagliavano palme, cuori, triangoli, -viti, pesci, croci, specialmente il monogramma ☧, cioè Cristo, col -nome dell'estinto. Null'altro che questi simboli tollerava l'austero -Tertulliano, il quale, confondendo l'arte cogli abusi, riprovava -qualsifosse effigie, sin quella del Buon Pastore: ma gli altri dottori -mostraronsi più condiscendenti alla inclinazione della natura umana di -rappresentare ai sensi gli oggetti consacrati nella sua memoria e nella -sua venerazione. - -Roma posa sovra un terreno vulcanico, e le lave indurite, il peperino, -la pozzolana da una parte, dall'altra il più moderno travertino, -sedimento del Teverone, prestarono materiali a fabbricarla. Dallo -scavo di queste materie, massime presso porta Esquilina, risultarono -grotte vastissime, serpeggianti sotto alla gran metropoli, e talvolta -a varj piani sovrapposti. Pare che di buon'ora s'introducesse l'uso -di sepellire in alcune di esse _catacombe_ la gente vulgare, entro -cellette o loculi, ricavati nelle pareti l'uno sopra l'altro a maniera -di colombajo. - -I Cristiani, forse condannati a lavorare in que' sotterranei, o che vi -cercarono oblio e nascondigli, ne fecero il luogo di loro convegno e i -dormitorj (_cœmeteria_), come con fausta parola chiamavano i sepolcreti -dei fratelli addormentatisi in Dio. Quest'opinione vulgata appoggiasi -sopra esempj consimili di Napoli, di Siracusa, di Parigi: ma renderebbe -perplessi intorno alle reliquie che se ne estraggono, e supporrebbe un -accomunamento de' riti cristiani co' gentileschi, troppo repugnante dal -primitivo zelo; laonde qualche moderno dimostrò vittoriosamente che le -catacombe cristiane furono fatte a bella posta, e i Gentili, come non -posero mano a scavarle, non poterono per legge servirsene. - -Lunghi androni sotterranei, con nicchie a più ordini ricavate ne' -fianchi, tratto tratto riescono a camere decorate di stucchi, e a -cappelle destinate a celebrarvi i sacri misteri. Dopo che più non -furono necessarie a celarvisi, restarono venerate come teatri di quelle -scene devote, ove i fedeli, commemorando i martirizzati, preparavansi -ad imitarli; e i più morendo chiedevano di dormire a lato a quei santi, -per partecipare alle loro intercessioni. Furono pertanto frequentate -dalla divozione fin al secolo xii, quando Pietro Mallio ne diede -l'enumerazione; dappoi si visitava soltanto quella cui s'entra per la -chiesa di San Sebastiano. - -Pontificando Sisto V, si tornò l'attenzione a questi antichi -sepolcreti, ed egli ne fece estrarre delle reliquie; pietà che si -estese, e che fu poi regolata da Clemente VIII e da altri, acciocchè -non si confondessero le ossa de' santi e i distintivi del martirio con -avanzi profani. Qualche erudito ne formò oggetto di studio; ed Onofrio -Panvinio enumerò quarantatre catacombe a Roma, e discorse i riti e le -adunanze che vi si tenevano; Antonio Bosio continuò più di trent'anni -ad esplorarle, e senza misurare spese e fatiche ne levò i piani, -disegnò le pitture, le sculture, i sarcofagi, gli altari, gli oratorj, -e ne tessè l'opera della _Roma sotterranea_, che, pubblicata postuma, -fu riveduta ed ampliata da Paolo Aringhi nella _Roma sotterranea -novissima_, di maniera che se ne diffuse la cognizione, e si eccitarono -nuove ricerche. Marc'Antonio Boldetti, nelle _Osservazioni_ sopra i -cimiteri de' santi martiri e degli antichi Cristiani di Roma, sebbene -insista specialmente sull'autenticità delle reliquie e sui decreti -della Chiesa in tal proposito, esibì insieme i disegni di molti oggetti -scoverti nelle catacombe, e continuò lunghe indagini, di conserva col -Marangoni; ma quando stavano per pubblicare gli studj di tanti anni, -il fuoco li distrusse, e solo pochissimo il Marangoni ne stampò. Per -commissione di Clemente XII, il Bollari si applicò a questa ricerca -con ricchissima erudizione, ma poca diligenza e pochissimo sentimento -dell'arte cristiana. Miglior esame vi portò il gesuita Marchi, -in un'opera che le ultime vicende hanno sospesa, e che divenne il -fondamento ad altre di forestieri[173]. - -Da quelle grotte, che sono pel curioso una delle meraviglie di Roma e -pel devoto un santuario di pietà e di speranze, si trassero in diversi -tempi avanzi d'arte, che venivano collocati nelle chiese, massime di -San Martino ai Monti, Sant'Agnese, San Giovan Laterano, Ara Coeli, -Santa Maria Maggiore e Santa Maria Transtevere, e che poi si pensò -raccogliere in un Museo Cristiano nel Vaticano. - -Delle figure le più sono ad incavo, empito di minio, colore de' -trionfanti, che qui dinotava un nuovo genere di vittorie: appena -arrivano a cento in tutta Roma le opere di bassorilievo, a cencinquanta -nella restante Italia, e quaranta in Francia: non mancano musaici. E -rappresentano il Buon Pastore; san Pietro col gallo; l'orante, cioè -un uomo o una donna, stanti, cogli occhi al cielo e le mani protese; -il fossore in atto di sterrare, col riscontro spesso di una figura -portante la lucerna. - -Fra i simboli che si conservavano come passaggio dall'iniziazione dei -culti antichi alla realtà ed alla storia, sono le sigle Α Ω, ☧, IH, -indicanti Cristo; la colomba posata sul ramo di palma con una stella -nel becco, o che bee dal calice; cervi che corrono al fonte; pesci -in asciutto; un gallo che annunzia il mattino dell'eterna giornata; -due mani erette al cielo, o due mani e due piedi disposti a croce; -il delfino, simbolo del tragitto delle anime verso una riva ospitale; -l'àncora della speranza, o un semplice ramo d'ulivo; talvolta il cuore, -che i Gentili appendevano al collo de' loro fanciulli. La croce era -segno usitatissimo; e dapprincipio si faceva greca, cioè a braccia -eguali; nel secolo iii si allungò, quando vi si appose il Crocifisso, -ignoto a' primi tempi; com'era inusato il calice, da cui più tardi -si fece sporgere l'ostia, o fu posto in mano all'evangelista di Patmo -col serpente. Il serpente, nota di salute ai Greci che l'attribuivano -al dio della medicina, ed agli Ebrei che ricordavano quello eretto -nel deserto, passò a significare lo spirito del male, e si figurò -vinto a piè della Croce, poi più tardi conculcato dalla Immaculata -concetta. Talora il maligno esprimevasi col corvo; ma solo nel medioevo -fu introdotta la sconcia forma di mezz'uomo e mezza bestia. La forza -irrazionale trovasi talora rappresentata col leone, che dappoi fu posto -fuor delle chiese con un agnello o un fanciullo in gola; altre volte, -indicando la forza morale, sostiene la sedia vescovile, o il cero -pasquale, o colonne. - -Alle allegorie si aggiungono rappresentazioni storiche, desunte dal -nuovo Testamento, come le parabole del Vangelo, o dell'Apocalisse -il libro dei sette suggelli, il candelabro di sette rami, i quattro -angeli dei quattro venti, i ventiquattro vecchioni, la bilancia, la -donna inseguita dal dragone: non ne mancano di cavate dai Gentili o -dalla tradizionale sapienza, quali sarebbero l'Orfeo, le Sibille, le -Muse: e scene di vendemmia, che raffiguravano pel pio artista una vita -matura, e da cui stavasi per ispremere il succhio spirituale. La morte, -effigiata dai Greci in genj di graziosa mestizia colla face rovesciata, -non aveva emblemi tra' primi Cristiani, e furono i Gnostici che -introdussero la forma dello scheletro[174]. - -I nomi di _santo, caro, innocente, dolcissimo_, attestano l'affetto -verso il defunto: l'_in pace_, frequente imitazione degli Ebrei, la -fiducia religiosa che fa men tristi gli avelli; mentre negli epitafj -romani l'idea d'una vita futura era mentosto credenza che augurio. I -caratteri romani vi sono deformati, ineguali, fitti, raccorci, misti a -lettere greche[175]. - -Antichissimo era l'uso dei doppieri accesi ai feretri; e sebbene -Tertulliano riprovi lo spargervi fiori, troviamo usitato questo -bel simbolo della bellezza e fragilità della vita. V'avea sepolture -private, bisomi, trisomi, cioè per due, tre o più cadaveri; e alcune -separate pei fanciulli vissuti men di quaranta giorni. Spesso il -cadavere acconciavasi con aromi, donde quella fragranza che spesso si -legge usciva dalle tombe dischiuse. - -I sarcofagi s'introdussero quando alla nuova religione diedero -il nome senatori e ricchi. Il primo, di cui l'età sia accertata -dall'iscrizione, è di appena due anni anteriore alla morte di -Costantino[176]; ma forse il più antico è quello della villa Panfili, -figurante portici alla corintia, sotto cui quindici personaggi che -circondano Cristo, in toga sopra sedia curule, bello del volto, e -colle chiome spartite sul capo, al modo che suole ancora figurarsi. -Sui sarcofagi per lo più si scolpiscono scene evangeliche, come -l'adorazione de' magi o la benedizione dei fanciulli: talvolta anche -della mitologia, o pagane reminiscenze, talchè non meno di Giona e -Noè vi appajono Deucalione e Giasone, e le agapi non differentemente -dai banchetti profani. Imperocchè l'arte plastica greca rivaleva sulle -concezioni giudaiche; e massime dopo che la Chiesa non fu più costretta -a nascondersi, si palesò il contrasto fra i comandi a metà pagani de' -signori, tendenti a ridur materiale il culto, e il genio riordinatore -e progressivo della Chiesa, che sostituiva la storia all'allegoria: -la qual lotta impedì qui pure la trasformazione totale, cui il -cristianesimo aspirava. - -Intanto era nuovo questo prendere a soggetto, non più la forza e la -leggiadria nella più vistosa appariscenza, bensì la bellezza che deriva -dall'interno, i patimenti, l'ascetismo: e l'uomo dei dolori, la vergine -madre, vecchi plebei, donne piangenti, esprimevano una religione -insolita, per cui la vita era una espiazione, e che rendeva sacre -le lagrime, e nell'amore e nella speranza trovava una significazione -morale alla gioja e ai tormenti: anzi, per protestare contro gli abusi -del bello, alcuni effigiavano la divinità in forma umile e servile. -Quando la Chiesa divenne trionfante, più non ebbe a temere di quel che -a principio potea parerle un inciampo; e non che repudiare le arti, -se le appropriò, purificandole come tutto il resto; e conoscendole -capaci di produrre effetti morali e intellettuali qualora sentano la -propria elevatezza, se le rese ferme ed eloquenti ausiliarie nella -promulgazione della divina parola. - -Nella vicenda di persecuzione e di tolleranza, corsa per quattro -secoli, i Cristiani fabbricarono qualche cappella in Roma stessa: -Adriano, dopo udita l'apologia di Quadrato, permise si radunassero -in celle che s'intitolarono Adrianee: e già avanti Costantino, più -di quaranta chiese aveva la sola metropoli. Ma sol dopo ottenuta la -pace e il trionfo si potè alzare tempj artisticamente, ed abbellirli -di effigie ed ornamenti. Papa Silvestro, avuto in dono da Costantino -il palazzo di Laterano, vi fece disporre un battistero ottagono, -consacrato al santo, dal quale prese nome la chiesa vicina di San -Giovanni Laterano, dove ancora il pontefice prende possesso della città -e del mondo (_urbis et orbis princeps_). Distrutto il circo di Nerone, -Costantino v'alzò una chiesa al principe degli apostoli, fabbricò -quella di San Paolo fuor delle mura, e San Lorenzo, e Sant'Agnese. -Quest'ultima, in una valle sparsa di catacombe tra la via Salaria e la -Nomentana, fu conversa poi in cappella funeraria, ove Costanza figlia -dell'imperatore venne deposta entro stupendo sarcofago di porfido, -ornato di bacchiche allegorie. Simboli eguali appajono nel musaico del -vicino battistero rotondo. - -La chiesa dedicata in Roma a santa Prisca là dove sorgeva il palazzo di -questa, battezzata da san Pietro e considerata come la prima martire, -arieggia alle catacombe, con un sepolcro, un altare, una cappella. -Quella di San Clemente, che è anteriore a Teodosio Magno, conserva -inalterata la forma rituale, cinta d'un atrio a colonne e col pronao; -dentro in tre navate, di cui la mediana ha undici metri di sfogo, -quattro la destra, sei la sinistra, con anomalia non rara; ampia -scala conduce alla tribuna, sotto cui si apre la confessione colle -reliquie. Anche San Silvestro, Sant'Ermete, San Martino ai Monti in -Roma furono elevati sopra oratorj sotterranei. Galla Placidia, figlia -di Teodosio, volle che la chiesa de' Santi Nazario e Celso in Ravenna -imitasse gl'ipogei; e vi collocò le tombe per sè, pel fratello Onorio, -pel marito Costanzo e pel figlio Valentiniano III[177]. A Leon Magno -s'attribuisce San Pietro in Vincoli a Roma, e ignoriamo donde togliesse -quelle colonne d'un dorico assai più alto del pestano. - -Costantino imperatore e i primi successori suoi non abbatterono nè -mutarono i tempj pagani; ma ciò si fece via via che il cristianesimo -prevaleva. Uno dei primi che fossero ridotti a chiesa fu Sant'Urbano -fuor porta Capena, sopra la fontana di Egeria, di cotto, con portico -di quattro belle colonne. Però tempj così piccoli come i pagani mal -potevano servire al popolo intero, che congregavasi a partecipare -della preghiera e del sagrifizio, e ad ascoltare i dogmi della fede -e i precetti della morale. Più opportune a tal uopo venivano le -basiliche (t. III, p. 425), recinti coperti, nei quali raccoglievansi -i mercadanti agli affari, gli oratori a discutere, i magistrati a -sentenziare. Dieci ne aveva la sola Roma, che altrove nominammo; e -mentre i tempj per lo più abbellivansi esternamente di colonnati, -della basilica non si vedeano che mura. La sala interna formava un -quadrilungo, tripartito da due serie di colonne, le quali riuscivano -ad un semicerchio, alzato d'alquanti gradini, e coperto d'un emiciclo. -In questo abside o tribunale sedeva il pretore, con attorno i giudici -e rimpetto gli avvocati: in gabinetti attigui si tenevano gli scrivani -minori, uffiziali intenti a risolvere o conciliare i piati insorti fra -negozianti: alcune basiliche erano provvedute di loggie in alto per -comodo degli spettatori. Siffatte erano opportunissime alle riunioni -dei Cristiani, non solo per la capacità, ma anche per la distribuzione, -collocandosi in mezzo del tribunale l'altare, sulla cattedra del -magistrato il vescovo, attorno ad esso il clero, nel resto i fedeli, -e sulle loggie le vedove e le vergini devote. Dicono che la prima -basilica volta ad uso cristiano fosse in Roma la Porcia, e servisse di -modello alle chiese che conservarono quel nome. - -Mentre papa Liberio con un senatore romano ideava la chiesa di Santa -Maria Maggiore, cadde neve, benchè fosse agosto entrante; e su quella -un angelo delineò la pianta della fabbrica. Questa leggenda attesta che -s'attribuiva alle costruzioni sacre un senso superiore al capriccio -dell'artista; e sembra che ogni parte fosse rituale, come già nel -tempio ebraico. Allorchè fossero arbitri della scelta, i Cristiani -costruivano le chiese sulle alture, lunghe due volte la larghezza, e -colla cella rivolta ad oriente. Prima incontravasi l'atrio o paradiso, -portico a colonne largo quanto la chiesa, e talora formante un cortile -quadrilatero[178]. Ivi si deponevano gli estinti, col capo verso -levante, ad aspettare la resurrezione. Del sepellire in città, vietato -rigorosamente dalle XII Tavole[179], più non s'aveva scrupolo, come -mostrano le tombe di Costantino e d'Onorio: un campo fuor della chiesa -serviva ai più: alcuno impetrava di collocare i suoi cari presso i -martiri, come sant'Ambrogio depose il fratello Satiro vicino a San -Vittore. Solo i vescovi poteano essere sepolti nelle navate della -chiesa; la famiglia imperiale sotto la sacra soglia. - -In tre zone era partita la chiesa: alla prima (_narthex, ferula, -pronaos_) vicina alla porta aveano accesso i penitenti non -iscomunicati, e i catecumeni, che udivano il vangelo senza poter -assistere al sacrifizio. La seconda (_navis_), ad uso degl'iniziati, -n'era separata trasversalmente per un muro a tre porte; quella a -destra per gli uomini, la sinistra per le donne, la mediana per le -processioni. Nella nave di mezzo, riservata alle cerimonie religiose, -avevano posto i leviti e i tre cori cantanti attorno ai tre pulpiti -o amboni. Questi si faceano ottagoni o quadrati[180] con musaici -e scolture; e uno serviva per l'orchestra, uno per l'epistola, -dall'altro i diaconi leggeano il vangelo e le lettere dei vescovi. -Davanti agli amboni stava la colonna del cero pasquale. La sedia del -vescovo dietro all'altare occupava il centro dell'abside, che poi si -chiamò presbitero, e che avea la volta dorata, e a lato i pastofori. -All'estremità delle navi minori il _senatorium_ ed il _matroneum_ -servivano pei patrizj e le dame. Al sacrario (_cella, hieration_), -separato dal restante tempio con un arcone trionfale, si saliva per -tre gradini; un velo colorato lo toglieva agli sguardi; nè ad altri che -al sacerdote era dato penetrarvi. Stava sotto di esso la confessione, -cripta delle ossa de' martiri, sopra cui ergevasi l'altare, unico -all'unico Dio. Sopra di quello pendea la pisside, spesso in figura -di colomba, entro cui conservavasi l'eucaristia; e attorno lampade di -varie forme, appese al baldacchino in triangolo (_ciborium_) che era -sorretto da quattro colonne. A questa generale distribuzione molte -varietà s'introducevano. - -Per edificare più prontamente, e trovandosi già le arti in decadenza, -alle chiese s'adattavano colonne tolte ad edifizj diversi, e perciò -di grandezza disuguali. Invece d'accorciare le troppo lunghe o -rialzare con uno zoccolo le brevi, si sbandì l'architrave, e dall'una -all'altra gettaronsi archi, sorgenti immediatamente da esse; metodo già -conosciuto, allora fatto generale. Nella basilica di San Paolo fuor -della mura[181] ventiquattro colonne di pavonazzetto furono portate -dalla Mole Adriana, i cui elegantissimi capitelli discordavano dalle -sedici aggiuntevi forse quando Teodosio ed Arcadio l'ampliarono; -divideano esse la basilica in cinque navate, che con una trasversale -formavano croce, e davano un vedere ben più grandioso e magnifico che -i peristilj esterni degli antichi: tutti gli archi impostavano sulle -colonne. In Santa Costanza le colonne sono binate, non nel senso della -circonferenza, ma secondo il raggio della rotonda; quali pure in una -chiesa presso Nocera de' Pagani, e in non poche posteriori. Il tempio -pagano ricevea luce dalle porte o da un foro nella volta o da lampade; -ne' cristiani finestre rotonde ed arcuate trasmettevano una luce, -temperata da vetri a colore che rappresentavano al popolo le storie -bibliche o dei santi. - -Moltiplicaronsi poi le chiese a Roma, e in esse potrebbe seguirsi passo -a passo l'architettura nel dechino e nel risorgimento, nessuna età -così infelice trovandosi che qualcuna non ne ergesse per munificenza -o devozione de' pontefici. Anche nelle altre città se ne aprivano, -man mano che il cristianesimo vi era piantato, prediligendo le forme -rituali nelle piante, nell'elevazione e negli ornamenti. Quando poi -il culto non si limitò ad un martire solo, crebbero gli altari, il che -coll'interrompere le linee alterò la semplicità del disegno; molto più -quando s'introdusse la profana pompa de' mausolei. - -Edifizj considerevoli son pure i battisteri. Nelle rovine della casa di -Prisca a Roma, ove credono abitasse san Pietro, mostrano un capitello -incavato, nel quale è fama ch'egli battezzasse, con acqua dapprima -sacra a Fauno: aggiungono ch'egli amministrasse quel sacramento in -una catacomba della via Salaria, e in quella dove poi fu sepolto -presso un luogo ch'ebbe nome di Fonte san Pietro. Dappoi si eressero -a quest'uopo edifizj presso le acque, accanto alle chiese, alle quali -talora erano congiunti per via di portici, come ad Aquileja. Presso -al palazzo Laterano, Costantino o san Silvestro fece il suntuoso -battistero che ancora sussiste, con più ordini di magnifiche colonne di -porfido o marmo, e membrature di edifizj antichi, senza unità di stile -e di proporzioni: nel mezzo vaneggia il bacino, a cui si scende per -alquanti scaglioni, ottagono come tutto l'edifizio, al quale precede un -portico pei neofiti aspettanti; e serbasi ancora pei solenni battesimi -amministrati dal papa. A tal uso furono pure ridotte in Roma le terme -pubbliche di Novato, fratello delle sante Prassede e Pudenziana; il -bagno del loro padre senatore Pudente; e quello di santa Cecilia, -chiuso ora nella bella chiesa che da questa trae il titolo. Ottagona -se ne volea per lo più la pianta; ma talora quadra, rotonda o a croce, -con gallerie in alto, e una cappella coll'immagine del Battista, o di -san Pietro che battezza Cornelio, o altra da ciò. Alle vasche giungeva -l'acqua per doccie sotterranee, talchè il vulgo credeva si empissero -miracolosamente. In quel di Sant'Andrea, rifabbricato da Leone III, -la fonte era circondata da colonne di porfido; e di mezzo ne sorgeva -un'altra, portante un agnello d'argento che versava l'acqua. Talora -era un vaso isolato, sorretto da colonne o da animali simbolici. Un -solo battistero faceasi per diocesi, e a pasqua e pentecoste soltanto -si compiva la cerimonia; lo perchè i battisteri doveano essere -molto capaci. Sulla forma de' primi se ne costruirono poi molti nel -medioevo[182]. - -La decorazione e la sfragistica si esercitavano nei dittici, ove -scriveansi i nomi dei santi e dei benefattori, da commemorare alla -messa, ne' troni dei vescovi, negli altari e altarini, ne' candelabri, -ne' reliquarj, nelle coperte dei libri rituali. - -Coloro che non giudicheranno queste opere col sentimento, ma le -scruteranno colla critica artistica, non dimentichino che era un'età -di universale decadenza; e già imperante Costantino tal penuria si -pativa d'artisti, che si dovettero dilapidar le fabbriche anteriori -onde fornire le nuove. L'arco alzato a' suoi trionfi è tutt'insieme più -maestoso che quel di Settimio Severo; ma gli ornamenti furono levati -dall'arco e dal fôro di Trajano, e mal raccozzati con lavori di nuovo, -scarsi di quell'arte di profilare che produce la grazia. Di questa -mancano affatto le immagini del Salvatore e dei dodici Apostoli ch'egli -fece porre in argento a San Giovanni Laterano, ed altre statue dell'età -sua in Campidoglio, come pure le medaglie e monete: e per dedicargli -una statua, si pose il capo di lui sovra un antico Apollo. Di quel -tempo si fusero le porte di bronzo di San Paolo, perite nell'ultimo -incendio, con incise figure e rabeschi contornati d'argento, ove -la ricchezza mal potè velare lo scadimento dell'arte. E tanto fra -il popolo scemava il culto del bello, che fu necessario vietare si -demolissero mausolei, archi e colonne per capriccio o per bisogno di -murare, e istituire un magistrato per difendere colla forza i pubblici -monumenti[183]. - -Come dapprima la Grecia aveva allattata l'arte romana, così questa -si trapiantò in Grecia con Costantino, e le costruzioni da lui -fino all'imperatore Giustiniano derivano affatto dalle latine, e -primieramente l'ippodromo e la gran cisterna di Costantinopoli; -le medaglie bisantine portano latine leggende, e perfin la lupa -romana. Solo al tempo di Giustiniano e colla fabbrica di Santa Sofia -appare quel che volle dirsi stile bisantino, non bene definito nè -cronologicamente nè artisticamente, ma che infine potrebbe ancora -dedursi da edifizj romani, e specialmente dalle terme, preferendo -alla sala rettangola delle basiliche la pianta rotonda e le cupole -semicircolari, e tutto ornando di musaici e di pietre multicolori, e -d'una ricchezza di ori, figure, rabeschi, opposta alla semplice nudità -che dai Latini fu sempre preferita. - - - - -CAPITOLO LIII. - -Miglioramenti e complesso della legislazione. - - -Man mano che le altre discipline e l'Impero decadevano, migliorava -la legislazione; segno evidente che la cagione non era a cercarsene -nell'incremento della civiltà romana, bensì nello spirito nuovo, infuso -dal cristianesimo. Solo un secolo più tardi dell'età che narriamo -quella legislazione fu raccolta e vagliata per cura dell'imperatore -Giustiniano: ma a noi pare questo il luogo di toglierla ad esame, sì -perchè le sue disposizioni capitali si riferiscono a quest'età, sì per -coglierne occasione a spingere un estremo sguardo nella vita intima del -gran popolo, e comprendere meglio in qual senso deva intendersi la sua -caduta. - -L'antico Oriente non ebbe idea del diritto individuale, tutto rimanendo -assorto dal capocasa, patriarca, autor della vita come del diritto; -la personalità confondeasi nella famiglia, la famiglia nello Stato, -lo Stato nel monarca; sicchè all'uomo non rimaneva altra difesa che -ne' costumi patriarcali e nella religione, la quale, mentre sanziona -l'obbedienza, mitiga insieme l'impero. Assoluta v'è pertanto la podestà -paterna; il matrimonio è una vendita combinata fra' genitori; la moglie -è serva; il padre può vendere i figliuoli, adottarne altri; sconosciuto -il testamento, energica manifestazione della libertà individuale. È -dunque il dominio dell'autorità, cioè della fatalità. - -In Grecia la filosofia, cioè la libertà e la ragione, spezzano -quell'unità indefinita e universale, si svincola il progresso, la -religione si scevera dal governo; ma la vita pubblica rimane tuttora -confusa colla privata, pubblici i giudizj, il pubblico diritto identico -coll'individuale; il matrimonio non ha luogo che fra concittadini; la -potestà patria è proprietà sulla prole, e il genitore scontento ne fa -protesta al magistrato, e rinvia di casa il figlio, che più non può -vantare alcuna ragione. E però la Grecia elevossi a tante libertà, -ma puramente comunali, fossero aristocratiche o democratiche; donde -moltissime varietà. Ma in verun luogo la libertà individuale acquistò -pienezza all'ombra del potere principesco, siccome accadde ne' nostri -Comuni: bensì arrivarono a compimento la potenza e la franchigia -delle città. Se non che i cittadini di Grecia erano nobili d'origine, -a differenza degl'italiani ch'erano mercanti e borghesi; l'uomo -rimaneva subordinato alla qualità di cittadino; lo spirito comunale -teneva escluso lo straniero dal matrimonio legittimo: bensì questo fu -purificato col ridurlo a monogamia, siccome la pubblica animadversione -fu sostituita alla guerra privata. - -Roma apparve al termine de' tempi antichi, per modo che potette -riassumere quanto di meglio erasi prodotto sotto il dominio -dell'autorità, ed insieme profittare di quanto introducevano dapprima -la filosofia, poi il cristianesimo, cioè la libertà, la ragione, -l'umanità rinata nell'amore di Dio. Missione provvidenziale di essa -parve il costituire e perfezionare socialmente l'elemento del diritto, -il lato politico e giuridico della vita umana. Lo spirito d'ordine e -l'inflessibilità de' primitivi patrizj introdusse lo _stretto diritto_, -complesso di massime e d'azioni legali, arbitrarie, che, volendo -regolare con atteggiamenti materiali lo spirito dell'uomo, ancora -incapace di dirigersi per ragione, lo faceano chinare all'autorità, -ad arcani religiosi, a formole impreteribili, cambiate le quali son -cambiati gli effetti[184]; a solenni interrogazioni e risposte solenni, -che non lasciano dubbio sulla volontà; la quale trovasi obbligata non -dalla coscienza e dalla nozione del giusto e dell'ingiusto, ma dalla -espressione letterale. - -Questo ferreo diritto nazionale, scritto nelle XII Tavole, diveniva -insufficiente dacchè Roma accolse in grembo tanti forestieri, nelle cui -controversie non potendo aver luogo le azioni legali, vi si sostituì -l'imperio del magistrato. Inoltre molti de' suoi mandò a governare -altre genti; l'agro sacro più non rimase privilegio dei patrizj; -nuove vie s'apersero ad acquistare ricchezza, gloria, magistrature. -Roma dunque avrebbe o dovuto rannicchiarsi negli angustissimi suoi -principj, o sovvertirsi violentemente, se il flessibile e progressivo -talento della democrazia non avesse reso diritto umano quel ch'era -diritto quiritario, insinuato nel legale il sistema dell'onesto -(_bonum et æquum_), l'_arbitrio_ delle ordinanze annuali, e un _gius -de' forestieri_, che la legge scritta temperasse coll'equità. E per -_equità_ intendevano la ragione naturale, cioè quel fondo di idee -morali che tutti gli uomini civili possedono, che sopravive ad ogni -corruzione e che fonda la convivenza sulla libertà, sull'eguaglianza, -sui sentimenti naturali, sulle ispirazioni del buon senso. - -Il diritto _equo_ era espresso negli editti, ove i pretori e gli -edili pubblicavano le regole secondo cui giudicherebbero durante -l'annuale loro magistratura (t. i, p. 411). In essi, conformandosi -ai fatti, s'insegnavano azioni od eccezioni, per le quali piegare -l'inflessibilità delle formole patrizie; per esempio, supporre -erede chi nol sia, usucatto ciò che non è ancora, e vivo il morto o -viceversa; proteggeasi la proprietà naturale in modo che si equiparasse -alla quiritaria; accanto all'usucapione, riservata ai possessi italici, -elevavasi la prescrizione, estesa anche ai provinciali. Al testatore -è arbitrio di diseredare i proprj figliuoli; ma il pretore cassa quel -testamento, supponendo nol potesse fare se non mentecatto (querela -inofficiosi). Chi cadde prigioniero del nemico perde ogni diritto, -fin quello di testare; ma il pretore ne autorizza il testamento, -supponendolo morto all'istante che cominciò la cattività di lui. -Pel gius civile romano, negli atti giuridici, malgrado l'errore, -il dolo, la violenza, se il consenso fu dato, se l'atto ebbe il -compimento delle solennità e delle parole, rimane prodotto l'effetto, -creato o modificato il diritto: non così nel gius delle genti, e il -pretore condanna l'iniquità, e con ingegnosi procedimenti corregge -la materialità inflessibile della ragion civile. Questa non conosce -altre forme d'obbligazione che i contratti o i delitti qualificati: ma -l'equità pretoria inventa i quasi-contratti e quasi-delitti, coi quali -fa passare nel fòro esteriore alcuni doveri, dapprima riservati alla -coscienza. - -S'appajano dunque progresso e tradizione; creasi del nuovo, ma senza -distruggere l'antico: mentre oggi troppo incliniamo ad abolire una -istituzione perchè vecchia, i Romani la conservavano appunto perchè -vecchia, modificandola; preferivano la scuola storica alla filosofica, -le riforme inglesi alle rivoluzioni francesi. Perciò dappertutto -s'incontra un diritto doppio e parallelo; parentela civile (_agnatio_) -e parentela naturale (_cognatio_); matrimonio civile (_justæ nuptiæ, -connubium_) e unione naturale (_concubinatus_); proprietà romana -(_quiritaria_) e proprietà naturale (_bonitaria_); contratti di diritto -formale (_stricti juris_) e contratti di buona fede. In questo modo si -passava dall'iniziazione secreta de' patrizj alla pubblicità popolare, -dall'autorità alla ragione, dalla generalità astratta alla personalità -libera; conciliavasi la venerazione pel passato colla necessità di -progressivi miglioramenti. - -Dalla lotta fra i due diritti è costituita la storia interna di -Roma, la sua guerra nella pace: e siccome nell'esterna il valore, -così nell'interna ebbe importanza principale la giurisprudenza, -scienza capitale fra i Romani. Abbiansi i Greci le splendide qualità -dell'immaginazione, i fiori, i canti, le arti: Roma possederà il -positivo dell'età matura, la grande ambizione, ed un'unica letteratura -originale, quella della giurisprudenza, che potrà effettuare l'unità -del mondo antico. - -Già nella società primitiva, uno de' precipui uffizj del patrono romano -consisteva nel tutelare il cliente; onde le famiglie grandi voleano -tutte che un loro membro valesse nella giurisperizia; e poichè senza -di lui non poteva il plebeo stare in giudizio, egli talvolta colle -sportule che esigeva, gravava i clienti quasi d'un tributo. E il -guadagno e l'influenza induceano i patroni a tenere arcane le azioni -simboliche e legittime sì della giurisdizione volontaria, sì della -contenziosa: avendole fatte pubbliche Gneo Flavio nel 449 di Roma (_jus -Flavianum_), i patrizj ne inventarono di nuove; ma un secolo dopo, -Sestio Elio palesò anche queste (_jus Ælianum_); finchè accomunate a' -plebei le magistrature, Tiberio Coruncano, primo plebeo che salisse -pontefice massimo, professò pubblicamente la giurisprudenza. - -Allora nuova importanza ottennero i giurisperiti, fossero assessori dei -magistrati, o dirigessero i privati ne' loro affari, o gli assistessero -nelle controversie, rispondendo, scrivendo, cautelando[185], cioè -dando consulti, redigendo formole di contratti e d'azioni, prevenendo -contro le nullità. A Servio Sulpizio si fa merito d'avervi introdotto -il metodo scientifico: ma Cicerone attribuisce questa lode a Quinto -Scevola suo contemporaneo, che all'abilità letteraria e all'eleganza -dell'esporre associò l'arte di distribuire, distinguere, definire, -interpretare[186]. Vi ottennero popolarità Aulo Ofilio, Alfeno Varo, -Sulpizio Rufo, Aquilio Gallo, che passava parte dell'anno in villa -per iscriver opere; Aulo Cascellio, arguto ne' motti, indipendente -nelle opinioni, che mai non volle comporre una formola secondo le -leggi pubblicate dai triumviri, dicendo, — La vittoria non conferisce -legittimo titolo al comandare»; e a chi lo consigliava a moderarsi -nello sparlar di Cesare, rispose: — Due cose mi rendono franco; l'esser -vecchio, e il non avere figliuoli». - -Anche Marco Tullio con occhio filosofico osservava la legislazione, -volgendo in beffa le formole dello stretto diritto, religione del -passato ormai insufficiente, e sostenendo risoluto la legge naturale e -l'equità. Dichiarata allora la lotta del diritto naturale col civile, -questo si trovò ridotto alla difensiva; tanto più dopo che vennero -gl'imperatori, i quali lo astiavano come avanzo aristocratico, e -Caligola voleva abolirlo d'un colpo, Claudio ne eliminava ciò che -serbasse di troppo nazionale e rigido. I giureconsulti medesimi -si persuasero che non era possibile circoscriversi nelle formole -aristocratiche; e impedita o screditata la tribuna, e spenta -l'eloquenza, si volsero alla pacata discussione e alla scrupolosa -indagine dei fatti; e con tempo, dottrina e impassibilità maggiore -che non potessero giudici e pretori, e con metafisica più esatta, -pigliarono assunto di armonizzare le teoriche o discordi o repugnanti -delle varie fonti, e giungere ai semplici risultamenti della pratica. - -Dall'età aristocratica del diritto si passò così alla filosofica; -definita la giurisprudenza «cognizione delle cose umane e divine, -scienza del giusto e dell'ingiusto, arte del buono e dell'equo», i -giureconsulti videro la necessità di posare il diritto più sodamente -che non nella contingenza dei casi e della volontà umana, e lo -derivarono da un'eterna giustizia, ingenita nell'uomo, donde emanano -tre regole cardinali: Vivere onesto, non offendere altrui, attribuire a -ciascuno il suo. - -È fenomeno tutto particolare ai Romani questa letteratura legale, che -per purità del dire, concisione, chiarezza[187], lucido svolgimento -delle intricatissime quistioni, e principalmente per l'analisi severa, -rimarrà perpetua meraviglia de' savj e vergogna di que' moderni, nei -quali non sai se più incoerenti le ragioni o più barbara la dicitura. -Presentata la tesi in termini precisi, quei giureconsulti la svolgono -al modo che sogliono i matematici, adoprando a vicenda l'analisi per -penetrare nella natura delle cose, la grammatica per ispiegare le voci, -la dialettica per acuire la rigorosa interpretazione, la sintesi per -valutare l'autorità, non solo d'altri giurisprudenti e degl'imperatori, -ma di filosofi, medici, fisici: invece di definizioni, pongono termini -di senso certo e tecnico, tali da escludere il dubbio; invece di -divisioni puramente da scuola, e di lungagne retoriche, si difilano -alla effettiva applicazione; e vi arrivano con tale rapidità, che, per -quanto complicatissime sieno le tesi, nessun loro consulto riempie una -facciata. Questo li preservò dal guasto che nella letteratura e nella -lingua recavano Seneca e i suoi; e come Galileo scriveva con limpida -sobrietà fra le petulanti ampolle del Seicento, così la concisa purezza -di quei giureconsulti, la semplice dignità, provenienti dal buon senso -e dalla gravità, fanno mirabile contrasto coi ventosi traviamenti de' -puri letterati, i quali separavano il linguaggio pratico dallo scritto. - -Chi si ricorda l'infelicità degli etimologi latini, non avrà -meraviglia se in questo fatto anche i giureconsulti nè colsero nè -diedero rasente[188]. Di rado criticano la legge, ancor più di rado -ne investigano la ragione politica ed economica o, come oggi diremmo, -lo spirito; eminentemente pratici, facevano fondamento sopra certi -assiomi, dai quali deducevano le conseguenze e le applicavano a casi -particolari, senza risalire ai generali principj e al diritto naturale; -dialettici robusti, anzichè teorici, s'acchetavano talvolta a ragioni -che fanno sorridere[189]: pure vanno qualificati filosofi d'una scienza -tutta pratica, e a ragione intitolavansi «sacerdoti che cercano la -vera non la simulata filosofia»[190]. S'appoggiarono essi sopra la -scuola stoica, austera e castigata ancora, ma già diselvatichita, più -tollerante e meno superstiziosa, quale ne' più recenti suoi adepti -proclamava il governo della Provvidenza divina, la consanguineità degli -uomini tutti, la potenza dell'equità naturale. - -Distinsero il diritto in naturale, delle genti, e civile, secondo -che traeva i suoi principj dalla natura animale dell'uomo, o dalla -razionale di tutti i popoli, o dall'ordine politico di ciascuno: in -pratica però intrecciarono il primo col secondo, solo separando il -diritto civile e il diritto delle genti, quello applicato ai cittadini -soltanto, questo a tutti. Il primo formava parte di quel che anche -oggi chiamiamo diritto civile, e regolava i possessi e le prerogative -di chi godeva i privilegi di cittadino romano; mentre il gius naturale -riconosceva ad ogni individuo la facoltà di soddisfare i bisogni e -gl'istinti comuni; il gius delle genti poneva l'uomo in relazione cogli -altri uomini non appartenenti al medesimo gremio sociale. - -Quest'ultimo era dunque ben altro da quel che noi chiamiamo ora -diritto delle genti; sopra il quale anzi, fra tanti lavori giuridici, -nessuno ne fecero i Romani, per la ragione che realmente non esisteva, -nel senso che noi l'intendiamo. Due popoli, finchè in guerra, si -conoscevano unicamente per la forza: solo alle nimicizie dava qualche -norma il diritto feciale, stabilendo le cause di romperle e i modi -di dichiararle; venuti ad accordi, si regolavano secondo la lettera -di questi. Dagli alleati generalmente si esigeva che avessero gli -stessi amici e nemici del popolo romano, e che riverissero la maestà -di questo[191]: ma la prima condizione li privava del diritto di -guerra e pace, e dava ai Romani quella di passarvi coll'esercito, di -farvelo mantenere, di chiederne soldati; l'altra attribuiva a Roma la -superiorità del patrono sul cliente: perciò i legati investigavano -e decidevano nel paese amico, metteansi arbitri nelle querele; -il senato, guardiano del diritto, pacificatore universale, dava o -toglieva l'immunità, l'indipendenza; e chi resistesse a' suoi ordini, -consideravano come irriverente, come un superbo da debellare. - -Ma alla natura umana come tale non aveasi riverenza; il forestiero -non poteva tampoco possedere, ottener giustizia, entrare in relazioni -di proprietà con un cittadino romano; fosse privato o nazione, solo -per mezzo d'un patrono o d'un ospite poteva aver sicurezza garantita, -e stare in giudizio; finchè non venne stabilito anche un pretore -_peregrino_, che proferiva sopra le liti tra forestieri e cittadini. -E nel discutere e risolvere i litigi dei tanti stranieri accorrenti a -Roma, si compararono le differenti legislazioni; e que' principj che -trovavansi comuni a tutte, compresero essere insiti alla natura umana e -ne dedussero un diritto, proprio di tutte le nazioni civili. - -Gli editti pretorj essendosi estesi con successive aggiunte, sentivasi -il bisogno di raccorli, ordinarli, armonizzarli. Ofilio, contemporaneo -di Cicerone, pel primo gli avea radunati: più famosa opera prestò -Salvio Giuliano (t. iii, p. 246), che scelse i migliori e più -opportuni, per ordine di Adriano imperatore; il quale nel 131 fece -dal senato approvare quella compilazione (_Editto Perpetuo_), forse -allorchè istituì i quattro giuridici per l'Italia. Se con ciò abbia -tolto ai pretori la facoltà legislativa di modificare l'editto, non è -certo[192]. In questo lavoro, che servì di testo ai legisti, Giuliano -non introdusse nuovi principj, pure cambiò il diritto coll'eliminarne -ciò che più non confacevasi al tempo. Molti lo tolsero a commentare, -incominciando Giuliano stesso; indi Pomponio ed Ulpiano in ottantatre -libri, Paolo in ottanta, Furio Antico in cinque, e Saturnino e Gajo; -oltre i moderni che tentarono rintegrarlo. - -L'effetto di questa buona istituzione che fissava norme comuni al -governo dell'impero, incagliossi in due altre: la prima fu l'autorità -concessa alle risposte dei prudenti; l'altra le costituzioni imperiali. - -Anticamente qualunque pratico di leggi rispondeva ai consulenti, -senza bisogno di licenza; ma Augusto, accorgendosi quanto la loro -autorità varrebbe a introdurre principj nuovi, conforme alla nuova -amministrazione, prescelse taluni, le cui risposte si considerassero -come date dall'imperatore stesso. Fu dunque un privilegio la dignità -de' giureconsulti, i quali esponevano gli avvisi loro; se unanimi, -acquistavano forza di legge; in caso di disparere, il magistrato -decideva: modo opportunissimo a togliere di mezzo le discussioni -di diritto, che poco s'acconciano colle monarchie. Per un rescritto -d'Adriano tale privilegio restava comune ai giureconsulti classici, -senza bisogno di particolare domanda[193]. - -Il cambiamento di costituzione avea introdotto una nuova fonte di -diritto. Dapprima non v'avea che leggi e editti; pochi senatoconsulti -ci restano dei tempi repubblicani[194], perchè il senato, assorto -dalla politica, del diritto civile abbandonava la cura ai tribuni; ma -venuti gl'imperatori, su questo concentrò l'attenzione, esclusa dalla -politica. Intanto la rivoluzione morale e la economica s'andavano -compiendo; la nuova religione aveva insegnato un'eguaglianza ed una -libertà che rinnegavano gli inveterati privilegi; l'astuta cupidigia, -sottentrata all'energia ed alla politica ambizione, esigeva leggi -meglio combinate per mettere barriera all'egoismo crescente. Più non -bastando pertanto la tradizione avita, gl'imperatori si trovavano -costretti intervenire ogni tratto, moltiplicando le costituzioni; -e fu istituito che gli _atti_ loro avessero forza di legge. Di -questi alcuni introducevano veramente un nuovo diritto (_mandata, -edicta_); altri non facevano che chiarire o applicare il già esistente -(_rescripta, epistolæ, decreta, interlocutiones_): compilati dai -migliori giureconsulti, erano avuti in molta stima, massime quanto -all'applicazione del diritto[195]. Aggiungansi le _sanzioni_ o _formole -prammatiche_, rescritti imperiali pel governo delle provincie, diretti -ad università o ai governatori come ordinanze speciali sull'esecuzione -di leggi. - -Sul fine dunque dell'impero, fonti del diritto si riguardavano, per la -teorica, le XII Tavole, i primitivi plebisciti, i consulti del senato, -gli editti dei magistrati, le consuetudini non iscritte: ma nell'uso -non cadevano se non gli scritti dei giureconsulti classici e le -costituzioni imperiali. - -De' giureconsulti i più si attennero all'ordine pratico, quello cioè -dell'Editto Perpetuo[196]; sebbene alcuni seguissero classificazioni -filosofiche, come fecero Gajo ed Ulpiano, che distinsero i diritti -spettanti alle persone, alle cose, alle azioni. Quel che oggi a noi -pare di tanto rilievo, la determinazione storica delle leggi, è da -essi negletta, se non venga assolutamente necessaria per comprendere -il diritto: più volentieri fermansi a svolgere l'origine delle opinioni -de' giureconsulti, e i principj da essi introdotti[197]. - -Per quanto concordi nel fondo, i giureconsulti formarono delle scuole, -che poi vennero a conflitto, come succede ogniqualvolta il ragionamento -si applichi a discussione. Già ai tempi d'Augusto contrastavansi -Antistio Labeone e Atejo Capitone; il primo fedele agli antichi -privilegi, l'altro ligio all'imperatore; questo sottomettendo l'intima -essenza del diritto all'indipendente esame della ragione, desideroso -dei progressivi perfezionamenti; quello attaccato al positivo, alla -lettera, alle dottrine tradizionali; rappresentanti insomma della -più generale divisione fra le dottrine, quella del progresso e quella -della conservazione[198]. I giureconsulti poi si spartirono: gli uni -denominati Sabiniani in grazia di Sabino scolaro di Capitone, gli -altri Proculejani da Proculo scolaro di Labeone, che propendeva a -una trattazione più filosofica e storica del diritto, e a dar regole -generali all'ermeneutica giuridica. Poi nuove scuole sorsero, distinte -fra sè o pel metodo, o pel punto di partenza, o pel fondo della loro -discussione; quali preferendo lo stretto diritto, quali il diritto -equo, quali i principii teorici, quali l'espression della legge, -finchè si avvicinarono nella convinzione che il gius positivo non può -perfezionarsi meglio che coll'unire i metodi diversi. - -I libri dei giureconsulti esercitarono maravigliosa efficacia -sull'avvenire, perciocchè in parte chiarirono il diritto, e furono -posti a contributo da Giustiniano[199], altri pervennero fino a -noi, istruzione e guida, e talvolta impaccio ai giurisperiti ed ai -legislatori, e per lungo tempo legge comune negli Stati moderni. Lungo -sarebbe il dire di tutti quelli che acquistarono nome in sì importante -scienza, la cui storia fu descritta da Sesto Pomponio romano, insigne -giureconsulto, in un frammento, prezioso malgrado alquanti errori di -fatto[200]. Lo pareggia Salvio Giuliano testè citato, probabilmente -milanese, che viveva ancora sotto Antonino Pio; sostenne cariche -eminenti; oltre compilare l'Editto Perpetuo, scrisse novanta libri di -_Digesti_, di cui nelle Pandette si conservarono frammenti. - -Nei settant'anni fra Antonino e Alessandro Severo furono compilate -le _Istituzioni_ di Gajo in quattro libri, di Fiorentino in dodici, -di Callistrato in tre, di Paolo e d'Ulpiano in due, di Marciano in -sedici. Tutte si smarrirono, eccetto quelle di Gajo Tazio romano, -rimaste ignote fino al 1816, cominciate sotto Antonino, finite sotto -Marc'Aurelio, e formano il fondo di quelle di Giustiniano[201]. Erano -destinate ad insegnare il diritto, e sono l'opera che, a malgrado delle -troppe lacune, più particolarmente c'informa del diritto classico, ed -anche de' costumi, delle istituzioni, della società pubblica e della -privata; onde la loro scoperta fu per la scienza storica del diritto -romano un acquisto, qual non toccò a verun'altra parte analoga delle -cognizioni umane, improvvisamente aprendo una delle migliori fonti, -inesplorata fin allora. - -Seguirono altri giureconsulti, finchè arrivano i più celebri, e -principe fra essi Emilio Papipiano fenicio, prefetto al pretorio e -presidente al consiglio privato di Settimio Severo, mandato a morte da -Caracalla perchè non volle giustificarne il fratricidio. Giulio Paolo -padovano e Domizio Ulpiano fenicio, assessori suoi nel consiglio di -Stato, composero moltissime opere, tanto accreditate che gli estratti -d'Ulpiano formano un terzo delle Pandette, un sesto quelli di Paolo; -anzi può dirsi che fondo di quelle sieno i loro commenti sull'Editto -Perpetuo. Di settantotto opere di Paolo trovasi cenno nel Digesto; -oltre i cinque libri di _Receptæ Sententiæ_, che contengono tutti i -principi giuridici non contestati, disposti coll'ordine dell'Editto -Perpetuo. A volta a volta pecca d'oscurità; mentre preciso e chiaro -procede Ulpiano, quantunque molti solecismi semitici rivelino la sua -origine. - -Le opere de' giurisperiti, dotate d'autorità giuridica, formavano -un'intera biblioteca; sicchè era da pochi l'averne copia, e da -pochissimi lo studiarne gl'intendimenti: poi qualora uno dissonasse -dall'altro, a quale appigliarsi? Convenne dunque gl'imperatori -designassero quali preferire; e prima Costantino autorò gli scritti -di Paolo, e specialmente le _Receptæ Sententiæ_, abolendo le note di -Ulpiano e Paolo sopra Papiniano[202]; poi Valentiniano III determinò -quali costituzioni imperiali e quai rescritti potessero allegarsi, -quali tenersi per leggi comuni, eccettuando i rescritti per negozj -particolari, od estorti dai litiganti in opposizione alle leggi. Quanto -al modo di valersi de' giureconsulti, attribuì vigore legislativo a -Papiniano, Paolo, Gajo, Ulpiano, Modestino; ove discordassero, valeva -l'opinione dei più; ove pari, quella di Papiniano; e s'egli non -parlava, decidesse la prudenza del giudice. Singolare e veramente unico -tribunale, in cui l'imperatore, per isgravarsi del rendere egli stesso -il diritto, lo restringeva a citazioni. - -Al consiglio de' classici giureconsulti, fioriti da Augusto fino a -Caracalla, vanno attribuite le più savie, precise e circostanziate -disposizioni intorno ai diritti reali ed alla famiglia, ed altri -veri miglioramenti indotti nella legislazione; merito in parte alla -natura della nuova costituzione, nella quale l'imperatore non era -inceppato dai privilegi d'alcun corpo, e i cittadini, distolti dalla -vita politica, ne cercavano un compenso dall'ottenere la massima -indipendenza civile; in parte maggiore alle nuove dottrine che i -Galilei opponevano alle superbe ed inumane delle scuole antiche. -L'efficacia dello stoicismo, modificato dal cristianesimo, si sente -in essi quando Fiorentino insegna che la schiavitù è un'istituzione -del diritto delle genti contro natura, e che natura stabilì una -specie di parentela fra gli uomini; e Ulpiano, che tutti gli uomini -quanto al diritto naturale sono eguali e nascono liberi[203]. Ma que' -giurisprudenti teneano ai pregiudizj dei tempi pagani, allorchè non -eransi ancora introdotte tante alterazioni rispetto alle persone, -ai legati, alle obbligazioni, alle forme, alla procedura. I giudici -dunque si trovavano strascinati due secoli addietro, e incatenato il -diritto alla latina pertinacia e a idee formaliste, di cui i precedenti -imperatori si erano affaticati a spastojarlo. - -Anche ridotta la giurisprudenza a quella meccanica applicazione, -e malgrado le scuole all'uopo istituite, ogni giorno cresceva la -difficoltà d'intendere gli scrittori; sempre nuove complicazioni -recavano gl'incessanti rescritti degli imperatori, massime di -Costantino, venuto a compiere ed attestare la nuova rivoluzione. -Come doveva riuscir lungo lo studiare, imbarazzante l'applicare tante -leggi, spesso abrogate e derogate! come avvilupparsi la giustizia in -un labirinto, ove non era avviata da canoni prefissi! Unico rimedio -sentivasi il raccogliere i decreti e le sentenze ancora vigenti, -disporle sistematicamente, formare insomma un codice. - -Già temendo che Costantino, per favorire alla religione adottata, non -disperdesse le leggi de' suoi antecessori, due giureconsulti aveano -unito quelle pubblicatesi da Adriano a Diocleziano, formandone i -codici, che dagli autori trassero nome di Gregoriano ed Ermogeniano: -impresa d'autorità privata, opportuna ma non legale. Teodosio il -Giovane eternò la propria memoria con un divisamente degno de' Cesari -più illustri, quale fu la prima raccolta autentica delle costituzioni -romane. Con solenne editto elesse otto personaggi di grande scienza e -dignità, i quali la compilassero sulle norme ivi prefisse; radunate -le leggi, si disputerebbe della loro convenienza, per formarne un -codice espresso con semplicità; si tralasciassero le costituzioni -degli antecessori di Costantino, registrate nei codici di Gregorio -ed Ermogene, attesochè quell'imperatore, coll'abolire le formole e -solennità antiche, aveva mutato faccia alla giurisprudenza, e quindi -messe fuori d'uso gran parte delle istituzioni precedenti. L'opera fra -tre anni fu ridotta a compimento in sedici libri, di cui i primi cinque -concernono il diritto civile, gli altri il pubblico e le cose della -religione; e nel 438 fu promulgata in ambi gl'imperi, acciocchè avesse -preminenza sopra ogni altra legge[204]. - -Compilato a precipizio in tempi di scadente letteratura e fra -gli sgomenti de' Barbari, il codice Teodosiano riuscì deteriore; -limitandosi alle leggi posteriori a Costantino, cioè fatte sol -dove tacessero le antecedenti, ne tralascia d'importanti, mentre ne -inserisce alcune d'interesse affatto parziale; vane repliche, errori di -data e di soscrizione, mutilazioni di leggi, irragionevole partimento -disabbelliscono quel lavoro; per renderli concisi, oscuraronsi alcuni -testi; talvolta le rubriche sono più particolari che il testo, talaltra -affatto dissone da questo; benchè l'imperatore esigesse perfetta -ortodossia, vi s'insinuarono leggi favorevoli all'aruspicina; del -_divino_ Giuliano è riferita la costituzione dove ai violatori de' -sepolcri minaccia l'ira degli Dei Mani; il privilegio antico, che -reclama la libertà del divorzio e del concubinato, attaccasi alle leggi -Papia ed altre, posteriori al trionfo dell'equità. Insomma, piuttosto -che un concetto creatore, vi si scorge una fatica da compilatori: -eppure, a tacer la scienza legale, non v'è libro che meglio conduca -alla cognizione di quel secolo, e principalmente della lotta estrema -del privilegio patrizio e nazionale coll'equità universale. Perocchè, -da sì varie fonti emanata, la giurisprudenza romana non poteva -armonizzarsi in un bell'insieme; gli elementi eterogenei, venuti a -transazione faticosa dopo lotte ostinate, ancor si discernono; fino -i più arditi giureconsulti si acconciano alla patria ed al tempo: sol -quando, caduto l'impero romano, restò dominante il cristianesimo, che -dava vinta la causa all'equità, un più compito lavoro potè eseguirsi -dall'imperatore Giustiniano. - -Quest'impresa appartiene all'impero d'Oriente, e all'età in cui -l'Italia era occupata dai Barbari; sicchè noi ci limiteremo a dire -come il dotto Triboniano e i collaboratori a ciò eletti cominciarono -dal raccogliere tutte le leggi, ordini, rescritti degl'imperatori, -cristiani fossero o gentili; e disponendoli secondo l'Editto Perpetuo, -formarono il _Codice_ giustinianeo, decretato il 528. - -Non potendo un codice abbracciare tutti i casi e sminuzzarsi sopra -ciascun accidente, occorreva di ricorrere alle opere de' giureconsulti -per le spiegazioni e l'applicazione particolare. Ma poichè quella -moltiplicità di responsi chiedeva lunghissimi studj, e spesso le -sentenze erano irreconciliabili, si pensò estrarre da essi i più -importanti teoremi di ragion civile. Duemila volumi si spogliarono a -tal uopo, riducendoli in uno, ove in sette parti di cinquanta libri, -sotto quattrocenventidue titoli, si trovarono classificate novemila -cenventitre leggi, portanti ciascuna il nome di chi l'aveva emanata: -nè i compilatori ci lasciarono ignorare quanta fatica sostenessero per -aver ridotti a cencinquantamila i tre milioni di versi o, vogliam dire, -sentenze de' loro autori. L'opera, pubblicata nel dicembre 533, fu -intitolata _Pandette_[205], perchè abbracciava intera la giurisprudenza -romana, o _Digesto_, perchè esse leggi v'erano classate con metodo: -e quantunque le decisioni di casi particolari trascendano d'assai la -vera legislazione, pure questo è l'unico codice compiuto che i Romani -abbiano posseduto dopo le XII Tavole. - -Perdettero allora la giuridica autorità le decisioni de' prudenti, -che non fossero ammesse nelle Pandette; la qual cosa fece trascurar le -fonti, e smarrirsi così le XII Tavole, l'Editto pretorio, il papipiano, -l'ulpiano e quegli altri che tanto or verrebbero destri per chiarire -assai punti oscuri nella scienza del diritto. Neppur tutte le ammesse -valsero per legge; ma le decisioni ed interpretazioni si considerarono -come tali e nulla più. Ai copisti fu vietato lo scriverle con -abbreviazioni, ed agli interpreti il commentarle altrimenti che parola -per parola. - -In acconcio della gioventù, Giustiniano commise a Triboniano, -Doroteo e Teofilo, consultando i compendj degli antichi giuristi, e -principalmente quello di Gajo, componessero un corso d'_Istituzioni_ -in quattro libri: il primo che tratta delle persone, il secondo -delle cose, il terzo delle azioni, il quarto delle ingiurie private, -coronandoli cogli elementi criminali. Come il Digesto, e quasi al -tempo stesso, ottennero forza di legge; e benchè al bello stile de' -giureconsulti classici e al romano spirito di questi si mescolassero -parole barbare e idee servili, di immenso prezzo riesce quell'opera -vuoi per la storia, vuoi per la intelligenza del diritto. - -Ma poichè tra il fare comparvero soluzioni e pareri contraddittorj, fu -duopo ricorrere all'oracolo sovrano, che pronunziò cinquanta decisioni. -Giustiniano le volle innestate ai luoghi convenienti nel Codice, onde -nel novembre 534 ne fece una seconda edizione (_Prælectio repetita_), -che sola a noi pervenne, in dodici libri di settecentosettantasei -titoli, contenente costituzioni di cinquantaquattro imperatori da -Adriano in giù. Poi forse ducento nuove costituzioni portò Giustiniano, -che furon dette _Novelle_, e che i glossatori raccolsero in gran -parte, e con poche altre di successivi imperatori distribuirono in nove -collezioni. - -Molta confusione giuridica e morale derivò dallo sbranare lo studio -della giurisprudenza in modo, che da un lato si accumulassero le -opinioni dei legisti, originate talvolta da particolari circostanze -de' consulenti; dall'altro le decisioni imperiali, autorevoli per -l'origine; inoltre quelle prime compendiare, mutilare, disgiungere -dalle antecedenti, lasciandole così oscure ed ambigue, eppure da -concepimenti privati elevarle a dignità legislativa; nelle altre -insinuar quelle dettate da spirito diverso, e fin ostile. Non che -s'ardisse ad una legislazione nuova e originale, Giustiniano veruna -fondamentale istituzione non introdusse, nè tampoco seppe ridurre -d'accordo le contraddittorie che regolano le sociali e le domestiche -relazioni dei Romani. Suggerite da accidentali bisogni, e spesso varie -d'intento secondo il magistrato popolare o patrizio, conservatore o -progressivo che le avea pronunziate, cozzano fra sè: quelle da lui -promulgate contraffanno sovente alle consuetudini[206] e al diritto -antico, ch'egli non osa annichilare secondo avrebbe chiesto la mutata -condizione del mondo: nè seppe sinteticamente raccogliere i frutti -della sperienza pubblica e privata, in un accordo robusto che veramente -meritasse nome di legge, come avviene ne' codici moderni. - -Se non che a sgravio de' compilatori vuolsi riflettere ch'essi non -si dirigevano a scientifico intento, ma puramente alla pratica: e -in ciò ben riuscirono; e quantunque obbligati ad indagar le fonti -in una letteratura straniera all'Oriente dov'essi viveano, nella -scelta procedettero così accorti, da rimanere anch'oggi la più fedele -espressione dello spirito del diritto romano. - -Sotto tale aspetto, e perchè formato sopra lavori del tempo che -descriviamo, noi discorriamo qui del _Corpo del diritto civile_, e non -sarà discaro che con esso c'indugiamo attorno a quella legislazione che -tanta efficacia esercitò sulle successive, e al progredir suo man mano -che abbracciava maggior numero d'uomini, finchè a tutti si estese col -cristianesimo. - -Tre cose son nostre, la libertà, la città, la famiglia, dice Paolo: -e la testa (_caput_) d'un cittadino era appunto costituita da queste -tre qualità, protette dal gius civile. La libertà s'acquista per -nascita o per manumessione, si perde per condanna giudiziaria o per -prigionia: giacchè talmente riconosciuto era il diritto della forza, -che il Romano caduto prigioniero di stranieri, foss'anche un console -come Regolo, perdea la qualità di cittadino e d'uomo; era riscattato da -un Romano? restava servo di questo, finchè non se ne fosse ricompro. -La cittadinanza acquistavasi per nascita, per naturalizzazione, per -affrancazione: perdeasi per la relegazione o la deportazione, o pel -naturalizzarsi in uno Stato forestiero, cioè che non avesse il diritto -di cittadinanza, quantunque appartenesse all'impero. - -A noi, avvezzi a vedere tutte le parti d'uno Stato sottostare alle -medesime leggi, è difficile comprendere la diversità de' legami che -univano a Roma i vinti e gli aggregati: ma il nuovo codice portando -in fronte _Nel nome del signor nostro Gesù Cristo_, il diritto veniva -essenzialmente mutato da una religione che, al contrario delle dottrine -uscite dai santuarj d'Etruria e di Grecia, proclamava esser gli uomini -eguali; non la forza, ma ragione e carità aver a dirigere il mondo; -e sommo rispetto doversi a ciascuno, non perchè cittadino, ma perchè -uomo. Ne conseguì che il diritto delle genti prevalesse affatto sopra -quello de' Quiriti. - -Tale lotta noi seguimmo già ne' politici ordinamenti, nelle leggi sui -debitori, nelle successive acquisizioni del tribunato. Anche delle -relazioni fra patroni e clienti, liberi e schiavi, ingenui e liberti, -cittadini e provinciali, a lungo abbiamo e ripetutamente divisato. Qui -cercheremo il progredire dell'equità in quella ch'è fondamento della -civile convivenza, la famiglia romana. Questa anche nell'ordine privato -non era naturale, ma creazione del diritto civile, abbracciando tutte -le persone discendenti per maschi da un autore comune, ovvero entrati -in essa per adozione o per manucapione. La donna è moglie pel marito, -è madre pei figliuoli, ma non rimane compresa nella famiglia pel solo -fatto del matrimonio; vi dà dei figliuoli, ma non è di loro famiglia. -I figliuoli stessi possono esserne stranieri, mentre ne fanno parte -straniere persone; attesochè fondamento non ne è il matrimonio, come -da noi, bensì la potestà. Il padre è re in casa; nella propria persona -assorbisce quella della moglie, dei figli, dei discendenti; giudica fin -della loro vita. Ordinamento tirannico al modo orientale, vigorosissimo -a conservar le case e la disciplina, restringendo i diritti domestici e -di successione ad una parentela meramente civile (_agnatio_). - -La favola primitiva di Roma atteggiava fanciulle sabine di buona -casa, rapite dai grossolani masnadieri di Romolo, i quali redimono -il rapimento col rispetto, e ad istanza di esse si rappacificano coi -Sabini; nel trattato si obbligano a non costringerle mai a girar la -macine o preparare il pranzo, ma solo a filar lana. Per legge le donne -non potevano esser tradotte al giudice degli omicidj, reputandole -incapaci di tal delitto[207]; duranti le feste a loro onore, gli uomini -doveano cedere ad esse il passo. Malgrado questo rispetto, che le -differenzia dalle orientali, pesava sopra di esse la rigidezza della -potestà domestica. - -I patrizj conoscono soltanto le _giuste nozze_, contratto -d'impreteribile solennità, pel quale la matrona diviene parte -della famiglia (_materfamilias_), e mediante la formalità della -confarreazione, o una compra (_coemptio_), o l'usucapione, è ridotta -in assoluta dipendenza dalla maestà del marito (_in manum convenit_), -a segno che nulla possiede in proprio, può da quello esser venduta, -giudicata, fin messa a morte per deliberazione presa coi parenti[208]. -Al contrario nel _matrimonio_ plebeo la moglie (_uxor_), non che -diventi schiava allo sposo, serba il godimento de' proprj beni, e può -fino convenir il marito in giudizio. La seconda forma prese col tempo -vigore ed estensione, mentre invecchiò l'altra. - -Pertanto, invece d'entrare nella famiglia del marito, le matrone -rimanevano spesso in quella del padre, indipendenti da quello: -vivo lui, doveano aver un assegno per le spese di casa; morto, ne -ereditavano i beni, in solo usufrutto è vero, ma pure amministrandoli -a voglia, senza dipendere dal marito. Ne derivava alla donna un'aria -d'eguaglianza e talora di superiorità; il marito, per ottenerne -prestiti, dovea farle delle concessioni[209], oppure essa armavasi -dei titoli di creditrice. I comici, non meno del censore Catone, -schernivano cotesta indipendenza, causata dalla dote: eppure essa -avviava la donna all'emancipazione. - -Al tempo di Teodosio e Valentiniano trovansi le donazioni _avanti -nozze_, ma come istituzione già consueta. Furono introdotte quale un -compenso della dote, e stipulavansi prima, atteso che le donazioni -tra marito e moglie erano nulle. Tale donativo rimaneva immune -dall'azione de' creditori, e se il marito fosse insolvibile, la donna -aveva un'azione personale ed anche reale per farselo attribuire. -La sorte di lei e de' figli era dunque assicurata dalla dote e dal -dono antenuziale. Cessando il matrimonio, il marito ripigliava -su questi la pienezza de' diritti, come anche per colpe della -moglie determinate dalla legge. In caso di sopravivenza, ella avea -diritto ad una porzione. Così via via s'accostava la donna a quella -libertà che poi ottenne piena col cristianesimo, e che la sottrasse -all'assoluta potestà maritale, facendola _consorte_, non serva, dandole -l'uguaglianza legittima, conservandole la padronanza ne' suoi beni, ed -obbligando il marito ad una donazione per nozze, equivalente alla dote -ricevuta[210]. - -Da principio non dovea confondersi un ordine coll'altro: dappoi, per -la legge Canuleja del 445 avanti Cristo, i plebej possono unirsi in -matrimonio con patrizj: poi, per la Papia Poppea del 9 dopo Cristo, -l'ingenuo può mescolarsi al liberto: infine, al tempo di Giustiniano, -il sangue senatorio potè innestarsi con quello della liberta e della -prostituta senza avvilirsi. - -Anticamente la madre rimaneva esclusa dall'eredità legittima del -marito, e solo se cadesse in miseria, ne riceveva una parte[211]; se -il marito le lasciasse ogni aver suo, non ne toccava che un decimo; -e nessun dono poteva accettarne. Ma le leggi Giulia e Papia Poppea le -attribuirono un decimo dell'eredità del marito se avesse un figlio, un -terzo se tre, volendo in ogni modo favorire la moltiplicazione della -prole: a questo intento, la madre potea col marito ereditare da uno -straniero. - -Nemmeno dai figli redava in origine la madre, nè essi da lei: ma -al tempo di Claudio, essendo morti tre figlioletti, unica delizia -della genitrice, l'imperatore ne fu commosso, e lei dichiarò erede -universale. L'eccezione divenne regola, e l'affezione un titolo; e -sotto Adriano e Marc'Aurelio, i senatoconsulti Tertulliano ed Orfiziano -assegnarono alla madre una porzione legittima ed eguale alla paterna -nell'eredità de' figli, come a questi nella materna eredità. - -Anche dalla perpetua tutela s'emancipò allora la madre, perocchè un -senatoconsulto, imperante Claudio, proferì che l'ingenua la quale -avesse tre figli, o la liberta la quale n'avesse quattro, per questo -solo fatto rimarrebbero dispensate dalla tutela dell'agnato: la tutela -stessa del padre fu poi ristretta alla minore età. Sopraviveva, gli -è vero, la tutela _atiliana_, per cui una donna non poteva stare in -giudizio o far contratti senza un curatore[212]; ma col dare a lei i -diritti di tutrice venivasi a eluder quella, e mostrarne l'assurdità. -In fatto dapprima si permise alla donna di sceglier essa medesima il -tutore: ma divenuta questa tutela o inutile o viziosa, fosse di scelta -loro od imposta dalla legge (_ottativa_ o _dativa_), Costantino la -abolì riconoscendo alle donne diritti eguali all'uomo, e Giustiniano -cassò dal suo codice tutto quanto rammentasse le antiche restrizioni, -e decretò alla madre o all'avola la tutela legale di pien diritto[213]. -Merito ancora del cristianesimo, che nella vita attiva diede alle donne -una posizione quale non aveano mai avuta sotto il patriziato romano, e -che esse eransi meritata col loro zelo alle conversioni, coll'eroismo -al martirio e alla carità[214]. - -Le seconde nozze erano state incoraggiate dai primi imperatori; nè il -cristianesimo le riprovò, quantunque paressero indizio di debolezza. -Gl'imperatori cristiani provvidero che l'interesse de' figliuoli non -restasse deteriorato quando il padre o la madre passavano ad altro -letto[215]. - -La donna, ond'essere romanamente considerata moglie, bisognava fosse -di classe conveniente, ed entrasse in casa colle richieste formalità, -coi riti sacri e cogli Dei penati; diversamente era _concubina_, -non partecipe all'acqua, al fuoco, al culto interiore: matrimonio -inferiore, sprovvisto di solennità, solubile, eppur regolato dal -diritto naturale, e che serviva a coprire unioni libere ma non viziose -di chi non voleva gli eccessivi legami del matrimonio legale, o sposava -liberte; i figli consideravansi naturali, e non aveano i diritti de' -legittimi verso il padre, bensì verso la madre. Gl'imperatori cristiani -non osarono batter di fronte questa consuetudine[216]; solo provvidero -meglio alla legittimazione. Leone il Filosofo abolì poi il concubinato -in Oriente: in Europa si protrasse fin dopo il Mille. - -Esercitando il diritto suo sopra il matrimonio quale sacramento, -la Chiesa vi pose ordinamenti, e tolse di guardarlo come semplice -contratto d'interesse e di piacere. Meglio fu tutelata la libertà -della donna nella scelta dello sposo[217], tanto più da che contro la -violenza offriva rifugio la verginità onorata e sacra. - -Le nozze romane non s'intendevano _giuste_ se non vi consentissero -e i contraenti e quelli in cui potestà erano: che se padre e madre -negassero il consenso senza motivi, il governatore della provincia -poteva concederlo, e prefiggere la dote. Perchè i riguardi non -impacciassero la volontà, nessun magistrato doveva contrar parentela -nella provincia che reggeva; e se vi facesse sponsali, era in arbitrio -della donna lo scioglierli, uscito ch'egli fosse d'autorità. Nè il -tutore potea farsi sposa o nuora la pupilla. Incestuosi guardavansi i -maritaggi tra genitori e figli anche adottivi, tra fratelli e sorelle. -Restavano sciolti quando il marito cadesse schiavo o prigioniero, o per -cinque anni non se ne avesse contezza. - -La Chiesa, volendo purificare tutte le relazioni civili e sottoporle -a norme spirituali, crebbe gl'impedimenti, e chiamò _impedienti_ gli -uni, _pubblici_ o _dirimenti_ gli altri[218]. Dovendo i Cristiani -vivere in legame di carità e in unione di credenza e di pratiche, -bisognò proteggere i costumi con maggiori divieti, e insieme propagare -a lontane famiglie que' vincoli di benevolenza che già esistono tra -parenti: furono quindi proibiti i matrimonj tra figli di fratelli, -sotto l'esorbitante pena del fuoco e la confisca de' beni; ed anche lo -sposar nipoti nè cognate[219]. Facevano impedimento l'adulterio e il -ratto; e come nel diritto romano era d'ostacolo l'adozione, così nel -diritto canonico la parentela spirituale. I santi Padri ebbero sempre -come pericolosi i matrimonj con infedeli: sotto il qual nome le leggi -civili intesero poi soltanto gli Ebrei, giacchè i Pagani sempre più -scomparivano; più tardi furono vietate le nozze anche con eretici. - -Per simboli antichi il matrimonio dovea simulare una violenza, e la -sposa essere fra i pianti divelta dalle braccia materne per passare -in quelle del marito. Cinque tede di pino ed una di biancospino; i -capelli della ragazza divisi sulla fronte col ferro d'una lancia; -le monete ch'essa dava allo sposo; l'invocato nome di Talasso; -l'ungere il chiavistello della porta maritale, e varcarne la soglia -a braccia d'amici per non incespicare; la focaccia di farina, sale -e acqua, ed altri riti antichi, avevano perduto significazione, fin -per gli eruditi. Però gli sponsali non andavano senza solennità; e il -fidanzato dava alla sposa un anello, ponendoglielo sul quarto dito, -che (tradizione egizia, non ancora spenta fra il vulgo) credeasi -comunicare per un nervo sottilissimo col cuore. Il cristianesimo -semplificò questi riti: ma fin dai primi tempi si esigeva che gli sposi -dichiarassero al vescovo l'intenzione di contrar nozze, cerimonia -surrogata alle sponsalizie del diritto civile[220]; e gl'imperatori -resero obbligatorio tale atto. Generalmente si dava la benedizione; -ma solo nell'VIII o IX secolo fu dall'autorità reputata necessaria a -render valido il matrimonio; nel diritto canonico non si tenne mai per -indispensabile[221]. - -Sotto la legge Papia il matrimonio si provava per semplice presunzione, -e, come ogni altro diritto, per l'uso e il possesso; nè occorreano -magistrati per sancirlo, quasi il legislatore avesse sdegnato -d'intervenire ad autenticare un obbligo, che ciascuna delle parti -potea rescindere a talento. Nasceano dissapori in famiglia? se non -fossero tolti da preghiere sporte alla dea Viriplaca, o dal pranzo che -imbandivasi il 19 febbrajo (charistia), si consentiva il divorzio, -non altro esigendosi se non che uno dei conjugi mandasse all'altro -il libello, in presenza di sette cittadini. Elevato il matrimonio a -dignità di sacramento, dalle leggi fu derogata la facilità procellosa -de' divorzj, e specificatene le cause. La donna poteva separarsi dal -marito se omicida, avvelenatore, sacrilego, impotente, o per lunga -assenza e professione monastica; in ogni altro caso ella era rimandata -spoglia d'ogni ricchezza ed ornamento: ma poteva far esigliare, e -trarre a sè gli averi di quella che il marito introducesse nel suo -talamo. La Chiesa non permise mai il divorzio nel senso civile; che se -gli sposi separavansi, non poteano contrarre altri nodi[222]. - -Del passo medesimo si addolcì la paterna assolutezza, non derivante dal -sangue, ma dalle formole delle giuste nozze, e dalla finzione civile -dell'adozione e dell'arrogazione. Era essa illimitata, sin a poter -esporre o diseredare i figliuoli, i quali, sebbene fossero indipendenti -pel diritto civile, e votassero nella tribù e nella classe del padre, -pel diritto privato restavano non soltanto soggetti, ma in proprietà -del genitore, per qualunque età o grado o magistratura avessero, salvo -se fossero emancipati con finta vendita. Questa faceasi dal genitore a -persona terza, la quale gli dava a peso il denaro convenuto, ripetendo -l'atto tre volte, giacchè per altrettante la legge permetteva al -padre di vendere il figlio; dopo di che il compratore lo menava ad -un crocevia, e gli dicea: — Va dove t'aggrada». Chi non avesse figli -poteva adottarne o arrogarne, col che su loro acquistava diritti -e doveri di padre, e tramandava ad essi il nome e i beni; mezzo di -perpetuar le famiglie, che nell'aristocrazia sono il tutto. - -Dalla centralità del potere imperiale discordava quella giurisdizione -privata de' padri; e il contrasto che la nuova generazione convertita -aveva esercitato verso la vecchia pertinace, invogliava a porre limiti -alla potestà patria, da carnale mutata in spirituale. Costantino lo -fece; tanto che il padre rimase capo rispettato della sua discendenza, -arbitro di diseredare, d'infliggere correzioni moderate, di dettare -al magistrato la sentenza severa che fosse reclamata dalla disciplina -domestica: ma ai genitori micidiali de' proprj figli fu applicata la -pena dell'omicidio[223]. - -Ai pupilli non ancora puberi, vale a dire ai maschi prima dei -quattordici anni, e alle fanciulle prima dei dodici, che perdessero il -padre, si destinava un tutore fra' più prossimi parenti paterni; e sin -a Claudio non era questo obbligato a veruna cauzione. Fatti puberi, -gli orfani non potevano disporre de' proprj beni avanti la maggiore -età, vale a dire a venticinque anni, se non consenziente un curatore, -destinato dal prefetto della provincia. - -Ogni guadagno del figliofamiglia apparteneva al padre. Se vivesse a -parte e con mestiere differente, il padre gli abbandonava il peculio, -in modo che potesse disporne, non però alienarlo a titolo gratuito, nè -legarlo in testamento. Dopo Augusto, per equità si permise ai figliuoli -di disporre di ciò che avessero guadagnato militando (_peculium -castrense_): sotto Costantino vi si assimilarono i beni acquistati in -uffizj civili ed ecclesiastici (_peculium quasi-castrense_) o per dote: -infine il padre non restò erede del figlio ab-intestato, se non in una -parte legittima; de' beni della moglie non gli rimase che l'usufrutto, -spettandone la proprietà ai figliuoli. Gran progresso alla indipendenza -di questi e al loro valor civile in una società che fin allora gli avea -tenuti soggetti. Generalizzando poi quel concetto, e depurandolo dalle -viete mescolanze, Giustiniano attribuì al figlio la proprietà di quanto -entrava nel suo peculio _avventizio_[224]: del che s'applaudisce egli a -nome dell'umanità, e avrebbe potuto dire, a gloria del cristianesimo. - -Sfasciasi dunque la famiglia legale per dar luogo al diritto umano; -la gentilità cade in dimenticanza, e così il _nesso_ e l'_addizione_ -dell'uomo libero; la mano e il _mancipio_ non sopravanzano che -come finzioni, onde eludere certi rigori dell'antico diritto. Il -figliofamigiia ottiene una capacità, uno stato, poi una proprietà; il -gius pretorio favorisce i cognati, i parenti di sangue, e attribuisce -loro sempre maggiori diritti; finchè dalle costituzioni imperiali -restano cancellati gli effetti della prisca famiglia romana, che da -prima politica, poi religiosa, poi di diritto civile privato, infine si -riduce a naturale. - -La paterna onnipotenza e la nessuna cura dell'uomo se non in quanto -era cittadino, palesavasi principalmente nell'infanticidio, costumato -da tutti gli antichi. Romolo ordinò di conservare in vita la fanciulla -primogenita: le leggi imponevano d'uccidere il neonato deforme o -infermiccio: che il padre impoverito potesse vendere i figliuoli, -risulta da Paolo, e fin sotto Costantino e Teodosio Magno se ne trovano -prove autentiche, e san Girolamo ci porge i gemiti di una madre, i -cui tre figli erano stati venduti dal marito per pagare il fisco[225]. -L'abortire era una scienza, e Giustiniano dichiarava che il feto, non -ancor venuto in luce, non è uomo: onde, se al padre gravasse l'educare -altra prole, se la madre non volesse abbreviarsi la gioventù, se -gl'indovini o la congiunzione delle stelle profetassero sinistramente, -disperdevasi il concetto; o, dopo nato, il padre non lo levava di -terra; col che intendevasi ch'egli non lo riconosceva, ed era gettato -alla via a morire, se pure nol raccogliessero certi speculatori che, -storpiatili, se ne servivano per eccitare la pietà de' passeggieri, o -li riducevano eunuchi o nani. - -Primi i Cristiani levarono la voce a favore di quei tapini; poi li -raccolsero per salvarne la vita e l'anima; Costantino decretò sussidj -a chi fosse impotente a nutrire i figliuoli: ma l'uso di gettarli -era talmente radicato, che non veniva punito; solo la legge voleva ne -diventasse proprietario chi li raccoglieva, passando in esso la patria -potestà e il diritto di trattarli come figli o come servi. Valente -e Graziano costituirono pene a chi esponesse i bambini: finalmente -Giustiniano, sostenuto dalle censure ecclesiastiche, abolì questa -nefandità. - -Nel codice Giustinianeo è proclamata l'eguaglianza di tutti i cittadini -avanti alla legge; abolite le orgogliose distinzioni de' tempi -repubblicani, a ottenere cariche e comandi non valeva più l'esser -nobile o plebeo, romano o barbaro, ma il merito o vero o supposto. -Logicamente ne conseguiva il cassare l'altra più iniqua distinzione -fra ingenui e schiavi; ma talmente era connaturata colla società, -che lunghi secoli stentarono la civiltà e il cristianesimo prima di -toglierla. - -L'antico diritto distingueva lo stato dell'uomo in naturale e civile. -Per natura ha la libertà, cioè può fare ciò che la forza e il diritto -non vieta, nè tal libertà può alienare: ma civilmente ammettevasi la -schiavitù; e lo schiavo era diminuito del _capo_, cioè senza le tre -cose che lo costituiscono, libertà, cittadinanza, famiglia; era cosa, -non uomo. Come fosse trattato, non serve ripeterlo (Cap. XIX); ma -gl'imperatori, contornati di schiavi e liberti, presero compassione -per quella classe, con cui incrudelivano o straviziavano, e spesso -divennero redentori degli schiavi quei ch'erano flagello dei liberi. -Claudio pronunziò liberi i servi che nell'infermità fossero abbandonati -dai padroni sull'isola d'Esculapio, e omicida chi li trucidasse per -non mantenerli: la legge Petronia sotto Nerone impedì d'obbligarli -a combattere colle fiere[226]: Adriano volle alle pene capitali non -fossero condannati dai padroni, ma dal giudice, e potessero portar -querela ai magistrati per mali trattamenti[227]: Antonino Pio costituì, -che chi uccidesse il proprio schiavo fosse punito come l'uccisore -dell'altrui, e i magistrati soccorressero a quelli che dai padroni -fossero straziati, ovvero spinti all'impudicizia: Diocleziano permise -allo schiavo di stare in giudizio o per costringere il padrone a -concedergli la libertà dopo pagato il riscatto, o per vendicare la -morte di quello[228]. - -Restavano però sempre come una _seconda specie d'uomini_[229], e una -legge di Costantino, vietandole, enumera le atrocità usitate contro -gli schiavi; toglierli di vita col laccio, la croce, le armi, o -trabalzarli, o injettar loro veleno nelle vene, o strapparne a brani -le carni, o arderli a lento fuoco, o perfino lasciarli imputridire -vivi. Esso imperatore abolì la croce, consueto loro supplizio, e -il marchio in fronte: se mandò assolto il padrone che uccidesse il -servo nel correggerlo, lo dichiarò omicida se per deliberata volontà -il mettesse a morte: nel dividere i coloni coi poderi, volle non si -separassero i figliuoli dai genitori, dalle sorelle i fratelli, dai -mariti le mogli[230]. Egli stesso agevolò le manumessioni fatte in -chiesa e da chierici; e tante furono, che l'Impero si trovò affollato -di poveri, cui la Chiesa dovette soccorrere con ospedali e sussidj. Se -ne induceva la necessità di procedere lentamente: e l'avere un giorno -l'effimero imperatore Giovanni abolita la schiavitù, fu un atto di que' -rivoluzionarj che non riflettono al domani. - -Costantino lasciò sussistere gl'impedimenti frapposti da Augusto alla -manumessione per testamento; pure diveniva consueta, e Giustiniano vi -diede altrettanta libertà come alle manumessioni tra vivi. Egli stanziò -che, chiunque cessava d'essere schiavo, acquistasse immediatamente -la cittadinanza, abolendo la restrizione, di cui la legge Giunia -Norbana circondava quelli fatti liberi _per lettera, fra amici_, o -con formalità meno solenni; introdusse di liberarli _nelle sacrosante -chiese_, giusto trovando che i ceppi dello schiavo si spezzassero a piè -di quella croce, donde l'uomo era stato redento dalla servitù. - -A paro colle persone, venne svincolandosi la proprietà, le cui vicende -sono il più significante testimonio della condizione di un popolo. -Come fra i più antichi, così probabilmente fra i Greci essa era di -natura religiosa: a Roma la troviamo municipale, sebbene in origine -l'esser cittadino portasse forse la comunanza di riti. Da principio -l'intera tribù acquistava proprietà sopra i campi da essa coltivati, -dividendo come le fatiche così i frutti, e ripartendoli per famiglie o -consorzj, obbligati a conservare e trasmettere la proprietà comune. A -ciascun brano di privata si aggiungeva un pezzo di proprietà pubblica -pei pascoli: dal che seguiva che, com'era comune la pubblica, così la -privata dovesse unirsi in consorzj, e perciò rimaner solidale nei pesi -pubblici. - -I Comuni però non erano unioni popolari, quali oggi le intendiamo, -determinate dall'unità territoriale; sibbene aggregamento di alquanti -consorzj. Talvolta parte di un consorzio si poneva sotto al patronato -d'un senatore o d'una persona di Corte, e con ciò restava esente dai -carichi, ad aggravio dell'altra parte. Ciò contribuì a sminuire i -possessori liberi, moltiplicando i coloni e i servi. Gl'imperatori -poco a poco aveano tratto sotto l'immediata loro protezione anche le -città, solo garantendone alcune franchigie. I consorzj godeano pure -di privilegi imperiali, contribuendo ai pubblici aggravj; e fu come -consorzio che la nuova Chiesa crebbe e divenne governo. - -Fra le cose, alcune erano state appetite sovra le altre dalla -semplicità guerresca dei prischi Romani, come la terra che costituiva -la proprietà per eccellenza, poi le case, gli schiavi, le bestie da -lavoro. Queste (dette RES MANCIPI perchè non s'acquistavano se non -colla mancipazione o con altro atto legale) conferivano la condizione -civile, e perciò erano regolate colla religione e coll'autorità -pubblica, non poteano acquistarsi che dal cittadino, nè alienarsi senza -formole pubbliche. Le altre cose di lusso e godimento, per quanto Roma -arricchisse, furono sempre tenute da meno (chiamate res nec mancipi -perchè vi bastava la tradizione, senza le solennità sacramentali della -mancipazione), e regolavansi col diritto naturale. - -Da principio esiste un dominio solo; si possiede pel diritto de' -Quiriti (_dominio quiritario_), o non si possiede. Solo il cittadino -può avere tale dominio; solo farne oggetto le cose e il suolo -_commerciabile_; escluse dunque le persone e le terre straniere: la -provincia è proprietà del popolo, poi dell'imperatore; in essa e sopra -ogni suolo che non fruisca del diritto italico, si hanno de' possessi, -ma non la proprietà: sebbene poco a poco anche quelli acquistino i -mezzi di tutela e i vantaggi della proprietà legale romana. Questa -non può essere attribuita con modi diversi dalle romane prescrizioni: -compite le quali, diviene assoluta, che che inganno o forza vi siano -intervenuti. - -Dalle scuole stoiche i giureconsulti aveano dedotta la distinzione -dei beni in cose materiali e no: contavansi fra le materiali quelle -che possono toccarsi; le altre indicavano piuttosto diritti sulle cose -stesse, fra cui i più importanti erano le servitù rustiche ed urbane, -e le personali, cioè usufrutto, uso, abitazione. Alcune cose erano -_sacre_, come i tempj; altre _religiose_, come i luoghi destinati a -sepolture; altre sante, come le porte d'una città. Alcune erano di -tutti (_res universitatis_), come teatri, stadj; alcune di nessuno, -come i lidi del mare, i fiumi; o del primo occupante, come gli uccelli -liberi, alla cui caccia unico limite era il rispetto dovuto ai fondi e -alle siepi altrui. - -Acquistavasi la proprietà delle cose particolari colla prescrizione, -col dono, colla compra, o colle successioni: le servitù, gli schiavi -e le terre poste in Italia trasmettevansi col solenne rito della -mancipazione. Ma accanto al dominio quiritario s'introduce un diritto -meno perfetto, un possesso secondo il diritto delle genti, non -giuridico ma di fatto, e che si definisce _in bonis habere_, avere tra -i proprj beni; donde fu poi denominato dominio _bonitario_: gli editti -pretorj lo proteggeranno, la giurisprudenza ne snoderà le regole, vi si -annetteranno gli effetti utili del dominio[231]. - -I Cristiani non riconoscevano per padrona di tutto la patria; i -possessi non deducevano dalla ragion di Stato, ma da Dio; laonde il -civile diritto cedette a quel delle genti, e invalse la proprietà -naturale; e quando si compilò il Codice, furono equiparate le cose -màncipi e le non màncipi[232], il diritto quiritario e il bonitario, -«ludibrio d'antica sottigliezza». Adunque da principio trovammo una -sola proprietà _ex jure Quiritium_; alla fine, ancora una proprietà -sola, ma aperta a tutti, in qualunque territorio, e in arbitrio -del possessore il disporne. Speciali regolamenti ebbe l'enfiteusi -ecclesiastica, o precaria, per la quale un podere veniva dalle Chiese -conceduto con lieve canone per un tempo determinato, allo spirar del -quale tornava ad esse con aggiunta d'altri terreni e coi miglioramenti. - -In prima il solo cittadino romano poteva testare[233], e in due -maniere: o ne' _comizj calati_ il patrizio dichiarava alle tribù la sua -ultima volontà; o sul campo di guerra il soldato avanti ai commilitoni -(_in procinctu_). Da poi, cogli stessi riti onde trasferivasi il -dominio, si facea la solenne dichiarazione dell'ultima volontà, -presenti cinque testimonj e un pesatore, simulando vendere famiglia e -beni ad un altro, il quale non era dunque erede ma compratore (_familiæ -emptor_). L'editto pretorio modificò queste norme, accordando valore -(_possessio bonorum_) a qualunque testamento portasse il suggello di -sette cittadini. Sotto gl'imperatori la dichiarazione d'ultima volontà -potè farsi davanti un magistrato, e alla curia municipale, iscrivendola -ne' protocolli; donde il testamento _autentico_. Infine Valentiniano -III introdusse il testamento _olografo_. - -L'istituzione dell'erede, ch'era il punto essenziale, dovea farsi in -termini imperativi; ma Costantino alla necessità delle formole surrogò -la semplice espressione di volontà. Chi avesse figliuoli naturali o -adottivi, non emancipati nè espressamente diseredati, doveva istituirli -eredi. Al debitore insolubile imprimevasi nota d'infamia; laonde -chi morisse in tal condizione, istituiva erede forzato uno schiavo, -acciocchè la procedura fosse patita da questo, senz'aggravio della -sua memoria. Perocchè gli schiavi e i figlifamiglia sottentravano -_necessariamente_ al defunto nei diritti non meno che nei pesi: poi il -pretore permise di _astenersi_ dalla successione del padre: finalmente -con Giustiniano s'introdusse il benefizio dell'inventario. - -In legati non poteasi disporre di là da tre quarti dell'eredità[234]. -I beni dell'intestato passavano agli eredi _suoi e necessarj_, cioè -ai figli legittimi o adottivi, o ai discendenti in linea mascolina: -gli emancipati non v'aveano diritto per legge, ma furonvi ammessi -per editto pretorio (_bonorum possessio ab intestato_). Dappoi non -s'ebbe più riguardo all'agnazione, aristocraticamente diretta a -conservar i beni nelle famiglie; e le costituzioni imperiali chiamarono -alla successione legittima anche i discendenti per donna; le madri -ereditarono dai figli, a preferenza degli agnati; non contandosi -più il legame della potestà, ma quello del sangue. Così la natura fu -ripristinata ne' suoi diritti, e il principio aristocratico soccombette -all'equalità naturale. L'ordine di successione stabilito da Giustiniano -secondo la parentela naturale, è affatto filosofico, e sopravisse alla -barbarie e alla feudalità, per impiantarsi ne' codici odierni. - -In una successione non può raccogliersi se non quel che esisteva -nel patrimonio del defunto; in conseguenza non si può stipulare una -promessa pel momento della morte. Questa sottigliezza de' giureconsulti -romani fu tolta via da Giustiniano. Ove mancasse un successore, -l'eredità ricadeva al fisco. Da poi alcune corporazioni ottennero -privilegio speciale sui beni de' loro aggregati, morti senza eredi; -onde quei de' soldati devolveansi alla sua legione, quei del decurione -municipale alla curia, quei del monaco al convento. - -Di quattro specie obbligazioni riconosce il diritto romano; per -_contratti_ e _quasi-contratti_, per _delitti_ e _quasi-delitti_. Le -convenzioni fra i Romani non produceano obbligazione se non in casi -determinati; cioè quando vi si fosse adoperata una delle formole -riconosciute dal civile diritto, come il nesso, la stipulazione; o -quando l'uso vi avesse applicato un nome e un'azione speciale, come -il mutuo, il comodato, il deposito, il pegno, la fidejussione, la -vendita, la locazione, il mandato, la società. Que' primi quattro -chiamavansi contratti _reali_, perchè, oltre il consenso, suppongono -la tradizione fatta da chi deve a chi riceve; mentre gli altri si -formano col semplice consenso. Pel diritto pretorio, a tali contratti -se n'aggiunsero più altri _innominati_; finchè Aristone, imperante -Trajano, introdusse l'azione _ex præscriptis verbis_, cioè che chi -diede o fece una cosa in vista d'una prestazione equivalente, possa -esigerla. Quindi i contratti innominati furono ridotti a quattro tipi, -_Do ut des, do ut facias, facio ut des, facio ut facias_; ma non si -statuì mai che in essi il consenso delle parti bastasse per produrre -obbligazione: così, per esempio, il baratto, che alcun tempo fu -assimilato alla vendita, si ebbe sempre come un contratto innominato, -una variante del tipo _do ut des_. - -In generale le formole in cui s'adoprava il verbo _spondère_, tenevansi -come di diritto civile, e non creavano obbligazioni che fra cittadini -romani; fin a quando l'imperatore Leone dichiarò che le stipulazioni -reggevano, qualunque ne fossero i termini. Bastava dunque si facesse -un dialogo fra i due contraenti: — Prometti di dare o di fare la tal -cosa? — Prometto». Gli atti e le formole inchiudevano la necessità che -gli stipulanti fossero presenti: ma uno potea farsi rappresentare dai -proprj schiavi. Ogni padrefamiglia teneva un libro di dare e avere -(_codex accepti et expensi_), e il registrarvi un obbligo lo rendeva -autentico; sebbene non conosciamo di quali cautele abbisognasse -quest'atto. - -Un fatto lecito da cui risultassero obbligazioni, chiamavasi -quasi-contratto, come la volontaria gestione d'affari altrui. Dei -delitti parleremo or ora. Quasi-delilto dicevasi un fatto che recò o -poteva recar danno, senza precisa intenzione, ma per colpa; come chi -sospendesse o gettasse alcun che, o scavasse una fossa con pericolo de' -passeggieri. - -L'ipoteca potea mettersi su tutti i beni; nè conosceasi la _legale_, -cioè non precisata da convenzione. Le ipoteche non erano pubbliche, nè -il credito veniva assicurato se non dalle pene minacciate ai venditori -che dissimulassero di quali carichi fosse gravato il fondo che -vendeano. - -Le azioni, cioè il diritto di reclamare in giudizio il dovuto, -distinguevansi, quanto all'oggetto, in _personali_, _reali_ e _miste_, -secondo che erano da persona a persona per costringerla ad adempiere -un obbligo, o chiedevasi compenso o restituzione d'una cosa, o faceasi -l'una cosa e l'altra, come nel domandare una divisione d'eredità. -Quanto all'origine, erano o _civili_, autorizzate da legge, o -_pretorie_, fondate sull'editto del pretore. Quanto al soggetto, erano -di _stretto diritto_, di _buona fede_, ed _arbitrarie_; distinzioni -fondate sul particolar modo d'amministrare la giustizia, essendo le -prime due deferite al magistrato, le terze all'arbitrio. - -La giurisdizione rimaneva congiunta all'amministrazione in quel che -dicevasi _imperio_: se non che alcuni magistrati inferiori non aveano -tutto l'imperio, ma soltanto l'autorità giuridica. Dell'imperio -ordinario non facea parte la giurisdizione criminale, che era sempre -una delegazione speciale, denominata _merum imperium_, e portava -diritto di spada; a diversità del _mixtum imperium_, che consisteva nel -poter mettere alcuno in possesso di beni. - -Anche dopo dismesse e diradate le azioni simboliche, la legge e la -consuetudine avevano determinato le formole della processura. Negli -atti giuridici da principio sopra l'intenzione predomina la forma, che -è quasi la veste, l'esternazione del pensiero; e non usandosi o poco -la scrittura, bisogna far impressione sui sensi, e che l'atto della -volontà istantaneo e fuggevole sia ridotto sensibile e irrevocabile. -Oltre le cause generali che materializzano le istituzioni al tempo -delle civiltà nascenti, e che in paesi diversissimi offrono press'a -poco gli stessi fenomeni, le forme della stipulazione giovano in -quanto fissano seriamente l'attenzione delle parti sopra ciò che -stanno per fare; in un'espressione netta, breve, rigorosa, precisano -l'obbligazione che contraesi, e fanno apparire più vigorosamente -l'assenso delle parti mediante l'interrogazione e la risposta. Oggi -stesso che si bada più ch'altro alla pura volontà, all'intenzione, per -certi atti più importanti si conservano pratiche analoghe all'antica -stipulazione, come è la formola del matrimonio, come il giuramento. - -In principio questi atti s'appoggiano all'analogia, operazione tanto -comune nella fanciullezza dell'individuo come delle nazioni. Da poi -si arriva al simbolo, che spesso non è se non l'avanzo d'un rito -perduto. Via via le istituzioni dalla materia passano nel campo -dell'intelligenza; la civiltà si appiglia immediatamente allo spirito, -alla volontà, all'intenzione; dall'esteriorità chiedendo soltanto ciò -che è indispensabile per rivelare e garantire il consenso. - -Così andò in Roma. Quando ancora non si coniava denaro, ogni vendita -faceasi a peso; donde ci son rimaste le espressioni moderne di _spesa, -stipendio_, _spendere_. Anche dopo conosciute le monete, si comparve al -giudizio colla bilancia e col metallo (æs et libra); e questi divennero -simbolo in molti contratti, dove si trattava di tutt'altro che vendita. -Ne' processi di rivendicazione si finge battaglia, come quando la -guerra era il modo d'acquisto per eccellenza: poi la bacchetta rimase -simbolo della lancia: e tale procedura s'accomunò a casi, dove nè -tampoco trattavasi di decidere una contestazione. Sopra una zolla, -sopra un tegolo recati al pretore si adempivano le formalità ch'era -prescritto al magistrato di fare sugli oggetti stessi. Abolite le -trenta curie, trenta littori ne rimasero simbolo, poi bastò la scure -del littore. - -A passo passo tutte le azioni legali che drammatizzavano il diritto -patrizio (t. I, p. 182), si mutarono in formole che erano date dal -pretore stesso, in modo che le parti non deteriorassero la propria -condizione per ignoranza di esse: ma benchè la _lex Julia privatorum_ -di Augusto avesse concesso ai litiganti di spiegare semplicemente -davanti al magistrato l'oggetto in contestazione, pure non era unico -intento de' giureconsulti e de' giudici la scoperta del vero e del -diritto, e la decisione restava vincolata all'esattezza di esse formole -d'azione, che doveano adoprarsi dai contendenti, prima che la causa -fosse librata dal giudice; talchè uno trovavasi condannato, non perchè -avesse torto, ma solo per ignoranza o fallo in quelle applicare. Un -tale (racconta Gajo) portò querela per alcuni ceppi di viti tagliate -(_vitibus succisis_); ma le XII Tavole aveano parlato soltanto di -alberi, sicchè la petizione fu respinta. Caduta la religione che -sanciva le formole, Costanzo le abolì come divenute un lacciuolo di -sillabe alla buona fede[235], lasciando che l'attore scegliesse qual -più gli piaceva. - -Questo, nell'introdurre l'istanza, giurava non esser mosso da prurito -di calunniare o vessare, ma da convinzione; e se perdesse, doveva per -ammenda il decimo dell'oggetto contestato. Nelle cause reali ciascuna -parte poteva obbligare l'avversario a deporre una somma, che andava -perduta qualora soccombesse. A nessuno era negato farsi rappresentare -da un procuratore, e sopra di questo cadeva la sentenza: ma ben doveano -trascinarsi per le lunghe i processi, se Giustiniano, «per impedire -che divengano immortali», dichiarò l'intenzione che una causa non -oltrepassasse la durata d'una vita d'uomo[236]. - -Mentre fra noi qualsivoglia reità, dall'adulterio in fuori, provoca -azione pubblica nell'interesse della società, fra i Romani il furto, -la rapina, il danneggiamento, le ingiurie ed altri delitti erano -_privati_, procedendosi contr'essi soltanto sopra istanza dell'offeso. -I _pubblici_ si distinguevano da capo in _ordinarj_, contemplati da -alcuna legge particolare con pena prestabilita, e _straordinarj_, -che erano puniti a stima del magistrato, quali la tentata infrazione -del carcere, lo stellionato, il formare delle società non autorate -dall'imperatore. Morte infliggevasi anche per colpe vaghe o leggeri, -come abbattere un albero, tagliar una vigna, se supponeasi fatto -nell'intento di sminuire il censo al fisco[237]. Gravissima pena -l'esiglio, che traeva seco la morte civile, e che solevasi infliggere -per adulterio, atto falso, estorsioni e simiglianti; o a persone -qualificate, pei delitti per cui le inferiori si condannavano alle -miniere. Perocchè le pene colpivano in grado diverso secondo il -delinquente; e chi uccidesse la propria moglie côlta in adulterio, se -libero era relegato in un'isola; se egli fosse di condizione inferiore, -subiva i lavori pubblici; anche per dato incendio la persona oscura -andava alle catene ed alle fiere, non la illustre; nel furto l'uom -vulgare era staffilato e precipitato dalla rupe Tarpea, il ricco si -redimeva col dare il quadruplo del rubato. - -Non poteva il codice negligere i precetti della nuova religione -intorno alla castigatezza del costume, ignota all'antichità[238]. -Mentre alle adultere fu ridotta la pena a due anni di solitudine -penitente, i peccati contro natura castigaronsi, senza divario di -persone, con una squisitezza di supplizj che a fatica può perdonarsi -alla purità del motivo. Nuova cosa erano pure le comminatorie contro -l'eresia: ma il volere alla religione della carità e della mansuetudine -applicare i regolamenti dalla patrizia severità emanati in sostegno -dell'inesorabile religione dello Stato, portò a giustificare le -persecuzioni, e offrì l'autorità dell'esempio agl'imperatori germanici, -quando, più tardi, statuirono fin la morte contro i miscredenti. - -Nei casi di maestà rinasce l'esorbitanza del prisco diritto. La società -antica, propensa a tutto idoleggiare, avea divinizzato l'imperatore, -in modo che qualunque attentato contro di esso consideravasi fatto -contro la repubblica in lui personificata, e contro la divinità. -Enormissimo fra i delitti era pertanto quello di Stato: ma tale -qualifica colpiva anche azioni indifferenti, nè soltanto sotto principi -tirannici, ma fin sotto quelli che aveano del cristianesimo adottate -le esteriorità, non il liberale sentimento. La legge Giulia fa reo di -fellonia chi fonde le statue degl'imperatori od «opera alcun che di -somigliante»[239]: tanta latitudine nella più formidabile delle accuse! -Vi volle un senatoconsulto per dichiarare che non offendeva la maestà -chi disfacesse simulacri di imperatori riprovati; e rescritti di Severo -ed Antonino per mandare immune chi ne vendesse di non consacrati, o per -caso li colpisse d'una pietra. - -Una legge imperiale puniva chi mettesse in forse il giudizio del -principe o dubitasse del merito de' suoi impiegati[240]: un'altra -pronunziò che l'attentare contro i ministri e gli uffiziali del -principe fosse misfatto, come il nuocere al principe stesso, del -cui corpo son quasi membri[241]; una di Valentiniano, Teodosio e -Arcadio costituisce rei di maestà i monetieri falsi[242]: sotto -Costanzo reputavasi fellonia l'interrogare indovini sopra lo strillo -d'un topo o d'una donnola, e il medicare una doglia con parole da -vecchierella[243]. Soffogata la rivolta di Avidio Cassio, s'introdusse -di processare anche morti, per incamerarne i beni se convinti[244]. -E la confisca era grande stimolo ad abbondare in siffatte accuse; e -v'avea gente apposta (_petitorii_) che le promovevano, per domandarne -in compenso i beni, con un'insistenza mal frenata da ventisei leggi del -codice Teodosiano[245]. - -Quanto di severo aveano statuito sopra tal fatto i predecessori, -fu accolto da Giustiniano, tenendo fin memoria del giureconsulto -Paolino che accusò di perduellione un giudice per aver deciso in -senso contrario ad una legge dell'imperatore: e di Faustiniano, che, -avendo giurato per la vita del principe non perdonare al suo schiavo, -si credette obbligato a perpetuar la collera per non incorrere in -crimenlese[246]. Dimenticò invece che l'imperatore Alessandro Severo -avea respinte le accuse indirette di maestà, e Tacito escluse gli -schiavi dallo attestare in queste contro i loro padroni[247]. - -Dove ci si manifesta uno dei difetti principali del codice -Giustinianeo, l'avere tramandato ai posteri uno spirito dissonante -dall'amore e dalla benevolenza predicate dal Vangelo. L'imperatore -dispotico e il ligio suo ministro evitarono d'inserire le leggi -_sediziose_ della repubblica, e checchè sentisse di libertà o di -privilegi, cancellati o cancellabili dalla tirannide. Di tre soli -giureconsulti dell'età repubblicana fecero menzione, e scarsa di quelli -fioriti sotto i primi Cesari, larga messe invece cogliendo nel tempo -che una turba di forestieri portava a Roma l'omaggio di sue adulazioni: -osarono perfino il nome degli antichi giureconsulti lasciar in capo -a leggi loro, benchè mutilate o travolte[248], mentre non omettevasi -alcuno de' passi che consolidi od esageri i monarchici arbitrj; il che, -oltre nuocere allora, innestò un morboso elemento alle costituzioni -della nuova Europa, presumendo giustificare la tirannia al cospetto -di quelli, per cui son tutt'uno giustizia e legalità. Imperocchè, se -lo studio rinnovato del diritto giustinianeo offrì dopo il XIV secolo -felicissimi concetti d'ordine e d'amministrazione, pregiudicò alla -posterità l'idolatrare tutto ciò che Giustiniano avea raccolto della -sapienza come dell'imbecillità e ferocia de' suoi predecessori; i -principi se ne armarono per menomare le franchigie introdotte dallo -spirito de' Germani, dalle immunità ecclesiastiche, dalla feudalità e -dai Comuni; si tornò a predicare la pagana onnipotenza del monarca; e -i progressi dell'umana ragione furono inceppati dalla pretensione di -governare il mondo colle istituzioni di tanti secoli prima, e d'una -società e d'una religione essenzialmente differenti. - -Non ostante gli errori particolari, non ostante che il Codice di -Giustiniano e il Digesto non siano giunti a noi quali erano stati -compilati, rimangono il più insigne monumento della sapienza antica, -viepiù meraviglioso per tempi considerati d'universale decadenza. -E decadenza era veramente, ma solo delle idee antiche, le quali -cedevano luogo alle nuove. Il politeismo era perito; perite le favole -filosofiche d'Alessandria e le legali d'Atene; perito l'alito esclusivo -del patriziato, livellato pur esso nella soggezione alle leggi; perita -la fierezza d'un tempo che affiggeva la giustizia a formole morte. -Che altro restava se non il cristianesimo? E quanto esso giovasse -a migliorare la legislazione ci apparve in tutta questa rassegna, e -nelle leggi de' successori di Costantino, che attestano quanto fossero -inumane le precedenti. - -I tre figli di quello nel 338 ricusavano i libelli infamatorj, le -lettere cieche, le accuse secrete, impedendo di procedere sopra tali -denunzie[249]. Valentiniano condannò l'esposizione degl'infanti; -stipendiò un medico dei poveri per ciascun quartiere di Roma; vietò -agli avvocati di ricevere sportule, bastando la gloria di difendere -l'innocenza; a tutti impedì lo ingiuriarsi nei dibattimenti; i -commedianti, battezzati in pericolo di morte, non si potesse più -obbligarli a salire sul palco, nè le figlie delle attrici a seguire la -professione materna; istituì scuole, stabilì i difensori delle città, -avvocati degli interessi di queste, i quali poteano recar rimostranze -ai magistrati civili ed anche al trono. Graziano ai delatori bugiardi -infliggeva la pena che sarebbe tocca al calunniato; revocò tutti i -privilegi concessi a privati in pregiudizio del corpo cui appartengono; -dispensò dall'obbedire ad ordini che i tribunali o i magistrati -dicessero aver ricevuto a viva voce dall'imperatore. - -Teodosio Magno proibì di sollecitare i beni dei condannati per -ribellione, giacchè talora, a forza d'importunità, si otteneva -ciò che principe giusto non era in diritto di concedere: la quale -ordinanza rattenne dallo spionaggio quei tanti che si faceano delatori -per ciuffare i beni dell'accusato. Mentre dapprima gli averi degli -esigliati si applicavano al tesoro, egli ordinò fossero divisi tra -questo e il reo od i suoi eredi, e che ai figli si lasciassero interi -quelli d'un padre condannato a morte. Agli Ebrei fu proibito comprare -schiavi cristiani, e ai Cristiani permesso senza misura di affrancare i -loro. Dolcezza e umanità prescrisse Teodosio a quei che sogliono averne -sì poca, i carcerieri; i giudici visitassero frequente le prigioni, -raccogliessero le lagnanze dei detenuti, ed esattamente registrassero -le loro imputazioni. Vietò anche il vendere, comprare ed ammaestrare -alcuna sonatrice, o invitarla a banchetti e spettacoli, e il tenere -musici di professione; contro la quale specie di servi, continui erano -in declamare i santi Padri, come semenzajo di scostumatezza. - -Una legge d'Onorio vietava il traffico a persone di qualità, non perchè -disonorevole, ma perchè aveano agevolezza di far torti agli inferiori: -un'altra permetteva a chi trovasse leoni sulle proprie terre, -d'ucciderli, non però di prenderli vivi per farne mercato; preferendo -ai piaceri imperiali il vantaggio de' popoli. Più ricordevole è -quella che impone, i prigionieri ogni domenica sieno tratti fuori dai -giudici, per sapere se ebbero ogni necessità, e mandati al bagno; se -poveri, siano alimentati dal pubblico: e di questa legge raccomandava -l'adempimento a' vescovi, dai quali probabilmente gli fu suggerita. -Un'altra ordina ai medesimi di prender cura non sieno maltrattati gli -schiavi cristiani tornanti alle case. - -I due Valentiniani aveano introdotto di liberare al giorno di Pasqua i -carcerati per delitti non gravi[250]. Dipoi Valentiniano III proferiva -che alla maestà regia convenisse dichiarare «anche il principe esser -tenuto alle leggi, e che l'autorità di lui dipende dall'autorità del -diritto, più che l'imperare essendo cosa magnifica il sommettere il -principato alle leggi». In conseguenza proibiva a tutti quel tanto che -voleva non fosse lecito neppure a lui stesso; e notificava che, salva -la riverenza dovuta alla maestà sua, non avrebbe sdegnato litigare coi -privati al medesimo fòro, ed esser giudicato colle leggi medesime[251]. - -Alla rugginosa originalità romana, e ai sistemi non più confacenti -colle abitudini contemporanee, Giustiniano più non doveva i riguardi -cui Costantino si trovò astretto; alla lettera che ammazza sostituiva -lo spirito che vivifica; dai giureconsulti classici estrasse quanto -gli parve di diritto cosmopolitico, e ripudiò quel che fosse meramente -romano, non esitando ad alterarne i testi per emancipare le leggi da -una tutela retrospettiva. Cominciando dal nome di Cristo e dall'augusta -Trinità, professava che l'autorità deriva da Dio; riconosceva la Chiesa -coll'accettare la fede da questa consacrata; da tal fede dedusse quanto -ha d'originale la sua compilazione, l'eguaglianza degli uomini, la -giusta democrazia, la rintegrazione della persona morale, sicchè non -si guardasse la Casta o la tribù o la famiglia, ma l'individuo. Forte -abbastanza per trarre le conseguenze dalle premesse cristiane, si -fece uom dell'avvenire, intento sempre a trovare qualche miglioramento -conforme alla natura e al progresso[252] e incessantemente accostò il -diritto al tipo semplice e puro del cristianesimo: teologo ancor più -che giureconsulto. - -Insomma la giurisprudenza, unica scienza vera e particolare del -popolo romano, estese a tutta l'umanità il diritto equo e buono, e -aprì la società moderna col rendere individuale e potente il diritto, -formolandolo in un capolavoro della logica. Vero è che l'ingegno -non produce moralità, e il difetto di quell'opera consistette -appunto nella prevalenza della logica; ma parte sempre maggiore di -spiritualità vi s'introdusse dacchè coi giuristi cooperarono i teologi -a redimere il mondo dalla legale oppressione per vie differenti. -Però il diritto avea già fatto sforzi per separarsi dall'elemento -teocratico e aristocratico, ed assumere esistenza indipendente; lo -perchè al cristianesimo costò maggior fatica il dominarlo. Ma da -quell'ora trovansi a contatto, e spesso a conflitto la ragion civile -colla canonica; e l'effettuare il principio eminentemente cristiano -che tutta l'umanità abbia diritto alla giustizia, alla simpatia, alla -libertà, sarà l'opera di tutto l'avvenire: opera lenta, tergiversata, -incompresa, fin maledetta, ma che si compie fra gli errori degli uomini -e sotto l'occhio della Provvidenza. - - - - -CAPITOLO LIV. - -Impero diviso. Onorio. Invasione di Alarico. - - -Ripigliamo il corso de' fatti, accostandoci alla fine dell'Impero. - -Morta che fu Giustina sua madre, Valentiniano II abbracciò la fede -cattolica, e sempre più amore e stima acquistossi colla morigeratezza, -l'applicazione agli affari, le domestiche virtù, la cura della -giustizia. Accusato d'amar troppo i giuochi del circo e i combattimenti -delle fiere, se gli interdisse; imputato d'intemperanza, spesseggiò i -digiuni; saputo che in Roma una commediante allettava troppi giovani, -la chiamò alla corte, e rimandolla senza vederla tampoco, per dare -esempio. Grand'amore portava alle sorelle; eppure litigando esse di -certi possessi con un orfano, egli rimise al giudice ordinario la -querela, e le persuase a recedere dalla pretensione. - -Arbogasto, Franco valoroso, de' benefizj di lui abusò per sovvertire -l'impero d'Occidente; a proprie creature distribuì i posti importanti -nelle milizie e nel governo della Gallia, sicchè Valentiniano si trovò -in Vienna come prigioniero di questi occulti nemici. Citato Arbogasto, -lo ricevette sul trono intimandogli di deporre le cariche; ma il Franco -rispose: — L'autorità mia non dipende dal sorriso o dal cipiglio d'un -monarca»; e gettò il foglio dove l'ordine era scritto. Valentiniano -fu a gran pena trattenuto da un atto di violenza; ma pochi giorni -dopo il trovarono strozzato nella sua tenda (390), e tutti -indovinarono da chi. Arbogasto, non osando cingere a se medesimo il -diadema, lo conferì al retore Eugenio, suo segretario privato e maestro -degli uffizj, reputato per sapere e prudenza. - -Commosso dall'indegna uccisione del collega e cognato, Teodosio pascolò -di parole Eugenio, intanto che dai valorosi generali Stilicone e -Timosio facea porre in essere e in disciplina le legioni e i Barbari -federati; coi quali mosse contro il nostro Occidente. Arbogasto si -restrinse a difendere i confini dell'Italia; ma Teodosio, occupata la -Pannonia sino ai piedi delle alpi Giulie, scese ad affrontarlo nelle -pianure di Aquileja (391), e lo vinse. Arbogasto si diede la -morte; Eugenio l'ebbe dall'impazienza dei soldati a' piedi di Teodosio. -Sant'Ambrogio, che avea resistito inerme all'usurpatore, rifiutandone -i doni e ritirandosi da Milano per non avere con esso corrispondenza, -allora recò a Teodosio l'omaggio delle provincie occidentali, e ne -impetrò amnistia. - -Teodosio raccoglieva così novamente il mondo romano nelle proprie mani; -e le sue virtù e la florida età serenavano di speranze. Poco dopo la -vittoria, egli divise l'impero d'Oriente e quello d'Occidente fra i due -suoi figliuoli Arcadio ed Onorio, e questo secondo chiamò a ricevere -le insegne in Milano. Quivi splendidi giuochi furono disposti, ai quali -avendo Teodosio assistito, la sua salute già logora n'ebbe tale scossa, -che la notte morì (395 — 17 genn.). Ultimo imperatore che -reggesse con fermo polso le romane cose, e guidasse gli eserciti in -campo; lasciava negli amici e nei nemici alta stima di sue virtù, e una -grave apprensione per la preveduta fragilità d'un regno spartito tra -fanciulli. - -Arcadio da Costantinopoli governava l'impero d'Oriente; Onorio da -Milano reggeva Italia, Africa, Gallia, Spagna, Bretagna, Norico, -Pannonia, Dalmazia, l'Illirico dimezzato. Ma Arcadio contava appena -diciott'anni, undici Onorio, nè l'un nè l'altro le qualità che si -richiedono anche in tempi quieti, non che le occorrenti in tanta -procella. Vero è che il padre li aveva provveduti d'abilissimi tutori, -mettendo Rufino guascone a fianco di Arcadio, Stilicone vandalo di -Onorio: ma le gelosie di cotesti e de' loro successori approfondirono -le divisioni, non solo di Stato, ma d'interessi fra i due imperi. - -Stilicone, granmaestro della cavalleria e della fanteria, aveva -accompagnato in tutte le guerre Teodosio, il quale lo spedì -ambasciadore in Persia, poi gli sposò sua nipote Serena, dalla quale -ebbe Eucherio, Maria e Termanzia. In ventitre anni che comandò gli -eserciti, non vendette gradi, non fraudò delle paghe i soldati, -nè elevò il proprio figlio o gl'immeritevoli: ma avido di piaceri -e ricchezze, l'ambizione sua non era soddisfatta al vedersi dagli -adulatori corteggiato più di Onorio stesso, e cantato perpetuamente dal -miglior poeta d'allora, Claudiano. Traverso alle costui piacenterie ed -alle calunnie della storia, queste e quelle stipendiate, è difficile -avverare altro, se non il valore di lui, e l'uso fattone a pro d'un -impero, che costituito militarmente, sol dalla forza doveva trarre -l'ultimo suo ristoro. - -Al morire di Teodosio, Stilicone aveva preteso alla tutela d'amendue -gl'imperatori; e se ne mostrò degno col coraggio contro i Barbari. -Dovendo, come il denaro e le gioje, così le legioni dividersi fra i -due imperatori, propose guidarle egli stesso in Oriente, sì per tenere -in disciplina i soldati, sì per opporsi all'insurrezione dei Goti: ma -Rufino ingelosito gli fece da Arcadio intimare non procedesse, se non -voleva essere in conto di ribelle. Stilicone non esitò a dar volta, -ma affidò le legioni e la sua vendetta al goto Gaina, che trucidò -Rufino (395 — 9bre). Eutropio, succeduto a costui, prima -copertamente insidiò a Stilicone per togliergli ora il favore del -suo principe, ora la confidenza del popolo, ora anche la vita; poi -dal docile senato di Costantinopoli il fece decretare pubblico nemico -(396), confiscatine i possessi in Oriente; e quando il vide -movere contro Costantinopoli, sollecitò Gildone nobile mauritano a -voltarsi da Onorio ad Arcadio. - -Questo Gildone aveva in patrimonio mille ottocento miglia di terreno -sulle coste d'Africa, che anticamente formavano cinque provincie -romane; e fatto anche comandante dell'armi imperiali d'Africa, vi regnò -da tiranno, con un'armata di settantamila uomini, Roma riconoscendo -soltanto col tributarle il grano, del quale mantenevasi l'Italia. Le -lamentanze degli oppressi giunsero però all'imperatore; e Stilicone, -fattolo chiarire nemico della patria, spedì Mascezelo a domarlo -(398). Cinquemila uomini bastarono contro quell'immenso -apparato; Gildone preso si uccise; i capi della sommossa furon dati da -giudicare al senato, impaziente di punire coloro che aveano minacciato -il popolo in ciò che più gli stava a cuore, il vitto. Dieci anni -appresso non erano ancora esaurite le procedure contro i complici -dell'Africano. - -Leggete le odi di Orazio, ove dagli Dei è promesso a Roma che starà -immobile, e detterà patti ai trionfati Medi; poi vedete il poemetto -di Claudiano _Della guerra gildonica_; qual melanconico contrasto! -Quivi Roma, misera in aspetto, recasi ai piedi di Giove «non coll'usato -volto, nè qual dettava leggi ai Britanni, o sottometteva a' suoi fasci -i tremendi Indiani; ma fievole di voce, tarda il passo, depressa -gli occhi, colle guancie scarne, le braccia smagrite, a gran pena -sul debole omero sostenendo lo squallido scudo, rivelando la canizie -di sotto all'elmo lentato, e trascinando l'asta irrugginita. Giunta -finalmente al cielo, prostrossi alle ginocchia del tonante, e ordì -meste querele: — Se le mie mura, o Giove, meritarono di nascere -con durevoli augurj, se inalterati stanno i carmi della Sibilla, nè -disprezzi ancora la rôcca Tarpea, io vengo a supplicarti, non perchè -il console trionfante calchi l'Arasse, o le nostre scuri oppugnino la -faretrata Susa, nè perchè piantinsi l'aquile nostre sulle arene del mar -Rosso: questo un tempo mi concedevi; ora io Roma ti chiedo il vitto, -il vitto soltanto, ottimo padre; rimovi l'estrema fame; già satollammo -ogn'ira; già soffrimmo tanto, da movere a compassione e Geti e Svevi; -la Partia stessa inorridisce ai casi miei». - -L'orgoglio di Stilicone passò ogni segno quando ebbe sposata sua -figlia Maria all'imperatore. Ma questi compiva appena i quattordici -anni; e dopo dieci altri la sposa morì, illibata da un marito senza -forza e senza passioni, il quale in ventott'anni di regno non uscì -mai di fanciullo, lasciando imperare Stilicone, che forse ne fomentava -l'inerzia e accarezzava l'imbecillità. - -Eppure, se in alcun tempo mai, allora veramente era bisogno di principe -attuoso e guerresco; perocchè, non appena Teodosio chiuse gli occhi, -i Goti pensarono uscire dalla forzata tranquillità, e mettere a nuovi -guasti l'impero. Alarico, della principesca famiglia dei Baiti, la -più illustre fra' Goti dopo quella degli Amali, era stato formidabile -avversario di Teodosio, poi riconciliato seco ed eletto maestro delle -milizie. Morto questo, e tenendosi scarsamente rimunerato, stava di -mal cuore nelle terre assegnategli; forse inizzato da Rufino, devastò -la Tracia, la Macedonia, la Tessaglia; per le mal difese Termopile -entrò nella Grecia, fin allora intatta da scorrerie; e distrutti tempj -e città, sospesi i riti di Cerere Eleusina, dal mar Nero al golfo -Adriatico gli abitanti furono uccisi o spinti in ischiavitù. - -Accorto più che non s'aspetterebbe da Barbaro, Alarico facea spargere -un oracolo, che lo diceva fatato a distrugger Roma e l'Impero. Ne lo -lusingava la scissura fra le due Corti, posto in mezzo alle quali, -poteva profittare degli errori d'entrambe. Ed error sommo commise -Arcadio cedendogli la provincia da lui devastata e, ch'è peggio, i -quattro grandi arsenali dell'Illiria. Ne conobbe l'importanza Alarico, -e per quattro anni li fece lavorare non ad altro che a stromenti da -guerra; sicchè, a spese e fatica delle provincie, i Barbari poterono al -naturale coraggio unire questo sussidio, sovente mancato. Ne cresceva -Alarico di credito e d'aderenti, i quali lo proclamarono re dei -Visigoti (382), e chiesero li traesse di servitù e li menasse -al trionfo. - -Piantavasi in tal modo una terza potenza fra le due che divideano -l'orbe romano; e il nuovo re ora all'Oriente ora all'Occidente vendeva -i suoi servigi, calcolando con barbara sagacia contro di quale più -gli convenisse voltar le armi. Le provincie orientali sono state -corse dalle orde in ogni senso: Costantinopoli è situata in troppo -mirabile robustezza; l'Asia non è accessibile a chi non abbia flotte: -ma l'Italia, oh! essa può dirsi intatta ancora, essa opulenta, essa -indifesa. - -Ed a quella bellezza, che formò sempre il vanto e il pericolo del -nostro paese, drizzò Alarico la voglia e i passi; e valicate le alpi -Giulie, consumò buon tempo attorno alle oppostegli difese e massime -ad Aquileja, mentre tale sgomento diffondevasi per la penisola, che -i ricchi già imbarcavano ogni avere per la Sicilia e per l'Africa. I -residui Pagani all'aspetto di queste sventure esclamavano, — Ecco segni -della collera dei numi abbandonati»; i Cristiani ripetevano, — Ecco -la punizione dei delitti con cui Roma salì tant'alto, e di quelli pei -quali ora declina»; e gli uni e gli altri cresceano il danno reale con -terrori superstiziosi. - -Ad Onorio, sonnecchiante nel palazzo di Milano, le adulazioni non -lasciavano pur sospettare che altri potesse avventurarsi contro il -successore di tanti cesari; e baloccandosi nel dar beccare di propria -mano a una nidiata di polli, non aveva forse tampoco udito il nome -d'Alarico. Il nembo gli ruppe il sonno, non gl'infuse il coraggio; e -tentennando fra le paure, pensò ricovrarsi in alcuna remota parte della -Gallia. Ma Stilicone, prevedendo qual terrore getterebbe la fuga del -monarca, vi si oppose; pigliò l'assunto d'accozzare un esercito; e non -v'avendo truppe in Italia, che pur era capo d'un impero steso sulla -Gallia, la Spagna, l'Inghilterra, il Belgio, la costa d'Africa e mezza -Germania, mandò alle più lontane legioni che accorressero, lasciando -la mura Caledonia e le rive del Reno sguernite, od affidate a soli -Germani. Egli medesimo, non essendo di quelli per cui il patriotismo è -passione accecante ed esclusiva, non badava se il soccorso venisse da -Barbari o no; e imbarcatosi sul lago di Como nel cuore della vernata, -giunse nella Rezia, sedò i tumulti, e arrolò quanti nemici di Roma -vollero divenirne i difensori. - -Onorio, assediato in Asti, già era a un punto di cedere, quando, gli -eserciti d'ogni parte sopravenendo, Stilicone strinse in mezzo i Goti; -côlto il tempo che celebravano la pasqua, gli assalì a Pollenza nella -Liguria (403), li ruppe, e delle spoglie loro arricchì i -suoi soldati. Alarico, dopo che invano adoprò il senno e il braccio a -reggere il campo, e vide prigioni sua moglie, le nuore, i figliuoli, -si ritirò con la cavalleria, e pensava rifarsi con un colpo ardito -varcando l'Appennino per isgominare la Toscana ed assalir Roma. Ma -i capi dei Goti, infedeli a un re vinto, o ineducati alla prova -dell'avversità, minacciarono abbandonarlo; tanto ch'egli dovette -porgere ascolto alle proposizioni fattegli d'abbandonare l'Italia, -purchè gli fossero restituiti i parenti presi e una pensione. Nella -ritirata avea disegno di sorprendere Verona; ma Stilicone, istruttone, -lo colse e sconfisse di modo, che gli fu grazia sottrarsi colla -fuga. Eppure quell'instancabile, rannodate le reliquie fra i monti, -mostrò ancora la fronte al nemico, che stimò fortuna il lasciarlo -uscir dall'Italia, troppo convinta di non aver più barriere contro -l'ingordigia de' Barbari. - -Onorio solennizzò in Roma il trionfo (404), cui non avea -contribuito. Questa, che in cent'anni vedeva appena per la terza -volta un imperatore, andò lieta dei doni che fece alle chiese, della -riverenza insolita che mostrò al senato, e soprattutto dei giuochi -ch'esso le preparò nel circo: ma i sanguinosi spettacoli dei gladiatori -erano riprovati a gran voce dai sacerdoti cristiani; il poeta Prudenzio -in bei versi ne sconsigliava l'imperatore pupillo; il pio Telemaco uscì -a bella posta dal suo romitaggio, e discese nell'arena egli stesso per -impedirli: il popolo infuriato lo trucidò, ma col sangue del martire fu -scritto il trionfo dell'umanità. - -L'adulazione ergeva ad Onorio un arco, ove leggevasi aver lui per -sempre distrutta la nazione dei Goti: ma la prudenza dava la mentita -col riparare e munire i castelli vicini a Roma e le mura di questa. -Eppure nè quivi nè in Milano sentendosi sicuro, l'imperatore andò a -rimpiattare la porpora in Ravenna, difesa dalla flotta, dalle paludi e -dalle fortezze. - -E ben era tempo di munirsi, perocchè tutto il Settentrione agitavasi -e traboccava le sue piene verso l'Italia. Allettato dai trionfi e -dalle prede altrui, Radagaiso (Radegast), a capo d'un'accozzaglia, -alcuno dice di ducentomila Vandali, Svevi, Borgognoni, mosse dal -Baltico, e cresciuto per via da venturieri d'ogni nazione, si presentò -sul Danubio. Come difendere le lontane provincie quando il pericolo -stringeva l'Italia? Stilicone dunque richiamò di là le guarnigioni, -e con nuove leve, e col promettere libertà e denaro agli schiavi che -s'arrolassero, appena mise in piedi trenta o quarantamila guerrieri, -cui aggiunse molti Barbari ausiliarj: tanto era stata micidiale -l'ultima guerra, tanto aborrito il militare. - -Con uno dei tre corpi in cui erasi divisa quella moltitudine, -Radagaiso passò senza ostacolo la Pannonia, le Alpi, il Po; evitando -Stilicone accampato sul Ticino, dagli Appennini scese improvviso a -saccheggiare l'aperto paese, distruggendo gli avanzi delle già floride -città d'Etruria (405), assediò Firenze, e bucinavasi che il -feroce avesse giurato ridurre a un mucchio di rottami la regina del -mondo, e col sangue de' più illustri senatori propiziare i numi suoi. -I fedeli dell'antica religione nazionale, sperando quest'idolatro -ripristinerebbe gli Dei, e sulla ruina della patria trionferebbe la -loro fazione, invece di eccitare il popolo ad armarsi di coraggio, e -se non altro di disperazione, esclamavano: — Ecco, tutto perisce al -tempo de' Cristiani; come resistere ad un guerriero che ogni giorno -fa sagrifizj, mentre a noi sono vietati?» I Cristiani incoravano -l'assediata Firenze con miracoli e rivelazioni; ed uno asserì che -sant'Ambrogio eragli apparso in sogno, assicurandolo che per domani -la patria sarebbe redenta[253]. In fatti dinanzi a quella città -l'esercito di Stilicone raggiunse il barbaro; e coll'abilità medesima -onde aveva due volte vinto Alarico senz'avventurarsi all'incertezza -d'una battaglia la cui perdita sarebbe stata irreparabile, circonvallò -il nemico di robuste trincee, talchè di assediatore assediato sulle -aride balze di Fiesole, restò consunto dalla fame. Radagaiso, costretto -ad arrendersi, ebbe tronca la testa; e i suoi furono venduti schiavi -in tanto numero, che se ne aveva una partita per una moneta d'oro; -il clima poi e il vitto cangiato li sterminò. Ad altre grosse frotte -aquartieratesi fra le Alpi Stilicone agevolò la ritirata; andassero -pure a manomettere le provincie, tanto solo che rimanesse salva -l'Italia. - -Alla quale ormai riducevasi l'immenso impero d'Occidente; perocchè -la Gallia era occupata da Franchi, Burgundi, Alemanni; la Bretagna, -sgombra di legioni; effimeri imperatori s'ergeano a disputare il lacero -manto d'Augusto, fra cui basti nominare Costantino, che chiaritosi -imperator delle Gallie (407), ottenne da Onorio il titolo -di collega. Poi sovrastava Alarico, dalla sventura non abbattuto ma -istruito; e non che i Barbari perdessero confidenza nel valore e nella -prudenza di esso, a lui facevano capo quante bande scorrazzavano dal -Reno all'Eusino. Stilicone cercò dunque gratificarselo per averlo -fautore nel non mai deposto disegno di sottomettere l'Oriente: e -Alarico, affacciatosi alle frontiere d'Italia, esibì difenderla, purchè -gli fossero accordate alcune domande, e a' suoi una delle provincie -occidentali restate deserte. - -Nella crescente fiacchezza d'Onorio e del suo governo, Stilicone -s'era industriato di tornare qualche polso al senato, e far che si -recasse in mano gli affari pubblici; ma non avea trovato che retori, -istruiti nelle forme dell'antica repubblica e nulla più, e vogliosi -di pompeggiare in parole sonanti, come al tempo che i loro padri -intimavano a Pirro, — Esci dall'Italia, e poi tratteremo». Allora -dunque che Stilicone propose le domande del re goto, i senatori -gridarono essere indegno della romana maestà il comprare incerta e -vergognosa pace da un Barbaro: ma il generale, non badando a ciò che -ricordavano i libri, ma a ciò che esigeva la vigliaccheria della corte -di Ravenna, attutì l'intempestivo patriotismo imponendo consentissero -ad Alarico quattromila libbre d'oro, perchè assicurasse i confini -d'Italia. Lampadio senatore esclamò, — Questa non è una pace, ma patto -di servitù»; e dalle conseguenze di tale franchezza nol campò che -l'asilo d'una chiesa[254]: ma incorati da tale protesta, i senatori -si ostinano sul niego, mettendo un'opposizione affatto insolita al -generale onnipotente. - -Ad essi davano sostegno le legioni, indispettite dal vedersi posposte a -Barbari. Onorio medesimo era stato insusurrato contro del suo tutore, -come volesse tenerlo perpetuo pupillo, se non anche mutarne la corona -sul capo del proprio figlio Eucherio; onde, diretto da Olimpio, pretese -esercitare in fatto il dominio che teneva di puro nome, e fare mal -arrivato il ministro. Si presenta dunque al campo di Pavia, composto -di truppe romane ostili al Barbaro, e ad un segnale fa trucidare tutti -gli amici di questo, altri illustri con essi, e saccheggiare le case. I -condottieri, la cui fortuna intrecciavasi a quella di lui, ad una voce -chiesero a Stilicone li menasse a sterminare questi imbelli Romani. -Se gli ascoltava, l'esito avrebbe potuto giustificarlo; ma egli o -fiaccamente tentennò, o generosamente preferì la propria alla pubblica -ruina, sicchè i federati l'abbandonarono dispettosi; un di loro assaltò -la sua tenda, e trucidò gli Unni che vi stavano di guardia; Stilicone, -rifuggito agli altari in Ravenna, ne fu tratto con perfidia; e -decretato a morte, la subì con dignità e coraggio (408). - -Al traditore, al parricida fu allora gridato d'ogni parte da coloro -stessi che dianzi incensavano il ministro guerriero; e chi s'affrettava -a rivelarne gli amici, chi a nascondersi. Olimpio, orditor primo -della trama contro il suo benefattore, esagerava ad Onorio il pericolo -sfuggito, e l'inaspriva contro la memoria del salvatore dell'impero; -Eucherio, figlio di questo, svelto alla chiesa, fu trucidato; -Termanzia, succeduta alla sorella Maria[255] nel freddo talamo di -Onorio, fu repudiata intatta; e la fermezza con cui gli amici di -Stilicone sostennero torture e morte, lasciò che i servigi di lui -rimanessero certi, incerta la colpa. Fu imputato d'intelligenza coi -Barbari, egli il solo che li seppe vincere sempre in ventitre anni che -diresse gli eserciti; d'avviare al trono Eucherio, egli che il lasciò -fino ai vent'anni umile tribuno dei notari; di meditare il rialzamento -del paganesimo, egli che educò il figlio nella religione cristiana, -e che era esoso ai Gentili per avere arso i Libri Sibillini[256] e -perchè sua moglie avea tolto un monile a Vesta, quelli oracolo, questa -salvaguardia di Roma. - -Al rompere della diga, il torrente traripò; ed Onorio stesso pareva -compiacersi d'abbattere se alcun ostacolo restava, congedando i più -prodi perchè idolatri od ariani, e sostituendo uffiziali vilipesi dai -nemici, esosi all'esercito. I Barbari, che servivano come ausiliarj, -dal vendicare Stilicone non si rattenevano se non per riguardo alle -famiglie e alle ricchezze che aveano depositate nelle città forti -d'Italia: or bene, Onorio ordinò che que' preziosi ostaggi fossero -tutti il medesimo giorno scannati, e rapitine i beni. Tolto ogni -freno all'ira e alla disperazione, trentamila federati disertarono -ad Alarico, che esultò di veder la Corte operare così a suo disegno; -e la caduta di Stilicone riverito e paventato, le paghe interrotte, -l'istigazione degli offesi lo resero ardito d'intimare all'impero -soddisfazione o guerra. Lasciossi poi mitigare: ma i Romani, -interpretando la moderazione per paura, nè accettarono i patti, nè -s'allestirono d'armi (409); sicchè Alarico, rotta l'amistà -e la fede, si mosse, e dall'alto delle alpi Giulie mostrò a' suoi -le delizie del clima italiano, le superbe città, i soavi frutteti, -le spoglie di trecento trionfi accumulate in Roma, e la facilità di -rapirgliele. Aquileja, Altino, Concordia, Cremona soccombono a quel -forte; nuovi federati s'aggiungono ogni dì alla sua bandiera, che -sventola in faccia a Ravenna; spaventata la quale, egli costeggia -l'Adriatico, poi, per la via Flaminia, di città in città senza -contrasto pianta le tende sotto l'antica signora del mondo. Un eremita -tenta sedarne la furia, ed Alarico risponde: — Non posso fermarmi; -Iddio mi spinge avanti». - -Più non era il tempo che, contro di Annibale e di Pirro, il popolo -romano si alzava quasi una persona sola, e dall'infimo plebeo fin al -consolare e al dittatore tutti correvano a vittoria o morte. L'Impero -avea perduto le migliori sue provincie; le altre rimanevano sì deserte, -che doveasi ripopolarle con sciami di Barbari. L'Italia specialmente, -per le ragioni altrove discorse e massime per le colonie militari, -andavasi disabitando fin dal tempo dei primi imperatori. - -Esauste da piaceri eccessivi od infami le sorgenti della vita, i -ricchi per voluttà, i poveri per necessità, aborrivano dal matrimonio; -sicchè Costantino grandi privilegi attribuiva a chi pur un figliuolo -avesse. Non volendo svilirsi nel commercio e nell'industria, i ricchi -investivano i loro capitali in terreni, che vennero a ridursi tutti -nelle mani di giganteschi possessori, massime dopo che Trajano pose -per condizione dell'aspirare a dignità l'avere almeno i tre quarti -del patrimonio in Italia. Sparì dunque la classe vitale de' minuti -proprietarj, e alla popolazione agricola sottentrarono gli schiavi: -ma fin questa infelice genìa minoravasi, e perchè gl'imperatori non -conducevano tutti i prigionieri in Italia dacchè essa non era più -riguardata come capo dell'impero, e perchè, meglio delle robuste -braccia da aratro e da marra, si cercavano molti servi, che a centinaja -seguissero per via i padroni e le dame[257]. - -I piani d'Italia, dalla maschia loro feracità erano convertiti in -molli giardini e inutili parchi; il grano aspettavasi dall'Africa e -dall'Egitto, sicchè qualvolta o le flotte nemiche o i tiranni o le -procelle intercettassero il tragitto, Italia affamava. Diviso poi -l'Impero, essa non solo cessò di ricevere i tributi del mondo, ma ebbe -accomunate le tasse degli altri paesi, e divenne simile a colui che, -avvezzo a scialare in casa di grandi, si trovi repente senz'appoggio, -povero, inerte, male abituato. - -Più volte qui gittò la peste, fierissima sotto a Tito, fin ad uccidere -in Roma diecimila persone in un giorno; poi riportata d'Oriente -dall'esercito di Lucio Vero[258]; di nuovo sotto Comodo, e spesso nel -secolo seguente. Tre guerre civili s'erano combattute alla gagliarda -nell'Italia settentrionale al tempo dei Trenta Tiranni, tre sotto -Massenzio, tre sotto i figli di Costantino, due alla morte di Graziano -e di Valentiniano II: e i Barbari, facendosi beffa della barriera -dell'Alpi, venivano a rapire schiavi ed armenti, lasciando un incolto -deserto. - -Procuravano gl'imperatori risanguarlo o colle colonie militari, o -trasferendovi gente; Aureliano distribuì prigionieri, che nel paese -fra l'Etruria e le alpi Marittime piantassero vigne da far gratitudine -alla romana plebe[259]; il vecchio Valentiniano spedì sul Po gli -Alemanni presi al Reno[260]; Graziano, Taifali ed Ostrogoti su quel -di Modena, Reggio e Parma: ma fin questo inadeguato ristoro mancò -quando altrove che all'Italia gl'imperatori mandarono i prigionieri di -Germania e di Persia, e quando, cessate le esenzioni, nulla allettava i -veterani forestieri a piantarsi in colonia di qua dalle Alpi. Pertanto -sant'Ambrogio scrive a Faustino: — Partendo da Bologna, tu lasci alle -spalle Claterna, essa Bologna, Modena, Reggio; hai a destra Brescello, -di fronte Piacenza, di cui non altro che il nome rimembra l'antica -celebrità; a sinistra mettono compassione gl'incolti Appennini; e -considerando le borgate un tempo animatissime di popolo, ti si stringe -il cuore nell'osservare i cadaveri di tante città mezzo diroccate, e la -morte di tante contrade per sempre distrutte»[261]. - -La Gallia Cisalpina, più discosta dalla corruttela, avea serbato lena -più a lungo; ma quando si piantarono altre corti in Ravenna e Milano, -le auliche splendidezze introdussero immoralità, le largizioni ozio, -le cariche brogli; e la gente, affollandosi a quelle per vivere di -donativi, svogliavasi dal lavoro dei campi, dalla tediosa onestà delle -famiglie, dalla schietta rozzezza de' villaggi. - -Quanto al mezzodì dell'Italia, basti dire che nel 395 una legge -d'Onorio sgravò del tributo cinquecentoventottomila e quarantadue -jugeri di terreno inseminato nel paese a cui l'ubertà guadagnò il -nome di _Terra di lavoro_[262]. Per quei deserti erravano a baldanza -orde devastatrici. Già soleano molestar le vie ne' tempi antichi; -ripullularono durante le guerre civili, peggio dappoi: un Balla, -entrante il III secolo, con seicento masnadieri infestava l'Italia -inferiore, e due anni penò Settimio Severo a sterminarlo[263]. Tanto -poi crebbe il male, che Valentiniano I venne nella determinazione di -disarmare l'Italia come le provincie, sicchè nessuno portasse armi -senza sua espressa licenza; nessuno, eccetto le persone di qualità, -comparisse a cavallo nel Piceno, nella Flaminia, nell'Apulia, nella -Calabria, ne' Bruzj, nella Lucania, nel Sannio, indi neppure nelle -circostanze di Roma[264]: provvedimento estremo, che attesta la -gravezza del male, e che toglieva alla quieta popolazione il modo -di schermirsi da coloro che sfidavano la legge. E perchè di pastori -principalmente formavansi queste bande, Onorio decretò che, chi -consegnasse figli da allevare a pastori, s'avrebbe come confesso -d'intelligenza co' masnadieri[265]. Alla strada e al bosco molti -erano spinti dall'ingorda tirannide degli esattori fiscali, che, sotto -pretesto di vecchi debiti, taglieggiavano il paese, e molestavano con -estorsioni, prigionie, supplizj. - -Potevano i cittadini amare una patria, che più non recava nè grandezza -nè dignità nè sicurezza nè giustizia? Ristretta la pubblica vita nel -gabinetto dell'imperatore, ai sapienti, agli statisti più non rimane -che coltivare il diritto civile, ed esercitare la retorica e la -giurisperizia nei minuti interessi privati. Proscrizioni dittatorie, -guerra civile e supplizj imperiali tolsero di mezzo la nobiltà antica: -la nuova, che non ha tradizioni a custodire, privilegi a tutelare, -affollasi attorno al principe onde esercitare una parte delle costui -tirannidi, e godere in fretta d'una preda che fra breve sarà rapita. - -Dispensati dal servizio militare per gelosia, esclusi dai dibattimenti -pubblici per costituzione, considerando come turpe l'industria, -popolo e ricchi poltriscono nell'inerzia, ovvero esalano la turbolenta -energia ne' parteggiamenti del circo o nelle esorbitanze del lusso. -Ciascuno si fa parte da se medesimo, e con mercenaria avidità specula -sulle pubbliche sciagure per ottenere gradi, piaceri, potenza, e, -stromento dell'una e degli altri, il denaro, procacciato con spergiuri, -corruzione, falsi testimonj, ladronecci. V'ha chi serba sentimento del -nobile e del giusto? geme sulle sventure, e vedendole irreparabili, -abbandona la società ai ribaldi e agli ambiziosi, e armato di -disprezzo, o si ricinge di virtù austere ma senza viscere, o si -stordisce fra godimenti sensuali, e con riti superstiziosi interroga un -destino che teme e che non può declinare. - -La classe media, più morale perchè operosa, era perduta, l'Impero -riducendosi a ricchi sfondolati e a pezzenti, e tra loro l'abisso. -Decurioni e senatori, a forza di eredità e di usurpamenti, succedendo -ad infinite famiglie cadute serve o mendiche, aveano occupato provincie -intere, e facendosi centro ciascuno d'un piccolo mondo, trascuravano -tutto il resto. Se ad un de' siffatti il Goto occupasse i campi della -Tracia, gliene sopravanzano immensi nella Spagna; se il Borgognone gli -ardesse il ricolto nella Gallia, continuavano a fruttargli gli oliveti -della Siria. Di qui l'imprevidenza meravigliosa di gente esultante -sopra il sepolcro; di qui i prepotenti abusi, giacchè, qual magistrato -poteva intimare obbedienza al possessore d'intere provincie? - -In queste la nobiltà imperiale, cui spettavano le elevate magistrature, -somigliava a quella di Roma, e diffondeva lontano la corruttela della -metropoli; la nobiltà paesana, investita degli onori municipali, -foggiavasi su quegli esempj. Fatti tutti cittadini romani, crebbe il -numero degli ozianti, cui il tesoro dovea nutrire, del quale così -aumentavano i bisogni quanto sminuivano le entrate; e ben tosto le -campagne e le città lasciaronsi vuote per andar a godere e brogliare -in Roma. Quivi bisognava alimentarli; e perciò, invece del grano, -distribuivansi pane e carne e vesti già fatte e denaro, tutto a spese -del restante impero. - -Nelle grandi città s'annida una mescolata d'artigiani e di liberti, -viventi sullo scarso traffico lasciato a loro dal monopolio imperiale, -e col porgere alimenti al lusso e alle voluttà de' signori; del resto -arrogante e vilipesa, conculcata e sommovitrice, minacciosa e tremante. -Nè s'agita essa, come al tempo de' Coriolani, pei diritti proprj o -per gl'interessi della patria; ma per domandare pane e giuochi, per -sostenere prezzolata le cabale d'eunuchi e favoriti, che in pochi anni -trarricchiscono vendendo le grazie del monarca. Ignorante e conculcata, -paurosa di perdere quel che non possiede, avida d'un avvenire che nè -conosce nè spera, esulta non della propria libertà, ma dello strazio -de' suoi antichi oppressori; gode allorchè può crescere le sofferenze, -e chiedere sieno dati i Cristiani ai leoni, o gettati nel Tevere i -tiranni che jeri adorava. L'unica volta che i Romani mostrarono qualche -vigore, fu nel respingere la legge Papia Poppea, che reprimeva il -libertinaggio. - -Così non più affetto pei deboli, non più subordinazione verso i -potenti, non zelo per l'ordine sociale, non dignità di carattere, -non venerazione per la divinità; una dotta corruttela, sfruttata -d'immaginativa e fiacca di ragione, che più non sa se non commentare -le opere antiche, rimenar dispute incancrenite, simile ai vecchi -che ridicono il passato quando perdettero il senso del presente. -Rimescolavano questa decrepita società le dottrine teurgiche, -tardo alimento a credenze illanguidite, sicchè il meraviglioso e -l'incredibile divenivano ordine e realtà. - -E una tal Roma si vorrebbe che noi compiangessimo? Ne' tempi nostri, -se ci stomaca la corruttela de' ricchi e de' saccenti, ci volgiamo -alle classi operose. Queste in Roma trovavansi sistemate a modo di -maestranze fin dall'antica costituzione; ma non che servire alla tutela -reciproca, offrirono destro all'avidità del fisco, che esigeva da tutti -insieme quel che dai singoli non avrebbe ottenuto. E talmente erano -gravate, che non comprenderemmo come durassero, se non sapessimo che -gl'imperatori poteano costringer uno ad entrarvi; che entrati, non -se n'usciva più, e se uno se n'allontanasse, v'era ricondotto come -disertore. - -I campagnuoli, tanta oggi e sì vital parte, erano o coloni liberi o -schiavi, distinti piuttosto di nome che di fatto, e poco superiori -alle bestie che ne ajutavano le fatiche. Non che ispirare a costoro -sentimenti di patria, o educarne il coraggio, erano tenuti inermi -e ignoranti, che mai non potessero rivoltare contro dei tiranni le -braccia od il pensiero: i lontani padroni gli affidavano a qualche -schiavo o liberto favorito, che esercitava la superbia dispotica e -crudele del servo che comanda. Al colono non restava modo legale di -recare i lamenti al padrone o contro di esso; aggravato di canone -sempre crescente, s'indebitava; quando l'oppressione giungesse al -colmo, fuggiva, abbandonando casa, campi, famiglia per mettersi a -servizio d'un altro, col quale ricominciare l'inevitabile vicenda, se -pure il primitivo signore nol ridomandasse colle sommarie processure -statuite dalla legge. - -Se v'è cosa che compensi la libertà, a migliore partito si -trovavano i coltivatori schiavi, cui almeno il padrone pasceva per -conservare queste macchine animate. Però le fatiche e la durezza de' -sovrantendenti li consumavano, e più non essendone empito il vuoto -dalle cessate vittorie, bisognava comprarli dai Barbari vincitori, o -fra quelli che per castigo erano privati della libertà. Insofferenti -dell'oppressione in cui non erano nati, costoro erano tenuti quieti -soltanto dalla sferza e dalle catene; al primo bel destro fuggivano -a vivere vagabondi; o intendendosi fra loro, trucidavano i padroni, -e gittatisi alla foresta, viveano in armi. Non potendo dai Romani -aspettare che castigo, blandivano i Barbari, ne imparavano la favella, -ne divenivano anche guide, esultando agli strazj del popolo, da' cui -ceppi si erano riscossi[266]; ovvero dai loro covili piombando sui -coloni rimasti, ne esacerbavano le miserie. Il proprietario assalito -o minacciato, se fosse qualche opulento senatore, poteva invocare la -pubblica forza: il minuto possidente trovavasi esposto irreparabilmente -all'attacco, vietandogli le leggi l'uso delle armi. Che gli rimaneva -dunque? vendere il camperello al dovizioso vicino, o lasciarlo sodo, se -pure il fisco non glielo staggisse in pagamento de' gravosi contributi; -e sottrattosi all'infelicità del possedere, rifuggire a Roma. - -Chi s'accostava a questa città, vedeva per tutto magnificenza, codardia -e morte; campagne trascurate e parchi voluttuosi; solitudine e stormi -di schiavi; poi ville splendidissime, e vie eterne fiancheggiate -di monumenti, le quali fin dal Clyde e dall'Eufrate mettevano capo -al Foro, pieno di storia più che non interi regni. Alle trentasette -porte schiuse nella cerchia di Roma, che girava quindici miglia (t. -III, p. 424), rispondevano altrettanti suburbj, simili a città, e che -prolungavansi fino al mare, ai Sabini e per entro al Lazio antico e -all'Etruria. Là entro stivavasi una popolazione affluente da tutto il -mondo, ridotta a un terzo dalle recenti sciagure, e dopo che con Roma, -oltre Costantinopoli, gareggiavano Cartagine, Treveri, la florida -Milano e la paludosa Ravenna. Là trovavi distinti Cappadoci, Sciti, -Ebrei; là quella mescolata d'ogni razza e credenza, senza condizione -nè patria nè nome, che è la zavorra di tutte le metropoli. La plebe -più non guadagna a vendere il voto o a testimoniare il falso; non -v'è più un Clodio, un Catilina che l'assoldi per tumultuare; non -più re stranieri che ne comprino il favore, nè la chiamino erede di -intere provincie; la pompa de' trionfanti non rinnova ogni anno le -largizioni, nè agl'imperatori più cale d'averla amica e plaudente. -Il mutarsi a Costantinopoli o a Milano di tante famiglie senatorie e -della Corte, lasciò senza pane migliaja di persone avvezze a vivere su -quelle: giace dunque la moltitudine scoraggiata, come il pitocco che -sciupò nell'inerzia la gioventù; Teodosio e Graziano sono costretti a -reprimere l'oziosa mendicità che ingombra le vie; e dell'antica boria -non si conservano che i vizj, cresciuti coll'affluirvi d'ogni genìa. -Sotto Teodosio si erano piantati lupanari presso certi molini, e gli -uomini che v'entrassero cadevano in trabocchetti, ed erano forzati a -girar le màcine, senza che più nulla se n'intendesse di fuori[267]. Nel -mezzo di Roma! e il delitto sarebbe rimasto occulto, se un soldato non -riusciva per gran ventura a camparne. - -Pure il popolo, antico padrone del mondo, non avea perduto il diritto -d'essere pasciuto gratuitamente; e ogni giorno a tenuissimo prezzo -distribuivasi pane a ciascun cittadino, in ducencinquantaquattro forni -e ducensessantotto magazzini assegnati ne' varj quartieri: vi si univa -per cinque mesi il lardo, somministrato dai majali della Lucania, e che -al tempo di Valentiniano III saliva a tre milioni secentoventottomila -libbre; tre milioni di libbre d'olio, tributo africano, distribuivansi -per accendere i lumi e per ungersi nei bagni; e le vendemmie della -Campania procacciavano vino a basso mercato. Ogni sollevazione -dell'Africa o della Sicilia, da cui bisognava trarre il grano, -recava dunque spavento; e dopo che l'Egitto ebbe ad approvvigionare -Costantinopoli, si dovettero empire i granaj di Roma con frumenti del -Rodano, dell'Arari e dell'Iberia[268]. Somme ingenti uscivano pure -d'Italia per provvedere tante lautezze di vestire e di mangiare, e -marmi e travi per le fabbriche, e belve per gli spettacoli; poi anche -per assoldare i Barbari, o pagar ad essi un indecoroso tributo. La -minutaglia, nudrita non per onore, ma perchè non tumultui, senza letto -nè tetto, nè scarpe in piedi o cenci in dosso, s'affolla nei teatri -e pei circhi, tronfia di nomi pomposi, lavasi in terme degne di re, e -beve, e giuoca; ode una sconfitta? ulula gemiti disperati, che domani -più non ricorda; ode una vittoria? esclama, — Viva l'imperatore; avremo -pane e giuochi». - -Perocchè al pane e ai giuochi riduceansi tutte le sue aspirazioni, -e al delirio giungeva l'amore degli spettacoli. «Odono (dice -Ammiano Marcellino) che da alcun luogo giungano cocchieri o cavalli? -s'affollano attorno al narratore, come gli avi loro affisavano attoniti -i figliuoli di Leda, nunzj della vittoria. La plebe logora la vita -al giuoco, nel vino, pei chiassi e negli spettacoli; centro di loro -speranza, loro tempio, loro abitazione, lor parlamento è il circo -Massimo. Pei fôri, sui trivj, nelle piazze s'accalca; e chi più gode -autorità, va per le strade gridando che crolla il pubblico stato se, -nel prossimo conflitto, il tale auriga suo protetto non ottiene la -palma. Il giorno poi de' ludi equestri, prima che il sole mostri dal -cielo la splendida faccia, v'accorrono, superando in velocità i cocchi -disposti per entrare in lizza; e molti fin la notte vegliano, temendo -non soccomba la fazione lor favorita»[269]. Sant'Agostino ed Orosio -raccontano che i Romani, fuggiti da Alarico a Cartagine, vi duravano -nei teatri quant'era lunga la giornata; nulla credevasi perduto se -il circo si ricuperasse; la spada gotica non avea nociuto a Roma se i -cittadini potevano rigodere i giuochi circensi[270]: donde la felice -frase di Salviano, — Il popolo muore e ride»[271]. Tremila ballerini -e altrettanti musici sollazzavano Roma; essi soli vennero eccettuati -quando, in una gran penuria, si sbandirono tutti i forestieri, sino i -professori d'ogni arte liberale[272]. - -Gli eccessi del lusso accostavansi a quelli della miseria e della -corruzione. I patrizj non sapevano che vantare una serie di avi, alle -cui austere virtù potevano contrapporre soltanto un fasto, cresciuto -a misura che diminuiva la civile importanza. Il nome di senato non -indicava tampoco il primo corpo della metropoli d'un impero; ma -opulentissimi senatori occupavano palagi da poter dirsi quartieri, anzi -città, comprendendo piazze, tempj, ippodromi, boschi[273]. E provincie -poteansi dire le loro possessioni, da cui alcuno traeva quattromila -libbre d'oro l'anno, e un terzo di questo valore in generi; la rendita -cioè di quattro milioni e mezzo. Chi non avesse che mille o mille -cinquecento libbre d'oro sarebbesi appena reputato degno di sedere in -quell'ordine, nè sufficiente a sostenerne i pesi e lo sfarzo. Macrino, -quando fu eletto imperatore, potea colle proprie rendite bastare -alle spese dello Stato: san Girolamo ad Eliodoro nobile cittadino -d'Aquileja, poi divenuto vescovo di Altino, rinfaccia i vasti portici, -gl'ingenti spazj occupati da case, le villeggiature deliziose[274]: -Paola, la devota amica di esso santo, contava tra' suoi poderi la città -di Nicopoli. - -Di tali ricchezze facevano sciupìo in una vanità senza gusto: empiere -la casa d'argenterie; moltiplicare le proprie effigie di bronzo o di -marmo rivestito di foglia d'oro; sopraccaricare d'ornamenti i cocchi, -di seta e porpora l'abito, che ad arte sciorinato, scopriva tuniche -suntuose, ricamate a figure d'animali o a piante; e farsi precorrere da -cuochi affumicati, seguire da una cinquantina di schiavi e di buffoni, -poi parasiti ed eunuchi d'ogni età, pallidi e lividi. Il figliuolo -d'Alipio, nelle solennità obbligate dell'anno di sua pretura, logorò -un milione e duecentomila nummi d'oro, o vogliam dire zecchini, in sei -o sette giorni: il figlio di Simmaco, senatore di mediocre fortuna, ne -spese due milioni: quattro milioni il figlio di Massimo. Quegli Anicj e -Petronj ed Olibrj, il cui patriotismo consisteva tutto nell'ostentare -alberi genealogici, non che rifuggire dall'armi, nè tampoco -comportavano fossero arrolati i loro servi; e quando l'imperatore -Onorio volle con questi empire l'esercito, assordarono la curia di -lamenti, ed esibirono piuttosto una somma d'oro[275]: tanto alla comune -sicurezza preferivano l'avere magnifica famiglia. - -Sotterfuggere ogni pubblica cura o domestica fatica, l'intera -giornata oziare a garruli crocchi e a bagni, uscire talvolta con -apparato immenso a vedere i servi cacciar le fiere, o pel lago Lucrino -navigare alle magnifiche lor ville con una salmeria di fanti, eunuchi, -staffieri, tal era la loro vita. Vai per loro? alla soglia incontri le -are della dea Tutela, il cui nome dia buon auspizio all'entrare[276]. -Il damigello non t'annunzia al padrone, se prima non si lavò da capo a -piedi. Tarda uno schiavo a recare il tepido lavacro? trecento sferzate. -La mano o il ginocchio soltanto concedono ai baci de' clienti, i -quali vengono ancora ad offerire omaggio, o ricevere promesse e -sportule: nè si lusinghi entrar loro in grazia chi non è destro -nell'adulare, nel suono, nel canto, nell'avventurar patrimonj sopra -un dado, nello spacciare auspizj e indovinamenti[277], senza i quali -non s'intraprende opera alcuna. Dimenticati i libri, se non qualche -scurrile; le biblioteche chiuse come sepolcri; in quella vece cercano -organi idraulici, lire grandi quanto un carro, flauti ed altri enormi -stromenti, de' quali e di voci canore solo risuonano i palazzi. - -Che se alcun sintomo di vita appariva ancora fra quella turba -viziosa, pusillanime, arrogante, era nella nimicizia fra Cristiani -e Gentili, che, invece d'accordarsi a salute della patria, quelli -attribuivano tutti i mali all'indulgenza dei Cesari verso le reliquie -dell'idolatria, questi faceano voti per la fortuna dei Barbari, da cui -speravano rialzati gli abbattuti delubri. - -E i Barbari venivano addosso a questa città, che non avea più veduto -eserciti stranieri da quando, seicentoventiquattr'anni prima, Annibale -sciorinò in faccia a porta Collina il cavallo di Cartagine. Colla -baldanza consueta ne' decaduti, ripetevasi sorridendo, — Impossibile -che un Barbaro assedii questa città gigante, al modo che Porsena -l'assediò nascente!» ma ecco Alarico la circonda (409), e -ne interdice ogni comunicazione colla campagna e col Tevere: Allora i -Romani si gettarono alla disperazione, solita conseguenza; e poichè il -vulgo nelle grandi sventure vuol sempre alcuno su cui versare la colpa, -cominciò la solita canzone de' tradimenti: — Fu Stilicone che chiamò -Alarico; Serena, vedova di lui, tiene intelligenza con questo per -vendicarlo»; e tanto schiamazzò, che spinse il senato ad uno di quegli -atti di condiscendenza che attestano una debolezza colpevole; cioè -condannarla a morte. Fieri e d'accordo al delitto, divisi e pusillanimi -alla difesa. - -La fame ingagliardiva alla giornata, nè la pietà dei monaci e di Leta, -vedova dell'imperatore Graziano, bastavano a gran pezza al bisogno; -onde la gente dai cibi schifi passò ai nefandi, e moriva per le vie, -dove il lezzo dei cadaveri generava malattie. Ai mali opponevansi le -superstizioni, ed auguri etruschi vennero asserendo di avere, con riti -loro, salvato Narni, traendo il fulmine sopra i nemici, ed esibirono -fare altrettanto a Roma: Pompejano, prefetto della città, interrogò i -libri pontificali sopra ciò che convenisse fare; ma alle Sibille, che -alla culla di Roma ne aveano vaticinato l'eternità, non restava più -voce se non per annunziarne la morte quand'era già all'agonia. Gli -aruspici allora protestarono, — Il Cielo non può placarsi altrimenti -che con pubblici sacrificj, e col salire il senato in Campidoglio»; -ma verun senatore osò assistere alla cerimonia, e i Toscani furono -congedati. Falliti anche i soccorsi che si speravano mandati da -Ravenna, più non restava che implorare la clemenza del re goto. - -Il senatore Basilio e Giovanni tribuno dei notari furono spediti ad -invocarla; ed avendo essi detto ad Alarico, — Non vedi quanta gente -sia ancora in Roma?» egli rispose: — Meglio si sega il fieno dov'è più -folto», e ordinò gli consegnassero quant'oro e argento rimaneva in -città, pubblico o di privati, ogni suppellettile di prezzo, e tutti -gli schiavi barbari. — Ma che dunque ci lasci?» chiesero i deputati; -ed Alarico: — La vita». Pure assentì una tregua, nella quale piegatosi -a qualche umanità, limitò la contribuzione a cinquemila libbre d'oro, -trentamila d'argento, trentamila di pepe, quattromila vesti di seta, -tremila pezze di scarlatto fine, e si rendessero in libertà tutti -gli schiavi barbari. Benchè fossero messi a contribuzione tutti i -cittadini, non riuscivasi a pareggiare quella somma, onde si mise mano -agli ornamenti dei tempj, e si fusero molte statue, fra cui quella del -Valore, guajendone gli idolatri come segno che fosse perita la romana -virtù. - -Così soddisfatto, Alarico lentò l'assedio; e disserrate le porte, tre -giorni si fece mercato di viveri ne' sobborghi, empiendo i granaj -pubblici e privati pel caso di nuovi disastri. Alarico tenne in -rigorosa disciplina il suo esercito, sicchè non insultasse ai vinti; -poi diede volta verso Toscana, dove pensava svernare. Accorsero alla -sua bandiera quarantamila Barbari schiavi, anelanti alla vendetta -contro gli aspri signori, intanto che il suo cognato Ataulfo gli -menava un rinforzo di Goti e di Unni, sicchè a capo di centomila uomini -sgomentava l'Italia. Ma perchè ripeteva di voler pace, furono spediti -tre senatori espressi da Roma alla corte di Ravenna a sollecitare -il cambio degli ostaggi e un trattato, per cui fondamento Alarico -poneva d'essere eletto generale degli eserciti d'Occidente con annua -provvigione di denaro e di grano, e il possesso della Dalmazia, -del Norico, della Venezia, che lo facevano arbitro del Danubio -e dell'Italia. Olimpio, ministro d'Onorio, negò darvi orecchio; -anzi dietro ai messi spedì a Roma un corpo di seimila Dalmati: dal -cui minaccioso aspetto irritati, i Barbari li tolsero in mezzo e -trucidarono. Poco dopo, Olimpio perde la grazia dell'imperatore, e -dovette andarsene esule; ricuperò poi l'autorità, la riperdette, e -mozzegli le orecchie, finì la vita sotto le verghe. - -Onorio, non potendo far senza d'un padrone, assunse a quel grado -Giovio, prefetto del pretorio: agli eretici e a' Pagani furono riaperti -i comandi e le magistrature: Gennerido, barbaro di nazione, idolatro -di fede, rimesso generale della Dalmazia, della Pannonia, del Norico -e della Rezia, disciplinò le truppe, le incoraggiò, ricompensando -talvolta del suo per supplire alla grettezza della Corte; e trasse -a sè diecimila ausiliarj Unni, abbondevolmente provvisti di viveri e -d'armenti, talchè assicurò la frontiera illirica. La Corte, non che -secondare questi sforzi, armeggiava solo in intrighi disonorevoli e -rischiosi. Istigate dal prefetto Giovio, le guardie a tumulto chiesero -la testa di due generali e dei due primi eunuchi; quelli furono -decollati, questi ricoverarono a Milano. Il brigante eunuco Eusebio e -il crudele Allobico rimescolarono la reggia, finchè avversatisi per -reciproca gelosia, il primo fu a bastonate ucciso sotto gli occhi -dell'imperatore; l'altro s'accordò con Costantino imperator delle -Gallie onde abbattere Onorio, e sotto veste di guerreggiare i Goti, -il fece calare sino al Po. Ma la trama fu scoperta, e Onorio, non -osando (così sentivasi da poco) punire giuridicamente Allobico, dispose -una cavalcata, e in mezzo a quella pompa lo fece assassinare; indi -scavalcato egli stesso, a ginocchi ringraziò Dio d'averlo libero da un -traditore. - -Alarico avea, per mezzo di papa Innocenzo I, spedite nuove proposte -di pace, e Giovio cominciava a praticarla, quando Onorio, incaparbito -dalle istigazioni de' cortigiani, gli mandò disponesse del tesoro, -ma non prostituisse ad un Barbaro le onoranze militari di Roma. La -lettera, mostrata ad Alarico, lo irritò, ed inveendo contro l'imbecille -imperatore, ruppe ogni accordo: d'altra parte la Corte obbligò i -primarj uffiziali a giurare sul sacro capo del loro monarca, che in -nessun tempo, a nessun patto farebbero accordi col nemico dell'Impero, -anzi menerebbero implacabile guerra. Tanta baldanza infondevano le -paludi di Ravenna; tanta ne sogliono ostentare coloro che o son lontani -dal danno, o vogliono mascherar la paura. - -Ma il dissimulare il pericolo non lo rimuove, e già tutto l'Impero -andava a balìa de' Barbari, e Roma vide di nuovo calare alla sua -volta l'irresistibile Alarico. Costui, moderato ancora nell'ira e -nella prosperità, non si stancò di spedire vescovi all'imperatore -acciocchè campasse la città e l'Italia dall'ultimo sterminio: ma -vistesi ripudiare tutte le condizioni, occupò il porto d'Ostia, e -intimò a Roma di arrendersi a discrezione, o distruggerebbe d'un colpo -i magazzini da cui ne dipendeva la sussistenza. Alle grida del popolo -cedette il senato, e per ordine d'Alarico accettò imperatore Flavio -Attalo, prefetto della città. Costui dichiara generale degli eserciti -d'Occidente il suo creatore, assume Ataulfo per conte de' domestici, -cioè della guardia del corpo; distribuite le cariche civili e militari -tra suoi fidati, convoca il senato, e dichiara voler rintegrare -la maestà romana, e stendere l'impero sull'Egitto e sull'Oriente -usurpatigli. Stolidi millanti in chi era ludibrio de' Barbari: tuttavia -furono mandate truppe a racconciare il freno all'Africa; Milano e il -resto d'Italia acclamarono a pien popolo il nuovo augusto, che cercossi -favore col sostenere i Pagani, e ripermetterne le assemblee; e fra le -armi gotiche accampato presso Ravenna, ricusò la proposta d'Onorio -di dividere le provincie occidentali, dicendo: — Se egli depone -all'istante la porpora, gli concederò pacifico esiglio in qualche isola -remota». - -Anche Giovio ministro e Valente generale di Onorio si unirono ad Attalo -(410); di che tale sgomento concepì il figlio di Teodosio, -che in ogni amico, in ogni servo paventava un traditore, e teneva legni -sull'ancora per tragittarsi nelle terre del nipote. Ma quattromila -veterani speditigli dall'Oriente tolsero a difendere Ravenna; le scarse -truppe da Attalo spedite in Africa furono messe a pezzi dal conte -Eracliano, che coll'impedire l'asportazione del grano affamò Roma, -sicchè ne sollevò la plebe: poi Alarico prese in sospetto il proprio -creato perchè talora mostrava condiscendere al senato più che ai Goti; -e toltegli le insegne imperiali, le spedì qual pegno di pace ad Onorio. - -Ma dalla pace sconsigliavano l'imperatore i baldanzosi ministri e -qualche fortunata sortita; laonde Alarico comparve sotto le mura di -Roma (24 agosto), anelando alle spoglie ed alla vendetta; e -dopo lungo assedio, per tradimento di schiavi v'entrò, passando sotto -gli archi che, sette anni prima, erano stati eretti a celebrare il -totale sterminio di sua nazione; e la città degli augusti, dopo avere -per mille censessantatre anni predato il mondo, rimase preda al furore -lungamente represso. Alarico ordinò si risparmiasse il sangue, e non si -violassero le chiese degli apostoli Pietro e Paolo, sicchè la religione -diventava unica salvaguardia a coloro che l'aveano perseguitata. Un -Goto, entrato nell'abitazione d'una vergine matura, le chiese l'oro; -ed essa il condusse ad un armadio, gli mostrò una ricchezza di vasi -preziosi, e — Io non riterrò ciò che non posso difendere; ma vi voglio -avvisato, che queste suppellettili sono sacre a san Pietro, e se le -toccate, il sacrilegio resterà sulla vostra coscienza». Il Barbaro -non ardì porvi la mano, e ne comunicò avviso ad Alarico, il quale -ingiunse si tornassero intatte alla chiesa del maggiore apostolo. -Spettacolo singolare, una processione di fieri Goti, mossa in ordine -dal Quirinale, tra una schiera d'armati, alternando grida guerresche -con devote salmodie, portò quei vasi al Vaticano; Cristo trionfava -dove fallivano le armi terrene; e tante vite salvate negli asili della -religione attestarono la civile potenza di questa, e il sorgere di -tempj nuovi dallo sfasciume degli antichi. - -Fuori di là, il furore barbarico esercitò le licenze solite in città -presa d'assalto; e dei tanti rimastivi fin allora schiavi, il lungo -rancore si satollò nel sangue. Il sacco si stese dagli insigni capi -d'arte fino agli addobbi privati; ori, gemme, tavole d'avorio, tripodi -d'argento andarono confusi coi tappeti e colle vesti seriche sul lungo -traino di carri che seguiva l'esercito goto; egregie statue furono -gittate; stupendi vasi barbaramente divisi dall'ascia ignorante; -con acerbe torture scoperti i tesori; alcuni palagi caddero preda -delle fiamme; molti uomini uccisi, assai più ridotti servi, se non -li riscattasse o la pietà congiunta o la religiosa carità; alquante -vergini e matrone scamparono vergogna con volontaria morte[278]; una -bella dama assalita da un giovane Goto, resistette finch'egli, tocco da -quella virtù, la condusse incolume al marito[279]. - -Il sesto giorno i Goti lasciarono la città, e rigurgitanti di prede -scesero per la via Appia all'Italia meridionale, spogliando e vincendo -un paese che offriva quanto può allettare un conquistatore, nulla di -quanto può frenarlo. Il campo de' Goti era pieno di cittadini e matrone -d'illustri case, che ora schiavi e ludibrio della fortuna, mesceano -il vino dei non più loro campi ai rozzi Settentrionali, i quali, -assisi fra i platani e gli eterni laureti delle ville di Cicerone e di -Lucullo, godevano le delizie del cielo italiano, e da quelle balzavano -ad altre battaglie, a stragi nuove. Molti Italiani rifuggivano in -terre più remote, alcuni nelle isole o in Africa, alcuni in Egitto, a -Costantinopoli, a Betlemme, soccorrendo ai miserabili chi avea potuto -sottrarre gli averi alla devastazione. Le ricchezze delle chiese si -conversero in nutrire poveri e riscattar prigioni; Proba, altra amica -di Girolamo, perdute nel sacco della città le sfondolate sue dovizie, -approdò in Africa, e il frutto degli ampj possedimenti che vi tenea -distribuì ai fuggiaschi. - -Alarico, giunto allo Stretto, gettò gli occhi sulla Sicilia, che -meditava occupare per farsene scala all'Africa: ma una procella che -disperse il primo imbarco, svogliò i Goti da un elemento per essi -inusato; poi ne li distolse affatto la morte di Alarico (412). Per -dare sepoltura all'eroe fu deviato il Busentino che lambisce -le mura di Cosenza; scavata nel letto una fossa, e depostovelo con -opulente spoglie, si diede novamente il corso alla fiumana, uccisi gli -schiavi che eransi in quell'opera travagliati, perchè nessuno sapesse -il luogo dove riposava il terrore di Roma, nè il suo riposo fosse -turbato da postume vendette[280]. - -Allora i Goti raccolsero i voti sopra Ataulfo, cognato dell'estinto. -Secondando Alarico, avea costui meditato di rinnovare faccia al mondo, -e colle macerie del romano ergere un impero gotico: ma dall'esperienza -chiarito che la forza demolisce non edifica, che a comporre uno Stato -voglionsi leggi e ordinamenti di cui non erano capaci i nazionali -suoi, si propose di meritar gratitudine col rifondere lena all'Impero -cadente[281]. Sospesi