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+The Project Gutenberg eBook of La Divina Commedia di Dante: Paradiso, by Dante Alighieri
+
+This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and
+most other parts of the world at no cost and with almost no restrictions
+whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms
+of the Project Gutenberg License included with this eBook or online at
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+will have to check the laws of the country where you are located before
+using this eBook.
+
+Title: La Divina Commedia di Dante
+ Paradiso
+
+Author: Dante Alighieri
+
+Release Date: August, 1997 [eBook #999]
+[Most recently updated: April 25, 2021]
+
+Language: Italian
+
+Character set encoding: UTF-8
+
+
+*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK LA DIVINA COMMEDIA ***
+
+
+
+
+LA DIVINA COMMEDIA
+
+di Dante Alighieri
+
+CANTICA III: PARADISO
+
+
+Contents
+
+ PARADISO
+ Canto I.
+ Canto II.
+ Canto III.
+ Canto IV.
+ Canto V.
+ Canto VI.
+ Canto VII.
+ Canto VIII.
+ Canto IX.
+ Canto X.
+ Canto XI.
+ Canto XII.
+ Canto XIII.
+ Canto XIV.
+ Canto XV.
+ Canto XVI.
+ Canto XVII.
+ Canto XVIII.
+ Canto XIX.
+ Canto XX.
+ Canto XXI.
+ Canto XXII.
+ Canto XXIII.
+ Canto XXIV.
+ Canto XXV.
+ Canto XXVI.
+ Canto XXVII.
+ Canto XXVIII.
+ Canto XXIX.
+ Canto XXX.
+ Canto XXXI.
+ Canto XXXII.
+ Canto XXXIII.
+
+
+
+
+PARADISO
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto I
+
+
+La gloria di colui che tutto move
+per l’universo penetra, e risplende
+in una parte più e meno altrove.
+
+Nel ciel che più de la sua luce prende
+fu’ io, e vidi cose che ridire
+né sa né può chi di là sù discende;
+
+perché appressando sé al suo disire,
+nostro intelletto si profonda tanto,
+che dietro la memoria non può ire.
+
+Veramente quant’ io del regno santo
+ne la mia mente potei far tesoro,
+sarà ora materia del mio canto.
+
+O buono Appollo, a l’ultimo lavoro
+fammi del tuo valor sì fatto vaso,
+come dimandi a dar l’amato alloro.
+
+Infino a qui l’un giogo di Parnaso
+assai mi fu; ma or con amendue
+m’è uopo intrar ne l’aringo rimaso.
+
+Entra nel petto mio, e spira tue
+sì come quando Marsïa traesti
+de la vagina de le membra sue.
+
+O divina virtù, se mi ti presti
+tanto che l’ombra del beato regno
+segnata nel mio capo io manifesti,
+
+vedra’mi al piè del tuo diletto legno
+venire, e coronarmi de le foglie
+che la materia e tu mi farai degno.
+
+Sì rade volte, padre, se ne coglie
+per trïunfare o cesare o poeta,
+colpa e vergogna de l’umane voglie,
+
+che parturir letizia in su la lieta
+delfica deïtà dovria la fronda
+peneia, quando alcun di sé asseta.
+
+Poca favilla gran fiamma seconda:
+forse di retro a me con miglior voci
+si pregherà perché Cirra risponda.
+
+Surge ai mortali per diverse foci
+la lucerna del mondo; ma da quella
+che quattro cerchi giugne con tre croci,
+
+con miglior corso e con migliore stella
+esce congiunta, e la mondana cera
+più a suo modo tempera e suggella.
+
+Fatto avea di là mane e di qua sera
+tal foce, e quasi tutto era là bianco
+quello emisperio, e l’altra parte nera,
+
+quando Beatrice in sul sinistro fianco
+vidi rivolta e riguardar nel sole:
+aguglia sì non li s’affisse unquanco.
+
+E sì come secondo raggio suole
+uscir del primo e risalire in suso,
+pur come pelegrin che tornar vuole,
+
+così de l’atto suo, per li occhi infuso
+ne l’imagine mia, il mio si fece,
+e fissi li occhi al sole oltre nostr’ uso.
+
+Molto è licito là, che qui non lece
+a le nostre virtù, mercé del loco
+fatto per proprio de l’umana spece.
+
+Io nol soffersi molto, né sì poco,
+ch’io nol vedessi sfavillar dintorno,
+com’ ferro che bogliente esce del foco;
+
+e di sùbito parve giorno a giorno
+essere aggiunto, come quei che puote
+avesse il ciel d’un altro sole addorno.
+
+Beatrice tutta ne l’etterne rote
+fissa con li occhi stava; e io in lei
+le luci fissi, di là sù rimote.
+
+Nel suo aspetto tal dentro mi fei,
+qual si fé Glauco nel gustar de l’erba
+che ’l fé consorto in mar de li altri dèi.
+
+Trasumanar significar per verba
+non si poria; però l’essemplo basti
+a cui esperïenza grazia serba.
+
+S’i’ era sol di me quel che creasti
+novellamente, amor che ’l ciel governi,
+tu ’l sai, che col tuo lume mi levasti.
+
+Quando la rota che tu sempiterni
+desiderato, a sé mi fece atteso
+con l’armonia che temperi e discerni,
+
+parvemi tanto allor del cielo acceso
+de la fiamma del sol, che pioggia o fiume
+lago non fece alcun tanto disteso.
+
+La novità del suono e ’l grande lume
+di lor cagion m’accesero un disio
+mai non sentito di cotanto acume.
+
+Ond’ ella, che vedea me sì com’ io,
+a quïetarmi l’animo commosso,
+pria ch’io a dimandar, la bocca aprio
+
+e cominciò: «Tu stesso ti fai grosso
+col falso imaginar, sì che non vedi
+ciò che vedresti se l’avessi scosso.
+
+Tu non se’ in terra, sì come tu credi;
+ma folgore, fuggendo il proprio sito,
+non corse come tu ch’ad esso riedi».
+
+S’io fui del primo dubbio disvestito
+per le sorrise parolette brevi,
+dentro ad un nuovo più fu’ inretito
+
+e dissi: «Già contento requïevi
+di grande ammirazion; ma ora ammiro
+com’ io trascenda questi corpi levi».
+
+Ond’ ella, appresso d’un pïo sospiro,
+li occhi drizzò ver’ me con quel sembiante
+che madre fa sovra figlio deliro,
+
+e cominciò: «Le cose tutte quante
+hanno ordine tra loro, e questo è forma
+che l’universo a Dio fa simigliante.
+
+Qui veggion l’alte creature l’orma
+de l’etterno valore, il qual è fine
+al quale è fatta la toccata norma.
+
+Ne l’ordine ch’io dico sono accline
+tutte nature, per diverse sorti,
+più al principio loro e men vicine;
+
+onde si muovono a diversi porti
+per lo gran mar de l’essere, e ciascuna
+con istinto a lei dato che la porti.
+
+Questi ne porta il foco inver’ la luna;
+questi ne’ cor mortali è permotore;
+questi la terra in sé stringe e aduna;
+
+né pur le creature che son fore
+d’intelligenza quest’ arco saetta,
+ma quelle c’hanno intelletto e amore.
+
+La provedenza, che cotanto assetta,
+del suo lume fa ’l ciel sempre quïeto
+nel qual si volge quel c’ha maggior fretta;
+
+e ora lì, come a sito decreto,
+cen porta la virtù di quella corda
+che ciò che scocca drizza in segno lieto.
+
+Vero è che, come forma non s’accorda
+molte fïate a l’intenzion de l’arte,
+perch’ a risponder la materia è sorda,
+
+così da questo corso si diparte
+talor la creatura, c’ha podere
+di piegar, così pinta, in altra parte;
+
+e sì come veder si può cadere
+foco di nube, sì l’impeto primo
+l’atterra torto da falso piacere.
+
+Non dei più ammirar, se bene stimo,
+lo tuo salir, se non come d’un rivo
+se d’alto monte scende giuso ad imo.
+
+Maraviglia sarebbe in te se, privo
+d’impedimento, giù ti fossi assiso,
+com’ a terra quïete in foco vivo».
+
+Quinci rivolse inver’ lo cielo il viso.
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto II
+
+
+O voi che siete in piccioletta barca,
+desiderosi d’ascoltar, seguiti
+dietro al mio legno che cantando varca,
+
+tornate a riveder li vostri liti:
+non vi mettete in pelago, ché forse,
+perdendo me, rimarreste smarriti.
+
+L’acqua ch’io prendo già mai non si corse;
+Minerva spira, e conducemi Appollo,
+e nove Muse mi dimostran l’Orse.
+
+Voialtri pochi che drizzaste il collo
+per tempo al pan de li angeli, del quale
+vivesi qui ma non sen vien satollo,
+
+metter potete ben per l’alto sale
+vostro navigio, servando mio solco
+dinanzi a l’acqua che ritorna equale.
+
+Que’ glorïosi che passaro al Colco
+non s’ammiraron come voi farete,
+quando Iasón vider fatto bifolco.
+
+La concreata e perpetüa sete
+del deïforme regno cen portava
+veloci quasi come ’l ciel vedete.
+
+Beatrice in suso, e io in lei guardava;
+e forse in tanto in quanto un quadrel posa
+e vola e da la noce si dischiava,
+
+giunto mi vidi ove mirabil cosa
+mi torse il viso a sé; e però quella
+cui non potea mia cura essere ascosa,
+
+volta ver’ me, sì lieta come bella,
+«Drizza la mente in Dio grata», mi disse,
+«che n’ha congiunti con la prima stella».
+
+Parev’ a me che nube ne coprisse
+lucida, spessa, solida e pulita,
+quasi adamante che lo sol ferisse.
+
+Per entro sé l’etterna margarita
+ne ricevette, com’ acqua recepe
+raggio di luce permanendo unita.
+
+S’io era corpo, e qui non si concepe
+com’ una dimensione altra patio,
+ch’esser convien se corpo in corpo repe,
+
+accender ne dovria più il disio
+di veder quella essenza in che si vede
+come nostra natura e Dio s’unio.
+
+Lì si vedrà ciò che tenem per fede,
+non dimostrato, ma fia per sé noto
+a guisa del ver primo che l’uom crede.
+
+Io rispuosi: «Madonna, sì devoto
+com’ esser posso più, ringrazio lui
+lo qual dal mortal mondo m’ha remoto.
+
+Ma ditemi: che son li segni bui
+di questo corpo, che là giuso in terra
+fan di Cain favoleggiare altrui?».
+
+Ella sorrise alquanto, e poi «S’elli erra
+l’oppinïon», mi disse, «d’i mortali
+dove chiave di senso non diserra,
+
+certo non ti dovrien punger li strali
+d’ammirazione omai, poi dietro ai sensi
+vedi che la ragione ha corte l’ali.
+
+Ma dimmi quel che tu da te ne pensi».
+E io: «Ciò che n’appar qua sù diverso
+credo che fanno i corpi rari e densi».
+
+Ed ella: «Certo assai vedrai sommerso
+nel falso il creder tuo, se bene ascolti
+l’argomentar ch’io li farò avverso.
+
+La spera ottava vi dimostra molti
+lumi, li quali e nel quale e nel quanto
+notar si posson di diversi volti.
+
+Se raro e denso ciò facesser tanto,
+una sola virtù sarebbe in tutti,
+più e men distributa e altrettanto.
+
+Virtù diverse esser convegnon frutti
+di princìpi formali, e quei, for ch’uno,
+seguiterieno a tua ragion distrutti.
+
+Ancor, se raro fosse di quel bruno
+cagion che tu dimandi, o d’oltre in parte
+fora di sua materia sì digiuno
+
+esto pianeto, o, sì come comparte
+lo grasso e ’l magro un corpo, così questo
+nel suo volume cangerebbe carte.
+
+Se ’l primo fosse, fora manifesto
+ne l’eclissi del sol, per trasparere
+lo lume come in altro raro ingesto.
+
+Questo non è: però è da vedere
+de l’altro; e s’elli avvien ch’io l’altro cassi,
+falsificato fia lo tuo parere.
+
+S’elli è che questo raro non trapassi,
+esser conviene un termine da onde
+lo suo contrario più passar non lassi;
+
+e indi l’altrui raggio si rifonde
+così come color torna per vetro
+lo qual di retro a sé piombo nasconde.
+
+Or dirai tu ch’el si dimostra tetro
+ivi lo raggio più che in altre parti,
+per esser lì refratto più a retro.
+
+Da questa instanza può deliberarti
+esperïenza, se già mai la provi,
+ch’esser suol fonte ai rivi di vostr’ arti.
+
+Tre specchi prenderai; e i due rimovi
+da te d’un modo, e l’altro, più rimosso,
+tr’ambo li primi li occhi tuoi ritrovi.
+
+Rivolto ad essi, fa che dopo il dosso
+ti stea un lume che i tre specchi accenda
+e torni a te da tutti ripercosso.
+
+Ben che nel quanto tanto non si stenda
+la vista più lontana, lì vedrai
+come convien ch’igualmente risplenda.
+
+Or, come ai colpi de li caldi rai
+de la neve riman nudo il suggetto
+e dal colore e dal freddo primai,
+
+così rimaso te ne l’intelletto
+voglio informar di luce sì vivace,
+che ti tremolerà nel suo aspetto.
+
+Dentro dal ciel de la divina pace
+si gira un corpo ne la cui virtute
+l’esser di tutto suo contento giace.
+
+Lo ciel seguente, c’ha tante vedute,
+quell’ esser parte per diverse essenze,
+da lui distratte e da lui contenute.
+
+Li altri giron per varie differenze
+le distinzion che dentro da sé hanno
+dispongono a lor fini e lor semenze.
+
+Questi organi del mondo così vanno,
+come tu vedi omai, di grado in grado,
+che di sù prendono e di sotto fanno.
+
+Riguarda bene omai sì com’ io vado
+per questo loco al vero che disiri,
+sì che poi sappi sol tener lo guado.
+
+Lo moto e la virtù d’i santi giri,
+come dal fabbro l’arte del martello,
+da’ beati motor convien che spiri;
+
+e ’l ciel cui tanti lumi fanno bello,
+de la mente profonda che lui volve
+prende l’image e fassene suggello.
+
+E come l’alma dentro a vostra polve
+per differenti membra e conformate
+a diverse potenze si risolve,
+
+così l’intelligenza sua bontate
+multiplicata per le stelle spiega,
+girando sé sovra sua unitate.
+
+Virtù diversa fa diversa lega
+col prezïoso corpo ch’ella avviva,
+nel qual, sì come vita in voi, si lega.
+
+Per la natura lieta onde deriva,
+la virtù mista per lo corpo luce
+come letizia per pupilla viva.
+
+Da essa vien ciò che da luce a luce
+par differente, non da denso e raro;
+essa è formal principio che produce,
+
+conforme a sua bontà, lo turbo e ’l chiaro».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto III
+
+
+Quel sol che pria d’amor mi scaldò ’l petto,
+di bella verità m’avea scoverto,
+provando e riprovando, il dolce aspetto;
+
+e io, per confessar corretto e certo
+me stesso, tanto quanto si convenne
+leva’ il capo a proferer più erto;
+
+ma visïone apparve che ritenne
+a sé me tanto stretto, per vedersi,
+che di mia confession non mi sovvenne.
+
+Quali per vetri trasparenti e tersi,
+o ver per acque nitide e tranquille,
+non sì profonde che i fondi sien persi,
+
+tornan d’i nostri visi le postille
+debili sì, che perla in bianca fronte
+non vien men forte a le nostre pupille;
+
+tali vid’ io più facce a parlar pronte;
+per ch’io dentro a l’error contrario corsi
+a quel ch’accese amor tra l’omo e ’l fonte.
+
+Sùbito sì com’ io di lor m’accorsi,
+quelle stimando specchiati sembianti,
+per veder di cui fosser, li occhi torsi;
+
+e nulla vidi, e ritorsili avanti
+dritti nel lume de la dolce guida,
+che, sorridendo, ardea ne li occhi santi.
+
+«Non ti maravigliar perch’ io sorrida»,
+mi disse, «appresso il tuo püeril coto,
+poi sopra ’l vero ancor lo piè non fida,
+
+ma te rivolve, come suole, a vòto:
+vere sustanze son ciò che tu vedi,
+qui rilegate per manco di voto.
+
+Però parla con esse e odi e credi;
+ché la verace luce che le appaga
+da sé non lascia lor torcer li piedi».
+
+E io a l’ombra che parea più vaga
+di ragionar, drizza’mi, e cominciai,
+quasi com’ uom cui troppa voglia smaga:
+
+«O ben creato spirito, che a’ rai
+di vita etterna la dolcezza senti
+che, non gustata, non s’intende mai,
+
+grazïoso mi fia se mi contenti
+del nome tuo e de la vostra sorte».
+Ond’ ella, pronta e con occhi ridenti:
+
+«La nostra carità non serra porte
+a giusta voglia, se non come quella
+che vuol simile a sé tutta sua corte.
+
+I’ fui nel mondo vergine sorella;
+e se la mente tua ben sé riguarda,
+non mi ti celerà l’esser più bella,
+
+ma riconoscerai ch’i’ son Piccarda,
+che, posta qui con questi altri beati,
+beata sono in la spera più tarda.
+
+Li nostri affetti, che solo infiammati
+son nel piacer de lo Spirito Santo,
+letizian del suo ordine formati.
+
+E questa sorte che par giù cotanto,
+però n’è data, perché fuor negletti
+li nostri voti, e vòti in alcun canto».
+
+Ond’ io a lei: «Ne’ mirabili aspetti
+vostri risplende non so che divino
+che vi trasmuta da’ primi concetti:
+
+però non fui a rimembrar festino;
+ma or m’aiuta ciò che tu mi dici,
+sì che raffigurar m’è più latino.
+
+Ma dimmi: voi che siete qui felici,
+disiderate voi più alto loco
+per più vedere e per più farvi amici?».
+
+Con quelle altr’ ombre pria sorrise un poco;
+da indi mi rispuose tanto lieta,
+ch’arder parea d’amor nel primo foco:
+
+«Frate, la nostra volontà quïeta
+virtù di carità, che fa volerne
+sol quel ch’avemo, e d’altro non ci asseta.
+
+Se disïassimo esser più superne,
+foran discordi li nostri disiri
+dal voler di colui che qui ne cerne;
+
+che vedrai non capere in questi giri,
+s’essere in carità è qui necesse,
+e se la sua natura ben rimiri.
+
+Anzi è formale ad esto beato esse
+tenersi dentro a la divina voglia,
+per ch’una fansi nostre voglie stesse;
+
+sì che, come noi sem di soglia in soglia
+per questo regno, a tutto il regno piace
+com’ a lo re che ’n suo voler ne ’nvoglia.
+
+E ’n la sua volontade è nostra pace:
+ell’ è quel mare al qual tutto si move
+ciò ch’ella crïa o che natura face».
+
+Chiaro mi fu allor come ogne dove
+in cielo è paradiso, etsi la grazia
+del sommo ben d’un modo non vi piove.
+
+Ma sì com’ elli avvien, s’un cibo sazia
+e d’un altro rimane ancor la gola,
+che quel si chere e di quel si ringrazia,
+
+così fec’ io con atto e con parola,
+per apprender da lei qual fu la tela
+onde non trasse infino a co la spuola.
+
+«Perfetta vita e alto merto inciela
+donna più sù», mi disse, «a la cui norma
+nel vostro mondo giù si veste e vela,
+
+perché fino al morir si vegghi e dorma
+con quello sposo ch’ogne voto accetta
+che caritate a suo piacer conforma.
+
+Dal mondo, per seguirla, giovinetta
+fuggi’mi, e nel suo abito mi chiusi
+e promisi la via de la sua setta.
+
+Uomini poi, a mal più ch’a bene usi,
+fuor mi rapiron de la dolce chiostra:
+Iddio si sa qual poi mia vita fusi.
+
+E quest’ altro splendor che ti si mostra
+da la mia destra parte e che s’accende
+di tutto il lume de la spera nostra,
+
+ciò ch’io dico di me, di sé intende;
+sorella fu, e così le fu tolta
+di capo l’ombra de le sacre bende.
+
+Ma poi che pur al mondo fu rivolta
+contra suo grado e contra buona usanza,
+non fu dal vel del cor già mai disciolta.
+
+Quest’ è la luce de la gran Costanza
+che del secondo vento di Soave
+generò ’l terzo e l’ultima possanza».
+
+Così parlommi, e poi cominciò ‘Ave,
+Maria’ cantando, e cantando vanio
+come per acqua cupa cosa grave.
+
+La vista mia, che tanto lei seguio
+quanto possibil fu, poi che la perse,
+volsesi al segno di maggior disio,
+
+e a Beatrice tutta si converse;
+ma quella folgorò nel mïo sguardo
+sì che da prima il viso non sofferse;
+
+e ciò mi fece a dimandar più tardo.
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto IV
+
+
+Intra due cibi, distanti e moventi
+d’un modo, prima si morria di fame,
+che liber’ omo l’un recasse ai denti;
+
+sì si starebbe un agno intra due brame
+di fieri lupi, igualmente temendo;
+sì si starebbe un cane intra due dame:
+
+per che, s’i’ mi tacea, me non riprendo,
+da li miei dubbi d’un modo sospinto,
+poi ch’era necessario, né commendo.
+
+Io mi tacea, ma ’l mio disir dipinto
+m’era nel viso, e ’l dimandar con ello,
+più caldo assai che per parlar distinto.
+
+Fé sì Beatrice qual fé Danïello,
+Nabuccodonosor levando d’ira,
+che l’avea fatto ingiustamente fello;
+
+e disse: «Io veggio ben come ti tira
+uno e altro disio, sì che tua cura
+sé stessa lega sì che fuor non spira.
+
+Tu argomenti: “Se ’l buon voler dura,
+la vïolenza altrui per qual ragione
+di meritar mi scema la misura?”.
+
+Ancor di dubitar ti dà cagione
+parer tornarsi l’anime a le stelle,
+secondo la sentenza di Platone.
+
+Queste son le question che nel tuo velle
+pontano igualmente; e però pria
+tratterò quella che più ha di felle.
+
+D’i Serafin colui che più s’india,
+Moïsè, Samuel, e quel Giovanni
+che prender vuoli, io dico, non Maria,
+
+non hanno in altro cielo i loro scanni
+che questi spirti che mo t’appariro,
+né hanno a l’esser lor più o meno anni;
+
+ma tutti fanno bello il primo giro,
+e differentemente han dolce vita
+per sentir più e men l’etterno spiro.
+
+Qui si mostraro, non perché sortita
+sia questa spera lor, ma per far segno
+de la celestïal c’ha men salita.
+
+Così parlar conviensi al vostro ingegno,
+però che solo da sensato apprende
+ciò che fa poscia d’intelletto degno.
+
+Per questo la Scrittura condescende
+a vostra facultate, e piedi e mano
+attribuisce a Dio e altro intende;
+
+e Santa Chiesa con aspetto umano
+Gabrïel e Michel vi rappresenta,
+e l’altro che Tobia rifece sano.
+
+Quel che Timeo de l’anime argomenta
+non è simile a ciò che qui si vede,
+però che, come dice, par che senta.
+
+Dice che l’alma a la sua stella riede,
+credendo quella quindi esser decisa
+quando natura per forma la diede;
+
+e forse sua sentenza è d’altra guisa
+che la voce non suona, ed esser puote
+con intenzion da non esser derisa.
+
+S’elli intende tornare a queste ruote
+l’onor de la influenza e ’l biasmo, forse
+in alcun vero suo arco percuote.
+
+Questo principio, male inteso, torse
+già tutto il mondo quasi, sì che Giove,
+Mercurio e Marte a nominar trascorse.
+
+L’altra dubitazion che ti commove
+ha men velen, però che sua malizia
+non ti poria menar da me altrove.
+
+Parere ingiusta la nostra giustizia
+ne li occhi d’i mortali, è argomento
+di fede e non d’eretica nequizia.
+
+Ma perché puote vostro accorgimento
+ben penetrare a questa veritate,
+come disiri, ti farò contento.
+
+Se vïolenza è quando quel che pate
+nïente conferisce a quel che sforza,
+non fuor quest’ alme per essa scusate:
+
+ché volontà, se non vuol, non s’ammorza,
+ma fa come natura face in foco,
+se mille volte vïolenza il torza.
+
+Per che, s’ella si piega assai o poco,
+segue la forza; e così queste fero
+possendo rifuggir nel santo loco.
+
+Se fosse stato lor volere intero,
+come tenne Lorenzo in su la grada,
+e fece Muzio a la sua man severo,
+
+così l’avria ripinte per la strada
+ond’ eran tratte, come fuoro sciolte;
+ma così salda voglia è troppo rada.
+
+E per queste parole, se ricolte
+l’hai come dei, è l’argomento casso
+che t’avria fatto noia ancor più volte.
+
+Ma or ti s’attraversa un altro passo
+dinanzi a li occhi, tal che per te stesso
+non usciresti: pria saresti lasso.
+
+Io t’ho per certo ne la mente messo
+ch’alma beata non poria mentire,
+però ch’è sempre al primo vero appresso;
+
+e poi potesti da Piccarda udire
+che l’affezion del vel Costanza tenne;
+sì ch’ella par qui meco contradire.
+
+Molte fïate già, frate, addivenne
+che, per fuggir periglio, contra grato
+si fé di quel che far non si convenne;
+
+come Almeone, che, di ciò pregato
+dal padre suo, la propria madre spense,
+per non perder pietà si fé spietato.
+
+A questo punto voglio che tu pense
+che la forza al voler si mischia, e fanno
+sì che scusar non si posson l’offense.
+
+Voglia assoluta non consente al danno;
+ma consentevi in tanto in quanto teme,
+se si ritrae, cadere in più affanno.
+
+Però, quando Piccarda quello spreme,
+de la voglia assoluta intende, e io
+de l’altra; sì che ver diciamo insieme».
+
+Cotal fu l’ondeggiar del santo rio
+ch’uscì del fonte ond’ ogne ver deriva;
+tal puose in pace uno e altro disio.
+
+«O amanza del primo amante, o diva»,
+diss’ io appresso, «il cui parlar m’inonda
+e scalda sì, che più e più m’avviva,
+
+non è l’affezion mia tanto profonda,
+che basti a render voi grazia per grazia;
+ma quei che vede e puote a ciò risponda.
+
+Io veggio ben che già mai non si sazia
+nostro intelletto, se ’l ver non lo illustra
+di fuor dal qual nessun vero si spazia.
+
+Posasi in esso, come fera in lustra,
+tosto che giunto l’ha; e giugner puollo:
+se non, ciascun disio sarebbe frustra.
+
+Nasce per quello, a guisa di rampollo,
+a piè del vero il dubbio; ed è natura
+ch’al sommo pinge noi di collo in collo.
+
+Questo m’invita, questo m’assicura
+con reverenza, donna, a dimandarvi
+d’un’altra verità che m’è oscura.
+
+Io vo’ saper se l’uom può sodisfarvi
+ai voti manchi sì con altri beni,
+ch’a la vostra statera non sien parvi».
+
+Beatrice mi guardò con li occhi pieni
+di faville d’amor così divini,
+che, vinta, mia virtute diè le reni,
+
+e quasi mi perdei con li occhi chini.
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto V
+
+
+«S’io ti fiammeggio nel caldo d’amore
+di là dal modo che ’n terra si vede,
+sì che del viso tuo vinco il valore,
+
+non ti maravigliar, ché ciò procede
+da perfetto veder, che, come apprende,
+così nel bene appreso move il piede.
+
+Io veggio ben sì come già resplende
+ne l’intelletto tuo l’etterna luce,
+che, vista, sola e sempre amore accende;
+
+e s’altra cosa vostro amor seduce,
+non è se non di quella alcun vestigio,
+mal conosciuto, che quivi traluce.
+
+Tu vuo’ saper se con altro servigio,
+per manco voto, si può render tanto
+che l’anima sicuri di letigio».
+
+Sì cominciò Beatrice questo canto;
+e sì com’ uom che suo parlar non spezza,
+continüò così ’l processo santo:
+
+«Lo maggior don che Dio per sua larghezza
+fesse creando, e a la sua bontate
+più conformato, e quel ch’e’ più apprezza,
+
+fu de la volontà la libertate;
+di che le creature intelligenti,
+e tutte e sole, fuoro e son dotate.
+
+Or ti parrà, se tu quinci argomenti,
+l’alto valor del voto, s’è sì fatto
+che Dio consenta quando tu consenti;
+
+ché, nel fermar tra Dio e l’omo il patto,
+vittima fassi di questo tesoro,
+tal quale io dico; e fassi col suo atto.
+
+Dunque che render puossi per ristoro?
+Se credi bene usar quel c’hai offerto,
+di maltolletto vuo’ far buon lavoro.
+
+Tu se’ omai del maggior punto certo;
+ma perché Santa Chiesa in ciò dispensa,
+che par contra lo ver ch’i’ t’ho scoverto,
+
+convienti ancor sedere un poco a mensa,
+però che ’l cibo rigido c’hai preso,
+richiede ancora aiuto a tua dispensa.
+
+Apri la mente a quel ch’io ti paleso
+e fermalvi entro; ché non fa scïenza,
+sanza lo ritenere, avere inteso.
+
+Due cose si convegnono a l’essenza
+di questo sacrificio: l’una è quella
+di che si fa; l’altr’ è la convenenza.
+
+Quest’ ultima già mai non si cancella
+se non servata; e intorno di lei
+sì preciso di sopra si favella:
+
+però necessitato fu a li Ebrei
+pur l’offerere, ancor ch’alcuna offerta
+sì permutasse, come saver dei.
+
+L’altra, che per materia t’è aperta,
+puote ben esser tal, che non si falla
+se con altra materia si converta.
+
+Ma non trasmuti carco a la sua spalla
+per suo arbitrio alcun, sanza la volta
+e de la chiave bianca e de la gialla;
+
+e ogne permutanza credi stolta,
+se la cosa dimessa in la sorpresa
+come ’l quattro nel sei non è raccolta.
+
+Però qualunque cosa tanto pesa
+per suo valor che tragga ogne bilancia,
+sodisfar non si può con altra spesa.
+
+Non prendan li mortali il voto a ciancia;
+siate fedeli, e a ciò far non bieci,
+come Ieptè a la sua prima mancia;
+
+cui più si convenia dicer ‘Mal feci’,
+che, servando, far peggio; e così stolto
+ritrovar puoi il gran duca de’ Greci,
+
+onde pianse Efigènia il suo bel volto,
+e fé pianger di sé i folli e i savi
+ch’udir parlar di così fatto cólto.
+
+Siate, Cristiani, a muovervi più gravi:
+non siate come penna ad ogne vento,
+e non crediate ch’ogne acqua vi lavi.
+
+Avete il novo e ’l vecchio Testamento,
+e ’l pastor de la Chiesa che vi guida;
+questo vi basti a vostro salvamento.
+
+Se mala cupidigia altro vi grida,
+uomini siate, e non pecore matte,
+sì che ’l Giudeo di voi tra voi non rida!
+
+Non fate com’ agnel che lascia il latte
+de la sua madre, e semplice e lascivo
+seco medesmo a suo piacer combatte!».
+
+Così Beatrice a me com’ ïo scrivo;
+poi si rivolse tutta disïante
+a quella parte ove ’l mondo è più vivo.
+
+Lo suo tacere e ’l trasmutar sembiante
+puoser silenzio al mio cupido ingegno,
+che già nuove questioni avea davante;
+
+e sì come saetta che nel segno
+percuote pria che sia la corda queta,
+così corremmo nel secondo regno.
+
+Quivi la donna mia vid’ io sì lieta,
+come nel lume di quel ciel si mise,
+che più lucente se ne fé ’l pianeta.