dunque i colpi, offrì pace ed amicizia alla Corte -imperiale: e questa, nulla ostando il dissennato giuramento, ebbe di -grazia l'accettarla, e diede impresa ai nuovi federati d'osteggiare i -tiranni sorti di là dell'Alpi. Ataulfo menò i suoi fuor dell'Italia, -che per quattro anni avevano corsa e devastata; ma come alleati -non meno che come nemici mandavano a sperpero le contrade, ora col -pretesto di ribellioni, ora per l'indisciplina di gente che, stanziando -nell'Impero, n'aveva contratto i vizj, non la pulizia. - -Sul cuore di Ataulfo aveva acquistato dominio Galla Placidia, figliuola -di Teodosio, che cresciuta nella porpora, s'invogliò d'intromettersi -alle politiche vicende, mentre le abbandonavano gl'infingarditi -fratelli. Stava in Roma quando Alarico vi pose assedio la prima volta; -e leggera o crudele, assentì alla morte di sua cugina Serena. Presa -dai Goti, fu trattata con umanità e riguardi, forse per la protezione -di Ataulfo che tolse ad amarla. Quand'egli ne chiese la mano, i -ministri d'Oriente disconsigliavano superbamente l'ineguale parentela; -ma la gradì Placidia, e le nozze furono stipulate prima che i Goti -valicassero le Alpi, indi solennemente celebrate a Narbona. Messa da -imperatrice, Placidia sedette su splendido soglio, e più basso a lato -di lei Ataulfo vestito alla romana, che alla sposa per dono nuziale -offrì le spoglie dell'Impero. Cinquanta garzoni, fior di bellezza, in -abiti di seta, portavano ciascuno due vassoj, colmi l'uno di monete -d'oro, l'altro di gemme: dirigeva il coro degli epitalamj Attalo, che, -perduto il trono, non isdegnava seguire da cortigiano i gotici re. - -Perdonate le colpe de' passati scompigli, si ristaurò alquanto la -capitale, portandovi abbondanza dall'Africa; e la gente tornava con tal -ressa, che in un sol giorno n'arrivarono quattordici migliaja[282]. -Ma come lusingarsi di durevole ristoro in tanta enormità di mali ed -imminenza di pericoli? I rimedj stessi attestavano l'acerbità delle -piaghe d'Italia, giacchè la Campania, la Toscana, il Piceno, il -Sannio, la Puglia, la Calabria, l'Abruzzo, la Lucania, provincie le più -manomesse, dovettero tenersi assolte dal tributo, eccetto un quinto per -mantenere le pubbliche poste; le terre vacanti concedevansi a vicini o -a stranieri, scarche di tasse. - -Nuovi guaj le vennero quando il conte Eracliano, rompendo la fede -serbata nelle più urgenti necessità, ribellò l'Africa, e impedì i -viveri alla nostra penisola: anzi con copiosissimo armamento[283] -sorto nel Tevere, si diresse sopra Roma; ma scontrato dagli imperiali -n'andò rotto, e fuggendo in Africa, fu côlto e decapitato. Della quale -vittoria doveasi il merito all'illirio Costanzo, succeduto ad Allobico -nel governare Onorio; bello e robusto come piace alla moltitudine, -cortese ne' modi, sentito ne' motteggi; di valore poi e di capacità -tale, che, mentre diresse le cose, non solo l'Italia rimase franca da -invasioni, ma alcune provincie vennero ricuperate. Nelle Gallie vinse -l'imperatore Costantino, che, sebbene avesse creduto render sacra la -propria vita coll'ordinarsi prete, fu mandato in Italia ed ucciso. -Anche Attalo, abbandonato da Ataulfo, fu condotto ad Onorio, il quale -l'espose agli scherni della sua capitale, poi gli fece amputar due -dita, ed esigliare a Lipari. - -Così Onorio, imbelle di corpo e di senno, in cinque anni trionfava di -sette competitori. Ma quando doveva mostrarsi meglio riconoscente ad -Ataulfo, l'inasprì col pretendere gli restituisse Placidia. Ataulfo da -quel punto cessò di far causa coll'Impero; e Costanzo, che aspirava -alla mano di Placidia e al trono, assicuratesi le spalle mediante la -pace coi Barbari ch'eransi tragittati sulla sinistra del Reno, incalzò -robustamente i Goti. Ataulfo allora gittossi di là de' Pirenei; ma -presto fu assassinato da Sigerico in Barcellona (415); il -quale, succedutogli nel comando, ne scannò i sei figliuoli, e fra una -ciurma di schiave vulgari costrinse l'imperiale Placidia a camminare -per dodici miglia dinanzi al cavallo di colui che l'avea vedovata. -Ma dopo sette giorni di dominio, anch'egli fu ucciso, e surrogatogli -Vallia, il quale, avversissimo ai Romani, corse la Spagna fin al mare, -e con Costanzo si accordò di restituire Placidia, combattere in nome -d'Onorio i Barbari di Spagna, e dare ostaggio, ricevendo in cambio -seicentomila moggia di grano e un paese ove collocar sua gente. - -Delle vittorie di lui menò trionfo Onorio in Campidoglio; indi a Vallia -assegnò l'Aquitania e per sede Tolosa; ai Burgundi consentì la Germania -Prima, donde poco a poco si stesero sul bel paese cui lasciarono il -nome di Borgogna. I Franchi, combattuto i nemici di Roma, gl'imitarono -saccheggiando, e via via si dilagarono su tutta la Germania Seconda. -L'isola Britannica, rimasta sguarnita allorchè l'usurpatore Costantino -condusse le sue truppe sul continente, pregò ed ottenne da Onorio di -potersi difendere colle proprie forze: altrettanto fecero gli Armorici -nel litorale della Gallia fra la Senna e la Loira: e così pezzo a pezzo -scomponeasi il colosso romano. - -In Italia Costanzo sollecitava il compimento de' suoi voti non d'amore, -ma d'ambizione, chiedendo la mano di Placidia, la quale finalmente, per -espresso comando d'Onorio, lo sposò, ed ottenne per sè e pel marito -il titolo d'augusti (421). Quando però le immagini loro -furono recate alla corte di Costantinopoli, Teodosio il Giovane sdegnò -accettarle, e immineva aperta guerra, se non che fra l'allestirla -Costanzo morì (2 7bre). Al cadere di costui, che per undici -anni aveva sorretto l'esilità d'Onorio, rannodaronsi gl'intrighi di -corte; e Placidia, cara al fratello a segno da dare appiglio alla -malignità, gli fu dagli invidiosi messa in odio, e dopo tumulti e -baruffe la costrinse a cercare co' suoi figli ricovero alla corte -Orientale (423 — 15 agosto). Poco sopravisse Onorio, che, in -regno abbastanza lungo, mai non aveva operato se non per impulso di -chi lo avvicinava. A sbottoneggiare la sua voluttuosa negligenza, il -popolo inventò che, avendo udito Roma essere stata presa dai nemici, se -ne desolò, fin quando non seppe che trattavasi dell'antica metropoli -del mondo, non d'una gallina sua favorita, che con quel nome egli -chiamava[284]. - -Imperando Onorio, si può dire dato l'ultimo crollo al paganesimo. -Arcadio comandò d'abbattere i tempj in città ed in campagna, e coi -materiali riparare i ponti, le vie maestre, gli acquedotti e le mura -di Costantinopoli, tolto qualunque privilegio ai ministri degli idoli, -vietato ogni culto _superstizioso_ sotto gravi pene[285]. Onorio -parimenti comminava la morte a chi sagrificasse a' falsi Dei, aboliva -le rendite dei tempj, e destinava questi a pubblico uso, punendo -gli uffiziali che tollerassero i sagrifizj, e commettendo ai vescovi -d'impedirli[286]. Molti tempj andarono pertanto in ruina, alcuni furono -vôlti al culto migliore, e i loro beni passarono ad arricchire la -Chiesa. - - - - -CAPITOLO LV. - -Valentiniano III. — Gli Unni. - - -A separare più sempre i due Imperi, Onorio aveva decretato che in -Occidente non valessero le leggi emanate da Costantinopoli. Quivi le -cose volgeano non meno improspere che in Italia, anzi la monarchia, -non frenata da veruna memoria d'antichi privilegi, operava a maggior -baldanza; nè la splendidissima pompa bastava a coprire l'inettitudine -del fanciullo Arcadio, che, al pari d'Onorio, metteva la testa in -grembo a favoriti, i quali a vicenda acquistavano ed abusavano il -potere. Quando egli morì dopo tredici anni di regno (408), -Onorio fece qualche movimento verso la tutela del nipote Teodosio II, -ma presto lasciolla cascare in mano di favoriti, poi della sorella -Pulcheria, che votatasi alla verginità e a pie pratiche, si mostrava -però degna di governare mezzo l'Impero, più che non lo zio ed il -fratello. Questo fu da lei provveduto di buoni maestri, ma cresceva -inetto; eppure intanto la Persia rinnovava gli attacchi contro -l'Impero, e strappavagli l'Armenia. - -Morto Onorio (423), Teodosio si aggiunse anche il titolo -d'imperatore d'Occidente, e mandò a debellare Giovanni segretario -dell'estinto, che n'aveva usurpato il diadema, e che, resistito invano -in Ravenna, ebbe tronca la destra; poi condotto a strapazzo sopra un -asino, fu decapitato nel circo d'Aquileja. Teodosio trovossi allora -padrone di tutto l'Impero; ma, fosse moderazione o negligenza, cesse -l'Occidente al nipote Placido Valentiniano (425), figlio di -Costanzo e di Placidia. Aveva questi appena sei anni, gli diedero sposa -Licinia Eudossia figlia di Teodosio, e fu commesso alla tutela della -madre, che per venti anni lo governò, con molle educazione sviandolo -da occupazioni virili; mentr'essa nè sapeva reggere il freno, nè -commetterlo a buone mani. - -Ultimo puntello degl'imperi sfasciantisi sono i guerrieri, e Placidia -trovò due eccellenti generali in Ezio e Bonifazio. Il primo, nato -nella Mesia inferiore da un'Italiana sposata a uno Scita, messosi -giovanissimo alle armi, aveva praticato coi Barbari qual soldato e -quale ostaggio. Bonifazio erasi non meno segnalato nei governi che ne' -campi; riuscito a liberare l'Africa, ne fu posto governatore, e per -giustizia e probità si rese caro e rispettato. L'accordo di questi due -campioni avrebbe potuto rinvigorire alquanto l'Impero, ma gli diè il -tracollo la loro nimistà. Nel passato tumulto Bonifazio avea serbato -fede a Valentiniano, mentre Ezio ajutò all'usurpatore con sessantamila -Unni. Fallita l'impresa, Ezio è accarezzato per paura, e ringrandisce -nel favore dell'imperatrice; e macchinando di elevare se stesso -sulle ruine di Bonifazio, susurra a Placidia, — Bisogna richiamarlo -dall'Africa»; intanto segretamente avvisa Bonifazio, — Bada che -l'obbedire ti costerebbe la testa». Bonifazio gli dà ascolto, e, invece -di deporre il comando, avventasi alle armi; e da Placidia dichiarato -ribelle, manda a Genserico re de' Vandali, eccitandolo ad acquistare -stabili possedimenti in Africa. - -Genserico, uomo di meschina statura, azzoppato nel cader da cavallo, ma -riflessivo, sprezzatore del lusso, lento al parlare, facile all'ira, -cupido del possedere e di mischiar litigi[287], aveva condotto i -suoi ad occupare la Spagna; donde allora, sopra vascelli offerti da -Bonifazio che l'invitava e dagli Spagnuoli che bramavano liberarsene, -tragittò in Africa cinquantamila uomini (429), ai quali -s'aggiunsero malcontenti e Mori vagabondi. - -Sant'Agostino, vescovo d'Ippona, pose in opera l'autorità di prelato e -d'amico per distogliere Bonifazio dall'insensata vendetta; ma quando -altri amici scopersero le fraudolente lettere di Ezio, Bonifazio -pentito venne ad affidare la sua testa a Placidia, e Cartagine e le -guernigioni romane rientrarono nel dovere. Ma il colpo era dato, e -per quante somme il ravveduto offrisse a Genserico acciò sgombrasse -l'Africa, questi rimase non più come ausiliario, ma come padrone e -devastatore; e sgominato Bonifazio, che combatteva col valore d'un -pentito, scorse liberamente la campagna; sperperò le sette provincie, -che chiamavansi granajo di Roma e del genere umano, mandando a strazio -senza distinzione d'età o di grado, svellendo le vigne e gli ulivi, e -se il terrore non esagerò, scannando i prigionieri davanti alle città -assediate, acciocchè il lezzo ne ammorbasse l'aria. - -Sconfitti interamente i Romani, Bonifazio per disperato fuggì dalla -contrada sopra la quale avea tratto tante sventure, e giunto a Ravenna, -ebbe da Placidia oneste accoglienze e il grado di patrizio e di -generale degli eserciti romani. Questi onori parvero un oltraggio ad -Ezio, a cui l'essere scoperto perfido non avea scemato la confidenza; -onde accorse con uno stuolo di Barbari; e a tal segno era scaduta ogni -autorità imperiale, che assalì armata mano Bonifazio. Questi prevalse, -ma d'una ferita spirò poco dappoi (432), perdonando ad Ezio, -e consigliando alla ricca sua moglie di sposarlo. Ezio, rassicurato -di perdono, torna; e l'imperatrice, baciando la mano che non poteva -recidere, il solleva a patrizio. Fatti inesplicabili nella scarsità -ed inesattezza de' cronisti d'allora. Nè con Ezio si deve parlare del -patriotismo antico: libertà considerava l'affrancare i suoi padroni -dagli stranieri, e se medesimo da chiunque l'impacciasse; combatteva -per quell'onor militare, che oggi pure manda migliaja di soldati a -profondere la vita e farsi eroi per una causa che non esaminarono, che -forse ignorano. - -Genserico, domata la risorta Cartagine (439), i migliori -terreni da Tripoli a Tangar distribuì fra' suoi, riducendo a servi -i prischi possessori. Nessun'altra invasione riusciva di tanto -pregiudizio all'Italia, avvegnachè i senatori vi perdevano i lauti -patrimonj ivi collocati, il fisco l'immensa eredità di Gildone, la -plebe le distribuzioni del grano e dell'olio che di là si traevano. -Stava dunque sul cuore agl'imperatori di ricuperarla, ma Genserico, -scaltro quanto prode, intoppò ogni lor passo; e posta in essere -un'armata navale da ricordare i migliori tempi di Cartagine, invase -anche la Sicilia, occupò Palermo, sbarcò più volte sulle coste della -Lucania. Quand'ecco nuovo flagello scaricarsi sull'Impero: gli Unni. - -È impossibile confonderli, come gli storici d'un secolo fa[288], coi -Mongoli e Tartari; e meglio si assegnano alla stirpe finnica, cioè -a quella da cui derivano gli odierni Ungheresi. I nostri, sgomentati -dall'apparire di genti estranie alla razza indo-germanica, non trovando -immagini adeguate al loro terrore, ricorsero alle favole, e dissero che -re Filimero avendo trovato fra' suoi Goti alcune maliarde, le cacciò -in paese deserto, lontan lontano dal campo suo: quivi le imbatterono -spiriti maligni, e mescolatisi con esse, generarono gli Unni, orridi -e piccoli, nè somiglianti ad uomini se non perchè favellano[289]. -Ammiano Marcellino li descrive di ferocia senza pari; nati appena, -solcavasi loro il viso con un ferro rovente, acciocchè non mettessero -barba; piccoli e tarchiati della persona, con vigorose membra, grosse -teste, spalle tozze, tanto da scambiarli per bestie ritte sulle zampe, -o per le grossolane cariatidi che sorreggono i palchi; portano alta -la fronte, cavalcano a meraviglia, e maneggiano maestrevolmente arco e -freccie. - -La caccia era loro abitudine; ed inseguendo una cerva bianca, alcuni -traversarono la palude Meotide, onde vennero a conoscere il paese -degli Sciti; e giudicando che per guisa soprannaturale fosse loro -indicata quella via, indussero i compatrioti a invadere le contrade -scoperte. Così fecero; e parte vinsero i popoli che scontravano, parte -li fugarono col terrore degli orridi aspetti e d'una ferocia mai più -sperimentata. Condotti dal re Balamiro (376), sottomisero -gli Acatsiri e gli Alani, coi quali saltarono sulle contrade degli -Ostrogoti, e li dispersero e sottomisero. I Visigoti chiesero ricovero -sulle terre dell'Impero, abbandonando agli Unni il paese a settentrione -del Danubio, ove da un secolo e mezzo stanziavano, e che allora divenne -centro d'un nuovo Stato che dovea durare settantasette anni. - -Balamiro, inanimato dal buon successo, devastò le provincie romane, e -molte città distrusse, finchè non venne acquietato col promettergli -l'annuo tributo di diciannove libbre d'oro (20,000 lire) (400). Uldino, -che gli succedette nel comando, fu assassinato; i Romani dovettero con -più larghi donativi sviare le minaccie di Caratone; e d'allora gli -Unni si mescolarono volta a volta nelle vicende dell'Impero. Varcato il -Danubio, misero a sacco la Tracia e minacciarono Costantinopoli; se non -che la peste li sterminò (425). Roila riceveva da Teodosio il Giovane -l'annuo tributo di trecencinquanta libbre d'oro (370,000 lire) per -tenersi tranquillo; forse con Ezio menò perfide pratiche; ma appena -ebbe conchiuso nuovi accordi con Valentiniano III, morì (433), -lasciando il principato al nipote Attila. - -Deforme figura, carnagione olivigna, testa grossa, capelli brizzolati, -piccoli occhi affossati, naso simo, pochi peli al mento, corporatura -tozza e nerboruta, fiero il portamento e la guardatura, come d'uomo -che si sente vigoria superiore a quanti lo circondano, tale ci è -descritto Attila. Sua vita era la guerra, pure sapea frenarsi: severo -nel pretendere giustizia, considerava per tale la propria volontà; -pure ai supplichevoli mostravasi esorabile, propizio a chi in fede -ricevesse. Nè soltanto nella forza fidando, fece spargere di quelle -ubbie che allettano la plebe. Una vitella tra il pascolare si ferisce -un piede; e il pastore meravigliato cerca fra l'erbe, e vede sporgere -la punta di una spada, che egli trae fuori e reca ad Attila; il quale -mostra accettarla come un dono del dio della guerra, e un segno della -dominazione universale. — La stella cade (diceva), la terra trema, io -sono il martello del mondo, e più non cresce erba dove il mio cavallo -ha posto piede». Avendolo un eremita chiamato _flagello di Dio_, adottò -questo titolo come un augurio, e convinse le genti che lo meritava. - -Da principio sgomenta Teodosio il Giovane, che, al prezzo di settecento -libbre d'oro all'anno, compra una pace vergognosa, oltre concedergli -libero mercato in riva al Danubio, e restituirgli quanti sudditi suoi -erano rifuggiti nelle provincie imperiali: avuti i quali, e tra essi -alcuni giovani di regia stirpe, Attila li fa crocifiggere (441). Allora -osteggia i Barbari di varia nazione, stanziati od erranti -nel centro dell'Europa: Gepidi, Ostrogoti, Svevi, Alani, Quadi, -Marcomanni si piegano o sono ridotti all'obbedienza di lui, che stende -dai Franchi agli Scandinavi il dominio, il terrore per tutto il mondo: -una folla di re lo corteggia, settecentomila guerrieri aspettano -dal suo cenno qual paese abbiagli designato la vendetta di Dio. Ed -egli, dal barbaro volgendosi al mondo incivilito, assale la Persia, -ma respinto, ascolta al vandalo Genserico, e si avventa sull'impero -romano; e distesi i suoi Barbari in una terribile linea di cinquecento -miglia dall'Eusino all'Adriatico, manda dire a Valentiniano e Teodosio -— Preparatemi un palazzo». - -Tre segnalate vittorie lo recano fino ai sobborghi di Costantinopoli. -Devastate settanta città, ridotto in servitù chi campava dal ferro, -pretese che Teodosio cessasse d'intitolarsi signore della contrada che -si estende dal Danubio fino a Naisso e alla Nava in Tracia; poi qualora -volesse premiare qualche suo benemerito, lo spediva alla corte di -Costantinopoli ad insultar l'imperatore nel suo palazzo, col pretesto -di chiedere l'adempimento de' patti, ma in realtà per farsi impinguare -di doni dallo sbigottito augusto. - -Satollo di vittorie e di sangue, Attila ricoveravasi a riposo, non -in alcuna città, ma nel proprio accampamento fra il Danubio, il Teiss -ed i Carpazj, in quei campi d'Austerlitz, che divennero modernamente -famosi per segnalata vittoria. Colà i vincitori del mondo e le loro -donne compiacevansi attestare i loro trionfi coll'oro e le gemme onde -fregiavano la persona fin alle scarpe, le spade, le bardature, e col -vasellame d'oro e d'argento cesellato onde caricavano le mense. Attila -solo, che sembra gigante perchè montato su tante ruine, e innanzi al -quale tremava ognuno dal Baltico all'Atlante e al Tigri, ostentava non -portare altro ornamento che d'armi; a tavola usava coppe e taglieri di -legno, nè mangiava che carne e pane. Ivi accolse le umili e pompose -ambasciate degli imperatori romani, ai quali a prezzo concedette di -sopravivere ancora alquanto. - -Poco dipoi Teodosio II, cascando di cavallo, morì di cinquant'anni -(450 — 28 luglio), dopo quarantatre d'un regno disonestato -dall'avvilimento dell'impero, illustrato dal Codice ch'egli fece -pubblicare: Pulcheria ottenne anche in titolo il comando sull'Oriente, -che di fatto già esercitava; e per la prima volta una donna stette in -proprio nome a capo dell'impero romano. Non un marito essa volendo ma -un collega, fermò sua scelta sopra Marciano senatore sessagenario, il -quale alla scuola dell'armi e della sventura aveva appreso virtù ignote -ai cesari ch'erano stati cullati nella porpora. - -Quanto importasse il conservar la pace egli lo sentiva, ma non a prezzo -di viltà; onde ad Attila, che mandava arrogantemente a chiedere il -tributo, rispose: — Oro ho per gli amici, pei nemici ferro». Ultima -voce romana. Attila si risolve alla guerra, e move dal fondo dei -pascoli pannonj esitando, — Mi drizzerò all'oriente o all'occidente? -cancellerò dal mondo Costantinopoli o Roma?» Una serie d'accidenti il -determinò verso questa. - -Ezio, dopo ch'ebbe costretto Placidia a rimetterlo in grande stato, -e sacrificare i nemici alla sua vendetta, baldanzeggiava di potere -e di fasto, mentre l'imperatore vero marciva in un vile riposo, -assicuratogli dalla valentìa di questo capitano. Il quale veramente -ritardò d'alquanti anni l'ultimo crollo dell'Impero; frenò i Vandali -con trattati, mantenne l'autorità imperiale nella Gallia e nella -Spagna, e strinse federazione coi Franchi e cogli Svevi. Non aveva -mai interrotto le relazioni cogli Unni d'Attila, nel cui campo pose -ad educare il proprio figlio Carpiglione: la sua intromessa manteneva -pace fra l'imperatore e quel formidabile, al costo però di frequenti -umiliazioni: anzi ebbe Unni ed Alani agli stipendj allorchè volle -combattere i Burgundi e Visigoti, già accasati nelle Gallie. Ma come -Genserico mandò invitare gli Unni, Attila si difilò sopra le Gallie, -dove lo chiamava anche l'alleanza dei Franchi, che colà avevano preso -stanza dal Reno fin alla Somma. - -Se occorrevagli un'ombra di diritto, gliel'offerse Onoria, sorella di -Valentiniano III, che relegata per aver amato il ciambellano Eugenio, -spedì un eunuco ad Attila, esibendogli l'anello e le ragioni ch'essa -poteva offrirgli come moglie. L'Unno mandò a chiedere formalmente la -mano d'Onoria, come già sua fidanzata, e con lei mezzo l'impero. — Le -donne romane non hanno diritto alla successione», gli fu risposto: e -la principessa venne maritata di nome ad un uomo oscuro, indi chiusa in -perpetuo carcere. Attila allora aduna un nuvolo di popoli germani e di -vassalli od alleati, stermina molte città della Gallia (450), -ed assedia Orleans. - -Ezio, non illudendosi nè alle insidiose profferte d'Attila, nè agli -intrighi d'una parzialità che alla corte italiana favoriva la pace, per -timida apprensione della guerra, fatto eroe per volontà, come sempre -era stato per coraggio, avea raccolto le maggiori truppe che potesse, e -massime gli ajuti dei Visigoti e de' costoro alleati, congiuntisi per -respingere questi nuovi invasori d'un terreno, dov'essi cominciavano -a gustare la dolcezza di stabili domicilj. Un generale romano, purchè -riuscisse ad unire un esercito, poteva fare gran fondamento sulla -superiorità che la tattica gli dava sopra di gente ragunaticcia, ricca -soltanto di personale valore. Lo sentì Attila, il quale, ingombrato -più che soccorso dalla moltitudine raccozzata, conobbe la titubanza, -e levatosi d'attorno ad Orleans, e ripassata la Senna (451), -attese il nemico nelle pianure Catalauniche sulla Marna, opportune ai -volteggiamenti della cavalleria. - -Ivi dunque s'accampava tutto il mondo asiatico, romano e germanico; -quelli cui sfuggiva, e quelli che afferravano il dominio della nuova -Europa. Con Roma schieravansi Visigoti, Leti, Armorici, Galli, Breuni, -Sassoni, Borgognoni, Sarmati, Alani, Franchi, Ripuarj; con Attila altri -Franchi ed altri Borgognoni, Boj, Eruli, Turingi, Gepidi, Ostrogoti: -fratelli separati da lunga stagione, qui si rincontravano per -trucidarsi. Nella battaglia, con poc'arte e assai furore travagliata, -cencinquantamila cadaveri copersero le rive della Marna, ma ai Romani -restò il vanto: e fu l'ultima gran vittoria che si riportasse in nome -degli antichi signori del mondo. Attila si ritirò dietro la trincea de' -suoi carri, e la notte cantava battendo le armi, a guisa di leone che -rugge nella caverna dove l'hanno ridotto i cacciatori. Preparatosi alla -difesa, accatastò le selle e le gualdrappe dei suoi cavalli, disposto a -bruciarvisi vivo perchè nessuno potesse vantare d'aver preso od ucciso -il sire di tante vittorie. Ivi aspetta un attacco; ma al silenzio della -campagna s'accorge che il nemico s'era ritirato per arte di Ezio, ed -anch'egli rivarca il Reno, e costeggiando il Danubio torna in Pannonia. - -A primavera s'accinge a nuova invasione (452), e chiesta -ancora la mano di Onoria col patrimonio di essa, e ancora disdetto, -mettesi in marcia, valica le Alpi, e invade la pianura che l'Isonzo, il -Tagliamento, la Livenza, la Piave, il Musone, la Brenta, l'Adige, il -Sile avevano formata presso ai lenti loro sbocchi in mare. Era stata -popolata dai Veneti Paflagoni[290], i quali colla caccia e la pesca -viveano in quelle lagune, che offrivano breve tragitto fra Aquileja e -Ravenna: vestiti alla greca con tuniche a maniche, larghi calzoni, il -pileo in capo, e molto curandosi dei cavalli[291]. Il paese che con -nome generico chiamavasi le Venezie, fioriva per le città di Concordia, -Opitergio, Patavio, Altino, ridente di ville quanto il lido di -Baja[292], e principalmente Aquileja. - -A questa pose assedio Attila colle macchine fabbricategli da disertori, -e col dispendio di vite incalcolate. Gl'Italiani nel difenderla -mostrarono che l'antico valore non mancava in essi del tutto, qualora o -non li disgustasse la dotta oppressione, o non gl'impedisse la gelosia -degli imperatori. Dopo tre mesi di vani attacchi, Attila per disperato -levava già il campo, quando nel girare vede una cicogna che s'appresta -a fuggire coi pulcini suoi da una torre dove aveva posto nido. — La -città sta per cadere, se l'abbandonano fin animali così fidi», egli -dice; e con tale augurio ravvivato lo stanco coraggio de' suoi, li -mena con superstiziosa foga all'assalto. S'apre la breccia, ed Aquileja -ruina per più non risorgere. Altino, Concordia, Patavio vanno a strazio -uguale; e gli abitanti sbigottiti, dal continente cercano rifugio tra -le isolette della laguna, primo nocciolo della città e della repubblica -che dovea conservare il libero imperio più a lungo che Roma[293]. - -Internatosi allora fra terra, Attila mandò a pari guasto Vicenza, -Verona, Bergamo: Pavia e Milano si ricomprarono dal fuoco col cedere -tutte le ricchezze e colla pronta sommessione. Attila, entrando -nella reggia a Milano, e visto una pittura dove gl'imperatori erano -rappresentati sul trono in atto di calpestar re barbari, sorrise, -e vi fece istoriare i cesari, versanti sacca d'oro a' piedi di lui -vincitore. - -Tutta Italia, alle incalzanti notizie di replicati disastri, giaceva -scarsa di consiglio, sprovvista di esercito, decimata d'abitanti. Ezio -solo tenevasi in piedi: ma gli alleati che lo aveano soccorso di là -dall'Alpi quando a quella dell'Impero andava congiunta la propria loro -salvezza, allora vedevano con indifferenza dirigersi quella furia sopra -l'Italia, come l'agricoltore quando il nembo, minaccioso a' suoi campi, -si sfoga sopra gli altrui. Anche l'impero Orientale non seppe che -promettere soccorsi; talchè a quel generale non restava che bezzicare -di fianco l'esercito d'Attila. Valentiniano stesso non ben s'affidava -nel suo generale, e tenendosi poco sicuro nel nascondiglio di Ravenna, -era fuggito a Roma; poi vedendo anche questa abbandonata di soccorso e -imperfetta di mura, meditava uscire d'Italia. - -Nell'universale scoraggiamento, Leone papa ed Avieno romano consolare -presero il partito di condursi supplichevoli al Flagello di Dio, e in -nome della religione e delle antiche memorie implorare la salvezza di -Roma. Lo scontrarono vicino a Peschiera, e accolti con rispetto, il -pregarono a dar sosta, promettendogli immense somme qual dote d'Onoria. - -Le leggende, che non poco s'esercitarono intorno a questo gran -frangente, ricordano diverse battaglie avvenute sotto le mura di -Roma, sì fiere che tutti i soldati perirono, eccetto i comandanti; ed -anche esalate le anime, i cadaveri continuavano a pugnare tre giorni -e tre notti come vivi[294]. Altri dissero che i santi Pietro e Paolo -comparissero dal cielo, proteggendo la città dove riposano le loro -ceneri, e minacciando Attila, il quale atterrito indietreggiò; miracolo -perpetuato in colori da Rafaello, in marmo dall'Algardi. - -Anche senza miracolo, può credersi che il rispetto all'antica metropoli -del mondo gentile e alla nuova del cristianesimo rattenesse i Barbari: -recente era l'esempio d'Alarico, di cui restarono spezzati i trionfi -e la vita appena ebbe violato la gran città; i seguaci d'Attila, -impetuosi negli attacchi, non reggevano alle lunghe prove degli assedj: -erano decimati dalle malattie, con cui tante volte Italia punì i -suoi invasori; infine, quale allettamento potevano avere i palagi per -Attila, avvezzo a considerar libertà l'aria aperta, e prigione le case? -Agognava prede? gli venivano offerte senza fatica. - -Ripiegò dunque verso la sua città di legno; e tra via, alle tante mogli -che l'aveano fatto padre d'innumerevole prole, aggiunse la giovinetta -Ildegonda: ma nella gioja o nell'abuso delle nozze fu sorpreso dalla -morte (453). Il cadavere di lui venne esposto in mezzo alla -campagna fra due lunghe file di tende di seta; i suoi Unni si mozzarono -i capelli, sfregiaronsi il volto, e gli offersero esequie di sangue -umano. Chiuso in tre casse, una d'oro, una d'argento, una di ferro, -nottetempo lo sepellirono colle spoglie più scelte de' nemici e coi -cadaveri degli schiavi che aveano scavata la fossa, intorno alla quale -i nobili Unni menarono dissoluti e intemperanti banchetti funerali. -I molti figli di lui se ne disputarono gli ampj possessi; ma questi -già erano perduti al lentar della mano che unica valeva a tenerli -congiunti. - -La costui corsa non recò all'Italia soltanto i passeggieri disastri -d'un'irruzione. Il paese veneto era la linea di congiunzione fra -l'impero Orientale e l'Occidentale: i Barbari vi si erano affollati -rompendola a volta a volta, ma senza stabilità, finchè la dominazione -astuta quanto violenta d'Attila non ebbe dissipato ogni prestigio della -superiorità romana. Distrutta Aquileja, la piazza d'arme più rilevante -e la piazza di commercio più considerevole nell'alta Italia, questa -si trovò aperta a chiunque venisse; e da quel punto la Venezia rimase -staccata dall'Impero. - - - - -CAPITOLO LVI. - -Sulla caduta dell'Impero romano. - - -L'Impero potè dunque inneggiare e Giove e Cristo perchè trovavasi -un'altra volta salvato: ma il cancro ne rodeva gli organi vitali; e -dismessa l'obbedienza, indisciplinati gli eserciti, esausto l'erario, -un sentimento universale di stanchezza e di paura stringeva gli animi, -e facea guardare con isgomento il compirsi del XII secolo di Roma, che, -secondo i computi de' sacerdoti etruschi, reputavasi fatale alla durata -di essa. - -Educati da fanciulli ad ammirare Roma gigante, in una letteratura tutta -piena della grandezza di lei, e sopra storie che, isolando la gloria -dal diritto, la idolatrano, ne esagerano le virtù, ne giustificano le -colpe, infondono idee false ed inumane della libertà, della gloria, -del diritto di conquista; condotti poi a meditare quella legislazione, -non solo ammirata ma seguita ancora in gran parte dopo tanti progressi -della ragione e della pratica; circondati da mirabili avanzi di quella -civiltà, e considerando come vanto patrio la magnificenza e i trionfi -di coloro che godiamo chiamare nostri avi; qual meraviglia se con -fatica deponiamo giudizj ricevuti senza discussione, e convertiti in -sentimenti? se ci riesce ingrato chi ci strappa quelle illusioni, -ed alle magnifiche frasi surroga i nudi fatti, allo splendore la -giustizia, alla gloria l'umanità? - -Sulla caduta maestà latina faccia elegie chi, avvinto alle reminiscenze -di scuola, giudica col patriotismo di Tullio e di Catone. Un insigne -scrittore inglese, stomacato di vedere il convento d'Ara-cœli -sorgere a fianco al Campidoglio, e cantici di frati sonare là dove -un tempo decretavasi lo sterminio d'intere nazioni, fra sardonico ed -epigrammatico dipinse come declinasse Roma dal punto che fu inaugurata -la nuova fede. Ma chi si affezioni agli oppressi, ai vinti, al -popolo, sarà a stupire se giudichi diverso da chi ammira la violenza, -il trionfo, gli eroi? sarà a stupire se, chi della Via sacra e del -Campidoglio si occupa meno che della Suburra e delle catacombe, non -preconizza tanto la Roma d'Augusto quanto medita sul suo deperimento? -V'ha spettacolo più istruttivo che quello d'una società che si sfascia -mentre un'altra si forma? e quando mai la storia offrì maggiore -opportunità di considerarlo? - -Un occhio umano e filosofico dovrà riconoscere che quella catastrofe, -di lunga mano preparata, ritardata forse da accidenti che parvero -accelerarla, tolse via una barriera ai progressi dell'umanità. D'altra -parte l'agonia di dieci secoli dell'impero d'Oriente basterebbe a -convincerci del come si sarebbe miseramente trascinata la sopravivenza -dell'Occidentale. - -Per imputare della caduta di questo le sole invasioni dei Barbari, -bisognerebbe dimenticare come esse cominciassero fin dal tempo di Mario -e di Cesare, e che cinque secoli urtarono l'Impero senza scassinarlo, -fintantochè le corrosioni interne non ebber reso irreparabile un -crollo, di cui la grande migrazione fu occasione e nulla più. - -Le società moderne, anche traverso a quell'inumano avanzo che dicesi -ragione di Stato, si fondano sull'amore; e più s'inciviliscono, più -procurano la pace, estendono l'eguaglianza a maggior numero d'uomini, -e infine a tutti. Le antiche in quella vece, non riconoscendo la -fratellanza originaria nè la solidarietà del genere umano, si nutrivano -d'odio, di guerra, dell'escludere ogn'altra gente dal piccolo numero -de' privilegiati; libere nell'interno, tiranne e nemiche di chiunque -non appartenesse alla loro aggregazione; il patriotismo era meno amor -de' suoi che odio de' non suoi; il che fu espresso nel proverbio romano -«L'uomo è un lupo per l'uomo»[295]. Di qui la necessità di tenersi -sempre in armi per difendersi o per offendere; di qui la cura dei -legislatori civili e religiosi nel conservare costumi e istituzioni che -la loro tenevano distinta da ogni altra gente. - -Però conquiste, alleanze, federazioni dilatavano questa società, -col che scemavansi i nemici, e comunicavasi a maggior numero -quella giustizia naturale, che è diritto, ma che guardavasi come -privilegio. L'incivilimento e l'umanità ne vantaggiavano, ma ne -rimanevano sconficcate le società parziali; il patriotismo, svigorito -coll'allargarlo, riducevasi incapace di resistere ad altro popolo che -ne conservasse la primitiva inesorabilità. - -Greci, Pelasgi, Etruschi, gli altri popoli circumabitanti al -Mediterraneo viveano in questo secondo stadio, allorchè Roma li colse -e domò; Roma patriotica e guerriera per eccellenza. All'impeto suo, -all'inflessibilità di que' patrizj, qual ostacolo poteva opporre -l'Europa? Le nazioni di questa si trovavano press'a poco al medesimo -livello di civiltà; date all'agricoltura, divise in popoletti secondo -i territorj, tra loro frequenti in guerre, delle quali la minutezza -impediva sino i vantaggi, soliti derivare da queste feconde malattie -dell'umanità; non aveano una metropoli che primeggiasse; gelose -dell'indipendenza, non s'univano se non a tempo per momentanei -interessi o per calcoli d'equilibrio politico. Ma anche dove -scarseggiavano i raffinamenti sociali, possedevasi la libertà; e mentre -nei grandi imperi asiatici l'individuo andava perduto o sagrificato -nelle convenienze dello Stato o nella volontà d'un arbitro, qui la -suddivisione produceva quelle lotte, in cui l'uomo svolge ed esercita -le proprie forze. - -Ne profitta Roma, miscuglio anch'essa di genti diverse; e fra le -popolazioni italiote costretta a sostenersi colle armi, introduce -quel sistema che da tutte doveva distinguerla, l'assimilare -gradatamente al suo Comune i vinti, mediante la potenza del diritto. -Quest'assimilazione fu iniziata dai re: la cacciata de' Tarquinj -la sospese, ed assodò l'oligarchia, nella quale la plebe soffriva -orribile pressura; ma non che fiaccarsi alla tirannide, si agitava, e -chiedeva pane e diritti. Come acquietarla? occupandola in incessanti -guerre, donde i patrizj traevano infallibile vantaggio, perocchè -vincendo arricchivansi, vinti trovavano d'aver decimato e punito i loro -tiranneggiati. Delle perdite Roma si rifaceva coll'assorbire il fiore -de' paesi soggiogati: mirabile costituzione, mercè della quale divenne -padrona non istantanea del mondo. - -Sottoposta la penisola, Roma si trovò a petto Cartagine; poi la Grecia -e l'Asia, civiltà antiche; poi la Gallia, la Spagna, la Germania, -civiltà esordienti: nella resistenza divenuta gigante, nella vittoria -irresistibile, sulla meschina bilancia dell'altrui politica getta la -sua spada; dà mano al debole, per opprimere con questo il forte, indi -l'uno e l'altro soggiogare. - -Guai ai vinti! I trattati portavano in capo la parola di pace, come -testè vedevamo quelle di libertà e fratellanza; ma realmente erano -patti d'un superiore ad inferiori, sottomettendo non solo i vinti ma -gli alleati a più o men diretta dipendenza. Il feroce diritto patrizio -considera nemici i popoli indifferenti, e di buona presa la roba e -gli uomini di chi non sia alleato; con lunga arte cancella i caratteri -nazionali; ovunque tocchi, abbatte le vetuste grandezze e l'industria -di lunghi secoli; l'opulenta Corinto, Cartagine regina dei mari, Rodi -sposa del sole, cadono immolate alla gelosa conquistatrice; pérdono -fiore le mercantili città dell'Egeo, muojono le splendide della Grecia; -il commercio, anima del popolo attorno ai mari interni, è strozzato fra -gli abbracci della padrona. - -Ad alcuni paesi vinti d'Italia e di Grecia lasciava essa qualche -ombra di libertà; ma delle popolazioni di Spagna, delle Gallie, -della restante Europa fa quello sterminio che crede necessario alla -sua sicurezza; e sui cadaveri pianta colonie talmente efficaci, che -giunsero fino a mutarne il linguaggio. Delle provincie conquistate -dividevasi il bottino fra i soldati, il terreno fra i cittadini, che -così diventavano barriera contro i nemici, ed estendendo fra i vinti -il timore di Roma e il rispetto per le istituzioni sue, preparavano -nuovi trionfi. Salvo i pochi che in alcuni paesi ottenevano in tutto o -in parte il civile o il politico privilegio di Romani o di Latini, gli -altri restavano esposti alle calunnie de' giudizj, alle estorsioni de' -legulej, alla tirannide de' nobili, alla rapina de' proconsoli, sicchè -il metter pace era un ridurre a deserto[296]. - -Tutto ciò importava quella necessità che più ripugna alle libere -istituzioni, un grosso esercito. Le lontane conquiste obbligarono a -prolungare i comandi, sicchè i generali si abituarono a potere ogni lor -voglia fra le provincie schiave; gli eserciti, devoti ai capitani che -gli aveano guidati alla vittoria, li seguivano anche contro la patria; -e con essi Mario e Silla si fecero sanguinarj tiranni, con essi Cesare -abbattè l'aristocrazia, Augusto la repubblica. - -Non abbandoniamoci a quella sentimentalità, che nelle guerre vede -soltanto capitali sperperati e sangue effuso. Non che speciale a Roma -fosse la crudeltà, vedemmo anzi lodarla di moderazione: che se tal -lode veniva dal concetto che gli antichi si formavano della conquista, -è certo che essa sottometteva e inciviliva; fra società fondate -sull'odio, sospendea la permanente ostilità che ne parea condizione -necessaria; toglieva la libertà, ma dava un governo e i vantaggi della -civiltà e dell'ordine; imponeva il patriotismo e la dignità romana; -un secolo dopo la conquista, la fiera Spagna era trasformata, con -grandi strade, acquedotti, terme, teatri, circhi, tempj, crescente -popolazione, e viva industria, e coltura tale che mandava a Roma i -maestri d'Augusto, d'Ovidio, di Nerone, i poeti Lucano e Marziale, -i due Seneca, gli storici Mela e Floro, l'agronomo Columella; -nella Gallia si spianano strade, si aboliscono con lunghi sforzi i -sagrifizj umani, grandeggiano scuole d'eloquenza; l'Africa sale ad -una floridezza, qual mai non ebbe o prima o poi; in Egitto è portato -il lino, nella Gallia l'ulivo, la vigna sul Danubio e sul Reno, ove -sorsero città, che fin ad oggi sono le meglio fiorenti[297]. - -E fu Roma la prima che le conquistate nazioni pensasse a governare. -Il diritto pubblico stabilito dalla vittoria la rendea padrona, -ma la civiltà diffusa mediante le colonie facea che assimilasse il -mondo, divenisse centro d'incivilimento, e perpetuasse i risultamenti -dell'invasione armata; sicchè non la violenza solo, ma l'autorità e la -coltura congiungeva a Roma il mondo, la cui immensa varietà era diretta -da spirito d'ordine, di regola, di stabilità. Anzi, al vederla fatta -meta di tutti i desiderj, Roma somiglia un centro che attira, anzichè -un vortice che ingoja; e che non essa ingoji il mondo, ma il mondo -costringa lei a riceverlo nel suo grembo. - -Questi miglioramenti eransi cominciati sotto la Repubblica; ma li -perturbava la violenza, divenuta universale quando tanti anelavano a -far propria la cosa pubblica colle ricchezze, coll'eloquenza, colle -vittorie, cogli assassinj, cogli abusi di quella libertà, che è la -parola più frantesa, giacchè valse perfino a scagionare i patiboli -di Robespierre e i pugnali di nostri contemporanei. Il mondo n'era -scagliato in preda alla forza brutale, quando gl'imperatori poterono -sospenderne la caduta; e come la legge internazionale della repubblica -era stata la guerra, così dell'Impero divenne la pace. La costituzione -andò alterata, non tanto perchè il dittatore de' nobili o il tribuno -della plebe avesse assunto il titolo imperiale, quanto pel cessare -delle conquiste, ch'erano state l'alimento di Roma. La politica -dell'accomunare di dentro l'eguaglianza cittadina, fuori i diritti -dell'umanità, prese allora tutta l'ampiezza, avviando ad una grande -unità, nella quale per conseguenza cessava la distinzione di nazioni, -tutti potendo dar voti, tutti aspirare alle cariche, purchè aggregati -all'estesissima cittadinanza. - -La innovazione dell'Impero bisogna conchiudere fosse necessaria, poichè -durò sì a lungo, nè mai fu seriamente tentato di ripristinare l'antica -Repubblica. Ma da una parte venne operata colla forza, in aspetto -di usurpazione militare, che imponeva un governo soldatesco senza -freni civili; dall'altra le irruzioni, allora cresciute, de' Barbari -costrinsero a continuar le guerre, non più di conquista ma di difesa. -Sono i due modi per cui si consolida il despotismo. - -Sebbene il sistema fosse fondato sulla violenza, già ne veniva -indizio di quella spontanea associazione de' popoli, costituita sulla -pace e sulla libertà, alla quale tende il mondo; intanto le idee si -ampliavano, estendeansi la coltura e i miglioramenti materiali, ed il -concetto d'una grande unità. - -Di ciò s'avvidero già gli antichi, laonde, col nome di orbe, di -universo, di genere umano intesero il popolo e l'impero romano; e al -decadere di questo, Claudiano glorificava Roma perchè sola ricevette -nel suo grembo anche i vinti, e tutti abbracciò col nome di cittadino, -e, merito di lei, anche lo straniero godeva le pacifiche consuetudini -come nella propria patria, atteso che tutti sono una sola gente[298]. - -Ma perchè siavi unità, son necessarj l'accordo degli interessi, la -simpatia de' popoli. Qui invece Roma trovavasi fra due civiltà, la -greca e la barbara, essenzialmente diverse, e che divenivano germe -d'una divisione, la quale si pronunziò col distacco dei due Imperi. -L'unità, cioè l'eguaglianza, non era possibile in società costituite -sulla separazione, sulla disparità; nè dagli antichi era concepita se -non come monarchia universale, cioè il sacrifizio di tutti i vinti al -vantaggio del vincitore. - -In fatti, dopo che la Repubblica avea cancellate le nazionalità, -annichilò anche gl'individui, valutando il cittadino solamente in -quanto giovava allo Stato, e scompagnando per tal modo l'interesse -personale dal comune. Togli quei pochi che speravano dignità o -impieghi, tutti gli altri non conosceano lo Stato se non per le -oppressioni o le imposte. - -In Roma repubblicana la patria era una religione: scopo supremo delle -azioni pubbliche e private l'ingrandirla; per essa sprezzati l'oro, la -vita, la pietà, la virtù; non accettata la pace che dopo la vittoria; -e creati quegli eroi che formano l'ammirazione di chiunque osservi la -grandezza indipendentemente dall'umanità. - -Quel vitale sistema di Roma d'aggregarsi i vinti fu guasto dagli -imperatori esagerandolo; e per togliere ogni ostacolo ai proprj arbitrj -e impinguare il tesoro, estesero a sempre maggior numero di sudditi -la cittadinanza, rintuzzando così il sentimento esclusivo dell'amor di -patria. A misura che questa dilatavasi, quello s'indeboliva, e la pena -dell'esiglio, terribile al Romano quando lo spingeva soltanto a Fidene -o ad Ardea, parve sì mite ai tempi di Cesare, che convenne aggiungervi -la confisca dei beni. - -In un piccolo Stato libero, ove il diritto di suffragio dipende dalla -proprietà, si comprende come tutti i privilegi e i poteri si devono -concentrare nella città. Ragionevolmente dunque Roma tenne un governo -di municipio, ove patrizj, popolo e cavalieri, senato, consoli e -tribuni si bilanciavano per modo che una mano vigorosa poteva dirigerli -in un bello ordinamento civile. Siffatto ella il mantenne anche -ampliandosi, onde perdeva le proporzioni allorchè la città era estesa -quanto il mondo. Altre Rome ottennero la forma della madre, ma della -prisca non rimaneva che il fantasma; nè coll'aprirla a tutta Italia, -poi all'Impero tutto, si produsse un vero ordine di cittadini, una -nobiltà imperiale, che desse assicurazioni di libertà al popolo, di -durata al governo, d'efficacia all'amministrazione. - -Se Cesare, passaggio fra l'antichità conquistatrice e le moderne -età civilizzatrici e vero fondatore dell'autocrazia, avesse potuto -effettuare i grandiosi suoi divisamenti, ridurre ad unità l'Impero -mediante la rappresentanza, accomunare alle provincie la cittadinanza, -abolire il patriziato originario coll'accogliere nel senato il meglio -d'ogni gente, poteva uscirne un governo bilanciato, che le forze -diverse convergesse ad uno scopo, e quella mescolanza di Latini, -Italici, nuovi Latini, municipj, coloni, provinciali, fondesse in un -grand'insieme per la franchigia della nazione e l'incivilimento del -mondo. Ma al piccolo ingegno e al piccolo cuore d'Augusto mancò la -capacità o la generosità d'istituire un freno a se stesso e alla rea -volontà de' successivi imperanti. Questi, all'ombra de' regolamenti con -cui la Repubblica patrizia proteggeva i magistrati, poterono legalmente -ciò che vollero, identificando in sè il popolo, armandosi dell'autorità -tribunizia; e per logica legalità, al cieco amore di patria rimase -sostituita la cieca obbedienza al despoto di essa. Tutto dipendeva -dai capricci d'un solo, e questo dai capricci dell'esercito; laonde la -monarchia arrotando la conquista, regolò l'ammirazione del mondo, ma -riuscì tempestosa poco meno della repubblica. - -Sotto le forme d'una grande unità, internamente nulla era fuso; razze, -lingue, credenze, istituzioni, intenti, tutto rimaneva differente; -un popolo ignorava l'altro; le comunicazioni non aperte che fra -le capitali, cioè fra le varie stanze di cittadini di Roma; del -resto avversione reciproca fra soggiogati e vincitori; le compresse -nazionalità rialzavansi a tratti; le provincie, non che crescessero -forza a Roma, la indebolivano reputandola nemica, e consideravano -come propria libertà il perdersi della loro tiranna; sicchè -quell'antagonismo, nulla avendo di legale, sconvolgeva lo Stato. - -I comizj del popolo erano più possibili quando gente da tutto l'orbe -potea prendervi parte? Perchè il senato avrebbe potuto frapporre -qualche barriera, tutti gl'imperatori, buoni o malvagi, fiacchi o -risoluti, accordaronsi nel decimarlo e avvilirlo. E ne restò sbrigliata -la tirannide; tanto più che l'esecutivo non era, come nei moderni, -separato dal potere legislativo; i principi faceano da giudici, -pronunziavano in casi particolari, ed applicavano le pene da loro -stessi decretate. - -I buoni imperatori si temperavano nell'esercitare quest'illimitato -e legale rigore: i malvagi ne facevano stromento a passioni, e -coll'infame genìa delle spie spargevano tra il popolo la pessima delle -corruzioni, quella che ti fa sospettare un nemico in ogni fratello. -Ma a quei mostri che si succedettero sul trono d'Augusto, udimmo -mai rinfacciare che trascendessero la legge? Nulla avea questa che -restringesse i loro arbitrj; della religione erano essi i pontefici -sommi; la moralità era una controversia di scuola, sottomessa alla -ferrea parola della legge, per la quale chiamavasi diritto ciò ch'era -comandato (jus jussum). Se l'eventualità della nascita, o il capriccio -dell'esercito, o la venalità d'un'assemblea assidono un mostro sul -trono del mondo, costui diffonderà tanto più la propria corruzione, -quanto più in alto è collocato. Se poi la scarsa fazione de' buoni vi -innalzi principi d'invidiabile virtù, questi allevieranno i mali di chi -sta a loro più vicino, ma dovranno assecondare anch'essi le materiali -inclinazioni che ormai allo spirito tolgono ogni possanza; giacchè le -abitudini d'un potere sfrenato si connaturarono a segno da non lasciar -discernere la giustizia, nè sentire l'umanità; e tutte le classi, -disarmoniche e scoraggiate, sospingonsi a vicenda nell'irreparabile -abisso. - -Questo principe è proclamato superiore alla legge, eppure, come un -balocco da fanciulli, è sollevato e abbattuto da frequenti rivoluzioni: -non di quelle rivoluzioni, ove fra il sangue proceda la società, come -la nave nelle tempeste; ma congiure di Corte o di caserma, che non -fruttano nè franchigie nè esperienza, che uccidendo il tiranno assodano -la tirannia. - -Da qui, come da tutte le rivoluzioni, la prevalenza della forza armata. -Costretti a tenersi in guardia men tosto contro nemici esterni che -contro i sudditi, gl'imperatori crebbero la potenza de' pretoriani, -e questi usurparono la facoltà di eleggerli e mescersi del governo -civile, finchè Comodo strappò le ultime apparenze di franchigia rimaste -al popolo e al senato, col porre accanto al trono il prefetto del -pretorio. Insuperbiti dal sentirsi necessarj, i pretoriani occupavano -i beni altrui senza tampoco mascherare colle formole l'usurpazione; -svilirono il senato coll'aggregarvi ogni feccia, purchè pagasse; -vendettero i decreti; crearono venticinque consoli in un anno; che più? -posero all'asta l'Impero. - -Quel che i pretoriani in città, pretesero farlo gli eserciti fuori, -conferendo il diadema a quel qualunque, cui fossero disposti -a sostenere. Dopo Massimino cominciano le gare fra il senato e -l'esercito per l'elezione; e poichè il secondo preponderava, sceglieva -gl'imperatori da nazioni differenti; Roma, invece di dar il padrone -agli stranieri, lo ricevette da essi; e quale patriotismo poteva -attendersi fra capi forestieri e sudditi avviliti? Poi ciascun esercito -pretendendo l'eguale diritto, ne vennero doppie e triplici elezioni, -sostenute da guerre civili, tra cui si logoravano le armi che sarebbero -state necessarie contro i Barbari, e lasciavansi sguarnite le frontiere -quando più era mestieri guardarle. - -Nei censessant'anni descritti dalla _Storia Augusta_, settanta persone -portarono il titolo imperiale; e, dove conferivasi a quel modo, manca -ogni criterio per distinguere il legittimo dall'usurpatore, se non sia -l'esito. Effimeri monarchi potevano attenersi ad una politica uniforme? -Ogni nuovo venuto vi mescolava alcun che di personale, compiacevasi -operare a rovescio del predecessore; nessuno proponevasi un gran -disegno, nè aveva il tempo d'effettuarlo. - -La divisione dell'Impero fatta da Diocleziano agevolava il pronto -riparare agli invasori, e terminò le sommosse dei soldati: ma ne venne -sterminato aumento alle spese delle Corti, non più semplici come al -tempo d'Augusto, ma emule della vanità persiana; alle forze mancò -l'accordo, e massime l'Italia nostra ne patì, cessando d'essere il capo -e il cuore di quel corpo gigantesco. - -Costantino conobbe la necessità d'una monarchia regolare, comunque -irrefrenata, e di separar il potere che dirige da quello che eseguisce; -ma non ebbe arte o volontà di fondere i diversi elementi. Poneva un -termine all'anarchia militare, facendo prevalere l'ordine civile; -fiaccò la guardia pretoriana; ai capi de' soldati non assegnò che -gl'infimi gradi della nuova gerarchia; quattro prefetti del pretorio -e quattro eserciti si tennero l'un l'altro in rispetto; i soldati si -cernirono solo fra proletarj, e perchè non disertassero, marchiavansi -a fuoco sul braccio o sulla gamba. Restavano da ciò prevenute le -turbolenze e le insurrezioni, ma fiaccata la robustezza militare -allora appunto quando il bisogno ne cresceva; e disperse le legioni che -difendevano i passi, lasciavansi a sbaraglio le provincie. - -I successori suoi abbandonaronsi alla corruttela d'una Corte asiatica, -e i palazzi dov'essi ricoveravano la minacciata maestà, divennero -officine d'intrighi, d'iniqui giudizj, di basse turpitudini, surrogate -ai macelli dei primi Cesari. Fra cortigiani ed eunuchi, gl'imperatori -non contraevano che avidità di godimenti, non gustavano che la -beatitudine del far nulla; negligendo di vedere le cose coi proprj -occhi, sulla guerra e l'amministrazione, sui lamenti e i bisogni dei -popoli acquetavansi alle relazioni d'un confidente scaltro, brigante -o venale. Che la traslazione della sede fosse opportuna alla durata -dell'Impero, l'attestano i dieci secoli che Costantinopoli sopravisse: -ma fra le due metropoli entrò gelosia; Roma indispettivasi di vedere -diviso il diadema, e le ricchezze e gli ornamenti suoi passar ad -abbellire la figlia rivale; Costantinopoli recavasi a sdegno che Roma -pretendesse ancora il primato: sul Tevere ricoveravansi le reliquie del -paganesimo in grembo all'aristocrazia; sul Bosforo versavasi sangue -per le dispute cristiane: dei reciproci pericoli parevano esultare, -anzi talvolta l'una dirigeva sopra l'altra i nemici o per rancore o per -salvare se stessa. - -Vedemmo i Romani, sempre mal pratici in fatto di finanze, dapprima -cercare la prosperità col tener basse le fortune, poi non conoscer la -ricchezza che nel cumulo di metalli preziosi; e dopochè col cessar -le conquiste cessò l'affluenza di questi, nessun modo si conobbe -d'agevolare i cambj, e provaronsi tutte le angustie della mancanza di -numerario. Neppure troviamo che in quegli estremi si ricorresse ai -prestiti forzati e ai viglietti di banco, come erasi usato ai tempi -d'Annibale; e l'arte riducevasi a smungere i sudditi col divisare un -raffinato concatenamento di vessazioni. Man mano che l'Impero declina, -cessano gli eventuali ristori che la sua potenza recava; e sempre -più bisognoso d'uomini e di denaro, maggiormente domanda ai sudditi -quanto meno si occupa del loro benessere; anzi, per soddisfare alle sue -necessità, incatena le persone ed i possessi. Qui v'avea servi affissi -ai padroni, là coloni affissi alla gleba, artigiani affissi alla -manifattura, decurioni affissi al municipio colla persona, le sostanze, -i figliuoli, l'eredità, l'amore[299]. - -L'artigiano non paga le tasse? le dovrà la maestranza cui egli spetta. -Ai sudditi le imposte riescono esorbitanti? ebbene, soddisfino per -essi i decurioni. Abbandonano i terreni? ebbene, siano obbligati -gli altri possessori a comperarli. I decurioni, aborriti perchè -tiranni, aborrenti perchè tiranneggiati, sottraggonsi a quella carica? -ebbene, vi si obblighino a forza; la assumano i bastardi, gli Ebrei, -i sacerdoti indegni, i soldati fuggiaschi, i debitori insolvibili. -Pertanto i municipj non erano che un sistema di più vasta e più -immediata oppressura; le corporazioni d'arti equivalevano ad una -galera; il titolo di cittadino romano, dianzi stimato e compro a gran -valuta, era fuggito come un supplizio, era ripudiato quasi infame[300]. - -Ne' mali più gravi i rimedj stessi aggravano; perfin la giustizia -diviene un'occasione di danni. L'accomunamento della cittadinanza, -reclamato dall'equità e dalla politica, non fece che spopolare -l'Italia, traendone a Roma tutti i ricchi e gli scioperati: questo -gentame seguì a Costantinopoli il pane e i piaceri, lasciando l'Italia -vuota, deserti i suoi campi, le città senza patrimonio, senza capi. -Allora la patria nostra perdette le esenzioni, fin là godute come terra -sovrana; restò gravata dalle tasse comuni, appunto quando cessavano -d'affluirle quelle di tutto il mondo; la migrazione dei ricchi e le -rapaci correrie dei Barbari desolavano d'abitanti le sue città, di -frutti le campagne, che, da giardini dei grandi com'erano prima, si -conversero in letto di fiumi, in asilo di belve e di ladroni. - -Come prendersi cura alla difesa d'uno Stato, a cui non erano -attaccati altrimenti che pel sanguinoso legame del tributo? Quei -Greci, quei Galli che avevano profuso milioni di vite per la propria -indipendenza contro Roma, veruna resistenza opposero agl'invasori. -Il modo d'esazione dei Barbari, semplice per quanto arbitrario, -men rincresceva che non il lento sanguisugio di un governo, che non -pareva essersi raffinato se non a danno de' sudditi: le migliaja di -schiavi sospiravano l'ora di mirare umiliati i burbanzosi padroni, e -lanciar loro in viso i ceppi che aveano sin allora portati: i coloni, -sottoposti all'enorme capitazione e ad opprimenti servigi di corpo, -offrivansi a chiunque promettesse un sollievo, od almeno una mutazione -di mali: il cittadino si divincolava in quella inestricabile rete -di tirannia che avviluppava tutti, dall'imperatore sino all'infimo -schiavo. - -Tra siffatti come suscitare il patriotismo? e tolto questo, -qual movente rimaneva nelle antiche società? la legislazione? la -filosofia? la religione? La prima fu il vero vanto degli ultimi secoli -dell'Impero, consolidando ed appurando la famiglia e la proprietà, -sicchè il furore de' tiranni violava quegli ordinamenti, ma non li -cambiava: e questo rispetto alle leggi valse a prolungare l'esistenza -di Roma, il cui decadimento venne lentissimo perchè il sistema era -buono, nè facilmente si cancellava la grandezza del nome suo. - -Ma se, vedendo imperatori dispotici, moltitudine adulante, -menzogna perpetua nelle apparenze e nel linguaggio, le anime nobili -s'indignavano, non sorgeano però ad alto scopo, limitandosi a ribramare -il passato; sicchè non mirando a un avvenire, ne seguiva sterilità -d'intelligenza e di cuore. Una religione fondata sopra la credenza -d'un Dio solo, se anche travii, può revocarsi a' suoi principj, -avendo un punto saldo da cui prender le mosse. La latina, senza base -una e solida, senz'intima moralità, contraddicente alla ragione e ai -bisogni spirituali di quel tempo, non poteva restaurarsi, sconnessa -che fosse. Inutili dunque gli sforzi di Augusto per rintegrarla come -elemento d'ordine. Tentarono gli Antonini rinsanichirla innestandovi la -filosofia stoica, e ne sorsero benefici regnanti e vigorosi magistrati: -ma quella scuola, oltre gl'intimi difetti, non potea mai divenir -popolare, come dev'essere una religione. Tanto peggio riuscirono i -tentativi di ringiovanirla colle dottrine neoplatoniche, coi riti -teurgici, colle iniziazioni mitriache. - -Rimedj organici portava il cristianesimo, destinato a compier l'opera -di Roma, cioè unificare il mondo nel diritto, ricevere tutti nella -gran città, reggere coll'impero i popoli senza abolirne l'indipendenza -e l'autonomia, e non solo i popoli tra l'Eufrate e il Danubio, ma fin -di là da mari, di cui neppure l'esistenza conoscevano gl'imperatori: -dentro, virtù cittadine e private rifiorivano; un clero che la legge -romana esimeva dai tributi oppressivi e dalle odiose cariche curiali, -mentre la legge cristiana gli toglieva d'imbrutalire nell'ozio e ne' -bagordi. Ma i monaci nel deserto e i sacerdoti nelle città, non che -tutelare l'antico, invocavano il giovane mondo. Perocchè il dire che -una società si discioglie, significa che un'altra cova nel suo seno, il -cui fermentare scompone gli elementi dell'anteriore acciocchè entrino -in nuove combinazioni. Insinuarsi nell'Impero la nuova dottrina non -poteva se non iscomponendo l'ordine, di cui l'apparenza durava. - -Se n'accorsero fin dall'origine i giureconsulti e gli imperatori, -laonde bandirono guerra a questi sudditi riottosi; e i Cristiani, -ridotti a considerare per nemico un governo che in guise spietate -voleva inceppare la più libera delle cose, la coscienza, se ne -sceveravano stringendosi fra sè; disobbedivano ed erano puniti per -colpe che non si giudicavano disonoranti, sicchè la disciplina andava -a fasci, mentre fiaccavasi il sentimento morale; ne' magistrati onesti -lottavano la coscienza e la legalità; entro le stesse mura, nella casa -stessa, uno trovavasi nemico dell'altro, e lentavasi ogni legame di -società e di famiglia. - -Il cristianesimo, sapendo che la resistenza è colpa quando cessa -d'essere un dovere, per non provocare i tiranni, aveva dapprima -offerto il collo tacendo e perdonando: invigorito poi ne' tormenti -e nelle maschie voluttà dell'astinenza e della solitudine, alza la -voce di mezzo al fragore dell'armi; da credenza personale e interiore -s'è mutato in istituzione, con governo e rendite, rappresentanza ed -assemblee, talchè può svincolarsi dagl'impacci della società civile. -L'unità, scopo della politica romana, perì allorchè questa a doppio -interesse si dirizzò, alla patria cioè ed al cristianesimo; e la -società che finiva non avendo più l'autorità, la nuova non avendo -ancora la potenza, venne ad accelerarsi lo sfacelo. - -Ogni nuova rivoluzione religiosa noceva allo Stato; poichè o Costantino -alzasse il làbaro, o Giuliano riaprisse i delúbri, o Gioviano tornasse -alla croce, sottraevansi all'Impero le braccia o il senno di alcuni, -che faceansi coscienza di coadjuvare a chi adorava altrimenti, o -non v'erano sofferti dall'intolleranza: le istituzioni introdotte -e quelle abolite dal cristianesimo traevano il crollo di altre, su -cui la vecchia società era sistemata: ai municipj non restò più che -miseria quando Costantino applicò i loro possessi alle chiese: dalla -milizia e dalle magistrature molti forti e pensatori si stornavano per -darsi all'eremo o al sacerdozio, e tornavano di aggravio ai laici le -esenzioni concedute al clero. - -Nella teologia antica il perire degli Dei faceva perire la nazione: -sicchè Roma dovea cadere perchè caduti i suoi numi, finir l'Impero -perchè era finita quella teologia. La nuova avrebbe potuto rivolgersi -tutta a riformare i costumi mediante i precetti morali e le leggi -civili: ma ne fu sviata per l'inciampo delle eresie. Perocchè, se la -morale era la conseguenza, la premessa era il dogma: e quella senza -di questo sarebbe soccombuta nell'urto della barbarie, non potendo -dalla sola filosofia cominciarsi una civiltà duratura. Bisognò dunque -chiarire, precisare, mettere in sodo il dogma: ma che la morale e -l'attuamento di essa nelle leggi non fossero neglette, il palesano -la motivazione delle migliori costituzioni imperiali, tutti gli -scritti dei santi Padri, e quella folla di sacerdoti e di monaci che -coll'esempio e colla parola proclamavano la virtù, pur lamentando che -tanto restasse annebbiata dalle antiche abitudini. - -Efficacia pubblica scemò alla religione l'essere la società civile -rimasta ancora pagana di fondo, d'istituti, di leggi, di costumi, qual -era sorta e cresciuta. Essa possedeva tutte le istituzioni opportune -al progresso delle idee e all'ammiglioramento degl'intelletti; mentre -la religione nuova ne mancava: e tutto dovea dedurre dalla propria -volontà, dalle credenze, dall'impero di queste sugli animi, dal bisogno -che aveano di propagarsi e d'occupare il mondo. - -L'esito del conflitto non restò a lungo dubbioso, e la società antica -fu trafitta nel cuore: ma siccome certi paladini del medioevo si -favoleggiò che persistessero a combattere tre giorni dopo morti, -così quella si reggea per la propria mole, e pagana nelle midolle -anche dopo fatta cristiana nell'esteriore, prolungò una vita affatto -artifiziale; posto il dogma della Trinità e della Redenzione in -fronte alle leggi, pure l'impero progrediva in un ordine diverso, -se non anche opposto al Vangelo. Nè il cristianesimo proponevasi -d'abbatterlo, suo scopo essendo il migliorare gli uomini acciocchè -s'immegliasse la società, non già il correggere quelli per mezzo di -questa, come fin allora avevano i savj praticato. Non fa dunque cessar -di colpo le intime ostilità, la schiavitù, la passiva obbedienza; con -quali forze l'avrebbe potuto? non determina le relazioni di coscienza -fra re e popoli, perchè nazioni cristiane non v'aveva ancora, ma -soltanto individui; al governo siedono imperatori, che sono capi degli -eserciti e dello Stato, pontefici e Dei, con un senato disposto a -tutto confermare, un esercito a tutto eseguire: ma la Chiesa intuona -che gl'imperatori dipendono anch'essi da un Dio, il quale a suo grado -li solleva ed abbatte; che la rigidezza parziale ed esclusiva della -legge romana deve piegarsi alla comprensibilità cristiana, cioè alla -moralità e alla giustizia, uniformi per tutti; i cesari non sono -sbalzati dal trono, ma dall'altare e dalla sedia pontifizia; e accanto -alla società peritura ne viene alzata per modello una nuova, diversa -all'intutto, fondata sull'eguaglianza degli uomini, con una gerarchia -elettiva, dove non nobiltà, non privilegi ereditarj, dove gli onori, -la considerazione, il potere si piantano sull'unica base legittima, il -merito. - -Frattanto i ministri della parola consigliavano a garantirsi dalla -corruzione col ridursi nella solitudine, nella preghiera, nel -celibato: del che i Pagani li rimproverano, quasi tendessero a rompere -ogni legame, fin quelli della famiglia, e il cristianesimo fosse -incompatibile con qualunque civile assestamento. Sant'Agostino, che -vedeva qual partito potrebbero i nemici della religione trarre da -principj, dei quali soltanto l'esagerazione era pericolosa, assumeva -a dimostrare che il Vangelo non proibisce nè di portar le armi, nè di -sostenere le cariche pubbliche, ma aspira a formare magistrati integri -e soldati docili alla disciplina; e — Quelli che pretendono la dottrina -di Cristo contraria alla repubblica, ci diano un esercito composto di -soldati quali essa dottrina li vuole; ci diano magistrati provinciali, -mariti, spose, genitori, figli, padroni, schiavi, re, giudici, -debitori, esattori, quali la legge di Cristo comanda che sieno; e -allora vedremo chi oserà dire che essa è nemica della repubblica; nè -si esiterà a riconoscere quanto la salvezza dello Stato sarebbe meglio -assicurata qualora si ascoltasse alle nostre esortazioni». - -Tal era il vero spirito del cristianesimo; ma non tutti i dottori -cristiani lo comprendevano sì chiaro come Agostino, e la divergenza -d'opinioni dava appiglio ai rimbrotti dei Pagani. Ad ogni modo, -società cristiana non poteva dirsi fintanto che i depositarj della -nuova dottrina non fossero riusciti ad impadronirsi dell'uomo dalle -fasce, eliminare le idee dell'ordine antico, divenute seconda natura, -ed istillar quelle del nuovo, insieme coi precetti ricevuti sulle -ginocchia della madre. - -Benchè dunque sembrassero riconciliate la società civile e la -religiosa, sussisteva la contraddizione d'origine e d'essenza, -e comprendeasi che non bastava mutare le costituzioni romane, ma -bisognava per tutt'altra via dirigere il Governo, se si volesse lo -scampo non dell'Impero ma della società. La nuova fede non era discesa -dal cielo pel Romano soltanto, come il Palladio e gli Ancili; ma -nella giustizia e carità sua abbracciando il genere umano, sostituiva -l'amore universale all'angusto patriotismo antico: d'altra parte, non -vedeansi già i Barbari combattere nelle file di Roma, e governare, -e talora anche sedere sul trono? Lontani adunque dal compiangere la -rovina d'una società esclusiva, l'invasione dei Goti consideravano come -un estendersi dei diritti umani, un necessario risanguamento[301]; e -le macerazioni di Roma come un giusto giudizio delle sanguinose sue -iniquità. - -Pertanto non rinvigorirono il patriotico egoismo e l'odio contro tutte -le nazioni: parevano fino esultare ai disastri della città terrena, i -quali tornavano a glorificazione della città celeste. Di ciò movevano -loro acerba accusa i Gentili, e ne restavano più sempre lentati i -vincoli sociali, e indotto quello spirito di diffidenza e persecuzione, -che è effetto e diviene causa della sconnessione sociale. Qualora poi -il pericolo stringesse, ambe le parti esagerando, gli uni ponevano ogni -fiducia ne' martiri e nei miracoli, gli altri nelle viete osservanze; -invece di cercar le cause presenti dei mali ed i rimedj, i Gentili -ripeteano, — Ecco come si vendicano quei numi abbandonati, sotto i -quali era giganteggiata la romana fortuna»; di rimpatto i Cristiani -sulla nuova Babele intonavano le minaccie de' profeti contro l'antica, -e ne' disastri scorgevano l'avviso o la punizione di Dio, il trionfo -della verità, la legge della Provvidenza. Nel più sublime de' loro -carmi essi leggevano le maledizioni contro di Roma: «Uno dei sette -angeli venne, e disse al veggente di Patmo: — Ti mostrerò la condanna -della gran meretrice, che siede sopra le grandi acque. E lo trasportò -nel deserto, e vide una donna seduta sopra una bestia color porpora, -piena di nomi di bestemmia, con sette teste e dieci corna; ed era -vestita di porpora e di grana, fregiata d'oro, di gemme e di perle, e -teneva in mano un vaso d'oro, e sulla fronte portava scritto _Mistero_. -E l'angelo gli disse: — Perchè stupisci? io ti dirò il mistero della -donna e della bestia che la porta, e che ha sette teste e dieci corna. -Le sette teste sono i sette colli sopra cui ella è posta: le acque -che tu vedi, sono i popoli, le genti, le favelle: la donna è la gran -città, che regna sopra i re della terra. Tutte le nazioni furono -sedotte da' suoi prestigi; i mercadanti della terra si arricchirono -degli eccessi del suo lusso; essa si elevò nell'orgoglio suo e tuffossi -nelle delizie, dicendo in suo cuore, _io son regina, e mai non cadrò -in lutto_; e divenne una Babilonia madre delle fornicazioni e d'ogni -abominio, e inebbriò i re della terra col vino della sua prostituzione, -e nella stessa coppa fece bevere tutti i popoli del mondo. Dai quali -comperò preziosità, ed essi esclamarono: _Qual città fu mai pari a -questa?_ Ma guaj a lei, che s'ubriacò del sangue de' santi, del sangue -dei martiri di Gesù. I mercadanti della terra gemeranno e piangeranno -sopra di essa, perchè non fia più chi compri le loro merci, le merci -d'argento e d'oro, di pietre, di perle, di bisso, di porpora, di -seta, di grana, d'ogni sorta legni odorosi, e mobili d'avorio, e gemme -preziose, e rame e ferro e marmo, e cinnamomo ed incenso, vino, olio, -fior di farina, biada, bestie da carico, agnelli, cavalli, carri, -schiavi ed anime d'uomini. In un giorno le verrà lutto e morte, fame e -incendio, perchè forte è il Signore che la giudicherà»[302]. - -Che vediamo dunque a Roma negli ultimi suoi tempi? sul trono un fasto -imbelle e snervante; usurpatori che si disputano le provincie senza -saperle difendere; confische e procedure moltiplicate dai sospetti; le -pubbliche cose in mano di schiavi, di stranieri, d'eunuchi; cortigiani -che rinterzano intrighi; vescovi in lite e scisma tra sè; provincie -quali perdute, quali in tentenno; gli eserciti composti di barbari -soldati, comandati da barbari generali; decurioni per forza; magistrati -che procurano, come nei naufragi, raccogliere qualche brano di potere -e di ricchezza; molti ribellatisi alle leggi, che fanno guerra alle -vie e ai campi; una plebe ignorante, scostumata, inerme, che, oppressa -da sciagure, pretende dall'avvenire ciò che questo non le potrebbe -dare, e con odio sovente ingiusto trabalza quelli che con inconsiderato -entusiasmo elevò; finchè, caduta nella prostrazione d'animo che -consegue alla servitù ed alla diuturnità dei mali, guarda impassibile -lo sfasciarsi d'un ordine di cose che nè teme nè ama, e, per sottrarsi -ai mali incalzanti, desidera fin i disastri gravi ma passeggeri -della guerra. Pertanto l'impronta degli ultimi anni dell'Impero è la -vigliaccheria; è una personalità inerte, a cui le irruenti sventure non -istrappano che querele, e del passato non ritiene se non un residuo di -idee pagane, che rende necessaria la distruzione di quel cadavere, la -cui putrefazione avrebbe appestato la terra. - -A distruggerlo ecco i Barbari. La Germania era divisa fra cento -popolazioni, da nessun legame od interesse congiunte nell'impresa; e -non appena le aquile latine aveano fitto in una l'artiglio, una nuova -sottentrava con integre forze e diverso metodo di guerra; sicchè per -quattro secoli, da Basilea sino alle foci del Reno e del Danubio, -durarono aperte ostilità o pace armata, nè le guerre profittavano -ad altro che a respingere l'assalto. Ma ormai che valeano le -barriere poste dalla natura e dall'uomo, quando d'ogni dove i nemici -irrompevano, o per naturale desiderio d'avventure e pericoli, o per -avidità di preda, o per vendetta, o per impulso d'altri Barbari, o per -sollecitazione d'alcun ambizioso? - -Que' Germani venivano tutt'animo e spiriti guerreschi, colle virtù -domestiche, e coi vizj della forza. Capi, eletti per merito e nel fiore -dell'età, servivano di raffaccio agli accidianti augusti; le assemblee -generali sotto cielo aperto, agl'intrighi de' gabinetti romani; gli -eserciti ignudi e baldanzosi, alle truppe comprate e insofferenti -della disciplina; i Germani robustamente sistemati nelle loro tribù, ai -Romani svigoriti dallo spegnersi del patriotismo; il governo semplice -e spicciativo di quelli, ad uno di fiscali e legulej, al quale, come al -vampiro, non rimaneva fiato se non per suggere il sangue. La brutalità -barbarica era meno obbrobriosa che non l'affinata dissolutezza de' -Romani che aveano abusato di tutte le dottrine, di tutti i godimenti: -que' caratteri vigorosi sapeano obbedire, sapeano sacrificarsi, -possedevano istintivamente quel sentimento d'onore che l'antichità -classica non conobbe, e di cui il cristianesimo dovea poi valersi per -formare la coscienza pubblica, e costituire l'obbedienza ragionevole. -I Germani agognavano acquistare una patria: i Romani non curavano -difendere la propria. Fra i primi le donne stimolavano al valore ed -alle imprese: le nostre svogliavano dalle pubbliche cure, talvolta -ancora tradivano, come dicesi che la moglie di Stilicone invitasse -Alarico, Onoria conducesse Attila, Genserico Eudossia. Quelli erano -animati da religione sanguinaria, che assegnava il paradiso in premio -delle stragi: questi divisi tra una voluttuosa che sfasciavasi, e una -nuova che, avendo il suo regno in altro mondo che questo, insegnava ad -offrire la guancia sinistra a chi la destra avea percosso. - -Il popolo di Marte come poteva ritardar la sua caduta altrimenti, -che col rinfrescare l'elemento suo primo, la forza? Tanto si vide -allorchè sedette a capo dell'Impero una serie di prodi, cresciuti -fra l'armi e sollevati dal valore: ma i più, giunti alla porpora, -deponevano l'usbergo, o ignari d'ogni altro studio fuor della guerra, -mandavano a precipizio l'amministrazione. Nell'esercito, cernito per -forza, la disciplina, nerbo di Roma, pervertivasi; si voleva ragionare -l'obbedienza: era bisogno di trasportare le legioni su remoto confine? -ricusavano, pronte a salutare augusto il primo che promettesse riposo -e donativi; lagnavansi del peso delle armadure, e prima la corazza, -poi il caschetto vollero deporre; preferivano il comodo dei cavalli -alla fermezza della fanteria; cessarono di fortificare ogni volta gli -accampamenti, sicchè, esposti senza difesa, più non poterono confidare -che ne' turpi passi della fuga. - -Che se ancora il desiderio di passare dalla classe degli oppressi in -quella degli oppressori faceva ad alcuni desiderare la condizione di -soldato, in cui potessero saccomannare le provincie, esigere lauti -donativi dagli imperatori, deporli e crearli a talento, cambiossi -il caso dopo Diocleziano e Costantino, quando una regolata gerarchia -ridusse l'esercito alla vera sua natura di macchina. Allora il fasto -della Corte attribuiva i titoli della milizia a chi avesse, non -meritato in opera d'arme, ma prestato servigi al principe; sicchè -trovossi più comodo intrigare in palazzo che combattere sul campo: -ogni gloria era riservata all'imperatore; dall'arbitrio di questo -gli onori e le dignità. Nulla dunque allettava alla pericolosa e non -necessaria carriera dell'armi; e tanto meno dacchè, forse per impedire -le frequenti sedizioni, Gallieno escluse i senatori dal capitanare -eserciti. Allora i patrizj infingardirono, e fuggendo dall'Italia, -s'andavano a rimpiattare nella Macedonia, nella Dalmazia, nella Tracia, -per sottrarsi alle dignità e alla milizia che recava gravissimo peso e -scarsi onori. Il popolo minuto rifuggiva dal servizio a segno, che per -sottrarsene molti si amputavano il pollice[303]. - -Quando Italia fu invasa, non si trovò chi ostasse: Stilicone offrì -due monete d'oro a qualunque schiavo si arrolasse, mentre un tempo -costoro venivano accettati appena in pericoli stringentissimi: città -folte di popolo e munite resistettero solo qualche istante a bande di -scorridori, ignari dell'arte degli assedj, e incapaci di perseverare -ad un'impresa. Inetti a resistere coll'armi, i figli di quel Camillo -che volea la patria salvata col ferro non coll'oro, chetano i nemici -a denaro, prima palliato col nome di soldo, poi preteso apertamente -siccome tributo. L'Impero ne resta smunto, e costretto a gravare -più sempre i sudditi, mentre i nemici se ne rifacevano, per tornare -più vigorosi a nuove pretensioni, perduto il rispetto che ispira una -nazione domabile sol dopo lunga resistenza. Che se quel soldo fosse -tardato o disdetto, i Barbari venivano a ripeterlo colle armi, più -baldanzosi quanto più i provinciali divezzavansi da queste. - -Fu dunque forza rimettersi affatto a braccia straniere: riempiute le -schiere di così fatti, anche il comando se ne affidò a Barbari, che -per tal via ascesero alle supreme magistrature. Grandi capitani ne -trasse Roma, non mossi però da carità di patria, o da quel sentimento -che è padre del vero coraggio, bensì da cupidigia di tesori e di -gradi, o da ambiziose gelosie: Rufino sommoveva i Vandali e i Goti per -contrariare Stilicone; questo lasciavasi fuggir di mano i Goti perchè -non si cessasse d'aver bisogno di lui; Ezio non esterminava Attila -per impedire gl'incrementi di Torrismondo. Gli imperatori non poteano -riporre piena fiducia in eroi prezzolati: i cortigiani invidiavano ed -aborrivano cotesta genìa, potente solo per le spade: la vanità latina -si teneva oltraggiata dalla superiorità di quelli che continuava a -chiamar barbari: e Stilicone, Ezio, Romano, Nigidio cadevano sotto al -pugnale di maligni eunuchi o d'emuli imbelli. - -Eppure a svecchiare l'Impero, o almeno a difenderlo da nuove invasioni, -unico partito sarebbe stato il fondere i Romani coi Goti, gente da -gran pezzo abituata agli ordini de' Romani, tra cui o presso cui -viveva, non isnervata dai vizj della civiltà, e capace di riceverne i -vantaggi, come ne fanno prova i regni dove si piantò. Ma da una parte -vi si oppose l'antipatia nazionale, inasprita dai disaccordi religiosi; -dall'altra la sleale politica credeva sottigliezza d'accorgimento il -seminare zizzania fra i popoli assalitori; e col violare i patti e con -turpi tradimenti gl'irritava, e toglieva la possibilità d'onorevoli -accordi. - -Disgustati, essi rivoltavansi contro quelli che dianzi aveano difesi; -tornando d'aver servito nelle legioni, rivelavano le ricchezze -e le delizie de' paesi romani, e la facilità di conquistarli; e -ricomparivano più baldanzosi e più forti. Al crescere del pericolo -scemavano i mezzi di ripararvi; ogni provincia che i Barbari invadono, -cessano le contribuzioni di generi e d'uomini all'Impero; si ritirano -dalle frontiere le guarnigioni e i magistrati, abbandonando le antiche -conquiste agli assalitori ed a se stesse. Allora si scioglie il solo -legame che unisce a Roma i varj municipj; e tutti si smembrano senza un -pensiero al bene del corpo, al quale erano appiccicati, non congiunti. -Solo in governi federativi, o dove le libertà provinciali sono -profondamente radicate ne' costumi, le nazioni possono sussistere anche -con un governo debole, e fin senza governo: qui invece erasi voluto -ridurre ogni cosa al centro, e sfasciavasi l'intero corpo quand'era -minacciato il capo. - -Qualche imperatore s'avvisò di riscuotere il patriotismo -coll'avventurare, fra quello scompiglio, alcun elemento di libertà; -il diritto di tener armi, levato dall'ombroso Augusto, fu restituito -ai sudditi[304]; Graziano esortò le provincie a formare assemblee, ove -discutere sopra oggetti di pubblico interesse, non impedite o ritardate -da verun magistrato[305]; Onorio suggerì perfino una specie di governo -federativo che raccogliesse quei divisi, ma niuna provincia o città ne -approfittò[306]: tanto al sentimento affatto locale di quelle società -riusciva incomprensibile e repugnante il sentimento dell'unione. -Pertanto ciascuno, uomini e corpi, restringendosi in se stessi, non -rimase chi difendesse l'Impero: i Barbari lo sovvertirono a loro -voglia, finchè risolsero d'abolirlo. - - - - -CAPITOLO LVII. - -Ultimi imperatori. - - -Gl'imperatori stessi, inetti a sostenerlo, davano il crollo all'Impero. -Valentiniano III, trionfante senz'aver combattuto (450), -si scapestrò dopo la morte di Placidia; e preso in odio e in sospetto -Ezio, salvatore dell'Impero, ad istigazione de' suoi eunuchi gl'immerse -in cuore quella spada che mai non avea saputa impugnare contro de' -Barbari. Con pari viltà furono assassinati gli amici del patrizio: -al quale, come all'uomo che soccombe, furono attribuiti ambiziosi -disegni, accordi coi nemici, macchinate rivolte. Vili che applaudissero -all'imperiale assassino non mancarono; ma un Romano osò dirgli: — Tu -facesti come chi colla sinistra si amputasse la destra». - -A scorno della virtuosa moglie Eudossia, Valentiniano lasciviva fin -sopra le dame principali. La moglie di Petronio Massimo, ricco senatore -di casa Anicia, gli resistette; ma un giorno al giuoco l'imperatore -vinse a costui l'anello, e di questo si valse per mandar a chiamare -la casta donna in nome del marito e se ne sbramò. Massimo propose -tergere l'oltraggio nel sangue, e due fedeli di Ezio, improvvidamente -accolti fra le guardie imperiali, gli prestarono il braccio per -scannare Valentiniano (455 — 16 marzo). Massimo non durò -fatica a erigersi imperatore; ma quest'atto fu il termine delle -prosperità e delle virtù, di cui egli era stato fin allora un modello -(455). Quanto non dovette egli sospirare la privata onorevole -tranquillità allorchè si trovò a capo d'un Impero che uom del mondo -più non era capace di rinfiorire! Coll'amico Fulgenzio, al cadere di -giornate tempestose e di notti insonni, esclamava: — Fortunato Damocle, -il cui regno cominciò e finì nel pranzo istesso!» - -Volle puntellarsi sul trono coll'impalmare a suo figlio Palladia, -primogenita dell'ucciso imperatore; ed egli stesso, mortagli la -virtuosa donna, menò a forza la vedova di Valentiniano. Costei, per -vendicar sè ed il marito, si dirizzò al terribile Genserico, che con -robusto armamento di Vandali e Alani dall'Africa sbarcò alla foce -del Tevere. Massimo rimase ad aspettarlo con una freddezza che non -era coraggio; ma dal popolo fu tolto a sassi, e gettato nel Tevere -(12 giugno). - -Tre giorni dopo, Genserico era alle porte di Roma, la quale, sapendo -assassinare, non difendersi, limitavasi a piangere ed orare. La -religione di nuovo la coprì col suo manto; e Leone papa, che l'avea -schermita da Attila, uscì col clero in processione, e coll'autorità -d'uomo venerato e colla santità del ministero indusse Genserico a -risparmiare le stragi e il fuoco; del resto tutto fu abbandonato ad un -saccheggio di quattordici giorni. Al tempio di Giove in Campidoglio fu -tolto fin il tetto di bronzo dorato, salvandone però le statue dei numi -e degli eroi. In quello della Pace aveva Tito deposti gli arredi del -culto giudaico, la tavola e il settemplice candelabro d'oro; e questi -pure furono rapiti. Nè le chiese cristiane restarono immuni; e le -ricchezze sfuggite ad Alarico vennero accumulate sulle navi africane, -che parevano vendicare Cartagine. Eudossia medesima, avanzatasi -incontro all'invocato liberatore, si vide strappar di dosso le gioje, -e con due figliuole fu imbarcata fra migliaja di schiavi, scelti -per bellezza o vigorìa. Prospero vento portò a Cartagine le prede -e le persone, alle quali alcun ristoro diede il vescovo Deograzia, -ricoverandole nelle chiese, soccorrendole cogli ori di queste, e coi -conforti che la carità sola conosce. Il poeta Paolino, allora vescovo -di Nola, convertì in questo pio uso tutte le ricchezze ecclesiastiche; -e nulla più restandogli, per riscattare il figliuolo d'una vedova, -diede schiavo se stesso[307]. - -Anche da altre parti i Barbari irrompevano, e le provincie scotevano -il giogo di Roma. Franchi ed Alemanni procedettero fino alla Senna; -alle coste portavano assalto i Sassoni; i Goti aspiravano a durevoli -conquiste. A frenare costoro, Massimo aveva destinato Flavio Avito, -nobile d'Alvergna, che in sua giovinezza attese alle lettere e al -diritto, combattè a fianco di Ezio, meritò d'essere prefetto al -pretorio della Gallia; poi dal ritiro villereccio presso Clermont -chiamato generale della fanteria e cavalleria, non si ricusò al bisogno -della patria, tenne in rispetto i Barbari, ed egli medesimo andò a -trattare con Teodorico II re dei Visigoti. Costui, udita la morte di -Massimo, esibì assistere Avito per succedergli (10 luglio); -e Roma e l'Italia nol poterono ricusare, solo pregandolo a por sua sede -nell'antica capitale del mondo. - -La virtù di Avito non resistette alle blandizie d'un grado, cui, -perduta la potenza, restavano le seducenti vanità; e molti mariti -inimicò. Lo scontento non tardò a prorompere; e il senato, che nella -debolezza degli augusti aveva ricuperato alcuna autorità, pose in campo -il suo diritto d'eleggere l'imperatore. A nulla però sarebbe riuscito -se non v'avesse dato appoggio il conte Ricimero, uno de' principali -comandanti dei Barbari ausiliarj in Italia. Distrutte sessanta galee -vandale nelle acque della Corsica, era costui stato salutato liberatore -d'Italia: del quale trionfo imbaldanzito, intimò ad Avito di deporre -la porpora (456 — 16 8bre). Questo cercò sicurezza col farsi -ungere vescovo di Piacenza; ma quivi pure perseguito dalla vendetta del -senato, mentre fuggiva verso la natale Alvergna, morì o fu ucciso. - -Vacato alquanto l'Impero, fu conferito a Giulio Valerio Magioriano -(457 — 1 agosto), degno di migliori tempi. In voce di coraggioso, -liberale e accorto, sotto Ezio militò con tanta gloria, da eccitarne -la gelosia; degradato per ciò, fu riassunto alla morte di quello, e -Ricimero, divenuto patrizio d'Italia, lo costituì generale -della cavalleria e della fanteria; e poi ch'ebbe in quel grado respinto -gli Alemanni che erano proceduti fino a Bellinzona di qua dall'alpi -Lepontine, lo collocò sopra un trono, di cui disponeva a suo talento. -Dell'elezione Magioriano fece saputo il senato e l'esercito[308]: — -A sostenere il colmo del principato, non per volontà mia m'accostai, -ma per ossequio della pubblica devozione, onde non vivere a me solo, -o ricusando non parere ingrato alla repubblica per cui nacqui. Or -favorite al principe da voi creato, e partecipate con noi alla cura -degli affari, acciocchè l'impero, datomi per vostra istanza, cresca per -le concordi attenzioni. La giustizia varrà al tempo nostro, e la virtù -potrà prosperare sotto la tutela dell'innocenza. Nessuno temerà gli -spionaggi, che già da privati noi detestammo, e che ora specialmente -condanniamo: delle calunnie abbia paura soltanto chi le porti. Col -padre e patrizio nostro Ricimero, vigilantissimo delle cose militari, -avremo cura di serbare il mondo romano, che in comune assicurammo da -esterni nemici e da domestica discordia. Spero che della elezione -nostra voi serberete tal memoria, quale io, consorte una volta dei -vostri pericoli, mi riprometto senza manco dall'amor vostro; e se il -Cielo m'assista, mi sforzerò, con autorità di principe e riverenza di -collega, che non abbia a spiacervi il giudizio che di me recaste». - -Il linguaggio costituzionale de' primi anni dell'Impero, disusato da -tanto tempo, suona ancora in questo editto, e per l'ultima volta. - -Nelle poche sue leggi Magioriano mostrava i sentimenti generosi -e generosamente espressi d'un padre di popolo infelice, che ai -mali di questo soccorre ove può, se non altro li compatisce. Le -fortune dei provinciali, «attrite dalla varia e molteplice esazione -di tributi, e dagli straordinarj pesi fiscali», sollevò alquanto -depennando i vecchi crediti del fisco; e toltala alle commissioni -straordinarie[309], tornò ai provinciali la giurisdizione sulle tasse. -I senati minori, cioè i corpi municipali, «viscere delle città e -nervi delle repubbliche», erano tanto sviliti dall'ingiustizia de' -magistrati e dalla insaziabilità degli esattori[310], che i cittadini -se ne sottraevano coll'esigliarsi lontano od ascondersi. Magioriano -gli esorta a tornare, alleviandone i pesi; e scioltili dall'esser -garanti del tributo nel loro distretto, esige da essi soltanto un -esatto conto del ricevuto e dei debitori morosi. Ai difensori della -città restituisce la tutelare potenza, confortando ad eleggere a quel -grado persone incorrotte, capaci e coraggiose di sostenere il povero -e combattere il prepotente, ed informare l'imperatore de' soprusi, -col suo nome ammantati. Provvide anche agli antichi edifizj, o per -negligenza crollanti, o che abbatteansi onde avere materiali a nuove -fabbriche. All'adultero, confisca de' beni ed esiglio; se tornasse in -Italia, poteva essere ucciso impunemente. Nessuna si consacrasse a Dio -prima dei quarant'anni: le vedove minori di quest'età si rimaritassero, -o perdessero metà dei beni. Annullati i matrimonj disuguali. Di quel -che vi si scorge d'eccessiva minutezza, di sproporzionato rigore e di -rimembranze pagane, lo scusi la buona intenzione. - -Sconfitto Genserico che era sbarcato in Italia, Magioriano meditava -ricuperare l'Africa; ma non potendo restituire il coraggio e la -disciplina nelle legioni, assoldò Barbari, e a capo loro (458) passate -le Alpi di fitto inverno, vinse Teodorico II visigoto, e lo accettò in -alleanza; intanto che negli arsenali di Miseno e di Ravenna faceva -allestire navigli, sicchè prontamente ebbe raccolte a Cartagena -trecento grosse galee e adeguato numero di sottili. Ma Genserico -ridusse a deserto la Mauritania, e sorpresa la flotta mal guardata -nel porto, vi fisse il fuoco. Magioriano si trovò allora ridotto ad -accettare una tregua, durante la quale accelerò nuovi preparativi: ma -gli scontenti prodotti dalle sue riforme toccarono il colmo per la -presente disgrazia, e il sollevato campo l'uccise a Voghera (461 — 2 -agosto). - -Ricimero allora ingiunse al senato d'eleggere Vibio o Libio Severo, -oscuro lucano: poi, appena gli riuscì incomodo, il tolse di mezzo -(465 — 15 agosto), e per venti mesi governò, non assumendo -verun titolo, ma facendo tesoro, armi, alleanze in proprio nome. -Protestavano contro la sua dittatura Marcellino ed Egidio. Il primo, -letterato e fedele all'antica religione, era stato caro ad Ezio, -perseguito da Valentiniano, da Magioriano messo a governare la -Sicilia e l'esercito ivi disposto contro i Vandali; dappoi, occupata -la provincia della Dalmazia, si intitolò patrizio dell'Occidente, -e andando in corso per l'Adriatico, infestava le coste d'Italia e -d'Africa. Egidio, maestro della milizia nella Gallia, si chiarì nemico -agli uccisori di Magioriano, e con forte esercito si rese formidabile: -presso Orleans sconfisse gl'imperiali e minacciò l'Italia: nè forse -Ricimero seppe disfarsene altrimenti che col veleno. - -Anche Beorgor re degli Alani era sceso in Italia (464), ma -sotto Bergamo toccò una sconfitta sì piena, che dopo d'allora più non -trovasi mentovata quella gente. Genserico, non fiaccato dalla grave -età, usciva ogni primavera con grossa flotta dal porto di Cartagine, -e se il piloto gli chiedesse ove drizzar la prora, rispondeva: — Ove -soffiano i venti, che ci porteranno al lido cui la divina giustizia -voglia punire». Quanto bagna il Mediterraneo fu infestato da' costui -ladroni, i quali, non avidi di gloria ma di bottino, sfuggivano -d'affrontare eserciti in campagna, o assaltar fortezze; e sui loro -cavalli battuto il litorale e rapitone il bello e il buono, si -rimbarcavano. Ricimero, sprovveduto di forze navali, dovette lasciare -che gl'italiani ricorressero alla mediazione dell'imperatore di -Costantinopoli. - -Questi spedì ambasciatori a Marcellino, che, pago di vedersi con tal -atto riconosciuto sovrano della Dalmazia, promise restar quieto. -Genserico, al contrario, alzava le pretensioni, e pretendeva che -suo cognato Olibrio fosse elevato augusto; ma in vece sua, dopo -diuturna vacanza, fu gridato Procopio Antemio [Sidenote: 467 — 12 -aprile], galata di nazione, uno de' più illustri privati dell'impero -Orientale, e genero dell'imperatore Marciano. Mosso da Costantinopoli -con molti conti e con piccolo esercito, entrò in Roma trionfalmente, -e senato, popolo, federati approvarono la scelta. Ricimero, che -nella vacanza avea continuato da padrone, volle gli sposasse una sua -figlia, e splendidissime celebraronsi le nozze. Antemio, lasciando -Costantinopoli, avea ceduto la sua casa per farne un bagno pubblico, -una chiesa, un ospizio pei vecchi: pure in Roma tollerò sì gli avanzi -del paganesimo, sì gli eretici, e nel fôro Trajano rinnovò l'antica -cerimonia del manomettere i servi colla guanciata, «pronto (diceva -il suo panegirista) a sciogliere gli antichi schiavi e farne di -nuovi»[311]. - -Leone imperatore d'Oriente adoprò allora le sue forze e centrentamila -libbre d'oro per isbrattare dai Vandali il Mediterraneo; il patrizio -Marcellino, colle sue navi avvezze a corseggiare, li snidò di Sardegna; -Basilisco, fratello dell'imperatrice d'Oriente, comandava la flotta -di mille centredici navi, e più di centomila fra soldati e ciurma: ma -Genserico trovò ancor modo di gettar le fiamme nella flotta, sicchè i -due Imperj videro andar col fumo un armamento che gli avea spossati. -Basilisco, con appena mezze le navi, fuggì a Costantinopoli; Marcellino -si ritrasse in Sicilia, dove cadde assassinato; e Genserico tornò -despoto del mare, aggiunta anche la Sicilia al suo dominio, mentre -l'Impero perdeva tutte le provincie d'oltr'Alpe. - -Ricimero, non trovando Antemio abbastanza ligio, si ritirò da Roma -a Milano, e intendendosela coi Barbari, minacciava guerra civile, se -Epifanio vescovo di Pavia non fosse riuscito a conciliare l'imperatore -di nome con quello di fatto. Ma il barbaro patrizio covava l'astio; -e raccolto un grosso di Borgognoni e di Svevi, negò di più obbedire -all'impero greco e all'eletto di quello, e proclamò Anicio Olibrio. -Questo senatore, della più illustre famiglia romana, avendo sposata -Placidia, ultima figlia di Valentiniano III, vantava ragioni al trono; -e come cognato di Genserico, aveva l'appoggio di questo: lasciati gli -ozj di Costantinopoli, dove era fuggito da Roma dopo il saccheggio -di Genserico, sbarcò in Italia, e fu portato da Ricimero verso -l'antica metropoli. Il senato e parte del popolo stavano per Antemio, -e sostenuti da un esercito goto o gallo, tre mesi resistettero; ma -una forte fazione repugnava a quell'imperatore, greco d'origine e -poco zelante della fede; talchè Ricimero prevalse [Sidenote: 472 — -11 luglio], fece trucidar l'imperatore suo suocero, e col saccheggio -satollò le milizie. - -Dopo poche settimane Ricimero stesso moriva, cessando di sovvertire -l'Impero, e lasciando l'esercito al nipote Gundibaldo principe -de' Borgognoni. Olibrio anch'esso non sopravisse che sette mesi; e -l'imperiale corona fu usurpata da un Flavio Glicerio (473), -non sappiamo quale; poi da Leone imperatore di Costantinopoli data -a Giulio Nepote, successo allo zio Marcellino nella sovranità della -Dalmazia (474). Condottosi in Italia, e quivi agevolmente -mutato in vescovo il competitore Glicerio, riconfortò di qualche -speranza l'Impero cadente. Ma da lontano Eurico re dei Visigoti lo -costrinse a cedergli l'Alvergna; da vicino i Barbari federati, insorti -sotto Oreste, marciarono da Roma a Ravenna (475 — 28 agosto). -Fuggì al loro avvicinarsi Giulio, e abdicandosi d'un trono che fa -meraviglia come ancora trovasse aspiranti, visse nel suo principato -della Dalmazia, ove quattro anni appresso fu assassinato da due -cortigiani di Glicerio. - -Oreste, figlio di Tatullo, avea servito da segretario ad Attila e da -suo ambasciadore a Costantinopoli. Morto il terribile padrone, ricusò -obbedire ai figli di esso nè ai Visigoti; e raccozzato uno sciame -dei Barbari che seguivano il Flagello di Dio, massime Eruli, Scirri, -Alani, Turcilingi e Rugi, li menò al soldo di Roma col nome consueto -di federati. Gl'imperatori per paura e necessità lo contentarono di -regali e di gradi, fin a intitolarlo patrizio e generale. Infido ajuto, -poichè, acquistata autorità su quella sua banda, come uomo sicuro -ch'egli era e loro compatrioto e vivente al modo stesso, gl'indusse a -scuotere l'obbedienza, e gridar imperatore suo figlio Romolo Augusto -(476 — 28 8bre), vezzeggiato in Momillo Augustolo. - -Quelle ciurme raccogliticcie, recandosi a vile un imperatore ch'era -loro creato, pretendevano facesse ogni loro talento, aumentasse paghe e -doni; anzi, invidiando i Barbari che aveano già acquistato ferme stanze -nella Gallia, nella Spagna, in Africa, domandarono anch'essi un terzo -delle terre italiane. Oreste negò contentarli della domanda; ma essi -trovarono chi gliela esaudì. - -Collega di Oreste nell'ambasceria d'Attila a Costantinopoli era stato -un Edecone, il cui figlio Odoacre, senz'altro retaggio che il proprio -valore, l'adoprò alla rapina e a servire chi lo pagasse, pensando -farsi buona parte fra le tempeste d'allora. Errò qualche tempo nel -Norico; poi calato nel bel paese, e udito i federati mormorare pel -rifiuto d'Oreste, — Io v'accorderò quanto bramate, purchè a me vogliate -sottomettervi». Accorsero a gara sotto le bandiere di esso (476), che -senza contrasto giunse fino all'Adda; preso Oreste in Pavia, -lo mandò a morte; avuta compassione o disprezzo dell'imbelle Augustolo, -sol notevole per giovanile bellezza, gli assegnò seimila monete d'oro -l'anno; e Luculliano, villa sul delizioso promontorio di Miseno, -fabbricata da Mario, abbellita da Lucullo con tutte le arti di Grecia, -poi gradita campagna degl'imperatori, indi nelle invasioni mutata in -fortezza, diveniva asilo dell'ultimo successore d'Ottaviano. - -A che serviva omai questa dispendiosa dignità d'imperatore? Adunque, -sotto dettatura del Barbaro, il senato scrisse all'imperatore Zenone a -Costantinopoli: — Non intendiamo continuare più oltre la successione -imperiale in Italia; basta la maestà d'un solo monarca a difendere -l'Oriente e l'Occidente; sia dunque Costantinopoli sede dell'impero -universale; a tutelare la repubblica romana rimarrà Odoacre, cui ti -preghiamo concedere il titolo di patrizio e l'amministrazione della -diocesi italica». Zenone esitò; e nel giovane figlio di Oreste, in cui -per bizzarro caso si univano i nomi del primo re e del primo imperatore -romano, terminò l'impero d'Occidente, 476 anni dopo Cristo, 1229 dopo -la fondazione della città, 507 dopo che la battaglia d'Azio vi stabilì -il dominio d'un solo. Roma aveano governata in prima sette re, poi -quattrocentottantatre coppie di consoli, infine settantatre imperatori. - -E qui si chiude la storia di Roma: storia la più importante del -mondo, non solo per noi, che viviamo sul suolo stesso, e che possiamo -ed affacciarla a chi ci chiama nazione molle, e tenercene obbligati -ad essere grandi noi pure, sebbene in modo diverso; ma anche per le -lezioni, di cui l'incremento, la grandezza, il dechino di essa sono -fecondi a chi guarda l'uomo, e la potenza di lui ammira meno nelle -violenze della forza, che nelle lente conquiste del diritto. Poi quella -storia si mescola a tutte le posteriori, giacchè gli Stati successivi -d'Europa sono romano-germanici, e molti fatti trovano in quella o la -spiegazione o l'esempio. E noi, credenti e speranti che l'uman genere -progredisca imparando e migliorando, noi severi scrutatori delle virtù -romane, noi proclameremo come una delle più belle glorie italiane -l'immensa efficacia che Roma esercitò agli avanzamenti di quello. - -Dalla rupe Tarpea i Romani guardavansi come una gente privilegiata -che non si conosce alcun obbligo morale colle altre, tutte barbare, -predestinate al ferro de' guerrieri e all'ingordigia de' proconsoli, -i quali, tra un parco di schiavi, in una miniera di denari qual è il -mondo straniero, procedono come il dio Marte lor progenitore, intimando -— Guai ai vinti». Un popolo che non intendeva la proprietà, non la -libertà; che disciplinato soltanto per la guerra anche nella pace, -lottava onde ripartirsi la preda; che il patriotismo riponeva non tanto -nell'amar la propria, quanto nell'odiare le altre nazioni; che facevasi -gloria dello sterminio; che unico mezzo di sussistenza considerava la -dilapidazione, la rapina, la schiavitù, parve ad alcuni null'altro che -abbominevole, mentre altri ne deducevano falsi concetti di gloria, e il -vanto delle guerre ambiziose e dei colpi robusti, e la giustificazione -dell'esito. - -Ma colla smania o piuttosto la necessità delle conquiste, i Romani -arrestavano l'indefinito suddividersi dei popoli, introducevano -qualche ordine nel caos delle genti antiche; per modo che quelle -che prima non si conoscevano che per cozzarsi e distruggersi, si -trovassero strette nell'unità della forza prepotente, poi della legge e -dell'amministrazione. - -In tutta la società antica non si erano vedute fin allora che comunità -di pochi, o accidentale aggregazione di molte comunità, dominate da una -sola, e pronte a sconnettersi: Roma sola faticò all'opera eminentemente -italiana di unire; ed organizzatrice anche al tempo di sua decadenza, -colla spada ravvicina elementi disparati; per conservarli introduce -unità di governo, principj di equità, nozioni di diritto; vuole -assimilarsi il mondo, impresa mai più tentata, e formare una patria, -una città; allo sfrazionamento de' Comuni sostituisce l'idea di -nazione; agl'individui surroga un popolo, un popolo re; spezza mille -barriere, frapposte alle genti; innesta civiltà dissomigliantissime, -sicchè l'una all'altra profitti. In quell'espansione il Britanno del -pari e l'Etiope si trovarono concittadini; si estesero la lingua, -l'arte, la legislazione romana; anzi ne' paesi sottoposti quasi d'altra -civiltà non ci fu tramandata memoria che della romana; e i Balbi di -Napoli, i Virj e i Plinj di Como, i Nepoti e i Catulli di Verona, i -Severi di Trieste, i Fabj di Brescia, i Sergj di Pola sono romani; come -sono inglesi tutti i nomi segnalati nell'Unione americana. - -Ma fondere non poteva Roma, essa medesima mancando di quell'unità, -superiore alle contingenze umane, nella quale soltanto possono i popoli -affratellarsi, e costituire una dinastia di nazione, non più regnante -per la forza ma per l'intelligenza. La necessità di questo grande -eguagliamento non era predetta dalle Sibille, non l'avvisavano filosofi -nè statisti, irritavansi anzi coi Cristiani che la predicavano; sicchè -Roma moriva persuasa della propria immortale sovranità; moriva per la -forza, essa che di forza era vissuta. - -Moriva, ma dopo che, venendo ultima degli antichi popoli, seppe -profittare dell'esperienza di tutti, sistemarla col senso legale, -sublimarla col cristianesimo; moriva, ma un immenso retaggio lasciando -all'avvenire. La sua supremazia assicurò il primato dell'Europa sul -resto del mondo, giacchè, in qualunque parte essa arrivò, stabilì -città donde s'irradiava l'incivilimento, e che dapprima fissarono al -terreno l'onda dei Barbari, più tardi coi vescovi e coi Comuni poterono -frangere la tirannide feudale. I reggimenti municipali dall'impero -istituiti o regolati, restarono, almeno ne' paesi non occupati dai -Longobardi; e sebbene si restringessero a semplice amministrazione, -misti ad elementi settentrionali, e vivificati dalle ecclesiastiche -immunità produssero i Comuni del medioevo e la più gloriosa età -dell'Italia. Già era non solo nata, ma svolta la più parte delle idee -destinate a vivere nella società nuova; il primato pontifizio, la -solitaria operosità de' monaci, il rinnovamento dell'arte, la lingua -vulgare, perfino la scolastica, perfino la filosofia della storia con -sant'Agostino. La letteratura latina, per quanto di fioritura breve, -più di qualsiasi ebbe durata ed estensione, perocchè si collocò accanto -ad ogni altra nazionale, educando i nuovi popoli europei, che tutti -ne desunsero qual più qual meno il carattere: l'Omero dei mezzi tempi -facevasi guidare da Virgilio traverso al miracoloso viaggio, col quale -esordiva al volo delle letterature moderne. - -Quell'idioma, universale alla Chiesa universale, depositaria -privilegiata della civiltà e del sapere, viepiù veniva opportuno -nell'ignoranza, e nelle scarse comunicazioni d'allora; e modificando i -prischi dialetti, generò le nuove favelle, che sono un latino corrotto, -rigenerato da spirito analitico e flessibile; più logiche se meno -maestose, più limpide se meno poetiche. - -Le leggi di Roma, perchè dirette al mondo intero, aveano meno -dell'arbitrario e del particolare; e in canoni generali dominano i -costumi e le credenze tutte; tutti i fatti sociali, tutte le differenze -riconducono ad unità di principj. In conseguenza si adattano anche -all'avvenire, e mantenute in prima e modificate nella Chiesa, poi -introdotte nelle scuole e nella società secolare a dar norma agli atti, -alle transazioni, ai contratti, offrirono grandiosi modelli d'ordine e -di equità; la legislazione moderna s'affisse al diritto romano come al -suo principio, spesso come a suo testo; man mano che si scioglie dai -vincoli feudali, la proprietà torna a regolarsi alla romana; il nostro -ordinamento amministrativo è istituzione romana acconciata a governi -temperati: sebbene sia vero che talvolta quegl'istituti divennero ceppi -a coloro che non sanno ammirare senza voler imitare. - -Il concetto di un potere centrale, che tutto muova e governi, fu -trasmesso da Roma, parte coll'amministrazione sopravissuta, parte nelle -ricordanze: i popoli barbari l'ammiravano, pur senza forza o sapienza -bastante a raggiungerlo; e di esso fu merito se un impero cristiano -rivisse sotto Carlo Magno, se alle sfrantumate giurisdizioni feudali -riuscirono legisti popolani ad opporre la liberale perchè tutrice -preponderanza d'un'autorità suprema. - -Così Roma, perduto lo scettro della forza, afferrerà quello del -pensiero; dopochè per cinque secoli fu centro dell'unità materiale e -della forza politica, lo diverrà della forza spirituale e dell'unità -intelligente; papi e imperatori aspireranno alla primazia per memoria -di Roma, mentre il servo invocherà nell'emancipazione d'essere -dichiarato cittadino romano; sicchè quella città per nuova via tornerà -a mettersi a capo dell'incivilimento, in una grande unificazione, che -non abolisca le nazionalità particolari, le provincie, i Comuni, ma -dia vita alla nazione cristiana, la quale sarà la più civile; e fondata -sul dogma dell'eguaglianza delle anime, cioè sull'unità d'origine, di -redenzione, di fine, più non retrocederà, e nella quale la potenza -che regola i corpi non potrà nulla sugli spiriti. Stupendi frutti -della romana sapienza, dacchè fu fecondata dal cristianesimo, che, -cancellando le idee ingiuriose a Dio, cancella pur quelle ingiuriose -all'uomo. - - - FINE DEL TOMO QUARTO E DEL LIBRO QUINTO - - - - -AGGIUNTE - - -Vol. I, p. 169, alla nota 12 aggiungi: - -Sul _Nexum et la contrainte par corps en droit romain_ offrì -un'importante dissertazione all'Istituto di Francia nel 1874 il sig. S. -Vainberg. - -Vedasi pure UNTERHOLZER, _Lehre des römischen Rechts von den Schuld -Verhältnissen_, Lipsia 1840; SELL, _De jure romano nexo et mancipio_, -Brunswich 1840, come Vainberg, sostiene che _nexum_ e _mancipium_ -fossero una cosa stessa, attuata sempre per _æs et libram_. GIRAUD, -_Des nexi_, distingue il _nexum_ dal _mancipium_; HUSCHKE, _Ueber -das Recht des Nexum, und das altrömische Schuldrecht_, Lipsia 1846; -BACHOFEN, _Das Nexum_, Basilea 1846. - -Vol. I, p. 261, alla nota 23 aggiungi: - -Il più recente lavoro che conosciamo sopra Selinunte è di Otto Benndorf -(Berlino 1873), _Die Metopen von Selinunt, mit Untersuchungen über -die Geschichte, die Topographie und die Tempel von Selinunt_, con 13 -tavole. - - - - -INDICE - - - CAPITOLO - - XLIII. Da Comodo a Severo. Despotismo militare _pag._ 1 - XLIV. I Trenta Tiranni. Diocleziano. Imperatori - colleghi. Costituzione mutata » 22 - XLV. Nemici dell'Impero. I Germani. Costantino » 65 - - LIBRO QUINTO - - XLVI. Il Cristianesimo perseguitato, combattente, - vincitore » 87 - XLVII. Traslazione della sede imperiale a - Costantinopoli. Costituzione del Basso - Impero » 125 - XLVIII. Figli di Costantino. Sistemazione ecclesiastica. - L'Arianismo » 160 - XLIX. Giuliano. Riscossa del Paganesimo » 180 - L. Da Gioviano a Teodosio. I santi Padri. - Trionfo del Cattolicismo » 199 - LI. La coltura pagana digrada, si amplia la - cristiana » 236 - LII. Trasformazione delle arti belle » 269 - LIII. Miglioramenti e complesso della legislazione » 286 - LIV. Impero diviso. Onorio. Invasione di Alarico » 342 - LV. Valentiniano III. Gli Unni » 379 - LVI. Sulla caduta dell'Impero romano » 392 - LVII. Ultimi imperatori » 422 - - Aggiunte al volume I » 437 - - - - -NOTE: - - -[1] LAMPRIDIO, _Vita di Alessandro_. - -[2] _Sororibus suis constupratis, ipsas concubinas suas sub oculis suis -stuprari jubebat, nec irruentium in se juvenum carebat infamia, omni -parte corporis atque ore in sexum utrumque pollutus_. Historia Aug., -47. - -[3] Lampridio, _Vita di Pertinace_. - -[4] DIONE, in _Didio Giuliano_. - -[5] SUIDA, pag. 257. - -[6] In ragione di settantacinquemila moggia l'anno. - -[7] _Omnia fui, et nihil expedit_. Historia Aug., 71. - -[8] ERODIANO. Bisognerà comprendervi i giardini. - -[9] - - _Fecisti patriam diversis gentibus unam,_ - _Urbem fecisti quæ prius orbis erat._ - RUTILIO, Itinerario. - -V'è chi ascrive questa legge a Marc'Aurelio (MANNERT, _Commentatio de -Marco Aurelio Antonino, constitutionis de civitate universo orbi data -auctore_. Alla 1772); e forse v'avea posto restrizioni, che Caracalla -levò. - -[10] Lampridio trasse dagli archivj della città questo processo verbale -della elezione di lui: - -— Il giorno avanti le none di marzo, essendosi in folla raccolto il -senato nella curia, cioè nel tempio sacro alla Concordia, e avendo -pregato Aurelio Alessandro Cesare Augusto a intervenirvi, ed avendo -egli ricusato perchè sapeva trattarsi di onori suoi, poscia essendo -venuto, si acclamò: «O augusto innocente, gli Dei ti conservino. -Alessandro imperatore, gli Dei ti conservino. Gli Dei ti hanno dato -a noi, gli Dei ti conservino. Gli Dei ti tolsero dalle impure mani, -gli Dei ti perpetuino. Tu pure soffristi l'impuro tiranno, tu pure ti -dolesti di vedere quell'impuro ed osceno; gli Dei lo svelsero, gli -Dei ti conservino. Infame imperatore, giustamente dannato! Felici -noi dell'imperio tuo, felice la repubblica! L'infame fu trascinato -coll'uncino ad esempio spaventevole; il lussurioso imperatore fu a -ragione punito. Dei immortali, ad Alessandro vita; di qui appajano i -giudizj degli Dei». - -E avendo Alessandro ringraziato, si acclamò: «Antonino Alessandro, -gli Dei ti conservino. Ti preghiamo ad assumere il nome d'Antonino. -Vendica tu l'ingiuria di Marco; vendica tu l'ingiuria di Vero; vendica -tu l'ingiuria di Bassiano. Peggior di Comodo fu il solo Elagabalo, -nè imperatore, nè Antonino, nè cittadino, nè senatore, nè nobile, nè -romano. I tempj degli Antonini un Antonino dedichi; il casto riceva il -sacro nome, il nome di Antonino, il nome degli Antonini». - -E dopo le acclamazioni, Aurelio Alessandro Cesare Augusto proferì: -«Vi ringrazio, o padri coscritti, non ora primamente, ma e pel titolo -di Cesare, e per la vita salvata, e per l'aggiunto nome d'Augusto, -pel pontificato massimo, per la podestà tribunizia, pel comando -proconsolare, cose tutte che, con nuovo esempio, in un sol giorno -mi conferiste». E come ebbe parlato, si acclamò: «Queste accettasti; -accetta ora il nome di Antonino». Ed egli: «Non vogliate, vi prego, -o padri coscritti, costringermi ad accettare un nome cui mi sarebbe -difficile soddisfare, già gravi essendo questi insigni nomi. Chi -intitolerebbe Cicerone un muto? chi un ignorante Varrone? Marcello un -empio?» - -Di nuovo fu acclamato come sopra, e l'imperatore disse: «Qual sia -stato il nome degli Antonini, ricordi la clemenza vostra. Se pietà, -chi più santo del Pio? se dottrina, chi più prudente di Marco? se -forza, chi più robusto di Bassiano?» Di nuovo si acclamò come sopra, -e l'imperatore soggiunse: «Certo vi ricorda come testè quel più laido -di tutti i bipedi non solo ma e de' quadrupedi, portasse il nome di -Antonino, e in turpitudine e lussuria superasse i Neroni, i Vitellj, -i Comodi, e quali erano i gemiti di tutti: e pei circoli del popolo e -dei nobili una sola voce fosse, che sconvenientemente e' si chiamava -Antonino, e che da tale obbrobrio era violato tanto nome». - -Mentre parlava si acclamò: «Gli Dei allontanino i mali; te imperante, -di ciò non temiamo; ne siamo sicuri te duce. Vincesti i vizj, -vincesti i disonori, ornasti il nome d'Antonino. Certi siamo, ben -presumiamo; noi te fin dalla puerizia approvammo ed oggi approviamo». -Allora l'imperatore: «Nè io esito ad assumer questo nome a tutti -venerabile, perchè tema che ne' vizj risolvasi la mia vita, o abbia a -vergognarmene; ma mi spiace prima il prendere il nome d'altra famiglia, -poi credo di gravare me stesso». - -E di nuovo gli fu acclamato, ed egli proseguì: «Perocchè, se accetto -il nome di Antonino, posso anche quello assumere di Trajano, di Tito, -di Vespasiano». E gli fu gridato: «Come Augusto, così anche Antonino». -Allora l'imperatore: «Vedo che cosa vi spinga a tale aggiunta. Augusto -è il primo fondatore dell'impero, e nel nome di lui tutti succediamo -quasi per adozione e per dritto ereditario: anche gli Antonini furono -detti Augusti. Ma il nome fu ereditario in Comodo, affettato in -Bassiano, ridicolo in Aurelio». - -E gli fu acclamato: «Alessandro Augusto, gli Dei ti conservino. Alla -verecondia tua, alla prudenza, all'innocenza, alla tua castità. Di -qui comprendiamo qual diverrai; tu farai che il senato ben elegga i -principi. Sii vincitore! sii sano! regna per molti anni». Alessandro -soggiunse: «Vedo, o padri coscritti, d'aver ottenuto quel che -desideravo, e ve ne ringrazio, e procurerò che questo nome che porto -nell'impero sia tale che da altri si desideri, ed offrasi ai buoni -uffizj della vostra pietà». E avendolo più volte ripetuto, e' disse: -«Più facile mi sarebbe stato accettare il nome degli Antonini; poichè -condiscenderei in parte alla parentela od alla comunanza del titolo -imperiale. Ma il cognome di Magno perchè si adopra? che cosa ho fatto -di grande? e sol dopo belle imprese l'ebbe Alessandro, dopo grandi -trionfi Pompeo. Cheti dunque, e voi stessi, magnifici, contate me per -uno di voi, anzi che darmi il nome di Magno». - -Dopo di che fu acclamato: «Aurelio Alessandro Augusto, gli Dei ti -conservino». - -Tali erano le discussioni del glorioso senato; in tali atti si sfogava -la manìa delle mozioni, triviale occupazione degli inetti. - -[11] Il vescovo Eusebio la chiama religiosissima e di gran pietà (VI. -21), lo che da alcuni la fece credere cristiana. La vita d'Alessandro, -nella _Storia Augusta_, è piuttosto un romanzo sul fare della -_Ciropedia_. Erodiano sembra più attendibile, e s'accorda coi frammenti -di Dione. - -[12] Vedi Manso, _I Trenta Tiranni_ (ted.), dietro alla sua _Vita di -Costantino_. - -[13] Delle minutezze cui scendeva Aureliano in fatto di disciplina -militare sia argomento questa lettera a un suo luogotenente: — Se -vuoi essere tribuno, anzi se t'è caro di vivere, tieni in freno le -mani dei soldati. Niun d'essi rapisca i polli altrui, niuno tocchi le -altrui pecore. Sia proibito il rubar uve, il far danno ai seminati, -l'esigere dalla gente olio, sale, legna, dovendo ognuno contentarsi -della provvisione del principe. Hanno i soldati a rallegrarsi del -bottino fatto sopra i nemici, non delle lagrime de' sudditi romani. -Ognuno abbia l'armi sue ben terse, le spade ben aguzze ed affilate, -e le scarpe ben cucite. Alle vesti logore succedano le nuove. Mettano -la paga nella tasca, e non nella taverna. Ognuno porti la sua collana, -il suo anello, il suo bracciale, e nol venda o biscazzi. Si governi e -strigli il cavallo e il giumento per le bagaglie, e così ancora il mulo -comune della compagnia, e non si venda la biada lor destinata. L'uno -all'altro presti ajuto, come se fosse un servo. Hanno il medico senza -spesa; non gettino denaro in consultare indovini. Vivano costantemente -negli alloggi; e se attaccheranno lite, non manchi loro una mancia di -buone bastonate». - -[14] _Absit ut auro fila pensentur; libra enim auri tunc libra serici -fuit_. VOPISCO, in _Aureliano_. - -[15] Se pure va inteso così il _publicavit_ di Vopisco. - -[16] Da Claudio II a Diocleziano non si batterono più monete d'argento, -ma di rame argentato. Quelle d'oro continuarono ad essere di titolo -fino, perchè il tributo era pagato in oro. - -[17] Vopisco soggiunge che i discendenti di Probo andarono ad abitare -nelle vicinanze dei laghi di Garda e di Como. - -[18] _Edda Sæmundar. Rigsmal._ - -[19] _Reges ex nobilitate, duces ex virtute sumunt_. TACITO, cap. VII. - -[20] Il Muratori talvolta scrive: — Gli Sciti, o vogliam dire i Goti», -al 267, 271 ecc.; e tal altra: — Gli Sciti, cioè i Tartari», al 261. - -[21] ZOSIMO, i. 67; _Panegyr. veteres_, V. - -[22] Romagnosi (_Dell'indole e dei fattori dell'incivilimento_, -part. II. c. 252) accolse l'opinione d'alcuni, che, per avversione -a Costantino, presentano quella di Massenzio come un'«opposizione -armata in senso nazionale». Io non trovai il minimo appoggio a tale -asserzione. - -[23] È bizzarro come la boria municipale sapesse innestare le origini -favolose delle città colle sacre. Il Malvezzi cronista bresciano (_Rer. -It. Script._, tom. XIV. 780) racconta che Ercole fondò a Brescia la -rocca Cidnea (_Brixia Cydneæ supposita speculæ_, cantò Catullo); poi -la cinsero di torri e di spalti i Tirreni, dai quali in dritta linea -derivavano i santi Faustino e Giovita. - -Nella cattedrale di Gorizia conservossi il bastone pastorale che -Ermagora avrebbe ricevuto da san Pietro; come in San Carpoforo a Como -quel che usava san Felice primo vescovo. Più famoso è il codice dei -vangeli, che stava nel monastero di San Giovanni del Timavo, distrutto -dagli Ungari nel 615, donde passò al monastero Belinese, e di là al -capitolo d'Aquileja, sotto il patriarcato dei Torriani, di cui porta lo -stemma. Carlo IV nel 1353 passando per Aquileja, ottenne dal patriarca -gli ultimi due quaderni di quella reliquia, che comprendono dal -versetto 20 del cap. XII sino al fine; e li regalò alla metropolitana -di Praga, ordinando di legarli in oro e perle, assegnandovi duemila -ducati; e volle che l'arcivescovo e il clero andassero incontro alla -reliquia, ed ogni pasqua fosse portata in solenne processione. Gli -altri cinque quaderni, rimasti ad Aquileja, furono poi recati a Venezia -per ordine del doge Tommaso Mocenigo nel 1420: ma l'umidità danneggiò -talmente il manoscritto, che più non è leggibile, e si disputò perfino -se fosse latino, e se su papiro o pergamena. I dubbj furono risoluti da -Lorenzo della Torre, nel ii vol., pag. 548 e seg. dell'_Evangeliarium -quadruplex_ del Bianchini (Roma 1749). Che questo brano appartenesse -al manoscritto d'Aquileja raccogliesi anche da ciò, che in esso, -dove finisce il vangelo di san Matteo, si legge, _Explicit evangelium -secundum Matthæum, incipit secundum Marcum_; e nulla segue. Nel 1778 -Giuseppe Dobrowsky, sotto il titolo di _Fragmentum pragense evangelii -sancti Marci, vulgo autographi_, fece a Praga stampare i sedici fogli -donati da Carlo IV, e apparve che non era neppure l'antica versione -italica, ma quella emendata da san Girolamo. - -[24] _Epistola_ I di san PIETRO, II. 9. - -[25] San Paolo, _ad Eph._, IV. 13. - -[26] _Audio eos turpissimæ pecudis caput asini consecratum, inepta -nescio qua persuasione, venerari_, fa dire Minucio a Cecilio. — _Ab -indoctis hominibus scriptæ sunt res vestræ._ ARNOBIO, I. 39. — Il -padre Mamachi, nelle _Origini ed antichità cristiane_ (1750), comincia -dal riferire a lungo tutti i titoli d'onore che davansi a questi, -poi quelli d'ignominia: ed erano, 1. atei, 2. magi e malefici, 3. -prestigiatori, 4. greci e impostori, 5. sofisti, 6. seduttori, 7. -seguaci di nuova, prava, smodata o malefica superstizione, 8. di -religione barbara e pellegrina e barbari, 9. malvagi demonj, 10. -disperati e parobolani, 11. sarmentizj e serniassj, 12. biatanati, cioè -violentemente uccisi, 13. ottusi, stolidi, rozzi, idioti, ignoranti, -goffi, inetti, agresti, miseri, fatui, ostinati, di deplorata e -illecita fazione, 14. plantina prosapia e panattieri, 15. nazione -nemica della luce e amante i nascondigli, muta in pubblico, 16. persone -vili, 17. asinaj e adoratori di asini, 18. stranieri, faziosi, rei -d'offesa divinità, sacrileghi, profani, varj, 19. nemici dell'uman -genere e de' principi, omicidi, incestuosi, pessimi, scelleratissimi -d'ogni ribalderia, 20. uomini da nulla negli affari, 21. Cristempori o -negozianti di Cristo, 22. sibillisti, 23. Giudei. Seguono le accuse che -ad essi venivano apposte, dividendole in ventiquattro capi. - -[27] Αἶρε τοὺς ἀθεοὺς era il grido contro loro sotto Adriano. E nel -dialogo di Minucio, l'interlocutore gentile esclama: _Cur nullas aras -habent? templa nulla? nulla nota simulacra?... Unde autem, vel quis -ille, aut ubi, deus unicus, solitarius, destitutus?_ - -[28] Pare uno sbaglio di san Giustino, che credette a lui dedicata -l'iscrizione, SEMONI SANCO DEO FIDIO SACRUM, la quale alludeva a una -delle antiche divinità italiche. - -[29] GRUNER. _De odio humani generis Christianis a Romanis objecto_. -Coburgo 1755. _Genus humanum_ in questo senso è solenne in Tacito; -Pisone dice: _Galbam consensus generis humani, me Galba cæsarem dixit_. -Hist., lib. I. Da ciò Tito fu detto _delizia del genere umano_. - -[30] DIONE, lib. LII. 36. Le parole sono precise: ἠνάγκαζε..... -τοὺς δὲ δὴ ξενίζοντας.... μίσει, καὶ κόλαζε. Se le ricordi chi vanta -la tolleranza religiosa degli antichi, dimenticandosi le stragi di -Cambise, i tempj incendiati da Serse, i processi contro Protagora, -Diagora, Socrate, Anassagora, Stilpone; per non dir nulla degli Egizj. -Platone stesso e Cicerone nelle immaginarie loro repubbliche negano -tollerare culti stranieri. - -[31] _Domitius Ulpianus rescripta principum nefaria collegit, -ut doceret quibus pœnis affici oportet eos qui se cultores Dei -confitentur_. LATTANZIO, Inst., v. 2. - -[32] _Solus Dei homo_. Tertulliano, _Scorp._ 14. - -[33] TERTULLIANO, _Apol._ I. 21. Abbiamo una sentenza di questo tenore: -«Essendo che Sperato, Cittino... confessano di essere cristiani, e -ricusano di rendere omaggio e rispetto allo imperatore, ordiniamo sieno -decapitati». BARONIO, _ad ann._ 202, § 4. - -[34] In Ispagna fu trovato un marmo, ove Nerone è lodato d'aver purgata -quella provincia «dai ladroni, e da quelli che inculcavano una nuova -superstizione al genere umano». Ap. MURATORI, _Thes. Ant._, i. 99. -Si dubitò della sua autenticità, ma la sostenne il protestante Gian -Ernesto Walchio, _Marmor Hispaniæ antiquum vexationis Christianorum -neronianæ insigne documentum illustratum, etc. v. c. F. Goris -consecratum._ Jena 1750. - -[35] Anche qui la leggenda intervenne, e narrò che Plinio fosse in -Creta convertito da Tito discepolo di San Paolo, e subisse il martirio. -Rincresceva ai Cristiani di credere perduto l'uomo che avea reso -testimonianza delle loro virtù. - -[36] _Certatim gloriosa in certamina ruebatur, multoque avidius tunc -martyria gloriosis motibus quærebantur, quam nunc episcopatus pravis -ambitionibus appetuntur_, SULPICIO SEVERO, lib. II. - -A coloro che riducono a minimo numero le vittime, volle rispondere il -Visconti (_Mem. romane d'antichità_. Roma 1825) colle tante iscrizioni -di martiri. Di molti non s'indicava il nome, ma il numero; come, - - MARCELLA ET CHRISTI MARTYRES CCCCL. - HIC REQVIESCIT MEDICVS CVM PLVRIBVS. - CL MARTYRES CHRISTI. - -Fors'anche son numeri di martiri quelli che, senz'altra indicazione, -troviamo su alcune sepolture, colla corona e la palma; del qual uso è -testimonio anche il seguente epigramma di Prudenzio, Carm. XI: - - _Sunt et multa tamen, tacitas claudentia tumbas_ - _Marmora, quæ solum significant numerum._ - _Quanta virum jaceant, congestis corpora acervis,_ - _Scire licet, quorum nomina nulla legas._ - _Sexaginta illic, defossa mole sub una,_ - _Reliquias memini me didicisse hominum_. - -Una, per esempio, dice: N. XXX. SVRRA ET SENEC. COSS; cioè ci dà -trenta uccisi sotto il pio Trajano; e contraddice a chi asserì (come il -BURNET, _Lettere dall'Italia_, pag. 224) che i Cristiani non avessero -catacombe prima del IV secolo, giacchè questa, del 107, fu scavata da -una catacomba. - -[37] BALUZIO, _Miscell._, tom. II. p. 115. - -[38] _Ipsam libertatem, pro qua mori novimus_. TERTULLIANO, _ad Nat._ -I. 1. - -[39] Instit., lib. V. c. 13: _Nam, cum videat vulgus dilacerari homines -variis tormentorum generibus, et inter fatigatos carnifices invictam -tenere patientiam, existimat id quod est, nec consensum tam multorum, -nec perseverantiam morientium vanam esse, nec ipsam patientiam sine -Deo cruciatus tantos posse superare. Latrones et robusti corporis viri -ejusmodi lacerationes perferre nequeunt, exclamant et gemitus edunt, -vincuntur enim dolore, quia deest illis inspirata patientia. Nostri -autem, ut de viris taceam, pueri et mulierculæ tortores suos taciti -vincunt, et expromere illis gemitum nec ignis potest. Ecce sexus -infirmus et fragilis ætas dilacerari se toto corpore utique perpetitur, -non necessitate, quia licet vitare si vellent, sed voluntate, quia -confidunt in Deo._ - -[40] Sant'Ambrogio, per mostrarsi indegno dell'episcopato, assistè ad -un giudizio capitale. - -[41] - - _Pone Tigillinum; tæda lucebis in illa,_ - _Qua stantes ardent, qui fixo gutture fumant,_ - _Et latum media sulcum deducit arena_. Sat. I. 155. - -Allude ai fanali degli orti di Nerone. - -[42] _Annal._, XV. 44. - -[43] È tradizione antica; e i santi Girolamo ed Agostino non metteano -dubbio sull'autenticità di quattordici lettere fra Seneca e san Paolo, -che ora la critica rifiuta. Altri andarono a cercarne prove nelle opere -stesse di Seneca, riscontrandovi passi analoghi a quei dell'apostolo -delle genti. Questi nella IIª ai Corintj, 11, chiama _angelo di Satana_ -un falso profeta; e Seneca: _Nec ego, Epicuri angelus, scio_... (Ep. -20). Così _progenitura di Dio_ per uom dabbene: così somigliata la -vita allo stato di guerra (Epp. 51. 96). Altre maniere Seneca usa nel -senso del Nuovo Testamento; come caro (_Animo cum hac carne grave -certamen est, ne abstrahatur_. De cons. ad Marciam, 240). E molto -maggiore vi è la quantità di idee cristiane. Che se alcuno dica che -un uomo, meditando sulla natura umana e sui rapporti fra l'uomo e -Dio, può arrivarvi di per sè, noi chiederemo perchè nulla se ne trovi -o nei _Dialoghi_ di Platone, o nella _Morale_ d'Aristotele, o nei -_Memorabili_ di Senofonte, o nelle opere di Cicerone, anzi neppure in -Marc'Aurelio e in Epitteto, della scuola stessa di Seneca? - -Se riflettiamo che Seneca si astenne dalla dieta pitagorica soltanto -per non parere un ebreo nè dispiacere a Tiberio, se osserviamo le sue -colpevoli condiscendenze verso Nerone, siam poco inclinati a farne -un santo. Ma storicamente nulla si oppone all'amicizia tra questo e -l'Apostolo delle genti; il quale arrivato, come credesi, a Roma nel -61, cortese prigionia ottenne da Burro prefetto del pretorio, amico di -Seneca: fors'anche Seneca n'avea già contezza da suo fratello Anneo -Novato Gallione, governatore dell'Acaja, al cui tribunale Paolo era -stato tradotto mentre dimorava in Corinto. Che se la maggior parte -delle opere sue si mostrano scritte prima della venuta di Paolo, quella -sulla _Vita beata_ e sui _Benefizj_, ove più abbondano le espressioni -cristiane, e massimamente molte _Lettere_, sono posteriori. Del resto -le somiglianze potrebbero indicare soltanto che Seneca conobbe i libri -de' Cristiani. - -Vedi in proposito FR. CH. GELPKE, _Tractatiuncula de familiaritate, -quæ Paulo apostolo cum Seneca philosopho intercessisse traditur -verisimillima_. Lipsia 1813; il _Seneca_ del sig. Durosoir nella -collezione di Panckouke; Amédée Fleury, Saint _Paul et Sénéque_. Parigi -1853. E tratto tratto il tema si ripiglia, e il dotto vulgo lo crede -nuovo. - -[44] _De benef._, VI. 7. 23; _Quæst. nat._, I. 1, III. 45. - -[45] _Ep._ 41. 73. - -[46] _Deus ametur_. Ep. 42. 47. 96; _De benef._, VII. 2. - -[47] _Hujus socii sumus et membra_. Ep. 93. - -[48] _Parere Deo libertas est_. De vita beata, 15; _Colite in pia et -recta voluntate_. De benef., I. 6; Ep. 116. - -[49] _Ep._ 7. - -[50] _De benef._, III; _Ep._ 44. - -[51] SAN PAOLO, _ad Rom._, I. 18. 20. - -[52] Teodosio e Valentiniano scrivono: _Digna vox est majestate -regnantis legibus alligatum se principem profiteri; adeo de auctoritate -juris nostra pendet auctoritas. Et revera majus imperio est submittere -legibus principatum_. Cod., I. 14. - -[53] Il Giannone, nell'opera manoscritta che citammo a pag. 24 del -vol. III, esclama: — Or chi crederebbe che, contro un rescritto -cotanto savio, prudente e degno della romana moderazione e sapienza, -Tertulliano avesse potuto declamar tanto, deridendolo e reputandolo -contraddittorio, e con iscipiti contrapposti ed antitesi malmenarlo e -schernirlo? ecc.»; e segue dimostrando la _legalità_ del proconsole e -dell'imperatore. - -[54] Per regola data dal concilio degli Apostoli, e a lungo osservata, -i Cristiani s'astenevano dal sangue e dagli animali soffogati. Avanzo -di rito ebraico. - -[55] Dal giorno dell'acclamazione di Diocleziano, 29 agosto 281, parte -l'_êra dei martiri_, usata a lungo dalla Chiesa, e tuttora dai Copti e -dagli Abissini. - -[56] Agatangelo romano descrisse e probabilmente vide le persecuzioni -di quel tempo in Armenia, dove le vergini Ripsima e Galana romana -furono esposte alla brutalità di re Tiridate: e molte con loro -patirono, ma il martirio di esse valse la conversione dell'Armenia. -La storia di Agatangelo, dall'armeno volta in italiano, forma uno -degli anelli della Collana Storica, che i padri Mechitaristi aveano -cominciata nella loro isola a Venezia. - -[57] Costantino scrisse ad Ario: — Sono persuaso, che se io fossi -tanto felice da recar gli uomini ad adorare tutti lo stesso Dio, -questo cambiamento di religione ne produrrebbe un altro nel governo»; e -soggiunge che cerca compiere questo disegno «senza far troppo rumore». -EUSEBIO, _Vita Const._, II. 65. Avea dunque chiaro concetto di quel che -operava. - -[58] Gran colpa gliene fa Zosimo, II. 7 e 30. - -[59] Anastasio Bibliotecario cavò dagli archivj del Vaticano il -catalogo degli arredi donati da Costantino alla basilica di San -Giovanni Laterano, di portentosa ricchezza: - -1. Un baldacchino (_fastigium_) d'argento, sul cui dinanzi una statua -del Salvatore in sedia, alta 5 piedi, e pesante 120 libbre; inoltre i -dodici Apostoli con corone d'argento purissimo in testa, alti ciascuno -5 piedi e pesanti 90 libbre. Sul dietro un'altra statua del Salvatore -in trono, e che guarda l'abside, alta 5 piedi e pesante 140 libbre. -Vicino di lei, quattro angeli d'argento, di 5 piedi, e del peso di 50 -libbre. E tutto il baldacchino pesa libbre 2025. - -2. Una lumiera d'oro puro, ornata di 15 delfini, e pesante 25 libbre, -colla catena che la sospende al baldacchino. - -3. Quattro candelabri a forma di corone, d'oro puro, ornati di venti -delfini, e pesanti 15 libbre ciascuno. - -4. La volta della basilica, dorata in tutta la lunghezza, che è di 500 -piedi. - -5. Sette altari d'argento, ciascuno di 200 libbre. - -6. Sette patene d'oro, da 30 libbre. - -7. Sedici d'argento, da 30 libbre. - -8. Sette coppe d'oro puro, da 10 libbre. - -9. Una di metallo, sparsa d'oro e adorna di coralli, smeraldi, -giacinti, pesante 20 libbre, 3 oncie. - -10. Venti coppe d'argento da 15 libbre. - -11. Due vasi sacri d'oro puro, da 50 libbre, capaci di 3 medimni -ciascuno. - -12. Altri venti d'argento, da 10 libbre e da un medimno. - -13. Quaranta calici d'oro puro, da 1 libbra. - -14. Cinquanta d'argento da 2 libbre. - -15. Un candelabro d'oro puro, collocato avanti all'altare, ornato di -venticinque delfini, e pesante 30 libbre. - -16. Un candelabro d'argento con venti delfini, da 50 libbre. - -17. Quarantacinque candelabri d'argento, disposti nella nave, ciascuno -da 30 libbre. - -18. Dal lato destro della basilica, quaranta candelabri, da 20 libbre -d'argento; - -19. Dal sinistro, altri venticinque; - -20. E altri cinquanta nella nave, simili. - -21. Tre urne d'argento, da 30 libbre, e capaci di 10 medimni ciascuna. - -22. Due incensieri d'oro puro, da 50 libbre. - -23. Nel Battistero una vasca di porfido, dentro e fuori rivestita di -lamina d'argento per 3008 libbre. - -24. Nel cui mezzo, una colonna di porfido, che sostiene una lampada -d'oro puro, da 50 libbre. - -25. Sull'orlo della vasca un agnello che versa acqua, di 30 libbre -d'oro. - -26. A destra di quello una statua del Salvatore, d'argento puro, alta 5 -piedi, e pesante 70 libbre. - -27. A sinistra un san Giovanni Battista d'argento, alto 5 piedi, del -peso di 100 libbre. - -28. Sette cervi d'argento che versano acqua, da 80 libbre ciascuno. - -29. Un incensiere di 10 libbre d'oro puro, ornato di quarantadue pietre -fine. - -Erano dunque 685 libbre d'oro, e 12,943 d'argento, non contando la -duratura della volta: lo che varrebbe 1,700,000 franchi, senza la -fattura. Costantino vi aggiunse fondi per una rendita di circa 230,000 -lire, e l'annuo tributo di 150 libbre d'aromi. - -Tanta liberalità fece dubitare sulla genuinità del testo, la quale però -fu da autorevoli critici sostenuta. - -[60] _Constantinopolis dedicatur pene omnium urbium nuditate_, dice -san Girolamo. Codino, greco d'età posteriore, riferisce un aneddoto -favoloso, ma degno di ricordo; cioè che Costantino chiamò i principali -nobili di Roma, e li spedì alla guerra contro i Persiani; intanto fece -fabbricare a Costantinopoli palazzi affatto simili a quei ch'essi -possedevano in Roma, e vi pose gli stessi mobili, indi le mogli e i -figli loro. Tornati dopo sedici mesi quei signori, esso gli accolse con -un solenne banchetto, dopo il quale fece condurre ciascuno alla nuova -abitazione, dove si meravigliarono di trovarsi nella casa e fra le -persone conosciute e care. - -[61] _Si quis indebitum sibi locum usurpaverit, nulla ignoratione -defendat, sitque plane sacrilegii reus qui divina præcepta neglexerit._ -Legge di Graziano nel Codice Teodosiano, lib. VI. tit. 5. l. 2. - -[62] Ci sono guida esso _Codice Teodosiano_ coi ricchissimi commenti -del Gotofredo e del Ritter. - -La _Notizia delle dignità dell'Oriente e dell'Occidente_, specie -d'almanacco imperiale, composto un secolo più tardi, commentato dal -Panciroli nel _Thesaurus antiquitatum romanarum_ del GREVIO, vol. VII. - -LYDUS, _De officiis romani imperii._ - -SALVIANUS, _De gubernatione Dei_. - -_Tabula Heracleensis_, ediz. MAZOCCHI. Napoli 1754. - -Oltre i predetti abbreviatori di storie, abbiamo PAOLO OROSIO, -_Historiarum libri_ VII, e ZONARA, _Annales_. - -Da qui innanzi la storia assume colore diverso, secondo che gli -scrittori sono idolatri o cristiani. - -Zosimo, alla maniera di Polibio, dipinge la decadenza dell'Impero, -avversissimo sempre ai Cristiani: i cinque libri che ce ne restano, -arrivano al 410. - -Dei trentun libri di Ammiano Marcellino, tredici sono perduti, negli -altri egli si stende dal 354 al 378: prolisso, ma istruttivo e di -sufficiente imparzialità. - -_Panegyricæ orationes veterum oratorum; notis ac numismatibus -illustravit et italicam interpretationem adjecit_ LAURENTIUS PATAROL. -Venezia 1708. Sono i panegirici recitati agli imperatori da Diocleziano -a Teodosio, donde con molta cautela può attingersi qualche notizia, o -dirò meglio qualche sentimento. - -Eusebio, nei dieci libri della _Storia ecclesiastica_, e nei cinque -della _Vita di Costantino_, e i continuatori suoi Socrate, Teodoreto, -Sozomene, Evagrio, illustrano grandemente la storia politica; parziali -sempre agli imperatori cristiani. Dicasi lo stesso di molte vite di -santi. - -Fra' moderni, tutti gli storici filosofisti avversano Costantino; sono -per lui i fautori del cristianesimo. - -[63] Lampridio ci conservò due pagine d'imprecazioni del senato contro -Comodo (in _Comodo_, 18, 19) ed altre non meno abjette contro Elagabalo -(in _Alex. Severo_, 6. 7. 9). Vopisco ci tramandò il processo verbale -dell'acclamazione di Claudio II, da noi riferito a pag. 49. - -[64] _Si quis senatorium nostra largitate fastigium, vel _generis -felicitate_ consecutus..._ Cod. Teod., lib. V. - -[65] Graziano imperatore ad Ausonio poeta scriveva: _Cum de consulibus -in annum creandis solus mecum volutarem... te consulem et designavi, -et declaravi, et priorem nuncupavi_. Ed Ausonio ringraziandonelo, -si congratula di non aver dovuto scendere alle antiche bassezze del -cercarlo al popolo: _Consul ego, imperator auguste, munere tuo, non -passus septa neque campum, non suffragia, non puncta, non loculos: qui -non prensaverim manus, nec consalutantium confusus occursu, aut sua -amicis nomina non reddiderim; aut aliena imposuerim; qui tribus non -circuivi, centurias non adulavi; jure vocatis classibus non intremui; -nihil cum sequestre deposui, cum diribitore nihil pepigi. Romanus -populus, Martius campus, equester ordo, rostra, ovilia, senatus, curia, -unus mihi omnia Gratianus_. - -[66] _In consulatu honos sine labore suscipitur_. MAMERTINO, Paneg. -vet., XI. 2. - -[67] Da un curioso passo di Lampridio (in _Alex. Severo_, 42) impariamo -le paghe che ricevevano i governatori delle provincie: venti libbre -d'argento, cento monete d'oro (lire 3913), sei anfore di vino, due -muli, due cavalli, due vesti da comparsa (_forenses_), una da casa -(_domestica_), un tinozzo da bagno, un cuoco, un mulattiere, e se non -avesser moglie, una concubina, reputata necessaria come le altre cose. -_Quod sine his esse non possent_. Uscendo di carica, restituivano i -muli, i cavalli, il mulattiere e il cuoco: il restante tenevano, se il -principe fosse soddisfatto di loro; se no, restituivano quadruplicato. - -Valeriano fissa l'assegnamento di Aureliano, tribuno delle legioni, -così scrivendo a Sejonio Albino prefetto alla città: _Sinceritas tua -supradicto viro efficiet, quamdiu Romæ fuerit, panes militares mundos -sexdecim, panes militares castrenses quadraginta, olei sextarium unum, -et item olei secundi sextarium unum, porcellum dimidium, gallinaceos -duos, porcinæ pondo triginta, bubulæ pondo quadraginta, liquaminis -sextarium, salis sextarium unum, herbarum, olerum, quantum satis est._ -E a Probo: _In salario diurno bubulæ pondo, porcinæ pondo sex, caprinæ -pondo decem, gallinaceum per biduum, vini veteris diurnos sextarios -decem, cum lardo bubalino, salis, olerum, lignorum, quantum satis est_. -(Historia Augusta) - -Sotto Costantino continuavasi a dare la provvigione in natura; e -poichè egli limitò a tre lustri la durata del servizio militare, per -dare il ben servito ai congedati introdusse una tassa straordinaria -ogni quintodecimo anno, dal che venne il ciclo delle _Indizioni_; -così alcuni. Savigny (_Ueber die römische Steuerverfassung_) pensa -l'Indizione fosse il rinnovamento del catasto, che par si raddrizzasse -ogni quindici anni. Certo però l'Indizione trovasi già sotto -Diocleziano. - -[68] AMMIANO MARCELLINO, _Hist._, XXVIII. 6. — _Cod. Teod._, lib. IV. -IX. XII. ecc. - -[69] _Si quis sacrilega vitem falce succiderit, aut feracium ramorum -fœtus hebetaverit, quo declinet fidem censuum, et mentiatur callide -paupertatis ingenium, mox detectus, capitale subibit exitium, et bona -ejus in fisci jura migrabunt._ Cod. Teod., lib. XVIII. tit. 11. l. I. - -_Finis_ nella bassa latinità voleva dire pagamento, come τέλος in -greco, e _Ziel_ in tedesco. Da ciò il nome di _finanza_, venuto a -significar l'arte di procurarsi denaro con modi raffinati e dotti. -La voce _taglia_ viene dalla tacca, che l'esattore dell'imposta e il -riscontratore facevano sopra un pezzo di legno per indicare le somme -pagate, e che divideasi, restando espressa la somma sulle due metà. - -[70] Da una novella di Magioriano raccogliesi che ciascun capo pagava -all'anno due soldi d'imposta, e mezzo soldo per le spese di percezione; -vale a dire che queste si valutavano un quarto dell'entrata totale. - -[71] LIBANIO, _Or. contro Flor._; ZOSIMO, II. 24. - -[72] _Cod. Teod._, lib. XII. XIII. ecc.; NAZARIO, _Paneg. vet._, X. 35; -ZOSIMO, II. 38. - -[73] _Oblatio auri_. SIMMACO, Ep. 10. 26. — _Universi, guos senatorii -nominis dignitas non tuetur, ad auri coronarii præstationem vocentur._ -Cod. Teod., lib. XII, tit. 13. - -[74] _Nov. Valent._ VII. - -[75] Vedi GOTOFREDO al lib. VII. _De re militari_ del codice -Teodosiano; e questo codice nei titoli _De tyronibus, De desertoribus, -De decurionibus, De veteranis, De filiis veteranorum_. - -[76] Giustiniano li portò poi a cinquemila cinquecento; e il _comes -domesticorum_ divenne carica importantissima. - -[77] Alcuni moderni, come RAYNOUARD, _Hist. du droit municipal en -France_. Parigi 1836, tom. I. c. 17, e FAURIEL, _Hist. de la Gaule -méridionale_. Ivi, tom. I. c. 10, pensano costituissero in ogni città -un senato superiore alla curia. A me non occorse mai menzione di senati -provinciali. - -[78] Codice Giustinianeo, _Communia utr. jud._ - -[79] _Nonnulli, quum domicilia atque agellos suos aut pervasionibus -perdunt, aut fugati ab exactoribus deserunt, quia tenere non possunt, -fundos majorum expetunt, atque coloni divitum fiunt_. SALVIANO, De -gubern. Dei. - -[80] _Quæ enim differentia inter senos et adscriptitios intelligatur, -cum uterque in domini sui positus sit potestate, et possit servum -cum peculio manumittere, et adscriptitium cum terra dominio suo -expellere?_ Cod. Giustin., lib. XI. tit. 47. l. 21. Forse si eccedette -nell'intendere che questo passo di Giustiniano escluda l'emancipazione. -E sebbene manumissioni di coloni non si trovino mai, si rifletta che -il colono poteva o comprare o ricevere in dono il terreno al quale era -affisso, poi con trent'anni d'assenza restava prosciolto; fors'anche -non era reputata necessaria la manumissione. Giustiniano permise poi di -ordinarli preti, purchè seguitassero negli obblighi del colonato _Nov._ -CXXV, 4. - -[81] È del 708 o 709 di Roma, e fu conservata in parte dalla Tavola -d'Eraclea, e più da una iscrizione trovata a Padova. Vedi SAVIGNY, -_Gesch. des römischen Rechts in Mittelalter,_ cap. II. § 8. - -[82] «Il soggetto delle curie, malgrado gli abbondanti materiali che -esistono, rimane sempre il più oscuro nell'istoria legale dell'impero». -GIBBON, cap. XXII. - -[83] AMMIANO MARCELLINO, XXV. 4; SIMMACO, _Ep._ 10; Cod. Teod., _De -op. publ._ — Se i codici Teodosiano e Giustinianeo parlano sì poco -de' magistrati municipali, mentre ogni tratto ne fan menzione i -giureconsulti classici, la ragione si è che questi vivevano in Italia, -quelli furono compilati in Oriente. - -[84] _Nemo, originis suæ oblitus et patriæ, cui domicilii jure -devinctus est, ad gubernacula provinciæ nitatur ascendere priusquam, -decursis gradatim curiæ muneribus, subvehatur; nec vero a duumviratu -vel a sacerdotio incipiat, sed, servato ordine, omnium officiorum -sollicitudinem sustineat_. Legge di Valentiniano nel codice Teodosiano, -lib. XII. tit. 4. l. 77. - -[85] _Curiales nervos esse reipublicæ ac viscera civitatum, nullus -ignorat: quorum cœtum recte appellavit antiquitas minorem senatum: -huc redegit iniquitas judicum, et exactorum plectenda venalitas, ut -nonnulli patrias deserentes, natalium splendore neglecto, occultas -latebras elegerint, et habitationem juris alieni._ Nov. Magior, IV. -4. _Curiales... cœperunt se eximere curiæ, et occasiones invenire per -quas liberi ab his efficerentur. Ita civitates diminutæ... Decuriones -facultatibus... et corporibus fraudare curiam voluerunt, rem omnium -impiam adinvenerunt, a legitimis nuptiis abstinentes, ut eligerent -magis sine filiis quam sub lege deficere... Transtulerunt curialium -facultates ad alias personas, nihil exinde habente curia... sub falsis -causis facientes donationes... Vidimus quosdam sic adversos esse contra -proprias patrias..._ Nov. Giustin. XXXVIII. - -[86] _Hi potissimum constituantur defensores, quos decretis elegerint -civitates. Defensores nihil sibi insolenter, nihil indebitum -vindicantes, nominis sui tantum fungantur officio, nullas infligant -mulctas, nullas exerceant quæstiones; plebem tantum vel decuriones ab -omni improborum insolentia et temeritate tueantur, ut id tantum quod -esse dicuntur, esse non desinant_. Cod. Teod., lib. XI. tit. 3. - -[87] _Cod. Teod._, lib. XIII, tit. 4. - -[88] PLINIO, _Ep._ X. 42; _Cod. Teod._, lib. XIV. tit. 1. l. 24; lib. -XIII. tit. 5, l. 25; lib. X. tit. 4. l. 11. ecc. - -[89] LAMPRIDIO, in _Alex. Severo_, cap. 39. - -[90] _Cod. Teod._, lib. X. tit. 20. - -[91] _Cod. Teod._, lib. X. tit. 40; _Cod. Giustin._, lib. IV. tit. 41. -l. 1; _Dig._, lib. XXIX. tit. 4. l. 11. - -[92] Ai tempi di san Girolamo andava ancor peggio. — Si suole in -campagna esigere gl'interessi del frumento, del vino, dell'olio -ed altre derrate; e per esempio si dà all'inverno dieci moggia per -riceverne quindici al ricolto, cioè la metà più». - -Le parole che si riferiscono all'interesse sono: - - _Fœnus semiunciarium_ 1½ per cento. - » _unciarium_ 1 » - _Usura triens_ 3 » - » _quadrans_ 4 » - » _quincunx_ 5 » - » _semis_ 6 » - » _bes_ 8 » - » _deunx_ 11 » - » _centesima_ 12 » - » _centesimaquaterna_ 48 » - _Anatocismus_, interesse dell'interesse. - -[93] _Solum Barbaris aurum minime præbeatur, sed etiam, si apud eos -inventum fuerit, subtili auferatur ingenio_. Cod. Giustin., lib. IV. -_De comm. et merc._, 2. - -[94] _Codice Teod._, De fide test., lib. III e _passim_. - -[95] Zonara farebbe perduti trentamila uomini da Costanzo, -ventiquattromila da Magnenzio: nel che dev'essere corso sbaglio. - -[96] Graziano e Valentiniano I ingiunsero che ogni vescovo potesse -al romano appellarsi dalle sentenze del metropolita, il quale fosse -tenuto esporre i motivi del suo giudicato: Valentiniano III, malgrado -l'opposizione di sant'Ilario vescovo d'Arles, volle i vescovi soggetti -alle decisioni del papa della città eterna: il concilio generale di -Calcedonia nel 451 chiese da papa Leone Magno la conferma dei suoi -decreti: i vescovi d'Oriente scrissero al papa Simmaco, riconoscendo -che le pecore di Cristo furono confidate al successore di Pietro _in -tutto il mondo abitato_: quelli dell'Epiro domandavano da Ormisda la -conferma del vescovo da loro eletto; il quale papa stese un formolario, -che i vescovi doveano trasmettere firmato ai metropoliti, questi ai -patriarchi, i patriarchi al pontefice, come simbolo dell'unità, che le -chiese d'Oriente accettarono, affrettandosi di meritare la comunione -della sede apostolica, _in cui risiede la verace e intera solidità -della religione cristiana_. - -[97] SVETONIO, in _Augusto_, 40. - -[98] Ap. BARONIO, _ad annum_ 324, num. 58. 65. 70. 71. E vedi indietro, -a pag. 123. - -[99] A ciascun vescovo era lecito farvi cambiamenti; e Rufino ci reca -il simbolo qual recitavasi dalla Chiesa romana, più incontaminato, -e quale dall'aquilejese, a cui esso prete apparteneva. Eccoli a -confronto: - - Romano _Credo in Deum patrem omnipotentem._ - Aquilejese _Credo in Deo patre omnipotente invisibili et - impassibili._ - Rom. _Et in Christum Jesum unicum filium ejus, dominum - nostrum._ - Aquil. _Et in Christo Jesu, unico filio ejus, domino - nostro._ - Rom. e Aquil. _Qui natus est de Spiritu Sancto ex Maria - Virgine._ - Rom. _Crucifixus sub Pontio Pilato et sepultus, tertia - die resurrexit a mortuis._ - Aquil. _Crucifixus sub Pontio Pilato et sepultus, descendit - ad inferna, tertia die resurrexit a - mortuis._ - Rom. e Aquil. _Ascendit in cælos, sedet ad dexteram Patris; - inde venturus est judicare vivos et mortuos._ - Rom. _Et in Spiritum Sanctum. Sanctam Ecclesiam. - Remissionem peccatorum. Carnis resurrectionem._ - Aquil. _Et in Spiritu Sancto. Sancta Ecclesia. Remissione - peccatorum. Hujus carnis resurrectione._ - -Dalle catechesi di Massimo vescovo di Torino (_Homil. in traditione -Symboli_), di san Pier Crisologo vescovo di Ravenna (_in Symb. -apost._), e da altri raccogliamo i simboli delle diverse Chiese, dove -trovansi introdotte le parole _conceptus, passus, mortuus, catholicam, -sanctorum communionem, vitam æternam,_ dappoi adottate nel Simbolo -comune, qual già si trova ne' sermoni 240, 241, 242, posti in appendice -ai sermoni genuini di sant'Agostino nell'edizione de' Padri Maurini. - -Alcune di quelle aggiunte pajono arbitrarie e sin futili; ma tendevano -a confutare alcuni errori divulgati. Così nel surriferito simbolo -aquilejese il _descendit ad inferna_ si oppone agli Apollinaristi -ed Ariani, che negavano l'anima a Cristo, quasi ne facesse vece -la divinità: l'_invisibili et impassibili_ è contro i Novaziani e -Sabelliani, che diceano esser nato e aver patito il Padre Eterno; -l'_hujus carnis_ contrasta a chi teneva che dovessimo risorgere con un -corpo aereo e celeste. - -[100] Nel concilio Niceno fu pure decisa la quistione delle pasque, -importante sotto l'apparente frivolezza, giacchè suggellava il distacco -del cristianesimo dagli Ebrei, e la supremazia della Chiesa di Roma; -secondo la cui pratica, fu convenuto di festeggiare la resurrezione di -Cristo la domenica in cui cade o che segue immediatamente il plenilunio -più vicino all'equinozio di primavera. Questa deferenza alla Chiesa -romana è un fatto rilevantissimo nella storia ecclesiastica. - -[101] È il _fallo di Liberio_, ridetto a sazietà dagli avversarj -dell'infallibilità del papa. Ma quand'anche si accetti per vero, il che -da alcuni s'impugna, nulla conchiude contro di quella, non avendo egli -sentenziato dalla cattedra, non con libera volontà, e, appena rimesso -nel suo seggio, si disdisse. - -[102] _Cod. Teod._, lib. XVI. tit. 10. l. 2. - -[103] Ivi, IV del 353; e V del 356. - -[104] I fatti vennero raccolti da TZCHIRNER, _Der Fall des Heidenthum_, -Lipsia 1829, e da BEUGNOT, _Histoire de la destruction du paganisme -en Occident_, Parigi 1835; ma le conseguenze che questo ne trae, non -possono ragionevolmente accettarsi. Vedi pure J. E. AUER, _Kaiser -Julian der Abtrünnige_ ecc. Vienna 1855. - -[105] _Nascuntur ergo et quotidie quidem dii novi: nec enim vincuntur -ab hominibus fœcunditate_. Div. instit., I. 16. - -[106] JABLONSKI, _De origine festi natalis Christi_; SANT'EPIFANIO, -_Adversus hæreses_, I. 29. Al 22 febbrajo celebravansi le _caristie_ -pei morti; e i nostri vi sostituirono la cattedra di San Pietro, -_festum epularum sancti Petri_. - -[107] GREVIO, _Thesaurus antiq. rom._, VIII. 95. - -[108] HUDSON, _Geogr. minor._, III. 15. - -[109] _Contra Paganos_. D. MAXIMI _taurinensis episcopi opera_. Roma -1674. - -[110] Τὸν πατέρα Μίθραν. _Opere_, pag. 336 e 130. - -[111] BANDURI, _Numismata imp. rom._, II. 427-440. — Ὄμνυμι δὲ τὸν -Σαράπιν. _Ep._ VI. - -[112] LIBANIO, _Legat. ad Julianum_, pag. 157; e _Oratio parænetica_, -cap. 85. - -[113] Se ne congratula Giuliano nell'_Ep._ 38; e se ne duole Ammiano -Marcellino, lib. XXII. 12. - -[114] _Ep._ 42, Ἀκοντας ἱᾶσθαι, medicare contro voglia. - -[115] AMMIANO MARCELLINO, lib. XXV. 2. Così Ottaviano Augusto negò le -feste pubbliche a Nettuno dopo che la flotta pericolò due volte. - -[116] _Hoc moderamine principatus inclaruit, quod, inter religionum -diversitates, medius stetit, vel quemquam inquietavit, neque ut hoc -coleretur imperavit aut illud, nec interdictis minacibus subjectorum -cervicem ad id quod ipse coluit inclinabat, sed intemeratas reliquit -has partes ut reperit._ Quest'asserzione di Ammiano Marcellino (XXX. 9) -è confermata dal codice Teodosiano, ove Valentiniano dice: _Testes sunt -leges a me in exordio imperii mei datæ, quibus unicuique, quod animo -imbibisset, colendi libera facultas tributa est._ Lib. IX, tit. 16. I. -9. - -[117] _Cod. Teod._, lib. XII, tit. 50. I. 75. - -[118] _Pudet dicere: sacerdotes idolorum, mimi, et aurigæ, et scorta -hæreditates capiunt; solis clericis ac monacis hac lege prohibetur; et -non prohibetur a persecutoribus, sed a principibus christianis. Nec de -lege queror, sed doleo cur meruerimus hanc legem._ SAN GIROLAMO. - -[119] Sono esagerate, ma meritano esser riferite, le lodi dategli da -Ausonio in tal proposito, _Epigr._ I: - - _Arma inter, Chunnosque truces, furtoque nocentes_ - _Sauromatas, quantum cessat de tempore belli,_ - _Indulget claris tantum inter castra Camœnis._ - _Vix posuit volucres stridentia tela sagittas,_ - _Musarum ad calamos fertur manus: otia nescit,_ - _Et commutata meditatur arundine carmen._ - _Sed carmen non molle modis; bella horrida Martis_ - _Odrysii, tressæque viraginis arma retractat._ - _Exulta, Æacides; celebraris vate superbo_ - _Rursus, romanumque tibi contingit Homerum._ - -[120] _Cod. Teod._, lib. IX. tit. 7. I. 1. - -[121] TEMISTIO, _Oratio_ XIX. - -[122] Sotto una statua erettagli nel 387 è _chiamato pontifex -Vestæ, pontifex Solis, quindecemvir, augur, tauroboliatus, neocorus, -hierophanta et pater sacrorum_. GRUTERO, pag. 1102. Nº 2. In un'ara -scoperta allo scorcio del secolo passato gli si aggiungono i titoli -di _curialis Herculis, sacratus Libero et Eleusinis, pater patrum_; -DONATO, _Suppl. al Muratori_, tom. I. p. 72. Nº 2. _Pater sacrorum_ e -_pater patrum_ si riferiscono al culto di Mitra, come abbiam veduto. - -Macrobio fa da lui difendere nobilmente gli schiavi contro un tal -Evangelo, dicendo ch'essi sono formati degli stessi elementi che noi, -ricevono lo spirito dallo stesso principio, vivono, muojono all'egual -modo; i costumi distinguere gli uomini, non l'abito o la condizione; -infine espone nobilmente la maniera di farsi amato agli schiavi. -_Saturn._, I. - -[123] Lib. I. ep. 43. - -[124] _Dii patrii, facite gratiam neglectorum sacrorum_. Lib. II. ep. 7. - -[125] Ep. 9. - -[126] AGOSTINO, _De civ. Dei_, v. 26. - -[127] - - _Sexcentas numerare domos de sanguine prisco_ - _Nobilium licet, ad Christi piacula versas._ - PRUDENZIO, v. 567. - -[128] Sebben Girolamo mostri disprezzo per distinzioni di nascita, -rammenta che per padre ella discendeva da Agamennone, per madre dai -Gracchi, e sposò uno disceso da Enea e da Giulio. - -[129] _Ep._ XXIII _ad Eustoch._ - -[130] _Ep._ IV _ad Fabiol._ del 401. - -[131] SAN PAOLO, I _ad Corinth._, II. 4. - -[132] Il migliore per avventura de' suoi discorsi è quello in morte -del fratello Satiro, tutto spirante affetti di famiglia. — A nulla mi -valse l'aver raccolto il moribondo tuo respiro, appoggiata la bocca mia -sulle estinte tue labbra. Io sperava far passare la tua morte nel mio -seno, e comunicare a te la vita mia. Pegni crudeli e soavi, sventurati -abbracci, fra i quali io sentii il suo corpo farsi gelato e rigido, -e l'ultimo fiato esalare. Lo stringea fra le braccia, ma avevo già -perduto colui che ancora io serravo. Quel soffio di morte divenne per -me soffio di vita. Voglia il Cielo almeno ch'esso purifichi il cuor -mio, e ponga nella mia anima l'innocenza e la dolcezza tua». - -Dall'affetto domestico sa elevarsi ai pubblici danni, come nel -bell'esordio: — Fratelli carissimi, abbiam condotto innanzi all'ara -del sacrifizio la vittima che fu richiesta, vittima pura, accetta a -Dio, Satiro, mia scorta e mio fratello. Io non aveva dimenticato ch'ei -fosse mortale, nè mi lasciai illudere da vana speranza; ma la grazia -oltrepassò la speranza, e non che lamentarmi a Dio, devo ringraziarlo, -come quegli che sempre desiderai, in caso che alla Chiesa o a me -sovrastassero calamità, si sfogasse la tempesta sopra di me e sopra -la mia famiglia. Grazie al Signore, che nell'universale sovvertimento -prodotto dai Barbari che d'ogni parte recano guerra, abbia soddisfatto -all'afflizione comune co' miei particolari dispiaceri, e sia stato -percosso io solo quando temea per tutti. Sì, o fratello, avventuroso -in quanto rende florida la vita, nol fosti meno per opportunità della -morte. Non a noi fosti rapito, ma ai disastri; non hai perduto la vita, -ma fosti campato dalla minaccia delle calamità sospese sul nostro capo. -Affezionato com'eri a tutti i tuoi, oh quanto avresti gemuto nel sapere -che l'Italia è incalzata da un nemico già alle porte! quale afflizione -per te in pensare che ogni nostra speranza di salute sta nel baluardo -delle Alpi, e che alcuni tronchi d'albero sono l'unica barriera che -difende il pudore! quanto l'anima tua si sarebbe contristata nel vedere -che sì piccola distanza ci separa dal nemico, nemico feroce e brutale, -che nè la vita risparmia nè il pudore». - -Nulla di così bello egli dice o nella consolazione per la morte di -Valentiniano o nel panegirico di Teodosio. - -[133] SIMMACO, lib. X. ep. 54. Il testo proprio della legge ci manca; -ma in una d'Onorio del 415 (_Cod. Teod._, lib. XVI. tit. 10. l. 20) è -detto: — Conforme ai decreti del divo Graziano, ordiniamo di applicare -al nostro dominio tutte le proprietà (_omnia loca_) che l'errore degli -antichi destinò alle sacre cose». - -[134] SIMMACO, lib. I. ep. 46. - -[135] _Cod. Teod._, lib. XVI, tit. 7. l. 11. 12. 16. - -[136] Ivi, I. 1. 4. 5. - -[137] - - _Exultare patres videas, pulcherrima mundi_ - _Lumina, concilium que senum gestire Catonum_ - _Candidiore toga niveum pietatis amictum_ - _Sumere, et exuvias deponere pontificales._ - Contro Simmaco. - -[138] _Cod. Teod._, lib. XVI. tit. 1. I. 2. - -[139] Se nella serie dei concilj ecumenici si annoveri pure quel di -Gerusalemme, tenuto dagli Apostoli, nell'anno 50 d. C., e descritto -da san Luca nel cap. XV degli _Atti_ — Il simbolo, quale allora fu -redatto, si legge quotidianamente nella messa. - -[140] Oggi San Vittor Grande l'una, e Sant'Ambrogio l'altra. - -[141] Così racconta Isidoro di Siviglia, _De officiis ecclesiasticis_, -lib. I. c. 7. - -[142] _Deus creator omnium — Jam surgit hora tertia — Nunc sancte -nobis Spiritus_; e alcuno dice il _Te Deum_, ma altri lo pretende -composto nel IV secolo da un frate Sisebut, vissuto probabilmente a -Montecassino. - -[143] _Exameron_, III. 5; AUGUSTINI _Confess._ IX. 7. - -[144] _Rudis sed avida doctrinæ_, dicevala san Gaudenzio; e l'inno -antico di san Filastro, - - _Et rudem sed tunc cupidam moneri_ - _Insciam quamquam, tamen ad docendum_ - _Firmiter promptam._ - -[145] Labus, _Museo Bresciano_, intorno all'antico marmo di C. Giulio -Ingenuo, pag. 56. Da un curioso passo di Rodolfo notajo parrebbe che -fin nel VII secolo durasse in Valcamonica il culto di Saturno: _Erant -adhuc in illa valle plurimi Pagani, qui arboribus et fontibus victimas -offerebant. In tempore usque regis Ariberti imago Saturni magna -frequentia venerabatur in curte Hedulio_ (a Edolo): _et quum præcepti -regis obedientia non fieret ut illa imago destrueretur, Ingelardus dux -Brissiæ misit armatorum manus, qui illam disperderunt in fragmentis_. - -[146] Una tradizione molto divulgata fa nato sant'Antonio a -Ventimiglia, o almeno da madre di questa città. - -[147] Dell'unità del genere umano non ebbe conoscenza l'antichità, -alla quale sembrava un fatto fatale la divisione in nazioni. Giuliano -imperatore giudica che quest'unità, proclamata dagli Ebrei e dai -Cristiani, ripugni alla diversità di leggi e di costumi, la quale -deriva dalla volontà degli Dei, rappresentanti de' genj contrarj onde -sono ispirati i popoli, da Marte i guerreschi, da Minerva quei che -uniscono la prudenza al coraggio, da Mercurio quelli che hanno prudenza -più che valore. SAN CIRILLO, _contra Julianum_, lib. IV. - -[148] Commento al cap. II dell'_epistola ai Galati_. - -[149] _Quicumque ad Urbem discendi cupiditate veniunt, primitus ad -magistrum census provincialium judicum, a quibus copia est danda -veniundi, ejusmodi litteras proferant, ut oppida hominum et natales -et merita expressa teneantur; deinde ut primo statim profiteantur -introitu, quibus potissimum studiis operam navare proponant; tertio, -ut hospitia eorum sollicite censualium norit officium, quo ei rei -impertiant curam, quam se adseruerint expetisse. Idem immineant -censuales, ut singuli eorum tales se in conventibus præbeant, quales -esse debent, qui turpem inhonestamque famam et consociationes (quas -proximas putamus esse criminibus) æstiment fugiendas, neve spectacula -frequentius adeant, aut adpetant vulgo intempestiva convivia. Quin -etiam tribuimus potestatem, ut, si quis de his non ita in Urbe se -gesserit quemadmodum liberalium dignitas poscat, publice verberibus -adfectus, statimque navigio superpositus, abjiciatur Urbe, domumque -redeat. His sane qui sedulam operam professionibus navant, usque ad -vigesimum ætatis suæ annum Romæ licet commorari. Post id vero tempus, -qui neglexit sponte remeare, sollicitudine præfecturæ etiam impurius -ad patriam revertatur. Verum ne hæc perfunctorie fortasse curentur, -præcelsa sinceritas tua officium censuale commoneat, ut per singulos -menses, qui, vel unde veniant, quive sint, pro ratione temporis ad -Africam vel ad cæteras provincias remittendi brevibus comprehendat, his -dumtaxat exceptis, qui corporatorum sunt oneribus adjuncti. Similes -autem breves etiam ad scrinia mansuetudinis nostræ annis singulis -dirigantur; quo, meritis singolorum, institutionibusque compertis, -utrum quæque nobis sint necessaria judicemus. Dat._ III _Id. Mart. -Triv. Valentiniano et Valente III A. Cos._ - -[150] Ne siamo accertati dal carme d'Ausonio in onore d'un grammatico -di Bordeaux: - - _Quod jus pontificum, quæ fœdera, stemma quod olim_ - _Ante Numam fuerat sacrificis Curibus,_ - _Quod Castor cunctis de regibus ambiguis, quod_ - _Conjugis e libris ediderat Rhodope;_ - _Quod jus pontificum, veterum quæ scita Quiritum,_ - _Quæ consulta patrum, quid Draco, quidve Solon_ - _Sanxerit, et Locris dederat quæ jura Zaleucus,_ - _Sub Jove quæ Minos, quid Themis ante Jovem,_ - _Nota tibi._ - De Profess., cap. 22. - -[151] Ai primi, ventiquattro razioni giornaliere, agli altri metà -soltanto. L'uso di fissare gli stipendj per razione era generale, e il -fisco le ricomprava secondo un prezzo determinato. L'assegno suddetto -è per le scuole municipali: nelle imperiali di Treveri i retori hanno -trenta profende, venti un grammatico latino, dodici un greco. - -[152] Basti, a mostrarne la importanza, il titolo de' capitoli: I. -_præfatio_; II. _cur genio, et quomodo sacrificetur_; III. _genius -quid sit, et unde dicatur_; IV. _variæ opiniones veterum philosophorum -de generatione_; V. d_e semine hominis, et quibus e partibus exeat_; -VI. _quid primum in infante formetur, et quomodo alatur in utero -etc._; VII. _de temporibus quibus partus solent esse ad nascendum -maturi, deque numero septenario_; VIII. _rationes Chaldæorum de -tempore partus; idem de zodiaco et de conspectibus_; IX. _opinio -Pythagoræ de conformatione partus_; X. _de musica, ejusque regulis_; -XI. _ratio Pythagoræ de conformatione partus confirmata_; XII. _de -laudibus musicæ, ejusque virtute; item de spatio cœli, terræque ambitu, -siderumque distantia_; XIII. _distinctiones ætatum hominis secundum -opiniones multorum, deque annis climatericis_; XIV. _de diversorum -hominum clarorum tempore mortis_; XV. _de tempore et de ævo_; XVI. -_seculum quid sit ex diversorum definitione_; XVII. _Romanorum sæculum -quale sit_; XVIII. _de ludorum sæcularium institutione eorumque -celebratione usque ad imp. Septimium et M. Aurelium Antoninum_; XIX. -_de anno magno secundum diversorum opiniones, item de diversis aliis -annis, de olympiadibus, de lustris et agonibus capitolinis;_ XX. -_de annis vertentibus diversarum nationum_; XXI. _de anno vertente -Romanorum, deque illius varia correctione, de mensibus et diebus -intercalariis, de diebus singulorum mensium, de annis julianis_; -XXII. _de historico temporis intervallo, deque adelo et mystica, de -annis Augustorum et ægyptiacis_; XXIII. _de mensibus naturalibus et -civilibus, et nominum rationibus_; XXIV. _de diebus, et varia dierum -apud diversas nationes observatione; idem de solariis et horariis_; -XXV. _de dierum romanorum diversis partibus, deque eorum propriis -nominibus_. - -[153] Così conchiude: _Hæc ut miles quondam et græcus, a principatu -Cæsaris Nervæ exorsus, adusque Valentis interitum, pro virium explicavi -mensura, numquam, ut arbitror, sciens silentio ausus corrumpere vel -mendacio. Scribant reliqua potiores ætate, doctrinisque florentes. -Quos id, si libuerit, aggressuros, procudere linguas ad majores moneo -stylos._ Aveva in idea l'impero di Teodosio Magno. - -[154] Per Valentiniano, quando s'associò Valente all'impero, intona: -_Si qua in te cognatas cælitum potestates hujusmodi esset æquatio, -paribus cum sole luminibus globus sororis arderet; nec radiis fratris -obnoxia, precarium raperet luna fulgorem: iisdem curriculis utrumque -sidus emergeret, pari exortu diem germana renovaret, per easdem cæli -lineas laberetur, nec menstruo pigra discursu aut in senescendo varias -mulctaret effigies, aut in renascendo parvas pateretur ætates. Ecce -formam beneficii tui astra nesciunt æmulari: illis nihil est in mundana -luce consimile, vobis totum est in orbe commune._ - -Pel ponte costruito sul Reno dall'imperatore stesso: _Eat nunc carminis -auctor inlustris, et pro clade popularium Xantum fingat iratum, armatas -cadaveribus undas scriptor decorus educat; nescivit flumina posse -frenari. Tantumne valuit rivus iliacus, ut in auxilium Vulcani flamma -peteretur? Profundus didicit, quid parvus evaserit? Defensio ipsa -cælestium tuo operi non meretur æquari. Fluvium incendisse vindicia -est, calcasse victoria._ - -[155] Per l'eleganza della forma scegliamo questo: - - ARA PYTHIA. - VIDES UT ARA STEM DICATA PYTHIO - FABRE POLITA VATIS ARTE MUSICA - SIC PULCHRA SACRATISSIMA GENS PHOEBO DECENS - HIS APTA TEMPLIS QUI LITANT VATUM CHORI - TOT COMPTA SERTIS ET CAMOENÆ FLORIBUS - HELICONII LOCANDA LUCIS CARMINUM - NON CAUTE DURA ME POLIVIT ARTIFEX - EXCISA NON SUM RUPE MONTIS ALBIDI - LUNA E NITENTE NEC PARI DE VERTICE - NON CÆSA DURO NEC COACTA SPICULO - ARCTARE PRIMOS EMINENTES ANGULOS - ET MOX SECUNDOS PROPAGARE LATIUS - EOSQUE CAUTE SINGULOS SUBDUCERE - GRADU MINUTO PER RECURVAS LINEAS - NORMATA UBIQUE SIC DEINDE REGULA - UT ORA QUADRE SIT RIGENTE LIMITE - VEL INDE AD IMUM FUSA RURSUM LINEA - TENDATUR ARTE LATIOR PER ORDINEM - ME METRA PANGUNT DE CAMOENARUM MODIS - MUTATO NUMQUAM NUMERO DUMTAXAT PEDUM - QUÆ DOCTA SERVAT DUM PRÆCEPTIS REGULA - ELEMENTA CRESCUNT ET DECRESCUNT CARMINUM - HAS PHOEBE SUPPLEX DANS METRORUM IMAGINES - TEMPLIS CHORISQUE LÆTUS INTERSIT SACRIS. - -[156] N'abbiamo già esempj ne' classici, come in Marziale: - - _Rumpitur invidia quidam, dulcissime Juli,_ - _Quod me Roma legit; rumpitur invidia._ - -[157] - - _Blanditia; fera mors Veneris persentit amando_ - _Permisit solitæ nec styga tristitiæ;_ - -che può leggersi a rovescio: - - _Tristitiæ styga nec solitæ permisit amando_ - _Persentit Veneris mors fera blanditias._ - -E così il seguente: - - _Perpetuis bene sic partiri munera seclis_ - _Sidera dant patria et patris imperium._ - -[158] - - ... _Nec te jucunda fronte fefellit_ - _Luxuries, prædulce malum, quæ dedita semper_ - _Corporis arbitriis, hebetat caligine sensus..._ - _Fingendaque sensibus addis_ - _Verba, quibus magni geminatur gratia doni..._ - _Quoties incanduit ore_ - _Confessus secreta rubor, nomenque beatum_ - _Injussæ scripsere manus!