+
+E se la stella si cambiò e rise,
+qual mi fec’ io che pur da mia natura
+trasmutabile son per tutte guise!
+
+Come ’n peschiera ch’è tranquilla e pura
+traggonsi i pesci a ciò che vien di fori
+per modo che lo stimin lor pastura,
+
+sì vid’ io ben più di mille splendori
+trarsi ver’ noi, e in ciascun s’udia:
+«Ecco chi crescerà li nostri amori».
+
+E sì come ciascuno a noi venìa,
+vedeasi l’ombra piena di letizia
+nel folgór chiaro che di lei uscia.
+
+Pensa, lettor, se quel che qui s’inizia
+non procedesse, come tu avresti
+di più savere angosciosa carizia;
+
+e per te vederai come da questi
+m’era in disio d’udir lor condizioni,
+sì come a li occhi mi fur manifesti.
+
+«O bene nato a cui veder li troni
+del trïunfo etternal concede grazia
+prima che la milizia s’abbandoni,
+
+del lume che per tutto il ciel si spazia
+noi semo accesi; e però, se disii
+di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia».
+
+Così da un di quelli spirti pii
+detto mi fu; e da Beatrice: «Dì, dì
+sicuramente, e credi come a dii».
+
+«Io veggio ben sì come tu t’annidi
+nel proprio lume, e che de li occhi il traggi,
+perch’ e’ corusca sì come tu ridi;
+
+ma non so chi tu se’, né perché aggi,
+anima degna, il grado de la spera
+che si vela a’ mortai con altrui raggi».
+
+Questo diss’ io diritto a la lumera
+che pria m’avea parlato; ond’ ella fessi
+lucente più assai di quel ch’ell’ era.
+
+Sì come il sol che si cela elli stessi
+per troppa luce, come ’l caldo ha róse
+le temperanze d’i vapori spessi,
+
+per più letizia sì mi si nascose
+dentro al suo raggio la figura santa;
+e così chiusa chiusa mi rispuose
+
+nel modo che ’l seguente canto canta.
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto VI
+
+
+«Poscia che Costantin l’aquila volse
+contr’ al corso del ciel, ch’ella seguio
+dietro a l’antico che Lavina tolse,
+
+cento e cent’ anni e più l’uccel di Dio
+ne lo stremo d’Europa si ritenne,
+vicino a’ monti de’ quai prima uscìo;
+
+e sotto l’ombra de le sacre penne
+governò ’l mondo lì di mano in mano,
+e, sì cangiando, in su la mia pervenne.
+
+Cesare fui e son Iustinïano,
+che, per voler del primo amor ch’i’ sento,
+d’entro le leggi trassi il troppo e ’l vano.
+
+E prima ch’io a l’ovra fossi attento,
+una natura in Cristo esser, non piùe,
+credea, e di tal fede era contento;
+
+ma ’l benedetto Agapito, che fue
+sommo pastore, a la fede sincera
+mi dirizzò con le parole sue.
+
+Io li credetti; e ciò che ’n sua fede era,
+vegg’ io or chiaro sì, come tu vedi
+ogni contradizione e falsa e vera.
+
+Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,
+a Dio per grazia piacque di spirarmi
+l’alto lavoro, e tutto ’n lui mi diedi;
+
+e al mio Belisar commendai l’armi,
+cui la destra del ciel fu sì congiunta,
+che segno fu ch’i’ dovessi posarmi.
+
+Or qui a la question prima s’appunta
+la mia risposta; ma sua condizione
+mi stringe a seguitare alcuna giunta,
+
+perché tu veggi con quanta ragione
+si move contr’ al sacrosanto segno
+e chi ’l s’appropria e chi a lui s’oppone.
+
+Vedi quanta virtù l’ha fatto degno
+di reverenza; e cominciò da l’ora
+che Pallante morì per darli regno.
+
+Tu sai ch’el fece in Alba sua dimora
+per trecento anni e oltre, infino al fine
+che i tre a’ tre pugnar per lui ancora.
+
+E sai ch’el fé dal mal de le Sabine
+al dolor di Lucrezia in sette regi,
+vincendo intorno le genti vicine.
+
+Sai quel ch’el fé portato da li egregi
+Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,
+incontro a li altri principi e collegi;
+
+onde Torquato e Quinzio, che dal cirro
+negletto fu nomato, i Deci e ’ Fabi
+ebber la fama che volontier mirro.
+
+Esso atterrò l’orgoglio de li Aràbi
+che di retro ad Anibale passaro
+l’alpestre rocce, Po, di che tu labi.
+
+Sott’ esso giovanetti trïunfaro
+Scipïone e Pompeo; e a quel colle
+sotto ’l qual tu nascesti parve amaro.
+
+Poi, presso al tempo che tutto ’l ciel volle
+redur lo mondo a suo modo sereno,
+Cesare per voler di Roma il tolle.
+
+E quel che fé da Varo infino a Reno,
+Isara vide ed Era e vide Senna
+e ogne valle onde Rodano è pieno.
+
+Quel che fé poi ch’elli uscì di Ravenna
+e saltò Rubicon, fu di tal volo,
+che nol seguiteria lingua né penna.
+
+Inver’ la Spagna rivolse lo stuolo,
+poi ver’ Durazzo, e Farsalia percosse
+sì ch’al Nil caldo si sentì del duolo.
+
+Antandro e Simeonta, onde si mosse,
+rivide e là dov’ Ettore si cuba;
+e mal per Tolomeo poscia si scosse.
+
+Da indi scese folgorando a Iuba;
+onde si volse nel vostro occidente,
+ove sentia la pompeana tuba.
+
+Di quel che fé col baiulo seguente,
+Bruto con Cassio ne l’inferno latra,
+e Modena e Perugia fu dolente.
+
+Piangene ancor la trista Cleopatra,
+che, fuggendoli innanzi, dal colubro
+la morte prese subitana e atra.
+
+Con costui corse infino al lito rubro;
+con costui puose il mondo in tanta pace,
+che fu serrato a Giano il suo delubro.
+
+Ma ciò che ’l segno che parlar mi face
+fatto avea prima e poi era fatturo
+per lo regno mortal ch’a lui soggiace,
+
+diventa in apparenza poco e scuro,
+se in mano al terzo Cesare si mira
+con occhio chiaro e con affetto puro;
+
+ché la viva giustizia che mi spira,
+li concedette, in mano a quel ch’i’ dico,
+gloria di far vendetta a la sua ira.
+
+Or qui t’ammira in ciò ch’io ti replìco:
+poscia con Tito a far vendetta corse
+de la vendetta del peccato antico.
+
+E quando il dente longobardo morse
+la Santa Chiesa, sotto le sue ali
+Carlo Magno, vincendo, la soccorse.
+
+Omai puoi giudicar di quei cotali
+ch’io accusai di sopra e di lor falli,
+che son cagion di tutti vostri mali.
+
+L’uno al pubblico segno i gigli gialli
+oppone, e l’altro appropria quello a parte,
+sì ch’è forte a veder chi più si falli.
+
+Faccian li Ghibellin, faccian lor arte
+sott’ altro segno, ché mal segue quello
+sempre chi la giustizia e lui diparte;
+
+e non l’abbatta esto Carlo novello
+coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli
+ch’a più alto leon trasser lo vello.
+
+Molte fïate già pianser li figli
+per la colpa del padre, e non si creda
+che Dio trasmuti l’armi per suoi gigli!
+
+Questa picciola stella si correda
+d’i buoni spirti che son stati attivi
+perché onore e fama li succeda:
+
+e quando li disiri poggian quivi,
+sì disvïando, pur convien che i raggi
+del vero amore in sù poggin men vivi.
+
+Ma nel commensurar d’i nostri gaggi
+col merto è parte di nostra letizia,
+perché non li vedem minor né maggi.
+
+Quindi addolcisce la viva giustizia
+in noi l’affetto sì, che non si puote
+torcer già mai ad alcuna nequizia.
+
+Diverse voci fanno dolci note;
+così diversi scanni in nostra vita
+rendon dolce armonia tra queste rote.
+
+E dentro a la presente margarita
+luce la luce di Romeo, di cui
+fu l’ovra grande e bella mal gradita.
+
+Ma i Provenzai che fecer contra lui
+non hanno riso; e però mal cammina
+qual si fa danno del ben fare altrui.
+
+Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina,
+Ramondo Beringhiere, e ciò li fece
+Romeo, persona umìle e peregrina.
+
+E poi il mosser le parole biece
+a dimandar ragione a questo giusto,
+che li assegnò sette e cinque per diece,
+
+indi partissi povero e vetusto;
+e se ’l mondo sapesse il cor ch’elli ebbe
+mendicando sua vita a frusto a frusto,
+
+assai lo loda, e più lo loderebbe».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto VII
+
+
+«Osanna, sanctus Deus sabaòth,
+superillustrans claritate tua
+felices ignes horum malacòth!».
+
+Così, volgendosi a la nota sua,
+fu viso a me cantare essa sustanza,
+sopra la qual doppio lume s’addua;
+
+ed essa e l’altre mossero a sua danza,
+e quasi velocissime faville
+mi si velar di sùbita distanza.
+
+Io dubitava e dicea ‘Dille, dille!’
+fra me, ‘dille’ dicea, ‘a la mia donna
+che mi diseta con le dolci stille’.
+
+Ma quella reverenza che s’indonna
+di tutto me, pur per Be e per ice,
+mi richinava come l’uom ch’assonna.
+
+Poco sofferse me cotal Beatrice
+e cominciò, raggiandomi d’un riso
+tal, che nel foco faria l’uom felice:
+
+«Secondo mio infallibile avviso,
+come giusta vendetta giustamente
+punita fosse, t’ha in pensier miso;
+
+ma io ti solverò tosto la mente;
+e tu ascolta, ché le mie parole
+di gran sentenza ti faran presente.
+
+Per non soffrire a la virtù che vole
+freno a suo prode, quell’ uom che non nacque,
+dannando sé, dannò tutta sua prole;
+
+onde l’umana specie inferma giacque
+giù per secoli molti in grande errore,
+fin ch’al Verbo di Dio discender piacque
+
+u’ la natura, che dal suo fattore
+s’era allungata, unì a sé in persona
+con l’atto sol del suo etterno amore.
+
+Or drizza il viso a quel ch’or si ragiona:
+questa natura al suo fattore unita,
+qual fu creata, fu sincera e buona;
+
+ma per sé stessa pur fu ella sbandita
+di paradiso, però che si torse
+da via di verità e da sua vita.
+
+La pena dunque che la croce porse
+s’a la natura assunta si misura,
+nulla già mai sì giustamente morse;
+
+e così nulla fu di tanta ingiura,
+guardando a la persona che sofferse,
+in che era contratta tal natura.
+
+Però d’un atto uscir cose diverse:
+ch’a Dio e a’ Giudei piacque una morte;
+per lei tremò la terra e ’l ciel s’aperse.
+
+Non ti dee oramai parer più forte,
+quando si dice che giusta vendetta
+poscia vengiata fu da giusta corte.
+
+Ma io veggi’ or la tua mente ristretta
+di pensiero in pensier dentro ad un nodo,
+del qual con gran disio solver s’aspetta.
+
+Tu dici: “Ben discerno ciò ch’i’ odo;
+ma perché Dio volesse, m’è occulto,
+a nostra redenzion pur questo modo”.
+
+Questo decreto, frate, sta sepulto
+a li occhi di ciascuno il cui ingegno
+ne la fiamma d’amor non è adulto.
+
+Veramente, però ch’a questo segno
+molto si mira e poco si discerne,
+dirò perché tal modo fu più degno.
+
+La divina bontà, che da sé sperne
+ogne livore, ardendo in sé, sfavilla
+sì che dispiega le bellezze etterne.
+
+Ciò che da lei sanza mezzo distilla
+non ha poi fine, perché non si move
+la sua imprenta quand’ ella sigilla.
+
+Ciò che da essa sanza mezzo piove
+libero è tutto, perché non soggiace
+a la virtute de le cose nove.
+
+Più l’è conforme, e però più le piace;
+ché l’ardor santo ch’ogne cosa raggia,
+ne la più somigliante è più vivace.
+
+Di tutte queste dote s’avvantaggia
+l’umana creatura, e s’una manca,
+di sua nobilità convien che caggia.
+
+Solo il peccato è quel che la disfranca
+e falla dissimìle al sommo bene,
+per che del lume suo poco s’imbianca;
+
+e in sua dignità mai non rivene,
+se non rïempie, dove colpa vòta,
+contra mal dilettar con giuste pene.
+
+Vostra natura, quando peccò tota
+nel seme suo, da queste dignitadi,
+come di paradiso, fu remota;
+
+né ricovrar potiensi, se tu badi
+ben sottilmente, per alcuna via,
+sanza passar per un di questi guadi:
+
+o che Dio solo per sua cortesia
+dimesso avesse, o che l’uom per sé isso
+avesse sodisfatto a sua follia.
+
+Ficca mo l’occhio per entro l’abisso
+de l’etterno consiglio, quanto puoi
+al mio parlar distrettamente fisso.
+
+Non potea l’uomo ne’ termini suoi
+mai sodisfar, per non potere ir giuso
+con umiltate obedïendo poi,
+
+quanto disobediendo intese ir suso;
+e questa è la cagion per che l’uom fue
+da poter sodisfar per sé dischiuso.
+
+Dunque a Dio convenia con le vie sue
+riparar l’omo a sua intera vita,
+dico con l’una, o ver con amendue.
+
+Ma perché l’ovra tanto è più gradita
+da l’operante, quanto più appresenta
+de la bontà del core ond’ ell’ è uscita,
+
+la divina bontà che ’l mondo imprenta,
+di proceder per tutte le sue vie,
+a rilevarvi suso, fu contenta.
+
+Né tra l’ultima notte e ’l primo die
+sì alto o sì magnifico processo,
+o per l’una o per l’altra, fu o fie:
+
+ché più largo fu Dio a dar sé stesso
+per far l’uom sufficiente a rilevarsi,
+che s’elli avesse sol da sé dimesso;
+
+e tutti li altri modi erano scarsi
+a la giustizia, se ’l Figliuol di Dio
+non fosse umilïato ad incarnarsi.
+
+Or per empierti bene ogne disio,
+ritorno a dichiararti in alcun loco,
+perché tu veggi lì così com’ io.
+
+Tu dici: “Io veggio l’acqua, io veggio il foco,
+l’aere e la terra e tutte lor misture
+venire a corruzione, e durar poco;
+
+e queste cose pur furon creature;
+per che, se ciò ch’è detto è stato vero,
+esser dovrien da corruzion sicure”.
+
+Li angeli, frate, e ’l paese sincero
+nel qual tu se’, dir si posson creati,
+sì come sono, in loro essere intero;
+
+ma li alimenti che tu hai nomati
+e quelle cose che di lor si fanno
+da creata virtù sono informati.
+
+Creata fu la materia ch’elli hanno;
+creata fu la virtù informante
+in queste stelle che ’ntorno a lor vanno.
+
+L’anima d’ogne bruto e de le piante
+di complession potenzïata tira
+lo raggio e ’l moto de le luci sante;
+
+ma vostra vita sanza mezzo spira
+la somma beninanza, e la innamora
+di sé sì che poi sempre la disira.
+
+E quinci puoi argomentare ancora
+vostra resurrezion, se tu ripensi
+come l’umana carne fessi allora
+
+che li primi parenti intrambo fensi».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto VIII
+
+
+Solea creder lo mondo in suo periclo
+che la bella Ciprigna il folle amore
+raggiasse, volta nel terzo epiciclo;
+
+per che non pur a lei faceano onore
+di sacrificio e di votivo grido
+le genti antiche ne l’antico errore;
+
+ma Dïone onoravano e Cupido,
+quella per madre sua, questo per figlio,
+e dicean ch’el sedette in grembo a Dido;
+
+e da costei ond’ io principio piglio
+pigliavano il vocabol de la stella
+che ’l sol vagheggia or da coppa or da ciglio.
+
+Io non m’accorsi del salire in ella;
+ma d’esservi entro mi fé assai fede
+la donna mia ch’i’ vidi far più bella.
+
+E come in fiamma favilla si vede,
+e come in voce voce si discerne,
+quand’ una è ferma e altra va e riede,
+
+vid’ io in essa luce altre lucerne
+muoversi in giro più e men correnti,
+al modo, credo, di lor viste interne.
+
+Di fredda nube non disceser venti,
+o visibili o no, tanto festini,
+che non paressero impediti e lenti
+
+a chi avesse quei lumi divini
+veduti a noi venir, lasciando il giro
+pria cominciato in li alti Serafini;
+
+e dentro a quei che più innanzi appariro
+sonava ‘Osanna’ sì, che unque poi
+di rïudir non fui sanza disiro.
+
+Indi si fece l’un più presso a noi
+e solo incominciò: «Tutti sem presti
+al tuo piacer, perché di noi ti gioi.
+
+Noi ci volgiam coi principi celesti
+d’un giro e d’un girare e d’una sete,
+ai quali tu del mondo già dicesti:
+
+‘Voi che ’ntendendo il terzo ciel movete’;
+e sem sì pien d’amor, che, per piacerti,
+non fia men dolce un poco di quïete».
+
+Poscia che li occhi miei si fuoro offerti
+a la mia donna reverenti, ed essa
+fatti li avea di sé contenti e certi,
+
+rivolsersi a la luce che promessa
+tanto s’avea, e «Deh, chi siete?» fue
+la voce mia di grande affetto impressa.
+
+E quanta e quale vid’ io lei far piùe
+per allegrezza nova che s’accrebbe,
+quando parlai, a l’allegrezze sue!
+
+Così fatta, mi disse: «Il mondo m’ebbe
+giù poco tempo; e se più fosse stato,
+molto sarà di mal, che non sarebbe.
+
+La mia letizia mi ti tien celato
+che mi raggia dintorno e mi nasconde
+quasi animal di sua seta fasciato.
+
+Assai m’amasti, e avesti ben onde;
+che s’io fossi giù stato, io ti mostrava
+di mio amor più oltre che le fronde.
+
+Quella sinistra riva che si lava
+di Rodano poi ch’è misto con Sorga,
+per suo segnore a tempo m’aspettava,
+
+e quel corno d’Ausonia che s’imborga
+di Bari e di Gaeta e di Catona,
+da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
+
+Fulgeami già in fronte la corona
+di quella terra che ’l Danubio riga
+poi che le ripe tedesche abbandona.
+
+E la bella Trinacria, che caliga
+tra Pachino e Peloro, sopra ’l golfo
+che riceve da Euro maggior briga,
+
+non per Tifeo ma per nascente solfo,
+attesi avrebbe li suoi regi ancora,
+nati per me di Carlo e di Ridolfo,
+
+se mala segnoria, che sempre accora
+li popoli suggetti, non avesse
+mosso Palermo a gridar: “Mora, mora!”.
+
+E se mio frate questo antivedesse,
+l’avara povertà di Catalogna
+già fuggeria, perché non li offendesse;
+
+ché veramente proveder bisogna
+per lui, o per altrui, sì ch’a sua barca
+carcata più d’incarco non si pogna.
+
+La sua natura, che di larga parca
+discese, avria mestier di tal milizia
+che non curasse di mettere in arca».
+
+«Però ch’i’ credo che l’alta letizia
+che ’l tuo parlar m’infonde, segnor mio,
+là ’ve ogne ben si termina e s’inizia,
+
+per te si veggia come la vegg’ io,
+grata m’è più; e anco quest’ ho caro
+perché ’l discerni rimirando in Dio.
+
+Fatto m’hai lieto, e così mi fa chiaro,
+poi che, parlando, a dubitar m’hai mosso
+com’ esser può, di dolce seme, amaro».
+
+Questo io a lui; ed elli a me: «S’io posso
+mostrarti un vero, a quel che tu dimandi
+terrai lo viso come tien lo dosso.
+
+Lo ben che tutto il regno che tu scandi
+volge e contenta, fa esser virtute
+sua provedenza in questi corpi grandi.
+
+E non pur le nature provedute
+sono in la mente ch’è da sé perfetta,
+ma esse insieme con la lor salute:
+
+per che quantunque quest’ arco saetta
+disposto cade a proveduto fine,
+sì come cosa in suo segno diretta.
+
+Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine
+producerebbe sì li suoi effetti,
+che non sarebbero arti, ma ruine;
+
+e ciò esser non può, se li ’ntelletti
+che muovon queste stelle non son manchi,
+e manco il primo, che non li ha perfetti.
+
+Vuo’ tu che questo ver più ti s’imbianchi?».
+E io: «Non già; ché impossibil veggio
+che la natura, in quel ch’è uopo, stanchi».
+
+Ond’ elli ancora: «Or dì: sarebbe il peggio
+per l’omo in terra, se non fosse cive?».
+«Sì», rispuos’ io; «e qui ragion non cheggio».
+
+«E puot’ elli esser, se giù non si vive
+diversamente per diversi offici?
+Non, se ’l maestro vostro ben vi scrive».
+
+Sì venne deducendo infino a quici;
+poscia conchiuse: «Dunque esser diverse
+convien di vostri effetti le radici:
+
+per ch’un nasce Solone e altro Serse,
+altro Melchisedèch e altro quello
+che, volando per l’aere, il figlio perse.
+
+La circular natura, ch’è suggello
+a la cera mortal, fa ben sua arte,
+ma non distingue l’un da l’altro ostello.
+
+Quinci addivien ch’Esaù si diparte
+per seme da Iacòb; e vien Quirino
+da sì vil padre, che si rende a Marte.
+
+Natura generata il suo cammino
+simil farebbe sempre a’ generanti,
+se non vincesse il proveder divino.
+
+Or quel che t’era dietro t’è davanti:
+ma perché sappi che di te mi giova,
+un corollario voglio che t’ammanti.
+
+Sempre natura, se fortuna trova
+discorde a sé, com’ ogne altra semente
+fuor di sua regïon, fa mala prova.
+
+E se ’l mondo là giù ponesse mente
+al fondamento che natura pone,
+seguendo lui, avria buona la gente.
+
+Ma voi torcete a la religïone
+tal che fia nato a cignersi la spada,
+e fate re di tal ch’è da sermone;
+
+onde la traccia vostra è fuor di strada».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto IX
+
+
+Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,
+m’ebbe chiarito, mi narrò li ’nganni
+che ricever dovea la sua semenza;
+
+ma disse: «Taci e lascia muover li anni»;
+sì ch’io non posso dir se non che pianto
+giusto verrà di retro ai vostri danni.
+
+E già la vita di quel lume santo
+rivolta s’era al Sol che la rïempie
+come quel ben ch’a ogne cosa è tanto.
+
+Ahi anime ingannate e fatture empie,
+che da sì fatto ben torcete i cuori,
+drizzando in vanità le vostre tempie!
+
+Ed ecco un altro di quelli splendori
+ver’ me si fece, e ’l suo voler piacermi
+significava nel chiarir di fori.
+
+Li occhi di Bëatrice, ch’eran fermi
+sovra me, come pria, di caro assenso
+al mio disio certificato fermi.
+
+«Deh, metti al mio voler tosto compenso,
+beato spirto», dissi, «e fammi prova
+ch’i’ possa in te refletter quel ch’io penso!».
+
+Onde la luce che m’era ancor nova,
+del suo profondo, ond’ ella pria cantava,
+seguette come a cui di ben far giova:
+
+«In quella parte de la terra prava
+italica che siede tra Rïalto
+e le fontane di Brenta e di Piava,
+
+si leva un colle, e non surge molt’ alto,
+là onde scese già una facella
+che fece a la contrada un grande assalto.
+
+D’una radice nacqui e io ed ella:
+Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
+perché mi vinse il lume d’esta stella;
+
+ma lietamente a me medesma indulgo
+la cagion di mia sorte, e non mi noia;
+che parria forse forte al vostro vulgo.
+
+Di questa luculenta e cara gioia
+del nostro cielo che più m’è propinqua,
+grande fama rimase; e pria che moia,
+
+questo centesimo anno ancor s’incinqua:
+vedi se far si dee l’omo eccellente,
+sì ch’altra vita la prima relinqua.
+
+E ciò non pensa la turba presente
+che Tagliamento e Adice richiude,
+né per esser battuta ancor si pente;
+
+ma tosto fia che Padova al palude
+cangerà l’acqua che Vincenza bagna,
+per essere al dover le genti crude;
+
+e dove Sile e Cagnan s’accompagna,
+tal signoreggia e va con la testa alta,
+che già per lui carpir si fa la ragna.
+
+Piangerà Feltro ancora la difalta
+de l’empio suo pastor, che sarà sconcia
+sì, che per simil non s’entrò in malta.
+
+Troppo sarebbe larga la bigoncia
+che ricevesse il sangue ferrarese,
+e stanco chi ’l pesasse a oncia a oncia,
+
+che donerà questo prete cortese
+per mostrarsi di parte; e cotai doni
+conformi fieno al viver del paese.
+
+Sù sono specchi, voi dicete Troni,
+onde refulge a noi Dio giudicante;
+sì che questi parlar ne paion buoni».
+
+Qui si tacette; e fecemi sembiante
+che fosse ad altro volta, per la rota
+in che si mise com’ era davante.
+
+L’altra letizia, che m’era già nota
+per cara cosa, mi si fece in vista
+qual fin balasso in che lo sol percuota.
+
+Per letiziar là sù fulgor s’acquista,
+sì come riso qui; ma giù s’abbuia
+l’ombra di fuor, come la mente è trista.
+
+«Dio vede tutto, e tuo veder s’inluia»,
+diss’ io, «beato spirto, sì che nulla
+voglia di sé a te puot’ esser fuia.
+
+Dunque la voce tua, che ’l ciel trastulla
+sempre col canto di quei fuochi pii
+che di sei ali facen la coculla,
+
+perché non satisface a’ miei disii?
+Già non attendere’ io tua dimanda,
+s’io m’intuassi, come tu t’inmii».
+
+«La maggior valle in che l’acqua si spanda»,
+incominciaro allor le sue parole,
+«fuor di quel mar che la terra inghirlanda,
+
+tra ’ discordanti liti contra ’l sole
+tanto sen va, che fa meridïano
+là dove l’orizzonte pria far suole.
+
+Di quella valle fu’ io litorano
+tra Ebro e Macra, che per cammin corto
+parte lo Genovese dal Toscano.
+
+Ad un occaso quasi e ad un orto
+Buggea siede e la terra ond’ io fui,
+che fé del sangue suo già caldo il porto.
+
+Folco mi disse quella gente a cui
+fu noto il nome mio; e questo cielo
+di me s’imprenta, com’ io fe’ di lui;
+
+ché più non arse la figlia di Belo,
+noiando e a Sicheo e a Creusa,
+di me, infin che si convenne al pelo;
+
+né quella Rodopëa che delusa
+fu da Demofoonte, né Alcide
+quando Iole nel core ebbe rinchiusa.
+
+Non però qui si pente, ma si ride,
+non de la colpa, ch’a mente non torna,
+ma del valor ch’ordinò e provide.
+
+Qui si rimira ne l’arte ch’addorna
+cotanto affetto, e discernesi ’l bene
+per che ’l mondo di sù quel di giù torna.
+
+Ma perché tutte le tue voglie piene
+ten porti che son nate in questa spera,
+proceder ancor oltre mi convene.
+
+Tu vuo’ saper chi è in questa lumera
+che qui appresso me così scintilla
+come raggio di sole in acqua mera.
+
+Or sappi che là entro si tranquilla
+Raab; e a nostr’ ordine congiunta,
+di lei nel sommo grado si sigilla.
+
+Da questo cielo, in cui l’ombra s’appunta
+che ’l vostro mondo face, pria ch’altr’ alma
+del trïunfo di Cristo fu assunta.
+
+Ben si convenne lei lasciar per palma
+in alcun cielo de l’alta vittoria
+che s’acquistò con l’una e l’altra palma,
+
+perch’ ella favorò la prima gloria
+di Iosüè in su la Terra Santa,
+che poco tocca al papa la memoria.
+
+La tua città, che di colui è pianta
+che pria volse le spalle al suo fattore
+e di cui è la ’nvidia tanto pianta,
+
+produce e spande il maladetto fiore
+c’ha disvïate le pecore e li agni,
+però che fatto ha lupo del pastore.
+
+Per questo l’Evangelio e i dottor magni
+son derelitti, e solo ai Decretali
+si studia, sì che pare a’ lor vivagni.
+
+A questo intende il papa e ’ cardinali;
+non vanno i lor pensieri a Nazarette,
+là dove Gabrïello aperse l’ali.
+
+Ma Vaticano e l’altre parti elette
+di Roma che son state cimitero
+a la milizia che Pietro seguette,
+
+tosto libere fien de l’avoltero».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto X
+
+
+Guardando nel suo Figlio con l’Amore
+che l’uno e l’altro etternalmente spira,
+lo primo e ineffabile Valore
+
+quanto per mente e per loco si gira
+con tant’ ordine fé, ch’esser non puote
+sanza gustar di lui chi ciò rimira.
+
+Leva dunque, lettore, a l’alte rote
+meco la vista, dritto a quella parte
+dove l’un moto e l’altro si percuote;
+
+e lì comincia a vagheggiar ne l’arte
+di quel maestro che dentro a sé l’ama,
+tanto che mai da lei l’occhio non parte.
+
+Vedi come da indi si dirama
+l’oblico cerchio che i pianeti porta,
+per sodisfare al mondo che li chiama.
+
+Che se la strada lor non fosse torta,
+molta virtù nel ciel sarebbe in vano,
+e quasi ogne potenza qua giù morta;
+
+e se dal dritto più o men lontano
+fosse ’l partire, assai sarebbe manco
+e giù e sù de l’ordine mondano.
+
+Or ti riman, lettor, sovra ’l tuo banco,
+dietro pensando a ciò che si preliba,
+s’esser vuoi lieto assai prima che stanco.
+
+Messo t’ho innanzi: omai per te ti ciba;
+ché a sé torce tutta la mia cura
+quella materia ond’ io son fatto scriba.
+
+Lo ministro maggior de la natura,
+che del valor del ciel lo mondo imprenta
+e col suo lume il tempo ne misura,
+
+con quella parte che sù si rammenta
+congiunto, si girava per le spire
+in che più tosto ognora s’appresenta;
+
+e io era con lui; ma del salire
+non m’accors’ io, se non com’ uom s’accorge,
+anzi ’l primo pensier, del suo venire.
+
+È Bëatrice quella che sì scorge
+di bene in meglio, sì subitamente
+che l’atto suo per tempo non si sporge.
+
+Quant’ esser convenia da sé lucente
+quel ch’era dentro al sol dov’ io entra’mi,
+non per color, ma per lume parvente!
+
+Perch’ io lo ’ngegno e l’arte e l’uso chiami,
+sì nol direi che mai s’imaginasse;
+ma creder puossi e di veder si brami.
+
+E se le fantasie nostre son basse
+a tanta altezza, non è maraviglia;
+ché sopra ’l sol non fu occhio ch’andasse.
+
+Tal era quivi la quarta famiglia
+de l’alto Padre, che sempre la sazia,
+mostrando come spira e come figlia.
+
+E Bëatrice cominciò: «Ringrazia,
+ringrazia il Sol de li angeli, ch’a questo
+sensibil t’ha levato per sua grazia».
+
+Cor di mortal non fu mai sì digesto
+a divozione e a rendersi a Dio
+con tutto ’l suo gradir cotanto presto,
+
+come a quelle parole mi fec’ io;
+e sì tutto ’l mio amore in lui si mise,
+che Bëatrice eclissò ne l’oblio.
+
+Non le dispiacque; ma sì se ne rise,
+che lo splendor de li occhi suoi ridenti
+mia mente unita in più cose divise.
+
+Io vidi più folgór vivi e vincenti
+far di noi centro e di sé far corona,
+più dolci in voce che in vista lucenti:
+
+così cinger la figlia di Latona
+vedem talvolta, quando l’aere è pregno,
+sì che ritenga il fil che fa la zona.