_ - _Et reliquum nitido detersit pollice somnum:_ - _Utque erat interjecta comas, turbata capillos,_ - _Mollibus assurgit stratis._ - -Questo mi sembra più felice del pariniano. - -La similitudine del cavallo, cara a tutti i poeti da Giobbe in qua, -eccola in lui pure (_De nuptiis Mariæ_): - - _Nobilis haud aliter sonipes, quem primus amoris_ - _Sollicitavit odor, tumidus, quatiensgue decoras_ - _Curvata cervice jubas, pharsalia rura_ - _Pervolat, et notos hinnitu flagitat amnes,_ - _Naribus accensis: mulcet fæcunda magistros_ - _Spes gregis, et pulchro gaudent armenta merito._ - -Nello stesso epitalamio descrive l'abitazione di Venere: - - _Hic habitat nullo constricta Licentia nodo,_ - _Et flecti faciles Iræ, vinoque madentes_ - _Excubiæ, Lacrymæque rudes, et gratus amantum_ - _Pallor, et in primis titubans Audacia furtis,_ - _Jucundique Metus, et non secura Voluptas,_ - _Et lasciva volant levibus Perjuria pennis._ - _Hos inter petulans alta cervice Juventus_ - _Excludit senium luco._ - -Non saprei un passo d'Ovidio da contrapporre a questo, che ricorda -Tibullo. - -[159] Ha un epigramma, ove, per tutti i santi cristiani, prega celiando -un tal Jacopo a non censurarlo. Comincia: - - _Per cineres Pauli, per cani limina Petri,_ - _Ne laceres versus, dux Iacobe, meos._ - -[160] Nel secolo XV fu dissotterrato il piedistallo con una iscrizione -di non sicura autenticità, che dice: C. CLAVDIANO V. C. TRIBVNO ET -NOTARIO, INTER CETERAS _vigentes_ ARTES QVE GLORIOSISSIMO POETARVM, -LICET AD MEMORIAM SEMPITERNAM CARMINA AB EODEM SCRIPTA SVFFICIANT, -ADTAMEN TESTIMONII GRATIA OB IVDICII SVI FIDEM DD. NN. ARCADIVS ET -HONORIVS FELICISSIMI AC DOCTISSIMI IMPERATORES, SENATV PETENTE, STATVAM -IN FORO DIVI TRAIANI ERIGI COLLOCARIQVE IVSSERINT. Ενι Βιργιλιοῖο νοὸν -καὶ μοῦσαν Ομῆρον Κλαυδιανὸν ‘Ρώμη καὶ Βασιλεὶς ἔθεσαν. - -Scaligero (_Poetices_ lib. V. _qui et Hypercriticus_) chiama Claudiano -_maximus poeta, solo argumento ignobiliore oppressus, addit de ingenio -quantum deest materiæ Felix in eo calor, cultus non invisus, temperatum -judicium, dictio candida, numeri non affectati, acute dicta multa sine -ambitione_. - -[161] Tali sarebbero l'inno di sant'Ambrogio, _Deus creator omnium_; -e quel di Prudenzio per gl'Innocenti, _Salvete, flores martirum_. -Gli altri più antichi che la Chiesa ancor canti, sono il _Gloria in -excelsis_ di sant'Ilario, lo _Jam mæsta quiesce querela_ di Prudenzio, -e due di Sedulio. - -[162] Un poema di sant'Agostino o d'un contemporaneo contro i Donatisti -d'Africa è in trocaici rimati: - - _Abundantia peccatorum solet fratres conturbare;_ - _Propter hoc dominus noster voluit nos præmonere,_ - _Comparans regnum cælorum reticulo misso in mare,_ - _Congreganti multos pisces omne genus hinc et inde,_ - _Quos cum traxissent ad litus, tunc cœperunt separare,_ - _Bonos in vasa miserunt, reliquos in mare._ - -Sant'Agostino (_De tempore_): _Et magis ex ipsa (vita) corrumpitur -quam sanetur: magis occiditur quam vivificetur_ (Serm. 138 _De verbis -Dom._). _Ecce venitur et ad passionem, ecce venitur et ad sanguinis -effusionem, venitur et ad corporis incensionem._ (_De civ. Dei_, -XVI. 6) _Tamquam lex æterna in illa eorum curia superna_ (XVII. 12). -_Infidelitas gentium cum Dei populum exultabat atque insultabat esse -captivum, quid aliud quam Christi commutationem sed scientibus nesciens -exprobabat?... Illius enim spei confirmatio verbi hujus_ (_fiat_) -_iteratio_ (IX. 1). _Partim erudito otio, partim necessario negotio... -Uno_ (_vitæ genere_) _in contemplatione vel inquisitione veritatis -otioso, altero in gerendis rebus humanis negotioso... Crucifixerunt -salvatorem suum, et fecerunt damnatorem suum..._ - -[163] Vedi la nota 1 del Cap. XLVI. - -[164] Tre lettere conosciamo, attribuite a Maria Vergine. La prima, con -quella di sant'Ignazio che le diede origine, è d'antica data, non di -riconosciuta autenticità. - -Un vescovo messinese in occasione di peste ne trasse fuori un'altra, -che pretese diretta da Maria a Messina e che ancora vi ottiene gran -venerazione: benchè antichissima, la critica non può accettarla, e -la Congregazione dell'Indice appuntò i libri ove troppo assolutamente -n'era dichiarata l'autenticità. Eccola: _Maria Virgo, Joachim filia, -humillima Dei ancilla, Christi Jesu crucifixi mater, ex tribu Juda, -stirpe David, Messanensibus omnibus salutem, et Dei Patris omnipotentis -benedictionem. Vos omnes fide magna legatos ac nuncios per publicum -documentum ad nos misisse constat. Filium nostrum, Dei genitum, Deum et -hominem esse fatemini, et in cœlum post suam resurrectionem ascendisse, -Pauli apostoli prædicatione mediante viam veritatis agnoscentes. Ob -quod vos et civitatem vestram benedicimus, cujus perpetuam protectricem -nos esse volumus. Anno filii nostri_ XLII, III _nonas julii, luna_ -XVII, _feria quinta, ex Hierosolymis._ - -Frà Girolamo Savonarola riguardava per autentica la lettera di Maria -ai Fiorentini, d'immemorabile antichità: ma e la Chiesa e la critica vi -mettono gran dubbj, tanto più che consta solo nel 65 dopo Cristo essere -Firenze stata informata della verità da Paolino e Frontino discepoli di -san Pietro. Essa dice: _Florentia, Deo et Domino nostro Jesu Christo -filio meo, et mihi dilecta. Tene fidem, insta orationibus, roborare -patientia. His enim sempiternam consequeris salutem apud Deum._ - -[165] _Virgilium pueri legant, ut poeta magnus omniumque præclarissimus -atque optimus, teneris imbibitus annis, non facile oblivione possit -aboleri._ De civ. Dei, I. 3. - -[166] «Platone (dic'egli) mi ha fatto conoscere il vero Dio; Gesù -Cristo me ne ha mostrato la via». - -[167] Nella _Città di Dio_ ha un intero capitolo sulla Sibilla -Eritrea, _quæ inter alias Sibyllas cognoscitur de Christi evidentia -multa cecinisse_. E racconta che in Italia seppe che alcune ostiere -vantavansi di dare ai viaggiatori certi formaggi, che li cambiavano -in bestie da soma, le quali esse adopravano pe' loro servigi, poi vi -restituivano la forma primitiva; e benchè trasformati, conservavano -la ragione. Ma, soggiunge, tali cose sono false o talmente rare, che -poca fede vi si può prestare: pure s'ha da credere fermamente che Dio -è onnipotente, e può far quel che vuole a castigo o a ricompensa; che -i demonj sono angeli divenuti cattivi per le colpe, e che non possono -se non quel che viene permesso da Colui, i cui giudizj sono talvolta -secreti, non mai ingiusti. Lib. XVIII. c. 18. E merita esser letto -tutto per vedere la possanza delle credenze comuni sopra un'elevata -intelligenza, e per ispiegare le opinioni delle fatucchiere, di cui -parleremo al CAP. CXLIV. - -[168] _De civ. Dei_, I. 29. Vedi DE MAISTRE, _Du pape_, IV. 4. - -[169] Confutazione di Fausto Manicheo. - -[170] _De civ. Dei_, XII. 2; XV. 1. - -[171] È curioso vedere come giustifichi, anzi lodi le antitesi, dicendo -che nelle opere di Dio le apparenti contraddizioni producono bellezza, -come nello stile le antitesi, «bellissimi ornamenti dell'eloquenza; -e come questi contrapposti rendono più bello il parlare, così per una -eloquenza di contrapposizione non di parole ma di cose, si compone la -bellezza del secolo». - -[172] _De quæst. octogintatribus_, q. 58, e _De civ. Dei_, X. 14. Ecco -prevenuti Pascal e Bossuet. - -[173] PANVINIO, _De ritu sepeliendi mortuos apud veteres Christianos, -et de eorumdem cœmeteriis,_ 1574. - -MARANGONI, _Appendix de cœmeterio sanctorum Thrasonis et Saturnini_, e -_Acta sancti Victorini_, 1740. - -BOLDETTI, _Sopra i cimiteri dei santi Martiri_. - -BOTTARI, _Roma sotterranea._ 1737-54. Le tavole sono le stesse del -Bosio. - -MARCHI, _Monumenti delle arti cristiane primitive della metropoli del -cristianesimo_. Roma 1844. - -Maitland (_La Chiesa nelle catacombe_. Londra 1847) volle fare -l'opposto del Marchi, cercandovi argomenti contro il cattolicismo. - -A Parigi si era pubblicato _Rome souterraine_, ma il signor Perret non -vi conservò il carattere, aggraziando le pitture. Pio IX incaricò il -comm. De Rossi di nuove esplorazioni nelle catacombe: ed egli dispose -ben 12 mila iscrizioni cristiane, delle quali molto importa accertare -il tempo e il luogo. La più antica conosciuta è del 102. Il De Rossi -trovò il vero cimiterio di san Calisto e le tombe dei primi pontefici, -e i libri suoi sono il più sicuro testo intorno a quelle antichità -cristiane. - -[174] Che però lo scheletro non fosse mai effigiato dai classici, come -asseriscono i trattatisti d'arte, è smentito da pitture e bassorilievi: -nel museo Borbonico si ha una donna che sparge di fiori lo scheletro -del suo bambino; uno scheletro dalla cui bocca esce una farfalla, -simbolo dell'anima; un altro che balla al flauto sonato da Sileno, -primo cenno delle danze dei morti. - -[175] Semplicissimi sono gli epitafj: LAZARVS AMICVS NOSTER DORMIT — -MARTYRI IN PACE — NEOPHITVS IIT AD DEVM — RESPECTVS QVI VIXIT ANNOS V -ET MENSES VIII, DORMIT IN PACE — ALEXANDER MORTVVS NON EST SED VIVIT -SVPER ASTRA. - -È particolare questo di Vicenza: MARTINA CARA CONJVX QUÆ VENIT DE -GALLIA PER MANSIONES L VT COMMEMORARET MEMORIAM DVLCISSIMI MARITI SVI -BENE QVIESCAS DVLCISSIME MI MARITE. (GIOVANNI DA SCHIO, _Le antiche -iscrizioni di Vicenza_, 1850). - -[176] IVN. BASS. V. C. QVI VIXIT ANNIS XLII. II IN IPSA PRÆFECTVRA VRBI -NEOFITVS IIT AD DEVM VIII KAL. SEPT. EVSEBIO ET YPATIO COSS. E vedi -BOTTARI, tav. 33. - -[177] _A. F. Quast_, _Die altchristlichen Bauwerke von Ravenna, von_ V -_bis zum_ IX. _Jahrhundert historisch geordnet, und durch Abbildungen -erklärtert_. Berlino 1842. - -Gli edifizj di cui tratta, sono _i_. _Ecclesia ursiana_, cioè la -cattedrale, edificata poco dopo il 400, ora tutta rimodernata; Ecclesia -petriana, distrutta per tremuoto nell'VIII secolo; San Lorenzo in -Cesarea, edificata da Luscrizio cameriere d'Onorio, distrutta per -tremuoto nel 1553; battistero della cattedrale, eretto da Neo vescovo -(425-30), fabbrica delle più rimarchevoli di Ravenna; battistero della -Petriana, distrutto; basilica di san Giovanni Evangelista, costrutta -da Galla Placidia; basilica di Santa Croce, dalla medesima, rovinata; -cappella de' Santi Nazario e Celso, dalla medesima; San Giovanni -Battista e Santa Agata, rimodernate; Sant'Agnese, distrutta; San -Pietro, ora San Francesco, cappella nel palazzo arcivescovile. - -II. Epoca di Teodorico: Santa Maria in Cosmedin, già battistero ariano; -San Teodoro; San Martino _in cœlo aureo_, ossia Sant'Apollinare nuovo; -palazzo di Teodorico, mausoleo del medesimo; portico della piazza -maggiore. - -III. Costruzioni posteriori sino alla morte di Agnello arcivescovo -(566); Santa Maria Maggiore, rimodernata nel XVI secolo; San Michele -in Affricisco, consacrata nel 545, or quasi distrutta; San Vitale; -Sant'Apollinare in Classe, consacrata nel 549; Sant'Andrea e Santo -Stefano. - -IV. Ultimo periodo, sino al 900; San Severo in Classe, distrutta -al principio del nostro secolo; monastero di Sant'Apollinare, e -abbellimenti delle parti interne della basilica fatti nel 642-77; -devastazioni posteriori di Classe, e risarcimenti sotto Leone III; -poi, per le incursioni de' Saracini, si portò in città il corpo di -sant'Apollinare. - -[178] Ancora si vede in Roma a San Lorenzo, a San Giorgio in Velàbro, a -Santa Maria Transtevere, e alquanto modificato a San Giovanni Laterano, -Santa Maria Maggiore, ecc. I cortili si hanno a San Clemente, ai -Quattro Santi Coronati, a San Lorenzo in Roma; a Sant'Apollinare e San -Giovanni della Sagra in Classe a Ravenna; alla cattedrale di Parenzo in -Istria, a Sant'Ambrogio di Milano... Quest'ultima basilica, San Zeno di -Verona e Santa Maria di Torcello sono quelle dell'Italia superiore che -per avventura conservano maggiori elementi della basilica antica. - -[179] _Hominem mortuum in urbe ne sepellito, neve urito_. La ragione -politica di ciò era che la tomba dava la proprietà d'un luogo, e la -città non doveva essere di verun privato. - -[180] A quello di Sant'Ambrogio in Milano servirono due arche -funerarie, una sovrapposta all'altra. - -[181] Bruciata il 21 luglio 1832, ed ora ricostrutta. Vedi CIAMPINI, -_Synopsis de sacris ædificiis a Constantino constructis_. Roma 1691. - -Calcolano essersi fabbricate in Roma: - - nel secolo II chiese 2 - — III » 9 - — IV » 17 - — V » 8 - — VI » 12 - — VII » 5 - — VIII » 11 - — IX » 7 - — X » 1 - — XI » 7 - — XII » 8 - — XIII » 16 - — XIV » 8 - — XV » 30 - — XVI » 93 - — XVII » 62 - — XVIII » 7 - -[182] Il San Giovanni di Firenze, mal creduto tempio di Marte, mentre -la dissonanza delle parti lo attesta eretto ne' bassi tempi; il -circolare di Pisa; il San Giovanni di Parma, a sedici faccie dentro e -otto fuori, cominciato il 1196 da Benedetto Antelmani, e finito verso -il 1260; il dodecagono di Canosa; il San Giovanni in Fonte a Verona, -ottagono, come quelli di Cremona, Volterra, Pistoja, ecc. - -[183] _Centurio nitentium rerum_. — AMMIANO MARCELLINO, XVI. 6; Cod. -Teod., lib. IX. tit. 17; lib. XVI. tit. 49; Cod. Giust., tit. _De -sepulc. viol._ - -[184] _Qui cadit a formula, cadit a toto_. Un esempio vivo possiamo -averlo negli Inglesi, schiavi del convenuto, del gusto nazionale, -de' casi precedenti, della giustizia, della virtù, della religione -uffiziale; eppure questa non è imitazione del diritto romano, il quale -anzi è aborrito dai loro pratici. - -[185] _Respondebant, scribebant, cavebant,_ dice Cicerone. - -[186] _Sic enim, existimo, juris civilis magnum usum et apud Scævolam, -et apud multos fuisse; artem in hoc uno. Quod nunquam effecisset ipsius -juris scientia, nisi eam præterea didicisset artem, quæ doceret rem -universam tribuere in partes, latentem reperire definiendo, obscuram -explanare interpretando, ambigua primum videre, deinde distinguere... -Sed adjunxit etiam et literarum scientiam, et loquendi elegantiam._ -Brutus, 41; Pro Muræna, 10. 14. - -[187] _Nihil tam proprium legis quam claritas_. - -[188] _Familia_ da _fons memoriæ; metus_ da _mentis trepidatio; furtus_ -da _furvus; stellionatus_ da _stellio_, tarantola; _testamentum_ da -_testatio mentis_. - -[189] Una legge romana dice, non poter il cieco piatire, perchè non -vede gli ornamenti della magistratura; Dig. lib. I, _De postul._ Paolo -(_Sent._ IV. 9) scrive che il feto di sette mesi nasce perfetto, perchè -sembra provarlo la ragione dei numeri di Pitagora. - -[190] Dig. lib. I. tit. 2. l. 1. - -[191] _Eosdem, quos populus romanus, hostes et amicos habeant — -Majestatem populi romani comites conservanto._ CICERONE, pro Balbo, 16. - -[192] Eineccio (_Edicti Perpetui ordini et integritati suæ restituti, -partes duo_), Bach (_Historia juris romani_. Lipsia 1806) e tutti -sostennero il sì, fino ad Hugo che sostenne il no con ragioni di polso. -L'Editto Perpetuo andò perduto, e i tentativi di rintegrarlo, fatti da -G. Bauchin nel 1597, sono inseriti in POTHIER, _Pandectæ Justinianeæ_, -lib. I. Meglio WIELING, _Fragmenta Edicti Perpetui_. Franeker 1733. E -vedansi: - -GIFANIUS, _Œconomia juris_. - -NOODT, _Commentarius ad Digesta_. - -DE WEYTE, _De origine fatisque jurisprudentiæ romanæ, præsertim -edictorum prætoris; ac de forma edicti perpetui._ Cella 1821. - -FRANK, _Commentarius de edicto prætoris_. Kiliæ 1830. - -HAIMBERGER, _Il diritto romano privato e puro_ (lat. e ted.). Lemberg -1830. - -MACKELDEY, _Manuale del diritto romano_ (ted.). Berlino 1814. - -WESTEMBERG, _Manuale di diritto romano_ (ted.). Ivi 1822. - -La scuola storica del diritto, già ingrandita in Germania, venne -diffusa allorchè fu coltivata dai Francesi; e i recenti lavori di -Beugnot, Pardessus, Giraud, Laboulaye, Thibaut, Troplong, Laferrière, -Du Caurroy.... ne resero comuni le conclusioni. È principalmente -notevole l'_Explication historique des Instituts de l'empereur -Justinien_, del sig. Ortolan. Parigi 1854. - -[193] Tale parmi il senso più naturale del famoso passo di Pomponio, -Dig. lib. I. tit. 2. l. 1: _Sussurius Sabinus in equestri ordine -fuit, et publice primus respondit; posteaque hoc cœpit beneficium -dari a Tiberio Cæsare: hoc tamen illi concessum erat. Et, ut obiter -dicamus, ante tempora Augusti publice respondendi jus non a principibus -dabatur, sed qui fiduciam studiorum suorum habebant, consulentibus -respondebant. Neque responsa utique signata dabant, sed plerumque -judicibus ipsis scribebant, aut testabantur qui illas consulebant. -Primus divus Augustus, ut major juris auctoritas haberetur, constituit -ut ex auctoritate ejus responderent: et ex illo tempore peti hoc pro -beneficio cœpit. Et ideo optimus princeps Hadrianus, quum ab eo viri -prætorii petirent ut sibi liceret respondere, rescripsit eis, hoc non -peti, sed præstari; et ideo delectari se, si qui fiduciam sui haberet, -populo ad respondendum se præpararet._ - -Come esorbitante, credevasi falsa una tanta autorità, quando la chiarì -questo passo di Gajo, recentemente scoperto (_Comm._ I. 7): _Responsa -prudentum sunt sententiæ et opiniones eorum, quibus permissum est jura -condere: quorum omnium si in unum sententiæ concurrant, id quod ita -sentiunt, legis vicem obtinet: si vero dissentiunt, judici licet quam -velit sententiam sequi: idque rescripto divi Hadriani significatur._ - -[194] Alcuno opinò divenissero sorgenti del diritto soltanto dopo -Tiberio, e da prima fossero solo proposizioni, vigenti un anno e non -più. Il contrario ora è dimostrato da Hugo, _Lehrbuch der Geschichte -des römischen Rechts bis auf Justinian_. - -[195] Più di mille cinquecento ce ne rimangono da Augusto a Costantino. -A domande rispondono colle _epistolæ, literæ_: sulla petizione fanno -una _subscriptio, adnotatio_, che chiamasi _sanctio prammatica_ se -diretta ad una città o ad un corpo; _constitutiones personales_ -si dicono propriamente le concessioni di privilegi: _decreta_ -o _interlocutiones_ sono decisioni di cause portate in appello -all'imperatore o al suo consiglio: _mandata_ sono gli ordini dati -dall'imperatore ai governatori delle provincie: _edicta_ gli ordini -diretti al popolo. - -[196] Tali le _Receptæ Sententiæ_ di Paolo. - -[197] Talvolta in ciò degenerano in minuzie, come si vede nei frammenti -trovati nella biblioteca Vaticana il 1823. - -[198] _Antistius Labeo, ingenii qualitate et fiducia doctrinæ, qui et -in cæteris sapientiæ partibus operam dederat, plurima innovare studuit: -Atejus Capito, in his quæ ei tradita erant, perseverabat._ POMPONIO, -Dig. lib. I. tit. 2. l. 2. - -Avendo Tiberio in un editto usato una parola non latina, qualche -senatore, desideroso di far pompa di libertà ove non portava pericolo, -sorse a rinfacciargliela. Capitone sostenne che, quantunque mai non -si trovasse usata, si dovesse però mettere fra le latine sull'autorità -di Tiberio. Un Marcello replicò che Tiberio potea dare la cittadinanza -agli uomini, non alle parole. Magnanima opposizione! - -[199] In capo alle Pandette si suole stampare il catalogo degli -autori di cui si valse Giustiniano, cavato dal famoso manoscritto del -Digesto conservato a Firenze. Da Alessandro Severo a Giustiniano tre -soli giureconsulti vi sono citati, Arcadio Carisio, Giulio Aquila ed -Ermogene, forse autore del codice che porta il suo nome. - -[200] È inserito nel Digesto, lib. I. tit. 2. - -[201] Fra' molti manoscritti ond'è ricca la biblioteca del Capitolo -di Verona, e di cui diede il catalogo Scipione Maffei nella _Verona -illustrata_, trovavansi alcuni fogli di pergamena, che quel dotto -antiquario giudicò formar parte d'un codice o di qualche opera d'antico -giureconsulto, e ne esibì il fac-simile. D'allora più non se ne parlò, -fin quando Haubold nel 1816 stampò a Lipsia una _Notitia fragmenti -veronensis _de interdictis_._ Niebuhr, venuto a Verona, trasse copia -del frammento _de præscriptionibus_, e d'un altro sui diritti del -fisco; esaminò varj manoscritti, e singolarmente le epistole di san -Girolamo, riconosciute per palinsesto da Maffei e da Mosotti, ma non -mai dicifrato: e al modo che sotto la storia poetica di Roma leggeva -la vera, scoprì sotto la scrittura quanto bastasse per convincersi che -era l'opera di un giureconsulto; e applicando l'infusione di galla a -un foglio, lo lesse. Ne informò Savigny, ed insieme proclamarono sui -giornali la scoperta, mostrando che il frammento _de præscriptionibus_ -apparteneva agli _Istituti_ di Gajo. L'Accademia di Berlino spedì -a Verona nel 1817 i signori Göschen e Bekker, i quali, superando le -gravi difficoltà che a chi vuol il bene oppongono coloro che fare nol -vogliono o non sanno, giunsero a trascrivere nove decimi del libro; il -resto era illeggibile. Il manoscritto componevasi di centoventisette -fogli; la scrittura più recente in majuscole esibiva ventisei epistole -di san Girolamo; la primitiva, elegantissima, gli _Istituti_; e fra -questa e quella una terza stendevasi per un quarto del manoscritto, -contenente epistole e meditazioni d'esso santo. Onde la membrana -fu raschiata tre volte; eppure offre il testo più compiuto, sebbene -difficile ed ostinato lavoro esigesse il leggerlo. Niebuhr e Knopp -credono la scrittura anteriore al regno di Giustiniano. La prima -edizione ne fu fatta a Berlino il 1820. Bluhm tornò a collazionarla col -testo di Verona, e ne fece un'edizione _princeps_ nel 1824. - -[202] _Costituzioni_ del 321 e 327, scoperte dal Maj nel 1821. - -[203] Instit. lib. I; Dig. _De just. et jure_, l. 1; _De reg. juris_, -l. 33. - -[204] Il codice Teodosiano andò perduto, colpa dei compendj fattine, -tra cui il principale è il _Breviario_ d'Alarico, che ebbe vigore -presso i Visigoti. Nel 1528 Giovanni Siccardo ne pubblicò un'edizione -in Magonza; ma non è se non esso Breviario, purgato dalle leggi -derivate da usanze gotiche. Du Tillet aggiunse gli ultimi otto libri, -non compendiati in quel Breviario. Cujaccio credette dare interi -il VII e VIII col supplemento di Stefano Carpino. A Cujaccio stesso -furono da Pietro Piteo comunicate le costituzioni del senatoconsulto -Claudiano, appartenenti al IV libro. Giacomo Gotofredo commentò questo -codice con trenta anni di lavoro, pubblicato nel 1736 in Lipsia da -Antonio Marsigli e Daniele Ritter (_Codex Theodosianus, cum perpetuis -commentariis_ J. GOTHOFREDI; 6 vol. in-fol.). Il cardinale Maj in -un palimsesto vaticano scoperse altri frammenti, che stampò a Roma -nel 1823 coi tipi di Propaganda. L'anno seguente Amedeo Peyron nella -biblioteca dell'Università di Torino trovò ben cinquanta leggi non -prima conosciute, tra cui quelle ove Teodosio prescrive le norme colle -quali produrre la sua legislazione (_Fragmenta codicis Theodosiani_, -nel tomo XXVII degli _Atti dell'Accademia di Torino_). Con queste e le -scoperte da Clossio fu fatta un'edizione nuova d'esso codice a Lipsia -il 1825, per cura di C. F. Wenck. Ma nuove leggi scoprì a Torino e -nell'Ambrosiana Carlo di Vesme, che ne fa la più compiuta edizione. - -[205] Πᾶν δέχεσθαι, tutto contenere. La sigla _ff_, colla quale -suole indicarsi il Digesto, probabilmente viene da un _d_ corsivo, -abbreviazione di Digesto, traversato da una linea, che dagli editori fu -scambiato per un doppio _f_. Vedi CRAMER, _Progr. de sigla Digestorum -ff._ Chilon 1790. Spesso, nel citar le leggi, invece di L. si pone -_fr._, perchè in fatto son piuttosto frammenti. - -Già al tempo che si compilarono le Pandette, molte opere di diritto -erano o perdute o scarse a Costantinopoli, poichè di Casellio vi si -dice che _scripta non extant, sed unus liber_; di Trebazio, che _minus -frequentatur_; di Tuberone, che _libri parum grati sunt_, ecc. ecc. Le -Pandette stesse poco mancò non andassero perdute; giacchè, se anche è -una storiella quella dell'unica copia serbatasi ad Amalfi, ne prova -però la rarità. Più tardi gli eruditi raggranellarono i brani de' -varj autori sparsi per le Pandette, e li disposero secondo i libri -dond'erano tolti; e ad alcuni passi recò non poca luce il ravvicinarli -e paragonarli. - -Degli scrittori di diritto antegiustinianei pochi ci arrivarono -intatti; i più, alterati da qualche legislatore, come tutti quelli -nella raccolta giustinianea. Queste opere di diritto sono o _Libri -prudentum_, o _Codices constitutionum_, ossieno diritto antico e -diritto posteriore. Fra i primi voglionsi particolarmente mentovare: - -1. I frammenti _Regularum_ di Ulpiano; - -2. Le _Instituta_ di Gajo, di cui parliamo; - -3. Le _Receptæ Sententiæ_ di Paolo, conservateci mutile dai Visigoti; - -4. _Lex Dei, sive Collatio legum mosaicarum et romanarum_, raccolta -fatta sul dechino dell'Impero Occidentale, del pari che - -5. _Consultatio veteris jurisconsulti_; - -6. _Vaticana juris fragmenta_. - -I codici sono: - -1. Frammenti del Gregoriano e dell'Ermogeniano; - -2. Il Teodosiano; - -3. Le Novelle degli imperatori da Teodosio a Giustiniano. - -Le iscrizioni su pietra o su bronzo, contenenti testi di leggi, -senatoconsulti, editti od atti, sono preziosi come testi autentici, -mentre i libri non ci danno che le copie. Furono raccolti da -Spangenberg (Berlino 1830) col titolo, _Antiquitatis romanæ monumenta -legalia, extra libros juris romani sparsa_. Egli stesso avea pubblicato -a Lipsia nel 1821 una raccolta d'atti del diritto romano, vale a -dire contratti, testamenti e simili; _Juris romani tabulæ negotiorum -solemnium, modo in ære, modo in marmore, modo in charta superstites_. -E già ne' _Papiri diplomatici raccolti ed illustrati_, a Roma nel 1805, -il Marini avea pubblicato una collezione d'atti sopra papiro. - -Delle leggi ed atti giuridici che abbiamo su bronzo, i principali sono: - -_Senatusconsultum de Bacchanalibus_ del 567 di Roma, che riporteremo -nell'_Appendice I_. - -_Lex Thoria agraria_ del 613, che sta sul rovescio della tavola che -contiene la _lex Servilia repetundarum_ del 654 circa; - -_Tabula Heracleensis_, frammenti trovati il 1732 nell'antica Eraclea -presso Taranto, di varie leggi dal 664 al 680 di Roma, o, secondo -Savigny, del 709: e sta nel museo di Napoli; - -_Plebiscitum de Thermensibus majoribus Pisidis_, forse del 690, degente -nel museo Borbonico, dove pure la _lex de scribis viatoribus;_ - -_Lex Rubria de Gallia Cisalpina, del 708 circa_: fu trovata mutila a -Velleja, e deposta a Parma; - -_Lex Regia_, ossia il senatoconsulto dell'impero di Vespasiano, -dell'823 di Roma: sta nel museo Capitolino, anch'essa mutila. -Impropriamente chiamasi senatoconsulto: bensì tale è quello _de -ædificiis negotiationis causa non diruendis_, dell'801 o 809, -dissotterrato da Ercolano; e un altro _de Asclepiade Clazomenio_, uno -_de Triburtibus_, uno in onore di Germanico. - -Si han pure due rescritti di Vespasiano dell'833, trovati uno a -Malaga, l'altro in Corsica; un'_Epistola Domitiani, spectans ad -litem inter Falerienses et Firmanos de subsecivis_, trovata presso -Faleria; l'_Edictum Diocletiani de prætiis rerum_, del 303 d. C., -tariffa dei prezzi e de' salarj, del quale un esemplare sta nel Museo -Britannico, un altro a Aix: l'_Edictum Constantini Magni de ordine -judiciorum publicorum_ del 311 d. C., tratto da schede della Biblioteca -Ambrosiana. Va anche mentovata l'orazione di Claudio imperatore in -senato sul comunicare la cittadinanza ai Galli, la quale si conserva a -Lione in due pezzi di bronzo; e _Tabula Trajani alimentaria_ sui fondi -destinati da Trajano ad un ospizio di orfani nel 108 d. C., scoperta -il 1747 a Velleja. Altre riferiscono testamenti, rendite, rescritti -di magistrati, atti municipali, determinazioni di confini, fra' quali -vuole una menzione particolare la sentenza, resa nel 633 di Roma, sopra -le differenze nate tra i Genuesi e i Genuati, e che conservasi nel -palazzo municipale di Genova. - -Nel secolo XVI cominciaronsi indagini storiche sopra il diritto romano, -e massime i Batavi ne meritarono ottimamente. Lavori grandiosi però -non apparvero che entrante il secolo passato; e primo quello di Gian -Vincenzo Gravina, che nel 1701 pubblicò _Origines juris civilis_; poi -in Germania Eineccio nel 1716, _Antiquitatum romanarum jurisprudentiam -illustrantium syntagma_, che è il sunto più compito e chiaro degli -studj storici fatti sin allora. Questo riguarda solo la storia interna -del diritto romano; l'esterna fu dal medesimo trattata nell'_Historia -juris civilis romani ac germanici_. Alla 1733. - -La quale distinzione della storia esterna ed interna fu prima -introdotta dal Leibniz. L'esterna, ossia generale, considera solo -l'andamento della legislazione d'un popolo, dando a conoscere l'origine -e i progressi delle fonti del diritto, cioè de' costumi, delle leggi, -de' codici, gli avvenimenti politici che v'ebbero influenza, la -successione dei giureconsulti, le scuole loro, le opere e l'efficacia -sulle riforme della legislazione. L'interna, o vogliasi dire _le -antichità del diritto_, è la storia speciale de' principj del diritto -medesimo, mostrando come progredirono lo stato delle persone, il -reggimento domestico, la storia delle proprietà, delle istituzioni -giudiziali, delle leggi penali, insomma le particolarità della -legislazione d'un popolo. - -[206] Dell'autorità attribuita alla consuetudine, molte testimonianze -abbiamo: _Pleraque in jure non legibus, sed moribus constant_. -QUINTILIANO, Instit., v. 3. — S_ed et ea quæ longa consuetudine -comprobata sunt, velut tacita civium conventio, non minus quam ea -quæ scripta sunt, jura servantur_. Leg. 35 pr. Dig. tit. I. lib. 3. — -_Omne jus aut consensus fecit, aut necessitas constituit, aut firmavit -consuetudo_. Leg. 40 ivi. — Anche Portalis, nel discorso preliminare -al Codice francese, pose: _Les codes des peuples se font avec le temps, -mais, à proprement parler, on ne les fait pas._ - -[207] Plutarco, in _Romolo_; DIONIGI D'ALICARNASSO, lib. II. - -[208] _Sei stuprum commisit aliudve peccassit, maritus judex et vindex -estod, deque eo cum cognatis gnoscitod._ XII Tavole. - -[209] Vedi tutta l'_Aulularia_ di Plauto. - -[210] GIUSTINIANO, Nov. 91. - -[211] GIUSTINIANO, Nov. 53. - -[212] _Tutoris auctoritas necessaria est mulieribus, si lege aut -legitimo judicio agant, si se obligent, si civile negotium gerant._ -ULPIANO, Framm. tit. XI. - -[213] _Nov._ 118, cap. 5. - -[214] Sotto l'impero figurano grandemente Giulia Domna, Soemi, Mammea, -Zenobia; e al declinare di esso Pulcheria, Eudossia, Placidia, Onoria, -Giustina. - -[215] Sant'Ambrogio (_Hexameron_, lib. VI. c. 4. § 22) scrive: -_Natura hoc bestiis infundit, ut catulos proprios ament, et fœtus -suos diligant. Nesciunt illa odia novercalia, nec, mutato concubitu, -parentes a sobole depravantur, neque noverunt præferre filios -posterioris copulæ. Nesciunt charitatis differentiam._ — Vedi il Cod. -Teod. _De secundis nuptiis_; e POTHIER, _Pandectæ_, tom. II. p. 89. - -[216] Sotto Giustiniano potea ciascuno avere la concubina: _Cujuscumque -ætatis concubinam haberi posse palam est, nisi minor annis duodecim -sit._ Dig. lib. XIV. tit. 1. I. 4. Vanno in tal senso intesi i passi di -concilj o d'autori ecclesiastici, ove si parla della concubina. - -[217] Sant'Agostino vuole che la madre abbia il maggior diritto -nel maritare la figlia, se pur questa non sia maggiorenne: _Puellæ -fortassis... apparebit et mater, cujus voluntatem in tradenda filia -omnibus, ut arbitror, natura præponit; nisi eadem puella in ea ætate -fuerit, ut jure licentiori sibi ipsa eligat quod velit._ Ep. 233 ad -Benenatum. - -[218] Furono ridotti in versi a questo modo: - -dirimenti — - - _Error, conditio duplex, insania mentis,_ - _Nec non mandati vitium, puerilis et ætas,_ - _Raptus, adulterium, cædes, cognatio, votum,_ - _Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas,_ - _Si sit affinis, si clandestinus, et impos;_ - _Hæc facienda vetant connubia, facta retractant._ - -impedienti — - - _Ecclesiæ vetitum, nec non tempus feriatum,_ - _Atque catechismus, sponsalia, jungite votum,_ - _Par nisi sit cultus, nisi proclamatio terna,_ - _Ni sacer accedat ritus, patrisque voluntas;_ - _Hæc prohibent fieri, permittunt facta teneri._ - -[219] Arcadio temperò questo rigore, assolvendo dal fuoco; poi abrogò -la legge. Cod. Giust., lib. III. tit. 7. l. 2; tit. 12. l. 3; lib. V. -tit. 4. l. 19. - -[220] _Penes nos occultæ conjunctiones, idest non prius apud Ecclesiam -professæ, juxta mœchiam et fornicationem judicari periclitantur._ -TERTULLIANO, De prudentia. - -[221] — La chiesa (dice Tertulliano) prepara il matrimonio, e ne -stende il contratto, l'oblazione delle preghiere lo conferma, la -benedizione il suggella, Dio lo ratifica. Due fedeli portano lo stesso -giogo; non sono che una carne sola, un solo spirito; pregano insieme, -insieme digiunano, insieme sono alla chiesa, alla mensa divina, -nelle traversie, nella pace». _Ad uxorem_. — Del quale testo porge -un esteso commento il Goudefroy sulla legge III del Cod. Teod. _De -nuptiis_. E dopo Tertulliano viveva Modestino, che del matrimonio diede -l'elegantissima definizione _conjunctio maris et fœminæ, consortium -totius vitæ, divini et humani juris communicatio_. Dig. _De ritu nupt._ -I. 1. - -[222] _Repudium, quod permissum aliquando, jam prohibet... Solus enim -separabit qui et conjunxit... In totum enim, sive per nuptias, sive -vulgo, alterius viri admissio adulterium pronuntietur._ TERTULLIANO, De -monogamia. - -[223] Cod. Giust., lib. III. _De patria potestate_. - -[224] Inst., _Per quas personas_. Gotofredo (sulla legge del Cod. Teod. -_de maternis bonis_) avverte che ciò stabilivasi _christiana disciplina -paullatim patriæ potestatis duritiem emolliente_. - -[225] PAOLO, _Sent._ v. 1. BYNCKERSHOECK, _De jure occidendi liberos_. - -[226] SVETONIO, in _Claudio_, 25; Dig. lib. XLVIII. tit. 8. l. 2; lib. -II. tit. 2. - -[227] SPARZIANO in _Hadriano_, 19. — _Dominorum potestatem in suos -servos illibatam esse oportet, nec cuipiam hominum jus suum detrahi_. -Dig. lib. II. tit. I. l. 6. - -[228] Cod. Giust., lib. I. tit. 19. l. 1; lib. VII. tit. 13. l. 1. - -[229] Florio, _Hist._, III. 20. - -[230] Cod. Teod., lib. IX. tit. 12. l. 1; tit. 18. l. 40. tit. 12. l. -1; Cod. Giust., lib. III. tit. 38. l. 2. - -[231] Opera capitale su questo punto è SAVIGNY, _Das Recht des -Besitzes_. Giessen 1803. Vi fecero dilucidazioni e commenti WARN-KÖNIG -(_Analyse du Traité de la possession par M. de Savigny_ Liegi 1824), e -LHERMINIER (_De possessione; analytica Savinianæ doctrinæ expositio._ -Parigi 1828). - -[232] Tit. _De usucapione_, e _De nudo jure Quiritium tollendo_. - -[233] Cicerone prova che Archia era cittadino romano perchè fece -testamento. - -[234] Inst. II. 22, _De lege Falcidia_. - -[235] _Aucupatione syllabarum insidiantes_. L. II. del Cod. Giust. _De -formulis_, dell'anno 342. - -[236] Cod. Giust., lib. III. tit. 1. l. 13. - -[237] Cod. Teod., lib. XIV, tit. 1. l. 1. - -[238] Ulpiano scrive che, se una donna fu successivamente concubina -del patrono, poi del figlio di esso, e ancora del figlio di questo, non -crede operi regolarmente: NON PUTO EAM RECTE FACERE. Dig. lib. I. tit. -1. l. 3. - -[239] _Aliudve quid simile admiserint_. Dig., tit. _Ad leg. Jul. maj._ - -[240] _Sacrilegii instar est dubitare an dignus sit quem elegerit -imperator_. Cod. _De crim. sacril._ La copiò re Ruggero nelle -costituzioni di Napoli, tit. IV. - -[241] _Nam ipsi pars corporis nostri sunt_. Dig. l. cit. - -[242] Cod. Teod., tit. _De falsa moneta_. - -[243] Ammiano Marcellino, XVI. 8. - -[244] Cod. Giust., lib. IX. tit. 8. l. 6. - -[245] Lib. IV. tit. 15; lib. IX. tit. 42; lib. X. tit. 8. 9. 10. - -[246] Lib. IX, tit. 8. l. 1 e 2. - -[247] VOPISCO in _Alex. Sev._; Cod. Teod., tit. _Ad leg. Jul. maj._ - -[248] _Nomina quidem servavimus, legum autem veritatem nostram fecimus. -Itaque si quid erat in illis seditiosum (multa etiam talia erant ibi -reposita), hoc decisum est et definitum, et in perspicuum finem deducta -est quæque lex_. Cod. Giust., lib. I. tit. 17. l. 3. - -[249] Cod. Teod. tit. _De petit._, e _De famos. libell._ — Le seguenti -leggi trovansi sparse nel codice stesso. - -[250] Ivi, tit. _De indulg. crim._ — Il Muratori, nel riferir ciò -all'anno 409, dice che tal costume durava a' suoi giorni in moltissimi -luoghi della cristianità, e nominatamente a Modena. - -[251] Ivi, lib. XI, tit. 30. l. 68; Cod. Giust., De leg. _Digna vox_. - -[252] _Nitimur aliquid invenire semper et naturæ consequens, et quod -possit priora corrigere_. Nov. 18 præf. - -Il sig. Troplong, nell'_Influenza del cristianesimo sopra la -legislazione_, conchiude: — Il diritto romano fu migliore nell'età -cristiana che nelle antecedenti; e il dire contrario è paradosso o mala -intelligenza; ma è inferiore alle legislazioni moderne, nate all'ombra -del cristianesimo, e meglio penetrate del suo spirito». - -Gaudenzio Paganini nel 1638 beffò Giustiniano amaramente per avere -abolito le leggi d'agnazione, ed essersi mostrato favorevole alle -ragioni delle donne. Sagrifizio alle idee pagane, che vorrebbe nei -secoli cristiani resuscitare i pregiudizj di Catone, il privilegio -contro il diritto comune. - -Il grancancelliere L'Hôpital, volendo sviare i Francesi dalla -legislazione romana per tenerli alle consuetudini patrie, incaricò -Francesco Holmann di scrivere l'_Anti-Tribonien, ou Discours sur -l'étude des lois_; dove, animandosi dell'odio contro Cujaccio, flagella -non solo la giustinianea, ma tutta la legislazione romana, con acutezza -e ardimento talvolta felice, sempre parziale. - -[253] Paolino, nella _Vita di sant'Ambrogio_. Anche Orosio ed altri -autori ascrivono la vittoria su Radagaiso a miracolo; e a Firenze e nel -Mugello si alzarono allora chiese a santa Reparata. - -[254] ZOSIMO, lib. 5. - -[255] Nel 1554 fu trovato sul Vaticano il costei cadavere, con molti -oggetti preziosi; ne' soli abiti aveva trentasei libbre d'oro. - -[256] Fa pietà l'orrore che Rutilio Numaziano mostra per quell'enorme -colpa, ch'egli trova peggiore di quella di Nerone: - - _Omnia tartarei cessent tormenta Neronis,_ - _Consumat stygias tristior umbra faces._ - _Hic immortalem, mortalem percutit ille;_ - _Hic mundi matrem perdidit, ille suam._ - Itinerarium, II. - -[257] AMMIANO MARCELLINO, lib. XIV. Secondo Dureau de la Malle, -l'Egitto aveva appena un milione d'abitanti; un milione e ducentomila -la Sicilia; dieci milioni la Gallia; qualcosa meno l'Italia; la Grecia, -deserta. - -[258] Nella descrizione di quella peste trovansi molti sintomi simili -al vajuolo, che molti credono abbia preceduto la invasione degli Arabi. - -[259] VOPISCO, 48. - -[260] AMMIANO MARCELLINO, XVIII. 5; XXXI. 9. - -[261] _Epist._ 39. - -[262] Cod. Teod., lib. XI. tit. 28. l. 2. - -[263] DIONE, lib. LXXV. E desolazione e briganti sono dunque di buona -pezza anteriori al dominio dei papi, cui se ne ascrive la colpa. - -[264] Cod. Teod., lib. XV. tit. 47. l. 1; lib. IX. tit. 30. l. 3. 5. - -[265] Ivi, lib. IX. tit. 34. - -[266] SIDONIO APOLLINARE, _Ep._ v. 5. Di Scronato egli dice: -_Exultans Gothis, insultansque Romanis, leges theodosianas calcans, -theodoricinasque praeponens... Barbaris provincias propinans_. Ep. VII. -7. - -[267] SOCRATE, _Storia eccl._, v. 8. - -[268] CLAUDIANO, _in Eutropium_, I, 401. - -[269] Lib. XXVIII. - -[270] AGOSTINO, _De civ. Dei_, I. 32; OROSIO, I. 6. - -[271] _De Providentia_. - -[272] San Girolamo (_adversus Rufinum_, lib. II) ricorda Filistone, -Lentulo, Marullo, altri autori di commedie biologiche ed etologiche, -drammi ove si riproduceano le abitudini della vita domestica e che -perciò sarebbero preziosi a conoscere. - -[273] Tutto ciò raccogliamo da un curiosissimo frammento di -Olimpiodoro, conservatoci da Fozio. Il quale Olimpiodoro compose un -verso che in latino suona: - - _Est urbs una domus: mille urbes continet una urbs._ - -Anche Rutilio Numaziano (_Itinerarium_, III) canta: - - _Quid loquar inclusas inter laquearia sylvas_ - _Vernula quæ vario carmine ludit avis?_ - -[274] _Epist._ 14. - -[275] SIMMACO, lib. VIII. ep. 65. - -[276] _Ipsa Roma orbis domina, in singulis insulis domibusque, Tutelæ -simulacrum cereis venerans ac lucernis, quam ad tuitionem ædium isto -appellant nomine, ut tam intrantes quam exeuntes domos suas, inoliti -semper commoveantur erraris_. SAN GIROLAMO, Comm. in Isaia. - -[277] AMMIANO MARCELLINO, XIV. 6. XXVIII. 2. — _Plena sunt conventicula -nostra hominibus, qui tempora rerum agendarum a mathematicis -accipiunt. Jam vero, ne aliquid inchoetur aut ædificiorum aut hujusmodi -quorumlibet operum diebus quos ægyptiacos vocant, sæpe etiam nos movere -non dubitant_. S. AGOSTINO, Expos. epist. ad Galatas, cap. IV. - -[278] Sant'Agostino non approva il fatto, _De civ. Dei_, II. 17. - -[279] SOZOMENE, IX. 10. - -[280] GIORNANDES, _De rebus goticis_, cap. XXX. - -[281] Lo disse egli stesso ad un Narbonese, il quale lo riferì a san -Girolamo in un suo pellegrinaggio a Terrasanta, presente Orosio, che ce -lo tramandò, lib. VII. 43. - -[282] Olimpiodoro, presso Fozio. - -[283] Orosio dice tremila ducento legni; Marcellino settecento. - -[284] PROCOPIO, _De bello gotico_. - -[285] È la legge che uffizialmente riconobbe il culto cristiano come -unico dominante, XVI _kalendas decembris_ 408. Cod. Teod., lib. XVI. -tit. 10. l. 29. - -[286] Ivi, lib. XVI. tit. 10. l. 13. 14. 15. 16. - -[287] GIORNANDES, _De rebus goticis_, cap. 33. - -[288] Siccome De Guignes, _Histoire des Huns, des Turcs et des -Mongols_, 1756-58. Lo contraddissero Ghébard nella _Storia d'Ungheria_, -I, 187, poi Klaproth, Rémusat, e omai tutti gli Orientalisti. Bensì -Rémusat e Saint-Martin riconobbero i Geti e gli Asi negli Yue-ti e Osi, -rammentati negli annali dei Cinesi come biondi. In una relazione dei -regni buddici troviamo verso il 500 gli Yue-ti in guerra coi popoli -sulle rive dell'Indo, per disputare la tazza d'oro di Budda. Le ragioni -etimologiche hanno scarso valore, allorchè sieno isolate. In fatti -Bergmann (nel _Nomadische Streifereien unter den Kalmuken_. Riga 1804, -vol. I. p. 129) trova la radice del nome di _Muntsak_ padre di Attila -nel mongolo _mu_ cattivo e _tzak_ tempo; Attila è da lui mutato in -_Etzel_, che significa qual cosa di maestoso. Egualmente, o con meno -stiracchiatura, si spiegano col parlare ungherese: Attila è _atzel_ -acciajo; Muntsag, _ment tseg_ fertilità. Altri potrebbe dedurre il nome -d'Attila dalla radice _atta, atti, ætti,_ che in molte lingue asiatiche -suona giudice, capo, re; donde Attalo re marcomanno, Attalo di Pergamo, -Attalo mauro, Atea scita, Atalarico, Eticone, ecc. V'è chi riscontra i -nomi di Bleda, Balamir, Munzuk nei nomi slavi di Blad o Vlad, Bolemir, -Muzok. - -[289] A questa descrizione di Giornandes si conforma quella di Sidonio -Apollinare, vescovo di Clermont nel 472, il quale canta nel carme II, -vs. 245: - - _Gens animis membrisque minax: ita vultibus ipsis_ - _Infantum suus horror inest. Consurgit in arctum_ - _Massa rotunda caput; geminis sub fronte cavernis_ - _Visus adest, oculis absentibus: acta cerebri_ - _In cameram vix ad refugos lux pervenit orbes;_ - _Non tamen et clausos, nam fornice non spatioso_ - _Magna vident spatia, et majoris luminis usum_ - _Perspicua in puteis compensat puncta profundis._ - _Tum, ne per malas excrescat fistula duplex,_ - _Obtundit teneras circumdata fascia nares,_ - _Ut galeis cedant. Sic propter prælia natos_ - _Maternus deformat amor, quia tensa genarum_ - _Non interjecto fit latior area naso._ - _Cætera pars est pulchra viris. Stant pectora vasta,_ - _Insignes humeri, subcincta sub ilibus alvus._ - _Forma quidem pediti media est, procera sed extat_ - _Si cernas equites, sic longi sæpe putantur_ - _Si sedeant._ - -[290] Così chiamati non dai Vendi, ma da ἐν ἴημι, _venuti_. - -[291] STRABONE, lib. XI. - -[292] _Æmula Bajanis Altini litora villis._ MARZIALE. - -[293] Una tradizione, che correva già ai tempi di Ottone da Frisinga, -fa fondata Udine da Attila. Egli avea altro in vista che fondare città; -ma forse su quell'altura, così singolare nel piano, si ritirò una parte -della popolazione carnica del Friuli, e se ne formò quell'abitato, -che però non trovasi nominato se non nel 983 quando Ottone II donò al -patriarca Rodualdo _castellum Utini_. - -[294] _Frammenti di Damascio_ nella Biblioteca di Fozio, p. 1039. - -[295] _Lupus est homo homini; non homo, quem qualis sit non novit._ -PLAUTO, Asinaria, II. 4. - -[296] _Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant._ TACITO. - -[297] Il nostro Gravina è uno dei primi che riconosca il merito delle -conquiste romane. Aristotele pose, e Cicerone sostenne che la natura -dà alla ragione l'imperio sopra la barbarie, e l'interesse de' popoli -rozzi esige sieno sottomessi a dominazione intelligente. Ora la -dominazione di Roma (dice esso Gravina, _Origo juris civilis_, I. 16) -fu la sola giusta, perchè _in vertice rationis humanæ_; non considerava -come nemici che i nemici dell'umanità; non toglieva ai vinti che la -facoltà di fare il male; imponeva servitù a quei soli che preferivano -un'esistenza selvaggia al vivere sociale; mentre a' Greci e ad altri -popoli civili permetteva di vivere secondo le leggi loro; proponeasi -per iscopo di propagare la civiltà, e realizzare l'associazione -universale. - -[298] - - _Hæc est quæ in gremium victos, quæ sola recepit,_ - _Humanumque genus communi nomine fovit,_ - _Matris non dominæ ritu, civemque vocavit_ - _Quem domuit, nexuque pio longinqua redemit._ - _Hujus pacificis debemus moribus omnes_ - _Quod, velut patriis regionibus, utitur hospes..._ - _Quod cunctis gens una sumus._ - CLAUDIANO, Consul. Stiliconis, II. 150. - -Anche Plinio maggiore conobbe l'efficacia civilizzatrice dell'unità -romana e della lingua: _Omnium terrarum alumna eadem et parens, numine -Deum electa, quæ sparsa congregaret imperia, ritusque molliret, et tot -populorum discordes ferasque linguas sermonis commercio contraheret, -colloquia et humanitatem homini daret, breviterque una cunctarum -gentium in toto orbe patria fieret_, III. 6. - -[299] _Filia curialis, si, genitalis soli amore neglecto, in alia -voluerit nubere civitate, quartam mox omnium facultatum suarum ordini -conferat, a quo se alienari desiderat_. Nov. Major, IV. - -[300] Vedi il nostro Cap. XLVII. — Il decadimento personale dell'impero -non potrebbe più al vivo ritrarsi di quel che fa Salviano, _De -gubernatione Dei_, v. 5. 8: _Inter hæc vastantur pauperes, viduæ -gemunt, orphani proculcantur, in tantum ut multi eorum, et non obscuris -natalibus editi, et liberaliter instituti, ad hostes fugiant, ne -persecutionis publicæ afflictione moriantur; quærentes scilicet apud -Barbaros romanam humanitatem, quia apud Romanos barbaram inhumanitatem -ferre non possunt. Et quamvis ab his, ad quos confugiunt, discrepent -ritu, discrepent lingua, ipso etiam, ut ita dicam, corporum atque -induviarum barbaricarum fætore dissentiant, malunt tamen in Barbaris -pati cultum dissimilem, quam in Romanis injustitiam sævientem. Itaque -passim vel ad Gothos, vel ad Bagaudas, vel ad alios ubique dominantes -Barbaros migrant, et commigrasse non pænitet. Malunt enim sub specie -captivitatis vivere liberi, quam sub specie libertatis esse captivi. -Itaque nomen civium romanorum, aliquando non solum magno æstimatum, -sed magno emptum, nunc ultro repudiatur ac fugitur, nec vile tantum, -sed etiam abominabile pene habetur. Ecquod esse majus testimonium -romanæ iniquitatis potest, quam quod plerique et honesti, et nobiles, -et quibus romanus status summo et splendori esse debuit et honori, -ad hoc tamen romanæ iniquitatis crudelitate compulsi sunt, ut nolint -esse romani? E poco avanti: Ubi, aut in quibus sunt, nisi in Romanis -tantum, hæc mala? Quorum injustitia tanta, nisi nostra? Franci enim -hoc scelus nesciunt; Hunni ab his sceleribus immunes sunt; nihil horum -est apud Vandalos, nihil horum apud Gothos. Tam longe enim est, ut -hæc inter Gothos Barbari tolerent, ut ne Romani quidem, qui inter eos -vivunt, ista patiantur. Itaque unum illic Romanorum omnium votum est, -ne unquam eos necesse sit in jus transire Romanorum. Una et consentiens -illic romanæ plebis oratio, ut liceat eis vitam, quam agunt, agere cum -Barbaris. Et miramur, si non vincantur a nostris partibus Gothi, cum -malint apud eos esse quam apud nos Romani! Itaque non solum transfugere -ab eis ad nos fratres nostri omnino nolunt, sed, ut ad eos confugiant, -nos relinquunt._ - -[301] Gli scrittori ecclesiastici mostrano ben altri sentimenti verso -gli Unni d'Attila e i Vandali di Genserico. - -[302] _Apocalissi_, cap. XVII. - -[303] AMMIANO MARCELLINO, _Hist._, XV. - -[304] _Singulos universosque nostro monemus edicto, ut, romani -roboris confidentia, ex animo quo debent propria defensare cum suis -adversus hostes, si vis exegerit, salva disciplina publica, servataque -ingenuitatis modestia, quibus potuerint armis, nostrasque provincias -ac fortunas proprias, fideli conspiratione et juncto umbone tueantur_. -Costituz. di Valentiniano III del 430. - -[305] _Sive integra diœcesis in commune consuluerit, sive singulæ inter -se voluerint provinciæ convenire, nullius judicis potestate tractatus -utilitati eorum congruus differatur; neve provinciæ rector, ac -præsidens vicariæ potestati, aut ipsa etiam præfectura decretum æstimet -requirendum_. Costituz. del 382. - -[306] Costituz. del 418. - -[307] Atto non raro nei primi Cristiani. Nell'_Epist._ I di -san Clemente leggiamo: — Molti de' nostri conoscemmo, i quali -volontariamente si posero in ceppi per redimere altrui; molti che si -assoggettarono alla schiavitù per pascere gli altri col prezzo della -venduta libertà». - -[308] _Nov._ III, in calce al Cod. Teod. - -[309] Erano per lo più ottenute da favoriti, che ne abusavano per -trarricchire colle più sottili arti. Una ci è nota dalle leggi. -Essendosi peggiorata la moneta, pretendeano non ricevere che oro, -portante il conio di Faustina e degli Antonini: il che raddoppiava -l'aggravio; giacchè chi non ne avesse, dovea venire a gravose -composizioni. - -[310] _Nov._ IV, in calce al Cod. Teod. - -[311] SIDONIO, _Paneg._ - - - - - -Nota del Trascrittore - -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo -senza annotazione minimi errori tipografici. Il testo greco è stato -trascritto tal quale, senza alcuna correzione. - -*** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DEGLI ITALIANI, VOL. 4 (DI -15) *** - -Updated editions will replace the previous one--the old editions will -be renamed. - -Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright -law means that no one owns a United States copyright in these works, -so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the -United States without permission and without paying copyright -royalties. Special rules, set forth in the General Terms of Use part -of this license, apply to copying and distributing Project -Gutenberg-tm electronic works to protect the PROJECT GUTENBERG-tm -concept and trademark. Project Gutenberg is a registered trademark, -and may not be used if you charge for an eBook, except by following -the terms of the trademark license, including paying royalties for use -of the Project Gutenberg trademark. 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Hart was the originator of the Project -Gutenberg-tm concept of a library of electronic works that could be -freely shared with anyone. For forty years, he produced and -distributed Project Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of -volunteer support. - -Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed -editions, all of which are confirmed as not protected by copyright in -the U.S. unless a copyright notice is included. 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CANTÙ<br /> -STORIA DEGLI ITALIANI -<span class="smaller">TOMO IV.</span> -</h1> -</div> - -<hr class="silver" /> - -<div class="titlepage"> -<p class="main-t"> -<span class="small">STORIA</span><br /> -DEGLI ITALIANI -</p> - -<p class="pad2"> -PER -</p> - -<p class="pad1 x-large"> -CESARE CANTÙ -</p> - -<p class="pad2 small"> -EDIZIONE POPOLARE<br /> -RIVEDUTA DALL'AUTORE E PORTATA FINO AGLI ULTIMI EVENTI -</p> - -<p class="pad1 large"> -TOMO IV. -</p> - -<p class="pad4"> -<span class="large">TORINO</span><br /> -<span class="small">UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE</span><br /> -1875 -</p> -</div> - -<div class="somm"> -<hr /> -<p class="center x-large"><a href="#indice" id="indfront">INDICE</a></p> -<hr /> -</div> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_1">[1]</span> -</p> - -<h2 id="cap43">CAPITOLO XLIII. -<span class="smaller">Da Comodo a Severo. Despotismo militare.</span></h2> -</div> - -<p> -Di età la più felice del genere umano furono da -alcuno qualificati gli ottantaquattro anni dalla morte di -Domiziano a quella di Marc'Aurelio; e il nome degli -Antonini restò così caro ai Romani, che i successori -l'aggiunsero al proprio, sebbene non curassero meritarselo; -anzi da quel punto si manifesta più apertamente, -e senz'ammanti di giurisdizione civile, il -despotismo militare; pessima fra le tirannidi, perchè -soffoga le passioni che sono vita della società. -</p> - -<p> -Lo aveva preparato Augusto coll'incarnare nello Stato -la forza militare per mezzo delle guardie pretoriane. -In onta dell'antica costituzione, erano aquartierate in -Italia; poi Tiberio, col pretesto d'esimere le altre città -dagl'incomodi alloggi e di mantener meglio la disciplina, -stanziò le loro dieci coorti sui colli Quirinale e Viminale, -in un campo fortificato donde padroneggiavano -e minacciavano Roma; Vitellio le crebbe a sedicimila. -Erano più che bastanti a tener in freno qualche milioni -d'inermi; ma guaste negli ozj d'un'opulenta città, vedendo -dappresso i vizj del regnante e la fiacchezza del -governo, si persuadevano che nulla resisterebbe alla -loro forza, e come arbitri assoluti, davano e toglievano -l'impero, non per altro, sovente, che per la speranza del -donativo. Gl'imperatori per connivenza ne dissimulavano -l'indisciplina, ne compravano il favore e il voto, -che esse pretendevano poter dare quali fiore e rappresentanti -del popolo; i loro capitani nei casi di Stato -<span class="pagenum" id="Page_2">[2]</span> -sedevano giudici<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a>, col qual mezzo superarono di -potenza i consoli stessi, e contribuirono a sfasciare il -senato. Quando poi Comodo nel prefetto del pretorio -unì al militare comando un'autorità civile, come ministro -di Stato e presidente al consiglio del principe, quella -dignità divenne la prima dell'impero, e se ne gloriarono -Ulpiano, Papirio, Paolo, Modestino ed altri giureconsulti -di primo grido. -</p> - -<p> -Se la suprema podestà apparteneva alla forza, perchè -anche le legioni di provincia non sarebbonsi arrogato -di salutare imperatore colui che fossero disposte a -sostenere colla spada? Massime dopo il tempo che -descrivemmo, essendo gli eletti per lo più stranieri, -spesso contendenti un coll'altro, scelti fra soldati, e -costretti a vivere nei campi, l'impero vestì sembianze -affatto militari, e l'imperatore non fu il primo magistrato -di Roma, ma il generale degli eserciti, e sua -principale e quasi unica cura il contentar questi o frenarli. -Ma attesochè l'estensione dell'impero obbligava -a mantenerne molti, l'uno per gelosia chiarivasi nemico -all'imperatore che fosse eletto dall'altro esercito. Dopo -che, coll'estinguersi la famiglia dei Cesari e le succedutevi -de' Flavj e degli Antonini, neppure un'ombra di -legittimità sosteneva que' principi di ventura, i soldati -sentirono di poterli fare e disfare, alzar sullo scudo o -trafiggere colle spade. -</p> - -<p> -L'esercito poi e nel fondo e nelle forme era ben -altra cosa da quello che vinse il mondo. Augusto lo -ridusse stabile, distribuito nelle provincie di frontiera, -di cui egli riservossi il governo, sicchè lo stato civile -rimaneva distinto dal militare: supremo difetto della -costituzione imperiale. La nobile gioventù di Roma e -d'Italia non aprivasi più la via alle magistrature col -<span class="pagenum" id="Page_3">[3]</span> -militare a cavallo, ma coll'amministrar la giustizia e -le rendite pubbliche: se si applicasse alle armi, non -per merito o per anzianità, ma per denaro o nobiltà -otteneva il comando d'un'ala di cavalleria o d'una -coorte di pedoni. Già Tiberio si lagnava non vi fossero -volontarj, e mal si soffrisse la disciplina. Trajano e -Adriano sistemarono la milizia quale si conservò sino -alla fine dell'impero; e sui loro regolamenti è fondato -il compendio di Vegezio <i>De re militari</i>. Augusto aveva -assegnato a ciascun pretoriano due dramme al giorno, -cioè ottantadue centesimi; Domiziano portò la paga a -novecensessanta dramme l'anno; sotto Comodo ne ricevevano -mille ducencinquanta, se ben leggiamo un passo -confuso di Dione al libro <span class="smcap lowercase">LXXII</span>, discusso da Valois e -Reimar. Le altre truppe, fra il 536 e il 703 di Roma, -ebbero venticinque centesimi il giorno, sotto Giulio -Cesare cinquantuno, sotto Augusto quarantanove, quarantotto -sotto Tiberio, quarantacinque sotto Nerone, -quarantaquattro sotto Galba, quarantatre sotto Otone, -quarantaquattro sotto Vitellio, Vespasiano e Tito, cinquantasette -sotto Domiziano. -</p> - -<p> -Delle venticinque legioni che erano sotto Augusto, -sedici furono poi licenziate o incorporate nelle altre: -ma Nerone, Galba, Vespasiano, Domiziano, Trajano, -Marc'Aurelio ed Alessandro Severo ne formarono tredici -nuove. Ciascuna componevasi di cinquemila uomini; -e al tempo di quest'ultimo imperatore, tre accampavano -in Bretagna, una nell'Alta e due nella Bassa Germania, -una in Italia, una nella Spagna, una nella Numidia, una -fra gli Arabi, due nell'irrequieta Palestina, altrettante -nella Mesopotamia, e così nella Cappadocia, due nella -Bassa ed una nell'Alta Mesia, una nel Norico, una nella -Rezia: dell'altra non sappiamo il posto. Il numero ne -variò poi, e fin trentasette furono imperante Diocleziano. -Ad alcuni paesi imponevasi d'offrire truppe -<span class="pagenum" id="Page_4">[4]</span> -ausiliari, che si esercitavano colla disciplina romana, -ma nelle armi cui ciascuno avevano avvezzato la patria -e l'educazione; il che metteva ogni legione in grado -d'affrontarsi con qualsifosse altra gente, comunque armata. -Inoltre si menava appresso un treno di dieci -grandi macchine militari e cinquantacinque minori da -avventare projetti; oltre l'occorrente per piantare un -campo. -</p> - -<p> -Corruttela agli uni e scoraggiamento agli altri recò -la distinzione delle truppe in <i>palatine</i> e <i>di frontiera</i>; -quelle destinate agli ozj cittadini, queste agli stenti del -campo con soldo maggiore; sicchè mal sentivansi animate -a respingere il nemico quando pensassero che i -loro commilitoni marcivano in pingui riposi. -</p> - -<p> -Le prime guerre Roma sostenne coll'armi proprie e -dei popoli vinti, obbligati a tributare un certo numero -di cavalli e fanti, di navi e marinaj. Obbedivano questi -a capi di loro nazione; e sebbene talvolta eguagliassero, -talaltra eccedessero anche in quantità l'esercito romano, -li teneva in rispetto l'essere scelti ciascuno da gente -diversa, scevri dalle legioni, dipendenti dal generale -supremo. Cesare pel primo assoldò Barbari; Augusto -imitò ed estese l'esempio, e per sicurezza propria ne -introdusse fra le guardie pretoriane. Progredendo, -l'Italia si trovò esausta di forze, i socj ridotti a provinciali -e privati dell'uso delle armi; onde fu necessario -ricorrere ai Barbari. I Germani, gente robusta ed agguerrita, -volentieri ponevano a servizio altrui il proprio -valore, contenti di tenue soldo e scarsa prebenda; sicchè -furono preferiti dagl'imperatori, cui sembrava -anche vantaggioso il decimare così quei formidabili. -</p> - -<p> -Però la tirannide uccide se stessa. Coll'escludere -dalle armi i provinciali e i cittadini, separavasi la forza -dall'interesse d'adoprarla; ottenevasi per avventura la -quiete, ma si spegneva il valore; nel mentre si rendevano -<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span> -più formidabili i nemici coll'aggiungere la disciplina -al naturale coraggio. Costoro ben presto entrarono -anche tra le privilegiate file legionarie; poi, non più -bande, ma popolazioni intere vennero assoldate: infidi -ajuti, che nel frangente ricusavano travagliarsi contro -i proprj fratelli; avidi, preferivano il sacco alla battaglia; -capricciosi, costringevano il generale a far giornata -quando e dove meno convenisse; infine torcevano -le armi contro i proprj maestri. -</p> - -<p> -Insomma le minaccie dei Barbari aveano reso necessario -l'esercito, e perciò l'onnipotenza imperiale; -vero governo militare, parallela al quale svolgeasi -un'altra civiltà pacifica; quello opprimendo, questa -costituendo leggi sapienti. Una serie d'insigni guerrieri -portati all'impero ritardò per avventura l'invasione da -ogni parte minacciata, ma recavano sul trono le dispotiche -e feroci abitudini dell'accampamento e della -guerra. Dalle spade alzati, da queste abbattuti, qualvogliasi -riforma restava impedita dall'effimera loro durata, -e dall'obbligo di vegliar sempre in armi contro gli -stranieri, e più contro gli usurpatori, che con altrettanto -diritto si sollevavano, e che si sostenevano col tenersi -amici i soldati per gratitudine del passato e per apprensione -dell'avvenire. -</p> - -<p> -Comodo, successore di Marc'Aurelio, ricco solo di -forza, lussuria e codardia, fu il primo imperatore nato -da padre regnante; ma si credè generato da uno dei -gladiatori che Faustina dalla sanguinosa palestra chiamava -a contaminare il talamo di Marc'Aurelio. Gli -esempj e le lezioni di questo non ne corressero l'indole; -e a dodici anni trovando soverchiamente scaldata -l'acqua del bagno, ordinò di gettar nel fornello il -bagnajuolo. -</p> - -<p> -Arrivato al trono di venti <span class="sidenote">(180 — 17 marzo)</span>, benchè non avesse nè -emuli da tor di mezzo, nè ambizioni o memorie da -<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span> -sradicare, sbrigliasi a tutte le crudeltà che potevano -suggerirgli il carattere atroce e fomenti malvagi: si -compiace di veder uomini alla tortura; vantandosi -esperto chirurgo, fa sue prove sopra infelici, che costringe -ricorrere a' suoi consulti; girando notturno per -le vie, a chi taglia per celia un piede, a chi cava un -occhio; gitta alle belve uno perchè avea detto lui e -Caligola esser nati lo stesso giorno; un altro fende in -due di netto, per mostra di sua gagliardia; vestito da -Ercole compare in pubblico, onde intitolarsi vincitore -de' mostri. Per ostentare al <i>genere umano</i> le sue virtù, -scende ignudo nell'arena, che i predecessori suoi avevano -interdetta ai senatori, e non essendo mai rimasto -ferito in settecentotrentacinque combattimenti, assume -il titolo di <i>vincitore di mille gladiatori</i>. -</p> - -<p> -Di forza prodigiosa, trapassò fuor fuori un elefante -colla lancia; uccise in un giorno cento leoni nel circo, -ciascuno d'un solo trar d'arco; colle frecce levava di -netto il collo a struzzi correnti, e trafisse una pantera -senza toccar l'uomo con cui essa era alle prese. Perchè -non mancassero belve all'imperial trastullo, vietò agli -Africani d'uccider leoni, nè respingerli qualora affamati -si accostassero ai villaggi. Di tutto ciò si fa gloria, -e vuole se ne tenga memoria ne' giornali. Degli applausi -del vulgo s'inebbria, e per serbarselo amico, istituisce -una compagnia di mercadanti e una flotta che rechi -grano dall'Africa, se càpiti male quella d'Egitto; ma -immaginatosi un giorno che il popolo lo schernisca, -comanda un generale macello e l'incendio della città, -e a gran pena il prefetto de' pretoriani nel dissuade. -Non meno segnalato per lussurie, tenne a sua posta -trecento concubine e altrettanti cinedi; violò le proprie -sorelle; sul resto si tiri un velo<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span> -</p> - -<p> -A tante pazzie occorrevagli denaro; onde rincarì le -imposizioni, trafficò delle cariche, per denaro assolse -rei, e permise assassinj e vendette. Lungo sarebbe -ridire le vittime innocenti del forsennato, che ben presto, -dato lo sfratto ai tutori impostigli da Marc'Aurelio, -lasciò ogni arbitrio ai compagni di sue dissolutezze, -salvo a disfarsene non appena il contrariassero. Perenne, -entratogli in grazia col fomentarne le passioni, assisteva -con esso ai giuochi Capitolini, quando un filosofo cinico -compare nel teatro e grida a Comodo: — Mentre ti -tuffi nelle voluttà, alla tua vita insidiano Perenne e suoi -figliuoli». Detto fatto, Perenne fe gettar nel fuoco colui: -ma all'imperatore restò il sospetto ch'egli aspirasse veramente -a regnare perchè n'era capace; indi le legioni -britanne deputarono mille cinquecento uomini che venissero -a Roma chiedendo la morte del ministro; il -quale, reo o no, fu ucciso colla moglie, la sorella e tre -figliuoli: condiscendenza che rivelò la debolezza del -governo all'esercito lontano. -</p> - -<p> -Gli sottentrava Cleandro, che dalla Frigia nativa portato -schiavo a Roma, appartenne prima a Marc'Aurelio, -poi a Comodo, il quale gli diede una sua concubina a -sposa e la libertà; poi non avendo a temerne nè l'abilità -nè la virtù, gli concesse sconfinato potere. E colui -ne abusava per vender cariche, provincie, entrate, -giustizia, vite d'innocenti. Fatto incetta de' grani, affamò -la città per arricchirsi e per acquistar favore colle -distribuzioni. Creò patrizj molti schiavi appena tolti alla -catena, e gli assise in senato; e fin venticinque consoli -elesse in un anno: chi osò portarne richiamo all'imperatore, -pagò l'ardimento col sangue. Ma mentre celebravansi -i giuochi circesi ecco entrare una turba di -fanciulli capitanati da una viragine, e mandar feroci -<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span> -grida contro Cleandro: il popolo vi fa eco, ed accorre -al palazzo suburbano ove questi era coll'imperatore, e -ne chiede la morte; a tegoli e ciottoli volta in fuga i -pretoriani: e Comodo che, immerso in sozze lascivie, -ignorava il caso, sgomentato fa gettare ai tumultuanti -la testa del favorito, che con la moglie, i figliuoli, gli -amici è trascinato per le vie. -</p> - -<p> -Altro consigliatore de' suoi delitti era il liberto Antero -di Nicomedia; e quando i pretoriani lo uccisero, -l'imperatore se ne vendicò col mandare a male quanti -di essi potè. Gli stessi prefetti del pretorio erano mutati -si può dire ogni giorno; alcuni non durarono che sei -ore; i più colla carica perdettero la vita. -</p> - -<p> -Scaricandosi d'ogni cura su cosiffatti, l'imperatore -ricusava persino appor la firma a' dispacci; e appena -sotto alle lettere degli amici scriveva il <i>vale</i>. Eppure -questo basso infame nelle medaglie attribuiva a sè il -titolo di felice, e al secolo suo quel di comodiano, di -colonia comodiana a Roma; il senato piacentiero chiamò -il luogo di sue assemblee <i>casa di Comodo</i>; i nomi dei -mesi furono mutati in aggettivi a lode di lui; ed egli -scriveva al senato: — L'imperatore Cesare Lucio Comodo -Elio Aurelio Antonino Augusto felice, leone, pio, -sarmatico, britannico, germanico, pacificatore, invincibile, -ercole, romano, padre della patria, pontefice massimo, -console per la VII volta, imperatore per l'VIII, tribuno -per la XVII, agli illustri senatori comodiani salute». -</p> - -<p> -Mossa da privata ambizione, Lucilla sorella sua <span class="sidenote">(183)</span> presunse -di voltare lo Stato congiurando coi principali -senatori; ma il sicario, preso mentre vibrando il colpo -diceva, «Questo dono t'inviano i senatori», fu coi -complici messo a morte; la principessa esigliata a Capri -ed ivi uccisa: dove pure fu relegata e morta l'imperatrice -Crispina, propostasi d'imitare le scostumatezze -del marito. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span> -</p> - -<p> -Le parole del sicario, il quale seppe dire e non fare, -invelenirono Comodo contro il senato; e se dapprima, -feroce per inclinazione non per calcolo, sapeva anche -perdonare, e sull'esempio paterno avea gittato al fuoco -le rivelazioni offertegli da Manilio, segretario dell'usurpatore -Avidio Cassio, allora fece rivivere i delatori e i -processi di maestà e, solito corredo, i supplizj degl'innocenti -e di quelli la cui virtù facesse raffaccio all'imperiale -corruttela. Ricorderemo fra questi i due fratelli -Quintilj Massimo e Condiano della Troade, unanimi a -segno che operavano come un uomo solo; insieme -governavano le provincie e comandavano gli eserciti, -insieme sostennero il consolato ed altri onori, insieme -da Comodo furono uccisi. -</p> - -<p> -Avesse almeno costui saputo usare la brutale valentìa -a tutela de' confini. Ma al primo arrivar al trono cedette -quante fortezze serbava sul territorio dei Quadi, patto -che questi si tenessero inermi e cinque miglia discosto -dal Danubio, nè s'adunassero che una volta il mese in -presenza d'un centurione. Anche da altri Germani -comprò la pace, e lasciò che i Saracini (qui per la -prima volta nominati) riportassero vantaggi sopra -l'impero. Poi un semplice soldato, di nome Materno, -che a capo di disertori avea messe a soqquadro Spagna -e Gallia, vedendosi circuito d'ogni dove, sparpagliò i -suoi, e con alquanti di essi si spinse fino in Italia col -proposito di scannare Comodo e farsi imperatore <span class="sidenote">(188)</span>. Già -alcuni suoi eransi mescolati alle guardie di questo, -allorchè altri li tradirono, e il supplizio di Materno sedò -il tumulto. Però il valore de' generali potè reprimere -i Frisoni, e respingere i Caledonj che avevano superato -la muraglia di Trajano; e Comodo menava trionfi, e intitolavasi -imperatore senza veder mai gli accampamenti. -Solo una volta mostrò voler passare in Africa; ma -come ebbe raccolto denari assai, li sciupò in gozzoviglie. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span> -</p> - -<p> -Naturali infortunj aggravarono i mali del suo regno: -tremuoti; peste, che fin due in tre migliaja d'uomini -al giorno mieteva in Roma; andò in fiamme il tempio -della Pace, dove erano riposte le spoglie della Giudea, -le opere dei letterati, preziose spezie d'Arabia e di -Egitto; perfino al palazzo s'apprese l'incendio e al -tempio di Vesta, da cui fuggendo, le sacre vergini -esposero per la prima volta agli occhi profani il Palladio, -talismano dell'impero. -</p> - -<p> -Il privato pericolo potè più che la pubblica indignazione; -poichè Marcia concubina di Comodo, Leto capitano -delle guardie, ed Ecleto suo ciambellano, sapendosi -designati a morte, avvelenarono Comodo, di appena -trentun anno, dopo regnato dodici <span class="sidenote">(192 — 31 xbre)</span>. Il senato, che -ver lui era disceso all'infimo dell'abjezione, come il -vide morto ripigliò coraggio, fece abbatter le statue, -raderne il nome dalle lapidi, negar sepoltura al vile -gladiatore, al parricida, al tiranno più sanguinario di -Nerone; ma fra poco Settimio Severo lo farà riporre -fra gli Dei, istituirgli sagrifizj e solennità anniversarie -pel suo natale. -</p> - -<p> -I congiurati corsero alla casa di Publio Elvio Pertinace, -vecchio senatore e consolare, allora prefetto della -città, il quale, udito chiamarsi di mezzanotte, suppose -venissero per ordine di Comodo a ucciderlo; onde, -fattili entrare, disse: — Da buon tempo vi aspettavo, -giacchè io e Pompejano siamo i soli amici di Marc'Aurelio -lasciati sopravivere». Pompejano era virtuoso -marito della trista Lucilla sorella di Comodo, e ricusando -assistere all'anfiteatro, nè vedere il figliuolo di -Marc'Aurelio prostituire la persona sua e la dignità, -stava per lo più in campagna, pretessendo malattie che -cessarono solo nel breve regno del successore. -</p> - -<p> -Pertinace era nato presso Alba del Monferrato, da -uno schiavo carbonajo, che gl'impose quel nome per -<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span> -la pertinacia sua nel voler abbandonare il mestiero -paterno, e mettersi a Roma maestro di greco e latino. -In questa professione poco vantaggiando, diede il nome -alla milizia, divenne centurione, poi prefetto di una -coorte nella Siria e nella Britannia. Marc'Aurelio per -un'accusa il degradò, poi scopertala falsa, creollo senatore, -e il mandò colla prima legione a guerreggiare i -Germani. Ritolta a questi la Rezia, fu fatto console: -poi, regnando Comodo, si vide a vicenda alzato e depresso, -in fine assunto governatore di Roma. Dabbene, -assiduo agli affari, grave senza dispetti, dolce senza -fiacchezza, prudente senz'astuzie, frugale senz'avarizia, -grande senza orgoglio, amatore dell'antica semplicità -romana, parve a Leto e ai congiurati opportunissimo -a riparare ai guasti dell'ucciso. -</p> - -<p> -Lo portarono dunque al campo de' pretoriani <span class="sidenote">(193)</span>, i quali, -sebbene affezionati a Comodo dalle largizioni, accettarono -il nuovo imperatore, perchè prometteva tremila -dramme per testa, e il condussero con rami d'alloro al -senato, perchè se n'approvasse l'elezione. Qui cogli -applausi interrompendo i rifiuti di Pertinace, gli fu -conferito il titolo d'augusto, di padre della patria <span class="sidenote">(3 genn)</span>, di -principe del senato, e recitato dai consoli il panegirico. -Egli non permise si chiamasse augusta la moglie sua -che nol meritava, nè cesare il figlio sinchè non ne -venisse degno. A questi cedette ogni suo possesso perchè -non avessero ragione di chieder nulla allo Stato; poi, -perchè l'accidioso fasto della corte nol guastasse, mandò -il figliuolo ad educare presso l'avo materno. -</p> - -<p> -Le virtù private conservò sul trono. Schietto nel -vivere, usava come prima co' migliori senatori e gl'invitava -a cene familiari, derise da quelli che preferivano -le sanguinarie prodigalità di Comodo. Per risanguare -l'erario fece voltare in moneta le abbattute statue del -predecessore, vendere all'asta l'armi, i cavalli, le vesti -<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span> -di seta, i mobili <span class="sidenote">(193)</span>, fra cui un carro che indicava l'ora e -il cammino percorso<a class="tag" id="tag3" href="#note3">[3]</a>; le concubine e gli schiavi, -eccettuando solo i nati liberi e rapiti a forza; costrinse -i favoriti del tiranno a rendere parte del male acquistato, -con cui pagò, oltre i pretoriani, i creditori dello -Stato, le pensioni maturate e i danneggiati; abolì i -pedaggi nocevoli al commercio, e decretò per dieci -anni immune chi rimettesse a coltura le sodaglie d'Italia; -professò non accetterebbe legati a danno di legittimi -eredi; ai banditi per fellonia restituì patria e beni, castigò -i delatori, e impedì si apponesse il nome suo sugli -edifizj, dicendo: — Sono pubblici, non dell'imperatore». -</p> - -<p> -I buoni godeano di veder rivivere Trajano e Marco -Aurelio: ma troppi erano quelli cui giovavano il disordine -e il silenzio delle leggi; e i pretoriani, temendo -riformata la disciplina, ribramavano Comodo. Ottantasette -giorni appena dopo la sua elevazione, alcune centinaja -di essi precipitaronsi traverso a Roma nel palazzo <span class="sidenote">(30 marzo)</span>, -aperto dalle guardie e dagli infidi liberti. L'imperatore, -vilmente abbandonato dai cortigiani, colla maestà della -presenza e l'autorità della parola arrestò i furibondi, -che già si ritiravano, quando un Gallo, o non avesse -inteso il discorso, o fosse di passione più violenta, gli -cacciò la spada nel corpo, dicendo: — Eccoti un dono -de' tuoi soldati»; negli altri rinasce la sete di sangue; -e l'imperatore, avvoltosi il capo nella toga, pregando -il cielo a vendicarlo, spira sotto mille colpi, e per la -sgomentata città è portato dai pretoriani. -</p> - -<p> -Così la forza militare sormontava il contrasto oppostole -dall'impotente senato e dagli Stoici, e stabiliva il -despotismo de' pretoriani in Roma, degli eserciti fuori. -Lo rivelò una scena di beffa tremenda. Perocchè il -popolo infuriato corse al campo de' pretoriani, assediandolo -<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span> -minaccioso: ma non avendo capi, non comparendo -i consoli, non adunandosi il senato, la folla si -disperse. I pretoriani non aveano ucciso Pertinace per -alcun fine o per innalzare qualc'altro, ma non trovando -raccolto il senato per eleggere un successore, pubblicarono -che l'impero era in vendita, si darebbe al miglior -offerente. Sulpiciano, suocero dell'imperatore, -ch'era stato spedito da questo nel campo a chetare il -tumulto, non aborrì di concorrere a un seggio stillante -di tal sangue; altri competerono; finchè ne venne voce -a Didio Giuliano, vecchio e ricco milanese, che or -favorito or disgraziato dagli imperatori, avea traversato -senza rumore le principali dignità, e adesso nel lusso e -ne' bagordi consumava una delle più sfondolate fortune. -Stava allora spensieratamente banchettando cogli amici, -i quali lo animarono a concorrere, ed egli va al campo, -comincia a dirvi, promette ripristinar le cose come -sotto Comodo, e dalle cinquemila dramme offerte per -soldato, sale a seimila ducencinquanta (4300 lire), -pagabili all'atto. -</p> - -<p> -O Giugurta, Roma ha trovato il compratore! -</p> - -<p> -Didio, a piene voci acclamato, è fra' pretoriani condotto -per le deserte vie di Roma, indi nel senato, che -uditolo enumerare i proprj meriti e vantare la libertà -della sua elezione, ossequiosamente si congratulò della -pubblica felicità. Collo stesso corredo guerresco portato -in palazzo, vide il trono di Pertinace e la frugal -cena che s'era disposto: eppure imbandì con più splendore -che mai, e consumò la notte in banchettare, trarre -ai dadi, e ammirar Pilade ballerino. -</p> - -<p> -Ma il popolo non un applauso avea levato; anzi, -qualvolta egli comparisse, gli avventavano ingiurie e -sassi, indignati da quel turpissimo mercato; e provocavano -a sempre nuove risse i pretoriani. Poi fra breve -la folla si ammutina, ed avventatasi nel circo dove egli -<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span> -assisteva ai giuochi, gli rinnova le imprecazioni; ricorrendo -anch'essa fatalmente alla forza armata come i -tiranni, fa appello agli eserciti lontani perchè vengano -a vendicare la prostituita maestà dell'impero. Quel -grido d'angoscia trovò eco in tutto l'impero, e gli eserciti -di Britannia, di Siria, dell'Illiria, comandati da Clodio -Albino, Pescennio Nigro e Settimio Severo, disdissero -l'indegno contratto, fosse orgoglio, o invidia dei -soldati, od ambizione dei capi. -</p> - -<p> -Clodio Albino, nato nobilmente in Adrumeto d'Africa, -avea scritto d'agricoltura, poi, abbandonato lo stilo per -la spada, allora comandava l'esercito di Britannia. Mai -non aveva perdonato; crocifisse centurioni per colpe -da nulla; uggioso in casa e con tutti; in un pasto logorò -cinquecento fichi, cento pesche, dieci poponi, cento -beccafichi e quattrocento ostriche. Ricusata obbedienza -a Didio, si sosteneva nella Britannia senza assumere il -titolo d'augusto, anzi esortando a ripristinare la repubblica, -e asserendo non si acconcerebbero le cose finchè -il potere civile non prevalesse al militare, e al senato -non fosser rese le antiche prerogative. -</p> - -<p> -Pescennio Nigro d'Aquino, di poca ricchezza e meno -studio, ma ardito soldato e buon capitano, era salito -ai primi gradi della milizia; mantenitore della disciplina, -non tollerava che gli uffiziali maltrattassero i soldati, -fece lapidare due tribuni per avere sottratto alcun -che della paga, e appena a suppliche dell'esercito perdonò -la testa a dieci che avevano rubato del pollame; -non permetteva il vino in campo; viaggiava a piedi e -scoperto la testa; voleva i suoi servi portassero fardelli -onde non parere oziosi nelle marcie. Nel governo -importante quanto lucroso della Siria, procacciossi -amore colla fermezza non discompagnata da affabile -compiacenza: onde appena s'udì assassinato Pertinace, -tutti l'esortarono ad assumere l'impero, le legioni orientali -<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span> -si chiarirono per lui, per lui il paese dall'Etiopia -all'Adriatico, e di là dal Tigri e dall'Eufrate gli vennero -regie gratulazioni. Nella solennità dell'acclamazione -proferendosi il consueto panegirico, Pescennio -interruppe l'oratore che il paragonava a Mario, ad Annibale, -a non so quali altri capitani, dicendo: — Narraci -piuttosto quel che han fatto costoro d'imitabile. -Lodare i vivi, e massime l'imperatore che può ricompensare -e punire, è da adulatore. Vivo, desidero di -piacere al popolo: morto, mi loderete». Virtù moderate, -pregevoli nel secondo posto, non sufficienti al primo. -Invece di difilarsi sopra l'Italia ov'era invocato, Pescennio -si rallentò nella voluttuosa Antiochia, persuaso -che la sua elezione non sarebbe nè contrastata, nè macchiata -di sangue cittadino. -</p> - -<p> -Un emulo superiore sorgeva in Settimio Severo, -di Lepti nell'Africa Tripolitana e di famiglia senatoria; -sperto nell'eloquenza, nella filosofia, nelle arti -liberali e nella giurisprudenza, sostenne magistrature -e comandi; faticante di corpo e di mente, alieno dal -fasto e dalla gola, violento e tenace nell'amore come -nell'odio, provvido dell'avvenire e dei mezzi onde profittarne, -disposto a sacrificare fama e onestà all'ambizione, -incline all'ingordigia e più alla crudeltà. L'astrologia, -passione de' suoi nazionali, lo aveva lusingato -dell'impero; sposò una Giulia Domna sira, perchè gli -astri aveano promesso a costei, diverrebbe moglie d'un -sovrano; e sotto Comodo ebbe accusa d'avere interrogato -indovini sul divenir imperatore. -</p> - -<p> -In Pannonia, udita la morte di Pertinace, raduna i -soldati, svela il turpe mercato de' pretoriani, e gli incita -a vendetta con un'orazione eloquente e colla più -eloquente promessa di un donativo doppio di quel di -Didio: poi colla prontezza richiesta dal caso scrive ad -Albino promettendo adottarlo e chiamandolo cesare; -<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span> -non tentò Nigro, perchè sapeva nol potrebbe sedurre; -e mosse senza riposo verso l'Italia, che con isgomento -vide le legioni di Pannonia sbucare per Aquileja. -</p> - -<p> -Didio sgomentavasi; i pretoriani, buoni solo al tumulto, -tremavano delle invitte legioni di Pannonia e -d'un tal generale; e se dai teatri e dai bagni correvano -alle armi, a pena sapeano maneggiarle; gli elefanti -sbattevano dal collo gl'inesperti condottieri; la flotta di -Miseno mal volteggiava; e il popolo rideva, il senato -gongolava. Didio in tentenno, ora faceva pronunziare -Severo nemico della patria, ora pensava associarselo -all'impero, oggi gli spediva messi, domani assassini: -ordinò che le Vestali e i collegi sacerdotali uscissero -incontro alle legioni, ma ricusarono: armò i gladiatori -di Capua, e con magiche cerimonie e col sangue di -molti fanciulli<a class="tag" id="tag4" href="#note4">[4]</a> fece prova di sviare il nembo. -</p> - -<p> -Ma i soldati che custodivano l'Appennino disertarono -a Severo; disertarono i pretoriani, appena esso -gli assicurò da ogni castigo, purchè consegnassero gli -assassini di Pertinace. Avvertito che questi erano presi, -il senato decretò morte a Didio, il trono a Severo, a -Pertinace onori divini. Illustri senatori furono deputati -a Severo, sicarj a Didio, che piagnucolò <span class="sidenote">(2 giugno)</span> perchè gli lasciassero -la vita: — Che male fec'io? ho mai tolto di -vita alcuno?» Ma dovette ripagare col sangue i sessantaquattro -giorni di regno che coll'oro avea comprati. -</p> - -<p> -Severo, che in quaranta giorni avea coll'esercito -traversate le ottocento miglia che corrono da Vienna a -Roma, conseguì l'impero senz'altro sangue. Uccisi gli -assassini di Pertinace, rese a questo segnalate esequie, -e diede lusinghe al popolo e al senato. Prima d'entrare -in Roma raccolse i pretoriani in gran parata, e ricinto -de' suoi guerrieri, salito in tribunale, li rimbrottò di -<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span> -perfidia e codardia, e privandoli del cavallo e delle -insegne, li congedò come felloni, e li sbandì a cento -miglia. -</p> - -<p> -In loro luogo ne elesse quattro tanti, cernendoli dai -più prodi suoi, di qual fossero paese: onde a tutti i -soldati fu aperta la speranza d'entrare fra' pretoriani. -Questi cinquantamila uomini, fior degli eserciti, dovevano -dalle legioni essere considerati come loro rappresentanti, -e togliere le speranze d'una ribellione. Il prefetto -del pretorio crebbe d'autorità, non solo restando -capo dell'esercito, ma e delle finanze e delle leggi. Per -gratitudine o per politica condiscendenza Severo concesse -ai soldati l'anello d'oro, aumentò le paghe, e con -ciò il lusso, la mollezza, l'indisciplina, mentre l'itala -gioventù, sturbata da quel suo privilegio, si diede al -ladro o al gladiatore. -</p> - -<p> -Ciò più tardi: per allora, con truppe valorose e devote -egli mosse ad assicurarsi l'impero non da' Barbari, -ma dai due emuli, pari d'armi, di forza, d'artifizio. Prevalendo -di rapidità e d'accorgimenti, appo Isso e Nicea -sconfisse Nigro, e quando il seppe ucciso dai soldati -presso Cizico, aspre vendette esercitò sugli amici del -vecchio e generoso amico suo; spense la famiglia di -esso e i senatori che l'aveano servito da tribuni o generali, -gli altri sbandì, e i beni al fisco; molti di grado -inferiore mise a morte; condannò coi padri i figli degli -uffiziali che avea tenuti ostaggi; alle città fautrici dell'emulo -tolse i privilegi; quelli che, buono o mal grado, -l'aveano servito di denaro, ne dovettero il quadruplo a -lui; lamenti scoppiassero pur d'ogni parte, egli non vi -ascoltava. -</p> - -<p> -Nel caldo della vittoria passa l'Eufrate, vince gli abitanti -dell'Osroene e dell'Adiabene che, fra l'ultime discordie, -avevano trucidato i Romani e scosso il giogo; -penetra nell'Arabia che avea parteggiato con Nigro, fa -<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span> -guerra anche ai Parti, conquista una porzione della -Mesopotamia che riduce a provincia, assedia ed espugna -Bisanzio, principale baluardo contro i Barbari. -</p> - -<p> -Sapendo che Albino era caro al senato quant'egli -odioso, Severo non osava romperla seco apertamente, -e gli scriveva lettere lusinghiere, ma al tempo stesso -mandava per assassinarlo. Scoperta la slealtà, Albino -la proclamò, assunse il titolo d'imperatore, e tragittato -nella Gallia, vi fece nodo di autorevoli persone. Severo -allora sacrifica una fanciulla per cercare nelle viscere -di essa l'esito della guerra<a class="tag" id="tag5" href="#note5">[5]</a>: presso Lione s'affrontano -cencinquantamila Romani: dopo lunga e incerta -battaglia fra eserciti di pari valore, Albino, piagato a -morte, spira ai piedi di Severo <span class="sidenote">(197)</span>, che con barbara gioja -il fa calpestare dal suo cavallo e lasciare ai cani sulla -soglia della sua tenda. -</p> - -<p> -La sicurezza non sopì in lui il desiderio di vendetta. -La moglie ed i figliuoli d'Albino, già perdonati, fe trucidare -e gettar nel Rodano, come tutti i parenti e gli -amici, coi beni de' quali arricchì i guerrieri suoi e se -stesso. Mandando al senato la testa d'Albino, si lamentò -con lettera beffarda del bene che i senatori gli aveano -voluto, vantò il governo di Comodo, e — In questo -teschio (soggiungeva) voi che l'amaste leggete gli effetti -del mio risentimento». Giunto poi, sciorinò in senato -vilipendj contro Albino, lesse lettere a quello dirette, -encomiò le precauzioni di Silla, Mario ed Augusto, -mentre Pompeo e Cesare erano periti per inopportuna -clemenza. Conseguente alle parole, in pochi giorni -quarantadue senatori, consolari o pretori immolò con -altri assai alla vendetta, alla gelosia ed all'avarizia sua; -fece deificare Comodo, uccidere Narcisso che l'aveva -attossicato. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span> -</p> - -<p> -La disciplina era il suo scopo; la voleva come un -generale d'esercito, dispoticamente; giusto coi piccoli -per deprimere i grandi, valendosi de' giureconsulti per -organizzare l'obbedienza, e associando la giurisperizia -coll'assolutismo; i soldati viepiù voleva sottomessi, -quantunque obbligato a condiscendere in parte ad essi -perchè stromenti di sua elevazione e conservazione. Il -popolo, contento di vederlo uccider ladri, masnadieri, -prepotenti, prese a benvolergli; lo chiamava il Mario o -il Silla punico, mentre gli Africani lo amavano qual -vindice dell'antica Cartagine, il cui nome ricompariva -sulle medaglie che la nuova batteva in riconoscenza -de' vantaggi da lui decretatile. -</p> - -<p> -Mosso per nuove battaglie, da Brindisi fu nella Siria -ed a Nisiba di Mesopotamia per respingere i Parti <span class="sidenote">(198)</span>: -varcato l'Eufrate, prese Seleucia e Babilonia abbandonate, -e la capitale Ctesifonte, dopo lungo contrasto e -gravi malattie, causate da deficenza di cibo. A Roma è -comandato esultare di questi trionfi, fra i quali esso -dichiara augusti Caracalla e Geta suoi figliuoli. Riposato -alquanto in Siria, visita l'Arabia e la Palestina, ove -proscrive la religione ebrea o cristiana: vede i monumenti -dell'Egitto, e raccolti dai tempj i libri di arcane -dottrine, li chiude nella tomba d'Alessandro Magno, -perchè nè quelli nè questa più fossero veduti. -</p> - -<p> -Fra ciò non dimentica di spigolare, come dice Tertulliano, -i fautori di Nigro e d'Albino e chi gli desse -ombra: poi abbandonasi tutto a Flavio Plauziano <span class="sidenote">(201)</span>, prefetto -del pretorio, cui ne' domestici ragionari e in senato -lodava più che Tiberio non facesse di Sejano. Senatori -e soldati offrivano a costui statue, voti, sacrifizj, come -all'imperatore, e giuravano per la fortuna di Plauziano; -solo per lui arrivavasi all'imperatore e ai posti; ed egli -abusava dell'autorità, fino a mandare a morte illustri -personaggi senza tampoco informarne Severo: il quale, -<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span> -credendolo un sant'uomo, il cresceva d'onori, e ne -faceva sposare la figlia Plautilla al suo Caracalla <span class="sidenote">(202)</span>. Costei -portò una dote che sarebbe bastata, dice Dione, a cinquanta -regine; e cento persone di nobili case, alcuni -anche padri di famiglia, furono fatti eunuchi per servirla. -Ma non sempre spirò quell'aura. Ingelosito di -Plauziano, Severo comandò s'abbattessero le statue -erettegli: vero è che alcuni governatori, interpretandolo -per segno di disfavore, essendosi affrettati di fare altrettanto -nelle provincie, furono tolti di posto o sbanditi, -e Severo dichiarò che guaj a chi facesse affronto a -Plauziano. Caracalla, nojato del fasto di Plautilla, prese -tal odio a lei ed al suocero, che ne giurò la ruina; e -nel regio appartamento avventatosegli <span class="sidenote">(204)</span>, lo fece quivi -stesso trucidare, dopo, fui per dire, un regno di dieci -anni. La figlia e i confederati di esso furono relegati o -morti, dicendosi che macchinava assassinar l'imperatore. -</p> - -<p> -Eppure Severo rifiorì il paese; corresse gli abusi -insinuati dopo Marc'Aurelio; il tesoro trovato esausto, -lasciò riboccante, e grano bastevole per sette anni<a class="tag" id="tag6" href="#note6">[6]</a>, -olio per cinque, avendo disposto onde alquanto distribuirne -in perpetuo a ciascun cittadino. Alzò nuovi monumenti, -e riparò i vecchi a Roma e nelle maggiori -città, sicchè molte presero il nome di sue colonie; largheggiò -col popolo e negli spettacoli; mantenne la pace -interna. -</p> - -<p> -Contro i Caledonj sollevati e vincitori accorse nella -Britannia <span class="sidenote">(208)</span>, traendo seco i due suoi figli per istrapparli -dalle lascivie: e benchè gottoso e vecchio, inseguiva a -foco e ferro i nemici ne' più fitti loro recessi, li costrinse -alla pace, e per separare le conquiste nuove dal paese -indipendente, tirò una mura sull'istmo tra il golfo di -Forth (<i>Bodotria æstuarium</i>) e la foce della Clyde (<i>Glota</i>). -<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span> -Poco durarono in quiete i Caledonj, e saputo che Severo -stava malato, irruppero, ond'egli mandò Caracalla che -li guerreggiasse a sterminio. Costui, che già aveva -tentato assassinare il padre in battaglia, ora a capo d'un -esercito colorì gli empj disegni, inducendo soldati e -tribuni a disdire obbedienza al vecchio infermo. Severo -rimbrottò l'esercito, fece decollare i più rei, ma al -figlio perdonò; e l'unico suo atto di clemenza nocque -al mondo più che tutte le sue crudeltà. -</p> - -<p> -Desolato dall'infame condotta di Caracalla, a York -(<i>Eboracum</i>) sentendosi morire, Severo fece leggere ai -due figliuoli il discorso che Sallustio mette in bocca a -Micipsa per esortare i suoi eredi alla concordia: raccomandò -quella ch'è principale arte de' tiranni, conciliarsi -i soldati colle liberalità, poco curandosi del resto: -fece trasferire la Fortuna Aurea dalla sua nella camera -di Caracalla, poi in quella di Geta, ed esclamò, — Fui -tutto, e a nulla giova»<a class="tag" id="tag7" href="#note7">[7]</a>; chiesta l'urna preparata -per le sue ceneri, soggiunse, — Tu racchiuderai quello -a cui la terra fu piccola». Non reggendo agli spasimi, -domandò veleno, e negatogli, mangiò tanto da soffocare <span class="sidenote">(211)</span>. -</p> - -<p> -Accostavasi ai sessantasei anni, e ne regnò diciassette -e otto mesi. All'effigie cerea di lui, in Roma collocata -sopra letto d'avorio e coltrici d'oro, per sette giorni -fecero corteggio senatori in bruno e dame in bianco; i -medici proseguivano regolari visite, annunziando i progressi -del male, finchè il settimo pubblicarono la morte. -Allora il feretro fu per la via Sacra portato a spalla di -cavalieri nel fôro, accompagnato dai senatori e dalla -gioventù che inneggiava l'estinto. Sul Campo Marzio -erasi elevata splendida piramide di legno, contenente -quattro camere sovrapposte e decrescenti: nella seconda -fu collocato il simulacro, sparso d'aromi e di fiori; -<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span> -e poichè i cavalieri ebbero attorno gareggiato in corse -di cavalli, vi fu messo fuoco, e di mezzo alle vampe -un'aquila, sciogliendo il volo, simboleggiò l'anima di -Severo salente agli Dei. -</p> - -<p> -Avea pubblicato leggi di grande, quantunque severa -giustizia, cui dettava e faceva eseguire egli stesso come -despoto; poichè avvezzo ai campi e sapendosi esoso al -senato, sprezzò e conculcò questo simulacro di autorità -intermedia fra l'imperatore e i sudditi. Così svellendo -gli ultimi resti della repubblica, insinuò colla dottrina -e colla pratica il sistema despotico, e agevolò gli abusi -de' suoi successori e il tracollo dell'impero. -</p> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap44">CAPITOLO XLIV. -<span class="smaller">I Trenta Tiranni. Diocleziano. Imperatori colleghi. -Costituzione mutata.</span></h2> -</div> - -<p> -Caracalla e Geta, uno di ventitre, l'altro di ventun -anno, all'indolenza di chi nasce nella porpora aggiungevano -mostruosi vizj ed un reciproco esecrarsi. Il -padre adoprò consigli e rimproveri per mitigare quell'accannimento; -s'ingegnò di uguagliarli in tutto, fin, -cosa inusata, nel titolo d'augusto: ma Caracalla tenevasi -oltraggiato di ciò, e del veder Geta conciliarsi il popolo -e l'esercito. -</p> - -<p> -Appena Settimio Severo chiuse gli occhi, i due augusti -abbandonarono le conquiste per giungere a chi -primo in Roma; e proclamati entrambi dagli eserciti, -ebbero eguale dominio indipendente. Già in via non -aveano mangiato mai insieme, mai dormito sotto il -medesimo tetto; in città si divisero il palazzo, ch'era -<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span> -più grande di tutta Roma<a class="tag" id="tag8" href="#note8">[8]</a>, fortificando la porzione -dell'uno contro quella dell'altro, e postando sentinelle; -nè mai s'incontravano che coll'ingiuria sul labbro, col -pugno sull'elsa. Per ovviare l'imminente guerra fraterna, -fu proposto di spartire l'impero; ma Caracalla tolse le -difficoltà col trucidar Geta <span class="sidenote">(212 — 27 febb)</span> in grembo a Giulia loro -madre. -</p> - -<p> -Fra rimorso e soddisfazione, quel mostro fugge al -campo de' pretoriani, prostrasi agli Dei, e dicendosi -scampato dalle insidie fraterne, protesta voler vivere e -morire coi fedeli soldati. Questi prediligevano Geta, ma -un donativo di mille settecento lire ciascuno sopì le -mormorazioni. Caracalla non avea udito da suo padre, — Tienti -amici i soldati, e basta?» Del senato non -restavagli a temere; per dare un osso al popolo, lasciò -deificar Geta, dicendo, — Sia divo, purchè non sia -vivo»; e consacrò a Serapide la spada con cui l'avea -trafitto. -</p> - -<p> -Ma le furie ultrici straziarono il fratricida, che tra le -occupazioni, le adulazioni, le lascivie, vedevasi incontro -i fantasmi del padre e del fratello. Per cancellare ogni -memoria dell'estinto, ne abbattè le statue, e fuse le -monete; a Giulia che lo piangeva, minacciò morte; la -diede a Fadilla, ultima figlia di Marc'Aurelio; ventimila -persone fe trucidare, come amici di esso. Ad Emilio -Papiniano giureconsulto, già odioso a lui perchè Severo -gli avea raccomandato l'amministrazione del regno e la -concordia di sua famiglia, comandò di scrivere un'apologia -del suo fratricidio, come Seneca avea fatto con -Nerone; ma questi rispose: — È più facile commetterlo -che giustificarlo», e con intrepida morte suggellò -la fama acquistata colle opere e colle cariche. -</p> - -<p> -Fattosi al sangue, Caracalla ne agogna sempre di -<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span> -nuovo, e basta per colpa l'esser ricco o virtuoso. Girò -le varie provincie <span class="sidenote">(213-16)</span>, massime le orientali, sfogando l'ingordigia -di supplizj contro tutto il genere umano. Dovunque -fosse, i senatori doveano preparargli e banchetti -e sollazzi d'immenso costo, ch'egli poi abbandonava alle -sue guardie; ergergli palazzi e teatri, che o nè guardava -tampoco o comandava di demolire. Per acquistare popolarità, -vestiva secondo il paese; in Macedonia, attestando -ammirazione per Alessandro, ordinò un corpo -del suo esercito a modo della falange, attribuendo agli -uffiziali il nome di quelli dell'eroe; in Asia idolatrò -Achille; dappertutto buffone e carnefice; nella Gallia fece -uccidere sino i medici che l'aveano guarito; per una -satira ordinò di sterminare gli Alessandrini, e dal tempio -di Serapide dirigeva la strage di migliaja d'infelici, -lutti, come egli scrisse al senato, colpevoli. -</p> - -<p> -Del resto nessuna cura nè degli affari nè della giustizia; -a giullari, cocchieri, commedianti, gladiatori -profondeva oro; a liberti, istrioni, eunuchi dava i primi -posti: che importavano i lamenti del mondo intero? -«Tienti amici i soldati, e basta». A costoro Caracalla -largheggiò ancor più che suo padre, del quale poi non -avea la fermezza per frenarli; settanta milioni di -dramme all'anno distribuiva ad essi, oltre la paga -aumentata; li lasciava poltrire ne' quartieri, e ne provocava -la famigliarità, imitandone il vestire, i modi, i -vizj. Dopo sprecato l'immenso tesoro di Severo, dovette -fin battere moneta falsa, e a Giulia, che nel rimproverava, -rispose impugnando la spada: — Finchè avrò -questa, mai non me ne mancherà». -</p> - -<p> -Menò qualche guerra, ed essendosi i popoli della Germania -sollevati di conserva, volendo o parte de' suoi -tesori o guerra eterna, egli scelse il primo patto: non -ricevette però gli ambasciatori, ma i soli interpreti, che -subito fece ammazzare perchè non testimoniassero della -<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span> -sua vergogna. Assassinò il re dei Quadi; e chiamati i -giovani della Rezia alle armi, li fece scannare. Avendo -invitato Tiridate re dell'Armenia e dell'Osroene ad -Antiochia, lo gittò in carcere, e l'Osroene ridusse a -provincia; ma l'Armenia non potè. Senz'altra dichiarazione -entrato sulle terre dei Parti, ne sterminò gli abitanti, -fin collo sbandare bestie feroci: e sebbene non -avesse visto nemico, si vantò vincitore dell'Oriente, e -il senato gli aggiunse i titoli di Germanico, Getico e -Partico, ed il trionfo. Elvio Pertinace, figlio dell'imperatore -ucciso, disse che il soprannome di <i>Getico</i> gli -conveniva, per allusione a Geta ucciso; e pagò il motto -colla vita. -</p> - -<p> -La prefettura del pretorio, che allora comprendeva -tutte le funzioni del dominio, era stata divisa; pel militare -ad Avvento, pel civile a Marco Opilio Macrino -avvocato di Cesarea in Mauritania. Un africano indovino -predisse a quest'ultimo l'impero: del che fu mandato -avviso a Caracalla mentre in Edessa guidava un cocchio, -ed egli consegnò il dispaccio a Macrino stesso. Questi -vide inevitabile il morire o dar morte; onde comprò -il centurione Marziale, che trafisse Caracalla intanto -che pellegrinava al tempio della Luna a Carre <span class="sidenote">(217 — 8 aprile)</span>. -</p> - -<p> -Giulia Domna sua madre, che Severo avea sposata -perchè le stelle prediceanle regio marito, oltre bella, -era di vivace immaginativa, di fermo animo, di squisito -giudizio, insegnata nelle arti e nelle lettere, e protettrice -degli uomini d'ingegno, le cui lodi però non -sopirono certi scandali. Sull'austero e geloso marito -mai non avea preso ascendente, ma sotto il figlio amministrò -con prudenza e moderazione; poi, per non -sopravivere alla dignità, lasciossi morir di fame. -</p> - -<p> -Questo mostro si rese memorabile coll'avere dichiarato -cittadini romani tutti i sudditi, non per generosità, -ma per sottoporre anche i provinciali alla ventesima -<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span> -delle eredità, che pagavasi dai soli cittadini<a class="tag" id="tag9" href="#note9">[9]</a>. -</p> - -<p> -Tre giorni vacò l'impero del mondo: al quarto, i -pretoriani non trovando a chi darlo, acclamarono -Macrino, che se ne mostrava alieno ed accorato dell'uccisione -di Caracalla, e che subito sparse doni, promesse, -amnistia. Il senato, fin allora esitante, prodigò -imprecazioni al morto, a Macrino più onori che a verun -altro mai, cesare il figlio suo, augusta la moglie; e il -supplicò di punire i ministri di Caracalla e sterminare -i delatori. Macrino gli permise d'esigliare e senatori e -alcuni cittadini, crocifiggere gli schiavi o liberti accusatori -de' padroni; poi all'esercito consentì la deificazione -di Caracalla, che il sempre docile senato approvò. -</p> - -<p> -Tentando riparare i disordini, annullò gli editti repugnanti -alle leggi di Roma; punì col fuoco gli adulteri, -chiunque fossero; gli schiavi fuggiaschi obbligava -a combattere coi gladiatori; talvolta i rei lasciava -morir di fame; condannava nel capo i delatori che non -provassero l'accusa; se la provassero, lasciava loro -l'ordinaria ricompensa d'un quarto dei beni dell'accusato, -ma li dichiarava infami; i cospiranti contro la sua -persona ora punì, ora perdonò. Questo rigore, e il -surrogare talvolta nelle cariche a persone illustri gente -sprovvista di nobiltà e di merito, eccitò scontenti; trovossi -indecoroso il vedere in trono uno che nè tampoco -era senatore, nè con veruna qualità ricattava la bassezza -dei natali. -</p> - -<p> -Giustizia o paura, l'imperatore rimandò i prigionieri -rapiti da Caracalla: ma Artabano IV re dei Parti, che -<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span> -faceva armi per vendicare il costui affronto, pretese -riedificassero le terre da Caracalla diroccate, restituissero -la Mesopotamia, e un'ammenda per le sepolture -dei re Parti oltraggiate; e non ottenendolo, assalì i -Romani presso Nisiba, li ruppe, nè concedette pace che -al prezzo di cinquanta milioni di dramme. Gli Armeni -furono mitigati col rimettere Tiridate in trono. -</p> - -<p> -Causa principale delle rotte era l'indisciplina degli -eserciti; onde Macrino, ingegnandosi di ristabilirla, dai -molti quartieri delle città li trasferì alla campagna, vietando -anzi d'accostarsi a quelle, e puniva irremissibilmente -ogni lieve fallo: volle anche attenuare la paga -ai soldati, che allora levarono il grido, rinfacciandogli -l'oziare suo suntuoso in Antiochia, e l'ipocrisia onde -avea finto piangere l'assassinio di Caracalla, opera sua. -</p> - -<p> -Soffiava nel fuoco Giulia Mesa, sorella di Giulia -Domna, scaltra come donna, e come uomo coraggiosa, -alla quale Macrino avea lasciato le molte ricchezze, -relegandola però ad Emesa in Fenicia, coi nipoti Vario -Avito Bassiano di tredici e Alessandro Severo di nove -anni, nati quello da Giulia Soemi, questo da Giulia -Mammea sue figliuole. Il primo, detto Elagabalo dal -nome del dio Sole di cui essa l'avea fatto sacerdote, -dai soldati del non lontano campo di Macrino si fece -ben volere per dolcezza e affabilità, tanto più dopo che -Mesa sparse fosse generato da Caracalla, e puntellò tal -opinione con larghi donativi; indotti dai quali, il proclamarono -imperatore col nome di Marc'Aurelio Antonino -Elagabalo <span class="sidenote">(218)</span>. Ulpio Giuliano prefetto del pretorio, -spedito contro di esso, fu trucidato: Macrino, in tentenno -fra il rigore e l'indulgenza, alfine lo dichiarò -nemico della patria, proclamò augusto il proprio figlio -Marco Opilio Diadumeno, e promise a' soldati cinquemila -dramme, al popolo cencinquanta per testa. Non -ostante ciò, i soldati si chiarirono pel giovinetto; trucidavano -<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span> -gli uffiziali per succeder loro nei beni e nel -grado com'era promesso; poi in battaglia sui confini -della Siria e della Fenicia, Macrino con intempestiva -fuga decise della giornata. Côlto presso Archelaide in -Cappadocia, mentre era condotto all'emulo, avendo -inteso che il bilustre figliuolo Diadumeno era stato -pubblicamente decollato, si precipitò dal carro, e le -guardie ne finirono i dolori e la vita. I pochi che resistettero, -perirono: in venti giorni cominciata e finita -la rivoluzione. -</p> - -<p> -Elagabalo molti mesi consumò in frivolo viaggio e -pomposo dalla Siria in Italia, ove intanto spedì le solite -promesse, e il proprio ritratto in abiti sacerdotali di -seta e d'oro, ondeggianti all'orientale, sul capo la tiara, -monili e collane e gemme per tutto, le ciglia tinte in -nero, le gote in rosso; talchè Roma dovette accorgersi -che, dopo la militare brutalità, le sovrastava il molle -despotismo orientale. -</p> - -<p> -E veramente il sacerdote del Sole sorpassò in empietà, -prodigalità, impudicizia e barbarie i mostri che -l'avevano preceduto. Fra le sei mogli che in quattro -anni condusse e che ripudiò od uccise, contò anche -una Vestale, colpa inaudita. Non d'altro che di stoffe -d'oro coprivansi i suoi appartamenti: nudo guidava il -cocchio tempestato di gemme, cui aggiogava donne -seminude, e per giungere a quello non dovea calcare -che polvere d'oro: d'oro i vasi a qualunque uso, e la -notte distribuiva ai convitati quelli usati il giorno: le -vesti, de' drappi più fini, nè mai portò due volte la -stessa, mai due volte un anello. Le peschiere empì -d'acqua di rose, di vino il canale de' conflitti navali: un -indistinto di fiori ricreava le camere, le gallerie, i letti -suoi: imbandiva pranzi di sole lingue di pavoni e rossignuoli, -d'ova di rombi, cervella di papagalli e fagiani, -talloni di camelli, mamme di cigni: non assaggiava -<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span> -pesci se non quando si trovasse lontanissimo dal mare, -ed allora ne distribuiva al vulgo quantità de' più fini e -più costosi al trasporto: nutriva i cani con fegato di -paperi, i cavalli con uva, le fiere con fagiani e pernici. -Chi inventasse qualche pruriginoso manicaretto, n'avea -premio; ma se non incontrasse il gusto dell'imperatore, -era condannato a non mangiar altro che di quello, -finchè non ne scoprisse uno più avventurato. Servivansi -inoltre a quelle mense piselli misti con grani d'oro, -lenti con pietre di fulmine, fave con ambra, riso con -perle; mescevasi mastice al vin di rosa, spolveravansi -d'ambra i tartufi e i pesci. D'argento erano le tavole, -e i vasi in forme impudiche; di nardo alimentavansi le -lampade; rose e giacinti piovevano sui convitati, alcuna -volta in tal quantità da soffocarli, per divertimento -dell'imperatore. -</p> - -<p> -A infamie le più sozze, di cui il suo palazzo fu un -ridotto, invitava gli amici, che chiamava commilitoni -per l'indegno consorzio; e le salaci prodezze guadagnavano -agli amasj suoi le prime cariche dell'impero. -Repente cacciò tutte le meretrici, e vi surrogò garzoni, -e si fece sposare da un uffiziale e da uno schiavo, consumando -le bestiali nozze al cospetto del mondo. Amò -tanto il servo Ganni, che pensò sposargli sua madre e -farlo cesare; ma avendolo questi esortato a maggior -decenza, lo trucidò: altri assai mandò a morte nella -Siria e altrove, come disapprovassero la sua condotta. -Quando apparve la prima volta nella curia, volle sua -madre fosse annoverata fra i padri coscritti, con voce -al par di loro; anzi istituì, sotto la presidenza di lei, -un senato di donne, che risolvessero sugli abiti dei -Romani, i gradi, le visite, e siffatte importanze. -</p> - -<p> -Pazzo pel dio al quale doveva il nome e il trono, e -che era adorato sotto forma d'un cono di pietra nera, -gli alzò tempio magnifico sul Palatino, con riti forestieri; -<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span> -Giove e gli altri Dei gli fossero servi; anzi a -nessun altro che a quello si prestasse adorazione. Profanati -adunque e spogli i tempj, al suo furono recati il -fuoco eterno di Vesta, la statua della Gran Madre, gli -scudi Ancili, il Palladio; e da Cartagine trasferita la -dea Astarte con tutti gli ornamenti, la sposò al dio suo -con nozze sfarzose. Pel culto di quello, non che astenersi -egli medesimo dalla carne di porco e farsi circoncidere, -sagrificava fanciulli, rapiti ad illustri famiglie. Menando -in processione la rozza pietra s'un carro a sei bianchi -cavalli, fece spolverar d'oro la via; egli, tenendo le -briglie, camminava a ritroso per non torcere gli occhi -dalla prediletta divinità. Nei sacrifizj suoi vini squisiti, -rarissime vittime, preziosi aromi si consumavano, e tra -le lascive danze che sirie fanciulle menavano al suono -di barbarici stromenti, i più gravi personaggi di toga -e di spada adempivano ridicole ed abjette funzioni. -</p> - -<p> -Mesa faceva inutile prova di frenare quel forsennato: -e prevedendo che i Romani, ossia i soldati, nol soffrirebbero -a lungo, lo indusse <span class="sidenote">(221)</span> a adottare il cugino Alessandro -Severo, acciò, diceva, gli affari nol distraessero -dalle divine sue cure. Elagabalo, come vide costui non -pigliar parte alle sue dissolutezze, e rendersi caro al -popolo e al senato, tentò ucciderlo: ma i pretoriani si -sollevarono, e uccidevano l'imperatore se a lacrime non -avesse impetrato gli lasciassero la vita e lo sposo; onde -sfogarono la loro indignazione sugli altri compagni di -sue dissolutezze. Quando l'anno vegnente attentò ancora -alla vita d'Alessandro, i pretoriani di nuovo tumultuarono, -e avendo Elagabalo dovuto portarlo nel loro -campo, a quello profusero applausi, a lui insulti. Irritato, -comanda la morte di alcuni, ma i loro compagni li -strappano al carnefice; si fa baruffa; Elagabalo si -nasconde nelle fogne, ed ivi scoperto è ucciso <span class="sidenote">(222)</span>. Avea -diciott'anni! -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span> -</p> - -<p> -Alessandro Severo di quattordici fu gridato imperatore, -augusto, padre della patria, grande, prima di pur -conoscerlo<a class="tag" id="tag10" href="#note10">[10]</a>. Egli, dolce e modesto, lasciossi regolare -<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span> -dalla madre Mammea<a class="tag" id="tag11" href="#note11">[11]</a>, la quale gli pose attorno un -consiglio di sedici senatori, e a loro capo il celebre -<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span> -Domizio Ulpiano, affinchè risarcissero lo scompiglio -del governo e delle finanze, rimovessero i tanti indegni -impiegati, e formassero il giovane imperatore. -</p> - -<p> -Rispettoso ad essa e ad Ulpiano, aborrente dagli -adulatori, Alessandro amò la virtù, l'istruzione, il lavoro. -Sorto coll'alba, dopo le devozioni nella domestica cappella, -adorna delle immagini d'eroi benefici, dava opera -agli affari nel consiglio di Stato e alle cause private, -donde ricreavasi coll'amena lettura e collo studiare -poesia, filosofia, storia, massime in Virgilio, Orazio, -Platone e Tullio, senza trascurare gli esercizj del corpo. -Rimessosi poi agli affari, dava spaccio a lettere e memoriali, -fin alla cena, frugalmente imbandita per pochi -amici, dotti e virtuosi, la cui conversazione o la lettura -gli tenesser luogo de' ballerini e de' gladiatori, condimento -ai banchetti romani. Vestiva positivo, parlava -cortese, a tutti dava udienza in certe ore, e un banditore -ripeteva quella formola de' misteri eleusini: — Qua -non entri chi non ha animo castigato ed innocente». -Avea scritto sulle porte del palazzo: — Fate altrui quel -che a voi vorreste fatto». Di Cristiani avea piena la -Corte, e v'è chi dice adorasse in secreto Cristo ed -Abramo, e pensasse ergere tempj al vero Dio, se gli -oracoli non avessero riflettuto che ridurrebbe con ciò -deserti que' degli altri. Come vedeva usato dai Cristiani -nella scelta de' sacerdoti, pubblicava il nome de' governatori -che eleggeva alle provincie, invitando chi -avesse alcun che da opporre. Moderato il lusso, diminuì -il prezzo delle derrate e l'interesse del denaro, non -lasciando al popolo mancare nè largizioni nè divertimenti. -I governatori, persuasi che l'amore de' governati -<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span> -fosse il solo modo di piacergli, tornavano in lena le -provincie; e così ricreavasi l'impero da quarant'anni -di diversa tirannia. -</p> - -<p> -Restavano, pessima piaga, i soldati, indocili d'ogni -freno. Alessandro gli amicò coi donativi e con alleviarli -da qualche peso, come dal portar nelle marcie la provvigione -per diciassette giorni; ne diresse il lusso sui -cavalli e sulle armi; alle loro fatiche sottoponevasi egli -stesso, li visitava malati, non lasciava alcun servizio -senza memoria o compenso, e diceva premergli più il -conservar loro che se stesso, in quelli consistendo la -pubblica salvezza. -</p> - -<p> -Ma val rimedio a male incancrenito? Ai pretoriani -venne a noja la virtù del loro creato, e tacciavano -Ulpiano loro prefetto di consigliarlo alla severità; onde -infuriati corsero Roma per tre giorni come città nemica, -ficcando anche il fuoco, sinchè ebbero Ulpiano, -che trucidarono sugli occhi stessi dell'imperatore <span class="sidenote">(230)</span>, indarno -buono. Egual fine minacciavano a qualunque -ministro fedele; nè Dione storico campò, che con celarsi -nelle sue ville di Campania. Le legioni imitarono -il tristo esempio, e da ogni banda rivolte e uccisioni -d'uffiziali attestavano che nulla più giovava la bontà in -tanta sfrenatezza. -</p> - -<p> -Al tempo suo <span class="sidenote">(223-26)</span> una grande rivoluzione ristorò l'impero -di Persia, e Ardescir-Babegan o Artaserse, figlio di -Sassan, re dei re, all'unità dell'amministrazione e del -culto del fuoco secondo la dottrina di Zoroastro ridusse -quanto paese giace tra l'Eufrate, il Tigri, l'Arasse, l'Oxo, -l'Indo, il Caspio e il golfo Persico. Erano nuovi tremendi -nemici all'impero romano; giacchè Ardescir disegnò -ricuperare quanto avea posseduto Ciro; e senza riguardo -ad Alessandro Severo, passò l'Eufrate <span class="sidenote">(232)</span>, sottomise molte -provincie contigue, ed all'imperatore che s'avvicinava -coll'esercito mandò quattrocento uomini, i più atanti di -<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span> -loro persone, i quali dicessero: — Il re dei re manda -ordine ai Romani e al loro capo; sgombrino la Siria -e l'Asia Minore, e restituiscano ai Persiani i paesi di -qua dell'Egeo e del Ponto, posseduti dai loro avi». -</p> - -<p> -Alessandro s'irritò a quella tracotanza, e tolti ai messi -gli ornamenti, li relegò nella Frigia; la Mesopotamia -senza battaglia ricuperò; e sconfisse Ardescir <span class="sidenote">(233)</span>, che contava -cenventimila cavalli, diecimila soldati pesanti, mille -ottocento carri da guerra, e settecento elefanti. Alessandro -divise il suo esercito in tre corpi, che per diversi -lati invadessero la Partia; e la concordia del ben disposto -attacco avrebbe potuto fiaccare i Persi, se l'esercito -romano non avesse ricusato le fatiche e trucidato -gli uffiziali. Reduce a Roma <span class="sidenote">(234)</span>, e vantate le sue imprese -in senato, Alessandro trionfò condotto da quattro elefanti, -ed ebbe il soprannome di Partico e di Persico: -ma poco stante Ardescir ripigliò quanto i Romani -aveano acquistato, e in quindici anni di regno consolidò -la sua potenza minacciosa alla romana. -</p> - -<p> -Alessandro disponevasi a rinnovare le ostilità, da cui -lo distrassero i Germani. Accorso al Reno, ne li respinse <span class="sidenote">(235)</span>; -ma l'arrestò lo scompiglio de' suoi eserciti, intolleranti -delle fatiche, della disciplina e del rigore ond'egli puniva -qualunque oltraggio recassero nelle marcie, lungo -le quali faceva ripetere dagli araldi quel suo — Fate -come volete che a voi si faccia». -</p> - -<p> -Quando Alessandro, reduce d'Oriente, festeggiò nella -Tracia con giuochi militari il natogli Geta, si presentò -un garzone balioso, in barbara lingua implorando -l'onore di concorrere alla lotta. La sua corporatura -dava grand'indizio di vigoria; laonde, affinchè non -avesse, egli barbaro, a trionfare d'un soldato romano, -furongli opposti i più forzosi schiavi del campo: ma -un dopo l'altro, sedici ne abbattè. Compensato con -regalucci ed arrolato nelle truppe, al domani le divertì -<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span> -con saltabellare a modo del suo paese: e vedendo che -Severo gli avea posto mente, tenne dietro al cavallo di -lui in una lunga corsa, senz'ombra di stanchezza; al -fine della quale avendogli l'imperatore esibito di lottare, -accettò e vinse sette robusti soldati. Alessandro il regalò -d'una collana d'oro, e lo scrisse fra le guardie del suo -corpo con paga doppia, l'ordinaria non bastando al -suo mantenimento. -</p> - -<p> -Costui chiamavasi Massimino, di padre goto, di madre -alana: alto otto piedi, trascinava un carro cui non bastava -un par di bovi, sradicava alberi, fiaccava la tibia -di un cavallo con un calcio, spiaccicava ciottoli fra le -mani, mangiava quaranta libbre di carne, bevea ventiquattro -pinte di vino al giorno, quando non eccedesse. -Nel trattare cogli uomini vide la necessità di frenare la -natìa fierezza; e sotto i succedentisi imperadori si conservò -in grado: Alessandro il costituì tribuno della -quarta legione; indi, per la disciplina che serbava, lo -promosse al primo comando, lo ascrisse al senato, e -pensava dare sua sorella a Giulio Vero figlio di lui, -bello, robusto e coraggioso quanto superbo. -</p> - -<p> -Tanti benefizj, non che ammansassero Massimino, -l'invogliarono a tutto osare quando tutto potea la forza; -spargeva cronache e risa su questo imperator siro, -tutto senato, tutto mamma; e formatasi una fazione, lo -assalì presso Magonza <span class="sidenote">(235)</span>, e lo trucidò con Mammea, di -soli ventisei anni. I soldati uccisero gli assassini, eccetto -il capo: popolo e senatori piansero Alessandro quanto -meritava, e con annua festa ne commemoravano il -natale. Massimino, gridato imperatore, si associò il figlio, -cui i soldati baciarono le mani, le ginocchia, i piedi; il -senato confermò quel che non poteva disfare; e tosto -cominciarono le vendette e le crudeltà. Come chi da -infima perviene ad alta fortuna, Massimino temeva il -dispregio e i confronti; quindi la nascita illustre o il -<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span> -merito erano colpa agli occhi suoi, colpa l'averlo vilipeso, -colpa l'averlo sovvenuto nella sua povertà. Un -sospetto bastava perchè governatori, generali, consolari -fossero incatenati sui carri e portati all'imperatore, che, -non sazio della confisca e della morte, li faceva o -esporre alle fiere entro pelli fresche di bestie, o battere -sinchè avessero fil di vita. Nè i Cristiani cansarono la -sua ferocia <span class="sidenote">(236)</span>. -</p> - -<p> -A pari con questa andava in lui l'ingordigia; e incamerò -le rendite indipendenti che ciascuna città amministrava -per le pubbliche distribuzioni e per sollazzi, -spogliò i tempj, e le statue di numi e d'eroi volse in -moneta. Dappertutto fu indignazione, in qualche luogo -tumulto. Nell'Africa, alcuni giovani ricchissimi, spogliati -d'ogni ben loro dal procuratore ingordo, armano -schiavi e contadini, trucidano il magistrato, e gridano imperatore -Marc'Antonio Gordiano <span class="sidenote">(237)</span> proconsole di quella -provincia. -</p> - -<p> -Questo ricco e benefico senatore, discendente dai -Gracchi e da Trajano, occupava in Roma il palazzo di -Pompeo, adorno di trofei e pitture: aveva sulla via di -Preneste una villa di magnifica estensione, con tre sale -lunghe cento piedi, e un portico sorretto da ducento -colonne de' quattro più stimati marmi: nei giuochi dati -al popolo, non esibiva mai meno di cencinquanta coppie -di gladiatori, talora cinquecento: un giorno fece uccidervi -cento cavalli siciliani ed altrettanti cappadoci, e -mille orsi, a non dire le fiere minori: e siffatti giuochi, -essendo edile, rinnovò ogni mese; fatto console, gli -estese alle principali città d'Italia. -</p> - -<p> -Qui tutta la sua ambizione; placido del resto da non -eccitare la gelosia de' tiranni, attendeva alle lettere e -cantò in trenta libri le virtù degli Antonini. Toccava gli -ottant'anni quando gli sopragiunse codesta sventura -dell'impero; e poichè preci e lacrime adoprò invano a -<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span> -stornarla, vedendo non camperebbe altrimenti o dai -soldati o da Massimino, accettò e pose sede in Cartagine. -Imperatore con esso fu dichiarato suo figlio Gordiano, -il quale avea raccolto ventidue concubine e sessantaduemila -volumi: da ciascuna delle prime ebbe tre -o quattro figliuoli; degli altri si valse per fare egli -stesso libri, di cui qualcuno ci rimane. -</p> - -<p> -Dando contezza al senato della loro elezione, i nuovi -imperatori protestavano deporrebbero la porpora se -così a quello piacesse; dei decreti ordinavano la pubblicazione -soltanto qualora il senato vi acconsentisse; -richiamavano gli esuli, promettevano generosamente ai -soldati e al popolo, invitavano gli amici a sottrarsi dal -tiranno. La risolutezza del console vinse l'esitanza del -senato, che dichiarò nemici i Massimini e chi con loro, -e ricompense a chi gli uccidesse; e per tutta Italia si -diffuse la rivolta, contaminata di troppo sangue. Il senato -avvilito a quel modo sotto il villano goto, ripigliava -allora spiriti e dignità, disponeva la difesa e la -guerra, per deputati invitava i governatori in ajuto -della patria. Dappertutto erano i ben accolti; ma Capeliano, -governatore della Mauritania e privato nemico -de' Gordiani, fatto massa, aggrediva i nuovi imperatori <span class="sidenote">(238)</span> -in Cartagine. Il figlio periva combattendo; il padre -all'annunzio si strangolava, regnato appena sei settimane: -Cartagine fu presa, e torrenti di sangue saziarono -la vendetta di Massimino. -</p> - -<p> -Il quale, all'udire le prime nuove, infuriando a modo -di bestia, voltolavasi per terra, dava del capo nelle -muraglie, trafisse quanti gli erano intorno, finchè a -viva forza gli si strappò la spada, poi mosse verso -Italia. Proclamava intera perdonanza: ma chi si sarebbe -fidato? Il senato, spinto dalla disperazione ad un coraggio -che la ragione rinnegava, proclamò imperatori -due vecchi senatori, Massimo Pupieno e Claudio Balbino, -<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span> -uno che dirigesse la guerra, l'altro che regolasse la -città. Il primo, figlio di un carpentiere, rozzo ma valoroso -ed assennato, era salito di grado in grado fino ai -sommi e alla prefettura di Roma. Le sue vittorie contro -Sarmati e Germani, e il tenore austero di sua vita, non -disgiunta da umanità, il faceano riverito dal popolo; -come amato n'era Balbino, oratore e poeta di nome, -integro governatore di molte provincie, ricco sfondolato -e liberale, amico de' piaceri senza eccesso. -</p> - -<p> -Appena costoro in Campidoglio compivano i primi -sagrifizj, il popolo tumultua, vuol fare esso pure una -elezione, e che ai due s'aggiunga un nipote di Gordiano, -fanciullo di dodici anni, anch'esso Gordiano di nome. -Quelli accettarono il cesare, e rabbonacciato il tumulto, -pensarono a consolidarsi. -</p> - -<p> -Massimino, a capo dell'esercito col quale avea più -volte vinto i Germani e meditato stendere l'impero fino -al mar settentrionale, movea sbuffando sopra l'Italia, -che mai non avea vista dopo imperatore; e sceso dall'AIpi -Giulie, trovava il paese deserto, consumate le -provvigioni, rotti i ponti, volendo così il senato logorarne -le forze sotto i castelli nel miglior modo muniti. Prima -Aquileja gli abbarrò la marcia con risoluto coraggio, -fidata nel dio Beleno, che credeva combattesse sulle sue -mura. Se però Massimino si fosse lasciata alle spalle -quella città, difilandosi sopra Roma, che cosa avrebbe -potuto opporgli Pupieno, proceduto sin a Ravenna per -tenergli testa? E che valevano i politici accorgimenti -di Balbino contro gl'interni tumulti? Ma le truppe di -Massimino, trovando il paese desolato e un'inattesa -resistenza, s'ammutinarono; e un corpo di pretoriani, -tremando per le mogli ed i figli loro rimasti nel campo -d'Alba, trucidarono il tiranno col figlio e co' suoi più -fidati. -</p> - -<p> -Aquileja spalanca le porte, assediati e assediatori -<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span> -abbracciansi nella esultanza della ricuperata libertà, e -in Ravenna, in Roma, per tutto la gioja, i mirallegro, -i ringraziamenti agli Dei sono in proporzione del terrore -eccitato dagli uccisi e dalla fiducia nei nuovi. -Questi abolirono o temperarono le tasse imposte da -Massimino, rimisero la disciplina, pubblicarono leggi -opportune col consiglio del senato, e cercarono rimarginare -le ferite sanguinose. Pupieno chiedeva a Balbino: — Qual -premio aspettarci per aver liberato Roma da -un mostro? — L'amore del senato, del popolo e di -tutti», rispose Balbino; ma l'altro più veggente: — Sarà -piuttosto l'odio dei soldati e la loro vendetta». -</p> - -<p> -E indovinò. Ancor durante la guerra, popolo e pretoriani -si erano in Roma levati a stormo, inondate le -vie di sangue, gittato il fuoco ne' magazzini e nelle -botteghe. Il tumulto fu sopito, non estinto, talchè i -senatori andavano muniti di pugnali, i pretoriani adocchiavano -l'occasione di vendicarsi; tutti al pari beffandosi -dei deboli argini che gl'imperatori mettevano al -torrente delle fazioni. Crebbe il fermento allorchè i -pretoriani si trovarono riuniti in Roma; e fremendo che -agl'imperatori da essi eletti fossero surrogate queste -creature del senato, e che si pretendesse rimettere le -leggi e la disciplina, trucidano gl'imperatori, e recano -al campo il giovine Gordiano III, proclamandolo unico -padrone <span class="sidenote">(238)</span>. -</p> - -<p> -Quel fanciullo pareva nato fatto per riconciliare i -rissosi: egli bello, egli soave, egli rampollo di due -imperatori, morti prima di divenire malvagi; egli detto -figliuolo dal senato, come dai soldati; egli dalla plebe -amato più che qualunque suo predecessore. Misiteo, -suo maestro di retorica poi suocero e prefetto al pretorio, -dato lo sfratto a' ribaldi confidenti del giovine -imperatore, meritò la fiducia coll'onestà e colla valentìa. -Ma poco appresso morì; e il comando de' pretoriani fu -<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span> -commesso a Marco Giulio Filippo, che, non contento di -quel posto, brigò fra i soldati tanto, che obbligò Gordiano -ad assumerlo compagno nel dominio <span class="sidenote">(244)</span>, poi lo depose, -infine lo trucidò a Zait mentre guerreggiava il -re sassanide Sciapur o Sapore, figlio di Ardescir. -</p> - -<p> -Filippo era nato a Bosra nell'Idumea, da un capo -di carovane arabe, e v'è chi lo dice cristiano, sebbene -le opere nol mostrino. Acconciatosi con Sàpore, tornò -in Antiochia <span class="sidenote">(243)</span>, dove volendo assistere alla solennità della -Pasqua, il vescovo Babila lo dichiarò indegno, finchè -non subisse la penitenza. Giunto a Roma, si conciliò il -popolo colla dolcezza, e celebrò il millenario della città <span class="sidenote">(247)</span> -con giuochi ove combatterono trentadue elefanti, dieci -orsi, sessanta leoni, un caval marino, un rinoceronte, -dieci leoni bianchi, dieci asini, quaranta cavalli selvaggi, -dieci giraffe, oltre belve minori e duemila -gladiatori. Sanguinosi dovean essere i giubilei della -eroica città. -</p> - -<p> -Ma d'ogni parte rampollavano nuovi imperatori, il -più fortunato de' quali fu Gneo Messio Decio di Sirmio, -governatore della Mesia; marciando contro del quale -Filippo fu trucidato a Verona <span class="sidenote">(249)</span> per mano dello stesso -Decio, dopo cinque anni d'impero. -</p> - -<p> -Aveva egli lasciato progredire la religione cristiana, -contro della quale invece Decio bandì severissimi editti <span class="sidenote">(250)</span>: -e chi ne faceva professione, era sturbato dalle case e -dai beni, e tratto al supplizio. Rinnovaronsi allora gli -orrori delle proscrizioni; fratelli tradirono i fratelli, -figliuoli i padri; chi potea sottrarsi a quel furore, si -riduceva nelle selve e negli eremi. V'era mosso Decio -dall'amore dell'antica disciplina, che, attribuendo le -sciagure dell'impero alla corruttela, tentò ripristinare. -Avea pensato ristabilire la censura; quasi la rugginosa -instituzione fosse applicabile quando su tutto il mondo -incivilito sarebbesi dovuto estendere l'ispezione, e chiamare -<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span> -a giudizio inerme l'armata depravazione. Pure -volendo che il senato eleggesse un censore, l'unanime -voce acclamò Valeriano; e l'imperatore, conferendogli -il grado, disse: — Te fortunato per l'universale approvazione! -ricevi la censura del genere umano, e giudica -i nostri costumi. Eleggerai i meritevoli di seder nel -senato, renderai lo splendore all'ordine equestre, crescerai -le pubbliche entrate pur alleggerendo le gravezze, -dividerai in classi l'infinita moltitudine de' cittadini, -terrai ragione di quanto concerna le forze, le ricchezze, -la virtù, la potenza di Roma. Al tuo tribunale sono -soggetti la corte, l'esercito, i ministri della giustizia, le -dignità dell'impero, eccetto solo i consoli ordinarj, il -prefetto della città, il re dei sacrifizj, e la maggior -Vestale sinchè casta». -</p> - -<p> -Prima che al fatto apparisse ineseguibile quel disegno, -lo interruppero i Goti, che invasero la Bassa Mesia <span class="sidenote">(254)</span>, poi -la Tracia e la Macedonia. Ora vincendo a forza, ora -giovato dai tradimenti, l'imperatore li ridusse a tale -estremità, che offrirono di rendere i prigionieri ed il -bottino, pur che fossero lasciati ritirarsi. Decio, risoluto -a sterminarli, s'attraversò al loro passo. Mal per lui; -giacchè, assalito in disperata battaglia, vide cadere -trafitto il proprio figliuolo. Decio gridò ai soldati: — Non -abbiam perduto che un uomo; sì lieve mancanza -non ci scoraggi»; ed avventatosi ove più fervea -la mischia, vi trovò la morte. -</p> - -<p> -Dell'esercito sbaragliato le reliquie si raggomitolarono -al corpo di Vibio Treboniano Gallo, da lui spedito -per tagliare la ritirata ai Goti. Questi, che forse avea -colpa della sconfitta, finse volerla vendicare, e così -amicossi l'esercito che l'acclamò imperatore: ed egli si -associò Ostiliano figlio di Decio, e, morto fra breve -costui, il proprio figlio Volusiano. Ma non appena il -senato lo confermò, conchiuse vergognosa pace coi Goti, -<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span> -promettendo fin un tributo; serbatosi a manifestare il -suo coraggio col perseguitare i Cristiani. -</p> - -<p> -Nel suo regno d'un anno e mezzo, peste e siccità -desolarono; Goti, Borani, Carpi, Burgundioni irruppero -nella Mesia e nella Pannonia; gli Sciti devastarono l'Asia, -i Persiani occuparono fino Antiochia. Il mauro Emilio -Emiliano, comandante della Mesia, borioso d'aver vinto -i Barbari, e sprezzando Gallo che marciva a Roma nei -piaceri, si fa salutare imperatore <span class="sidenote">(253 — maggio)</span>, e prima che questi -ben si sdormenti, entra in Italia, e scontratolo a Terni, -il vede ucciso col figlio Volusiano da' suoi stessi soldati. -Ma l'esercito uccide lui pure presso Spoleto, dopo -quattro mesi di regno, e s'accorda col senato e coll'esercito -della Gallia e Germania che aveano acclamato -Licinio Valeriano. -</p> - -<p> -Illustre nascita, modestia, prudenza faceano caro -costui, che forbendosi dai vizj d'allora, applicava alle -belle lettere i suoi riposi; devoto dei costumi antichi, -aborriva la tirannide, talchè parea degno dell'impero. -Ma come l'ottenne, si sentì inabile a tanto peso; nè altro -ajuto seppe scegliere che il proprio figlio Egnazio Gallieno, -effeminato e vizioso. Pure dava miti ed opportuni -provvedimenti, quando il chiamarono all'armi i popoli, -che dal Settentrione e dall'Oriente irrompevano. -</p> - -<p> -Valeriano, vittorioso dei Goti, combattendo Sàpore <span class="sidenote">(259)</span> -nella Mesopotamia restò vinto e prigioniero per tradimento -di Fulvio Macriano suo favorito. Il re dei re, -invanito dell'opìmo trionfo, il menò catenato per le città -principali, sul dosso di lui metteva il piede per montare -a cavallo: morto dopo parecchi anni di prigionia, lo -fece scorticare, e dedicarne la pelle in un tempio, a -perpetuo obbrobrio. Altri storici attestano che rispettò -il prigioniero, a cui lo strazio peggiore fu il vedere suo -figlio esultare d'una sventura che anticipavagli il regno. -I Cristiani vi ravvisarono la punizione dell'aver perseguitato -<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span> -i Fedeli, come fece ad istigazione di Marciano, -famigerato mago egizio, il quale gli persuase non potrebbe -l'impero mai prosperare finchè non annichilasse -un culto abbominato dai patrj numi. -</p> - -<p> -All'annunzio della sconfitta, tutti i nemici dell'impero -quasi d'accordo l'assalgono e invadono anche l'Italia. -Dal pericolo ridesti, i senatori posero in essere la guarnigione -pretoriana, arrolandovi i più robusti plebei, -sicchè i Barbari diedero volta. Gallieno rimasto solo -all'impero, s'adombrò di quest'accesso marziale; onde -interdisse ai senatori qualunque grado militare, e fin -l'accostarsi ai campi delle legioni: esclusione che i -ricchi ammolliti accettarono come un favore. -</p> - -<p> -Gallieno procurò imbonire i Barbari anche con parentele, -sposando la figlia di Pipa re dei Marcomanni, -nozze sempre tenute per sacrileghe dalla romana vanità. -Nell'Illiria sconfisse e uccise Ingenuo acclamato imperatore, -e in vendetta mandò per le spade gli abitanti -della Mesia, colpevoli o no. — Non basta (scriveva a -Veriano Celere) che tu faccia morire semplicemente -quelli che portarono le armi contro di me, e che -avrebbero potuto perire nella zuffa; voglio che in ogni -città tu stermini tutti gli uomini, giovani o vecchi: non -risparmiare pur uno che m'abbia voluto male o sparlato -di me, figlio, padre e fratello di principi. Uccidi, -strazia senza pietà, fa come farei io stesso che di propria -mano ti scrivo»<a class="tag" id="tag12" href="#note12">[12]</a>. -</p> - -<p> -Al furibondo decreto davasi esecuzione <span class="sidenote">(261)</span>, talchè i minacciati, -per disperazione, gridarono imperatore Nonio -Regillo. Daco d'origine, e discendente da Decebalo che -guerreggiò con Trajano, era prode a segno, che Claudio, -futuro imperatore, gli scrisse: — Un tempo ti sarebbe -<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span> -stato decretato il trionfo: ora ti consiglio a vincere con -maggior precauzione, e non dimenticare che v'è cui le -tue vittorie darebbero sospetto». Questo valore lo portò -al trono, ma non gliel conservò, e ben tosto fu ucciso <span class="sidenote">(262)</span> -dai proprj soldati. -</p> - -<p> -Un altro imperatore sorto nelle Gallie, Cassiano -Postumio, di bassa nazione ma sommo capitano, assediò -in Colonia Salonino figlio di Gallieno, e l'uccise <span class="sidenote">(259)</span>, ed -ebbe omaggio dalla Gallia, dalla Spagna e dalla Bretagna, -per otto anni conservandovi la tranquillità, e -facendosi amare. -</p> - -<p> -Tanti tumulti interni lasciavano agevolezza al persiano -Sàpore di devastare a baldanza l'Oriente. Anicio -Balisto, capitano del pretorio sotto Valeriano, raccolte -le reliquie dell'esercito di questo, osa tenergli fronte, e -supplendo al numero colla rapidità e l'arte, libera -Pompejopoli in Cilicia, fa macello de' Persi in Licaonia, -molti rendendone prigioni, e tra questi le donne di -Sàpore; poi ritirandosi prima che questi il raggiunga, -sbarca come un lampo a Sebaste e a Corissa di Cilicia, -sorprendendo e trucidando gl'invasori. Lo aveva soccorso -Odenato di Palmira, sceico d'alcune tribù di -Saracini, educato dalla puerizia a caccie e battaglie; -e che respinto Sàpore e toltigli i tesori, entrò nella -Mesopotamia, e inoltrossi nel cuore dell'impero per -liberare Valeriano. Vinto Sàpore in campale giornata <span class="sidenote">(261)</span> -sulle sponde dell'Eufrate, lo chiude colla sua famiglia -in Ctesifonte, e gli sforzi suoi erano forse coronati, se -le rinascenti sedizioni dell'impero non avessero resa -impossibile qualunque impresa grande. In ricompensa -de' segnalati servigi, nominato da Gallieno capo di tutte -le forze romane in Oriente, Odenato assunse il titolo di -re di Palmira, città del deserto <span class="sidenote">(263)</span>, che per la cintura delle -solitudini isolata dal mondo, erasi serbata indipendente -fra Roma e i Parti, straordinariamente arricchita -<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span> -dall'essere la posata delle carovane che andavano e -venivano fra l'impero romano e le Indie. -</p> - -<p> -Mentre quivi Odenato e Balisto faceano mirabili prove, -Gallieno logoravasi fra meretrici: la crudeltà esercitava, -non contro i senatori, ma contro i soldati, facendone -morire fin tre e quattromila al giorno. Una volta menò -ridicolo trionfo con finti prigionieri vestiti da Goti, -Sàrmati, Franchi e Persiani; onde alcuni inopportunamente -lepidi si diedero a squadrare costoro, e chiesti -che cosa esaminassero tanto minutamente, risposero: — Cerchiamo -il padre dell'imperatore». Gallieno li -fece buttare nel fuoco, ottimo modo di aver ragione. -Poi prendea diletto a disputare col filosofo Plotino, e -ideava di commettergli una città ove ridurre in atto la -repubblica di Platone; faceva anche bei versi ed orazioni; -sapeva con pari maestria ornare un giardino o -cuocere un pranzo; iniziavasi ai misteri di Grecia, -sollecitava un posto nell'areopago d'Atene; e nelle -solennità d'immeritati trionfi o nel lusso di sua corte -profondeva tesori, che la pubblica miseria e le grandi -calamità reclamavano. Singolarmente memorabile fu -il trionfo da lui menato a Roma il decimo anno di suo -impero, e descrittoci da Trebellio. L'imperatore, corteggiato -dal senato, dai cavalieri, dalle milizie biancovestite, -preceduto dal popolo, da donne, da servi con -torcie e candele, andò processionalmente in Campidoglio. -Cento bovi colle corna dorate e con gualdrappe di -seta, preziosa rarità, e ducento pecore bianche precedeano, -ond'essere sagrificate. Vi fecero pur mostra dieci -elefanti, milleducento gladiatori, carrette con ogni maniera -di buffoni e commedianti, forze ciclopiche, feste -e giuochi per tutto, infine alquante centinaja di persone -vestite da Sciti, da Franchi, da Sarmati, da Persi. Fra -ciò, nessuna cura de' pubblici interessi; se gli si dice -morto suo padre, — Sapevo ch'egli era mortale»; se -<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span> -gli annunziano perduto l'Egitto, — Faremo senza delle -sue tele»; se occupata la Gallia, — Perirà Roma senza -le stoffe di Arras?» se predata l'Asia dagli Sciti, — Non -potremo noi lavarci senza le spume di nitro?» -</p> - -<p> -Quest'indolenza suscitava d'ogni parte usurpatori, -che nella storia sono conosciuti col nome di Trenta -Tiranni, sebbene quel numero non si ragguagli col vero: -ma come senza noja e confusione seguire tutti costoro -nel breve tragitto dal trono alla tomba? -</p> - -<p> -Fulvio Macriano, meritati i primi gradi della milizia, -coll'appoggio di Balisto si fece gridar imperatore. Appena -l'udì, Valerio Valente, proconsole nell'Acaja, prese -il titolo stesso: lo imitò Calpurnio Pisone <span class="sidenote">(261)</span>, speditogli -contro. Era quest'ultimo d'illustre casa e di grandi virtù, -talchè, all'udirlo ucciso, Valente sclamò: — Qual conto -dovrò rendere ai giudici infernali della morte d'uno -che non ha l'eguale nell'impero!» Il senato ne decretò -l'apoteosi, dichiarando non essersi mai dato uomo migliore -nè più fermo. -</p> - -<p> -Macriano sul confine della Tracia fu sconfitto e morto. -Balisto, chiamatosi imperatore in Emesa, è da un sicario -di Gallieno tolto di vita <span class="sidenote">(264)</span>. In Egitto un Emiliano fu pure -sconfitto e spedito a Roma, e quivi strangolato in prigione, -secondo il rito degli avi. Nell'Asia Minore gl'Isauri -acclamarono Claudio Annio Trebelliano, e morto questo -in campo, ricusarono sottomettersi, e devastarono l'Asia -Minore e la Siria fin al tempo di Costantino. Cornelio -Gallo, gridato augusto in Africa, in capo a sette giorni -è crocifisso. -</p> - -<p> -Postumio nelle Gallie associossi Pianvonio Vittorino, -resistendo a' replicati attacchi di Gallieno, e vincendo -un Lucio Eliano, erettosi imperatore a Magonza; ma -non volendo assentire ai soldati il saccheggio di questa -città, fu trucidato col figlio. Servio Lolliano che gli -successe, cadde ucciso per istigazione di Vittorino <span class="sidenote">(266)</span>, che -<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span> -restò unico padrone delle Gallie, finchè un marito -oltraggiato non lo scannò. Erasi egli destinato successore -il figlio: però i Galli, sdegnando obbedire ad un -fanciullo, elessero Marc'Aurelio Mario, armajuolo di -forza e valore straordinario; ma, tre giorni dopo, un -suo garzone gli confisse la spada nel cuore, dicendo: — Fu -fabbricata nella tua fucina». I soldati gli surrogarono -Pesuvio Tetrico, senatore e consolare, che -restò in possesso della Gallia, Spagna e Britannia. Questi -efimeri erano elevati ed abbattuti da Vittoria madre di -Vittorino, che a Gallieno opponeva virile coraggio e -immense ricchezze. -</p> - -<p> -Anche Odenato, che, pel merito d'aver conservate le -provincie orientali, era stato da Gallieno assunto socio -all'impero, e che continuava prosperamente contro i -Persi, mentre accorreva per riparare alle invasioni dei -Goti fu assassinato ad Emesa da un suo nipote <span class="sidenote">(267)</span>; e in -nome dei tre figli che lasciava, governò la sua seconda -moglie Zenobia, forse complice dell'assassinio, col titolo -di regina d'Oriente e colle insegne imperiali. -</p> - -<p> -Acilio Aureolo, generale di Gallieno nell'Illiria, era -stato obbligato dall'esercito ad accettare la porpora, e -passate le Alpi, battuto l'esercito imperiale sull'Adda -fra Bergamo e Milano, ove gettò un ponte che ancora -conserva il suo nome (Pons Aureoli, Pontiròlo) <span class="sidenote">(268)</span>, occupò -Milano. Quivi assediava Gallieno, quando una congiura -tolse questo di vita, nel decimoquinto anno di regno, -trentesimoquinto d'età. Sulle prime i soldati voleano -vendicarlo, poi vinti a denaro il dichiararono tiranno; -il senato lo pubblicò nemico della patria, fece trabalzare -i suoi amici e parenti dalla rupe Tarpea, poco dopo lo -deificò. -</p> - -<p> -Il suo fu de' più infelici tempi che la storia ricordi; -tutto guerra dal Nilo alle Spagne, dall'Eufrate alla Bretagna; -orde di Barbari irrompevano, gli schiavi agricoli -<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span> -insorgevano, i tiranni faceano a chi peggio: e poichè -ogni nuovo che saltasse su, doveva profondere coi soldati, -bisognava smungesse il popolo; come in ogni Stato -nuovo, commetteva vessazioni e crudeltà; poi rapidamente -cadendo, avvolgeva nelle ruine l'esercito e le -provincie. Talvolta ancora questi istantanei signori -davano mano ai Barbari per sostenersi contro i rivali; -sempre la loro disunione ne fomentava le correrie. La -fame e la peste durata dal 250 al 65 faceano del resto; -poi tremuoti, eclissi di sole, cupi muggiti della terra -accrescevano lo sgomento dei popoli. -</p> - -<p> -A un impero costituito sulle armi, dalle armi potea -derivare qualche ristoro: e ne arrestò di fatto il tracollo -una serie di prodi imperatori, venuti dall'Illiria dopo -di tristi venuti d'Africa e di Siria. L'esercito acclama -Marc'Aurelio Claudio <span class="sidenote">(268)</span>, come il più degno di sostenere -il nome e la dignità imperiale; e i senatori lo confermano, -adunandosi nel tempio d'Apollo: — Augusto -Claudio, gli Dei ti conservino per noi (ripetuto sessanta -volte). Te o un par tuo noi abbiamo sempre desiderato -(quaranta volte). Tu padre, tu fratello, tu amico, tu -senatore eccellente, tu vero imperatore (quaranta volte). -Tetrico è un nulla avanti a te (sette volte). Liberaci -da Aureolo, da Zenobia, da Vittoria (cinque volte)». -</p> - -<p> -Quest'illirico, acquistato il trono senza delitti, continuò -l'assedio di Milano finchè vi prese Aureolo, e ne concesse -la morte alla domanda del suo esercito; sconfisse -i Germani inoltratisi fino al lago di Garda: ma Tetrico -si sostenne nella Gallia anche dopo morta Vittoria. -Claudio in Roma attese a ricomporre come meglio -poteva i disordini causati dai precedenti tumulti; agli -amici e alla famiglia di Gallieno, dal senato condannati -a morte, impetrò il perdono; e fu soprannomato il -secondo Trajano. -</p> - -<p> -Mosso contro i Goti <span class="sidenote">(269)</span> che, saccheggiate le provincie, -<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span> -ritiravansi per l'Alta Mesia, scrisse al senato: — Mi -trovo al cospetto di trecenventimila nemici. Se n'esco -vincitore, confido sulla vostra riconoscenza: se l'esito -non risponde alle speranze, vi ricordi che dal regno di -Gallieno l'impero restò snervato, colpa sua e de' tiranni -che desolarono le nostre provincie. Nè lancie abbiamo, -nè spade, nè scudi; le Gallie e la Spagna, anima dell'impero, -sono in mano di Tetrico; gli arcieri, occupati -contro Zenobia. Per poco che otteniamo, sarà già assai». -Pure, dopo alquanti giorni, potè scrivere di nuovo: — Abbiam -disfatto i Goti e distrutto la loro flotta di duemila -vele; i campi sono coperti di scudi e di cadaveri; -e tanti prigioni, che due o tre donne toccarono per -ciascun soldato». -</p> - -<p> -Di vittorie così segnalate faceva mestieri per puntellare -il vacillante impero. Ma Claudio durò appena due -anni: il senato gli decretò divini onori <span class="sidenote">(270)</span>, e sospese nelle -sale delle adunanze uno scudo d'oro coll'effigie di esso; -il popolo gli alzò una statua d'oro alta sei piedi, una -d'argento pesante mille cinquecento libbre; e unanimi -chiamarono a succedergli il fratello Marc'Aurelio Quintillo: -il quale, dopo diciassette giorni, fu trucidato dall'esercito, -o si uccise all'udire che l'esercito aveva proclamato -Lucio Domizio Aureliano. -</p> - -<p> -Quest'umile pannone era segnalato per forza e valore, -sicchè i soldati il conosceano col soprannome di <i>Mano -al ferro</i>; cantavano ad onor suo canzoni, il cui ritornello -era <i>Mille, mille, mille uccise</i>, e diceano che in -varie battaglie ammazzasse di suo pugno novecentocinquanta -nemici. I Goti gli chiesero pace: ma Alemanni, -Giutongi e Marcomanni malgrado suo penetrarono in -Italia, e presso Piacenza voltolo in fuga, si difilarono -sopra Roma. Lo spavento allora andò al colmo, si consultarono -i Libri Sibillini, e l'imperatore stesso si lagnò -col senato perchè ne' riti religiosi procedesse a rilento. — E -<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span> -che? (diceva) siete forse radunati in una chiesa -cristiana, non più nel tempio di tutti gli Dei? Esaminate; -e qualunque spesa, qualunque animale od uomo -vi ordinino i sacri libri, io ve ne fornirò». Processioni -di sacerdoti biancovestiti tra cori di vergini e garzoni, -che lustravano la campagna e la consacravano con -mistici sacrifizj, ravvivarono il coraggio de' Romani, -sicchè Aureliano, raccozzate le reliquie, presso Fano -ruppe i Germani, poi in altre battaglie li sterminò. -Anche i Vandali che avevano varcato il Danubio, furono -da lui sconfitti, e costretti a dare ostaggi i figli dei due -loro re. Cercando però vantaggio reale, più che lusinghiera -apparenza, abbandonò la conquista di Trajano -di là dal Danubio. -</p> - -<p> -Ripristinata la disciplina<a class="tag" id="tag13" href="#note13">[13]</a>, ogni leggier mancamento -de' soldati puniva severissimamente; avendo un -d'essi violato la donna dell'ospite suo, lo fece legare a -due alberi piegati, e sparare. I soldati pertanto, in -canzoni diverse dalle prime, cantavano: — Costui versò -più sangue che altri non bevesse vino». Se non che -<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span> -faceva sembrare meno pesante quella disciplina col -sottoporvisi egli stesso. Anche in Roma dovette ricorrere -ai partiti più rigorosi, e varj senatori mandò a -morte per accuse lievi nè provate. Riparò la mura -attorno alla città, per modo che ventun miglio circuiva: -il che, se blandiva l'orgoglio romano coll'estensione, -l'umiliava, avvertendo come la capitale dell'impero -dovesse provvedere con munizioni alla propria -sicurezza. -</p> - -<p> -Disposte le cose per la pace e la guerra, drizzò contro -la regina Zenobia, che scaltra e coraggiosa restò padrona -della Siria e della Mesopotamia, ebbe anche -l'Egitto, prese gran parte d'Asia. Aureliano la vinse -presso Antiochia ed Emesa <span class="sidenote">(272)</span>, l'ebbe prigioniera, distrusse -Palmira di modo, che fin le immense sue ruine si -ignorarono, finchè nel secolo passato ridestarono la -meraviglia degli artisti e de' curiosi. Domo anche -l'Egitto, la cui conservazione tanto importava per vettovagliare -l'Italia, determinato il grano, il papiro, il lino, -il vetro che annualmente dovea tributare, Aureliano si -volse all'Europa per ritogliere Spagna, Gallia e Britannia -dalle mani di Tetrico. Questi, che per cinque anni avea -piuttosto obbedito che comandato a turbolenti soldati, -venne a darglisi spontaneo <span class="sidenote">(271)</span>, onde dopo tredici anni quelle -provincie si ricongiunsero all'impero. -</p> - -<p> -Aureliano menò trionfo pomposo se altro mai. Precedeano -venti elefanti, quattro tigri, oltre ducento fiere -delle più rare e curiose dell'Oriente e del Mezzodì; poi -mille seicento gladiatori destinati all'anfiteatro. Seguivano -i tesori dell'Asia e della regina di Palmira in -bell'ordine e disordine; e sopra carri innumerevoli, -elmi, scudi, corazze, insegne militari. Gli ambasciadori -di remotissime regioni, etiopi, arabi, persi, battriani, -indi, cinesi, venuti al rumore delle sue vittorie sopra -Palmira, attraevano gli occhi sì per la stranezza loro, -<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span> -sì per la dovizia e la singolarità dell'addobbo. I prodotti -di tutte le parti, e le corone d'oro regalategli dalle -città riconoscenti, attestavano l'obbedienza e la devozione -del mondo a questa Roma sull'orlo del sepolcro. -Seguivano lunghe file di Goti, Vandali, Sarmati, Alemanni, -Franchi, Galli, Siri, Egizj incatenati; dieci -guerriere gotiche, prese coll'armi alla mano, e intitolate -nazione delle Amazoni; l'imperatore Tetrico, colle -brache galliche, la tunica gialla e il manto di porpora, -accompagnato dal figlio e dai gallici cortigiani; Zenobia -regina, tutta gioje e con catene d'oro alle mani e al -collo, sorretta da schiave persiane, con dietro il magnifico -carro, in cui avea sperato salire trionfalmente al -Campidoglio, e i due sontuosi di Odenato e del re persiano. -Nel quarto stava Aureliano, tratto da quattro -cervi o forse renni, tolti a un re goto. Senatori e illustri -cittadini chiudeano fra un suono di viva: poi -giuochi scenici e circesi, battaglie di gladiatori, di fiere, -di navi fecero memorabile quella solennità. -</p> - -<p> -Sebbene l'esercito avesse a gran voci domandato in -Siria la morte di Zenobia, Aureliano le donò assai terre -nei contorni di Tivoli, ove potesse vivere conforme al -grado: collocò nobilmente le figlie di essa, e all'unico -maschio sopravissuto conferì un piccolo principato in -Armenia. A Tetrico consentì il titolo di collega e il -governo della Lucania, e gli diceva celiando che il -governare una provincia d'Italia dava più onore che -il regnar nelle Gallie. -</p> - -<p> -A porre in qualche miglior assetto la pubblica cosa, -bandì leggi contro l'adulterio e il concubinato, eccetto -se fosse con ischiave: i liberti e servi suoi puniva severamente, -e se delinquessero li consegnava al magistrato -ordinario. Cercò reprimere il lusso, principalmente la -profusione dell'oro in ricami; e fin alla moglie e alla -figliuola sua non soffriva gli abiti di seta, perchè questa -<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span> -vendevasi a peso d'oro<a class="tag" id="tag14" href="#note14">[14]</a>: alzò in Roma il tempio del -Sole, riboccante di metalli preziosi e di perle, con vasi -d'oro pel peso di quindicimila libbre: il Campidoglio e -altri tempj ornò con doni speditigli da principi stranieri, -e assegnò stipendj pei sacerdoti e pel culto, ravvivato -in ogni modo. Oltre l'olio e il pane, distribuiva al popolo -carne di majale; voleva aggiungere il vino, ma il -prefetto del pretorio notò che presto il popolo avrebbe -preteso anche polli. Rimise ogni debito de' privati verso -l'erario, facendo bruciare le polizze, e ogni colpa di -Stato. Ma una sollevazione, eccitata da non sappiamo -quale riforma della moneta, e che fu a fatica soffocata -in torrenti di sangue, ridestò l'indole severa di Aureliano, -il quale empì le carceri e i patiboli, massimamente -di senatori. -</p> - -<p> -Unico diritto conoscendo la spada, trattava l'impero -non altrimenti che paese di conquista. Perciò il senato -recosselo in odio, quanto l'amava l'esercito; eppure da -questo trovò la morte. Mentre s'accingeva a vendicare -in Persia Valeriano, Mnesteo suo liberto e segretario, -minacciato da esso per alcune estorsioni, prevenne il -castigo col mostrare ai principali dell'esercito una finta -lista di nomi proscritti, e persuaderli a fuggire la morte -col darla all'imperatore. In fatto tra Eraclea e Bisanzio -fu trucidato dalle sue guardie <span class="sidenote">(275)</span>; scoperta poi falsa la -scritta, i congiurati gettarono Mnesteo alle fiere, ed -eressero un tempio al <i>restauratore dell'impero</i>. E veramente -in que' cinque anni Aureliano avea rimarginato -le piaghe aperte dall'infingardo Gallieno, schermito -l'Italia da' Barbari, tornato l'unità all'impero, ricevuto -omaggio da Ormisda successore di Sapore; e se l'eccessivo -rigore nol lascia noverare fra i principi buoni, -<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span> -sta fra gli utili, in tempo che la spada sola poteva rinfrancare -un impero sulle spade fondato. -</p> - -<p> -I primarj uffiziali, trovandosi rei del sangue d'Aureliano, -non osarono scegliere il successore, e scrissero -al senato perchè esso medesimo eleggesse uno, pari al -presente bisogno, e mondo di quell'assassinio. Marco -Claudio Tacito, principe del senato, dissuase dall'accettare -un incarico che susciterebbe turbolenze se la scelta -spiacesse all'esercito: onde la rimisero a questo, e -questo di nuovo ai senatori, e così fin a tre volte; sicchè -otto mesi vacò l'impero. La quiete interna non ne -pativa, ma prendevamo baldanza i nemici dall'Eufrate -al Danubio; onde alfine esso Tacito, discendente dallo -storico, dolce di natura, ammiratore dell'antica semplicità, -vecchio di settant'anni, si lasciò indurre ad accettar -la primazia dello Stato e del mondo, decretatagli per -autorità del senato, e meritata pel grado suo e per le -azioni. -</p> - -<p> -Il suo patrimonio, del valore di un milione seicentomila -sesterzi, vendette e cesse al pubblico<a class="tag" id="tag15" href="#note15">[15]</a>; francò -quanti schiavi aveva in Roma; e dalla sua temperanza -e dal risparmio trasse di che fare liberalità. Chiuse i -postriboli affatto, i pubblici bagni prima di sera; ordinò -tempj e sacrifizj per gl'imperatori buoni; escluse gli -schiavi dal testimoniare contro i padroni; vietò le dorature -e l'amalgamare i metalli<a class="tag" id="tag16" href="#note16">[16]</a>. Ai senatori rese le -attribuzioni antiche; del che esultanti menarono processioni, -e scrissero a tutte le città e popoli amici che -a loro si dirigessero gli appelli dai proconsoli, non più -all'imperatore nè al prefetto del pretorio: essi destinavano -i proconsoli, e conferivano le magistrature con -<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span> -tale indipendenza, che negarono il consolato a un fratello -di Tacito, da lui raccomandato; e davano forza -agli editti imperiali coi loro decreti. Ultimo lampo dell'autorità -senatoria. -</p> - -<p> -Tacito si amicò anche l'esercito con largizioni e col -condurlo contro i nemici: ma da una parte la rigidezza -del clima, dall'altra le turbolenze dei soldati, imbaldanziti -dalla dolcezza di lui, il trassero in Cappadocia <span class="sidenote">(276)</span> alla -tomba, dopo appena sei mesi. Antonio Floriano suo -fratello si fece vestire della porpora, ed ebbe obbedienza -dalle provincie d'Europa e d'Africa: ma tre legioni -d'Asia si chiarirono per Valerio Probo sirmiese; quindi -guerra civile, sinchè, due mesi dopo, il primo restò -trucidato. -</p> - -<p> -Probo, colle doti di gran principe, rincacciò fin oltre -il Reno i Barbari invasori della Gallia; costrinse Goti -e Persi a chieder pace; soggiogò gl'Isauri, spargendoli -fra le provincie più lontane; ruppe i Blemmi, stanziati -fra l'Etiopia e l'Egitto; contro i Germani tese una linea, -non più d'alberi e palizzate come Trajano, ma di muro -vivo, che dalle vicinanze di Neustadt e di Ratisbona -sul Danubio stendeasi traverso a monti, valli, fiumi e -paludi sino a Wimpfen sul Neckar, e dopo ducento miglia -riusciva al Reno. Costrinse anche i Germani a dare -sedicimila dei loro giovani più robusti, che scompartì -fra le truppe nazionali, cui ogni giorno più difficile -riusciva il reclutare fra le ammollite popolazioni d'Italia -e delle provincie interne. Nel trionfo suo del 281, Roma -vide il circo mutato in selva, trasportandovi alberi colle -loro radici, e quivi mille struzzi, altrettanti cervi, cignali, -capriuoli, ibis abbandonati alla caccia del popolo: il -domani poi cento leoni, cento leonesse, ducento leopardi, -trecento orsi, coi ruggiti, cogli urli, colla morte -divertirono la plebe, non meno che le trecento coppie -di gladiatori. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span> -</p> - -<p> -Quando le guerre esterne e i rinascenti competitori -gliel consentissero, Probo, non volendo i soldati mangiassero -il pane a tradimento, gli adoprava in utili lavori, -piantar di vigne le pendici della Gallia, della Pannonia -e della Mesia, ricostruire più di dieci città diroccate, -aprir canali: ma avendo detto che sperava fra poco -metter pace dappertutto e far senza de' soldati, questi -lo trucidarono <span class="sidenote">(282)</span>, catastrofe ormai consueta degl'imperatori, -fossero ribaldi come Gallieno, o prudenti, giusti -e rispettati come Probo<a class="tag" id="tag17" href="#note17">[17]</a>. -</p> - -<p> -E gridarono Marc'Aurelio Caro, prefetto del pretorio, -che nominò Cesari i figli suoi Carino e Numeriano, -sconfisse i Sarmati nella Tracia, assicurando così l'Illiria -e l'Italia, indi mosse ai Persi una guerra, divenuta omai -di necessaria difesa. -</p> - -<p> -Varane II, succeduto su quel trono, avea già invaso -la Mesopotamia; ma come udì che i Romani avanzavano, -indietreggiò, e mandò a Caro ambasciadori. -Questi il trovarono in abito guerresco con un rozzo -manto di porpora, che assiso sull'erba cenava con un -pezzo di lardo e pochi piselli; e quando ebbero esposto -la legazione, egli, cavatosi un copolino con cui copriva -la sua calvizie, rispose: — Se il vostro principe non -si piega ai Romani, io ridurrò la Persia così nuda di -alberi, come vedete di capelli la mia testa». -</p> - -<p> -Perchè non paresse vuota millanteria, v'entrò vincendo; -ma sul meglio morì a Ctesifonte <span class="sidenote">(283)</span>, regnato sedici -mesi. Il suo secretario Calpurnio scriveva al senato: — Il -veramente caro nostro imperator Caro giaceva -malato nella sua tenda quando scoppiò un nembo, e -tutto fu tenebre: lampi e tuoni ci tolsero di conoscere -quel che accadeva; ma al cessar di quelli odesi gridare -<i>L'imperatore è morto</i>. Gli uffiziali di camera, desolati -<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span> -di tal perdita, miser fuoco alla tenda, onde corse voce -che l'imperatore fosse colpito dal fulmine; a quanto -possiam giudicare, non morì che della sua malattia». -Che che ne fosse, l'ebbe per sinistro augurio l'esercito, -e costrinse Numeriano, figlio dell'estinto, a retrocedere -dal Tigri, termine fatato alle conquiste romane. Era -questo ricco di bellissime qualità, poeta e oratore: ma -nella ritirata anch'esso fu ucciso <span class="sidenote">(284)</span>. -</p> - -<p> -Carino, dalla Gallia dove avea condotto la guerra -non senza abilità, venne a Roma, ed occupò l'impero: -in pochi mesi condusse e ripudiò nove donne, troppe -più ne contaminò; in musiche, balli, oscenità logorava -il tempo; amici e consiglieri di suo padre, e chiunque -poteva esser rinfaccio a' suoi vizj o gli era stato pari in -privata fortuna, mandò a morte; superbo coi senatori, -vantava voler distribuirne i poderi alla plebe, che trastullava -colle feste, e tra la quale schiumò i favoriti, -ministri e complici a un tempo, sopra i quali scaricavasi -d'ogni cura, fin dell'apporre le firme. -</p> - -<p> -Oziava e godeva sopra l'abisso; poichè l'esercito che -con suo padre aveva combattuto in Persia, come nel -ritorno fu giunto a Calcedonia d'Asia, acclamò imperatore -Aurelio Diocleziano, comandante alle guardie del -corpo, dalmato di bassa gente, prode in armi, lontano -da ogni fasto e mollezza, destro agli affari, amico del -bel sapere, benchè null'altro intendesse che guerra. -Correndo qualche dubbio ch'egli avesse avuto parte -all'assassinio di Numeriano, giurossene puro, indi fatto -venire Ario Apro, suocero dell'estinto, disse: — Costui -fu l'assassino dell'imperatore», e gl'immerse la spada -in petto. Con ciò intendeva di dare una prova all'esercito, -che se n'accontentò, e adempiere la predizione -fattagli da una druidessa, ch'egli diverrebbe imperatore -quando uccidesse un cinghiale, che in latino dicesi <i>apro</i>. -Perciò nelle caccie egli inseguiva sempre questi animali; -<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span> -e allora colpito l'emulo, sclamò: — L'ho pur ucciso -l'apro fatale». -</p> - -<p> -L'esercito si dispose a sostenerne l'innocenza e l'augurio -colla guerra civile; per assicurare l'esito della -quale, Diocleziano fomentò il malcontento fra le truppe -di Carino; ed essendo questo ucciso <span class="sidenote">(285)</span> per vendetta d'un -tribuno, Diocleziano si trovò padrone dell'impero, ed -ebbe la generosità o la politica di perdonare. Nei novantadue -anni da Comodo a Diocleziano, di venticinque -volte che vacò l'impero, ventidue fu per violenta fine -di chi l'occupava; dei trentaquattro imperadori, trenta -furono uccisi da chi aspirava succedere; elettori, carnefici, -padroni di tutto i soldati: bisognava dunque un -riparo, e Diocleziano vi pensò col mutare la forma dell'impero, -e ridurlo, da comando soldatesco, a principato -despotico. -</p> - -<p> -Incominciò dall'associarsi Massimiano <span class="sidenote">(286 — 1 aprile)</span>, contadino sirmiese, -una delle migliori spade d'allora, crudele però -tanto, che Diocleziano potè comparire generoso moderandone -gli atti severi, forse da lui medesimo suggeriti. -Assunsero Massimiano il titolo di Erculeo, Diocleziano -di Giovio: quegli rispettava per genio superiore -Diocleziano; questi trovava necessario il valore del -collega fra tanti nemici sbuffanti. Anzi, per essere più -pronti ad ogni occorrente, Diocleziano suddivise ancora -l'autorità <span class="sidenote">(292)</span>, scegliendo a Cesari due generali sperimentati; -Galerio, detto Armentario forse dal prisco suo -mestiere, e Costanzo Cloro, soldato venuto su col proprio -valore, e che allora si volle far discendere da -Claudio II. A Costanzo diede Massimiano una figlia, -Diocleziano una a Galerio; e così questi quattro Illirici -spartirono tra loro, se non l'amministrazione, la difesa -dell'impero. Gallia, Spagna, Bretagna furono affidate a -Costanzo, che sedeva a Treveri od a York: a Galerio le -provincie illiriche sul Danubio, la Mesia superiore, la -<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span> -Macedonia, l'Epiro, l'Acaja, facendone centro Sirmio: -l'Italia, colle due Rezie, i due Norici, la Pannonia e -parte dell'Africa a Massimiano: a Diocleziano la Tracia, -l'Egitto e l'Asia. Nè per questo si scomponeva la monarchia, -poichè riguardavano spontaneamente come -primo e come un <i>gran dio</i> quel che gli aveva assunti; -in concordia rara fra potenti, unica fra quattro guerrieri -diversi di patria, d'età, d'inclinazione, si assistevano -di consiglio e di braccio: le provincie erano più -da vicino guardate; le legioni imparavano a rispettare -la vita dei capi, quando l'assassinio d'un solo nulla -avrebbe fruttato: e mentre capitani che proclamavansi -augusti, Barbari che d'ogni parte irrompevano, faceano -difficilissimo il governare, i quattro sovrani mantennero -l'autorità sul Danubio come in Africa, nelle Spagne come -in Persia. Ma se più pronti erano all'interna sicurezza e -alla difesa esteriore, s'indeboliva il sentimento dell'unità, -e preparavansi gli animi alla divisione dell'impero, -che presto si effettuò. -</p> - -<p> -Diocleziano dall'Egitto ai dominj persiani estese una -linea di campi, forti di buone armi; dalla foce del Reno -a quella del Danubio, antichi accampamenti e nuove -fortezze sì ben custodì, che i Barbari non s'arrischiarono -quasi mai a superarle. I prigionieri venivano -scompartiti tra i provinciali, e massime dove le guerre -avevano decimato la popolazione, adoperandoli alla -pastorizia ed all'agricoltura, talvolta alle armi. -</p> - -<p> -Meglio di Roma parve conveniente Milano per tener -d'occhio i Barbari della Germania; popolosa, ben fabbricata, -con circo, teatro, zecca, palazzo, terme, portici -adorni di statue; onde fu munita di doppia mura, e -Massimiano vi pose sua residenza. Per sè Diocleziano -abbellì Nicomedia sul confine dell'Europa coll'Asia, e -se ne compiaceva, quanto lo disgustavano di Roma la -plebe insolente e il senato che ancora voleva arrogarsi -<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span> -qualche diritto, in mezzo all'onnipotenza del brando. -Fuori dell'antica metropoli non v'erano memorie: onde -nell'accampamento o ne' consigli delle provincie gli -augusti potevano spiegare assoluta podestà; risolvevano -co' proprj ministri, senza nè render conto nè domandar -parere al gran consiglio della nazione. Per istrappare -a questo le ultime apparenze di considerazione, Diocleziano -lasciò che il collega sbrigliasse il natural rigore -col punire immaginarie cospirazioni. I pretoriani che, -sentendosi fiaccare da questa robusta amministrazione, -inclinavano a dar mano al senato, furono scemati di -numero e di privilegi, surrogandovi nella custodia di -Roma due legioni dell'Illiria col nome di Gioviani ed -Erculei: i nomi di console, di censore, di tribuno più -non parvero necessarj per esercitare con titoli repubblicani -una potenza, da cui la repubblica era stata -distrutta: e l'imperatore, non più generale degli eserciti -patrj, ma capo del mondo romano, fu intitolato <i>dominus</i> -anche negli atti pubblici, con titoli e attributi divini. -</p> - -<p> -E questa imperiale autorità, scaduta nell'opinione, -rapina di viziosi, trastullo dell'esercito, Diocleziano -pensò ristaurarla dalla radice. Italiano egli non era, -sicchè gli rincrescesse di togliere alla patria la primazia -con tanto sangue acquistata: nei campi erasi avvezzo -alla disciplina indisputata e alle pompe allettatrici, -sicchè tutto foggiò a sistema orientale. Alla semplicità -d'abbigliamenti, di corte, d'udienze, che aveano serbata -gl'imperatori quando si consideravano come primi cittadini -e nulla più, Diocleziano surrogò il fasto asiatico; -si cinse il diadema ch'era costato la vita a Cesare; di -seta, oro, gemme coprivasi dal capo alle piante la sacra -persona; scuole di uffiziali domestici custodivano gli -accessi del palazzo; e chi traverso a questi e ad infinite -cerimonie s'accostasse alla maestà dell'imperatore, doveva -prostrarsi in adorazione. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span> -</p> - -<p> -Tutto insomma dovea dirigersi a circondare d'un -gran fasto la dignità suprema, a scapito dei poteri -subalterni: l'imperatore dovea dirigere ogni cosa cogli -ordini, eppure non iscemare la dignità coi particolari -dell'esecuzione e colle comunicazioni troppo immediate: -i magistrati doveano essere null'altro che esecutori: e -poichè non si poteva accordare quell'immensa estensione -con un governo temperato, bisognava studiare di -renderlo forte insieme e dolce. Due imperatori e due -Cesari moltiplicavano queste appariscenze, e ministri -del lusso, uffiziali, servi; e gareggiando di splendidezza, -da una parte crebbero gl'intrighi, dall'altra le spese e -in conseguenza i tributi. -</p> - -<p> -L'autorità eccessiva de' prefetti al pretorio fu ridotta -a giusti limiti, introducendo i maestri della milizia, -ispettori generali della cavalleria e della fanteria. Alla -Corte potea portarsi reclamo contro la decisione di -qualsifosse magistrato. Le provincie furono suddivise, -e perciò sminuita la potenza di quei che le reggevano: -a cagion d'esempio, la Gallia, che ne formava un solo, -fu tagliata in quattordici governi. Conseguentemente -cessava l'autorità del senato sopra le provincie; le -cariche civili restavano separate dai comandi militari; -represse le vessazioni causate dalla prevaricazione o -dalla negligenza de' magistrati; tolte le ingiustizie che -nascevano dai privilegi conceduti ad alcuni. Insomma -il despotismo militare dava luogo al despotismo governativo, -appoggiato sopra innumerevole quantità d'impiegati -amministrativi. -</p> - -<p> -Diocleziano, autore del nuovo sistema, conservossi -moderato, continuò le distribuzioni al popolo, fabbricò -splendidamente a Cartagine e Milano, oltre Nicomedia, -e meravigliose terme a Roma, bastanti a tremila persone, -alle quali unì la biblioteca di Trajano. E quando -nel ventesimo anno di suo regno menò un trionfo, il -<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span> -popolo, vedendo portate le immagini di fiumi e città -persiane non prima soggiogate, e de' figli e della moglie -del persiano re, potè illudersi ancora sull'eternità -del Giove Capitolino. Ma i Romani guardavano di mal -occhio chi gli avea tolti dall'esser capi del mondo; -onde lanciavano motti, intollerabili all'autocrato, che -mostrò il suo dispetto abbandonando per sempre i sette -colli. -</p> - -<p> -Girando per le provincie illiriche, contrasse una malattia -che il portò a fil di morte. Riavutosi, nè sentendosi -la pristina vigoria per reggere l'impero, risolse -abdicare. In una pianura presso Nicomedia, salito sopra -eccelso trono <span class="sidenote">(305)</span>, dichiarò la sua intenzione al popolo ed -ai soldati, nominando Cesari Massimino Daza e Severo. -Il giorno stesso Massimiano, per adempiere il giuramento -datone già prima al collega, abdicava in Milano. -Diocleziano ritiratosi in uno splendido palazzo a Salona, -sopravisse nove anni in privata condizione, rispettato e -consultato dai principi cui aveva ceduto l'impero. Spesso -esclamava: — Ora vivo, ora vedo la bellezza del sole»; -e quando Massimiano, ch'erasi ritirato nella Lucania, il -sollecitava a ripigliarsi il governo, rispose: — Non me -ne consiglieresti, se tu vedessi i bei cavoli che ho piantato -in Salona di mia mano». Meditando sui pericoli -di chi regna, — Quanto spesso (diceva) due o tre -ministri s'accordano per ingannare il principe, al quale, -separato dal resto degli uomini, rara o non mai giunge -la verità! Non vedendo e udendo che per gli occhi e -gli orecchi altrui, egli conferisce i posti a viziosi o -inetti, trascura i meritevoli, e benchè savio, è traviato -dalla corruzione de' suoi cortigiani». -</p> - -<p> -Al lentarsi di quella mano robusta, le discordie -ripullularono ad agitare per diciott'anni l'impero, disputato -fra varj. Massimino Daza cesare, nipote di -Galerio, rozzo di parole e d'atti, governò l'Egitto e la -<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span> -Siria; Severo, l'Italia e l'Africa; e Galerio, valoroso -ma scaltrito e arrogante, dominando su queste sue -creature e sul malaticcio Costanzo, confidava restare -unico signor dell'impero, e trasmetterlo alla sua -famiglia. -</p> - -<p> -Costanzo amministrò la Gallia, la Spagna e la Bretagna -con generosa e modesta dolcezza, dicendo voler -piuttosto ricchi i sudditi che lo Stato. Narrano che, -avendo Diocleziano mandato a querelarlo perchè non -avesse denaro in cassa, Costanzo pregò i deputati tornassero -fra pochi giorni per la risposta. In questo mezzo -informò i primarj delle sue provincie, accadergli bisogno -di denaro; ed essi a gara gliene recarono. Mostrando -allora quei tesori ai legati, li pregò a riferire a Diocleziano -com'egli fosse il meglio provvisto de' quattro -dominatori, se non che lasciava quelle dovizie in deposito -presso il popolo, considerando l'amor di questo -come il più pingue e sicuro erario del principe. Partiti -i messi, rinviò il denaro a di cui era <span class="sidenote">(303)</span>. Quando infieriva -la persecuzione mossa da Diocleziano contro i Cristiani, -egli diè loro ricetto, che perciò il lodarono a cielo, -come fuor misura aveano denigrato Diocleziano. -</p> - -<p> -Da Elena, donna oscura, egli avea generato Costantino; -e per riguardo, o per timore della nuova regal -moglie, l'avea mandato alla corte di Diocleziano. Questi -lo fece educare, allettato dalle rare qualità del giovinetto, -che bello di sua persona, generoso, affabile, temperava -il giovanile ardore con virile prudenza, e facevasi -amare al popolo ed ai soldati. Galerio ingelosito -indusse Diocleziano a scegliere altri cesari, con vivo -dispiacere del campo; poi fatto augusto, tenne sempre -d'occhio Costantino, e l'avrebbe morto se non avesse -temuto l'esercito a lui favorevole, o non gli fossero -usciti a vuoto i tradimenti. Quando il padre lo ridomandò, -esso gli frappose indugi, finchè il giovane fuggì, -<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span> -e raggiunto il padre, mosse con lui felicemente contro -i Pitti e i Caledonj delle isole Britanniche. -</p> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap45">CAPITOLO XLV. -<span class="smaller">Nemici dell'impero. I Germani. Costantino.</span></h2> -</div> - -<p> -Questi nomi di Barbari ci avvertono ch'è tempo di -far conoscere coloro, contro cui l'impero oggimai non -tentava conquiste, ma cercava difese. -</p> - -<p> -Nell'immenso spazio occupato da questo impero -(t. III, p. 272) poche città e poche provincie conservavano -un'indipendenza di puro nome, come sarebbe nelle -Alpi il re Cozio, possessore di dodici città, di cui era -capo Susa (<i>Segusia</i>): il resto obbediva agli ordini ed -ai magistrati che venivano da Roma o da Milano. Ma -chi scorresse quel confine, sentiva d'ogni parte fremere -popoli, che minacciavano rialzarsi contro questa -universale tiranna, non appena la compressione si -rallentasse. -</p> - -<p> -Dell'Africa settentrionale occupavano i Romani si può -dir tutto il territorio abitabile, spintisi anche più volte -fra le gole del monte Atlante. I Bereberi, i Getùli, i -Mori o si scagliavano nel deserto rubando, o coltivavano -le oasi, non domabili perchè non istanziati: e da essi -il Romano traeva gli agrumi, la porpora delle loro rupi, -le fiere per gli anfiteatri, l'avorio e gli schiavi negri. -Ma di mano in mano che l'oppressione e l'esorbitanza -de' tributi sminuivano la popolazione nei paesi sudditi -a Roma, Mori e Getuli riconducevano gli armenti sulle -campagne abbandonate, saccheggiando e fuggendo, e -vendicando come un'ingiuria i supplizj che di loro -pigliasse un'autorità che non riconoscevano. Cresciuti -<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span> -d'ardimento collo scemare della potenza romana, respinsero -la civiltà sempre più verso le coste; e all'aprire -del IV secolo, alcuni principi mori già avevano piantato -dominj alle falde dell'Atlante e fra il deserto e la risorta -Cartagine. Aspiravano però all'indipendenza non alla -conquista; sicchè Roma non n'aveva a temere che di -vedersi sottratto qualche terreno. -</p> - -<p> -Nubia e Abissinia non erano soggette ai Romani. -Altri Barbari circondavano l'Egitto, quali i Mori Nasamoni -sulla riva occidentale del Nilo, e sulla orientale gli -Arabi. Sopra la grande penisola dell'Asia meridionale, -che gli Europei intitolano Arabia, i Romani vantarono -qualche trionfo: all'effetto s'avvidero come natura non -abbia fatto quei popoli per rimanere soggetti, nè acconci -ad una stabile civiltà. Valeansi dunque di loro per trafficare -coll'India; talvolta ne prendevano agli stipendj -la cavalleria, senza pari al mondo per l'instancabile -ardore e la docilità dei cavalli: ma nulla più che scorrerie -pareano a temersi da un popolo, che trecencinquant'anni -più tardi, svegliato alla voce di Maometto, -doveva in men di uno conquistare più paesi che non -Roma in otto secoli. -</p> - -<p> -I Parti aveano soggiogato l'Armenia, che allora stendeasi -ad oriente dell'Eufrate, da Satala fino alla spina -di monti che costeggia il mar Caspio; e col porre un -ramo degli Arsacidi sul trono d'Artaxata, erano venuti -a contatto coll'impero. Ma quando li rimise al giogo -la risorta schiatta persiana, anche l'Armenia ricuperò -l'indipendenza, e si strinse ai Romani coi legami della -religione. I Sassanidi, che aveano rinnovato l'impero -della Persia, lo crebbero a segno, da sembrare il solo -emulo formidabile del Campidoglio. -</p> - -<p> -Ma più che i quaranta milioni obbedienti al re dei -re doveva riuscire funesta a Roma la libertà de' popoli -del Settentrione, che incolti e vigorosi, aspettavano il -<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span> -cenno di Dio per avventarsele e vendicare l'universo. -Dai primordj della civile società, la stirpe che denominano -indo-germanica si stese in diverse direzioni sopra -la terra (t. I, p. 36); e gli uni, vôlti alla Persia, all'India, -al Tibet, crearono o conservarono una civiltà meravigliosa; -altri, costeggiando il mar Nero e il Caspio, si -spiegarono dalla Siberia all'Eusino, e da tre bande -inondarono l'Europa. Gli uni, per le montagne di Tracia, -la Macedonia e l'Illiria vennero assidersi fra gli ulivi e -i laureti della Grecia; e a quei miti soli e alla limpida -aria indocilendo la natìa rozzezza, e temperando la fervida -fantasia coll'armonico sentimento, crearono la più -eletta immagine del bello, mercè della quale primeggiò -la stirpe greca. Ma questa, all'ora ove siamo col nostro -racconto, ha compiuto la sua missione, non più s'inorgoglia -che di rimembranze, nè s'occupa che di diverbj, -come i popoli decaduti: mentre sul teatro politico -appajono la stirpe gotica e la teutone, che la lunga -separazione rese affatto disformi dalla prima, benchè -il linguaggio, anche dopo tante modificazioni, ne attesti -la comune origine. -</p> - -<p> -L'arrivo de' Germani in Europa rimonta forse a quattordici -secoli avanti Cristo; ed otto o nove ne tennero -a dilatarsi dal Dniester al Pruth, e sul paese fra -l'Ural e i Crapak. Tendendo continuo verso occidente, -spingendo i Cimri, e spinti essi medesimi degli Slavi, -trovaronsi arrestati dall'impero romano al tempo di -Augusto, sicchè voltarono la fronte contro gli Slavi, e -rincacciatili, poterono assodarsi nel vasto paese, che -poi collettivamente si chiamò Germania o Alemagna. -</p> - -<p> -Solo da quel punto la storia si prende cura di essi, -e ci addita la stirpe gotica nelle montagnose foreste -della Scandinavia; la teutonica sulle rive dell'Elba e -del Reno, attenta ad esercitare la naturale vigoria, e -mantenere gelosamente l'indipendenza, fidando nell'indomito -<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span> -suo coraggio. I primi di questi popoli che i -Romani abbiano conosciuti, sono i posti avanzati che -Cesare trovava sulle frontiere della Gallia; erranti, -scomunati, senza proprietà fissa, nè agricoltura, nè -vanto che del distruggere. Tacito conobbe quelli sulle -rive del Reno, e seppe che, dietro alle popolazioni -nomadi corseggianti al confine, n'esisteano di fisse, -aventi lavoro, proprietà, poteri ereditarj, culto pubblico: -ma le sue cognizioni non arrivavano che dove -gli eserciti romani, onde fermavansi all'Elba, nè di là -seppe altro che nomi. -</p> - -<p> -Quando, imperante Augusto, i Romani ebbero particolarmente -a fare coi popoli sul Danubio, li designarono -col nome di Germani, che probabilmente i Galli -avevano applicato a qualche orda venuta di qua dal -Reno, e che poi fu accomunato a tutta la gente che, -nel primo secolo, abitava dal Reno ai Carpazj e alla -Vistola, e dal Baltico e dal mar Germanico fino al monte -Cezio (<i>Kalengebirge</i>) e al Danubio; oltre quelli diffusi -lungo questo fiume sin all'Eusino, e piantati nella Scandinavia. -Probabilmente queste popolazioni diverse attribuivansi -la generale denominazione di Daci (<i>Deutsch</i>) -o Teutoni, ma nomi speciali deducevano da particolari -circostanze; come gli Svevi da <i>schweifen</i> errare, o da -<i>swee, see</i> il mare; i Sassoni, da <i>sitzen</i> stare seduti, o -da <i>saks</i> spada corta; i Longobardi dalle labarde o dalle -barbe prolisse; i Franchi da <i>franke</i> lancia; i Marcomanni -dallo star vicini alla frontiera (<i>marca</i>); i Vandali -da <i>wand</i> acqua, perchè forse da principio abitassero -al mare o su qualche grosso fiume. -</p> - -<p> -Queste medesime denominazioni son però male determinate, -e nuova confusione proviene dall'uso degli -antichi d'attribuire ai popoli deboli e vinti il nome del -potente e vincitore. Per quanto ci è dato scorgere tra -quel bujo, questi popoli si unirono in federazioni, simili -<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span> -a quelle degli Etruschi antichi e degli Svizzeri moderni, -accordate in prima per resistere, in appresso per nuocere -alla potenza romana. Sembra ancora che, verso -il secondo secolo, alle varie genti prevalessero alcune, -in modo da comparire otto nazioni, che paragoneremmo -ad otto corpi di esercito; cioè Vandali, Burgundi, Longobardi, -Goti, Svevi, Alemanni, Sassoni e Franchi. -</p> - -<p> -Anche popolazioni sarmate, cioè di quella che or -chiamiamo Russia, scesero in Europa; e principalmente -formidabili furono i Rossolani e gli Jazigi, scorridori -inarrivabili, contro cui i Romani alzarono un vallo fra -il Theiss e il Danubio, senza per questo ottenere -sicurezza. -</p> - -<p> -Secondo l'Edda, libro sacro e poetico in cui è deposta -la mitologia scandinava, Heimdall figliuolo di -Odino (Wodan), scorrendo il mondo, generò tre figli: -primo il Servo, nero, colle mani callose e gobbo; secondo -il Libero, con capelli biondi, viso rosato, occhi -sfavillanti; terzo il Nobile, col guardo penetrante di un -dragone, gote vermiglie, capelli argentei. E quei che -nacquero da ciascuno furono servi, liberi o nobili come -essi. I figli del nobile aguzzarono le freccie, domarono -cavalli, brandirono lancie: ultimo fu il re che conobbe -i numi, comprese il canto degli uccelli, seppe calmare -i flutti, estinguere gl'incendj, sopire i dolori<a class="tag" id="tag18" href="#note18">[18]</a>. -</p> - -<p> -Qui avete delineata la costituzione primitiva della -nazione scandinava, la quale si riprodusse nelle principali -razze germaniche. Un Dio padre; tre Caste d'uomini, -diversi per natura; vero e assoluto libero non -era che il capo; in dipendenza da lui gli altri si trovavano -o liberi o no, e i figliuoli seguivano la condizione -del padre. Correva però divario tra le famiglie semplicemente -libere ed i tenitori delle grandi possessioni, ai -<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span> -quali soli spettava il voto nelle adunanze, fors'anche il -sacerdozio, e tra essi eleggevansi i re<a class="tag" id="tag19" href="#note19">[19]</a>. I liberi erano -capaci di tutti i diritti. -</p> - -<p> -La nobiltà, fosse patriziato religioso, o privilegio delle -famiglie e dei conti, sembra fosse ridotta ad una distinzione -affatto personale, che non dava prevalenza nel -governo o nell'amministrazione della giustizia; se non -che ad essa erano privilegiate alcune dignità, come in -Roma ai cittadini d'ottimo diritto. Non potevano i nobili -sposarsi con liberi, nè questi con schiavi. Il restante -popolo serviva in guerra col titolo di liti (<i>leute</i>, gente), -o con quello di coloni lavorava i campi. I coloni avevano -casa e famiglia propria, coltivando il terreno cui -erano affissi in perpetuo, senz'altro che pagar al signore -un canone in derrate, in bestiame o in panni. A costoro, -e a servi, affrancati, donne, vecchi, infermicci lasciavansi -i campi e le arti, mentre ai liberi restavano la -guerra per occupazione, la caccia per divertimento, il -saccheggio per industria. -</p> - -<p> -È antico il vezzo de' malcontenti di cercare fra i -Barbari quella moralità, che dicono scomparsa d'infra -la gente civile. Così lo storico Tacito esagerò la bontà -morale de' Germani per farne raffaccio ai Romani; -anche i santi Padri gli elevarono sopra di questi, perchè -non ne aveano la raffinata corruttela: ma vuolsi distinguere -l'ignoranza de' vizj dalla pratica ragionata delle -virtù. Appena cessassero dalla caccia o dalla guerra, -piombavano, come tutti i Barbari, dall'eccesso della -fatica nell'inerzia assoluta; restavano poveri, perchè -nulla si esaurisce più presto che il saccheggio; e ignudi -e sudici passavano l'intero giorno al focolare sguazzando -la preda, e poltrendo, bagnandosi, straviziando, alle -violenti emozioni del giuoco abbandonandosi con tale -<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span> -frenesia, da mettere s'un trar di dadi l'avere, la moglie, -i figli, se stessi. Tra i conviti, loro delizia, ponevano -in discussione gli affari di maggior momento, serbandosi -a deciderne il domani a mente riposata. Qualunque -capitasse, otteneva franca ospitalità, e dava occasione -di banchettare gli amici, e d'eccedere in voracità e -bagordi. Mentre i meno ricchi mesceano bevande forti -in tazze formate del cranio di nemici, i doviziosi traevano -il vino dalle terre dell'impero, e scaldati da questo, -rompevano a risse ed a violenze mortali, dimenticando -le accordate paci, e ridestando antiche vendette. -</p> - -<p> -Non bollente di voluttuosi istinti come nell'Asia, più -che la bellezza l'uomo pregiava nelle donne la prudenza, -il valore, la castità. Sposate in età abbastanza matura, -non venivano al marito con vezzi e cervello e passioni -fanciullesche come in Asia, ma tali da ragionar l'obbedienza: -onde inspiravano più saldo affetto, e ottenevano -grand'ascendente sugli uomini. In casa attendevano -all'ago, al pennecchio, ai campi; in guerra seguivano -gli uomini incorandoli, talora combattendo, sempre -pigliando in cura i feriti. Una fanciulla macchiava la -verginale onestà? fosse pur bella e ricca, più non trovava -nozze; l'adultera era severamente punita; la poligamia -permessa soltanto ai re ed ai grandi come distintivo -d'onore. Non che le mogli recassero dote al marito, -questo le comprava dal futuro suocero con doni, che -consistevano per lo più in un par di bovi, un cavallo -bardato, e scudo e lancia; cui la sposa ricambiava con -una compita armadura, simbolo della comunione di -beni e di fatiche. -</p> - -<p> -Quando un garzone se ne fosse reso degno con qualche -bella lode, riceveva asta e scudo dal padre o da -alcun ragguardevole Germano nell'adunanza degli uomini; -e d'allora più non li deponeva, assistendo armato -alle assemblee, a banchetti, a giudizj, a giuochi, a sacrifizj; -<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span> -sulle armi giurava come sacre; coll'armi e col -cavallo era sepolto. -</p> - -<p> -A tutti i liberi possidenti era un dovere, anzi un -diritto il militare; e in occasione di guerra nazionale -tutti convocavansi col bando militare o <i>eribanno</i> per -proteggere la patria. Altre volte un capo qualunque -radunava in banda armata i suoi clienti, o chiunque -preferisse i rischi al riposo ed al lavoro, e s'avventurava -in nuovi paesi. Supremi loro distintivi erano l'amore -dell'indipendenza, e il diletto d'esercitare liberamente le -forze: quindi il mettersi a pericolo con baldanza spensierata, -non curarsi della sorte dei vicini, combatter -domani quelli con cui jeri trovavansi in lega; manìa -di libertà, che associandosi colla dipendenza militare, -diede origine alla feudalità. -</p> - -<p> -Tra gente siffatta dovevano frequentare occasioni di -guerra; e quand'anche gli storici nol dicessero, la mobilità -di quelle tribù è attestata dalla grande migrazione. -Questa a torto vien dipinta quasi un'improvvisa vertigine -generale, un subito levarsi de' Germani ed irrompere -sull'impero, o perchè giurati in lega d'armi a -guerra finita, o perchè rincalzati da un'onda di Jung-nu -che fossero espulsi dalla Cina, e che a torto si confondono -cogli Unni. Il movimento era continuato da secoli, -e queste popolazioni derivate dall'Oriente (matrice dei -popoli, più vera che non il Settentrione), or più or -meno, ma incessantemente si erano dilatate pel nord -dell'Europa, spingendosi e respingendosi a vicenda, -contrastate da indigeni, da Boj, da Lettoni, da Celti. -</p> - -<p> -Forse per incalzo dei Germani, i Galli erano piombati -sui paesi meridionali e nella nostra penisola, fin a -distruggere Roma col loro Brenno (t. <span class="smcap lowercase">I</span>, p. 493), e prendere -stanza nell'Italia superiore. I Teutoni al tempo di -Mario valicarono le Alpi: Cesare impedì che con Ariovisto -occupassero l'Elvezia. Incontratisi con quest'altra -<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span> -onda romana, che in senso contrario invadeva il paese, -ne restarono lungo tempo frenati, non però quieti. -</p> - -<p> -Il Danubio, divenuto frontiera settentrionale dell'impero, -come il Reno fu munito con una schiera di fortificazioni -e con uno spalto di terra da Ratisbona fin al -confluente del Lahn, le quali impedissero le correrie -dei Germani non soggiogati, mentre quelli di qua dal -fiume accettavano i modi, l'industria e l'oppressione -dei vincitori. Questi sulle prime eransi proposto di -sottomettere i Germani come avean fatto dei Galli, -svellendone i costumi, il governo, la lingua: ma lo -sterminio di Varo (t. ii, p. 375) mostrò impossibile l'impresa, -e che invece d'assalirli a visiera alzata, conveniva -alimentare fra essi le discordie, or questi or quelli -favorendo. Con ciò i Romani riuscirono a farsene -alleati alcuni, come i Cherusci e i Batavi; alcuni tributarj, -come i Frisoni e i Caninefati; o snervare i loro -capi coi godimenti della civiltà. -</p> - -<p> -Non però rimanevansi tranquilli alle loro sedi; ed -ora i Cherusci insorgevano pel valore di Erminio; ora -Maroboduo snidava i Boj dall'antica sede, e vi piantava -nuove genti; ora Claudio Civile rialzava la fortuna dei -Batavi. E furono vinti spesso; ma se l'orgoglio romano -si vantava d'avere volta per volta distrutti questi popoli, -essi lo smentivano col sorgere più rigogliosi di -prima a lanciare nuovi colpi contro il non più immobile -sasso del Campidoglio. -</p> - -<p> -Trajano, spintosi ben addentro nel nord-est, potè -ridurre a provincia la Dacia, ponendovi numerosa colonia -di soldati, che misti coi natii, formarono la gente -dei Valacchi, superbi anche adesso della romana origine. -Sotto Marc'Aurelio i Marcomanni riuscirono fino -ad Aquileja, e d'allora crebbe il numero degli Alemanni -che Roma adoprò in guerra, nelle magistrature e nelle -colonie. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span> -</p> - -<p> -Duravano dunque da molti secoli e i moti interni e -le migrazioni. Fame, peste, diluvj, allettamento di patria -migliore, baruffe intestine, oracoli, emulazioni di -re, avidità di bottino, di conquiste, di sangue, traevano -alcun popolo a respingere un altro: talvolta un capo -colla numerosa banda de' suoi fedeli, o con una tribù, -cominciava correrie; e dal fare preso ardimento al fare, -spingeva le imprese più che prima non avesse immaginato. -Il paese che abbandonavano non lasciava ad -essi nè rimembranze nè desiderj, giacchè portavano -seco gli Dei, le famiglie, le ossa dei progenitori, tutte -le cose che fanno cara la patria. -</p> - -<p> -Allora poi che videro i Romani indeboliti lentarsi -nella resistenza, cedere alcune provincie, in altre non -opporre che una muraglia, più innanzi s'ardirono; ed -allettati dal predare paesi colti e ricchi, e dall'umiliare -la nazione che li chiamava barbari, irruppero tutti -insieme; come al fiaccarsi della diga precipita il nostro -Po sulle circostanti campagne, senza che per questo si -dica esserne allora cominciati il corso e la foga. Che -però l'impulso venisse di lontano, parrebbe provato dal -vedere che i primi invasori non sono già i popoli confinanti, -bensì i più remoti: gli Unni dal Volga; poi gli -Alani dal Tanai e dal Boristene; poi i Vandali dalla -Pannonia; seguono i Goti dalla Germania settentrionale, -indi dalla centrale Eruli e Turingi, in appresso i Franchi -dalla meridionale, e i Borgognoni dalla grande -Polonia. -</p> - -<p> -I più segnalati fra questi popoli sono i Goti, che -provenivano essi pure dall'Asia, e precisamente dai -contorni del lago Aral, dove ebbero il nome di Messàgeti -o Geti<a class="tag" id="tag20" href="#note20">[20]</a>: poi sembra pigliassero stanza nella -<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span> -penisola scandinava e attorno al Baltico, divisi in Ostrogoti -od orientali, e Visigoti od occidentali, secondo la -loro posizione colà; nomi che conservarono poi nelle -successive migrazioni. Aggiunge la nazionale leggenda, -che in tre vascelli uscirono dalla Scandinavia, uno dei -quali essendo rimasto indietro, a quei che lo salivano -restò il nome di Gepidi, cioè infingardi. -</p> - -<p> -Sarebbero dunque tre famiglie della nazione stessa: -ma qual conto fare di tradizioni, alterate sulle bocche, -e spesso mutate di gente in gente? Fatto è che i Goti -ci appajono una nazione battagliera e numerosa, che -meglio d'ogni altra germanica ebbe il concetto della -monarchia ereditaria, dipendendo, non obbedendo, gli -Ostrogoti alla stirpe degli Amali, i Visigoti a quella dei -Balti, che si vantavano progenie degli Ansi loro semidei, -e tra essi la nazione sceglieva il re. -</p> - -<p> -Dapprima seguirono il corso della Vistola, poi la -catena de' Carpazj: al tempo degli Antonini abitavano -quella che oggi è la Prussia, donde mossi, abbracciarono -o sospinsero Eruli, Burgundi ed altri, bevettero alle -foci del Boristene e del Tanai, e trovaronsi dinanzi la -Dacia, ove un popolo laborioso coltivava campi gratissimi, -s'arricchiva colle industrie, e nella diuturna pace -aveva trascurato le difese contro nemici che reputava -abbastanza discosti. Con poca difficoltà i Goti la invasero, -e Decio imperatore, venuto in persona a combatterli, -vi perdè la battaglia e la vita. Il successore di -nulla si mostrò più premuroso che di lasciar liberamente -tornarsene i Barbari, carichi di preda e di baldanza; -che più? s'obbligò a loro di annuo tributo. Non -era il modo d'invogliar altri all'attacco? Sempre nuovi -sciami irrompevano in fatto sulle provincie limitrofe -come a preda sicura, respinti talvolta, reduci sempre, -tanto più mentre gli eserciti si trovavano impegnati fra -emuli imperatori. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span> -</p> - -<p> -Piantatisi nell'Ucrania, i Goti vennero ben presto -signori della costa settentrionale dell'Eusino, donde -corseggiarono le ricche e molli provincie dell'Asia -Minore. Usciti poi dall'Ellesponto, serpeggiarono tra le -isole Egee, e sorti nel Pireo, s'impadronirono della -città di Minerva, sparsero il guasto per tutta la Grecia, -e si difilavano sull'Italia, quando Gallieno, scosso dalle -torpide voluttà e comprata una banda di Eruli, al cui -capo concesse gli ornamenti consolari, tenne testa agli -invasori. La dissensione e l'indisciplina dell'esercito -romano diedero agio ai Goti di ritirarsi, e sui rimasti -vascelli devastare il lido ove Troja fu, poi riposarsi -nella Tracia. -</p> - -<p> -Aureliano, dopo giornata campale, gl'indusse ad una -pace, ove obbligavansi a fornire di duemila cavalieri -gli eserciti romani, lasciando ostaggi i figliuoli de' caporioni, -cui Aureliano fece educare convenientemente -al sesso e al grado, poi le fanciulle impalmò a' primarj -suoi uffiziali affine di saldar l'unione tra le due genti. -Egli poi ritirava le guarnigioni dalla Dacia, i cui coloni -rinvigorirono la parte meridionale del Danubio, mentre -sull'abbandonato paese dilagavano Vandali e Goti, che -dai coloni rimasi impararono qualche arte di pace, -mantennero relazioni di commercio coll'altra riva del -fiume, e furono barriera a nuovi invasori. -</p> - -<p> -Come dall'oriente i Goti, così dal nord-est della Germania -uscì una seconda invasione, quella dei Franchi, -che sotto Gallieno tragittarono il Reno, invasero le -Gallie e la Spagna. Gli usurpatori che non iscrupoleggiavano -sui mezzi per sostenersi nell'impero, ricorsero -più volte al costoro braccio; ma infine Aureliano li -ricacciò di là dal Reno. Poco tardarono a ripassarlo; -e avvegnachè Probo ne trionfasse, non per questo mitigò -la loro fierezza. Gran prova rinnovarono di loro -ardimento allorchè dal mar Nero, ove esso imperatore -<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span> -gli aveva relegati, osarono sopra fragili legni tragittarsi -nel Bosforo Tracio e nell'Egeo, e sbarcati predarono -molti luoghi della Grecia e dell'Asia Minore, sorpresero -Siracusa, approdarono in Africa, indi usciti -dallo stretto di Cadice per l'Oceano tornarono in Germania<a class="tag" id="tag21" href="#note21">[21]</a>. -Corsa appena credibile a chi non abbia -osservato anche ai dì nostri quanto ardimento possa -infondere la navigazione da corsaro. Rapidissimi si -vedevano i Franchi piombare sulle coste dell'Armorica -e della Belgica, saccheggiare e sottrarsi; poi quando -Carausio si fu valso di loro per usurpare la Bretagna, -divenuti più audaci, occuparono tutta l'isola de' Batavi. -Colà furono vinti da Costanzo Cloro, e trapiantati lungi -dal Reno; ma poco indugiarono a sorgere terribili -contro di Costantino e di Crispo. -</p> - -<p> -Altra o lega o gente principale fra' nemici di Roma, -sono gli Alemanni. Con questo nome comparvero primamente -sul Meno ai giorni di Caracalla, il quale non -solo scelse fra loro le sue guardie, ma ne imitò il -vestire e la bionda capellatura. Benchè non osassero -travalicare le barriere dei Romani, molestavano senza -tregua il confine e le opulente contrade della Gallia; -poi alcuni, varcato il Danubio, per le alpi Retiche scesero -in queste nostre parti, ed accamparono fin sotto -a Ravenna, donde con lautissimo bottino ritirarono il -passo davanti all'esercito romano. Un'altra volta ben -trecentomila di essi giunsero a Milano. -</p> - -<p> -Mentre poi Aureliano componeva coi Goti le cose sul -confine illirico, gli Alemanni si scagliarono da capo -nell'armi, e con quarantamila cavalieri e il doppio di -fanti invasero la Rezia, menarono guasto dal Danubio -al Po; ma intanto che si ritiravano, l'imperatore intercettò -loro i passi con tanta maestria, che chiesero patti. -Appena però dalle incalzanti necessità fu egli chiamato -<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span> -altrove, gli Alemanni ruppero quella siepe d'armi, e si -difilarono sopra l'Italia, sperperando fin a Milano, e -spargendosi a branchi per le valli dell'Adda e del Ticino: -presso Piacenza sconfissero i Romani, ma a Fano rimasero -vinti: poi disfatti interamente a Pavia, sbrattarono -l'Italia. La subitanea invasione fece avvisato Aureliano -della necessità di circondare di mura Roma, ridotta a -difendersi sul Tevere, non più sul Volga o sull'Eufrate. -E gli Alemanni acquistarono tanta preponderanza, che -il nome loro venne esteso a tutti que' Germani che non -s'appigliarono alla lega dei Franchi; laonde essendo -spesso scambiati Alemanni e Germani, mal si possono -sceverare le imprese di questi e di quelli. -</p> - -<p> -Fu per tenere questi Barbari in soggezione che Diocleziano -collocò un imperatore ed una corte sul loro -stesso confine, nell'alta Italia. Costanzo irruppe sul terreno -dei Franchi, e rattenne gli Alemanni dal riversarsi -sulle Gallie; ma a molte orde di Sarmati, di Carpi, di -Bastarni fu concesso stanza nelle provincie consumate -d'abitanti. Da ciò rimaneva blandita la vanità romana; -e una politica di corta veduta s'appagava di questi effimeri -trionfi, senza avvedersi che l'impero si educava -in seno la serpe che lo morderebbe. -</p> - -<p> -I Franchi diedero assai a tribolare a Costantino, il -quale contro di loro esercitò le legioni che dovevano -renderlo signore del mondo; e, in memoria de' ben -riusciti successi, istituì giuochi detti Franchici. Crispo -suo figlio si rese formidabile a questi ed agli Alemanni; -campeggiò egli medesimo i Goti, che rifattisi nella lunga -pace, si unirono ai Sarmati della palude Meotide, e -devastarono l'Illirico, finchè furono costretti a vergognosa -ritirata. Anche nei loro paesi gli inseguì Costantino, -passando il Danubio sul ristorato ponte di Trajano; -e ridusse i Goti a cercar pace, e a tributargli quarantamila -soldati. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span> -</p> - -<p> -Di molti allori già era dunque glorioso Costantino, -quando, morto e deificato Costanzo, egli fu salutato imperatore <span class="sidenote">(306)</span>; -e secondo il costume, spedì all'altro augusto -e ai Cesari la propria effigie in addobbo imperiale. -Galerio ne montò in superbissima collera; pure, onde -evitare la guerra civile, gli mandò la porpora e il solo -titolo di cesare, quello d'augusto serbando a Severo. -</p> - -<p> -Ma la inumanità di Galerio, la lunga assenza, e un -censimento delle ricchezze fatto con tal rigore da ricorrere -fin alla tortura per iscoprire gli averi nascosti, -aveano mossa a rumore l'Italia, ove Massenzio, figlio -di Massimiano e genero di Galerio, si fece gridare -augusto, comprando i pretoriani col denaro, i Romani -colla speranza di redimerli da Galerio, i Gentili con -quella di restaurarne il culto. Massimiano, uscito dal -ritiro, ripigliò gli affari <span class="sidenote">(307)</span>, e qual collega di suo figlio -ricevette omaggio dal popolo e dal senato; vinse e -uccise Severo, chiese amico Costantino dandogli sposa -sua figlia Fausta e il titolo d'augusto; poi vedendo di -esser considerato men di quello che desiderasse, si -recò a Galerio, chi dice per incitarlo contro il proprio -figliuolo, e chi per trovar luogo e tempo a tradirlo. -Galerio intanto era penetrato in Italia; ma come vide -l'immensità di Roma, o piuttosto la risolutezza di questa -a servirsi delle ricchezze per respingere colui che voleva -rapirgliele, non ardì assediarla e si ritirò, devastando -la nostra patria, che peggio i barbari non avrebbero -potuto. -</p> - -<p> -Al posto di Severo collocò Licinio Liciniano dace, -amico suo e al par di lui valoroso ed ignorante, lascivo -in vecchia età ed avaro. Massimino Daza, che governava -l'Egitto e la Siria, pretese anch'egli al titolo d'augusto: -per modo che sei imperatori presedevano al mondo -romano, dal combattersi non rattenuti se non dal reciproco -timore. Massimiano, rejetto da Galerio, rannodò -<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span> -con Costantino: ma mentre questo campeggiava i Franchi, -ne divulgò la morte <span class="sidenote">(309)</span>, e schiuso il tesoro d'Arles, -colla prodigalità e col rammemorare l'antico splendore -mosse i Galli a voler tornare in dominio, e stese la -mano a Massenzio <span class="sidenote">(310)</span>. Costantino sopragiunto, assediatolo -in Marsiglia, l'ebbe in balia, e non gli lasciò che -la scelta della morte. -</p> - -<p> -Galerio divise la vita tra opere di pubblica utilità, -piaceri e sevizie. Geloso del sapere e della franchezza, -sbandì giureconsulti, avvocati, letterati; affidava i giudizj -a guerrieri, digiuni delle leggi: ma ulceri vergognose -e schifosi insetti il consumarono, senza che trovasse -ristoro o nei medici che spesso mandava a morte, -o nei voti moltiplicati ad Apollo e ad Esculapio. Credendosi -castigato dal cielo per la persecuzione contro -i Cristiani, la sospese con un editto in nome suo, di -Licinio e di Costantino, e poco stante morì <span class="sidenote">(311)</span>. Massimino -volò dall'Oriente per occuparne le provincie, volò Licinio -a contrastarlo; poi scesero ad accordi, statuendo -per confine l'Ellesponto e il Bosforo di Tracia. Accordo -di nemici, poichè le due rive stettero irte d'armi, e -Licinio cercò l'alleanza di Costantino, Massimino quella -di Massenzio, e guatavansi con terribile aspettazione -dei popoli. -</p> - -<p> -Massenzio tiranneggiava l'Italia smungendola con -pazze prodigalità; dai senatori esigeva spontanei donativi -in moltiplicate occasioni; pel minimo sospetto sfogava -il rancore contro di questi, mentre colla seduzione -o la violenza ne disonorava le mogli e le figliuole. -Costrinse il governatore della città a cedergli Sofronia -sua sposa: ma questa, cristiana e virtuosa, chiese tempo -per addobbarsi; e orato, si uccise. Lasciava che i soldati -lo imitassero, saccheggiando, uccidendo, lascivendo; -talora ad alcuno concedeva la villa, ad altri la donna -d'un senatore; mentr'egli nel voluttuoso palazzo, gittando -<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span> -magìa e indagando l'avvenire nelle viscere di -femmine e di fanciulli, vantavasi d'esser unico imperatore, -gli altri sostener solo le sue veci. Il contrasto -dava spicco alla felicità delle provincie soggette a Costantino, -assicurate dai Barbari, e meno esauste dagli -ingordi tributi. -</p> - -<p> -Udendo questi che Massenzio radunava gagliardo -esercito per torgli l'impero col pretesto di vendicare il -padre, lo prevenne e mosse verso Italia, sollecitato dal -popolo e dal senato a redimere l'antica regina del -mondo. Massenzio, fidando tutto ne' guerrieri, se gli -era amicati; tornò i pretoriani al pristino numero; pose -in armi ottantamila Italiani, aggiungendovi metà tanti -Mori d'Africa, oltre i Siciliani, talchè comandava censettantamila -pedoni e diciottomila cavalli<a class="tag" id="tag22" href="#note22">[22]</a>. Costantino -non armava in tutto che novantamila de' primi ed ottomila -degli altri; onde, distribuitine ove occorreva, provveduto -alla difesa del regno suo, non potè moverne che -quarantamila, prodi però, esercitati contro i robusti -Germani, e condotti da capitano esperto ed amato. -</p> - -<p> -Il quale, mentre la sua flotta assaliva la Corsica, la -Sardegna e i porti d'Italia, valicò le alpi Cozie, e, prima -che Massenzio il sapesse partito dal Reno, pel Moncenisio -calò a Susa. Presala di viva forza <span class="sidenote">(312)</span>, nelle pianure -della Dora scontra un corpo italiano, coperti uomini e -cavalli di ferro, e li rompe; entra in Torino, poi in -Milano; ha Verona a discrezione, dopo sconfitto Pompejano -che con grand'arte la difendeva. Massenzio intanto -si stordiva o lusingava, finchè i suoi uffiziali furono spinti -a mostrargli imminente la ruina. Posto in piedi un terzo -<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span> -esercito, egli se ne mise a capo, vergognandosi dei -rimbrotti della moltitudine, e confortato dai Libri Sibillini -che avevano ambiguamente risposto: — In questo -giorno perirà il nemico di Roma». Incontratisi a nove -miglia da Roma (<i>ad Saxa Rubra</i>), Massenzio vide -l'esercito suo tagliato a pezzi, e fuggendo precipitò dal -ponte Milvio nel Tevere: e Costantino, cinquantotto -giorni dopo mosso da Verona, ebbe compita la guerra. -</p> - -<p> -Padrone di Roma, estirpò ogni seme e razza del -tiranno, ma per quanto la moltitudine gridasse, non -consentì l'uccisione de' primarj amici di quello; e sospesa -la crudeltà quando più non era necessaria, dimenticò -il passato, diede il congedo ai pretoriani e ne -disfece il campo, impedì i delatori, sollevò gli oppressi -da Massenzio, e in due mesi, dicono i panegiristi, -rimarginò le piaghe recate da sei anni di tirannia. Al -senato restituì lo splendore, e ne fu ripagato con ogni -modo d'onoranze; il primo posto fra gl'imperatori, arco -di trionfo che tuttora sussiste, dedicati a lui molti edifizj -cominciati da Massenzio, a non dire le feste che -attirarono infinito concorso. Diede sua sorella all'imperatore -Licinio: mosso sopra i Franchi, devastò le loro -terre, e molti prigionieri gettò alle belve. -</p> - -<p> -Quando Massimino Daza morì a Tarso, rimasero -padroni Licinio delle provincie orientali, delle occidentali -Costantino. Poteasi prevedere una scissura, che non -tardò; e Costantino disfece l'emulo nella Pannonia e -nelle pianure di Tracia <span class="sidenote">(314)</span>, indi gli concesse pace. Ma -avendo Costantino, nello sconfiggere i Sarmati e i Goti, -inseguiti questi ultimi fin sulle terre di Licinio, si rinnovarono -lamenti, che finirono in guerra aperta. Licinio -fu novamente battuto presso Adrianopoli, e la sua flotta -nello stretto di Gallipoli, onde chiese patti e gli ottenne. -Avendo però Costantino saputo ch'esso allestiva nuove -armi <span class="sidenote">(323 — 3 luglio)</span>, e chiedeva perfino in ajuto i Barbari, lo prevenne -<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span> -e ruppe a segno, che non isperò salvezza altrimenti -che col gettarsegli ai piedi, rinunciando alla porpora. -Costantino l'accolse benigno, e lo inviò a Tessalonica -con ogni cortesia; poco poi mandò a strangolarlo. -Così l'impero restava unito nella robusta mano di Costantino, -che, padrone del mondo, potè trarre ad effetto -i lunghi divisamenti, e dargli politica nuova; nuova -capitale, nuova religione. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span> -</p> - -<h2 id="libro5">LIBRO QUINTO</h2> - -<h2 id="cap46">CAPITOLO XLVI. -<span class="smaller">Il Cristianesimo perseguitato, combattente, vincitore.</span></h2> -</div> - -<p> -Allorchè Costantino movea verso l'Italia contro Massenzio, -tutto l'esercito vide, sopra del sole, uno splendore -in forma di croce, dove leggeasi, <i>Per questo -segno vincerai</i>. Dappoi in sogno esso imperatore fu -avvertito che adottasse la croce per insegna; ond'egli -fece farne una col monogramma di Cristo ☧ e la attaccò -al làbaro, cioè allo stendardo imperiale, invece degli -Dei che soleano portarsi innanzi alle legioni. Dall'obbrobrio -del Gólgota passa dunque la croce a guidare gli -eserciti; presto sfolgorerà in fronte ai re, aprendo una -nuova civiltà; ma traverso ai contrasti e ai patimenti, -che sono indispensabili pel trionfo del vero. -</p> - -<p> -Gli apostoli e i primi loro discepoli, colla voce, coll'esempio, -col martirio, colla Grazia propagarono la -redentrice morte in parti remotissime; giovati umanamente -dalla grande concentrazione del mondo civile -nell'Impero, per cui erano tolte le barriere delle nazionali -nimicizie, e rese universali le lingue greca e -romana. -</p> - -<p> -Come le antiche città voleano derivare le proprie -origini da semidei, così le Chiese aspirarono al vanto -d'esser fondate da apostoli o dai primi loro discepoli. -<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span> -Che san Paolo, allegando d'essere cittadino romano, -declinasse i giudizj provinciali, e si facesse condurre a -Roma, consta dagli Atti Apostolici. Un'antica fama vi -porta anche san Pietro (t. <span class="smcap lowercase">III</span>, p. 194), il quale, secondo -le tradizioni napoletane, venendo da Antiochia approdò -a Brindisi, quindi a Otranto; in Taranto lasciò vescovo -Amasiano; visitò Trani, Oria, Andria; per l'Adriatico -navigò a Siponto, indi pel Tirreno giunse a Napoli, e -convertitala, vi pose vescovo Aspreno; s'addentrò pure -a Capua, facendone vescovo Prisco, e Marco ad Atina, -Epafrodito a Terracina, Fotino a Benevento, Simisio -a Sessa, così a Bari e altrove. Reggio vanta per -primo pastore Stefano, ricevuto dall'apostolo Paolo; -e Pozzuoli Patroba, discepolo di questo. Farebbero -discepolo di Pietro san Paolino, che battezzò i Lucchesi. -A Milano vorrebbe dirsi piantata la croce dall'apostolo -Barnaba: nella Venezia da san Marco evangelista, il -quale avendo convertito ad Aquileja Ermàgora, in -Roma lo presentò a Pietro, che destinollo vescovo di -questa città<a class="tag" id="tag23" href="#note23">[23]</a>, di Trieste, di Concordia; come san -<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span> -Massimo d'Emona, san Prosdocimo di Padova, Vicenza, -Altino, Feltre, Este. -</p> - -<p> -Pie tradizioni, che la critica non può tutte accettare, -ma neppure senza leggerezza repudiar tutte. Certo in -Roma, trentatre anni dopo Cristo morto, Nerone trovava -Cristiani in quantità (<i>multitudo ingens</i>); e non -si poteano più reprimere che coll'inventare contro -di loro insane calunnie, quali l'incendio di Roma -(t. <span class="smcap lowercase">III</span>, p. 197). I grandi e i dotti continuavano come -Pilato a dire — Cos'è la verità?» ma numerose classi, -che la necessità del lavoro salvava dalla corruzione, -credendo quello che avevano creduto i loro padri, frequentavano -i tempj, e sentivano il bisogno della divinità -che soccorre, che consola, che rimunera. Fra gli -schiavi, se molti riduceansi turpe strumento ai vizj del -padrone, altri, più remoti dal lezzo signorile, mantenevano -la moralità naturale. A costoro dunque come -riusciva consolante l'udire parlarsi d'un Dio, eguale per -essi e pei loro tiranni; e che colla pazienza poteano le -dure fatiche, gl'iniqui strapazzi tramutare in tesoro per -un'altra vita, ove ad un giudizio incorruttibile sarebbero -chiamati non meno gli oppressori che gli oppressi! -</p> - -<p> -Il più de' Cristiani cernivasi dunque tra costoro: ma -<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span> -ben presto Plinio ne scontrava d'ogni età ed ordine; -Tertulliano asseriva al proconsole: — Se persisti a sterminare -i Cristiani, puoi decimare la città, e fra' colpevoli -troverai molti del tuo grado, senatori, matrone, -amici»; l'editto dell'imperatore Valeriano suppone -battezzati e senatori e cavalieri romani e dame di -grado. -</p> - -<p> -Neppure ai popoli più abbandonati la Provvidenza -non avea lasciato mancare lumi per iscorgere la verità, -e per almeno rispettare quel che non aveano forza di -seguire. L'orgoglio degradasse pure lo spirito, la concupiscenza -invilisse la carne, gli uomini si stordissero -fra cure e voluttà; non poteano spegnere la coscienza -prepotente che porta a cercare chi è Dio? chi l'uomo? -quali relazioni fra questo e quello? come il peccatore -può rigenerarsi? che cosa s'incontrerà dopo morte? -A siffatte domande niuna risposta soddisfacente adduceano -l'orgoglio degli Stoici, la depravazione degli -Epicurei, la grossolanità de' Cinici, lo scetticismo degli -Accademici; e soltanto dubbj o sottilità esibivano a chi -invocava il riposo della certezza. -</p> - -<p> -Nè meglio appagava una religione, dove professavasi -o un Dio imperfetto, o la creatura perfetta; il che equivale -a negare e la creatura e Dio; e che, spoglia di -dogmi, riusciva mancante d'efficacia morale. Fra quei -sacerdoti, se eccettuate alcuni fanatici egizj e siri, chi -mai avrebbe patito disagi non che tormenti pel suo -Dio? chi voluto girare predicandone il culto, più di -quel che giovasse ad acquistare credito e ricchezze? -tenevano la loro dignità non altrimenti che un impiego -dello Stato; pronti, se il senato lo decretasse, a sostituire -Giove a Tina, Mitra ad Apollo, ed erigere altari -al tiranno ed alla meretrice. -</p> - -<p> -Or ecco il cristianesimo, «dalle tenebre chiamando -nell'ammirabile sua luce», e rivelando Colui che è la -<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span> -chiave di tutti i secreti, la parola di tutti gli enigmi, il -compimento di tutta la legge, proclamava di nuovo la -fede perchè fondato sulla rivelazione, la speranza perchè -appoggiato a promesse divine, la carità perchè -mostra tutti fratelli e solidarj in quell'ordine universale, -ove ogni cosa si armonizza al fine supremo -che a ciascuno impose Iddio, e a quel supremo bene che -è la manifestazione esterna delle perfezioni divine<a class="tag" id="tag24" href="#note24">[24]</a>. -Gente non natavi per accidente, ma entrata nel cristianesimo -per intima persuasione e dopo lunga lotta e -duri sacrifizj e persuasa non darsi salute fuori di esso, -restava impegnata a conservarlo e diffonderlo coll'esaltamento -d'una profonda fiducia; scendere al vulgo, alle -donne, ai fanciulli, per illuminarne l'intelletto, dirigerne -la condotta, comunicare a tutti la cognizione più essenziale, -quella de' proprj doveri; sicchè i principj importanti -all'ordine sociale diventano universale eredità per -via di catechismi, omelie, professioni di fede, cantici, -preghiere: forme diverse d'una fede sola, d'una sola -speranza, adattate alla comune capacità. Il padre convertito -trae la famiglia ad una credenza, fuor della -quale sa che non si arriva a salvamento; il soldato -predica alla sua coorte, uno schiavo all'ergastolo e -talora al padrone. -</p> - -<p> -A quest'apostolato potea lungamente resistere la -gentilesca indifferenza? Roma avea provato ogni bene -terreno, la potenza e la gloria, poi la ricchezza e le -voluttà; e non se ne trovava appagata. De' suoi pensatori, -alcuni deploravano ancora Farsaglia, ed oscillavano -tra un'avventata resistenza e il disperare della pubblica -cosa; altri in represso fermento aspettavano misteriosi -avvenimenti predetti dagli oracoli, e creduti come si -suole in tempi e da uomini infelici tra quell'avvicendare -<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span> -d'anarchia e despotismo, tra la brutalità degli imperanti, -la feroce licenza de' guerrieri, le rapine de' magistrati. -All'annunzio d'una religione, divina nella sua -origine, semplice e vera nell'insegnamento, pura e -generosa nell'applicazione; a quella dottrina semplice, -chiara, umana e insieme sublime, l'intelletto s'apriva, -se ancora la volontà esitava; quand'anche la Grazia -non trionfasse delle abitudini e dell'interesse, il cristianesimo -palesava virtù, a cui non poteasi ricusare ammirazione; -colla fratellanza procurava i gaudj d'una -vita interiore; coi purificati sentimenti sapeva occupare -le anime robuste, esercitare le immaginazioni attive, -soddisfare ai bisogni intellettuali e morali, repressi, -non isradicati dal sofisma, dalla tirannide, dalle sventure. -Prova di questo bisogno di virtù si è, che coloro -i quali tentarono ringiovanirle, dovettero alle credenze -antiche mescere alcun che di puro ed elevato, che non -traevano dalla loro essenza, che mai non aveano avuto -nella pratica; il grossolano politeismo avvicinare al -dogma d'un Dio solo, restringendo il culto quasi unicamente -a Giove, e facendo di Apollo un mediatore fra -Dio e gli uomini per mezzo degli oracoli, un salvatore -dell'umanità, il quale si fosse incarnato, vissuto servo -in terra, sottoposto a patimenti per espiazione. -</p> - -<p> -Ma per quanto s'industriasse a rifarsi dei dogmi -cristiani, forse che l'idolatria soccombente offriva la -consolante dottrina della remissione de' peccati? Rimorso -dalla coscienza, uno potea attutirla altrimenti -che con olocausti, con farsi piovere sul capo il sangue -di vittime scannate, o con altre espiazioni, di cui sentiva -la superstiziosa vanità? Or che <i>buona novella</i> l'udire -che un Dio aveva radunata in sè solo quell'ira ineffabile, -e che ciascuno può appropriarsi i meriti infiniti del -sacrifizio della croce mediante la fede nel divino Redentore? -I fedeli di quelle legalità, dove allo scellerato -<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span> -non serbavasi che il castigo, ben faceano colpa ai Cristiani -dell'accogliere i peccatori; ma i Cristiani rispondevano -col restituirli innovati dalla penitenza. -</p> - -<p> -Di buon'ora i Cristiani si costituirono in società con -capi e regolamenti, entrate e spese (t. III, p. 202); legami -volontarj e morali, eppur tenaci, che davano prevalenza -sopra le fiacche e disperse aggregazioni religiose -degli antichi, nelle quali ciò che in Etruria si credeva, -beffavasi in Sicilia, ed i sacerdoti de' varj delubri e -de' molteplici numi, non che fra loro indipendenti, erano -gelosi e nemici. Ne' Cristiani invece, uno lo spirito, -una la morale, uno il culto: devoti fin alla morte alla -causa stessa; «nell'unità della fede e nella cognizione -del Figliuol di Dio»<a class="tag" id="tag25" href="#note25">[25]</a>, credevano infallibile il concilio -de' loro sacerdoti, perchè lo Spirito Santo avea promesso -d'esser con loro; dipendevano da capi che avevano -conversato coll'Uomo Dio, o con chi gli era vissuto -a' fianchi. Vedendo quell'intima comunanza, quel -legame fraterno, saldato dall'unità delle credenze e delle -speranze, i Gentili esclamavano, — Vedi com'e' si -amano!» Ed a ragione, dice Tertulliano, ne fan le -meraviglie, essi che non sanno se non odiarsi. -</p> - -<p> -I miracoli sono generalmente attestati, prodotti in -apologie nelle quali troppo importava non mentire; -dai nemici stessi non negati, bensì attribuiti a magia; -tanto che anche il critico di buona fede s'arresta prima -di volgerli in riso. Si negano? più grande diventa il -miracolo di convertire il mondo, d'ispirare agli ignoranti -la cognizione di sì elevate dottrine, ai dotti la -sommessione a tanti misteri, agli scredenti la fede di -cose incredibili; e tutto ciò a fronte di ostacoli -potentissimi. -</p> - -<p> -E ostacolo dei più robusti era l'abitudine. Colle prime -<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span> -idee, colle prime parole, il Gentile avea bevuto il politeismo; -gli Dei erano associati alle impressioni di sua -gioventù; ne' bisogni s'era rivolto ad essi, ricorso ai -loro oracoli nel dubbio, sciolto ad essi il voto dopo -campato da malattia, da naufragj, dalle manie di Caligola -o dalle vendette di Sejano. -</p> - -<p> -Le immagini della mitologia ridono di tale squisitezza, -che, anche perduta ogni fede e trascorsi tanti -secoli, lusingano tuttora le nostre immaginazioni. Che -doveva essere allora, quando tutte le arti v'attingeano? -quando n'erano pieni i libri, con cui si coltivava l'ingegno, -s'incantavano gli ozj, si distraevano le malinconie? -Il Cristiano, che negli Dei protettori della musica, -della poesia, dell'eloquenza non riconosceva altro -che demonj, era ridotto a privarsene: perchè ad ogni -piè sospinto trovava pericoli e contaminazione, non -dovea festeggiar i giorni di reciproci augurj o di solenni -commemorazioni; non sospendere lampade e rami di -lauro alle porte, nè coronarsi di fiori quando tutto il -popolo s'inghirlandava; anzi protestare ad ogni atto -che inferisse idolatria. A nozze si cantano Talassio ed -Imene? alle esequie si fanno espiazioni? nei banchetti -si liba agli Dei ospitali? nelle case si riveriscono i -Lari? il Cristiano deve fuggire, mostrarne orrore. -Da ciò continui disgusti; e il convertito obbligato a -lasciar le più care distrazioni, ridursi alle abnegazioni, -all'isolamento. -</p> - -<p> -A impieghi e dignità era unica via il piacere al -principe: e il principe bruciava i Cristiani, e ne faceva -fanali a' suoi orti. Per rinfrancare il debole sentimento -morale, eransi muniti di religiose cerimonie tutti gli -atti della pubblica vita. Quelli dunque che già occupavano -magistrature, come poteano prestare il giuramento? -come sacrificare? come intervenire nel senato -che radunavasi in un tempio, e le cui tornate cominciavano -<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span> -da libagioni alle divinità? come presedere ai -giuochi gentileschi? -</p> - -<p> -E ai giuochi ripetemmo quanto traessero ingordi i -Romani. Or bene, il cristianesimo esecrava spettacoli -ove per diletto si versava sangue, e i nuovi convertiti -venivano conosciuti all'allontanarsi dal circo; ma ciò -quanto costava! Alipio (ce lo racconta sant'Agostino) -convertito rinunziò agli spettacoli sanguinarj: pure un -giorno i suoi amici lo trassero al circo romano. Egli vi -si tenne ad occhi chiusi e immobile durante la lotta; -quando improvviso il silenzio ansioso degli spettatori -è rotto da applausi feroci, perchè un gladiatore aveva -atterrato l'altro. Vinto dalla curiosità, Alipio schiude gli -occhi, e la vista di quel sangue gli ridesta la crudele -voluttà; mal suo grado s'affissa su quel corpo boccheggiante, -e l'anima di lui s'inebbria del furore del combattimento -e degli omicidj dell'arena. «Più non era -l'uomo strascinatovi a forza, ma uno anch'esso della -folla, commosso del pari, del pari gridante, ebbro di -gioja come essa, e impaziente di ritornar a godere i -furori del circo». Tanto l'abitudine prevaleva sopra -le migliori risoluzioni. -</p> - -<p> -L'idolatria sfoggiava la solennità d'un pubblico culto, -con feste patrie e regie; il cristianesimo non esibiva che -povera e semplice austerità; quella, connessa a' primordj -della storia nazionale, deificava i fondatori e i -legislatori del popolo; questo li sbalzava dall'are per -sostituirvi il figlio di un fabbro, uno morto sul patibolo. -Il vulgo stesso nel culto della patria vedeva quello della -sua gloria; talchè s'innestavano pietà e patriotismo. -</p> - -<p> -E chi erano costoro che venivano a dar il crollo a -credenze, antiche quanto il mondo, diffuse quanto il -genere umano? Non sapienti Greci, non Pitagorici o -Gimnosofisti, ma della genìa degli Ebrei, rinomata per -corriva e nata al servaggio, derisa per la singolarità -<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span> -de' costumi e per le astinenze. Il loro fondatore non -avea, come gli altri autori di religioni, usato lo scettro -o la spada, nè tampoco la cetra o la penna: i suoi -discepoli, levati dal remo o dal banco, erano una -marmaglia pezzente, che si raccoglieva attorno poveri -schiavi, giovani inesperti o vecchi mentecatti, per contar -baje d'un Dio che si umana, d'uno che crocifisso risorge; -vietava di discutere le ragioni dell'adorare e del credere; -giudicava un male la sapienza del mondo, un -bene la follia; riponeva la sapienza (come Giuliano li -rimproverava) nel ripetere stupidamente, — Io credo». -</p> - -<p> -Pertanto la religione di Cristo era dai Latini chiamata -<i>insania, amentia, dementia, stultitia, furiosa -opinio, furoris incipientia</i>; l'orgoglioso repugnava -dall'accomunarsi con artigiani e schiavi; i dotti trovavano -ridicoli que' misteri, la cui sublimità non s'attinge -che mediante la Grazia; la povertà e i supplizj de' discepoli -davano argomento della debolezza del fondatore -in una società che tutto riponeva nell'esito, tutto conchiudeva -con questo mondo. Esagerando poi e falsando, -dicevano che i Nazareni adorassero il sole, un agnello, -una forca, una testa di giumento: e il vulgo, sempre -numerosissimo, rideva, e li giudicava stolti ancor più -che malvagi<a class="tag" id="tag26" href="#note26">[26]</a>. -</p> - -<p> -Ma anche malvagi li credeva. Costretti com'erano -<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span> -a tenere le assemblee in secreto, i Cristiani davano -appiglio alle accuse, solite apporsi a tutto ciò che è -arcano; e nel più sinistro senso venivano intesi i riti -loro. Le sobrie agapi sono inverecondo stravizzo: nei -silenzj delle catacombe violentano il pudore e la natura: -un fanciullo coperto di farina è presentato al neofito, -il quale lo trafigge senza sapere che si faccia, se ne -raccoglie il sangue in calici che passano da un labbro -all'altro, e se ne mangiano le carni. Ritraggonsi dalle -magistrature per non dovere far omaggio agli Dei? li -sentenziano d'infingardi: sono stregonerie i miracoli; -malefizio la loro costanza nei supplizj: anzi sono atei -perchè non hanno sagrifizj, non tempj<a class="tag" id="tag27" href="#note27">[27]</a>. -</p> - -<p> -Eppure cotesti ribaldi qual morale insegnano? la più -pura ed austera: povertà ad un mondo idolatrante le -ricchezze; umiltà al secolo della superbia; castità in -mezzo alle ostentate lascivie; abnegazione tra il filosofico -egoismo. Invece di quell'assenza d'ogni dogma, così -comoda all'accidia umana, che permetteva tutte le -contraddizioni all'intelligenza, tutti i vaneggiamenti all'anima, -tutte le superstizioni ai cuori, tutti gli eccessi -alle passioni, intimavasi un dogma preciso, assoluto, -universale, che richiedeva l'intensità dell'intelletto, la -sommessione del raziocinio, l'obbedienza del cuore; al -panteismo filosofico o al popolare l'idea della spiritualità -<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span> -di Dio e dell'individualità dell'uomo; agli Epicurei -la fede nella Provvidenza e nelle retribuzioni postume; -agl'increduli e agli indifferenti la necessità del culto; -agli egoisti la solidarietà del genere umano; ai gaudenti -le austerità e l'umiliazione; allo schiavo di ritenere le -sue catene, sebbene al padrone intimi ch'egli è eguale -al servo; al povero di non esigere i soccorsi, sebbene al -ricco imponga di dare volontariamente. La gente, che -da tanti mali erasi rifuggita nelle voluttà, senza tampoco -sospettare che queste offendessero divinità tuffate nello -stesso brago, vedevasi allora non solo interdetti gli atti, -ma riprovato il desiderio; riprovata la fornicazione -anche colle libere, anche colle schiave; riprovata la -vendetta, che prima era dovere e religione; riprovato -il fasto, e detti beati coloro che soffrono, beati gli umili -di spirito; esclusi dalla gloria i molli, gli adulteri, i -pederasti. Questa guerra alle passioni, questo freno -agli istinti naturali, quanti non dovea stornare dal -cristianesimo? -</p> - -<p> -Mercanti e artieri assai vivevano del somministrar -vittime, dell'allestire giuochi e simulacri: sacerdoti, -auguri, re sacrificuli, incantatori, astrologi recavansi -in odio chi guastava lor arte, e facevano prova di -sostenerla col ravvivare il fervore pel culto antico, -l'attenzione degli oracoli, la scaltrezza dei prodigi. Così -invalse una quantità di maghi e prestigiatori, tra cui -famosi Simone samaritano in patria e Apollonio di -Tiane a Roma. Quegli offerse a san Pietro del denaro -se gli partecipasse la facoltà di conferire lo Spirito -Santo; donde fu nominata la simonia, cioè il vendere -le cose sacre; prima eresia che comparve, ultima che -sparirà. Vogliono capitasse egli a Roma regnante Claudio, -e co' suoi prestigi talmente s'illustrasse, da meritare -una statua nell'isola del Tevere<a class="tag" id="tag28" href="#note28">[28]</a>; ma avendo -<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span> -voluto librarsi a volo, si ruppe la persona. Anche -Apollonio venne a Roma imperando Nerone, il quale, -sebben nemico ai filosofi, gli permise di rimanere, e -d'alloggiar ne' tempj, secondo soleva; poi a Vespasiano -diede consigli sul ben governare l'impero. Accusato da -un Greco a Domiziano, tornò a Roma a giustificarsi, -ma il giorno medesimo fu visto a Pozzuoli e ad Efeso; -e trovandosi in quest'ultima città al momento che -Domiziano cadeva trafitto a Roma, sospese di parlare, -e stato alquanto assorto, agli uditori meravigliati, disse: — Il -tiranno è morto». Nerva succeduto imperatore, -e che già eragli amico, l'invitò; ma egli scusossene, e -mandogli de' pareri; indi sparve, nè più fu veduto vivo -o morto. -</p> - -<p> -Persone devote al nome di costui e a quel di Pitagora, -a cui egli s'appoggiava, professavano che un'infinità -di genj occupassero il vuoto fra l'uomo e Dio, -partecipi in vario grado alla natura di esso; e poter -l'uomo contrarre patti con quelli per via di cerimonie, -digiuni, purificazioni. Il popolo li temeva e pagava, i -grandi vi credevano; non Caracalla soltanto, ma fin -Marc'Aurelio ne aveva sempre agli orecchi; e la malignità -li confondeva coi Cristiani, e i miracoli de' santi -coi costoro prestigi. -</p> - -<p> -La più grave imputazione però ai Cristiani, vorrei -dire la più romana, era d'odiare il genere umano, il -che significava odiare l'impero<a class="tag" id="tag29" href="#note29">[29]</a>. Le istituzioni di -Roma traevano lor forza dallo spirito di famiglia, sopra -il quale era sorta la gran città, e dalla conseguente venerazione -<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span> -per gli antenati. Or ecco il cristianesimo, che, -per guadagnare gli spiriti volgendosi principalmente -alla gioventù, la sottraeva ad una generazione frivola, -logora, ignara del vero bene, nimicava il padre ai figli, -il fratello al fratello; donde eseredati figliuoli, repudiate -mogli, puniti schiavi, scassinata l'autorità domestica. -Non che opporre agli antichi nuove glorie, nuove virtù, -proferivansi dannati eternamente gli uomini più cari e -venerati, i conquistatori ed i sapienti, i Cesari e i Ciceroni; -chiamati demonj gli Dei, pel cui auspicio era -ingrandito il Campidoglio. Mentre Roma intitolava eroi -quelli che aveano sterminato maggiori popoli, grandezza -il rapire a molti l'indipendenza, principal fonte -di potere e di gloria la guerra, unico scopo di questa -la conquista; ecco predicarsi la pace, la fratellanza, la -giustizia, condannarsi cioè tutta la politica antica e -nuova di Roma; dall'angustie d'una patria terrena -sollevati gli animi ad una invisibile, della quale erano -cittadini gli uomini tutti, anche il vinto, anche il barbaro, -anche lo schiavo. -</p> - -<p> -La religione de' Latini era essenzialmente nazionale, -e incarnata colla repubblica; Roma, città santa, inorgoglivasi -di derivare dagli Dei; a sette cose sacre annetteasi -la conservazione dell'impero (t. I, p. 153-4); nei -maggiori frangenti consultavansi i Libri Sibillini; senza -auspicj non si tenevano assemblee, senza feciali non -s'indiceva la guerra o saldava la pace, senza sacrifizj -non s'inaugurava imperatore o console; a comuni -solennità si congregavano le federazioni; e le teorie, -portando l'annuo omaggio della lontana colonia alla -madrepatria, teneano stretto il nodo fra questa e quella. -Intaccare pertanto la religione era intaccare lo Stato, -era un dichiararsi nemici del genere umano. -</p> - -<p> -Augusto, fondando l'impero, trovò la necessità di -rinnobilire le svilite idee religiose, e «ristorare i tempj -<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span> -e le crollanti immagini degli Dei» (<span class="smcap">Orazio</span>); e in testimonio -dell'alleanza fra lo statuto e la religione, unì il -sommo pontificato alla potenza imperiale, e collocò nel -senato l'altare della Vittoria. Allora fu imposto silenzio -alle voci che nella Roma repubblicana sbraveggiavano -gli Dei e la vita futura; si moltiplicarono sacrifizj, iscrizioni -votive, delubri. Mecenate, consigliando Augusto -sul modo di governare, gli aveva detto: — Onora -sempre e dappertutto la divinità secondo le leggi e gli -usi aviti, e costringi gli altri a farlo. Quelli che introducono -alcun che di stranio nel culto, detesta e punisci, -non solo per riguardo agli Dei, ma perchè questi -novatori trascinano molti cittadini ad alterare i costumi, -donde vengono congiure, intelligenze, associazioni pericolose»<a class="tag" id="tag30" href="#note30">[30]</a>. -Le assemblee erano vietate, anche quando -tendessero a pubblica utilità; e tanto più sedi scopo religioso. -I giureconsulti «custodi delle divine ed umane -cose» pronunziavano doversi conservare ad ogni costo -il culto avito, e Ulpiano radunò tutte le leggi in proposito<a class="tag" id="tag31" href="#note31">[31]</a>. -Ben è vero che ai numi patrj e ai greci si -erano aggiunti ora l'Iside egizia, ora il Mitra persiano, -poco importando al politeismo che gli Dei fossero venti -o cento, anzi alla costituzione essendo consono l'adottare -gli Dei stranieri, ed alla politica l'assimilarsi i vinti -coll'accettarne le credenze. Ma tutt'altrimenti andava -il caso con una religione che ogn'altra escludeva, che -<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span> -diceasi universale, e destinata a fabbricare il suo tempio -colle macerie delle nemiche. -</p> - -<p> -La tirannia fin allora aveva colpito gli uomini nel -corpo, ne' beni, nella vita, non s'era rivolta all'anima, -al pensiero, mai non avendoli incontrati sulla sua via. -Era la prima volta che desse di cozzo in una fede seria, -profonda, pronta ad obbedire finchè le si chiedessero -gli averi e il sangue, ma risoluta a resistere quando -n'andassero di mezzo la credenza o il dovere: in quella -gara di farsi vili al pie' di vili regnanti, insegnano che -l'uomo è soltanto di Dio<a class="tag" id="tag32" href="#note32">[32]</a>; quanto ai dogmi ed -all'esercizio di loro religione, non conoscono superiorità -terrena; adoprano sincerità e pazienza, non forza -o scaltrezze, non calare a transazioni, non guadagnar -tempo; persuasi che tutte le cose visibili sono un nulla -a petto delle arcane, che l'unico bene consiste nell'accettar -la croce, l'unico male nel peccato, e che la follia -del Calvario trionferebbe dell'ostinazione d'Israele e -della superbia di Roma: gl'imperatori o i proconsoli -vogliono forzarli? se deboli, fuggono; se no, soffrono, -non piegano: contro la barbarie raddoppiasi la loro -costanza, la quale diventa ad altri eccitamento, sicchè -«il sangue è semenza di Cristiani». -</p> - -<p> -Pure cotesti settarj dal loro Cristo aveano imparato -a rispettare la potestà; sotto imperatori che disonoravano -la natura, i loro dottori gli esortavano alla docilità, -non essendo ancora in tal numero che bastassero -a rappresentare un voto nazionale e mutare un reggimento. -San Vittore interrogato da un prefetto, risponde: — Nulla -ho fatto contro l'onore o gl'interessi dell'imperatore -o della repubblica; non ricusai di assumere -la difesa ove il dovere me l'imponeva; ogni giorno -offro il sacrifizio per la salute di cesare e dell'impero; -ogni giorno in favore della repubblica immolo vittima -<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span> -spirituale al mio Dio». Perocchè il cristianesimo, improntato -della universalità, attributo incomunicabile -delle soluzioni divine, collocò la religione ben disopra -alla parte contingente e variabile della società, fermandola -nell'essenziale e permanente, sicchè l'uomo, in -qualunque clima e qualunque governo, possa operare -il perfezionamento proprio e meritarsi il cielo; sotto -principi crudeli e scostumati non si ribella alla società, -da' cui peccati rifugge; non pretende sovvertirla, ma -cerca emendarla; combatte i vizj del secolo, ma senza -staccarsi da esso. -</p> - -<p> -Pertanto i Cristiani, ignorati o tollerati, erano cresciuti. -I padroni degli schiavi s'accorgeano d'un mutamento, -non cominciato dalle sublimi, ma dalle infime -parti della società: alcuni sofisti tolsero a sillogizzare -sopra quelle credenze: i sacerdoti vedeano diradarsi i -tempj, sminuire le offerte. Allora, aperti gli occhi, si -conobbe che costoro, nati appena jeri, già empivano i -fòri, i tribunali, le legioni; senz'armi, senza difesa, -negavano obbedienza ad ordini così semplici, quali -pareano il bruciare un grano d'incenso sull'ara di un -dio o d'un imperatore; e piuttosto accontentavansi di -morire. Alla romana legalità, che faceva delitto il contrariare -un decreto qualunque, come doveva movere -sdegno questa inobbedienza! Gli statisti, che sentivano -non poter più Roma prosperare dacchè era spoglia di -morale ed abbandonata ai baccanali della forza, sapevano -però che nel cadavere d'un grande Stato le istituzioni -antiche conservano una vita galvanica, perchè -e l'aristocrazia si ricorda qual fu, e l'esercito è abituato -ad una certa disciplina, e il popolo ad un'amministrazione -qual ella sia, e nel principe si concentrano la -forza e l'opinione. Di qui la tenacità alle forme vetuste, -che è propria de' dominj deboli; di qui l'odio dei -politici contro il cristianesimo. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span> -</p> - -<p> -Sopragiungevano intanto sempre nuove traversie; -peste, tremuoti, fame, correrie di Barbari: e i Cristiani -predicavano, — Sono avvisi del cielo; Roma e il mondo, -sommersi in un mare di vizj, meritano questi e peggiori -castighi». Fremeano i Gentili a tal voce, quasi desiderassero -o si compiacessero de' mali di cui adducevano -la ragione: i politici si confermavano nel crederli avversi -allo Stato: i religiosi pensavano che le costoro -bestemmie irritassero gli Dei, i quali, destri un tempo -agl'incrementi di Roma, lasciavanla allora sfasciarsi. -Adunque ne si plachi la collera col sagrificare i loro -nemici; il Cristiano, pel solo suo nome, sia considerato -«nemico de' numi, degl'imperatori, delle leggi, de' costumi, -di tutta la natura»<a class="tag" id="tag33" href="#note33">[33]</a>. -</p> - -<p> -Derivavano dunque dalla legalità romana le persecuzioni, -che quella civiltà ci presentano in un aspetto -differente assai dal classico; quistione politica più che -religiosa, dove, poco curando la dottrina, punivasi la -disobbedienza; e dove gl'imperatori buoni, cioè ispirati -dall'antico genio romano, imperversarono più che non -i malvagi, quali Comodo od Elagabalo. -</p> - -<p> -La Chiesa noverò le sue vittorie dal numero delle -sue tribolazioni. Sotto Nerone vedemmo la prima volta -perseguitati i Cristiani, e non pare fosse soltanto per -dare una soddisfazione al popolo, nè che si limitasse a -Roma<a class="tag" id="tag34" href="#note34">[34]</a>. Domiziano, quando voleva rifabbricare il -Giove Capitolino, tassò gli Ebrei un tanto per testa; e -i Cristiani, compresi sotto quel nome, non volendo a -<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span> -verun patto contribuire per idolatrie, ne nacque nuova -persecuzione, in cui caddero Flavio Clemente, cugino -dell'imperatore e collega di lui nel consolato, colla -moglie e la nipote Domitilla. Il cristianesimo era già -dunque arrivato ai limitari della reggia. -</p> - -<p> -Plinio Cecilio (t. <span class="smcap lowercase">III</span>, p. 339), stando proconsole della -Bitinia e del Ponto, sentì contrasto fra il dovere d'eseguir -la legge che condannava i Cristiani, e la coscienza -propria che glieli mostrava incolpevoli; laonde interpellò -l'imperatore Trajano come comportarsi, e se -fossero a punire indistintamente giovani e vecchi, se -perdonare a chi si pentiva. — Gl'interrogai (soggiunge) -se fossero cristiani; e quei che confessarono, escussi -due o tre fiate con minaccia del supplizio se perseveravano, -gli ho condannati, giacchè meritano castigo la -disobbedienza e l'ostinazione. Alcuni denunziati negarono; -altri dissero aver cessato d'essere cristiani, ed -affermavano che tutto il loro errore o delitto consisteva -nell'adunarsi un giorno prefisso avanti l'alba e avvicendare -inni a Cristo come fosse dio; si obbligavano -con giuramento di non commetter furto, adulterio od -altro misfatto, nè negare il deposito; poi raccoglievansi -a mensa comune, innocente. Credetti bene chiarir la -verità col mettere alla tortura due giovani schiave che -diceansi addette ai ministerj di quel culto: non vi ho -scoperto che una superstizione trasmodata, laonde ho -sospeso tutto, aspettando tuoi ordini. Gran numero di -persone d'ogni sesso e grado sono e saranno comprese -in tale accusa, poichè questo contagio non ha soltanto -infette le città, ma si è dilatato pei villaggi e le -campagne». -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span> -</p> - -<p> -L'imperatore, rispondendo, collauda l'operato del -suo ministro, ma essere impossibile stabilir regola -certa e generale in cause di questa natura. — Non bisogna -fare indagini; ma se accusati e convinti, punirli; se -l'imputato nega d'esser cristiano, gli si perdoni». -</p> - -<p> -Strana rivelazione del contrasto fra la legalità e la -giustizia! Il proconsole, uomo onesto, non trova rei -questi settarj se non del nome, pure non domanda che -siano salvati, sibbene con qual misura deva castigarli; -e li mette al tormento per iscoprirne delitti, di cui non -sono accusati. L'imperatore, un de' migliori, anch'egli -tentenna fra il proprio sentimento e la ferrea rigidezza -delle leggi! E come! la legge è tanto vaga che i prudenti -stessi non sanno come interpretarla, e può essere -sospesa non solo dall'imperatore, ma fin dal proconsole: -eppure a' dubbj di questo l'imperatore non risponde -se non che ha fatto bene. Se sono colpevoli, perchè -declinare l'indagine? perchè assolverli sulla semplice -negativa? Se innocenti, perchè punirli di confessare -ciò che non è colpa? Che legislazione è cotesta dove -si castiga non un fatto, ma un sentimento? Qual sanguinoso -testimonio del niun conto che gli antichi faceano -della vita dei loro simili!<a class="tag" id="tag35" href="#note35">[35]</a> -</p> - -<p> -Che se tanto lasciavasi all'arbitrio de' tribunali, e -sotto un Plinio ed un Trajano, che doveva essere delle -assemblee tumultuarie, quando la plebe, nei giorni -devoti agli Dei o fra la sanguinaria ebbrezza dell'anfiteatro, -chiamava a gran voci, — I Cristiani alle fiamme, -alle fiere?» Editti d'Adriano e d'Antonino vietarono -di far fondamento sulla semplice diceria per condannarli: -ma che, se i rei medesimi confessavano, anzi -<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span> -gloriavansi? Come doveva inviperire l'orgoglio degli -imperatori o de' loro ministri allorchè vedeano un -fanciullo, una donna, un oscuro cittadino confessare -apertamente il delitto apposto; e a lusinghe, a promesse, -a minaccie resistendo, ricusare non un delitto, ma l'atto -il più semplice del culto nazionale, un granello d'incenso -al dio Giove o al dio Antinoo! Li straziavano allora -colla tortura, non per istrapparne la confessione del -delitto, ma acciocchè il negassero; oppure mettevano -a lubriche prove la continenza dei giovani e la castità -delle vergini; e infelloniti dalla resistenza, gli abbandonavano -a' manigoldi e al vulgo, in cui la ferocia, -innestata dall'abitudine de' supplizj e de' giuochi circesi, -veniva esasperata dal fanatismo. -</p> - -<p> -Talvolta governatori umani respingevano le accuse, -o con sotterfugi salvavano gl'imputati; talvolta li cacciavano -solamente a confine: ma altri li chiudevano -negli ergastoli e nelle miniere, oppure esercitavano su -loro l'esacerbazione che permetteva la legge, iniquissima -perchè indeterminata. Alla prova soccombevano? -riportavano applausi dai Pagani, orrore e compassione -dai Cristiani. Chi subisse generoso i tormenti, restava -in venerazione: i fedeli baciavano le catene portate e -le cicatrici rimaste; pei morti istituivano annue commemorazioni; -e il sangue e le ossa, raccolte studiosamente, -venivano poste sotto gli altari che servivano di -mensa al viatico di quelli che si professavano pronti ad -imitarli, e che in impeto generoso ambivano il martirio -fin a denunziarsi da se stessi, a sturbare a bella posta -i riti idolatrici, a ricusare la clemenza, e negli anfiteatri -provocar l'ira delle fiere e de' manigoldi<a class="tag" id="tag36" href="#note36">[36]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span> -</p> - -<p> -A malgrado degli scrupoli di Trajano, consta che -sotto di esso molti subirono il martirio. Clemente papa -fu sbandito dalla sua sede. Ignazio, vescovo d'Antiochia, -fu da quell'imperatore mandato a Roma, perchè vi fosse -ucciso: sul viaggio dell'intrepido confessore di Cristo -accorreano vescovi, diaconi, fedeli; in Roma tanti mostravano -interesse per lui, ch'egli temeva riuscissero a -camparlo dal martirio; ma come vi si seppe destinato, -coi fedeli pregò il Figliuol di Dio per le Chiese, per la -carità fra' Cristiani, per la cessazione delle persecuzioni: -esposto nell'anfiteatro alle fiere nelle feste Sigillarie, -mentre i Gentili applaudivano ai leoni che lo sbranavano, -i fedeli pregavano per esso, e ne davano avviso -ai fratelli d'ogni paese, affinchè quel giorno tenessero -in perpetuo solenne. -</p> - -<p> -Adriano, spinto al sangue da zelo per le superstizioni -e la magìa, e da odio per gli Ebrei, ordinò processure, -nelle quali caddero i papi Alessandro, Sisto e Telesforo. -Fabbricata la villa di Tivoli, cominciò magnifici sacrifizj -<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span> -per dedicarla: ma che? le vittime, gli auspizj, gli -augurj uscivano a vuoto o in sinistro. Interrogati con -più vigorose evocazioni, gli Dei risposero: — Come -renderemmo oracoli, se ogni giorno Sinforosa co' suoi -sette figli ci oltraggia, invocando il suo Dio?» L'imperatore -ebbe a sè costei, che richiesta dell'esser suo, -rispose: — Mio marito Getulio, con Amanzio fratel suo, -tribuni militari, patirono per Gesù Cristo, ed anzichè -immolare agli Dei, lasciaronsi recidere il capo, acquistando -infamia in terra e gloria fra gli angeli». E intimandole -l'imperatore, — Tu sagrificherai agli Dei, o -sarai a loro sagrificata», non esitò nella scelta, anelando -di ricongiungersi collo sposo. L'imperatore dunque -la fece condurre nel tempio d'Ercole, quivi schiaffeggiare, -sospendere pei capelli, e durando pur ferma, -gettare nelle cascatelle, memori delle voluttuose canzoni -d'Orazio. I figliuoli ne imitarono la costanza. -</p> - -<p> -Era Aglae una romana tanto ricca, che tre volte -diede i pubblici spettacoli; amministravano le sue entrate -settantatre agenti, ai quali soprantendeva Bonifazio, -uomo ospitale e largo coi poveri, ma licenzioso, e che -con essa viveva in peccato. Avuto da Aglae commissione -di andare in Oriente, e recare reliquie di martiri, -per cui intercessione ottenere perdonanza, egli partì con -dodici cavalli, tre lettighe e molti profumi; e per via -cominciò a pensare seriamente ad un'opera assunta -con leggerezza, e ad orare e far astinenza. Giunto a -Tarso, vide il martirio d'alcuni Cristiani, e preso dalla -costoro fermezza, li pregò che per lui pregassero; sicchè -il governatore fece esporre lui pure ad ogni peggior -tormento, che egli comportò pazientissimo in ammenda -del passato. Aglae, avvertita del martirio dell'amante, -ne ricomprò il cadavere a molto prezzo, e ritornata -allo spirito, diede ogni aver suo ai poveri, e con poche -donzelle si ritirò dal mondo. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span> -</p> - -<p> -Cecilia romana, obbligata contro voglia al matrimonio, -converte il marito, il cognato e altri, ed è condannata -a perdere gli occhi da un governatore cui -troppo erano piaciuti. Maria, schiava d'un Tertullo -senatore romano, sola della casa adorava Cristo, ed era -tollerata per la fedeltà e l'esatto servire. Sopragiunta -la persecuzione di Diocleziano, il padrone, per non -essere costretto a denunziarla e così perderla, la fa -battere a verghe onde muti fede, e sepellire in carcere, -ma senza smoverla. Il giudice, informatone, la volle a -sè, la fece martorare tanto che il popolo incompassionito -volle si cessassero i tormenti. Il giudice la diede -allora in custodia ad un soldato, ed essa temendo -per la sua onestà, fuggì tra i monti, ove finì poi -santamente<a class="tag" id="tag37" href="#note37">[37]</a>. -</p> - -<p> -Molte altre donne col santo eroismo assicuravano la -libertà della femmina, e ricompravano dall'obbrobriosa -servitù il loro sesso, elevandolo alla dignità della donna -cristiana. Così la bellezza domava la forza, la morte -intimoriva i viventi, e la fede trionfava dell'orgoglio. -</p> - -<p> -Que' Romani che non voleano stordirsi sull'avvilimento -della patria, si compiacevano nel rimembrare -gli Scevola, i Bruti, i Catoni, prodighi delle grand'anime -per una libertà, che sembrava più bella dacchè perduta; -e nel segreto vantavano i pochi che ancora gl'imitassero -o li contraffacessero resistendo ai cesari e affrontando -la morte. Or eccoti una setta che proclama la libertà; -non la libertà che rinnega l'ordine e che si acquista per -sommosse, ma che rifiuta qualsivoglia restrizione alla -coscienza, e per la quale cotesti Galilei sanno, non -darsi la morte, ma intrepidi aspettarla<a class="tag" id="tag38" href="#note38">[38]</a>. Ma gli -eroi, sublimando la passione umana, operavano cose -<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span> -straordinarie per l'acquisto di gloria: i santi, rinunziato -ad ogni passione, senza calcolare le proprie forze, -inermi ma intrepidi affrontavano le potestà umane e -le infernali, nulla curando della lode, e la volontà propria -rimettendo affatto a Dio. -</p> - -<p> -Vero è che i Romani erano avvezzi a quotidiani -supplizj, a conflitti di gladiatori, a battaglie nella città -o sui campi, a stoici suicidj: ma coloro o lasciavano -la vita costretti, o la gittavano come un carico importabile, -al più la deponevano con indifferenza, come cosa -che saziò. Ne' Cristiani, all'incontro, fanciulli «che non -distinguono la destra dalla sinistra», vecchi, donne, -morivano non coll'orgogliosa dignità delle scuole, ma -con semplicità; non per erudizione di dottrine morte, -ma per le parole della vita; non per se stessi, ma pel -genere umano: fra supplizj squisiti non metteano lamento, -gioivano, perdonavano. «Il vulgo (dice Lattanzio) -vedendo le persone lacerate con varj tormenti, -e mentre i carnefici si stancano, esse durare nella pazienza, -fa giudizio che non sia vanità questa perseveranza -dei morenti, e che senza Dio non potrebbero -sopportarsi tanti spasimi. Masnadieri, persone robustissime -non reggono a pari torture, gemono, urlano, -soccombono al dolore, perchè vi manca l'ispirata pazienza. -I nostri, non che uomini, ma fanciulli e donnicciuole, -tacendo vincono i loro tormentatori, nè il -fuoco stesso può strappar ad essi un gemito; il sesso -debole, la fragile età soffrono d'essere sbranati a membro -a membro, e non per necessità, giacchè potrebbero -evitarlo, ma per volontà, giacchè confidano in -Dio»<a class="tag" id="tag39" href="#note39">[39]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span> -</p> - -<p> -L'antica società facea dunque il suo dovere, e il suo -la nuova; i Cristiani subiscono la pena di morte, ma -la dichiarano iniqua; si crederebbero contaminati pur -dalla vista d'un supplizio, e interdicono il sacerdozio -a chi uccise od esercitò diritto di sangue<a class="tag" id="tag40" href="#note40">[40]</a>; sublimando -per tal guisa il carattere dell'uomo, non più -soltanto quand'è ravvolto nella toga senatoria o nel -mantello filosofico, o decorato dell'anello equestre, ma -anche povero, ignorante, nudo, perfin colpevole; è -uomo, e basta. Questa tacita ma costante resistenza -rivelò la vigoria del cristianesimo. -</p> - -<p> -Ai propagatori del vero più che le persecuzioni e -la morte pesano la calunnia o la noncuranza; e queste -porsero nuovo esercizio alla pazienza de' primi Cristiani. -Giovenale descrisse uno dei loro supplizj coll'indifferenza -d'un franco pensatore al cospetto di fanatici<a class="tag" id="tag41" href="#note41">[41]</a>; -Tacito confuse questa <i>setta odiosa</i> colle tante che infestavano -Roma, cloaca di tutte le immondezze<a class="tag" id="tag42" href="#note42">[42]</a>; -Plinio giuniore non può crederli rei, eppure li punisce; -Plinio maggiore, Plutarco, Quintiliano nè tampoco li -nominano; nè la lunga storia di Dione Cassio, nè quasi -la più ampia <i>Storia Augusta</i>; il satirico Luciano ne -fa assurde celie; i dotti gli accusano di predicare a -<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span> -donne, fanciulli, schiavi, evitando di scontrarsi con -pensatori. -</p> - -<p> -Ma intanto la parola, soffocata o derisa, echeggiava -da mille parti; e già penetrava nelle scuole, sostenuta -con eloquenti scritture e incalzanti argomentazioni; nè -più fu lecito alle persone colte ignorarla quando veniva -a provocar l'esame e chiedere giustizia. Alcuni autori -vi attingevano verità dapprima ignote, sicchè qualcosa -di più puro ed elevato inserivano in libri di fondo -pagano. Singolarmente in Seneca, fra tante debolezze -e vanità, s'incontrano rudimenti di precetti e persino -frasi, che accertano avesse cognizione de' libri cristiani, -anzi alcuno disse amicizia con san Paolo<a class="tag" id="tag43" href="#note43">[43]</a>. Il suo -<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span> -non è più il Dio cieco ed impotente degli Stoici, ma -uno incorporeo, indipendente, che è sua propria necessità, -e che prima di far il mondo lo pensò<a class="tag" id="tag44" href="#note44">[44]</a>; -abita in cuor dell'uomo virtuoso<a class="tag" id="tag45" href="#note45">[45]</a>, vuol essere -amato<a class="tag" id="tag46" href="#note46">[46]</a> perchè ci ama; noi siamo socj e membri -suoi<a class="tag" id="tag47" href="#note47">[47]</a>: la maestà degli Dei è nulla senza la loro -bontà: la Provvidenza governa il mondo, non da madre -cieca, ma da padre prudente, laonde obbedire a Dio è -libertà<a class="tag" id="tag48" href="#note48">[48]</a>: supremo bene è il possedere un'anima -retta e una lucida intelligenza. Romano, egli seppe -compassionar l'uomo esposto alle belve e agli stocchi -dell'anfiteatro. — Voi dite, egli commise un delitto e -merita morte. Sia; ma voi, qual delitto avete voi commesso -per meritare d'essere spettatori del suo supplizio?»<a class="tag" id="tag49" href="#note49">[49]</a> -Proclamò che «il divino spirito appartiene -allo schiavo come al patrizio; schiavo, liberto, cavaliere, -son parole inventate dalla vanità o dal dispregio; la -virtù non esclude veruno; ognuno è nobile perchè -discende da Dio. Non li chiamare schiavi, ma uomini, -ma commensali, ma men nobili amici, ma consorti di -schiavitù, giacchè la fortuna ha su noi i medesimi -diritti come su loro. Quel che tu dici schiavo, viene -<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span> -dal ceppo stesso che tu. Consultalo, ammettilo a' tuoi -colloquj, a' tuoi pasti; non voler essergli formidabile, -e ti basti quel che basta a Dio, rispetto e amore»<a class="tag" id="tag50" href="#note50">[50]</a>. -</p> - -<p> -Per verità le azioni sue furono poco cristiane, ma -certo egli migliorò sul fine di sua vita: le lettere a -Lucilio tengono più del serio; nella sesta accenna ad -un cambiamento avvenuto in lui, ad una trasfigurazione; -gli manda libri dove ha segnato i passi più degni d'approvazione -e ammirazione. Pure nelle lettere stesse -colloca il saggio più in alto che Dio, esalta il suicidio, -dubita dell'immortalità, e affatto da gentile fu la sua -morte; onde possiam conchiudere con Erasmo: — Se -si legga come pagano, scrisse cristianamente; se come -cristiano, scrisse gentilesco». -</p> - -<p> -Ma la sapienza, che in lui e in altri moralisti s'incontra -a frammenti e tra contraddizioni, veniva insegnata -nella sua pienezza dai santi Padri, e col carattere -dell'universalità. Quella manifestazione di Dio rendeva -inescusabile il paganesimo<a class="tag" id="tag51" href="#note51">[51]</a>; quella fede indomita -a terrori e lusinghe, quelle virtù più che umane infondeano -nel mondo uno spirito nuovo; sicchè la Chiesa, -poc'anzi appena sperante, si estende trionfatrice, e -s'accinge a riformare la società con nuovo sistema di -credenze e di morale. Chè, sebbene il cristianesimo -non tendesse a cambiar le relazioni e la condizione -esterna dell'uomo, dichiarasse anzi non voler portare -la mano all'edifizio della società, e rispettasse le grandi -ingiustizie d'allora, la tirannide, la schiavitù, la guerra, -pure sin da' primordj si mostrò fruttuosissimo al civile -progresso. Non cambiando la società, bensì il modo -d'apprezzarla; non togliendo i patimenti, ma trasformandoli -in meriti; non mirando a riformare il popolo -per mezzo dei governi, ma questi per mezzo di quello, -<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span> -migliorava la morale e gl'intelletti, incivilimento importantissimo -giacchè intimamente connesso col civile. Ove -dominavano l'anarchia, l'empietà, la dissolutezza, l'egoismo, -eccolo sostituire un gerarchico ordinamento, -la fede, la santità, l'amor generoso ed universale. Il -potere, anche mentre restringe e comprime la spirituale -società, ne prova il virtuoso ascendente: i giureconsulti, -meditando sulla lettera tenace delle leggi, -sentonsi da un'aura diversa lor malgrado ispirati: nella -costituzione, ove tutto possono l'esercito e l'imperatore, -appare un esempio delle due supreme garanzie della -libertà, l'elezione e il dibattimento: si sciolgono gli -uomini dalle leggi umane arbitrarie, per sottometterli -alla legge razionale e divina<a class="tag" id="tag52" href="#note52">[52]</a>. -</p> - -<p> -Tali benefizj non furono allora intesi dai forti nè dai -savj; e quelli, indispettiti e meravigliati del trovar gente -che, contro il volere imperiale, sostenesse l'indipendenza -delle proprie convinzioni, tolsero a perseguitarla, dapprima -per antipatia, senz'ira, senza timore, fin senza -fanatismo, per secondare il gusto che il popolo prendeva -ai supplizj; poi per un deliberato proposito di -sterminarla. -</p> - -<p> -Sotto gli Antonini, che erano la stessa bontà, come -dice il dabben Muratori; che erano i migliori de' principi -e i migliori degli uomini, come dice il retorico -Gibbon, non mancarono martiri. Pare che del loro -tempo venisse a Roma Luciano, nativo di Samosata in -Asia, il quale per l'universale ironia ben fu paragonato -a Voltaire. Ricco di cognizioni, potente di stile, arguto -di riso, fece una trista pittura de' costumi romani, poi -volse in beffa tutto quanto si credeva e venerava, il -<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span> -potere come il sapere, le religioni come la filosofia; -gli Dei perseguita con frizzi che doveano sconficcarli -non meno dei ragionamenti, e attesta che nè gl'intelletti -serj nè gli arguti più non vi prestavano fede o -rispetto; e se ancora se ne frequentavano gli altari, più -non era se non per convenienza sociale. -</p> - -<p> -Marc'Aurelio fra tante virtù non ebbe quella di -resistere ai filosofi che l'accannivano contro i Cristiani; -e come rei di attentare alla religione dello Stato, e -nutrire spiriti avversi alla pubblica cosa, li perseguitò -o lasciolli perseguitare, finchè, dicono, il riferito miracolo -della legione fulminante sospese le stragi. Risparmiata -sotto Comodo e i successivi, si dilatò la credenza -nostra. Se n'adombrò Settimio Severo sul finire del -regno, e confondendoli cogl'irrequieti Ebrei, promulgò -un editto contro i nuovi proseliti, ma che facilmente si -estendeva anche agli altri, e massime a quelli che andavano -a convertire: onde la persecuzione cominciata -in Egitto, si propagò pel resto dell'impero. -</p> - -<p> -È ingagliardita assai un'opinione quando la parte -che può opprimerla a forza, sentesi tratta a combatterla -con argomenti. Trasferita che fu la quistione nel -campo della parola, i Cristiani poterono accettare quella -battaglia, per la quale, più che per pacifiche comunicazioni, -si propaga la verità. Adunque, mentre i martiri -col sangue, altri coll'ingegno difesero la verità in una -serie di apologie, dirette le più agl'imperatori onde -distorli dalla persecuzione coll'esporre la morale e i -dogmi cristiani. Le più rinomate sono quelle che san -Giustino samaritano indirizzò ad Antonino e Lucio -Vero, al senato e al popolo romano, poi a Marc'Aurelio, -lagnandosi che, dove si tolleravano tante assurde religioni, -soli i Cristiani venissero perseguitati, essi tanto -meglio costumati che i Gentili, e che con orribili torture -si estorcessero confessioni di colpe bugiarde. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span> -</p> - -<p> -Tertulliano cartaginese, il più eloquente padre in -lingua latina, commentando l'accennata lettera di Trajano -a Plinio<a class="tag" id="tag53" href="#note53">[53]</a>, mostrava quale ingiustizia fosse il -punirli pel solo nome, togliere ad essi la difesa e gli -avvocati che a nessun reo si negano, nè appurare i -delitti confessati, la qualità, il tempo, il modo, i complici. -All'illegalità delle processure aggiunge la sconvenienza -di castigare tante persone, e — Che farete delle -migliaja d'uomini, di donne, d'ogni età e condizione, -che presentano le braccia alle vostre catene? di quanti -roghi, di quante spade non avrete bisogno? Ci si -accusa di mangiar fanciulli. Come! bensì in Africa durò -l'uso d'immolarne a Saturno, fin quando Tiberio non -fece crocifiggere i sagrificatori agli alberi che ombreggiavano -il tempio. Ma se l'uso pubblicamente è cessato, -praticasi ancora in segreto: uomini si scannano a Mercurio -dai Galli; sangue umano versasi in Roma stessa -per onore di Giove; mentre noi Cristiani ci asteniamo -perfino dal gustare qualunque sangue<a class="tag" id="tag54" href="#note54">[54]</a>. Ci calunniano -di lesa maestà: ma sebbene i Cristiani non manifestino -la devozione con giuramenti e bagordi, pregano -il Dio vero acciocchè all'imperatore conceda lunga -vita, regno riposato, sicurezza nei palazzi, valor nelle -truppe, fedeltà nel senato, probità nel popolo, pace in -tutto il mondo. Coloro che più profondono di tali testimonianze -agl'imperatori, gli sono i meno fedeli e -meglio disposti alla ribellione: al contrario i Cristiani -<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span> -perseguitati obbediscono; e quand'anche il popolo previene -gli ordini supremi per ucciderli, e viola perfino -i cadaveri, essi non pensano alla vendetta... Dilaga il -Tevere? non dilaga il Nilo? difettasi d'acqua? trema la -terra? gittasi una carestia, una peste? tosto si esclama, -<i>I Cristiani ai leoni.</i> Simili sventure non venivano -esse anche prima di Cristo? e sono effetti dello sdegno -di Dio contro gli uomini colpevoli e ingrati. Intanto, -quando il seccore fa temere di sterilità, voi sacrificate -a Giove, frequentando i bagni, le osterie, i postriboli; -noi cerchiamo placare il Cielo colla continenza, colla -frugalità, con digiuni, col coprirci di sacco e di cenere; -e ottenuta misericordia, ne diamo onore a Dio. Ma -queste sciagure non ci scompongono, nè in questo -mondo altro desiderio abbiamo che di partirne il più -presto possibile». -</p> - -<p> -Così la Chiesa dogmatizzava e disputava, soffriva e -protestava; venerava i martiri, ma facea sentir le ragioni -ai popoli ed agli imperatori. -</p> - -<p> -Alla morte di Settimio Severo tanto s'erano assodati -i Cristiani, che, mentre prima adunavansi in case private -e di nascosto, poterono eriger chiese, comprare -terreni in Roma, pubblicamente far le elezioni. Alessandro -Severo gli ammise nella reggia come sacerdoti -e come filosofi, e a vescovi e dottori concesse le sue -grazie: ma quando Massimino succedutogli punì gli -amici del predecessore, molti Cristiani andarono avvolti -nel castigo, poi altri in occasione di un tremuoto. -</p> - -<p> -L'imperatore Filippo li favorì tanto, che si credette -ne avesse abbracciata la fede: ma sotto Decio, un fanatico -poeta uscì in pubblico, deplorando l'abbandonata -religione; il vulgo chiese fosse riparata col sangue degli -empj; e i magistrati cercarono l'aura popolare col -concederlo. Anche la peste, che in quel tempo devastava -l'impero, aizzò la furia del popolo e la superstizione -<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span> -dei ministri ad isfogarsi sopra queste innocenti vittime, -che rendevano il ricambio col profondere assistenza, -preghiere, carità. Allora i principali vescovi furono -morti od esigliati; per sedici mesi impedito al clero -di Roma d'eleggere un successore all'ucciso papa Fabiano; -i preti di questo messi in carcere; sistemata la -persecuzione per via di decreti. -</p> - -<p> -Valeriano al fine del regno, per istigazione del prefetto -Macriano, egizio e dotto di magia, perseguitò -nuovamente i Cristiani, tra i quali caddero illustri vittime, -e Stefano e Sisto II papi. Gallieno sospese le persecuzioni; -e quantunque alcune vittime cadessero sotto -Aureliano, la Chiesa potè assumere quell'aspetto di -legalità che il tempo conferisce. -</p> - -<p> -È nella natura dell'uomo di lasciar illanguidire una -credenza allorchè non contrastata, ravvivarla quando -combattuta. I Pagani guardavano con indifferenza o -spregio la loro religione; ma quando i Cristiani si -presentarono a mostrarne la falsità e l'indecenza, per -reazione vi si affezionarono; le dottrine o le pratiche -che bastava conoscere per disapprovarle, dichiararono -non essere che vulgari aggiunte, oppure simboli di -arcana sapienza e di morale sublime. Si rinfrescò pertanto -la venerazione alle antiche favole; e il dispetto -di vederle malmenate dai nuovi settarj, insegnava mille -arti di sostenerle. Allora dunque rinnovati più pomposi -che mai i sagrifizj, introdotti di nuovi, proposte iniziazioni -ed espiamenti, con cui supplire a ciò che la -Chiesa prometteva col battesimo e colla confessione; -poi si moltiplicarono miracoli, e profeti, e oracoli, e -guarigioni ai sacrarj di Esculapio e d'Igia; e tanto se -n'esaltò il fanatismo del popolo, che città e comuni a -gara supplicavano gl'imperatori di adempire le antiche -leggi, cioè sterminare i Cristiani. -</p> - -<p> -Galerio e Diocleziano, abboccatisi dopo la guerra -<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span> -persiana affine di prendere un partito sopra un punto -ormai divenuto capitale, da un'accolta di pochi primarj -vennero persuasi di toglier via una setta, che formando -uno Stato nello Stato, ne impacciava il movimento, e -poteva minacciarne l'esistenza. Ed era vero che il cristianesimo -cresciuto scomponeva l'unità così necessaria -delle leggi e delle credenze; e chi volesse rintegrarla, -trovavasi obbligato a questa scelta, o di rendere dominante -la nuova religione, o di distruggerla. Di far il -primo non ebbe senno o volontà Diocleziano; tentò il -secondo, e professando voler abolire il nome cristiano, -pubblicò la proscrizione generale: — In tutte le provincie -si demoliscano le chiese; pena il capo a chi -tenga conventicole segrete; si consegnino i libri santi -per essere bruciati in forma solenne; i beni ecclesiastici -venduti all'asta, o tratti al fisco, o donati a comunità -e a cortigiani: quelli che ricusino omaggio agli Dei di -Roma, se ingenui rimangano esclusi da onori e impieghi; -se schiavi, dalla speranza di libertà; tutti sottratti -alla protezione della legge: i giudici accolgano qualunque -accusa contro i Cristiani, e nessun richiamo o -discolpa». -</p> - -<p> -Se non fosse attestato concordemente da tanti storici, -appena si potrebbe credere pubblicato da nazione civile -un decreto di sì tirannesca perversità, che avvolgeva -tanta parte del mondo nella persecuzione, sbrigliando -le private violenze e le frodi coll'interdire agii offesi di -portarne querela, e l'uffizio del giudice riduceva non a -librare l'accusa colle prove, ma a scoprire, perseguitare, -cruciare chi fosse cristiano o un cristiano volesse salvare. -</p> - -<p> -E la persecuzione di Diocleziano rimase famosissima<a class="tag" id="tag55" href="#note55">[55]</a>, -e la Chiesa d'Italia vi diede larga messe: -<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span> -in Roma Genesio commediante, Pancrazio di quattordici -anni, Agnese di dodici, Sebastiano milanese, Marcello -sacerdote, Pietro esorcista; a Benevento Gennaro -vescovo, ingloriato dai Napoletani; a Bologna Agricola -gentiluomo con Vitale suo schiavo; in Milano Nazaro, -Celso, Naborre, Felice, Gervaso, Protaso; in Aquileja -Canzio, Canziano e Canzianilla, di casa Anicia; — glorie -nuove nel paese ove la gloria fin allora s'era dedotta -dall'uccidere, non dal patire. Il diacono Cesario, venuto -d'Africa a Terracina, vi fu testimonio dell'empio rito, -per cui a certe solennità sagrificavasi un giovane ad -Apollo gettandosi in mare; e levò la voce contro questo -suicidio, onde meritò il martirio. Vuolsi che la legione -Tebea negasse idoleggiare, e agli ordini imperiali rispondesse: — Noi -siamo soldati dell'imperatore; da -lui riceviamo la paga, ma da Dio la vita. Dobbiamo -versar questa contro il nemico? sì il faremo: abbiam -l'armi alla mano, ma non opponiamo resistenza, e -preferiamo morire incolpevoli che uccidere gl'innocenti». -Distinzione ignota ai soldati antichi, e per la -quale furono trucidati a San Maurizio del Vallese<a class="tag" id="tag56" href="#note56">[56]</a>. -</p> - -<p> -Gli editti di Diocleziano furono dai successori suoi modificati -secondo l'indole loro o le circostanze; chè ormai -la quistione non era più religiosa ma politica, e gl'imperatori -ai Cristiani recavano pace o guerra, per calpestare -o alzar una fazione, già preponderante nella -fortuna dell'impero. Galerio, forse dalla malattia richiamato -a sentimenti migliori, in nome proprio e di -<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span> -Costantino e Licinio, pubblicò un editto ove, asserendo -«d'avere adoperato a ristabilire l'antica disciplina -romana, e fare che si ravvedessero i Cristiani, i quali, -presuntuosamente disprezzando la pratica dell'antichità, -abbandonarono la religione dei padri; e avendone -molti fatti patire e perire, vedendoli però ostinarsi a -non rendere il culto debito agli Dei», permette che -professino liberamente le private opinioni, e uniscansi -nelle loro conventicole, purchè serbino rispetto alle -leggi e al governo stabilito. -</p> - -<p> -L'opinione dianzi perseguitata, era ancor vilipesa, -ma tollerata; onde i confessori vennero schiusi dagli -ergastoli e dalle miniere, gli apostati tornavano a penitenza, -i raminghi rivedevano le dolci case, e nella -pubblica professione della fede e del culto loro ricantavano -il Dio forte, il quale può dai sassi suscitare -figliuoli d'Abramo. -</p> - -<p> -Costantino doveva meritare il cognome di grande da -chiunque sa far merito a un principe di accettare le -novità, mal fin allora combattute: che se gli emuli suoi -chiedevano il favor popolare col secondare i Gentili, -egli pensò appoggiarsi sui Cristiani, men numerosi ma -pieni di gioventù e della forza di chi viene a riformare, -talchè poteasi prevedere come nel loro movimento -trascinerebbero l'inerzia pagana, e resterebbero in -piedi quando il gentilesimo andava a fasci. -</p> - -<p> -Allora la santa letizia della libertà si diffuse in tutto -l'impero; dalle squallide catacombe sbucavano i sacerdoti -a celebrare alla faccia del mondo i riti della nuova -alleanza; i vescovi solennizzavano memorie di martiri, -o dedicavano chiese; i letterati pubblicavano virtù fin -allora dissimulate; i fedeli, riconoscendosi fra loro, -s'abbracciavano, saldando la fratellanza colla cena della -perpetua commemorazione. -</p> - -<p> -Se non che al paganesimo rimanevano sostegno i -<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span> -sacerdoti, l'aristocrazia, i corpi municipali che spesso -aveano provocato gl'imperatori alla persecuzione, i -tanti magistrati e capitani. A Roma, per memoria degli -antichi auspizj e per lunga sequela di sacerdozj, erano -affezionate le persone di grado, e per consenso i liberti -e gli schiavi; essa veniva considerata come splendido -centro della religione; i riti, i giuochi, più che trastullo, -v'erano l'occupazione e il nutrimento del vulgo; d'ogni -parte vi conveniva il fiore della gioventù, che in quella -sentina di tutte le superstizioni, come san Girolamo la -chiamava, bevea l'odio del nome cristiano ne' tempj, -nei teatri, nelle scuole. Era dunque assai che l'imperatore -alla nuova religione concedesse libertà pari -all'antica, senza avventurarsi di colpo ad un cambiamento -che avrebbe sovvertito lo Stato<a class="tag" id="tag57" href="#note57">[57]</a>: onde prepararvi -gli animi, negligentò alcuni riti nazionali; non -celebrò i giuochi secolari nel 314; i Capitolini, cui -avrebbe egli dovuto presentarsi cinto dai pontefici e -dal senato, a capo dell'esercito, non impedì, ma volse -in derisione<a class="tag" id="tag58" href="#note58">[58]</a>. -</p> - -<p> -Eppure doveano inorridire i Romani rugginosi nel -vedere il successore d'Augusto mettere a pari col pagano -il culto pur dianzi proscritto; esimere i sacerdoti -di questo dalle funzioni municipali, come quei del gentilesimo; -proibire che la domenica si lavorasse, o che -i giudici e i corpi dello Stato s'occupassero di verun -affare, salvo che dell'emancipazione de' figli o degli -schiavi. Ma Costantino non vi facea mente: e allorchè -si trovò senza colleghi nè emuli, proscrisse i giuochi -<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span> -gladiatorj, le feste scandalose; chiuse tempj, tolse alle -Vestali e ai sacerdoti profani i privilegi, concedendoli -invece al clero e ai vescovi, alle cui sentenze diede -forza quanto alle sue medesime, sminuendo in tal modo -l'autorità de' magistrati secolari; largheggiò di beni e -di denaro colle chiese<a class="tag" id="tag59" href="#note59">[59]</a>; sedeva ne' concilj, disputava -<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span> -di teologia, metteva sugli edifizj pubblici la croce, -alzava il làbaro alla testa degli eserciti, e nel campo -una cappella uffiziata da Cristiani. -</p> - -<p> -Ma non che indicesse guerra al paganesimo, conservava, -come i suoi predecessori, il titolo di sommo -pontefice, e in tale qualità fece decreti religiosi con -titoli idolatrici; con immagini di numi si lasciò scolpire -sulle medaglie; poi quando morì, sagrifizj gli furono -fatti all'antica, ascrivendolo fra gli Dei. Tanto i Gentili -erano lontani dal credere ch'egli avesse soppiantato il -culto nazionale, e dal prevedere che non tarda il trionfo -della verità, posta che sia a pari armi coll'errore. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span> -</p> - -<h2 id="cap47">CAPITOLO XLVII. -<span class="smaller">Traslazione della sede imperiale a Costantinopoli. -Costituzione del Basso Impero.</span></h2> -</div> - -<p> -Chi conosce quanta potenza sia inerente alla vista dei -luoghi, intenderà gli ostacoli che in Roma dovea trovar -Costantino alla sua deliberazione d'impiantare la nuova -politica sopra una religione nuova. Unico centro non -aveva il politeismo, che, neppure col concedere a tutti -gli Dei l'ospitalità, caratteristica degl'istituti romani, -giunse mai all'unità: pure Roma, cominciando dal suo -fondatore, racchiudeva una serie di tradizioni gentilesche, -colle quali andavano connesse le sue vittorie, -l'orgoglio de' suoi bei giorni; e sarebbesi detto che -Giove dalla rupe Capitolina minacciasse chiunque ne -violava gli altari, benchè fosse disposto a dividerne gli -onori con qualsifosse dio nuovo o rinnovato, da qualsifosse -parte del mondo giungesse a Roma col suo -bagaglio di superstizioni. Fra le quali come poteva il -buon seme attecchire? -</p> - -<p> -Ogni atto pubblico poi, giusta l'origine sacerdotale -del governo patrizio, era consacrato da cerimonie; e -Costantino si stomacò de' riti profani: popolo e patrizj -si scandolezzarono o indispettirono di vederlo vilipendere -ciò che, non più per convinzione, ma per legalità -era sacro; ed egli, non che sbigottire, deliberò staccarsi -da cotesta genìa dirazzata e pretensiva. Il senato -professava ancora che il governo del mondo fosse privilegio -d'una stirpe; laonde l'abbattere le case senatorie, -che parve il solo proposito comune a tutti gli imperatori, -venne ancor meno da frenesia di sangue che da -gelosia di dominio e da bisogno di rifornire l'erario -<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span> -colle pinguissime loro fortune. Di tal passo rimase -annichilata l'antica razza conquistatrice, a segno che, -sotto Gallieno, credeasi che delle famiglie patrizie unica -la Calfurnia sussistesse. Coll'accomunato diritto di cittadinanza -erasi surrogata una gente nuova; gl'imperatori -da eunuchi e da liberti sceglievano i confidenti ed -i ministri, i quali costituivano nuove famiglie, ricche e -potenti: equavasi il diritto a vantaggio della plebe e fin -degli schiavi. -</p> - -<p> -Ma anche scomparsi i discendenti degli Scipioni e -degli Emilj, la ricordanza d'altri tempi sopraviveva: -il Romano, dovunque si volgesse, incontrava d'altra -natura memorie sull'Aventino, al Foro, in Campidoglio, -il sangue di Virginia, l'ombra de' Gracchi, il cipiglio di -Catone, il pugnale di Bruto; nel suo orgoglio arricciavasi -dinanzi a imperadori, stranieri alle gloriose sue -rimembranze, impostigli dall'esercito, e che stavano -fuor di Roma gran tempo e fin tutta la vita. -</p> - -<p> -Sintanto che gli augusti risedevano nella metropoli, -il popolo credeva serbare ancora un residuo d'autorità -quando sotto alle finestre del palazzo o nel teatro, -coll'applauso o col sibilo, approvava o disdiceva un -fatto, una legge; quando li vedeva accattare il suo -favore con largizioni, con giuochi. Ma le condiscendenze -che gl'imperatori doveano alla maestà del senato e alla -famigliarità del popolo, repugnavano ai nuovi ordinamenti, -e a chi erasi abituato alla docile obbedienza -delle legioni e dei provinciali. Se ne emancipò Diocleziano -piantando altrove la residenza, e convertì la tenda -militare in una corte di despoto orientale, sopra l'elmo -collocando il diadema: fra i sudditi e l'imperante fu -scavato l'abisso da che a questo più non accadea bisogno -di cattivarsi la plebe, nè venerare il senato, nè -rispettare le patrie costumanze, ma gli bastava abbagliare -col fasto, imporre colla forza. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span> -</p> - -<p> -Alle provincie, avvezze a servire, non costava nulla -il piegarsi alla nuova politica, tanto più che ridondava -tutta in loro vantaggio: laonde Costantino stabilì rompere -interamente col passato, mutando la sede dell'impero -in luogo che non avesse memorie da rinfacciare, -riti da adempiere, tombe da riverire. E scelse Bisanzio, -che, sul limite dell'Europa e dell'Asia, univa alla salubrità -e all'incomparabile bellezza l'opportunità di tener -occhio sì agli irrompenti Settentrionali, sì ai minacciosi -Persiani. Rifabbricò dunque essa città, intitolandola -Costantinopoli <span class="sidenote">(329)</span>, vi improvvisò edifizj e vi trasferì la -Corte<a class="tag" id="tag60" href="#note60">[60]</a>: la nuova capitale, per riverenza all'antica, -fu intitolata colonia e prima e prediletta figlia di Roma; -e a' suoi cittadini partecipato il diritto italico. -</p> - -<p> -Ma il tempo ha un'irresistibile efficacia a fare divenir -vere le cose e repudiar le finzioni: e la nostra Roma, -sebbene conservasse il primato nominale, non fu più -la metropoli del mondo; dietro all'imperatore migrarono -magistrati, cortigiani e la folla di coloro che voleano -vivere di largizioni, o vendere l'adulazione, o -sfoggiar l'opulenza, od esercitare le arti del lusso; tornarono -verso Levante tanti capi d'arte, che alla Grecia -e all'Asia erano stati usurpati in dieci secoli di vittorie. -</p> - -<p> -Fu questa la terza trasformazione del potere di Roma; -e qui noi ci baderemo a dar conto dell'amministrazione -civile e militare, cominciata da Diocleziano, migliorata -<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span> -da Costantino, compita da' suoi successori, e che durò -per tutto quel che dicono Basso Impero. -</p> - -<p> -Per tre secoli l'imperatore non era stato che comandante -all'esercito, nè l'autorità amministrativa esercitava -altrimenti che arrogandosi le varie magistrature -con militare usurpazione. Augusto, fondato il despotismo -unicamente sulle armi e sulle finanze, avviava -alla monarchia collo spossare la democrazia: dal che -derivò un potere assoluto e precario, conturbato da -frequenti rivoluzioni, causate non più dalla plebe ma -dalla soldatesca. -</p> - -<p> -Alla sfrenatezza militare bisognava un rimedio, e lo -applicò Diocleziano coll'introdurre un'amministrazione -che tutto facesse dipendere da una volontà, da un impulso, -da un sentimento; i poteri, dianzi confusi e indeterminati, -divenissero distinti e precisi; la suddivisione -di provincie, d'eserciti, di funzioni tenesse gli uni subordinati -agli altri, e tutti all'imperatore, causando il -pericolo di soverchio ingrandimento e di subitanee -usurpazioni. -</p> - -<p> -Scorgendo quale appoggio sia al trono l'aristocrazia, -Costantino all'antica ne surrogò una che non avesse -diritti e memorie da tutelare, ma dall'imperatore traesse -e su lui riflettesse il proprio splendore. Fu essa disposta -in quattro ordini, i <i>chiarissimi</i>, i <i>rispettabili</i>, gl'<i>illustri</i>, -i <i>perfettissimi</i>, oltre i <i>nobilissimi</i> membri della -famiglia imperiale. Titolo di Chiarissimi competeva ai -senatori; a quelli tra essi che sortivansi a governare -una provincia, e a chi per grado od uffizio si elevasse -sopra gli altri, toccava del Rispettabile: Illustri erano -i consoli e patrizj, i prefetti al pretorio di Roma e di -Costantinopoli, i generali, i sette uffiziali del palazzo: -dietro a questi venivano i Perfettissimi. Mentre prima -il Romano volgeva la parola direttamente anche al capo -dello Stato, allora più non parlò che alla <i>sua maestà</i>; -<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span> -i magistrati primarj chiamava <i>serenità, eccellenza, -eminenza, gravità, sublime ed ammirabile grandezza, -illustre e magnifica altezza</i>; e l'usurpare un -titolo indebito, anche per ignoranza, dichiaravasi -sacrilegio<a class="tag" id="tag61" href="#note61">[61]</a>. -</p> - -<p> -Le porzioni di sovranità, che tradizionalmente conservavano -il popolo e le magistrature curuli, cessarono, -rimanendo unico padrone e signor delle cose l'imperatore, -unica fonte all'autorità de' magistrati<a class="tag" id="tag62" href="#note62">[62]</a>. Il -<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span> -senato, «consiglio sempiterno della repubblica dei -popoli, delle nazioni e dei re» (<span class="smcap">Cicerone</span>), era soccombuto -ai colpi replicati degl'imperatori e alle proprie -bassezze; e l'assemblea, che a Cinea era sembrata -un'accolta di re, allora spendeva lunghe adunanze in -recitare codardi vituperj agl'imperatori caduti, o codarde -apoteosi ai nuovi innalzati, e registrava ne' suoi -atti quante volte fossero stati ripetuti i viva e i riviva<a class="tag" id="tag63" href="#note63">[63]</a>. -Se i primi imperatori offrivano al senato in <i>lettere</i> o -<i>libelli</i> od <i>orazioni</i> il loro desiderio, che dal consenso -di esso acquistava forza di legge; i susseguenti fecero -di per sè <i>editti, rescritti, costituzioni</i>, le quali a metà -del <span class="smcap lowercase">III</span> secolo aveano già vigor di legge; e i padri -coscritti trovaronsi ristretti a formolare in senatoconsulti -le proposizioni fatte dall'imperatore in materie -legali, a riconoscere il nuovo augusto, e morto decretargli -altari o patibolo. Conservassero pure il laticlavo, -i calzari neri colla mezza luna d'argento, il posto -distinto agli spettacoli, la direzione d'alcune minuzie; -ma ogni ingerenza nel reggimento dell'impero, nella -cura dell'erario, nel governo delle provincie fu tolta -loro da Diocleziano. Infine non furono più che un -consiglio municipale, di giurisdizione circoscritta quasi -alle mura della città, sicchè appena si trovava chi -desiderasse appartenervi. Per ciò, e per secondare lo -spirito monarchico, quella dignità venne, almeno in -parte, ridotta ereditaria<a class="tag" id="tag64" href="#note64">[64]</a>. -</p> - -<p> -I consoli non più dal popolo e dal senato, ma erano -<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span> -eletti dal principe per propria autorità<a class="tag" id="tag65" href="#note65">[65]</a>. Inaugurati -erano là dove sedeva l'imperatore: il primo gennajo, -vestiti di porpora ricamata a seta ed oro, con ricche -gemme e col corteo dei primarj uffiziali di toga e di -spada, preceduti dai littori, andavano con gran maniere -di letizia al fôro, ove seduti sul tribunale d'avorio, -esercitavano atto di giurisdizione col manomettere uno -schiavo; davano le feste che soleansi in Roma; i nomi -e le effigie loro su tavolette d'avorio si spargeano in -dono al popolo, alle città, alle provincie, ai magistrati. -A ciò, e a dar nome all'anno riducevasi l'uffizio dei -consoli, vigliaccamente esultanti d'ottenere un onore -senza peso<a class="tag" id="tag66" href="#note66">[66]</a>. -</p> - -<p> -Il titolo di patrizio fu concesso a vita da Costantino -ad alcuni personaggi, appena inferiori ai consoli, e detti -padri adottivi dell'imperatore e della repubblica. -</p> - -<p> -I prefetti al pretorio da Severo a Diocleziano erano -primi ministri dell'impero nell'amministrazione civile -e militare: ma fiaccati, poi tolti via i pretoriani, si -trasformarono in magistrati civili. Erano quattro, uno -per l'Oriente, uno per l'Illirico, uno per le Gallie, uno -per l'Italia, al qual ultimo spettavano pure la Rezia fin -al Danubio, le isole del Mediterraneo, la provincia africana. -<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span> -Ammiano Marcellino, storico di quel tempo, non -esita a chiamarli imperatori di minor grado, giacchè -competeva ad essi l'amministrare le finanze e la giustizia, -il regolar la moneta, le strade, i granaj, il traffico -e quanto ha tratto alla pubblica prosperità; spiegare, -estendere, talvolta anche modificare gli editti generali; -vigilare sui governanti delle provincie, decidere supremamente -delle cause di maggior rilievo. -</p> - -<p> -Da essi rimanevano dissoggette Roma e Costantinopoli, -dipendendo da un prefetto ciascuna. Quel di Roma, -istituzione d'Augusto, era assistito da quindici uffiziali -nel soprantendere alla sicurezza, abbondanza e polizia -della città, uno dei quali specialmente aveva in cura le -statue. Il prefetto trasse ben presto a sè le cause già -attribuite ai pretori; poi occupò nel senato il posto -de' consoli, come presidente ordinario; a lui si recavano -gli appelli da cento miglia in giro; da esso dipendeva -l'autorità municipale. -</p> - -<p> -Pel governo civile l'impero fu distribuito in tredici -diocesi, le quali poi suddivideansi in centosedici provincie; -tre governate da proconsoli, trentasette da -consolari, cinque da correttori, settantuna da presidi. -</p> - -<p> -Quanto è specialmente dell'Italia, i successori d'Augusto -s'erano avvisati che il miglior mezzo a consolidare -la loro tirannide fosse il mozzar man mano i -diritti alla penisola, nido dell'antica libertà municipale -privilegiata. Comodo estese a tutto il mondo ciò che -era stato speciale di Roma, poi dell'Italia: pure la -penisola era rimasta esente dal tributo. Ma quando -Diocleziano la concesse al collega Massimiano, non -essendo più alimentata dalle contribuzioni altrui, dovette -sottoporsi ai pesi medesimi delle provincie, e più -mai non ne fu alleviata. -</p> - -<p> -Col fondere Osci, Sabelli, Latini nella nazionalità -romana si era dato forza e vitalità allo Stato: ma sette -<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span> -secoli vi vollero perchè l'Italia divenisse nazione, e solo -col sistema di Costantino quel nome espresse un'unità -politica, anzi più propriamente significò le contrade -superiori, l'antica Gallia Cisalpina, i paesi una volta -abitati da Veneti, Liguri, Insubri. -</p> - -<p> -Dal prefetto di Roma dipendeano dieci provincie, -chiamate suburbicarie: Campania, Etruria ed Umbria, -Piceno suburbicario, Sicilia, Apulia, Calabria, Lucania -e Bruzio, Sannio, Sardegna e Corsica, Valeria. Dal suo -vicario, la Liguria, l'Emilia, il Piceno annonario e la -Venezia, dette provincie d'Italia, cui furono poi unite -l'Istria, le alpi Cozie, le due Rezie. In appresso la prefettura -d'Italia venne divisa in due diocesi, d'Italia e -d'Africa. Nella diocesi d'Italia, l'Emilia fra il Po e l'Appennino, -la Liguria, la Venezia, il Piceno, la Flaminia -tra Modena e Rimini col litorale dell'antica Umbria, la -Campania, l'Etruria, la Sicilia erano governate da un -consolare; da correttori l'Etruria, l'Apulia, la Calabria, -la Lucania, il Bruzio; da presidi il Sannio, la Valeria, -le alpi Marittime, Pennine e Graje, le due Rezie, la -Sardegna, la Corsica. -</p> - -<p> -Proconsoli, correttori, presidi, erano varj d'attribuzioni; -tutti però amministravano e la giustizia e le -finanze in dipendenza dai prefetti, e per quanto al -principe piacesse; infliggevano pene fin capitali; il -mitigarle era serbato ai prefetti, come pure il condannare -all'esiglio. Ponevasi attenzione che nessuno fosse -natìo del paese che governava, nè vi contraesse parentele, -o comprasse schiavi e terre, volendo con ciò -ovviare gli abusi e le corruzioni; pure Costantino medesimo, -poi i successivi imperatori non rifinano di querelarsi -che tutto si venda da essi o da' loro ministri<a class="tag" id="tag67" href="#note67">[67]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span> -</p> - -<p> -Ciascuna provincia formava un corpo politico, rappresentato -dall'assemblea generale, che una volta l'anno -o per occasioni straordinarie, concedente il prefetto del -pretorio, radunavasi nel capoluogo, intervenendovi gli -onorati, i curiali e possessori liberi. Questa dieta provinciale -potea far decreti, spedire messi al principe, -anche malgrado del vicario, del preside o del prefetto -al pretorio<a class="tag" id="tag68" href="#note68">[68]</a>. -</p> - -<p> -Si trasformano dunque i magistrati all'antica in impiegati -alla moderna, gli uffiziali della patria in servitori -del principe. Sotto i re, essi magistrati rimanevano -sottoposti al capo dello Stato: nella repubblica, ciascuno -aveva un'autorità sovrana entro la sfera d'attività a lui -<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span> -competente, e poteva fare opposizione al collega o ai -funzionarj inferiori, sempre esposto ad una responsalità -reale e terribile: or eccoli connessi in un'assoluta -gerarchia. Nella repubblica, ed anche sotto i primi -imperatori, le insegne della dignità accompagnavano il -magistrato soltanto in uffizio; fuor di quello, console, -pretore, imperatore non avevano altro corteggio o -servitù che i liberti, i clienti, gli schiavi proprj: ma -cogli innovamenti di Diocleziano, il palazzo, la tavola, -lo sfarzo, il numeroso codazzo posero immensurabile -distanza fra il monarca ed i sudditi. -</p> - -<p> -Già prima il titolo di <i>onorato</i> distingueva chi avesse -sostenuta alcuna dignità nell'impero, o cui il principe -avesse concesso trionfi od onorificenze: al perdersi -delle altre distinzioni, tutti ambirono questa, e l'imperatore -la largì a chiunque prestasse alcun servizio alla -sua persona; merito più rilevante che il giovare allo -Stato. Pertanto gli uffizj dapprima affidati a schiavi, il -tagliare avanti, il servire alla coppa, fin le <i>prestazioni -sordide</i>, erano ambite da gran signori, non tanto per -gli stipendj, quanto per le esenzioni ond'erano privilegiate; -perocchè gli Onorati restavano ascritti al senato -senza subirne i pesi, e dopo servito dieci o quindici -anni, andavano sciolti da ogni vincolo che per nascita -li legasse alla curia o ad alcuna corporazione. Per -<i>codicilli onorarj</i> poi si concedevano talvolta i titoli a -persone che mai non avevano servito, nè tampoco -veduto il principe, tanto per godere l'esenzione, od -almeno usar le insegne della nominale dignità. -</p> - -<p> -A fianco dell'imperatore stavano sette uffiziali, consiglieri -privati, e custodi della persona, della casa, del -tesoro. Un eunuco, gran ciambellano (<i>præfectus sacri -cubiculi</i>), mai non distaccavasi dal principe, fosse agli -affari o alle ricreazioni, prestandogli i più umili servigi, -e avendo così mille occasioni d'insinuarsegli nelle grazie -<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span> -e di regolarne i favori. Da quello dipendevano i Conti -della mensa e della guardaroba. Il maestro degli uffizj, -ministro di Stato, dirigeva gli affari pubblici, e nessun -richiamo di suddito giungeva al principe se non attraverso -a quattro uffizj, uno dei quali riceveva i memoriali, -l'altro le lettere, il terzo le domande, il quarto la -corrispondenza varia. Davano spaccio agli esibiti cenquarantotto -segretarj, per lo più legali, e preseduti da -quattro maestri. -</p> - -<p> -Al maestro degli uffizj sottostavano alcune centinaja -di messaggeri, che, col favore delle buone strade e -delle poste, dalla capitale fin alle provincie estreme -recavano gli editti, le vittorie degl'imperatori, il nome -de' consoli; e che acquistarono importanza col riferire -quanto raccogliessero sulle condizioni del paese e sui -portamenti de' magistrati e de' cittadini. Crebbero costoro -fin a diecimila, a proporzione della debolezza -della corte o del timore di ribellioni; e divennero gravosi -al popolo pel modo con cui esigevano il servizio -delle poste, e perchè favorivano o perseguitavano (stile -dei delatori) chi sapeva o no tenerseli amici. -</p> - -<p> -Divenuta imperiale la podestà, tolta l'aristocrazia -delle famiglie, accomunata la cittadinanza, cambiasi -pure la procedura giudiziale: non occorrono più magistrati -patrizj che dicano il diritto; senatori, cavalieri, -plebe non lottano più per essere ammessi nella lista -de' giudici; non più le decurie sono annualmente elette -nel fôro ed esposte al pubblico: nè il cliente sceglie -il magistrato, nè i cittadini il giudice sopra la lista -annuale. La giustizia emana dal trono: il rettore di -ciascuna provincia o il vicario suo; il prefetto del pretorio -in appello come rappresentante dell'imperatore; -l'imperatore stesso per supremo ricorso, costituiscono -l'alto organamento giudiziario: l'inferiore i magistrati -locali di ciascuna città con giurisdizione limitata: alcuni -<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span> -agenti speciali per le cause fiscali: una distinta giurisdizione -militare, e la ecclesiastica de' vescovi. Più non -sono separati lo <i>jus</i> dal <i>judicium</i>; più non si sceglie -il giudice, e si redige la formola a ciascuna causa. -L'attore cita il reo davanti l'autorità competente, mediante -un atto; il magistrato gliene fa l'intimazione per -mezzo d'un usciere, giudica la causa e nel fatto e nel -diritto. Questa procedura, in origine introdotta come -straordinaria, allora divenne generale. -</p> - -<p> -Finchè i giudizj emanavano direttamente dal popolo, -ovvero dal pretore eletto da esso, non rimaneva luogo -ad appello, sovrana essendo quell'autorità. Commessi -a magistrati eletti senza concorso di questa e subordinati, -era naturale che ne venisse quella graduazione, -per cui i giudizj dell'uno erano riveduti dal superiore, -e infin dall'augusto. La cooperazione dei giudici ne -spiega in qual modo nell'immensa Roma due pretori -potessero risolvere i dissidj di cittadini e forestieri: ma -aboliti quelli, come bastare? Già, durante la repubblica, -i pretori teneansi allato dei giureconsulti per consiglio; -poi gl'imperatori ne assunsero un collegio (<i>consistorium</i>), -che decidesse i punti di diritto portatigli in -ultima appellazione. -</p> - -<p> -Essendo la salute dell'impero suprema legge, bastava -che uno di questi delatori imputasse di tradimento -qualche cittadino, perchè tosto venisse tradotto in catene -a Milano, a Roma, a Costantinopoli, e quivi giudicato -con metodi estralegali, e massime colla tortura. Questa -erasi fin allora in Roma serbata agli schiavi: ma i -magistrati, che nelle provincie la trovavano già consueta, -ne continuarono l'uso, e guari non andò che -l'applicarono anche a cittadini romani. Furono dunque -chieste eccezioni, e concedute a favore degli Illustri e -degli Onorati, del clero, de' soldati e casa loro, de' professori -d'arti liberali, dei magistrati municipali e loro -<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span> -discendenza fin al terzo grado, e degli impuberi: le -quali esenzioni venivano a confermare quell'iniquità -ad aggravio degli altri. Siccome poi i giureconsulti -definirono, nei casi di Stato, potersi trascendere il -diritto, perciò in quelli la tortura applicavasi indistintamente -a rei, a complici, a testimonj. -</p> - -<p> -Lo studio delle leggi restava incoraggiato come scala -alle magistrature civili. Tutte le città ragguardevoli -n'aveano scuole, dove rimasti cinque anni, i giovani -cercavano ricchezza ed onori col dibattere sopra le innumerevoli -cause private, o coll'iniziarsi agli impieghi, -abbondantissimi, e nei quali il merito o l'abilità o la -pieghevolezza potevano condurre sino a divenire Illustri. -Questo sciame che strepitava pei tribunali, o strisciava -alla corte, o traforavasi nelle case private ad azzeccare -litigi e trafficar di cavilli, divenne nuova peste dell'impero, -e degradò la nobile giurisprudenza fino all'abjettezza -de' mozzorecchi. -</p> - -<p> -Degli antichi questori un solo rimase, non più incaricato -dell'erario, ma di comporre orazioni ed epistole -a nome dell'imperatore, e leggerle in senato. E poichè -quelle presero la forza, poi anche la forma di editti, -il questore equivalse al moderno grancancelliere, rappresentante -del potere legislativo, fonte della civile -giurisprudenza. Talora sedeva a suprema giudicatura -nel gabinetto imperiale coi prefetti del pretorio e col -maestro degli uffizj, o scioglieva i dubbj dei giudici -inferiori; oltrechè, per servizio dell'imperatore e per -modello uffiziale di stile, coltivava quel gergo pomposo -e barbarico che acquistava nome d'eloquenza. Come -giudice delegato proferiva egli talvolta di casi riservati -all'imperatore; talaltra consultavansi i due senati, come -alle corti di giustizia. -</p> - -<p> -Da un ministro del fisco (<i>comes rerum privatarum</i>) -amministravasi il tesoro particolare dell'imperatore, -<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span> -costituito dai patrimonj dei re e delle repubbliche -sottoposte, da quei delle varie famiglie venute al trono, -e dalle confische. Le entrate pubbliche furono maneggiate -da un Conte delle sacre largizioni, che centinaia di -persone occupava in undici uffizj per fare e riscontrare -i conti. Le zecche, le miniere, gli erarj deposti nelle -diverse città dipendevano dal tesoriere, che corrispondeva -co' ventinove ricevitori provinciali, regolava il -commercio esterno, dirigeva le manifatture del lino e -della lana, esercitate da schiavi per uso della corte e -dell'esercito. -</p> - -<p> -La distinzione fra l'erario militare e il fisco disparve -in diritto dacchè l'imperatore potea disporre liberamente -di tutte le casse: pure si lasciarono separati -l'<i>erario sacro</i>, che riceveva le imposte pubbliche, il -<i>privato</i> che riceveva le rendite particolari del principe, -e quello <i>di prefettura</i> per le entrate che si destinavano -specialmente all'esercito. Le pubbliche consistevano -ne' possessi imperiali, nelle contribuzioni dirette, nelle -indirette, e in frutti eventuali, oltre i dominj del fisco: -ma qui ci si affaccia la peggior piaga de' popoli nel -Basso Impero. -</p> - -<p> -Ciascun patrimonio veniva esattamente descritto, con -la misura dei terreni, il numero degli schiavi e del -bestiame, adequandone il valore per ogni jugero sopra -giuramento del proprietario: al quale l'usar frode sarebbesi -imputato come sacrilegio ed offesa maestà<a class="tag" id="tag69" href="#note69">[69]</a>. -<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span> -Censo vizioso che ad ogni mutar di possesso sarebbe -convenuto rifare; laonde ne faceano lor pro i ricchi, -vendendo gli sterili per comprar terreni feraci: dal -che richiami incessanti, e visite, e riforme. -</p> - -<p> -Ad ogni jugero della stessa categoria era imposto -un eguale tributo in denari e in derrate. Ma al tempo -di Costantino il tributo fondiario si esigeva per <i>capi</i>, -intitolandosi così un complesso di terreni, varj d'estensione, -ma stimati di rendita eguale, e perciò d'egual -valore. Questo valore era di mille <i>aurei</i>, lo perchè un -capo dicevasi anche <i>millena</i>; e da tale unità tassabile -venne il nome di capitazione<a class="tag" id="tag70" href="#note70">[70]</a>. La capitazione -personale colpiva i nulla aventi. Al censo venivano -proporzionate altre gravezze o straordinarie, o canoniche, -o sordide, o d'altra categoria. -</p> - -<p> -Era dunque lo stesso <i>tributum ex censu</i> dei tempi -repubblicani: ma un decreto (<i>indictio</i>) del principe -determinava ogn'anno la quantità e qualità delle imposizioni; -e se al bisogno non bastasse, imponevasi una -<i>superindizione</i>: alle straordinarie occorrenze potevano -supplire fin i prefetti del pretorio, sovrintendenti alle -finanze. Il tributo ripartivasi sul luogo, vigilando il -preside della provincia, e intervenendovi i Difensori -della città. Pagavasi in tre rate, nelle mani de' ricevitori -del preside; il quale ogni quattro mesi trasmetteva al -tesoriere della provincia la lista delle somme percette, -e questo al conte delle largizioni. La più parte si pagava -in denaro, anzi in oro; il resto coi generi che il terreno -dava, i quali, a spese de' provinciali, erano spediti nei -<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span> -pubblici magazzini, donde si distribuivano alla Corte, -all'esercito, alla plebe di Roma e di Costantinopoli. -</p> - -<p> -Che se riescono sempre malvedute le incumbenze -de' finanzieri, viepiù allora quando con sì largo arbitrio -si esercitavano, e smungevasi il popolo con sovrimposte -e anticipazioni accumulate, non impedite da verun corpo -dello Stato. L'esazione sotto Galerio offriva a Lattanzio -l'immagine della guerra e della cattività: «Misurar -terre, numerare viti e alberi, registrare gli animali -d'ogni razza, il nome di tutte le persone, non distinguendo -contadini da borghesi: ognuno accorreva con -figli e schiavi, e lo scudiscio faceva l'uffizio suo: per -forza di torture costringevansi i figliuoli ad attestare -contro il padre, gli schiavi contro i padroni, le donne -contro i mariti: se mancassero prove, mettevansi alla -corda i padri, i padroni, i mariti, per farli deporre -contro se stessi; e quando il dolore avesse loro strappato -di bocca alcuna confessione, questa si tenea per -vera, nè età o malattia valeva di scusa: faceansi recare -infermi e malati, e si fissavano gli anni di ciascuno, -aggiungendone ai fanciulli, detraendone ai vecchi; poichè -pagavasi un tanto per testa, e a denaro si comprava -la libertà del respirare... Fra ciò gli animali -perivano? perivano gli uomini? tassavasi ciò che più -non esisteva, in modo che nè vivere nè morire si potea -gratuitamente: pur beati i mendichi, che restavano -esenti da tali violenze. Galerio, mostrandone pietà, li -fece imbarcare, con ordine che, quando fossero in alto, -venissero gettati al mare: egregio spediente per nettare -dalla mendicità l'impero! e acciocchè, sotto pretesto -di povertà, nessuno si esimesse dal censo, far -perire un'infinità di poveretti!» -</p> - -<p> -Nè meno della capitazione gravava la <i>collazione -lustrale</i>, che ogni quinto anno esigevasi dai trafficanti. — Il -tempo in cui essa matura (dicea Libanio davanti -<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span> -ad un imperatore), cresce il numero degli schiavi; e -dai padri vendonsi i figli, non per riporne il prezzo, -ma per darlo agli esattori». E Zosimo: — Quando -torna il tempo della collazione lustrale, allora pianti e -guaj per tutta la città; vedesi con battiture ed altri -strazj tormentar chi per povertà non può sborsare la -tassa; madri vendono i figliuoli, padri menano le figlie -al postribolo per procacciarsi di che soddisfare l'esattore»<a class="tag" id="tag71" href="#note71">[71]</a>. -Costantino proibì quelle torture, surrogandovi -una cortese prigionia: gli eredi dovevano spegnere -il debito del defunto al fisco, o abbandonare l'eredità. -</p> - -<p> -I contribuenti erano inoltre tenuti a molte prestazioni -personali, come cuocere il pane, la calcina, trasportare -i generi ai magazzini o all'esercito, servire di -cavalli le poste. I senatori e gli ottimati delle provincie -pagavano un tributo speciale (<i>follis</i>) sulle loro -sostanze, e una tassa qualora venissero promossi ad una -carica<a class="tag" id="tag72" href="#note72">[72]</a>. I donativi spontanei che davano le città a -trionfanti o a benemeriti, per lo più in corone d'oro, -ben presto furono tenuti come un dovere verso il -principe quando salisse al trono, menasse moglie, avesse -figliuoli, guidasse trionfi. I senatori a quest'<i>oro coronario</i> -surrogavano un'offerta di mille seicento libbre -d'oro<a class="tag" id="tag73" href="#note73">[73]</a>. -</p> - -<p> -Sull'entrata, l'uscita, il transito, il consumo pesavano -gabelle: fors'anche pagavano le merci nel passare da -una all'altra diocesi, poichè dell'entrate di ciascuna -assumevano l'appalto distinte società di pubblicani. Era -speciale dell'Italia il dazio di consumo della vigesimaquinta -e della centesima, che oggi diremmo del quattro -<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span> -e dell'uno per cento. Poi si pagava su quanto si portasse -in viaggio, poi per mantenere le vie; sicchè dappertutto -erano guardie e stradieri, le cui concussioni -mal potevano esser frenate dal minaccioso rigore delle -leggi. -</p> - -<p> -Le arti tiranniche degli esattori ci sono legalmente -attestate dall'imperatore Valentiniano. — Appena l'esattore -giunge nella sbigottita provincia, circondato da -fabbri di calunnie, inorgoglisce dei sontuosi ossequj, -chiede l'appoggio delle autorità provinciali, talora aggiunge -a sè anche le scuole, acciocchè, moltiplicato il -numero degli uomini e degli uffizj, il terrore estorca -quanto piaccia all'avidità. Comincia egli dall'addurre e -svolgere terribili comandi sopra molteplici decreti; -presenta caligini di minute supputazioni, confuse con -inesplicabile oscurità, che, fra gli uomini ignari delle -tranellerie, più fanno effetto quanto meno possono intendersi. -Domanda le quietanze distrutte dal tempo, -non conservate dalla semplicità e fiducia dello sdebitato: -e se perirono, coglie occasione di predare; se vi sono, -bisogna pagare acciocchè valgano: talchè presso quel -malvagio arbitro la carta perita nuoce, la conservata -non giova. Da ciò innumerevoli guaj, dura prigionia, -crudele tortura e tutti i martorj preparati dall'esattore -ostinato nelle crudeltà. Il palatino, complice de' furti, -esorta; incalzano i turbolenti uscieri; sovrasta la spietata -esecuzione militare: nè questa ribalderia, usata su -cittadini come su nemici, termina per giustizia di prove -o per compassione»<a class="tag" id="tag74" href="#note74">[74]</a>. -</p> - -<p> -Le passate turbolenze e i tanti usurpatori aveano -chiarito come fosse pericoloso l'unire ne' governatori -delle provincie la giustizia e l'amministrazione col -comando militare; laonde Costantino li separò. La suprema -<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span> -ispezione sugli eserciti fu commessa ad un maestro -generale per la fanteria, uno per la cavalleria: poi -n'ebbe uno a ciascuna delle frontiere più minacciate, -sul Reno, sull'alto e basso Danubio, sull'Eufrate: in fine -diventarono otto. Sotto di essi erano disposti trentacinque -duci, distinti tutti col cingolo d'oro; a dieci era -concesso il titolo di <i>comiti</i>, ossia compagni più onorevoli; -ed oltre il soldo, ricevevano onde mantenere -cennovanta servi e cencinquantotto cavalli. Essi non -doveano brigarsi dell'amministrazione civile, nè i magistrati -del loro comando: il che assicurò la quiete -interna, togliendo il despotismo militare, unico ed infelicissimo -avanzo della democrazia. -</p> - -<p> -La milizia fu ridotta ad una specie di tributo, giacchè -i senatori, gli Onorati, i sacerdoti del gentilesimo, e -i principali decurioni furono obbligati somministrare -un prefisso numero di soldati, o in cambio trenta o -trentasei soldi d'oro per uomo. Tale somma attesta -quanto fossero scarsi i volontarj; e malgrado le grosse -paghe e i ripetuti donativi, la milizia era aborrita tanto, -che molti per sottrarsene si mozzavano le dita; e quantunque -fosse appiccinita la misura pei coscritti, e s'ammettessero -anche schiavi, pure, se vollero empiere le -file, gl'imperatori dovettero concedere terre immuni e -inalienabili ai veterani, col patto feudale che i loro -figliuoli, giunti a età virile, dessero il nome all'esercito, -se no perdessero l'onore, il fondo ed anche la vita<a class="tag" id="tag75" href="#note75">[75]</a>. -</p> - -<p> -Le ripetute severissime minaccie non rattenevano -dal disertare ai Barbari, o favorirne le correrie; nè -dal soperchiare i sudditi, mandando i cavalli a pascolo -sull'altrui fondo, o mescolandosi d'affari civili; nè induceano -i veterani ad occuparsi nel mercimonio o coltivare -<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span> -le terre concesse. Si dovette anche ricorrere ad -ausiliarj stranieri, arrolando Goti e Alemanni, e sollevandoli -ai gradi della milizia, donde ai civili, e perfino -al consolato: lo che sempre più sviliva le magistrature -curuli. -</p> - -<p> -La legione fu ridotta da seimila a mille o millecinquecento -guerrieri, separandone, come pare, la cavalleria; -il che, se scemò la robustezza, crebbe la mobilità, -assomigliandola ai reggimenti nostri. Centrentadue -legioni allora componeano l'esercito romano; e sembra -fra tutto si armassero seicentoquarantacinquemila -uomini, sullo spazio stesso dove in piena quiete ora ne -stanno in armi più di due milioni. Li dicono necessarj -alla pace! -</p> - -<p> -La guardia del principe era fatta da tremilacinquecento -domestici<a class="tag" id="tag76" href="#note76">[76]</a>, distribuiti in sette scuole, e comandati -da due conti. Splendidamente divisati con armi -d'oro e d'argento, fra essi cernivansi due compagnie di -cavalli e fanti, detti dei <i>protettori</i>. Facevano la scolta -negli appartamenti interni; andavano nelle provincie -quando abbisognasse dar pronta e vigorosa esecuzione -agli ordini imperiali; e l'esser messo fra questi era la -più elevata speranza del guerriero. -</p> - -<p> -I sudditi liberi dell'impero si dividevano in tre classi: -abitanti delle due metropoli, abitanti delle città provinciali, -e campagnuoli. I primi, sebbene assoggettati alle -medesime imposizioni, erano però vantaggiati da privilegi, -e dalle distribuzioni del grano, spedito per obbligo -dalle provincie, a cura d'un preside particolare -(<i>præfectus annonæ</i>). -</p> - -<p> -Gli abitanti delle città provinciali cessarono d'esser -divisi in cittadini, socj e sudditi quando Caracalla, accomunata -la cittadinanza, tutti eguagliò nella soggezione -<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span> -all'imperatore. Allora vi troviamo senatori, curiali o -decurioni, e plebe. I senatori erano ombre dell'ombra -di senato che sopraviveva a Costantinopoli e a Roma; -quell'onorificenza di puro nome ricevendo dagl'imperatori -per avere sostenuto cariche insigni, e che infine -diventò comune ai maggiori possidenti. Poteano esser -giudicati soltanto da un tribunale particolare, non richiesti -alla tortura, nè obbligati alle cariche municipali: -vantaggi che pagavano con una speciale imposizione, e -con contributi straordinarj in caso di bisogno<a class="tag" id="tag77" href="#note77">[77]</a>. I -possessori, fossero originarj (<i>municipes</i>) od avveniticci -(<i>incolæ</i>), formavano i decurioni o curiali; e poichè -doveano spendere e denaro e tempo nelle pubbliche -cure, le leggi municipali determinavano qual facoltà -dovessero possedere. Nel II secolo, da un curiale di -Como esigevansi centomila sesterzj, cioè da diciannove -a ventimila lire; nel 342, Costanzo II obbligava alla -curia d'Antiochia chi possedesse venticinque jugeri di -terreno; nel 435, Valentiniano III quei che avessero -trecento soldi d'oro, che potevano contarsi per quattromila -cinquecento lire: tant'erasi avvilita quella dignità, -in prima ambita e con suntuose largizioni procacciata. -Le iscrizioni accennano anche un ordine equestre, forse -de' membri di certi collegi. -</p> - -<p> -Nella plebe si riducevano i minori possidenti, artieri, -mercadanti, esclusi dall'amministrazione urbana (<i>jus -honorum</i>); era distribuita in varie maestranze; del resto -faziosa, tremante o minaccevole, attenta ad ogni occasione -di saccheggi e di violenze. -</p> - -<p> -Alla campagna stavano o proprietarj liberi, o coloni, -o schiavi. Di questi ultimi non faremo parola più che -<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span> -di animali domestici. I coloni, di mezzo fra liberi e -schiavi, erano avvinti al terreno che coltivavano, in -modo che con esso erano venduti e divisi, benchè una -legge pietosa vietasse di separare i membri della stessa -famiglia<a class="tag" id="tag78" href="#note78">[78]</a>. Erano dunque un avviamento ad abolire -la schiavitù; e mentre verun cenno ne fanno i giurisprudenti -classici, frequente si trovano menzionati dopo -Costantino. Donde provennero? chi li crede imitati da -ciò che si vedeva nelle nazioni germaniche; chi derivati -dalle colonie barbare trapiantate nell'impero: più probabilmente -germogliarono dall'antica forma dei possessi, -quando Vespasiano e Tito chiamando al fisco i -beni comunali, su cui aveano diritto gli abitanti di -ciascun cantone, e Costantino applicandoli al culto cristiano, -ridussero gran parte de' possessori a miseria, -ed a vendere il proprio patrimonio, o lavorarlo a titolo -di coloni<a class="tag" id="tag79" href="#note79">[79]</a>. -</p> - -<p> -Obbligati a vivere e morire sul suolo ove nasceano, -trovavansi del resto liberi di loro persona; e perciò il -diritto li annovera tra gl'ingenui, e ne fa legittime le -nozze; ma insieme li chiama servi della gleba; nè -contro del padrone poteano stare in giudizio, salvo si -discutesse della propria condizione. Ad esso retribuivano -in denaro o in natura un canone impreteribile, al -fisco l'imposizione; col rimanente viveano, e risparmiando -poteano comprar beni, dei quali però l'alto -dominio restava al padrone. Condizione peggiore dello -schiavo in quanto non potevano essere affrancati, non -disgiunti dal suolo, nè tampoco emanciparsi coll'entrare -ecclesiastici o militari<a class="tag" id="tag80" href="#note80">[80]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span> -</p> - -<p> -Colle traversie pubbliche ne crebbe il numero e peggiorò -la condizione, scomparendo la classe tanto utile -de' liberi coltivatori e de' minuti possidenti. Chi non -potesse soffrire la perdita della libertà, rifuggiva nelle -città a nuove miserie: altri, oppressi da crudeli -padroni o dall'ingordo fisco, rompevano ad aperte -ribellioni. -</p> - -<p> -Questa causa s'univa alle anzidette per aumentare i -terreni abbandonati. Gl'imperatori fecero esente da -tributi chi gli occupasse; li distribuivano anche fra i -possessori di buone campagne, minacciando privarli di -queste se quelli trascurassero: provvedimenti vessatorj, -che a niun bene riuscivano perchè non toccavano la -radice del male. All'uopo stesso fu introdotta l'enfiteusi, -contratto pel quale, mediante un canone statuito, assegnavasi -un fondo a coltivare per un certo tempo od in -perpetuo. Prima fu praticato solo con terreni del fisco -o del municipio; dappoi anche coi privati, allorchè -questi possedettero intere provincie. -</p> - -<p> -Prima di Giulio Cesare, ciascun municipio costituiva -una repubblica indipendente, associata alla romana, cui -contribuiva un contingente determinato, e ne ricevea -protezione; partecipava ad alcuni impieghi, e ne comunicava -la capacità ai Romani entro le sue mura; del -resto avea leggi proprie, magistrati elettivi, libera amministrazione -degli interni affari. Intera dunque la -<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span> -libertà civile e la comunale; soltanto la libertà politica -era legata dal patto federale. -</p> - -<p> -Ma talora il municipio o per forza o di voglia adottava -le leggi civili romane, e in tal caso entrava fra i -popoli detti <i>fundi</i>. Sotto l'impero, la condizione di fundi -diviene generale, adottandosi dappertutto il diritto civile -romano come condizione della cittadinanza, formandosi -così l'unità giuridica, mentre gl'Italici non aveano chiesto -che l'accomunamento del diritto politico. Allora tutte le -colonie latine divennero municipj; ed essendo caduto -in dissuetudine il diritto di suffragio, municipio significò -una città abitata da cittadini romani, qual che ne fosse -l'origine. -</p> - -<p> -Tutto ciò effettuossi colla <i>lex julia</i><a class="tag" id="tag81" href="#note81">[81]</a> o poco dopo: -e in conseguenza Roma non fu più soltanto una repubblica -sostenuta da repubbliche, ma la metropoli d'un -grand'impero, di cui l'Italia era la provincia principale. -Ma a farla vera monarchia si opponeva il carattere del -diritto pubblico e privato di Roma, municipale per -essenza, come di quasi tutte le antiche città italiche: -onde fu mestieri riformare il modo della libertà municipale -in Italia, per armonizzarla colla politica imperiale -e coll'accentrata uniformità. -</p> - -<p> -Come in Roma i soli cittadini di ottimo diritto erano -partecipi della sovranità, cioè potevano render suffragio -in una tribù e sostenere le magistrature, così nelle città -i decurioni. Non che in pratica, neppure nelle filosofiche -speculazioni si conosceva il sistema della rappresentanza, -che fa partecipare al governo effettivo i sudditi, per -quanto discosti. La riforma di Cesare rese possibile ad -Augusto di risparmiare ai cittadini lontani il disagio di -<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span> -recarsi fin a Roma a rendere i voti, imponendo di -raccoglierli ne' particolari comizj, indi spedirli alla metropoli. -Questo diritto egli limitò ai municipj, sotto il -qual nome vennero intesi non più tutti i cittadini, ma -puramente i decurioni. Il senato di questi (<i>ordo, curia</i>) -insieme coi magistrati amministrava la città; ma non -che la curia fosse contrappeso ai magistrati, unicamente -da essa sceglievansi. Questi potevano presentare i proprj -successori; ma poichè ciò li rendeva garanti dell'amministrazione -del surrogato, guardavanlo come un peso, -e le più volte ne abbandonavano la scelta al governatore -della provincia<a class="tag" id="tag82" href="#note82">[82]</a>. -</p> - -<p> -Prima magistratura della città erano i due o i quattro -giuridici (<i>duumviri, quatuorviri jure dicundo</i>), equivalenti -ai consoli di Roma innanzi che avessero divisa -l'autorità coi pretori. Annui, soprintendevano all'amministrazione, -presedevano il senato municipale, ed esercitavano -la giurisdizione entro certi limiti, di là dai -quali le cause portavansi al magistrato. Col crescere -dell'imperatoria, scemò l'autorità dei corpi municipali; -fu tenuto per concessione graziosa quel che era diritto -anteriore alla conquista; e i duumviri scaddero fra -gl'impiegati inferiori, senza più nè imperio nè potestà -nè tribunale. In fine cessarono, e alla curia e all'amministrazione -degli affari municipali presedeva il primo -decurione (<i>principalis</i>) per tutta la vita o almeno per -quindici anni, senza giurisdizione perchè non era un -magistrato, ma solo il decano del collegio<a class="tag" id="tag83" href="#note83">[83]</a>. Così il -<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span> -despotismo imperiale insinuava le forme monarchiche -perfino nella costituzione delle curie. -</p> - -<p> -I Comuni dunque conservavano la sovranità municipale, -ma non aveano alcuno schermo costituzionale -contro il potere assoluto. -</p> - -<p> -Al vedere l'ordinamento delle curie, ov'è scritto nell'<i>album</i> -chiunque abbia capacità e certi possessi, senza -privilegi di nascita o limite di numero; ove gli imperatori -raccomandano di non sollevare al duumvirato se -non grado a grado<a class="tag" id="tag84" href="#note84">[84]</a>, siccome al sacerdozio; ove la -curia stessa prende parte immediata agli affari della -città, elegge i magistrati suoi, convoca all'uopo tutti gli -abitanti, fa decreti che spedisce direttamente, senza che -il prefetto possa altro che accompagnarli d'informazioni, -voi credereste aver sottocchi altrettante repubbliche, -democratiche affatto, la cui opposizione impedisca o -turbi le violenze de' lontani dominatori. Apparenza e -null'altro. -</p> - -<p> -Ogn'atto delle curie poteva essere cassato dal principe; -il rettore della provincia annullava a volontà l'elezione -dei magistrati; quando poi la centralità imperiale spense -ogni pubblica vita, l'ordine de' decurioni cadde nell'ultimo -avvilimento. Perocchè nella difficoltà di esigere le esorbitanti -imposte, gl'imperatori obbligarono i decurioni -a riscuoterle, e star garanti di quelle della comunità -coi beni e colla persona propria, come pure a rispondere -della propria amministrazione, e di quella degli -uffiziali dipendenti da essi. Da un debitore del fisco -erano abbandonati i campi? la curia era tenuta a -<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span> -pagarne i carichi, trovasse o no a chi venderli. Erano -dunque i decurioni ridotti ad agenti gratuiti e vittime -del despotismo, e coll'aumentare de' bisogni dell'impero, -la carica ne divenne insopportabile; mentre l'assodarsi -della monarchia scemava e l'autorità e la riverenza -de' municipj. Costantino e i successori suoi, esentando -molti dalle cariche municipali, le facevano pesare viepiù -sui restanti, e togliendo a molte città i lauti patrimonj -per applicarli alle chiese cristiane, resero impossibile -il sostenere le spese. Aggiungete che i curiali senza figli -poteano disporre solo un quarto de' loro beni, cadendo -il resto alla curia; dal municipio non potevano allontanarsi -senza permissione del governatore della provincia; -sopra di essi pesava la speciale oblazione -dell'oro: di modo che trovavansi esposti alle sempre -crescenti avidità dell'erario, alle prepotenze dei Barbari -che soprarrivavano, all'esecrazione dei cittadini, che li -riguardavano come implacabili riscossori. -</p> - -<p> -Bisognò dunque ristorarli di nuovi privilegi: cadendo -in miseria, fossero nutriti a spese del municipio; se -sani e salvi uscissero dal giro di tutte le cariche municipali, -se n'intendessero dispensati per l'avvenire; fossero -anche decorati col titolo di conte. Poi s'apposero -rimedj agli artifizj onde si declinava questa penosa -onorificenza; Trajano proibì di spender denaro per -esimersene; ogni figlio di decurione dovesse restar -curiale; entrarvi chi acquistasse fino a venticinque -jugeri; nessuno potesse vendere il terreno che gli conferiva -quell'oneroso diritto; nessuno ottenere uffizio di -corte se prima non avesse adempito a que' carichi. Per -sottrarsi, il decurione arrolavasi all'esercito? la legge -lo strappava agli stendardi; davasi schiavo? la legge il -ritornava libero per empiere la curia; gli spurj, gli -Ebrei, i nati da padre servo e donna libera, il guerriero -vile, il prete scostumato erano condannati a farsi -<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span> -decurioni<a class="tag" id="tag85" href="#note85">[85]</a>. Questi erano i padri della patria; questi -i puntelli delle municipali franchigie. -</p> - -<p> -L'eccesso dei mali portato dal pervertimento delle -curie fece, dopo il 365, introdurre sindaci (<i>defensores</i>), -eletti dall'intera città per tutelare i contribuenti contro -le pretensioni della curia, e questa contro gli uffiziali -dell'impero<a class="tag" id="tag86" href="#note86">[86]</a>. Nelle cause criminali istruivano essi -il processo, nelle civili giudicavano fino all'ammontare -di trecento soldi, e da loro davasi appello ai governatori. -Ne crebbe l'importanza quando, più esigendosi dai -Comuni, più bisognava a questi concedere; e quando, -oppressi i decurioni, non si poteva usufruttare che la -plebe. Stranio da prima alla curia, il Difensore finì per -diventarne capo: sinchè, cadendo a fasci l'amministrazione, -il clero s'insinuò nelle curie, e il vescovo assunse -l'uffizio del Difensore. -</p> - -<p> -Nella giurisdizione volontaria alcuni atti solenni dell'antico -diritto, come le <i>vindiciæ</i> con tutte le loro -applicazioni del manomettere, adottare, emancipare, -<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span> -rimanevano ai magistrati del principe, nè comunicavansi -ai municipali. Altri di forma nuova furono introdotti -dagli imperatori, quando si cominciò a distendere -protocolli d'ogni cosa; e secondo lo statuto di Onorio, -gli alti doveansi erigere davanti ad un magistrato o al -difensore, a tre <i>principali</i> e ad uno scrivano (<i>exceptor</i>); -e consistevano in un dialogo fra il primario attore e il -magistrato. I testamenti sarebbero dovuti aprirsi solennemente -alla presenza del governatore della provincia; -ma per agevolezza alcuna volta si leggevano nella curia. -</p> - -<p> -Le città nostre conservavano l'antico diritto italico, -che la giustizia fosse resa dai cittadini stessi, almeno -in materia civile e per la prima istanza. Il magistrato -istruiva il processo, determinava il principio di diritto -applicabile al caso, e rendeva una decisione condizionata: -allora un giurato (<i>judex</i>), scelto ciascuna volta e -di privata condizione, ponderava il fatto, e lo metteva -in relazione col principio dottrinale esibitogli dal magistrato; -dal quale accordo usciva il giudizio deliberativo. -Quest'ordine di <i>giudizj privati</i> cadde sotto gl'imperatori, -come dicemmo, e i magistrati pronunziavano -d'alcuni affari senza assistenza di giudici (<i>extraordinariæ -cognitiones</i>). La quale procedura straordinaria fu -poi da Diocleziano abolita in alcune provincie, in altre -dileguò, rimanendo la giurisdizione ai governatori, -salvo l'appello. -</p> - -<p> -Il nobile romano continuava a credere abjezione il -lordar la mano nelle arti; ancora al tempo di Costantino -erano infami coloro che si applicassero a vendere -a ritaglio e guadagnare d'industria; Onorio e Teodosio -vietarono a' nobili e ricchi il mercatare, come cosa -pregiudicevole allo Stato. Ma rivoluzione importantissima, -comecchè neppure accennata dalla storia, fu il -mutarsi l'industria dagli schiavi ai liberi. Mentre prima -ciascun dovizioso teneva in casa chi facesse ogni servizio -<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span> -sì pel suo occorrente, sì per venderne, allora troviamo -artigiani indipendenti che lavorano per se stessi e per -chi paga; in ciascuna città raccolti in maestranze, le -quali molto estese e con ampj privilegi, dapprima servirono -di valido sostegno ai municipj, poi dalla fiscalità -furono ridotte a nuovo stromento di tirannia e -d'oppressura. -</p> - -<p> -I nove collegi d'arti che sussistevano a Roma fin dai -tempi di Numa, dovettero esser formati piuttosto per -apparato che pei bisogni: ma sotto l'impero crebbero -tanto, che Costantino ne distingue trentacinque; cioè, -fonditori di metalli, fabbri, lavoratori di ferro, di bronzo, -di piombo, d'argento; orefici, giojellieri, doratori, fabbricatori -di vetri, di specchi; conciatori, tintori di porpora, -tessitori di damaschi, d'altre stoffe operate; folloni, -muratori, tagliapietre, lavoratori di marmo, di -musaico, d'avorio; terrazzieri, plasticatori, falegnami, -marangoni, quei che ornavano le soffitte, carpentieri, -vasaj, livellatori dell'acqua, pittori, architetti, intagliatori, -scultori, medici, veterinarj<a class="tag" id="tag87" href="#note87">[87]</a>. -</p> - -<p> -Gli aggregati doveano assicurarsi protezione coll'eleggersi -un patrono: acquistavano il privilegio d'esercitare -quell'arte, ad esclusione d'ogni altro; aveano sindaco, -statuti, possedimenti; erano immuni da prestazioni di -corpo, e fin dal militare nelle legioni, ma dovevano allo -Stato certi servigi. Così ai fabbri in Roma incombeva -di spegnere gl'incendj; lungo i fiumi alcuni <i>navicularj</i> -erano tenuti a trasportar le derrate degli eserciti; i -<i>bastagarj</i> a carreggiare le annone del fisco, e via -discorrete. Pertanto consideravansi come legati al territorio -della città, coi figli e cogli averi; lo scostarsene -pareggiavasi a diserzione, e venivano rinviati; nè agli -obblighi poteano sottrarsi neppure per rescritto imperiale, -<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span> -eccetto se entrassero soldati o cherici<a class="tag" id="tag88" href="#note88">[88]</a>. Di -questa servitù si valsero gl'imperatori a sevizie fiscali, -e tennero le maestranze in solido responsabili delle -tasse; quando non trovassero denaro altrove, gettavansi -sopra di esse con tale oppressura, che molti se ne sottraevano -fino col rendersi servi della gleba. -</p> - -<p> -Grave crollo all'industria diedero gl'imperatori col -fabbricare per economia checchè occorresse al servizio -proprio, alle distribuzioni pei cortigiani e ministri, agli -eserciti, infine anche per farne traffico: intempestiva -reminiscenza dell'antica costituzione domestica, quando -ogni padrefamiglia teneva in casa servi per tutte le manifatture -occorrenti. Alessandro Severo faceva tessere -e tignere porpora, e la più fina e lucente mandava sul -mercato<a class="tag" id="tag89" href="#note89">[89]</a>: Costantino vendeva vesti, lino, pelliccie -per conto del fisco: Costanzo II avea telaj di lana, seta, -lino. Errore grossolano d'economia, del quale fu conseguenza -l'avere Valentiniano proibito a qualunque -privato di fabbricar seterie, o tessere ori od altre stoffe; -Graziano e Teodosio multano di morte e confisca chi -tignesse o vendesse porpora, o comprasse seta dai -Barbari, serbandosene il monopolio l'imperatore, dal -quale pure i soldati doveano comprar le vesti<a class="tag" id="tag90" href="#note90">[90]</a>. -Davano opera a tali manifatture innumerevoli schiavi, -obbligativi in perpetuo coi figli loro acciocchè non -portassero fuori l'arte. -</p> - -<p> -Gli armajuoli erano liberi di condizione; ma ascritti -una volta al collegio, doveano per un certo numero -d'anni rimanervi coi figli, marchiati al braccio ond'essere -riconosciuti. Internamente le armi si vendeano alla -libera, ma era vietato asportarle. Fabbricavansi (per -<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span> -dir solo dell'Italia) freccie a Concordia, scudi a Verona -e Cremona, corazze a Mantova, archi a Pavia, spade a -Lucca: ad Aquileja, Milano, Ravenna, Roma, Canusio, -Venosa lavoravansi stoffe di lana e seta per uso particolare -degl'imperatori, divise militari, vele e sartiame -per le navi: Taranto e Siracusa aveano tintorie; zecca -Aquileja e Roma. -</p> - -<p> -Al fisco furono tratte anche le miniere, le saline, le -cave di gesso, di coti, di marmi, e perfino delle pietre; -ed affittavansi a privati. Vi lavoravano o condannati, o -schiavi coi loro figliuoli: schiavi erano i monetieri. -Tante opere affidate a schiavi, che non costavano se -non il mantenimento, diminuivano i modi di guadagnare -alla libera popolazione, offrendo le manifatture -ad un prezzo cui non poteano i privati. -</p> - -<p> -Il commercio non fioriva meglio che nell'età precedente; -e se le leggi il tolsero in cura, fu con meschini -ed avari accorgimenti. Allorchè i Barbari si avvicinarono, -e preser gusto alle delicature della civiltà, i Romani -avrebbero potuto, collo stabilire mercati sulle -frontiere, ricuperare in parte l'oro che quelli rapivano -o ricevevano in tributi e soldi. Ma temendo di allettarli -colla mostra delle ricchezze, fu limitato quel traffico, e -interdetto, pena la confisca e l'esiglio, il vendere ai -Barbari nè ai loro ambasciadori non solo le armi, ma -sino il ferro greggio o lavorato, nè le coti, o l'insegnare -a costruir navi nè somministrarne il legname, anzi fin -il dare vino, olio, caviale, sale: poi il timore fece escludere -gelosamente i mercadanti persiani e barbari, salvo -alcune città determinate<a class="tag" id="tag91" href="#note91">[91]</a>. -</p> - -<p> -Se pensate che a Roma era chiusa la principale sorgente -di sue ricchezze, la conquista, comprenderete -come ella doveva impoverire. I metalli fini eransi cumulati -<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span> -in poche mani, e resi sterili nel lusso de' giojelli, -delle dorature, de' vasi; le miniere di Spagna e di -Grecia erano esauste, ossia entrate nel terreno duro, -che esige tempo e forza soverchia; dall'Egitto e dalla -Libia conveniva trarre tutto il grano, il quale si paga -a contanti: onde la mancanza di numerario fu uno degli -sconci più sentiti in quell'estremo, non bastando a pagare -gli eserciti, a incoraggiare l'agricoltura, a dar -capitali all'industria e agevolezza al cambio. -</p> - -<p> -Già Antonino Pio avea dovuto sovvenire alle pubbliche -necessità fin col vendere gli ornamenti imperiali; -Marc'Aurelio mandò due volte all'incanto i vasi d'oro -e le preziosità della reggia; Didio Giuliano adulterò la -moneta, indotto forse dall'ingente somma a cui erasi -obbligato per comprare il breve impero. Le monete -d'oro si conservavano a settecentottantotto di fino, ma -deteriorarono quelle d'argento; Caracalla vi mescolò -metà rame; di due terzi le alterò Alessandro Severo: -Massimo fece coniare i metalli preziosi dei tempj e dei -luoghi pubblici, e fino i simulacri degli Dei e degli -eroi: sotto Filippo non correvano quasi altre specie -d'argento che le battute dagli Antonini: da Gallieno a -Diocleziano se ne spendeano soltanto di rame stagnato; -e tanto insolentivano i monetieri falsi, da proromper -fino contro Aureliano in una sommossa, che settemila -soldati costò il soffocarla. Dopo lui ricomparve l'argento, -forse perchè egli ne traesse dalla depredata Palmira; -ma a poco andare fu esaurito. Mentre Costantino nel -325 tagliava ottantaquattro solidi ogni libbra d'oro, -quarantadue anni più tardi Valentiniano I ne tagliava -settantadue, cioè l'aumentava d'un settimo: e mentre la -proporzione dell'oro coll'argento al tempo di Vespasiano -era di uno a dieci, Costantino la stabilì come di dodici -a quattordici. -</p> - -<p> -Teodosio determina che ai soldati sui confini dell'Illirico -<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span> -si dia denaro invece delle razioni, e che ottanta -libbre di carne porcina salata valutinsi un soldo d'oro, -come ottanta libbre di olio, e dodici moggia di sale. -Il soldo d'oro può ragguagliarsi a lire 14.81, talchè -una libbra metrica di carne valeva 57 centesimi, e -lire 1.13 la mina del sale; tanto era incarito il denaro -dal tempo di Diocleziano. -</p> - -<p> -Doveva incarirne anche l'interesse. Già sotto la repubblica -abbiam veduto a che grosse usure si collocassero -i capitali: senza tener conto degli abusi, la -legge al tempo d'Augusto determinava il quattro per -cento, il sei sotto Tiberio, il dodici regnante Alessandro -Severo: questi lo ridusse ancora di tratto al quattro; -infausto accorgimento, che fece chiuder l'oro, e moltiplicare -le segrete usure, tantochè a Costantino parve -assai il poterle ridurre al dodici<a class="tag" id="tag92" href="#note92">[92]</a>. -</p> - -<p> -Nell'ignoranza de' principj che regolano la ricchezza, -fu persino vietato di portar fuori l'oro, e, ciò che a pena -si può credere, venne ordinato di usare ogni astuzia -per carpirlo ai forestieri<a class="tag" id="tag93" href="#note93">[93]</a>. Allo scemare del denaro, -<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span> -si assegnavano in natura gli stipendj a' magistrati e -guerrieri, valendosi dei tributi pagati in natura dalle -provincie. E poichè il soldo tanto cresciuto alle legioni -non poteasi senza pericolo diminuire, s'introdussero -ausiliarj barbari, i quali s'accontentavano di pane, lardo, -vino, olio e poca moneta. -</p> - -<p> -Così l'enorme avidità delle finanze, se non bastava -diroccasse l'industria e l'agricoltura, apriva anche il -paese ai Barbari, che ben presto dovevano dominarlo. -</p> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap48">CAPITOLO XLVIII. -<span class="smaller">Figli di Costantino. Sistemazione ecclesiastica. -L'Arianismo.