+
+Ne la corte del cielo, ond’ io rivegno,
+si trovan molte gioie care e belle
+tanto che non si posson trar del regno;
+
+e ’l canto di quei lumi era di quelle;
+chi non s’impenna sì che là sù voli,
+dal muto aspetti quindi le novelle.
+
+Poi, sì cantando, quelli ardenti soli
+si fuor girati intorno a noi tre volte,
+come stelle vicine a’ fermi poli,
+
+donne mi parver, non da ballo sciolte,
+ma che s’arrestin tacite, ascoltando
+fin che le nove note hanno ricolte.
+
+E dentro a l’un senti’ cominciar: «Quando
+lo raggio de la grazia, onde s’accende
+verace amore e che poi cresce amando,
+
+multiplicato in te tanto resplende,
+che ti conduce su per quella scala
+u’ sanza risalir nessun discende;
+
+qual ti negasse il vin de la sua fiala
+per la tua sete, in libertà non fora
+se non com’ acqua ch’al mar non si cala.
+
+Tu vuo’ saper di quai piante s’infiora
+questa ghirlanda che ’ntorno vagheggia
+la bella donna ch’al ciel t’avvalora.
+
+Io fui de li agni de la santa greggia
+che Domenico mena per cammino
+u’ ben s’impingua se non si vaneggia.
+
+Questi che m’è a destra più vicino,
+frate e maestro fummi, ed esso Alberto
+è di Cologna, e io Thomas d’Aquino.
+
+Se sì di tutti li altri esser vuo’ certo,
+di retro al mio parlar ten vien col viso
+girando su per lo beato serto.
+
+Quell’ altro fiammeggiare esce del riso
+di Grazïan, che l’uno e l’altro foro
+aiutò sì che piace in paradiso.
+
+L’altro ch’appresso addorna il nostro coro,
+quel Pietro fu che con la poverella
+offerse a Santa Chiesa suo tesoro.
+
+La quinta luce, ch’è tra noi più bella,
+spira di tale amor, che tutto ’l mondo
+là giù ne gola di saper novella:
+
+entro v’è l’alta mente u’ sì profondo
+saver fu messo, che, se ’l vero è vero,
+a veder tanto non surse il secondo.
+
+Appresso vedi il lume di quel cero
+che giù in carne più a dentro vide
+l’angelica natura e ’l ministero.
+
+Ne l’altra piccioletta luce ride
+quello avvocato de’ tempi cristiani
+del cui latino Augustin si provide.
+
+Or se tu l’occhio de la mente trani
+di luce in luce dietro a le mie lode,
+già de l’ottava con sete rimani.
+
+Per vedere ogne ben dentro vi gode
+l’anima santa che ’l mondo fallace
+fa manifesto a chi di lei ben ode.
+
+Lo corpo ond’ ella fu cacciata giace
+giuso in Cieldauro; ed essa da martiro
+e da essilio venne a questa pace.
+
+Vedi oltre fiammeggiar l’ardente spiro
+d’Isidoro, di Beda e di Riccardo,
+che a considerar fu più che viro.
+
+Questi onde a me ritorna il tuo riguardo,
+è ’l lume d’uno spirto che ’n pensieri
+gravi a morir li parve venir tardo:
+
+essa è la luce etterna di Sigieri,
+che, leggendo nel Vico de li Strami,
+silogizzò invidïosi veri».
+
+Indi, come orologio che ne chiami
+ne l’ora che la sposa di Dio surge
+a mattinar lo sposo perché l’ami,
+
+che l’una parte e l’altra tira e urge,
+tin tin sonando con sì dolce nota,
+che ’l ben disposto spirto d’amor turge;
+
+così vid’ ïo la gloriosa rota
+muoversi e render voce a voce in tempra
+e in dolcezza ch’esser non pò nota
+
+se non colà dove gioir s’insempra.
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XI
+
+
+O insensata cura de’ mortali,
+quanto son difettivi silogismi
+quei che ti fanno in basso batter l’ali!
+
+Chi dietro a iura e chi ad amforismi
+sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
+e chi regnar per forza o per sofismi,
+
+e chi rubare e chi civil negozio,
+chi nel diletto de la carne involto
+s’affaticava e chi si dava a l’ozio,
+
+quando, da tutte queste cose sciolto,
+con Bëatrice m’era suso in cielo
+cotanto glorïosamente accolto.
+
+Poi che ciascuno fu tornato ne lo
+punto del cerchio in che avanti s’era,
+fermossi, come a candellier candelo.
+
+E io senti’ dentro a quella lumera
+che pria m’avea parlato, sorridendo
+incominciar, faccendosi più mera:
+
+«Così com’ io del suo raggio resplendo,
+sì, riguardando ne la luce etterna,
+li tuoi pensieri onde cagioni apprendo.
+
+Tu dubbi, e hai voler che si ricerna
+in sì aperta e ’n sì distesa lingua
+lo dicer mio, ch’al tuo sentir si sterna,
+
+ove dinanzi dissi: “U’ ben s’impingua”,
+e là u’ dissi: “Non nacque il secondo”;
+e qui è uopo che ben si distingua.
+
+La provedenza, che governa il mondo
+con quel consiglio nel quale ogne aspetto
+creato è vinto pria che vada al fondo,
+
+però che andasse ver’ lo suo diletto
+la sposa di colui ch’ad alte grida
+disposò lei col sangue benedetto,
+
+in sé sicura e anche a lui più fida,
+due principi ordinò in suo favore,
+che quinci e quindi le fosser per guida.
+
+L’un fu tutto serafico in ardore;
+l’altro per sapïenza in terra fue
+di cherubica luce uno splendore.
+
+De l’un dirò, però che d’amendue
+si dice l’un pregiando, qual ch’om prende,
+perch’ ad un fine fur l’opere sue.
+
+Intra Tupino e l’acqua che discende
+del colle eletto dal beato Ubaldo,
+fertile costa d’alto monte pende,
+
+onde Perugia sente freddo e caldo
+da Porta Sole; e di rietro le piange
+per grave giogo Nocera con Gualdo.
+
+Di questa costa, là dov’ ella frange
+più sua rattezza, nacque al mondo un sole,
+come fa questo talvolta di Gange.
+
+Però chi d’esso loco fa parole,
+non dica Ascesi, ché direbbe corto,
+ma Orïente, se proprio dir vuole.
+
+Non era ancor molto lontan da l’orto,
+ch’el cominciò a far sentir la terra
+de la sua gran virtute alcun conforto;
+
+ché per tal donna, giovinetto, in guerra
+del padre corse, a cui, come a la morte,
+la porta del piacer nessun diserra;
+
+e dinanzi a la sua spirital corte
+et coram patre le si fece unito;
+poscia di dì in dì l’amò più forte.
+
+Questa, privata del primo marito,
+millecent’ anni e più dispetta e scura
+fino a costui si stette sanza invito;
+
+né valse udir che la trovò sicura
+con Amiclate, al suon de la sua voce,
+colui ch’a tutto ’l mondo fé paura;
+
+né valse esser costante né feroce,
+sì che, dove Maria rimase giuso,
+ella con Cristo pianse in su la croce.
+
+Ma perch’ io non proceda troppo chiuso,
+Francesco e Povertà per questi amanti
+prendi oramai nel mio parlar diffuso.
+
+La lor concordia e i lor lieti sembianti,
+amore e maraviglia e dolce sguardo
+facieno esser cagion di pensier santi;
+
+tanto che ’l venerabile Bernardo
+si scalzò prima, e dietro a tanta pace
+corse e, correndo, li parve esser tardo.
+
+Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!
+Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
+dietro a lo sposo, sì la sposa piace.
+
+Indi sen va quel padre e quel maestro
+con la sua donna e con quella famiglia
+che già legava l’umile capestro.
+
+Né li gravò viltà di cuor le ciglia
+per esser fi’ di Pietro Bernardone,
+né per parer dispetto a maraviglia;
+
+ma regalmente sua dura intenzione
+ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
+primo sigillo a sua religïone.
+
+Poi che la gente poverella crebbe
+dietro a costui, la cui mirabil vita
+meglio in gloria del ciel si canterebbe,
+
+di seconda corona redimita
+fu per Onorio da l’Etterno Spiro
+la santa voglia d’esto archimandrita.
+
+E poi che, per la sete del martiro,
+ne la presenza del Soldan superba
+predicò Cristo e li altri che ’l seguiro,
+
+e per trovare a conversione acerba
+troppo la gente e per non stare indarno,
+redissi al frutto de l’italica erba,
+
+nel crudo sasso intra Tevero e Arno
+da Cristo prese l’ultimo sigillo,
+che le sue membra due anni portarno.
+
+Quando a colui ch’a tanto ben sortillo
+piacque di trarlo suso a la mercede
+ch’el meritò nel suo farsi pusillo,
+
+a’ frati suoi, sì com’ a giuste rede,
+raccomandò la donna sua più cara,
+e comandò che l’amassero a fede;
+
+e del suo grembo l’anima preclara
+mover si volle, tornando al suo regno,
+e al suo corpo non volle altra bara.
+
+Pensa oramai qual fu colui che degno
+collega fu a mantener la barca
+di Pietro in alto mar per dritto segno;
+
+e questo fu il nostro patrïarca;
+per che qual segue lui, com’ el comanda,
+discerner puoi che buone merce carca.
+
+Ma ’l suo pecuglio di nova vivanda
+è fatto ghiotto, sì ch’esser non puote
+che per diversi salti non si spanda;
+
+e quanto le sue pecore remote
+e vagabunde più da esso vanno,
+più tornano a l’ovil di latte vòte.
+
+Ben son di quelle che temono ’l danno
+e stringonsi al pastor; ma son sì poche,
+che le cappe fornisce poco panno.
+
+Or, se le mie parole non son fioche,
+se la tua audïenza è stata attenta,
+se ciò ch’è detto a la mente revoche,
+
+in parte fia la tua voglia contenta,
+perché vedrai la pianta onde si scheggia,
+e vedra’ il corrègger che argomenta
+
+“U’ ben s’impingua, se non si vaneggia”».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XII
+
+
+Sì tosto come l’ultima parola
+la benedetta fiamma per dir tolse,
+a rotar cominciò la santa mola;
+
+e nel suo giro tutta non si volse
+prima ch’un’altra di cerchio la chiuse,
+e moto a moto e canto a canto colse;
+
+canto che tanto vince nostre muse,
+nostre serene in quelle dolci tube,
+quanto primo splendor quel ch’e’ refuse.
+
+Come si volgon per tenera nube
+due archi paralelli e concolori,
+quando Iunone a sua ancella iube,
+
+nascendo di quel d’entro quel di fori,
+a guisa del parlar di quella vaga
+ch’amor consunse come sol vapori,
+
+e fanno qui la gente esser presaga,
+per lo patto che Dio con Noè puose,
+del mondo che già mai più non s’allaga:
+
+così di quelle sempiterne rose
+volgiensi circa noi le due ghirlande,
+e sì l’estrema a l’intima rispuose.
+
+Poi che ’l tripudio e l’altra festa grande,
+sì del cantare e sì del fiammeggiarsi
+luce con luce gaudïose e blande,
+
+insieme a punto e a voler quetarsi,
+pur come li occhi ch’al piacer che i move
+conviene insieme chiudere e levarsi;
+
+del cor de l’una de le luci nove
+si mosse voce, che l’ago a la stella
+parer mi fece in volgermi al suo dove;
+
+e cominciò: «L’amor che mi fa bella
+mi tragge a ragionar de l’altro duca
+per cui del mio sì ben ci si favella.
+
+Degno è che, dov’ è l’un, l’altro s’induca:
+sì che, com’ elli ad una militaro,
+così la gloria loro insieme luca.
+
+L’essercito di Cristo, che sì caro
+costò a rïarmar, dietro a la ’nsegna
+si movea tardo, sospeccioso e raro,
+
+quando lo ’mperador che sempre regna
+provide a la milizia, ch’era in forse,
+per sola grazia, non per esser degna;
+
+e, come è detto, a sua sposa soccorse
+con due campioni, al cui fare, al cui dire
+lo popol disvïato si raccorse.
+
+In quella parte ove surge ad aprire
+Zefiro dolce le novelle fronde
+di che si vede Europa rivestire,
+
+non molto lungi al percuoter de l’onde
+dietro a le quali, per la lunga foga,
+lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde,
+
+siede la fortunata Calaroga
+sotto la protezion del grande scudo
+in che soggiace il leone e soggioga:
+
+dentro vi nacque l’amoroso drudo
+de la fede cristiana, il santo atleta
+benigno a’ suoi e a’ nemici crudo;
+
+e come fu creata, fu repleta
+sì la sua mente di viva vertute
+che, ne la madre, lei fece profeta.
+
+Poi che le sponsalizie fuor compiute
+al sacro fonte intra lui e la Fede,
+u’ si dotar di mutüa salute,
+
+la donna che per lui l’assenso diede,
+vide nel sonno il mirabile frutto
+ch’uscir dovea di lui e de le rede;
+
+e perché fosse qual era in costrutto,
+quinci si mosse spirito a nomarlo
+del possessivo di cui era tutto.
+
+Domenico fu detto; e io ne parlo
+sì come de l’agricola che Cristo
+elesse a l’orto suo per aiutarlo.
+
+Ben parve messo e famigliar di Cristo:
+che ’l primo amor che ’n lui fu manifesto,
+fu al primo consiglio che diè Cristo.
+
+Spesse fïate fu tacito e desto
+trovato in terra da la sua nutrice,
+come dicesse: ‘Io son venuto a questo’.
+
+Oh padre suo veramente Felice!
+oh madre sua veramente Giovanna,
+se, interpretata, val come si dice!
+
+Non per lo mondo, per cui mo s’affanna
+di retro ad Ostïense e a Taddeo,
+ma per amor de la verace manna
+
+in picciol tempo gran dottor si feo;
+tal che si mise a circüir la vigna
+che tosto imbianca, se ’l vignaio è reo.
+
+E a la sedia che fu già benigna
+più a’ poveri giusti, non per lei,
+ma per colui che siede, che traligna,
+
+non dispensare o due o tre per sei,
+non la fortuna di prima vacante,
+non decimas, quae sunt pauperum Dei,
+
+addimandò, ma contro al mondo errante
+licenza di combatter per lo seme
+del qual ti fascian ventiquattro piante.
+
+Poi, con dottrina e con volere insieme,
+con l’officio appostolico si mosse
+quasi torrente ch’alta vena preme;
+
+e ne li sterpi eretici percosse
+l’impeto suo, più vivamente quivi
+dove le resistenze eran più grosse.
+
+Di lui si fecer poi diversi rivi
+onde l’orto catolico si riga,
+sì che i suoi arbuscelli stan più vivi.
+
+Se tal fu l’una rota de la biga
+in che la Santa Chiesa si difese
+e vinse in campo la sua civil briga,
+
+ben ti dovrebbe assai esser palese
+l’eccellenza de l’altra, di cui Tomma
+dinanzi al mio venir fu sì cortese.
+
+Ma l’orbita che fé la parte somma
+di sua circunferenza, è derelitta,
+sì ch’è la muffa dov’ era la gromma.
+
+La sua famiglia, che si mosse dritta
+coi piedi a le sue orme, è tanto volta,
+che quel dinanzi a quel di retro gitta;
+
+e tosto si vedrà de la ricolta
+de la mala coltura, quando il loglio
+si lagnerà che l’arca li sia tolta.
+
+Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio
+nostro volume, ancor troveria carta
+u’ leggerebbe “I’ mi son quel ch’i’ soglio”;
+
+ma non fia da Casal né d’Acquasparta,
+là onde vegnon tali a la scrittura,
+ch’uno la fugge e altro la coarta.
+
+Io son la vita di Bonaventura
+da Bagnoregio, che ne’ grandi offici
+sempre pospuosi la sinistra cura.
+
+Illuminato e Augustin son quici,
+che fuor de’ primi scalzi poverelli
+che nel capestro a Dio si fero amici.
+
+Ugo da San Vittore è qui con elli,
+e Pietro Mangiadore e Pietro Spano,
+lo qual giù luce in dodici libelli;
+
+Natàn profeta e ’l metropolitano
+Crisostomo e Anselmo e quel Donato
+ch’a la prim’ arte degnò porre mano.
+
+Rabano è qui, e lucemi dallato
+il calavrese abate Giovacchino
+di spirito profetico dotato.
+
+Ad inveggiar cotanto paladino
+mi mosse l’infiammata cortesia
+di fra Tommaso e ’l discreto latino;
+
+e mosse meco questa compagnia».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XIII
+
+
+Imagini, chi bene intender cupe
+quel ch’i’ or vidi—e ritegna l’image,
+mentre ch’io dico, come ferma rupe—,
+
+quindici stelle che ’n diverse plage
+lo ciel avvivan di tanto sereno
+che soperchia de l’aere ogne compage;
+
+imagini quel carro a cu’ il seno
+basta del nostro cielo e notte e giorno,
+sì ch’al volger del temo non vien meno;
+
+imagini la bocca di quel corno
+che si comincia in punta de lo stelo
+a cui la prima rota va dintorno,
+
+aver fatto di sé due segni in cielo,
+qual fece la figliuola di Minoi
+allora che sentì di morte il gelo;
+
+e l’un ne l’altro aver li raggi suoi,
+e amendue girarsi per maniera
+che l’uno andasse al primo e l’altro al poi;
+
+e avrà quasi l’ombra de la vera
+costellazione e de la doppia danza
+che circulava il punto dov’ io era:
+
+poi ch’è tanto di là da nostra usanza,
+quanto di là dal mover de la Chiana
+si move il ciel che tutti li altri avanza.
+
+Lì si cantò non Bacco, non Peana,
+ma tre persone in divina natura,
+e in una persona essa e l’umana.
+
+Compié ’l cantare e ’l volger sua misura;
+e attesersi a noi quei santi lumi,
+felicitando sé di cura in cura.
+
+Ruppe il silenzio ne’ concordi numi
+poscia la luce in che mirabil vita
+del poverel di Dio narrata fumi,
+
+e disse: «Quando l’una paglia è trita,
+quando la sua semenza è già riposta,
+a batter l’altra dolce amor m’invita.
+
+Tu credi che nel petto onde la costa
+si trasse per formar la bella guancia
+il cui palato a tutto ’l mondo costa,
+
+e in quel che, forato da la lancia,
+e prima e poscia tanto sodisfece,
+che d’ogne colpa vince la bilancia,
+
+quantunque a la natura umana lece
+aver di lume, tutto fosse infuso
+da quel valor che l’uno e l’altro fece;
+
+e però miri a ciò ch’io dissi suso,
+quando narrai che non ebbe ’l secondo
+lo ben che ne la quinta luce è chiuso.
+
+Or apri li occhi a quel ch’io ti rispondo,
+e vedräi il tuo credere e ’l mio dire
+nel vero farsi come centro in tondo.
+
+Ciò che non more e ciò che può morire
+non è se non splendor di quella idea
+che partorisce, amando, il nostro Sire;
+
+ché quella viva luce che sì mea
+dal suo lucente, che non si disuna
+da lui né da l’amor ch’a lor s’intrea,
+
+per sua bontate il suo raggiare aduna,
+quasi specchiato, in nove sussistenze,
+etternalmente rimanendosi una.
+
+Quindi discende a l’ultime potenze
+giù d’atto in atto, tanto divenendo,
+che più non fa che brevi contingenze;
+
+e queste contingenze essere intendo
+le cose generate, che produce
+con seme e sanza seme il ciel movendo.
+
+La cera di costoro e chi la duce
+non sta d’un modo; e però sotto ’l segno
+idëale poi più e men traluce.
+
+Ond’ elli avvien ch’un medesimo legno,
+secondo specie, meglio e peggio frutta;
+e voi nascete con diverso ingegno.
+
+Se fosse a punto la cera dedutta
+e fosse il cielo in sua virtù supprema,
+la luce del suggel parrebbe tutta;
+
+ma la natura la dà sempre scema,
+similemente operando a l’artista
+ch’a l’abito de l’arte ha man che trema.
+
+Però se ’l caldo amor la chiara vista
+de la prima virtù dispone e segna,
+tutta la perfezion quivi s’acquista.
+
+Così fu fatta già la terra degna
+di tutta l’animal perfezïone;
+così fu fatta la Vergine pregna;
+
+sì ch’io commendo tua oppinïone,
+che l’umana natura mai non fue
+né fia qual fu in quelle due persone.
+
+Or s’i’ non procedesse avanti piùe,
+‘Dunque, come costui fu sanza pare?’
+comincerebber le parole tue.
+
+Ma perché paia ben ciò che non pare,
+pensa chi era, e la cagion che ’l mosse,
+quando fu detto “Chiedi”, a dimandare.
+
+Non ho parlato sì, che tu non posse
+ben veder ch’el fu re, che chiese senno
+acciò che re sufficïente fosse;
+
+non per sapere il numero in che enno
+li motor di qua sù, o se necesse
+con contingente mai necesse fenno;
+
+non si est dare primum motum esse,
+o se del mezzo cerchio far si puote
+trïangol sì ch’un retto non avesse.
+
+Onde, se ciò ch’io dissi e questo note,
+regal prudenza è quel vedere impari
+in che lo stral di mia intenzion percuote;
+
+e se al “surse” drizzi li occhi chiari,
+vedrai aver solamente respetto
+ai regi, che son molti, e ’ buon son rari.
+
+Con questa distinzion prendi ’l mio detto;
+e così puote star con quel che credi
+del primo padre e del nostro Diletto.
+
+E questo ti sia sempre piombo a’ piedi,
+per farti mover lento com’ uom lasso
+e al sì e al no che tu non vedi:
+
+ché quelli è tra li stolti bene a basso,
+che sanza distinzione afferma e nega
+ne l’un così come ne l’altro passo;
+
+perch’ elli ’ncontra che più volte piega
+l’oppinïon corrente in falsa parte,
+e poi l’affetto l’intelletto lega.
+
+Vie più che ’ndarno da riva si parte,
+perché non torna tal qual e’ si move,
+chi pesca per lo vero e non ha l’arte.
+
+E di ciò sono al mondo aperte prove
+Parmenide, Melisso e Brisso e molti,
+li quali andaro e non sapëan dove;
+
+sì fé Sabellio e Arrio e quelli stolti
+che furon come spade a le Scritture
+in render torti li diritti volti.
+
+Non sien le genti, ancor, troppo sicure
+a giudicar, sì come quei che stima
+le biade in campo pria che sien mature;
+
+ch’i’ ho veduto tutto ’l verno prima
+lo prun mostrarsi rigido e feroce,
+poscia portar la rosa in su la cima;
+
+e legno vidi già dritto e veloce
+correr lo mar per tutto suo cammino,
+perire al fine a l’intrar de la foce.
+
+Non creda donna Berta e ser Martino,
+per vedere un furare, altro offerere,
+vederli dentro al consiglio divino;
+
+ché quel può surgere, e quel può cadere».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XIV
+
+
+Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centro
+movesi l’acqua in un ritondo vaso,
+secondo ch’è percosso fuori o dentro:
+
+ne la mia mente fé sùbito caso
+questo ch’io dico, sì come si tacque
+la glorïosa vita di Tommaso,
+
+per la similitudine che nacque
+del suo parlare e di quel di Beatrice,
+a cui sì cominciar, dopo lui, piacque:
+
+«A costui fa mestieri, e nol vi dice
+né con la voce né pensando ancora,
+d’un altro vero andare a la radice.
+
+Diteli se la luce onde s’infiora
+vostra sustanza, rimarrà con voi
+etternalmente sì com’ ell’ è ora;
+
+e se rimane, dite come, poi
+che sarete visibili rifatti,
+esser porà ch’al veder non vi nòi».
+
+Come, da più letizia pinti e tratti,
+a la fïata quei che vanno a rota
+levan la voce e rallegrano li atti,
+
+così, a l’orazion pronta e divota,
+li santi cerchi mostrar nova gioia
+nel torneare e ne la mira nota.
+
+Qual si lamenta perché qui si moia
+per viver colà sù, non vide quive
+lo refrigerio de l’etterna ploia.
+
+Quell’ uno e due e tre che sempre vive
+e regna sempre in tre e ’n due e ’n uno,
+non circunscritto, e tutto circunscrive,
+
+tre volte era cantato da ciascuno
+di quelli spirti con tal melodia,
+ch’ad ogne merto saria giusto muno.
+
+E io udi’ ne la luce più dia
+del minor cerchio una voce modesta,
+forse qual fu da l’angelo a Maria,
+
+risponder: «Quanto fia lunga la festa
+di paradiso, tanto il nostro amore
+si raggerà dintorno cotal vesta.
+
+La sua chiarezza séguita l’ardore;
+l’ardor la visïone, e quella è tanta,
+quant’ ha di grazia sovra suo valore.
+
+Come la carne glorïosa e santa
+fia rivestita, la nostra persona
+più grata fia per esser tutta quanta;
+
+per che s’accrescerà ciò che ne dona
+di gratüito lume il sommo bene,
+lume ch’a lui veder ne condiziona;
+
+onde la visïon crescer convene,
+crescer l’ardor che di quella s’accende,
+crescer lo raggio che da esso vene.
+
+Ma sì come carbon che fiamma rende,
+e per vivo candor quella soverchia,
+sì che la sua parvenza si difende;
+
+così questo folgór che già ne cerchia
+fia vinto in apparenza da la carne
+che tutto dì la terra ricoperchia;
+
+né potrà tanta luce affaticarne:
+ché li organi del corpo saran forti
+a tutto ciò che potrà dilettarne».
+
+Tanto mi parver sùbiti e accorti
+e l’uno e l’altro coro a dicer «Amme!»,
+che ben mostrar disio d’i corpi morti:
+
+forse non pur per lor, ma per le mamme,
+per li padri e per li altri che fuor cari
+anzi che fosser sempiterne fiamme.
+
+Ed ecco intorno, di chiarezza pari,
+nascere un lustro sopra quel che v’era,
+per guisa d’orizzonte che rischiari.
+
+E sì come al salir di prima sera
+comincian per lo ciel nove parvenze,
+sì che la vista pare e non par vera,
+
+parvemi lì novelle sussistenze
+cominciare a vedere, e fare un giro
+di fuor da l’altre due circunferenze.
+
+Oh vero sfavillar del Santo Spiro!
+come si fece sùbito e candente
+a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!
+
+Ma Bëatrice sì bella e ridente
+mi si mostrò, che tra quelle vedute
+si vuol lasciar che non seguir la mente.
+
+Quindi ripreser li occhi miei virtute
+a rilevarsi; e vidimi translato
+sol con mia donna in più alta salute.
+
+Ben m’accors’ io ch’io era più levato,
+per l’affocato riso de la stella,
+che mi parea più roggio che l’usato.
+
+Con tutto ’l core e con quella favella
+ch’è una in tutti, a Dio feci olocausto,
+qual conveniesi a la grazia novella.
+
+E non er’ anco del mio petto essausto
+l’ardor del sacrificio, ch’io conobbi
+esso litare stato accetto e fausto;
+
+ché con tanto lucore e tanto robbi
+m’apparvero splendor dentro a due raggi,
+ch’io dissi: «O Elïòs che sì li addobbi!».
+
+Come distinta da minori e maggi
+lumi biancheggia tra ’ poli del mondo
+Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi;
+
+sì costellati facean nel profondo
+Marte quei raggi il venerabil segno
+che fan giunture di quadranti in tondo.
+
+Qui vince la memoria mia lo ’ngegno;
+ché quella croce lampeggiava Cristo,
+sì ch’io non so trovare essempro degno;
+
+ma chi prende sua croce e segue Cristo,
+ancor mi scuserà di quel ch’io lasso,
+vedendo in quell’ albor balenar Cristo.
+
+Di corno in corno e tra la cima e ’l basso
+si movien lumi, scintillando forte
+nel congiugnersi insieme e nel trapasso:
+
+così si veggion qui diritte e torte,
+veloci e tarde, rinovando vista,
+le minuzie d’i corpi, lunghe e corte,
+
+moversi per lo raggio onde si lista
+talvolta l’ombra che, per sua difesa,
+la gente con ingegno e arte acquista.
+
+E come giga e arpa, in tempra tesa
+di molte corde, fa dolce tintinno
+a tal da cui la nota non è intesa,
+
+così da’ lumi che lì m’apparinno
+s’accogliea per la croce una melode
+che mi rapiva, sanza intender l’inno.
+
+Ben m’accors’ io ch’elli era d’alte lode,
+però ch’a me venìa «Resurgi» e «Vinci»
+come a colui che non intende e ode.
+
+Ïo m’innamorava tanto quinci,
+che ’nfino a lì non fu alcuna cosa
+che mi legasse con sì dolci vinci.
+
+Forse la mia parola par troppo osa,
+posponendo il piacer de li occhi belli,
+ne’ quai mirando mio disio ha posa;
+
+ma chi s’avvede che i vivi suggelli
+d’ogne bellezza più fanno più suso,
+e ch’io non m’era lì rivolto a quelli,
+
+escusar puommi di quel ch’io m’accuso
+per escusarmi, e vedermi dir vero:
+ché ’l piacer santo non è qui dischiuso,
+
+perché si fa, montando, più sincero.
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XV
+
+
+Benigna volontade in che si liqua
+sempre l’amor che drittamente spira,
+come cupidità fa ne la iniqua,
+
+silenzio puose a quella dolce lira,
+e fece quïetar le sante corde
+che la destra del cielo allenta e tira.
+
+Come saranno a’ giusti preghi sorde
+quelle sustanze che, per darmi voglia
+ch’io le pregassi, a tacer fur concorde?
+
+Bene è che sanza termine si doglia
+chi, per amor di cosa che non duri
+etternalmente, quello amor si spoglia.
+
+Quale per li seren tranquilli e puri
+discorre ad ora ad or sùbito foco,
+movendo li occhi che stavan sicuri,
+
+e pare stella che tramuti loco,
+se non che da la parte ond’ e’ s’accende
+nulla sen perde, ed esso dura poco:
+
+tale dal corno che ’n destro si stende
+a piè di quella croce corse un astro
+de la costellazion che lì resplende;
+
+né si partì la gemma dal suo nastro,
+ma per la lista radïal trascorse,
+che parve foco dietro ad alabastro.
+
+Sì pïa l’ombra d’Anchise si porse,
+se fede merta nostra maggior musa,
+quando in Eliso del figlio s’accorse.
+
+«O sanguis meus, o superinfusa
+gratïa Deï, sicut tibi cui
+bis unquam celi ianüa reclusa?».
+
+Così quel lume: ond’ io m’attesi a lui;
+poscia rivolsi a la mia donna il viso,
+e quinci e quindi stupefatto fui;
+
+ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso
+tal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondo
+de la mia gloria e del mio paradiso.
+
+Indi, a udire e a veder giocondo,
+giunse lo spirto al suo principio cose,
+ch’io non lo ’ntesi, sì parlò profondo;
+
+né per elezïon mi si nascose,
+ma per necessità, ché ’l suo concetto
+al segno d’i mortal si soprapuose.
+
+E quando l’arco de l’ardente affetto
+fu sì sfogato, che ’l parlar discese
+inver’ lo segno del nostro intelletto,
+
+la prima cosa che per me s’intese,
+«Benedetto sia tu», fu, «trino e uno,
+che nel mio seme se’ tanto cortese!».
+
+E seguì: «Grato e lontano digiuno,
+tratto leggendo del magno volume
+du’ non si muta mai bianco né bruno,
+
+solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
+in ch’io ti parlo, mercè di colei
+ch’a l’alto volo ti vestì le piume.
+
+Tu credi che a me tuo pensier mei
+da quel ch’è primo, così come raia
+da l’un, se si conosce, il cinque e ’l sei;
+
+e però ch’io mi sia e perch’ io paia
+più gaudïoso a te, non mi domandi,
+che alcun altro in questa turba gaia.