</span></h2> -</div> - -<p> -Tanti interessi favorì e guastò Costantino col mutare -politica, religione, metropoli, che non è meraviglia se -di niun altro personaggio forse tanto bene fu detto e -tanto male. Converrebbe trasferirsi al suo tempo per -ponderare con esattezza il merito e la colpa dell'assodare -sulle ruine del governo popolare la sovranità centrale, -mutando lo spirito della sua nazione non solo, -ma delle successive, che da quel punto appajono distinte -dalle antiche. Robusto animo si richiede per certo -a cangiare, non che gli statuti, la religione d'un paese, -senza sbigottire a pregiudizj d'educazione, a sofismi, a -mormorazioni; robusto per resistere alle insinuazioni -d'un partito trionfante, anelo di vendicarsi della lunga -oppressione. A chi il chiedeva di condannare Gentili -od eretici, Costantino rispondeva: — La religione vuole -che per lei si soffra la morte, non che la si dia». Nelle -carestie mandava generosamente ai vescovi grani, vino, -<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span> -olio, vesti, denaro da compartire ai bisognosi, massime -ad orfani e vedove, senza divario di credenze. Represse -le spie, <i>pubblica peste</i>, punendole se calunniatrici; professava -di voler calcare le orme di Marc'Aurelio e dello -zio Claudio; attesa la fragilità degli uomini, doversi -nel governo propendere alla condiscendente equità più -che alla stretta giustizia. Riferitogli che alcuni popolani -aveano lanciato sassi contro le sue statue, si palpò, e -disse: — Non mi risento di nessun'ammaccatura». In -uno di que' panegirici che la viltà de' letterati tesseva, -e l'impudenza de' Cesari tollerava, un sacerdote predicevagli -che, dominato glorioso sugli uomini, salirebbe -a regnare a lato del Figliuol di Dio; ma l'imperatore -lo interruppe, e, — Non de' tuoi elogi ho mestieri, -bensì delle tue preghiere». -</p> - -<p> -Quando di paganesimo era satura la società, non -poteva egli a un tratto promulgare editti che abolissero -il passato, e sopra la formalista legalità facessero trionfare -il giusto e il buono: pure adoperò per elevare -l'uomo materiale a uom morale, e al diritto di natura -sottoporre gli arbitrj del diritto civile. Conforme alle -dottrine religiose, abrogò le punizioni contro il celibato, -esentò i cherici da ogni pubblico servizio od impiego -oneroso, restrinse la facoltà di far divorzio; mandò a -tutte le città d'Italia poi d'Africa, che si sussidiassero i -genitori poveri, acciocchè non avessero a mandar a -male i neonati. Punì il ratto fin a volere arso vivo il -reo, o sbranato nell'anfiteatro; ed anche la rapita se -confessasse aver consentito; i genitori di lei doveano -pubblicamente accusarla; gli schiavi che v'avessero -tenuto mano, erano bruciati, o liquefatto loro del -piombo nella gola; nè lunghezza di tempo prescriveva -l'azione contro questo misfatto, i cui effetti cadevano -anche sulla prole: legge dove la moralità faceva trascendere -la giustizia, e che perciò dovette modificarsi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span> -</p> - -<p> -A insinuazione de' vescovi, meglio tutelò gl'interessi -dei pupilli, ne garantì i possessi immobili, e volle s'intendessero -aver ipoteca legale sui beni dei loro tutori. -Generalizzò il diritto delle madri sulla successione ai -proprj figliuoli; rinfrancò la buona fede, mediante il -giuramento che i testimonj doveano proferire prima -di deporre; estese l'uso de' codicilli; e volle più non -fossero essenziali le formole nelle stipulazioni, nè le -parole rituali nei legati. Da qualunque decisione diede -appello a magistrati superiori; ma per ovviare allo -spirito contenzioso, morbo d'allora, inflisse pene a chi -interponesse appelli temerarj<a class="tag" id="tag94" href="#note94">[94]</a>. Sottopose anche il -soldato all'ordinaria autorità nelle cause civili: nelle -criminali, per tutti i sudditi fino ai Chiarissimi, furono -competenti i medesimi tribunali. Stabilì che le condanne -si registrassero, per responsabilità morale dei giudici: -minacciò i magistrati prevaricatori o negligenti: dalle -confische esentò ciò che fosse stato donato alle mogli -ed ai figli, e nel registro de' confiscati si notasse sempre -che aveano prole: addolcì la detenzione ai prevenuti, -e volle che gl'incarcerati per debiti al fisco avessero -stanza capace ed ariosa: mitigò le pene afflittive, abolendo -quella tanto prodigata del marchio in fronte e -la croce. -</p> - -<p> -Vietò agli uffiziali pubblici di togliere, per debiti -fiscali, i bovi, gli schiavi o gli attrezzi rurali, nè per -le poste usare gli animali destinati ai campi: durante -la seminagione e la messe dispensò i contadini da ogni -servizio di corpo, e fin dal santificare le feste. Incoraggiò -le arti e il sapere, mantenne pubbliche biblioteche, -e la tradizione fa da lui fabbricare innumerevoli chiese, -e tutte dotare pinguamente, con vasi preziosi e aromi -e marmi fini. A tali liberalità gli porgevano modo sì i -<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span> -beni che i predecessori suoi aveano confiscato ai martiri, -sì quelli ch'e' toglieva ai tempj profani o alla celebrazione -de' giuochi circensi e teatrali. Proibì anche i -gladiatori, ma non fece osservare il divieto: come anco -ripermise l'aruspicina, che prima avea vietata. -</p> - -<p> -Ma prode a capo degli eserciti, nella reggia annighittiva -a posta de' ministri, che sperdevano il genio -di lui tra frivole particolarità. Guasto dalla prospera -fortuna, portava inseparabile il diadema, effeminato -nell'addobbo e nel lusso aulico; al quale ed alla fabbrica -della nuova città non bastando i tesori accumulati, -gravò di nuovi accatti i sudditi. Da crudeltà ed -avarizia nol ritennero la riflessione e il cristianesimo. -</p> - -<p> -Da Minervina, moglie oscura di sua giovinezza, avea -generato Giulio Crispo; giovane di ridente aspettazione, -che a diciassette anni <span class="sidenote">(317)</span> proclamato cesare e governatore -delle Gallie, con vittorie su Germani e Franchi e nella -guerra civile acquistò il cuore della moltitudine. Ma -repente Costantino lo faceva giudicare e uccidere a -Pola <span class="sidenote">(326)</span>: dappoi, scopertolo innocente, lo pianse, e punì -atrocemente coloro che l'aveano indotto a un misfatto, -le cui ragioni sono avvolte nel mistero, come avviene -di questi assassinj di palazzo. Allora dichiarò Cesari -Costantino, Costanzo, Costante, partoritigli da Fausta -figlia di Massimiano; associò loro, non si saprebbe -perchè, gli zii Dalmazio e Annibaliano; e li collocò in -diverse parti dell'impero, con qualche porzione di autorità, -ma sempre in sua dipendenza. -</p> - -<p> -Negli ultimi quattordici anni meritò il titolo di -fondatore della pubblica quiete: temuto dai Goti, dai -Vandali, dai Persi, riceveva ambascerie fin dalle rive -dell'oceano Orientale, e dalle sorgenti del Nilo. Dieci -mesi dopo celebrato il trentesimo anno d'impero, -ammalò a Nicomedia, e sentendosi mancare, chiese -l'imposizione delle mani ed il battesimo <span class="sidenote">(337 — 27 maggio)</span> fin là differito, -<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span> -e morì protestando esser unica vera vita quella in cui -entrava. Onorato di solennissime esequie, fu collocato -dall'adulazione de' Pagani fra gli Dei, dalla gratitudine -del clero fra gli apostoli e i santi, dalla giustizia della -posterità fra i grandi monarchi, come quello che intese -il suo tempo, e non che ostinarsi al passato, secondò e -favorì i maturi progressi, e si pose a capo della maggior -rivoluzione che la storia descriva. -</p> - -<p> -Appena lui morto, il popolo e i soldati, non si sa -per qual motivo, trucidarono Dalmazio, Annibaliano e -i nipoti di lui, sicchè regnarono soli i figli. Costanzo II -ebbe l'Asia, l'Egitto, la Tracia; Costante l'Italia, l'Illirico -e l'Africa: Costantino II, non contento delle Gallie, della -Spagna e della Bretagna, pretese anche la Mauritania <span class="sidenote">(340)</span>, -e per averla invase l'Italia; ma ad Aquileja restò ucciso. -Ne occupò i dominj Costante, ma debole e scostumato, -perdeva gli amici, esacerbava i nemici: del che imbaldanzito -Flavio Magnenzio, capitano barbaro, l'uccise e -si fece gridare imperatore <span class="sidenote">(350)</span>, ed ebbe l'Occidente coll'Italia. -Contemporaneamente Vetranione, antico generale -delle legioni dell'Illirico, intesa la morte di Costante, -lasciossi da queste acclamare augusto; e in Roma Popilio -Nepoziano, nipote di Costantino, con un branco di schiavi -e gladiatori, carpiva la porpora. -</p> - -<p> -Costanzo dalla guerra di Persia si volse contro gli -usurpatori; ricevette al perdono Vetranione che sempre -avea fatto mostra d'essere daccordo con lui; a Magnenzio, -che già aveva ucciso Nepoziano, diede una -delle più sanguinose battaglie che da gran tempo vedesse -l'Europa<a class="tag" id="tag95" href="#note95">[95]</a>. Costanzo pianse allo sterminio di -tanti prodi che avrebber potuto far barriera ai Barbari: -Magnenzio, fuggito in Aquileja, sostenne alquanto tempo -<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span> -la guerra nell'alta Italia poi nelle Gallie, finchè a Lione -s'uccise <span class="sidenote">(353)</span>. Allora Costanzo si trovò unico possessore di -tutto l'impero; egli <i>eterno</i>, egli <i>signore dell'universo</i>: -ma era un fiacco, inetto a far il bene o impedire il -male, aggirato da eunuchi, i quali, arbitri del nuovo -impero come dell'antico erano i pretoriani, ergevano -ai primi gradi creature loro, accumulavano ricchezze, -impedivano che i lamenti giungessero al monarca, illuso -da mendace quadro di prosperità e d'applausi. -</p> - -<p> -Di tali disordini si fanno forti alcuni per dire, — Ecco -a che fu ridotto l'impero dal cristianesimo». -</p> - -<p> -Perchè l'illazione reggesse, bisognerebbe dimenticare -qual era l'impero pagano; chè è solo dei fatui, allorchè -una medicina non risana un infermo disperato, dire che -lo ammazzò. Il cristianesimo operava una rivoluzione, -non di accademiche speculazioni, ma pratica, volendo -mutare la condizione morale, dirigere la volontà e la -vita. Non tendeva dunque ad operare sull'opinione per -via della pietà, ma viceversa, a penetrare nelle credenze, -e da queste nelle leggi quale indistruttibile componente. -In mutazioni siffatte, il movimento, non che si arresti -alla superficie, investe tutte le azioni e le idee, la società -domestica non men che la pubblica, s'intreccia spesso -ne' legami della famiglia e dello Stato, sempre alla loro -sanzione; talchè l'opinione recente trovasi a petto un -ordine legale da abbattere, affezioni da contrastare, -abitudini inveterate da rompere, giudizj abbarbicati da -revocare in discussione. -</p> - -<p> -Men difficile riuscirebbe la vittoria se i novatori -portassero seco un ordinamento bello e compito, una -legislazione foggiata sui dogmi che insegnano. Ma il -cristianesimo, società spirituale, volta a convincere -gl'intelletti e far retti i cuori, più che a sovvertire le -relazioni e l'esterior condizione dell'uomo, quando uscì -dall'angusto circolo delle chiese non aveva in pronto -<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span> -veruna teorica sociale da offerire agli imperatori convertiti, -sicchè trovossi esposto agli inevitabili ondeggiamenti -del tirocinio. -</p> - -<p> -I successori pertanto di Costantino trovavano nei -precetti del Vangelo e nei consigli della Chiesa di che -migliorare le leggi dal lato morale: ma mentre la -legislazione civile assumeva spirito cristiano, gentilesca -rimase l'amministrazione; il sovrano era ancora identico -collo Stato, coll'autorità senza confini rendendo -smisurata l'efficacia de' vizj suoi; alla Corte duravano -perversi costumi, e raggiri d'eunuchi e cortigiani; le -credenze evangeliche rimanevano falsate dal despotismo -di teologi coronati. Se v'aggiungete l'irriflessivo ostinarsi -di molti nella dottrina dei loro padri; la necessità -di rispettare certe forme di reggimento, unico -puntello della costituzione di cui erano scalzati i fondamenti; -le gravi sventure che percossero l'impero; le -dissensioni interne della Chiesa, vi sarà spiegato perchè -sì lento arrivasse il finale trionfo di questa, e nella sua -visibile attuazione si mescolassero estranei elementi. -</p> - -<p> -Frattanto alla società civile essa ne contrapponeva -un'altra, costituita regolarmente ma sovra tutt'altre -basi. E poichè gli affari esterni della Chiesa tale importanza -acquistano, che senza di essi rimarrebbe inintelligibile -la storia, vogliamo esaminarne l'ordinamento -allora introdotto; e tanto più che durò dopo scomparso -il civile, per dar carattere alla storia moderna d'Italia, -e conservasi fino a noi colla stabilità che la Chiesa -imprime a tutto. -</p> - -<p> -A una dottrina veramente cattolica, la cui identità resterebbe -distrutta per ogni minima deviazione dalla fede -comune, era indispensabile un sacerdozio ordinato in -modo, da perpetuare la rigorosa conformità di credenze -nell'infinito numero di Stati fra cui è divisa la comunità -spirituale, indipendenti, distinti di luoghi, di stirpe, di -<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span> -favella; in modo che s'attuasse una civiltà, universale -di fatto come di nome. A ciò servì l'unità del sacerdozio, -pel quale l'esistenza del potere ecclesiastico -rimane assicurata accanto al temporale, senza che l'uno -minacci l'altro. -</p> - -<p> -Col sacerdozio s'introduce fin dal principio una distinzione, -ignota a Greci e Romani, fra preti e laici. I -sacerdoti, destinandosi a speciale servizio divino, ricevevano -la missione e la dignità dai vescovi coll'imposizione -delle mani. Ogni comunità aveva un solo vescovo, -che la propria elezione comunicava ai confratelli con -lettere pastorali, ove faceva professione di sua fede: gli -uni agli altri poi partecipavansi la lista degli scomunicati, -acciocchè nessuno di questi fosse accettato in altre -chiese; e davano lettere di raccomandazione (<i>literæ formatæ</i>) -pei fedeli della propria diocesi che viaggiassero. -Così l'universalità moltiplicava le relazioni, potentissimo -mezzo d'incivilimento. -</p> - -<p> -Il territorio su cui un vescovo aveva giurisdizione, -chiamavasi diocesi, con nome dedotto dalla nuova -distribuzione imperiale. Più tardi a molti vescovi fu -preposto un metropolita, col titolo d'arcivescovo o di -patriarca, che li consacrava, convocava a sinodi, rivedeva -le loro sentenze. Ne' primi secoli non appajono -altri patriarchi che a Roma, Alessandria, Antiochia. -</p> - -<p> -La chiesa di Roma, oltre esser eretta nella maggior -città d'allora, vantavasi fondata avanti ogn'altra di -Occidente, e dal maggiore degli apostoli, e bagnata del -sangue di esso e di san Paolo; onde consideravasi capo -della gerarchia il vescovo di essa, malgrado che gli -altri patriarchi ora ad ora competessero: ma almen -nella pratica, la primazia teneasi piuttosto d'ordine e -dignità, che di potere o giurisdizione. Quando la Chiesa -universale fu legalmente riconosciuta, e potè congregare -i suoi rappresentanti, e pubblicare decreti per tutto -<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span> -l'impero, l'autorità della romana sede fondossi sopra -atti legittimi, emanati dalla potenza ecclesiastica d'accordo -colla civile<a class="tag" id="tag96" href="#note96">[96]</a>, e s'andò via via fortificando -anche esteriormente. -</p> - -<p> -La comunanza dei beni, possibile in società ristretta, -perdette opportunità appena la Chiesa fu dilatata; e i -proseliti poterono conservare i loro beni ed aumentarli -ciascuno col traffico, l'industria, le eredità, solo obbligati -a soccorrere i fratelli poveri, e ad un'offerta nelle -ebdomadali o mensili adunanze, pel culto o per opere -di pietà. Il denaro raccolto custodivasi dal vescovo, e -tre porzioni generalmente se ne facevano: la prima a -sostentamento del vescovo e del clero; la seconda al -culto e ai banchetti di carità; l'ultima ai poveri, pellegrini, -schiavi, carcerati, a salvar la vita e l'anima degli -esposti, a quelli che soffrissero per la giustizia. N'erano -dispensieri i diaconi; nè lontananza di provincie, nè -diversità di nazione limitava la carità, anzi neppure la -differenza di religione. Essendo dalle leggi imperiali -interdetto ai collegi e corpi il possedere fondi senza -dispensa del senato o del l'imperatore, le chiese non -n'ebbero se non sullo scorcio del secolo III. Dall'editto -<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span> -di Costantino ne ricevettero ampia facoltà, e allora -cessarono di trarre unico sostentamento dalle limosine -dei fedeli. -</p> - -<p> -Gli ecclesiastici dapprima vestivano non altrimenti -de' laici, per la necessità di nascondersi; ed abito consueto -a' Cristiani era il mantello filosofico sopra la -tunica, quale con poca varietà conservasi tuttora dagli -ecclesiastici. La maestosa toga già cadeva in disuso -sotto Augusto<a class="tag" id="tag97" href="#note97">[97]</a>, riserbandosi solo a certe comparse, -per quanto egli e più tardi Adriano tentassero richiamarne -l'usanza: smessa poi affatto nel dechino dell'impero, -dell'antico vestimento serbarono traccia soltanto -gli ecclesiastici, i quali in tal modo vennero a trovarsi -addobbati diversamente dalla comune de' cittadini. -</p> - -<p> -Ciascuna <i>plebe</i> poi eleggeva i proprj sacerdoti: fra -questi cernivasi il vescovo, cercando appartenesse alla -diocesi medesima, onde conoscesse il suo gregge, ma -del resto prendendolo dovunque si trovassero scienza, -virtù, opportunità alle circostanze; e popolarmente era -pure eletto il romano pontefice. Per decidere sui dubbj, -o per refocillarsi di fede e di carità, si radunavano in -sinodi particolari, ovvero in generali. -</p> - -<p> -Era dunque la Chiesa costituita in monarchia elettiva -e rappresentativa, colla libertà e l'eguaglianza accoppiando -l'assoluta obbedienza dovuta al capo, benchè -tolto dal popolo: nè altro culto al mondo seppe coordinare -una gerarchia in modo, da potersi svolgere ed -ampliare indefinitamente, eppur rimanere sotto ad una -magistratura suprema ed infallibile in diritto e in fatto. -Re e sudditi, individui ed assemblee non sono sommessi -che alla legge di Dio, promulgata e interpretata dalla -Chiesa, a cui egli disse, — Chi ascolta voi, ascolta me; -pascete le mie pecore; ciò che voi sciorrete sarà sciolto, -<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span> -ciò che legherete sarà legato»; onde l'autorità e l'obbedienza -rimangono del pari nobilitate; ai popoli s'impone -un'autorità scevra d'ogni violenza, e tale che lo -spirito vi s'inchina senza che il cuore s'avvilisca; giacchè, -parlando dall'alto, obbliga eppure non costringe. -</p> - -<p> -La potenza morale de' pontefici, divenuta poi efficacissima -nel medioevo, riducesi, come quella de' prischi -tribuni, a una negazione protettrice, impedendo si conculcassero -la giustizia e la moralità. Come un pretore -romano, il pontefice pacifico e inerme decide, secondo -equità, le dissensioni, che l'interesse o l'ambizione suscitino -fra i credenti; come un censore, ammonisce -gl'ingiusti ed i violenti; come un tribuno, protesta a -favore degli oppressi. I suoi ministri, recisamente distinti -da quelli dell'ordine temporale, sono obbligati -all'universale insegnamento, epilogato in simboli noti -a tutti, ed esposti al cherico, al laico, all'incredulo: il -che impedisce del pari e l'esclusività delle Caste orientali, -e il vacillamento dei moderni Riformati. Il sacerdote -accostandosi al sovrano siccome deputato della -monarchia della Chiesa, rammenta l'eguaglianza di tutti -e la preferenza dovuta ai poveri; accostandosi al popolo, -predica la ragionata soggezione. -</p> - -<p> -I primi pontefici, dopo sudato tutta la vita a serbare -pura la fede e incoraggiarne i confessori, l'avevano -suggellata col proprio sangue. A Pietro succedettero <span class="sidenote">(67)</span> -Lino volterrano; Anacleto romano; Clemente romano, -già compagno di san Paolo, e di cui ci rimangono due -lettere ai Corintj <span class="sidenote">(100)</span>; Evaristo siro; Alessandro romano; -Sisto della gente Elvidia, che introdusse il digiuno -della quaresima; Telesforo di Turio, cui si attribuisce -il <i>Gloria in excelsis</i> <span class="sidenote">(139)</span>. Di Igino ateniese, Pio d'Aquileja, -Aniceto d'Ancisa, Sotero di Fondi, non è ben certo, -non che il tempo, l'ordine di successione <span class="sidenote">(177)</span>. Eleuterio di -Nicopoli narrano mandasse missionarj nella Bretagna. -<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span> -Lo zelo di Vittore africano <span class="sidenote">(193)</span> fu temperato dai prelati -occidentali, affinchè non segregasse dalla Chiesa i vescovi -d'Asia per la quistione sul tempo in cui celebrare -la pasqua. Calisto della gente Domizia <span class="sidenote">(249)</span>, succeduto a -Zefirino romano, dicono scavasse il famoso cimitero -lungo la via Appia, che vi fossero tumulati censettantaquattromila -martiri e quarantatre papi. Seguono Urbano -e Ponziano romani <span class="sidenote">(253)</span>, Antero di Policastro, Fabiano, Cornelio, -Lucio, Stefano romani: quest'ultimo ebbe dispareri -con san Cipriano. Poi Sisto II ateniese <span class="sidenote">(257)</span>; Dionisio -di Turio, de' cui scritti ci rimane qualche frammento; -Felice romano; Eutichiano da Lucca; Cajo Dalmata; -Marcellino romano; Marcello romano <span class="sidenote">(304)</span>, di cui la severità -e le contraddizioni sono attestate dall'epitafio che san -Damaso ne scrisse. Pochi mesi durato papa Eusebio -calabrese, gli successe Melchiade o Milziade africano <span class="sidenote">(311)</span>, -indi Silvestro di Roma <span class="sidenote">(314)</span>, sotto il quale avvenne il fortunato -cambiamento degl'imperatori. -</p> - -<p> -Tardi si narrò che Costantino, mondato dalla lebbra -e battezzato da questo pontefice, cedesse a lui ed ai -successori la sovranità di Roma, dell'Italia e delle province -d'Occidente. L'atto, forse foggiato nell'<span class="smcap lowercase">VIII</span> secolo -e inserito nelle Decretali del falso Isidoro, parve assegnare -remotissima antichità e legittimo principio alla -dominazione temporale dei papi. Pure sin dal secolo <span class="smcap lowercase">XII</span> -ne fu impugnata l'autenticità, poi Lorenzo Valla l'abbattè -con ragioni, cui i leali difensori della santa sede -furono i primi ad assentire. Costantino dotò bensì lautamente -le chiese di Roma; ed un catalogo, comunque -imperfetto<a class="tag" id="tag98" href="#note98">[98]</a>, enumera le rendite che da case, botteghe, -fondi, giardini traevano quelle di San Pietro, San -Paolo, San Giovanni Laterano, sommanti a ventiduemila -aurei, oltre quantità d'olio, lino, carta, aromi, frutti. -<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span> -Pure i pontefici anche dopo il trionfo perseverarono -in umile tenore di vita, non aspirando a regnare su -questo mondo, ma a darsi specchi di costante virtù. -</p> - -<p> -Tosto però che le cose del cielo toccano queste umane, -partecipano della pervertita loro natura. Nella Chiesa, -da perseguitata divenuta dominante, a folla entrarono -Pagani, non sempre per intima convinzione, nè dopo -lottato col raziocinio, colle passioni, coll'abitudine, -cogl'interessi; ma sovente per conservare le cariche o -il favore, o per cupidigia de' privilegi e delle ricchezze -sacerdotali: di che i costumi de' Cristiani peggiorarono, -e i vizj dell'antica s'insinuarono nella nuova religione. -Trista pittura de' costumi dei prelati fa Ammiano Marcellino, -ma siccome uomo che del cristianesimo non -conosce se non l'austera semplicità, senza avvertire -come già acquistasse ingerenza civile, e in conseguenza -dovesse mostrare pompe esteriorj, suntuose solennità, -ricevere tributi, avere possessi, co' privilegi e coi pericoli -che gli accompagnavano. -</p> - -<p> -In Oriente si era meno ammazzato e più discusso; -laonde, se rapido germogliò il cristianesimo, insieme -nacquero dubbj e novità, e quella serie di dissensi -che rampollano da ogni verità tosto che sia seminata -in mezzo agli uomini, dove può restare contaminata -da amici, da nemici, dai mezzi stessi di cui l'uomo è -costretto valersi per propagarla, cioè la parola e la -scrittura. Quindi nuova nè sempre incruenta persecuzione -cominciò alla sposa di Cristo, la quale, sicura -omai della costanza dei martiri, doveva temere la seduzione -dell'errore, e travagliarsi a conservare nell'apostolica -integrità questo vasto simbolo della rivelazione, -di cui ogni parte, ogni parola corrisponde al tutto. -</p> - -<p> -Al nostro libro non appartiene di toccarne se non -quanto concerne l'Italia, e quanto operò sui pubblici -avvenimenti; perocchè le eresie, che dapprima erano -<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span> -dispute di scuola, giunsero ben presto a sconvolgere la -politica: e la più clamorosa fu l'Arianismo. -</p> - -<p> -Cristo nulla scrisse. Che gli Apostoli, prima di spargersi -a predicare alle nazioni, abbiano fra sè combinato -il simbolo della fede comune, quale ci fu tramandato -col titolo d'<i>Apostolico</i>, è pia credenza<a class="tag" id="tag99" href="#note99">[99]</a>. Un'esposizione -<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span> -generale e compita del dogma non si aveva; e la -dichiarazione di fede consisteva nell'escludere dalla comunione -d'una chiesa chi credesse altrimenti, cioè chi -alla verità generale surrogasse una restrizione di particolar -suo giudizio. -</p> - -<p> -Di siffatta guisa erano stati combattuti i primi errori -intorno alla natura divina, dove alcuni aveano sostenuto -l'unità astratta della sostanza di quella, fino a negare -ch'essa si svolgesse in tre persone; alcuni eransi abbandonati -alla vaghezza d'idee platoniche, analoghe alle -cristiane sul Verbo; altri aveano posto troppa differenza -tra il Padre e il Figliuolo, o formandone un dio distinto, -o riducendolo a un uomo, nel quale per alcun tempo si -fosse incarnata una virtù celeste, una sostanza divina. -Da che il mondo omai apparteneva a Cristo, viepiù -importava di conoscere chi e quale egli fosse. Ario, -prete d'Alessandria d'Egitto <span class="sidenote">(312)</span>, pretese spiegarlo; ma -mentre gli ortodossi tengono Cristo come la conoscibilità -divina, il pensiero eterno di Dio, coesistente -coll'eterna sua attività, della medesima sua sostanza -(ὁμούσιος), Ario vi riconosceva la forza, la verità, l'avvenire, -ma non voleva identificarlo con Dio, e ne formava -un essere distinto, di sostanza analoga (ὁμοιούσιος) a quella -di Dio, una creatura tipica, che Dio generò per servire -di modello agli uomini. -</p> - -<p> -Erudito in quanto erasi detto prima di lui, con sottilissima -dialettica, stile splendido e fin lezioso, arguta -industria d'insinuarsi negli spiriti, perseveranza di aspettare, -accorgimento di cedere a tempo, e rimanere nella -Chiesa nel mentre la sovvertiva, faceva libri e poemi -popolari, entrava nelle case confabulando, e — Avete -voi (domandava alle donne), avete avuto figli prima di -<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span> -partorire? così neppur Dio potette averne uno prima -che il generasse». Da questa triviale comparazione -molti restavano convinti che il Padre dovess'essere -anteriore al Figliuolo. -</p> - -<p> -Già allora non pochi teneano che, nella forma della -dottrina, nulla vi fosse di assoluto, e tutto dipendesse -dal riflesso d'una certa modificazione del sentimento, -e che le differenze della Chiesa non fossero se non -varianti maniere di vedere dell'intelligenza cristiana: -sicchè gl'istinti razionali dirigeansi a favore di Ario, il -quale al mistero opponeva il senso comune: i tanti che, -sull'esempio di Costantino e della Corte, si erano convertiti -prima di vincere sè ed il mondo, abbandonavansi -alla rilassatezza nel credere, alla svogliatezza nel cercare -il vero: lo scarso studio agevolava l'errore, e a gente -inavvezza alle sublimi audacie dell'ideale, riusciva più -facile rappresentarsi Gesù nella sua vita e morte qual -profeta, che qual dio; tanto più che, con tale spediente, -le dottrine comunicate dall'alto per suo mezzo conservavano -il valore dogmatico, mentre all'unità di Dio non -restava più questa nube della triplicità di persone. -</p> - -<p> -Ma se l'autore del cristianesimo non è dio, eguale e -consustanziale coll'autore delle cose, quei che l'adorano -sono idolatri, o riconoscendo due Dei, ricascano nel -politeismo; Cristo non è più il tipo a cui l'uomo dee -conformarsi per meritare, lo che costituisce la base del -cristianesimo pratico; e perduta la fede del mediatore -divino, trova novamente fra sè e Dio quell'abisso che -ne lo separava nei secoli pagani. La dottrina di Ario -feriva dunque l'essenza del cristianesimo. Inoltre, per -conservare la società e per migliorare i costumi e la -condizione civile, allora più che mai faceva duopo di -opere; e per operare bisogna credere; e per credere -bisogna ammettere un'autorità infallibile. L'egoismo -avea sfasciato la società romana; il sacrifizio dovea -<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span> -ricostruirla, e per sagrificarsi bisogna non dubitare -dello scopo dei proprj sforzi. Ben è dritto dunque se -tanta importanza attribuì la Chiesa ad un'eresia che -intaccava le basi della fede, l'appoggio della speranza, -il nerbo della carità. -</p> - -<p> -L'introdursi d'una nuova religione avea spezzato -l'unità politica romana, sicchè gl'imperatori a ferro -e fuoco vollero distruggerla; ma cresciuta tanto da -divenire prepollente, Costantino la favorì per ricomporre -l'unità in senso cristiano. Erasi appena avviata, -quand'ecco il cristianesimo scindersi in parti; ecco -sconnettersi quella fede, che della propria unità avea -sempre fatto arma trionfante contro la Babele delle -opinioni gentilesche. -</p> - -<p> -Costantino, che dapprima l'avea sprezzata come un -problema irresolubile a raziocinj umani, si accorse -quanto seria si rendesse la querela sì pel pericolo -della fede, sì pel calore sedizioso con cui era agitata: -persuaso però che la Chiesa nelle credenze non dev'essere -regolata che da se stessa, indicò un'adunanza, non -più particolare, ma universale. Ora che voleasi accogliere -tutto il mondo romano nella comunione cristiana, -non bastavano parziali decisioni; ma la Chiesa, rappresentante -dell'umanità divinamente ristabilita nell'unità, -dovea mostrarsi una in un concilio ecumenico, e in -questo chiarirsi del comune consenso, e stabilire qual -credenza tenere sopra il punto essenziale del cristianesimo, -la natura del Verbo. -</p> - -<p> -Pertanto a Nicea di Bitinia <span class="sidenote">(325)</span> convennero i vescovi di -tutto l'impero, in numero di trecendiciotto. Molti di -loro portavano sul corpo le gloriose stigmate del martirio, -sostenuto per la fede che allora venivano a difendere -colla parola; altri rendeva illustri uno speciale -dono di santità, di miracoli, di dottrina; e fra loro -primeggiavano da una parte Ario, attentissimo ad ogni -<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span> -opportunità di far trionfare la sua causa; dall'altra -Atanasio, diacono poi vescovo d'Alessandria, per lunghi -anni il campione più fervoroso della parte ortodossa. -Silvestro papa vi mandò legati; varj laici vennero ad -appoggiare colla dottrina l'una o l'altra causa; e lo -stesso imperatore vi comparve colla maestà richiesta -da tale assemblea. -</p> - -<p> -Qui cominciossi a contendere di testi, di ragioni e -di cavilli; per sottrarsi ai quali fu adottata una parola -platonica, dichiarando che il Figliuolo è <i>consustanziale</i> -(ὁμούσιος) col Padre; fu compilato un simbolo, e condannati -Ario ed i suoi<a class="tag" id="tag100" href="#note100">[100]</a>. Le decisioni del concilio -furono notificate a tutto l'impero; e Costantino moltiplicò -lettere in tal senso, ed esigliò Ario. Ma questo, -inesauribile di spedienti, ora esclamava contro l'introdurre -nel dogma una parola sconosciuta alle sacre -scritture, o contro la presunzione di definire assolutamente -sovra punti imperscrutabili; ora propugnava le -opinioni sue davanti a nuovi concilj; ora con capziose -professioni di fede sorprendeva l'imperatore, infelice -teologo: il quale al fine ordinò al vescovo di Costantinopoli -di ricevere Ario alla comunione. Questi però, -mentre recasi alla chiesa, è preso da colica e muore <span class="sidenote">(336)</span>. -</p> - -<p> -Non che spegnersi con lui, l'incendio divampò: diciotto -simboli in pochi anni pubblicarono gli Ariani, i -sinodi particolari decidevano un contrario all'altro, -s'avvicendavano le persecuzioni; e gl'imperatori succeduti -a Costantino, e adombrati del potere conceduto -<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span> -da questo alla Chiesa, propendevano per la fazione -che gl'invocava. Costanzo II perseguitò accannitamente -sant'Atanasio, che instancabile parlava, agiva, scriveva, -passava da Oriente in Occidente, dai deserti di Libia -alla sede di Roma per far trionfare la verità. Papa -Liberio romano, succeduto a Marco e Giulio romani -anch'essi, sosteneva Atanasio e le decisioni del concilio -Niceno <span class="sidenote">(352)</span>; ma per ciò Costanzo, o piuttosto i suoi eunuchi -il tolsero a perseguitare, e coltolo nottetempo, il trasferirono -a Milano <span class="sidenote">(356)</span>, indi il confinarono a Berea nella -Tracia; ma nulla il divolse dal proponimento. -</p> - -<p> -E violenza era in ogni dove; per bandi imperiali, -chiunque sostenesse la parola <i>consustanziale</i> era marchiato -in fronte, espulso di città, confiscati gli averi; -i Cattolici comunicassero cogli Ariani, o guaj; date a -questi le chiese e le pubbliche dotazioni; in Roma si -veniva alle mani per la consustanzialità, come un tempo -pei diritti del popolo; e i soldati, «cattivi apostoli della -verità, la quale non conosce altr'arme che la persuasione» -(<span class="smcap">Atanasio</span>), pretendevano imporre la fede. Ma -intanto riconosceasi qualcosa di nuovo nel mondo -romano; il vessillo della Chiesa sventolava di fronte a -quel della terra: la Chiesa proclamava un'autorità superiore -alle umane, e da cui queste ritraggono; Cesare -rispondeva colla spada; ma gli ecclesiastici ne aspettavano -imperterriti il colpo, sostenuti dal popolo e dal -rappresentante di questo, il pontefice. -</p> - -<p> -Frattanto i fedeli, privi di pastori, esitanti nelle -coscienze, sottoposti a vescovi non eletti da loro e non -conosciuti, alzavano concordi lamenti. Allorchè Costanzo -venne a Roma, una nobiltà di matrone in addobbi sfarzosi -gli si presentò, invocando — Restituisci alla sede -papale Liberio, giacchè nessuno entra nelle chiese dacchè -vi sta Felice a lui surrogato». L'imperatore accondiscese, -purchè Liberio convenisse nel parere de' vescovi; -<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span> -ma quando tal concessione fu proclamata nel circo, il -popolo, che in Italia non aveva disimparato le democratiche -manifestazioni, raccolse a scherni, dicendo: — La -Chiesa è forse un anfiteatro, dove fare due -fazioni? Un solo Dio, un solo Cristo, un vescovo solo». -</p> - -<p> -Pure i soliti artifizj de' prelati greci, affinati alla -Corte e nelle scuole, prevalsero nel concilio di Rimini <span class="sidenote">(358)</span>; -quattrocento vescovi furono tratti a firmare una formola -di fede, la quale condannava chi dicesse, il Figliuolo -di Dio essere creatura eguale alle altre; formola che, -sotto sembianza di verità, implicava che Cristo fosse -creatura. All'insistente persecuzione non seppe resistere -Liberio; e in un istante di debolezza, affine di esser -restituito alla sua sede, sottoscrisse un simbolo in senso -ariano, o più veramente la condanna d'Atanasio<a class="tag" id="tag101" href="#note101">[101]</a>. -</p> - -<p> -San Girolamo potè allora dire che il mondo stupì -di trovarsi tutto ariano: vent'anni di durata toglievano -a quest'opinione la taccia di nuova; il papa vi aveva -aderito, non cercavasi per quali arti, nè se subito si -ritrattò: laonde si poteva credere imminente la caduta -della fede Nicena, un concilio ecumenico si sarebbe -ingannato, avrebbe mentito la parola di Cristo. Ma -Atanasio, non che disperare, sbucato dal settenne nascondiglio, -si scagliò non contro i prevaricatori, bensì -contro la forza che li traviava; tosto i Padri illusi -protestano contro l'errore; e nel concilio d'Alessandria -vien rintegrata la dottrina cattolica. -</p> - -<p> -Invece di risecare tante vane quistioni, le fomentava -Costanzo, non assodando per fede, ma turbando per -curiosità la Chiesa, e intanto lasciando mal capitare -l'impero. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span> -</p> - -<h2 id="cap49">CAPITOLO XLIX. -<span class="smaller">Giuliano. Riscossa del Paganesimo.</span></h2> -</div> - -<p> -Dallo sterminio della famiglia imperiale (pag. 164) -erano campati Costantino Gallo e Claudio Giuliano nipoti -di Costantino, che furono educati principescamente. -Gallo tentò signoria <span class="sidenote">(354)</span>, onde fu condannato e ucciso. Giuliano -dissimulando sguisciò dal pericolo; e messo ad -onorevole esiglio in Atene, assunse il vestire e i modi -de' filosofi, alle cui arti intendeva da lunga pezza. Eusebia, -moglie di Costanzo II, nelle mille occasioni che ad -ogni donna si presentano e che la scaltra fa nascere, -insinuava nelle grazie del marito il giovane Giuliano; -e poichè i nemici d'ogni parte irrompevano, Costanzo, -sentendosi incapace di tener testa, concesse a Giuliano -il titolo di cesare <span class="sidenote">(355)</span>, la mano di Elena sua sorella, ed i -paesi di là dall'Alpi. I soldati, la cui approvazione allora -bastava, la diedero in Milano, battendo dello scudo -contro i ginocchi, pieni di fiducia nella virtù del giovane -venticinquenne. L'ombroso imperatore gl'impose per -iscritto il modo di contenersi, e fin le spese della tavola; -non gli permise di fare il donativo ai soldati, nè lo fece -egli stesso; e lo circondò di servi e cortigiani che, in -aspetto d'ossequio, limitavangli la libertà degli atti, -delle parole, fui per dire del pensiero. -</p> - -<p> -Lasciato lui a guardia dell'Occidente, Costanzo si -voltò all'Asia; ma prima volle veder Roma, dove ricevette -gli onori trionfali e gli omaggi servili dell'antica -metropoli del mondo, alla quale tributò ammirazione, e -ne crebbe gli ornamenti coll'erigere nel Circo l'obelisco -egizio, che ora grandeggia sulla piazza del Laterano. -<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span> -Guerreggiò i Barbari prosperamente, e con minor -fortuna i Persiani. -</p> - -<p> -Basso di statura, grosso di collo, spalle larghe, tra -cui affondava la testa, agitata da frequenti moti involontarj; -arruffata la capigliatura, occhi vivi ma stravolti; -prolissa, ispida, impidocchiata la barba; irsuto -il petto, sucide le mani, lunghe le ugne; in compenso, -faticante di corpo e ardito d'animo, memoria pronta -e tenace, ingegno arguto, piacentesi in sottili quistioni; -parlare facile e naturale, men volentieri in latino che -in greco; buono e dolce nel fare, intrepido ne' pericoli: -tale era Giuliano. Cresciuto prima in un carcere cortese, -poi fra gli ozj ringhiosi delle scuole e sui libri, quando -rase la barba e depose il mantello per assumere il paludamento -di cesare, parve strano e ridevole a' cortigiani -di Costanzo. Ma dalla sventura e dai libri aveva imparato -temperanza, continenza, amor della fatica, disprezzo -del fasto. Vestiva poco meglio che soldato, dormiva -sopra un tappeto steso sul terreno, e nel fitto della notte -sorgeva per attendere agli affari o agli studj; poi l'eloquenza -appresa dai retori adoprava nel calmare o -dirigere le passioni della turba guerresca; le nozioni di -giustizia attinte dai sofisti applicava a districare i litigi -avviluppati, quantunque poco versato nella giurisprudenza; -univa l'arte di scegliersi buoni consiglieri, e la -docilità di confidarvisi. Tre volte passò il Reno per -portar guerra rotta ai borghi che i Germani vi fabbricavano -ad imitazione de' nostri; e obbligatili alla pace, -menò di qua ventimila prigionieri redenti. I Franchi, -di più formidabile valore, riuscì a snidare dalla Gallia <span class="sidenote">(357)</span>, -di cui ricostruì le città, e fortezze e navi dispose coi -materiali somministrati per patto dai Germani e coll'opera -delle legioni e degli ausiliarj. -</p> - -<p> -Alla Corte imperiale i buffoni, fastidiume d'ogni età, -proverbiavano questo soldato filosofo, le sue sinistraggini -<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span> -e lo strano vestire, paragonandolo a uno scimiotto, -a una talpa, a un caprone, e facendone la parodia. Ma -allorchè le vittorie impedirono di prenderlo più a -gabbo, la beffa si risolse in gelosia; e cortigiani ed -eunuchi esageravano le sue imprese per metterne ombra -a Costanzo come d'un emulo. -</p> - -<p> -E vi riuscirono. Parendo composte le cose della -Gallia mentre cresceva il pericolo in Oriente, Costanzo -ne colse pretesto <span class="sidenote">(361)</span> onde togliere a Giuliano le legioni -gratificategli dai trionfi, per portarle nella Persia. Moltissimi -volontarj d'ogni favella aveanvi dato il nome -col patto di non passare mai le Alpi; nè la tutela della -gloria romana era motivo efficace su' Barbari. Amorosi -di Giuliano quanto aborrenti dalla disastrosa marcia e -dal campeggiare in terre sconfacenti e con nemici -nuovi, si gettarono all'unica via che restava per non -abbandonare la patria e lui, la ribellione, e gridarono -augusto Giuliano. Questo seppe procurare all'infedeltà -la scusa della violenza; e ne' suoi scritti giura per -Giove, pel Sole, per Marte, per Minerva, per tutti gli -Dei, che della cospirazione non ebbe sentore. Altri -assicurano che sinceramente vi resistette finchè, avendo -preso sonno, gli comparve il genio dell'Impero, istantemente -rimproverandolo di mancante coraggio: Giuliano -destatosi pregò di cuore Giove, il quale con -manifesto augurio gli ordinò di rassegnarsi al voler -del cielo e dell'esercito. -</p> - -<p> -Fatto è che egli regalò di cinque monete d'oro e una -libbra d'argento ciascun de' soldati che gli aveano usato -quella violenza: poi avventatosi ad atti che gli toglievano -di più riconciliarsi con Costanzo, si accinse -alla guerra, confidando negli Dei immortali. Colle celeri -marcie che spaventano gli avversarj e trascinano gli -esitanti, a giornate crescendo di gente, riceve l'omaggio -dell'Illiria, dell'Italia, della Grecia; e traversato il -<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span> -monte Emo, s'accosta ad Adrianopoli. Apollo avevalo -assicurato della morte di Costanzo, il quale infatti consunto -da lenta febbre risparmiò una guerra civile. -</p> - -<p> -Costantino, ingegno mediocre, meritò insigne posto -nella storia secondando il progresso delle idee e coordinandole -ai fatti. Or ecco un uomo di splendide qualità -riuscire meschino coll'affaticarsi a rimorchiare il mondo -verso un passato irremeabile; col ripetere in mille toni: — Schiviamo -le novità». -</p> - -<p> -Associata nella giovine testa l'idea di Costanzo suo -oppressore con quella dei Cristiani, Giuliano li confuse -in un odio comune; stomacato dagli inesplicabili litigi -sull'arianismo, nojato degli obbligati esercizj di pietà, -ribramò il culto antico, sotto del quale l'impero aveva -raggiunto il colmo, e le lettere prodotto lavori immortali. -Gli accarezzavano questa inclinazione i sofisti, che -ristrettisi a ripetere la parola vecchia, nulla capivano -dello spirito recente, e che il lusingavano colla speranza -di future grandezze. Ha un bel ridire che egli disprezza -la gloria, ma da ogni atto Giuliano lascia trasparire -filosofica ostentazione; qualunque azione sua egli narri, -ne dà per ragione che così doveva un filosofo; qualunque -sua virtù era un calcolo, un esercizio scolastico, -una parata. -</p> - -<p> -Aggiungerei anche un'impostura. Noi rispettiamo le -convinzioni religiose; ma potremmo compatire Giuliano -che, mentre lusinga gl'idolatri colla speranza -d'una ristorazione, continua a fingersi cristiano per -conciliarsi ora l'imperatore, ora i soldati, comunica con -questi nella solennità del Natale, adempie le solenni -cerimonie? Que' numi suoi compajono troppo a proposito -nei casi decisivi di sua vita; per essi giura non -aver nodrito ambizione; ad essi imputa la sua ribellione; -con aruspici e indovini passa ore ed ore almanaccando -sull'esito de' suoi tentativi. In queste vanità -<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span> -stava occupato allorchè gli giunse la morte di Costanzo <span class="sidenote">(11 xbre)</span>; -onde padrone incontrastato dell'impero, pensò effettuare -le promesse tante volte date ai fautori dell'idolatria. -</p> - -<p> -Ripetemmo come Costantino si fosse creduto obbligato -a riguardi co' partigiani di essa, ed a palliare col -nome di tolleranza la protezione conceduta al cristianesimo. -I figli suoi, col vantaggio di chi viene secondo, -e nell'età che tiene minor conto degli ostacoli, ardirono -di più, ma non tutto. La legge del 341 ordina che «cessi -la superstizione, si abolisca l'infamia de' sacrifizj»<a class="tag" id="tag102" href="#note102">[102]</a>; -ma non vi annette pena, e Magnenzio la abrogò, sperando -acquistarsi fautori. Costanzo II, trovatosi unico -padrone, decretò fosse interamente abolita l'idolatria, -pena la vita<a class="tag" id="tag103" href="#note103">[103]</a>; pure nulla intraprese contro il culto -antico. Può darsi che i Cristiani de' decreti contrarj -all'aruspicina ed ai riti segreti e divinatorj profittassero -onde molestare i sacerdoti pagani; ma l'esecuzione -misuravasi all'arbitrio de' magistrati. Laonde troviamo -sussistere e tempj e sacrifizj in Occidente, e in ispecial -modo a Roma; alla Sibilla di Tivoli chiedevansi ancora -oracoli; se i venti contrariassero la flotta portatrice del -grano, la plebe strascinava i magistrati ad Ostia affinchè -sagrificassero sugli altari di Castore; i sacerdoti Salj -menavano cogli scudi caduti dal cielo le frenetiche -carole, per quanto derisi dai Cristiani; libazioni d'umano -sangue continuavansi a Giove Laziale sul monte Albano; -sussistevano le varie gerarchie sacerdotali; sotto la -sanzione delle leggi riposava ancora il voto di castità -delle Vestali; si eressero anzi nuovi tempj alle divinità -già ferite a morte<a class="tag" id="tag104" href="#note104">[104]</a>; e, al dire di Lattanzio, nuovi -<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span> -numi ogni giorno nasceano<a class="tag" id="tag105" href="#note105">[105]</a>. Ma agli altri prevalsero -Cibele e Mitra. -</p> - -<p> -Dicemmo come, fervendo la seconda guerra punica, -fosse dalla Frigia introdotto a Roma il simulacro della -Madre Idea; i cui sacerdoti, chiamati Galli, fanaticamente -danzando e cantando sul cimbalo, erravano di terra in -terra, traendosi dietro la turba, meravigliata dello strano -vestire, della scurrile devozione, dei prestigi, in cui -erano destrissimi. Scostumati, ignoranti, golosi, scrocconi, -non sarebbonsi attirato che lo spregio, se non -avessero acquistato forza dal trovarsi disposti in compatta -ordinanza sotto un arcigallo. -</p> - -<p> -Il culto che da antichissimo a Mitra prestavano i -Persiani, andò alterato da eterogenee mescolanze: i -nuovi Mitriaci esigevano rigide macerazioni, e da chi -aspirava a' gradi più sublimi, la verginità e il celibato. -Insinuatosi, non si sa quando, nel Campidoglio, crebbe -sotto gl'imperatori, ed eccedeva fino a sagrifizj umani. -Per diversi gradi compivasi l'iniziazione a quei misteri. -Il supremo capo a Roma chiamavasi <i>pater patrum</i>; -avea sotto di sè il <i>pater sacrorum</i> e gli ordini inferiori, -intitolati il corvo, il grifo, il soldato, il leone, il -perseo, l'eliodramo. Erano cerniti i più fra l'aristocrazia, -sebbene nelle molte iscrizioni che ricordano -criòboli e tauròboli, cioè sacrifizj d'arieti e di tori, si -trovi ben di rado ornato di que' titoli il capo dello -Stato, cioè della religione nazionale. I neofiti ricevevano -una specie di battesimo, s'imprimevano dei segni in -fronte, beveano farina stemprata nell'acqua, con certe -formole rituali. Nei sotterranei del Campidoglio aprivasi -<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span> -il principale tempio di Mitra; all'equinozio di primavera -se ne celebravano i misteri; ma con maggior -festa il <i>natale del Sole invitto</i> ai 25 dicembre: lo -perchè i padri della Chiesa occidentale scelsero questo -giorno a solennizzare la natività di Cristo, vero sole, -la quale in Oriente festeggiavasi il 6 gennajo, giorno -colà sacro ad Osiride<a class="tag" id="tag106" href="#note106">[106]</a>. Tali particolarità raccogliamo -dai Cristiani che impugnarono quel culto; e le -somiglianze sue con quello di Cristo indussero alcuno -de' filosofi antichi e de' razionalisti moderni a sostenere -che questo derivasse da quello i misteri e i riti. -</p> - -<p> -Oltre queste novità, duravano ancora molte forme -del gentilesimo nazionale, care a un popolo così tenace -delle costumanze avite. Alla elezione dell'imperatore -Probo, il senato volgeva ancor la preghiera alle grandi -divinità: — O sommo Giove, o Giunone regina del -cielo, o Minerva protettrice delle virtù, o Concordia, -o Vittoria romana, accordate ai senatori, al popolo -romano, ai soldati, agli alleati nostri, agli stranieri -la grazia di veder Probo regnare come ha combattuto». -Un calendario del 354 dopo Cristo o circa, -descrive le feste profane che si devono celebrare giorno -per giorno<a class="tag" id="tag107" href="#note107">[107]</a>. Da recenti scavi dell'anfiteatro di Capua -uscì un'iscrizione del 387, ove Romano Giuniore sacerdote -enumera le solennità pagane da lui celebrate -quell'anno: e sono <i>vota</i> al 3 gennajo per la salute del -principe; <i>genialia</i> in febbrajo, tre lustrazioni per le -sementi; <i>rosaria</i> in maggio; feste vendemmiali all'uscire -di ottobre; e così via. Un viaggiatore del 374 -trova «in Roma sette vergini nobili e chiarissime, che -<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span> -per la salvezza della città compiono le cerimonie degli -Dei secondo l'uso degli avi»; e soggiugne che «i Romani -onorano gl'iddii, e spezialmente Giove, il Sole, -Cibele»<a class="tag" id="tag108" href="#note108">[108]</a>. Di quel torno stesso abbiamo l'arida nomenclatura -delle vie e degli edifizj di Roma, fatta da un -Publio Vittore e un Rufo Festo, dove riscontriamo -cencinquantadue tempj e cennovantuna cappelle. -</p> - -<p> -— Alle calende di gennajo tutti levansi buon'ora e -si corrono incontro ciascuno con regalucci chiamati -strenne: agli amici si fa un dono prima di augurare il -buon giorno, si premono le labbra, stringonsi la mano, -non per ricambiare espressioni d'amicizia, ma per farsi -pagare le cortesie dell'amicizia. Così al tempo stesso -abbracciano e tastano un amico...; poi tornando a casa, -portano rami, come se avessero presi gli augurj, e -riedono carichi dei doni raccolti, senza accorgersi che -sono altrettanti peccati». Così predicava Massimo vescovo -di Torino, il quale non pensò gittar invano il -suo zelo in confutare quelli che credevano in Venere, -in Marte, negli altri Dei, lamentandosi che i magistrati -non facessero adempiere, nè i Cristiani osservassero gli -editti imperiali attorno al culto; esortava ripetutamente -ad abbattere gl'idoli ne' contorni di Torino, vietare i -sagrifizj intemperanti o crudeli, non credere a maghi -o a coloro che vantano di potere coi carmi trarre dal -cielo la luna<a class="tag" id="tag109" href="#note109">[109]</a>. -</p> - -<p> -Gaudenzio vescovo di Brescia, seguitando l'esempio -di Filastro suo predecessore, combattè vigoroso l'idolatria -nella sua diocesi; e — Voi, neofiti, chiamati al -banchetto di questa pasqua mistica e salutare, badate -bene di conservar le anime monde dagli alimenti contaminati -dalla superstizione pagana. Non basta che il -<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span> -vero Cristiano respinga da sè il pascolo avvelenato dai -demonj; bisogna ancora che sfugga tutte le abominazioni -dei Gentili, tutte le frodi degl'idolatri, come si -fugge il veleno vomitato dal serpente infernale. L'idolatria -si compone d'incanti, di presagi, d'augurj, di -sorti, di tutte le vane osservanze; e inoltre di quelle -feste chiamate <i>parentali</i>, per cui mezzo l'idolatria sa -rianimar l'errore. Di fatto gli uomini, cedendo alla -gola, cominciarono a mangiar i cibi che avevano imbanditi -pei morti, poi non temettero di celebrare a -onor loro sacrileghi sacrifizj, per quanto sia difficile a -credere che adempiano un dovere verso i loro morti -quelli che, con mano tremolante per l'ubriachezza, -ergono il desco sui sepolcri, e dicono a chiara voce, -<i>Lo spirito ha sete</i>. Ve ne supplico, astenetevi da questi -atti, chè Dio sdegnato non abbandoni al furor dell'inferno -i suoi sprezzatori e nemici, reluttanti al suo -giogo». -</p> - -<p> -Abondio, vescovo di Como, col risuscitare un fanciullo -morto toglieva dal gentilesimo il principale signore -di quella città. Benchè sia attribuita a san Romolo -la conversione di tutta l'Etruria al tempo di Costantino, -numerose iscrizioni attestano che il culto idolatrico -sopraviveva in Firenze, a Pisa, a Volterra, a Rimini. -Giove e la Fortuna Pubblica erano adorati a Spoleto, -Vesta ad Alba, Castore e Polluce nell'isola Sacra presso -Ostia, Nettuno in questa città; Anzio, Preneste, Velletri, -Terracina, Narni consultavano e riverivano gli Dei antichi; -in Ardea continuavasi il culto della madre degli -Dei; Napoli era la metropoli del paganesimo dell'Italia -meridionale. Con tanta ostinazione si conservavano le -viete osservanze! E più ancora nella campagna, donde -venne il nome di paganesimo (<i>pagus</i>); sicchè i missionarj -osavano appena staccarsi dalle città. -</p> - -<p> -Per isvecchiare l'antico si era tentato innestarvi i -<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span> -culti orientali, con una tolleranza che degenerò in grossolano -sincretismo. L'arguto Luciano mise in burletta -l'affaccendamento di Mercurio per trovar posto nell'Olimpo -agli Dei che v'arrivano in folla dalla Persia, -dalla Scizia, dalla Tracia, dalla Gallia; e il dispetto con -che i vecchi guatavano cotesta gentaglia nuova, il dio -Ati, il dio Sebazio, i Coribanti; Bacco che seco introduce -i satiri capripedi, e fin il cagnuolo d'Erigone: -Mitra, che giungendo di Media col turbante in testa, -adocchia stupido i colleghi, e non capisce quel che -dicano, neppur quando trincano alla salute di lui. -</p> - -<p> -Inoltre i filosofi avversavano la nuova dottrina, la -cui umiltà mortificava la loro superbia: i sacerdoti che -aveano divulgato tanti miracoli e tante baje, or trovavano -ridicole le leggende de' Cristiani: i retori erano -menati dall'abitudine scolastica e dalla classica educazione -a sostenere e imbellire cerimonie senza fede, numi -senza vita, e render popolare la causa soccombente, -ch'essi patrocinavano tanto più, quanto meno poteano -comprendere le sublimità della trionfante. Si tentò -dunque opporvi una religione filosofica, impastata di -neoplatonismo; e a quell'estremo sforzo per rigenerare -la società e il politeismo diede opera principale Plotino -di Licopoli. Coll'esercito dell'imperatore Gordiano era -venuto in Asia e a Roma, dove si pose a lottar di virtù -e di scienza col cristianesimo, e chiese a Gordiano una -piccola città della Campania, ove stabilire un governo -repubblicano secondo le massime della sua scuola. Non -l'ottenne, ma molti seguaci si attirò predicando il -distacco delle cose terrene: i ricchi lo costituivano -tutore de' loro figliuoli, i litiganti lo sceglievano arbitro, -lasciavansi le delizie della città per ritirarsi seco nella -solitudine. Altri correano a cercar lumi a Edesio, scolaro -di Giamblico: ma anche costoro erano costretti -assumere aspetto religioso; ed o impostori contraffacevano -<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span> -le austerità de' cristiani per combatterli; o avidi -del vero, eppure sfasciati nel dubbio, riuscivano a pratiche -teurgiche e a teorie panteistiche, le meno convenevoli -ad una fede pubblica, che vuole un oggetto degno -d'amore, di riverenza, di speranza. -</p> - -<p> -Tutti questi aveano occhieggiato con compiacenza -Giuliano, che mostravasi disposto a rimettere in onore -il culto avito. Compita la poca filosofica sua rivolta, egli -getta la maschera; man mano che acquista un paese, -vi lascia riaprire i tempj, rinnovare i sagrifizj; egli -stesso come sacerdote massimo moltiplica questi a -segno, da far temere non venissero meno i bovi nell'impero. -Conoscendo troppo che una religione da alcun -tempo riposata, anzi seduta sul trono, più non poteva -essere combattuta coi supplizj e a spada sguainata, -introdusse una persecuzione d'altro genere dalle precedenti; -e potè vantare non senza verità d'essersi coi -Cristiani mostrato più umano che non il predecessore, -il quale tanti n'avea espulsi e morti a titolo d'eresia, -mentr'egli restituì agli esuli la patria, i beni agli spogliati, -le sedi ai vescovi di qual si fossero setta. Ma operava -non per generosità, bensì per iscaltrimento, prevedendo -che con ciò susciterebbe tale vespajo, da -sovvolgere la Chiesa, e da aprire largo campo alle beffe -sue e de' suoi. -</p> - -<p> -Altro pensato attacco fu l'interdire ai Cristiani la elevata -educazione; e stando a lui la nomina de' maestri -di grammatica e di retorica e fors'anche de' medici, -arti liberali stipendiate dall'erario, sbandì dall'insegnamento -tutti i Cristiani, per dirigere all'intento suo le -prime tanto efficaci impressioni della gioventù, e così -o guastarla o escluderla dalle scuole, e preparare alla -Chiesa gli erramenti ed il fanatismo dell'ignoranza. Al -modo stesso precluse loro tutti gl'impieghi d'onore e -di confidenza, munendo ogni aula, ogni bandiera colle -<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span> -immagini idolatriche, cui il fedele non poteva rendere -omaggio: la quale esclusione in mano de' subalterni -diventava una fiera tirannia, portando sino a negare la -giustizia. -</p> - -<p> -Poi egli medesimo scese alla lizza, e nei <i>Cesari</i> e -nei <i>Sette libri contro i Cristiani</i> risvegliò quante -folli ed esagerate accuse mai si fossero avventate contro -di questi, condendole colla beffa, arma terribile perchè -vulgare, e perchè dispensa dal ragionamento. Mentre -con ciò tendeva ad offuscar la luce, erasi proposto di -trovare virtù e verità là dove erano vizio e pazzia, svecchiare -le credenze pagane col ritrarle verso i loro -cominciamenti, imbellire come simboli ed allegorie ciò -che d'empio e di turpe v'aveano introdotto le popolari -tradizioni, trarre dagli adulterj di Giove una lezione -di morale, e dall'eviramento di Ati un simbolo dell'anima -separata dal vizio e dall'errore; Omero doveva -essere per lui quel che l'Evangelo pei Cristiani; morale -caritatevole, dogmi puri, idee nuove indagando sotto -idee antiche e favole sensuali; e foggiando a proprio -talento una scientifica superstizione, la quale pretendeva -innestare, non già ne' cuori, ma nelle teste degli uomini. -</p> - -<p> -Era egli possibile riformare una religione che mai -non possedette principj teologici assoluti, nè precetti -morali, nè sacerdotale ordinamento? Vero è forse che -ne' misteri tradizionalmente s'insegnasse alcun che di -meno materiale che non le oscenità e le ridicolaggini -delle cerimonie e delle credenze propalate: ma qualvolta -il senato romano volle rinvigorire la fede, nol -seppe altrimenti che coll'introdurre numi forestieri, a -cui la novità procacciasse devozione. Se un robusto -pensatore, conoscente della società fra cui vivea, avesse -mai potuto proporsi di rimpedulare il passato, con che -spedienti vi si potea accingere? col saldare le istituzioni -romane, sostegno della religione in cui erano nate e -<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span> -cresciute; religione del resto tutta politica, nè punto -metafisica. Che se Costantino, per sottrarsi all'ascendente -di questa, avea mutato la sede dell'impero a -Costantinopoli, chi volesse risuscitarla dovea ritornare -verso quel focolajo dell'idolatria. -</p> - -<p> -Giuliano, all'incontro, filosofo da scuola, nè tampoco -s'accôrse che in Roma sopravivevano un senato ed -un'aristocrazia, avvinghiati al culto degli avi; e tutte le -sue sollecitudini concentrò sull'ellenismo, vale a dire -sopra credenze impotenti da gran pezzo a sostenere il -dechino de' costumi e ad invigorire la nazionalità; e -pensò affidar l'avvenire del mondo a sofisti, indovini, -ciancieri furbi e sprezzati. Con un eclettismo senza buona -fede, injettando alla credenza greca sentimenti che mai -non v'erano stati o che da secoli erano periti, egli accettava -l'unità di Dio: al tempo stesso, avendogli il Sole -in visione a Vienna pronosticate le future grandezze, -venerò specialmente il <i>padre Mitra</i>, e si dichiarò assessore -di quell'altro<a class="tag" id="tag110" href="#note110">[110]</a>; nelle medaglie si lasciò figurare -or da Serapide, ora da Apollo, e dipingere fra Marte -e Mercurio; giurava per Serapide<a class="tag" id="tag111" href="#note111">[111]</a>; faceva il panegirico -della Madre Idea, sgridando cotesti <i>ridicoli</i> che, -acuti, ma non sani dell'intelletto, negano fede a ciò che -dalle città viene creduto, e preferiscono la croce ai -sacri trofei degli Ancili, indubbiamente caduti dal cielo; -con una turba di sofisti e teurgici celebrava sacrifizj, -rinnovava le spaventose scene dell'iniziazione e l'orrida -maestà de' riti in antri cupi, fra tuoni e lampi. -</p> - -<p> -Dopo imperatore e pontefice massimo, non poteva -accomunarsi ai sudditi nelle pratiche devote; onde ebbe -una cappella domestica sacra al Sole: di statue e altari -empì gli appartamenti e i giardini: appena l'astro del -<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span> -giorno apparisse sull'orizzonte, il salutava con un sacrifizio; -di nuove vittime l'onorava al tramonto; nè la -notte lasciava prive d'offerte la luna e le stelle: ciascun -giorno visitava il tempio del Dio, di cui correva speciale -commemorazione; poi non isdegnando gli uffizj -più bassi, vestito di porpora, in mezzo ad impudichi -sacerdoti e a donne carolanti, soffiava nel fuoco, sgozzava -di propria mano le vittime, e nelle palpitanti -viscere indagava il futuro; si sottopose anche ad un -taurobolo, facendosi piovere sul capo il sangue d'un -toro scannato. — Con ciò vuol cancellare il carattere -impressogli dal battesimo», dicevano i Cristiani, ai -quali se volessimo credere, scannò vergini e fanciulli -per esplorarne le viscere, e i cadaveri ne furono trovati -lui morto: ma il titolo di <i>apostato</i> attribuitogli, -bastava a denigrarlo agli occhi di quelli ch'esso perseguitava; -onde conviene andar cauti nel credere ai delitti, -di cui essi funestano i tre anni del suo regno. -</p> - -<p> -A vicarj del suo pontificato elesse sacerdoti e filosofi, -amici e confidenti di sua gioventù, zelatori della -credenza avita; e principalmente il rétore Libanio d'Antiochia, -il quale ci assicura che, dopo che fu ammesso -all'illustrazione, Dei e Dee scendevano assiduamente a -conversare coll'imperatore; talvolta gli rompevano il -sonno, lambendogli leggermente i capelli; sempre il -tenevano consigliato ne' dubbj, avvertito se alcun pericolo -gl'imminesse; e talmente v'era abituato, che discerneva -alla voce e all'incesso Minerva da Giove, Ercole da -Apollo<a class="tag" id="tag112" href="#note112">[112]</a>. -</p> - -<p> -Tanti favori si meritava egli con opere, cui non mi -ricorda che Omero abbia mai riconosciute per meritorie, -come l'astenersi in certi giorni da alcuni cibi -ch'egli immaginava meno graditi a questo o a quello -<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span> -iddio. Ad imitazione del cristianesimo, tentò riordinare -l'ellenismo con riti nuovi e con una gerarchia, raccogliendone -in sè i supremi uffizj, e formandone una superstizione -ragionata. Voleva introdurre nei tempj la -predica e il catechismo, preghiere ad ore determinate, -canti a due cori, penitenze per li peccati, apparecchi -per l'iniziazione, ritiri per i contemplativi e per le vergini: -singolarmente gli piacevano le <i>lettere formate</i> -dei vescovi, mediante le quali i fedeli viaggiando erano -dappertutto accolti con effusione di carità. Sull'esempio -delle pastorali de' Cristiani, ne mandava fuori anch'esso, -raccomandando ai sacerdoti di esser buoni, e d'imitare -quei cani di Galilei, i quali alle loro credenze acquistavano -fede con tante opere di carità: proponeasi -d'assistere gl'indigenti, stabilire ospedali pei poveri, -senza distinzione di patria nè di credenza: il che se -avesse effettuato, avrebbe porto un'altra prova dell'efficacia -della verità anche sopra coloro che repugnano -dalla luce di essa. -</p> - -<p> -Mentre involontaria testimonianza rendea della virtù -cristiana volendola conculcata e imitata, chiudeva gli -occhi ai progressi che il cristianesimo avea fatto fare -all'equità legale; e di tante sue costituzioni inserite nel -codice Teodosiano, neppur una asseconda l'affrancamento -del diritto naturale, sì bene avviato da' suoi predecessori. -Che poi egli non operasse convinto, ma per -odio al cristianesimo, il mostrò con favorire gli Ebrei, -che cercò anche ristabilire a Gerusalemme, affine di -smentire la profezia di Cristo: ma si disse che fiamme -sbucate di terra distruggessero le fabbriche cominciate. -</p> - -<p> -Trattavasi di teurgie e sagrifizj? Giuliano deviava -dalla parsimonia introdotta in ogni altro atto; e rari -uccelli e fin cento bovi al giorno propiziavano le sorde -divinità; e largizioni veramente regie dotavano i santuarj, -sopravissuti all'indifferenza dei Gentili ed allo -<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span> -zelo dei Cristiani. Che gioja per lui quando i soldati -esercitavano l'appetito sopra le vittime scannate agli -idoli, e s'ubriacavano col sacro vino!<a class="tag" id="tag113" href="#note113">[113]</a> Poi nei -giorni solenni, mentre passavangli davanti in rassegna, -largheggiava con chiunque gettasse sull'ara alcuni grani -d'incenso. Molti Cristiani rimasero ingannati dalla semplicità -di quest'atto; poi come lo conobbero colpevole, -corsero a furia al palazzo, repudiando l'oro ricevuto, e -gridandosi cristiani: del che cruccioso, l'imperatore -ordinò fossero decollati; e già avviavansi contenti al -supplizio disputando a chi primo, quand'esso li graziò, -ripetendo: — Non voglio dare a costoro la gloria del -martirio». -</p> - -<p> -Quest'entusiasmo artifiziale non gli toglieva di accorgersi -come ai riti ellenici o etruschi più non appartenesse -la direzione delle coscienze; ogni tratto si querela della -trascuranza ne' doveri religiosi, della spilorceria nell'onorare -gli Dei; ma sordo all'eloquenza de' fatti, per -decreti imperiali e per filosofiche elucubrazioni ostinavasi -ad imporre una religione, la cosa più libera del -mondo. -</p> - -<p> -E per imporla non rifuggiva dell'accoppiare alla dotta -persecuzione la legale. Ordinò che i Cristiani restaurassero -i delubri degli Dei, dal loro zelo demoliti, e vi -si restituissero i beni confiscati; e attesochè per lo più -su quelli eransi costruite chiese, conveniva abbatterle; -e non permettendo la religione ai Cristiani di fabbricare -tempj profani, venivano trattati a maniera dei -debitori insolvibili, carcerati al modo romano, e malmenati -da uffiziali che colla arbitraria severità sapevano -di gratificarsi l'augusto. Ai pontefici profani trasferì -l'amministrazione dei beni assegnati da Costantino -e da' suoi figli pel culto; confuse i sacerdoti cristiani -<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span> -coll'infimo vulgo; attese ad escludere i fedeli da ogni -onore e vantaggio temporale; e non dissimulava -l'intenzione di adoperar cogli ostinati una salutare -violenza<a class="tag" id="tag114" href="#note114">[114]</a>. -</p> - -<p> -Insomma la tolleranza di Giuliano era quella di tutti -i tiranni, clementi finchè nessuno si oppone. Ma una -Chiesa avvezza a quarant'anni di dominio spiegava -più sicura la costanza di cui avea fatto mostra fin quando -era scarsa ed oppressa: che se alle prime persecuzioni -avevano i Cristiani chinato la fronte, obbedendo alle -potestà superiori anche ribalde, or che si sentivano -divenuti un popolo, non si credevano obbligati a sopportare -l'ingiustizia peggiore, quella che violenta le -coscienze. Adunque in varie parti abbatterono i rialzatisi -altari, i riaperti delubri; alto levavano i lamenti -contro l'usurpare beni alle chiese per darli agli idoli. -Giuliano, indispettito della resistenza, puniva i contumaci: -e i Cristiani veneravano le vittime sue come -martiri; e la presunzione d'innocenza faceva accompagnare -di non dissimulato compatimento il supplizio -anche di quelli che per avventura l'aveano meritato -coll'esorbitare nell'opposizione, solito e naturale effetto -delle inique procedure. Anzi, temendo che Giuliano non -si avventurasse a peggio, i Cristiani accingevansi ad -una resistenza che poteva travolgere l'impero nella -guerra civile, se i casi non l'avessero prevenuta. -</p> - -<p> -Giuliano conservò in trono molte belle qualità. Semplice -nel vestire e nei piaceri, attento ai gravi obblighi -di re, dava udienza ogni giorno agli ambasciatori ed -ai privati, prendendo istantanea deliberazione sopra le -suppliche; scriveva lettere pubbliche e trattati filosofici; -le caste notti usurpava al riposo per darle agli affari; -nè ai giuochi del Circo, passione de' suoi predecessori, -<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span> -recava la sua noja se non quando il rito l'obbligasse. -Ripigliando uffizj dimenticati dagli augusti, sovente -arringava, massime nel senato, per isfoggiare eloquenza: -più spesso sedeva ne' giudizj come a dovere o -come a divertimento, spassandosi a sventare i cavilli -degli avvocati; ma talora appassionandosi in modo -disdicevole a giudice, empiva l'aula di schiamazzo, e -una volta, stomacato dalla zotichezza di certi villani -venuti a supplicarlo, li prese a pugni e calci. Con quelli -che tramavano contro di lui usò clemenza; ricusò il -titolo di signore; mostrò riverenza ai consoli; pensava -anche rinunziare al diadema, se non l'avesse distolto -una rivelazione degli Dei. -</p> - -<p> -Nel libro dei <i>Cesari</i> protestò contro le interminabili -conquiste di Roma, preferendo Antonino a Cesare ed -Augusto, cioè la pace alla guerra. Eppure della gloria -d'Antonino non s'appagava, e ambiva pur quella di -Trajano. Chetati in Occidente i Franchi, gli Alemanni, -i Goti, restava in Oriente l'impero dei Persi, contro di -cui, in trecent'anni di guerra, i Romani non aveano -ancor potuto stabilmente acquistare pur una provincia -della Mesopotamia, o dell'Assiria. Per vendicare i danni -recati da re Sapore, Giuliano raccolse formidabile esercito -ad Antiochia, ove consumò l'inverno a ristabilire -l'idolatria e saldar la disciplina. A primavera <span class="sidenote">(268)</span> si mosse, -a vicenda consolato ed afflitto dagli oracoli bene o -male risposti, e dal trovar in fiore o sfruttato il culto -de' suoi numi. -</p> - -<p> -Dirizzatosi sopra Ctesifonte, assalse l'esercito nemico, -e l'inseguì fin sotto alla città: ma improvvidamente abbandonato -il Tigri, base delle sue operazioni, e sul -quale le navi lo provvedeano di vettovaglie, inoltratosi -nell'interno della Persia, non trova che solitudine; le -ubertose campagne, i pingui villaggi sono ridotti a -fumanti deserti dall'amor della patria o dagli ordini -<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span> -d'un déspoto; ogni giorno s'assottigliano le provvigioni; -false guide rendono più disagiate le marcie al pesante -treno; uomini e Dei non suggeriscono più ripieghi -all'eroe, il quale, se dianzi fantasticava la conquista -dell'Ircania e dell'India, allora, desolato al vedersi -causa di tanto pubblico disastro, dovette dar volta -verso il Tigri. -</p> - -<p> -Le bande, che aveano bersagliato incessantemente -la marcia, si raccozzarono in immenso esercito per abbarrargli -la ritirata. Grossi di numero, leggeri di movimenti, -a dovizia provvigionati, chiudevano in mezzo -i Romani, costretti a combattere marciando, impediti -dalle gravi armature, sì scarsi di cibo, che logoravano -quanto potevano sottrarre ai somieri. Giuliano -non concedeva a se stesso nulla più che all'infimo -soldato: ma la superstizione che l'avea spinto ad afferrare -il diadema, minacciava strapparglielo. Quel -genio dell'Impero, che nella Gallia avea chiesto d'essere -ammesso nella sua tenda, or rivide in atto di -velare di gramaglie il capo e il cornucopia, e ritirarsene -esterrefatto: Giuliano balza all'aria aperta, -quand'eccogli avanti un'ignota meteora in sembianza -del dio Marte, corrucciato con esso perchè in un -trasporto di collera avea giurato non volergli più fare -sacrifizj<a class="tag" id="tag115" href="#note115">[115]</a>. Gli aruspici etruschi consultati lo sconsigliano -dalla pugna; ma come evitarla? Al nuovo -giorno intimata la mischia <span class="sidenote">(27 giugno)</span>, mentre, imbaldanzito del -primo successo, insegue i Persiani, questi al modo -loro saettano a man salva un nembo di dardi e giavellotti, -uno de' quali imbrocca Giuliano nel petto. -</p> - -<p> -Portato nella tenda, e riconosciuta mortale la ferita, -cogli amici egli ragionò della morte alla maniera di -<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span> -Socrate, e come gli sapesse dolce in quel punto l'incolpabilità -di sua vita; compiacersi di morire da re, -anzichè per segrete cospirazioni, o per violenza di -tiranno, o per languore di malattia; augurare ai Romani -potessero esser felici sotto un sovrano virtuoso. -Dissertò sulla natura dell'anima e sulla sua, che presto -sarebbe ricongiunta alle stelle da cui emanava; e spirò -di trentun anno e otto mesi. -</p> - -<p> -Così narrano i suoi ammiratori; e Ammiano Marcellino, -ch'era presente, gli pone in bocca una dissertazione -nè da moribondo nè da lui. I Cristiani invece -fanno che, sentendosi ferito, urlasse — Vincesti, o -Galileo», e spirasse fra spasimi e rimorsi. E una cosa -e l'altra sarà stata creduta, perchè i partiti credono -non esaminano, e la storia rimane esitante fra eccessi -opposti, colla sola certezza che entrambi esagerarono. -</p> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap50">CAPITOLO L. -<span class="smaller">Da Gioviano a Teodosio. I santi Padri. -Trionfo del cattolicismo.</span></h2> -</div> - -<p> -Non rimanendo alcun rampollo di Costantino, e importando -aver un capo da opporre all'incalzante nemico, -fu acclamato Claudio Gioviano, primicerio de' domestici, -trentaduenne, bello, piacevole, prode, non ambizioso, -diviso tra il cristianesimo e le voluttà. Ridotto ad accettare -capitolazioni indecorose ma inevitabili, dopo disastrosa -ritirata si raccolse a salvamento in Nisibe. -</p> - -<p> -Lo aveva preceduto nell'impero la fama della morte -di Giuliano, accolta con impeti d'esultanza e di dolore; -perocchè il labaro, drappellato in capo all'esercito -annunziava ripristinato il culto del vero Dio. L'idolatria, -<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span> -risorta per obbedienza o per adulazione, ricadde per -sempre; spontaneamente richiusi i tempj, cessate le -vittime; i filosofi si rasero, deposero il pallio, e tacquero; -i Cristiani non vendicarono l'arroganza e l'oppressione -passata se non con un'allegrezza trascendente -forse i limiti della carità: ma quanto son pochi quelli -che s'accontentino di vincere senza voler trionfare! -</p> - -<p> -Gioviano restituì le immunità alle chiese, al clero <span class="sidenote">(364)</span>, -alle vedove, alle vergini sacre, proibendo di violentarle -o sedurle al matrimonio; richiamò i vescovi; interdisse -magìe e superstizioni, ma non l'esercizio del politeismo; -circondato dai vescovi delle varie sêtte, premurosi di -trarlo dalla loro, egli si chiarì pei Cattolici. Ma appena -riconosciuto da tutto l'impero, una notte morì <span class="sidenote">(15 febbr.)</span>, chi dice -d'intemperanza, chi d'asfissia, chi di tradimento. -</p> - -<p> -Dopo dieci giorni, i capi dell'esercito buttarono la porpora -sulle robuste spalle di Flavio Valentiniano, soldato -pannone, in cui gran destrezza, valore, bella presenza, -eloquenza naturale sebbene incolta. Siccome Gioviano, -così egli fu eletto da soli i capi, non da tutto l'esercito, -che, composto il più di Barbari mercenarj o di ragunaticci, -poco badava a cui toccasse l'impero; e di tal -passo s'introdussero le elezioni per intrigo. -</p> - -<p> -Il 25 febbrajo era bisestile, giorno di sinistro augurio, -onde Valentiniano si tenne nascosto, poi il domani fu -acclamato a grida incessanti. Sentendo per altro la -necessità che almen due capi vi fossero in tanta estensione, -l'esercito il richiese di darsi un collega, e Valentiniano -rispose: — Testè dipendeva da voi l'eleggere -un imperatore; eletto, ora spetta a me il provvedere -al pubblico interesse: non bisogna precipitare, state -cheti e fidate in me». Poco appresso condiscese a quel -voto intitolando augusto suo fratello Valente <span class="sidenote">(8 marzo)</span> di trentasei -anni, che debole e timido, unico merito aveva l'amare -il fratello; e gli lasciò le prefetture d'Oriente, tenendo -<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span> -per sè quelle dell'Illirico, dell'Italia, della Gallia, cioè -quanto si stende tra i confini della Grecia, il muro -Caledonio e il monte Atlante; l'antica amministrazione -non innovando in altro che nello stabilire guardia -doppia e doppia corte, una in Milano, una in Costantinopoli. -</p> - -<p> -Sol dunque di Valentiniano spetta a noi il dire. Egli -invitò ognuno ad esporre le querele, e ne fioccarono -contro i ministri che avevano abusato della credulità e -della superstizione di Giuliano, e che furono puniti di -multe e tormenti. Soldato grossolano, dilettavasi a vedere -torture ed esecuzioni; più gli veniva in grazia chi -più spietato; e a Massimino conferì la prefettura della -Gallia per avere menato strage tra le famiglie di Roma. -Innocenza e Mica Aurea chiamava due orse che teneva -sempre accanto alla sua camera, pascendole e trastullandole -egli stesso; porgeva loro a sbranare i malfattori; -e quando gli parve che Innocenza avesse abbastanza ben -servito, le rese la libertà delle selve. — Uccidetelo» -era l'ordinaria sua sentenza sopra le accuse; e non già -per propria sicurezza, ma perchè gli aveano detto che -vuolsi esercitar la giustizia. -</p> - -<p> -Un prefetto desidera cangiar luogo, e l'imperatore: — Va, -conte, e spicca il capo a costui che vuole spiccarsi -dalla sua provincia». Un ragazzo sguinzaglia -troppo presto un cane? un artefice fa una corazza -bella, ma alquanto mancante del peso convenuto? sono -decretati a morte. Trovate esauste le finanze, benchè -da quarant'anni in poi il tributo si fosse addoppiato, -Valentiniano non si fece coscienza d'intaccare le proprietà -dei più ricchi e magnifici. Irritato dai disordini -derivanti dallo esorbitare delle imposizioni, comanda -gli si porti il capo di tre decurioni per ciascuna città -di quella provincia. — Piaccia alla clemenza vostra -decretare come comportarci ove tre decurioni non vi -<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span> -sieno», gli chiese il prefetto Florenzio; e l'ordine insano -fu revocato. -</p> - -<p> -Però nel vivere privato si condusse con castigata -semplicità, nè fu cieco pei parenti. Difese avvisatamente -l'impero, e lasciò che i giurisprudenti gli suggerissero -ottime leggi. Zelante quando il mostrarsi cristiano recava -pericolo, si mantenne poi tollerante<a class="tag" id="tag116" href="#note116">[116]</a>; allontanò -una legione da una sinagoga, di cui disturbava il culto; -i Pagani esercitassero i loro riti, esclusa però la magìa -e le superstizioni che dal senato erano state interdette; -ai pontefici provinciali concedette le immunità proprie -dei decurioni e gli onori di conti<a class="tag" id="tag117" href="#note117">[117]</a>; lasciò rinnovare -i misteri Eleusini, e si videro arder vittime sugli altari, -menarsi per le vie le orgie di Bacco, e uomini e donne, -vestiti di pelli caprine, stracciar cani e fare l'altre follie -di quel culto. -</p> - -<p> -Perchè il clero non si corrompesse nelle prosperità, -a Dàmaso vescovo di Roma dirizzò Valentiniano un -editto, che ecclesiastici e monaci non frequentassero -le case di vergini e di vedove; ai direttori inibì di -ricevere dalle figlie spirituali donativo, legato o eredità; -e pare che dappoi a tutte le persone dell'ordine ecclesiastico -fosse vietato l'accettar testamenti o legati, atteso -l'abusare che alcuni faceano della fiducia, massime delle -donne, onde fraudare i parenti della legittima eredità<a class="tag" id="tag118" href="#note118">[118]</a>; -e il lusso e l'ambizione facevano che il seggio -<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span> -pontificale fosse ambito per ben altro che per zelo delle -anime, e acquistato sin colla forza. -</p> - -<p> -Valentiniano esercitò sua bravura contro le nazioni -straniere, che quasi di conserto invadevano l'impero. -I Germani, offesi della scarsezza dei donativi fatti agli -ambasciatori spediti colle congratulazioni, si avventarono -sulle Gallie, ruppero i Romani in battaglia ordinata, -uccidendone il generale Severiano; ma poi vennero -interamente disfatti da Gioviano presso Metz. I -Sassoni penetrarono nell'impero; ma tolti in mezzo, -furono rinviati, e malgrado la salvezza promessa, assaliti -e fatti a pezzi. Valentiniano stesso entrò sul territorio -degli Alemanni, e nel paese che ora è regno di Würtemberg -li ruppe sanguinosamente, e passò gran tempo -sul Reno <span class="sidenote">(366-70)</span> per inanimare i soldati alla fabbrica de' forti -con cui muniva quella linea. Da lui istigati, ottantamila -Borgognoni si affacciarono a quel fiume per danneggiare -gli Alemanni; ma non vedendosi assecondati -dall'imperatore, diedero volta, trucidando quanti aveano -prigionieri. -</p> - -<p> -Avendo Valentiniano fabbricato forti di là del Danubio -sulle terre dei Quadi confederati, Gabinio re di questi -venne in persona a querelarsene <span class="sidenote">(373)</span>; ma essendo stato -vilmente trucidato, i suoi mandarono a sperpero l'Illiria, -e ruppero due legioni romane. Contro di loro mosso -in persona, Valentiniano ne dilapidò le terre, sicchè -essi spedirongli ambasciatori a Guns in Ungheria implorando -pietà. Mentre a questi Valentiniano parlava -coll'escandescenza cui soleva talora abbandonarsi, cadde -morto <span class="sidenote">(375 — 17 9bre)</span>, avendo vissuto cinquantacinque anni, regnato -dodici. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span> -</p> - -<p> -Graziano suo figlio sarebbe potuto succedergli; ma -alcuni, ambiziosi di governare sotto il nome d'un re -bambino, acclamarono Valentiniano II, partorito da -Giustina, seconda moglie del defunto, perchè nato nella -porpora: e ne seguiva guerra civile se il prudente -Graziano non si fosse quetato all'elezione, consigliando -la vedova imperatrice a stabilirsi col figlio in Milano, -mentr'egli assumeva il difficile governo delle Gallie. -</p> - -<p> -Ma ecco giungergli avviso che i Goti aveano invaso -l'impero orientale, onde s'allestì a difesa dello zio Valente; -prima però che giungesse, questo in fiera giornata -ad Adrianopoli era stato vinto ed ucciso <span class="sidenote">(378 — 9 agosto)</span>. Con -ciò Graziano trovavasi a diciannove anni padrone del -mondo: se non che davanti si vedea un milione di -Goti, insuperbiti d'aver ucciso quarantamila guerrieri, -e acquistatone l'armi e i cavalli in una battaglia tanto -segnalata; alle spalle gli si agitavano i Germani; all'un -estremo del mondo fremevano i Persi, gli Scoti all'altro, -istrutti alla prova che potevasi vincer Roma, incatenare -od uccidere i suoi imperatori. Graziano, sentendosi -insufficiente a tanti urti, il pubblico bene preferì alla -personale ambizione, e fermò scegliersi a collega non -un fanciullo nato per caso nella reggia, ma un uomo -pari alla gravezza dei tempi; e pose gli occhi sopra -un esule, un oltraggiato, che non ambiva nè sognava -tampoco il trono. -</p> - -<p> -Teodosio conte spagnuolo avea condotto gl'imperiali -a vincere Firmo, principotto mauro di gran seguito, il -quale avea sommosso l'Africa, disgustata dalle vessazioni -di Romano, governatore avido, crudele, e insieme -superbo a segno, che non volea mettersi in marcia se -non con quattromila camelli. Firmo, ridotto alle strette, -dopo ostinata difesa si strangolò; ma Teodosio rimostrò -che le sollevazioni non si poteano prevenire efficacemente -se non reprimendo gli eccessi de' governatori, -<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span> -e massime di Romano. Tale franchezza gli costò la -vita. -</p> - -<p> -Suo figlio, di nome anch'egli Teodosio, liberalmente -educato, aveva nella Bretagna represso le irruzioni -de' Pitti e Scoti, e vinto l'usurpatore Valentino, consegnandolo -ai magistrati, ma esigendo non l'obbligassero -a nominare i complici, per non essere costretto a punirli. -Piombò poi sulle terre degli Alemanni, e assai -ne prese, che furono messi in colonia sul Po. Venuto -famoso per questi ed altri fatti, fu spedito duca della -Mesia, la quale salvò dai Sarmati. Quando suo padre -fu decollato, egli, sentendosi invidiato dai cortigiani, si -ritirò in Ispagna, dispensando il tempo fra le cure di -cittadino e la tranquilla amministrazione d'un vasto -patrimonio, lieto di tre figliuoli, Arcadio, Onorio e -Pulcheria. -</p> - -<p> -Cincinnato della Roma decrepita, fu invitato da -Graziano, prima a combattere in difesa dell'impero, -poi a parte del trono, quando compiva i trentatre anni <span class="sidenote">(370 — 19 genn.)</span>. -L'imperatore non temeva che alla vendetta domestica -posponesse il pubblico vantaggio, e gli sposò Galla sua -sorella: il popolo ne ammirava la maschia bellezza, la -maestà temperata dalla grazia, e — Viene dalla patria -stessa di Trajano e d'Adriano; gli imiterà». A Teodosio -furono assegnate le provincie già imperiate da Valente, -oltre la Dacia e la Macedonia; Graziano serbò le Gallie, -la Spagna, la Bretagna; mentre di nome obbedivano -al fanciullo Valentiniano II l'Illiria occidentale, l'Italia -e l'Africa. -</p> - -<p> -Graziano sospese le persecuzioni; protesse le lettere -e le coltivò, trovando agio di trattare la cetra colla -mano avvezza alla spada, e di cantare le imprese degli -eroi; al poeta Ausonio suo maestro concesse il consolato, -e una toga quale gl'imperatori indossavano nel -trionfo; conservò perenne amicizia con sant'Ambrogio -<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span> -vescovo di Milano<a class="tag" id="tag119" href="#note119">[119]</a>. Ma morti coloro che lo avevano -messo sul cammino diritto, lasciossi forviare da -indegni cortigiani, sicchè consumava il tempo tra le -caccie e in disputare coi vescovi, de' quali talvolta -assecondava l'intolleranza. -</p> - -<p> -Nella Bretagna i soldati scontenti si levarono a sedizione; -e Magno Massimo, compatrioto e commilitone -di Teodosio, non avendo ottenuto grado pari alla sua -ambizione, si fece gridare imperatore, e passò nelle -Gallie con trentamila soldati e centomila paesani; coraggioso -e degno d'impero se l'avesse cercato per vie -migliori. Fissatosi a Treveri, si procacciava ogni giorno -nuovi partigiani, anche dei più vicini di Graziano. -Questi da Parigi fuggì verso l'Italia; ma presso Lione -tratto insidie, cadde ucciso a ventiquattr'anni <span class="sidenote">(383 — 23 agosto)</span>. Massimo -spedì a Teodosio giustificandosi del fatto; e — Riconoscimi -per collega, o mi sosterrò colle forze -de' più floridi paesi dell'impero». Necessità e desiderio -di risparmiare una guerra indussero Teodosio al patto; -e i tre imperatori furono acclamati per tutto l'orbe -romano. -</p> - -<p> -Pochi anni dopo <span class="sidenote">(387)</span>, Massimo, non sapendo limitare la -sua ambizione, sotto finta di ausiliarj esibì un grosso -di truppe, le quali in sicurtà di pace passando le Alpi, -assicurarongli l'entrata nell'Italia. Valentiniano II, o -<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span> -dirò meglio Giustina che ne reggeva la fanciullezza, -fuggirono allora da Milano, ove Massimo entrava trionfante: -ma Teodosio sopragiunsegli con esercito agguerrito -e somma rapidità; talchè chiuso in Aquileja, fu -da' suoi spogliato e condotto all'imperatore <span class="sidenote">(388 — agosto)</span>, che ne -volle il capo a vendetta di Graziano. Sbrigata così la -guerra civile, e sveltene le radici colla moderazione e -col perdono, Teodosio salì al Campidoglio in trionfo. -</p> - -<p> -E ben n'avea diritto: i Goti aveva ripartiti in colonie -per paesi deserti, dove si convertivano al cristianesimo -e alla civiltà; i Persiani invocavano la sua amicizia; i -sudditi gli mostravano riconoscenza. Nella privata condotta -abbastanza temperante, ai parenti affezionato e -rispettoso, allevò come proprj i nipoti; affabile al conversare, -variava tono a seconda delle persone, gli amici -sceglieva tra' migliori, e impieghi e premj dava a' più -degni, non adombrandosi del merito, nè dimenticando -i benefizj. Fra le cure del vasto impero trovava pure -alcun respiro onde applicarsi alla lettura, e massime -alla storia, giudicando i fatti antichi, fremendo alle -crudeltà di Cinna, di Mario, di Silla, il passato facendo -scuola dell'avvenire. Senza ostacolo e quasi senza lamenti -avrebbe potuto occupare intera l'autorità; pure -ricollocò sul trono Valentiniano II, aggiungendogli -anche le provincie tolte a Massimo di là dell'Alpi. -</p> - -<p> -In tempi ove l'impero sfasciavasi, nè un palmo di -terra egli perdette, costretto però aggravare le imposizioni, -e amministrar con un rigore molto simile a -tirannia, unico puntello del cadente dominio. La rivoltosa -Antiochia avea minacciata d'estremo rigore; ma -lo placarono gli anacoreti e san Giovanni Grisostomo. -Tessalonica però, che uccise i primarj uffiziali di lui, -fu condannata a sanguinoso sterminio. Ambrogio, -vescovo di Milano, ove l'imperatore si trovava, ne -smarrì d'orrore; gli scrisse ad esecrazione del fatto, -<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span> -esortando ne facesse penitenza a calde lagrime, e avvertendolo -non ardisse accostarsi all'altare del Dio della -misericordia colle mani stillanti del sangue innocente. -Teodosio a quei rimproveri risensò; e poichè non poteva -più riparare all'eccidio, si recò per penitenza nella -basilica milanese. Ed ecco Ambrogio farsegli innanzi -sul vestibolo, dichiarando che, pubblico essendo stato -il delitto, pubblicamente doveva soddisfare alla divina -giustizia; nè lo volle ricevere alla comunione finchè -non si sottomise alla canonica penitenza. Spoglio delle -insegne della suprema podestà, comparve supplichevole -in mezzo della chiesa, confessandosi in colpa: col che -dopo otto mesi ottenne indulgenza e d'essere ricomunicato; -e frutto ne fu un editto che ingiungeva di -soprassedere sempre trenta giorni alle comandate -esecuzioni. -</p> - -<p> -Di maggior memoria è degna quest'altra legge, -viepiù opportuna dopo profonde commozioni: — Se -alcuno, dimentico della prudenza, si fa lecito di straziare -con trista e sconsiderata maldicenza il nostro -nome, e per orgoglio si rende detrattore sedizioso del -tempo presente, vietiamo gli s'infligga alcun castigo o -maltrattamento. Se l'offesa proviene da leggerezza, -vuolsi disprezzarla; se da follia, compatirla; se da perversità, -perdonarla»<a class="tag" id="tag120" href="#note120">[120]</a>. Nè erano i detti smentiti dalle -opere, giacchè essendosi scoperta una congiura contro -di lui a Costantinopoli, e i rei condannati nel capo, -Teodosio perdonò a tutti, e non volle si cercassero i -complici, soggiungendo, — Così potessi rendere la vita -ai morti»<a class="tag" id="tag121" href="#note121">[121]</a>. E un'altra volta un magistrato insistendo -che degli uffiziali della giustizia doveva essere principal -cura l'assicurare la vita del principe, — Sì (soggiunse -<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span> -egli), ma vorrei prendeste anche maggior cura della -mia reputazione». -</p> - -<p> -Poichè le rivoluzioni durature non si compiono d'improvviso, -i primi imperatori cristiani aveano lasciato il -culto antico sussistere allato al nuovo; ancora i riti -pagani si riguardavano, o almeno chiamavansi nazionali; -i pontefici sagrificavano in nome del genere -umano; in mezzo alla curia Giulia, dove accoglievasi -il senato, sorgeva sull'ara la statua della Vittoria, tolta -ai Tarantini, e da Augusto ornata colle spoglie dell'Egitto; -e prima delle adunanze, i senatori vi ardevano -incenso, giurando fedeltà all'imperatore. -</p> - -<p> -E in Italia non pochi nelle scuole difendevano le -antiche credenze, e nella società se ne chiarivano campioni. -Nominerò fra questi Vettio Agorio Pretestato, -«capo della pietà pagana», nella cui biblioteca Macrobio -fa radunare gl'interlocutori de' suoi Saturnali, -e prestargli un rispetto vicino a venerazione. Mettevasi -egli attorno gl'illustri avanzi del paganesimo; fu deputato -a Valentiniano I perchè sospendesse le persecuzioni -contro gli auguri; ed altamente onorato finchè visse, -ebbe dopo morte due statue dagl'imperatori, una dalle -Vestali<a class="tag" id="tag122" href="#note122">[122]</a>. -</p> - -<p> -A lui diresse amichevoli lettere Aurelio Anicio -<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span> -Simmaco romano, che dal retore Libanio avea succhiato -la venerazione del paganesimo e la speranza di rintegrarlo. -Nato dal prefetto di Roma, salì pontefice, questore, -pretore, governò la Campania e i Bruzj, stette -proconsole in Africa, indi prefetto di Roma, da ultimo -console (391); parteggiò per Magno Massimo, vinto il -quale, rifuggì in una chiesa di quei Cristiani che aveva -osteggiati, e papa Liberio gl'impetrò perdono; aggregato -ai pontefici, vi portò uno zelo vigoroso, lamentando -che troppi di essi col negligere i sacri doveri cercassero -la grazia degli imperanti. Mirabile accecamento! in -mezzo a tanta mutazione, egli favella delle patrie religioni -come niuno le avesse revocate in dubbio, e a -Pretestato scrive: — Oh se m'accora che, dopo moltiplicati -sacrifizj, il funesto presagio manifestatosi a -Spoleto non siasi ancora pubblicamente espiato! Giove -si mostrò favorevole appena alla quarta mactazione, -e neppure all'undecima ci fu possibile soddisfare alla -fortuna pubblica. Deh in qual paese siamo! Ora si -tratta di raccorre ad assemblea i colleghi nostri, e ti -terrò informato se giunsero a scoprire qualche rimedio -divino»<a class="tag" id="tag123" href="#note123">[123]</a>. Con singolare contrizione supplica egli i -patrj numi che perdonino le neglette cerimonie<a class="tag" id="tag124" href="#note124">[124]</a>; -esorta le Vestali a mantenere severa la disciplina; -chiede la punizione d'alcuna che avea leso il voto<a class="tag" id="tag125" href="#note125">[125]</a>; -e s'adopera per sostenere la politica importanza del -paganesimo. -</p> - -<p> -A questa unicamente dirigeano la mira i difensori -del politeismo in Occidente; a differenza dell'impero -Orientale, che aveva in Atene una scuola regolarmente -piantata all'uopo di mantenere, per una <i>catena d'oro</i> -<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span> -d'iniziati, la fiducia nelle defunte immortalità e nelle -dottrine teurgiche associate al neoplatonismo. Solo i -maestri delle varie scuole di Roma, Milano, Bordeaux, -Treveri, Tolosa, Narbona diffondeano le favole degli -autori pagani nel farne ammirar le bellezze; e quando -uno di essi, Eugenio, dall'accidente fu portato al trono, -diede mano all'idolatria, rialzò l'altare della Vittoria, -collocò la statua di Giove al varco delle alpi Giulie<a class="tag" id="tag126" href="#note126">[126]</a>, -e drappellava l'effigie di Ercole innanzi a' suoi eserciti. -</p> - -<p> -La costoro esistenza è prova che il cristianesimo -trionfante si guardò dalle persecuzioni, cui era soggiaciuto -nascente. Il numero però de' Cristiani era grandemente -cresciuto, e illustri famiglie<a class="tag" id="tag127" href="#note127">[127]</a> vi aggiungevano -credito e potenza. La stessa scenica persecuzione -di Giuliano, comprimendo un istante la libera manifestazione -del culto, rintegrò l'elasticità; e il facile trionfo -sopra la impotente ricomparsa degli idoli di Grecia -crebbe l'autorità dei vescovi, che, quasi altrettanti -capitani non solo per dilatare il cristianesimo, ma per -combattere il politeismo, a gran voce domandavano che -la società rompesse finalmente i legami che l'avvincevano -all'idolatria. -</p> - -<p> -Internamente però la Chiesa non avea mai cessato -d'essere conturbata dalla quistione sulla natura del divin -Figliuolo; e vescovi gli uni avversi agli altri, non paghi -di lanciarsi riprovazioni ecclesiastiche, studiavano nuocersi -a vicenda ora nell'opinione de' fedeli, ora nel favore -dei potenti. Questi collocavano nelle sedi non il più -meritevole, ma quello che tenesse la loro credenza; e -spesso il popolo od eleggevasi un altro vescovo, o lasciando -vuote le chiese, s'adunava alla campagna; agli -<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span> -uffiziali che volessero mescolarsene facea resistenza, e -ne nascevano violenze, bandi, uccisioni. -</p> - -<p> -Di nuove glorie intanto ammantavansi i padiglioni -del militante cristianesimo; e i santi Padri costituivano -una letteratura, non educata alle imitazioni, non a ritrarre -una società che avea cessato d'esistere, od una -ideale che non era esistita mai, bensì il presente, l'attualità, -le idee sociali più avanzate, cioè le religiose. -</p> - -<p> -Nei primi tempi del cristianesimo predomina il miracolo; -e sebbene campeggi la potenza dell'uomo nel -soffrire, nel resistere, nel vincere, quegli avvenimenti -sono men tosto da descrivere che da venerare. Semplici -ed incolti erano la maggior parte de' primi discepoli, -più pratici che speculativi, più d'azione che di discorso; -la dottrina, perpetuata dalla tradizione orale e viva, -concentravasi in poche parole gravi e schiette; nascevano -dispute? le terminava la voce d'un discepolo che -potea dire, — Ho veduto io stesso il verbo umanato» -oppure — L'ha veduto chi a me lo narrò»; e della -verità era splendida prova la rinnovazione dell'uomo -interno, che si operava per via di virtù dapprima ignote, -pace, fraternità, eguaglianza, universale beneficenza, -costanza ai martirj, magnanimo perdono. Ma ben tosto -i dotti, loro malgrado, sono costretti ad accorgersi della -presenza de' novatori, e se non altro, a vituperarli: -allora i Padri cominciano a difendere i dogmi dai Gentili -e dai filosofi, per mostrare come le dottrine antiche -siano inferiori e meno conformi alla ragione. Non paghi -di tenersi sulle difese, provano la verità della dottrina -cristiana con eccellenti ragioni, coi miracoli, colle profezie; -e già mettono fuori idee profonde e nuove sulla -natura di Dio e su quella dell'uomo; anzi colla logica e -colla storia assaltano il paganesimo e la filosofia, e a -quegl'imperatori onnipossenti favellano con nobile ed -insolita libertà. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span> -</p> - -<p> -Qui ci si apre un nuovo prospetto dell'attività latina. -Ne' primi secoli le Chiese occidentali somigliarono a -colonie delle orientali; ordinamento, riti, libri, lingua -liturgica erano greci: perocchè la greca era la lingua -internazionale dell'impero, siccome nel XV secolo l'italiana -ed oggi la francese; laonde con essa parlavano -gli apostoli e gli eresiarchi, la Bibbia leggeasi nella -versione dei Settanta fatta ad Alessandria, in greco si -stesero le omelie di san Clemente, il <i>Pastore</i> di Ermia, -le apologie di san Giustino, la confutazione delle eresie -di Ippolito, il quale, al par di Origéne, predicò a Roma -in greco. Non dicasi per questo che la religione cristiana -appartenesse alla letteratura de' Greci; chè se di -questi tiene la forma, ebraico essenzialmente erane il -fondo, colla semplicità, coll'ispirazione, colla rigidezza -d'espressione e di sentimento. -</p> - -<p> -Dopo gli apologisti di cui già parlammo (pag. 115), -il primo scritto teologico in latino fu l'<i>Ottavio</i> di Minucio -Felice. Ottavio convertito e Cecilio ancora pagano, -condottisi ad Ostia, dove villeggiava Minucio celebre -avvocato, passeggiavano sul lido; e perchè, al vedere -un idolo di Serapide, Cecilio si pose la mano alla bocca -baciandola, come praticavasi in segno d'adorazione, -Ottavio il disapprovò come d'ubbia indegna d'un par -suo. Fermatisi poi ad osservare fanciulli che faceano il -rimbalzello mentre altri ne prendevano diletto, Cecilio -rimaneva pensieroso sopra le parole udite, sicchè fu -proposto di mettere fra loro la cosa in discussione. Tale -è il soggetto d'un dialogo di Minucio, che volta a volta -rende sapore de' platonici; Cecilio sostiene gli Dei, antica -e generale credenza, contro questa pazzia di gente -nuova, deturpata di sozze infamie e perseguitata; ma -gli altri due sillogizzano così bene, che egli si dà vinto -e convertito. -</p> - -<p> -L'africano Arnobio, a lungo sostenuto il paganesimo, -<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span> -si rese vinto alla Chiesa, la quale gl'impose d'adoperare -contro dell'idolatria la sua artifiziosa parola. Come dunque -dapprima aveva commentato gli autori profani, -così nei sette libri <i>contro i Gentili</i> offrì una compiuta -oppugnazione delle antiche credenze, rivolgendosi agli -addottrinati ch'erano capaci di bilanciarle colle nuove; -confuta coloro che dicevano, — Dopo il cristianesimo -è perito il mondo: il genere umano diventa preda di -ogni male»; e nel suo zelo di proselito, domanda la -distruzione non solo dei teatri, ma anche delle opere -de' poeti. -</p> - -<p> -Educò egli un altro potente campione del cristianesimo -in Lattanzio suo compaesano. Più d'immaginazione -oratoria che di storica verità egli fa prova nel trattatello -<i>Della morte de' persecutori</i>; nelle <i>Istituzioni divine</i>, -pubblicate sul fine del regno di Costantino, debolmente -ribattè gli errori senza saperli schivare. Men -notevole per elevata eloquenza che per accurata espressione, -è il più elegante fra gli autori ecclesiastici latini, -nè però merita il titolo di Cicerone cristiano. Ben lontano -dall'indignazione di Giulio Firmico, il quale suggeriva -di punire l'idolatria a rigor di legge, proclama -essere la religione la cosa più spontanea: — Via da noi -il pensiero di vendicarci de' nostri persecutori; a Dio -se ne lasci la cura; il sangue de' Cristiani ricadrà sul -capo di chi lo versò». -</p> - -<p> -San Cipriano, vescovo di Cartagine <span class="sidenote">(248)</span>, colle moltissime -opere di soave e lucida abbondanza, contribuì forse -meglio che altri a separare i due ordini di fede e d'esame, -di rivelazione e di concepimento, la cui mescolanza -produce o la schiavitù o il traviamento dell'intelligenza, -mentre la distinzione schiude allo spirito -umano le barriere dell'infinito, traendolo dal simbolo -nella realtà. -</p> - -<p> -San Girolamo <span class="sidenote">(331-420)</span>, nato nobilmente a Stridone nella Dalmazia, -<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span> -educato a Roma sotto Donato commentatore di -Terenzio, e sotto il retore Vittorino, contrasse la coltura -e la corruzione di quella grande città, finchè nauseato -concentrò sopra il cristianesimo l'ardore potente -che prima dissipava nelle passioni. Gustò le maschie -voluttà della solitudine, abbellita, come egli dice, «dai -fiori di Cristo, lontano dall'affumicata prigione della -città»: ma non restandone soddisfatta la operosità sua, -si condusse ad Antiochia, dove contro voglia fu ordinato -prete; indi a Costantinopoli, benchè quinquagenario, -si pose discepolo a Gregorio Nazianzeno nell'esegesi -sacra, e mutò in latino varie opere; poi a Roma papa -Damaso l'adoprò a diversi negozj e lavori letterarj. -</p> - -<p> -Quivi legò amicizia con pie matrone, degne di storia. -Melania, uscita d'una di quelle case senatorie, alle quali, -cessata ogni potenza politica, erano rimaste opulentissime -rendite, perduti il marito e due figli, lasciò il -terzo fanciullo per passare in Egitto a conoscere gli -anacoreti; sovvenne largamente ai fedeli perseguitati -dagli Ariani, accogliendoli nella fuga, e vestendosi da -schiava per nutrirli e consolarli nelle prigioni. Marcella, -pur vedova, erasi raccolta in villa a monastico -rigore con Principia sua figliuola. Di pari virtù rifulgevano -Asella ed Albina, suora e madre di Marcella. -Per maggiore pietà e più generosi soccorsi a poveri ed -infermi si segnalò Paola d'antichissima famiglia<a class="tag" id="tag128" href="#note128">[128]</a>, -colle sue figliuole Eustochio e Blesilla. Queste dame -sottometteansi al dominio dell'anima robusta di Girolamo, -e così Leta, Fabiola, altre coscienze profondamente -convinte, che colle virtù più austere protestavano -contro le fiacchezze, e soccorrevano generosamente alle -miserie d'un secolo infelicissimo. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span> -</p> - -<p> -Saldo al vero, Girolamo insegnava che la saldezza della -Chiesa dipende dall'unità del pontefice, e se a questo -non si dia un potere superiore agli altri, v'avrà tanti -scismi quanti vescovi. Umile in faccia a Dio, altero in -faccia agli uomini, flagella stizzosamente quanti vizj -incontra; nè risparmia gl'indegni ministri della religione, -smascherando certuni che, fattisi diaconi e -sacerdoti per trattare più liberamente colle donne, si -piacevano in vesti eleganti, capelli ricci e profumati, -anelli alle dita, camminar in punta di piedi, traforarsi -nelle case, e sollecitare donativi e legati<a class="tag" id="tag129" href="#note129">[129]</a>. Punti da -ciò, tolsero a perseguitare il santo, denigrandone le -amicizie spirituali; tanto che egli, sebbene davanti -ai magistrati si chiarisse innocente, abbandonò Roma -e tornò in Palestina, percorrendone passo passo i luoghi -per meglio comprendere le sacre scritture. -</p> - -<p> -Paola suddetta, fissatasi con Girolamo a Betlemme, -dove accorrevano Cristiani d'ogni paese senza distinzione -di grado o di ricchezza e riguardando primo chi -facevasi ultimo, presedette a un monastero di donne; -Girolamo ad uno d'uomini. Caloroso martire di se -stesso, egli scriveva sin mille righe il giorno: pure trovava -tempo di spiegare la Bibbia a' suoi anacoreti, -dirozzare colle prime lettere i fanciulli, e tornare di -furto agli autori profani, delizia della sua gioventù. -</p> - -<p> -Anche Melania, piantatasi a Gerusalemme, vi accolse -per trent'anni tutti coloro che affluivano a venerare i -santi luoghi. Con lei erasi stretto di spirituale amicizia -Rufino prete d'Aquileja, ammiratore d'Origene, teologo -austero, ma traviato dal proprio orgoglio; talchè Gerusalemme, -popolata di questi fervidi proseliti e ingegnosi, -divenne il centro delle dottrine rigorose e razionali -di Origene. Girolamo, che dapprima lo avea levato -a cielo, dappoi ne vide il pericolo, e cominciò contro -<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span> -Rufino una polemica, disabbellita da ingiurie che ripescava -in Persio e Giovenale. -</p> - -<p> -Le più importanti sue elucubrazioni sono di critica -sacra. I Greci aveano avuto fin dall'origine i libri sacri, -stesi in parte dagli apostoli in quella lingua, come la -più diffusa: i Latini anch'essi di buon'ora ne fecero una -traduzione, per quanto faticoso riuscisse il voltarli nella -lingua del vulgo, da cui fu detta <i>la Vulgata</i>. Incaricato -da Damaso di togliere ad esame la versione italica dei -Vangeli, fedele ma da interpolamenti e variazioni alterata, -Girolamo il fece, e insieme corresse il Salterio, -Giobbe ed altri libri che non ci rimangono. Pensò poi -a una nuova versione dell'antico Testamento, non più -sul testo dei Settanta, ma sull'originale; e per quindici -anni vi si ostinò, fedele al testo a segno da introdurre -nella lingua molti modi ebraici, valendosi pure delle -versioni siriaca ed araba, e delle greche: fatica stupenda -per un uomo solo, ove dovette crear quasi una -lingua nuova, che si appropriò immagini e frasi orientali, -piegossi ad esprimere idee e cose opposte al suo -carattere, eppure non perdette maestà e gravità. Per -tale opera le lingue d'Oriente vennero ad influire, più -tardi, sopra quelle dell'Europa; e la traduzione di Girolamo, -adottata dalla Chiesa invece dell'antica italica -fatta sopra i Settanta, diventò fondamento a quella che -il concilio Tridentino dichiarò autentica. -</p> - -<p> -Accortosi per propria sperienza che alcune letture -aduggiano i fiori celesti sotto un rigoglio d'importuni -pensieri, e smorzano il gusto degli studj meglio confacenti -a Cristiano, Girolamo nella tarda età garriva coloro -che, dopo abbandonata la sapienza del secolo, si nauseavano -della semplicità delle sacre scritture, e tornavano -ai poeti<a class="tag" id="tag130" href="#note130">[130]</a>. Eppure egli stesso gli amò sempre, -tanto che gliel'apponevano i suoi avversarj: nuovo -<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span> -indizio della battaglia, che le due civiltà si portavano -nella letteratura come in ogni altra cosa. -</p> - -<p> -Del che un nuovo esempio abbiamo in Ponzio Meropio -Paolino da Bordeaux <span class="sidenote">(353-431)</span>, che, dopo dignità primarie -nella Spagna e nelle Gallie, governò la Campania; e -nominatissimo per parentadi non meno che per dottrina, -consentì alla chiamata di Dio, rinunziò al mondo, -e a Roma ricevette il battesimo. Di tale acquisto i Cristiani -fecero pubbliche gratulazioni, mentre i Pagani se -ne rodevano; parenti e amici incontrandolo voltavano -largo da lui come da disertore; clienti, liberti, schiavi -consideravano rotto ogni vincolo con esso. Il poeta -Ausonio non lasciò via intentata per istornarlo dalla sua -risoluzione, tra le frivolezze letterarie d'allora non intendendo -come la forza della convinzione e l'autorità -della coscienza potessero reggere contro consigli e lamenti -così poetici. -</p> - -<p> -Paolino, a Firenze animatosi nei colloquj di sant'Ambrogio, -si ritirò nella solitudine presso Nola, ove colla -moglie, ridotta a sorella, visse sedici anni, istituendo -una specie di Tebaide fra le delizie della Campania: -fabbricò una chiesa a san Felice con dipinte istorie -dell'antico Testamento, per guardar le quali i terrazzani -dimenticavano fin il desinare. Minacciano i Barbari? ei -non li teme, assorto in una pace che il mondo non può -rapire. Ogn'anno, il giorno natalizio del suo santo prediletto, -compone un canto; e benchè gl'idolatri della -forma sentenziino ch'egli scrisse meglio da pagano che -convertito, Ambrogio trovava composti e soavi quei -carmi, e Agostino ne lodava la <i>gemebonda pietà</i>. Fatto -vescovo, mantiene corrispondenza con Ambrogio, Girolamo, -Agostino, coll'Italia, coll'Asia, coll'Africa, ricambiando -idee, consigli, schiarimenti. -</p> - -<p> -Trapassando altri Padri della Chiesa occidentale, nominerò -Zenone vescovo di Verona, che sbarbicò dalla -<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span> -sua chiesa i resti dell'idolatria e dell'arianismo, e ci -lasciò settantasette discorsi, eleganti d'espressione, se -non nuovi d'idee. Eusebio sardo pel primo introdusse -la vita regolare fra il clero di Vercelli ond'era vescovo; -nel concilio di Milano resistette all'imperatore, il quale -cacciò fin la mano alla spada contro di esso; mandato -esule qua e là, stava nella Tebaide allorchè lo richiamò -l'editto di Giuliano; caldeggiò sempre sant'Atanasio; fu -spedito a rimettere in pace la chiesa d'Antiochia; al che -non essendo riuscito, tornò alla sua sede, ove chiuse -santamente i giorni. Ebbe amico Lucifero vescovo di -Cagliari, uno dei più fervorosi oppugnatori de' varj -scismi, e che dall'esiglio mandò all'imperatore uno -scritto dettato con quella violenza che gli faceva ordinare -a' suoi di non aver comunicazione di sorta cogli -eretici. Conformi opinioni sosteneva l'amico suo diacono -Ilario, pretendendo sino che gli Ariani, per rientrare -in grembo alla Chiesa, dovessero ribattezzarsi; il -che lo faceva da san Girolamo soprannomare il Deucalione -del mondo. -</p> - -<p> -Mai non s'era pensato dai Pagani ad accogliere in -una chiesa il popolo per esporgli che cosa credere, -come adorare, come operare: la cognizione delle cose -sacre, siccome tutto il resto, essendo privilegio di pochi, -non mai accomunata alle plebi. D'altra parte, che -sarebbesi potuto predicare nel tempio quando i dottori -stessi non aveano dogmi comuni, e stavano perplessi -sulla morale? L'eloquenza antica esercitavasi negl'interessi -particolari d'un cittadino o d'una città; al più -qualche filosofo disputava coi discepoli, ma intorno a -dottrine speciali, sprovvedute di carattere pubblico e -universale. -</p> - -<p> -Da che Cristo ebbe detto, — Andate e predicate a -tutti», doveva alla congregazione dei fedeli essere -esposta la verità universalmente accettata, e spiegarvisi -<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span> -i punti che rilievano alla salute di tutti. Dalla più tenera -età il sacerdote assumeva il fanciullo, e col catechismo -gl'insinuava le verità sublimi, mercè delle quali potrebbe -anche la femminetta rispondere a ciò che ignoravano -Aristotele e Platone. L'istruzione continuava -quanto la vita, o confermando i credenti, o convertendo -i traviati, o persuadendo gl'increduli. La predicazione -sulle prime era avvalorata dal santo olezzo della -virtù, dall'evidenza del miracolo; e parlando lo Spirito -Santo per bocca degli apostoli, non era mestieri di -persuasive d'umana sapienza<a class="tag" id="tag131" href="#note131">[131]</a>. Ma come la religione -fu estesa e mescolata alla società, si munì anch'essa -delle armi con cui l'errore la combatteva, e l'eloquenza -fu trasportata dalla ringhiera al pulpito, dalla politica -alla morale, dagl'interessi del mondo a quelli del cielo. -La Chiesa, fatta trionfante, volle ornarsi dell'eloquenza, -come si ornava di pompe e d'apparati, e supplì coll'arte -del pulpito all'intepidita fede primitiva. Suo primo -campo furono le lotte cogli Ariani; poi giganteggiò per -opera di oratori, i quali, nel combattere l'orgoglio del -sapere e l'indocilità del cuore, reggono a petto di -quanto l'antichità vanta di più insigne, non che sorpassare -di buon tratto i loro contemporanei. -</p> - -<p> -Con gagliardia affrontò Ariani e idolatri <span class="sidenote">(340-97)</span> in Occidente -sant'Ambrogio, romano nato a Treveri. Come -governatore della Liguria e dell'Emilia sedeva egli in -Milano, dove la presenza dell'imperatrice Giustina facea -prevalere gli Ariani a segno, che vi fu posto a vescovo -il cappadoce Ausenzio di quella setta. Quando -l'imperatrice ottenne dal figlio una legge, che a quelli -concedeva piena libertà di assemblee, e guaj se i Cristiani -li molestassero, il segretario Benevolo negò formolarla, -e rinunziò piuttosto al grado; ma Ausenzio -<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span> -se ne incaricò. Allorchè questo vescovo morì, poteasi -prevedere tumultuosa l'elezione del successore, che -faceasi a voci di popolo; e il governatore Ambrogio -si presentò ai comizj per tenerli in dovere. Ma appena -entrato, le due divise d'accordo gridano: — Sii vescovo -tu stesso», poichè il vescovo si eleggeva di qualunque -condizione, nè tampoco esigendosi fosse cristiano; onde -Ambrogio, tentato invano sottrarsi a quel peso colla -fuga e col seder giudice in un caso di sangue, riconoscendo -il volere di Dio a portentosi indizj, si lasciò -battezzare, poi ordinar prete e vescovo; e ceduto ai -poveri il suo denaro, alla Chiesa i terreni, al fratello -Satiro l'amministrazione della propria casa, tutto si -affisse al santo ministero. -</p> - -<p> -Dalla Bibbia e dai Padri, letture a lui nuove, tal -frutto colse, che divenne il primo dei santi Padri in -Occidente; e se cede in genio a Gregorio Magno, a -Basilio, a Giovan Grisostomo, li supera in pratica attività, -sublimandosi negli atti più che negli scritti. La -vita sua, delineataci eloquentemente da Paolino suo -segretario, era assorta nelle cure più diverse; giudicare -cento affari a lui portati dai fedeli, curare spedali, -attendere ai poveri, accogliere tutti con affabilità, e fra -ciò meditare e comporre: forniva di vescovi chiese che -mai non ne aveano avuti; visitava ed incorava gli altri, -e talvolta li raccoglieva a concilj; interponevasi a favore -de' rei di Stato; vendeva gli ori del tempio per riscattare -prigionieri dai Goti. Missioni importanti erano a -lui affidate come a pratico: da Valentiniano morendo -gli furono raccomandati i suoi figliuoli: dissuase Magno -Massimo dall'entrare in Italia: ucciso Graziano, andò -ad impetrarne il cadavere, e con franchezza intimava a -Teodosio la verità, e gl'insegnava le distinzioni fra il -sacerdozio e l'impero, talchè quegli diceva, — Solo -Ambrogio conosco, il quale di vescovo porti degnamente -<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span> -il nome». Intanto egli rappresentava con dignità -ed amore il tribunato che in nome di Cristo aveano -assunto i vescovi dopo caduto quello in nome della -legge, colla parola e colle opere offrendosi sostegno al -popolo, invocando la giustizia o l'indulgenza de' principi, -interponendo a favore de' tapini e de' soffrenti le -dottrine della povertà, dell'eguaglianza, del riscatto -umano, operato col sangue d'una vittima celeste. -</p> - -<p> -Quanta pratica avesse coi classici lo palesano le opere -sue; sebbene scriva balzellante e scorretto, senza padronanza -di frasi, e con vane sottigliezze e giocherelli, -qualora non sia animato dal sentimento del dovere o -del pericolo<a class="tag" id="tag132" href="#note132">[132]</a>. Nella più estesa e curiosa fra le sue -opere, sui <i>Doveri degli ecclesiastici</i>, passa in rassegna -quelli di tutti gli uomini, e scioglie quistioni di pratica -filosofia. Nell'<i>Esamerone</i>, commentando le sei giornate -del mondo creato, molto si giova di Origene. I suoi -elogi della virginità producevano tale effetto, che padri -<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span> -e mariti lamentavansi perchè troppe donne dedicassero -a Dio la loro continenza. -</p> - -<p> -L'imperatore Graziano avea decretato che ciascuno -potesse onorar la divinità nelle adunanze al modo che -più credesse opportuno; ma Ambrogio seppe persuaderlo -a ferire di colpo estremo l'osservanza antica. In -conseguenza ordinò di toglier via dal senato di Roma -la statua della Vittoria; poi chiamò al fisco tutti i beni -con cui mantenevansi i tempj, i pontefici, i sacrifizj; -annullò i privilegi politici e civili delle Vestali, e vietò -ai sacerdoti d'accettare legati se non di beni mobili<a class="tag" id="tag133" href="#note133">[133]</a>. -Spaventati i nobili romani, i capi del senato, -e quelli che si ostinavano a chiamarsi «la parte migliore -dell'uman genere»<a class="tag" id="tag134" href="#note134">[134]</a>, spedirono a Graziano -perchè sospendesse questi decreti; e per fare maggior -colpo, gli recarono la veste di sommo pontefice, religiosamente -custodita, e che a lui dovea rammentare la -lunga serie de' predecessori che se ne fregiarono come -<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span> -simbolo del potere supremo in terra e d'onori divini -dopo morte. Graziano non si arrese a quelle dimostrazioni, -e proferì, — Tale ornamento disdicesi a cristiano»; -onde la religione antica rimase senza sommo -pontefice, e il sacerdozio spogliato dei beni che lo facevano -ambire anche dopo ch'era privato degli onori e -de' privilegi. -</p> - -<p> -Nè diverso esito sortì l'ambasceria mandata a Valentiniano -II acciocchè ripristinasse l'altare della Vittoria; -e le suppliche di Simmaco e di Libanio a tale intento -sono l'ultimo grido del paganesimo, che sentesi trafitto -nel cuore. Lo sdegno di questi esalò non soltanto in -segreti mormorii, ma in voci aperte; nè forse restarono -estranj alla sommossa, nella quale Graziano perdette -la vita. Ma soccombettero definitivamente allorchè -ebbe la porpora Teodosio, che il titolo di Grande -dovette principalmente all'avere terminata con coraggio -e convincimento la prolungata contesa fra le due -religioni. -</p> - -<p> -Narrasi che, venuto a Roma, e ricevuto da un bell'incontro -di dame e senatori, Teodosio proponesse a -discutere qual fosse la religione da seguitarsi, e che -l'idolatria vi soccombette. Il fatto non ha sembianza di -vero: certo per legge generale egli vietò che «alcuno -si contaminasse co' sagrifizj, immolasse vittime, difendesse -simulacri fatti a man d'uomo»; i magistrati non -entrassero ne' tempj; confisca per qualunque atto d'idolatria, -e morte a chi immolasse; il giorno del Signore -fu dichiarato sacro, proibendo in esso i giuochi e gli -spettacoli, e riformando il calendario giuridico a norma -delle prescrizioni cristiane<a class="tag" id="tag135" href="#note135">[135]</a>. Eppure le leggi di -Teodosio convincono che non erano cessati i riti antichi; -imperocchè egli decretò che, chi dal cristianesimo -<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span> -ritornasse all'idolatria, rimanesse incapace di disporre -de' suoi beni per testamento; dappoi estese questo statuto -ai catecumeni, e dichiarò infami gli apòstati<a class="tag" id="tag136" href="#note136">[136]</a>. -I concilj ripeterono queste leggi, e gli scrittori ecclesiastici -inveivano contro le cerimonie gentilesche, conservate -massimamente nelle feste, nei saturnali e nei -giuochi. Tempj e delubri furono però chiusi allora dai -magistrati, e spesso demoliti dalla pietà: i senatori, -come cantava Prudenzio, bellissimi splendori del mondo, -deposero le insegne del vecchio sacerdozio per rivestire -la candida toga del catecumeno<a class="tag" id="tag137" href="#note137">[137]</a>. -</p> - -<p> -Restava a domare l'eresia; e Teodosio, caduto in grave -malattia, decretò essere volontà sua che tutti aderissero -alla religione insegnata da san Pietro ai Romani, quale -allora si professava dal pontefice Damaso e da Pietro -vescovo d'Alessandria; ai seguaci di essa dava autorità -d'assumere il titolo di Cristiani Cattolici; i dissidenti -infamava col nome d'eretici, minacciandoli anche di -castighi<a class="tag" id="tag138" href="#note138">[138]</a>. Rimossi i vescovi e cherici ostinati, senza -tumulto nè sangue si stabilì la fede ortodossa; e il -terzo<a class="tag" id="tag139" href="#note139">[139]</a> concilio ecumenico, adunato in Costantinopoli, -confermò nell'interezza sua il simbolo Niceno, -dichiarandolo più distesamente in alcuna parte, onde -combattere posteriori eresie. -</p> - -<p> -Ciò in Oriente; ma fra noi l'arianismo erasi ricoverato -sotto il manto di Giustina madre di Valentiniano II, -<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span> -la quale, arrogando all'imperiale autorità anche l'ispezione -sopra il culto, pretendeva che sant'Ambrogio cedesse -agli Ariani una delle chiese di Milano. L'indegna -proposizione con fermezza egli respinse; e Giustina, -chiamando ribellione l'opporsi ai voleri imperiali, si -ostinò d'ottenere a forza l'intento. Cominciò a gravare -i mercanti d'una tassa di ducento libbre d'oro, e imprigionare -molti che non vollero o non potevano pagarla. -Mandò ad Ambrogio l'ordine di uscire dalla -città, ma egli protestò non poter abbandonare il gregge -da Dio affidatogli: minacciollo di morte, ed egli mostrò -nulla desidererebbe meglio del martirio. Deliberata poi -di pubblicamente solennizzare a modo suo la pasqua, -citò Ambrogio al suo consiglio; ma per ispontaneo -affetto essendogli corso dietro a turba il suo gregge -fino al palazzo, i ministri imperiali dovettero supplicare -il prelato a disperdere e calmare l'estuante moltitudine, -promettendo non sarebbe violata la religione. -</p> - -<p> -Bugiarde promesse! Nella solenne mestizia della settimana -santa, uffiziali di palazzo si recano dapprima -alla basilica Porziana, poi alla nuova<a class="tag" id="tag140" href="#note140">[140]</a>, per disporre -ogni cosa a ricevervi l'imperatore e sua madre. Il popolo -torna allora sui tumulti, sicchè gran pena durarono -le guardie a difendere le chiese; e un sacerdote ariano -versava in grave pericolo, se non fosse ricorso per -difesa ad Ambrogio stesso. Questi negava d'esser obbligato -a cedere il tempio, attesochè le cose divine non -vanno soggette all'imperatore, il quale si trova nella -Chiesa, non sopra la Chiesa; e dalla cattedra di verità -mostrava come sia lecito resistere all'ingiustizia, non -però con armi, non colla forza; pregava Dio a non -permettere si versasse sangue per la sua Chiesa; e -congregati nelle due basiliche i fedeli, gl'intratteneva, -<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span> -or cantando, ora predicando, e ripeteva — La tirannide -del sacerdote è la sua debolezza». -</p> - -<p> -Fu allora che Ambrogio, per animare e distrarre il -popolo, introdusse il cantare a vicenda in due cori, -cioè le antifone, ancora inusate nel nostro Occidente. -Prima d'allora certamente cantavasi dai fedeli, ma -forse con una semplicità tutta di pratica; e probabilmente -nelle chiese derivate dagli Ebrei seguivasi il -modo che questi aveano tenuto nel recitare i salmi, -mentre in Grecia vi si applicavano le melopee della -lira. Da questa melopea greca prese le mosse Ambrogio, -sia togliendone i nômi o le arie popolari, sia riducendo -in <i>octacordi</i>, o serie di otto suoni (le ottave), i -tetracordi o serie di quattro suoni di cui componeansi -i modi greci<a class="tag" id="tag141" href="#note141">[141]</a>. Scrisse pure inni di nobile commovente -semplicità, alcuni dei quali si cantano tuttora<a class="tag" id="tag142" href="#note142">[142]</a>. -Con santa compiacenza egli rimembrava la melodia -d'uomini e donne, di vergini e fanciulli, sonante come -il fragore delle onde, e dalla quale anche sant'Agostino -restava commosso fino alle lagrime<a class="tag" id="tag143" href="#note143">[143]</a>. -</p> - -<p> -La fermezza d'Ambrogio vinse l'ostinazione dell'imperatrice, -che dischiuse le carceri, tolse le guardie; e -Valentiniano, sentendo la potenza di quell'inerme, diceva -a' suoi uffiziali: — Se Ambrogio l'ordinasse, voi -mi consegnereste a lui colle mani legate». -</p> - -<p> -Ma poco di poi gli fu elevato incontro un dottore -degli Ariani, e pubblicato un editto che permetteva a -questi di tenere loro assemblee, minacciando di morte -i Cattolici se le turbassero. Ambrogio tornò alle armi -<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span> -sue, la predica, le antifone; e dì e notte la chiesa fu -occupata dai fedeli. Tale consenso distolse i principi -dall'usare violenza; e il concilio d'Aquileja, tenuto poco -dopo il Costantinopolitano, e dove Ambrogio sostenne -la parte principale, chiarì la fede de' vescovi d'Occidente, -che poterono asserire non esistere più Ariani -fino all'Oceano. -</p> - -<p> -Ambrogio durò ventidue anni al laborioso ministero, -finchè di cinquantasette a Dio piacque chiamarlo al -premio. Si pretende che, per ricompensare lo zelo adoperato -contro gli Ariani da lui e da san Valeriano, il -pontefice erigesse le sedi di Milano e d'Aquileja in -metropoli, dignità fin allora ignota in Occidente. La -prima estese la giurisdizione sui vescovadi da Po fin -dentro la Rezia; l'altra su quei della Dalmazia, della -Pannonia, del Norico, e poc'a poco della Venezia: e -l'un metropolita consacrava l'altro, risparmiando il difficile -viaggio a Roma. -</p> - -<p> -Contemporaneamente san Filastro combatteva gli -Ariani, stese un <i>Catalogo delle eresie</i>, e fatto vescovo -di Brescia «città rozza, ma avida di dottrina»<a class="tag" id="tag144" href="#note144">[144]</a>, -resistette a Valentiniano e Giustina insieme con Benivolo, -magistrato, il quale, piuttosto che cedere alle blandizie -dell'imperatore, si ritirò a vivere oscuro in riva -al Benàco. A questo Benivolo sono diretti alcuni sermoni -di san Gaudenzio, che peregrinato a Gerusalemme, -in Antiochia conobbe san Giovanni Grisostomo, poi -succedette a Filastro nel vescovado di Brescia, ove colle -reliquie portate d'Oriente consacrò una chiesa col titolo -di Concilio de' Santi. Vigilio dal vicino Trento scorreva -<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span> -la valle dell'Adige e il Veronese, predicando, battezzando, -ergendo chiese, abbattendo idoli: perocchè nelle -vallate alpine conservavasi il culto di Saturno, e nella -trentina di Non (Anaunia) circuivansi processionalmente -i campi, litando a quel dio; al che non avendo voluto -uniformarsi Sisinio, Martirio, Alessandro, furono martirizzati: -anche i valligiani di Rondera, ligi all'adorazione -di quell'idolo, lapidarono Vigilio<a class="tag" id="tag145" href="#note145">[145]</a>. -</p> - -<p> -Sì grandiosi uffizj incombevano ai Padri in quella -Chiesa, che di perseguitata diveniva dominatrice; ma -sebbene greci e latini difendano le stesse verità, e in tutti -si senta la convinzione che lotta, l'entusiasmo che eleva, -la carità che santifica, traggono carattere particolare -dalla natura del paese, secondo che vivono in Oriente o -in Occidente. In Roma non erano mai prosperate la metafisica -e la filosofia sublime, per difetto in parte della -lingua; mentre il sano intelletto e lo spirito pratico vi -campeggiarono nello svolgere ed ordinare la legislazione. -Pertanto gli apologisti latini non offrono grande -apparenza d'ingegno, conservano alcun che dell'alterezza -romana, rigidi, ostinati di non calare ad accordi -coll'avversario, nè tampoco valersi d'altre armi che le -proprie; onde sdegnano gli ornamenti dell'eloquenza, -gli artifizj della logica, le reminiscenze della letteratura -ostile. La Grecia, ancora fiorente di lettere quando il cristianesimo -apparve, gli oppose più clamorosa lotta, -armata di cavilli, di seduzioni, di disprezzo; ma quando -<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span> -convertita gli esibì difensori, questi conservarono le -costumanze e i difetti delle scuole dond'erano usciti, e -comparivano in campo come Davide, accinti della spada -rapita al gigante. -</p> - -<p> -Il nemico stesso che combattevano era differente. -Roma, per cui sono identici la religione e lo Stato, non -sa apporre al cristianesimo condanna peggiore che dichiararlo -nemico del genere umano, cioè dell'Impero; -il genio suo legale decreta, uccide, non discute; e gli -apologisti, opponendo rigore a rigore, s'accontentano -spiegare il dogma ed appellarsi alla lettera scritta. I -Greci, perdute le avite istituzioni, naturali alla disputa -e alle sottigliezze, retori e sofisti ingordi di quistioni -nuove, guardano i Cristiani come novatori pazzi o pericolosi, -che ripudiando la tradizione, precipitano la -coscienza umana nell'incertezza. Mentre dunque i magistrati -a Roma uccidevano, i dotti di Grecia esaminavano, -discutevano, sicchè gli apologisti erano obbligati -scendere a minuzie, accettare l'objezione arguta, snodare -il sottile paradosso, il sillogismo capzioso; e sentendo -tutta la potenza della libera parola, invocavano -solo che la forza non intervenisse nella discussione della -verità. -</p> - -<p> -Gli uni e gli altri aprono la nuova società, posati -tuttavia sul terreno dell'antica; convincono l'uomo che, -senza quel lume del lume, egli ignora le verità più -necessarie alla sua condotta, più care al suo cuore, più -dolci alle sue speranze; e invocano la libertà delle -coscienze, non più per il solo senato, nè per una città -od una gente, ma per l'universo. Vinti che ebbero i -nemici esterni, dovettero lottare contro le discordie -intestine, cioè coloro che, al modo del serpente antico, -adopravano la parola di Dio per diffondere l'errore, o -per restringere a concetti particolari le verità generalissime -che la Chiesa annunziava. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span> -</p> - -<p> -Nelle scuole vengono a fronte l'antico Oriente, l'antico -Occidente e il cristianesimo, il quale, estendendosi -su tutti gli uomini e tutti gl'interessi, era naturale che -trovasse molte ed interessate contraddizioni. I Neoplatonici -vogliono elevarsi a Dio non mediante la fede, -ma mediante la dottrina. Sêtte giudaizzanti, sêtte giudaiche, -sêtte orientali assenzienti od avverse agli -Ebrei, sêtte cristiane propense o nemiche all'ascetismo, -docili o reluttanti all'asiatica teosofia, cominciano -la più splendida gara d'ingegno che il mondo avesse -mai veduta, fra la teologia antica e la nuova, fra la -mitologia poetica e la religione morale, fra la vetustà -che tramonta e il nuovo tempo che s'apre. Onde alla -dottrina evangelica incontrò come a tutte le novità; -prima tacciata di sogno e di follia, dappoi se ne confessa -la sublimità, ma appuntandola di plagio, quasi -ogni sua verità fosse dedotta dall'Egitto, dall'India, -dall'Accademia; infine se ne adottano i concetti, mentre -tuttavia si persiste ad oppugnarla. Ma su quella bilancia -ha perduto ogni peso la spada; e l'autorità dei cesari, -nell'apogeo della sua forza, non entra per nulla a determinare -la credenza; tanto efficace sonò la parola -che distingueva i diritti della spada da quelli del -pensiero. -</p> - -<p> -Fra le eresie fu clamorosissima quella di Nestorio, -il quale negava l'incarnazione di Dio, distinguendo in -Cristo la persona divina dall'umana, e ripudiando perciò -la divina maternità di Maria: condannata nel concilio -di Efeso <span class="sidenote">(431)</span>, quarto ecumenico, venne per ricolpo a dare -estensione al culto della Vergine, il quale contribuì non -poco a svellere i resti del paganesimo, convertendo -alla Madre dell'amore e alla donna dei dolori i tempj -pagani. Non più sulla natura di Dio ma su quella dell'uomo -sofisticarono i Pelagiani, cercando perchè tanti -mali si patiscano sotto un Dio buono, come la prescienza -<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span> -divina si combini coll'umana libertà, e la Grazia coll'attività -morale dell'uomo. I Manichei lo spiegavano in -modo vulgare, supponendo un Dio buono e un malvagio; -e da quella provincia romana dell'Africa, dove si -svolsero le più vigorose intelligenze cristiane, dove si -elaborarono i principj fondamentali della cristiana filosofia, -sorse il più vigoroso combattitore, sant'Agostino, -del quale parleremo fra poco. Eutichiani, Monofisiti, -Monoteliti, colle varie gradazioni di loro eresie concernenti -la natura o la volontà di Dio e del suo Verbo, -agitarono piuttosto l'Oriente. -</p> - -<p> -Perocchè la divisione ch'erasi fatta nell'Impero, -estendevasi pure alle chiese, e cominciata dalla fabbricazione -di Costantinopoli, dura fino ad oggi, avendo -ciascuna, anche prima di scindere la essenziale unità, -conservato un'impronta e una pendenza particolare; -speculativo il genio bisantino, pratico il genio romano. -Allorchè la Chiesa greca si radunò nel concilio di Nicea, -fu per chiarire la relazione delle tre persone divine, -e settanta opinioni agitavano il clero abissino sopra -l'unione delle due nature in Cristo: la latina non ebbe -trattati dogmatici prima di Agostino, nè prima di Gregorio -Magno alcun metafisico sedette sul trono papale. -In Oriente si disputa sulla essenza della natura divina, -mentre quasi ignote vi sono le quistioni sulla libertà -umana e sulla Grazia: al contrario, da noi si ragiona -sopra gli atti umani. -</p> - -<p> -I rigori della vita monastica erano cominciati in -Oriente; e i deserti della Siria e della Tebaide si popolarono -d'anacoreti, che nella solitudine attendevano -ad operare la salute delle proprie anime, staccati dalle -cose terrene, come Antonio<a class="tag" id="tag146" href="#note146">[146]</a>, Pacomio, Ilarione. -Non tardarono i monaci a propagarsi nel nostro paese, -<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span> -forse allorchè sant'Atanasio scorreva l'Italia per combattere -l'arianismo: ma ben presto si raccolsero in -compagnie, sotto regole dettate da sant'Agostino, poi -da san Benedetto; e furono piuttosto missionarj di -Barbari, dissodatori di terreni, assistenti di infermi; nè -le Alpi e gli Appennini videro strazj e macerazioni -quali i torrenti petrosi dell'Egitto e le bollenti arene -della Libia; e invece di quegli stiliti che colà passavano -l'intera vita su di una colonna, da noi si vide l'attività -efficace di sant'Ambrogio, di Leon Magno. -</p> - -<p> -La Chiesa greca restò corrotta dalla propria immobilità, -non progredendo in mezzo a tanto sapere, non -raffinando l'arte in mezzo a tanto cerimoniale, anzi -vedendo sorgere gli Iconoclasti, poi retrocedendo collo -scisma. Nella latina invece il buon senso filosofico e -pratico si piegò al progresso, si modificò a seconda -dei tempi e nello svolgersi dell'attività; man mano che -la società secolare diveniva impotente, l'ecclesiastica vi -si surrogava; i riti pagani come i tempj conservava, -trasformandoli e traendoli a superiore intelligenza; le -terre cambiavano i nomi per assumer quello d'un santo. -</p> - -<p> -La differenza fra le due Chiese fu rivelata maggiormente -dall'ordinamento esterno. L'impero Occidentale -sfasciavasi quando appunto ingrandivano i pontefici; e -in questi si concentrava l'autorità, che lasciavansi cadere -di mano i magistrati civili. Avrebbero essi dovuto -allegare l'incompetenza, per non esporsi al rimprovero -d'usurpazione, dato molti secoli dopo da una filosofia -non solo estranea a quei pericoli, ma incapace o risoluta -a non intenderli? doveano lasciare che la società -andasse a fascio, anzichè togliere a dirigerla, come -ognuno deve fare ne' frangenti? -</p> - -<p> -Il patriarca di Costantinopoli scapitava per la presenza -dell'imperatore; nè era meglio che una delle -ruote d'un sistema civile, regolare, protetto dalla gerarchia -<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span> -e dall'esercito. In Italia invece vedremo ben presto -gl'imperatori fuggire da Roma, sicchè il papa, dolente -sì, ma non vergognoso delle pubbliche sventure, mantenevasi -colla fronte alta, come scevro dalle colpe -imperiali; quando ogn'altra autorità perdea vigore, -egli solo rimaneva cogli attributi di un'altra sovranità, -reale e permanente; e le istituzioni politiche dell'impero, -l'energia delle genti occidentali, il pericolo valeano ad -assodarlo, mentre a lui si volgeano i Barbari, ch'egli -doveva convertire, illuminare, incivilire, governare. -</p> - -<p> -Il bisogno di difesa e d'azione facea stringere fra sè -i monaci, milizia poderosissima de' pontefici. Il celibato -staccò l'ordine sacerdotale dal laico, e dagli interessi e -affetti terreni; sicchè il prete si considerò superiore al -laico, e perciò esigeva rispetto e sommessione, come -marchio di santità adducendo le astinenze e la dottrina. -Perfino la lingua comune e la pace universale, che -parvero sin oggi utopie benevole, vennero dalla società -cristiana attuate per quanto è possibile col parlar latino -e coi concilj. -</p> - -<p> -Così, mediante il cristianesimo, dentro periva il despotismo, -cioè il potere separato dal dovere, l'autorità -che crede aver sopra gli uomini ogni diritto, fin quello -negatogli dalla legge naturale e divina; fuori periva la -nazionalità esclusiva, tutto dirigendo all'affratellamento. -Nè però la Chiesa aboliva l'individualità degli uomini -o de' popoli, anzi la nobilitava; solo alla nazionale -esclusività contrapponeva il concetto d'universalità, -dovendosi rispetto anche ai minimi, non perchè greci -o romani od ebrei, ma perchè uomini e cristiani, -perchè non fattura capricciosa di varj numi, ma libera -creazione del Padre nostro<a class="tag" id="tag147" href="#note147">[147]</a>. Le verità, tramandate -<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span> -parte in iscritto, parte a voce, riceveano non solo -spiegazione ma autenticità dalla Chiesa, che n'è la depositaria -e la garante, e ogniqualvolta ne vede intaccata -una, la chiarisce e svolge viemeglio; e poichè non c'è -verità astratta che non operi sulla morale, stabilendo -quelle purifica questa. -</p> - -<p> -Tale fu il còmpito de' santi Padri. Malgrado che le -condizioni della società d'allora e i sopravenuti infortunj -tardassero i frutti, pure non v'è per avventura -miglioramento alcuno de' tempi più civili, che almeno -in germe non si trovi in essi. Succeduti agli apostoli -ed ai martiri per propugnare col sapere e colla parola -le credenze nuove, sorte col popolo e fra il popolo -rampollate, essi rompono il perpetuo circolo dell'imitazione -fra cui era incantata la profana letteratura, e -formano il secolo d'oro della cristiana: e noi potemmo -studiarvi molte particolarità della storia de' popoli, e -il lento ma incessante maturarsi della più vasta rivoluzione, -e gli ostacoli attraversatile dalla scienza appoggiata -sulle antiche osservanze, sinchè fu chiamata a -sostenere con reintegrato vigore le nuove. -</p> - -<p> -Le dispute che essi agitarono, oggi sono dimenticate: -ma essi combatterono perchè noi, vulgo senza diritti -nè forza nè divinità, potessimo cessare d'essere schiavi -negli ergastoli, o pasto ai leoni per divertimento del -popolo re, e le nostre anime trastullo ai sofismi dei -filosofi, alla prepotenza dei dominatori, alla lascivia -de' ricchi; combatterono, perchè noi plebe potessimo -sentire l'eguaglianza nostra e proclamarla in diritto, -sinchè il tempo non la consacri nel fatto. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span> -</p> - -<h2 id="cap51">CAPITOLO LI. -<span class="smaller">La coltura pagana digrada, si amplia la cristiana.</span></h2> -</div> - -<p> -Quella dei santi Padri era letteratura vitale, nuova, -dell'avvenire; ma la scolastica, di forme ricalcate sui -modelli classici, neppur un grande scrittore produsse -dopo Costantino. Dall'Africa fu chiamato a Roma e a -Milano sant'Agostino per insegnare eloquenza; dalle -Gallie un retore per tessere il panegirico a Teodosio; -le vennero d'Egitto Macrobio e il migliore poeta Claudiano, -da Siria il retore migliore Icherio, d'Antiochia -il migliore storico Ammiano Marcellino; e ricordiamoci -che in gran carezza di viveri, essendo rinviati i forestieri -da Roma, i pochi letterati dovettero andarsene, -conservando invece tremila ballerine, altrettante cantatrici, -e loro maestri e cori e turba seguace. -</p> - -<p> -Scuole però non mancavano, e san Girolamo vi si -esercitava fanciullo a declamare, e con finti litigi addestravasi -ai veri; nei tribunali, udiva eloquenti oratori -disputare fino a svillaneggiarsi e mordersi<a class="tag" id="tag148" href="#note148">[148]</a>. Valentiniano -e Graziano istituirono scuole di retorica e -grammatica greca e latina nella metropoli di ciascuna -provincia; e coloro che venivano a studio in Roma, -dovevano portare dalla patria attestazioni dell'esser -loro, poi arrivando notificare dove abitassero, a che -studj intendessero, non bazzicare male compagnie e -spettacoli, se no cacciati a verghe<a class="tag" id="tag149" href="#note149">[149]</a>. I maestri di -<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span> -grammatica non insegnavano meramente gli elementi -della lingua, sibbene tutte le scienze filologiche<a class="tag" id="tag150" href="#note150">[150]</a>: -che in conto maggiore fossero quei di retorica, appare -dal doppio delle razioni a loro assegnate<a class="tag" id="tag151" href="#note151">[151]</a>: passavano -<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span> -di città in città al fiuto de' migliori stipendj, -trafficando di versi, complimenti, panegirici, dispute, -senza curarsi dell'impero che cadeva o del cristianesimo -che sorgeva. Così le scuole diventavano semenzaj di -cattivo gusto, come ogniqualvolta s'insegna a supplire -ai pensieri con un'enfasi sempre più esagerata, e con -cumuli di figure alla perfezione dello stile e alla purezza -della lingua. -</p> - -<p> -Deteriorando la coltura e crescendo la mescolanza, -sopra l'arte imitatrice studiata dagli scrittori rivalse -l'elemento popolare, spontaneo e incolto; sicchè nemmeno -i Romani giunsero a conservare l'aristocratica -purità della dicitura. A ciò s'affaticarono retori e grammatici; -Mauro Servio commentator di Virgilio; Elio -Donato precettore di san Girolamo e autore dei rudimenti -della grammatica, che divennero modello alle -posteriori; Nonio Marcello che trattò <i>della proprietà -delle parole latine</i>; Pomponio Festo che scrisse della -significazione delle parole; Sosipatro Carisio che diede -cinque libri di osservazioni grammaticali; Diomede, -Fabio, Planciade, Fulgenzio, che hanno il merito -d'averci conservato qualche frammento o qualche tradizione -antica; ultimo Arusiano che dispose alfabeticamente -frasi e locuzioni spigolate nei classici. -</p> - -<p> -Questi grammatici erano i soli che trascrivessero i -libri per uso della scuola: e regolandosi secondo il -gusto particolare, lasciavano perire i migliori per conservare -i più opportuni; preferivano le cose tenui e le -brevi alle storie di Tacito e di Livio; col divulgare -estratti buttavano in dimenticanza le opere, il cui guasto -venne dunque ben prima che dal medioevo e dai frati. -</p> - -<p> -Altri compilatori ci tramandarono notizie sulla storia -e sulle scienze, come Aurelio Macrobio, vissuto al tempo -di Teodosio II, che nei <i>Saturnali</i> introduce persone di -conto a discorrere di variatissimi argomenti, riportando -<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span> -le notizie e le dottrine degli autori colle parole lor -proprie. Di qui una sgarbata mescolanza di stile, confessando -egli stesso maneggiare a stento il latino, giacchè -era nato in Oriente: ma ci conservò per tal modo -brani importanti<a class="tag" id="tag152" href="#note152">[152]</a>. Marciano Cappella africano nei -nove libri del <i>Satyricon</i> fa fascio d'ogni erba in verso -e in prosa: e quella specie di compendio di tutte le -scienze servì di testo alle scuole del medioevo. Di -Censorino, più che gli <i>Indigitamenta</i> sulle divinità che -hanno potenza sopra la vita dell'uomo, è utile il trattato -cronologico, astronomico, aritmetico, fisico De die -natali, per la cognizione che se ne trae de' computi -del tempo fra' diversi popoli. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span> -</p> - -<p> -Le scienze non furono nè estese, nè applicate. La -medicina seguitava in un empirismo misto d'incantagioni -e di formole. Oribaso da Pergamo, medico di -Giuliano e suggeritore delle costui superstizioni, transuntò -opere d'antichi; ma il poco che ne rimane non -ci aggiunge veruna cognizione: se non che discorre -saviamente sugli esercizj di corpo frequentati dagli -antichi, e sull'educazione fisica da darsi ai fanciulli, -raccomandando quel che mai non sarà predicato abbastanza, -d'invigorire il corpo prima di coltivare lo spirito, -e lasciar questo in riposo fino ai sette anni, e -allora affidare i ragazzi a maestri, ma fin ai quattordici -astenerli da grammatici e geometri; dappoi non -lasciarli mai oziosi, acciocchè precoce non si svegli in -essi l'istinto della carne. Teodoro Prisciano scrisse in -latino e in greco un <i>Emporiston</i> delle malattie facili a -curarsi, il <i>Logicus</i> sugl'indizj delle croniche e delle -acute, il <i>Ginecion</i> su quelle delle donne, e un libro -d'esperienze fisiche. Di veterinaria (<i>mulomedicina</i>) -trattò un Publio Vegezio, de' mali de' bovi un Gargilio -Marziale, scorrendo su tutta l'economia rustica. Va col -titolo di <i>Medicina pliniana</i> un libro mal attribuito a -Plinio Valeriano. Dopo Costantino v'ebbe archiatri di -palazzo, spesso decorati del titolo di conti del primo -ordine, e nel v secolo posti a paro coi duchi o vicarj. -Fu pensiero nuovo quel di Valentiniano II d'assegnare -un medico a ciascuno dei quattordici rioni di Roma. -</p> - -<p> -Vindanio Anatolino diede alcune regole d'agricoltura, -buone quantunque miste a gentilesche superstizioni. -L'ultimo scrittore latino d'agraria, Palladio Tauro Emiliano, -in quattordici libri offre, appropriandoli a ciascun -mese, estratti d'antichi, massime di Columella, più di -questo esatto nel parlare d'alberi fruttiferi e degli orti: -l'ultimo libro è in versi elegiaci. In Italia, dove la retorica -guasta sì spesso e la storia e la precettiva, giovi -<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span> -ricordare ch'egli dal bel principio avvertiva: — Innanzi -tratto vuolsi por mente a qual sia la persona cui devi -insegnare, nè chi istruisce l'agricoltore deve emulare le -arti e l'eloquenza dei retori, come si fa da certuni che, -volendo parlare eloquentemente ai contadini, ottengono -che la loro dottrina non possa capirsi nemmeno da' più -esperti». -</p> - -<p> -I Romani sapevano la guerra per arte più che per -scienza; nè lo stesso Giulio Cesare riesce di grande -utilità agli studiosi della strategia. Il primo che ne trattasse -dogmaticamente fu Vegezio Renato, che nell'<i>Epitome -institutionum rei militaris</i>, dedicato a Valentiniano -II, spogliò varj autori di arte bellica terrestre e -marittima, e gli ordini d'Augusto, Trajano e Adriano -«affinchè, coll'esempio e l'imitazione delle antiche -virtù, gl'istitutori de' giovani soldati potessero ripristinar -l'onore della milizia romana guasta e giacente». -</p> - -<p> -Adriano, trovando mal accomodarsi l'antica legione -coi nuovi modi della guerra, era ricorso al triviale -ripiego di sceglierne i più prodi e obbedienti, e formarne -una coorte di mille, quasi il frantumarlo rendesse -buono ciò che non è. Probabilmente collocavasi essa a -capo della legione, e dietro a lei le nove altre coorti, -disposte sopra tre linee: lo che rendeva agevole il -formare il battaglione quadrato, di grand'uso nelle -guerre di quel tempo contro la cavalleria, nerbo -de' Parti e degli Arabi. Ma al tempo di Vegezio la -coorte era già ben diversa da quella d'Adriano, componendosi -di due linee; la prima d'una fila di soldati -pesanti, e d'una d'arcieri ferrati, con lancie e chiaverine; -seguivano due file di veliti; indi una schiera di -macchine da saettamenti, tra cui balestrieri e frombolieri -e reclute male ad ordine d'arme, e gli <i>additi</i> -destinati a protegger le macchine alle spalle; ultimi -stavano i triarj per la riscossa. Vegezio si lamenta che -<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span> -della legione non sussista più che il nome: a fatica -si reclutava, doveasi concederle voluttuosi quartieri, -alleggerirne le armi, infine empirla di stranieri; -eppure, dice Vegezio, lasciavansi uccidere non come -uomini, ma come bruti, anzichè portar armi di buona -difesa. -</p> - -<p> -Espone egli coll'ordine schietto e appropriato di -Senofonte; mette per fondamento valere più l'arte che -la natura, e coll'esercizio e le istituzioni essere i Romani -riusciti ad una superiorità, non data loro dalla natura. — Non -superavano essi in numero i Galli, in agilità -gli Spagnuoli, in forza i Germani, in iscaltrimenti gli -Africani, gli Asiatici in ricchezza, i Greci in dottrina; -ma meglio di tutti sapeano scegliere buoni soldati, -istruirli nella guerra per principj, rinvigorirli con esercizj -giornalieri, prevedere quanto può occorrere nelle -varie maniere di mischie, di marcie, d'accampamenti; -punire i vili, ricompensare i prodi. Queste parti della -scienza militare crescono il coraggio; nessuno ha paura -nel praticare ciò che ha bene imparato; ond'è che un -gomitolo ben destro e disciplinato prevale ad uno più -numeroso, ma di minor disciplina ed esercizio, che -perciò trovasi esposto a sconfitte micidiali». Scende -poi alle particolarità de' varj esercizj nella centuria, -nella coorte, nella camerata, nell'individuo. -</p> - -<p> -Nel libro secondo elevasi ad ordinamenti superiori, -e alle guise con cui avvincevasi alla bandiera il soldato, -non più volontario; facendogli, per Dio, per Cristo, -per lo Spirito Santo e per la maestà dell'imperatore, -giurar d'obbedire, di non disertare, d'immolar la vita -per l'impero. Nel terzo tratta del formare gli eserciti, -del conservarli sani e ben animati e disciplinati, delle -qualità del capitano, dei segnali, delle disposizioni -a norma del terreno, del passo dei fiumi, dei fenomeni -naturali. Nel quarto ragiona delle fortificazioni; -<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span> -nel quinto della marina: cose del tutto mutate -oggidì. -</p> - -<p> -Nè gran cosa si può imparare da' suoi ordini di -battaglia; ma i consigli e le massime generali contengono -principj sicuri, che ancora non perdettero l'utilità. — Più -avrete esercitato e disciplinato il guerriero -ne' quartieri, men pericoli correrete in campo. Non -ordinate mai le truppe in battaglia campale, che non -ne abbiate sperimentato il valore con avvisaglie, e non -siano sicure di vincere. I grandi generali non danno -mai battaglia se non tratti da occasione favorevole o -dalla necessità. Procurate ridurre il nemico colla fame, -col terrore, colle sorprese, più che colle battaglie, -giacchè in queste la decisione sta alla fortuna. Maggiore -scienza si vuole a ridurre il nemico per fame che per -ferro. Staccate dal nemico più uomini che potete, e -ricevete bene tutti quelli che a voi verranno: chè guadagnerete -più col trar uomini a voi che coll'ucciderli. -Dopo una battaglia fortificate i posti, anzi che sparpagliare -l'esercito: chi lascia i suoi sbandarsi inseguendo i -fuggiaschi, cerca perdere la vittoria. Il disegno migliore -è quel che rimane celato al nemico. Cogliere le occasioni -è arte di guerra più utile che il valore. L'armata -acquista forze nell'esercizio, le perde nell'inazione. Chi -rettamente giudica delle forze proprie e delle avversarie, -di rado soccombe. Il valore prevale al numero; una -posizione vantaggiosa prevale talvolta al valore. Manovre -sempre nuove rendono formidabile un generale; -condotta troppo uniforme lo fa vilipendere. Secondo -sarete forte in fanteria o in cavalleria, procuratevi un -campo favorevole a questa o a quell'arma; e l'urto -maggiore parta da quel dei due, su cui fate maggior -caso. Deliberate con molti ciò che in generale converrebbe -fare; decidete con pochissimi o anche da solo su -ciò che dovete fare in ciascun caso particolare». -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span> -</p> - -<p> -Sesto Giulio Africano, nei <i>Cesti</i>, deplorata la invalsa -trascuranza delle armi offensive, continua: — Se si -pensasse a proteggere i guerrieri con corazze ed elmi -alla greca, se si attribuissero ad essi lunghe lancie, se -si esercitassero a scagliare più a sesto il giavellotto, e -a combattere caduno per se stesso, e quando occorra -avventarsi sopra il nemico, correndo di tutta forza sin -al tiro dei dardi, certo i Barbari non resisterebbero». -Le quali modificazioni furono appunto adottate sotto -Alessandro Severo, che con soldati così allestiti formò -una gran falange di sei legioni, più numerosa che mai -non fosse stata la greca. Ma già alla forza surrogavasi -l'astuzia, ed esso Giulio si diffonde intorno ai modi di -far perire il nemico senza combattere, cioè avvelenar -le acque, i cibi, l'aria stessa, spaventare i cavalli, circuire -il nemico con quelle frodi che la prisca virtù -romana aveva aborrite. Poi suggerisce spedienti per -sostenere intrepidi sia l'attacco de' nemici, sia il ferro -de' chirurgi; all'uopo è ben fortunato chi trovi nello -stomaco d'un gallo una pietruzza, e la porti seco alla -mischia; come pure converrà tenersi propizio il dio -Pan, ispiratore del terror panico, e potentissimo a dare -e togliere il coraggio. -</p> - -<p> -In tempi di tanta importanza pel morire di una e il -sottentrare d'un'altra civiltà, nessuno tolse a delineare -al vero i popoli invasori, o il carattere dei personaggi -senz'adulazione o livore. Nè a contemplare d'occhio -fermo i casi, e con ordine e verità narrare tanti disastri -era opportuna quella mollezza degli intelletti, quello -spossamento degli animi. Qual fiducia avere nel domani -quando si vedeva perire ramo a ramo la pianta sociale, -nè prevedevasi qual sorgerebbe dal suo ceppo? I Barbari, -in perpetuo ed irragionato movimento, presentavano -soltanto l'agitazione del caos o l'impulso dell'accidente -cieco, ineluttabile: maledirne le vittorie era -<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span> -pericoloso quando già sovrastavano, viltà il celebrarle; -meglio tornava il tacere o stordirsi. -</p> - -<p> -Aurelio Vittore scarnamente compendiò le vicende -romane da Augusto fin alle vittorie di Giuliano nelle -Gallie, il quale gli decretò una statua di bronzo, onore -svilito, e il governo della seconda Pannonia, indi Teodosio -la prefettura di Roma. Flavio Eutropio, che fece -la campagna di Persia con Giuliano, per ordine di -Valente scrisse un <i>Breviario</i> della romana storia in -dieci libri, dall'origine fino a Gioviano, con facile, -semplice e pulita dettatura, e con amor del vero, quantunque -non gli basti sempre l'arte di sceverarlo dal -falso. Sesto Rufo, per ordine di Valentiniano, dettò un -<i>Compendio delle vittorie e delle provincie del popolo -romano</i>, specie di statistica, cui fa corona un opuscolo -sui monumenti e gli edifizj di Roma. Storie scritte per -ordine! -</p> - -<p> -Ammiano Marcellino, nato di buona casa in Antiochia, -militò nella Mesopotamia e nella Gallia; poi di -cinquant'anni ritiratosi dalle armi in Roma, scrisse in -latino una storia dal punto ove Tacito finisce, sino alla -morte di Valente: ma dei trentun libri ci rimangono -solo gli ultimi diciotto, che abbracciano dal 352 al 78, -viepiù importanti perchè ogn'altro storico è venuto -meno. A modo dei cronisti, digredisce grossolanamente -sopra le comete ed altri accidenti naturali, mentre tace -occorrenze di capitale rilievo. Da soldato narratore -scarseggia d'arte e finezza, ma non di buon senso e -amore della verità; non si propone scolasticamente un -modello qualsivoglia, non fa della storia un retorico -esercizio, e conosce che la semplicità ne è merito supremo; -sa mostrare come i fatti si concatenino, e -delineare i caratteri; e preziose informazioni ci trasmise -su paesi e costumi che avea veduti, e massime sulla -Germania. Al cristianesimo non fa buon viso, pure non -<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span> -l'aspreggia; e disapprova egualmente le mistiche follie -di Giuliano, l'intolleranza di Costanzo, e lo sviare -d'alcuni vescovi dalla primitiva disciplina. È l'ultimo -suddito di Roma che in latino scrivesse una storia -profana, onde si prova un vero rincrescimento nell'abbandonarlo<a class="tag" id="tag153" href="#note153">[153]</a>. -</p> - -<p> -I narratori ecclesiastici sono greci i più; e fra' latini, -per dizione pura e calma sobrietà fu chiamato Sallustio -cristiano Sulpizio Severo d'Aquitania, che con pia credulità -scrisse la vita di san Martino, e le vicende della -religione dall'origine del mondo fino al 410 dopo Cristo. -</p> - -<p> -Dal vuoto Plinio sin a Costantino appena si trova -chi aspiri al titolo di oratore; e le <i>Declamazioni di -dieci retori minori</i>, raccolte da Calpurnio Flacco al -tempo degli Antonini, girellano sopra soggetti immaginarj -con poca arte, meno eleganza e niuna spontaneità. -All'introdursi del fasto orientale frequentarono i panegirici, -e dodici ce ne rimangono, infelici imitazioni del -non felice Plinio: sono gratulazioni e piacenterie recitate -agli augusti in nome della provincia dai più eloquenti, -cioè da quelli che sapevano dir a disteso e -ornatamente ciò che in breve e con semplicità si potrebbe. -Anicio Simmaco romano, da Prudenzio anteposto -fin a Cicerone, ci pare infelicissimo; pregia gli -antichi, ma smanioso del bagliore poetico, ingordo -dell'applauso anzi che castigato veneratore della bellezza, -trastullasi in licenziosi traslati, e di giocherelli -ingegnosi copre fracide adulazioni<a class="tag" id="tag154" href="#note154">[154]</a>. Suo figlio ne -<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span> -raccolse le lettere in dieci libri, senz'ordine cronologico, -ma non inutili alla storia; e chi le paragoni con -quelle di Cicerone, poi con quelle di Plinio, avrà tracciata -la crescente digradazione dalla franca semplicità -repubblicana alle formole pomposamente servili. Per -eloquenza Mario Vittorino africano ottenne una statua -nel fôro Trajano, e dall'Apostato fu eccettuato dal divieto -d'insegnar belle lettere, quantunque cristiano: -ma nè ciò, nè gli encomj dei santi Agostino e Girolamo -tolgono alle opere sue di parer buje ed incolte, oltrechè -povere di dottrina teologica. -</p> - -<p> -I poeti ridussero a mestiere l'adulare, e uniti in -maestranze come le altre arti, dai loro priori erano -condotti al palazzo dei grandi per celebrare onomastici, -matrimonj, virtù finte quanto le augurate prosperità. -Si lascino nell'oblio co' loro odierni imitatori que' verseggianti -ispirati da fame e da vigliaccheria; quelle -poesie descrittive, dove l'eleganza stentata rivela la -meschinità dell'ingegno. Solito delle età di decadenza, -al bello si credette supplire col difficile; e Publilio -Ottaziano, esigliato da Costantino, ottenne grazia coll'offrirgli -una serie di componimenti, alcuni dei quali -<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span> -figurano un altare, altri un flauto, quale un organo<a class="tag" id="tag155" href="#note155">[155]</a>; -in uno il primo verso è tutto in bisillabi, il secondo in -trisillabi, il terzo in quadrisillabi; in un altro si succedono -le parole di una, due, tre, quattro, cinque sillabe; -in altri la prima parte dell'esametro è riprodotta nella -seconda del pentametro<a class="tag" id="tag156" href="#note156">[156]</a>; in uno i versi possono leggersi -da destra a mancina senza che si alteri il metro; -in uno di venti versi, tutte le prime lettere insieme formano -<i>Fortissimus imperator</i>, le quattordicesime -<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span> -<i>Clementissimus rector</i>, le finali <i>Costantinus invictus</i><a class="tag" id="tag157" href="#note157">[157]</a>. -Altri tessellavano poemi nuovi con emistichj vecchi, -come Falconia Proba che applicò a Gesù Cristo le frasi -di Virgilio; del casto Virgilio, cui Ausonio trasse a laide -significazioni. Rufo Avieno, due volte proconsole al -tempo di Teodosio, ridusse in versi latini i <i>Fenomeni</i> -e i <i>Prognostici</i> d'Arato, e la <i>Descrizione della terra</i> -di Dionigi Alessandrino, e fin le storie di Livio pensava -verseggiare in giambi. -</p> - -<p> -Claudio Claudiano d'Alessandria, già maturo, adottò -la lingua latina, e le restituì un vigore disimparato; -scrisse sopra differenti soggetti, alcuni di rimembranza, -come il <i>Ratto di Proserpina</i> e la <i>Gigantomachia</i>; i -più d'occasione, or lodando il barbaro suo mecenate -Stilicone, or con estro più caldo vituperando Rufino -ed Eutropio avversarj di quello; sempre esagerato, -sempre ingrandendo le cose piccole, abbellendo le -grette. Triviale d'immaginativa, trova però felici -modi<a class="tag" id="tag158" href="#note158">[158]</a>; è mirabile artefice d'armonia: ma non -trascende mai quel piccolo valico, per cui gli ottimi -arrivano a sollevare l'intelligenza e toccare il cuore. -Entrato franco nel soggetto, languisce come chiunque -<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span> -non sorregge l'ingegno collo studio: nè rifugge da -immagini esuberanti o schife, come cavalli che pregustano -la preda che avran domani, o vene che vomitano -l'oro, o mari che sputano gemme sulla spiaggia. -</p> - -<p> -Soprastava Alarico, soprastava Attila; ed i poeti -chimerizzavano la Roma di Fabrizio e di Catone, nella -città dei papi ricantavano Giove e la guerra, e a Stilicone -parlavano un linguaggio qual sarebbe stato conveniente -a Mario. Claudiano ha in pronto numi ed augurj -per ogni occorrenza, per levare in cielo il cattolico -imperatore Teodosio, per festeggiare il natalizio d'Onorio -e vaticinare la fecondità de' suoi illibati imenei. -Il genio poetico s'incateni a idee che hanno perduto la -forza, la vita, l'avvenire, e avrà condannato se stesso a -rimbambolire. Nè allora si trattava de' trastulli poetici -di certi poetonzoli odierni; perocchè, quando stavansi -a fronte due civiltà nemiche, il cantar Giove significava -chiarirsi contro Cristo; e Claudiano forse col beffare i -<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span> -Cristiani<a class="tag" id="tag159" href="#note159">[159]</a> e rendersi cantore uffiziale del paganesimo, -meritò che il senato facesse dai <i>dottissimi</i> imperatori -decretargli il titolo di chiarissimo, il grado di -notaro e una statua nel fôro Trajano<a class="tag" id="tag160" href="#note160">[160]</a>. Ma la ruina -del generale Stilicone ravvolse anche il poeta. -</p> - -<p> -A Magno Ausonio di Bordeaux l'esser maestro di -Graziano fece ottenere il titolo di conte, e le dignità di -prefetto al pretorio d'Italia e d'Africa, e di console. -Graziano, che non avea potuto trovarsi presente all'inaugurazione -di lui, volle assistere allorchè deponeva i -fasci; nella qual occasione il poeta recitò il ringraziamento -che ci resta. L'imperiale alunno gli rispose: — Pago -un debito, e pagandolo resto ancora debitore»; -motto che val meglio di tutta l'elucubrata arringa del -poeta. Morto Graziano, Ausonio collocossi in patria, ove -compose la più parte delle opere che ce ne restano; -delle quali tal conto facevasi, che Teodosio gliele chiese -per lettera. Però, se nella verseggiatura conserva quel -fiore che ultimo i Latini perdettero, dà troppi segni di -decadenza; alla parola propria surroga artifiziate circonlocuzioni; -<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span> -e le lettere son le nere figlie di Cadmo, -bianca figliuola del Nilo la carta, gnidj nodi la cannuccia -da scrivere. Nel <i>Grifo</i> enumera tutte le cose che vanno -tre a tre, le Grazie, le Parche, le fauci del Cerbero, il -tridente di Nettuno, le teste della Gorgone, Iddio uno -e trino; mescolanza di sacro e profano, in cui cade -sovente. Piacesi anche degli sforzi, come terminare un -verso col monosillabo da cui comincia il seguente: -insomma un frivoleggiare perpetuo in mezzo a pericoli -incalzanti. -</p> - -<p> -E s'egli è vero che fosse cristiano, voleva per arte -rimanere gentilesco. Anche altri poeti cristiani s'accontentarono -d'imitare i classici in descrizioni, narrative, -didascaliche, panegirici, antichi di forma come d'immagini -e di stile, se non che surrogavano la sacra -scrittura, vite di santi, virtù cristiane; innesto disopportuno -sul giovane tronco. San Severino lasciò un -poema bucolico sopra una delle molte epizoozie che, -uscente il iv secolo, s'aggiunsero alle altre sventure. -Bucolo pastore al mandriano Egone guaisce d'aver -perduto il suo armento; e Titiro, chiesto come il suo -conservasse, risponde, col fargli in fronte il segno della -croce; dal che toglie occasione per ridurli a seco -adorare il Cristo: veste antica con toppe nuove. -</p> - -<p> -Altri, affidandosi ai sentimenti personali, aprivano -campo intentato; e col cristianesimo, religione intima, -coi sublimi modelli de' profeti, coll'espressione della -gioja e della tristezza universale per via di cantici -ripetuti a coro, la poesia latina si svincolò dalle elleniche -imitazioni, e si fece originale, spontanea, inspirata. -Alcuni inni, che tuttora si cantano dalla Chiesa, reggono -a petto delle migliori odi de' classici, se non per elegante -purezza di lingua, certo per profondità di sentimento -e poetica potenza<a class="tag" id="tag161" href="#note161">[161]</a>. Destinata non a dilettar -<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span> -pochi, ma ad operare su tutti, non ad essere letta a -tavolino, ma cantata nelle piene chiese, la lirica dovette -scegliersi altre forme, più libera nella frase e nel metro, -preferendo strofe di quattro versi, e giambici di quattro -piedi, confacevoli alle schiette cantilene del coro; dalle -severità della prosodia e del ritmo emancipandosi più -sempre, finchè l'accento prevalesse del tutto alla quantità, -e ne venisse la versificazione moderna. Anche nella -descrittiva, qualora non vada sopraccarica d'inutili ed -estranie particolarità, come in alcuni panegirici di -santi, ricorre la solenne gravità e la forza dignitosa -de' classici, mentre occupa di profondo sentimento -il lettore, lontano al pari dalle sdulcinature e dalla -gonfiezza. -</p> - -<p> -Negli inni di Aurelio Prudenzio tarragonese, oltre la -cristiana unzione, si riscontrano passi e graziosi e commoventi, -e pratica delle bellezze classiche, benchè incappi -in solecismi, e leda le regole del metro. San -Prospero d'Aquitania, notaro di Leon Magno, lasciò -alcuni poemi, centosei epigrammi, o dirò meglio pensieri -morali, derivati da sant'Agostino; un carme -degl'<i>Ingrati</i>, designando con questo nome i Semipelagiani, -che pretendevano potesse l'uomo colle sole sue -forze operare la propria santificazione. Sidonio Apollinare, -nobile lionese, coi panegirici agl'imperatori Avito, -Magioriano, Avieno acquistò onori; poi ritiratosi placidamente -nell'Alvernia, vivea con tre figli e coll'ottima -moglie, visitato da quanto possedeva di meglio la fiorente -Gallia, e scrivendo versi su tutti i piccoli accidenti: -non manca d'estro e immaginativa, ma l'andazzo -delle scuole il trasse a sottigliezze e metafore esagerate, -<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span> -che parevano un oro ai depravati Romani e agl'ignoranti -invasori. -</p> - -<p> -Comodiano di Gaza fece un poema contro i Pagani, -ove le iniziali di ciascun articolo formano il titolo dell'opera; -ma è degno d'osservazione che gli esametri -non han più riguardo alla quantità delle sillabe, ma al -numero soltanto: avviamento dalla versificazione metrica -alla ritmica moderna, e indizio che la pronunzia -già fosse alterata, sebbene vivesse ancora il latino. E -nuovo segno ne è l'introdursi della rima, la quale, se -talvolta già era sfuggita anche ai classici, allora adopravasi -per sistema sì nei versi che nella prosa<a class="tag" id="tag162" href="#note162">[162]</a>. -Pure, se la prosa, accostandosi al parlar comune, -ritraeva dell'alterazione prodotta dalla mescolanza di -tante barbare voci e frasi, il poeta, non ispirato e -spontaneo ma studioso e ricordevole, trovava ne' suoi -modelli la purezza primitiva e meditata: laonde fin -quelli che scrivono disacconcio e barbaro, come Sidonio -e Capella, nei versi non sembrano più dessi. E sebbene -<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span> -ad altri insegnamenti che gli ordinarj fossero formati -coloro che s'applicavano alla scienza di Dio ed alle -quistioni morali e teologiche, salta agli occhi un malaugurato -contrasto tra il fondo e le forme, le idee e -lo stile: quelle, gravi e interessanti, come espressione -degli uomini e del tempo cui appartengono; questo, -affettato, quasi l'autore, nell'applicar la fantasia a cercare -ingegnose combinazioni di parole e di frasi, tema -sempre non trovarne di abbastanza nuove, bizzarre, -forzate. È costretto usar la parola propria e immediata? -vuol però rialzarla e darle apparenza di nuova con -un giro della frase che stuzzichi l'attenzione, ecciti la -meraviglia. -</p> - -<p> -La Bibbia portò un ringiovanimento nella letteratura -latina, insegnando una inusata semplicità d'esposizione, -una poesia più schietta, e a trattare i punti più elevati -senza metafisiche astrazioni, ad esprimersi per immagini -vive: e di là cominciarono le invenzioni simboliche, -onde si arricchì il medioevo. Troppe cagioni, e non -letterarie, intristirono i frutti; ma non è men vero che, -mentre, per la trasfusione della lingua cristiana, sovvertivasi -il latino classico, ne nasceva un nuovo che poi -divenne comune a' filosofi, e durò fin nel Cinquecento -allorchè risorse il ciceroniano. -</p> - -<p> -Di bonissima ora la Bibbia fu tradotta in latino, e -forse qualche parte in latino scritta: dal che raccogliete -quanta ragione abbiano i pedanti di considerare come -barbara una dettatura contemporanea di Tacito<a class="tag" id="tag163" href="#note163">[163]</a>. -Il Vangelo e gli Atti apostolici, narrandoci puramente -quel che rileva alla dottrina, lasciavano la curiosità su -quel profluvio di notizie, che soglionsi desiderare intorno -a tutte le persone insigni, venerate o dilette. Per -soddisfarvi cominciarono alcuni a raccontare la vita di -<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span> -Cristo, della sua madre<a class="tag" id="tag164" href="#note164">[164]</a>, degli apostoli, parte raccogliendo -quel che da altri udivano, alterato come -accade dalla tradizione, parte aggiungendovi di loro -fantasia. Ne vennero così i vangeli apocrifi, i quali, -sebbene non sieno esibiti alla fede del credente, nè -resistano all'esame del critico, sono però modelli d'ingenuità, -che contrastano singolarmente coll'antica letteratura, -massime della decadenza. Alla pietà poco -avveduta fece poi intoppo la malizia, quando, dilatandosi -le eresie, ogni setta volle avere un vangelo suo -proprio, con avvenimenti o sentenze che servissero -a' suoi errori: talchè la Chiesa dovette intervenire per -sceverare i veri dagli apocrifi. -</p> - -<p> -Campo nuovo alla letteratura cristiana aprivano pure -le vite di tanti martiri e de' mirabili solitarj. Anche in -<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span> -antico si erano stese biografie, ma sempre di personaggi -da storia; mentre qui l'umile virtù trovava il suo -panegirico e la sua rivelazione, e l'umana natura riproducevasi -nel racconto di minuti accidenti, esposti per -edificazione altrui. Nessuno voglia cercarvi scene dilettevoli -al bel mondo, nè filosofici accorgimenti, bensì -l'ingenua narrazione domestica, in cui, se la storia positiva -è talvolta alterata, la storia morale rivelasi con -tocchi pieni d'attrattiva e di verità. Il mondo romano, -fidato nella propria eternità mentre strisciava sull'orlo -dell'abisso, proseguiva i suoi vanti e le sue cure; i -poeti ricantavano i loro Dei, senza volersi accorgere -che erano trafitti nel cuore; i filosofi disputavano sul -crepuscolo, quando già era spiegata la pompa del -giorno: frattanto il popolo, a cui quelli non ponevano -mente, tesseva la storia secondo il suo stile, ripetendo -ora le predicazioni dell'apostolo, ora i tormenti del -martire, ora la castità della fanciulla, or le astinenze -dell'eremita, con quegli abbellimenti di circostanze che -sono carattere dei racconti popolari. Da ciò le tante -leggende che esercitarono la pietà de' secoli credenti e -la critica dei pensanti, ma dove nessuno potrà non -riconoscere un'ammirabile semplicità, una credenza -talvolta ingannata, non però ingannatrice; troppo male -imitate da quelli che dappoi ne composero per esercizio -di scuola. -</p> - -<p> -I primi scrittori cristiani, occupandosi della virtù più -che della dottrina, pensarono solo esporre i dogmi della -fede, i precetti della morale, i riti del culto: onde la -più parte delle opere loro sono catechismi, dettati col -calore della convinzione. Il cristianesimo aveva posto -come base d'ogni dottrina quel che di più generale -v'ha nelle credenze e nella ragione umana: agl'intelletti -non restava dunque che adoperarsi a piantare ogni -scienza sopra tale inconcusso fondamento, dal che -<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span> -sarebbe venuto e il totale rigeneramento del sapere, e -l'immenso progresso che è frutto dell'accordo. Sciaguratamente -sottentrò ben presto alla fede universale -l'individuale opinione; e fra problemi inestricabili, -logorossi tempo e fatica per fabbricar sistemi, incerti -di diritto, effimeri di fatto; il carattere dell'universalità -si smarrì nelle suggestioni parziali; e le speculazioni -furono mentosto un ingrandimento dell'ordine della -fede ben accertata, che un ritorno a parziali teoriche, -a scuole esclusive, ad ipotesi gratuite. -</p> - -<p> -Già prima d'Augusto le produzioni dello spirito e -delle arti non si proponevano che di stimolare i personali -appetiti: al leggere i profani, diresti componessero -in paesi remoti da ogni tumulto, nella Roma trionfale -e confidente ne' suoi numi; tanto puerilmente cantano -sull'orlo della tomba, e incensano per reminiscenza le -quatriduane immortalità. Arte siffatta dritto è bene se -vien presa a vile dai Padri della Chiesa; essi che, -tonando dal pergamo, argomentando nell'assemblea, -od orando nella solitudine, sempre sono gli uomini del -momento e della realtà, risentono e rivelano i martorj -d'una società che perisce; essi eroi della carità e -dell'opposizione, quando nel resto non appajono che -smaccate piacenterie, o flacida rassegnazione, o pazienza -addolorata. Non per questo vilipendevano i -classici; e Girolamo credeasi castigato dal cielo perchè -troppo ciceroniano; e sant'Agostino raccomandava che -ai fanciulli si desse di buon'ora Virgilio, acciocchè non -più lo dimenticassero<a class="tag" id="tag165" href="#note165">[165]</a>. -</p> - -<p> -Per assodare il vero, i Padri dovettero ribattere il -falso, e mostrare l'accordo della fede colla ragione, -non solo adducendo le prove storiche della rivelazione, -<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span> -ma costituendo un sistema di speculazioni razionali, -fondate sopra di quella. Adunque, considerando filosofia -e religione derivate dalla fonte stessa, drizzaronsi a -conciliarle con un eclettismo, che differisce da quello -dei Neoplatonici in quanto, invece di strascinare le -concezioni delle varie scuole ad accordarsi con altre -dell'ordine medesimo, le normeggia ad uno superiore, -qual è la fede. I Padri latini, quand'ebbero a combattere -eresie, adottarono anch'essi il sillogizzare d'Aristotele -e di Zenone; ma in generale trovarono più confacente -il platonismo, che alcuno disse un'anticipazione -od un preparamento del cristianesimo, salvo a scostarsene -ove men retto argomentasse; tenendo costantemente -la filosofia come ancella della teologia, la -rivelazione come base d'ogni cognizione pratica e -speculativa. -</p> - -<p> -Ammessa la rivelazione, restavano chiariti tutti i -dubbj logici. Essa contiene la morale, cioè quanto concerne -le azioni umane: essa è comunicata per mezzo -della parola, dunque spiega le origini del linguaggio: -essa è fatta da un essere ad esseri, dunque accerta -l'esistenza molteplice: essa viene da sorgente infallibile, -dunque porge il criterio della certezza. Così argomentava -la Chiesa, benchè alcuni de' Padri, ligi ad abitudini -di scuola, andassero a cercare dalla scienza ciò che -soltanto la fede può somministrare. Dio pertanto e la -sua relazione col mondo e coll'uomo sono il primario -oggetto del loro spiritualismo più o meno razionale. -Dio per atto di libera volontà cavò dal nulla il mondo. -Alcuni poi sostenevano operata la creazione nel tempo; -altri da tutta l'eternità, come l'altre qualità di Dio così -quella di creatore dovendo essere eterna. Alla fatalità -degli astrologi e degli stoici opponevano una provvidenza -generale e particolare, forse esercitata col ministero -degli angeli. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span> -</p> - -<p> -Questa scienza, opposta all'egoismo filosofico, non -aspira alla gloria mondana di fondare scuole, anzi -professa che la dottrina non è sua; non dipartendosi -mai dal senso comune del genere umano unito a Dio, -cioè dall'autorità della Chiesa. La morale da que' principj -dedotta non formolavano in una scienza; ma datole -per fondamento la volontà di Dio, espressa dalla ragione -e dalla rivelazione, e l'obbligo dell'uomo di -obbedire a chi ordina o in virtù di potenza assoluta, -o per dirizzare alla felicità temporale ed eterna, dettavano -precetti severi e purissimi: raccomandavano -specialmente la carità, ossia l'amore disinteressato del -prossimo, la sincerità, la pazienza, la temperanza: -alcuni si spinsero fino a rigoroso ascetismo, che purgasse -dal peccato e sciogliesse dalla materia per via di -contemplazione e di penitenza. -</p> - -<p> -Il complesso della dottrina, e insieme il punto più -elevato della storia e della filosofia cristiana si riscontrano -in Aurelio Agostino da Tagaste nella Numidia <span class="sidenote">(354-430)</span>. -Cresciuto fra le lusinghe d'una giovinezza voluttuosa -ma colta, sul terribile problema del come coesistano -un Dio buono ed il peccato, accettò la vulgare soluzione -de' Manichei, che supponeano un principio buono -ed uno malvagio; poi non se n'accontentando, ne cercò -altre, perfino coll'astrologia e colla chiaroveggenza; al -fine per disperato abbandonossi allo scetticismo. Fatto -professore di retorica a Milano, invaghito de' classici, -sì che piangeva ai lamenti di Didone e dall'<i>Ortensio</i> -era trascinato alla ricerca più sublime, per dotta curiosità -andò ascoltar le prediche di sant'Ambrogio; -ma queste gli crebbero il bisogno d'acchetarsi nella -verità, e si rivolse a Platone, dal quale iniziato al -sentimento dell'essere spirituale<a class="tag" id="tag166" href="#note166">[166]</a> e al concetto -<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span> -della realtà vera, tranquillò l'anima nell'autorità e nella -rivelazione, e ricevuto il battesimo da sant'Ambrogio, -alleò la fede di cristiano colla ragione di filosofo, tolse -a confutare gli errori cui prima aveva aderito, dibattè -i problemi più spinosi della filosofia, e primo in Occidente -ridusse a forma sistematica la dottrina evangelica, -mostrando indispensabile alla scienza e alla ragione -umana l'appoggiarsi nella divina. -</p> - -<p> -Sublime ingegno benchè sfavorito dai tempi, fu il -più filosofico tra i santi Padri; tutto seppe, a tutto -piegò il docile intelletto; egli metafisico, egli storico, -egli erudito delle arti e de' costumi<a class="tag" id="tag167" href="#note167">[167]</a>, sottile dialettico, -oratore grave e maestoso; scrisse di musica, -come dei più ardui punti teologici; descrisse la decadenza -dell'imperio come i fenomeni del pensiero; -avvivò la disputa scolastica coll'eloquenza; eloquenza -talora barbara e affettata, spesso nuova e semplice, -sempre viva e concisa, e sostenuta dall'affetto. Ne' <i>Soliloquj</i> -ragiona seco stesso «per saper Dio e l'anima», -all'arguta dialettica accoppiando fantastica sensività. -Nelle <i>Confessioni</i>, libro per le anime che ritornano al -cammin dritto, non per quelle che mai non se ne scostarono, -<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span> -esponendo i proprj fatti non per celia come -Orazio e l'Ariosto, nè coll'aria provocatrice di Rousseau -e dell'Alfieri, ma gemebondo e a ginocchio, egli ci -mostra un'anima tutta ambizione ed amore, che nel -giovanile traviamento s'inebbria non si soddisfa, della -celebrità s'annoja, corre ingorda dietro alla felicità e -al vero, e nella turbolenta solitudine del cuore contrasta -con se stessa, e supera le barriere che oppongono una -falsa sapienza, una lunga abitudine, i fomiti della gioventù -e della concupiscenza. La profonda naturalezza -di quello scritto è cosa insolita all'antichità; come la -riflessione severa e la mestizia senza disperazione, che -il cristianesimo metteva nell'uomo. -</p> - -<p> -Quanto alla politica, al detto di san Paolo «Non -v'è potestà che non sia stabilita da Dio», Agostino -aggiunge, «O la ordini egli, o la permetta». Che -appartenga al sovrano il diritto di vita e di morte, era -allora sì indubitato, che il cristianesimo non bastò a -negarlo; e sant'Agostino disse, il soldato che non -uccide quando il principe legittimo glielo impone, esser -reo come quello che uccide senz'ordine<a class="tag" id="tag168" href="#note168">[168]</a>; non bene -ancora afferrando l'idea di un nuovo diritto pubblico, -che discernerebbe affatto la forza dal diritto di giudicare. -Assolve la tremenda necessità della guerra qualvolta -sia fatta per respingere l'ingiuria, vendicar il torto -recato ai sudditi, opporsi ad ambiziosi invasori; ma -iniqua la rendono l'ingiustizia del motivo, la violenza -dei mezzi, l'abuso della vittoria, l'accannimento contro -il nemico, il turbar la pace, l'ambir conquiste, il permettere -violenze che si potrebbero impedire<a class="tag" id="tag169" href="#note169">[169]</a>. -</p> - -<p> -Agostino stesso dal tribuno Marcellino implora grazia -per alcuni settarj, proponendo invece della morte una -prigionia «dove siano ricondotti dalla malefica operosità -<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span> -all'utile lavoro, dalla follia del delitto alla ragione -e al pentimento»: nel che voi scorgete adombrato quel -sistema penitenziario, da cui tanto spera la nostra età. -Altrove proclamava essere i governi istituiti dal popolo -e pel popolo; «i re nè i signori non ebbero nome -dal regnare o dal signoreggiare, bensì dal reggere; -regno deriva da re, e questo da regolare. Il fasto principesco -vuol riguardarsi non come attributo di chi -governa, ma come orgoglio di chi domina. Iddio, -avendo fatto l'uomo ragionevole ad immagine sua, -volle dominasse sulle creature irragionevoli, non sull'uomo; -e però i primi giusti furono collocati pastori -di greggie, anzichè re d'uomini; volendo Dio con ciò -darci a conoscere qual cosa fosse confacevole e all'ordine -delle creature e alle conseguenze de' peccati»<a class="tag" id="tag170" href="#note170">[170]</a>. -</p> - -<p> -Assunto vescovo d'Ippona <span class="sidenote">(395)</span>, coll'eloquenza evidente e -colla straordinaria emozione allettava le fantasie degli -Africani, che, per udirne i prolungati ragionamenti, -abbandonavano i riti superstiziosi. Poi da' trattati più -eccelsi della metafisica scendeva a catechizzare i fanciulli, -addolciva la condizione degli schiavi, per redimere -i quali vendea sino i vasi dei tempj; ed esortava -tutti all'armonia e alla carità. -</p> - -<p> -Già considerammo i santi Padri nell'azione: come -filosofi e letterati voglionsi misurare ad altra stregua -che la ordinaria. È vero che ai latini manca la bella -armonia del genio greco e la graziosa e castigata elocuzione; -di rimpatto sono più originali, più attuali; -piaciono meno, penetrano meglio. In Agostino e Ambrogio -si fa sentire la scuola con tante antitesi, coll'enfasi, -col sottilizzare; Cipriano ha l'ampollosilà meridionale; -Lattanzio un'acquosa facilità; Tertulliano uno stile -ferreo: ma di rimpatto la veemenza di Cipriano è -<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span> -sempre magnanima; Tertulliano spiega una robustezza -senz'esempj; Ambrogio, naturalmente ameno, sempre -nobile e pieno d'unzione; Agostino sublime e popolare, -accoppia i pregi degli altri, e sa adoprarli a vicenda -in una carriera di diversi combattimenti. In tutti poi, -se la lingua digrada, si rialza lo stile; al difetto di -purezza suppliscono il vigore del sentimento, la ricchezza -delle immagini, l'elevatezza del vedere, e massime -la novità del fondo, pregio notevolissimo in una -letteratura che sempre erasi applicata a tradurre o -imitare. Girolamo, fra bellezze stupende, tanto nerbo, -tanta immaginativa, tanta erudizione, ha le bizzarrie -d'un genio sbrigliato; l'espressione sempre energica, -sovente naturale, guasta con citazioni disadatte, con -triviali riflessi, col non sapersi arrestare a tempo: ma -come riuscire corretto se talvolta in un giorno scrivea -mille righe, e in una notte compose il trattato contro -Vigilanzio? -</p> - -<p> -E la fretta è il carattere di scritture dettate per -occasione: dettate fra l'universale scadimento, fra invasioni, -fra dispute iraconde, fra grossolana effeminatezza -e imbelle scoraggiamento, come pretendervi la sobria -e severa purezza che innamora ne' classici? Ne' loro -contemporanei trovammo grammatici gelati, retorici -ciancieri, cronisti digiuni, poeti da nozze e da idillj, -tutto ciò che può combinarsi colla depressione morale: -i cristiani, filosofi e politici, destinati a meditare e fare, -persuadere e governare, sovrastano per convinzione -ardente ed operosa, conseguente calore e verità di -linguaggio, pel continuo occuparsi degli interessi più -attuali e grandiosi dell'uomo e dell'umanità, per l'elevatezza -che ritraggono dall'osservare gli eventi non -secondo l'impressione istantanea, ma in relazione colle -verità eterne e con una vita di cui questa non è che -l'ombra e la preparazione. Da tale punto d'aspetto -<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span> -doveano essi ravvisare ben altrimenti le grandezze e il -decadimento di Roma. -</p> - -<p> -Quando questa, come or ora vedremo, fu presa dai -Goti, il mondo cristiano esclamò esser vendicato il -tanto sangue de' martiri; e da molti discorsi, anche di -sant'Agostino, trapela una specie di contentezza per -questa grande giustizia. Gli amici dell'antico culto interpretavano -invece quel disastro come punizione degli -Dei abbandonati, e imputavano ai Cristiani la ruina -dell'impero. A costoro Agostino oppose la <i>Città di -Dio,</i> curioso lavoro di genio e d'erudizione, tanto complesso -di mezzi eppur unico di fine, e il primo monumento -di filosofia della storia. Gran potenza doveva -conservare il politeismo se Agostino credette d'insister -tanto nel provare la superiorità di Dio sugli Dei. Assume -egli di mostrare come nel paganesimo giacessero -sconvolte le idee di virtù e di gloria, lo riconduce ai -veri elementi suoi, il panteismo materialista e l'adorazione -della carne, e cerca in esso le reali cagioni della -rovina della società, ponendo a parallelo le due civiltà -che si combattevano. -</p> - -<p> -Gli abitatori della città di Dio e della città del mondo -vivono mescolati quaggiù, ma quale trionferà? che fia -di Roma? Invece di rispondervi direttamente, egli -s'approfonda ne' misteri dell'eternità, scruta i tremendi -abissi della giustizia divina e le esultanze della rimunerazione. -Quante bellezze nella natura! quante meraviglie -nell'industria! quante gioje nell'intelligenza! Agostino -divaga nel descriverle, e — Se tanto Iddio largisce a -chi ha predestinato alla morte, che farà per coloro che -predestina alla vita?» così dell'una città preconizza la -caduta con una convinzione fin allora ignota alla storia, -mentre canta il trionfo dell'altra, che da Abele in poi, -fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, -peregrinando procede. «Quella venne fabbricata dall'amore -<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span> -di sè, portato fin al disprezzo di Dio; questa -dall'amor di Dio, portato fin al disprezzo di sè; l'una -si glorifica in se medesima, l'altra nel Signore; l'una -cerca la gloria degli uomini, l'altra non vuol gloria -fuorchè il testimonio della coscienza; l'una cammina -tronfia e pettoruta, l'altra dice a Dio, <i>Tu sei mia gloria</i>; -nell'una i principi sono strascinati dalla passione -di signoreggiare sopra i sudditi, nell'altra principi e -sudditi si rendono reciproca assistenza, quelli ben governando, -questi obbedendo». -</p> - -<p> -Come dunque nella sua gioventù, cerca ancora le -ragioni della lotta fra il bene e il male, ma pone fuor -di questa un Dio immutabile, sorgente unica degli -esseri tutti. Il male esiste, ma viene da una creatura, -qual è il demonio: gli uomini si disputano la gloria, la -ricchezza, i beni che Dio abbandona ad essi. L'incarnazione -futura del Riparatore è la ragione suprema di -essere del genere umano, la lanterna nel mar della -storia. Viene Cristo, ma allora l'impero si scoscende, -e sono le sue ruine che ispirano il libro d'Agostino, la -più grande rivelazione del maggior conflitto che la -storia ricordi tra i due mondi; l'uno perduto sempre -dal peccato, l'altro sempre salvato da Cristo. -</p> - -<p> -Cominciata l'opera nel 411, la pubblicò in ventidue -libri successivamente fino al 427; e chi non s'adombri -alle incessanti antitesi<a class="tag" id="tag171" href="#note171">[171]</a> e allo stile brillantato, chi -non s'offenda alle particolarità in cui si sminuzza nel -determinare la fine delle due città, volendo applicarvi -parola per parola l'Apocalisse senza che gli bastino -l'immaginazione per valersi del linguaggio misterioso, -<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span> -e l'alta intelligenza per discernere qual idea convenga o -no tradurre in immagini, ammirerà tanto ardimento di -pensiero e tanta umiltà di fede, con cui affronta problemi -fondamentali, il governo temporale della Provvidenza, -l'accordo della prescienza col libero arbitrio, gli arcani -della morte e della resurrezione. -</p> - -<p> -Prima d'ogni altro, Agostino seppe comprendere con -uno sguardo l'intera umanità da Adamo fin alla consumazione -dei secoli a guisa di un uomo solo, solidariamente -congiunto nel male e nei patimenti, che dalla fanciullezza -alla vecchiaja, passando per tutte le età, compie -la sua carriera nel tempo<a class="tag" id="tag172" href="#note172">[172]</a>; e sotto la contingente varietà -degli avvenimenti ond'è tessuta la storia dell'umana -famiglia, scopre un disegno immutabile e necessario di -essa Provvidenza, il quale gradatamente si compie, -malgrado gli ostacoli dell'ignoranza e delle passioni. -</p> - -<p> -La storia fin allora era stata alea, cioè considerava -che la società avesse in se medesima il proprio fine; -nè i più grandi filosofi avrebbero potuto scorgerne il -fine comune, quando le nazioni camminavano ciascuna -per la sua via, distinte una dall'altra, e il libero arbitrio -dell'uomo, la forza, le vittorie, le sconfitte decidevano -della loro fortuna. Solo il cristianesimo poteva annunziare -che gli uomini sono tutti fratelli, che Cristo è -centro dell'umanità, e che l'estendersi del suo regno è -il fine, cui le umane cose vengono dirette anche da -ciò che sembra ad esse opporre contrasto. Le persecuzioni -aveano di ciò offerto una dolorosa ma incontrastabile -prova, e i Padri della Chiesa acclamarono -che l'attuazione del vangelo è lo scopo a cui la Provvidenza -governa le cose di quaggiù. Sotto questa prospettiva -osserva Agostino gli avvenimenti. -</p> - -<p> -Erasi proposto di rispondere al paganesimo politico -<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span> -dell'Occidente, ma poi allargò il proprio soggetto, e -invece d'una semplice confutazione, diede al mondo -un'esposizione si può dire compiuta delle dottrine cristiane. -A trattare quel primo assunto egli indusse Paolo -Orosio spagnuolo, il quale fecesi a mostrare come, fin -da' primordj, gravissime sciagure flagellarono senza -tregua l'uman genere; la storia è una ripetizione continua -del fallo d'Adamo, una serie di rivolte contro Dio -e di conseguenti punizioni, talchè nulla di straordinario -erano quelle d'allora, per quanto desolatrici: donde -inferisce che la vita è un cammino d'espiazione, per -cui l'uomo, traverso un'acerba preparazione, si conduce -alla vera felicità, la quale anche in terra può prelibarsi -da chi impari dalla religione ad accettare i travagli -come si deve. -</p> - -<p> -Allorchè, occupata l'Africa dai Vandali, non i Gentili -soltanto rinfacciavano al cristianesimo i disastri dell'impero, -ma i Cristiani medesimi lagnavansi di non mietere -che sventure dalle virtù e dai patimenti, Salviano, -«eloquente prete di Marsiglia», scrisse <i>Del governo -di Dio</i>, dove, mostrato quanto a torto si giudichi spesso -del bene e del male, investiga nella storia la manifestazione -della divina giustizia, e non potersi a ragione -mover lamento, dacchè così universale vedeasi la corruttela -dentro e fuori della Chiesa: anzi con ricche -descrizioni e con patetici tocchi istituendo confronto, -ne' Barbari devastatori dell'impero indica virtù non -mai conosciute o dimenticate in questo, a segno che -non sia da meravigliare se essi prevalgano. Palesava -in somma di comprendere ciò che nessuno de' suoi -contemporanei, cioè che la caduta dell'impero darebbe -origine a nuova civiltà, costituita sopra il cristianesimo. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span> -</p> - -<h2 id="cap52">CAPITOLO LII. -<span class="smaller">Trasformazione delle arti belle.</span></h2> -</div> - -<p> -Dopo l'archeologica restaurazione di Adriano, le arti -andarono a precipizio. Già un gusto immiserito palesa -la porta de' Borsari a Verona, colle colonne a strie -torse, e sovrapposti alle nicchie frontoni a vicenda -angolari e tondi. Nelle terme di Diocleziano, il quale -volle sorpassare quante se n'erano fatte sin allora, -caricaronsi le volte di ornamenti, i quali cadendo uccisero -molte persone. Nel suo meraviglioso palazzo a -Spalatro, l'arcata nasce dalle colonne senza cornicione; -queste posano su modiglioni invece di piedistalli, e una -schiera sopra l'altra senza che una linea continuata -accenni una soffitta interna; le cornici, invece di tirare -orizzontalmente dall'una all'altra colonna, circolano col -fregio attorno di un'immensa arcata; aggiungete ornamenti, -senza sobrietà nè significazione nè effetto, onde -la superfluità genera confusione. Le proporzioni più -non si osservarono; pesanti e secche modanature, goffi -e meschini profili, archi senza archivolto, colonne spirali -o elittiche, e perfino nel medesimo peristilio se -ne posero di differente altezza. Eppure l'arte spiegava -maggior libertà ed ampiezza nel gettare francamente -le volte da una colonna all'altra senza bisogno di piedritto, -ampliando così gl'intercolunnj, e dando snellezza -e luce ai portici. -</p> - -<p> -Sì rapidamente degradò la scultura, che i giganteschi -modiglioni del magnifico tempio della Pace non vantaggiano -sui lavori dei secoli barbari. La noja del bello -si rivela nella cupidigia del singolare; le statue degli -<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span> -Dei staccansi dalle sembianze umane per ridiventare -simboliche all'orientale; il Mitra, o dio Sole, effigiasi -con viso di leone e piccole ali e un serpente attorcigliato -alla persona e molti simboli: anche i busti diminuiscono -di rilievo, di correzione, di disegno; tutta la rappresentazione -perde di carattere per modo, ch'è necessario -ajutarne l'intelligenza per mezzo di scritture. Costantino, -che tanto fece fabbricare nelle due città capitali, per -ornare le sue terme a Roma portò di Grecia i colossi -di Montecavallo, che l'epigrafe certo posteriore attribuisce -a Fidia e Prassitele; ma in molto maggior -numero opere trasferì da Roma a Costantinopoli, e per -erigere edifizj nuovi fu ridotto a spogliare gli anteriori, -acconciandone i frammenti in maniera sgraziata, quasi -non si trovassero tampoco scarpellini per copiare -l'antico. -</p> - -<p> -Ma qui pure avvicinavasi alla materia la scintilla dello -spirito, perocchè le rivoluzioni che si fanno nell'idea, -portano conseguenze in tutti i fatti; e come la morale privata -e pubblica e la letteratura, così anche le arti belle -doveano dal cristianesimo ricevere un mutamento radicale, -e non essere distrutte ma compite. Quelle sensuali -che effigiavano l'idolo o il monarca, poi identificavano -l'idolo col Dio, non poteano ispirare che abominio ai -primi Cristiani; ma ben tosto dall'essere mero trastullo -de' fortunati, blandizie de' sensi, corredo della ricchezza, -essi doveano chiamarle ad ornare le solennità d'amore -e di dolore, associarsi alla nuova civiltà per esprimere -l'aspirazione ad un perfezionamento, di cui continuo è -il desiderio in questa vita, ma il compimento non si -dà che nell'altra. -</p> - -<p> -Fin dal loro nascere i Cristiani usavano alcuni -simboli, esprimenti le loro credenze: sulle tombe -intagliavano palme, cuori, triangoli, viti, pesci, croci, -specialmente il monogramma ☧, cioè Cristo, col nome -<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span> -dell'estinto. Null'altro che questi simboli tollerava l'austero -Tertulliano, il quale, confondendo l'arte cogli -abusi, riprovava qualsifosse effigie, sin quella del Buon -Pastore: ma gli altri dottori mostraronsi più condiscendenti -alla inclinazione della natura umana di rappresentare -ai sensi gli oggetti consacrati nella sua memoria -e nella sua venerazione. -</p> - -<p> -Roma posa sovra un terreno vulcanico, e le lave -indurite, il peperino, la pozzolana da una parte, dall'altra -il più moderno travertino, sedimento del Teverone, -prestarono materiali a fabbricarla. Dallo scavo -di queste materie, massime presso porta Esquilina, -risultarono grotte vastissime, serpeggianti sotto alla -gran metropoli, e talvolta a varj piani sovrapposti. Pare -che di buon'ora s'introducesse l'uso di sepellire in -alcune di esse <i>catacombe</i> la gente vulgare, entro cellette -o loculi, ricavati nelle pareti l'uno sopra l'altro a -maniera di colombajo. -</p> - -<p> -I Cristiani, forse condannati a lavorare in que' sotterranei, -o che vi cercarono oblio e nascondigli, ne -fecero il luogo di loro convegno e i dormitorj (<i>cœmeteria</i>), -come con fausta parola chiamavano i sepolcreti -dei fratelli addormentatisi in Dio. Quest'opinione vulgata -appoggiasi sopra esempj consimili di Napoli, di -Siracusa, di Parigi: ma renderebbe perplessi intorno -alle reliquie che se ne estraggono, e supporrebbe un -accomunamento de' riti cristiani co' gentileschi, troppo -repugnante dal primitivo zelo; laonde qualche moderno -dimostrò vittoriosamente che le catacombe cristiane -furono fatte a bella posta, e i Gentili, come non posero -mano a scavarle, non poterono per legge servirsene. -</p> - -<p> -Lunghi androni sotterranei, con nicchie a più ordini -ricavate ne' fianchi, tratto tratto riescono a camere -decorate di stucchi, e a cappelle destinate a celebrarvi -i sacri misteri. Dopo che più non furono necessarie a -<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span> -celarvisi, restarono venerate come teatri di quelle scene -devote, ove i fedeli, commemorando i martirizzati, -preparavansi ad imitarli; e i più morendo chiedevano -di dormire a lato a quei santi, per partecipare alle loro -intercessioni. Furono pertanto frequentate dalla divozione -fin al secolo xii, quando Pietro Mallio ne diede -l'enumerazione; dappoi si visitava soltanto quella cui -s'entra per la chiesa di San Sebastiano. -</p> - -<p> -Pontificando Sisto V, si tornò l'attenzione a questi -antichi sepolcreti, ed egli ne fece estrarre delle reliquie; -pietà che si estese, e che fu poi regolata da Clemente -VIII e da altri, acciocchè non si confondessero -le ossa de' santi e i distintivi del martirio con avanzi -profani. Qualche erudito ne formò oggetto di studio; ed -Onofrio Panvinio enumerò quarantatre catacombe a -Roma, e discorse i riti e le adunanze che vi si tenevano; -Antonio Bosio continuò più di trent'anni ad esplorarle, -e senza misurare spese e fatiche ne levò i piani, disegnò -le pitture, le sculture, i sarcofagi, gli altari, gli oratorj, -e ne tessè l'opera della <i>Roma sotterranea</i>, che, pubblicata -postuma, fu riveduta ed ampliata da Paolo Aringhi -nella <i>Roma sotterranea novissima</i>, di maniera che se -ne diffuse la cognizione, e si eccitarono nuove ricerche. -Marc'Antonio Boldetti, nelle <i>Osservazioni</i> sopra i cimiteri -de' santi martiri e degli antichi Cristiani di Roma, -sebbene insista specialmente sull'autenticità delle reliquie -e sui decreti della Chiesa in tal proposito, esibì -insieme i disegni di molti oggetti scoverti nelle catacombe, -e continuò lunghe indagini, di conserva col -Marangoni; ma quando stavano per pubblicare gli studj -di tanti anni, il fuoco li distrusse, e solo pochissimo -il Marangoni ne stampò. Per commissione di Clemente -XII, il Bollari si applicò a questa ricerca con -ricchissima erudizione, ma poca diligenza e pochissimo -sentimento dell'arte cristiana. Miglior esame vi portò -<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span> -il gesuita Marchi, in un'opera che le ultime vicende -hanno sospesa, e che divenne il fondamento ad altre -di forestieri<a class="tag" id="tag173" href="#note173">[173]</a>. -</p> - -<p> -Da quelle grotte, che sono pel curioso una delle -meraviglie di Roma e pel devoto un santuario di pietà -e di speranze, si trassero in diversi tempi avanzi d'arte, -che venivano collocati nelle chiese, massime di San -Martino ai Monti, Sant'Agnese, San Giovan Laterano, -Ara Coeli, Santa Maria Maggiore e Santa Maria Transtevere, -e che poi si pensò raccogliere in un Museo -Cristiano nel Vaticano. -</p> - -<p> -Delle figure le più sono ad incavo, empito di minio, -colore de' trionfanti, che qui dinotava un nuovo genere -di vittorie: appena arrivano a cento in tutta Roma le -opere di bassorilievo, a cencinquanta nella restante -Italia, e quaranta in Francia: non mancano musaici. E -rappresentano il Buon Pastore; san Pietro col gallo; -l'orante, cioè un uomo o una donna, stanti, cogli occhi -al cielo e le mani protese; il fossore in atto di sterrare, -col riscontro spesso di una figura portante la lucerna. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span> -</p> - -<p> -Fra i simboli che si conservavano come passaggio -dall'iniziazione dei culti antichi alla realtà ed alla storia, -sono le sigle Α Ω, ☧, IH, indicanti Cristo; la colomba -posata sul ramo di palma con una stella nel becco, o -che bee dal calice; cervi che corrono al fonte; pesci in -asciutto; un gallo che annunzia il mattino dell'eterna -giornata; due mani erette al cielo, o due mani e due -piedi disposti a croce; il delfino, simbolo del tragitto -delle anime verso una riva ospitale; l'àncora della -speranza, o un semplice ramo d'ulivo; talvolta il cuore, -che i Gentili appendevano al collo de' loro fanciulli. La -croce era segno usitatissimo; e dapprincipio si faceva -greca, cioè a braccia eguali; nel secolo iii si allungò, -quando vi si appose il Crocifisso, ignoto a' primi tempi; -com'era inusato il calice, da cui più tardi si fece sporgere -l'ostia, o fu posto in mano all'evangelista di Patmo -col serpente. Il serpente, nota di salute ai Greci che -l'attribuivano al dio della medicina, ed agli Ebrei che -ricordavano quello eretto nel deserto, passò a significare -lo spirito del male, e si figurò vinto a piè della -Croce, poi più tardi conculcato dalla Immaculata concetta. -Talora il maligno esprimevasi col corvo; ma -solo nel medioevo fu introdotta la sconcia forma di -mezz'uomo e mezza bestia. La forza irrazionale trovasi -talora rappresentata col leone, che dappoi fu posto -fuor delle chiese con un agnello o un fanciullo in gola; -altre volte, indicando la forza morale, sostiene la sedia -vescovile, o il cero pasquale, o colonne. -</p> - -<p> -Alle allegorie si aggiungono rappresentazioni storiche, -desunte dal nuovo Testamento, come le parabole -del Vangelo, o dell'Apocalisse il libro dei sette suggelli, -il candelabro di sette rami, i quattro angeli dei quattro -venti, i ventiquattro vecchioni, la bilancia, la donna -inseguita dal dragone: non ne mancano di cavate dai -Gentili o dalla tradizionale sapienza, quali sarebbero -<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span> -l'Orfeo, le Sibille, le Muse: e scene di vendemmia, che -raffiguravano pel pio artista una vita matura, e da cui -stavasi per ispremere il succhio spirituale. La morte, -effigiata dai Greci in genj di graziosa mestizia colla face -rovesciata, non aveva emblemi tra' primi Cristiani, e -furono i Gnostici che introdussero la forma dello -scheletro<a class="tag" id="tag174" href="#note174">[174]</a>. -</p> - -<p> -I nomi di <i>santo, caro, innocente, dolcissimo</i>, attestano -l'affetto verso il defunto: l'<i>in pace</i>, frequente -imitazione degli Ebrei, la fiducia religiosa che fa men -tristi gli avelli; mentre negli epitafj romani l'idea d'una -vita futura era mentosto credenza che augurio. I caratteri -romani vi sono deformati, ineguali, fitti, raccorci, -misti a lettere greche<a class="tag" id="tag175" href="#note175">[175]</a>. -</p> - -<p> -Antichissimo era l'uso dei doppieri accesi ai feretri; -e sebbene Tertulliano riprovi lo spargervi fiori, troviamo -usitato questo bel simbolo della bellezza e fragilità -della vita. V'avea sepolture private, bisomi, -trisomi, cioè per due, tre o più cadaveri; e alcune -separate pei fanciulli vissuti men di quaranta giorni. -Spesso il cadavere acconciavasi con aromi, donde quella -fragranza che spesso si legge usciva dalle tombe -dischiuse. -</p> - -<p> -I sarcofagi s'introdussero quando alla nuova religione -<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span> -diedero il nome senatori e ricchi. Il primo, di cui l'età -sia accertata dall'iscrizione, è di appena due anni anteriore -alla morte di Costantino<a class="tag" id="tag176" href="#note176">[176]</a>; ma forse il più -antico è quello della villa Panfili, figurante portici alla -corintia, sotto cui quindici personaggi che circondano -Cristo, in toga sopra sedia curule, bello del volto, e colle -chiome spartite sul capo, al modo che suole ancora -figurarsi. Sui sarcofagi per lo più si scolpiscono scene -evangeliche, come l'adorazione de' magi o la benedizione -dei fanciulli: talvolta anche della mitologia, o -pagane reminiscenze, talchè non meno di Giona e Noè -vi appajono Deucalione e Giasone, e le agapi non differentemente -dai banchetti profani. Imperocchè l'arte -plastica greca rivaleva sulle concezioni giudaiche; e -massime dopo che la Chiesa non fu più costretta a -nascondersi, si palesò il contrasto fra i comandi a metà -pagani de' signori, tendenti a ridur materiale il culto, -e il genio riordinatore e progressivo della Chiesa, che -sostituiva la storia all'allegoria: la qual lotta impedì -qui pure la trasformazione totale, cui il cristianesimo -aspirava. -</p> - -<p> -Intanto era nuovo questo prendere a soggetto, non -più la forza e la leggiadria nella più vistosa appariscenza, -bensì la bellezza che deriva dall'interno, i patimenti, -l'ascetismo: e l'uomo dei dolori, la vergine -madre, vecchi plebei, donne piangenti, esprimevano -una religione insolita, per cui la vita era una espiazione, -e che rendeva sacre le lagrime, e nell'amore e nella -speranza trovava una significazione morale alla gioja -e ai tormenti: anzi, per protestare contro gli abusi del -bello, alcuni effigiavano la divinità in forma umile e -servile. Quando la Chiesa divenne trionfante, più non -<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span> -ebbe a temere di quel che a principio potea parerle -un inciampo; e non che repudiare le arti, se le appropriò, -purificandole come tutto il resto; e conoscendole -capaci di produrre effetti morali e intellettuali qualora -sentano la propria elevatezza, se le rese ferme ed -eloquenti ausiliarie nella promulgazione della divina -parola. -</p> - -<p> -Nella vicenda di persecuzione e di tolleranza, corsa -per quattro secoli, i Cristiani fabbricarono qualche cappella -in Roma stessa: Adriano, dopo udita l'apologia -di Quadrato, permise si radunassero in celle che s'intitolarono -Adrianee: e già avanti Costantino, più di -quaranta chiese aveva la sola metropoli. Ma sol dopo -ottenuta la pace e il trionfo si potè alzare tempj artisticamente, -ed abbellirli di effigie ed ornamenti. Papa -Silvestro, avuto in dono da Costantino il palazzo di -Laterano, vi fece disporre un battistero ottagono, consacrato -al santo, dal quale prese nome la chiesa vicina -di San Giovanni Laterano, dove ancora il pontefice -prende possesso della città e del mondo (<i>urbis et orbis -princeps</i>). Distrutto il circo di Nerone, Costantino v'alzò -una chiesa al principe degli apostoli, fabbricò quella -di San Paolo fuor delle mura, e San Lorenzo, e -Sant'Agnese. Quest'ultima, in una valle sparsa di catacombe -tra la via Salaria e la Nomentana, fu conversa -poi in cappella funeraria, ove Costanza figlia dell'imperatore -venne deposta entro stupendo sarcofago di porfido, -ornato di bacchiche allegorie. Simboli eguali -appajono nel musaico del vicino battistero rotondo. -</p> - -<p> -La chiesa dedicata in Roma a santa Prisca là dove -sorgeva il palazzo di questa, battezzata da san Pietro -e considerata come la prima martire, arieggia alle -catacombe, con un sepolcro, un altare, una cappella. -Quella di San Clemente, che è anteriore a Teodosio -Magno, conserva inalterata la forma rituale, cinta d'un -<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span> -atrio a colonne e col pronao; dentro in tre navate, di -cui la mediana ha undici metri di sfogo, quattro la -destra, sei la sinistra, con anomalia non rara; ampia -scala conduce alla tribuna, sotto cui si apre la confessione -colle reliquie. Anche San Silvestro, Sant'Ermete, -San Martino ai Monti in Roma furono elevati sopra -oratorj sotterranei. Galla Placidia, figlia di Teodosio, -volle che la chiesa de' Santi Nazario e Celso in Ravenna -imitasse gl'ipogei; e vi collocò le tombe per sè, pel -fratello Onorio, pel marito Costanzo e pel figlio Valentiniano -III<a class="tag" id="tag177" href="#note177">[177]</a>. A Leon Magno s'attribuisce San Pietro -<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span> -in Vincoli a Roma, e ignoriamo donde togliesse quelle -colonne d'un dorico assai più alto del pestano. -</p> - -<p> -Costantino imperatore e i primi successori suoi non -abbatterono nè mutarono i tempj pagani; ma ciò si -fece via via che il cristianesimo prevaleva. Uno dei -primi che fossero ridotti a chiesa fu Sant'Urbano fuor -porta Capena, sopra la fontana di Egeria, di cotto, con -portico di quattro belle colonne. Però tempj così piccoli -come i pagani mal potevano servire al popolo -intero, che congregavasi a partecipare della preghiera -e del sagrifizio, e ad ascoltare i dogmi della fede e i -precetti della morale. Più opportune a tal uopo venivano -le basiliche (t. <span class="smcap lowercase">III</span>, p. 425), recinti coperti, nei quali -raccoglievansi i mercadanti agli affari, gli oratori a -discutere, i magistrati a sentenziare. Dieci ne aveva la -sola Roma, che altrove nominammo; e mentre i tempj -per lo più abbellivansi esternamente di colonnati, della -basilica non si vedeano che mura. La sala interna -formava un quadrilungo, tripartito da due serie di -colonne, le quali riuscivano ad un semicerchio, alzato -d'alquanti gradini, e coperto d'un emiciclo. In questo -abside o tribunale sedeva il pretore, con attorno i -giudici e rimpetto gli avvocati: in gabinetti attigui si -tenevano gli scrivani minori, uffiziali intenti a risolvere -o conciliare i piati insorti fra negozianti: alcune basiliche -erano provvedute di loggie in alto per comodo -degli spettatori. Siffatte erano opportunissime alle riunioni -dei Cristiani, non solo per la capacità, ma anche -per la distribuzione, collocandosi in mezzo del tribunale -l'altare, sulla cattedra del magistrato il vescovo, attorno -ad esso il clero, nel resto i fedeli, e sulle loggie le -vedove e le vergini devote. Dicono che la prima basilica -volta ad uso cristiano fosse in Roma la Porcia, e -servisse di modello alle chiese che conservarono quel -nome. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span> -</p> - -<p> -Mentre papa Liberio con un senatore romano ideava -la chiesa di Santa Maria Maggiore, cadde neve, benchè -fosse agosto entrante; e su quella un angelo delineò la -pianta della fabbrica. Questa leggenda attesta che s'attribuiva -alle costruzioni sacre un senso superiore al -capriccio dell'artista; e sembra che ogni parte fosse -rituale, come già nel tempio ebraico. Allorchè fossero -arbitri della scelta, i Cristiani costruivano le chiese -sulle alture, lunghe due volte la larghezza, e colla cella -rivolta ad oriente. Prima incontravasi l'atrio o paradiso, -portico a colonne largo quanto la chiesa, e talora -formante un cortile quadrilatero<a class="tag" id="tag178" href="#note178">[178]</a>. Ivi si deponevano -gli estinti, col capo verso levante, ad aspettare la resurrezione. -Del sepellire in città, vietato rigorosamente -dalle XII Tavole<a class="tag" id="tag179" href="#note179">[179]</a>, più non s'aveva scrupolo, come -mostrano le tombe di Costantino e d'Onorio: un campo -fuor della chiesa serviva ai più: alcuno impetrava di -collocare i suoi cari presso i martiri, come sant'Ambrogio -depose il fratello Satiro vicino a San Vittore. -Solo i vescovi poteano essere sepolti nelle navate della -chiesa; la famiglia imperiale sotto la sacra soglia. -</p> - -<p> -In tre zone era partita la chiesa: alla prima (<i>narthex, -ferula, pronaos</i>) vicina alla porta aveano accesso i -penitenti non iscomunicati, e i catecumeni, che udivano -il vangelo senza poter assistere al sacrifizio. La seconda -<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span> -(<i>navis</i>), ad uso degl'iniziati, n'era separata trasversalmente -per un muro a tre porte; quella a destra per -gli uomini, la sinistra per le donne, la mediana per le -processioni. Nella nave di mezzo, riservata alle cerimonie -religiose, avevano posto i leviti e i tre cori cantanti -attorno ai tre pulpiti o amboni. Questi si faceano -ottagoni o quadrati<a class="tag" id="tag180" href="#note180">[180]</a> con musaici e scolture; e uno -serviva per l'orchestra, uno per l'epistola, dall'altro i -diaconi leggeano il vangelo e le lettere dei vescovi. -Davanti agli amboni stava la colonna del cero pasquale. -La sedia del vescovo dietro all'altare occupava il centro -dell'abside, che poi si chiamò presbitero, e che avea la -volta dorata, e a lato i pastofori. All'estremità delle -navi minori il <i>senatorium</i> ed il <i>matroneum</i> servivano -pei patrizj e le dame. Al sacrario (<i>cella, hieration</i>), -separato dal restante tempio con un arcone trionfale, -si saliva per tre gradini; un velo colorato lo toglieva -agli sguardi; nè ad altri che al sacerdote era dato -penetrarvi. Stava sotto di esso la confessione, cripta -delle ossa de' martiri, sopra cui ergevasi l'altare, unico -all'unico Dio. Sopra di quello pendea la pisside, spesso -in figura di colomba, entro cui conservavasi l'eucaristia; -e attorno lampade di varie forme, appese al -baldacchino in triangolo (<i>ciborium</i>) che era sorretto -da quattro colonne. A questa generale distribuzione -molte varietà s'introducevano. -</p> - -<p> -Per edificare più prontamente, e trovandosi già le -arti in decadenza, alle chiese s'adattavano colonne tolte -ad edifizj diversi, e perciò di grandezza disuguali. Invece -d'accorciare le troppo lunghe o rialzare con uno -zoccolo le brevi, si sbandì l'architrave, e dall'una -all'altra gettaronsi archi, sorgenti immediatamente da -esse; metodo già conosciuto, allora fatto generale. Nella -<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span> -basilica di San Paolo fuor della mura<a class="tag" id="tag181" href="#note181">[181]</a> ventiquattro -colonne di pavonazzetto furono portate dalla Mole -Adriana, i cui elegantissimi capitelli discordavano dalle -sedici aggiuntevi forse quando Teodosio ed Arcadio -l'ampliarono; divideano esse la basilica in cinque navate, -che con una trasversale formavano croce, e davano -un vedere ben più grandioso e magnifico che i peristilj -esterni degli antichi: tutti gli archi impostavano sulle -colonne. In Santa Costanza le colonne sono binate, non -nel senso della circonferenza, ma secondo il raggio -della rotonda; quali pure in una chiesa presso Nocera -de' Pagani, e in non poche posteriori. Il tempio pagano -ricevea luce dalle porte o da un foro nella volta o da -lampade; ne' cristiani finestre rotonde ed arcuate trasmettevano -una luce, temperata da vetri a colore che -rappresentavano al popolo le storie bibliche o dei santi. -</p> - -<p> -Moltiplicaronsi poi le chiese a Roma, e in esse potrebbe -seguirsi passo a passo l'architettura nel dechino -e nel risorgimento, nessuna età così infelice trovandosi -<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span> -che qualcuna non ne ergesse per munificenza o devozione -de' pontefici. Anche nelle altre città se ne aprivano, -man mano che il cristianesimo vi era piantato, prediligendo -le forme rituali nelle piante, nell'elevazione e -negli ornamenti. Quando poi il culto non si limitò ad -un martire solo, crebbero gli altari, il che coll'interrompere -le linee alterò la semplicità del disegno; molto -più quando s'introdusse la profana pompa de' mausolei. -</p> - -<p> -Edifizj considerevoli son pure i battisteri. Nelle rovine -della casa di Prisca a Roma, ove credono abitasse -san Pietro, mostrano un capitello incavato, nel quale è -fama ch'egli battezzasse, con acqua dapprima sacra a -Fauno: aggiungono ch'egli amministrasse quel sacramento -in una catacomba della via Salaria, e in quella -dove poi fu sepolto presso un luogo ch'ebbe nome di -Fonte san Pietro. Dappoi si eressero a quest'uopo -edifizj presso le acque, accanto alle chiese, alle quali -talora erano congiunti per via di portici, come ad -Aquileja. Presso al palazzo Laterano, Costantino o san -Silvestro fece il suntuoso battistero che ancora sussiste, -con più ordini di magnifiche colonne di porfido o -marmo, e membrature di edifizj antichi, senza unità di -stile e di proporzioni: nel mezzo vaneggia il bacino, a -cui si scende per alquanti scaglioni, ottagono come tutto -l'edifizio, al quale precede un portico pei neofiti aspettanti; -e serbasi ancora pei solenni battesimi amministrati -dal papa. A tal uso furono pure ridotte in Roma -le terme pubbliche di Novato, fratello delle sante Prassede -e Pudenziana; il bagno del loro padre senatore -Pudente; e quello di santa Cecilia, chiuso ora nella -bella chiesa che da questa trae il titolo. Ottagona se -ne volea per lo più la pianta; ma talora quadra, rotonda -o a croce, con gallerie in alto, e una cappella coll'immagine -del Battista, o di san Pietro che battezza Cornelio, -o altra da ciò. Alle vasche giungeva l'acqua per -<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span> -doccie sotterranee, talchè il vulgo credeva si empissero -miracolosamente. In quel di Sant'Andrea, rifabbricato -da Leone III, la fonte era circondata da colonne di -porfido; e di mezzo ne sorgeva un'altra, portante un -agnello d'argento che versava l'acqua. Talora era un -vaso isolato, sorretto da colonne o da animali simbolici. -Un solo battistero faceasi per diocesi, e a pasqua -e pentecoste soltanto si compiva la cerimonia; lo perchè -i battisteri doveano essere molto capaci. Sulla forma -de' primi se ne costruirono poi molti nel medioevo<a class="tag" id="tag182" href="#note182">[182]</a>. -</p> - -<p> -La decorazione e la sfragistica si esercitavano nei -dittici, ove scriveansi i nomi dei santi e dei benefattori, -da commemorare alla messa, ne' troni dei vescovi, negli -altari e altarini, ne' candelabri, ne' reliquarj, nelle coperte -dei libri rituali. -</p> - -<p> -Coloro che non giudicheranno queste opere col sentimento, -ma le scruteranno colla critica artistica, non -dimentichino che era un'età di universale decadenza; -e già imperante Costantino tal penuria si pativa d'artisti, -che si dovettero dilapidar le fabbriche anteriori onde -fornire le nuove. L'arco alzato a' suoi trionfi è tutt'insieme -più maestoso che quel di Settimio Severo; ma -gli ornamenti furono levati dall'arco e dal fôro di Trajano, -e mal raccozzati con lavori di nuovo, scarsi di -quell'arte di profilare che produce la grazia. Di questa -mancano affatto le immagini del Salvatore e dei dodici -Apostoli ch'egli fece porre in argento a San Giovanni -Laterano, ed altre statue dell'età sua in Campidoglio, -come pure le medaglie e monete: e per dedicargli una -<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span> -statua, si pose il capo di lui sovra un antico Apollo. Di -quel tempo si fusero le porte di bronzo di San Paolo, -perite nell'ultimo incendio, con incise figure e rabeschi -contornati d'argento, ove la ricchezza mal potè velare -lo scadimento dell'arte. E tanto fra il popolo scemava il -culto del bello, che fu necessario vietare si demolissero -mausolei, archi e colonne per capriccio o per bisogno -di murare, e istituire un magistrato per difendere colla -forza i pubblici monumenti<a class="tag" id="tag183" href="#note183">[183]</a>. -</p> - -<p> -Come dapprima la Grecia aveva allattata l'arte romana, -così questa si trapiantò in Grecia con Costantino, -e le costruzioni da lui fino all'imperatore Giustiniano -derivano affatto dalle latine, e primieramente l'ippodromo -e la gran cisterna di Costantinopoli; le medaglie -bisantine portano latine leggende, e perfin la lupa -romana. Solo al tempo di Giustiniano e colla fabbrica -di Santa Sofia appare quel che volle dirsi stile bisantino, -non bene definito nè cronologicamente nè artisticamente, -ma che infine potrebbe ancora dedursi da -edifizj romani, e specialmente dalle terme, preferendo -alla sala rettangola delle basiliche la pianta rotonda e -le cupole semicircolari, e tutto ornando di musaici e di -pietre multicolori, e d'una ricchezza di ori, figure, -rabeschi, opposta alla semplice nudità che dai Latini fu -sempre preferita. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span> -</p> - -<h2 id="cap53">CAPITOLO LIII. -<span class="smaller">Miglioramenti e complesso della legislazione.</span></h2> -</div> - -<p> -Man mano che le altre discipline e l'Impero decadevano, -migliorava la legislazione; segno evidente che la -cagione non era a cercarsene nell'incremento della -civiltà romana, bensì nello spirito nuovo, infuso dal -cristianesimo. Solo un secolo più tardi dell'età che -narriamo quella legislazione fu raccolta e vagliata per -cura dell'imperatore Giustiniano: ma a noi pare questo -il luogo di toglierla ad esame, sì perchè le sue disposizioni -capitali si riferiscono a quest'età, sì per coglierne -occasione a spingere un estremo sguardo nella vita -intima del gran popolo, e comprendere meglio in qual -senso deva intendersi la sua caduta. -</p> - -<p> -L'antico Oriente non ebbe idea del diritto individuale, -tutto rimanendo assorto dal capocasa, patriarca, autor -della vita come del diritto; la personalità confondeasi -nella famiglia, la famiglia nello Stato, lo Stato nel monarca; -sicchè all'uomo non rimaneva altra difesa che -ne' costumi patriarcali e nella religione, la quale, mentre -sanziona l'obbedienza, mitiga insieme l'impero. Assoluta -v'è pertanto la podestà paterna; il matrimonio è -una vendita combinata fra' genitori; la moglie è serva; -il padre può vendere i figliuoli, adottarne altri; sconosciuto -il testamento, energica manifestazione della -libertà individuale. È dunque il dominio dell'autorità, -cioè della fatalità. -</p> - -<p> -In Grecia la filosofia, cioè la libertà e la ragione, -spezzano quell'unità indefinita e universale, si svincola -il progresso, la religione si scevera dal governo; ma -la vita pubblica rimane tuttora confusa colla privata, -<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span> -pubblici i giudizj, il pubblico diritto identico coll'individuale; -il matrimonio non ha luogo che fra concittadini; -la potestà patria è proprietà sulla prole, e il -genitore scontento ne fa protesta al magistrato, e rinvia -di casa il figlio, che più non può vantare alcuna ragione. -E però la Grecia elevossi a tante libertà, ma puramente -comunali, fossero aristocratiche o democratiche; donde -moltissime varietà. Ma in verun luogo la libertà individuale -acquistò pienezza all'ombra del potere principesco, -siccome accadde ne' nostri Comuni: bensì arrivarono -a compimento la potenza e la franchigia delle -città. Se non che i cittadini di Grecia erano nobili -d'origine, a differenza degl'italiani ch'erano mercanti -e borghesi; l'uomo rimaneva subordinato alla qualità -di cittadino; lo spirito comunale teneva escluso lo straniero -dal matrimonio legittimo: bensì questo fu purificato -col ridurlo a monogamia, siccome la pubblica -animadversione fu sostituita alla guerra privata. -</p> - -<p> -Roma apparve al termine de' tempi antichi, per modo -che potette riassumere quanto di meglio erasi prodotto -sotto il dominio dell'autorità, ed insieme profittare di -quanto introducevano dapprima la filosofia, poi il cristianesimo, -cioè la libertà, la ragione, l'umanità rinata -nell'amore di Dio. Missione provvidenziale di essa parve -il costituire e perfezionare socialmente l'elemento del -diritto, il lato politico e giuridico della vita umana. Lo -spirito d'ordine e l'inflessibilità de' primitivi patrizj -introdusse lo <i>stretto diritto</i>, complesso di massime e -d'azioni legali, arbitrarie, che, volendo regolare con -atteggiamenti materiali lo spirito dell'uomo, ancora -incapace di dirigersi per ragione, lo faceano chinare -all'autorità, ad arcani religiosi, a formole impreteribili, -cambiate le quali son cambiati gli effetti<a class="tag" id="tag184" href="#note184">[184]</a>; a solenni -<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span> -interrogazioni e risposte solenni, che non lasciano dubbio -sulla volontà; la quale trovasi obbligata non dalla -coscienza e dalla nozione del giusto e dell'ingiusto, ma -dalla espressione letterale. -</p> - -<p> -Questo ferreo diritto nazionale, scritto nelle XII Tavole, -diveniva insufficiente dacchè Roma accolse in -grembo tanti forestieri, nelle cui controversie non potendo -aver luogo le azioni legali, vi si sostituì l'imperio -del magistrato. Inoltre molti de' suoi mandò a governare -altre genti; l'agro sacro più non rimase privilegio dei -patrizj; nuove vie s'apersero ad acquistare ricchezza, -gloria, magistrature. Roma dunque avrebbe o dovuto -rannicchiarsi negli angustissimi suoi principj, o sovvertirsi -violentemente, se il flessibile e progressivo -talento della democrazia non avesse reso diritto umano -quel ch'era diritto quiritario, insinuato nel legale il -sistema dell'onesto (<i>bonum et æquum</i>), l'<i>arbitrio</i> delle -ordinanze annuali, e un <i>gius de' forestieri</i>, che la legge -scritta temperasse coll'equità. E per <i>equità</i> intendevano -la ragione naturale, cioè quel fondo di idee morali che -tutti gli uomini civili possedono, che sopravive ad ogni -corruzione e che fonda la convivenza sulla libertà, sull'eguaglianza, -sui sentimenti naturali, sulle ispirazioni -del buon senso. -</p> - -<p> -Il diritto <i>equo</i> era espresso negli editti, ove i pretori e -gli edili pubblicavano le regole secondo cui giudicherebbero -durante l'annuale loro magistratura (t. i, p. 411). -In essi, conformandosi ai fatti, s'insegnavano azioni od -eccezioni, per le quali piegare l'inflessibilità delle formole -patrizie; per esempio, supporre erede chi nol sia, -usucatto ciò che non è ancora, e vivo il morto o viceversa; -proteggeasi la proprietà naturale in modo che -<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span> -si equiparasse alla quiritaria; accanto all'usucapione, -riservata ai possessi italici, elevavasi la prescrizione, -estesa anche ai provinciali. Al testatore è arbitrio di -diseredare i proprj figliuoli; ma il pretore cassa quel -testamento, supponendo nol potesse fare se non mentecatto -(querela inofficiosi). Chi cadde prigioniero del -nemico perde ogni diritto, fin quello di testare; ma il -pretore ne autorizza il testamento, supponendolo morto -all'istante che cominciò la cattività di lui. Pel gius civile -romano, negli atti giuridici, malgrado l'errore, il dolo, -la violenza, se il consenso fu dato, se l'atto ebbe il -compimento delle solennità e delle parole, rimane prodotto -l'effetto, creato o modificato il diritto: non così -nel gius delle genti, e il pretore condanna l'iniquità, e -con ingegnosi procedimenti corregge la materialità -inflessibile della ragion civile. Questa non conosce altre -forme d'obbligazione che i contratti o i delitti qualificati: -ma l'equità pretoria inventa i quasi-contratti e -quasi-delitti, coi quali fa passare nel fòro esteriore -alcuni doveri, dapprima riservati alla coscienza. -</p> - -<p> -S'appajano dunque progresso e tradizione; creasi -del nuovo, ma senza distruggere l'antico: mentre oggi -troppo incliniamo ad abolire una istituzione perchè vecchia, -i Romani la conservavano appunto perchè vecchia, -modificandola; preferivano la scuola storica alla filosofica, -le riforme inglesi alle rivoluzioni francesi. Perciò -dappertutto s'incontra un diritto doppio e parallelo; -parentela civile (<i>agnatio</i>) e parentela naturale (<i>cognatio</i>); -matrimonio civile (<i>justæ nuptiæ, connubium</i>) -e unione naturale (<i>concubinatus</i>); proprietà romana -(<i>quiritaria</i>) e proprietà naturale (<i>bonitaria</i>); contratti -di diritto formale (<i>stricti juris</i>) e contratti di buona -fede. In questo modo si passava dall'iniziazione secreta -de' patrizj alla pubblicità popolare, dall'autorità alla -ragione, dalla generalità astratta alla personalità libera; -<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span> -conciliavasi la venerazione pel passato colla necessità -di progressivi miglioramenti. -</p> - -<p> -Dalla lotta fra i due diritti è costituita la storia interna -di Roma, la sua guerra nella pace: e siccome nell'esterna -il valore, così nell'interna ebbe importanza principale -la giurisprudenza, scienza capitale fra i Romani. Abbiansi -i Greci le splendide qualità dell'immaginazione, -i fiori, i canti, le arti: Roma possederà il positivo dell'età -matura, la grande ambizione, ed un'unica letteratura -originale, quella della giurisprudenza, che potrà -effettuare l'unità del mondo antico. -</p> - -<p> -Già nella società primitiva, uno de' precipui uffizj -del patrono romano consisteva nel tutelare il cliente; -onde le famiglie grandi voleano tutte che un loro membro -valesse nella giurisperizia; e poichè senza di lui -non poteva il plebeo stare in giudizio, egli talvolta colle -sportule che esigeva, gravava i clienti quasi d'un tributo. -E il guadagno e l'influenza induceano i patroni a -tenere arcane le azioni simboliche e legittime sì della -giurisdizione volontaria, sì della contenziosa: avendole -fatte pubbliche Gneo Flavio nel 449 di Roma (<i>jus Flavianum</i>), -i patrizj ne inventarono di nuove; ma un -secolo dopo, Sestio Elio palesò anche queste (<i>jus Ælianum</i>); -finchè accomunate a' plebei le magistrature, -Tiberio Coruncano, primo plebeo che salisse pontefice -massimo, professò pubblicamente la giurisprudenza. -</p> - -<p> -Allora nuova importanza ottennero i giurisperiti, -fossero assessori dei magistrati, o dirigessero i privati -ne' loro affari, o gli assistessero nelle controversie, -rispondendo, scrivendo, cautelando<a class="tag" id="tag185" href="#note185">[185]</a>, cioè dando -consulti, redigendo formole di contratti e d'azioni, -prevenendo contro le nullità. A Servio Sulpizio si fa -merito d'avervi introdotto il metodo scientifico: ma -<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span> -Cicerone attribuisce questa lode a Quinto Scevola suo -contemporaneo, che all'abilità letteraria e all'eleganza -dell'esporre associò l'arte di distribuire, distinguere, -definire, interpretare<a class="tag" id="tag186" href="#note186">[186]</a>. Vi ottennero popolarità Aulo -Ofilio, Alfeno Varo, Sulpizio Rufo, Aquilio Gallo, che -passava parte dell'anno in villa per iscriver opere; Aulo -Cascellio, arguto ne' motti, indipendente nelle opinioni, -che mai non volle comporre una formola secondo le -leggi pubblicate dai triumviri, dicendo, — La vittoria -non conferisce legittimo titolo al comandare»; e a chi -lo consigliava a moderarsi nello sparlar di Cesare, -rispose: — Due cose mi rendono franco; l'esser vecchio, -e il non avere figliuoli». -</p> - -<p> -Anche Marco Tullio con occhio filosofico osservava -la legislazione, volgendo in beffa le formole dello stretto -diritto, religione del passato ormai insufficiente, e sostenendo -risoluto la legge naturale e l'equità. Dichiarata -allora la lotta del diritto naturale col civile, questo si -trovò ridotto alla difensiva; tanto più dopo che vennero -gl'imperatori, i quali lo astiavano come avanzo aristocratico, -e Caligola voleva abolirlo d'un colpo, Claudio -ne eliminava ciò che serbasse di troppo nazionale e -rigido. I giureconsulti medesimi si persuasero che non -era possibile circoscriversi nelle formole aristocratiche; -e impedita o screditata la tribuna, e spenta l'eloquenza, -si volsero alla pacata discussione e alla scrupolosa -indagine dei fatti; e con tempo, dottrina e impassibilità -maggiore che non potessero giudici e pretori, e -<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span> -con metafisica più esatta, pigliarono assunto di armonizzare -le teoriche o discordi o repugnanti delle varie -fonti, e giungere ai semplici risultamenti della pratica. -</p> - -<p> -Dall'età aristocratica del diritto si passò così alla -filosofica; definita la giurisprudenza «cognizione delle -cose umane e divine, scienza del giusto e dell'ingiusto, -arte del buono e dell'equo», i giureconsulti videro la -necessità di posare il diritto più sodamente che non -nella contingenza dei casi e della volontà umana, e lo -derivarono da un'eterna giustizia, ingenita nell'uomo, -donde emanano tre regole cardinali: Vivere onesto, -non offendere altrui, attribuire a ciascuno il suo. -</p> - -<p> -È fenomeno tutto particolare ai Romani questa letteratura -legale, che per purità del dire, concisione, -chiarezza<a class="tag" id="tag187" href="#note187">[187]</a>, lucido svolgimento delle intricatissime -quistioni, e principalmente per l'analisi severa, rimarrà -perpetua meraviglia de' savj e vergogna di que' moderni, -nei quali non sai se più incoerenti le ragioni o -più barbara la dicitura. Presentata la tesi in termini -precisi, quei giureconsulti la svolgono al modo che -sogliono i matematici, adoprando a vicenda l'analisi -per penetrare nella natura delle cose, la grammatica -per ispiegare le voci, la dialettica per acuire la rigorosa -interpretazione, la sintesi per valutare l'autorità, -non solo d'altri giurisprudenti e degl'imperatori, ma -di filosofi, medici, fisici: invece di definizioni, pongono -termini di senso certo e tecnico, tali da escludere il -dubbio; invece di divisioni puramente da scuola, e di -lungagne retoriche, si difilano alla effettiva applicazione; -e vi arrivano con tale rapidità, che, per quanto complicatissime -sieno le tesi, nessun loro consulto riempie -una facciata. Questo li preservò dal guasto che nella -letteratura e nella lingua recavano Seneca e i suoi; e -<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span> -come Galileo scriveva con limpida sobrietà fra le petulanti -ampolle del Seicento, così la concisa purezza di -quei giureconsulti, la semplice dignità, provenienti dal -buon senso e dalla gravità, fanno mirabile contrasto coi -ventosi traviamenti de' puri letterati, i quali separavano -il linguaggio pratico dallo scritto. -</p> - -<p> -Chi si ricorda l'infelicità degli etimologi latini, non -avrà meraviglia se in questo fatto anche i giureconsulti -nè colsero nè diedero rasente<a class="tag" id="tag188" href="#note188">[188]</a>. Di rado criticano la -legge, ancor più di rado ne investigano la ragione politica -ed economica o, come oggi diremmo, lo spirito; -eminentemente pratici, facevano fondamento sopra certi -assiomi, dai quali deducevano le conseguenze e le applicavano -a casi particolari, senza risalire ai generali -principj e al diritto naturale; dialettici robusti, anzichè -teorici, s'acchetavano talvolta a ragioni che fanno sorridere<a class="tag" id="tag189" href="#note189">[189]</a>: -pure vanno qualificati filosofi d'una scienza -tutta pratica, e a ragione intitolavansi «sacerdoti che -cercano la vera non la simulata filosofia»<a class="tag" id="tag190" href="#note190">[190]</a>. S'appoggiarono -essi sopra la scuola stoica, austera e castigata -ancora, ma già diselvatichita, più tollerante e meno -superstiziosa, quale ne' più recenti suoi adepti proclamava -il governo della Provvidenza divina, la consanguineità -degli uomini tutti, la potenza dell'equità -naturale. -</p> - -<p> -Distinsero il diritto in naturale, delle genti, e civile, -secondo che traeva i suoi principj dalla natura animale -<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span> -dell'uomo, o dalla razionale di tutti i popoli, o dall'ordine -politico di ciascuno: in pratica però intrecciarono -il primo col secondo, solo separando il diritto civile e -il diritto delle genti, quello applicato ai cittadini soltanto, -questo a tutti. Il primo formava parte di quel -che anche oggi chiamiamo diritto civile, e regolava -i possessi e le prerogative di chi godeva i privilegi -di cittadino romano; mentre il gius naturale riconosceva -ad ogni individuo la facoltà di soddisfare i bisogni -e gl'istinti comuni; il gius delle genti poneva l'uomo -in relazione cogli altri uomini non appartenenti al medesimo -gremio sociale. -</p> - -<p> -Quest'ultimo era dunque ben altro da quel che noi -chiamiamo ora diritto delle genti; sopra il quale anzi, -fra tanti lavori giuridici, nessuno ne fecero i Romani, -per la ragione che realmente non esisteva, nel senso -che noi l'intendiamo. Due popoli, finchè in guerra, si -conoscevano unicamente per la forza: solo alle nimicizie -dava qualche norma il diritto feciale, stabilendo -le cause di romperle e i modi di dichiararle; venuti ad -accordi, si regolavano secondo la lettera di questi. Dagli -alleati generalmente si esigeva che avessero gli stessi -amici e nemici del popolo romano, e che riverissero -la maestà di questo<a class="tag" id="tag191" href="#note191">[191]</a>: ma la prima condizione li privava -del diritto di guerra e pace, e dava ai Romani -quella di passarvi coll'esercito, di farvelo mantenere, -di chiederne soldati; l'altra attribuiva a Roma la superiorità -del patrono sul cliente: perciò i legati investigavano -e decidevano nel paese amico, metteansi arbitri -nelle querele; il senato, guardiano del diritto, pacificatore -universale, dava o toglieva l'immunità, l'indipendenza; -<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span> -e chi resistesse a' suoi ordini, consideravano -come irriverente, come un superbo da debellare. -</p> - -<p> -Ma alla natura umana come tale non aveasi riverenza; -il forestiero non poteva tampoco possedere, ottener -giustizia, entrare in relazioni di proprietà con un cittadino -romano; fosse privato o nazione, solo per mezzo -d'un patrono o d'un ospite poteva aver sicurezza garantita, -e stare in giudizio; finchè non venne stabilito anche -un pretore <i>peregrino</i>, che proferiva sopra le liti tra -forestieri e cittadini. E nel discutere e risolvere i litigi -dei tanti stranieri accorrenti a Roma, si compararono -le differenti legislazioni; e que' principj che trovavansi -comuni a tutte, compresero essere insiti alla natura -umana e ne dedussero un diritto, proprio di tutte le -nazioni civili. -</p> - -<p> -Gli editti pretorj essendosi estesi con successive aggiunte, -sentivasi il bisogno di raccorli, ordinarli, armonizzarli. -Ofilio, contemporaneo di Cicerone, pel primo -gli avea radunati: più famosa opera prestò Salvio Giuliano -(t. iii, p. 246), che scelse i migliori e più opportuni, -per ordine di Adriano imperatore; il quale -nel 131 fece dal senato approvare quella compilazione -(<i>Editto Perpetuo</i>), forse allorchè istituì i quattro giuridici -per l'Italia. Se con ciò abbia tolto ai pretori la -facoltà legislativa di modificare l'editto, non è certo<a class="tag" id="tag192" href="#note192">[192]</a>. -In questo lavoro, che servì di testo ai legisti, Giuliano -non introdusse nuovi principj, pure cambiò il diritto -coll'eliminarne ciò che più non confacevasi al tempo. -Molti lo tolsero a commentare, incominciando Giuliano -stesso; indi Pomponio ed Ulpiano in ottantatre libri, -<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span> -Paolo in ottanta, Furio Antico in cinque, e Saturnino -e Gajo; oltre i moderni che tentarono rintegrarlo. -</p> - -<p> -L'effetto di questa buona istituzione che fissava norme -comuni al governo dell'impero, incagliossi in due altre: -la prima fu l'autorità concessa alle risposte dei prudenti; -l'altra le costituzioni imperiali. -</p> - -<p> -Anticamente qualunque pratico di leggi rispondeva -ai consulenti, senza bisogno di licenza; ma Augusto, -accorgendosi quanto la loro autorità varrebbe a introdurre -principj nuovi, conforme alla nuova amministrazione, -prescelse taluni, le cui risposte si considerassero -come date dall'imperatore stesso. Fu dunque un privilegio -la dignità de' giureconsulti, i quali esponevano -gli avvisi loro; se unanimi, acquistavano forza di legge; -in caso di disparere, il magistrato decideva: modo opportunissimo -a togliere di mezzo le discussioni di diritto, -che poco s'acconciano colle monarchie. Per un -rescritto d'Adriano tale privilegio restava comune ai -giureconsulti classici, senza bisogno di particolare domanda<a class="tag" id="tag193" href="#note193">[193]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span> -</p> - -<p> -Il cambiamento di costituzione avea introdotto una -nuova fonte di diritto. Dapprima non v'avea che leggi -e editti; pochi senatoconsulti ci restano dei tempi repubblicani<a class="tag" id="tag194" href="#note194">[194]</a>, -perchè il senato, assorto dalla politica, -del diritto civile abbandonava la cura ai tribuni; ma -venuti gl'imperatori, su questo concentrò l'attenzione, -esclusa dalla politica. Intanto la rivoluzione morale e -la economica s'andavano compiendo; la nuova religione -aveva insegnato un'eguaglianza ed una libertà che rinnegavano -gli inveterati privilegi; l'astuta cupidigia, sottentrata -all'energia ed alla politica ambizione, esigeva -leggi meglio combinate per mettere barriera all'egoismo -crescente. Più non bastando pertanto la tradizione avita, -gl'imperatori si trovavano costretti intervenire ogni -tratto, moltiplicando le costituzioni; e fu istituito che -gli <i>atti</i> loro avessero forza di legge. Di questi alcuni -<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span> -introducevano veramente un nuovo diritto (<i>mandata, -edicta</i>); altri non facevano che chiarire o applicare il -già esistente (<i>rescripta, epistolæ, decreta, interlocutiones</i>): -compilati dai migliori giureconsulti, erano avuti -in molta stima, massime quanto all'applicazione del -diritto<a class="tag" id="tag195" href="#note195">[195]</a>. Aggiungansi le <i>sanzioni</i> o <i>formole prammatiche</i>, -rescritti imperiali pel governo delle provincie, -diretti ad università o ai governatori come ordinanze -speciali sull'esecuzione di leggi. -</p> - -<p> -Sul fine dunque dell'impero, fonti del diritto si riguardavano, -per la teorica, le XII Tavole, i primitivi -plebisciti, i consulti del senato, gli editti dei magistrati, -le consuetudini non iscritte: ma nell'uso non cadevano -se non gli scritti dei giureconsulti classici e le costituzioni -imperiali. -</p> - -<p> -De' giureconsulti i più si attennero all'ordine pratico, -quello cioè dell'Editto Perpetuo<a class="tag" id="tag196" href="#note196">[196]</a>; sebbene alcuni -seguissero classificazioni filosofiche, come fecero Gajo -ed Ulpiano, che distinsero i diritti spettanti alle persone, -alle cose, alle azioni. Quel che oggi a noi pare di tanto -rilievo, la determinazione storica delle leggi, è da essi -negletta, se non venga assolutamente necessaria per -comprendere il diritto: più volentieri fermansi a svolgere -l'origine delle opinioni de' giureconsulti, e i principj -da essi introdotti<a class="tag" id="tag197" href="#note197">[197]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span> -</p> - -<p> -Per quanto concordi nel fondo, i giureconsulti formarono -delle scuole, che poi vennero a conflitto, come -succede ogniqualvolta il ragionamento si applichi a -discussione. Già ai tempi d'Augusto contrastavansi Antistio -Labeone e Atejo Capitone; il primo fedele agli -antichi privilegi, l'altro ligio all'imperatore; questo sottomettendo -l'intima essenza del diritto all'indipendente -esame della ragione, desideroso dei progressivi perfezionamenti; -quello attaccato al positivo, alla lettera, -alle dottrine tradizionali; rappresentanti insomma della -più generale divisione fra le dottrine, quella del progresso -e quella della conservazione<a class="tag" id="tag198" href="#note198">[198]</a>. I giureconsulti -poi si spartirono: gli uni denominati Sabiniani in -grazia di Sabino scolaro di Capitone, gli altri Proculejani -da Proculo scolaro di Labeone, che propendeva -a una trattazione più filosofica e storica del diritto, e a -dar regole generali all'ermeneutica giuridica. Poi nuove -scuole sorsero, distinte fra sè o pel metodo, o pel punto -di partenza, o pel fondo della loro discussione; quali -preferendo lo stretto diritto, quali il diritto equo, quali -i principii teorici, quali l'espression della legge, finchè -si avvicinarono nella convinzione che il gius positivo -non può perfezionarsi meglio che coll'unire i metodi -diversi. -</p> - -<p> -I libri dei giureconsulti esercitarono maravigliosa -efficacia sull'avvenire, perciocchè in parte chiarirono il -<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span> -diritto, e furono posti a contributo da Giustiniano<a class="tag" id="tag199" href="#note199">[199]</a>, -altri pervennero fino a noi, istruzione e guida, e talvolta -impaccio ai giurisperiti ed ai legislatori, e per -lungo tempo legge comune negli Stati moderni. Lungo -sarebbe il dire di tutti quelli che acquistarono nome in -sì importante scienza, la cui storia fu descritta da Sesto -Pomponio romano, insigne giureconsulto, in un frammento, -prezioso malgrado alquanti errori di fatto<a class="tag" id="tag200" href="#note200">[200]</a>. -Lo pareggia Salvio Giuliano testè citato, probabilmente -milanese, che viveva ancora sotto Antonino Pio; sostenne -cariche eminenti; oltre compilare l'Editto Perpetuo, -scrisse novanta libri di <i>Digesti</i>, di cui nelle -Pandette si conservarono frammenti. -</p> - -<p> -Nei settant'anni fra Antonino e Alessandro Severo -furono compilate le <i>Istituzioni</i> di Gajo in quattro libri, -di Fiorentino in dodici, di Callistrato in tre, di Paolo e -d'Ulpiano in due, di Marciano in sedici. Tutte si smarrirono, -eccetto quelle di Gajo Tazio romano, rimaste -ignote fino al 1816, cominciate sotto Antonino, finite -sotto Marc'Aurelio, e formano il fondo di quelle di Giustiniano<a class="tag" id="tag201" href="#note201">[201]</a>. -Erano destinate ad insegnare il diritto, -<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span> -e sono l'opera che, a malgrado delle troppe lacune, -più particolarmente c'informa del diritto classico, ed -anche de' costumi, delle istituzioni, della società pubblica -e della privata; onde la loro scoperta fu per la -scienza storica del diritto romano un acquisto, qual non -toccò a verun'altra parte analoga delle cognizioni -umane, improvvisamente aprendo una delle migliori -fonti, inesplorata fin allora. -</p> - -<p> -Seguirono altri giureconsulti, finchè arrivano i più -celebri, e principe fra essi Emilio Papipiano fenicio, -prefetto al pretorio e presidente al consiglio privato di -Settimio Severo, mandato a morte da Caracalla perchè -non volle giustificarne il fratricidio. Giulio Paolo padovano -e Domizio Ulpiano fenicio, assessori suoi nel consiglio -di Stato, composero moltissime opere, tanto accreditate -che gli estratti d'Ulpiano formano un terzo -delle Pandette, un sesto quelli di Paolo; anzi può dirsi -che fondo di quelle sieno i loro commenti sull'Editto -Perpetuo. Di settantotto opere di Paolo trovasi cenno -<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span> -nel Digesto; oltre i cinque libri di <i>Receptæ Sententiæ</i>, -che contengono tutti i principi giuridici non contestati, -disposti coll'ordine dell'Editto Perpetuo. A volta a volta -pecca d'oscurità; mentre preciso e chiaro procede -Ulpiano, quantunque molti solecismi semitici rivelino -la sua origine. -</p> - -<p> -Le opere de' giurisperiti, dotate d'autorità giuridica, -formavano un'intera biblioteca; sicchè era da pochi -l'averne copia, e da pochissimi lo studiarne gl'intendimenti: -poi qualora uno dissonasse dall'altro, a quale -appigliarsi? Convenne dunque gl'imperatori designassero -quali preferire; e prima Costantino autorò gli -scritti di Paolo, e specialmente le <i>Receptæ Sententiæ</i>, -abolendo le note di Ulpiano e Paolo sopra Papiniano<a class="tag" id="tag202" href="#note202">[202]</a>; -poi Valentiniano III determinò quali costituzioni -imperiali e quai rescritti potessero allegarsi, -quali tenersi per leggi comuni, eccettuando i rescritti -per negozj particolari, od estorti dai litiganti in opposizione -alle leggi. Quanto al modo di valersi de' giureconsulti, -attribuì vigore legislativo a Papiniano, Paolo, -Gajo, Ulpiano, Modestino; ove discordassero, valeva -l'opinione dei più; ove pari, quella di Papiniano; e -s'egli non parlava, decidesse la prudenza del giudice. -Singolare e veramente unico tribunale, in cui l'imperatore, -per isgravarsi del rendere egli stesso il diritto, -lo restringeva a citazioni. -</p> - -<p> -Al consiglio de' classici giureconsulti, fioriti da Augusto -fino a Caracalla, vanno attribuite le più savie, precise -e circostanziate disposizioni intorno ai diritti reali -ed alla famiglia, ed altri veri miglioramenti indotti nella -legislazione; merito in parte alla natura della nuova -costituzione, nella quale l'imperatore non era inceppato -dai privilegi d'alcun corpo, e i cittadini, distolti dalla -<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span> -vita politica, ne cercavano un compenso dall'ottenere -la massima indipendenza civile; in parte maggiore alle -nuove dottrine che i Galilei opponevano alle superbe ed -inumane delle scuole antiche. L'efficacia dello stoicismo, -modificato dal cristianesimo, si sente in essi quando Fiorentino -insegna che la schiavitù è un'istituzione del diritto -delle genti contro natura, e che natura stabilì una -specie di parentela fra gli uomini; e Ulpiano, che tutti -gli uomini quanto al diritto naturale sono eguali e nascono -liberi<a class="tag" id="tag203" href="#note203">[203]</a>. Ma que' giurisprudenti teneano ai -pregiudizj dei tempi pagani, allorchè non eransi ancora -introdotte tante alterazioni rispetto alle persone, ai -legati, alle obbligazioni, alle forme, alla procedura. I -giudici dunque si trovavano strascinati due secoli addietro, -e incatenato il diritto alla latina pertinacia e a -idee formaliste, di cui i precedenti imperatori si erano -affaticati a spastojarlo. -</p> - -<p> -Anche ridotta la giurisprudenza a quella meccanica -applicazione, e malgrado le scuole all'uopo istituite, -ogni giorno cresceva la difficoltà d'intendere gli scrittori; -sempre nuove complicazioni recavano gl'incessanti -rescritti degli imperatori, massime di Costantino, -venuto a compiere ed attestare la nuova rivoluzione. -Come doveva riuscir lungo lo studiare, imbarazzante -l'applicare tante leggi, spesso abrogate e derogate! -come avvilupparsi la giustizia in un labirinto, ove non -era avviata da canoni prefissi! Unico rimedio sentivasi -il raccogliere i decreti e le sentenze ancora vigenti, -disporle sistematicamente, formare insomma un codice. -</p> - -<p> -Già temendo che Costantino, per favorire alla religione -adottata, non disperdesse le leggi de' suoi antecessori, -due giureconsulti aveano unito quelle pubblicatesi -da Adriano a Diocleziano, formandone i codici, che -<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span> -dagli autori trassero nome di Gregoriano ed Ermogeniano: -impresa d'autorità privata, opportuna ma non -legale. Teodosio il Giovane eternò la propria memoria -con un divisamente degno de' Cesari più illustri, quale -fu la prima raccolta autentica delle costituzioni romane. -Con solenne editto elesse otto personaggi di grande -scienza e dignità, i quali la compilassero sulle norme -ivi prefisse; radunate le leggi, si disputerebbe della loro -convenienza, per formarne un codice espresso con semplicità; -si tralasciassero le costituzioni degli antecessori -di Costantino, registrate nei codici di Gregorio ed Ermogene, -attesochè quell'imperatore, coll'abolire le formole -e solennità antiche, aveva mutato faccia alla giurisprudenza, -e quindi messe fuori d'uso gran parte delle -istituzioni precedenti. L'opera fra tre anni fu ridotta a -compimento in sedici libri, di cui i primi cinque concernono -il diritto civile, gli altri il pubblico e le cose -della religione; e nel 438 fu promulgata in ambi gl'imperi, -acciocchè avesse preminenza sopra ogni altra -legge<a class="tag" id="tag204" href="#note204">[204]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span> -</p> - -<p> -Compilato a precipizio in tempi di scadente letteratura -e fra gli sgomenti de' Barbari, il codice Teodosiano -riuscì deteriore; limitandosi alle leggi posteriori -a Costantino, cioè fatte sol dove tacessero le antecedenti, -ne tralascia d'importanti, mentre ne inserisce alcune -d'interesse affatto parziale; vane repliche, errori -di data e di soscrizione, mutilazioni di leggi, irragionevole -partimento disabbelliscono quel lavoro; per renderli -concisi, oscuraronsi alcuni testi; talvolta le rubriche -sono più particolari che il testo, talaltra affatto -dissone da questo; benchè l'imperatore esigesse perfetta -ortodossia, vi s'insinuarono leggi favorevoli all'aruspicina; -del <i>divino</i> Giuliano è riferita la costituzione -dove ai violatori de' sepolcri minaccia l'ira degli Dei -Mani; il privilegio antico, che reclama la libertà del -divorzio e del concubinato, attaccasi alle leggi Papia ed -altre, posteriori al trionfo dell'equità. Insomma, piuttosto -che un concetto creatore, vi si scorge una fatica -da compilatori: eppure, a tacer la scienza legale, non -v'è libro che meglio conduca alla cognizione di quel -secolo, e principalmente della lotta estrema del privilegio -patrizio e nazionale coll'equità universale. Perocchè, -da sì varie fonti emanata, la giurisprudenza romana -non poteva armonizzarsi in un bell'insieme; gli -elementi eterogenei, venuti a transazione faticosa dopo -lotte ostinate, ancor si discernono; fino i più arditi -giureconsulti si acconciano alla patria ed al tempo: -sol quando, caduto l'impero romano, restò dominante -il cristianesimo, che dava vinta la causa all'equità, -un più compito lavoro potè eseguirsi dall'imperatore -Giustiniano. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span> -</p> - -<p> -Quest'impresa appartiene all'impero d'Oriente, e -all'età in cui l'Italia era occupata dai Barbari; sicchè -noi ci limiteremo a dire come il dotto Triboniano e i -collaboratori a ciò eletti cominciarono dal raccogliere -tutte le leggi, ordini, rescritti degl'imperatori, cristiani -fossero o gentili; e disponendoli secondo l'Editto Perpetuo, -formarono il <i>Codice</i> giustinianeo, decretato -il 528. -</p> - -<p> -Non potendo un codice abbracciare tutti i casi e -sminuzzarsi sopra ciascun accidente, occorreva di ricorrere -alle opere de' giureconsulti per le spiegazioni -e l'applicazione particolare. Ma poichè quella moltiplicità -di responsi chiedeva lunghissimi studj, e spesso le -sentenze erano irreconciliabili, si pensò estrarre da essi -i più importanti teoremi di ragion civile. Duemila volumi -si spogliarono a tal uopo, riducendoli in uno, ove -in sette parti di cinquanta libri, sotto quattrocenventidue -titoli, si trovarono classificate novemila cenventitre -leggi, portanti ciascuna il nome di chi l'aveva emanata: -nè i compilatori ci lasciarono ignorare quanta fatica -sostenessero per aver ridotti a cencinquantamila i tre -milioni di versi o, vogliam dire, sentenze de' loro autori. -L'opera, pubblicata nel dicembre 533, fu intitolata <i>Pandette</i><a class="tag" id="tag205" href="#note205">[205]</a>, -perchè abbracciava intera la giurisprudenza -<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span> -romana, o <i>Digesto</i>, perchè esse leggi v'erano classate -con metodo: e quantunque le decisioni di casi particolari -trascendano d'assai la vera legislazione, pure questo -<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span> -è l'unico codice compiuto che i Romani abbiano posseduto -dopo le XII Tavole. -</p> - -<p> -Perdettero allora la giuridica autorità le decisioni -de' prudenti, che non fossero ammesse nelle Pandette; -la qual cosa fece trascurar le fonti, e smarrirsi così le -XII Tavole, l'Editto pretorio, il papipiano, l'ulpiano e -quegli altri che tanto or verrebbero destri per chiarire -assai punti oscuri nella scienza del diritto. Neppur tutte -le ammesse valsero per legge; ma le decisioni ed interpretazioni -si considerarono come tali e nulla più. Ai -copisti fu vietato lo scriverle con abbreviazioni, ed agli -interpreti il commentarle altrimenti che parola per -parola. -</p> - -<p> -In acconcio della gioventù, Giustiniano commise a -Triboniano, Doroteo e Teofilo, consultando i compendj -<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span> -degli antichi giuristi, e principalmente quello di Gajo, -componessero un corso d'<i>Istituzioni</i> in quattro libri: -il primo che tratta delle persone, il secondo delle cose, -il terzo delle azioni, il quarto delle ingiurie private, -coronandoli cogli elementi criminali. Come il Digesto, -e quasi al tempo stesso, ottennero forza di legge; e -benchè al bello stile de' giureconsulti classici e al romano -spirito di questi si mescolassero parole barbare -e idee servili, di immenso prezzo riesce quell'opera -vuoi per la storia, vuoi per la intelligenza del diritto. -</p> - -<p> -Ma poichè tra il fare comparvero soluzioni e pareri -contraddittorj, fu duopo ricorrere all'oracolo sovrano, -che pronunziò cinquanta decisioni. Giustiniano le volle -innestate ai luoghi convenienti nel Codice, onde nel novembre -534 ne fece una seconda edizione (<i>Prælectio -<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span> -repetita</i>), che sola a noi pervenne, in dodici libri di -settecentosettantasei titoli, contenente costituzioni di -cinquantaquattro imperatori da Adriano in giù. Poi -forse ducento nuove costituzioni portò Giustiniano, che -furon dette <i>Novelle</i>, e che i glossatori raccolsero in gran -parte, e con poche altre di successivi imperatori distribuirono -in nove collezioni. -</p> - -<p> -Molta confusione giuridica e morale derivò dallo -sbranare lo studio della giurisprudenza in modo, che -da un lato si accumulassero le opinioni dei legisti, originate -talvolta da particolari circostanze de' consulenti; -dall'altro le decisioni imperiali, autorevoli per l'origine; -inoltre quelle prime compendiare, mutilare, disgiungere -dalle antecedenti, lasciandole così oscure ed ambigue, -eppure da concepimenti privati elevarle a dignità -legislativa; nelle altre insinuar quelle dettate da spirito -diverso, e fin ostile. Non che s'ardisse ad una legislazione -nuova e originale, Giustiniano veruna fondamentale -istituzione non introdusse, nè tampoco seppe ridurre -d'accordo le contraddittorie che regolano le sociali -e le domestiche relazioni dei Romani. Suggerite -da accidentali bisogni, e spesso varie d'intento secondo -il magistrato popolare o patrizio, conservatore o progressivo -che le avea pronunziate, cozzano fra sè: quelle -da lui promulgate contraffanno sovente alle consuetudini<a class="tag" id="tag206" href="#note206">[206]</a> -e al diritto antico, ch'egli non osa annichilare -secondo avrebbe chiesto la mutata condizione del -<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span> -mondo: nè seppe sinteticamente raccogliere i frutti -della sperienza pubblica e privata, in un accordo robusto -che veramente meritasse nome di legge, come -avviene ne' codici moderni. -</p> - -<p> -Se non che a sgravio de' compilatori vuolsi riflettere -ch'essi non si dirigevano a scientifico intento, ma puramente -alla pratica: e in ciò ben riuscirono; e quantunque -obbligati ad indagar le fonti in una letteratura -straniera all'Oriente dov'essi viveano, nella scelta procedettero -così accorti, da rimanere anch'oggi la più -fedele espressione dello spirito del diritto romano. -</p> - -<p> -Sotto tale aspetto, e perchè formato sopra lavori del -tempo che descriviamo, noi discorriamo qui del <i>Corpo -del diritto civile</i>, e non sarà discaro che con esso c'indugiamo -attorno a quella legislazione che tanta efficacia -esercitò sulle successive, e al progredir suo man mano -che abbracciava maggior numero d'uomini, finchè a -tutti si estese col cristianesimo. -</p> - -<p> -Tre cose son nostre, la libertà, la città, la famiglia, -dice Paolo: e la testa (<i>caput</i>) d'un cittadino era appunto -costituita da queste tre qualità, protette dal gius civile. -La libertà s'acquista per nascita o per manumessione, -si perde per condanna giudiziaria o per prigionia: giacchè -talmente riconosciuto era il diritto della forza, che -il Romano caduto prigioniero di stranieri, foss'anche -un console come Regolo, perdea la qualità di cittadino -e d'uomo; era riscattato da un Romano? restava servo -di questo, finchè non se ne fosse ricompro. La cittadinanza -acquistavasi per nascita, per naturalizzazione, per -affrancazione: perdeasi per la relegazione o la deportazione, -o pel naturalizzarsi in uno Stato forestiero, -cioè che non avesse il diritto di cittadinanza, quantunque -appartenesse all'impero. -</p> - -<p> -A noi, avvezzi a vedere tutte le parti d'uno Stato -sottostare alle medesime leggi, è difficile comprendere -<span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span> -la diversità de' legami che univano a Roma i vinti e gli -aggregati: ma il nuovo codice portando in fronte <i>Nel -nome del signor nostro Gesù Cristo</i>, il diritto veniva -essenzialmente mutato da una religione che, al contrario -delle dottrine uscite dai santuarj d'Etruria e di Grecia, -proclamava esser gli uomini eguali; non la forza, ma -ragione e carità aver a dirigere il mondo; e sommo -rispetto doversi a ciascuno, non perchè cittadino, ma -perchè uomo. Ne conseguì che il diritto delle genti -prevalesse affatto sopra quello de' Quiriti. -</p> - -<p> -Tale lotta noi seguimmo già ne' politici ordinamenti, -nelle leggi sui debitori, nelle successive acquisizioni del -tribunato. Anche delle relazioni fra patroni e clienti, -liberi e schiavi, ingenui e liberti, cittadini e provinciali, -a lungo abbiamo e ripetutamente divisato. Qui -cercheremo il progredire dell'equità in quella ch'è fondamento -della civile convivenza, la famiglia romana. -Questa anche nell'ordine privato non era naturale, ma -creazione del diritto civile, abbracciando tutte le persone -discendenti per maschi da un autore comune, -ovvero entrati in essa per adozione o per manucapione. -La donna è moglie pel marito, è madre pei figliuoli, ma -non rimane compresa nella famiglia pel solo fatto del -matrimonio; vi dà dei figliuoli, ma non è di loro famiglia. -I figliuoli stessi possono esserne stranieri, mentre -ne fanno parte straniere persone; attesochè fondamento -non ne è il matrimonio, come da noi, bensì la potestà. -Il padre è re in casa; nella propria persona assorbisce -quella della moglie, dei figli, dei discendenti; giudica -fin della loro vita. Ordinamento tirannico al modo orientale, -vigorosissimo a conservar le case e la disciplina, -restringendo i diritti domestici e di successione ad una -parentela meramente civile (<i>agnatio</i>). -</p> - -<p> -La favola primitiva di Roma atteggiava fanciulle sabine -di buona casa, rapite dai grossolani masnadieri -<span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span> -di Romolo, i quali redimono il rapimento col rispetto, -e ad istanza di esse si rappacificano coi Sabini; nel -trattato si obbligano a non costringerle mai a girar -la macine o preparare il pranzo, ma solo a filar lana. -Per legge le donne non potevano esser tradotte al giudice -degli omicidj, reputandole incapaci di tal delitto<a class="tag" id="tag207" href="#note207">[207]</a>; -duranti le feste a loro onore, gli uomini -doveano cedere ad esse il passo. Malgrado questo -rispetto, che le differenzia dalle orientali, pesava sopra -di esse la rigidezza della potestà domestica. -</p> - -<p> -I patrizj conoscono soltanto le <i>giuste nozze</i>, contratto -d'impreteribile solennità, pel quale la matrona diviene -parte della famiglia (<i>materfamilias</i>), e mediante la formalità -della confarreazione, o una compra (<i>coemptio</i>), -o l'usucapione, è ridotta in assoluta dipendenza dalla -maestà del marito (<i>in manum convenit</i>), a segno che -nulla possiede in proprio, può da quello esser venduta, -giudicata, fin messa a morte per deliberazione presa -coi parenti<a class="tag" id="tag208" href="#note208">[208]</a>. Al contrario nel <i>matrimonio</i> plebeo -la moglie (<i>uxor</i>), non che diventi schiava allo sposo, -serba il godimento de' proprj beni, e può fino convenir -il marito in giudizio. La seconda forma prese -col tempo vigore ed estensione, mentre invecchiò -l'altra. -</p> - -<p> -Pertanto, invece d'entrare nella famiglia del marito, -le matrone rimanevano spesso in quella del padre, indipendenti -da quello: vivo lui, doveano aver un assegno -per le spese di casa; morto, ne ereditavano i beni, in -solo usufrutto è vero, ma pure amministrandoli a voglia, -senza dipendere dal marito. Ne derivava alla -donna un'aria d'eguaglianza e talora di superiorità; il -marito, per ottenerne prestiti, dovea farle delle -<span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span> -concessioni<a class="tag" id="tag209" href="#note209">[209]</a>, oppure essa armavasi dei titoli di creditrice. -I comici, non meno del censore Catone, schernivano -cotesta indipendenza, causata dalla dote: eppure essa -avviava la donna all'emancipazione. -</p> - -<p> -Al tempo di Teodosio e Valentiniano trovansi le donazioni -<i>avanti nozze</i>, ma come istituzione già consueta. -Furono introdotte quale un compenso della dote, e stipulavansi -prima, atteso che le donazioni tra marito e -moglie erano nulle. Tale donativo rimaneva immune -dall'azione de' creditori, e se il marito fosse insolvibile, -la donna aveva un'azione personale ed anche reale per -farselo attribuire. La sorte di lei e de' figli era dunque -assicurata dalla dote e dal dono antenuziale. Cessando -il matrimonio, il marito ripigliava su questi la pienezza -de' diritti, come anche per colpe della moglie determinate -dalla legge. In caso di sopravivenza, ella avea -diritto ad una porzione. Così via via s'accostava la -donna a quella libertà che poi ottenne piena col cristianesimo, -e che la sottrasse all'assoluta potestà maritale, -facendola <i>consorte</i>, non serva, dandole l'uguaglianza -legittima, conservandole la padronanza ne' suoi beni, -ed obbligando il marito ad una donazione per nozze, -equivalente alla dote ricevuta<a class="tag" id="tag210" href="#note210">[210]</a>. -</p> - -<p> -Da principio non dovea confondersi un ordine coll'altro: -dappoi, per la legge Canuleja del 445 avanti -Cristo, i plebej possono unirsi in matrimonio con patrizj: -poi, per la Papia Poppea del 9 dopo Cristo, l'ingenuo -può mescolarsi al liberto: infine, al tempo di -Giustiniano, il sangue senatorio potè innestarsi con -quello della liberta e della prostituta senza avvilirsi. -</p> - -<p> -Anticamente la madre rimaneva esclusa dall'eredità -legittima del marito, e solo se cadesse in miseria, ne -<span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span> -riceveva una parte<a class="tag" id="tag211" href="#note211">[211]</a>; se il marito le lasciasse ogni -aver suo, non ne toccava che un decimo; e nessun -dono poteva accettarne. Ma le leggi Giulia e Papia Poppea -le attribuirono un decimo dell'eredità del marito -se avesse un figlio, un terzo se tre, volendo in ogni -modo favorire la moltiplicazione della prole: a questo -intento, la madre potea col marito ereditare da uno -straniero. -</p> - -<p> -Nemmeno dai figli redava in origine la madre, nè -essi da lei: ma al tempo di Claudio, essendo morti tre -figlioletti, unica delizia della genitrice, l'imperatore ne -fu commosso, e lei dichiarò erede universale. L'eccezione -divenne regola, e l'affezione un titolo; e sotto -Adriano e Marc'Aurelio, i senatoconsulti Tertulliano ed -Orfiziano assegnarono alla madre una porzione legittima -ed eguale alla paterna nell'eredità de' figli, come -a questi nella materna eredità. -</p> - -<p> -Anche dalla perpetua tutela s'emancipò allora la -madre, perocchè un senatoconsulto, imperante Claudio, -proferì che l'ingenua la quale avesse tre figli, o la liberta -la quale n'avesse quattro, per questo solo fatto -rimarrebbero dispensate dalla tutela dell'agnato: la -tutela stessa del padre fu poi ristretta alla minore età. -Sopraviveva, gli è vero, la tutela <i>atiliana</i>, per cui una -donna non poteva stare in giudizio o far contratti senza -un curatore<a class="tag" id="tag212" href="#note212">[212]</a>; ma col dare a lei i diritti di tutrice -venivasi a eluder quella, e mostrarne l'assurdità. In -fatto dapprima si permise alla donna di sceglier essa -medesima il tutore: ma divenuta questa tutela o inutile -o viziosa, fosse di scelta loro od imposta dalla legge -(<i>ottativa</i> o <i>dativa</i>), Costantino la abolì riconoscendo -<span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span> -alle donne diritti eguali all'uomo, e Giustiniano cassò -dal suo codice tutto quanto rammentasse le antiche restrizioni, -e decretò alla madre o all'avola la tutela legale -di pien diritto<a class="tag" id="tag213" href="#note213">[213]</a>. Merito ancora del cristianesimo, -che nella vita attiva diede alle donne una posizione -quale non aveano mai avuta sotto il patriziato romano, -e che esse eransi meritata col loro zelo alle conversioni, -coll'eroismo al martirio e alla carità<a class="tag" id="tag214" href="#note214">[214]</a>. -</p> - -<p> -Le seconde nozze erano state incoraggiate dai primi -imperatori; nè il cristianesimo le riprovò, quantunque -paressero indizio di debolezza. Gl'imperatori cristiani -provvidero che l'interesse de' figliuoli non restasse deteriorato -quando il padre o la madre passavano ad altro -letto<a class="tag" id="tag215" href="#note215">[215]</a>. -</p> - -<p> -La donna, ond'essere romanamente considerata moglie, -bisognava fosse di classe conveniente, ed entrasse -in casa colle richieste formalità, coi riti sacri e cogli -Dei penati; diversamente era <i>concubina</i>, non partecipe -all'acqua, al fuoco, al culto interiore: matrimonio inferiore, -sprovvisto di solennità, solubile, eppur regolato -dal diritto naturale, e che serviva a coprire unioni -libere ma non viziose di chi non voleva gli eccessivi -legami del matrimonio legale, o sposava liberte; i figli -consideravansi naturali, e non aveano i diritti de' legittimi -verso il padre, bensì verso la madre. Gl'imperatori -cristiani non osarono batter di fronte questa -<span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span> -consuetudine<a class="tag" id="tag216" href="#note216">[216]</a>; solo provvidero meglio alla legittimazione. -Leone il Filosofo abolì poi il concubinato in Oriente: -in Europa si protrasse fin dopo il Mille. -</p> - -<p> -Esercitando il diritto suo sopra il matrimonio quale -sacramento, la Chiesa vi pose ordinamenti, e tolse di -guardarlo come semplice contratto d'interesse e di -piacere. Meglio fu tutelata la libertà della donna nella -scelta dello sposo<a class="tag" id="tag217" href="#note217">[217]</a>, tanto più da che contro la violenza -offriva rifugio la verginità onorata e sacra. -</p> - -<p> -Le nozze romane non s'intendevano <i>giuste</i> se non vi -consentissero e i contraenti e quelli in cui potestà erano: -che se padre e madre negassero il consenso senza motivi, -il governatore della provincia poteva concederlo, -e prefiggere la dote. Perchè i riguardi non impacciassero -la volontà, nessun magistrato doveva contrar -parentela nella provincia che reggeva; e se vi facesse -sponsali, era in arbitrio della donna lo scioglierli, -uscito ch'egli fosse d'autorità. Nè il tutore potea farsi -sposa o nuora la pupilla. Incestuosi guardavansi i maritaggi -tra genitori e figli anche adottivi, tra fratelli e -sorelle. Restavano sciolti quando il marito cadesse -schiavo o prigioniero, o per cinque anni non se ne -avesse contezza. -</p> - -<p> -La Chiesa, volendo purificare tutte le relazioni civili -e sottoporle a norme spirituali, crebbe gl'impedimenti, -e chiamò <i>impedienti</i> gli uni, <i>pubblici</i> o <i>dirimenti</i> gli -<span class="pagenum" id="Page_318">[318]</span> -altri<a class="tag" id="tag218" href="#note218">[218]</a>. Dovendo i Cristiani vivere in legame di -carità e in unione di credenza e di pratiche, bisognò -proteggere i costumi con maggiori divieti, e insieme -propagare a lontane famiglie que' vincoli di benevolenza -che già esistono tra parenti: furono quindi proibiti -i matrimonj tra figli di fratelli, sotto l'esorbitante -pena del fuoco e la confisca de' beni; ed anche lo -sposar nipoti nè cognate<a class="tag" id="tag219" href="#note219">[219]</a>. Facevano impedimento -l'adulterio e il ratto; e come nel diritto romano era -d'ostacolo l'adozione, così nel diritto canonico la parentela -spirituale. I santi Padri ebbero sempre come pericolosi -i matrimonj con infedeli: sotto il qual nome le -leggi civili intesero poi soltanto gli Ebrei, giacchè i -Pagani sempre più scomparivano; più tardi furono -vietate le nozze anche con eretici. -</p> - -<p> -Per simboli antichi il matrimonio dovea simulare -una violenza, e la sposa essere fra i pianti divelta dalle -braccia materne per passare in quelle del marito. Cinque -tede di pino ed una di biancospino; i capelli della -ragazza divisi sulla fronte col ferro d'una lancia; le -monete ch'essa dava allo sposo; l'invocato nome di -Talasso; l'ungere il chiavistello della porta maritale, e -varcarne la soglia a braccia d'amici per non incespicare; -<span class="pagenum" id="Page_319">[319]</span> -la focaccia di farina, sale e acqua, ed altri riti -antichi, avevano perduto significazione, fin per gli eruditi. -Però gli sponsali non andavano senza solennità; e -il fidanzato dava alla sposa un anello, ponendoglielo -sul quarto dito, che (tradizione egizia, non ancora spenta -fra il vulgo) credeasi comunicare per un nervo sottilissimo -col cuore. Il cristianesimo semplificò questi riti: -ma fin dai primi tempi si esigeva che gli sposi dichiarassero -al vescovo l'intenzione di contrar nozze, cerimonia -surrogata alle sponsalizie del diritto civile<a class="tag" id="tag220" href="#note220">[220]</a>; -e gl'imperatori resero obbligatorio tale atto. Generalmente -si dava la benedizione; ma solo nell'VIII o IX secolo -fu dall'autorità reputata necessaria a render valido -il matrimonio; nel diritto canonico non si tenne mai -per indispensabile<a class="tag" id="tag221" href="#note221">[221]</a>. -</p> - -<p> -Sotto la legge Papia il matrimonio si provava per -semplice presunzione, e, come ogni altro diritto, per -l'uso e il possesso; nè occorreano magistrati per sancirlo, -quasi il legislatore avesse sdegnato d'intervenire -ad autenticare un obbligo, che ciascuna delle parti potea -rescindere a talento. Nasceano dissapori in famiglia? -se non fossero tolti da preghiere sporte alla dea Viriplaca, -o dal pranzo che imbandivasi il 19 febbrajo -(charistia), si consentiva il divorzio, non altro esigendosi -<span class="pagenum" id="Page_320">[320]</span> -se non che uno dei conjugi mandasse all'altro il -libello, in presenza di sette cittadini. Elevato il matrimonio -a dignità di sacramento, dalle leggi fu derogata -la facilità procellosa de' divorzj, e specificatene le cause. -La donna poteva separarsi dal marito se omicida, avvelenatore, -sacrilego, impotente, o per lunga assenza e -professione monastica; in ogni altro caso ella era -rimandata spoglia d'ogni ricchezza ed ornamento: ma -poteva far esigliare, e trarre a sè gli averi di quella -che il marito introducesse nel suo talamo. La Chiesa -non permise mai il divorzio nel senso civile; che se gli -sposi separavansi, non poteano contrarre altri nodi<a class="tag" id="tag222" href="#note222">[222]</a>. -</p> - -<p> -Del passo medesimo si addolcì la paterna assolutezza, -non derivante dal sangue, ma dalle formole delle giuste -nozze, e dalla finzione civile dell'adozione e dell'arrogazione. -Era essa illimitata, sin a poter esporre o diseredare -i figliuoli, i quali, sebbene fossero indipendenti -pel diritto civile, e votassero nella tribù e nella classe -del padre, pel diritto privato restavano non soltanto -soggetti, ma in proprietà del genitore, per qualunque -età o grado o magistratura avessero, salvo se fossero -emancipati con finta vendita. Questa faceasi dal genitore -a persona terza, la quale gli dava a peso il denaro -convenuto, ripetendo l'atto tre volte, giacchè per altrettante -la legge permetteva al padre di vendere il figlio; -dopo di che il compratore lo menava ad un crocevia, -e gli dicea: — Va dove t'aggrada». Chi non avesse -figli poteva adottarne o arrogarne, col che su loro -acquistava diritti e doveri di padre, e tramandava ad -essi il nome e i beni; mezzo di perpetuar le famiglie, -che nell'aristocrazia sono il tutto. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_321">[321]</span> -</p> - -<p> -Dalla centralità del potere imperiale discordava quella -giurisdizione privata de' padri; e il contrasto che la -nuova generazione convertita aveva esercitato verso la -vecchia pertinace, invogliava a porre limiti alla potestà -patria, da carnale mutata in spirituale. Costantino lo -fece; tanto che il padre rimase capo rispettato della -sua discendenza, arbitro di diseredare, d'infliggere correzioni -moderate, di dettare al magistrato la sentenza -severa che fosse reclamata dalla disciplina domestica: -ma ai genitori micidiali de' proprj figli fu applicata la -pena dell'omicidio<a class="tag" id="tag223" href="#note223">[223]</a>. -</p> - -<p> -Ai pupilli non ancora puberi, vale a dire ai maschi -prima dei quattordici anni, e alle fanciulle prima -dei dodici, che perdessero il padre, si destinava un -tutore fra' più prossimi parenti paterni; e sin a Claudio -non era questo obbligato a veruna cauzione. Fatti puberi, -gli orfani non potevano disporre de' proprj beni -avanti la maggiore età, vale a dire a venticinque anni, -se non consenziente un curatore, destinato dal prefetto -della provincia. -</p> - -<p> -Ogni guadagno del figliofamiglia apparteneva al -padre. Se vivesse a parte e con mestiere differente, il -padre gli abbandonava il peculio, in modo che potesse -disporne, non però alienarlo a titolo gratuito, nè legarlo -in testamento. Dopo Augusto, per equità si permise ai -figliuoli di disporre di ciò che avessero guadagnato -militando (<i>peculium castrense</i>): sotto Costantino vi si -assimilarono i beni acquistati in uffizj civili ed ecclesiastici -(<i>peculium quasi-castrense</i>) o per dote: infine -il padre non restò erede del figlio ab-intestato, se non -in una parte legittima; de' beni della moglie non gli -rimase che l'usufrutto, spettandone la proprietà ai -figliuoli. Gran progresso alla indipendenza di questi e -<span class="pagenum" id="Page_322">[322]</span> -al loro valor civile in una società che fin allora gli avea -tenuti soggetti. Generalizzando poi quel concetto, e -depurandolo dalle viete mescolanze, Giustiniano attribuì -al figlio la proprietà di quanto entrava nel suo peculio -<i>avventizio</i><a class="tag" id="tag224" href="#note224">[224]</a>: del che s'applaudisce egli a nome -dell'umanità, e avrebbe potuto dire, a gloria del -cristianesimo. -</p> - -<p> -Sfasciasi dunque la famiglia legale per dar luogo al -diritto umano; la gentilità cade in dimenticanza, e così -il <i>nesso</i> e l'<i>addizione</i> dell'uomo libero; la mano e il -<i>mancipio</i> non sopravanzano che come finzioni, onde -eludere certi rigori dell'antico diritto. Il figliofamigiia -ottiene una capacità, uno stato, poi una proprietà; il -gius pretorio favorisce i cognati, i parenti di sangue, e -attribuisce loro sempre maggiori diritti; finchè dalle -costituzioni imperiali restano cancellati gli effetti della -prisca famiglia romana, che da prima politica, poi -religiosa, poi di diritto civile privato, infine si riduce -a naturale. -</p> - -<p> -La paterna onnipotenza e la nessuna cura dell'uomo -se non in quanto era cittadino, palesavasi principalmente -nell'infanticidio, costumato da tutti gli antichi. Romolo -ordinò di conservare in vita la fanciulla primogenita: le -leggi imponevano d'uccidere il neonato deforme o infermiccio: -che il padre impoverito potesse vendere i -figliuoli, risulta da Paolo, e fin sotto Costantino e Teodosio -Magno se ne trovano prove autentiche, e san -Girolamo ci porge i gemiti di una madre, i cui tre figli -erano stati venduti dal marito per pagare il fisco<a class="tag" id="tag225" href="#note225">[225]</a>. -L'abortire era una scienza, e Giustiniano dichiarava che -<span class="pagenum" id="Page_323">[323]</span> -il feto, non ancor venuto in luce, non è uomo: onde, -se al padre gravasse l'educare altra prole, se la madre -non volesse abbreviarsi la gioventù, se gl'indovini o la -congiunzione delle stelle profetassero sinistramente, -disperdevasi il concetto; o, dopo nato, il padre non lo -levava di terra; col che intendevasi ch'egli non lo -riconosceva, ed era gettato alla via a morire, se pure -nol raccogliessero certi speculatori che, storpiatili, se -ne servivano per eccitare la pietà de' passeggieri, o li -riducevano eunuchi o nani. -</p> - -<p> -Primi i Cristiani levarono la voce a favore di quei -tapini; poi li raccolsero per salvarne la vita e l'anima; -Costantino decretò sussidj a chi fosse impotente a nutrire -i figliuoli: ma l'uso di gettarli era talmente radicato, -che non veniva punito; solo la legge voleva ne -diventasse proprietario chi li raccoglieva, passando in -esso la patria potestà e il diritto di trattarli come figli -o come servi. Valente e Graziano costituirono pene a -chi esponesse i bambini: finalmente Giustiniano, sostenuto -dalle censure ecclesiastiche, abolì questa nefandità. -</p> - -<p> -Nel codice Giustinianeo è proclamata l'eguaglianza di -tutti i cittadini avanti alla legge; abolite le orgogliose -distinzioni de' tempi repubblicani, a ottenere cariche e -comandi non valeva più l'esser nobile o plebeo, romano -o barbaro, ma il merito o vero o supposto. Logicamente -ne conseguiva il cassare l'altra più iniqua distinzione fra -ingenui e schiavi; ma talmente era connaturata colla -società, che lunghi secoli stentarono la civiltà e il -cristianesimo prima di toglierla. -</p> - -<p> -L'antico diritto distingueva lo stato dell'uomo in naturale -e civile. Per natura ha la libertà, cioè può fare -ciò che la forza e il diritto non vieta, nè tal libertà può -alienare: ma civilmente ammettevasi la schiavitù; e lo -schiavo era diminuito del <i>capo</i>, cioè senza le tre cose che -lo costituiscono, libertà, cittadinanza, famiglia; era cosa, -<span class="pagenum" id="Page_324">[324]</span> -non uomo. Come fosse trattato, non serve ripeterlo -(Cap. <span class="smcap lowercase">XIX</span>); ma gl'imperatori, contornati di schiavi e -liberti, presero compassione per quella classe, con cui -incrudelivano o straviziavano, e spesso divennero redentori -degli schiavi quei ch'erano flagello dei liberi. -Claudio pronunziò liberi i servi che nell'infermità fossero -abbandonati dai padroni sull'isola d'Esculapio, e -omicida chi li trucidasse per non mantenerli: la legge -Petronia sotto Nerone impedì d'obbligarli a combattere -colle fiere<a class="tag" id="tag226" href="#note226">[226]</a>: Adriano volle alle pene capitali non -fossero condannati dai padroni, ma dal giudice, e potessero -portar querela ai magistrati per mali trattamenti<a class="tag" id="tag227" href="#note227">[227]</a>: -Antonino Pio costituì, che chi uccidesse il -proprio schiavo fosse punito come l'uccisore dell'altrui, -e i magistrati soccorressero a quelli che dai padroni fossero -straziati, ovvero spinti all'impudicizia: Diocleziano -permise allo schiavo di stare in giudizio o per costringere -il padrone a concedergli la libertà dopo pagato il -riscatto, o per vendicare la morte di quello<a class="tag" id="tag228" href="#note228">[228]</a>. -</p> - -<p> -Restavano però sempre come una <i>seconda specie -d'uomini</i><a class="tag" id="tag229" href="#note229">[229]</a>, e una legge di Costantino, vietandole, -enumera le atrocità usitate contro gli schiavi; toglierli -di vita col laccio, la croce, le armi, o trabalzarli, o -injettar loro veleno nelle vene, o strapparne a brani le -carni, o arderli a lento fuoco, o perfino lasciarli imputridire -vivi. Esso imperatore abolì la croce, consueto -loro supplizio, e il marchio in fronte: se mandò assolto -il padrone che uccidesse il servo nel correggerlo, lo -dichiarò omicida se per deliberata volontà il mettesse -<span class="pagenum" id="Page_325">[325]</span> -a morte: nel dividere i coloni coi poderi, volle non si -separassero i figliuoli dai genitori, dalle sorelle i fratelli, -dai mariti le mogli<a class="tag" id="tag230" href="#note230">[230]</a>. Egli stesso agevolò le manumessioni -fatte in chiesa e da chierici; e tante furono, -che l'Impero si trovò affollato di poveri, cui la Chiesa -dovette soccorrere con ospedali e sussidj. Se ne induceva -la necessità di procedere lentamente: e l'avere un -giorno l'effimero imperatore Giovanni abolita la schiavitù, -fu un atto di que' rivoluzionarj che non riflettono -al domani. -</p> - -<p> -Costantino lasciò sussistere gl'impedimenti frapposti -da Augusto alla manumessione per testamento; pure -diveniva consueta, e Giustiniano vi diede altrettanta -libertà come alle manumessioni tra vivi. Egli stanziò -che, chiunque cessava d'essere schiavo, acquistasse -immediatamente la cittadinanza, abolendo la restrizione, -di cui la legge Giunia Norbana circondava quelli fatti -liberi <i>per lettera, fra amici</i>, o con formalità meno -solenni; introdusse di liberarli <i>nelle sacrosante chiese</i>, -giusto trovando che i ceppi dello schiavo si spezzassero -a piè di quella croce, donde l'uomo era stato redento -dalla servitù. -</p> - -<p> -A paro colle persone, venne svincolandosi la proprietà, -le cui vicende sono il più significante testimonio -della condizione di un popolo. Come fra i più antichi, -così probabilmente fra i Greci essa era di natura religiosa: -a Roma la troviamo municipale, sebbene in -origine l'esser cittadino portasse forse la comunanza -di riti. Da principio l'intera tribù acquistava proprietà -sopra i campi da essa coltivati, dividendo come le -fatiche così i frutti, e ripartendoli per famiglie o consorzj, -obbligati a conservare e trasmettere la proprietà -comune. A ciascun brano di privata si aggiungeva un -<span class="pagenum" id="Page_326">[326]</span> -pezzo di proprietà pubblica pei pascoli: dal che seguiva -che, com'era comune la pubblica, così la privata dovesse -unirsi in consorzj, e perciò rimaner solidale nei pesi -pubblici. -</p> - -<p> -I Comuni però non erano unioni popolari, quali oggi -le intendiamo, determinate dall'unità territoriale; sibbene -aggregamento di alquanti consorzj. Talvolta parte -di un consorzio si poneva sotto al patronato d'un senatore -o d'una persona di Corte, e con ciò restava -esente dai carichi, ad aggravio dell'altra parte. Ciò -contribuì a sminuire i possessori liberi, moltiplicando -i coloni e i servi. Gl'imperatori poco a poco aveano -tratto sotto l'immediata loro protezione anche le città, -solo garantendone alcune franchigie. I consorzj godeano -pure di privilegi imperiali, contribuendo ai pubblici -aggravj; e fu come consorzio che la nuova Chiesa -crebbe e divenne governo. -</p> - -<p> -Fra le cose, alcune erano state appetite sovra le altre -dalla semplicità guerresca dei prischi Romani, come -la terra che costituiva la proprietà per eccellenza, poi -le case, gli schiavi, le bestie da lavoro. Queste (dette -<span class="smcap lowercase">RES MANCIPI</span> perchè non s'acquistavano se non colla -mancipazione o con altro atto legale) conferivano la -condizione civile, e perciò erano regolate colla religione -e coll'autorità pubblica, non poteano acquistarsi che -dal cittadino, nè alienarsi senza formole pubbliche. Le -altre cose di lusso e godimento, per quanto Roma -arricchisse, furono sempre tenute da meno (chiamate -res nec mancipi perchè vi bastava la tradizione, senza -le solennità sacramentali della mancipazione), e regolavansi -col diritto naturale. -</p> - -<p> -Da principio esiste un dominio solo; si possiede pel -diritto de' Quiriti (<i>dominio quiritario</i>), o non si possiede. -Solo il cittadino può avere tale dominio; solo -farne oggetto le cose e il suolo <i>commerciabile</i>; escluse -<span class="pagenum" id="Page_327">[327]</span> -dunque le persone e le terre straniere: la provincia è -proprietà del popolo, poi dell'imperatore; in essa e -sopra ogni suolo che non fruisca del diritto italico, si -hanno de' possessi, ma non la proprietà: sebbene poco a -poco anche quelli acquistino i mezzi di tutela e i vantaggi -della proprietà legale romana. Questa non può -essere attribuita con modi diversi dalle romane prescrizioni: -compite le quali, diviene assoluta, che che -inganno o forza vi siano intervenuti. -</p> - -<p> -Dalle scuole stoiche i giureconsulti aveano dedotta -la distinzione dei beni in cose materiali e no: contavansi -fra le materiali quelle che possono toccarsi; le -altre indicavano piuttosto diritti sulle cose stesse, fra -cui i più importanti erano le servitù rustiche ed urbane, -e le personali, cioè usufrutto, uso, abitazione. Alcune -cose erano <i>sacre</i>, come i tempj; altre <i>religiose</i>, come -i luoghi destinati a sepolture; altre sante, come le -porte d'una città. Alcune erano di tutti (<i>res universitatis</i>), -come teatri, stadj; alcune di nessuno, come i -lidi del mare, i fiumi; o del primo occupante, come gli -uccelli liberi, alla cui caccia unico limite era il rispetto -dovuto ai fondi e alle siepi altrui. -</p> - -<p> -Acquistavasi la proprietà delle cose particolari colla -prescrizione, col dono, colla compra, o colle successioni: -le servitù, gli schiavi e le terre poste in Italia trasmettevansi -col solenne rito della mancipazione. Ma accanto -al dominio quiritario s'introduce un diritto meno perfetto, -un possesso secondo il diritto delle genti, non -giuridico ma di fatto, e che si definisce <i>in bonis habere</i>, -avere tra i proprj beni; donde fu poi denominato -dominio <i>bonitario</i>: gli editti pretorj lo proteggeranno, -la giurisprudenza ne snoderà le regole, vi si annetteranno -gli effetti utili del dominio<a class="tag" id="tag231" href="#note231">[231]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_328">[328]</span> -</p> - -<p> -I Cristiani non riconoscevano per padrona di tutto -la patria; i possessi non deducevano dalla ragion di -Stato, ma da Dio; laonde il civile diritto cedette a quel -delle genti, e invalse la proprietà naturale; e quando -si compilò il Codice, furono equiparate le cose màncipi -e le non màncipi<a class="tag" id="tag232" href="#note232">[232]</a>, il diritto quiritario e il bonitario, -«ludibrio d'antica sottigliezza». Adunque da principio -trovammo una sola proprietà <i>ex jure Quiritium</i>; alla -fine, ancora una proprietà sola, ma aperta a tutti, in -qualunque territorio, e in arbitrio del possessore il -disporne. Speciali regolamenti ebbe l'enfiteusi ecclesiastica, -o precaria, per la quale un podere veniva -dalle Chiese conceduto con lieve canone per un tempo -determinato, allo spirar del quale tornava ad esse con -aggiunta d'altri terreni e coi miglioramenti. -</p> - -<p> -In prima il solo cittadino romano poteva testare<a class="tag" id="tag233" href="#note233">[233]</a>, -e in due maniere: o ne' <i>comizj calati</i> il patrizio dichiarava -alle tribù la sua ultima volontà; o sul campo di -guerra il soldato avanti ai commilitoni (<i>in procinctu</i>). -Da poi, cogli stessi riti onde trasferivasi il dominio, si -facea la solenne dichiarazione dell'ultima volontà, presenti -cinque testimonj e un pesatore, simulando vendere -famiglia e beni ad un altro, il quale non era dunque -erede ma compratore (<i>familiæ emptor</i>). L'editto pretorio -modificò queste norme, accordando valore (<i>possessio -bonorum</i>) a qualunque testamento portasse il -suggello di sette cittadini. Sotto gl'imperatori la dichiarazione -d'ultima volontà potè farsi davanti un magistrato, -e alla curia municipale, iscrivendola ne' protocolli; -<span class="pagenum" id="Page_329">[329]</span> -donde il testamento <i>autentico</i>. Infine Valentiniano III -introdusse il testamento <i>olografo</i>. -</p> - -<p> -L'istituzione dell'erede, ch'era il punto essenziale, -dovea farsi in termini imperativi; ma Costantino alla -necessità delle formole surrogò la semplice espressione -di volontà. Chi avesse figliuoli naturali o adottivi, non -emancipati nè espressamente diseredati, doveva istituirli -eredi. Al debitore insolubile imprimevasi nota -d'infamia; laonde chi morisse in tal condizione, istituiva -erede forzato uno schiavo, acciocchè la procedura -fosse patita da questo, senz'aggravio della sua memoria. -Perocchè gli schiavi e i figlifamiglia sottentravano -<i>necessariamente</i> al defunto nei diritti non meno che -nei pesi: poi il pretore permise di <i>astenersi</i> dalla successione -del padre: finalmente con Giustiniano s'introdusse -il benefizio dell'inventario. -</p> - -<p> -In legati non poteasi disporre di là da tre quarti -dell'eredità<a class="tag" id="tag234" href="#note234">[234]</a>. I beni dell'intestato passavano agli -eredi <i>suoi e necessarj</i>, cioè ai figli legittimi o adottivi, -o ai discendenti in linea mascolina: gli emancipati non -v'aveano diritto per legge, ma furonvi ammessi per -editto pretorio (<i>bonorum possessio ab intestato</i>). Dappoi -non s'ebbe più riguardo all'agnazione, aristocraticamente -diretta a conservar i beni nelle famiglie; e le -costituzioni imperiali chiamarono alla successione legittima -anche i discendenti per donna; le madri ereditarono -dai figli, a preferenza degli agnati; non contandosi -più il legame della potestà, ma quello del sangue. Così -la natura fu ripristinata ne' suoi diritti, e il principio -aristocratico soccombette all'equalità naturale. L'ordine -di successione stabilito da Giustiniano secondo la parentela -naturale, è affatto filosofico, e sopravisse alla -barbarie e alla feudalità, per impiantarsi ne' codici -odierni. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_330">[330]</span> -</p> - -<p> -In una successione non può raccogliersi se non quel -che esisteva nel patrimonio del defunto; in conseguenza -non si può stipulare una promessa pel momento della -morte. Questa sottigliezza de' giureconsulti romani fu -tolta via da Giustiniano. Ove mancasse un successore, -l'eredità ricadeva al fisco. Da poi alcune corporazioni -ottennero privilegio speciale sui beni de' loro aggregati, -morti senza eredi; onde quei de' soldati devolveansi -alla sua legione, quei del decurione municipale -alla curia, quei del monaco al convento. -</p> - -<p> -Di quattro specie obbligazioni riconosce il diritto -romano; per <i>contratti</i> e <i>quasi-contratti</i>, per <i>delitti</i> e -<i>quasi-delitti</i>. Le convenzioni fra i Romani non produceano -obbligazione se non in casi determinati; cioè -quando vi si fosse adoperata una delle formole riconosciute -dal civile diritto, come il nesso, la stipulazione; -o quando l'uso vi avesse applicato un nome e un'azione -speciale, come il mutuo, il comodato, il deposito, il -pegno, la fidejussione, la vendita, la locazione, il mandato, -la società. Que' primi quattro chiamavansi contratti -<i>reali</i>, perchè, oltre il consenso, suppongono la -tradizione fatta da chi deve a chi riceve; mentre gli -altri si formano col semplice consenso. Pel diritto pretorio, -a tali contratti se n'aggiunsero più altri <i>innominati</i>; -finchè Aristone, imperante Trajano, introdusse -l'azione <i>ex præscriptis verbis</i>, cioè che chi diede o -fece una cosa in vista d'una prestazione equivalente, -possa esigerla. Quindi i contratti innominati furono -ridotti a quattro tipi, <i>Do ut des, do ut facias, facio -ut des, facio ut facias</i>; ma non si statuì mai che in -essi il consenso delle parti bastasse per produrre obbligazione: -così, per esempio, il baratto, che alcun tempo -fu assimilato alla vendita, si ebbe sempre come un -contratto innominato, una variante del tipo <i>do ut des</i>. -</p> - -<p> -In generale le formole in cui s'adoprava il verbo -<span class="pagenum" id="Page_331">[331]</span> -<i>spondère</i>, tenevansi come di diritto civile, e non creavano -obbligazioni che fra cittadini romani; fin a quando -l'imperatore Leone dichiarò che le stipulazioni reggevano, -qualunque ne fossero i termini. Bastava dunque -si facesse un dialogo fra i due contraenti: — Prometti -di dare o di fare la tal cosa? — Prometto». Gli atti -e le formole inchiudevano la necessità che gli stipulanti -fossero presenti: ma uno potea farsi rappresentare dai -proprj schiavi. Ogni padrefamiglia teneva un libro di -dare e avere (<i>codex accepti et expensi</i>), e il registrarvi -un obbligo lo rendeva autentico; sebbene non conosciamo -di quali cautele abbisognasse quest'atto. -</p> - -<p> -Un fatto lecito da cui risultassero obbligazioni, chiamavasi -quasi-contratto, come la volontaria gestione -d'affari altrui. Dei delitti parleremo or ora. Quasi-delilto -dicevasi un fatto che recò o poteva recar danno, senza -precisa intenzione, ma per colpa; come chi sospendesse -o gettasse alcun che, o scavasse una fossa con pericolo -de' passeggieri. -</p> - -<p> -L'ipoteca potea mettersi su tutti i beni; nè conosceasi -la <i>legale</i>, cioè non precisata da convenzione. Le -ipoteche non erano pubbliche, nè il credito veniva -assicurato se non dalle pene minacciate ai venditori -che dissimulassero di quali carichi fosse gravato il fondo -che vendeano. -</p> - -<p> -Le azioni, cioè il diritto di reclamare in giudizio il -dovuto, distinguevansi, quanto all'oggetto, in <i>personali</i>, -<i>reali</i> e <i>miste</i>, secondo che erano da persona a persona -per costringerla ad adempiere un obbligo, o chiedevasi -compenso o restituzione d'una cosa, o faceasi l'una cosa -e l'altra, come nel domandare una divisione d'eredità. -Quanto all'origine, erano o <i>civili</i>, autorizzate da legge, -o <i>pretorie</i>, fondate sull'editto del pretore. Quanto al -soggetto, erano di <i>stretto diritto</i>, di <i>buona fede</i>, ed -<i>arbitrarie</i>; distinzioni fondate sul particolar modo -<span class="pagenum" id="Page_332">[332]</span> -d'amministrare la giustizia, essendo le prime due deferite -al magistrato, le terze all'arbitrio. -</p> - -<p> -La giurisdizione rimaneva congiunta all'amministrazione -in quel che dicevasi <i>imperio</i>: se non che alcuni -magistrati inferiori non aveano tutto l'imperio, ma soltanto -l'autorità giuridica. Dell'imperio ordinario non -facea parte la giurisdizione criminale, che era sempre -una delegazione speciale, denominata <i>merum imperium</i>, -e portava diritto di spada; a diversità del <i>mixtum imperium</i>, -che consisteva nel poter mettere alcuno in -possesso di beni. -</p> - -<p> -Anche dopo dismesse e diradate le azioni simboliche, -la legge e la consuetudine avevano determinato le formole -della processura. Negli atti giuridici da principio -sopra l'intenzione predomina la forma, che è quasi la -veste, l'esternazione del pensiero; e non usandosi o -poco la scrittura, bisogna far impressione sui sensi, e -che l'atto della volontà istantaneo e fuggevole sia ridotto -sensibile e irrevocabile. Oltre le cause generali che -materializzano le istituzioni al tempo delle civiltà nascenti, -e che in paesi diversissimi offrono press'a poco -gli stessi fenomeni, le forme della stipulazione giovano -in quanto fissano seriamente l'attenzione delle parti -sopra ciò che stanno per fare; in un'espressione netta, -breve, rigorosa, precisano l'obbligazione che contraesi, -e fanno apparire più vigorosamente l'assenso delle parti -mediante l'interrogazione e la risposta. Oggi stesso che -si bada più ch'altro alla pura volontà, all'intenzione, -per certi atti più importanti si conservano pratiche -analoghe all'antica stipulazione, come è la formola del -matrimonio, come il giuramento. -</p> - -<p> -In principio questi atti s'appoggiano all'analogia, -operazione tanto comune nella fanciullezza dell'individuo -come delle nazioni. Da poi si arriva al simbolo, che -spesso non è se non l'avanzo d'un rito perduto. Via via -<span class="pagenum" id="Page_333">[333]</span> -le istituzioni dalla materia passano nel campo dell'intelligenza; -la civiltà si appiglia immediatamente allo -spirito, alla volontà, all'intenzione; dall'esteriorità chiedendo -soltanto ciò che è indispensabile per rivelare e -garantire il consenso. -</p> - -<p> -Così andò in Roma. Quando ancora non si coniava -denaro, ogni vendita faceasi a peso; donde ci son -rimaste le espressioni moderne di <i>spesa, stipendio</i>, -<i>spendere</i>. Anche dopo conosciute le monete, si comparve -al giudizio colla bilancia e col metallo (æs et libra); e -questi divennero simbolo in molti contratti, dove si -trattava di tutt'altro che vendita. Ne' processi di rivendicazione -si finge battaglia, come quando la guerra era -il modo d'acquisto per eccellenza: poi la bacchetta -rimase simbolo della lancia: e tale procedura s'accomunò -a casi, dove nè tampoco trattavasi di decidere -una contestazione. Sopra una zolla, sopra un tegolo -recati al pretore si adempivano le formalità ch'era -prescritto al magistrato di fare sugli oggetti stessi. -Abolite le trenta curie, trenta littori ne rimasero simbolo, -poi bastò la scure del littore. -</p> - -<p> -A passo passo tutte le azioni legali che drammatizzavano -il diritto patrizio (t. I, p. 182), si mutarono in -formole che erano date dal pretore stesso, in modo che -le parti non deteriorassero la propria condizione per -ignoranza di esse: ma benchè la <i>lex Julia privatorum</i> -di Augusto avesse concesso ai litiganti di spiegare -semplicemente davanti al magistrato l'oggetto in contestazione, -pure non era unico intento de' giureconsulti -e de' giudici la scoperta del vero e del diritto, e la -decisione restava vincolata all'esattezza di esse formole -d'azione, che doveano adoprarsi dai contendenti, prima -che la causa fosse librata dal giudice; talchè uno trovavasi -condannato, non perchè avesse torto, ma solo -per ignoranza o fallo in quelle applicare. Un tale (racconta -<span class="pagenum" id="Page_334">[334]</span> -Gajo) portò querela per alcuni ceppi di viti -tagliate (<i>vitibus succisis</i>); ma le XII Tavole aveano -parlato soltanto di alberi, sicchè la petizione fu respinta. -Caduta la religione che sanciva le formole, Costanzo le -abolì come divenute un lacciuolo di sillabe alla buona -fede<a class="tag" id="tag235" href="#note235">[235]</a>, lasciando che l'attore scegliesse qual più gli -piaceva. -</p> - -<p> -Questo, nell'introdurre l'istanza, giurava non esser -mosso da prurito di calunniare o vessare, ma da convinzione; -e se perdesse, doveva per ammenda il decimo -dell'oggetto contestato. Nelle cause reali ciascuna parte -poteva obbligare l'avversario a deporre una somma, -che andava perduta qualora soccombesse. A nessuno -era negato farsi rappresentare da un procuratore, e -sopra di questo cadeva la sentenza: ma ben doveano -trascinarsi per le lunghe i processi, se Giustiniano, «per -impedire che divengano immortali», dichiarò l'intenzione -che una causa non oltrepassasse la durata d'una -vita d'uomo<a class="tag" id="tag236" href="#note236">[236]</a>. -</p> - -<p> -Mentre fra noi qualsivoglia reità, dall'adulterio in -fuori, provoca azione pubblica nell'interesse della società, -fra i Romani il furto, la rapina, il danneggiamento, -le ingiurie ed altri delitti erano <i>privati</i>, procedendosi -contr'essi soltanto sopra istanza dell'offeso. I <i>pubblici</i> -si distinguevano da capo in <i>ordinarj</i>, contemplati da -alcuna legge particolare con pena prestabilita, e <i>straordinarj</i>, -che erano puniti a stima del magistrato, quali -la tentata infrazione del carcere, lo stellionato, il formare -delle società non autorate dall'imperatore. Morte -infliggevasi anche per colpe vaghe o leggeri, come -abbattere un albero, tagliar una vigna, se supponeasi -<span class="pagenum" id="Page_335">[335]</span> -fatto nell'intento di sminuire il censo al fisco<a class="tag" id="tag237" href="#note237">[237]</a>. -Gravissima pena l'esiglio, che traeva seco la morte -civile, e che solevasi infliggere per adulterio, atto falso, -estorsioni e simiglianti; o a persone qualificate, pei -delitti per cui le inferiori si condannavano alle miniere. -Perocchè le pene colpivano in grado diverso secondo -il delinquente; e chi uccidesse la propria moglie côlta -in adulterio, se libero era relegato in un'isola; se egli -fosse di condizione inferiore, subiva i lavori pubblici; -anche per dato incendio la persona oscura andava -alle catene ed alle fiere, non la illustre; nel furto l'uom -vulgare era staffilato e precipitato dalla rupe Tarpea, -il ricco si redimeva col dare il quadruplo del rubato. -</p> - -<p> -Non poteva il codice negligere i precetti della nuova -religione intorno alla castigatezza del costume, ignota -all'antichità<a class="tag" id="tag238" href="#note238">[238]</a>. Mentre alle adultere fu ridotta la pena -a due anni di solitudine penitente, i peccati contro -natura castigaronsi, senza divario di persone, con una -squisitezza di supplizj che a fatica può perdonarsi alla -purità del motivo. Nuova cosa erano pure le comminatorie -contro l'eresia: ma il volere alla religione della -carità e della mansuetudine applicare i regolamenti -dalla patrizia severità emanati in sostegno dell'inesorabile -religione dello Stato, portò a giustificare le persecuzioni, -e offrì l'autorità dell'esempio agl'imperatori -germanici, quando, più tardi, statuirono fin la morte -contro i miscredenti. -</p> - -<p> -Nei casi di maestà rinasce l'esorbitanza del prisco -diritto. La società antica, propensa a tutto idoleggiare, -avea divinizzato l'imperatore, in modo che qualunque -<span class="pagenum" id="Page_336">[336]</span> -attentato contro di esso consideravasi fatto contro la -repubblica in lui personificata, e contro la divinità. -Enormissimo fra i delitti era pertanto quello di Stato: -ma tale qualifica colpiva anche azioni indifferenti, -nè soltanto sotto principi tirannici, ma fin sotto quelli -che aveano del cristianesimo adottate le esteriorità, -non il liberale sentimento. La legge Giulia fa reo -di fellonia chi fonde le statue degl'imperatori od -«opera alcun che di somigliante»<a class="tag" id="tag239" href="#note239">[239]</a>: tanta latitudine -nella più formidabile delle accuse! Vi volle un -senatoconsulto per dichiarare che non offendeva la -maestà chi disfacesse simulacri di imperatori riprovati; -e rescritti di Severo ed Antonino per mandare immune -chi ne vendesse di non consacrati, o per caso li colpisse -d'una pietra. -</p> - -<p> -Una legge imperiale puniva chi mettesse in forse il -giudizio del principe o dubitasse del merito de' suoi -impiegati<a class="tag" id="tag240" href="#note240">[240]</a>: un'altra pronunziò che l'attentare contro -i ministri e gli uffiziali del principe fosse misfatto, come -il nuocere al principe stesso, del cui corpo son quasi -membri<a class="tag" id="tag241" href="#note241">[241]</a>; una di Valentiniano, Teodosio e Arcadio -costituisce rei di maestà i monetieri falsi<a class="tag" id="tag242" href="#note242">[242]</a>: sotto -Costanzo reputavasi fellonia l'interrogare indovini sopra -lo strillo d'un topo o d'una donnola, e il medicare una -doglia con parole da vecchierella<a class="tag" id="tag243" href="#note243">[243]</a>. Soffogata la -rivolta di Avidio Cassio, s'introdusse di processare anche -morti, per incamerarne i beni se convinti<a class="tag" id="tag244" href="#note244">[244]</a>. E -la confisca era grande stimolo ad abbondare in siffatte -<span class="pagenum" id="Page_337">[337]</span> -accuse; e v'avea gente apposta (<i>petitorii</i>) che le promovevano, -per domandarne in compenso i beni, con -un'insistenza mal frenata da ventisei leggi del codice -Teodosiano<a class="tag" id="tag245" href="#note245">[245]</a>. -</p> - -<p> -Quanto di severo aveano statuito sopra tal fatto i -predecessori, fu accolto da Giustiniano, tenendo fin memoria -del giureconsulto Paolino che accusò di perduellione -un giudice per aver deciso in senso contrario ad -una legge dell'imperatore: e di Faustiniano, che, avendo -giurato per la vita del principe non perdonare al suo -schiavo, si credette obbligato a perpetuar la collera per -non incorrere in crimenlese<a class="tag" id="tag246" href="#note246">[246]</a>. Dimenticò invece che -l'imperatore Alessandro Severo avea respinte le accuse -indirette di maestà, e Tacito escluse gli schiavi dallo -attestare in queste contro i loro padroni<a class="tag" id="tag247" href="#note247">[247]</a>. -</p> - -<p> -Dove ci si manifesta uno dei difetti principali del codice -Giustinianeo, l'avere tramandato ai posteri uno spirito -dissonante dall'amore e dalla benevolenza predicate -dal Vangelo. L'imperatore dispotico e il ligio suo ministro -evitarono d'inserire le leggi <i>sediziose</i> della repubblica, -e checchè sentisse di libertà o di privilegi, -cancellati o cancellabili dalla tirannide. Di tre soli giureconsulti -dell'età repubblicana fecero menzione, e -scarsa di quelli fioriti sotto i primi Cesari, larga messe -invece cogliendo nel tempo che una turba di forestieri -portava a Roma l'omaggio di sue adulazioni: osarono -perfino il nome degli antichi giureconsulti lasciar in -capo a leggi loro, benchè mutilate o travolte<a class="tag" id="tag248" href="#note248">[248]</a>, -<span class="pagenum" id="Page_338">[338]</span> -mentre non omettevasi alcuno de' passi che consolidi -od esageri i monarchici arbitrj; il che, oltre nuocere -allora, innestò un morboso elemento alle costituzioni -della nuova Europa, presumendo giustificare la tirannia -al cospetto di quelli, per cui son tutt'uno giustizia e -legalità. Imperocchè, se lo studio rinnovato del diritto -giustinianeo offrì dopo il <span class="smcap lowercase">XIV</span> secolo felicissimi concetti -d'ordine e d'amministrazione, pregiudicò alla posterità -l'idolatrare tutto ciò che Giustiniano avea raccolto della -sapienza come dell'imbecillità e ferocia de' suoi predecessori; -i principi se ne armarono per menomare le -franchigie introdotte dallo spirito de' Germani, dalle -immunità ecclesiastiche, dalla feudalità e dai Comuni; -si tornò a predicare la pagana onnipotenza del monarca; -e i progressi dell'umana ragione furono inceppati -dalla pretensione di governare il mondo colle istituzioni -di tanti secoli prima, e d'una società e d'una -religione essenzialmente differenti. -</p> - -<p> -Non ostante gli errori particolari, non ostante che il -Codice di Giustiniano e il Digesto non siano giunti a -noi quali erano stati compilati, rimangono il più insigne -monumento della sapienza antica, viepiù meraviglioso -per tempi considerati d'universale decadenza. E decadenza -era veramente, ma solo delle idee antiche, -le quali cedevano luogo alle nuove. Il politeismo era -perito; perite le favole filosofiche d'Alessandria e le -legali d'Atene; perito l'alito esclusivo del patriziato, -livellato pur esso nella soggezione alle leggi; perita la -fierezza d'un tempo che affiggeva la giustizia a formole -morte. Che altro restava se non il cristianesimo? E -quanto esso giovasse a migliorare la legislazione ci -apparve in tutta questa rassegna, e nelle leggi de' successori -di Costantino, che attestano quanto fossero inumane -le precedenti. -</p> - -<p> -I tre figli di quello nel 338 ricusavano i libelli infamatorj, le -<span class="pagenum" id="Page_339">[339]</span> -lettere cieche, le accuse secrete, impedendo -di procedere sopra tali denunzie<a class="tag" id="tag249" href="#note249">[249]</a>. Valentiniano condannò -l'esposizione degl'infanti; stipendiò un medico -dei poveri per ciascun quartiere di Roma; vietò agli -avvocati di ricevere sportule, bastando la gloria di difendere -l'innocenza; a tutti impedì lo ingiuriarsi nei -dibattimenti; i commedianti, battezzati in pericolo di -morte, non si potesse più obbligarli a salire sul palco, -nè le figlie delle attrici a seguire la professione materna; -istituì scuole, stabilì i difensori delle città, avvocati -degli interessi di queste, i quali poteano recar -rimostranze ai magistrati civili ed anche al trono. Graziano -ai delatori bugiardi infliggeva la pena che sarebbe -tocca al calunniato; revocò tutti i privilegi concessi a -privati in pregiudizio del corpo cui appartengono; -dispensò dall'obbedire ad ordini che i tribunali o i -magistrati dicessero aver ricevuto a viva voce dall'imperatore. -</p> - -<p> -Teodosio Magno proibì di sollecitare i beni dei condannati -per ribellione, giacchè talora, a forza d'importunità, -si otteneva ciò che principe giusto non era in -diritto di concedere: la quale ordinanza rattenne dallo -spionaggio quei tanti che si faceano delatori per ciuffare -i beni dell'accusato. Mentre dapprima gli averi degli -esigliati si applicavano al tesoro, egli ordinò fossero -divisi tra questo e il reo od i suoi eredi, e che ai figli -si lasciassero interi quelli d'un padre condannato a -morte. Agli Ebrei fu proibito comprare schiavi cristiani, -e ai Cristiani permesso senza misura di affrancare i -loro. Dolcezza e umanità prescrisse Teodosio a quei che -sogliono averne sì poca, i carcerieri; i giudici visitassero -frequente le prigioni, raccogliessero le lagnanze -dei detenuti, ed esattamente registrassero le loro imputazioni. -<span class="pagenum" id="Page_340">[340]</span> -Vietò anche il vendere, comprare ed ammaestrare -alcuna sonatrice, o invitarla a banchetti e -spettacoli, e il tenere musici di professione; contro la -quale specie di servi, continui erano in declamare i -santi Padri, come semenzajo di scostumatezza. -</p> - -<p> -Una legge d'Onorio vietava il traffico a persone di -qualità, non perchè disonorevole, ma perchè aveano -agevolezza di far torti agli inferiori: un'altra permetteva -a chi trovasse leoni sulle proprie terre, d'ucciderli, -non però di prenderli vivi per farne mercato; preferendo -ai piaceri imperiali il vantaggio de' popoli. Più -ricordevole è quella che impone, i prigionieri ogni domenica -sieno tratti fuori dai giudici, per sapere se -ebbero ogni necessità, e mandati al bagno; se poveri, -siano alimentati dal pubblico: e di questa legge raccomandava -l'adempimento a' vescovi, dai quali probabilmente -gli fu suggerita. Un'altra ordina ai medesimi di -prender cura non sieno maltrattati gli schiavi cristiani -tornanti alle case. -</p> - -<p> -I due Valentiniani aveano introdotto di liberare al -giorno di Pasqua i carcerati per delitti non gravi<a class="tag" id="tag250" href="#note250">[250]</a>. -Dipoi Valentiniano III proferiva che alla maestà regia -convenisse dichiarare «anche il principe esser tenuto -alle leggi, e che l'autorità di lui dipende dall'autorità -del diritto, più che l'imperare essendo cosa magnifica -il sommettere il principato alle leggi». In conseguenza -proibiva a tutti quel tanto che voleva non fosse lecito -neppure a lui stesso; e notificava che, salva la riverenza -dovuta alla maestà sua, non avrebbe sdegnato litigare -coi privati al medesimo fòro, ed esser giudicato colle -leggi medesime<a class="tag" id="tag251" href="#note251">[251]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_341">[341]</span> -</p> - -<p> -Alla rugginosa originalità romana, e ai sistemi non -più confacenti colle abitudini contemporanee, Giustiniano -più non doveva i riguardi cui Costantino si trovò -astretto; alla lettera che ammazza sostituiva lo spirito -che vivifica; dai giureconsulti classici estrasse quanto -gli parve di diritto cosmopolitico, e ripudiò quel che -fosse meramente romano, non esitando ad alterarne i -testi per emancipare le leggi da una tutela retrospettiva. -Cominciando dal nome di Cristo e dall'augusta Trinità, -professava che l'autorità deriva da Dio; riconosceva la -Chiesa coll'accettare la fede da questa consacrata; da -tal fede dedusse quanto ha d'originale la sua compilazione, -l'eguaglianza degli uomini, la giusta democrazia, -la rintegrazione della persona morale, sicchè non si -guardasse la Casta o la tribù o la famiglia, ma l'individuo. -Forte abbastanza per trarre le conseguenze dalle -premesse cristiane, si fece uom dell'avvenire, intento -sempre a trovare qualche miglioramento conforme alla -natura e al progresso<a class="tag" id="tag252" href="#note252">[252]</a> e incessantemente accostò -il diritto al tipo semplice e puro del cristianesimo: teologo -ancor più che giureconsulto. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_342">[342]</span> -</p> - -<p> -Insomma la giurisprudenza, unica scienza vera e -particolare del popolo romano, estese a tutta l'umanità -il diritto equo e buono, e aprì la società moderna col -rendere individuale e potente il diritto, formolandolo -in un capolavoro della logica. Vero è che l'ingegno non -produce moralità, e il difetto di quell'opera consistette -appunto nella prevalenza della logica; ma parte sempre -maggiore di spiritualità vi s'introdusse dacchè coi giuristi -cooperarono i teologi a redimere il mondo dalla -legale oppressione per vie differenti. Però il diritto avea -già fatto sforzi per separarsi dall'elemento teocratico e -aristocratico, ed assumere esistenza indipendente; lo -perchè al cristianesimo costò maggior fatica il dominarlo. -Ma da quell'ora trovansi a contatto, e spesso -a conflitto la ragion civile colla canonica; e l'effettuare -il principio eminentemente cristiano che tutta l'umanità -abbia diritto alla giustizia, alla simpatia, alla libertà, -sarà l'opera di tutto l'avvenire: opera lenta, tergiversata, -incompresa, fin maledetta, ma che si compie fra gli -errori degli uomini e sotto l'occhio della Provvidenza. -</p> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap54">CAPITOLO LIV. -<span class="smaller">Impero diviso. Onorio. Invasione di Alarico.</span></h2> -</div> - -<p> -Ripigliamo il corso de' fatti, accostandoci alla fine -dell'Impero. -</p> - -<p> -Morta che fu Giustina sua madre, Valentiniano II abbracciò -la fede cattolica, e sempre più amore e stima -acquistossi colla morigeratezza, l'applicazione agli affari, -le domestiche virtù, la cura della giustizia. Accusato -d'amar troppo i giuochi del circo e i combattimenti -<span class="pagenum" id="Page_343">[343]</span> -delle fiere, se gli interdisse; imputato d'intemperanza, -spesseggiò i digiuni; saputo che in Roma una commediante -allettava troppi giovani, la chiamò alla corte, e -rimandolla senza vederla tampoco, per dare esempio. -Grand'amore portava alle sorelle; eppure litigando esse -di certi possessi con un orfano, egli rimise al giudice -ordinario la querela, e le persuase a recedere dalla -pretensione. -</p> - -<p> -Arbogasto, Franco valoroso, de' benefizj di lui abusò -per sovvertire l'impero d'Occidente; a proprie creature -distribuì i posti importanti nelle milizie e nel governo -della Gallia, sicchè Valentiniano si trovò in Vienna come -prigioniero di questi occulti nemici. Citato Arbogasto, -lo ricevette sul trono intimandogli di deporre le cariche; -ma il Franco rispose: — L'autorità mia non dipende -dal sorriso o dal cipiglio d'un monarca»; e -gettò il foglio dove l'ordine era scritto. Valentiniano fu -a gran pena trattenuto da un atto di violenza; ma pochi -giorni dopo il trovarono strozzato nella sua tenda <span class="sidenote">(390)</span>, e -tutti indovinarono da chi. Arbogasto, non osando cingere -a se medesimo il diadema, lo conferì al retore -Eugenio, suo segretario privato e maestro degli uffizj, -reputato per sapere e prudenza. -</p> - -<p> -Commosso dall'indegna uccisione del collega e cognato, -Teodosio pascolò di parole Eugenio, intanto che -dai valorosi generali Stilicone e Timosio facea porre -in essere e in disciplina le legioni e i Barbari federati; -coi quali mosse contro il nostro Occidente. Arbogasto -si restrinse a difendere i confini dell'Italia; ma Teodosio, -occupata la Pannonia sino ai piedi delle alpi -Giulie, scese ad affrontarlo nelle pianure di Aquileja <span class="sidenote">(391)</span>, e -lo vinse. Arbogasto si diede la morte; Eugenio l'ebbe -dall'impazienza dei soldati a' piedi di Teodosio. Sant'Ambrogio, -che avea resistito inerme all'usurpatore, rifiutandone -i doni e ritirandosi da Milano per non avere -<span class="pagenum" id="Page_344">[344]</span> -con esso corrispondenza, allora recò a Teodosio l'omaggio -delle provincie occidentali, e ne impetrò amnistia. -</p> - -<p> -Teodosio raccoglieva così novamente il mondo romano -nelle proprie mani; e le sue virtù e la florida età -serenavano di speranze. Poco dopo la vittoria, egli divise -l'impero d'Oriente e quello d'Occidente fra i due -suoi figliuoli Arcadio ed Onorio, e questo secondo -chiamò a ricevere le insegne in Milano. Quivi splendidi -giuochi furono disposti, ai quali avendo Teodosio -assistito, la sua salute già logora n'ebbe tale scossa, che -la notte morì <span class="sidenote">(395 — 17 genn.)