+
+Tu credi ’l vero; ché i minori e ’ grandi
+di questa vita miran ne lo speglio
+in che, prima che pensi, il pensier pandi;
+
+ma perché ’l sacro amore in che io veglio
+con perpetüa vista e che m’asseta
+di dolce disïar, s’adempia meglio,
+
+la voce tua sicura, balda e lieta
+suoni la volontà, suoni ’l disio,
+a che la mia risposta è già decreta!».
+
+Io mi volsi a Beatrice, e quella udio
+pria ch’io parlassi, e arrisemi un cenno
+che fece crescer l’ali al voler mio.
+
+Poi cominciai così: «L’affetto e ’l senno,
+come la prima equalità v’apparse,
+d’un peso per ciascun di voi si fenno,
+
+però che ’l sol che v’allumò e arse,
+col caldo e con la luce è sì iguali,
+che tutte simiglianze sono scarse.
+
+Ma voglia e argomento ne’ mortali,
+per la cagion ch’a voi è manifesta,
+diversamente son pennuti in ali;
+
+ond’ io, che son mortal, mi sento in questa
+disagguaglianza, e però non ringrazio
+se non col core a la paterna festa.
+
+Ben supplico io a te, vivo topazio
+che questa gioia prezïosa ingemmi,
+perché mi facci del tuo nome sazio».
+
+«O fronda mia in che io compiacemmi
+pur aspettando, io fui la tua radice»:
+cotal principio, rispondendo, femmi.
+
+Poscia mi disse: «Quel da cui si dice
+tua cognazione e che cent’ anni e piùe
+girato ha ’l monte in la prima cornice,
+
+mio figlio fu e tuo bisavol fue:
+ben si convien che la lunga fatica
+tu li raccorci con l’opere tue.
+
+Fiorenza dentro da la cerchia antica,
+ond’ ella toglie ancora e terza e nona,
+si stava in pace, sobria e pudica.
+
+Non avea catenella, non corona,
+non gonne contigiate, non cintura
+che fosse a veder più che la persona.
+
+Non faceva, nascendo, ancor paura
+la figlia al padre, che ’l tempo e la dote
+non fuggien quinci e quindi la misura.
+
+Non avea case di famiglia vòte;
+non v’era giunto ancor Sardanapalo
+a mostrar ciò che ’n camera si puote.
+
+Non era vinto ancora Montemalo
+dal vostro Uccellatoio, che, com’ è vinto
+nel montar sù, così sarà nel calo.
+
+Bellincion Berti vid’ io andar cinto
+di cuoio e d’osso, e venir da lo specchio
+la donna sua sanza ’l viso dipinto;
+
+e vidi quel d’i Nerli e quel del Vecchio
+esser contenti a la pelle scoperta,
+e le sue donne al fuso e al pennecchio.
+
+Oh fortunate! ciascuna era certa
+de la sua sepultura, e ancor nulla
+era per Francia nel letto diserta.
+
+L’una vegghiava a studio de la culla,
+e, consolando, usava l’idïoma
+che prima i padri e le madri trastulla;
+
+l’altra, traendo a la rocca la chioma,
+favoleggiava con la sua famiglia
+d’i Troiani, di Fiesole e di Roma.
+
+Saria tenuta allor tal maraviglia
+una Cianghella, un Lapo Salterello,
+qual or saria Cincinnato e Corniglia.
+
+A così riposato, a così bello
+viver di cittadini, a così fida
+cittadinanza, a così dolce ostello,
+
+Maria mi diè, chiamata in alte grida;
+e ne l’antico vostro Batisteo
+insieme fui cristiano e Cacciaguida.
+
+Moronto fu mio frate ed Eliseo;
+mia donna venne a me di val di Pado,
+e quindi il sopranome tuo si feo.
+
+Poi seguitai lo ’mperador Currado;
+ed el mi cinse de la sua milizia,
+tanto per bene ovrar li venni in grado.
+
+Dietro li andai incontro a la nequizia
+di quella legge il cui popolo usurpa,
+per colpa d’i pastor, vostra giustizia.
+
+Quivi fu’ io da quella gente turpa
+disviluppato dal mondo fallace,
+lo cui amor molt’ anime deturpa;
+
+e venni dal martiro a questa pace».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XVI
+
+
+O poca nostra nobiltà di sangue,
+se glorïar di te la gente fai
+qua giù dove l’affetto nostro langue,
+
+mirabil cosa non mi sarà mai:
+ché là dove appetito non si torce,
+dico nel cielo, io me ne gloriai.
+
+Ben se’ tu manto che tosto raccorce:
+sì che, se non s’appon di dì in die,
+lo tempo va dintorno con le force.
+
+Dal ‘voi’ che prima a Roma s’offerie,
+in che la sua famiglia men persevra,
+ricominciaron le parole mie;
+
+onde Beatrice, ch’era un poco scevra,
+ridendo, parve quella che tossio
+al primo fallo scritto di Ginevra.
+
+Io cominciai: «Voi siete il padre mio;
+voi mi date a parlar tutta baldezza;
+voi mi levate sì, ch’i’ son più ch’io.
+
+Per tanti rivi s’empie d’allegrezza
+la mente mia, che di sé fa letizia
+perché può sostener che non si spezza.
+
+Ditemi dunque, cara mia primizia,
+quai fuor li vostri antichi e quai fuor li anni
+che si segnaro in vostra püerizia;
+
+ditemi de l’ovil di San Giovanni
+quanto era allora, e chi eran le genti
+tra esso degne di più alti scanni».
+
+Come s’avviva a lo spirar d’i venti
+carbone in fiamma, così vid’ io quella
+luce risplendere a’ miei blandimenti;
+
+e come a li occhi miei si fé più bella,
+così con voce più dolce e soave,
+ma non con questa moderna favella,
+
+dissemi: «Da quel dì che fu detto ‘Ave’
+al parto in che mia madre, ch’è or santa,
+s’allevïò di me ond’ era grave,
+
+al suo Leon cinquecento cinquanta
+e trenta fiate venne questo foco
+a rinfiammarsi sotto la sua pianta.
+
+Li antichi miei e io nacqui nel loco
+dove si truova pria l’ultimo sesto
+da quei che corre il vostro annüal gioco.
+
+Basti d’i miei maggiori udirne questo:
+chi ei si fosser e onde venner quivi,
+più è tacer che ragionare onesto.
+
+Tutti color ch’a quel tempo eran ivi
+da poter arme tra Marte e ’l Batista,
+eran il quinto di quei ch’or son vivi.
+
+Ma la cittadinanza, ch’è or mista
+di Campi, di Certaldo e di Fegghine,
+pura vediesi ne l’ultimo artista.
+
+Oh quanto fora meglio esser vicine
+quelle genti ch’io dico, e al Galluzzo
+e a Trespiano aver vostro confine,
+
+che averle dentro e sostener lo puzzo
+del villan d’Aguglion, di quel da Signa,
+che già per barattare ha l’occhio aguzzo!
+
+Se la gente ch’al mondo più traligna
+non fosse stata a Cesare noverca,
+ma come madre a suo figlio benigna,
+
+tal fatto è fiorentino e cambia e merca,
+che si sarebbe vòlto a Simifonti,
+là dove andava l’avolo a la cerca;
+
+sariesi Montemurlo ancor de’ Conti;
+sarieno i Cerchi nel piovier d’Acone,
+e forse in Valdigrieve i Buondelmonti.
+
+Sempre la confusion de le persone
+principio fu del mal de la cittade,
+come del vostro il cibo che s’appone;
+
+e cieco toro più avaccio cade
+che cieco agnello; e molte volte taglia
+più e meglio una che le cinque spade.
+
+Se tu riguardi Luni e Orbisaglia
+come sono ite, e come se ne vanno
+di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia,
+
+udir come le schiatte si disfanno
+non ti parrà nova cosa né forte,
+poscia che le cittadi termine hanno.
+
+Le vostre cose tutte hanno lor morte,
+sì come voi; ma celasi in alcuna
+che dura molto, e le vite son corte.
+
+E come ’l volger del ciel de la luna
+cuopre e discuopre i liti sanza posa,
+così fa di Fiorenza la Fortuna:
+
+per che non dee parer mirabil cosa
+ciò ch’io dirò de li alti Fiorentini
+onde è la fama nel tempo nascosa.
+
+Io vidi li Ughi e vidi i Catellini,
+Filippi, Greci, Ormanni e Alberichi,
+già nel calare, illustri cittadini;
+
+e vidi così grandi come antichi,
+con quel de la Sannella, quel de l’Arca,
+e Soldanieri e Ardinghi e Bostichi.
+
+Sovra la porta ch’al presente è carca
+di nova fellonia di tanto peso
+che tosto fia iattura de la barca,
+
+erano i Ravignani, ond’ è disceso
+il conte Guido e qualunque del nome
+de l’alto Bellincione ha poscia preso.
+
+Quel de la Pressa sapeva già come
+regger si vuole, e avea Galigaio
+dorata in casa sua già l’elsa e ’l pome.
+
+Grand’ era già la colonna del Vaio,
+Sacchetti, Giuochi, Fifanti e Barucci
+e Galli e quei ch’arrossan per lo staio.
+
+Lo ceppo di che nacquero i Calfucci
+era già grande, e già eran tratti
+a le curule Sizii e Arrigucci.
+
+Oh quali io vidi quei che son disfatti
+per lor superbia! e le palle de l’oro
+fiorian Fiorenza in tutt’ i suoi gran fatti.
+
+Così facieno i padri di coloro
+che, sempre che la vostra chiesa vaca,
+si fanno grassi stando a consistoro.
+
+L’oltracotata schiatta che s’indraca
+dietro a chi fugge, e a chi mostra ’l dente
+o ver la borsa, com’ agnel si placa,
+
+già venìa sù, ma di picciola gente;
+sì che non piacque ad Ubertin Donato
+che poï il suocero il fé lor parente.
+
+Già era ’l Caponsacco nel mercato
+disceso giù da Fiesole, e già era
+buon cittadino Giuda e Infangato.
+
+Io dirò cosa incredibile e vera:
+nel picciol cerchio s’entrava per porta
+che si nomava da quei de la Pera.
+
+Ciascun che de la bella insegna porta
+del gran barone il cui nome e ’l cui pregio
+la festa di Tommaso riconforta,
+
+da esso ebbe milizia e privilegio;
+avvegna che con popol si rauni
+oggi colui che la fascia col fregio.
+
+Già eran Gualterotti e Importuni;
+e ancor saria Borgo più quïeto,
+se di novi vicin fosser digiuni.
+
+La casa di che nacque il vostro fleto,
+per lo giusto disdegno che v’ha morti
+e puose fine al vostro viver lieto,
+
+era onorata, essa e suoi consorti:
+o Buondelmonte, quanto mal fuggisti
+le nozze süe per li altrui conforti!
+
+Molti sarebber lieti, che son tristi,
+se Dio t’avesse conceduto ad Ema
+la prima volta ch’a città venisti.
+
+Ma conveniesi a quella pietra scema
+che guarda ’l ponte, che Fiorenza fesse
+vittima ne la sua pace postrema.
+
+Con queste genti, e con altre con esse,
+vid’ io Fiorenza in sì fatto riposo,
+che non avea cagione onde piangesse.
+
+Con queste genti vid’io glorïoso
+e giusto il popol suo, tanto che ’l giglio
+non era ad asta mai posto a ritroso,
+
+né per divisïon fatto vermiglio».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XVII
+
+
+Qual venne a Climenè, per accertarsi
+di ciò ch’avëa incontro a sé udito,
+quei ch’ancor fa li padri ai figli scarsi;
+
+tal era io, e tal era sentito
+e da Beatrice e da la santa lampa
+che pria per me avea mutato sito.
+
+Per che mia donna «Manda fuor la vampa
+del tuo disio», mi disse, «sì ch’ella esca
+segnata bene de la interna stampa:
+
+non perché nostra conoscenza cresca
+per tuo parlare, ma perché t’ausi
+a dir la sete, sì che l’uom ti mesca».
+
+«O cara piota mia che sì t’insusi,
+che, come veggion le terrene menti
+non capere in trïangol due ottusi,
+
+così vedi le cose contingenti
+anzi che sieno in sé, mirando il punto
+a cui tutti li tempi son presenti;
+
+mentre ch’io era a Virgilio congiunto
+su per lo monte che l’anime cura
+e discendendo nel mondo defunto,
+
+dette mi fuor di mia vita futura
+parole gravi, avvegna ch’io mi senta
+ben tetragono ai colpi di ventura;
+
+per che la voglia mia saria contenta
+d’intender qual fortuna mi s’appressa:
+ché saetta previsa vien più lenta».
+
+Così diss’ io a quella luce stessa
+che pria m’avea parlato; e come volle
+Beatrice, fu la mia voglia confessa.
+
+Né per ambage, in che la gente folle
+già s’inviscava pria che fosse anciso
+l’Agnel di Dio che le peccata tolle,
+
+ma per chiare parole e con preciso
+latin rispuose quello amor paterno,
+chiuso e parvente del suo proprio riso:
+
+«La contingenza, che fuor del quaderno
+de la vostra matera non si stende,
+tutta è dipinta nel cospetto etterno;
+
+necessità però quindi non prende
+se non come dal viso in che si specchia
+nave che per torrente giù discende.
+
+Da indi, sì come viene ad orecchia
+dolce armonia da organo, mi viene
+a vista il tempo che ti s’apparecchia.
+
+Qual si partio Ipolito d’Atene
+per la spietata e perfida noverca,
+tal di Fiorenza partir ti convene.
+
+Questo si vuole e questo già si cerca,
+e tosto verrà fatto a chi ciò pensa
+là dove Cristo tutto dì si merca.
+
+La colpa seguirà la parte offensa
+in grido, come suol; ma la vendetta
+fia testimonio al ver che la dispensa.
+
+Tu lascerai ogne cosa diletta
+più caramente; e questo è quello strale
+che l’arco de lo essilio pria saetta.
+
+Tu proverai sì come sa di sale
+lo pane altrui, e come è duro calle
+lo scendere e ’l salir per l’altrui scale.
+
+E quel che più ti graverà le spalle,
+sarà la compagnia malvagia e scempia
+con la qual tu cadrai in questa valle;
+
+che tutta ingrata, tutta matta ed empia
+si farà contr’ a te; ma, poco appresso,
+ella, non tu, n’avrà rossa la tempia.
+
+Di sua bestialitate il suo processo
+farà la prova; sì ch’a te fia bello
+averti fatta parte per te stesso.
+
+Lo primo tuo refugio e ’l primo ostello
+sarà la cortesia del gran Lombardo
+che ’n su la scala porta il santo uccello;
+
+ch’in te avrà sì benigno riguardo,
+che del fare e del chieder, tra voi due,
+fia primo quel che tra li altri è più tardo.
+
+Con lui vedrai colui che ’mpresso fue,
+nascendo, sì da questa stella forte,
+che notabili fier l’opere sue.
+
+Non se ne son le genti ancora accorte
+per la novella età, ché pur nove anni
+son queste rote intorno di lui torte;
+
+ma pria che ’l Guasco l’alto Arrigo inganni,
+parran faville de la sua virtute
+in non curar d’argento né d’affanni.
+
+Le sue magnificenze conosciute
+saranno ancora, sì che ’ suoi nemici
+non ne potran tener le lingue mute.
+
+A lui t’aspetta e a’ suoi benefici;
+per lui fia trasmutata molta gente,
+cambiando condizion ricchi e mendici;
+
+e portera’ne scritto ne la mente
+di lui, e nol dirai»; e disse cose
+incredibili a quei che fier presente.
+
+Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose
+di quel che ti fu detto; ecco le ’nsidie
+che dietro a pochi giri son nascose.
+
+Non vo’ però ch’a’ tuoi vicini invidie,
+poscia che s’infutura la tua vita
+vie più là che ’l punir di lor perfidie».