</span>. Ultimo imperatore che reggesse con -fermo polso le romane cose, e guidasse gli eserciti in -campo; lasciava negli amici e nei nemici alta stima di -sue virtù, e una grave apprensione per la preveduta -fragilità d'un regno spartito tra fanciulli. -</p> - -<p> -Arcadio da Costantinopoli governava l'impero d'Oriente; -Onorio da Milano reggeva Italia, Africa, Gallia, -Spagna, Bretagna, Norico, Pannonia, Dalmazia, l'Illirico -dimezzato. Ma Arcadio contava appena diciott'anni, -undici Onorio, nè l'un nè l'altro le qualità che si richiedono -anche in tempi quieti, non che le occorrenti in -tanta procella. Vero è che il padre li aveva provveduti -d'abilissimi tutori, mettendo Rufino guascone a fianco -di Arcadio, Stilicone vandalo di Onorio: ma le gelosie -di cotesti e de' loro successori approfondirono le divisioni, -non solo di Stato, ma d'interessi fra i due imperi. -</p> - -<p> -Stilicone, granmaestro della cavalleria e della fanteria, -aveva accompagnato in tutte le guerre Teodosio, -il quale lo spedì ambasciadore in Persia, poi gli sposò -sua nipote Serena, dalla quale ebbe Eucherio, Maria e -Termanzia. In ventitre anni che comandò gli eserciti, -non vendette gradi, non fraudò delle paghe i soldati, -nè elevò il proprio figlio o gl'immeritevoli: ma avido -di piaceri e ricchezze, l'ambizione sua non era soddisfatta -al vedersi dagli adulatori corteggiato più di Onorio -<span class="pagenum" id="Page_345">[345]</span> -stesso, e cantato perpetuamente dal miglior poeta d'allora, -Claudiano. Traverso alle costui piacenterie ed alle -calunnie della storia, queste e quelle stipendiate, è difficile -avverare altro, se non il valore di lui, e l'uso fattone -a pro d'un impero, che costituito militarmente, sol -dalla forza doveva trarre l'ultimo suo ristoro. -</p> - -<p> -Al morire di Teodosio, Stilicone aveva preteso alla -tutela d'amendue gl'imperatori; e se ne mostrò degno -col coraggio contro i Barbari. Dovendo, come il denaro -e le gioje, così le legioni dividersi fra i due imperatori, -propose guidarle egli stesso in Oriente, sì per tenere -in disciplina i soldati, sì per opporsi all'insurrezione -dei Goti: ma Rufino ingelosito gli fece da Arcadio intimare -non procedesse, se non voleva essere in conto di -ribelle. Stilicone non esitò a dar volta, ma affidò le -legioni e la sua vendetta al goto Gaina, che trucidò Rufino <span class="sidenote">(395 — 9bre)</span>. -Eutropio, succeduto a costui, prima copertamente -insidiò a Stilicone per togliergli ora il favore del suo -principe, ora la confidenza del popolo, ora anche la -vita; poi dal docile senato di Costantinopoli il fece decretare -pubblico nemico <span class="sidenote">(396)</span>, confiscatine i possessi in -Oriente; e quando il vide movere contro Costantinopoli, -sollecitò Gildone nobile mauritano a voltarsi da Onorio -ad Arcadio. -</p> - -<p> -Questo Gildone aveva in patrimonio mille ottocento -miglia di terreno sulle coste d'Africa, che anticamente -formavano cinque provincie romane; e fatto anche comandante -dell'armi imperiali d'Africa, vi regnò da -tiranno, con un'armata di settantamila uomini, Roma -riconoscendo soltanto col tributarle il grano, del quale -mantenevasi l'Italia. Le lamentanze degli oppressi giunsero -però all'imperatore; e Stilicone, fattolo chiarire -nemico della patria, spedì Mascezelo a domarlo <span class="sidenote">(398)</span>. Cinquemila -uomini bastarono contro quell'immenso apparato; -Gildone preso si uccise; i capi della sommossa -<span class="pagenum" id="Page_346">[346]</span> -furon dati da giudicare al senato, impaziente di punire -coloro che aveano minacciato il popolo in ciò che più -gli stava a cuore, il vitto. Dieci anni appresso non erano -ancora esaurite le procedure contro i complici dell'Africano. -</p> - -<p> -Leggete le odi di Orazio, ove dagli Dei è promesso -a Roma che starà immobile, e detterà patti ai trionfati -Medi; poi vedete il poemetto di Claudiano <i>Della guerra -gildonica</i>; qual melanconico contrasto! Quivi Roma, -misera in aspetto, recasi ai piedi di Giove «non coll'usato -volto, nè qual dettava leggi ai Britanni, o sottometteva -a' suoi fasci i tremendi Indiani; ma fievole di -voce, tarda il passo, depressa gli occhi, colle guancie -scarne, le braccia smagrite, a gran pena sul debole -omero sostenendo lo squallido scudo, rivelando la canizie -di sotto all'elmo lentato, e trascinando l'asta irrugginita. -Giunta finalmente al cielo, prostrossi alle ginocchia -del tonante, e ordì meste querele: — Se le mie -mura, o Giove, meritarono di nascere con durevoli -augurj, se inalterati stanno i carmi della Sibilla, nè -disprezzi ancora la rôcca Tarpea, io vengo a supplicarti, -non perchè il console trionfante calchi l'Arasse, o le -nostre scuri oppugnino la faretrata Susa, nè perchè -piantinsi l'aquile nostre sulle arene del mar Rosso: -questo un tempo mi concedevi; ora io Roma ti chiedo -il vitto, il vitto soltanto, ottimo padre; rimovi l'estrema -fame; già satollammo ogn'ira; già soffrimmo tanto, da -movere a compassione e Geti e Svevi; la Partia stessa -inorridisce ai casi miei». -</p> - -<p> -L'orgoglio di Stilicone passò ogni segno quando ebbe -sposata sua figlia Maria all'imperatore. Ma questi compiva -appena i quattordici anni; e dopo dieci altri la -sposa morì, illibata da un marito senza forza e senza -passioni, il quale in ventott'anni di regno non uscì -mai di fanciullo, lasciando imperare Stilicone, che -<span class="pagenum" id="Page_347">[347]</span> -forse ne fomentava l'inerzia e accarezzava l'imbecillità. -</p> - -<p> -Eppure, se in alcun tempo mai, allora veramente era -bisogno di principe attuoso e guerresco; perocchè, non -appena Teodosio chiuse gli occhi, i Goti pensarono -uscire dalla forzata tranquillità, e mettere a nuovi -guasti l'impero. Alarico, della principesca famiglia dei -Baiti, la più illustre fra' Goti dopo quella degli Amali, -era stato formidabile avversario di Teodosio, poi riconciliato -seco ed eletto maestro delle milizie. Morto questo, -e tenendosi scarsamente rimunerato, stava di mal cuore -nelle terre assegnategli; forse inizzato da Rufino, devastò -la Tracia, la Macedonia, la Tessaglia; per le mal -difese Termopile entrò nella Grecia, fin allora intatta -da scorrerie; e distrutti tempj e città, sospesi i riti di -Cerere Eleusina, dal mar Nero al golfo Adriatico gli -abitanti furono uccisi o spinti in ischiavitù. -</p> - -<p> -Accorto più che non s'aspetterebbe da Barbaro, Alarico -facea spargere un oracolo, che lo diceva fatato a -distrugger Roma e l'Impero. Ne lo lusingava la scissura -fra le due Corti, posto in mezzo alle quali, poteva profittare -degli errori d'entrambe. Ed error sommo commise -Arcadio cedendogli la provincia da lui devastata -e, ch'è peggio, i quattro grandi arsenali dell'Illiria. Ne -conobbe l'importanza Alarico, e per quattro anni li -fece lavorare non ad altro che a stromenti da guerra; -sicchè, a spese e fatica delle provincie, i Barbari poterono -al naturale coraggio unire questo sussidio, sovente -mancato. Ne cresceva Alarico di credito e d'aderenti, -i quali lo proclamarono re dei Visigoti <span class="sidenote">(382)</span>, e chiesero -li traesse di servitù e li menasse al trionfo. -</p> - -<p> -Piantavasi in tal modo una terza potenza fra le due -che divideano l'orbe romano; e il nuovo re ora all'Oriente -ora all'Occidente vendeva i suoi servigi, calcolando -con barbara sagacia contro di quale più gli convenisse -voltar le armi. Le provincie orientali sono state -<span class="pagenum" id="Page_348">[348]</span> -corse dalle orde in ogni senso: Costantinopoli è situata -in troppo mirabile robustezza; l'Asia non è accessibile -a chi non abbia flotte: ma l'Italia, oh! essa può dirsi -intatta ancora, essa opulenta, essa indifesa. -</p> - -<p> -Ed a quella bellezza, che formò sempre il vanto e il -pericolo del nostro paese, drizzò Alarico la voglia e i -passi; e valicate le alpi Giulie, consumò buon tempo -attorno alle oppostegli difese e massime ad Aquileja, -mentre tale sgomento diffondevasi per la penisola, che -i ricchi già imbarcavano ogni avere per la Sicilia e per -l'Africa. I residui Pagani all'aspetto di queste sventure -esclamavano, — Ecco segni della collera dei numi abbandonati»; -i Cristiani ripetevano, — Ecco la punizione -dei delitti con cui Roma salì tant'alto, e di quelli -pei quali ora declina»; e gli uni e gli altri cresceano -il danno reale con terrori superstiziosi. -</p> - -<p> -Ad Onorio, sonnecchiante nel palazzo di Milano, le -adulazioni non lasciavano pur sospettare che altri potesse -avventurarsi contro il successore di tanti cesari; -e baloccandosi nel dar beccare di propria mano a -una nidiata di polli, non aveva forse tampoco udito il -nome d'Alarico. Il nembo gli ruppe il sonno, non gl'infuse -il coraggio; e tentennando fra le paure, pensò ricovrarsi -in alcuna remota parte della Gallia. Ma Stilicone, -prevedendo qual terrore getterebbe la fuga del monarca, -vi si oppose; pigliò l'assunto d'accozzare un -esercito; e non v'avendo truppe in Italia, che pur era -capo d'un impero steso sulla Gallia, la Spagna, l'Inghilterra, -il Belgio, la costa d'Africa e mezza Germania, -mandò alle più lontane legioni che accorressero, -lasciando la mura Caledonia e le rive del Reno -sguernite, od affidate a soli Germani. Egli medesimo, -non essendo di quelli per cui il patriotismo è passione -accecante ed esclusiva, non badava se il soccorso -venisse da Barbari o no; e imbarcatosi sul lago di -<span class="pagenum" id="Page_349">[349]</span> -Como nel cuore della vernata, giunse nella Rezia, sedò -i tumulti, e arrolò quanti nemici di Roma vollero divenirne -i difensori. -</p> - -<p> -Onorio, assediato in Asti, già era a un punto di cedere, -quando, gli eserciti d'ogni parte sopravenendo, Stilicone -strinse in mezzo i Goti; côlto il tempo che celebravano -la pasqua, gli assalì a Pollenza nella Liguria <span class="sidenote">(403)</span>, -li ruppe, e delle spoglie loro arricchì i suoi soldati. Alarico, -dopo che invano adoprò il senno e il braccio a -reggere il campo, e vide prigioni sua moglie, le nuore, i -figliuoli, si ritirò con la cavalleria, e pensava rifarsi con -un colpo ardito varcando l'Appennino per isgominare -la Toscana ed assalir Roma. Ma i capi dei Goti, infedeli -a un re vinto, o ineducati alla prova dell'avversità, -minacciarono abbandonarlo; tanto ch'egli dovette porgere -ascolto alle proposizioni fattegli d'abbandonare -l'Italia, purchè gli fossero restituiti i parenti presi e -una pensione. Nella ritirata avea disegno di sorprendere -Verona; ma Stilicone, istruttone, lo colse e sconfisse -di modo, che gli fu grazia sottrarsi colla fuga. -Eppure quell'instancabile, rannodate le reliquie fra -i monti, mostrò ancora la fronte al nemico, che -stimò fortuna il lasciarlo uscir dall'Italia, troppo convinta -di non aver più barriere contro l'ingordigia -de' Barbari. -</p> - -<p> -Onorio solennizzò in Roma il trionfo <span class="sidenote">(404)</span>, cui non avea -contribuito. Questa, che in cent'anni vedeva appena per -la terza volta un imperatore, andò lieta dei doni che -fece alle chiese, della riverenza insolita che mostrò al -senato, e soprattutto dei giuochi ch'esso le preparò nel -circo: ma i sanguinosi spettacoli dei gladiatori erano -riprovati a gran voce dai sacerdoti cristiani; il poeta -Prudenzio in bei versi ne sconsigliava l'imperatore pupillo; -il pio Telemaco uscì a bella posta dal suo romitaggio, -e discese nell'arena egli stesso per impedirli: il -<span class="pagenum" id="Page_350">[350]</span> -popolo infuriato lo trucidò, ma col sangue del martire -fu scritto il trionfo dell'umanità. -</p> - -<p> -L'adulazione ergeva ad Onorio un arco, ove leggevasi -aver lui per sempre distrutta la nazione dei Goti: -ma la prudenza dava la mentita col riparare e munire -i castelli vicini a Roma e le mura di questa. Eppure -nè quivi nè in Milano sentendosi sicuro, l'imperatore -andò a rimpiattare la porpora in Ravenna, difesa dalla -flotta, dalle paludi e dalle fortezze. -</p> - -<p> -E ben era tempo di munirsi, perocchè tutto il Settentrione -agitavasi e traboccava le sue piene verso -l'Italia. Allettato dai trionfi e dalle prede altrui, Radagaiso -(Radegast), a capo d'un'accozzaglia, alcuno dice -di ducentomila Vandali, Svevi, Borgognoni, mosse dal -Baltico, e cresciuto per via da venturieri d'ogni nazione, -si presentò sul Danubio. Come difendere le lontane provincie -quando il pericolo stringeva l'Italia? Stilicone -dunque richiamò di là le guarnigioni, e con nuove -leve, e col promettere libertà e denaro agli schiavi che -s'arrolassero, appena mise in piedi trenta o quarantamila -guerrieri, cui aggiunse molti Barbari ausiliarj: -tanto era stata micidiale l'ultima guerra, tanto aborrito -il militare. -</p> - -<p> -Con uno dei tre corpi in cui erasi divisa quella moltitudine, -Radagaiso passò senza ostacolo la Pannonia, -le Alpi, il Po; evitando Stilicone accampato sul Ticino, -dagli Appennini scese improvviso a saccheggiare l'aperto -paese, distruggendo gli avanzi delle già floride città -d'Etruria <span class="sidenote">(405)</span>, assediò Firenze, e bucinavasi che il feroce -avesse giurato ridurre a un mucchio di rottami la regina -del mondo, e col sangue de' più illustri senatori -propiziare i numi suoi. I fedeli dell'antica religione nazionale, -sperando quest'idolatro ripristinerebbe gli Dei, -e sulla ruina della patria trionferebbe la loro fazione, -invece di eccitare il popolo ad armarsi di coraggio, e -<span class="pagenum" id="Page_351">[351]</span> -se non altro di disperazione, esclamavano: — Ecco, -tutto perisce al tempo de' Cristiani; come resistere ad -un guerriero che ogni giorno fa sagrifizj, mentre a noi -sono vietati?» I Cristiani incoravano l'assediata Firenze -con miracoli e rivelazioni; ed uno asserì che sant'Ambrogio -eragli apparso in sogno, assicurandolo che per -domani la patria sarebbe redenta<a class="tag" id="tag253" href="#note253">[253]</a>. In fatti dinanzi a -quella città l'esercito di Stilicone raggiunse il barbaro; -e coll'abilità medesima onde aveva due volte vinto Alarico -senz'avventurarsi all'incertezza d'una battaglia la -cui perdita sarebbe stata irreparabile, circonvallò il -nemico di robuste trincee, talchè di assediatore assediato -sulle aride balze di Fiesole, restò consunto dalla -fame. Radagaiso, costretto ad arrendersi, ebbe tronca -la testa; e i suoi furono venduti schiavi in tanto numero, -che se ne aveva una partita per una moneta d'oro; il -clima poi e il vitto cangiato li sterminò. Ad altre grosse -frotte aquartieratesi fra le Alpi Stilicone agevolò la -ritirata; andassero pure a manomettere le provincie, -tanto solo che rimanesse salva l'Italia. -</p> - -<p> -Alla quale ormai riducevasi l'immenso impero d'Occidente; -perocchè la Gallia era occupata da Franchi, -Burgundi, Alemanni; la Bretagna, sgombra di legioni; -effimeri imperatori s'ergeano a disputare il lacero manto -d'Augusto, fra cui basti nominare Costantino, che chiaritosi -imperator delle Gallie <span class="sidenote">(407)</span>, ottenne da Onorio il titolo -di collega. Poi sovrastava Alarico, dalla sventura non -abbattuto ma istruito; e non che i Barbari perdessero -confidenza nel valore e nella prudenza di esso, a lui -facevano capo quante bande scorrazzavano dal Reno -all'Eusino. Stilicone cercò dunque gratificarselo per -averlo fautore nel non mai deposto disegno di sottomettere -<span class="pagenum" id="Page_352">[352]</span> -l'Oriente: e Alarico, affacciatosi alle frontiere -d'Italia, esibì difenderla, purchè gli fossero accordate -alcune domande, e a' suoi una delle provincie occidentali -restate deserte. -</p> - -<p> -Nella crescente fiacchezza d'Onorio e del suo governo, -Stilicone s'era industriato di tornare qualche polso al -senato, e far che si recasse in mano gli affari pubblici; -ma non avea trovato che retori, istruiti nelle forme -dell'antica repubblica e nulla più, e vogliosi di pompeggiare -in parole sonanti, come al tempo che i loro padri -intimavano a Pirro, — Esci dall'Italia, e poi tratteremo». -Allora dunque che Stilicone propose le domande -del re goto, i senatori gridarono essere indegno -della romana maestà il comprare incerta e vergognosa -pace da un Barbaro: ma il generale, non badando a ciò -che ricordavano i libri, ma a ciò che esigeva la vigliaccheria -della corte di Ravenna, attutì l'intempestivo patriotismo -imponendo consentissero ad Alarico quattromila -libbre d'oro, perchè assicurasse i confini d'Italia. -Lampadio senatore esclamò, — Questa non è una pace, -ma patto di servitù»; e dalle conseguenze di tale franchezza -nol campò che l'asilo d'una chiesa<a class="tag" id="tag254" href="#note254">[254]</a>: ma incorati -da tale protesta, i senatori si ostinano sul niego, -mettendo un'opposizione affatto insolita al generale -onnipotente. -</p> - -<p> -Ad essi davano sostegno le legioni, indispettite dal -vedersi posposte a Barbari. Onorio medesimo era stato -insusurrato contro del suo tutore, come volesse tenerlo -perpetuo pupillo, se non anche mutarne la corona sul -capo del proprio figlio Eucherio; onde, diretto da -Olimpio, pretese esercitare in fatto il dominio che teneva -di puro nome, e fare mal arrivato il ministro. Si -presenta dunque al campo di Pavia, composto di truppe -<span class="pagenum" id="Page_353">[353]</span> -romane ostili al Barbaro, e ad un segnale fa trucidare -tutti gli amici di questo, altri illustri con essi, e saccheggiare -le case. I condottieri, la cui fortuna intrecciavasi -a quella di lui, ad una voce chiesero a Stilicone -li menasse a sterminare questi imbelli Romani. Se gli -ascoltava, l'esito avrebbe potuto giustificarlo; ma egli -o fiaccamente tentennò, o generosamente preferì la -propria alla pubblica ruina, sicchè i federati l'abbandonarono -dispettosi; un di loro assaltò la sua tenda, e -trucidò gli Unni che vi stavano di guardia; Stilicone, -rifuggito agli altari in Ravenna, ne fu tratto con -perfidia; e decretato a morte, la subì con dignità e -coraggio <span class="sidenote">(408)</span>. -</p> - -<p> -Al traditore, al parricida fu allora gridato d'ogni -parte da coloro stessi che dianzi incensavano il ministro -guerriero; e chi s'affrettava a rivelarne gli amici, chi -a nascondersi. Olimpio, orditor primo della trama -contro il suo benefattore, esagerava ad Onorio il pericolo -sfuggito, e l'inaspriva contro la memoria del salvatore -dell'impero; Eucherio, figlio di questo, svelto -alla chiesa, fu trucidato; Termanzia, succeduta alla sorella -Maria<a class="tag" id="tag255" href="#note255">[255]</a> nel freddo talamo di Onorio, fu repudiata -intatta; e la fermezza con cui gli amici di Stilicone -sostennero torture e morte, lasciò che i servigi di lui -rimanessero certi, incerta la colpa. Fu imputato d'intelligenza -coi Barbari, egli il solo che li seppe vincere -sempre in ventitre anni che diresse gli eserciti; d'avviare -al trono Eucherio, egli che il lasciò fino ai vent'anni -umile tribuno dei notari; di meditare il rialzamento -del paganesimo, egli che educò il figlio nella religione -cristiana, e che era esoso ai Gentili per avere arso i -Libri Sibillini<a class="tag" id="tag256" href="#note256">[256]</a> e perchè sua moglie avea tolto un -<span class="pagenum" id="Page_354">[354]</span> -monile a Vesta, quelli oracolo, questa salvaguardia di -Roma. -</p> - -<p> -Al rompere della diga, il torrente traripò; ed Onorio -stesso pareva compiacersi d'abbattere se alcun ostacolo -restava, congedando i più prodi perchè idolatri od -ariani, e sostituendo uffiziali vilipesi dai nemici, esosi -all'esercito. I Barbari, che servivano come ausiliarj, dal -vendicare Stilicone non si rattenevano se non per riguardo -alle famiglie e alle ricchezze che aveano depositate -nelle città forti d'Italia: or bene, Onorio ordinò -che que' preziosi ostaggi fossero tutti il medesimo giorno -scannati, e rapitine i beni. Tolto ogni freno all'ira e -alla disperazione, trentamila federati disertarono ad -Alarico, che esultò di veder la Corte operare così a suo -disegno; e la caduta di Stilicone riverito e paventato, -le paghe interrotte, l'istigazione degli offesi lo resero -ardito d'intimare all'impero soddisfazione o guerra. -Lasciossi poi mitigare: ma i Romani, interpretando la -moderazione per paura, nè accettarono i patti, nè s'allestirono -d'armi <span class="sidenote">(409)</span>; sicchè Alarico, rotta l'amistà e la fede, -si mosse, e dall'alto delle alpi Giulie mostrò a' suoi le -delizie del clima italiano, le superbe città, i soavi frutteti, -le spoglie di trecento trionfi accumulate in Roma, -e la facilità di rapirgliele. Aquileja, Altino, Concordia, -Cremona soccombono a quel forte; nuovi federati s'aggiungono -ogni dì alla sua bandiera, che sventola in -faccia a Ravenna; spaventata la quale, egli costeggia -l'Adriatico, poi, per la via Flaminia, di città in città -senza contrasto pianta le tende sotto l'antica signora -<span class="pagenum" id="Page_355">[355]</span> -del mondo. Un eremita tenta sedarne la furia, ed Alarico -risponde: — Non posso fermarmi; Iddio mi spinge -avanti». -</p> - -<p> -Più non era il tempo che, contro di Annibale e di -Pirro, il popolo romano si alzava quasi una persona -sola, e dall'infimo plebeo fin al consolare e al dittatore -tutti correvano a vittoria o morte. L'Impero avea perduto -le migliori sue provincie; le altre rimanevano sì -deserte, che doveasi ripopolarle con sciami di Barbari. -L'Italia specialmente, per le ragioni altrove discorse e -massime per le colonie militari, andavasi disabitando -fin dal tempo dei primi imperatori. -</p> - -<p> -Esauste da piaceri eccessivi od infami le sorgenti della -vita, i ricchi per voluttà, i poveri per necessità, aborrivano -dal matrimonio; sicchè Costantino grandi privilegi -attribuiva a chi pur un figliuolo avesse. Non volendo -svilirsi nel commercio e nell'industria, i ricchi investivano -i loro capitali in terreni, che vennero a ridursi -tutti nelle mani di giganteschi possessori, massime dopo -che Trajano pose per condizione dell'aspirare a dignità -l'avere almeno i tre quarti del patrimonio in Italia. Sparì -dunque la classe vitale de' minuti proprietarj, e alla -popolazione agricola sottentrarono gli schiavi: ma fin -questa infelice genìa minoravasi, e perchè gl'imperatori -non conducevano tutti i prigionieri in Italia dacchè essa -non era più riguardata come capo dell'impero, e perchè, -meglio delle robuste braccia da aratro e da marra, si -cercavano molti servi, che a centinaja seguissero per -via i padroni e le dame<a class="tag" id="tag257" href="#note257">[257]</a>. -</p> - -<p> -I piani d'Italia, dalla maschia loro feracità erano convertiti -in molli giardini e inutili parchi; il grano aspettavasi -<span class="pagenum" id="Page_356">[356]</span> -dall'Africa e dall'Egitto, sicchè qualvolta o le -flotte nemiche o i tiranni o le procelle intercettassero -il tragitto, Italia affamava. Diviso poi l'Impero, essa non -solo cessò di ricevere i tributi del mondo, ma ebbe -accomunate le tasse degli altri paesi, e divenne simile -a colui che, avvezzo a scialare in casa di grandi, si trovi -repente senz'appoggio, povero, inerte, male abituato. -</p> - -<p> -Più volte qui gittò la peste, fierissima sotto a Tito, -fin ad uccidere in Roma diecimila persone in un giorno; -poi riportata d'Oriente dall'esercito di Lucio Vero<a class="tag" id="tag258" href="#note258">[258]</a>; -di nuovo sotto Comodo, e spesso nel secolo seguente. -Tre guerre civili s'erano combattute alla gagliarda nell'Italia -settentrionale al tempo dei Trenta Tiranni, tre -sotto Massenzio, tre sotto i figli di Costantino, due alla -morte di Graziano e di Valentiniano II: e i Barbari, -facendosi beffa della barriera dell'Alpi, venivano a rapire -schiavi ed armenti, lasciando un incolto deserto. -</p> - -<p> -Procuravano gl'imperatori risanguarlo o colle colonie -militari, o trasferendovi gente; Aureliano distribuì prigionieri, -che nel paese fra l'Etruria e le alpi Marittime -piantassero vigne da far gratitudine alla romana -plebe<a class="tag" id="tag259" href="#note259">[259]</a>; il vecchio Valentiniano spedì sul Po gli Alemanni -presi al Reno<a class="tag" id="tag260" href="#note260">[260]</a>; Graziano, Taifali ed Ostrogoti -su quel di Modena, Reggio e Parma: ma fin questo -inadeguato ristoro mancò quando altrove che all'Italia -gl'imperatori mandarono i prigionieri di Germania e -di Persia, e quando, cessate le esenzioni, nulla allettava -i veterani forestieri a piantarsi in colonia di qua dalle -Alpi. Pertanto sant'Ambrogio scrive a Faustino: — Partendo -da Bologna, tu lasci alle spalle Claterna, essa -<span class="pagenum" id="Page_357">[357]</span> -Bologna, Modena, Reggio; hai a destra Brescello, di -fronte Piacenza, di cui non altro che il nome rimembra -l'antica celebrità; a sinistra mettono compassione gl'incolti -Appennini; e considerando le borgate un tempo -animatissime di popolo, ti si stringe il cuore nell'osservare -i cadaveri di tante città mezzo diroccate, e la morte -di tante contrade per sempre distrutte»<a class="tag" id="tag261" href="#note261">[261]</a>. -</p> - -<p> -La Gallia Cisalpina, più discosta dalla corruttela, -avea serbato lena più a lungo; ma quando si piantarono -altre corti in Ravenna e Milano, le auliche splendidezze -introdussero immoralità, le largizioni ozio, le -cariche brogli; e la gente, affollandosi a quelle per -vivere di donativi, svogliavasi dal lavoro dei campi, -dalla tediosa onestà delle famiglie, dalla schietta rozzezza -de' villaggi. -</p> - -<p> -Quanto al mezzodì dell'Italia, basti dire che nel 395 -una legge d'Onorio sgravò del tributo cinquecentoventottomila -e quarantadue jugeri di terreno inseminato -nel paese a cui l'ubertà guadagnò il nome di <i>Terra di -lavoro</i><a class="tag" id="tag262" href="#note262">[262]</a>. Per quei deserti erravano a baldanza orde -devastatrici. Già soleano molestar le vie ne' tempi antichi; -ripullularono durante le guerre civili, peggio -dappoi: un Balla, entrante il III secolo, con seicento -masnadieri infestava l'Italia inferiore, e due anni penò -Settimio Severo a sterminarlo<a class="tag" id="tag263" href="#note263">[263]</a>. Tanto poi crebbe -il male, che Valentiniano I venne nella determinazione -di disarmare l'Italia come le provincie, sicchè nessuno -portasse armi senza sua espressa licenza; nessuno, -eccetto le persone di qualità, comparisse a cavallo nel -Piceno, nella Flaminia, nell'Apulia, nella Calabria, -<span class="pagenum" id="Page_358">[358]</span> -ne' Bruzj, nella Lucania, nel Sannio, indi neppure nelle -circostanze di Roma<a class="tag" id="tag264" href="#note264">[264]</a>: provvedimento estremo, -che attesta la gravezza del male, e che toglieva alla -quieta popolazione il modo di schermirsi da coloro che -sfidavano la legge. E perchè di pastori principalmente -formavansi queste bande, Onorio decretò che, chi consegnasse -figli da allevare a pastori, s'avrebbe come -confesso d'intelligenza co' masnadieri<a class="tag" id="tag265" href="#note265">[265]</a>. Alla strada -e al bosco molti erano spinti dall'ingorda tirannide -degli esattori fiscali, che, sotto pretesto di vecchi debiti, -taglieggiavano il paese, e molestavano con estorsioni, -prigionie, supplizj. -</p> - -<p> -Potevano i cittadini amare una patria, che più non -recava nè grandezza nè dignità nè sicurezza nè giustizia? -Ristretta la pubblica vita nel gabinetto dell'imperatore, -ai sapienti, agli statisti più non rimane che -coltivare il diritto civile, ed esercitare la retorica e la -giurisperizia nei minuti interessi privati. Proscrizioni -dittatorie, guerra civile e supplizj imperiali tolsero di -mezzo la nobiltà antica: la nuova, che non ha tradizioni -a custodire, privilegi a tutelare, affollasi attorno al -principe onde esercitare una parte delle costui tirannidi, -e godere in fretta d'una preda che fra breve sarà rapita. -</p> - -<p> -Dispensati dal servizio militare per gelosia, esclusi -dai dibattimenti pubblici per costituzione, considerando -come turpe l'industria, popolo e ricchi poltriscono nell'inerzia, -ovvero esalano la turbolenta energia ne' parteggiamenti -del circo o nelle esorbitanze del lusso. -Ciascuno si fa parte da se medesimo, e con mercenaria -avidità specula sulle pubbliche sciagure per ottenere -gradi, piaceri, potenza, e, stromento dell'una e degli -altri, il denaro, procacciato con spergiuri, corruzione, -falsi testimonj, ladronecci. V'ha chi serba sentimento -<span class="pagenum" id="Page_359">[359]</span> -del nobile e del giusto? geme sulle sventure, e vedendole -irreparabili, abbandona la società ai ribaldi e -agli ambiziosi, e armato di disprezzo, o si ricinge di -virtù austere ma senza viscere, o si stordisce fra godimenti -sensuali, e con riti superstiziosi interroga un -destino che teme e che non può declinare. -</p> - -<p> -La classe media, più morale perchè operosa, era -perduta, l'Impero riducendosi a ricchi sfondolati e a -pezzenti, e tra loro l'abisso. Decurioni e senatori, a -forza di eredità e di usurpamenti, succedendo ad infinite -famiglie cadute serve o mendiche, aveano occupato -provincie intere, e facendosi centro ciascuno d'un piccolo -mondo, trascuravano tutto il resto. Se ad un -de' siffatti il Goto occupasse i campi della Tracia, -gliene sopravanzano immensi nella Spagna; se il Borgognone -gli ardesse il ricolto nella Gallia, continuavano -a fruttargli gli oliveti della Siria. Di qui l'imprevidenza -meravigliosa di gente esultante sopra il sepolcro; di -qui i prepotenti abusi, giacchè, qual magistrato poteva -intimare obbedienza al possessore d'intere provincie? -</p> - -<p> -In queste la nobiltà imperiale, cui spettavano le elevate -magistrature, somigliava a quella di Roma, e diffondeva -lontano la corruttela della metropoli; la nobiltà -paesana, investita degli onori municipali, foggiavasi su -quegli esempj. Fatti tutti cittadini romani, crebbe il -numero degli ozianti, cui il tesoro dovea nutrire, del -quale così aumentavano i bisogni quanto sminuivano -le entrate; e ben tosto le campagne e le città lasciaronsi -vuote per andar a godere e brogliare in Roma. Quivi -bisognava alimentarli; e perciò, invece del grano, -distribuivansi pane e carne e vesti già fatte e denaro, -tutto a spese del restante impero. -</p> - -<p> -Nelle grandi città s'annida una mescolata d'artigiani -e di liberti, viventi sullo scarso traffico lasciato a loro -dal monopolio imperiale, e col porgere alimenti al lusso -<span class="pagenum" id="Page_360">[360]</span> -e alle voluttà de' signori; del resto arrogante e vilipesa, -conculcata e sommovitrice, minacciosa e tremante. Nè -s'agita essa, come al tempo de' Coriolani, pei diritti -proprj o per gl'interessi della patria; ma per domandare -pane e giuochi, per sostenere prezzolata le cabale -d'eunuchi e favoriti, che in pochi anni trarricchiscono -vendendo le grazie del monarca. Ignorante e conculcata, -paurosa di perdere quel che non possiede, avida d'un -avvenire che nè conosce nè spera, esulta non della -propria libertà, ma dello strazio de' suoi antichi oppressori; -gode allorchè può crescere le sofferenze, e -chiedere sieno dati i Cristiani ai leoni, o gettati nel -Tevere i tiranni che jeri adorava. L'unica volta che i -Romani mostrarono qualche vigore, fu nel respingere -la legge Papia Poppea, che reprimeva il libertinaggio. -</p> - -<p> -Così non più affetto pei deboli, non più subordinazione -verso i potenti, non zelo per l'ordine sociale, non -dignità di carattere, non venerazione per la divinità; -una dotta corruttela, sfruttata d'immaginativa e fiacca -di ragione, che più non sa se non commentare le opere -antiche, rimenar dispute incancrenite, simile ai vecchi -che ridicono il passato quando perdettero il senso del -presente. Rimescolavano questa decrepita società le -dottrine teurgiche, tardo alimento a credenze illanguidite, -sicchè il meraviglioso e l'incredibile divenivano -ordine e realtà. -</p> - -<p> -E una tal Roma si vorrebbe che noi compiangessimo? -Ne' tempi nostri, se ci stomaca la corruttela de' ricchi -e de' saccenti, ci volgiamo alle classi operose. Queste -in Roma trovavansi sistemate a modo di maestranze -fin dall'antica costituzione; ma non che servire alla -tutela reciproca, offrirono destro all'avidità del fisco, -che esigeva da tutti insieme quel che dai singoli non -avrebbe ottenuto. E talmente erano gravate, che non -comprenderemmo come durassero, se non sapessimo -<span class="pagenum" id="Page_361">[361]</span> -che gl'imperatori poteano costringer uno ad entrarvi; -che entrati, non se n'usciva più, e se uno se n'allontanasse, -v'era ricondotto come disertore. -</p> - -<p> -I campagnuoli, tanta oggi e sì vital parte, erano o -coloni liberi o schiavi, distinti piuttosto di nome che di -fatto, e poco superiori alle bestie che ne ajutavano le -fatiche. Non che ispirare a costoro sentimenti di patria, -o educarne il coraggio, erano tenuti inermi e ignoranti, -che mai non potessero rivoltare contro dei tiranni le -braccia od il pensiero: i lontani padroni gli affidavano -a qualche schiavo o liberto favorito, che esercitava la -superbia dispotica e crudele del servo che comanda. -Al colono non restava modo legale di recare i lamenti -al padrone o contro di esso; aggravato di canone -sempre crescente, s'indebitava; quando l'oppressione -giungesse al colmo, fuggiva, abbandonando casa, campi, -famiglia per mettersi a servizio d'un altro, col quale -ricominciare l'inevitabile vicenda, se pure il primitivo -signore nol ridomandasse colle sommarie processure -statuite dalla legge. -</p> - -<p> -Se v'è cosa che compensi la libertà, a migliore -partito si trovavano i coltivatori schiavi, cui almeno -il padrone pasceva per conservare queste macchine -animate. Però le fatiche e la durezza de' sovrantendenti -li consumavano, e più non essendone empito -il vuoto dalle cessate vittorie, bisognava comprarli dai -Barbari vincitori, o fra quelli che per castigo erano -privati della libertà. Insofferenti dell'oppressione in cui -non erano nati, costoro erano tenuti quieti soltanto dalla -sferza e dalle catene; al primo bel destro fuggivano a -vivere vagabondi; o intendendosi fra loro, trucidavano -i padroni, e gittatisi alla foresta, viveano in armi. Non -potendo dai Romani aspettare che castigo, blandivano -i Barbari, ne imparavano la favella, ne divenivano anche -guide, esultando agli strazj del popolo, da' cui ceppi si -<span class="pagenum" id="Page_362">[362]</span> -erano riscossi<a class="tag" id="tag266" href="#note266">[266]</a>; ovvero dai loro covili piombando -sui coloni rimasti, ne esacerbavano le miserie. Il proprietario -assalito o minacciato, se fosse qualche opulento -senatore, poteva invocare la pubblica forza: il -minuto possidente trovavasi esposto irreparabilmente -all'attacco, vietandogli le leggi l'uso delle armi. Che gli -rimaneva dunque? vendere il camperello al dovizioso -vicino, o lasciarlo sodo, se pure il fisco non glielo -staggisse in pagamento de' gravosi contributi; e sottrattosi -all'infelicità del possedere, rifuggire a Roma. -</p> - -<p> -Chi s'accostava a questa città, vedeva per tutto magnificenza, -codardia e morte; campagne trascurate e -parchi voluttuosi; solitudine e stormi di schiavi; poi -ville splendidissime, e vie eterne fiancheggiate di monumenti, -le quali fin dal Clyde e dall'Eufrate mettevano -capo al Foro, pieno di storia più che non interi regni. -Alle trentasette porte schiuse nella cerchia di Roma, -che girava quindici miglia (t. III, p. 424), rispondevano -altrettanti suburbj, simili a città, e che prolungavansi -fino al mare, ai Sabini e per entro al Lazio antico e -all'Etruria. Là entro stivavasi una popolazione affluente -da tutto il mondo, ridotta a un terzo dalle recenti sciagure, -e dopo che con Roma, oltre Costantinopoli, -gareggiavano Cartagine, Treveri, la florida Milano e la -paludosa Ravenna. Là trovavi distinti Cappadoci, Sciti, -Ebrei; là quella mescolata d'ogni razza e credenza, -senza condizione nè patria nè nome, che è la zavorra -di tutte le metropoli. La plebe più non guadagna a -vendere il voto o a testimoniare il falso; non v'è più -un Clodio, un Catilina che l'assoldi per tumultuare; -non più re stranieri che ne comprino il favore, nè la -<span class="pagenum" id="Page_363">[363]</span> -chiamino erede di intere provincie; la pompa de' trionfanti -non rinnova ogni anno le largizioni, nè agl'imperatori -più cale d'averla amica e plaudente. Il mutarsi -a Costantinopoli o a Milano di tante famiglie senatorie -e della Corte, lasciò senza pane migliaja di persone -avvezze a vivere su quelle: giace dunque la moltitudine -scoraggiata, come il pitocco che sciupò nell'inerzia la -gioventù; Teodosio e Graziano sono costretti a reprimere -l'oziosa mendicità che ingombra le vie; e dell'antica -boria non si conservano che i vizj, cresciuti -coll'affluirvi d'ogni genìa. Sotto Teodosio si erano piantati -lupanari presso certi molini, e gli uomini che v'entrassero -cadevano in trabocchetti, ed erano forzati a -girar le màcine, senza che più nulla se n'intendesse di -fuori<a class="tag" id="tag267" href="#note267">[267]</a>. Nel mezzo di Roma! e il delitto sarebbe -rimasto occulto, se un soldato non riusciva per gran -ventura a camparne. -</p> - -<p> -Pure il popolo, antico padrone del mondo, non avea -perduto il diritto d'essere pasciuto gratuitamente; e -ogni giorno a tenuissimo prezzo distribuivasi pane a -ciascun cittadino, in ducencinquantaquattro forni e -ducensessantotto magazzini assegnati ne' varj quartieri: -vi si univa per cinque mesi il lardo, somministrato dai -majali della Lucania, e che al tempo di Valentiniano III -saliva a tre milioni secentoventottomila libbre; tre -milioni di libbre d'olio, tributo africano, distribuivansi -per accendere i lumi e per ungersi nei bagni; e le -vendemmie della Campania procacciavano vino a basso -mercato. Ogni sollevazione dell'Africa o della Sicilia, -da cui bisognava trarre il grano, recava dunque spavento; -e dopo che l'Egitto ebbe ad approvvigionare -Costantinopoli, si dovettero empire i granaj di Roma -con frumenti del Rodano, dell'Arari e dell'Iberia<a class="tag" id="tag268" href="#note268">[268]</a>. -<span class="pagenum" id="Page_364">[364]</span> -Somme ingenti uscivano pure d'Italia per provvedere -tante lautezze di vestire e di mangiare, e marmi e travi -per le fabbriche, e belve per gli spettacoli; poi anche -per assoldare i Barbari, o pagar ad essi un indecoroso -tributo. La minutaglia, nudrita non per onore, ma -perchè non tumultui, senza letto nè tetto, nè scarpe in -piedi o cenci in dosso, s'affolla nei teatri e pei circhi, -tronfia di nomi pomposi, lavasi in terme degne di re, -e beve, e giuoca; ode una sconfitta? ulula gemiti -disperati, che domani più non ricorda; ode una vittoria? -esclama, — Viva l'imperatore; avremo pane e -giuochi». -</p> - -<p> -Perocchè al pane e ai giuochi riduceansi tutte le sue -aspirazioni, e al delirio giungeva l'amore degli spettacoli. -«Odono (dice Ammiano Marcellino) che da alcun -luogo giungano cocchieri o cavalli? s'affollano attorno -al narratore, come gli avi loro affisavano attoniti i -figliuoli di Leda, nunzj della vittoria. La plebe logora -la vita al giuoco, nel vino, pei chiassi e negli spettacoli; -centro di loro speranza, loro tempio, loro abitazione, -lor parlamento è il circo Massimo. Pei fôri, sui trivj, -nelle piazze s'accalca; e chi più gode autorità, va per -le strade gridando che crolla il pubblico stato se, nel -prossimo conflitto, il tale auriga suo protetto non -ottiene la palma. Il giorno poi de' ludi equestri, prima -che il sole mostri dal cielo la splendida faccia, v'accorrono, -superando in velocità i cocchi disposti per entrare -in lizza; e molti fin la notte vegliano, temendo -non soccomba la fazione lor favorita»<a class="tag" id="tag269" href="#note269">[269]</a>. Sant'Agostino -ed Orosio raccontano che i Romani, fuggiti da -Alarico a Cartagine, vi duravano nei teatri quant'era -lunga la giornata; nulla credevasi perduto se il circo -si ricuperasse; la spada gotica non avea nociuto a Roma -<span class="pagenum" id="Page_365">[365]</span> -se i cittadini potevano rigodere i giuochi circensi<a class="tag" id="tag270" href="#note270">[270]</a>: -donde la felice frase di Salviano, — Il popolo muore -e ride»<a class="tag" id="tag271" href="#note271">[271]</a>. Tremila ballerini e altrettanti musici -sollazzavano Roma; essi soli vennero eccettuati quando, -in una gran penuria, si sbandirono tutti i forestieri, -sino i professori d'ogni arte liberale<a class="tag" id="tag272" href="#note272">[272]</a>. -</p> - -<p> -Gli eccessi del lusso accostavansi a quelli della miseria -e della corruzione. I patrizj non sapevano che vantare -una serie di avi, alle cui austere virtù potevano contrapporre -soltanto un fasto, cresciuto a misura che -diminuiva la civile importanza. Il nome di senato non -indicava tampoco il primo corpo della metropoli d'un -impero; ma opulentissimi senatori occupavano palagi -da poter dirsi quartieri, anzi città, comprendendo piazze, -tempj, ippodromi, boschi<a class="tag" id="tag273" href="#note273">[273]</a>. E provincie poteansi -dire le loro possessioni, da cui alcuno traeva quattromila -libbre d'oro l'anno, e un terzo di questo valore in -generi; la rendita cioè di quattro milioni e mezzo. Chi -non avesse che mille o mille cinquecento libbre d'oro -sarebbesi appena reputato degno di sedere in quell'ordine, -nè sufficiente a sostenerne i pesi e lo sfarzo. Macrino, -quando fu eletto imperatore, potea colle proprie -rendite bastare alle spese dello Stato: san Girolamo ad -Eliodoro nobile cittadino d'Aquileja, poi divenuto vescovo -di Altino, rinfaccia i vasti portici, gl'ingenti spazj -<span class="pagenum" id="Page_366">[366]</span> -occupati da case, le villeggiature deliziose<a class="tag" id="tag274" href="#note274">[274]</a>: Paola, -la devota amica di esso santo, contava tra' suoi poderi -la città di Nicopoli. -</p> - -<p> -Di tali ricchezze facevano sciupìo in una vanità senza -gusto: empiere la casa d'argenterie; moltiplicare le -proprie effigie di bronzo o di marmo rivestito di foglia -d'oro; sopraccaricare d'ornamenti i cocchi, di seta e -porpora l'abito, che ad arte sciorinato, scopriva tuniche -suntuose, ricamate a figure d'animali o a piante; e -farsi precorrere da cuochi affumicati, seguire da una -cinquantina di schiavi e di buffoni, poi parasiti ed -eunuchi d'ogni età, pallidi e lividi. Il figliuolo d'Alipio, -nelle solennità obbligate dell'anno di sua pretura, logorò -un milione e duecentomila nummi d'oro, o vogliam -dire zecchini, in sei o sette giorni: il figlio di Simmaco, -senatore di mediocre fortuna, ne spese due milioni: -quattro milioni il figlio di Massimo. Quegli Anicj e -Petronj ed Olibrj, il cui patriotismo consisteva tutto -nell'ostentare alberi genealogici, non che rifuggire dall'armi, -nè tampoco comportavano fossero arrolati i loro -servi; e quando l'imperatore Onorio volle con questi -empire l'esercito, assordarono la curia di lamenti, ed -esibirono piuttosto una somma d'oro<a class="tag" id="tag275" href="#note275">[275]</a>: tanto alla -comune sicurezza preferivano l'avere magnifica famiglia. -</p> - -<p> -Sotterfuggere ogni pubblica cura o domestica fatica, -l'intera giornata oziare a garruli crocchi e a bagni, -uscire talvolta con apparato immenso a vedere i servi -cacciar le fiere, o pel lago Lucrino navigare alle magnifiche -lor ville con una salmeria di fanti, eunuchi, -staffieri, tal era la loro vita. Vai per loro? alla soglia -incontri le are della dea Tutela, il cui nome dia buon -auspizio all'entrare<a class="tag" id="tag276" href="#note276">[276]</a>. Il damigello non t'annunzia -<span class="pagenum" id="Page_367">[367]</span> -al padrone, se prima non si lavò da capo a piedi. Tarda -uno schiavo a recare il tepido lavacro? trecento sferzate. -La mano o il ginocchio soltanto concedono ai baci -de' clienti, i quali vengono ancora ad offerire omaggio, -o ricevere promesse e sportule: nè si lusinghi entrar -loro in grazia chi non è destro nell'adulare, nel suono, -nel canto, nell'avventurar patrimonj sopra un dado, -nello spacciare auspizj e indovinamenti<a class="tag" id="tag277" href="#note277">[277]</a>, senza i -quali non s'intraprende opera alcuna. Dimenticati i libri, -se non qualche scurrile; le biblioteche chiuse come -sepolcri; in quella vece cercano organi idraulici, lire -grandi quanto un carro, flauti ed altri enormi stromenti, -de' quali e di voci canore solo risuonano i palazzi. -</p> - -<p> -Che se alcun sintomo di vita appariva ancora fra -quella turba viziosa, pusillanime, arrogante, era nella -nimicizia fra Cristiani e Gentili, che, invece d'accordarsi -a salute della patria, quelli attribuivano tutti i mali -all'indulgenza dei Cesari verso le reliquie dell'idolatria, -questi faceano voti per la fortuna dei Barbari, da cui -speravano rialzati gli abbattuti delubri. -</p> - -<p> -E i Barbari venivano addosso a questa città, che non -avea più veduto eserciti stranieri da quando, seicentoventiquattr'anni -prima, Annibale sciorinò in faccia a -porta Collina il cavallo di Cartagine. Colla baldanza -consueta ne' decaduti, ripetevasi sorridendo, — Impossibile -che un Barbaro assedii questa città gigante, al -modo che Porsena l'assediò nascente!» ma ecco -<span class="pagenum" id="Page_368">[368]</span> -Alarico la circonda <span class="sidenote">(409)</span>, e ne interdice ogni comunicazione -colla campagna e col Tevere: Allora i Romani si gettarono -alla disperazione, solita conseguenza; e poichè il -vulgo nelle grandi sventure vuol sempre alcuno su cui -versare la colpa, cominciò la solita canzone de' tradimenti: — Fu -Stilicone che chiamò Alarico; Serena, -vedova di lui, tiene intelligenza con questo per vendicarlo»; -e tanto schiamazzò, che spinse il senato ad uno -di quegli atti di condiscendenza che attestano una debolezza -colpevole; cioè condannarla a morte. Fieri e -d'accordo al delitto, divisi e pusillanimi alla difesa. -</p> - -<p> -La fame ingagliardiva alla giornata, nè la pietà dei -monaci e di Leta, vedova dell'imperatore Graziano, -bastavano a gran pezza al bisogno; onde la gente dai -cibi schifi passò ai nefandi, e moriva per le vie, dove -il lezzo dei cadaveri generava malattie. Ai mali opponevansi -le superstizioni, ed auguri etruschi vennero -asserendo di avere, con riti loro, salvato Narni, traendo -il fulmine sopra i nemici, ed esibirono fare altrettanto -a Roma: Pompejano, prefetto della città, interrogò i -libri pontificali sopra ciò che convenisse fare; ma alle -Sibille, che alla culla di Roma ne aveano vaticinato -l'eternità, non restava più voce se non per annunziarne -la morte quand'era già all'agonia. Gli aruspici allora -protestarono, — Il Cielo non può placarsi altrimenti -che con pubblici sacrificj, e col salire il senato in Campidoglio»; -ma verun senatore osò assistere alla cerimonia, -e i Toscani furono congedati. Falliti anche i -soccorsi che si speravano mandati da Ravenna, più -non restava che implorare la clemenza del re goto. -</p> - -<p> -Il senatore Basilio e Giovanni tribuno dei notari -furono spediti ad invocarla; ed avendo essi detto ad -Alarico, — Non vedi quanta gente sia ancora in Roma?» -egli rispose: — Meglio si sega il fieno dov'è più folto», -e ordinò gli consegnassero quant'oro e argento rimaneva -<span class="pagenum" id="Page_369">[369]</span> -in città, pubblico o di privati, ogni suppellettile -di prezzo, e tutti gli schiavi barbari. — Ma che dunque -ci lasci?» chiesero i deputati; ed Alarico: — La vita». -Pure assentì una tregua, nella quale piegatosi a qualche -umanità, limitò la contribuzione a cinquemila libbre -d'oro, trentamila d'argento, trentamila di pepe, quattromila -vesti di seta, tremila pezze di scarlatto fine, e -si rendessero in libertà tutti gli schiavi barbari. Benchè -fossero messi a contribuzione tutti i cittadini, non riuscivasi -a pareggiare quella somma, onde si mise mano -agli ornamenti dei tempj, e si fusero molte statue, fra -cui quella del Valore, guajendone gli idolatri come -segno che fosse perita la romana virtù. -</p> - -<p> -Così soddisfatto, Alarico lentò l'assedio; e disserrate -le porte, tre giorni si fece mercato di viveri ne' sobborghi, -empiendo i granaj pubblici e privati pel caso -di nuovi disastri. Alarico tenne in rigorosa disciplina il -suo esercito, sicchè non insultasse ai vinti; poi diede -volta verso Toscana, dove pensava svernare. Accorsero -alla sua bandiera quarantamila Barbari schiavi, anelanti -alla vendetta contro gli aspri signori, intanto che -il suo cognato Ataulfo gli menava un rinforzo di Goti -e di Unni, sicchè a capo di centomila uomini sgomentava -l'Italia. Ma perchè ripeteva di voler pace, furono -spediti tre senatori espressi da Roma alla corte di Ravenna -a sollecitare il cambio degli ostaggi e un trattato, -per cui fondamento Alarico poneva d'essere eletto -generale degli eserciti d'Occidente con annua provvigione -di denaro e di grano, e il possesso della Dalmazia, -del Norico, della Venezia, che lo facevano arbitro del -Danubio e dell'Italia. Olimpio, ministro d'Onorio, negò -darvi orecchio; anzi dietro ai messi spedì a Roma un -corpo di seimila Dalmati: dal cui minaccioso aspetto -irritati, i Barbari li tolsero in mezzo e trucidarono. -Poco dopo, Olimpio perde la grazia dell'imperatore, e -<span class="pagenum" id="Page_370">[370]</span> -dovette andarsene esule; ricuperò poi l'autorità, la -riperdette, e mozzegli le orecchie, finì la vita sotto le -verghe. -</p> - -<p> -Onorio, non potendo far senza d'un padrone, assunse -a quel grado Giovio, prefetto del pretorio: agli eretici -e a' Pagani furono riaperti i comandi e le magistrature: -Gennerido, barbaro di nazione, idolatro di fede, rimesso -generale della Dalmazia, della Pannonia, del Norico e -della Rezia, disciplinò le truppe, le incoraggiò, ricompensando -talvolta del suo per supplire alla grettezza -della Corte; e trasse a sè diecimila ausiliarj Unni, abbondevolmente -provvisti di viveri e d'armenti, talchè -assicurò la frontiera illirica. La Corte, non che secondare -questi sforzi, armeggiava solo in intrighi disonorevoli -e rischiosi. Istigate dal prefetto Giovio, le guardie -a tumulto chiesero la testa di due generali e dei due -primi eunuchi; quelli furono decollati, questi ricoverarono -a Milano. Il brigante eunuco Eusebio e il crudele -Allobico rimescolarono la reggia, finchè avversatisi per -reciproca gelosia, il primo fu a bastonate ucciso sotto -gli occhi dell'imperatore; l'altro s'accordò con Costantino -imperator delle Gallie onde abbattere Onorio, e -sotto veste di guerreggiare i Goti, il fece calare sino -al Po. Ma la trama fu scoperta, e Onorio, non osando -(così sentivasi da poco) punire giuridicamente Allobico, -dispose una cavalcata, e in mezzo a quella pompa lo -fece assassinare; indi scavalcato egli stesso, a ginocchi -ringraziò Dio d'averlo libero da un traditore. -</p> - -<p> -Alarico avea, per mezzo di papa Innocenzo I, spedite -nuove proposte di pace, e Giovio cominciava a praticarla, -quando Onorio, incaparbito dalle istigazioni -de' cortigiani, gli mandò disponesse del tesoro, ma non -prostituisse ad un Barbaro le onoranze militari di Roma. -La lettera, mostrata ad Alarico, lo irritò, ed inveendo -contro l'imbecille imperatore, ruppe ogni accordo: -<span class="pagenum" id="Page_371">[371]</span> -d'altra parte la Corte obbligò i primarj uffiziali a giurare -sul sacro capo del loro monarca, che in nessun -tempo, a nessun patto farebbero accordi col nemico -dell'Impero, anzi menerebbero implacabile guerra. -Tanta baldanza infondevano le paludi di Ravenna; tanta -ne sogliono ostentare coloro che o son lontani dal danno, -o vogliono mascherar la paura. -</p> - -<p> -Ma il dissimulare il pericolo non lo rimuove, e già -tutto l'Impero andava a balìa de' Barbari, e Roma vide -di nuovo calare alla sua volta l'irresistibile Alarico. -Costui, moderato ancora nell'ira e nella prosperità, non -si stancò di spedire vescovi all'imperatore acciocchè -campasse la città e l'Italia dall'ultimo sterminio: ma -vistesi ripudiare tutte le condizioni, occupò il porto -d'Ostia, e intimò a Roma di arrendersi a discrezione, -o distruggerebbe d'un colpo i magazzini da cui ne -dipendeva la sussistenza. Alle grida del popolo cedette -il senato, e per ordine d'Alarico accettò imperatore -Flavio Attalo, prefetto della città. Costui dichiara generale -degli eserciti d'Occidente il suo creatore, assume -Ataulfo per conte de' domestici, cioè della guardia del -corpo; distribuite le cariche civili e militari tra suoi -fidati, convoca il senato, e dichiara voler rintegrare -la maestà romana, e stendere l'impero sull'Egitto e sull'Oriente -usurpatigli. Stolidi millanti in chi era ludibrio -de' Barbari: tuttavia furono mandate truppe a racconciare -il freno all'Africa; Milano e il resto d'Italia acclamarono -a pien popolo il nuovo augusto, che cercossi -favore col sostenere i Pagani, e ripermetterne le assemblee; -e fra le armi gotiche accampato presso Ravenna, -ricusò la proposta d'Onorio di dividere le provincie -occidentali, dicendo: — Se egli depone all'istante la -porpora, gli concederò pacifico esiglio in qualche isola -remota». -</p> - -<p> -Anche Giovio ministro e Valente generale di Onorio -<span class="pagenum" id="Page_372">[372]</span> -si unirono ad Attalo <span class="sidenote">(410)</span>; di che tale sgomento concepì il -figlio di Teodosio, che in ogni amico, in ogni servo -paventava un traditore, e teneva legni sull'ancora per -tragittarsi nelle terre del nipote. Ma quattromila veterani -speditigli dall'Oriente tolsero a difendere Ravenna; -le scarse truppe da Attalo spedite in Africa furono -messe a pezzi dal conte Eracliano, che coll'impedire -l'asportazione del grano affamò Roma, sicchè ne sollevò -la plebe: poi Alarico prese in sospetto il proprio creato -perchè talora mostrava condiscendere al senato più che -ai Goti; e toltegli le insegne imperiali, le spedì qual -pegno di pace ad Onorio. -</p> - -<p> -Ma dalla pace sconsigliavano l'imperatore i baldanzosi -ministri e qualche fortunata sortita; laonde Alarico -comparve sotto le mura di Roma <span class="sidenote">(24 agosto)</span>, anelando alle spoglie -ed alla vendetta; e dopo lungo assedio, per tradimento -di schiavi v'entrò, passando sotto gli archi che, sette -anni prima, erano stati eretti a celebrare il totale sterminio -di sua nazione; e la città degli augusti, dopo -avere per mille censessantatre anni predato il mondo, -rimase preda al furore lungamente represso. Alarico -ordinò si risparmiasse il sangue, e non si violassero le -chiese degli apostoli Pietro e Paolo, sicchè la religione -diventava unica salvaguardia a coloro che l'aveano -perseguitata. Un Goto, entrato nell'abitazione d'una -vergine matura, le chiese l'oro; ed essa il condusse ad -un armadio, gli mostrò una ricchezza di vasi preziosi, -e — Io non riterrò ciò che non posso difendere; ma -vi voglio avvisato, che queste suppellettili sono sacre a -san Pietro, e se le toccate, il sacrilegio resterà sulla -vostra coscienza». Il Barbaro non ardì porvi la mano, -e ne comunicò avviso ad Alarico, il quale ingiunse si -tornassero intatte alla chiesa del maggiore apostolo. -Spettacolo singolare, una processione di fieri Goti, -mossa in ordine dal Quirinale, tra una schiera d'armati, -<span class="pagenum" id="Page_373">[373]</span> -alternando grida guerresche con devote salmodie, portò -quei vasi al Vaticano; Cristo trionfava dove fallivano -le armi terrene; e tante vite salvate negli asili della -religione attestarono la civile potenza di questa, e il -sorgere di tempj nuovi dallo sfasciume degli antichi. -</p> - -<p> -Fuori di là, il furore barbarico esercitò le licenze -solite in città presa d'assalto; e dei tanti rimastivi fin -allora schiavi, il lungo rancore si satollò nel sangue. Il -sacco si stese dagli insigni capi d'arte fino agli addobbi -privati; ori, gemme, tavole d'avorio, tripodi d'argento -andarono confusi coi tappeti e colle vesti seriche sul -lungo traino di carri che seguiva l'esercito goto; egregie -statue furono gittate; stupendi vasi barbaramente divisi -dall'ascia ignorante; con acerbe torture scoperti i tesori; -alcuni palagi caddero preda delle fiamme; molti uomini -uccisi, assai più ridotti servi, se non li riscattasse o la -pietà congiunta o la religiosa carità; alquante vergini -e matrone scamparono vergogna con volontaria -morte<a class="tag" id="tag278" href="#note278">[278]</a>; una bella dama assalita da un giovane -Goto, resistette finch'egli, tocco da quella virtù, la condusse -incolume al marito<a class="tag" id="tag279" href="#note279">[279]</a>. -</p> - -<p> -Il sesto giorno i Goti lasciarono la città, e rigurgitanti -di prede scesero per la via Appia all'Italia meridionale, -spogliando e vincendo un paese che offriva -quanto può allettare un conquistatore, nulla di quanto -può frenarlo. Il campo de' Goti era pieno di cittadini e -matrone d'illustri case, che ora schiavi e ludibrio della -fortuna, mesceano il vino dei non più loro campi ai -rozzi Settentrionali, i quali, assisi fra i platani e gli -eterni laureti delle ville di Cicerone e di Lucullo, godevano -le delizie del cielo italiano, e da quelle balzavano -ad altre battaglie, a stragi nuove. Molti Italiani rifuggivano -in terre più remote, alcuni nelle isole o in Africa, -<span class="pagenum" id="Page_374">[374]</span> -alcuni in Egitto, a Costantinopoli, a Betlemme, soccorrendo -ai miserabili chi avea potuto sottrarre gli averi -alla devastazione. Le ricchezze delle chiese si conversero -in nutrire poveri e riscattar prigioni; Proba, altra -amica di Girolamo, perdute nel sacco della città le sfondolate -sue dovizie, approdò in Africa, e il frutto degli -ampj possedimenti che vi tenea distribuì ai fuggiaschi. -</p> - -<p> -Alarico, giunto allo Stretto, gettò gli occhi sulla -Sicilia, che meditava occupare per farsene scala all'Africa: -ma una procella che disperse il primo imbarco, -svogliò i Goti da un elemento per essi inusato; poi ne -li distolse affatto la morte di Alarico <span class="sidenote">(412)</span>. Per dare sepoltura -all'eroe fu deviato il Busentino che lambisce le -mura di Cosenza; scavata nel letto una fossa, e depostovelo -con opulente spoglie, si diede novamente il corso -alla fiumana, uccisi gli schiavi che eransi in quell'opera -travagliati, perchè nessuno sapesse il luogo dove riposava -il terrore di Roma, nè il suo riposo fosse turbato -da postume vendette<a class="tag" id="tag280" href="#note280">[280]</a>. -</p> - -<p> -Allora i Goti raccolsero i voti sopra Ataulfo, cognato -dell'estinto. Secondando Alarico, avea costui meditato -di rinnovare faccia al mondo, e colle macerie del romano -ergere un impero gotico: ma dall'esperienza -chiarito che la forza demolisce non edifica, che a comporre -uno Stato voglionsi leggi e ordinamenti di cui -non erano capaci i nazionali suoi, si propose di meritar -gratitudine col rifondere lena all'Impero cadente<a class="tag" id="tag281" href="#note281">[281]</a>. -Sospesi dunque i colpi, offrì pace ed amicizia alla Corte -imperiale: e questa, nulla ostando il dissennato giuramento, -ebbe di grazia l'accettarla, e diede impresa ai -nuovi federati d'osteggiare i tiranni sorti di là dell'Alpi. -<span class="pagenum" id="Page_375">[375]</span> -Ataulfo menò i suoi fuor dell'Italia, che per quattro -anni avevano corsa e devastata; ma come alleati non -meno che come nemici mandavano a sperpero le contrade, -ora col pretesto di ribellioni, ora per l'indisciplina -di gente che, stanziando nell'Impero, n'aveva -contratto i vizj, non la pulizia. -</p> - -<p> -Sul cuore di Ataulfo aveva acquistato dominio Galla -Placidia, figliuola di Teodosio, che cresciuta nella porpora, -s'invogliò d'intromettersi alle politiche vicende, -mentre le abbandonavano gl'infingarditi fratelli. Stava -in Roma quando Alarico vi pose assedio la prima volta; -e leggera o crudele, assentì alla morte di sua cugina -Serena. Presa dai Goti, fu trattata con umanità e riguardi, -forse per la protezione di Ataulfo che tolse ad -amarla. Quand'egli ne chiese la mano, i ministri d'Oriente -disconsigliavano superbamente l'ineguale parentela; -ma la gradì Placidia, e le nozze furono stipulate -prima che i Goti valicassero le Alpi, indi solennemente -celebrate a Narbona. Messa da imperatrice, Placidia -sedette su splendido soglio, e più basso a lato di lei -Ataulfo vestito alla romana, che alla sposa per dono -nuziale offrì le spoglie dell'Impero. Cinquanta garzoni, -fior di bellezza, in abiti di seta, portavano ciascuno due -vassoj, colmi l'uno di monete d'oro, l'altro di gemme: -dirigeva il coro degli epitalamj Attalo, che, perduto il -trono, non isdegnava seguire da cortigiano i gotici re. -</p> - -<p> -Perdonate le colpe de' passati scompigli, si ristaurò -alquanto la capitale, portandovi abbondanza dall'Africa; -e la gente tornava con tal ressa, che in un sol giorno -n'arrivarono quattordici migliaja<a class="tag" id="tag282" href="#note282">[282]</a>. Ma come lusingarsi -di durevole ristoro in tanta enormità di mali -ed imminenza di pericoli? I rimedj stessi attestavano -l'acerbità delle piaghe d'Italia, giacchè la Campania, -la Toscana, il Piceno, il Sannio, la Puglia, la -<span class="pagenum" id="Page_376">[376]</span> -Calabria, l'Abruzzo, la Lucania, provincie le più manomesse, -dovettero tenersi assolte dal tributo, eccetto un -quinto per mantenere le pubbliche poste; le terre vacanti -concedevansi a vicini o a stranieri, scarche di -tasse. -</p> - -<p> -Nuovi guaj le vennero quando il conte Eracliano, -rompendo la fede serbata nelle più urgenti necessità, -ribellò l'Africa, e impedì i viveri alla nostra penisola: -anzi con copiosissimo armamento<a class="tag" id="tag283" href="#note283">[283]</a> sorto nel Tevere, -si diresse sopra Roma; ma scontrato dagli imperiali -n'andò rotto, e fuggendo in Africa, fu côlto e decapitato. -Della quale vittoria doveasi il merito all'illirio Costanzo, -succeduto ad Allobico nel governare Onorio; bello e -robusto come piace alla moltitudine, cortese ne' modi, -sentito ne' motteggi; di valore poi e di capacità tale, -che, mentre diresse le cose, non solo l'Italia rimase -franca da invasioni, ma alcune provincie vennero ricuperate. -Nelle Gallie vinse l'imperatore Costantino, che, -sebbene avesse creduto render sacra la propria vita -coll'ordinarsi prete, fu mandato in Italia ed ucciso. -Anche Attalo, abbandonato da Ataulfo, fu condotto ad -Onorio, il quale l'espose agli scherni della sua capitale, -poi gli fece amputar due dita, ed esigliare a Lipari. -</p> - -<p> -Così Onorio, imbelle di corpo e di senno, in cinque -anni trionfava di sette competitori. Ma quando doveva -mostrarsi meglio riconoscente ad Ataulfo, l'inasprì col -pretendere gli restituisse Placidia. Ataulfo da quel punto -cessò di far causa coll'Impero; e Costanzo, che aspirava -alla mano di Placidia e al trono, assicuratesi le spalle -mediante la pace coi Barbari ch'eransi tragittati sulla -sinistra del Reno, incalzò robustamente i Goti. Ataulfo -allora gittossi di là de' Pirenei; ma presto fu assassinato -da Sigerico in Barcellona <span class="sidenote">(415)</span>; il quale, succedutogli -<span class="pagenum" id="Page_377">[377]</span> -nel comando, ne scannò i sei figliuoli, e fra una ciurma -di schiave vulgari costrinse l'imperiale Placidia a camminare -per dodici miglia dinanzi al cavallo di colui -che l'avea vedovata. Ma dopo sette giorni di dominio, -anch'egli fu ucciso, e surrogatogli Vallia, il quale, avversissimo -ai Romani, corse la Spagna fin al mare, e -con Costanzo si accordò di restituire Placidia, combattere -in nome d'Onorio i Barbari di Spagna, e dare -ostaggio, ricevendo in cambio seicentomila moggia di -grano e un paese ove collocar sua gente. -</p> - -<p> -Delle vittorie di lui menò trionfo Onorio in Campidoglio; -indi a Vallia assegnò l'Aquitania e per sede -Tolosa; ai Burgundi consentì la Germania Prima, donde -poco a poco si stesero sul bel paese cui lasciarono il -nome di Borgogna. I Franchi, combattuto i nemici di -Roma, gl'imitarono saccheggiando, e via via si dilagarono -su tutta la Germania Seconda. L'isola Britannica, -rimasta sguarnita allorchè l'usurpatore Costantino condusse -le sue truppe sul continente, pregò ed ottenne da -Onorio di potersi difendere colle proprie forze: altrettanto -fecero gli Armorici nel litorale della Gallia fra la -Senna e la Loira: e così pezzo a pezzo scomponeasi il -colosso romano. -</p> - -<p> -In Italia Costanzo sollecitava il compimento de' suoi -voti non d'amore, ma d'ambizione, chiedendo la mano -di Placidia, la quale finalmente, per espresso comando -d'Onorio, lo sposò, ed ottenne per sè e pel marito il -titolo d'augusti <span class="sidenote">(421)</span>. Quando però le immagini loro furono -recate alla corte di Costantinopoli, Teodosio il Giovane -sdegnò accettarle, e immineva aperta guerra, se non che -fra l'allestirla Costanzo morì <span class="sidenote">(2 7bre)</span>. Al cadere di costui, che -per undici anni aveva sorretto l'esilità d'Onorio, rannodaronsi -gl'intrighi di corte; e Placidia, cara al fratello -a segno da dare appiglio alla malignità, gli fu dagli -invidiosi messa in odio, e dopo tumulti e baruffe la -<span class="pagenum" id="Page_378">[378]</span> -costrinse a cercare co' suoi figli ricovero alla corte -Orientale <span class="sidenote">(423 — 15 agosto)</span>. Poco sopravisse Onorio, che, in regno abbastanza -lungo, mai non aveva operato se non per impulso -di chi lo avvicinava. A sbottoneggiare la sua -voluttuosa negligenza, il popolo inventò che, avendo -udito Roma essere stata presa dai nemici, se ne desolò, -fin quando non seppe che trattavasi dell'antica metropoli -del mondo, non d'una gallina sua favorita, che con -quel nome egli chiamava<a class="tag" id="tag284" href="#note284">[284]</a>. -</p> - -<p> -Imperando Onorio, si può dire dato l'ultimo crollo -al paganesimo. Arcadio comandò d'abbattere i tempj -in città ed in campagna, e coi materiali riparare i -ponti, le vie maestre, gli acquedotti e le mura di Costantinopoli, -tolto qualunque privilegio ai ministri degli -idoli, vietato ogni culto <i>superstizioso</i> sotto gravi -pene<a class="tag" id="tag285" href="#note285">[285]</a>. Onorio parimenti comminava la morte a -chi sagrificasse a' falsi Dei, aboliva le rendite dei tempj, -e destinava questi a pubblico uso, punendo gli uffiziali -che tollerassero i sagrifizj, e commettendo ai vescovi -d'impedirli<a class="tag" id="tag286" href="#note286">[286]</a>. Molti tempj andarono pertanto in ruina, -alcuni furono vôlti al culto migliore, e i loro beni passarono -ad arricchire la Chiesa. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_379">[379]</span> -</p> - -<h2 id="cap55">CAPITOLO LV. -<span class="smaller">Valentiniano III. — Gli Unni.</span></h2> -</div> - -<p> -A separare più sempre i due Imperi, Onorio aveva -decretato che in Occidente non valessero le leggi emanate -da Costantinopoli. Quivi le cose volgeano non meno -improspere che in Italia, anzi la monarchia, non frenata -da veruna memoria d'antichi privilegi, operava a -maggior baldanza; nè la splendidissima pompa bastava -a coprire l'inettitudine del fanciullo Arcadio, che, al -pari d'Onorio, metteva la testa in grembo a favoriti, i -quali a vicenda acquistavano ed abusavano il potere. -Quando egli morì dopo tredici anni di regno <span class="sidenote">(408)</span>, Onorio -fece qualche movimento verso la tutela del nipote Teodosio -II, ma presto lasciolla cascare in mano di favoriti, -poi della sorella Pulcheria, che votatasi alla verginità e -a pie pratiche, si mostrava però degna di governare -mezzo l'Impero, più che non lo zio ed il fratello. Questo -fu da lei provveduto di buoni maestri, ma cresceva -inetto; eppure intanto la Persia rinnovava gli attacchi -contro l'Impero, e strappavagli l'Armenia. -</p> - -<p> -Morto Onorio <span class="sidenote">(423)</span>, Teodosio si aggiunse anche il titolo -d'imperatore d'Occidente, e mandò a debellare Giovanni -segretario dell'estinto, che n'aveva usurpato il diadema, -e che, resistito invano in Ravenna, ebbe tronca la destra; -poi condotto a strapazzo sopra un asino, fu decapitato -nel circo d'Aquileja. Teodosio trovossi allora padrone -di tutto l'Impero; ma, fosse moderazione o negligenza, -cesse l'Occidente al nipote Placido Valentiniano <span class="sidenote">(425)</span>, figlio -di Costanzo e di Placidia. Aveva questi appena sei anni, -gli diedero sposa Licinia Eudossia figlia di Teodosio, e -<span class="pagenum" id="Page_380">[380]</span> -fu commesso alla tutela della madre, che per venti anni -lo governò, con molle educazione sviandolo da occupazioni -virili; mentr'essa nè sapeva reggere il freno, -nè commetterlo a buone mani. -</p> - -<p> -Ultimo puntello degl'imperi sfasciantisi sono i guerrieri, -e Placidia trovò due eccellenti generali in Ezio e -Bonifazio. Il primo, nato nella Mesia inferiore da un'Italiana -sposata a uno Scita, messosi giovanissimo alle -armi, aveva praticato coi Barbari qual soldato e quale -ostaggio. Bonifazio erasi non meno segnalato nei governi -che ne' campi; riuscito a liberare l'Africa, ne fu -posto governatore, e per giustizia e probità si rese caro -e rispettato. L'accordo di questi due campioni avrebbe -potuto rinvigorire alquanto l'Impero, ma gli diè il tracollo -la loro nimistà. Nel passato tumulto Bonifazio -avea serbato fede a Valentiniano, mentre Ezio ajutò -all'usurpatore con sessantamila Unni. Fallita l'impresa, -Ezio è accarezzato per paura, e ringrandisce nel favore -dell'imperatrice; e macchinando di elevare se stesso -sulle ruine di Bonifazio, susurra a Placidia, — Bisogna -richiamarlo dall'Africa»; intanto segretamente avvisa -Bonifazio, — Bada che l'obbedire ti costerebbe la testa». -Bonifazio gli dà ascolto, e, invece di deporre il comando, -avventasi alle armi; e da Placidia dichiarato ribelle, -manda a Genserico re de' Vandali, eccitandolo ad acquistare -stabili possedimenti in Africa. -</p> - -<p> -Genserico, uomo di meschina statura, azzoppato nel -cader da cavallo, ma riflessivo, sprezzatore del lusso, -lento al parlare, facile all'ira, cupido del possedere e di -mischiar litigi<a class="tag" id="tag287" href="#note287">[287]</a>, aveva condotto i suoi ad occupare -la Spagna; donde allora, sopra vascelli offerti da Bonifazio -che l'invitava e dagli Spagnuoli che bramavano -liberarsene, tragittò in Africa cinquantamila uomini <span class="sidenote">(429)</span>, ai -quali s'aggiunsero malcontenti e Mori vagabondi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_381">[381]</span> -</p> - -<p> -Sant'Agostino, vescovo d'Ippona, pose in opera l'autorità -di prelato e d'amico per distogliere Bonifazio -dall'insensata vendetta; ma quando altri amici scopersero -le fraudolente lettere di Ezio, Bonifazio pentito -venne ad affidare la sua testa a Placidia, e Cartagine e -le guernigioni romane rientrarono nel dovere. Ma il -colpo era dato, e per quante somme il ravveduto offrisse -a Genserico acciò sgombrasse l'Africa, questi rimase -non più come ausiliario, ma come padrone e devastatore; -e sgominato Bonifazio, che combatteva col valore -d'un pentito, scorse liberamente la campagna; sperperò -le sette provincie, che chiamavansi granajo di Roma e -del genere umano, mandando a strazio senza distinzione -d'età o di grado, svellendo le vigne e gli ulivi, -e se il terrore non esagerò, scannando i prigionieri -davanti alle città assediate, acciocchè il lezzo ne ammorbasse -l'aria. -</p> - -<p> -Sconfitti interamente i Romani, Bonifazio per disperato -fuggì dalla contrada sopra la quale avea tratto -tante sventure, e giunto a Ravenna, ebbe da Placidia -oneste accoglienze e il grado di patrizio e di generale -degli eserciti romani. Questi onori parvero un oltraggio -ad Ezio, a cui l'essere scoperto perfido non avea scemato -la confidenza; onde accorse con uno stuolo di -Barbari; e a tal segno era scaduta ogni autorità imperiale, -che assalì armata mano Bonifazio. Questi prevalse, -ma d'una ferita spirò poco dappoi <span class="sidenote">(432)</span>, perdonando -ad Ezio, e consigliando alla ricca sua moglie di sposarlo. -Ezio, rassicurato di perdono, torna; e l'imperatrice, -baciando la mano che non poteva recidere, il -solleva a patrizio. Fatti inesplicabili nella scarsità ed -inesattezza de' cronisti d'allora. Nè con Ezio si deve -parlare del patriotismo antico: libertà considerava l'affrancare -i suoi padroni dagli stranieri, e se medesimo -da chiunque l'impacciasse; combatteva per quell'onor -<span class="pagenum" id="Page_382">[382]</span> -militare, che oggi pure manda migliaja di soldati a -profondere la vita e farsi eroi per una causa che non -esaminarono, che forse ignorano. -</p> - -<p> -Genserico, domata la risorta Cartagine <span class="sidenote">(439)</span>, i migliori -terreni da Tripoli a Tangar distribuì fra' suoi, riducendo -a servi i prischi possessori. Nessun'altra invasione riusciva -di tanto pregiudizio all'Italia, avvegnachè i senatori -vi perdevano i lauti patrimonj ivi collocati, il fisco -l'immensa eredità di Gildone, la plebe le distribuzioni -del grano e dell'olio che di là si traevano. Stava dunque -sul cuore agl'imperatori di ricuperarla, ma Genserico, -scaltro quanto prode, intoppò ogni lor passo; e posta -in essere un'armata navale da ricordare i migliori tempi -di Cartagine, invase anche la Sicilia, occupò Palermo, -sbarcò più volte sulle coste della Lucania. Quand'ecco -nuovo flagello scaricarsi sull'Impero: gli Unni. -</p> - -<p> -È impossibile confonderli, come gli storici d'un secolo -fa<a class="tag" id="tag288" href="#note288">[288]</a>, coi Mongoli e Tartari; e meglio si assegnano -alla stirpe finnica, cioè a quella da cui derivano -gli odierni Ungheresi. I nostri, sgomentati dall'apparire -<span class="pagenum" id="Page_383">[383]</span> -di genti estranie alla razza indo-germanica, non trovando -immagini adeguate al loro terrore, ricorsero alle -favole, e dissero che re Filimero avendo trovato fra' suoi -Goti alcune maliarde, le cacciò in paese deserto, lontan -lontano dal campo suo: quivi le imbatterono spiriti -maligni, e mescolatisi con esse, generarono gli Unni, -orridi e piccoli, nè somiglianti ad uomini se non perchè -favellano<a class="tag" id="tag289" href="#note289">[289]</a>. Ammiano Marcellino li descrive di ferocia -senza pari; nati appena, solcavasi loro il viso con un -ferro rovente, acciocchè non mettessero barba; piccoli -e tarchiati della persona, con vigorose membra, grosse -teste, spalle tozze, tanto da scambiarli per bestie ritte -sulle zampe, o per le grossolane cariatidi che sorreggono -i palchi; portano alta la fronte, cavalcano a meraviglia, -e maneggiano maestrevolmente arco e freccie. -</p> - -<p> -La caccia era loro abitudine; ed inseguendo una cerva -bianca, alcuni traversarono la palude Meotide, onde -vennero a conoscere il paese degli Sciti; e giudicando -che per guisa soprannaturale fosse loro indicata quella -<span class="pagenum" id="Page_384">[384]</span> -via, indussero i compatrioti a invadere le contrade scoperte. -Così fecero; e parte vinsero i popoli che scontravano, -parte li fugarono col terrore degli orridi -aspetti e d'una ferocia mai più sperimentata. Condotti -dal re Balamiro <span class="sidenote">(376)</span>, sottomisero gli Acatsiri e gli Alani, -coi quali saltarono sulle contrade degli Ostrogoti, e li -dispersero e sottomisero. I Visigoti chiesero ricovero -sulle terre dell'Impero, abbandonando agli Unni il paese -a settentrione del Danubio, ove da un secolo e mezzo -stanziavano, e che allora divenne centro d'un nuovo -Stato che dovea durare settantasette anni. -</p> - -<p> -Balamiro, inanimato dal buon successo, devastò le -provincie romane, e molte città distrusse, finchè non -venne acquietato col promettergli l'annuo tributo di -diciannove libbre d'oro (20,000 lire) <span class="sidenote">(400)</span>. Uldino, che gli -succedette nel comando, fu assassinato; i Romani dovettero -con più larghi donativi sviare le minaccie di -Caratone; e d'allora gli Unni si mescolarono volta a -volta nelle vicende dell'Impero. Varcato il Danubio, -misero a sacco la Tracia e minacciarono Costantinopoli; -se non che la peste li sterminò <span class="sidenote">(425)</span>. Roila riceveva -da Teodosio il Giovane l'annuo tributo di trecencinquanta -libbre d'oro (370,000 lire) per tenersi tranquillo; -forse con Ezio menò perfide pratiche; ma appena -ebbe conchiuso nuovi accordi con Valentiniano III, -morì <span class="sidenote">(433)</span>, lasciando il principato al nipote Attila. -</p> - -<p> -Deforme figura, carnagione olivigna, testa grossa, -capelli brizzolati, piccoli occhi affossati, naso simo, -pochi peli al mento, corporatura tozza e nerboruta, -fiero il portamento e la guardatura, come d'uomo che -si sente vigoria superiore a quanti lo circondano, tale -ci è descritto Attila. Sua vita era la guerra, pure sapea -frenarsi: severo nel pretendere giustizia, considerava -per tale la propria volontà; pure ai supplichevoli mostravasi -esorabile, propizio a chi in fede ricevesse. Nè -<span class="pagenum" id="Page_385">[385]</span> -soltanto nella forza fidando, fece spargere di quelle -ubbie che allettano la plebe. Una vitella tra il pascolare -si ferisce un piede; e il pastore meravigliato cerca -fra l'erbe, e vede sporgere la punta di una spada, che -egli trae fuori e reca ad Attila; il quale mostra accettarla -come un dono del dio della guerra, e un segno -della dominazione universale. — La stella cade (diceva), -la terra trema, io sono il martello del mondo, e più -non cresce erba dove il mio cavallo ha posto piede». -Avendolo un eremita chiamato <i>flagello di Dio</i>, adottò -questo titolo come un augurio, e convinse le genti che -lo meritava. -</p> - -<p> -Da principio sgomenta Teodosio il Giovane, che, al -prezzo di settecento libbre d'oro all'anno, compra una -pace vergognosa, oltre concedergli libero mercato in -riva al Danubio, e restituirgli quanti sudditi suoi erano -rifuggiti nelle provincie imperiali: avuti i quali, e tra -essi alcuni giovani di regia stirpe, Attila li fa crocifiggere <span class="sidenote">(441)</span>. -Allora osteggia i Barbari di varia nazione, stanziati -od erranti nel centro dell'Europa: Gepidi, Ostrogoti, -Svevi, Alani, Quadi, Marcomanni si piegano o sono -ridotti all'obbedienza di lui, che stende dai Franchi agli -Scandinavi il dominio, il terrore per tutto il mondo: -una folla di re lo corteggia, settecentomila guerrieri -aspettano dal suo cenno qual paese abbiagli designato -la vendetta di Dio. Ed egli, dal barbaro volgendosi al -mondo incivilito, assale la Persia, ma respinto, ascolta -al vandalo Genserico, e si avventa sull'impero romano; -e distesi i suoi Barbari in una terribile linea di cinquecento -miglia dall'Eusino all'Adriatico, manda dire a -Valentiniano e Teodosio — Preparatemi un palazzo». -</p> - -<p> -Tre segnalate vittorie lo recano fino ai sobborghi di -Costantinopoli. Devastate settanta città, ridotto in servitù -chi campava dal ferro, pretese che Teodosio cessasse -d'intitolarsi signore della contrada che si estende dal -<span class="pagenum" id="Page_386">[386]</span> -Danubio fino a Naisso e alla Nava in Tracia; poi qualora -volesse premiare qualche suo benemerito, lo spediva -alla corte di Costantinopoli ad insultar l'imperatore -nel suo palazzo, col pretesto di chiedere l'adempimento -de' patti, ma in realtà per farsi impinguare di doni dallo -sbigottito augusto. -</p> - -<p> -Satollo di vittorie e di sangue, Attila ricoveravasi a -riposo, non in alcuna città, ma nel proprio accampamento -fra il Danubio, il Teiss ed i Carpazj, in quei -campi d'Austerlitz, che divennero modernamente famosi -per segnalata vittoria. Colà i vincitori del mondo -e le loro donne compiacevansi attestare i loro trionfi -coll'oro e le gemme onde fregiavano la persona fin -alle scarpe, le spade, le bardature, e col vasellame -d'oro e d'argento cesellato onde caricavano le mense. -Attila solo, che sembra gigante perchè montato su tante -ruine, e innanzi al quale tremava ognuno dal Baltico -all'Atlante e al Tigri, ostentava non portare altro ornamento -che d'armi; a tavola usava coppe e taglieri di -legno, nè mangiava che carne e pane. Ivi accolse le -umili e pompose ambasciate degli imperatori romani, -ai quali a prezzo concedette di sopravivere ancora -alquanto. -</p> - -<p> -Poco dipoi Teodosio II, cascando di cavallo, morì di -cinquant'anni <span class="sidenote">(450 — 28 luglio)</span>, dopo quarantatre d'un regno disonestato -dall'avvilimento dell'impero, illustrato dal Codice ch'egli -fece pubblicare: Pulcheria ottenne anche in titolo il -comando sull'Oriente, che di fatto già esercitava; e per -la prima volta una donna stette in proprio nome a capo -dell'impero romano. Non un marito essa volendo ma -un collega, fermò sua scelta sopra Marciano senatore -sessagenario, il quale alla scuola dell'armi e della sventura -aveva appreso virtù ignote ai cesari ch'erano stati -cullati nella porpora. -</p> - -<p> -Quanto importasse il conservar la pace egli lo sentiva, -<span class="pagenum" id="Page_387">[387]</span> -ma non a prezzo di viltà; onde ad Attila, che mandava -arrogantemente a chiedere il tributo, rispose: — Oro -ho per gli amici, pei nemici ferro». Ultima -voce romana. Attila si risolve alla guerra, e move dal -fondo dei pascoli pannonj esitando, — Mi drizzerò all'oriente -o all'occidente? cancellerò dal mondo Costantinopoli -o Roma?» Una serie d'accidenti il determinò -verso questa. -</p> - -<p> -Ezio, dopo ch'ebbe costretto Placidia a rimetterlo in -grande stato, e sacrificare i nemici alla sua vendetta, -baldanzeggiava di potere e di fasto, mentre l'imperatore -vero marciva in un vile riposo, assicuratogli dalla valentìa -di questo capitano. Il quale veramente ritardò -d'alquanti anni l'ultimo crollo dell'Impero; frenò i Vandali -con trattati, mantenne l'autorità imperiale nella -Gallia e nella Spagna, e strinse federazione coi Franchi -e cogli Svevi. Non aveva mai interrotto le relazioni -cogli Unni d'Attila, nel cui campo pose ad educare il -proprio figlio Carpiglione: la sua intromessa manteneva -pace fra l'imperatore e quel formidabile, al costo -però di frequenti umiliazioni: anzi ebbe Unni ed Alani -agli stipendj allorchè volle combattere i Burgundi e -Visigoti, già accasati nelle Gallie. Ma come Genserico -mandò invitare gli Unni, Attila si difilò sopra le Gallie, -dove lo chiamava anche l'alleanza dei Franchi, che colà -avevano preso stanza dal Reno fin alla Somma. -</p> - -<p> -Se occorrevagli un'ombra di diritto, gliel'offerse -Onoria, sorella di Valentiniano III, che relegata per -aver amato il ciambellano Eugenio, spedì un eunuco -ad Attila, esibendogli l'anello e le ragioni ch'essa poteva -offrirgli come moglie. L'Unno mandò a chiedere -formalmente la mano d'Onoria, come già sua fidanzata, -e con lei mezzo l'impero. — Le donne romane non -hanno diritto alla successione», gli fu risposto: e la -principessa venne maritata di nome ad un uomo oscuro, -<span class="pagenum" id="Page_388">[388]</span> -indi chiusa in perpetuo carcere. Attila allora aduna un -nuvolo di popoli germani e di vassalli od alleati, stermina -molte città della Gallia <span class="sidenote">(450)</span>, ed assedia Orleans. -</p> - -<p> -Ezio, non illudendosi nè alle insidiose profferte d'Attila, -nè agli intrighi d'una parzialità che alla corte italiana -favoriva la pace, per timida apprensione della guerra, -fatto eroe per volontà, come sempre era stato per coraggio, -avea raccolto le maggiori truppe che potesse, -e massime gli ajuti dei Visigoti e de' costoro alleati, -congiuntisi per respingere questi nuovi invasori d'un -terreno, dov'essi cominciavano a gustare la dolcezza di -stabili domicilj. Un generale romano, purchè riuscisse -ad unire un esercito, poteva fare gran fondamento sulla -superiorità che la tattica gli dava sopra di gente ragunaticcia, -ricca soltanto di personale valore. Lo sentì -Attila, il quale, ingombrato più che soccorso dalla moltitudine -raccozzata, conobbe la titubanza, e levatosi -d'attorno ad Orleans, e ripassata la Senna <span class="sidenote">(451)</span>, attese il -nemico nelle pianure Catalauniche sulla Marna, opportune -ai volteggiamenti della cavalleria. -</p> - -<p> -Ivi dunque s'accampava tutto il mondo asiatico, romano -e germanico; quelli cui sfuggiva, e quelli che -afferravano il dominio della nuova Europa. Con Roma -schieravansi Visigoti, Leti, Armorici, Galli, Breuni, Sassoni, -Borgognoni, Sarmati, Alani, Franchi, Ripuarj; -con Attila altri Franchi ed altri Borgognoni, Boj, Eruli, -Turingi, Gepidi, Ostrogoti: fratelli separati da lunga -stagione, qui si rincontravano per trucidarsi. Nella battaglia, -con poc'arte e assai furore travagliata, cencinquantamila -cadaveri copersero le rive della Marna, ma -ai Romani restò il vanto: e fu l'ultima gran vittoria che -si riportasse in nome degli antichi signori del mondo. -Attila si ritirò dietro la trincea de' suoi carri, e la notte -cantava battendo le armi, a guisa di leone che rugge -nella caverna dove l'hanno ridotto i cacciatori. Preparatosi -<span class="pagenum" id="Page_389">[389]</span> -alla difesa, accatastò le selle e le gualdrappe dei -suoi cavalli, disposto a bruciarvisi vivo perchè nessuno -potesse vantare d'aver preso od ucciso il sire di tante -vittorie. Ivi aspetta un attacco; ma al silenzio della -campagna s'accorge che il nemico s'era ritirato per -arte di Ezio, ed anch'egli rivarca il Reno, e costeggiando -il Danubio torna in Pannonia. -</p> - -<p> -A primavera s'accinge a nuova invasione <span class="sidenote">(452)</span>, e chiesta -ancora la mano di Onoria col patrimonio di essa, e -ancora disdetto, mettesi in marcia, valica le Alpi, e -invade la pianura che l'Isonzo, il Tagliamento, la Livenza, -la Piave, il Musone, la Brenta, l'Adige, il Sile -avevano formata presso ai lenti loro sbocchi in mare. -Era stata popolata dai Veneti Paflagoni<a class="tag" id="tag290" href="#note290">[290]</a>, i quali colla -caccia e la pesca viveano in quelle lagune, che offrivano -breve tragitto fra Aquileja e Ravenna: vestiti alla -greca con tuniche a maniche, larghi calzoni, il pileo in -capo, e molto curandosi dei cavalli<a class="tag" id="tag291" href="#note291">[291]</a>. Il paese che -con nome generico chiamavasi le Venezie, fioriva per -le città di Concordia, Opitergio, Patavio, Altino, ridente -di ville quanto il lido di Baja<a class="tag" id="tag292" href="#note292">[292]</a>, e principalmente -Aquileja. -</p> - -<p> -A questa pose assedio Attila colle macchine fabbricategli -da disertori, e col dispendio di vite incalcolate. -Gl'Italiani nel difenderla mostrarono che l'antico valore -non mancava in essi del tutto, qualora o non li disgustasse -la dotta oppressione, o non gl'impedisse la gelosia -degli imperatori. Dopo tre mesi di vani attacchi, -Attila per disperato levava già il campo, quando nel -girare vede una cicogna che s'appresta a fuggire coi -pulcini suoi da una torre dove aveva posto nido. — La -città sta per cadere, se l'abbandonano fin animali così -<span class="pagenum" id="Page_390">[390]</span> -fidi», egli dice; e con tale augurio ravvivato lo stanco -coraggio de' suoi, li mena con superstiziosa foga all'assalto. -S'apre la breccia, ed Aquileja ruina per più non -risorgere. Altino, Concordia, Patavio vanno a strazio -uguale; e gli abitanti sbigottiti, dal continente cercano -rifugio tra le isolette della laguna, primo nocciolo della -città e della repubblica che dovea conservare il libero -imperio più a lungo che Roma<a class="tag" id="tag293" href="#note293">[293]</a>. -</p> - -<p> -Internatosi allora fra terra, Attila mandò a pari guasto -Vicenza, Verona, Bergamo: Pavia e Milano si ricomprarono -dal fuoco col cedere tutte le ricchezze e colla -pronta sommessione. Attila, entrando nella reggia a -Milano, e visto una pittura dove gl'imperatori erano -rappresentati sul trono in atto di calpestar re barbari, -sorrise, e vi fece istoriare i cesari, versanti sacca d'oro -a' piedi di lui vincitore. -</p> - -<p> -Tutta Italia, alle incalzanti notizie di replicati disastri, -giaceva scarsa di consiglio, sprovvista di esercito, decimata -d'abitanti. Ezio solo tenevasi in piedi: ma gli -alleati che lo aveano soccorso di là dall'Alpi quando -a quella dell'Impero andava congiunta la propria loro -salvezza, allora vedevano con indifferenza dirigersi -quella furia sopra l'Italia, come l'agricoltore quando il -nembo, minaccioso a' suoi campi, si sfoga sopra gli -altrui. Anche l'impero Orientale non seppe che promettere -soccorsi; talchè a quel generale non restava -che bezzicare di fianco l'esercito d'Attila. Valentiniano -stesso non ben s'affidava nel suo generale, e tenendosi -poco sicuro nel nascondiglio di Ravenna, era fuggito a -<span class="pagenum" id="Page_391">[391]</span> -Roma; poi vedendo anche questa abbandonata di soccorso -e imperfetta di mura, meditava uscire d'Italia. -</p> - -<p> -Nell'universale scoraggiamento, Leone papa ed Avieno -romano consolare presero il partito di condursi supplichevoli -al Flagello di Dio, e in nome della religione -e delle antiche memorie implorare la salvezza di Roma. -Lo scontrarono vicino a Peschiera, e accolti con rispetto, -il pregarono a dar sosta, promettendogli immense -somme qual dote d'Onoria. -</p> - -<p> -Le leggende, che non poco s'esercitarono intorno a -questo gran frangente, ricordano diverse battaglie avvenute -sotto le mura di Roma, sì fiere che tutti i soldati -perirono, eccetto i comandanti; ed anche esalate -le anime, i cadaveri continuavano a pugnare tre giorni -e tre notti come vivi<a class="tag" id="tag294" href="#note294">[294]</a>. Altri dissero che i santi Pietro -e Paolo comparissero dal cielo, proteggendo la città -dove riposano le loro ceneri, e minacciando Attila, il -quale atterrito indietreggiò; miracolo perpetuato in -colori da Rafaello, in marmo dall'Algardi. -</p> - -<p> -Anche senza miracolo, può credersi che il rispetto -all'antica metropoli del mondo gentile e alla nuova del -cristianesimo rattenesse i Barbari: recente era l'esempio -d'Alarico, di cui restarono spezzati i trionfi e la vita -appena ebbe violato la gran città; i seguaci d'Attila, -impetuosi negli attacchi, non reggevano alle lunghe -prove degli assedj: erano decimati dalle malattie, -con cui tante volte Italia punì i suoi invasori; infine, -quale allettamento potevano avere i palagi per Attila, -avvezzo a considerar libertà l'aria aperta, e prigione -le case? Agognava prede? gli venivano offerte senza -fatica. -</p> - -<p> -Ripiegò dunque verso la sua città di legno; e tra via, -alle tante mogli che l'aveano fatto padre d'innumerevole -<span class="pagenum" id="Page_392">[392]</span> -prole, aggiunse la giovinetta Ildegonda: ma nella -gioja o nell'abuso delle nozze fu sorpreso dalla morte <span class="sidenote">(453)</span>. -Il cadavere di lui venne esposto in mezzo alla campagna -fra due lunghe file di tende di seta; i suoi Unni si mozzarono -i capelli, sfregiaronsi il volto, e gli offersero -esequie di sangue umano. Chiuso in tre casse, una d'oro, -una d'argento, una di ferro, nottetempo lo sepellirono -colle spoglie più scelte de' nemici e coi cadaveri degli -schiavi che aveano scavata la fossa, intorno alla quale -i nobili Unni menarono dissoluti e intemperanti banchetti -funerali. I molti figli di lui se ne disputarono gli -ampj possessi; ma questi già erano perduti al lentar -della mano che unica valeva a tenerli congiunti. -</p> - -<p> -La costui corsa non recò all'Italia soltanto i passeggieri -disastri d'un'irruzione. Il paese veneto era la linea -di congiunzione fra l'impero Orientale e l'Occidentale: -i Barbari vi si erano affollati rompendola a volta a -volta, ma senza stabilità, finchè la dominazione astuta -quanto violenta d'Attila non ebbe dissipato ogni prestigio -della superiorità romana. Distrutta Aquileja, la -piazza d'arme più rilevante e la piazza di commercio -più considerevole nell'alta Italia, questa si trovò aperta -a chiunque venisse; e da quel punto la Venezia rimase -staccata dall'Impero. -</p> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap56">CAPITOLO LVI. -<span class="smaller">Sulla caduta dell'Impero romano.</span></h2> -</div> - -<p> -L'Impero potè dunque inneggiare e Giove e Cristo -perchè trovavasi un'altra volta salvato: ma il cancro ne -rodeva gli organi vitali; e dismessa l'obbedienza, indisciplinati -gli eserciti, esausto l'erario, un sentimento -<span class="pagenum" id="Page_393">[393]</span> -universale di stanchezza e di paura stringeva gli animi, -e facea guardare con isgomento il compirsi del <span class="smcap lowercase">XII</span> secolo -di Roma, che, secondo i computi de' sacerdoti -etruschi, reputavasi fatale alla durata di essa. -</p> - -<p> -Educati da fanciulli ad ammirare Roma gigante, in -una letteratura tutta piena della grandezza di lei, e -sopra storie che, isolando la gloria dal diritto, la idolatrano, -ne esagerano le virtù, ne giustificano le colpe, -infondono idee false ed inumane della libertà, della -gloria, del diritto di conquista; condotti poi a meditare -quella legislazione, non solo ammirata ma seguita ancora -in gran parte dopo tanti progressi della ragione e -della pratica; circondati da mirabili avanzi di quella -civiltà, e considerando come vanto patrio la magnificenza -e i trionfi di coloro che godiamo chiamare nostri -avi; qual meraviglia se con fatica deponiamo giudizj -ricevuti senza discussione, e convertiti in sentimenti? -se ci riesce ingrato chi ci strappa quelle illusioni, ed -alle magnifiche frasi surroga i nudi fatti, allo splendore -la giustizia, alla gloria l'umanità? -</p> - -<p> -Sulla caduta maestà latina faccia elegie chi, avvinto -alle reminiscenze di scuola, giudica col patriotismo di -Tullio e di Catone. Un insigne scrittore inglese, stomacato -di vedere il convento d'Ara-cœli sorgere a fianco -al Campidoglio, e cantici di frati sonare là dove un -tempo decretavasi lo sterminio d'intere nazioni, fra -sardonico ed epigrammatico dipinse come declinasse -Roma dal punto che fu inaugurata la nuova fede. Ma -chi si affezioni agli oppressi, ai vinti, al popolo, sarà a -stupire se giudichi diverso da chi ammira la violenza, -il trionfo, gli eroi? sarà a stupire se, chi della Via sacra -e del Campidoglio si occupa meno che della Suburra e -delle catacombe, non preconizza tanto la Roma d'Augusto -quanto medita sul suo deperimento? V'ha spettacolo -più istruttivo che quello d'una società che si -<span class="pagenum" id="Page_394">[394]</span> -sfascia mentre un'altra si forma? e quando mai la storia -offrì maggiore opportunità di considerarlo? -</p> - -<p> -Un occhio umano e filosofico dovrà riconoscere che -quella catastrofe, di lunga mano preparata, ritardata -forse da accidenti che parvero accelerarla, tolse via -una barriera ai progressi dell'umanità. D'altra parte -l'agonia di dieci secoli dell'impero d'Oriente basterebbe -a convincerci del come si sarebbe miseramente trascinata -la sopravivenza dell'Occidentale. -</p> - -<p> -Per imputare della caduta di questo le sole invasioni -dei Barbari, bisognerebbe dimenticare come esse cominciassero -fin dal tempo di Mario e di Cesare, e che -cinque secoli urtarono l'Impero senza scassinarlo, fintantochè -le corrosioni interne non ebber reso irreparabile -un crollo, di cui la grande migrazione fu occasione -e nulla più. -</p> - -<p> -Le società moderne, anche traverso a quell'inumano -avanzo che dicesi ragione di Stato, si fondano sull'amore; -e più s'inciviliscono, più procurano la pace, -estendono l'eguaglianza a maggior numero d'uomini, e -infine a tutti. Le antiche in quella vece, non riconoscendo -la fratellanza originaria nè la solidarietà del genere -umano, si nutrivano d'odio, di guerra, dell'escludere -ogn'altra gente dal piccolo numero de' privilegiati; -libere nell'interno, tiranne e nemiche di chiunque non -appartenesse alla loro aggregazione; il patriotismo era -meno amor de' suoi che odio de' non suoi; il che fu -espresso nel proverbio romano «L'uomo è un lupo per -l'uomo»<a class="tag" id="tag295" href="#note295">[295]</a>. Di qui la necessità di tenersi sempre in -armi per difendersi o per offendere; di qui la cura dei -legislatori civili e religiosi nel conservare costumi e -istituzioni che la loro tenevano distinta da ogni altra -gente. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_395">[395]</span> -</p> - -<p> -Però conquiste, alleanze, federazioni dilatavano questa -società, col che scemavansi i nemici, e comunicavasi -a maggior numero quella giustizia naturale, che è diritto, -ma che guardavasi come privilegio. L'incivilimento -e l'umanità ne vantaggiavano, ma ne rimanevano -sconficcate le società parziali; il patriotismo, -svigorito coll'allargarlo, riducevasi incapace di resistere -ad altro popolo che ne conservasse la primitiva -inesorabilità. -</p> - -<p> -Greci, Pelasgi, Etruschi, gli altri popoli circumabitanti -al Mediterraneo viveano in questo secondo stadio, -allorchè Roma li colse e domò; Roma patriotica e -guerriera per eccellenza. All'impeto suo, all'inflessibilità -di que' patrizj, qual ostacolo poteva opporre l'Europa? -Le nazioni di questa si trovavano press'a poco -al medesimo livello di civiltà; date all'agricoltura, divise -in popoletti secondo i territorj, tra loro frequenti -in guerre, delle quali la minutezza impediva sino i vantaggi, -soliti derivare da queste feconde malattie dell'umanità; -non aveano una metropoli che primeggiasse; -gelose dell'indipendenza, non s'univano se non a tempo -per momentanei interessi o per calcoli d'equilibrio politico. -Ma anche dove scarseggiavano i raffinamenti -sociali, possedevasi la libertà; e mentre nei grandi -imperi asiatici l'individuo andava perduto o sagrificato -nelle convenienze dello Stato o nella volontà d'un arbitro, -qui la suddivisione produceva quelle lotte, in cui -l'uomo svolge ed esercita le proprie forze. -</p> - -<p> -Ne profitta Roma, miscuglio anch'essa di genti diverse; -e fra le popolazioni italiote costretta a sostenersi -colle armi, introduce quel sistema che da tutte doveva -distinguerla, l'assimilare gradatamente al suo Comune -i vinti, mediante la potenza del diritto. Quest'assimilazione -fu iniziata dai re: la cacciata de' Tarquinj la -sospese, ed assodò l'oligarchia, nella quale la plebe -<span class="pagenum" id="Page_396">[396]</span> -soffriva orribile pressura; ma non che fiaccarsi alla -tirannide, si agitava, e chiedeva pane e diritti. Come -acquietarla? occupandola in incessanti guerre, donde i -patrizj traevano infallibile vantaggio, perocchè vincendo -arricchivansi, vinti trovavano d'aver decimato e punito -i loro tiranneggiati. Delle perdite Roma si rifaceva coll'assorbire -il fiore de' paesi soggiogati: mirabile costituzione, -mercè della quale divenne padrona non istantanea -del mondo. -</p> - -<p> -Sottoposta la penisola, Roma si trovò a petto Cartagine; -poi la Grecia e l'Asia, civiltà antiche; poi la Gallia, -la Spagna, la Germania, civiltà esordienti: nella resistenza -divenuta gigante, nella vittoria irresistibile, sulla -meschina bilancia dell'altrui politica getta la sua spada; -dà mano al debole, per opprimere con questo il forte, -indi l'uno e l'altro soggiogare. -</p> - -<p> -Guai ai vinti! I trattati portavano in capo la parola -di pace, come testè vedevamo quelle di libertà e fratellanza; -ma realmente erano patti d'un superiore ad -inferiori, sottomettendo non solo i vinti ma gli alleati -a più o men diretta dipendenza. Il feroce diritto patrizio -considera nemici i popoli indifferenti, e di buona presa -la roba e gli uomini di chi non sia alleato; con lunga -arte cancella i caratteri nazionali; ovunque tocchi, abbatte -le vetuste grandezze e l'industria di lunghi secoli; -l'opulenta Corinto, Cartagine regina dei mari, Rodi -sposa del sole, cadono immolate alla gelosa conquistatrice; -pérdono fiore le mercantili città dell'Egeo, -muojono le splendide della Grecia; il commercio, anima -del popolo attorno ai mari interni, è strozzato fra gli -abbracci della padrona. -</p> - -<p> -Ad alcuni paesi vinti d'Italia e di Grecia lasciava -essa qualche ombra di libertà; ma delle popolazioni -di Spagna, delle Gallie, della restante Europa fa quello -sterminio che crede necessario alla sua sicurezza; e sui -<span class="pagenum" id="Page_397">[397]</span> -cadaveri pianta colonie talmente efficaci, che giunsero -fino a mutarne il linguaggio. Delle provincie conquistate -dividevasi il bottino fra i soldati, il terreno fra i -cittadini, che così diventavano barriera contro i nemici, -ed estendendo fra i vinti il timore di Roma e il rispetto -per le istituzioni sue, preparavano nuovi trionfi. Salvo -i pochi che in alcuni paesi ottenevano in tutto o in -parte il civile o il politico privilegio di Romani o di -Latini, gli altri restavano esposti alle calunnie de' giudizj, -alle estorsioni de' legulej, alla tirannide de' nobili, -alla rapina de' proconsoli, sicchè il metter pace era un -ridurre a deserto<a class="tag" id="tag296" href="#note296">[296]</a>. -</p> - -<p> -Tutto ciò importava quella necessità che più ripugna -alle libere istituzioni, un grosso esercito. Le lontane -conquiste obbligarono a prolungare i comandi, sicchè -i generali si abituarono a potere ogni lor voglia fra le -provincie schiave; gli eserciti, devoti ai capitani che -gli aveano guidati alla vittoria, li seguivano anche -contro la patria; e con essi Mario e Silla si fecero sanguinarj -tiranni, con essi Cesare abbattè l'aristocrazia, -Augusto la repubblica. -</p> - -<p> -Non abbandoniamoci a quella sentimentalità, che -nelle guerre vede soltanto capitali sperperati e sangue -effuso. Non che speciale a Roma fosse la crudeltà, -vedemmo anzi lodarla di moderazione: che se tal lode -veniva dal concetto che gli antichi si formavano della -conquista, è certo che essa sottometteva e inciviliva; -fra società fondate sull'odio, sospendea la permanente -ostilità che ne parea condizione necessaria; toglieva la -libertà, ma dava un governo e i vantaggi della civiltà -e dell'ordine; imponeva il patriotismo e la dignità -romana; un secolo dopo la conquista, la fiera Spagna -era trasformata, con grandi strade, acquedotti, terme, -<span class="pagenum" id="Page_398">[398]</span> -teatri, circhi, tempj, crescente popolazione, e viva industria, -e coltura tale che mandava a Roma i maestri -d'Augusto, d'Ovidio, di Nerone, i poeti Lucano e Marziale, -i due Seneca, gli storici Mela e Floro, l'agronomo -Columella; nella Gallia si spianano strade, si -aboliscono con lunghi sforzi i sagrifizj umani, grandeggiano -scuole d'eloquenza; l'Africa sale ad una floridezza, -qual mai non ebbe o prima o poi; in Egitto è -portato il lino, nella Gallia l'ulivo, la vigna sul Danubio -e sul Reno, ove sorsero città, che fin ad oggi sono le -meglio fiorenti<a class="tag" id="tag297" href="#note297">[297]</a>. -</p> - -<p> -E fu Roma la prima che le conquistate nazioni pensasse -a governare. Il diritto pubblico stabilito dalla -vittoria la rendea padrona, ma la civiltà diffusa mediante -le colonie facea che assimilasse il mondo, divenisse -centro d'incivilimento, e perpetuasse i risultamenti -dell'invasione armata; sicchè non la violenza -solo, ma l'autorità e la coltura congiungeva a Roma il -mondo, la cui immensa varietà era diretta da spirito -d'ordine, di regola, di stabilità. Anzi, al vederla fatta -meta di tutti i desiderj, Roma somiglia un centro che -attira, anzichè un vortice che ingoja; e che non essa -ingoji il mondo, ma il mondo costringa lei a riceverlo -nel suo grembo. -</p> - -<p> -Questi miglioramenti eransi cominciati sotto la Repubblica; -<span class="pagenum" id="Page_399">[399]</span> -ma li perturbava la violenza, divenuta universale -quando tanti anelavano a far propria la cosa -pubblica colle ricchezze, coll'eloquenza, colle vittorie, -cogli assassinj, cogli abusi di quella libertà, che è la -parola più frantesa, giacchè valse perfino a scagionare -i patiboli di Robespierre e i pugnali di nostri contemporanei. -Il mondo n'era scagliato in preda alla forza -brutale, quando gl'imperatori poterono sospenderne la -caduta; e come la legge internazionale della repubblica -era stata la guerra, così dell'Impero divenne la pace. -La costituzione andò alterata, non tanto perchè il dittatore -de' nobili o il tribuno della plebe avesse assunto il -titolo imperiale, quanto pel cessare delle conquiste, -ch'erano state l'alimento di Roma. La politica dell'accomunare -di dentro l'eguaglianza cittadina, fuori i -diritti dell'umanità, prese allora tutta l'ampiezza, avviando -ad una grande unità, nella quale per conseguenza -cessava la distinzione di nazioni, tutti potendo -dar voti, tutti aspirare alle cariche, purchè aggregati -all'estesissima cittadinanza. -</p> - -<p> -La innovazione dell'Impero bisogna conchiudere fosse -necessaria, poichè durò sì a lungo, nè mai fu seriamente -tentato di ripristinare l'antica Repubblica. Ma -da una parte venne operata colla forza, in aspetto -di usurpazione militare, che imponeva un governo soldatesco -senza freni civili; dall'altra le irruzioni, allora -cresciute, de' Barbari costrinsero a continuar le guerre, -non più di conquista ma di difesa. Sono i due modi -per cui si consolida il despotismo. -</p> - -<p> -Sebbene il sistema fosse fondato sulla violenza, già -ne veniva indizio di quella spontanea associazione de' popoli, -costituita sulla pace e sulla libertà, alla quale tende -il mondo; intanto le idee si ampliavano, estendeansi -la coltura e i miglioramenti materiali, ed il concetto -d'una grande unità. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_400">[400]</span> -</p> - -<p> -Di ciò s'avvidero già gli antichi, laonde, col nome di -orbe, di universo, di genere umano intesero il popolo -e l'impero romano; e al decadere di questo, Claudiano -glorificava Roma perchè sola ricevette nel suo grembo -anche i vinti, e tutti abbracciò col nome di cittadino, -e, merito di lei, anche lo straniero godeva le pacifiche -consuetudini come nella propria patria, atteso che tutti -sono una sola gente<a class="tag" id="tag298" href="#note298">[298]</a>. -</p> - -<p> -Ma perchè siavi unità, son necessarj l'accordo degli -interessi, la simpatia de' popoli. Qui invece Roma trovavasi -fra due civiltà, la greca e la barbara, essenzialmente -diverse, e che divenivano germe d'una divisione, -la quale si pronunziò col distacco dei due Imperi. -L'unità, cioè l'eguaglianza, non era possibile in società -costituite sulla separazione, sulla disparità; nè dagli -antichi era concepita se non come monarchia universale, -cioè il sacrifizio di tutti i vinti al vantaggio del -vincitore. -</p> - -<p> -In fatti, dopo che la Repubblica avea cancellate le -nazionalità, annichilò anche gl'individui, valutando il -cittadino solamente in quanto giovava allo Stato, e -scompagnando per tal modo l'interesse personale dal -comune. Togli quei pochi che speravano dignità o -<span class="pagenum" id="Page_401">[401]</span> -impieghi, tutti gli altri non conosceano lo Stato se non -per le oppressioni o le imposte. -</p> - -<p> -In Roma repubblicana la patria era una religione: -scopo supremo delle azioni pubbliche e private l'ingrandirla; -per essa sprezzati l'oro, la vita, la pietà, la virtù; -non accettata la pace che dopo la vittoria; e creati -quegli eroi che formano l'ammirazione di chiunque -osservi la grandezza indipendentemente dall'umanità. -</p> - -<p> -Quel vitale sistema di Roma d'aggregarsi i vinti fu -guasto dagli imperatori esagerandolo; e per togliere -ogni ostacolo ai proprj arbitrj e impinguare il tesoro, -estesero a sempre maggior numero di sudditi la cittadinanza, -rintuzzando così il sentimento esclusivo dell'amor -di patria. A misura che questa dilatavasi, quello -s'indeboliva, e la pena dell'esiglio, terribile al Romano -quando lo spingeva soltanto a Fidene o ad Ardea, parve -sì mite ai tempi di Cesare, che convenne aggiungervi -la confisca dei beni. -</p> - -<p> -In un piccolo Stato libero, ove il diritto di suffragio -dipende dalla proprietà, si comprende come tutti i privilegi -e i poteri si devono concentrare nella città. -Ragionevolmente dunque Roma tenne un governo di -municipio, ove patrizj, popolo e cavalieri, senato, consoli -e tribuni si bilanciavano per modo che una mano -vigorosa poteva dirigerli in un bello ordinamento civile. -Siffatto ella il mantenne anche ampliandosi, onde perdeva -le proporzioni allorchè la città era estesa quanto -il mondo. Altre Rome ottennero la forma della madre, -ma della prisca non rimaneva che il fantasma; nè coll'aprirla -a tutta Italia, poi all'Impero tutto, si produsse -un vero ordine di cittadini, una nobiltà imperiale, che -desse assicurazioni di libertà al popolo, di durata al -governo, d'efficacia all'amministrazione. -</p> - -<p> -Se Cesare, passaggio fra l'antichità conquistatrice e -le moderne età civilizzatrici e vero fondatore dell'autocrazia, -<span class="pagenum" id="Page_402">[402]</span> -avesse potuto effettuare i grandiosi suoi divisamenti, -ridurre ad unità l'Impero mediante la rappresentanza, -accomunare alle provincie la cittadinanza, -abolire il patriziato originario coll'accogliere nel senato -il meglio d'ogni gente, poteva uscirne un governo -bilanciato, che le forze diverse convergesse ad uno -scopo, e quella mescolanza di Latini, Italici, nuovi -Latini, municipj, coloni, provinciali, fondesse in un -grand'insieme per la franchigia della nazione e l'incivilimento -del mondo. Ma al piccolo ingegno e al piccolo -cuore d'Augusto mancò la capacità o la generosità -d'istituire un freno a se stesso e alla rea volontà de' successivi -imperanti. Questi, all'ombra de' regolamenti con -cui la Repubblica patrizia proteggeva i magistrati, poterono -legalmente ciò che vollero, identificando in sè il -popolo, armandosi dell'autorità tribunizia; e per logica -legalità, al cieco amore di patria rimase sostituita la -cieca obbedienza al despoto di essa. Tutto dipendeva -dai capricci d'un solo, e questo dai capricci dell'esercito; -laonde la monarchia arrotando la conquista, regolò -l'ammirazione del mondo, ma riuscì tempestosa -poco meno della repubblica. -</p> - -<p> -Sotto le forme d'una grande unità, internamente -nulla era fuso; razze, lingue, credenze, istituzioni, intenti, -tutto rimaneva differente; un popolo ignorava -l'altro; le comunicazioni non aperte che fra le capitali, -cioè fra le varie stanze di cittadini di Roma; del resto -avversione reciproca fra soggiogati e vincitori; le compresse -nazionalità rialzavansi a tratti; le provincie, non -che crescessero forza a Roma, la indebolivano reputandola -nemica, e consideravano come propria libertà il -perdersi della loro tiranna; sicchè quell'antagonismo, -nulla avendo di legale, sconvolgeva lo Stato. -</p> - -<p> -I comizj del popolo erano più possibili quando gente -da tutto l'orbe potea prendervi parte? Perchè il senato -<span class="pagenum" id="Page_403">[403]</span> -avrebbe potuto frapporre qualche barriera, tutti gl'imperatori, -buoni o malvagi, fiacchi o risoluti, accordaronsi -nel decimarlo e avvilirlo. E ne restò sbrigliata -la tirannide; tanto più che l'esecutivo non era, come -nei moderni, separato dal potere legislativo; i principi -faceano da giudici, pronunziavano in casi particolari, -ed applicavano le pene da loro stessi decretate. -</p> - -<p> -I buoni imperatori si temperavano nell'esercitare -quest'illimitato e legale rigore: i malvagi ne facevano -stromento a passioni, e coll'infame genìa delle spie -spargevano tra il popolo la pessima delle corruzioni, -quella che ti fa sospettare un nemico in ogni fratello. -Ma a quei mostri che si succedettero sul trono d'Augusto, -udimmo mai rinfacciare che trascendessero la -legge? Nulla avea questa che restringesse i loro arbitrj; -della religione erano essi i pontefici sommi; la moralità -era una controversia di scuola, sottomessa alla -ferrea parola della legge, per la quale chiamavasi diritto -ciò ch'era comandato (jus jussum). Se l'eventualità -della nascita, o il capriccio dell'esercito, o la venalità -d'un'assemblea assidono un mostro sul trono del mondo, -costui diffonderà tanto più la propria corruzione, quanto -più in alto è collocato. Se poi la scarsa fazione de' buoni -vi innalzi principi d'invidiabile virtù, questi allevieranno -i mali di chi sta a loro più vicino, ma dovranno assecondare -anch'essi le materiali inclinazioni che ormai -allo spirito tolgono ogni possanza; giacchè le abitudini -d'un potere sfrenato si connaturarono a segno da non -lasciar discernere la giustizia, nè sentire l'umanità; e -tutte le classi, disarmoniche e scoraggiate, sospingonsi -a vicenda nell'irreparabile abisso. -</p> - -<p> -Questo principe è proclamato superiore alla legge, -eppure, come un balocco da fanciulli, è sollevato e -abbattuto da frequenti rivoluzioni: non di quelle rivoluzioni, -ove fra il sangue proceda la società, come la -<span class="pagenum" id="Page_404">[404]</span> -nave nelle tempeste; ma congiure di Corte o di caserma, -che non fruttano nè franchigie nè esperienza, che uccidendo -il tiranno assodano la tirannia. -</p> - -<p> -Da qui, come da tutte le rivoluzioni, la prevalenza -della forza armata. Costretti a tenersi in guardia men -tosto contro nemici esterni che contro i sudditi, gl'imperatori -crebbero la potenza de' pretoriani, e questi -usurparono la facoltà di eleggerli e mescersi del governo -civile, finchè Comodo strappò le ultime apparenze -di franchigia rimaste al popolo e al senato, col porre -accanto al trono il prefetto del pretorio. Insuperbiti -dal sentirsi necessarj, i pretoriani occupavano i beni -altrui senza tampoco mascherare colle formole l'usurpazione; -svilirono il senato coll'aggregarvi ogni feccia, -purchè pagasse; vendettero i decreti; crearono venticinque -consoli in un anno; che più? posero all'asta -l'Impero. -</p> - -<p> -Quel che i pretoriani in città, pretesero farlo gli -eserciti fuori, conferendo il diadema a quel qualunque, -cui fossero disposti a sostenere. Dopo Massimino cominciano -le gare fra il senato e l'esercito per l'elezione; -e poichè il secondo preponderava, sceglieva gl'imperatori -da nazioni differenti; Roma, invece di dar il -padrone agli stranieri, lo ricevette da essi; e quale -patriotismo poteva attendersi fra capi forestieri e sudditi -avviliti? Poi ciascun esercito pretendendo l'eguale -diritto, ne vennero doppie e triplici elezioni, sostenute -da guerre civili, tra cui si logoravano le armi che sarebbero -state necessarie contro i Barbari, e lasciavansi -sguarnite le frontiere quando più era mestieri guardarle. -</p> - -<p> -Nei censessant'anni descritti dalla <i>Storia Augusta</i>, -settanta persone portarono il titolo imperiale; e, dove -conferivasi a quel modo, manca ogni criterio per distinguere -il legittimo dall'usurpatore, se non sia l'esito. -Effimeri monarchi potevano attenersi ad una politica -<span class="pagenum" id="Page_405">[405]</span> -uniforme? Ogni nuovo venuto vi mescolava alcun che -di personale, compiacevasi operare a rovescio del predecessore; -nessuno proponevasi un gran disegno, nè -aveva il tempo d'effettuarlo. -</p> - -<p> -La divisione dell'Impero fatta da Diocleziano agevolava -il pronto riparare agli invasori, e terminò le sommosse -dei soldati: ma ne venne sterminato aumento -alle spese delle Corti, non più semplici come al tempo -d'Augusto, ma emule della vanità persiana; alle forze -mancò l'accordo, e massime l'Italia nostra ne patì, -cessando d'essere il capo e il cuore di quel corpo -gigantesco. -</p> - -<p> -Costantino conobbe la necessità d'una monarchia -regolare, comunque irrefrenata, e di separar il potere -che dirige da quello che eseguisce; ma non ebbe arte -o volontà di fondere i diversi elementi. Poneva un termine -all'anarchia militare, facendo prevalere l'ordine -civile; fiaccò la guardia pretoriana; ai capi de' soldati -non assegnò che gl'infimi gradi della nuova gerarchia; -quattro prefetti del pretorio e quattro eserciti si tennero -l'un l'altro in rispetto; i soldati si cernirono solo -fra proletarj, e perchè non disertassero, marchiavansi -a fuoco sul braccio o sulla gamba. Restavano da ciò -prevenute le turbolenze e le insurrezioni, ma fiaccata -la robustezza militare allora appunto quando il bisogno -ne cresceva; e disperse le legioni che difendevano i -passi, lasciavansi a sbaraglio le provincie. -</p> - -<p> -I successori suoi abbandonaronsi alla corruttela d'una -Corte asiatica, e i palazzi dov'essi ricoveravano la minacciata -maestà, divennero officine d'intrighi, d'iniqui -giudizj, di basse turpitudini, surrogate ai macelli dei -primi Cesari. Fra cortigiani ed eunuchi, gl'imperatori -non contraevano che avidità di godimenti, non gustavano -che la beatitudine del far nulla; negligendo di -vedere le cose coi proprj occhi, sulla guerra e l'amministrazione, -<span class="pagenum" id="Page_406">[406]</span> -sui lamenti e i bisogni dei popoli acquetavansi -alle relazioni d'un confidente scaltro, brigante o -venale. Che la traslazione della sede fosse opportuna -alla durata dell'Impero, l'attestano i dieci secoli che -Costantinopoli sopravisse: ma fra le due metropoli -entrò gelosia; Roma indispettivasi di vedere diviso il -diadema, e le ricchezze e gli ornamenti suoi passar ad -abbellire la figlia rivale; Costantinopoli recavasi a sdegno -che Roma pretendesse ancora il primato: sul Tevere -ricoveravansi le reliquie del paganesimo in grembo -all'aristocrazia; sul Bosforo versavasi sangue per le -dispute cristiane: dei reciproci pericoli parevano esultare, -anzi talvolta l'una dirigeva sopra l'altra i nemici -o per rancore o per salvare se stessa. -</p> - -<p> -Vedemmo i Romani, sempre mal pratici in fatto di -finanze, dapprima cercare la prosperità col tener basse -le fortune, poi non conoscer la ricchezza che nel cumulo -di metalli preziosi; e dopochè col cessar le -conquiste cessò l'affluenza di questi, nessun modo si -conobbe d'agevolare i cambj, e provaronsi tutte le -angustie della mancanza di numerario. Neppure troviamo -che in quegli estremi si ricorresse ai prestiti -forzati e ai viglietti di banco, come erasi usato ai tempi -d'Annibale; e l'arte riducevasi a smungere i sudditi -col divisare un raffinato concatenamento di vessazioni. -Man mano che l'Impero declina, cessano gli eventuali -ristori che la sua potenza recava; e sempre più bisognoso -d'uomini e di denaro, maggiormente domanda -ai sudditi quanto meno si occupa del loro benessere; -anzi, per soddisfare alle sue necessità, incatena le persone -ed i possessi. Qui v'avea servi affissi ai padroni, -là coloni affissi alla gleba, artigiani affissi alla manifattura, -decurioni affissi al municipio colla persona, le -sostanze, i figliuoli, l'eredità, l'amore<a class="tag" id="tag299" href="#note299">[299]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_407">[407]</span> -</p> - -<p> -L'artigiano non paga le tasse? le dovrà la maestranza -cui egli spetta. Ai sudditi le imposte riescono esorbitanti? -ebbene, soddisfino per essi i decurioni. Abbandonano -i terreni? ebbene, siano obbligati gli altri possessori -a comperarli. I decurioni, aborriti perchè tiranni, -aborrenti perchè tiranneggiati, sottraggonsi a quella -carica? ebbene, vi si obblighino a forza; la assumano -i bastardi, gli Ebrei, i sacerdoti indegni, i soldati fuggiaschi, -i debitori insolvibili. Pertanto i municipj non -erano che un sistema di più vasta e più immediata -oppressura; le corporazioni d'arti equivalevano ad una -galera; il titolo di cittadino romano, dianzi stimato e -compro a gran valuta, era fuggito come un supplizio, -era ripudiato quasi infame<a class="tag" id="tag300" href="#note300">[300]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_408">[408]</span> -</p> - -<p> -Ne' mali più gravi i rimedj stessi aggravano; perfin -la giustizia diviene un'occasione di danni. L'accomunamento -della cittadinanza, reclamato dall'equità e dalla -politica, non fece che spopolare l'Italia, traendone a -Roma tutti i ricchi e gli scioperati: questo gentame -seguì a Costantinopoli il pane e i piaceri, lasciando -l'Italia vuota, deserti i suoi campi, le città senza patrimonio, -senza capi. Allora la patria nostra perdette le -esenzioni, fin là godute come terra sovrana; restò gravata -dalle tasse comuni, appunto quando cessavano -d'affluirle quelle di tutto il mondo; la migrazione dei -ricchi e le rapaci correrie dei Barbari desolavano d'abitanti -le sue città, di frutti le campagne, che, da giardini -dei grandi com'erano prima, si conversero in letto -di fiumi, in asilo di belve e di ladroni. -</p> - -<p> -Come prendersi cura alla difesa d'uno Stato, a cui -non erano attaccati altrimenti che pel sanguinoso legame -del tributo? Quei Greci, quei Galli che avevano -profuso milioni di vite per la propria indipendenza -contro Roma, veruna resistenza opposero agl'invasori. -Il modo d'esazione dei Barbari, semplice per quanto -arbitrario, men rincresceva che non il lento sanguisugio -di un governo, che non pareva essersi raffinato se -non a danno de' sudditi: le migliaja di schiavi sospiravano -l'ora di mirare umiliati i burbanzosi padroni, e -lanciar loro in viso i ceppi che aveano sin allora portati: -i coloni, sottoposti all'enorme capitazione e ad -<span class="pagenum" id="Page_409">[409]</span> -opprimenti servigi di corpo, offrivansi a chiunque promettesse -un sollievo, od almeno una mutazione di mali: -il cittadino si divincolava in quella inestricabile rete -di tirannia che avviluppava tutti, dall'imperatore sino -all'infimo schiavo. -</p> - -<p> -Tra siffatti come suscitare il patriotismo? e tolto -questo, qual movente rimaneva nelle antiche società? -la legislazione? la filosofia? la religione? La prima fu -il vero vanto degli ultimi secoli dell'Impero, consolidando -ed appurando la famiglia e la proprietà, sicchè -il furore de' tiranni violava quegli ordinamenti, ma non -li cambiava: e questo rispetto alle leggi valse a prolungare -l'esistenza di Roma, il cui decadimento venne -lentissimo perchè il sistema era buono, nè facilmente si -cancellava la grandezza del nome suo. -</p> - -<p> -Ma se, vedendo imperatori dispotici, moltitudine -adulante, menzogna perpetua nelle apparenze e nel -linguaggio, le anime nobili s'indignavano, non sorgeano -però ad alto scopo, limitandosi a ribramare il -passato; sicchè non mirando a un avvenire, ne seguiva -sterilità d'intelligenza e di cuore. Una religione -fondata sopra la credenza d'un Dio solo, se anche -travii, può revocarsi a' suoi principj, avendo un punto -saldo da cui prender le mosse. La latina, senza base -una e solida, senz'intima moralità, contraddicente alla -ragione e ai bisogni spirituali di quel tempo, non poteva -restaurarsi, sconnessa che fosse. Inutili dunque gli -sforzi di Augusto per rintegrarla come elemento d'ordine. -Tentarono gli Antonini rinsanichirla innestandovi -la filosofia stoica, e ne sorsero benefici regnanti e vigorosi -magistrati: ma quella scuola, oltre gl'intimi difetti, -non potea mai divenir popolare, come dev'essere una -religione. Tanto peggio riuscirono i tentativi di ringiovanirla -colle dottrine neoplatoniche, coi riti teurgici, -colle iniziazioni mitriache. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_410">[410]</span> -</p> - -<p> -Rimedj organici portava il cristianesimo, destinato -a compier l'opera di Roma, cioè unificare il mondo -nel diritto, ricevere tutti nella gran città, reggere coll'impero -i popoli senza abolirne l'indipendenza e l'autonomia, -e non solo i popoli tra l'Eufrate e il Danubio, -ma fin di là da mari, di cui neppure l'esistenza -conoscevano gl'imperatori: dentro, virtù cittadine e -private rifiorivano; un clero che la legge romana esimeva -dai tributi oppressivi e dalle odiose cariche curiali, -mentre la legge cristiana gli toglieva d'imbrutalire -nell'ozio e ne' bagordi. Ma i monaci nel deserto e i sacerdoti -nelle città, non che tutelare l'antico, invocavano -il giovane mondo. Perocchè il dire che una -società si discioglie, significa che un'altra cova nel -suo seno, il cui fermentare scompone gli elementi -dell'anteriore acciocchè entrino in nuove combinazioni. -Insinuarsi nell'Impero la nuova dottrina non poteva -se non iscomponendo l'ordine, di cui l'apparenza -durava. -</p> - -<p> -Se n'accorsero fin dall'origine i giureconsulti e gli -imperatori, laonde bandirono guerra a questi sudditi -riottosi; e i Cristiani, ridotti a considerare per nemico -un governo che in guise spietate voleva inceppare la -più libera delle cose, la coscienza, se ne sceveravano -stringendosi fra sè; disobbedivano ed erano puniti per -colpe che non si giudicavano disonoranti, sicchè la disciplina -andava a fasci, mentre fiaccavasi il sentimento -morale; ne' magistrati onesti lottavano la coscienza e -la legalità; entro le stesse mura, nella casa stessa, uno -trovavasi nemico dell'altro, e lentavasi ogni legame di -società e di famiglia. -</p> - -<p> -Il cristianesimo, sapendo che la resistenza è colpa -quando cessa d'essere un dovere, per non provocare i -tiranni, aveva dapprima offerto il collo tacendo e perdonando: -invigorito poi ne' tormenti e nelle maschie -<span class="pagenum" id="Page_411">[411]</span> -voluttà dell'astinenza e della solitudine, alza la voce di -mezzo al fragore dell'armi; da credenza personale e -interiore s'è mutato in istituzione, con governo e rendite, -rappresentanza ed assemblee, talchè può svincolarsi -dagl'impacci della società civile. L'unità, scopo -della politica romana, perì allorchè questa a doppio -interesse si dirizzò, alla patria cioè ed al cristianesimo; -e la società che finiva non avendo più l'autorità, la -nuova non avendo ancora la potenza, venne ad accelerarsi -lo sfacelo. -</p> - -<p> -Ogni nuova rivoluzione religiosa noceva allo Stato; -poichè o Costantino alzasse il làbaro, o Giuliano riaprisse -i delúbri, o Gioviano tornasse alla croce, sottraevansi -all'Impero le braccia o il senno di alcuni, che -faceansi coscienza di coadjuvare a chi adorava altrimenti, -o non v'erano sofferti dall'intolleranza: le istituzioni -introdotte e quelle abolite dal cristianesimo -traevano il crollo di altre, su cui la vecchia società era -sistemata: ai municipj non restò più che miseria quando -Costantino applicò i loro possessi alle chiese: dalla -milizia e dalle magistrature molti forti e pensatori si -stornavano per darsi all'eremo o al sacerdozio, e tornavano -di aggravio ai laici le esenzioni concedute al clero. -</p> - -<p> -Nella teologia antica il perire degli Dei faceva perire -la nazione: sicchè Roma dovea cadere perchè caduti i -suoi numi, finir l'Impero perchè era finita quella teologia. -La nuova avrebbe potuto rivolgersi tutta a riformare -i costumi mediante i precetti morali e le leggi -civili: ma ne fu sviata per l'inciampo delle eresie. Perocchè, -se la morale era la conseguenza, la premessa -era il dogma: e quella senza di questo sarebbe soccombuta -nell'urto della barbarie, non potendo dalla -sola filosofia cominciarsi una civiltà duratura. Bisognò -dunque chiarire, precisare, mettere in sodo il dogma: -ma che la morale e l'attuamento di essa nelle leggi non -<span class="pagenum" id="Page_412">[412]</span> -fossero neglette, il palesano la motivazione delle migliori -costituzioni imperiali, tutti gli scritti dei santi Padri, e -quella folla di sacerdoti e di monaci che coll'esempio -e colla parola proclamavano la virtù, pur lamentando -che tanto restasse annebbiata dalle antiche abitudini. -</p> - -<p> -Efficacia pubblica scemò alla religione l'essere la -società civile rimasta ancora pagana di fondo, d'istituti, -di leggi, di costumi, qual era sorta e cresciuta. Essa -possedeva tutte le istituzioni opportune al progresso -delle idee e all'ammiglioramento degl'intelletti; mentre -la religione nuova ne mancava: e tutto dovea dedurre -dalla propria volontà, dalle credenze, dall'impero di -queste sugli animi, dal bisogno che aveano di propagarsi -e d'occupare il mondo. -</p> - -<p> -L'esito del conflitto non restò a lungo dubbioso, e la -società antica fu trafitta nel cuore: ma siccome certi -paladini del medioevo si favoleggiò che persistessero -a combattere tre giorni dopo morti, così quella si reggea -per la propria mole, e pagana nelle midolle anche dopo -fatta cristiana nell'esteriore, prolungò una vita affatto -artifiziale; posto il dogma della Trinità e della Redenzione -in fronte alle leggi, pure l'impero progrediva in -un ordine diverso, se non anche opposto al Vangelo. -Nè il cristianesimo proponevasi d'abbatterlo, suo scopo -essendo il migliorare gli uomini acciocchè s'immegliasse -la società, non già il correggere quelli per mezzo di -questa, come fin allora avevano i savj praticato. Non -fa dunque cessar di colpo le intime ostilità, la schiavitù, -la passiva obbedienza; con quali forze l'avrebbe potuto? -non determina le relazioni di coscienza fra re e popoli, -perchè nazioni cristiane non v'aveva ancora, ma soltanto -individui; al governo siedono imperatori, che sono capi -degli eserciti e dello Stato, pontefici e Dei, con un -senato disposto a tutto confermare, un esercito a tutto -eseguire: ma la Chiesa intuona che gl'imperatori dipendono -<span class="pagenum" id="Page_413">[413]</span> -anch'essi da un Dio, il quale a suo grado li solleva -ed abbatte; che la rigidezza parziale ed esclusiva della -legge romana deve piegarsi alla comprensibilità cristiana, -cioè alla moralità e alla giustizia, uniformi per -tutti; i cesari non sono sbalzati dal trono, ma dall'altare -e dalla sedia pontifizia; e accanto alla società peritura -ne viene alzata per modello una nuova, diversa all'intutto, -fondata sull'eguaglianza degli uomini, con una -gerarchia elettiva, dove non nobiltà, non privilegi ereditarj, -dove gli onori, la considerazione, il potere si -piantano sull'unica base legittima, il merito. -</p> - -<p> -Frattanto i ministri della parola consigliavano a garantirsi -dalla corruzione col ridursi nella solitudine, nella -preghiera, nel celibato: del che i Pagani li rimproverano, -quasi tendessero a rompere ogni legame, fin quelli della -famiglia, e il cristianesimo fosse incompatibile con qualunque -civile assestamento. Sant'Agostino, che vedeva -qual partito potrebbero i nemici della religione trarre -da principj, dei quali soltanto l'esagerazione era pericolosa, -assumeva a dimostrare che il Vangelo non proibisce -nè di portar le armi, nè di sostenere le cariche -pubbliche, ma aspira a formare magistrati integri e -soldati docili alla disciplina; e — Quelli che pretendono -la dottrina di Cristo contraria alla repubblica, ci diano -un esercito composto di soldati quali essa dottrina li -vuole; ci diano magistrati provinciali, mariti, spose, -genitori, figli, padroni, schiavi, re, giudici, debitori, -esattori, quali la legge di Cristo comanda che sieno; e -allora vedremo chi oserà dire che essa è nemica della -repubblica; nè si esiterà a riconoscere quanto la salvezza -dello Stato sarebbe meglio assicurata qualora si -ascoltasse alle nostre esortazioni». -</p> - -<p> -Tal era il vero spirito del cristianesimo; ma non tutti -i dottori cristiani lo comprendevano sì chiaro come -Agostino, e la divergenza d'opinioni dava appiglio ai -<span class="pagenum" id="Page_414">[414]</span> -rimbrotti dei Pagani. Ad ogni modo, società cristiana -non poteva dirsi fintanto che i depositarj della nuova -dottrina non fossero riusciti ad impadronirsi dell'uomo -dalle fasce, eliminare le idee dell'ordine antico, divenute -seconda natura, ed istillar quelle del nuovo, insieme coi -precetti ricevuti sulle ginocchia della madre. -</p> - -<p> -Benchè dunque sembrassero riconciliate la società -civile e la religiosa, sussisteva la contraddizione d'origine -e d'essenza, e comprendeasi che non bastava mutare -le costituzioni romane, ma bisognava per tutt'altra -via dirigere il Governo, se si volesse lo scampo non -dell'Impero ma della società. La nuova fede non era -discesa dal cielo pel Romano soltanto, come il Palladio -e gli Ancili; ma nella giustizia e carità sua abbracciando -il genere umano, sostituiva l'amore universale all'angusto -patriotismo antico: d'altra parte, non vedeansi -già i Barbari combattere nelle file di Roma, e governare, -e talora anche sedere sul trono? Lontani adunque dal -compiangere la rovina d'una società esclusiva, l'invasione -dei Goti consideravano come un estendersi dei -diritti umani, un necessario risanguamento<a class="tag" id="tag301" href="#note301">[301]</a>; e le -macerazioni di Roma come un giusto giudizio delle -sanguinose sue iniquità. -</p> - -<p> -Pertanto non rinvigorirono il patriotico egoismo e -l'odio contro tutte le nazioni: parevano fino esultare ai -disastri della città terrena, i quali tornavano a glorificazione -della città celeste. Di ciò movevano loro acerba -accusa i Gentili, e ne restavano più sempre lentati i -vincoli sociali, e indotto quello spirito di diffidenza e -persecuzione, che è effetto e diviene causa della sconnessione -sociale. Qualora poi il pericolo stringesse, -ambe le parti esagerando, gli uni ponevano ogni fiducia -ne' martiri e nei miracoli, gli altri nelle viete osservanze; -<span class="pagenum" id="Page_415">[415]</span> -invece di cercar le cause presenti dei mali ed i rimedj, -i Gentili ripeteano, — Ecco come si vendicano quei -numi abbandonati, sotto i quali era giganteggiata la -romana fortuna»; di rimpatto i Cristiani sulla nuova -Babele intonavano le minaccie de' profeti contro l'antica, -e ne' disastri scorgevano l'avviso o la punizione di -Dio, il trionfo della verità, la legge della Provvidenza. -Nel più sublime de' loro carmi essi leggevano le maledizioni -contro di Roma: «Uno dei sette angeli venne, -e disse al veggente di Patmo: — Ti mostrerò la condanna -della gran meretrice, che siede sopra le grandi -acque. E lo trasportò nel deserto, e vide una donna -seduta sopra una bestia color porpora, piena di nomi -di bestemmia, con sette teste e dieci corna; ed era -vestita di porpora e di grana, fregiata d'oro, di gemme -e di perle, e teneva in mano un vaso d'oro, e sulla -fronte portava scritto <i>Mistero</i>. E l'angelo gli disse: — Perchè -stupisci? io ti dirò il mistero della donna e -della bestia che la porta, e che ha sette teste e dieci -corna. Le sette teste sono i sette colli sopra cui ella è -posta: le acque che tu vedi, sono i popoli, le genti, le -favelle: la donna è la gran città, che regna sopra i re -della terra. Tutte le nazioni furono sedotte da' suoi -prestigi; i mercadanti della terra si arricchirono degli -eccessi del suo lusso; essa si elevò nell'orgoglio suo e -tuffossi nelle delizie, dicendo in suo cuore, <i>io son regina, -e mai non cadrò in lutto</i>; e divenne una Babilonia -madre delle fornicazioni e d'ogni abominio, e -inebbriò i re della terra col vino della sua prostituzione, -e nella stessa coppa fece bevere tutti i popoli del mondo. -Dai quali comperò preziosità, ed essi esclamarono: -<i>Qual città fu mai pari a questa?</i> Ma guaj a lei, che -s'ubriacò del sangue de' santi, del sangue dei martiri di -Gesù. I mercadanti della terra gemeranno e piangeranno -sopra di essa, perchè non fia più chi compri le loro merci, -<span class="pagenum" id="Page_416">[416]</span> -le merci d'argento e d'oro, di pietre, di perle, di bisso, -di porpora, di seta, di grana, d'ogni sorta legni odorosi, -e mobili d'avorio, e gemme preziose, e rame e -ferro e marmo, e cinnamomo ed incenso, vino, olio, -fior di farina, biada, bestie da carico, agnelli, cavalli, -carri, schiavi ed anime d'uomini. In un giorno le verrà -lutto e morte, fame e incendio, perchè forte è il Signore -che la giudicherà»<a class="tag" id="tag302" href="#note302">[302]</a>. -</p> - -<p> -Che vediamo dunque a Roma negli ultimi suoi tempi? -sul trono un fasto imbelle e snervante; usurpatori che -si disputano le provincie senza saperle difendere; confische -e procedure moltiplicate dai sospetti; le pubbliche -cose in mano di schiavi, di stranieri, d'eunuchi; -cortigiani che rinterzano intrighi; vescovi in lite e -scisma tra sè; provincie quali perdute, quali in tentenno; -gli eserciti composti di barbari soldati, comandati da -barbari generali; decurioni per forza; magistrati che -procurano, come nei naufragi, raccogliere qualche -brano di potere e di ricchezza; molti ribellatisi alle -leggi, che fanno guerra alle vie e ai campi; una plebe -ignorante, scostumata, inerme, che, oppressa da sciagure, -pretende dall'avvenire ciò che questo non le potrebbe -dare, e con odio sovente ingiusto trabalza quelli -che con inconsiderato entusiasmo elevò; finchè, caduta -nella prostrazione d'animo che consegue alla servitù -ed alla diuturnità dei mali, guarda impassibile lo sfasciarsi -d'un ordine di cose che nè teme nè ama, e, per -sottrarsi ai mali incalzanti, desidera fin i disastri gravi -ma passeggeri della guerra. Pertanto l'impronta degli -ultimi anni dell'Impero è la vigliaccheria; è una personalità -inerte, a cui le irruenti sventure non istrappano -che querele, e del passato non ritiene se non un residuo -di idee pagane, che rende necessaria la distruzione di -<span class="pagenum" id="Page_417">[417]</span> -quel cadavere, la cui putrefazione avrebbe appestato la -terra. -</p> - -<p> -A distruggerlo ecco i Barbari. La Germania era -divisa fra cento popolazioni, da nessun legame od interesse -congiunte nell'impresa; e non appena le aquile -latine aveano fitto in una l'artiglio, una nuova sottentrava -con integre forze e diverso metodo di guerra; -sicchè per quattro secoli, da Basilea sino alle foci del -Reno e del Danubio, durarono aperte ostilità o pace -armata, nè le guerre profittavano ad altro che a respingere -l'assalto. Ma ormai che valeano le barriere -poste dalla natura e dall'uomo, quando d'ogni dove i -nemici irrompevano, o per naturale desiderio d'avventure -e pericoli, o per avidità di preda, o per vendetta, -o per impulso d'altri Barbari, o per sollecitazione -d'alcun ambizioso? -</p> - -<p> -Que' Germani venivano tutt'animo e spiriti guerreschi, -colle virtù domestiche, e coi vizj della forza. Capi, eletti -per merito e nel fiore dell'età, servivano di raffaccio -agli accidianti augusti; le assemblee generali sotto cielo -aperto, agl'intrighi de' gabinetti romani; gli eserciti -ignudi e baldanzosi, alle truppe comprate e insofferenti -della disciplina; i Germani robustamente sistemati nelle -loro tribù, ai Romani svigoriti dallo spegnersi del patriotismo; -il governo semplice e spicciativo di quelli, -ad uno di fiscali e legulej, al quale, come al vampiro, -non rimaneva fiato se non per suggere il sangue. La -brutalità barbarica era meno obbrobriosa che non l'affinata -dissolutezza de' Romani che aveano abusato di -tutte le dottrine, di tutti i godimenti: que' caratteri -vigorosi sapeano obbedire, sapeano sacrificarsi, possedevano -istintivamente quel sentimento d'onore che l'antichità -classica non conobbe, e di cui il cristianesimo -dovea poi valersi per formare la coscienza pubblica, -e costituire l'obbedienza ragionevole. I Germani agognavano -<span class="pagenum" id="Page_418">[418]</span> -acquistare una patria: i Romani non curavano -difendere la propria. Fra i primi le donne stimolavano -al valore ed alle imprese: le nostre svogliavano dalle -pubbliche cure, talvolta ancora tradivano, come dicesi -che la moglie di Stilicone invitasse Alarico, Onoria conducesse -Attila, Genserico Eudossia. Quelli erano animati -da religione sanguinaria, che assegnava il paradiso in -premio delle stragi: questi divisi tra una voluttuosa che -sfasciavasi, e una nuova che, avendo il suo regno in -altro mondo che questo, insegnava ad offrire la guancia -sinistra a chi la destra avea percosso. -</p> - -<p> -Il popolo di Marte come poteva ritardar la sua caduta -altrimenti, che col rinfrescare l'elemento suo primo, la -forza? Tanto si vide allorchè sedette a capo dell'Impero -una serie di prodi, cresciuti fra l'armi e sollevati dal -valore: ma i più, giunti alla porpora, deponevano -l'usbergo, o ignari d'ogni altro studio fuor della guerra, -mandavano a precipizio l'amministrazione. Nell'esercito, -cernito per forza, la disciplina, nerbo di Roma, pervertivasi; -si voleva ragionare l'obbedienza: era bisogno di -trasportare le legioni su remoto confine? ricusavano, -pronte a salutare augusto il primo che promettesse -riposo e donativi; lagnavansi del peso delle armadure, -e prima la corazza, poi il caschetto vollero deporre; -preferivano il comodo dei cavalli alla fermezza della -fanteria; cessarono di fortificare ogni volta gli accampamenti, -sicchè, esposti senza difesa, più non poterono -confidare che ne' turpi passi della fuga. -</p> - -<p> -Che se ancora il desiderio di passare dalla classe degli -oppressi in quella degli oppressori faceva ad alcuni desiderare -la condizione di soldato, in cui potessero saccomannare -le provincie, esigere lauti donativi dagli -imperatori, deporli e crearli a talento, cambiossi il caso -dopo Diocleziano e Costantino, quando una regolata -gerarchia ridusse l'esercito alla vera sua natura di -<span class="pagenum" id="Page_419">[419]</span> -macchina. Allora il fasto della Corte attribuiva i titoli -della milizia a chi avesse, non meritato in opera d'arme, -ma prestato servigi al principe; sicchè trovossi più -comodo intrigare in palazzo che combattere sul campo: -ogni gloria era riservata all'imperatore; dall'arbitrio -di questo gli onori e le dignità. Nulla dunque allettava -alla pericolosa e non necessaria carriera dell'armi; e -tanto meno dacchè, forse per impedire le frequenti -sedizioni, Gallieno escluse i senatori dal capitanare eserciti. -Allora i patrizj infingardirono, e fuggendo dall'Italia, -s'andavano a rimpiattare nella Macedonia, nella -Dalmazia, nella Tracia, per sottrarsi alle dignità e alla -milizia che recava gravissimo peso e scarsi onori. Il -popolo minuto rifuggiva dal servizio a segno, che per -sottrarsene molti si amputavano il pollice<a class="tag" id="tag303" href="#note303">[303]</a>. -</p> - -<p> -Quando Italia fu invasa, non si trovò chi ostasse: Stilicone -offrì due monete d'oro a qualunque schiavo si -arrolasse, mentre un tempo costoro venivano accettati -appena in pericoli stringentissimi: città folte di popolo -e munite resistettero solo qualche istante a bande di -scorridori, ignari dell'arte degli assedj, e incapaci di -perseverare ad un'impresa. Inetti a resistere coll'armi, -i figli di quel Camillo che volea la patria salvata col -ferro non coll'oro, chetano i nemici a denaro, prima -palliato col nome di soldo, poi preteso apertamente -siccome tributo. L'Impero ne resta smunto, e costretto -a gravare più sempre i sudditi, mentre i nemici se ne -rifacevano, per tornare più vigorosi a nuove pretensioni, -perduto il rispetto che ispira una nazione domabile sol -dopo lunga resistenza. Che se quel soldo fosse tardato -o disdetto, i Barbari venivano a ripeterlo colle armi, -più baldanzosi quanto più i provinciali divezzavansi da -queste. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_420">[420]</span> -</p> - -<p> -Fu dunque forza rimettersi affatto a braccia straniere: -riempiute le schiere di così fatti, anche il comando se -ne affidò a Barbari, che per tal via ascesero alle supreme -magistrature. Grandi capitani ne trasse Roma, non -mossi però da carità di patria, o da quel sentimento -che è padre del vero coraggio, bensì da cupidigia di -tesori e di gradi, o da ambiziose gelosie: Rufino sommoveva -i Vandali e i Goti per contrariare Stilicone; -questo lasciavasi fuggir di mano i Goti perchè non si -cessasse d'aver bisogno di lui; Ezio non esterminava -Attila per impedire gl'incrementi di Torrismondo. Gli -imperatori non poteano riporre piena fiducia in eroi -prezzolati: i cortigiani invidiavano ed aborrivano cotesta -genìa, potente solo per le spade: la vanità latina -si teneva oltraggiata dalla superiorità di quelli che continuava -a chiamar barbari: e Stilicone, Ezio, Romano, -Nigidio cadevano sotto al pugnale di maligni eunuchi -o d'emuli imbelli. -</p> - -<p> -Eppure a svecchiare l'Impero, o almeno a difenderlo -da nuove invasioni, unico partito sarebbe stato il fondere -i Romani coi Goti, gente da gran pezzo abituata -agli ordini de' Romani, tra cui o presso cui viveva, non -isnervata dai vizj della civiltà, e capace di riceverne i -vantaggi, come ne fanno prova i regni dove si piantò. -Ma da una parte vi si oppose l'antipatia nazionale, -inasprita dai disaccordi religiosi; dall'altra la sleale -politica credeva sottigliezza d'accorgimento il seminare -zizzania fra i popoli assalitori; e col violare i patti e -con turpi tradimenti gl'irritava, e toglieva la possibilità -d'onorevoli accordi. -</p> - -<p> -Disgustati, essi rivoltavansi contro quelli che dianzi -aveano difesi; tornando d'aver servito nelle legioni, -rivelavano le ricchezze e le delizie de' paesi romani, -e la facilità di conquistarli; e ricomparivano più baldanzosi -e più forti. Al crescere del pericolo scemavano -<span class="pagenum" id="Page_421">[421]</span> -i mezzi di ripararvi; ogni provincia che i Barbari invadono, -cessano le contribuzioni di generi e d'uomini -all'Impero; si ritirano dalle frontiere le guarnigioni e -i magistrati, abbandonando le antiche conquiste agli -assalitori ed a se stesse. Allora si scioglie il solo legame -che unisce a Roma i varj municipj; e tutti si -smembrano senza un pensiero al bene del corpo, al -quale erano appiccicati, non congiunti. Solo in governi -federativi, o dove le libertà provinciali sono profondamente -radicate ne' costumi, le nazioni possono sussistere -anche con un governo debole, e fin senza governo: -qui invece erasi voluto ridurre ogni cosa al -centro, e sfasciavasi l'intero corpo quand'era minacciato -il capo. -</p> - -<p> -Qualche imperatore s'avvisò di riscuotere il patriotismo -coll'avventurare, fra quello scompiglio, alcun -elemento di libertà; il diritto di tener armi, levato -dall'ombroso Augusto, fu restituito ai sudditi<a class="tag" id="tag304" href="#note304">[304]</a>; -Graziano esortò le provincie a formare assemblee, ove -discutere sopra oggetti di pubblico interesse, non impedite -o ritardate da verun magistrato<a class="tag" id="tag305" href="#note305">[305]</a>; Onorio -suggerì perfino una specie di governo federativo che -raccogliesse quei divisi, ma niuna provincia o città ne -approfittò<a class="tag" id="tag306" href="#note306">[306]</a>: tanto al sentimento affatto locale di -quelle società riusciva incomprensibile e repugnante il -<span class="pagenum" id="Page_422">[422]</span> -sentimento dell'unione. Pertanto ciascuno, uomini e -corpi, restringendosi in se stessi, non rimase chi difendesse -l'Impero: i Barbari lo sovvertirono a loro voglia, -finchè risolsero d'abolirlo. -</p> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap57">CAPITOLO LVII. -<span class="smaller">Ultimi imperatori.</span></h2> -</div> - -<p> -Gl'imperatori stessi, inetti a sostenerlo, davano il -crollo all'Impero. Valentiniano III, trionfante senz'aver -combattuto <span class="sidenote">(450)</span>, si scapestrò dopo la morte di Placidia; e -preso in odio e in sospetto Ezio, salvatore dell'Impero, -ad istigazione de' suoi eunuchi gl'immerse in cuore -quella spada che mai non avea saputa impugnare -contro de' Barbari. Con pari viltà furono assassinati -gli amici del patrizio: al quale, come all'uomo che -soccombe, furono attribuiti ambiziosi disegni, accordi -coi nemici, macchinate rivolte. Vili che applaudissero -all'imperiale assassino non mancarono; ma un Romano -osò dirgli: — Tu facesti come chi colla sinistra si amputasse -la destra». -</p> - -<p> -A scorno della virtuosa moglie Eudossia, Valentiniano -lasciviva fin sopra le dame principali. La moglie -di Petronio Massimo, ricco senatore di casa Anicia, gli -resistette; ma un giorno al giuoco l'imperatore vinse -a costui l'anello, e di questo si valse per mandar a -chiamare la casta donna in nome del marito e se ne -sbramò. Massimo propose tergere l'oltraggio nel sangue, -e due fedeli di Ezio, improvvidamente accolti fra -le guardie imperiali, gli prestarono il braccio per scannare -Valentiniano <span class="sidenote">(455 — 16 marzo)</span>. Massimo non durò fatica a erigersi -imperatore; ma quest'atto fu il termine delle prosperità -<span class="pagenum" id="Page_423">[423]</span> -e delle virtù, di cui egli era stato fin allora un modello <span class="sidenote">(455)</span>. -Quanto non dovette egli sospirare la privata onorevole -tranquillità allorchè si trovò a capo d'un Impero che -uom del mondo più non era capace di rinfiorire! Coll'amico -Fulgenzio, al cadere di giornate tempestose e -di notti insonni, esclamava: — Fortunato Damocle, il -cui regno cominciò e finì nel pranzo istesso!» -</p> - -<p> -Volle puntellarsi sul trono coll'impalmare a suo figlio -Palladia, primogenita dell'ucciso imperatore; ed egli -stesso, mortagli la virtuosa donna, menò a forza la -vedova di Valentiniano. Costei, per vendicar sè ed il -marito, si dirizzò al terribile Genserico, che con robusto -armamento di Vandali e Alani dall'Africa sbarcò alla -foce del Tevere. Massimo rimase ad aspettarlo con una -freddezza che non era coraggio; ma dal popolo fu tolto -a sassi, e gettato nel Tevere <span class="sidenote">(12 giugno)</span>. -</p> - -<p> -Tre giorni dopo, Genserico era alle porte di Roma, -la quale, sapendo assassinare, non difendersi, limitavasi -a piangere ed orare. La religione di nuovo la coprì col -suo manto; e Leone papa, che l'avea schermita da Attila, -uscì col clero in processione, e coll'autorità d'uomo -venerato e colla santità del ministero indusse Genserico -a risparmiare le stragi e il fuoco; del resto tutto -fu abbandonato ad un saccheggio di quattordici giorni. -Al tempio di Giove in Campidoglio fu tolto fin il tetto -di bronzo dorato, salvandone però le statue dei numi e -degli eroi. In quello della Pace aveva Tito deposti gli -arredi del culto giudaico, la tavola e il settemplice candelabro -d'oro; e questi pure furono rapiti. Nè le chiese -cristiane restarono immuni; e le ricchezze sfuggite ad -Alarico vennero accumulate sulle navi africane, che -parevano vendicare Cartagine. Eudossia medesima, -avanzatasi incontro all'invocato liberatore, si vide strappar -di dosso le gioje, e con due figliuole fu imbarcata -fra migliaja di schiavi, scelti per bellezza o vigorìa. -<span class="pagenum" id="Page_424">[424]</span> -Prospero vento portò a Cartagine le prede e le persone, -alle quali alcun ristoro diede il vescovo Deograzia, -ricoverandole nelle chiese, soccorrendole cogli -ori di queste, e coi conforti che la carità sola conosce. -Il poeta Paolino, allora vescovo di Nola, convertì in -questo pio uso tutte le ricchezze ecclesiastiche; e nulla -più restandogli, per riscattare il figliuolo d'una vedova, -diede schiavo se stesso<a class="tag" id="tag307" href="#note307">[307]</a>. -</p> - -<p> -Anche da altre parti i Barbari irrompevano, e le -provincie scotevano il giogo di Roma. Franchi ed Alemanni -procedettero fino alla Senna; alle coste portavano -assalto i Sassoni; i Goti aspiravano a durevoli -conquiste. A frenare costoro, Massimo aveva destinato -Flavio Avito, nobile d'Alvergna, che in sua giovinezza -attese alle lettere e al diritto, combattè a fianco di Ezio, -meritò d'essere prefetto al pretorio della Gallia; poi -dal ritiro villereccio presso Clermont chiamato generale -della fanteria e cavalleria, non si ricusò al bisogno -della patria, tenne in rispetto i Barbari, ed egli medesimo -andò a trattare con Teodorico II re dei Visigoti. -Costui, udita la morte di Massimo, esibì assistere Avito -per succedergli <span class="sidenote">(10 luglio)</span>; e Roma e l'Italia nol poterono ricusare, -solo pregandolo a por sua sede nell'antica capitale -del mondo. -</p> - -<p> -La virtù di Avito non resistette alle blandizie d'un -grado, cui, perduta la potenza, restavano le seducenti -vanità; e molti mariti inimicò. Lo scontento non tardò -a prorompere; e il senato, che nella debolezza degli -augusti aveva ricuperato alcuna autorità, pose in campo -il suo diritto d'eleggere l'imperatore. A nulla però sarebbe -<span class="pagenum" id="Page_425">[425]</span> -riuscito se non v'avesse dato appoggio il conte -Ricimero, uno de' principali comandanti dei Barbari -ausiliarj in Italia. Distrutte sessanta galee vandale nelle -acque della Corsica, era costui stato salutato liberatore -d'Italia: del quale trionfo imbaldanzito, intimò ad Avito -di deporre la porpora <span class="sidenote">(456 — 16 8bre)</span>. Questo cercò sicurezza col farsi -ungere vescovo di Piacenza; ma quivi pure perseguito -dalla vendetta del senato, mentre fuggiva verso la natale -Alvergna, morì o fu ucciso. -</p> - -<p> -Vacato alquanto l'Impero, fu conferito a Giulio Valerio -Magioriano <span class="sidenote">(457 — 1 agosto)</span>, degno di migliori tempi. In voce di -coraggioso, liberale e accorto, sotto Ezio militò con -tanta gloria, da eccitarne la gelosia; degradato per ciò, -fu riassunto alla morte di quello, e Ricimero, divenuto -patrizio d'Italia, lo costituì generale della cavalleria e -della fanteria; e poi ch'ebbe in quel grado respinto -gli Alemanni che erano proceduti fino a Bellinzona di -qua dall'alpi Lepontine, lo collocò sopra un trono, di -cui disponeva a suo talento. Dell'elezione Magioriano -fece saputo il senato e l'esercito<a class="tag" id="tag308" href="#note308">[308]</a>: — A sostenere -il colmo del principato, non per volontà mia m'accostai, -ma per ossequio della pubblica devozione, onde non -vivere a me solo, o ricusando non parere ingrato alla -repubblica per cui nacqui. Or favorite al principe da -voi creato, e partecipate con noi alla cura degli affari, -acciocchè l'impero, datomi per vostra istanza, cresca -per le concordi attenzioni. La giustizia varrà al tempo -nostro, e la virtù potrà prosperare sotto la tutela dell'innocenza. -Nessuno temerà gli spionaggi, che già da -privati noi detestammo, e che ora specialmente condanniamo: -delle calunnie abbia paura soltanto chi le -porti. Col padre e patrizio nostro Ricimero, vigilantissimo -delle cose militari, avremo cura di serbare il -<span class="pagenum" id="Page_426">[426]</span> -mondo romano, che in comune assicurammo da esterni -nemici e da domestica discordia. Spero che della elezione -nostra voi serberete tal memoria, quale io, consorte -una volta dei vostri pericoli, mi riprometto senza -manco dall'amor vostro; e se il Cielo m'assista, mi sforzerò, -con autorità di principe e riverenza di collega, -che non abbia a spiacervi il giudizio che di me recaste». -</p> - -<p> -Il linguaggio costituzionale de' primi anni dell'Impero, -disusato da tanto tempo, suona ancora in questo -editto, e per l'ultima volta. -</p> - -<p> -Nelle poche sue leggi Magioriano mostrava i sentimenti -generosi e generosamente espressi d'un padre -di popolo infelice, che ai mali di questo soccorre ove -può, se non altro li compatisce. Le fortune dei provinciali, -«attrite dalla varia e molteplice esazione di tributi, -e dagli straordinarj pesi fiscali», sollevò alquanto -depennando i vecchi crediti del fisco; e toltala alle -commissioni straordinarie<a class="tag" id="tag309" href="#note309">[309]</a>, tornò ai provinciali la -giurisdizione sulle tasse. I senati minori, cioè i corpi -municipali, «viscere delle città e nervi delle repubbliche», -erano tanto sviliti dall'ingiustizia de' magistrati -e dalla insaziabilità degli esattori<a class="tag" id="tag310" href="#note310">[310]</a>, che i cittadini se -ne sottraevano coll'esigliarsi lontano od ascondersi. -Magioriano gli esorta a tornare, alleviandone i pesi; -e scioltili dall'esser garanti del tributo nel loro distretto, -esige da essi soltanto un esatto conto del ricevuto e dei -debitori morosi. Ai difensori della città restituisce la -tutelare potenza, confortando ad eleggere a quel grado -persone incorrotte, capaci e coraggiose di sostenere il -<span class="pagenum" id="Page_427">[427]</span> -povero e combattere il prepotente, ed informare l'imperatore -de' soprusi, col suo nome ammantati. Provvide -anche agli antichi edifizj, o per negligenza crollanti, -o che abbatteansi onde avere materiali a nuove fabbriche. -All'adultero, confisca de' beni ed esiglio; se -tornasse in Italia, poteva essere ucciso impunemente. -Nessuna si consacrasse a Dio prima dei quarant'anni: -le vedove minori di quest'età si rimaritassero, o perdessero -metà dei beni. Annullati i matrimonj disuguali. -Di quel che vi si scorge d'eccessiva minutezza, di sproporzionato -rigore e di rimembranze pagane, lo scusi -la buona intenzione. -</p> - -<p> -Sconfitto Genserico che era sbarcato in Italia, Magioriano -meditava ricuperare l'Africa; ma non potendo -restituire il coraggio e la disciplina nelle legioni, assoldò -Barbari, e a capo loro <span class="sidenote">(458)</span> passate le Alpi di fitto -inverno, vinse Teodorico II visigoto, e lo accettò in -alleanza; intanto che negli arsenali di Miseno e di -Ravenna faceva allestire navigli, sicchè prontamente -ebbe raccolte a Cartagena trecento grosse galee e adeguato -numero di sottili. Ma Genserico ridusse a deserto -la Mauritania, e sorpresa la flotta mal guardata nel -porto, vi fisse il fuoco. Magioriano si trovò allora -ridotto ad accettare una tregua, durante la quale accelerò -nuovi preparativi: ma gli scontenti prodotti dalle -sue riforme toccarono il colmo per la presente disgrazia, -e il sollevato campo l'uccise a Voghera <span class="sidenote">(461 — 2 agosto)</span>. -</p> - -<p> -Ricimero allora ingiunse al senato d'eleggere Vibio -o Libio Severo, oscuro lucano: poi, appena gli riuscì -incomodo, il tolse di mezzo <span class="sidenote">(465 — 15 agosto)</span>, e per venti mesi governò, -non assumendo verun titolo, ma facendo tesoro, armi, -alleanze in proprio nome. Protestavano contro la sua -dittatura Marcellino ed Egidio. Il primo, letterato e -fedele all'antica religione, era stato caro ad Ezio, perseguito -da Valentiniano, da Magioriano messo a governare -<span class="pagenum" id="Page_428">[428]</span> -la Sicilia e l'esercito ivi disposto contro i Vandali; -dappoi, occupata la provincia della Dalmazia, si -intitolò patrizio dell'Occidente, e andando in corso per -l'Adriatico, infestava le coste d'Italia e d'Africa. Egidio, -maestro della milizia nella Gallia, si chiarì nemico agli -uccisori di Magioriano, e con forte esercito si rese formidabile: -presso Orleans sconfisse gl'imperiali e minacciò -l'Italia: nè forse Ricimero seppe disfarsene altrimenti -che col veleno. -</p> - -<p> -Anche Beorgor re degli Alani era sceso in Italia <span class="sidenote">(464)</span>, ma -sotto Bergamo toccò una sconfitta sì piena, che dopo -d'allora più non trovasi mentovata quella gente. Genserico, -non fiaccato dalla grave età, usciva ogni primavera -con grossa flotta dal porto di Cartagine, e se il -piloto gli chiedesse ove drizzar la prora, rispondeva: — Ove -soffiano i venti, che ci porteranno al lido cui -la divina giustizia voglia punire». Quanto bagna il -Mediterraneo fu infestato da' costui ladroni, i quali, -non avidi di gloria ma di bottino, sfuggivano d'affrontare -eserciti in campagna, o assaltar fortezze; e sui loro -cavalli battuto il litorale e rapitone il bello e il buono, -si rimbarcavano. Ricimero, sprovveduto di forze navali, -dovette lasciare che gl'italiani ricorressero alla mediazione -dell'imperatore di Costantinopoli. -</p> - -<p> -Questi spedì ambasciatori a Marcellino, che, pago di -vedersi con tal atto riconosciuto sovrano della Dalmazia, -promise restar quieto. Genserico, al contrario, alzava le -pretensioni, e pretendeva che suo cognato Olibrio fosse -elevato augusto; ma in vece sua, dopo diuturna vacanza, -fu gridato Procopio Antemio <span class="sidenote">(467 — 12 aprile)</span>, galata di nazione, -uno de' più illustri privati dell'impero Orientale, e genero -dell'imperatore Marciano. Mosso da Costantinopoli -con molti conti e con piccolo esercito, entrò in Roma -trionfalmente, e senato, popolo, federati approvarono -la scelta. Ricimero, che nella vacanza avea continuato -<span class="pagenum" id="Page_429">[429]</span> -da padrone, volle gli sposasse una sua figlia, e splendidissime -celebraronsi le nozze. Antemio, lasciando -Costantinopoli, avea ceduto la sua casa per farne un -bagno pubblico, una chiesa, un ospizio pei vecchi: -pure in Roma tollerò sì gli avanzi del paganesimo, sì -gli eretici, e nel fôro Trajano rinnovò l'antica cerimonia -del manomettere i servi colla guanciata, «pronto -(diceva il suo panegirista) a sciogliere gli antichi schiavi -e farne di nuovi»<a class="tag" id="tag311" href="#note311">[311]</a>. -</p> - -<p> -Leone imperatore d'Oriente adoprò allora le sue -forze e centrentamila libbre d'oro per isbrattare dai -Vandali il Mediterraneo; il patrizio Marcellino, colle -sue navi avvezze a corseggiare, li snidò di Sardegna; -Basilisco, fratello dell'imperatrice d'Oriente, comandava -la flotta di mille centredici navi, e più di centomila fra -soldati e ciurma: ma Genserico trovò ancor modo di -gettar le fiamme nella flotta, sicchè i due Imperj videro -andar col fumo un armamento che gli avea spossati. -Basilisco, con appena mezze le navi, fuggì a Costantinopoli; -Marcellino si ritrasse in Sicilia, dove cadde assassinato; -e Genserico tornò despoto del mare, aggiunta -anche la Sicilia al suo dominio, mentre l'Impero perdeva -tutte le provincie d'oltr'Alpe. -</p> - -<p> -Ricimero, non trovando Antemio abbastanza ligio, si -ritirò da Roma a Milano, e intendendosela coi Barbari, -minacciava guerra civile, se Epifanio vescovo di Pavia -non fosse riuscito a conciliare l'imperatore di nome -con quello di fatto. Ma il barbaro patrizio covava -l'astio; e raccolto un grosso di Borgognoni e di Svevi, -negò di più obbedire all'impero greco e all'eletto di -quello, e proclamò Anicio Olibrio. Questo senatore, -della più illustre famiglia romana, avendo sposata Placidia, -ultima figlia di Valentiniano III, vantava ragioni -<span class="pagenum" id="Page_430">[430]</span> -al trono; e come cognato di Genserico, aveva l'appoggio -di questo: lasciati gli ozj di Costantinopoli, dove -era fuggito da Roma dopo il saccheggio di Genserico, -sbarcò in Italia, e fu portato da Ricimero verso l'antica -metropoli. Il senato e parte del popolo stavano per -Antemio, e sostenuti da un esercito goto o gallo, tre -mesi resistettero; ma una forte fazione repugnava a -quell'imperatore, greco d'origine e poco zelante della -fede; talchè Ricimero prevalse <span class="sidenote">(472 — 11 luglio)</span>, fece trucidar l'imperatore -suo suocero, e col saccheggio satollò le milizie. -</p> - -<p> -Dopo poche settimane Ricimero stesso moriva, cessando -di sovvertire l'Impero, e lasciando l'esercito al -nipote Gundibaldo principe de' Borgognoni. Olibrio -anch'esso non sopravisse che sette mesi; e l'imperiale -corona fu usurpata da un Flavio Glicerio <span class="sidenote">(473)</span>, non sappiamo -quale; poi da Leone imperatore di Costantinopoli data -a Giulio Nepote, successo allo zio Marcellino nella sovranità -della Dalmazia <span class="sidenote">(474)</span>. Condottosi in Italia, e quivi agevolmente -mutato in vescovo il competitore Glicerio, -riconfortò di qualche speranza l'Impero cadente. Ma -da lontano Eurico re dei Visigoti lo costrinse a cedergli -l'Alvergna; da vicino i Barbari federati, insorti -sotto Oreste, marciarono da Roma a Ravenna <span class="sidenote">(475 — 28 agosto)</span>. Fuggì al -loro avvicinarsi Giulio, e abdicandosi d'un trono che fa -meraviglia come ancora trovasse aspiranti, visse nel -suo principato della Dalmazia, ove quattro anni appresso -fu assassinato da due cortigiani di Glicerio. -</p> - -<p> -Oreste, figlio di Tatullo, avea servito da segretario -ad Attila e da suo ambasciadore a Costantinopoli. Morto -il terribile padrone, ricusò obbedire ai figli di esso nè -ai Visigoti; e raccozzato uno sciame dei Barbari che -seguivano il Flagello di Dio, massime Eruli, Scirri, -Alani, Turcilingi e Rugi, li menò al soldo di Roma col -nome consueto di federati. Gl'imperatori per paura e -necessità lo contentarono di regali e di gradi, fin a intitolarlo -<span class="pagenum" id="Page_431">[431]</span> -patrizio e generale. Infido ajuto, poichè, acquistata -autorità su quella sua banda, come uomo sicuro -ch'egli era e loro compatrioto e vivente al modo stesso, -gl'indusse a scuotere l'obbedienza, e gridar imperatore -suo figlio Romolo Augusto <span class="sidenote">(476 — 28 8bre)</span>, vezzeggiato in Momillo -Augustolo. -</p> - -<p> -Quelle ciurme raccogliticcie, recandosi a vile un imperatore -ch'era loro creato, pretendevano facesse ogni -loro talento, aumentasse paghe e doni; anzi, invidiando -i Barbari che aveano già acquistato ferme stanze nella -Gallia, nella Spagna, in Africa, domandarono anch'essi -un terzo delle terre italiane. Oreste negò contentarli -della domanda; ma essi trovarono chi gliela esaudì. -</p> - -<p> -Collega di Oreste nell'ambasceria d'Attila a Costantinopoli -era stato un Edecone, il cui figlio Odoacre, -senz'altro retaggio che il proprio valore, l'adoprò alla -rapina e a servire chi lo pagasse, pensando farsi buona -parte fra le tempeste d'allora. Errò qualche tempo nel -Norico; poi calato nel bel paese, e udito i federati -mormorare pel rifiuto d'Oreste, — Io v'accorderò -quanto bramate, purchè a me vogliate sottomettervi». -Accorsero a gara sotto le bandiere di esso <span class="sidenote">(476)</span>, che senza -contrasto giunse fino all'Adda; preso Oreste in Pavia, -lo mandò a morte; avuta compassione o disprezzo dell'imbelle -Augustolo, sol notevole per giovanile bellezza, -gli assegnò seimila monete d'oro l'anno; e Luculliano, -villa sul delizioso promontorio di Miseno, fabbricata -da Mario, abbellita da Lucullo con tutte le arti di -Grecia, poi gradita campagna degl'imperatori, indi -nelle invasioni mutata in fortezza, diveniva asilo dell'ultimo -successore d'Ottaviano. -</p> - -<p> -A che serviva omai questa dispendiosa dignità d'imperatore? -Adunque, sotto dettatura del Barbaro, il senato -scrisse all'imperatore Zenone a Costantinopoli: — Non -intendiamo continuare più oltre la successione -<span class="pagenum" id="Page_432">[432]</span> -imperiale in Italia; basta la maestà d'un solo monarca -a difendere l'Oriente e l'Occidente; sia dunque Costantinopoli -sede dell'impero universale; a tutelare la repubblica -romana rimarrà Odoacre, cui ti preghiamo -concedere il titolo di patrizio e l'amministrazione della -diocesi italica». Zenone esitò; e nel giovane figlio di -Oreste, in cui per bizzarro caso si univano i nomi del -primo re e del primo imperatore romano, terminò -l'impero d'Occidente, 476 anni dopo Cristo, 1229 dopo -la fondazione della città, 507 dopo che la battaglia -d'Azio vi stabilì il dominio d'un solo. Roma aveano -governata in prima sette re, poi quattrocentottantatre -coppie di consoli, infine settantatre imperatori. -</p> - -<p> -E qui si chiude la storia di Roma: storia la più -importante del mondo, non solo per noi, che viviamo -sul suolo stesso, e che possiamo ed affacciarla a chi ci -chiama nazione molle, e tenercene obbligati ad essere -grandi noi pure, sebbene in modo diverso; ma anche -per le lezioni, di cui l'incremento, la grandezza, il dechino -di essa sono fecondi a chi guarda l'uomo, e la -potenza di lui ammira meno nelle violenze della forza, -che nelle lente conquiste del diritto. Poi quella storia -si mescola a tutte le posteriori, giacchè gli Stati successivi -d'Europa sono romano-germanici, e molti fatti -trovano in quella o la spiegazione o l'esempio. E noi, -credenti e speranti che l'uman genere progredisca imparando -e migliorando, noi severi scrutatori delle virtù -romane, noi proclameremo come una delle più belle -glorie italiane l'immensa efficacia che Roma esercitò -agli avanzamenti di quello. -</p> - -<p> -Dalla rupe Tarpea i Romani guardavansi come una -gente privilegiata che non si conosce alcun obbligo -morale colle altre, tutte barbare, predestinate al ferro -de' guerrieri e all'ingordigia de' proconsoli, i quali, tra -un parco di schiavi, in una miniera di denari qual è il -<span class="pagenum" id="Page_433">[433]</span> -mondo straniero, procedono come il dio Marte lor -progenitore, intimando — Guai ai vinti». Un popolo -che non intendeva la proprietà, non la libertà; che -disciplinato soltanto per la guerra anche nella pace, -lottava onde ripartirsi la preda; che il patriotismo -riponeva non tanto nell'amar la propria, quanto nell'odiare -le altre nazioni; che facevasi gloria dello sterminio; -che unico mezzo di sussistenza considerava la -dilapidazione, la rapina, la schiavitù, parve ad alcuni -null'altro che abbominevole, mentre altri ne deducevano -falsi concetti di gloria, e il vanto delle guerre -ambiziose e dei colpi robusti, e la giustificazione -dell'esito. -</p> - -<p> -Ma colla smania o piuttosto la necessità delle conquiste, -i Romani arrestavano l'indefinito suddividersi -dei popoli, introducevano qualche ordine nel caos delle -genti antiche; per modo che quelle che prima non si -conoscevano che per cozzarsi e distruggersi, si trovassero -strette nell'unità della forza prepotente, poi della -legge e dell'amministrazione. -</p> - -<p> -In tutta la società antica non si erano vedute fin -allora che comunità di pochi, o accidentale aggregazione -di molte comunità, dominate da una sola, e pronte -a sconnettersi: Roma sola faticò all'opera eminentemente -italiana di unire; ed organizzatrice anche al -tempo di sua decadenza, colla spada ravvicina elementi -disparati; per conservarli introduce unità di -governo, principj di equità, nozioni di diritto; vuole -assimilarsi il mondo, impresa mai più tentata, e formare -una patria, una città; allo sfrazionamento de' Comuni -sostituisce l'idea di nazione; agl'individui surroga -un popolo, un popolo re; spezza mille barriere, frapposte -alle genti; innesta civiltà dissomigliantissime, -sicchè l'una all'altra profitti. In quell'espansione il -Britanno del pari e l'Etiope si trovarono concittadini; -<span class="pagenum" id="Page_434">[434]</span> -si estesero la lingua, l'arte, la legislazione romana; anzi -ne' paesi sottoposti quasi d'altra civiltà non ci fu tramandata -memoria che della romana; e i Balbi di Napoli, -i Virj e i Plinj di Como, i Nepoti e i Catulli di -Verona, i Severi di Trieste, i Fabj di Brescia, i Sergj di -Pola sono romani; come sono inglesi tutti i nomi segnalati -nell'Unione americana. -</p> - -<p> -Ma fondere non poteva Roma, essa medesima mancando -di quell'unità, superiore alle contingenze umane, -nella quale soltanto possono i popoli affratellarsi, e -costituire una dinastia di nazione, non più regnante per -la forza ma per l'intelligenza. La necessità di questo -grande eguagliamento non era predetta dalle Sibille, -non l'avvisavano filosofi nè statisti, irritavansi anzi coi -Cristiani che la predicavano; sicchè Roma moriva persuasa -della propria immortale sovranità; moriva per -la forza, essa che di forza era vissuta. -</p> - -<p> -Moriva, ma dopo che, venendo ultima degli antichi -popoli, seppe profittare dell'esperienza di tutti, sistemarla -col senso legale, sublimarla col cristianesimo; -moriva, ma un immenso retaggio lasciando all'avvenire. -La sua supremazia assicurò il primato dell'Europa sul -resto del mondo, giacchè, in qualunque parte essa arrivò, -stabilì città donde s'irradiava l'incivilimento, e che -dapprima fissarono al terreno l'onda dei Barbari, più -tardi coi vescovi e coi Comuni poterono frangere la -tirannide feudale. I reggimenti municipali dall'impero -istituiti o regolati, restarono, almeno ne' paesi non -occupati dai Longobardi; e sebbene si restringessero -a semplice amministrazione, misti ad elementi settentrionali, -e vivificati dalle ecclesiastiche immunità produssero -i Comuni del medioevo e la più gloriosa età -dell'Italia. Già era non solo nata, ma svolta la più parte -delle idee destinate a vivere nella società nuova; il -primato pontifizio, la solitaria operosità de' monaci, il -<span class="pagenum" id="Page_435">[435]</span> -rinnovamento dell'arte, la lingua vulgare, perfino la -scolastica, perfino la filosofia della storia con sant'Agostino. -La letteratura latina, per quanto di fioritura -breve, più di qualsiasi ebbe durata ed estensione, perocchè -si collocò accanto ad ogni altra nazionale, educando -i nuovi popoli europei, che tutti ne desunsero -qual più qual meno il carattere: l'Omero dei mezzi -tempi facevasi guidare da Virgilio traverso al miracoloso -viaggio, col quale esordiva al volo delle letterature -moderne. -</p> - -<p> -Quell'idioma, universale alla Chiesa universale, depositaria -privilegiata della civiltà e del sapere, viepiù -veniva opportuno nell'ignoranza, e nelle scarse comunicazioni -d'allora; e modificando i prischi dialetti, generò -le nuove favelle, che sono un latino corrotto, -rigenerato da spirito analitico e flessibile; più logiche -se meno maestose, più limpide se meno poetiche. -</p> - -<p> -Le leggi di Roma, perchè dirette al mondo intero, -aveano meno dell'arbitrario e del particolare; e in -canoni generali dominano i costumi e le credenze -tutte; tutti i fatti sociali, tutte le differenze riconducono -ad unità di principj. In conseguenza si adattano -anche all'avvenire, e mantenute in prima e modificate -nella Chiesa, poi introdotte nelle scuole e nella società -secolare a dar norma agli atti, alle transazioni, ai contratti, -offrirono grandiosi modelli d'ordine e di equità; -la legislazione moderna s'affisse al diritto romano come -al suo principio, spesso come a suo testo; man mano -che si scioglie dai vincoli feudali, la proprietà torna -a regolarsi alla romana; il nostro ordinamento amministrativo -è istituzione romana acconciata a governi -temperati: sebbene sia vero che talvolta quegl'istituti -divennero ceppi a coloro che non sanno ammirare -senza voler imitare. -</p> - -<p> -Il concetto di un potere centrale, che tutto muova e -<span class="pagenum" id="Page_436">[436]</span> -governi, fu trasmesso da Roma, parte coll'amministrazione -sopravissuta, parte nelle ricordanze: i popoli -barbari l'ammiravano, pur senza forza o sapienza bastante -a raggiungerlo; e di esso fu merito se un impero -cristiano rivisse sotto Carlo Magno, se alle sfrantumate -giurisdizioni feudali riuscirono legisti popolani -ad opporre la liberale perchè tutrice preponderanza -d'un'autorità suprema. -</p> - -<p> -Così Roma, perduto lo scettro della forza, afferrerà -quello del pensiero; dopochè per cinque secoli fu centro -dell'unità materiale e della forza politica, lo diverrà -della forza spirituale e dell'unità intelligente; papi e -imperatori aspireranno alla primazia per memoria di -Roma, mentre il servo invocherà nell'emancipazione -d'essere dichiarato cittadino romano; sicchè quella -città per nuova via tornerà a mettersi a capo dell'incivilimento, -in una grande unificazione, che non abolisca -le nazionalità particolari, le provincie, i Comuni, ma -dia vita alla nazione cristiana, la quale sarà la più -civile; e fondata sul dogma dell'eguaglianza delle -anime, cioè sull'unità d'origine, di redenzione, di fine, -più non retrocederà, e nella quale la potenza che regola -i corpi non potrà nulla sugli spiriti. Stupendi frutti -della romana sapienza, dacchè fu fecondata dal cristianesimo, -che, cancellando le idee ingiuriose a Dio, cancella -pur quelle ingiuriose all'uomo. -</p> - -<p class="pad2 center large"> -FINE DEL TOMO QUARTO E DEL LIBRO QUINTO -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_437">[437]</span> -</p> - -<h2 id="aggiunte">AGGIUNTE</h2> -</div> - -<p class="indl"> -Vol. I, p. 169, alla nota 12 aggiungi: -</p> - -<p> -Sul <i>Nexum et la contrainte par corps en droit romain</i> offrì -un'importante dissertazione all'Istituto di Francia nel 1874 il -sig. S. Vainberg. -</p> - -<p> -Vedasi pure <span class="smcap">Unterholzer</span>, <i>Lehre des römischen Rechts von -den Schuld Verhältnissen</i>, Lipsia 1840; <span class="smcap">Sell</span>, <i>De jure romano -nexo et mancipio</i>, Brunswich 1840, come Vainberg, sostiene che -<i>nexum</i> e <i>mancipium</i> fossero una cosa stessa, attuata sempre -per <i>æs et libram</i>. <span class="smcap">Giraud</span>, <i>Des nexi</i>, distingue il <i>nexum</i> dal -<i>mancipium</i>; <span class="smcap">Huschke</span>, <i>Ueber das Recht des Nexum, und das -altrömische Schuldrecht</i>, Lipsia 1846; <span class="smcap">Bachofen</span>, <i>Das Nexum</i>, -Basilea 1846. -</p> - -<p class="indl"> -Vol. I, p. 261, alla nota 23 aggiungi: -</p> - -<p> -Il più recente lavoro che conosciamo sopra Selinunte è di -Otto Benndorf (Berlino 1873), <i>Die Metopen von Selinunt, mit -Untersuchungen über die Geschichte, die Topographie und die -Tempel von Selinunt</i>, con 13 tavole. -</p> - -<div class="somm"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_439">[439]</span> -</p> - -<h2><a id="indice" href="#indfront"> -INDICE</a></h2> - -<table class="indice" summary=""> - <tr> - <td><span class="smcap">Capitolo</span></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">XLIII.</td> <td>Da Comodo a Severo. Despotismo militare</td> <td class="pag"><a href="#cap43"><i>pag.</i> 1</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">XLIV.</td> <td>I Trenta Tiranni. Diocleziano. Imperatori colleghi. Costituzione mutata</td> <td class="pag"><a href="#cap44">22</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">XLV.</td> <td>Nemici dell'Impero. I Germani. Costantino</td> <td class="pag"><a href="#cap45">65</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3" class="center">LIBRO QUINTO</td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">XLVI.</td> <td>Il Cristianesimo perseguitato, combattente, vincitore</td> <td class="pag"><a href="#cap46">87</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">XLVII.</td> <td>Traslazione della sede imperiale a Costantinopoli. Costituzione del Basso Impero</td> <td class="pag"><a href="#cap47">125</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">XLVIII.</td> <td>Figli di Costantino. Sistemazione ecclesiastica. L'Arianismo</td> <td class="pag"><a href="#cap48">160</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">XLIX.</td> <td>Giuliano. Riscossa del Paganesimo</td> <td class="pag"><a href="#cap49">180</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">L.</td> <td>Da Gioviano a Teodosio. I santi Padri. Trionfo del Cattolicismo</td> <td class="pag"><a href="#cap50">199</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">LI.</td> <td>La coltura pagana digrada, si amplia la cristiana</td> <td class="pag"><a href="#cap51">236</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">LII.</td> <td>Trasformazione delle arti belle</td> <td class="pag"><a href="#cap52">269</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">LIII.</td> <td>Miglioramenti e complesso della legislazione</td> <td class="pag"><a href="#cap53">286</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">LIV.</td> <td>Impero diviso. Onorio. Invasione di Alarico</td> <td class="pag"><a href="#cap54">342</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">LV.</td> <td>Valentiniano III. Gli Unni</td> <td class="pag"><a href="#cap55">379</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">LVI.</td> <td>Sulla caduta dell'Impero romano</td> <td class="pag"><a href="#cap56">392</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">LVII.</td> <td>Ultimi imperatori</td> <td class="pag"><a href="#cap57">422</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="2">Aggiunte al volume I</td> <td class="pag"><a href="#aggiunte">437</a></td> - </tr> -</table> - -<hr /> - -</div> - -<div class="footnotes"> - -<h2> -NOTE: -</h2> - -<div class="footnote" id="note1"> -<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>. </span><span class="smcap">Lampridio</span>, <i>Vita di Alessandro</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note2"> -<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>. </span><i>Sororibus suis constupratis, ipsas concubinas suas sub -oculis suis stuprari jubebat, nec irruentium in se juvenum carebat -infamia, omni parte corporis atque ore in sexum utrumque -pollutus</i>. Historia Aug., 47.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note3"> -<p><span class="label"><a href="#tag3">3</a>. </span>Lampridio, <i>Vita di Pertinace</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note4"> -<p><span class="label"><a href="#tag4">4</a>. </span><span class="smcap">Dione</span>, in <i>Didio Giuliano</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note5"> -<p><span class="label"><a href="#tag5">5</a>. </span><span class="smcap">Suida</span>, pag. 257.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note6"> -<p><span class="label"><a href="#tag6">6</a>. </span>In ragione di settantacinquemila moggia l'anno.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note7"> -<p><span class="label"><a href="#tag7">7</a>. </span><i>Omnia fui, et nihil expedit</i>. Historia Aug., 71.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note8"> -<p><span class="label"><a href="#tag8">8</a>. </span><span class="smcap">Erodiano</span>. Bisognerà comprendervi i giardini.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note9"> -<p><span class="label"><a href="#tag9">9</a>. </span></p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Fecisti patriam diversis gentibus unam,</i></p> -<p class="i02"> <i>Urbem fecisti quæ prius orbis erat.</i></p> -<p class="i09"> <span class="smcap">Rutilio</span>, Itinerario.</p> -</div></div> - -<p> -V'è chi ascrive questa legge a Marc'Aurelio (<span class="smcap">Mannert</span>, <i>Commentatio -de Marco Aurelio Antonino, constitutionis de civitate -universo orbi data auctore</i>. Alla 1772); e forse v'avea posto restrizioni, -che Caracalla levò.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note10"> -<p><span class="label"><a href="#tag10">10</a>. </span>Lampridio trasse dagli archivj della città questo processo -verbale della elezione di lui: -</p> - -<p> -— Il giorno avanti le none di marzo, essendosi in folla raccolto -il senato nella curia, cioè nel tempio sacro alla Concordia, -e avendo pregato Aurelio Alessandro Cesare Augusto -a intervenirvi, ed avendo egli ricusato perchè sapeva trattarsi -di onori suoi, poscia essendo venuto, si acclamò: «O augusto -innocente, gli Dei ti conservino. Alessandro imperatore, gli -Dei ti conservino. Gli Dei ti hanno dato a noi, gli Dei ti -conservino. Gli Dei ti tolsero dalle impure mani, gli Dei ti -perpetuino. Tu pure soffristi l'impuro tiranno, tu pure ti dolesti -di vedere quell'impuro ed osceno; gli Dei lo svelsero, gli -Dei ti conservino. Infame imperatore, giustamente dannato! -Felici noi dell'imperio tuo, felice la repubblica! L'infame fu -trascinato coll'uncino ad esempio spaventevole; il lussurioso -imperatore fu a ragione punito. Dei immortali, ad Alessandro -vita; di qui appajano i giudizj degli Dei». -</p> - -<p> -E avendo Alessandro ringraziato, si acclamò: «Antonino -Alessandro, gli Dei ti conservino. Ti preghiamo ad assumere il -nome d'Antonino. Vendica tu l'ingiuria di Marco; vendica tu -l'ingiuria di Vero; vendica tu l'ingiuria di Bassiano. Peggior di -Comodo fu il solo Elagabalo, nè imperatore, nè Antonino, nè -cittadino, nè senatore, nè nobile, nè romano. I tempj degli Antonini -un Antonino dedichi; il casto riceva il sacro nome, il -nome di Antonino, il nome degli Antonini». -</p> - -<p> -E dopo le acclamazioni, Aurelio Alessandro Cesare Augusto -proferì: «Vi ringrazio, o padri coscritti, non ora primamente, -ma e pel titolo di Cesare, e per la vita salvata, e per l'aggiunto -nome d'Augusto, pel pontificato massimo, per la podestà tribunizia, -pel comando proconsolare, cose tutte che, con nuovo -esempio, in un sol giorno mi conferiste». E come ebbe parlato, -si acclamò: «Queste accettasti; accetta ora il nome di Antonino». -Ed egli: «Non vogliate, vi prego, o padri coscritti, costringermi -ad accettare un nome cui mi sarebbe difficile soddisfare, -già gravi essendo questi insigni nomi. Chi intitolerebbe -Cicerone un muto? chi un ignorante Varrone? Marcello un -empio?» -</p> - -<p> -Di nuovo fu acclamato come sopra, e l'imperatore disse: -«Qual sia stato il nome degli Antonini, ricordi la clemenza -vostra. Se pietà, chi più santo del Pio? se dottrina, chi più -prudente di Marco? se forza, chi più robusto di Bassiano?» -Di nuovo si acclamò come sopra, e l'imperatore soggiunse: -«Certo vi ricorda come testè quel più laido di tutti i bipedi non -solo ma e de' quadrupedi, portasse il nome di Antonino, e in -turpitudine e lussuria superasse i Neroni, i Vitellj, i Comodi, -e quali erano i gemiti di tutti: e pei circoli del popolo e dei -nobili una sola voce fosse, che sconvenientemente e' si chiamava -Antonino, e che da tale obbrobrio era violato tanto nome». -</p> - -<p> -Mentre parlava si acclamò: «Gli Dei allontanino i mali; te -imperante, di ciò non temiamo; ne siamo sicuri te duce. Vincesti -i vizj, vincesti i disonori, ornasti il nome d'Antonino. -Certi siamo, ben presumiamo; noi te fin dalla puerizia approvammo -ed oggi approviamo». Allora l'imperatore: «Nè io -esito ad assumer questo nome a tutti venerabile, perchè tema -che ne' vizj risolvasi la mia vita, o abbia a vergognarmene; -ma mi spiace prima il prendere il nome d'altra famiglia, poi -credo di gravare me stesso». -</p> - -<p> -E di nuovo gli fu acclamato, ed egli proseguì: «Perocchè, se -accetto il nome di Antonino, posso anche quello assumere di -Trajano, di Tito, di Vespasiano». E gli fu gridato: «Come -Augusto, così anche Antonino». Allora l'imperatore: «Vedo -che cosa vi spinga a tale aggiunta. Augusto è il primo fondatore -dell'impero, e nel nome di lui tutti succediamo quasi -per adozione e per dritto ereditario: anche gli Antonini furono -detti Augusti. Ma il nome fu ereditario in Comodo, affettato -in Bassiano, ridicolo in Aurelio». -</p> - -<p> -E gli fu acclamato: «Alessandro Augusto, gli Dei ti conservino. -Alla verecondia tua, alla prudenza, all'innocenza, alla -tua castità. Di qui comprendiamo qual diverrai; tu farai che -il senato ben elegga i principi. Sii vincitore! sii sano! regna -per molti anni». Alessandro soggiunse: «Vedo, o padri coscritti, -d'aver ottenuto quel che desideravo, e ve ne ringrazio, -e procurerò che questo nome che porto nell'impero sia tale -che da altri si desideri, ed offrasi ai buoni uffizj della vostra -pietà». E avendolo più volte ripetuto, e' disse: «Più facile -mi sarebbe stato accettare il nome degli Antonini; poichè condiscenderei -in parte alla parentela od alla comunanza del titolo -imperiale. Ma il cognome di Magno perchè si adopra? -che cosa ho fatto di grande? e sol dopo belle imprese l'ebbe -Alessandro, dopo grandi trionfi Pompeo. Cheti dunque, e voi -stessi, magnifici, contate me per uno di voi, anzi che darmi -il nome di Magno». -</p> - -<p> -Dopo di che fu acclamato: «Aurelio Alessandro Augusto, -gli Dei ti conservino». -</p> - -<p> -Tali erano le discussioni del glorioso senato; in tali atti si -sfogava la manìa delle mozioni, triviale occupazione degli inetti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note11"> -<p><span class="label"><a href="#tag11">11</a>. </span>Il vescovo Eusebio la chiama religiosissima e di gran -pietà (<span class="smcap lowercase">VI.</span> 21), lo che da alcuni la fece credere cristiana. La -vita d'Alessandro, nella <i>Storia Augusta</i>, è piuttosto un romanzo -sul fare della <i>Ciropedia</i>. Erodiano sembra più attendibile, -e s'accorda coi frammenti di Dione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note12"> -<p><span class="label"><a href="#tag12">12</a>. </span>Vedi Manso, <i>I Trenta Tiranni</i> (ted.), dietro alla sua <i>Vita -di Costantino</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note13"> -<p><span class="label"><a href="#tag13">13</a>. </span>Delle minutezze cui scendeva Aureliano in fatto di disciplina -militare sia argomento questa lettera a un suo luogotenente: — Se -vuoi essere tribuno, anzi se t'è caro di vivere, -tieni in freno le mani dei soldati. Niun d'essi rapisca i polli -altrui, niuno tocchi le altrui pecore. Sia proibito il rubar uve, -il far danno ai seminati, l'esigere dalla gente olio, sale, legna, -dovendo ognuno contentarsi della provvisione del principe. Hanno -i soldati a rallegrarsi del bottino fatto sopra i nemici, non delle -lagrime de' sudditi romani. Ognuno abbia l'armi sue ben terse, -le spade ben aguzze ed affilate, e le scarpe ben cucite. Alle -vesti logore succedano le nuove. Mettano la paga nella tasca, e -non nella taverna. Ognuno porti la sua collana, il suo anello, il -suo bracciale, e nol venda o biscazzi. Si governi e strigli il cavallo -e il giumento per le bagaglie, e così ancora il mulo comune -della compagnia, e non si venda la biada lor destinata. -L'uno all'altro presti ajuto, come se fosse un servo. Hanno il -medico senza spesa; non gettino denaro in consultare indovini. -Vivano costantemente negli alloggi; e se attaccheranno -lite, non manchi loro una mancia di buone bastonate».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note14"> -<p><span class="label"><a href="#tag14">14</a>. </span><i>Absit ut auro fila pensentur; libra enim auri tunc libra -serici fuit</i>. <span class="smcap">Vopisco</span>, in <i>Aureliano</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note15"> -<p><span class="label"><a href="#tag15">15</a>. </span>Se pure va inteso così il <i>publicavit</i> di Vopisco.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note16"> -<p><span class="label"><a href="#tag16">16</a>. </span>Da Claudio II a Diocleziano non si batterono più monete -d'argento, ma di rame argentato. Quelle d'oro continuarono ad -essere di titolo fino, perchè il tributo era pagato in oro.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note17"> -<p><span class="label"><a href="#tag17">17</a>. </span>Vopisco soggiunge che i discendenti di Probo andarono -ad abitare nelle vicinanze dei laghi di Garda e di Como.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note18"> -<p><span class="label"><a href="#tag18">18</a>. </span><i>Edda Sæmundar. Rigsmal.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note19"> -<p><span class="label"><a href="#tag19">19</a>. </span><i>Reges ex nobilitate, duces ex virtute sumunt</i>. <span class="smcap">Tacito</span>, -cap. <span class="smcap lowercase">VII</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note20"> -<p><span class="label"><a href="#tag20">20</a>. </span>Il Muratori talvolta scrive: — Gli Sciti, o vogliam dire i -Goti», al 267, 271 ecc.; e tal altra: — Gli Sciti, cioè i Tartari», -al 261.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note21"> -<p><span class="label"><a href="#tag21">21</a>. </span><span class="smcap">Zosimo</span>, i. 67; <i>Panegyr. veteres</i>, <span class="smcap lowercase">V</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note22"> -<p><span class="label"><a href="#tag22">22</a>. </span>Romagnosi (<i>Dell'indole e dei fattori dell'incivilimento</i>, -part. <span class="smcap lowercase">II</span>. c. 252) accolse l'opinione d'alcuni, che, per avversione -a Costantino, presentano quella di Massenzio come un'«opposizione -armata in senso nazionale». Io non trovai il minimo appoggio -a tale asserzione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note23"> -<p><span class="label"><a href="#tag23">23</a>. </span>È bizzarro come la boria municipale sapesse innestare le -origini favolose delle città colle sacre. Il Malvezzi cronista bresciano -(<i>Rer. It. Script.</i>, tom. <span class="smcap lowercase">XIV</span>. 780) racconta che Ercole fondò -a Brescia la rocca Cidnea (<i>Brixia Cydneæ supposita speculæ</i>, -cantò Catullo); poi la cinsero di torri e di spalti i Tirreni, dai -quali in dritta linea derivavano i santi Faustino e Giovita. -</p> - -<p> -Nella cattedrale di Gorizia conservossi il bastone pastorale -che Ermagora avrebbe ricevuto da san Pietro; come in San -Carpoforo a Como quel che usava san Felice primo vescovo. Più -famoso è il codice dei vangeli, che stava nel monastero di San -Giovanni del Timavo, distrutto dagli Ungari nel 615, donde -passò al monastero Belinese, e di là al capitolo d'Aquileja, sotto -il patriarcato dei Torriani, di cui porta lo stemma. Carlo IV -nel 1353 passando per Aquileja, ottenne dal patriarca gli ultimi -due quaderni di quella reliquia, che comprendono dal versetto 20 -del cap. <span class="smcap lowercase">XII</span> sino al fine; e li regalò alla metropolitana di Praga, -ordinando di legarli in oro e perle, assegnandovi duemila ducati; -e volle che l'arcivescovo e il clero andassero incontro alla reliquia, -ed ogni pasqua fosse portata in solenne processione. Gli -altri cinque quaderni, rimasti ad Aquileja, furono poi recati a -Venezia per ordine del doge Tommaso Mocenigo nel 1420: ma -l'umidità danneggiò talmente il manoscritto, che più non è leggibile, -e si disputò perfino se fosse latino, e se su papiro o pergamena. -I dubbj furono risoluti da Lorenzo della Torre, nel ii -vol., pag. 548 e seg. dell'<i>Evangeliarium quadruplex</i> del Bianchini -(Roma 1749). Che questo brano appartenesse al manoscritto -d'Aquileja raccogliesi anche da ciò, che in esso, dove -finisce il vangelo di san Matteo, si legge, <i>Explicit evangelium -secundum Matthæum, incipit secundum Marcum</i>; e nulla segue. -Nel 1778 Giuseppe Dobrowsky, sotto il titolo di <i>Fragmentum -pragense evangelii sancti Marci, vulgo autographi</i>, fece a Praga -stampare i sedici fogli donati da Carlo IV, e apparve che non -era neppure l'antica versione italica, ma quella emendata da -san Girolamo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note24"> -<p><span class="label"><a href="#tag24">24</a>. </span><i>Epistola</i> <span class="smcap lowercase">I</span> di san <span class="smcap">Pietro, ii.</span> 9.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note25"> -<p><span class="label"><a href="#tag25">25</a>. </span>San Paolo, <i>ad Eph.</i>, IV. 13.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note26"> -<p><span class="label"><a href="#tag26">26</a>. </span><i>Audio eos turpissimæ pecudis caput asini consecratum, -inepta nescio qua persuasione, venerari</i>, fa dire Minucio a Cecilio. — <i>Ab -indoctis hominibus scriptæ sunt res vestræ.</i> <span class="smcap">Arnobio</span>, -I. 39. — Il padre Mamachi, nelle <i>Origini ed antichità cristiane</i> -(1750), comincia dal riferire a lungo tutti i titoli d'onore che -davansi a questi, poi quelli d'ignominia: ed erano, 1. atei, -2. magi e malefici, 3. prestigiatori, 4. greci e impostori, 5. sofisti, -6. seduttori, 7. seguaci di nuova, prava, smodata o malefica superstizione, -8. di religione barbara e pellegrina e barbari, 9. malvagi -demonj, 10. disperati e parobolani, 11. sarmentizj e serniassj, -12. biatanati, cioè violentemente uccisi, 13. ottusi, stolidi, -rozzi, idioti, ignoranti, goffi, inetti, agresti, miseri, fatui, ostinati, -di deplorata e illecita fazione, 14. plantina prosapia e panattieri, -15. nazione nemica della luce e amante i nascondigli, -muta in pubblico, 16. persone vili, 17. asinaj e adoratori di asini, -18. stranieri, faziosi, rei d'offesa divinità, sacrileghi, profani, -varj, 19. nemici dell'uman genere e de' principi, omicidi, incestuosi, -pessimi, scelleratissimi d'ogni ribalderia, 20. uomini da -nulla negli affari, 21. Cristempori o negozianti di Cristo, 22. sibillisti, -23. Giudei. Seguono le accuse che ad essi venivano apposte, -dividendole in ventiquattro capi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note27"> -<p><span class="label"><a href="#tag27">27</a>. </span>Αἶρε τοὺς ἀθεοὺς era il grido contro loro sotto Adriano. E -nel dialogo di Minucio, l'interlocutore gentile esclama: <i>Cur -nullas aras habent? templa nulla? nulla nota simulacra?... -Unde autem, vel quis ille, aut ubi, deus unicus, solitarius, destitutus?</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note28"> -<p><span class="label"><a href="#tag28">28</a>. </span>Pare uno sbaglio di san Giustino, che credette a lui dedicata -l'iscrizione, <span class="smcap">Semoni sanco deo fidio sacrum</span>, la quale -alludeva a una delle antiche divinità italiche.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note29"> -<p><span class="label"><a href="#tag29">29</a>. </span><span class="smcap">Gruner</span>. <i>De odio humani generis Christianis a Romanis -objecto</i>. Coburgo 1755. <i>Genus humanum</i> in questo senso è solenne -in Tacito; Pisone dice: <i>Galbam consensus generis humani, -me Galba cæsarem dixit</i>. Hist., lib. I. Da ciò Tito fu detto -<i>delizia del genere umano</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note30"> -<p><span class="label"><a href="#tag30">30</a>. </span><span class="smcap">Dione</span>, lib. LII. 36. Le parole sono precise: ἠνάγκαζε..... -τοὺς δὲ δὴ ξενίζοντας.... μίσει, καὶ κόλαζε. Se le ricordi chi vanta -la tolleranza religiosa degli antichi, dimenticandosi le stragi di -Cambise, i tempj incendiati da Serse, i processi contro Protagora, -Diagora, Socrate, Anassagora, Stilpone; per non dir nulla degli -Egizj. Platone stesso e Cicerone nelle immaginarie loro repubbliche -negano tollerare culti stranieri.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note31"> -<p><span class="label"><a href="#tag31">31</a>. </span><i>Domitius Ulpianus rescripta principum nefaria collegit, -ut doceret quibus pœnis affici oportet eos qui se cultores Dei -confitentur</i>. <span class="smcap">Lattanzio</span>, Inst., v. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note32"> -<p><span class="label"><a href="#tag32">32</a>. </span><i>Solus Dei homo</i>. Tertulliano, <i>Scorp.</i> 14.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note33"> -<p><span class="label"><a href="#tag33">33</a>. </span><span class="smcap">Tertulliano</span>, <i>Apol.</i> <span class="smcap lowercase">I.</span> 21. Abbiamo una sentenza di -questo tenore: «Essendo che Sperato, Cittino... confessano -di essere cristiani, e ricusano di rendere omaggio e rispetto allo -imperatore, ordiniamo sieno decapitati». <span class="smcap">Baronio</span>, <i>ad ann.</i> -202, § 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note34"> -<p><span class="label"><a href="#tag34">34</a>. </span>In Ispagna fu trovato un marmo, ove Nerone è lodato -d'aver purgata quella provincia «dai ladroni, e da quelli che -inculcavano una nuova superstizione al genere umano». Ap. -<span class="smcap">Muratori</span>, <i>Thes. Ant.</i>, i. 99. Si dubitò della sua autenticità, ma -la sostenne il protestante Gian Ernesto Walchio, <i>Marmor -Hispaniæ antiquum vexationis Christianorum neronianæ insigne -documentum illustratum, etc. v. c. F. Goris consecratum.</i> -Jena 1750.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note35"> -<p><span class="label"><a href="#tag35">35</a>. </span>Anche qui la leggenda intervenne, e narrò che Plinio -fosse in Creta convertito da Tito discepolo di San Paolo, e -subisse il martirio. Rincresceva ai Cristiani di credere perduto -l'uomo che avea reso testimonianza delle loro virtù.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note36"> -<p><span class="label"><a href="#tag36">36</a>. </span><i>Certatim gloriosa in certamina ruebatur, multoque avidius -tunc martyria gloriosis motibus quærebantur, quam nunc -episcopatus pravis ambitionibus appetuntur</i>, <span class="smcap">Sulpicio Severo</span>, -lib. II. -</p> - -<p> -A coloro che riducono a minimo numero le vittime, volle -rispondere il Visconti (<i>Mem. romane d'antichità</i>. Roma 1825) -colle tante iscrizioni di martiri. Di molti non s'indicava il nome, -ma il numero; come, -</p> - -<p class="center"> -MARCELLA ET CHRISTI MARTYRES CCCCL.<br /> -HIC REQVIESCIT MEDICVS CVM PLVRIBVS.<br /> -CL MARTYRES CHRISTI. -</p> - -<p> -Fors'anche son numeri di martiri quelli che, senz'altra indicazione, -troviamo su alcune sepolture, colla corona e la palma; -del qual uso è testimonio anche il seguente epigramma di Prudenzio, -Carm. XI: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Sunt et multa tamen, tacitas claudentia tumbas</i></p> -<p class="i02"> <i>Marmora, quæ solum significant numerum.</i></p> -<p class="i01"><i>Quanta virum jaceant, congestis corpora acervis,</i></p> -<p class="i02"> <i>Scire licet, quorum nomina nulla legas.</i></p> -<p class="i01"><i>Sexaginta illic, defossa mole sub una,</i></p> -<p class="i02"> <i>Reliquias memini me didicisse hominum</i>.</p> -</div></div> - -<p> -Una, per esempio, dice: <span class="smcap lowercase">N. XXX. SVRRA ET SENEC. COSS</span>; cioè ci -dà trenta uccisi sotto il pio Trajano; e contraddice a chi asserì -(come il <span class="smcap">Burnet</span>, <i>Lettere dall'Italia</i>, pag. 224) che i Cristiani -non avessero catacombe prima del IV secolo, giacchè questa, del -107, fu scavata da una catacomba.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note37"> -<p><span class="label"><a href="#tag37">37</a>. </span><span class="smcap">Baluzio</span>, <i>Miscell.</i>, tom. <span class="smcap lowercase">II.</span> p. 115.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note38"> -<p><span class="label"><a href="#tag38">38</a>. </span><i>Ipsam libertatem, pro qua mori novimus</i>. <span class="smcap">Tertulliano</span>, -<i>ad Nat.</i> <span class="smcap lowercase">I.</span> 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note39"> -<p><span class="label"><a href="#tag39">39</a>. </span>Instit., lib. <span class="smcap lowercase">V.</span> c. 13: <i>Nam, cum videat vulgus dilacerari -homines variis tormentorum generibus, et inter fatigatos carnifices -invictam tenere patientiam, existimat id quod est, nec consensum -tam multorum, nec perseverantiam morientium vanam -esse, nec ipsam patientiam sine Deo cruciatus tantos posse superare. -Latrones et robusti corporis viri ejusmodi lacerationes -perferre nequeunt, exclamant et gemitus edunt, vincuntur enim -dolore, quia deest illis inspirata patientia. Nostri autem, ut de -viris taceam, pueri et mulierculæ tortores suos taciti vincunt, -et expromere illis gemitum nec ignis potest. Ecce sexus infirmus -et fragilis ætas dilacerari se toto corpore utique perpetitur, non -necessitate, quia licet vitare si vellent, sed voluntate, quia confidunt -in Deo.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note40"> -<p><span class="label"><a href="#tag40">40</a>. </span>Sant'Ambrogio, per mostrarsi indegno dell'episcopato, -assistè ad un giudizio capitale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note41"> -<p><span class="label"><a href="#tag41">41</a>. </span></p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Pone Tigillinum; tæda lucebis in illa,</i></p> -<p class="i01"><i>Qua stantes ardent, qui fixo gutture fumant,</i></p> -<p class="i01"><i>Et latum media sulcum deducit arena</i>. <span class="spaced1">Sat.</span> <span class="smcap lowercase">I</span>. 155.</p> -</div></div> - -<p> -Allude ai fanali degli orti di Nerone.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note42"> -<p><span class="label"><a href="#tag42">42</a>. </span><i>Annal.</i>, <span class="smcap lowercase">XV</span>. 44.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note43"> -<p><span class="label"><a href="#tag43">43</a>. </span>È tradizione antica; e i santi Girolamo ed Agostino non -metteano dubbio sull'autenticità di quattordici lettere fra Seneca -e san Paolo, che ora la critica rifiuta. Altri andarono a -cercarne prove nelle opere stesse di Seneca, riscontrandovi -passi analoghi a quei dell'apostolo delle genti. Questi nella -IIª ai Corintj, 11, chiama <i>angelo di Satana</i> un falso profeta; e -Seneca: <i>Nec ego, Epicuri angelus, scio</i>... (Ep. 20). Così <i>progenitura -di Dio</i> per uom dabbene: così somigliata la vita allo -stato di guerra (Epp. 51. 96). Altre maniere Seneca usa nel -senso del Nuovo Testamento; come caro (<i>Animo cum hac carne -grave certamen est, ne abstrahatur</i>. De cons. ad Marciam, 240). -E molto maggiore vi è la quantità di idee cristiane. Che se alcuno -dica che un uomo, meditando sulla natura umana e sui -rapporti fra l'uomo e Dio, può arrivarvi di per sè, noi chiederemo -perchè nulla se ne trovi o nei <i>Dialoghi</i> di Platone, o nella <i>Morale</i> -d'Aristotele, o nei <i>Memorabili</i> di Senofonte, o nelle opere di -Cicerone, anzi neppure in Marc'Aurelio e in Epitteto, della -scuola stessa di Seneca? -</p> - -<p> -Se riflettiamo che Seneca si astenne dalla dieta pitagorica -soltanto per non parere un ebreo nè dispiacere a Tiberio, se -osserviamo le sue colpevoli condiscendenze verso Nerone, siam -poco inclinati a farne un santo. Ma storicamente nulla si oppone -all'amicizia tra questo e l'Apostolo delle genti; il quale arrivato, -come credesi, a Roma nel 61, cortese prigionia ottenne da Burro -prefetto del pretorio, amico di Seneca: fors'anche Seneca n'avea -già contezza da suo fratello Anneo Novato Gallione, governatore -dell'Acaja, al cui tribunale Paolo era stato tradotto -mentre dimorava in Corinto. Che se la maggior parte delle -opere sue si mostrano scritte prima della venuta di Paolo, -quella sulla <i>Vita beata</i> e sui <i>Benefizj</i>, ove più abbondano le -espressioni cristiane, e massimamente molte <i>Lettere</i>, sono posteriori. -Del resto le somiglianze potrebbero indicare soltanto -che Seneca conobbe i libri de' Cristiani. -</p> - -<p> -Vedi in proposito <span class="smcap">Fr. Ch. Gelpke,</span> <i>Tractatiuncula de familiaritate, -quæ Paulo apostolo cum Seneca philosopho intercessisse -traditur verisimillima</i>. Lipsia 1813; il <i>Seneca</i> del sig. Durosoir -nella collezione di Panckouke; Amédée Fleury, Saint -<i>Paul et Sénéque</i>. Parigi 1853. E tratto tratto il tema si ripiglia, -e il dotto vulgo lo crede nuovo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note44"> -<p><span class="label"><a href="#tag44">44</a>. </span><i>De benef.</i>, VI. 7. 23; <i>Quæst. nat.</i>, I. 1, III. 45.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note45"> -<p><span class="label"><a href="#tag45">45</a>. </span><i>Ep.</i> 41. 73.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note46"> -<p><span class="label"><a href="#tag46">46</a>. </span><i>Deus ametur</i>. Ep. 42. 47. 96; <i>De benef.</i>, VII. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note47"> -<p><span class="label"><a href="#tag47">47</a>. </span><i>Hujus socii sumus et membra</i>. Ep. 93.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note48"> -<p><span class="label"><a href="#tag48">48</a>. </span><i>Parere Deo libertas est</i>. De vita beata, 15; <i>Colite in pia -et recta voluntate</i>. De benef., I. 6; Ep. 116.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note49"> -<p><span class="label"><a href="#tag49">49</a>. </span><i>Ep.</i> 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note50"> -<p><span class="label"><a href="#tag50">50</a>. </span><i>De benef.</i>, III; <i>Ep.</i> 44.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note51"> -<p><span class="label"><a href="#tag51">51</a>. </span><span class="smcap">San Paolo</span>, <i>ad Rom.</i>, I. 18. 20.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note52"> -<p><span class="label"><a href="#tag52">52</a>. </span>Teodosio e Valentiniano scrivono: <i>Digna vox est majestate -regnantis legibus alligatum se principem profiteri; adeo -de auctoritate juris nostra pendet auctoritas. Et revera majus -imperio est submittere legibus principatum</i>. Cod., I. 14.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note53"> -<p><span class="label"><a href="#tag53">53</a>. </span>Il Giannone, nell'opera manoscritta che citammo a pag. 24 -del vol. III, esclama: — Or chi crederebbe che, contro un rescritto -cotanto savio, prudente e degno della romana moderazione e -sapienza, Tertulliano avesse potuto declamar tanto, deridendolo -e reputandolo contraddittorio, e con iscipiti contrapposti ed antitesi -malmenarlo e schernirlo? ecc.»; e segue dimostrando la -<i>legalità</i> del proconsole e dell'imperatore.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note54"> -<p><span class="label"><a href="#tag54">54</a>. </span>Per regola data dal concilio degli Apostoli, e a lungo -osservata, i Cristiani s'astenevano dal sangue e dagli animali -soffogati. Avanzo di rito ebraico.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note55"> -<p><span class="label"><a href="#tag55">55</a>. </span>Dal giorno dell'acclamazione di Diocleziano, 29 agosto -281, parte l'<i>êra dei martiri</i>, usata a lungo dalla Chiesa, e tuttora -dai Copti e dagli Abissini.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note56"> -<p><span class="label"><a href="#tag56">56</a>. </span>Agatangelo romano descrisse e probabilmente vide le -persecuzioni di quel tempo in Armenia, dove le vergini Ripsima -e Galana romana furono esposte alla brutalità di re Tiridate: -e molte con loro patirono, ma il martirio di esse valse la conversione -dell'Armenia. La storia di Agatangelo, dall'armeno -volta in italiano, forma uno degli anelli della Collana Storica, -che i padri Mechitaristi aveano cominciata nella loro isola a -Venezia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note57"> -<p><span class="label"><a href="#tag57">57</a>. </span>Costantino scrisse ad Ario: — Sono persuaso, che se io -fossi tanto felice da recar gli uomini ad adorare tutti lo stesso -Dio, questo cambiamento di religione ne produrrebbe un altro -nel governo»; e soggiunge che cerca compiere questo disegno -«senza far troppo rumore». <span class="smcap">Eusebio</span>, <i>Vita Const.</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>. 65. Avea -dunque chiaro concetto di quel che operava.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note58"> -<p><span class="label"><a href="#tag58">58</a>. </span>Gran colpa gliene fa Zosimo, <span class="smcap lowercase">II</span>. 7 e 30.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note59"> -<p><span class="label"><a href="#tag59">59</a>. </span>Anastasio Bibliotecario cavò dagli archivj del Vaticano -il catalogo degli arredi donati da Costantino alla basilica di -San Giovanni Laterano, di portentosa ricchezza: -</p> - -<p> -1. Un baldacchino (<i>fastigium</i>) d'argento, sul cui dinanzi una -statua del Salvatore in sedia, alta 5 piedi, e pesante 120 libbre; -inoltre i dodici Apostoli con corone d'argento purissimo in testa, -alti ciascuno 5 piedi e pesanti 90 libbre. Sul dietro un'altra -statua del Salvatore in trono, e che guarda l'abside, alta 5 piedi -e pesante 140 libbre. Vicino di lei, quattro angeli d'argento, di -5 piedi, e del peso di 50 libbre. E tutto il baldacchino pesa -libbre 2025. -</p> - -<p> -2. Una lumiera d'oro puro, ornata di 15 delfini, e pesante -25 libbre, colla catena che la sospende al baldacchino. -</p> - -<p> -3. Quattro candelabri a forma di corone, d'oro puro, ornati -di venti delfini, e pesanti 15 libbre ciascuno. -</p> - -<p> -4. La volta della basilica, dorata in tutta la lunghezza, che -è di 500 piedi. -</p> - -<p> -5. Sette altari d'argento, ciascuno di 200 libbre. -</p> - -<p> -6. Sette patene d'oro, da 30 libbre. -</p> - -<p> -7. Sedici d'argento, da 30 libbre. -</p> - -<p> -8. Sette coppe d'oro puro, da 10 libbre. -</p> - -<p> -9. Una di metallo, sparsa d'oro e adorna di coralli, smeraldi, -giacinti, pesante 20 libbre, 3 oncie. -</p> - -<p> -10. Venti coppe d'argento da 15 libbre. -</p> - -<p> -11. Due vasi sacri d'oro puro, da 50 libbre, capaci di 3 medimni -ciascuno. -</p> - -<p> -12. Altri venti d'argento, da 10 libbre e da un medimno. -</p> - -<p> -13. Quaranta calici d'oro puro, da 1 libbra. -</p> - -<p> -14. Cinquanta d'argento da 2 libbre. -</p> - -<p> -15. Un candelabro d'oro puro, collocato avanti all'altare, -ornato di venticinque delfini, e pesante 30 libbre. -</p> - -<p> -16. Un candelabro d'argento con venti delfini, da 50 libbre. -</p> - -<p> -17. Quarantacinque candelabri d'argento, disposti nella nave, -ciascuno da 30 libbre. -</p> - -<p> -18. Dal lato destro della basilica, quaranta candelabri, da -20 libbre d'argento; -</p> - -<p> -19. Dal sinistro, altri venticinque; -</p> - -<p> -20. E altri cinquanta nella nave, simili. -</p> - -<p> -21. Tre urne d'argento, da 30 libbre, e capaci di 10 medimni -ciascuna. -</p> - -<p> -22. Due incensieri d'oro puro, da 50 libbre. -</p> - -<p> -23. Nel Battistero una vasca di porfido, dentro e fuori rivestita -di lamina d'argento per 3008 libbre. -</p> - -<p> -24. Nel cui mezzo, una colonna di porfido, che sostiene una -lampada d'oro puro, da 50 libbre. -</p> - -<p> -25. Sull'orlo della vasca un agnello che versa acqua, di -30 libbre d'oro. -</p> - -<p> -26. A destra di quello una statua del Salvatore, d'argento -puro, alta 5 piedi, e pesante 70 libbre. -</p> - -<p> -27. A sinistra un san Giovanni Battista d'argento, alto 5 -piedi, del peso di 100 libbre. -</p> - -<p> -28. Sette cervi d'argento che versano acqua, da 80 libbre -ciascuno. -</p> - -<p> -29. Un incensiere di 10 libbre d'oro puro, ornato di quarantadue -pietre fine. -</p> - -<p> -Erano dunque 685 libbre d'oro, e 12,943 d'argento, non contando -la duratura della volta: lo che varrebbe 1,700,000 franchi, -senza la fattura. Costantino vi aggiunse fondi per una rendita -di circa 230,000 lire, e l'annuo tributo di 150 libbre d'aromi. -</p> - -<p> -Tanta liberalità fece dubitare sulla genuinità del testo, la -quale però fu da autorevoli critici sostenuta.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note60"> -<p><span class="label"><a href="#tag60">60</a>. </span><i>Constantinopolis dedicatur pene omnium urbium nuditate</i>, -dice san Girolamo. Codino, greco d'età posteriore, riferisce un -aneddoto favoloso, ma degno di ricordo; cioè che Costantino -chiamò i principali nobili di Roma, e li spedì alla guerra contro -i Persiani; intanto fece fabbricare a Costantinopoli palazzi affatto -simili a quei ch'essi possedevano in Roma, e vi pose gli -stessi mobili, indi le mogli e i figli loro. Tornati dopo sedici -mesi quei signori, esso gli accolse con un solenne banchetto, -dopo il quale fece condurre ciascuno alla nuova abitazione, dove -si meravigliarono di trovarsi nella casa e fra le persone conosciute -e care.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note61"> -<p><span class="label"><a href="#tag61">61</a>. </span><i>Si quis indebitum sibi locum usurpaverit, nulla ignoratione -defendat, sitque plane sacrilegii reus qui divina præcepta neglexerit.</i> -Legge di Graziano nel Codice Teodosiano, lib. <span class="smcap lowercase">VI</span>. -tit. 5. l. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note62"> -<p><span class="label"><a href="#tag62">62</a>. </span>Ci sono guida esso <i>Codice Teodosiano</i> coi ricchissimi commenti -del Gotofredo e del Ritter. -</p> - -<p> -La <i>Notizia delle dignità dell'Oriente e dell'Occidente</i>, specie -d'almanacco imperiale, composto un secolo più tardi, commentato -dal Panciroli nel <i>Thesaurus antiquitatum romanarum</i> del -<span class="smcap">Grevio</span>, vol. <span class="smcap lowercase">VII</span>. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Lydus</span>, <i>De officiis romani imperii.</i> -</p> - -<p> -<span class="smcap">Salvianus</span>, <i>De gubernatione Dei</i>. -</p> - -<p> -<i>Tabula Heracleensis</i>, ediz. <span class="smcap">Mazocchi</span>. Napoli 1754. -</p> - -<p> -Oltre i predetti abbreviatori di storie, abbiamo <span class="smcap">Paolo Orosio</span>, -<i>Historiarum libri</i> <span class="smcap lowercase">VII</span>, e <span class="smcap">Zonara</span>, <i>Annales</i>. -</p> - -<p> -Da qui innanzi la storia assume colore diverso, secondo che -gli scrittori sono idolatri o cristiani. -</p> - -<p> -Zosimo, alla maniera di Polibio, dipinge la decadenza dell'Impero, -avversissimo sempre ai Cristiani: i cinque libri che ce -ne restano, arrivano al 410. -</p> - -<p> -Dei trentun libri di Ammiano Marcellino, tredici sono perduti, -negli altri egli si stende dal 354 al 378: prolisso, ma istruttivo -e di sufficiente imparzialità. -</p> - -<p> -<i>Panegyricæ orationes veterum oratorum; notis ac numismatibus -illustravit et italicam interpretationem adjecit</i> <span class="smcap">Laurentius -Patarol.</span> Venezia 1708. Sono i panegirici recitati agli imperatori -da Diocleziano a Teodosio, donde con molta cautela può -attingersi qualche notizia, o dirò meglio qualche sentimento. -</p> - -<p> -Eusebio, nei dieci libri della <i>Storia ecclesiastica</i>, e nei cinque -della <i>Vita di Costantino</i>, e i continuatori suoi Socrate, Teodoreto, -Sozomene, Evagrio, illustrano grandemente la storia politica; -parziali sempre agli imperatori cristiani. Dicasi lo stesso di -molte vite di santi. -</p> - -<p> -Fra' moderni, tutti gli storici filosofisti avversano Costantino; -sono per lui i fautori del cristianesimo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note63"> -<p><span class="label"><a href="#tag63">63</a>. </span>Lampridio ci conservò due pagine d'imprecazioni del -senato contro Comodo (in <i>Comodo</i>, 18, 19) ed altre non meno -abjette contro Elagabalo (in <i>Alex. Severo</i>, 6. 7. 9). Vopisco ci -tramandò il processo verbale dell'acclamazione di Claudio II, -da noi riferito a pag. 49.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note64"> -<p><span class="label"><a href="#tag64">64</a>. </span><i>Si quis senatorium nostra largitate fastigium, vel <span class="upright">generis -felicitate</span> consecutus...</i> Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">V</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note65"> -<p><span class="label"><a href="#tag65">65</a>. </span>Graziano imperatore ad Ausonio poeta scriveva: <i>Cum de consulibus -in annum creandis solus mecum volutarem... te consulem -et designavi, et declaravi, et priorem nuncupavi</i>. Ed Ausonio ringraziandonelo, -si congratula di non aver dovuto scendere alle -antiche bassezze del cercarlo al popolo: <i>Consul ego, imperator -auguste, munere tuo, non passus septa neque campum, non suffragia, -non puncta, non loculos: qui non prensaverim manus, -nec consalutantium confusus occursu, aut sua amicis nomina -non reddiderim; aut aliena imposuerim; qui tribus non circuivi, -centurias non adulavi; jure vocatis classibus non intremui; nihil -cum sequestre deposui, cum diribitore nihil pepigi. Romanus populus, -Martius campus, equester ordo, rostra, ovilia, senatus, -curia, unus mihi omnia Gratianus</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note66"> -<p><span class="label"><a href="#tag66">66</a>. </span><i>In consulatu honos sine labore suscipitur</i>. <span class="smcap">Mamertino</span>, -Paneg. vet., <span class="smcap lowercase">XI</span>. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note67"> -<p><span class="label"><a href="#tag67">67</a>. </span>Da un curioso passo di Lampridio (in <i>Alex. Severo</i>, 42) -impariamo le paghe che ricevevano i governatori delle provincie: -venti libbre d'argento, cento monete d'oro (lire 3913), sei anfore -di vino, due muli, due cavalli, due vesti da comparsa (<i>forenses</i>), -una da casa (<i>domestica</i>), un tinozzo da bagno, un cuoco, un mulattiere, -e se non avesser moglie, una concubina, reputata necessaria -come le altre cose. <i>Quod sine his esse non possent</i>. -Uscendo di carica, restituivano i muli, i cavalli, il mulattiere e -il cuoco: il restante tenevano, se il principe fosse soddisfatto di -loro; se no, restituivano quadruplicato. -</p> - -<p> -Valeriano fissa l'assegnamento di Aureliano, tribuno delle -legioni, così scrivendo a Sejonio Albino prefetto alla città: <i>Sinceritas -tua supradicto viro efficiet, quamdiu Romæ fuerit, panes -militares mundos sexdecim, panes militares castrenses quadraginta, -olei sextarium unum, et item olei secundi sextarium unum, -porcellum dimidium, gallinaceos duos, porcinæ pondo triginta, -bubulæ pondo quadraginta, liquaminis sextarium, salis sextarium -unum, herbarum, olerum, quantum satis est.</i> E a Probo: <i>In salario -diurno bubulæ pondo, porcinæ pondo sex, caprinæ pondo -decem, gallinaceum per biduum, vini veteris diurnos sextarios -decem, cum lardo bubalino, salis, olerum, lignorum, quantum -satis est</i>. (Historia Augusta) -</p> - -<p> -Sotto Costantino continuavasi a dare la provvigione in natura; -e poichè egli limitò a tre lustri la durata del servizio militare, -per dare il ben servito ai congedati introdusse una tassa straordinaria -ogni quintodecimo anno, dal che venne il ciclo delle <i>Indizioni</i>; -così alcuni. Savigny (<i>Ueber die römische Steuerverfassung</i>) -pensa l'Indizione fosse il rinnovamento del catasto, che par si -raddrizzasse ogni quindici anni. Certo però l'Indizione trovasi -già sotto Diocleziano.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note68"> -<p><span class="label"><a href="#tag68">68</a>. </span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, <i>Hist.</i>, <span class="smcap lowercase">XXVIII</span>. 6. — <i>Cod. Teod.</i>, -lib. <span class="smcap lowercase">IV. IX. XII.</span> ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note69"> -<p><span class="label"><a href="#tag69">69</a>. </span><i>Si quis sacrilega vitem falce succiderit, aut feracium ramorum -fœtus hebetaverit, quo declinet fidem censuum, et mentiatur -callide paupertatis ingenium, mox detectus, capitale subibit -exitium, et bona ejus in fisci jura migrabunt.</i> Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">XVIII.</span> -tit. 11. l. <span class="smcap lowercase">I</span>. -</p> - -<p> -<i>Finis</i> nella bassa latinità voleva dire pagamento, come τέλος -in greco, e <i>Ziel</i> in tedesco. Da ciò il nome di <i>finanza</i>, venuto a -significar l'arte di procurarsi denaro con modi raffinati e dotti. -La voce <i>taglia</i> viene dalla tacca, che l'esattore dell'imposta e -il riscontratore facevano sopra un pezzo di legno per indicare -le somme pagate, e che divideasi, restando espressa la somma -sulle due metà.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note70"> -<p><span class="label"><a href="#tag70">70</a>. </span>Da una novella di Magioriano raccogliesi che ciascun -capo pagava all'anno due soldi d'imposta, e mezzo soldo per le -spese di percezione; vale a dire che queste si valutavano un -quarto dell'entrata totale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note71"> -<p><span class="label"><a href="#tag71">71</a>. </span><span class="smcap">Libanio</span>, <i>Or. contro Flor.</i>; <span class="smcap">Zosimo, ii</span>. 24.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note72"> -<p><span class="label"><a href="#tag72">72</a>. </span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XII. XIII.</span> ecc.; <span class="smcap">Nazario</span>, <i>Paneg. vet.</i>, <span class="smcap lowercase">X.</span> 35; -<span class="smcap">Zosimo</span>, <span class="smcap lowercase">II.</span> 38.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note73"> -<p><span class="label"><a href="#tag73">73</a>. </span><i>Oblatio auri</i>. <span class="smcap">Simmaco</span>, Ep. 10. 26. — <i>Universi, guos -senatorii nominis dignitas non tuetur, ad auri coronarii præstationem -vocentur.</i> Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">XII</span>, tit. 13.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note74"> -<p><span class="label"><a href="#tag74">74</a>. </span><i>Nov. Valent.</i> <span class="smcap lowercase">VII</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note75"> -<p><span class="label"><a href="#tag75">75</a>. </span>Vedi <span class="smcap">Gotofredo</span> al lib. <span class="smcap lowercase">VII.</span> <i>De re militari</i> del codice -Teodosiano; e questo codice nei titoli <i>De tyronibus, De desertoribus, -De decurionibus, De veteranis, De filiis veteranorum</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note76"> -<p><span class="label"><a href="#tag76">76</a>. </span>Giustiniano li portò poi a cinquemila cinquecento; e il -<i>comes domesticorum</i> divenne carica importantissima.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note77"> -<p><span class="label"><a href="#tag77">77</a>. </span>Alcuni moderni, come <span class="smcap">Raynouard</span>, <i>Hist. du droit municipal -en France</i>. Parigi 1836, tom. <span class="smcap lowercase">I</span>. c. 17, e <span class="smcap">Fauriel</span>, <i>Hist. de -la Gaule méridionale</i>. Ivi, tom. <span class="smcap lowercase">I</span>. c. 10, pensano costituissero in -ogni città un senato superiore alla curia. A me non occorse mai -menzione di senati provinciali.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note78"> -<p><span class="label"><a href="#tag78">78</a>. </span>Codice Giustinianeo, <i>Communia utr. jud.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note79"> -<p><span class="label"><a href="#tag79">79</a>. </span><i>Nonnulli, quum domicilia atque agellos suos aut pervasionibus -perdunt, aut fugati ab exactoribus deserunt, quia tenere -non possunt, fundos majorum expetunt, atque coloni divitum -fiunt</i>. <span class="smcap">Salviano</span>, De gubern. Dei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note80"> -<p><span class="label"><a href="#tag80">80</a>. </span><i>Quæ enim differentia inter senos et adscriptitios intelligatur, -cum uterque in domini sui positus sit potestate, et possit -servum cum peculio manumittere, et adscriptitium cum terra -dominio suo expellere?</i> Cod. Giustin., lib. XI. tit. 47. l. 21. -Forse si eccedette nell'intendere che questo passo di Giustiniano -escluda l'emancipazione. E sebbene manumissioni di coloni -non si trovino mai, si rifletta che il colono poteva o comprare -o ricevere in dono il terreno al quale era affisso, poi con -trent'anni d'assenza restava prosciolto; fors'anche non era reputata -necessaria la manumissione. Giustiniano permise poi di -ordinarli preti, purchè seguitassero negli obblighi del colonato -<i>Nov.</i> <span class="smcap lowercase">CXXV</span>, 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note81"> -<p><span class="label"><a href="#tag81">81</a>. </span>È del 708 o 709 di Roma, e fu conservata in parte dalla -Tavola d'Eraclea, e più da una iscrizione trovata a Padova. -Vedi <span class="smcap">Savigny</span>, <i>Gesch. des römischen Rechts in Mittelalter,</i> -cap. <span class="smcap lowercase">II</span>. § 8.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note82"> -<p><span class="label"><a href="#tag82">82</a>. </span>«Il soggetto delle curie, malgrado gli abbondanti materiali -che esistono, rimane sempre il più oscuro nell'istoria legale -dell'impero». <span class="smcap">Gibbon</span>, cap. XXII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note83"> -<p><span class="label"><a href="#tag83">83</a>. </span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, XXV. 4; <span class="smcap">Simmaco</span>, <i>Ep.</i> 10; Cod. -Teod., <i>De op. publ.</i> — Se i codici Teodosiano e Giustinianeo -parlano sì poco de' magistrati municipali, mentre ogni tratto -ne fan menzione i giureconsulti classici, la ragione si è che -questi vivevano in Italia, quelli furono compilati in Oriente.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note84"> -<p><span class="label"><a href="#tag84">84</a>. </span><i>Nemo, originis suæ oblitus et patriæ, cui domicilii jure -devinctus est, ad gubernacula provinciæ nitatur ascendere priusquam, -decursis gradatim curiæ muneribus, subvehatur; nec vero a -duumviratu vel a sacerdotio incipiat, sed, servato ordine, omnium -officiorum sollicitudinem sustineat</i>. Legge di Valentiniano nel -codice Teodosiano, lib. <span class="smcap lowercase">XII</span>. tit. 4. l. 77.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note85"> -<p><span class="label"><a href="#tag85">85</a>. </span><i>Curiales nervos esse reipublicæ ac viscera civitatum, nullus -ignorat: quorum cœtum recte appellavit antiquitas minorem senatum: -huc redegit iniquitas judicum, et exactorum plectenda -venalitas, ut nonnulli patrias deserentes, natalium splendore neglecto, -occultas latebras elegerint, et habitationem juris alieni.</i> -Nov. Magior, <span class="smcap lowercase">IV</span>. 4. <i>Curiales... cœperunt se eximere curiæ, -et occasiones invenire per quas liberi ab his efficerentur. Ita civitates -diminutæ... Decuriones facultatibus... et corporibus -fraudare curiam voluerunt, rem omnium impiam adinvenerunt, -a legitimis nuptiis abstinentes, ut eligerent magis sine filiis quam -sub lege deficere... Transtulerunt curialium facultates ad alias -personas, nihil exinde habente curia... sub falsis causis facientes -donationes... Vidimus quosdam sic adversos esse contra proprias -patrias...</i> Nov. Giustin. <span class="smcap lowercase">XXXVIII</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note86"> -<p><span class="label"><a href="#tag86">86</a>. </span><i>Hi potissimum constituantur defensores, quos decretis -elegerint civitates. Defensores nihil sibi insolenter, nihil indebitum -vindicantes, nominis sui tantum fungantur officio, nullas -infligant mulctas, nullas exerceant quæstiones; plebem tantum -vel decuriones ab omni improborum insolentia et temeritate -tueantur, ut id tantum quod esse dicuntur, esse non desinant</i>. -Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">XI</span>. tit. 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note87"> -<p><span class="label"><a href="#tag87">87</a>. </span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XIII</span>, tit. 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note88"> -<p><span class="label"><a href="#tag88">88</a>. </span><span class="smcap">Plinio</span>, <i>Ep.</i> <span class="smcap lowercase">X.</span> 42; <i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XIV.</span> tit. 1. l. 24; -lib. <span class="smcap lowercase">XIII.</span> tit. 5, l. 25; lib. <span class="smcap lowercase">X.</span> tit. 4. l. 11. ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note89"> -<p><span class="label"><a href="#tag89">89</a>. </span><span class="smcap">Lampridio</span>, in <i>Alex. Severo</i>, cap. 39.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note90"> -<p><span class="label"><a href="#tag90">90</a>. </span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">X.</span> tit. 20.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note91"> -<p><span class="label"><a href="#tag91">91</a>. </span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">X.</span> tit. 40; <i>Cod. Giustin.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">IV.</span> tit. 41. -l. 1; <i>Dig.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XXIX.</span> tit. 4. l. 11.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note92"> -<p><span class="label"><a href="#tag92">92</a>. </span>Ai tempi di san Girolamo andava ancor peggio. — Si -suole in campagna esigere gl'interessi del frumento, del vino, -dell'olio ed altre derrate; e per esempio si dà all'inverno dieci -moggia per riceverne quindici al ricolto, cioè la metà più». -</p> - -<p> -Le parole che si riferiscono all'interesse sono: -</p> - -<table class="gener" summary=""> - <tr> - <td><i>Fœnus semiunciarium</i></td> <td class="num">1½</td> <td class="center">per cento.</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Fœnus unciarium</i></td> <td class="num">1</td> <td class="center">»</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Usura triens</i></td> <td class="num">3</td> <td class="center">»</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Usura quadrans</i></td> <td class="num">4</td> <td class="center">»</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Usura quincunx</i></td> <td class="num">5</td> <td class="center">»</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Usura semis</i></td> <td class="num">6</td> <td class="center">»</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Usura bes</i></td> <td class="num">8</td> <td class="center">»</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Usura deunx</i></td> <td class="num">11</td> <td class="center">»</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Usura centesima</i></td> <td class="num">12</td> <td class="center">»</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Usura centesimaquaterna</i></td> <td class="num">48</td> <td class="center">»</td> - </tr> - <tr> - <td><i>Anatocismus</i>, interesse dell'interesse.</td> - </tr> -</table> -</div> - -<div class="footnote" id="note93"> -<p><span class="label"><a href="#tag93">93</a>. </span><i>Solum Barbaris aurum minime præbeatur, sed etiam, si -apud eos inventum fuerit, subtili auferatur ingenio</i>. Cod. Giustin., -lib. IV. <i>De comm. et merc.</i>, 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note94"> -<p><span class="label"><a href="#tag94">94</a>. </span><i>Codice Teod.</i>, De fide test., lib. III e <i>passim</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note95"> -<p><span class="label"><a href="#tag95">95</a>. </span>Zonara farebbe perduti trentamila uomini da Costanzo, -ventiquattromila da Magnenzio: nel che dev'essere corso -sbaglio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note96"> -<p><span class="label"><a href="#tag96">96</a>. </span>Graziano e Valentiniano I ingiunsero che ogni vescovo -potesse al romano appellarsi dalle sentenze del metropolita, -il quale fosse tenuto esporre i motivi del suo giudicato: Valentiniano -III, malgrado l'opposizione di sant'Ilario vescovo -d'Arles, volle i vescovi soggetti alle decisioni del papa della -città eterna: il concilio generale di Calcedonia nel 451 chiese -da papa Leone Magno la conferma dei suoi decreti: i vescovi -d'Oriente scrissero al papa Simmaco, riconoscendo che le pecore -di Cristo furono confidate al successore di Pietro <i>in -tutto il mondo abitato</i>: quelli dell'Epiro domandavano da Ormisda -la conferma del vescovo da loro eletto; il quale papa -stese un formolario, che i vescovi doveano trasmettere firmato -ai metropoliti, questi ai patriarchi, i patriarchi al pontefice, -come simbolo dell'unità, che le chiese d'Oriente accettarono, -affrettandosi di meritare la comunione della sede apostolica, <i>in -cui risiede la verace e intera solidità della religione cristiana</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note97"> -<p><span class="label"><a href="#tag97">97</a>. </span><span class="smcap">Svetonio</span>, in <i>Augusto</i>, 40.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note98"> -<p><span class="label"><a href="#tag98">98</a>. </span>Ap. <span class="smcap">Baronio</span>, <i>ad annum</i> 324, num. 58. 65. 70. 71. E vedi -indietro, a pag. 123.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note99"> -<p><span class="label"><a href="#tag99">99</a>. </span>A ciascun vescovo era lecito farvi cambiamenti; e Rufino -ci reca il simbolo qual recitavasi dalla Chiesa romana, più incontaminato, -e quale dall'aquilejese, a cui esso prete apparteneva. -Eccoli a confronto: -</p> - -<table class="gener" summary=""> - <tr> - <td class="type">Romano</td> <td><i>Credo in Deum patrem omnipotentem.</i></td> - </tr> - <tr> - <td class="type">Aquilejese</td> <td><i>Credo in Deo patre omnipotente invisibili et impassibili.</i></td> - </tr> - <tr> - <td class="type">Rom.</td> <td><i>Et in Christum Jesum unicum filium ejus, dominum nostrum.</i></td> - </tr> - <tr> - <td class="type">Aquil.</td> <td><i>Et in Christo Jesu, unico filio ejus, domino nostro.</i></td> - </tr> - <tr> - <td class="type">Rom. e Aquil.</td> <td><i>Qui natus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine.</i></td> - </tr> - <tr> - <td class="type">Rom.</td> <td><i>Crucifixus sub Pontio Pilato et sepultus, tertia die resurrexit a mortuis.</i></td> - </tr> - <tr> - <td class="type">Aquil.</td> <td><i>Crucifixus sub Pontio Pilato et sepultus, descendit ad inferna, tertia die resurrexit a mortuis.</i></td> - </tr> - <tr> - <td class="type">Rom. e Aquil.</td> <td><i>Ascendit in cælos, sedet ad dexteram Patris; inde venturus est judicare vivos et mortuos.</i></td> - </tr> - <tr> - <td class="type">Rom.</td> <td><i>Et in Spiritum Sanctum. Sanctam Ecclesiam. Remissionem peccatorum. Carnis resurrectionem.</i></td> - </tr> - <tr> - <td class="type">Aquil.</td> <td><i>Et in Spiritu Sancto. Sancta Ecclesia. Remissione peccatorum. Hujus carnis resurrectione.</i></td> - </tr> -</table> - -<p> -Dalle catechesi di Massimo vescovo di Torino (<i>Homil. in traditione -Symboli</i>), di san Pier Crisologo vescovo di Ravenna (<i>in -Symb. apost.</i>), e da altri raccogliamo i simboli delle diverse -Chiese, dove trovansi introdotte le parole <i>conceptus, passus, -mortuus, catholicam, sanctorum communionem, vitam æternam,</i> -dappoi adottate nel Simbolo comune, qual già si trova ne' sermoni -240, 241, 242, posti in appendice ai sermoni genuini di -sant'Agostino nell'edizione de' Padri Maurini. -</p> - -<p> -Alcune di quelle aggiunte pajono arbitrarie e sin futili; ma -tendevano a confutare alcuni errori divulgati. Così nel surriferito -simbolo aquilejese il <i>descendit ad inferna</i> si oppone agli -Apollinaristi ed Ariani, che negavano l'anima a Cristo, quasi ne -facesse vece la divinità: l'<i>invisibili et impassibili</i> è contro i -Novaziani e Sabelliani, che diceano esser nato e aver patito il -Padre Eterno; l'<i>hujus carnis</i> contrasta a chi teneva che dovessimo -risorgere con un corpo aereo e celeste.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note100"> -<p><span class="label"><a href="#tag100">100</a>. </span>Nel concilio Niceno fu pure decisa la quistione delle pasque, -importante sotto l'apparente frivolezza, giacchè suggellava -il distacco del cristianesimo dagli Ebrei, e la supremazia -della Chiesa di Roma; secondo la cui pratica, fu convenuto di -festeggiare la resurrezione di Cristo la domenica in cui cade o -che segue immediatamente il plenilunio più vicino all'equinozio -di primavera. Questa deferenza alla Chiesa romana è un fatto -rilevantissimo nella storia ecclesiastica.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note101"> -<p><span class="label"><a href="#tag101">101</a>. </span>È il <i>fallo di Liberio</i>, ridetto a sazietà dagli avversarj -dell'infallibilità del papa. Ma quand'anche si accetti per vero, -il che da alcuni s'impugna, nulla conchiude contro di quella, -non avendo egli sentenziato dalla cattedra, non con libera -volontà, e, appena rimesso nel suo seggio, si disdisse.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note102"> -<p><span class="label"><a href="#tag102">102</a>. </span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XVI.</span> tit. 10. l. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note103"> -<p><span class="label"><a href="#tag103">103</a>. </span>Ivi, <span class="smcap lowercase">IV</span> del 353; e <span class="smcap lowercase">V</span> del 356.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note104"> -<p><span class="label"><a href="#tag104">104</a>. </span>I fatti vennero raccolti da <span class="smcap">Tzchirner</span>, <i>Der Fall des Heidenthum</i>, -Lipsia 1829, e da <span class="smcap">Beugnot</span>, <i>Histoire de la destruction -du paganisme en Occident</i>, Parigi 1835; ma le conseguenze -che questo ne trae, non possono ragionevolmente accettarsi. -Vedi pure <span class="smcap">J. E. Auer</span>, <i>Kaiser Julian der Abtrünnige</i> ecc. -Vienna 1855.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note105"> -<p><span class="label"><a href="#tag105">105</a>. </span><i>Nascuntur ergo et quotidie quidem dii novi: nec enim vincuntur -ab hominibus fœcunditate</i>. Div. instit., I. 16.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note106"> -<p><span class="label"><a href="#tag106">106</a>. </span><span class="smcap">Jablonski</span>, <i>De origine festi natalis Christi</i>; <span class="smcap">Sant'Epifanio</span>, -<i>Adversus hæreses</i>, <span class="smcap lowercase">I.</span> 29. Al 22 febbrajo celebravansi le <i>caristie</i> -pei morti; e i nostri vi sostituirono la cattedra di San Pietro, -<i>festum epularum sancti Petri</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note107"> -<p><span class="label"><a href="#tag107">107</a>. </span><span class="smcap">Grevio</span>, <i>Thesaurus antiq. rom.</i>, <span class="smcap lowercase">VIII.</span> 95.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note108"> -<p><span class="label"><a href="#tag108">108</a>. </span><span class="smcap">Hudson</span>, <i>Geogr. minor.</i>, <span class="smcap lowercase">III.</span> 15.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note109"> -<p><span class="label"><a href="#tag109">109</a>. </span><i>Contra Paganos</i>. <span class="smcap">D. Maximi</span> <i>taurinensis episcopi opera</i>. -Roma 1674.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note110"> -<p><span class="label"><a href="#tag110">110</a>. </span>Τὸν πατέρα Μίθραν. <i>Opere</i>, pag. 336 e 130.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note111"> -<p><span class="label"><a href="#tag111">111</a>. </span><span class="smcap">Banduri</span>, <i>Numismata imp. rom.</i>, <span class="smcap lowercase">II.</span> 427-440. — Ὄμνυμι δὲ -τὸν Σαράπιν. <i>Ep.</i> <span class="smcap lowercase">VI.</span></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note112"> -<p><span class="label"><a href="#tag112">112</a>. </span><span class="smcap">Libanio</span>, <i>Legat. ad Julianum</i>, pag. 157; e <i>Oratio parænetica</i>, -cap. 85.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note113"> -<p><span class="label"><a href="#tag113">113</a>. </span>Se ne congratula Giuliano nell'<i>Ep.</i> 38; e se ne duole -Ammiano Marcellino, lib. <span class="smcap lowercase">XXII.</span> 12.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note114"> -<p><span class="label"><a href="#tag114">114</a>. </span><i>Ep.</i> 42, Ἀκοντας ἱᾶσθαι, medicare contro voglia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note115"> -<p><span class="label"><a href="#tag115">115</a>. </span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, lib. <span class="smcap lowercase">XXV.</span> 2. Così Ottaviano Augusto -negò le feste pubbliche a Nettuno dopo che la flotta pericolò -due volte.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note116"> -<p><span class="label"><a href="#tag116">116</a>. </span><i>Hoc moderamine principatus inclaruit, quod, inter religionum -diversitates, medius stetit, vel quemquam inquietavit, -neque ut hoc coleretur imperavit aut illud, nec interdictis minacibus -subjectorum cervicem ad id quod ipse coluit inclinabat, sed -intemeratas reliquit has partes ut reperit.</i> Quest'asserzione di -Ammiano Marcellino (<span class="smcap lowercase">XXX.</span> 9) è confermata dal codice Teodosiano, -ove Valentiniano dice: <i>Testes sunt leges a me in exordio -imperii mei datæ, quibus unicuique, quod animo imbibisset, -colendi libera facultas tributa est.</i> Lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>, tit. 16. I. 9.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note117"> -<p><span class="label"><a href="#tag117">117</a>. </span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XII</span>, tit. 50. I. 75.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note118"> -<p><span class="label"><a href="#tag118">118</a>. </span><i>Pudet dicere: sacerdotes idolorum, mimi, et aurigæ, et -scorta hæreditates capiunt; solis clericis ac monacis hac lege -prohibetur; et non prohibetur a persecutoribus, sed a principibus -christianis. Nec de lege queror, sed doleo cur meruerimus hanc -legem.</i> <span class="smcap">San Girolamo</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note119"> -<p><span class="label"><a href="#tag119">119</a>. </span>Sono esagerate, ma meritano esser riferite, le lodi dategli -da Ausonio in tal proposito, <i>Epigr.</i> <span class="smcap lowercase">I</span>: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Arma inter, Chunnosque truces, furtoque nocentes</i></p> -<p class="i01"><i>Sauromatas, quantum cessat de tempore belli,</i></p> -<p class="i01"><i>Indulget claris tantum inter castra Camœnis.</i></p> -<p class="i01"><i>Vix posuit volucres stridentia tela sagittas,</i></p> -<p class="i01"><i>Musarum ad calamos fertur manus: otia nescit,</i></p> -<p class="i01"><i>Et commutata meditatur arundine carmen.</i></p> -<p class="i01"><i>Sed carmen non molle modis; bella horrida Martis</i></p> -<p class="i01"><i>Odrysii, tressæque viraginis arma retractat.</i></p> -<p class="i01"><i>Exulta, Æacides; celebraris vate superbo</i></p> -<p class="i01"><i>Rursus, romanumque tibi contingit Homerum.</i></p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note120"> -<p><span class="label"><a href="#tag120">120</a>. </span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 7. I. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note121"> -<p><span class="label"><a href="#tag121">121</a>. </span><span class="smcap">Temistio</span>, <i>Oratio</i> <span class="smcap lowercase">XIX</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note122"> -<p><span class="label"><a href="#tag122">122</a>. </span>Sotto una statua erettagli nel 387 è <i>chiamato pontifex -Vestæ, pontifex Solis, quindecemvir, augur, tauroboliatus, neocorus, -hierophanta et pater sacrorum</i>. <span class="smcap">Grutero</span>, pag. 1102. Nº 2. -In un'ara scoperta allo scorcio del secolo passato gli si aggiungono -i titoli di <i>curialis Herculis, sacratus Libero et Eleusinis, -pater patrum</i>; <span class="smcap">Donato</span>, <i>Suppl. al Muratori</i>, tom. <span class="smcap lowercase">I</span>. p. 72. Nº 2. -<i>Pater sacrorum</i> e <i>pater patrum</i> si riferiscono al culto di Mitra, -come abbiam veduto. -</p> - -<p> -Macrobio fa da lui difendere nobilmente gli schiavi contro un -tal Evangelo, dicendo ch'essi sono formati degli stessi elementi -che noi, ricevono lo spirito dallo stesso principio, vivono, -muojono all'egual modo; i costumi distinguere gli uomini, non -l'abito o la condizione; infine espone nobilmente la maniera di -farsi amato agli schiavi. <i>Saturn.</i>, <span class="smcap lowercase">I</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note123"> -<p><span class="label"><a href="#tag123">123</a>. </span>Lib. <span class="smcap lowercase">I</span>. ep. 43.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note124"> -<p><span class="label"><a href="#tag124">124</a>. </span><i>Dii patrii, facite gratiam neglectorum sacrorum</i>. Lib. <span class="smcap lowercase">II</span>. -ep. 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note125"> -<p><span class="label"><a href="#tag125">125</a>. </span>Ep. 9.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note126"> -<p><span class="label"><a href="#tag126">126</a>. </span><span class="smcap">Agostino</span>, <i>De civ. Dei</i>, v. 26.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note127"> -<p><span class="label"><a href="#tag127">127</a>. </span></p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Sexcentas numerare domos de sanguine prisco</i></p> -<p class="i01"><i>Nobilium licet, ad Christi piacula versas.</i></p> -<p class="i10"> <span class="smcap">Prudenzio</span>, v. 567.</p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note128"> -<p><span class="label"><a href="#tag128">128</a>. </span>Sebben Girolamo mostri disprezzo per distinzioni di nascita, -rammenta che per padre ella discendeva da Agamennone, -per madre dai Gracchi, e sposò uno disceso da Enea e da Giulio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note129"> -<p><span class="label"><a href="#tag129">129</a>. </span><i>Ep.</i> <span class="smcap lowercase">XXIII</span> <i>ad Eustoch.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note130"> -<p><span class="label"><a href="#tag130">130</a>. </span><i>Ep.</i> <span class="smcap lowercase">IV</span> <i>ad Fabiol.</i> del 401.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note131"> -<p><span class="label"><a href="#tag131">131</a>. </span><span class="smcap">San Paolo, i</span> <i>ad Corinth.</i>, <span class="smcap lowercase">II.</span> 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note132"> -<p><span class="label"><a href="#tag132">132</a>. </span>Il migliore per avventura de' suoi discorsi è quello in -morte del fratello Satiro, tutto spirante affetti di famiglia. — A -nulla mi valse l'aver raccolto il moribondo tuo respiro, appoggiata -la bocca mia sulle estinte tue labbra. Io sperava far passare -la tua morte nel mio seno, e comunicare a te la vita mia. -Pegni crudeli e soavi, sventurati abbracci, fra i quali io sentii -il suo corpo farsi gelato e rigido, e l'ultimo fiato esalare. Lo -stringea fra le braccia, ma avevo già perduto colui che ancora -io serravo. Quel soffio di morte divenne per me soffio di vita. -Voglia il Cielo almeno ch'esso purifichi il cuor mio, e ponga -nella mia anima l'innocenza e la dolcezza tua». -</p> - -<p> -Dall'affetto domestico sa elevarsi ai pubblici danni, come nel -bell'esordio: — Fratelli carissimi, abbiam condotto innanzi all'ara -del sacrifizio la vittima che fu richiesta, vittima pura, -accetta a Dio, Satiro, mia scorta e mio fratello. Io non aveva -dimenticato ch'ei fosse mortale, nè mi lasciai illudere da vana -speranza; ma la grazia oltrepassò la speranza, e non che lamentarmi -a Dio, devo ringraziarlo, come quegli che sempre desiderai, -in caso che alla Chiesa o a me sovrastassero calamità, si -sfogasse la tempesta sopra di me e sopra la mia famiglia. -Grazie al Signore, che nell'universale sovvertimento prodotto -dai Barbari che d'ogni parte recano guerra, abbia soddisfatto -all'afflizione comune co' miei particolari dispiaceri, e sia stato -percosso io solo quando temea per tutti. Sì, o fratello, avventuroso -in quanto rende florida la vita, nol fosti meno per opportunità -della morte. Non a noi fosti rapito, ma ai disastri; non -hai perduto la vita, ma fosti campato dalla minaccia delle -calamità sospese sul nostro capo. Affezionato com'eri a tutti -i tuoi, oh quanto avresti gemuto nel sapere che l'Italia è incalzata -da un nemico già alle porte! quale afflizione per te -in pensare che ogni nostra speranza di salute sta nel baluardo -delle Alpi, e che alcuni tronchi d'albero sono l'unica barriera -che difende il pudore! quanto l'anima tua si sarebbe contristata -nel vedere che sì piccola distanza ci separa dal nemico, -nemico feroce e brutale, che nè la vita risparmia nè il pudore». -</p> - -<p> -Nulla di così bello egli dice o nella consolazione per la -morte di Valentiniano o nel panegirico di Teodosio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note133"> -<p><span class="label"><a href="#tag133">133</a>. </span><span class="smcap">Simmaco</span>, lib. <span class="smcap lowercase">X.</span> ep. 54. Il testo proprio della legge ci -manca; ma in una d'Onorio del 415 (<i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XVI.</span> -tit. 10. l. 20) è detto: — Conforme ai decreti del divo Graziano, -ordiniamo di applicare al nostro dominio tutte le proprietà -(<i>omnia loca</i>) che l'errore degli antichi destinò alle sacre cose».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note134"> -<p><span class="label"><a href="#tag134">134</a>. </span><span class="smcap">Simmaco</span>, lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> ep. 46.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note135"> -<p><span class="label"><a href="#tag135">135</a>. </span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XVI</span>, tit. 7. l. 11. 12. 16.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note136"> -<p><span class="label"><a href="#tag136">136</a>. </span>Ivi, I. 1. 4. 5.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note137"> -<p><span class="label"><a href="#tag137">137</a>. </span></p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Exultare patres videas, pulcherrima mundi</i></p> -<p class="i01"><i>Lumina, concilium que senum gestire Catonum</i></p> -<p class="i01"><i>Candidiore toga niveum pietatis amictum</i></p> -<p class="i01"><i>Sumere, et exuvias deponere pontificales.</i></p> -<p class="i12"> Contro Simmaco.</p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note138"> -<p><span class="label"><a href="#tag138">138</a>. </span><i>Cod. Teod.</i>, lib. <span class="smcap lowercase">XVI.</span> tit. 1. I. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note139"> -<p><span class="label"><a href="#tag139">139</a>. </span>Se nella serie dei concilj ecumenici si annoveri pure -quel di Gerusalemme, tenuto dagli Apostoli, nell'anno 50 d. C., -e descritto da san Luca nel cap. <span class="smcap lowercase">XV</span> degli <i>Atti</i> — Il simbolo, -quale allora fu redatto, si legge quotidianamente nella messa.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note140"> -<p><span class="label"><a href="#tag140">140</a>. </span>Oggi San Vittor Grande l'una, e Sant'Ambrogio l'altra.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note141"> -<p><span class="label"><a href="#tag141">141</a>. </span>Così racconta Isidoro di Siviglia, <i>De officiis ecclesiasticis</i>, -lib. I. c. 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note142"> -<p><span class="label"><a href="#tag142">142</a>. </span><i>Deus creator omnium — Jam surgit hora tertia — Nunc -sancte nobis Spiritus</i>; e alcuno dice il <i>Te Deum</i>, ma altri lo -pretende composto nel <span class="smcap lowercase">IV</span> secolo da un frate Sisebut, vissuto -probabilmente a Montecassino.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note143"> -<p><span class="label"><a href="#tag143">143</a>. </span><i>Exameron</i>, <span class="smcap lowercase">III</span>. 5; <span class="smcap">Augustini</span> <i>Confess.</i> IX. 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note144"> -<p><span class="label"><a href="#tag144">144</a>. </span><i>Rudis sed avida doctrinæ</i>, dicevala san Gaudenzio; e -l'inno antico di san Filastro, -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Et rudem sed tunc cupidam moneri</i></p> -<p class="i01"><i>Insciam quamquam, tamen ad docendum</i></p> -<p class="i01"><i>Firmiter promptam.</i></p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note145"> -<p><span class="label"><a href="#tag145">145</a>. </span>Labus, <i>Museo Bresciano</i>, intorno all'antico marmo di -C. Giulio Ingenuo, pag. 56. Da un curioso passo di Rodolfo notajo -parrebbe che fin nel VII secolo durasse in Valcamonica il -culto di Saturno: <i>Erant adhuc in illa valle plurimi Pagani, qui -arboribus et fontibus victimas offerebant. In tempore usque regis -Ariberti imago Saturni magna frequentia venerabatur in curte -Hedulio</i> (a Edolo): <i>et quum præcepti regis obedientia non fieret -ut illa imago destrueretur, Ingelardus dux Brissiæ misit armatorum -manus, qui illam disperderunt in fragmentis</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note146"> -<p><span class="label"><a href="#tag146">146</a>. </span>Una tradizione molto divulgata fa nato sant'Antonio a -Ventimiglia, o almeno da madre di questa città.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note147"> -<p><span class="label"><a href="#tag147">147</a>. </span>Dell'unità del genere umano non ebbe conoscenza l'antichità, -alla quale sembrava un fatto fatale la divisione in -nazioni. Giuliano imperatore giudica che quest'unità, proclamata -dagli Ebrei e dai Cristiani, ripugni alla diversità di leggi e di -costumi, la quale deriva dalla volontà degli Dei, rappresentanti -de' genj contrarj onde sono ispirati i popoli, da Marte -i guerreschi, da Minerva quei che uniscono la prudenza al -coraggio, da Mercurio quelli che hanno prudenza più che -valore. <span class="smcap">San Cirillo</span>, <i>contra Julianum</i>, lib. <span class="smcap lowercase">IV</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note148"> -<p><span class="label"><a href="#tag148">148</a>. </span>Commento al cap. <span class="smcap lowercase">II</span> dell'<i>epistola ai -Galati</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note149"> -<p><span class="label"><a href="#tag149">149</a>. </span><i>Quicumque ad Urbem discendi cupiditate veniunt, primitus -ad magistrum census provincialium judicum, a quibus copia est -danda veniundi, ejusmodi litteras proferant, ut oppida hominum -et natales et merita expressa teneantur; deinde ut primo statim -profiteantur introitu, quibus potissimum studiis operam navare -proponant; tertio, ut hospitia eorum sollicite censualium -norit officium, quo ei rei impertiant curam, quam se adseruerint -expetisse. Idem immineant censuales, ut singuli eorum tales se -in conventibus præbeant, quales esse debent, qui turpem inhonestamque -famam et consociationes (quas proximas putamus esse -criminibus) æstiment fugiendas, neve spectacula frequentius -adeant, aut adpetant vulgo intempestiva convivia. Quin etiam -tribuimus potestatem, ut, si quis de his non ita in Urbe se gesserit -quemadmodum liberalium dignitas poscat, publice verberibus -adfectus, statimque navigio superpositus, abjiciatur Urbe, -domumque redeat. His sane qui sedulam operam professionibus -navant, usque ad vigesimum ætatis suæ annum Romæ licet commorari. -Post id vero tempus, qui neglexit sponte remeare, sollicitudine -præfecturæ etiam impurius ad patriam revertatur. Verum -ne hæc perfunctorie fortasse curentur, præcelsa sinceritas -tua officium censuale commoneat, ut per singulos menses, qui, -vel unde veniant, quive sint, pro ratione temporis ad Africam -vel ad cæteras provincias remittendi brevibus comprehendat, his -dumtaxat exceptis, qui corporatorum sunt oneribus adjuncti. -Similes autem breves etiam ad scrinia mansuetudinis nostræ -annis singulis dirigantur; quo, meritis singolorum, institutionibusque -compertis, utrum quæque nobis sint necessaria judicemus. -Dat.</i> <span class="smcap lowercase">III</span> <i>Id. Mart. Triv. Valentiniano et Valente III A. Cos.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note150"> -<p><span class="label"><a href="#tag150">150</a>. </span>Ne siamo accertati dal carme d'Ausonio in onore d'un -grammatico di Bordeaux: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Quod jus pontificum, quæ fœdera, stemma quod olim</i></p> -<p class="i02"> <i>Ante Numam fuerat sacrificis Curibus,</i></p> -<p class="i01"><i>Quod Castor cunctis de regibus ambiguis, quod</i></p> -<p class="i02"> <i>Conjugis e libris ediderat Rhodope;</i></p> -<p class="i01"><i>Quod jus pontificum, veterum quæ scita Quiritum,</i></p> -<p class="i02"> <i>Quæ consulta patrum, quid Draco, quidve Solon</i></p> -<p class="i01"><i>Sanxerit, et Locris dederat quæ jura Zaleucus,</i></p> -<p class="i02"> <i>Sub Jove quæ Minos, quid Themis ante Jovem,</i></p> -<p class="i01"><i>Nota tibi.</i></p> -<p class="i13"> De Profess., cap. 22.</p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note151"> -<p><span class="label"><a href="#tag151">151</a>. </span>Ai primi, ventiquattro razioni giornaliere, agli altri metà -soltanto. L'uso di fissare gli stipendj per razione era generale, -e il fisco le ricomprava secondo un prezzo determinato. L'assegno -suddetto è per le scuole municipali: nelle imperiali di -Treveri i retori hanno trenta profende, venti un grammatico -latino, dodici un greco.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note152"> -<p><span class="label"><a href="#tag152">152</a>. </span>Basti, a mostrarne la importanza, il titolo de' capitoli: -<span class="smcap lowercase">I</span>. <i>præfatio</i>; <span class="smcap lowercase">II</span>. <i>cur genio, et quomodo sacrificetur</i>; <span class="smcap lowercase">III</span>. <i>genius quid -sit, et unde dicatur</i>; <span class="smcap lowercase">IV</span>. <i>variæ opiniones veterum philosophorum -de generatione</i>; <span class="smcap lowercase">V</span>. d<i>e semine hominis, et quibus e partibus exeat</i>; -<span class="smcap lowercase">VI</span>. <i>quid primum in infante formetur, et quomodo alatur in -utero etc.</i>; <span class="smcap lowercase">VII</span>. <i>de temporibus quibus partus solent esse ad nascendum -maturi, deque numero septenario</i>; <span class="smcap lowercase">VIII</span>. <i>rationes Chaldæorum -de tempore partus; idem de zodiaco et de conspectibus</i>; -<span class="smcap lowercase">IX</span>. <i>opinio Pythagoræ de conformatione partus</i>; <span class="smcap lowercase">X</span>. <i>de musica, -ejusque regulis</i>; <span class="smcap lowercase">XI</span>. <i>ratio Pythagoræ de conformatione partus -confirmata</i>; <span class="smcap lowercase">XII</span>. <i>de laudibus musicæ, ejusque virtute; item de -spatio cœli, terræque ambitu, siderumque distantia</i>; <span class="smcap lowercase">XIII</span>. <i>distinctiones -ætatum hominis secundum opiniones multorum, deque -annis climatericis</i>; <span class="smcap lowercase">XIV</span>. <i>de diversorum hominum clarorum tempore -mortis</i>; <span class="smcap lowercase">XV</span>. <i>de tempore et de ævo</i>; <span class="smcap lowercase">XVI</span>. <i>seculum quid sit ex -diversorum definitione</i>; <span class="smcap lowercase">XVII</span>. <i>Romanorum sæculum quale sit</i>; -<span class="smcap lowercase">XVIII</span>. <i>de ludorum sæcularium institutione eorumque celebratione -usque ad imp. Septimium et M. Aurelium Antoninum</i>; <span class="smcap lowercase">XIX</span>. <i>de -anno magno secundum diversorum opiniones, item de diversis -aliis annis, de olympiadibus, de lustris et agonibus capitolinis;</i> -<span class="smcap lowercase">XX</span>. <i>de annis vertentibus diversarum nationum</i>; <span class="smcap lowercase">XXI</span>. <i>de anno vertente -Romanorum, deque illius varia correctione, de mensibus et -diebus intercalariis, de diebus singulorum mensium, de annis -julianis</i>; <span class="smcap lowercase">XXII</span>. <i>de historico temporis intervallo, deque adelo et -mystica, de annis Augustorum et ægyptiacis</i>; <span class="smcap lowercase">XXIII</span>. <i>de mensibus -naturalibus et civilibus, et nominum rationibus</i>; <span class="smcap lowercase">XXIV</span>. <i>de -diebus, et varia dierum apud diversas nationes observatione; -idem de solariis et horariis</i>; <span class="smcap lowercase">XXV</span>. <i>de dierum romanorum diversis -partibus, deque eorum propriis nominibus</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note153"> -<p><span class="label"><a href="#tag153">153</a>. </span>Così conchiude: <i>Hæc ut miles quondam et græcus, a principatu -Cæsaris Nervæ exorsus, adusque Valentis interitum, pro -virium explicavi mensura, numquam, ut arbitror, sciens silentio -ausus corrumpere vel mendacio. Scribant reliqua potiores ætate, -doctrinisque florentes. Quos id, si libuerit, aggressuros, procudere -linguas ad majores moneo stylos.</i> Aveva in idea l'impero di -Teodosio Magno.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note154"> -<p><span class="label"><a href="#tag154">154</a>. </span>Per Valentiniano, quando s'associò Valente all'impero, -intona: <i>Si qua in te cognatas cælitum potestates hujusmodi esset -æquatio, paribus cum sole luminibus globus sororis arderet; nec -radiis fratris obnoxia, precarium raperet luna fulgorem: iisdem -curriculis utrumque sidus emergeret, pari exortu diem germana -renovaret, per easdem cæli lineas laberetur, nec menstruo pigra -discursu aut in senescendo varias mulctaret effigies, aut in renascendo -parvas pateretur ætates. Ecce formam beneficii tui astra -nesciunt æmulari: illis nihil est in mundana luce consimile, vobis -totum est in orbe commune.</i> -</p> - -<p> -Pel ponte costruito sul Reno dall'imperatore stesso: <i>Eat nunc -carminis auctor inlustris, et pro clade popularium Xantum fingat -iratum, armatas cadaveribus undas scriptor decorus educat; nescivit -flumina posse frenari. Tantumne valuit rivus iliacus, ut -in auxilium Vulcani flamma peteretur? Profundus didicit, quid -parvus evaserit? Defensio ipsa cælestium tuo operi non meretur -æquari. Fluvium incendisse vindicia est, calcasse victoria.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note155"> -<p><span class="label"><a href="#tag155">155</a>. </span>Per l'eleganza della forma scegliamo questo: -</p> - -<p class="center"> -ARA PYTHIA.<br /> -<span class="smcap lowercase">VIDES UT ARA STEM DICATA PYTHIO</span><br /> -<span class="smcap lowercase">FABRE POLITA VATIS ARTE MUSICA</span><br /> -SIC PULCHRA SACRATISSIMA GENS PHOEBO DECENS<br /> -HIS APTA TEMPLIS QUI LITANT VATUM CHORI<br /> -TOT COMPTA SERTIS ET CAMOENÆ FLORIBUS<br /> -HELICONII LOCANDA LUCIS CARMINUM<br /> -<span class="smcap lowercase">NON CAUTE DURA ME POLIVIT ARTIFEX</span><br /> -<span class="smcap lowercase">EXCISA NON SUM RUPE MONTIS ALBIDI</span><br /> -<span class="smcap lowercase">LUNA E NITENTE NEC PARI DE VERTICE</span><br /> -<span class="smcap lowercase">NON CÆSA DURO NEC COACTA SPICULO</span><br /> -<span class="smcap lowercase">ARCTARE PRIMOS EMINENTES ANGULOS</span><br /> -<span class="smcap lowercase">ET MOX SECUNDOS PROPAGARE LATIUS</span><br /> -<span class="smcap lowercase">EOSQUE CAUTE SINGULOS SUBDUCERE</span><br /> -<span class="smcap lowercase">GRADU MINUTO PER RECURVAS LINEAS</span><br /> -<span class="smcap lowercase">NORMATA UBIQUE SIC DEINDE REGULA</span><br /> -<span class="smcap lowercase">UT ORA QUADRE SIT RIGENTE LIMITE</span><br /> -<span class="smcap lowercase">VEL INDE AD IMUM FUSA RURSUM LINEA</span><br /> -<span class="smcap lowercase">TENDATUR ARTE LATIOR PER ORDINEM</span><br /> -<span class="smcap lowercase">ME METRA PANGUNT DE CAMOENARUM MODIS</span><br /> -MUTATO NUMQUAM NUMERO DUMTAXAT PEDUM<br /> -QUÆ DOCTA SERVAT DUM PRÆCEPTIS REGULA<br /> -ELEMENTA CRESCUNT ET DECRESCUNT CARMINUM<br /> -HAS PHOEBE SUPPLEX DANS METRORUM IMAGINES<br /> -TEMPLIS CHORISQUE LÆTUS INTERSIT SACRIS. -</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note156"> -<p><span class="label"><a href="#tag156">156</a>. </span>N'abbiamo già esempj ne' classici, come in Marziale: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Rumpitur invidia quidam, dulcissime Juli,</i></p> -<p class="i02"> <i>Quod me Roma legit; rumpitur invidia.</i></p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note157"> -<p><span class="label"><a href="#tag157">157</a>. </span></p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Blanditia; fera mors Veneris persentit amando</i></p> -<p class="i02"> <i>Permisit solitæ nec styga tristitiæ;</i></p> -</div></div> - -<p> -che può leggersi a rovescio: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Tristitiæ styga nec solitæ permisit amando</i></p> -<p class="i02"> <i>Persentit Veneris mors fera blanditias.</i></p> -</div></div> - -<p> -E così il seguente: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Perpetuis bene sic partiri munera seclis</i></p> -<p class="i02"> <i>Sidera dant patria et patris imperium.</i></p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note158"> -<p><span class="label"><a href="#tag158">158</a>. </span></p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i05"> ... <i>Nec te jucunda fronte fefellit</i></p> -<p class="i01"><i>Luxuries, prædulce malum, quæ dedita semper</i></p> -<p class="i01"><i>Corporis arbitriis, hebetat caligine sensus...</i></p> -<p class="i05"> <i>Fingendaque sensibus addis</i></p> -<p class="i01"><i>Verba, quibus magni geminatur gratia doni...</i></p> -<p class="i05"> <i>Quoties incanduit ore</i></p> -<p class="i01"><i>Confessus secreta rubor, nomenque beatum</i></p> -<p class="i01"><i>Injussæ scripsere manus!</i></p> -<p class="i01"><i>Et reliquum nitido detersit pollice somnum:</i></p> -<p class="i01"><i>Utque erat interjecta comas, turbata capillos,</i></p> -<p class="i01"><i>Mollibus assurgit stratis.</i></p> -</div></div> - -<p> -Questo mi sembra più felice del pariniano. -</p> - -<p> -La similitudine del cavallo, cara a tutti i poeti da Giobbe in -qua, eccola in lui pure (<i>De nuptiis Mariæ</i>): -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Nobilis haud aliter sonipes, quem primus amoris</i></p> -<p class="i01"><i>Sollicitavit odor, tumidus, quatiensgue decoras</i></p> -<p class="i01"><i>Curvata cervice jubas, pharsalia rura</i></p> -<p class="i01"><i>Pervolat, et notos hinnitu flagitat amnes,</i></p> -<p class="i01"><i>Naribus accensis: mulcet fæcunda magistros</i></p> -<p class="i01"><i>Spes gregis, et pulchro gaudent armenta merito.</i></p> -</div></div> - -<p> -Nello stesso epitalamio descrive l'abitazione di Venere: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Hic habitat nullo constricta Licentia nodo,</i></p> -<p class="i01"><i>Et flecti faciles Iræ, vinoque madentes</i></p> -<p class="i01"><i>Excubiæ, Lacrymæque rudes, et gratus amantum</i></p> -<p class="i01"><i>Pallor, et in primis titubans Audacia furtis,</i></p> -<p class="i01"><i>Jucundique Metus, et non secura Voluptas,</i></p> -<p class="i01"><i>Et lasciva volant levibus Perjuria pennis.</i></p> -<p class="i01"><i>Hos inter petulans alta cervice Juventus</i></p> -<p class="i01"><i>Excludit senium luco.</i></p> -</div></div> - -<p> -Non saprei un passo d'Ovidio da contrapporre a questo, che -ricorda Tibullo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note159"> -<p><span class="label"><a href="#tag159">159</a>. </span>Ha un epigramma, ove, per tutti i santi cristiani, prega -celiando un tal Jacopo a non censurarlo. Comincia: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Per cineres Pauli, per cani limina Petri,</i></p> -<p class="i02"> <i>Ne laceres versus, dux Iacobe, meos.</i></p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note160"> -<p><span class="label"><a href="#tag160">160</a>. </span>Nel secolo <span class="smcap lowercase">XV</span> fu dissotterrato il piedistallo con una -iscrizione di non sicura autenticità, che dice: <span class="smcap">C. Clavdiano</span> -<span class="smcap lowercase">V. C. TRIBVNO ET NOTARIO, INTER CETERAS</span> <i>vigentes</i> <span class="smcap">artes qve -gloriosissimo poetarvm, licet ad memoriam sempiternam -carmina ab eodem scripta svfficiant, adtamen testimonii -gratia ob ivdicii svi fidem dd. nn. Arcadivs et Honorivs</span> -<span class="smcap lowercase">FELICISSIMI AC DOCTISSIMI IMPERATORES, SENATV PETENTE, -STATVAM IN FORO DIVI TRAIANI ERIGI COLLOCARIQVE IVSSERINT.</span> -Ενι Βιργιλιοῖο νοὸν καὶ μοῦσαν Ομῆρον Κλαυδιανὸν ‘Ρώμη καὶ Βασιλεὶς -ἔθεσαν. -</p> - -<p> -Scaligero (<i>Poetices</i> lib. <span class="smcap lowercase">V</span>. <i>qui et Hypercriticus</i>) chiama Claudiano -<i>maximus poeta, solo argumento ignobiliore oppressus, -addit de ingenio quantum deest materiæ Felix in eo calor, -cultus non invisus, temperatum judicium, dictio candida, numeri -non affectati, acute dicta multa sine ambitione</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note161"> -<p><span class="label"><a href="#tag161">161</a>. </span>Tali sarebbero l'inno di sant'Ambrogio, <i>Deus creator -omnium</i>; e quel di Prudenzio per gl'Innocenti, <i>Salvete, flores -martirum</i>. Gli altri più antichi che la Chiesa ancor canti, sono -il <i>Gloria in excelsis</i> di sant'Ilario, lo <i>Jam mæsta quiesce querela</i> -di Prudenzio, e due di Sedulio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note162"> -<p><span class="label"><a href="#tag162">162</a>. </span>Un poema di sant'Agostino o d'un contemporaneo contro -i Donatisti d'Africa è in trocaici rimati: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Abundantia peccatorum solet fratres conturbare;</i></p> -<p class="i01"><i>Propter hoc dominus noster voluit nos præmonere,</i></p> -<p class="i01"><i>Comparans regnum cælorum reticulo misso in mare,</i></p> -<p class="i01"><i>Congreganti multos pisces omne genus hinc et inde,</i></p> -<p class="i01"><i>Quos cum traxissent ad litus, tunc cœperunt separare,</i></p> -<p class="i01"><i>Bonos in vasa miserunt, reliquos in mare.</i></p> -</div></div> - -<p> -Sant'Agostino (<i>De tempore</i>): <i>Et magis ex ipsa (vita) corrumpitur -quam sanetur: magis occiditur quam vivificetur</i> (Serm. -138 <i>De verbis Dom.</i>). <i>Ecce venitur et ad passionem, ecce venitur -et ad sanguinis effusionem, venitur et ad corporis incensionem.</i> -(<i>De civ. Dei</i>, <span class="smcap lowercase">XVI</span>. 6) <i>Tamquam lex æterna in illa -eorum curia superna</i> (<span class="smcap lowercase">XVII</span>. 12). <i>Infidelitas gentium cum Dei populum -exultabat atque insultabat esse captivum, quid aliud quam -Christi commutationem sed scientibus nesciens exprobabat?... -Illius enim spei confirmatio verbi hujus</i> (<i>fiat</i>) <i>iteratio</i> (<span class="smcap lowercase">IX</span>. 1). -<i>Partim erudito otio, partim necessario negotio... Uno</i> (<i>vitæ -genere</i>) <i>in contemplatione vel inquisitione veritatis otioso, altero in -gerendis rebus humanis negotioso... Crucifixerunt salvatorem -suum, et fecerunt damnatorem suum...</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note163"> -<p><span class="label"><a href="#tag163">163</a>. </span>Vedi la nota 1 del Cap. <span class="smcap lowercase">XLVI</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note164"> -<p><span class="label"><a href="#tag164">164</a>. </span>Tre lettere conosciamo, attribuite a Maria Vergine. La -prima, con quella di sant'Ignazio che le diede origine, è d'antica -data, non di riconosciuta autenticità. -</p> - -<p> -Un vescovo messinese in occasione di peste ne trasse fuori -un'altra, che pretese diretta da Maria a Messina e che ancora -vi ottiene gran venerazione: benchè antichissima, la critica non -può accettarla, e la Congregazione dell'Indice appuntò i libri -ove troppo assolutamente n'era dichiarata l'autenticità. Eccola: -<i>Maria Virgo, Joachim filia, humillima Dei ancilla, Christi Jesu -crucifixi mater, ex tribu Juda, stirpe David, Messanensibus -omnibus salutem, et Dei Patris omnipotentis benedictionem. Vos -omnes fide magna legatos ac nuncios per publicum documentum -ad nos misisse constat. Filium nostrum, Dei genitum, Deum et -hominem esse fatemini, et in cœlum post suam resurrectionem -ascendisse, Pauli apostoli prædicatione mediante viam veritatis -agnoscentes. Ob quod vos et civitatem vestram benedicimus, cujus -perpetuam protectricem nos esse volumus. Anno filii nostri</i> <span class="smcap">xlii, -III</span> <i>nonas julii, luna</i> <span class="smcap lowercase">XVII</span>, <i>feria quinta, ex Hierosolymis.</i> -</p> - -<p> -Frà Girolamo Savonarola riguardava per autentica la lettera -di Maria ai Fiorentini, d'immemorabile antichità: ma e la -Chiesa e la critica vi mettono gran dubbj, tanto più che consta -solo nel 65 dopo Cristo essere Firenze stata informata della -verità da Paolino e Frontino discepoli di san Pietro. Essa dice: -<i>Florentia, Deo et Domino nostro Jesu Christo filio meo, et mihi -dilecta. Tene fidem, insta orationibus, roborare patientia. His -enim sempiternam consequeris salutem apud Deum.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note165"> -<p><span class="label"><a href="#tag165">165</a>. </span><i>Virgilium pueri legant, ut poeta magnus omniumque præclarissimus -atque optimus, teneris imbibitus annis, non facile oblivione -possit aboleri.</i> De civ. Dei, <span class="smcap lowercase">I.</span> 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note166"> -<p><span class="label"><a href="#tag166">166</a>. </span>«Platone (dic'egli) mi ha fatto conoscere il vero Dio; -Gesù Cristo me ne ha mostrato la via».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note167"> -<p><span class="label"><a href="#tag167">167</a>. </span>Nella <i>Città di Dio</i> ha un intero capitolo sulla Sibilla -Eritrea, <i>quæ inter alias Sibyllas cognoscitur de Christi evidentia -multa cecinisse</i>. E racconta che in Italia seppe che alcune ostiere -vantavansi di dare ai viaggiatori certi formaggi, che li cambiavano -in bestie da soma, le quali esse adopravano pe' loro servigi, -poi vi restituivano la forma primitiva; e benchè trasformati, -conservavano la ragione. Ma, soggiunge, tali cose sono false o -talmente rare, che poca fede vi si può prestare: pure s'ha da -credere fermamente che Dio è onnipotente, e può far quel che -vuole a castigo o a ricompensa; che i demonj sono angeli divenuti -cattivi per le colpe, e che non possono se non quel che viene -permesso da Colui, i cui giudizj sono talvolta secreti, non mai -ingiusti. Lib. <span class="smcap lowercase">XVIII.</span> c. 18. E merita esser letto tutto per vedere -la possanza delle credenze comuni sopra un'elevata intelligenza, -e per ispiegare le opinioni delle fatucchiere, di cui parleremo -al <span class="smcap">Cap. cxliv.</span></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note168"> -<p><span class="label"><a href="#tag168">168</a>. </span><i>De civ. Dei</i>, <span class="smcap lowercase">I.</span> 29. Vedi <span class="smcap">De Maistre</span>, <i>Du pape</i>, <span class="smcap lowercase">IV.</span> 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note169"> -<p><span class="label"><a href="#tag169">169</a>. </span>Confutazione di Fausto Manicheo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note170"> -<p><span class="label"><a href="#tag170">170</a>. </span><i>De civ. Dei</i>, <span class="smcap lowercase">XII.</span> 2; <span class="smcap lowercase">XV.</span> 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note171"> -<p><span class="label"><a href="#tag171">171</a>. </span>È curioso vedere come giustifichi, anzi lodi le antitesi, -dicendo che nelle opere di Dio le apparenti contraddizioni producono -bellezza, come nello stile le antitesi, «bellissimi ornamenti -dell'eloquenza; e come questi contrapposti rendono più -bello il parlare, così per una eloquenza di contrapposizione non -di parole ma di cose, si compone la bellezza del secolo».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note172"> -<p><span class="label"><a href="#tag172">172</a>. </span><i>De quæst. octogintatribus</i>, q. 58, e <i>De civ. Dei</i>, <span class="smcap lowercase">X.</span> 14. Ecco -prevenuti Pascal e Bossuet.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note173"> -<p><span class="label"><a href="#tag173">173</a>. </span><span class="smcap">Panvinio</span>, <i>De ritu sepeliendi mortuos apud veteres Christianos, -et de eorumdem cœmeteriis,</i> 1574. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Marangoni</span>, <i>Appendix de cœmeterio sanctorum Thrasonis -et Saturnini</i>, e <i>Acta sancti Victorini</i>, 1740. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Boldetti</span>, <i>Sopra i cimiteri dei santi Martiri</i>. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Bottari</span>, <i>Roma sotterranea.</i> 1737-54. Le tavole sono le -stesse del Bosio. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Marchi</span>, <i>Monumenti delle arti cristiane primitive della metropoli -del cristianesimo</i>. Roma 1844. -</p> - -<p> -Maitland (<i>La Chiesa nelle catacombe</i>. Londra 1847) volle fare -l'opposto del Marchi, cercandovi argomenti contro il cattolicismo. -</p> - -<p> -A Parigi si era pubblicato <i>Rome souterraine</i>, ma il signor -Perret non vi conservò il carattere, aggraziando le pitture. -Pio IX incaricò il comm. De Rossi di nuove esplorazioni nelle -catacombe: ed egli dispose ben 12 mila iscrizioni cristiane, delle -quali molto importa accertare il tempo e il luogo. La più antica -conosciuta è del 102. Il De Rossi trovò il vero cimiterio di -san Calisto e le tombe dei primi pontefici, e i libri suoi sono -il più sicuro testo intorno a quelle antichità cristiane.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note174"> -<p><span class="label"><a href="#tag174">174</a>. </span>Che però lo scheletro non fosse mai effigiato dai classici, -come asseriscono i trattatisti d'arte, è smentito da pitture e -bassorilievi: nel museo Borbonico si ha una donna che sparge -di fiori lo scheletro del suo bambino; uno scheletro dalla cui -bocca esce una farfalla, simbolo dell'anima; un altro che balla -al flauto sonato da Sileno, primo cenno delle danze dei morti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note175"> -<p><span class="label"><a href="#tag175">175</a>. </span>Semplicissimi sono gli epitafj: <span class="smcap lowercase">LAZARVS AMICVS NOSTER -DORMIT — MARTYRI IN PACE — NEOPHITVS IIT AD DEVM — RESPECTVS -QVI VIXIT ANNOS V ET MENSES VIII, DORMIT IN PACE — ALEXANDER -MORTVVS NON EST SED VIVIT SVPER ASTRA.</span> -</p> - -<p> -È particolare questo di Vicenza: <span class="smcap lowercase">MARTINA CARA CONJVX QUÆ -VENIT DE GALLIA PER MANSIONES L VT COMMEMORARET MEMORIAM -DVLCISSIMI MARITI SVI BENE QVIESCAS DVLCISSIME MI MARITE.</span> -(<span class="smcap">Giovanni da Schio</span>, <i>Le antiche iscrizioni di Vicenza</i>, 1850).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note176"> -<p><span class="label"><a href="#tag176">176</a>. </span><span class="smcap lowercase">IVN. BASS. V. C. QVI VIXIT ANNIS XLII. II IN IPSA PRÆFECTVRA -VRBI NEOFITVS IIT AD DEVM VIII KAL. SEPT. EVSEBIO ET YPATIO -COSS</span>. E vedi <span class="smcap">Bottari</span>, tav. 33.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note177"> -<p><span class="label"><a href="#tag177">177</a>. </span><i>A. F. Quast</i>, <i>Die altchristlichen Bauwerke von Ravenna, -von</i> <span class="smcap lowercase">V</span> <i>bis zum</i> <span class="smcap lowercase">IX</span>. <i>Jahrhundert historisch geordnet, und durch -Abbildungen erklärtert</i>. Berlino 1842. -</p> - -<p> -Gli edifizj di cui tratta, sono <i>i</i>. <i>Ecclesia ursiana</i>, cioè la cattedrale, -edificata poco dopo il 400, ora tutta rimodernata; Ecclesia -petriana, distrutta per tremuoto nell'<span class="smcap lowercase">VIII</span> secolo; San Lorenzo -in Cesarea, edificata da Luscrizio cameriere d'Onorio, -distrutta per tremuoto nel 1553; battistero della cattedrale, -eretto da Neo vescovo (425-30), fabbrica delle più rimarchevoli -di Ravenna; battistero della Petriana, distrutto; basilica di -san Giovanni Evangelista, costrutta da Galla Placidia; basilica di -Santa Croce, dalla medesima, rovinata; cappella de' Santi Nazario -e Celso, dalla medesima; San Giovanni Battista e Santa -Agata, rimodernate; Sant'Agnese, distrutta; San Pietro, ora -San Francesco, cappella nel palazzo arcivescovile. -</p> - -<p> -<span class="smcap lowercase">II</span>. Epoca di Teodorico: Santa Maria in Cosmedin, già battistero -ariano; San Teodoro; San Martino <i>in cœlo aureo</i>, ossia -Sant'Apollinare nuovo; palazzo di Teodorico, mausoleo del medesimo; -portico della piazza maggiore. -</p> - -<p> -<span class="smcap lowercase">III</span>. Costruzioni posteriori sino alla morte di Agnello arcivescovo -(566); Santa Maria Maggiore, rimodernata nel <span class="smcap lowercase">XVI</span> secolo; -San Michele in Affricisco, consacrata nel 545, or quasi -distrutta; San Vitale; Sant'Apollinare in Classe, consacrata -nel 549; Sant'Andrea e Santo Stefano. -</p> - -<p> -<span class="smcap lowercase">IV</span>. Ultimo periodo, sino al 900; San Severo in Classe, distrutta -al principio del nostro secolo; monastero di Sant'Apollinare, -e abbellimenti delle parti interne della basilica fatti -nel 642-77; devastazioni posteriori di Classe, e risarcimenti -sotto Leone III; poi, per le incursioni de' Saracini, si portò in -città il corpo di sant'Apollinare.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note178"> -<p><span class="label"><a href="#tag178">178</a>. </span>Ancora si vede in Roma a San Lorenzo, a San Giorgio -in Velàbro, a Santa Maria Transtevere, e alquanto modificato a -San Giovanni Laterano, Santa Maria Maggiore, ecc. I cortili si -hanno a San Clemente, ai Quattro Santi Coronati, a San Lorenzo -in Roma; a Sant'Apollinare e San Giovanni della Sagra -in Classe a Ravenna; alla cattedrale di Parenzo in Istria, a -Sant'Ambrogio di Milano... Quest'ultima basilica, San Zeno di -Verona e Santa Maria di Torcello sono quelle dell'Italia superiore -che per avventura conservano maggiori elementi della -basilica antica.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note179"> -<p><span class="label"><a href="#tag179">179</a>. </span><i>Hominem mortuum in urbe ne sepellito, neve urito</i>. La -ragione politica di ciò era che la tomba dava la proprietà d'un -luogo, e la città non doveva essere di verun privato.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note180"> -<p><span class="label"><a href="#tag180">180</a>. </span>A quello di Sant'Ambrogio in Milano servirono due arche -funerarie, una sovrapposta all'altra.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note181"> -<p><span class="label"><a href="#tag181">181</a>. </span>Bruciata il 21 luglio 1832, ed ora ricostrutta. Vedi <span class="smcap">Ciampini</span>, -<i>Synopsis de sacris ædificiis a Constantino constructis</i>. -Roma 1691. -</p> - -<p> -Calcolano essersi fabbricate in Roma: -</p> - -<table class="gener" summary=""> - <tr> - <td class="center">nel secolo</td> <td><span class="smcap lowercase">II</span></td> <td class="center">chiese</td> <td class="num">2</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">III</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">9</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">IV</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">17</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">V</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">8</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">VI</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">12</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">VII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">5</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">VIII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">11</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">IX</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">7</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">X</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">1</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XI</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">7</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">8</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XIII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">16</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XIV</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">8</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XV</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">30</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XVI</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">93</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XVII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">62</td> - </tr> - <tr> - <td class="center">—</td> <td><span class="smcap lowercase">XVIII</span></td> <td class="center">»</td> <td class="num">7</td> - </tr> -</table> -</div> - -<div class="footnote" id="note182"> -<p><span class="label"><a href="#tag182">182</a>. </span>Il San Giovanni di Firenze, mal creduto tempio di Marte, -mentre la dissonanza delle parti lo attesta eretto ne' bassi -tempi; il circolare di Pisa; il San Giovanni di Parma, a sedici -faccie dentro e otto fuori, cominciato il 1196 da Benedetto Antelmani, -e finito verso il 1260; il dodecagono di Canosa; il San -Giovanni in Fonte a Verona, ottagono, come quelli di Cremona, -Volterra, Pistoja, ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note183"> -<p><span class="label"><a href="#tag183">183</a>. </span><i>Centurio nitentium rerum</i>. — <span class="smcap">Ammiano Marcellino, xvi</span>. -6; Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 17; lib. <span class="smcap lowercase">XVI</span>. tit. 49; Cod. Giust., tit. -<i>De sepulc. viol.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note184"> -<p><span class="label"><a href="#tag184">184</a>. </span><i>Qui cadit a formula, cadit a toto</i>. Un esempio vivo possiamo -averlo negli Inglesi, schiavi del convenuto, del gusto -nazionale, de' casi precedenti, della giustizia, della virtù, della -religione uffiziale; eppure questa non è imitazione del diritto -romano, il quale anzi è aborrito dai loro pratici.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note185"> -<p><span class="label"><a href="#tag185">185</a>. </span><i>Respondebant, scribebant, cavebant,</i> dice Cicerone.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note186"> -<p><span class="label"><a href="#tag186">186</a>. </span><i>Sic enim, existimo, juris civilis magnum usum et apud -Scævolam, et apud multos fuisse; artem in hoc uno. Quod nunquam -effecisset ipsius juris scientia, nisi eam præterea didicisset -artem, quæ doceret rem universam tribuere in partes, -latentem reperire definiendo, obscuram explanare interpretando, -ambigua primum videre, deinde distinguere... Sed adjunxit -etiam et literarum scientiam, et loquendi elegantiam.</i> Brutus, 41; -Pro Muræna, 10. 14.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note187"> -<p><span class="label"><a href="#tag187">187</a>. </span><i>Nihil tam proprium legis quam claritas</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note188"> -<p><span class="label"><a href="#tag188">188</a>. </span><i>Familia</i> da <i>fons memoriæ; metus</i> da <i>mentis trepidatio; -furtus</i> da <i>furvus; stellionatus</i> da <i>stellio</i>, tarantola; <i>testamentum</i> -da <i>testatio mentis</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note189"> -<p><span class="label"><a href="#tag189">189</a>. </span>Una legge romana dice, non poter il cieco piatire, perchè -non vede gli ornamenti della magistratura; Dig. lib. <span class="smcap lowercase">I</span>, <i>De postul.</i> -Paolo (<i>Sent.</i> <span class="smcap lowercase">IV.</span> 9) scrive che il feto di sette mesi nasce perfetto, -perchè sembra provarlo la ragione dei numeri di Pitagora.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note190"> -<p><span class="label"><a href="#tag190">190</a>. </span>Dig. lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> tit. 2. l. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note191"> -<p><span class="label"><a href="#tag191">191</a>. </span><i>Eosdem, quos populus romanus, hostes et amicos habeant — Majestatem -populi romani comites conservanto.</i> <span class="smcap">Cicerone</span>, -pro Balbo, 16.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note192"> -<p><span class="label"><a href="#tag192">192</a>. </span>Eineccio (<i>Edicti Perpetui ordini et integritati suæ restituti, -partes duo</i>), Bach (<i>Historia juris romani</i>. Lipsia 1806) e tutti -sostennero il sì, fino ad Hugo che sostenne il no con ragioni di -polso. L'Editto Perpetuo andò perduto, e i tentativi di rintegrarlo, -fatti da G. Bauchin nel 1597, sono inseriti in <span class="smcap">Pothier</span>, -<i>Pandectæ Justinianeæ</i>, lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> Meglio <span class="smcap">Wieling</span>, -<i>Fragmenta -Edicti Perpetui</i>. Franeker 1733. E vedansi: -</p> - -<p> -<span class="smcap">Gifanius</span>, <i>Œconomia juris</i>. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Noodt</span>, <i>Commentarius ad Digesta</i>. -</p> - -<p> -<span class="smcap">De Weyte</span>, <i>De origine fatisque jurisprudentiæ romanæ, -præsertim edictorum prætoris; ac de forma edicti perpetui.</i> -Cella 1821. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Frank</span>, <i>Commentarius de edicto prætoris</i>. Kiliæ 1830. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Haimberger</span>, <i>Il diritto romano privato e puro</i> (lat. e ted.). -Lemberg 1830. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Mackeldey</span>, <i>Manuale del diritto romano</i> (ted.). Berlino 1814. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Westemberg</span>, <i>Manuale di diritto romano</i> (ted.). Ivi 1822. -</p> - -<p> -La scuola storica del diritto, già ingrandita in Germania, -venne diffusa allorchè fu coltivata dai Francesi; e i recenti -lavori di Beugnot, Pardessus, Giraud, Laboulaye, Thibaut, -Troplong, Laferrière, Du Caurroy.... ne resero comuni le conclusioni. -È principalmente notevole l'<i>Explication historique des -Instituts de l'empereur Justinien</i>, del sig. Ortolan. Parigi 1854.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note193"> -<p><span class="label"><a href="#tag193">193</a>. </span>Tale parmi il senso più naturale del famoso passo di -Pomponio, Dig. lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> tit. 2. l. 1: <i>Sussurius Sabinus in -equestri -ordine fuit, et publice primus respondit; posteaque hoc cœpit -beneficium dari a Tiberio Cæsare: hoc tamen illi concessum erat. -Et, ut obiter dicamus, ante tempora Augusti publice respondendi -jus non a principibus dabatur, sed qui fiduciam studiorum -suorum habebant, consulentibus respondebant. Neque responsa -utique signata dabant, sed plerumque judicibus ipsis scribebant, -aut testabantur qui illas consulebant. Primus divus Augustus, -ut major juris auctoritas haberetur, constituit ut ex auctoritate -ejus responderent: et ex illo tempore peti hoc pro beneficio cœpit. -Et ideo optimus princeps Hadrianus, quum ab eo viri prætorii -petirent ut sibi liceret respondere, rescripsit eis, hoc non peti, -sed præstari; et ideo delectari se, si qui fiduciam sui haberet, -populo ad respondendum se præpararet.</i> -</p> - -<p> -Come esorbitante, credevasi falsa una tanta autorità, quando -la chiarì questo passo di Gajo, recentemente scoperto (<i>Comm.</i> -<span class="smcap lowercase">I.</span> 7): -<i>Responsa prudentum sunt sententiæ et opiniones eorum, quibus -permissum est jura condere: quorum omnium si in unum sententiæ -concurrant, id quod ita sentiunt, legis vicem obtinet: si -vero dissentiunt, judici licet quam velit sententiam sequi: idque -rescripto divi Hadriani significatur.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note194"> -<p><span class="label"><a href="#tag194">194</a>. </span>Alcuno opinò divenissero sorgenti del diritto soltanto -dopo Tiberio, e da prima fossero solo proposizioni, vigenti un -anno e non più. Il contrario ora è dimostrato da Hugo, <i>Lehrbuch -der Geschichte des römischen Rechts bis auf Justinian</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note195"> -<p><span class="label"><a href="#tag195">195</a>. </span>Più di mille cinquecento ce ne rimangono da Augusto a -Costantino. A domande rispondono colle <i>epistolæ, literæ</i>: sulla -petizione fanno una <i>subscriptio, adnotatio</i>, che chiamasi <i>sanctio -prammatica</i> se diretta ad una città o ad un corpo; <i>constitutiones -personales</i> si dicono propriamente le concessioni di privilegi: -<i>decreta</i> o <i>interlocutiones</i> sono decisioni di cause portate in appello -all'imperatore o al suo consiglio: <i>mandata</i> sono gli ordini dati -dall'imperatore ai governatori delle provincie: <i>edicta</i> gli ordini -diretti al popolo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note196"> -<p><span class="label"><a href="#tag196">196</a>. </span>Tali le <i>Receptæ Sententiæ</i> di Paolo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note197"> -<p><span class="label"><a href="#tag197">197</a>. </span>Talvolta in ciò degenerano in minuzie, come si vede nei -frammenti trovati nella biblioteca Vaticana il 1823.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note198"> -<p><span class="label"><a href="#tag198">198</a>. </span><i>Antistius Labeo, ingenii qualitate et fiducia doctrinæ, qui -et in cæteris sapientiæ partibus operam dederat, plurima innovare -studuit: Atejus Capito, in his quæ ei tradita erant, perseverabat.</i> -<span class="smcap">Pomponio</span>, Dig. lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> tit. 2. l. 2. -</p> - -<p> -Avendo Tiberio in un editto usato una parola non latina, -qualche senatore, desideroso di far pompa di libertà ove non -portava pericolo, sorse a rinfacciargliela. Capitone sostenne che, -quantunque mai non si trovasse usata, si dovesse però mettere -fra le latine sull'autorità di Tiberio. Un Marcello replicò che -Tiberio potea dare la cittadinanza agli uomini, non alle parole. -Magnanima opposizione!</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note199"> -<p><span class="label"><a href="#tag199">199</a>. </span>In capo alle Pandette si suole stampare il catalogo degli -autori di cui si valse Giustiniano, cavato dal famoso manoscritto -del Digesto conservato a Firenze. Da Alessandro Severo a Giustiniano -tre soli giureconsulti vi sono citati, Arcadio Carisio, -Giulio Aquila ed Ermogene, forse autore del codice che porta -il suo nome.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note200"> -<p><span class="label"><a href="#tag200">200</a>. </span>È inserito nel Digesto, lib. <span class="smcap lowercase">I.</span> tit. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note201"> -<p><span class="label"><a href="#tag201">201</a>. </span>Fra' molti manoscritti ond'è ricca la biblioteca del Capitolo -di Verona, e di cui diede il catalogo Scipione Maffei nella -<i>Verona illustrata</i>, trovavansi alcuni fogli di pergamena, che -quel dotto antiquario giudicò formar parte d'un codice o di -qualche opera d'antico giureconsulto, e ne esibì il fac-simile. -D'allora più non se ne parlò, fin quando Haubold nel 1816 stampò -a Lipsia una <i>Notitia fragmenti veronensis <span class="upright">de interdictis</span>.</i> -Niebuhr, venuto a Verona, trasse copia del frammento <i>de præscriptionibus</i>, -e d'un altro sui diritti del fisco; esaminò varj manoscritti, -e singolarmente le epistole di san Girolamo, riconosciute -per palinsesto da Maffei e da Mosotti, ma non mai -dicifrato: e al modo che sotto la storia poetica di Roma leggeva -la vera, scoprì sotto la scrittura quanto bastasse per convincersi -che era l'opera di un giureconsulto; e applicando l'infusione di -galla a un foglio, lo lesse. Ne informò Savigny, ed insieme proclamarono -sui giornali la scoperta, mostrando che il frammento -<i>de præscriptionibus</i> apparteneva agli <i>Istituti</i> di Gajo. L'Accademia -di Berlino spedì a Verona nel 1817 i signori Göschen e -Bekker, i quali, superando le gravi difficoltà che a chi vuol il -bene oppongono coloro che fare nol vogliono o non sanno, giunsero -a trascrivere nove decimi del libro; il resto era illeggibile. -Il manoscritto componevasi di centoventisette fogli; la scrittura -più recente in majuscole esibiva ventisei epistole di san Girolamo; -la primitiva, elegantissima, gli <i>Istituti</i>; e fra questa e -quella una terza stendevasi per un quarto del manoscritto, contenente -epistole e meditazioni d'esso santo. Onde la membrana -fu raschiata tre volte; eppure offre il testo più compiuto, sebbene -difficile ed ostinato lavoro esigesse il leggerlo. Niebuhr e -Knopp credono la scrittura anteriore al regno di Giustiniano. -La prima edizione ne fu fatta a Berlino il 1820. Bluhm tornò a -collazionarla col testo di Verona, e ne fece un'edizione <i>princeps</i> -nel 1824.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note202"> -<p><span class="label"><a href="#tag202">202</a>. </span><i>Costituzioni</i> del 321 e 327, scoperte dal Maj nel 1821.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note203"> -<p><span class="label"><a href="#tag203">203</a>. </span>Instit. lib. <span class="smcap lowercase">I</span>; Dig. <i>De just. et jure</i>, l. 1; <i>De reg. juris</i>, l. 33.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note204"> -<p><span class="label"><a href="#tag204">204</a>. </span>Il codice Teodosiano andò perduto, colpa dei compendj -fattine, tra cui il principale è il <i>Breviario</i> d'Alarico, che ebbe -vigore presso i Visigoti. Nel 1528 Giovanni Siccardo ne pubblicò -un'edizione in Magonza; ma non è se non esso Breviario, purgato -dalle leggi derivate da usanze gotiche. Du Tillet aggiunse -gli ultimi otto libri, non compendiati in quel Breviario. Cujaccio -credette dare interi il <span class="smcap lowercase">VII</span> e <span class="smcap lowercase">VIII</span> col supplemento di -Stefano -Carpino. A Cujaccio stesso furono da Pietro Piteo comunicate -le costituzioni del senatoconsulto Claudiano, appartenenti al -<span class="smcap lowercase">IV</span> libro. Giacomo Gotofredo commentò questo codice con trenta -anni di lavoro, pubblicato nel 1736 in Lipsia da Antonio Marsigli -e Daniele Ritter (<i>Codex Theodosianus, cum perpetuis commentariis</i> -<span class="smcap">J. Gothofredi</span>; 6 vol. in-fol.). Il cardinale Maj in un -palimsesto vaticano scoperse altri frammenti, che stampò a -Roma nel 1823 coi tipi di Propaganda. L'anno seguente Amedeo -Peyron nella biblioteca dell'Università di Torino trovò ben -cinquanta leggi non prima conosciute, tra cui quelle ove Teodosio -prescrive le norme colle quali produrre la sua legislazione -(<i>Fragmenta codicis Theodosiani</i>, nel tomo <span class="smcap lowercase">XXVII</span> degli <i>Atti -dell'Accademia di Torino</i>). Con queste e le scoperte da Clossio fu -fatta un'edizione nuova d'esso codice a Lipsia il 1825, per cura -di C. F. Wenck. Ma nuove leggi scoprì a Torino e nell'Ambrosiana -Carlo di Vesme, che ne fa la più compiuta edizione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note205"> -<p><span class="label"><a href="#tag205">205</a>. </span>Πᾶν δέχεσθαι, tutto contenere. La sigla <i>ff</i>, colla quale -suole -indicarsi il Digesto, probabilmente viene da un <i>d</i> corsivo, -abbreviazione -di Digesto, traversato da una linea, che dagli editori -fu scambiato per un doppio <i>f</i>. Vedi <span class="smcap">Cramer</span>, <i>Progr. de sigla -Digestorum ff.</i> Chilon 1790. Spesso, nel citar le leggi, invece -di L. si pone <i>fr.</i>, perchè in fatto son piuttosto frammenti. -</p> - -<p> -Già al tempo che si compilarono le Pandette, molte opere di -diritto erano o perdute o scarse a Costantinopoli, poichè di Casellio -vi si dice che <i>scripta non extant, sed unus liber</i>; di Trebazio, -che <i>minus frequentatur</i>; di Tuberone, che <i>libri parum grati -sunt</i>, ecc. ecc. Le Pandette stesse poco mancò non andassero -perdute; giacchè, se anche è una storiella quella dell'unica copia -serbatasi ad Amalfi, ne prova però la rarità. Più tardi gli eruditi -raggranellarono i brani de' varj autori sparsi per le Pandette, -e li disposero secondo i libri dond'erano tolti; e ad alcuni passi -recò non poca luce il ravvicinarli e paragonarli. -</p> - -<p> -Degli scrittori di diritto antegiustinianei pochi ci arrivarono -intatti; i più, alterati da qualche legislatore, come tutti quelli -nella raccolta giustinianea. Queste opere di diritto sono o <i>Libri -prudentum</i>, o <i>Codices constitutionum</i>, ossieno diritto antico e -diritto posteriore. Fra i primi voglionsi particolarmente mentovare: -</p> - -<p> -1. I frammenti <i>Regularum</i> di Ulpiano; -</p> - -<p> -2. Le <i>Instituta</i> di Gajo, di cui parliamo; -</p> - -<p> -3. Le <i>Receptæ Sententiæ</i> di Paolo, conservateci mutile dai -Visigoti; -</p> - -<p> -4. <i>Lex Dei, sive Collatio legum mosaicarum et romanarum</i>, -raccolta fatta sul dechino dell'Impero Occidentale, del -pari che -</p> - -<p> -5. <i>Consultatio veteris jurisconsulti</i>; -</p> - -<p> -6. <i>Vaticana juris fragmenta</i>. -</p> - -<p> -I codici sono: -</p> - -<p> -1. Frammenti del Gregoriano e dell'Ermogeniano; -</p> - -<p> -2. Il Teodosiano; -</p> - -<p> -3. Le Novelle degli imperatori da Teodosio a Giustiniano. -</p> - -<p> -Le iscrizioni su pietra o su bronzo, contenenti testi di leggi, -senatoconsulti, editti od atti, sono preziosi come testi autentici, -mentre i libri non ci danno che le copie. Furono raccolti da -Spangenberg (Berlino 1830) col titolo, <i>Antiquitatis romanæ -monumenta legalia, extra libros juris romani sparsa</i>. Egli stesso -avea pubblicato a Lipsia nel 1821 una raccolta d'atti del diritto -romano, vale a dire contratti, testamenti e simili; <i>Juris romani -tabulæ negotiorum solemnium, modo in ære, modo in marmore, -modo in charta superstites</i>. E già ne' <i>Papiri diplomatici raccolti -ed illustrati</i>, a Roma nel 1805, il Marini avea pubblicato -una collezione d'atti sopra papiro. -</p> - -<p> -Delle leggi ed atti giuridici che abbiamo su bronzo, i principali -sono: -</p> - -<p> -<i>Senatusconsultum de Bacchanalibus</i> del 567 di Roma, che -riporteremo nell'<i>Appendice I</i>. -</p> - -<p> -<i>Lex Thoria agraria</i> del 613, che sta sul rovescio della -tavola che contiene la <i>lex Servilia repetundarum</i> del 654 -circa; -</p> - -<p> -<i>Tabula Heracleensis</i>, frammenti trovati il 1732 nell'antica -Eraclea presso Taranto, di varie leggi dal 664 al 680 di -Roma, o, secondo Savigny, del 709: e sta nel museo di -Napoli; -</p> - -<p> -<i>Plebiscitum de Thermensibus majoribus Pisidis</i>, forse del -690, degente nel museo Borbonico, dove pure la <i>lex de -scribis viatoribus;</i> -</p> - -<p> -<i>Lex Rubria de Gallia Cisalpina, del 708 circa</i>: fu trovata -mutila a Velleja, e deposta a Parma; -</p> - -<p> -<i>Lex Regia</i>, ossia il senatoconsulto dell'impero di Vespasiano, -dell'823 di Roma: sta nel museo Capitolino, anch'essa -mutila. Impropriamente chiamasi senatoconsulto: -bensì tale è quello <i>de ædificiis negotiationis causa non -diruendis</i>, dell'801 o 809, dissotterrato da Ercolano; e -un altro <i>de Asclepiade Clazomenio</i>, uno <i>de Triburtibus</i>, -uno in onore di Germanico. -</p> - -<p> -Si han pure due rescritti di Vespasiano dell'833, trovati uno -a Malaga, l'altro in Corsica; un'<i>Epistola Domitiani, spectans -ad litem inter Falerienses et Firmanos de subsecivis</i>, trovata -presso Faleria; l'<i>Edictum Diocletiani de prætiis rerum</i>, del 303 -d. C., tariffa dei prezzi e de' salarj, del quale un esemplare sta -nel Museo Britannico, un altro a Aix: l'<i>Edictum Constantini -Magni de ordine judiciorum publicorum</i> del 311 d. C., tratto -da schede della Biblioteca Ambrosiana. Va anche mentovata -l'orazione di Claudio imperatore in senato sul comunicare -la cittadinanza ai Galli, la quale si conserva a Lione in due -pezzi di bronzo; e <i>Tabula Trajani alimentaria</i> sui fondi destinati -da Trajano ad un ospizio di orfani nel 108 d. C., scoperta -il 1747 a Velleja. Altre riferiscono testamenti, rendite, -rescritti di magistrati, atti municipali, determinazioni di confini, -fra' quali vuole una menzione particolare la sentenza, resa nel -633 di Roma, sopra le differenze nate tra i Genuesi e i Genuati, -e che conservasi nel palazzo municipale di Genova. -</p> - -<p> -Nel secolo <span class="smcap lowercase">XVI</span> cominciaronsi indagini storiche sopra il diritto -romano, e massime i Batavi ne meritarono ottimamente. Lavori -grandiosi però non apparvero che entrante il secolo passato; e -primo quello di Gian Vincenzo Gravina, che nel 1701 pubblicò -<i>Origines juris civilis</i>; poi in Germania Eineccio nel 1716, <i>Antiquitatum -romanarum jurisprudentiam illustrantium syntagma</i>, -che è il sunto più compito e chiaro degli studj storici fatti sin -allora. Questo riguarda solo la storia interna del diritto romano; -l'esterna fu dal medesimo trattata nell'<i>Historia juris civilis -romani ac germanici</i>. Alla 1733. -</p> - -<p> -La quale distinzione della storia esterna ed interna fu prima -introdotta dal Leibniz. L'esterna, ossia generale, considera solo -l'andamento della legislazione d'un popolo, dando a conoscere -l'origine e i progressi delle fonti del diritto, cioè de' costumi, delle -leggi, de' codici, gli avvenimenti politici che v'ebbero influenza, -la successione dei giureconsulti, le scuole loro, le opere e l'efficacia -sulle riforme della legislazione. L'interna, o vogliasi dire -<i>le antichità del diritto</i>, è la storia speciale de' principj del diritto -medesimo, mostrando come progredirono lo stato delle persone, -il reggimento domestico, la storia delle proprietà, delle istituzioni -giudiziali, delle leggi penali, insomma le particolarità della -legislazione d'un popolo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note206"> -<p><span class="label"><a href="#tag206">206</a>. </span>Dell'autorità attribuita alla consuetudine, molte testimonianze -abbiamo: <i>Pleraque in jure non legibus, sed moribus -constant</i>. <span class="smcap">Quintiliano</span>, Instit., v. 3. — S<i>ed et ea quæ longa -consuetudine comprobata sunt, velut tacita civium conventio, -non minus quam ea quæ scripta sunt, jura servantur</i>. Leg. 35 -pr. Dig. tit. <span class="smcap lowercase">I</span>. lib. 3. — <i>Omne jus aut consensus fecit, aut necessitas -constituit, aut firmavit consuetudo</i>. Leg. 40 ivi. — Anche -Portalis, nel discorso preliminare al Codice francese, pose: <i>Les -codes des peuples se font avec le temps, mais, à proprement -parler, on ne les fait pas.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note207"> -<p><span class="label"><a href="#tag207">207</a>. </span>Plutarco, in <i>Romolo</i>; <span class="smcap">Dionigi d'Alicarnasso</span>, lib. <span class="smcap lowercase">II</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note208"> -<p><span class="label"><a href="#tag208">208</a>. </span><i>Sei stuprum commisit aliudve peccassit, maritus judex et -vindex estod, deque eo cum cognatis gnoscitod.</i> XII Tavole.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note209"> -<p><span class="label"><a href="#tag209">209</a>. </span>Vedi tutta l'<i>Aulularia</i> di Plauto.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note210"> -<p><span class="label"><a href="#tag210">210</a>. </span><span class="smcap">Giustiniano</span>, Nov. 91.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note211"> -<p><span class="label"><a href="#tag211">211</a>. </span><span class="smcap">Giustiniano</span>, Nov. 53.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note212"> -<p><span class="label"><a href="#tag212">212</a>. </span><i>Tutoris auctoritas necessaria est mulieribus, si lege aut -legitimo judicio agant, si se obligent, si civile negotium gerant.</i> -<span class="smcap">Ulpiano</span>, Framm. tit. <span class="smcap lowercase">XI</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note213"> -<p><span class="label"><a href="#tag213">213</a>. </span><i>Nov.</i> 118, cap. 5.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note214"> -<p><span class="label"><a href="#tag214">214</a>. </span>Sotto l'impero figurano grandemente Giulia Domna, Soemi, -Mammea, Zenobia; e al declinare di esso Pulcheria, Eudossia, -Placidia, Onoria, Giustina.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note215"> -<p><span class="label"><a href="#tag215">215</a>. </span>Sant'Ambrogio (<i>Hexameron</i>, lib. <span class="smcap lowercase">VI</span>. c. 4. § 22) scrive: -<i>Natura hoc bestiis infundit, ut catulos proprios ament, et fœtus -suos diligant. Nesciunt illa odia novercalia, nec, mutato concubitu, -parentes a sobole depravantur, neque noverunt præferre -filios posterioris copulæ. Nesciunt charitatis differentiam.</i> — Vedi -il Cod. Teod. <i>De secundis nuptiis</i>; e <span class="smcap">Pothier</span>, <i>Pandectæ</i>, -tom. <span class="smcap lowercase">II</span>. p. 89.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note216"> -<p><span class="label"><a href="#tag216">216</a>. </span>Sotto Giustiniano potea ciascuno avere la concubina: -<i>Cujuscumque ætatis concubinam haberi posse palam est, nisi -minor annis duodecim sit.</i> Dig. lib. <span class="smcap lowercase">XIV</span>. tit. 1. I. 4. Vanno in tal -senso intesi i passi di concilj o d'autori ecclesiastici, ove si parla -della concubina.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note217"> -<p><span class="label"><a href="#tag217">217</a>. </span>Sant'Agostino vuole che la madre abbia il maggior diritto -nel maritare la figlia, se pur questa non sia maggiorenne: -<i>Puellæ fortassis... apparebit et mater, cujus voluntatem in -tradenda filia omnibus, ut arbitror, natura præponit; nisi -eadem puella in ea ætate fuerit, ut jure licentiori sibi ipsa eligat -quod velit.</i> Ep. 233 ad Benenatum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note218"> -<p><span class="label"><a href="#tag218">218</a>. </span>Furono ridotti in versi a questo modo: -</p> - -<p> -dirimenti — -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Error, conditio duplex, insania mentis,</i></p> -<p class="i01"><i>Nec non mandati vitium, puerilis et ætas,</i></p> -<p class="i01"><i>Raptus, adulterium, cædes, cognatio, votum,</i></p> -<p class="i01"><i>Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas,</i></p> -<p class="i01"><i>Si sit affinis, si clandestinus, et impos;</i></p> -<p class="i01"><i>Hæc facienda vetant connubia, facta retractant.</i></p> -</div></div> - -<p> -impedienti — -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Ecclesiæ vetitum, nec non tempus feriatum,</i></p> -<p class="i01"><i>Atque catechismus, sponsalia, jungite votum,</i></p> -<p class="i01"><i>Par nisi sit cultus, nisi proclamatio terna,</i></p> -<p class="i01"><i>Ni sacer accedat ritus, patrisque voluntas;</i></p> -<p class="i01"><i>Hæc prohibent fieri, permittunt facta teneri.</i></p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note219"> -<p><span class="label"><a href="#tag219">219</a>. </span>Arcadio temperò questo rigore, assolvendo dal fuoco; -poi abrogò la legge. Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">III</span>. tit. 7. l. 2; tit. 12. l. 3; -lib. <span class="smcap lowercase">V</span>. tit. 4. l. 19.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note220"> -<p><span class="label"><a href="#tag220">220</a>. </span><i>Penes nos occultæ conjunctiones, idest non prius apud -Ecclesiam professæ, juxta mœchiam et fornicationem judicari -periclitantur.</i> <span class="smcap">Tertulliano</span>, De prudentia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note221"> -<p><span class="label"><a href="#tag221">221</a>. </span>— La chiesa (dice Tertulliano) prepara il matrimonio, e -ne stende il contratto, l'oblazione delle preghiere lo conferma, -la benedizione il suggella, Dio lo ratifica. Due fedeli portano -lo stesso giogo; non sono che una carne sola, un solo spirito; -pregano insieme, insieme digiunano, insieme sono alla chiesa, -alla mensa divina, nelle traversie, nella pace». <i>Ad uxorem</i>. — Del -quale testo porge un esteso commento il Goudefroy -sulla legge <span class="smcap lowercase">III</span> del Cod. Teod. <i>De nuptiis</i>. E dopo Tertulliano -viveva Modestino, che del matrimonio diede l'elegantissima definizione -<i>conjunctio maris et fœminæ, consortium totius vitæ, divini -et humani juris communicatio</i>. Dig. <i>De ritu nupt.</i> I. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note222"> -<p><span class="label"><a href="#tag222">222</a>. </span><i>Repudium, quod permissum aliquando, jam prohibet... -Solus enim separabit qui et conjunxit... In totum enim, sive -per nuptias, sive vulgo, alterius viri admissio adulterium pronuntietur.</i> -<span class="smcap">Tertulliano</span>, De monogamia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note223"> -<p><span class="label"><a href="#tag223">223</a>. </span>Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">III</span>. <i>De patria potestate</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note224"> -<p><span class="label"><a href="#tag224">224</a>. </span>Inst., <i>Per quas personas</i>. Gotofredo (sulla legge del Cod. -Teod. <i>de maternis bonis</i>) avverte che ciò stabilivasi <i>christiana -disciplina paullatim patriæ potestatis duritiem emolliente</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note225"> -<p><span class="label"><a href="#tag225">225</a>. </span><span class="smcap">Paolo</span>, <i>Sent.</i> v. 1. <span class="smcap">Bynckershoeck</span>, <i>De jure occidendi -liberos</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note226"> -<p><span class="label"><a href="#tag226">226</a>. </span><span class="smcap">Svetonio</span>, in <i>Claudio</i>, 25; Dig. lib. <span class="smcap lowercase">XLVIII</span>. tit. 8. l. 2; -lib. <span class="smcap lowercase">II</span>. tit. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note227"> -<p><span class="label"><a href="#tag227">227</a>. </span><span class="smcap">Sparziano</span> in <i>Hadriano</i>, 19. — <i>Dominorum potestatem in -suos servos illibatam esse oportet, nec cuipiam hominum jus -suum detrahi</i>. Dig. lib. <span class="smcap lowercase">II</span>. tit. <span class="smcap lowercase">I</span>. l. 6.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note228"> -<p><span class="label"><a href="#tag228">228</a>. </span>Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">I</span>. tit. 19. l. 1; lib. <span class="smcap lowercase">VII</span>. tit. 13. l. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note229"> -<p><span class="label"><a href="#tag229">229</a>. </span>Florio, <i>Hist.</i>, <span class="smcap lowercase">III</span>. 20.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note230"> -<p><span class="label"><a href="#tag230">230</a>. </span>Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 12. l. 1; tit. 18. l. 40. tit. 12. l. 1; -Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">III</span>. tit. 38. l. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note231"> -<p><span class="label"><a href="#tag231">231</a>. </span>Opera capitale su questo punto è <span class="smcap">Savigny</span>, <i>Das -Recht -des Besitzes</i>. Giessen 1803. Vi fecero dilucidazioni e commenti -<span class="smcap">Warn-König</span> (<i>Analyse du Traité de la possession par M. de -Savigny</i> Liegi 1824), e <span class="smcap">Lherminier</span> (<i>De possessione; -analytica -Savinianæ doctrinæ expositio.</i> Parigi 1828).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note232"> -<p><span class="label"><a href="#tag232">232</a>. </span>Tit. <i>De usucapione</i>, e <i>De nudo jure Quiritium tollendo</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note233"> -<p><span class="label"><a href="#tag233">233</a>. </span>Cicerone prova che Archia era cittadino romano perchè -fece testamento.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note234"> -<p><span class="label"><a href="#tag234">234</a>. </span>Inst. <span class="smcap lowercase">II</span>. 22, <i>De lege Falcidia</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note235"> -<p><span class="label"><a href="#tag235">235</a>. </span><i>Aucupatione syllabarum insidiantes</i>. L. <span class="smcap lowercase">II</span>. del Cod. Giust. -<i>De formulis</i>, dell'anno 342.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note236"> -<p><span class="label"><a href="#tag236">236</a>. </span>Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">III</span>. tit. 1. l. 13.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note237"> -<p><span class="label"><a href="#tag237">237</a>. </span>Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">XIV</span>, tit. 1. l. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note238"> -<p><span class="label"><a href="#tag238">238</a>. </span>Ulpiano scrive che, se una donna fu successivamente -concubina del patrono, poi del figlio di esso, e ancora del figlio -di questo, non crede operi regolarmente: <span class="smcap lowercase">NON PUTO EAM RECTE -FACERE</span>. Dig. lib. <span class="smcap lowercase">I</span>. tit. 1. l. 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note239"> -<p><span class="label"><a href="#tag239">239</a>. </span><i>Aliudve quid simile admiserint</i>. Dig., tit. <i>Ad leg. Jul. maj.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note240"> -<p><span class="label"><a href="#tag240">240</a>. </span><i>Sacrilegii instar est dubitare an dignus sit quem elegerit -imperator</i>. Cod. <i>De crim. sacril.</i> La copiò re Ruggero nelle costituzioni -di Napoli, tit. <span class="smcap lowercase">IV</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note241"> -<p><span class="label"><a href="#tag241">241</a>. </span><i>Nam ipsi pars corporis nostri sunt</i>. Dig. l. cit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note242"> -<p><span class="label"><a href="#tag242">242</a>. </span>Cod. Teod., tit. <i>De falsa moneta</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note243"> -<p><span class="label"><a href="#tag243">243</a>. </span>Ammiano Marcellino, <span class="smcap lowercase">XVI</span>. 8.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note244"> -<p><span class="label"><a href="#tag244">244</a>. </span>Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 8. l. 6.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note245"> -<p><span class="label"><a href="#tag245">245</a>. </span>Lib. <span class="smcap lowercase">IV</span>. tit. 15; lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 42; lib. <span class="smcap lowercase">X</span>. tit. 8. 9. 10.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note246"> -<p><span class="label"><a href="#tag246">246</a>. </span>Lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>, tit. 8. l. 1 e 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note247"> -<p><span class="label"><a href="#tag247">247</a>. </span><span class="smcap">Vopisco</span> in <i>Alex. Sev.</i>; Cod. Teod., tit. <i>Ad leg. Jul. maj.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note248"> -<p><span class="label"><a href="#tag248">248</a>. </span><i>Nomina quidem servavimus, legum autem veritatem -nostram fecimus. Itaque si quid erat in illis seditiosum (multa -etiam talia erant ibi reposita), hoc decisum est et definitum, et -in perspicuum finem deducta est quæque lex</i>. Cod. Giust., lib. <span class="smcap lowercase">I</span>. -tit. 17. l. 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note249"> -<p><span class="label"><a href="#tag249">249</a>. </span>Cod. Teod. tit. <i>De petit.</i>, e <i>De famos. libell.</i> — Le seguenti -leggi trovansi sparse nel codice stesso.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note250"> -<p><span class="label"><a href="#tag250">250</a>. </span>Ivi, tit. <i>De indulg. crim.</i> — Il Muratori, nel riferir ciò -all'anno 409, dice che tal costume durava a' suoi giorni in moltissimi -luoghi della cristianità, e nominatamente a Modena.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note251"> -<p><span class="label"><a href="#tag251">251</a>. </span>Ivi, lib. <span class="smcap lowercase">XI</span>, tit. 30. l. 68; Cod. Giust., De leg. <i>Digna vox</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note252"> -<p><span class="label"><a href="#tag252">252</a>. </span><i>Nitimur aliquid invenire semper et naturæ consequens, -et quod possit priora corrigere</i>. Nov. 18 præf. -</p> - -<p> -Il sig. Troplong, nell'<i>Influenza del cristianesimo sopra la -legislazione</i>, conchiude: — Il diritto romano fu migliore nell'età -cristiana che nelle antecedenti; e il dire contrario è paradosso o -mala intelligenza; ma è inferiore alle legislazioni moderne, nate -all'ombra del cristianesimo, e meglio penetrate del suo spirito». -</p> - -<p> -Gaudenzio Paganini nel 1638 beffò Giustiniano amaramente -per avere abolito le leggi d'agnazione, ed essersi mostrato favorevole -alle ragioni delle donne. Sagrifizio alle idee pagane, che -vorrebbe nei secoli cristiani resuscitare i pregiudizj di Catone, -il privilegio contro il diritto comune. -</p> - -<p> -Il grancancelliere L'Hôpital, volendo sviare i Francesi dalla -legislazione romana per tenerli alle consuetudini patrie, incaricò -Francesco Holmann di scrivere l'<i>Anti-Tribonien, ou Discours -sur l'étude des lois</i>; dove, animandosi dell'odio contro Cujaccio, -flagella non solo la giustinianea, ma tutta la legislazione romana, -con acutezza e ardimento talvolta felice, sempre parziale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note253"> -<p><span class="label"><a href="#tag253">253</a>. </span>Paolino, nella <i>Vita di sant'Ambrogio</i>. Anche Orosio ed -altri autori ascrivono la vittoria su Radagaiso a miracolo; e a -Firenze e nel Mugello si alzarono allora chiese a santa Reparata.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note254"> -<p><span class="label"><a href="#tag254">254</a>. </span><span class="smcap">Zosimo</span>, lib. 5.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note255"> -<p><span class="label"><a href="#tag255">255</a>. </span>Nel 1554 fu trovato sul Vaticano il costei cadavere, con -molti oggetti preziosi; ne' soli abiti aveva trentasei libbre d'oro.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note256"> -<p><span class="label"><a href="#tag256">256</a>. </span>Fa pietà l'orrore che Rutilio Numaziano mostra per quell'enorme -colpa, ch'egli trova peggiore di quella di Nerone: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Omnia tartarei cessent tormenta Neronis,</i></p> -<p class="i02"> <i>Consumat stygias tristior umbra faces.</i></p> -<p class="i01"><i>Hic immortalem, mortalem percutit ille;</i></p> -<p class="i02"> <i>Hic mundi matrem perdidit, ille suam.</i></p> -<p class="i13"> Itinerarium, <span class="smcap lowercase">II</span>.</p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note257"> -<p><span class="label"><a href="#tag257">257</a>. </span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, lib. <span class="smcap lowercase">XIV</span>. Secondo Dureau de la -Malle, l'Egitto aveva appena un milione d'abitanti; un milione -e ducentomila la Sicilia; dieci milioni la Gallia; qualcosa meno -l'Italia; la Grecia, deserta.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note258"> -<p><span class="label"><a href="#tag258">258</a>. </span>Nella descrizione di quella peste trovansi molti sintomi -simili al vajuolo, che molti credono abbia preceduto la invasione -degli Arabi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note259"> -<p><span class="label"><a href="#tag259">259</a>. </span><span class="smcap">Vopisco</span>, 48.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note260"> -<p><span class="label"><a href="#tag260">260</a>. </span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, <span class="smcap lowercase">XVIII</span>. 5; <span class="smcap lowercase">XXXI</span>. 9.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note261"> -<p><span class="label"><a href="#tag261">261</a>. </span><i>Epist.</i> 39.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note262"> -<p><span class="label"><a href="#tag262">262</a>. </span>Cod. Teod., lib. XI. tit. 28. l. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note263"> -<p><span class="label"><a href="#tag263">263</a>. </span><span class="smcap">Dione</span>, lib. <span class="smcap lowercase">LXXV</span>. E desolazione e briganti sono dunque di -buona pezza anteriori al dominio dei papi, cui se ne ascrive -la colpa.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note264"> -<p><span class="label"><a href="#tag264">264</a>. </span>Cod. Teod., lib. <span class="smcap lowercase">XV</span>. tit. 47. l. 1; lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 30. l. 3. 5.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note265"> -<p><span class="label"><a href="#tag265">265</a>. </span>Ivi, lib. <span class="smcap lowercase">IX</span>. tit. 34.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note266"> -<p><span class="label"><a href="#tag266">266</a>. </span><span class="smcap">Sidonio Apollinare</span>, <i>Ep.</i> v. 5. Di Scronato egli dice: -<i>Exultans Gothis, insultansque Romanis, leges theodosianas -calcans, theodoricinasque praeponens... Barbaris provincias -propinans</i>. Ep. <span class="smcap lowercase">VII</span>. 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note267"> -<p><span class="label"><a href="#tag267">267</a>. </span><span class="smcap">Socrate</span>, <i>Storia eccl.</i>, v. 8.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note268"> -<p><span class="label"><a href="#tag268">268</a>. </span><span class="smcap">Claudiano</span>, <i>in Eutropium</i>, <span class="smcap lowercase">I</span>, 401.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note269"> -<p><span class="label"><a href="#tag269">269</a>. </span>Lib. <span class="smcap lowercase">XXVIII</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note270"> -<p><span class="label"><a href="#tag270">270</a>. </span><span class="smcap">Agostino</span>, <i>De civ. Dei</i>, I. 32; <span class="smcap">Orosio</span>, <span class="smcap lowercase">I</span>. 6.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note271"> -<p><span class="label"><a href="#tag271">271</a>. </span><i>De Providentia</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note272"> -<p><span class="label"><a href="#tag272">272</a>. </span>San Girolamo (<i>adversus Rufinum</i>, lib. <span class="smcap lowercase">II</span>) ricorda Filistone, -Lentulo, Marullo, altri autori di commedie biologiche ed etologiche, -drammi ove si riproduceano le abitudini della vita domestica -e che perciò sarebbero preziosi a conoscere.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note273"> -<p><span class="label"><a href="#tag273">273</a>. </span>Tutto ciò raccogliamo da un curiosissimo frammento di -Olimpiodoro, conservatoci da Fozio. Il quale Olimpiodoro compose -un verso che in latino suona: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Est urbs una domus: mille urbes continet una urbs.</i></p> -</div></div> - -<p> -Anche Rutilio Numaziano (<i>Itinerarium</i>, <span class="smcap lowercase">III</span>) canta: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Quid loquar inclusas inter laquearia sylvas</i></p> -<p class="i01"><i>Vernula quæ vario carmine ludit avis?</i></p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note274"> -<p><span class="label"><a href="#tag274">274</a>. </span><i>Epist.</i> 14.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note275"> -<p><span class="label"><a href="#tag275">275</a>. </span><span class="smcap">Simmaco</span>, lib. <span class="smcap lowercase">VIII</span>. ep. 65.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note276"> -<p><span class="label"><a href="#tag276">276</a>. </span><i>Ipsa Roma orbis domina, in singulis insulis domibusque, -Tutelæ simulacrum cereis venerans ac lucernis, quam ad tuitionem -ædium isto appellant nomine, ut tam intrantes quam exeuntes -domos suas, inoliti semper commoveantur erraris</i>. <span class="smcap">San Girolamo</span>, -Comm. in Isaia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note277"> -<p><span class="label"><a href="#tag277">277</a>. </span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, <span class="smcap lowercase">XIV</span>. 6. <span class="smcap lowercase">XXVIII</span>. 2. — <i>Plena sunt -conventicula nostra hominibus, qui tempora rerum agendarum -a mathematicis accipiunt. Jam vero, ne aliquid inchoetur aut -ædificiorum aut hujusmodi quorumlibet operum diebus quos -ægyptiacos vocant, sæpe etiam nos movere non dubitant</i>. <span class="smcap">S. Agostino</span>, -Expos. epist. ad Galatas, cap. IV.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note278"> -<p><span class="label"><a href="#tag278">278</a>. </span>Sant'Agostino non approva il fatto, <i>De civ. Dei</i>, <span class="smcap lowercase">II</span>. 17.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note279"> -<p><span class="label"><a href="#tag279">279</a>. </span><span class="smcap">Sozomene</span>, <span class="smcap lowercase">IX</span>. 10.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note280"> -<p><span class="label"><a href="#tag280">280</a>. </span><span class="smcap">Giornandes</span>, <i>De rebus goticis</i>, cap. <span class="smcap lowercase">XXX</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note281"> -<p><span class="label"><a href="#tag281">281</a>. </span>Lo disse egli stesso ad un Narbonese, il quale lo riferì a -san Girolamo in un suo pellegrinaggio a Terrasanta, presente -Orosio, che ce lo tramandò, lib. <span class="smcap lowercase">VII</span>. 43.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note282"> -<p><span class="label"><a href="#tag282">282</a>. </span>Olimpiodoro, presso Fozio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note283"> -<p><span class="label"><a href="#tag283">283</a>. </span>Orosio dice tremila ducento legni; Marcellino settecento.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note284"> -<p><span class="label"><a href="#tag284">284</a>. </span><span class="smcap">Procopio</span>, <i>De bello gotico</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note285"> -<p><span class="label"><a href="#tag285">285</a>. </span>È la legge che uffizialmente riconobbe il culto cristiano -come unico dominante, <span class="smcap lowercase">XVI</span> <i>kalendas decembris</i> 408. Cod. Teod., -lib. <span class="smcap lowercase">XVI.</span> tit. 10. l. 29.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note286"> -<p><span class="label"><a href="#tag286">286</a>. </span>Ivi, lib. <span class="smcap lowercase">XVI.</span> tit. 10. l. 13. 14. 15. 16.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note287"> -<p><span class="label"><a href="#tag287">287</a>. </span><span class="smcap">Giornandes</span>, <i>De rebus goticis</i>, cap. 33.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note288"> -<p><span class="label"><a href="#tag288">288</a>. </span>Siccome De Guignes, <i>Histoire des Huns, des Turcs et des -Mongols</i>, 1756-58. Lo contraddissero Ghébard nella <i>Storia d'Ungheria</i>, -I, 187, poi Klaproth, Rémusat, e omai tutti gli Orientalisti. -Bensì Rémusat e Saint-Martin riconobbero i Geti e gli Asi -negli Yue-ti e Osi, rammentati negli annali dei Cinesi come -biondi. In una relazione dei regni buddici troviamo verso il 500 -gli Yue-ti in guerra coi popoli sulle rive dell'Indo, per disputare -la tazza d'oro di Budda. Le ragioni etimologiche hanno scarso -valore, allorchè sieno isolate. In fatti Bergmann (nel <i>Nomadische -Streifereien unter den Kalmuken</i>. Riga 1804, vol. I. p. 129) -trova la radice del nome di <i>Muntsak</i> padre di Attila nel mongolo -<i>mu</i> cattivo e <i>tzak</i> tempo; Attila è da lui mutato in <i>Etzel</i>, che -significa qual cosa di maestoso. Egualmente, o con meno stiracchiatura, -si spiegano col parlare ungherese: Attila è <i>atzel</i> acciajo; -Muntsag, <i>ment tseg</i> fertilità. Altri potrebbe dedurre il nome -d'Attila dalla radice <i>atta, atti, ætti,</i> che in molte lingue asiatiche -suona giudice, capo, re; donde Attalo re marcomanno, -Attalo di Pergamo, Attalo mauro, Atea scita, Atalarico, Eticone, -ecc. V'è chi riscontra i nomi di Bleda, Balamir, Munzuk -nei nomi slavi di Blad o Vlad, Bolemir, Muzok.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note289"> -<p><span class="label"><a href="#tag289">289</a>. </span>A questa descrizione di Giornandes si conforma quella di -Sidonio Apollinare, vescovo di Clermont nel 472, il quale canta -nel carme <span class="smcap lowercase">II</span>, vs. 245: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Gens animis membrisque minax: ita vultibus ipsis</i></p> -<p class="i01"><i>Infantum suus horror inest. Consurgit in arctum</i></p> -<p class="i01"><i>Massa rotunda caput; geminis sub fronte cavernis</i></p> -<p class="i01"><i>Visus adest, oculis absentibus: acta cerebri</i></p> -<p class="i01"><i>In cameram vix ad refugos lux pervenit orbes;</i></p> -<p class="i01"><i>Non tamen et clausos, nam fornice non spatioso</i></p> -<p class="i01"><i>Magna vident spatia, et majoris luminis usum</i></p> -<p class="i01"><i>Perspicua in puteis compensat puncta profundis.</i></p> -<p class="i01"><i>Tum, ne per malas excrescat fistula duplex,</i></p> -<p class="i01"><i>Obtundit teneras circumdata fascia nares,</i></p> -<p class="i01"><i>Ut galeis cedant. Sic propter prælia natos</i></p> -<p class="i01"><i>Maternus deformat amor, quia tensa genarum</i></p> -<p class="i01"><i>Non interjecto fit latior area naso.</i></p> -<p class="i01"><i>Cætera pars est pulchra viris. Stant pectora vasta,</i></p> -<p class="i01"><i>Insignes humeri, subcincta sub ilibus alvus.</i></p> -<p class="i01"><i>Forma quidem pediti media est, procera sed extat</i></p> -<p class="i01"><i>Si cernas equites, sic longi sæpe putantur</i></p> -<p class="i01"><i>Si sedeant.</i></p> -</div></div> -</div> - -<div class="footnote" id="note290"> -<p><span class="label"><a href="#tag290">290</a>. </span>Così chiamati non dai Vendi, ma da ἐν ἴημι, <i>venuti</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note291"> -<p><span class="label"><a href="#tag291">291</a>. </span><span class="smcap">Strabone</span>, lib. <span class="smcap lowercase">XI.</span></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note292"> -<p><span class="label"><a href="#tag292">292</a>. </span><i>Æmula Bajanis Altini litora villis.</i> <span class="smcap">Marziale.</span></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note293"> -<p><span class="label"><a href="#tag293">293</a>. </span>Una tradizione, che correva già ai tempi di Ottone da -Frisinga, fa fondata Udine da Attila. Egli avea altro in vista -che fondare città; ma forse su quell'altura, così singolare nel -piano, si ritirò una parte della popolazione carnica del Friuli, e -se ne formò quell'abitato, che però non trovasi nominato se -non nel 983 quando Ottone II donò al patriarca Rodualdo -<i>castellum Utini</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note294"> -<p><span class="label"><a href="#tag294">294</a>. </span><i>Frammenti di Damascio</i> nella Biblioteca di Fozio, p. 1039.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note295"> -<p><span class="label"><a href="#tag295">295</a>. </span><i>Lupus est homo homini; non homo, quem qualis sit non -novit.</i> <span class="smcap">Plauto</span>, Asinaria, <span class="smcap lowercase">II.</span> 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note296"> -<p><span class="label"><a href="#tag296">296</a>. </span><i>Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant.</i> <span class="smcap">Tacito</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note297"> -<p><span class="label"><a href="#tag297">297</a>. </span>Il nostro Gravina è uno dei primi che riconosca il merito -delle conquiste romane. Aristotele pose, e Cicerone sostenne -che la natura dà alla ragione l'imperio sopra la barbarie, e -l'interesse de' popoli rozzi esige sieno sottomessi a dominazione -intelligente. Ora la dominazione di Roma (dice esso Gravina, -<i>Origo juris civilis</i>, <span class="smcap lowercase">I</span>. 16) fu la sola giusta, perchè <i>in -vertice -rationis humanæ</i>; non considerava come nemici che i nemici -dell'umanità; non toglieva ai vinti che la facoltà di fare il male; -imponeva servitù a quei soli che preferivano un'esistenza selvaggia -al vivere sociale; mentre a' Greci e ad altri popoli civili -permetteva di vivere secondo le leggi loro; proponeasi per iscopo -di propagare la civiltà, e realizzare l'associazione universale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note298"> -<p><span class="label"><a href="#tag298">298</a>. </span></p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Hæc est quæ in gremium victos, quæ sola recepit,</i></p> -<p class="i01"><i>Humanumque genus communi nomine fovit,</i></p> -<p class="i01"><i>Matris non dominæ ritu, civemque vocavit</i></p> -<p class="i01"><i>Quem domuit, nexuque pio longinqua redemit.</i></p> -<p class="i01"><i>Hujus pacificis debemus moribus omnes</i></p> -<p class="i01"><i>Quod, velut patriis regionibus, utitur hospes...</i></p> -<p class="i01"><i>Quod cunctis gens una sumus.</i></p> -<p class="i07"> <span class="smcap">Claudiano</span>, Consul. Stiliconis,<span class="smcap lowercase"> II</span>. 150.</p> -</div></div> - -<p> -Anche Plinio maggiore conobbe l'efficacia civilizzatrice dell'unità -romana e della lingua: <i>Omnium terrarum alumna eadem -et parens, numine Deum electa, quæ sparsa congregaret imperia, -ritusque molliret, et tot populorum discordes ferasque linguas -sermonis commercio contraheret, colloquia et humanitatem homini -daret, breviterque una cunctarum gentium in toto orbe patria -fieret</i>, <span class="smcap lowercase">III</span>. 6.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note299"> -<p><span class="label"><a href="#tag299">299</a>. </span><i>Filia curialis, si, genitalis soli amore neglecto, in alia -voluerit nubere civitate, quartam mox omnium facultatum suarum -ordini conferat, a quo se alienari desiderat</i>. Nov. Major, IV.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note300"> -<p><span class="label"><a href="#tag300">300</a>. </span>Vedi il nostro Cap. <span class="smcap lowercase">XLVII</span>. — Il decadimento personale -dell'impero non potrebbe più al vivo ritrarsi di quel che fa Salviano, -<i>De gubernatione Dei</i>, v. 5. 8: <i>Inter hæc vastantur pauperes, -viduæ gemunt, orphani proculcantur, in tantum ut multi -eorum, et non obscuris natalibus editi, et liberaliter instituti, ad -hostes fugiant, ne persecutionis publicæ afflictione moriantur; -quærentes scilicet apud Barbaros romanam humanitatem, quia -apud Romanos barbaram inhumanitatem ferre non possunt. Et -quamvis ab his, ad quos confugiunt, discrepent ritu, discrepent -lingua, ipso etiam, ut ita dicam, corporum atque induviarum -barbaricarum fætore dissentiant, malunt tamen in Barbaris -pati cultum dissimilem, quam in Romanis injustitiam sævientem. -Itaque passim vel ad Gothos, vel ad Bagaudas, vel ad alios -ubique dominantes Barbaros migrant, et commigrasse non pænitet. -Malunt enim sub specie captivitatis vivere liberi, quam -sub specie libertatis esse captivi. Itaque nomen civium romanorum, -aliquando non solum magno æstimatum, sed magno -emptum, nunc ultro repudiatur ac fugitur, nec vile tantum, sed -etiam abominabile pene habetur. Ecquod esse majus testimonium -romanæ iniquitatis potest, quam quod plerique et honesti, et -nobiles, et quibus romanus status summo et splendori esse debuit -et honori, ad hoc tamen romanæ iniquitatis crudelitate compulsi -sunt, ut nolint esse romani? E poco avanti: Ubi, aut in quibus -sunt, nisi in Romanis tantum, hæc mala? Quorum injustitia -tanta, nisi nostra? Franci enim hoc scelus nesciunt; Hunni ab -his sceleribus immunes sunt; nihil horum est apud Vandalos, -nihil horum apud Gothos. Tam longe enim est, ut hæc inter -Gothos Barbari tolerent, ut ne Romani quidem, qui inter eos -vivunt, ista patiantur. Itaque unum illic Romanorum omnium -votum est, ne unquam eos necesse sit in jus transire Romanorum. -Una et consentiens illic romanæ plebis oratio, ut liceat -eis vitam, quam agunt, agere cum Barbaris. Et miramur, si -non vincantur a nostris partibus Gothi, cum malint apud eos -esse quam apud nos Romani! Itaque non solum transfugere ab -eis ad nos fratres nostri omnino nolunt, sed, ut ad eos confugiant, -nos relinquunt.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note301"> -<p><span class="label"><a href="#tag301">301</a>. </span>Gli scrittori ecclesiastici mostrano ben altri sentimenti -verso gli Unni d'Attila e i Vandali di Genserico.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note302"> -<p><span class="label"><a href="#tag302">302</a>. </span><i>Apocalissi</i>, cap. <span class="smcap lowercase">XVII.</span></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note303"> -<p><span class="label"><a href="#tag303">303</a>. </span><span class="smcap">Ammiano Marcellino</span>, <i>Hist.</i>, <span class="smcap lowercase">XV.</span></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note304"> -<p><span class="label"><a href="#tag304">304</a>. </span><i>Singulos universosque nostro monemus edicto, ut, romani -roboris confidentia, ex animo quo debent propria defensare cum -suis adversus hostes, si vis exegerit, salva disciplina publica, servataque -ingenuitatis modestia, quibus potuerint armis, nostrasque -provincias ac fortunas proprias, fideli conspiratione et juncto -umbone tueantur</i>. Costituz. di Valentiniano III del 430.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note305"> -<p><span class="label"><a href="#tag305">305</a>. </span><i>Sive integra diœcesis in commune consuluerit, sive singulæ -inter se voluerint provinciæ convenire, nullius judicis potestate -tractatus utilitati eorum congruus differatur; neve provinciæ -rector, ac præsidens vicariæ potestati, aut ipsa etiam -præfectura decretum æstimet requirendum</i>. Costituz. del 382.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note306"> -<p><span class="label"><a href="#tag306">306</a>. </span>Costituz. del 418.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note307"> -<p><span class="label"><a href="#tag307">307</a>. </span>Atto non raro nei primi Cristiani. Nell'<i>Epist.</i> <span class="smcap lowercase">I</span> di san Clemente -leggiamo: — Molti de' nostri conoscemmo, i quali volontariamente -si posero in ceppi per redimere altrui; molti che -si assoggettarono alla schiavitù per pascere gli altri col prezzo -della venduta libertà».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note308"> -<p><span class="label"><a href="#tag308">308</a>. </span><i>Nov.</i> <span class="smcap lowercase">III</span>, in calce al Cod. Teod.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note309"> -<p><span class="label"><a href="#tag309">309</a>. </span>Erano per lo più ottenute da favoriti, che ne abusavano -per trarricchire colle più sottili arti. Una ci è nota dalle leggi. -Essendosi peggiorata la moneta, pretendeano non ricevere che -oro, portante il conio di Faustina e degli Antonini: il che raddoppiava -l'aggravio; giacchè chi non ne avesse, dovea venire a -gravose composizioni.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note310"> -<p><span class="label"><a href="#tag310">310</a>. </span><i>Nov.</i> <span class="smcap lowercase">IV</span>, in calce al Cod. Teod.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note311"> -<p><span class="label"><a href="#tag311">311</a>. </span><span class="smcap">Sidonio</span>, <i>Paneg.</i></p> -</div> -</div> - -<div class="tnote"> -<p class="tntitle"> -Nota del Trascrittore -</p> - -<p> -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione -minimi errori tipografici. Il testo greco è stato trascritto tal quale, senza alcuna correzione. -</p> - -<p class="covernote"> -Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio. -</p> -</div> - -<div style='display:block; margin-top:4em'>*** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DEGLI ITALIANI, VOL. 4 (DI 15) ***</div> -<div style='text-align:left'> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -Updated editions will replace the previous one—the old editions will -be renamed. -</div> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright -law means that no one owns a United States copyright in these works, -so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United -States without permission and without paying copyright -royalties. 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Redistribution is subject to the trademark -license, especially commercial redistribution. -</div> - -<div style='margin:0.83em 0; font-size:1.1em; text-align:center'>START: FULL LICENSE<br /> -<span style='font-size:smaller'>THE FULL PROJECT GUTENBERG LICENSE<br /> -PLEASE READ THIS BEFORE YOU DISTRIBUTE OR USE THIS WORK</span> -</div> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -To protect the Project Gutenberg™ mission of promoting the free -distribution of electronic works, by using or distributing this work -(or any other work associated in any way with the phrase “Project -Gutenberg”), you agree to comply with all the terms of the Full -Project Gutenberg™ License available with this file or online at -www.gutenberg.org/license. -</div> - -<div style='display:block; font-size:1.1em; margin:1em 0; font-weight:bold'> -Section 1. General Terms of Use and Redistributing Project Gutenberg™ electronic works -</div> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -1.A. 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Information about the Mission of Project Gutenberg™ -</div> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -Project Gutenberg™ is synonymous with the free distribution of -electronic works in formats readable by the widest variety of -computers including obsolete, old, middle-aged and new computers. It -exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations -from people in all walks of life. -</div> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -Volunteers and financial support to provide volunteers with the -assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg™’s -goals and ensuring that the Project Gutenberg™ collection will -remain freely available for generations to come. In 2001, the Project -Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure -and permanent future for Project Gutenberg™ and future -generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see -Sections 3 and 4 and the Foundation information page at www.gutenberg.org. -</div> - -<div style='display:block; font-size:1.1em; margin:1em 0; font-weight:bold'> -Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation -</div> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non-profit -501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the -state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal -Revenue Service. The Foundation’s EIN or federal tax identification -number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by -U.S. federal laws and your state’s laws. -</div> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -The Foundation’s business office is located at 809 North 1500 West, -Salt Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up -to date contact information can be found at the Foundation’s website -and official page at www.gutenberg.org/contact -</div> - -<div style='display:block; font-size:1.1em; margin:1em 0; font-weight:bold'> -Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation -</div> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -Project Gutenberg™ depends upon and cannot survive without widespread -public support and donations to carry out its mission of -increasing the number of public domain and licensed works that can be -freely distributed in machine-readable form accessible by the widest -array of equipment including outdated equipment. Many small donations -($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt -status with the IRS. -</div> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -The Foundation is committed to complying with the laws regulating -charities and charitable donations in all 50 states of the United -States. Compliance requirements are not uniform and it takes a -considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up -with these requirements. 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Thus, we do not -necessarily keep eBooks in compliance with any particular paper -edition. -</div> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -Most people start at our website which has the main PG search -facility: <a href="https://www.gutenberg.org">www.gutenberg.org</a>. -</div> - -<div style='display:block; margin:1em 0'> -This website includes information about Project Gutenberg™, -including how to make donations to the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to -subscribe to our email newsletter to hear about new eBooks. -</div> - -</div> - -</body> -</html> diff --git a/old/64605-h/images/cover.jpg b/old/64605-h/images/cover.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index 79c4433..0000000 --- a/old/64605-h/images/cover.jpg +++ /dev/null |