+
+Poi che, tacendo, si mostrò spedita
+l’anima santa di metter la trama
+in quella tela ch’io le porsi ordita,
+
+io cominciai, come colui che brama,
+dubitando, consiglio da persona
+che vede e vuol dirittamente e ama:
+
+«Ben veggio, padre mio, sì come sprona
+lo tempo verso me, per colpo darmi
+tal, ch’è più grave a chi più s’abbandona;
+
+per che di provedenza è buon ch’io m’armi,
+sì che, se loco m’è tolto più caro,
+io non perdessi li altri per miei carmi.
+
+Giù per lo mondo sanza fine amaro,
+e per lo monte del cui bel cacume
+li occhi de la mia donna mi levaro,
+
+e poscia per lo ciel, di lume in lume,
+ho io appreso quel che s’io ridico,
+a molti fia sapor di forte agrume;
+
+e s’io al vero son timido amico,
+temo di perder viver tra coloro
+che questo tempo chiameranno antico».
+
+La luce in che rideva il mio tesoro
+ch’io trovai lì, si fé prima corusca,
+quale a raggio di sole specchio d’oro;
+
+indi rispuose: «Coscïenza fusca
+o de la propria o de l’altrui vergogna
+pur sentirà la tua parola brusca.
+
+Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
+tutta tua visïon fa manifesta;
+e lascia pur grattar dov’ è la rogna.
+
+Ché se la voce tua sarà molesta
+nel primo gusto, vital nodrimento
+lascerà poi, quando sarà digesta.
+
+Questo tuo grido farà come vento,
+che le più alte cime più percuote;
+e ciò non fa d’onor poco argomento.
+
+Però ti son mostrate in queste rote,
+nel monte e ne la valle dolorosa
+pur l’anime che son di fama note,
+
+che l’animo di quel ch’ode, non posa
+né ferma fede per essempro ch’aia
+la sua radice incognita e ascosa,
+
+né per altro argomento che non paia».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XVIII
+
+
+Già si godeva solo del suo verbo
+quello specchio beato, e io gustava
+lo mio, temprando col dolce l’acerbo;
+
+e quella donna ch’a Dio mi menava
+disse: «Muta pensier; pensa ch’i’ sono
+presso a colui ch’ogne torto disgrava».
+
+Io mi rivolsi a l’amoroso suono
+del mio conforto; e qual io allor vidi
+ne li occhi santi amor, qui l’abbandono:
+
+non perch’ io pur del mio parlar diffidi,
+ma per la mente che non può redire
+sovra sé tanto, s’altri non la guidi.
+
+Tanto poss’ io di quel punto ridire,
+che, rimirando lei, lo mio affetto
+libero fu da ogne altro disire,
+
+fin che ’l piacere etterno, che diretto
+raggiava in Bëatrice, dal bel viso
+mi contentava col secondo aspetto.
+
+Vincendo me col lume d’un sorriso,
+ella mi disse: «Volgiti e ascolta;
+ché non pur ne’ miei occhi è paradiso».
+
+Come si vede qui alcuna volta
+l’affetto ne la vista, s’elli è tanto,
+che da lui sia tutta l’anima tolta,
+
+così nel fiammeggiar del folgór santo,
+a ch’io mi volsi, conobbi la voglia
+in lui di ragionarmi ancora alquanto.
+
+El cominciò: «In questa quinta soglia
+de l’albero che vive de la cima
+e frutta sempre e mai non perde foglia,
+
+spiriti son beati, che giù, prima
+che venissero al ciel, fuor di gran voce,
+sì ch’ogne musa ne sarebbe opima.
+
+Però mira ne’ corni de la croce:
+quello ch’io nomerò, lì farà l’atto
+che fa in nube il suo foco veloce».
+
+Io vidi per la croce un lume tratto
+dal nomar Iosuè, com’ el si feo;
+né mi fu noto il dir prima che ’l fatto.
+
+E al nome de l’alto Macabeo
+vidi moversi un altro roteando,
+e letizia era ferza del paleo.
+
+Così per Carlo Magno e per Orlando
+due ne seguì lo mio attento sguardo,
+com’ occhio segue suo falcon volando.
+
+Poscia trasse Guiglielmo e Rinoardo
+e ’l duca Gottifredi la mia vista
+per quella croce, e Ruberto Guiscardo.
+
+Indi, tra l’altre luci mota e mista,
+mostrommi l’alma che m’avea parlato
+qual era tra i cantor del cielo artista.
+
+Io mi rivolsi dal mio destro lato
+per vedere in Beatrice il mio dovere,
+o per parlare o per atto, segnato;
+
+e vidi le sue luci tanto mere,
+tanto gioconde, che la sua sembianza
+vinceva li altri e l’ultimo solere.
+
+E come, per sentir più dilettanza
+bene operando, l’uom di giorno in giorno
+s’accorge che la sua virtute avanza,
+
+sì m’accors’ io che ’l mio girare intorno
+col cielo insieme avea cresciuto l’arco,
+veggendo quel miracol più addorno.
+
+E qual è ’l trasmutare in picciol varco
+di tempo in bianca donna, quando ’l volto
+suo si discarchi di vergogna il carco,
+
+tal fu ne li occhi miei, quando fui vòlto,
+per lo candor de la temprata stella
+sesta, che dentro a sé m’avea ricolto.
+
+Io vidi in quella giovïal facella
+lo sfavillar de l’amor che lì era
+segnare a li occhi miei nostra favella.
+
+E come augelli surti di rivera,
+quasi congratulando a lor pasture,
+fanno di sé or tonda or altra schiera,
+
+sì dentro ai lumi sante creature
+volitando cantavano, e faciensi
+or D, or I, or L in sue figure.
+
+Prima, cantando, a sua nota moviensi;
+poi, diventando l’un di questi segni,
+un poco s’arrestavano e taciensi.
+
+O diva Pegasëa che li ’ngegni
+fai glorïosi e rendili longevi,
+ed essi teco le cittadi e ’ regni,
+
+illustrami di te, sì ch’io rilevi
+le lor figure com’ io l’ho concette:
+paia tua possa in questi versi brevi!
+
+Mostrarsi dunque in cinque volte sette
+vocali e consonanti; e io notai
+le parti sì, come mi parver dette.
+
+‘DILIGITE IUSTITIAM’, primai
+fur verbo e nome di tutto ’l dipinto;
+‘QUI IUDICATIS TERRAM’, fur sezzai.
+
+Poscia ne l’emme del vocabol quinto
+rimasero ordinate; sì che Giove
+pareva argento lì d’oro distinto.
+
+E vidi scendere altre luci dove
+era il colmo de l’emme, e lì quetarsi
+cantando, credo, il ben ch’a sé le move.
+
+Poi, come nel percuoter d’i ciocchi arsi
+surgono innumerabili faville,
+onde li stolti sogliono agurarsi,
+
+resurger parver quindi più di mille
+luci e salir, qual assai e qual poco,
+sì come ’l sol che l’accende sortille;
+
+e quïetata ciascuna in suo loco,
+la testa e ’l collo d’un’aguglia vidi
+rappresentare a quel distinto foco.
+
+Quei che dipinge lì, non ha chi ’l guidi;
+ma esso guida, e da lui si rammenta
+quella virtù ch’è forma per li nidi.
+
+L’altra bëatitudo, che contenta
+pareva prima d’ingigliarsi a l’emme,
+con poco moto seguitò la ’mprenta.
+
+O dolce stella, quali e quante gemme
+mi dimostraro che nostra giustizia
+effetto sia del ciel che tu ingemme!
+
+Per ch’io prego la mente in che s’inizia
+tuo moto e tua virtute, che rimiri
+ond’ esce il fummo che ’l tuo raggio vizia;
+
+sì ch’un’altra fïata omai s’adiri
+del comperare e vender dentro al templo
+che si murò di segni e di martìri.
+
+O milizia del ciel cu’ io contemplo,
+adora per color che sono in terra
+tutti svïati dietro al malo essemplo!
+
+Già si solea con le spade far guerra;
+ma or si fa togliendo or qui or quivi
+lo pan che ’l pïo Padre a nessun serra.
+
+Ma tu che sol per cancellare scrivi,
+pensa che Pietro e Paulo, che moriro
+per la vigna che guasti, ancor son vivi.
+
+Ben puoi tu dire: «I’ ho fermo ’l disiro
+sì a colui che volle viver solo
+e che per salti fu tratto al martiro,
+
+ch’io non conosco il pescator né Polo».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XIX
+
+
+Parea dinanzi a me con l’ali aperte
+la bella image che nel dolce frui
+liete facevan l’anime conserte;
+
+parea ciascuna rubinetto in cui
+raggio di sole ardesse sì acceso,
+che ne’ miei occhi rifrangesse lui.
+
+E quel che mi convien ritrar testeso,
+non portò voce mai, né scrisse incostro,
+né fu per fantasia già mai compreso;
+
+ch’io vidi e anche udi’ parlar lo rostro,
+e sonar ne la voce e «io» e «mio»,
+quand’ era nel concetto e ‘noi’ e ‘nostro’.
+
+E cominciò: «Per esser giusto e pio
+son io qui essaltato a quella gloria
+che non si lascia vincere a disio;
+
+e in terra lasciai la mia memoria
+sì fatta, che le genti lì malvage
+commendan lei, ma non seguon la storia».
+
+Così un sol calor di molte brage
+si fa sentir, come di molti amori
+usciva solo un suon di quella image.
+
+Ond’ io appresso: «O perpetüi fiori
+de l’etterna letizia, che pur uno
+parer mi fate tutti vostri odori,
+
+solvetemi, spirando, il gran digiuno
+che lungamente m’ha tenuto in fame,
+non trovandoli in terra cibo alcuno.
+
+Ben so io che, se ’n cielo altro reame
+la divina giustizia fa suo specchio,
+che ’l vostro non l’apprende con velame.
+
+Sapete come attento io m’apparecchio
+ad ascoltar; sapete qual è quello
+dubbio che m’è digiun cotanto vecchio».
+
+Quasi falcone ch’esce del cappello,
+move la testa e con l’ali si plaude,
+voglia mostrando e faccendosi bello,
+
+vid’ io farsi quel segno, che di laude
+de la divina grazia era contesto,
+con canti quai si sa chi là sù gaude.
+
+Poi cominciò: «Colui che volse il sesto
+a lo stremo del mondo, e dentro ad esso
+distinse tanto occulto e manifesto,
+
+non poté suo valor sì fare impresso
+in tutto l’universo, che ’l suo verbo
+non rimanesse in infinito eccesso.
+
+E ciò fa certo che ’l primo superbo,
+che fu la somma d’ogne creatura,
+per non aspettar lume, cadde acerbo;
+
+e quinci appar ch’ogne minor natura
+è corto recettacolo a quel bene
+che non ha fine e sé con sé misura.
+
+Dunque vostra veduta, che convene
+esser alcun de’ raggi de la mente
+di che tutte le cose son ripiene,
+
+non pò da sua natura esser possente
+tanto, che suo principio discerna
+molto di là da quel che l’è parvente.
+
+Però ne la giustizia sempiterna
+la vista che riceve il vostro mondo,
+com’ occhio per lo mare, entro s’interna;
+
+che, ben che da la proda veggia il fondo,
+in pelago nol vede; e nondimeno
+èli, ma cela lui l’esser profondo.
+
+Lume non è, se non vien dal sereno
+che non si turba mai; anzi è tenèbra
+od ombra de la carne o suo veleno.
+
+Assai t’è mo aperta la latebra
+che t’ascondeva la giustizia viva,
+di che facei question cotanto crebra;
+
+ché tu dicevi: “Un uom nasce a la riva
+de l’Indo, e quivi non è chi ragioni
+di Cristo né chi legga né chi scriva;
+
+e tutti suoi voleri e atti buoni
+sono, quanto ragione umana vede,
+sanza peccato in vita o in sermoni.
+
+Muore non battezzato e sanza fede:
+ov’ è questa giustizia che ’l condanna?
+ov’ è la colpa sua, se ei non crede?”.
+
+Or tu chi se’, che vuo’ sedere a scranna,
+per giudicar di lungi mille miglia
+con la veduta corta d’una spanna?
+
+Certo a colui che meco s’assottiglia,
+se la Scrittura sovra voi non fosse,
+da dubitar sarebbe a maraviglia.
+
+Oh terreni animali! oh menti grosse!
+La prima volontà, ch’è da sé buona,
+da sé, ch’è sommo ben, mai non si mosse.
+
+Cotanto è giusto quanto a lei consuona:
+nullo creato bene a sé la tira,
+ma essa, radïando, lui cagiona».
+
+Quale sovresso il nido si rigira
+poi c’ha pasciuti la cicogna i figli,
+e come quel ch’è pasto la rimira;
+
+cotal si fece, e sì leväi i cigli,
+la benedetta imagine, che l’ali
+movea sospinte da tanti consigli.
+
+Roteando cantava, e dicea: «Quali
+son le mie note a te, che non le ’ntendi,
+tal è il giudicio etterno a voi mortali».
+
+Poi si quetaro quei lucenti incendi
+de lo Spirito Santo ancor nel segno
+che fé i Romani al mondo reverendi,
+
+esso ricominciò: «A questo regno
+non salì mai chi non credette ’n Cristo,
+né pria né poi ch’el si chiavasse al legno.
+
+Ma vedi: molti gridan “Cristo, Cristo!”,
+che saranno in giudicio assai men prope
+a lui, che tal che non conosce Cristo;
+
+e tai Cristian dannerà l’Etïòpe,
+quando si partiranno i due collegi,
+l’uno in etterno ricco e l’altro inòpe.
+
+Che poran dir li Perse a’ vostri regi,
+come vedranno quel volume aperto
+nel qual si scrivon tutti suoi dispregi?
+
+Lì si vedrà, tra l’opere d’Alberto,
+quella che tosto moverà la penna,
+per che ’l regno di Praga fia diserto.
+
+Lì si vedrà il duol che sovra Senna
+induce, falseggiando la moneta,
+quel che morrà di colpo di cotenna.
+
+Lì si vedrà la superbia ch’asseta,
+che fa lo Scotto e l’Inghilese folle,
+sì che non può soffrir dentro a sua meta.
+
+Vedrassi la lussuria e ’l viver molle
+di quel di Spagna e di quel di Boemme,
+che mai valor non conobbe né volle.
+
+Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme
+segnata con un i la sua bontate,
+quando ’l contrario segnerà un emme.
+
+Vedrassi l’avarizia e la viltate
+di quei che guarda l’isola del foco,
+ove Anchise finì la lunga etate;
+
+e a dare ad intender quanto è poco,
+la sua scrittura fian lettere mozze,
+che noteranno molto in parvo loco.
+
+E parranno a ciascun l’opere sozze
+del barba e del fratel, che tanto egregia
+nazione e due corone han fatte bozze.
+
+E quel di Portogallo e di Norvegia
+lì si conosceranno, e quel di Rascia
+che male ha visto il conio di Vinegia.
+
+Oh beata Ungheria, se non si lascia
+più malmenare! e beata Navarra,
+se s’armasse del monte che la fascia!
+
+E creder de’ ciascun che già, per arra
+di questo, Niccosïa e Famagosta
+per la lor bestia si lamenti e garra,
+
+che dal fianco de l’altre non si scosta».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XX
+
+
+Quando colui che tutto ’l mondo alluma
+de l’emisperio nostro sì discende,
+che ’l giorno d’ogne parte si consuma,
+
+lo ciel, che sol di lui prima s’accende,
+subitamente si rifà parvente
+per molte luci, in che una risplende;
+
+e questo atto del ciel mi venne a mente,
+come ’l segno del mondo e de’ suoi duci
+nel benedetto rostro fu tacente;
+
+però che tutte quelle vive luci,
+vie più lucendo, cominciaron canti
+da mia memoria labili e caduci.
+
+O dolce amor che di riso t’ammanti,
+quanto parevi ardente in que’ flailli,
+ch’avieno spirto sol di pensier santi!
+
+Poscia che i cari e lucidi lapilli
+ond’ io vidi ingemmato il sesto lume
+puoser silenzio a li angelici squilli,
+
+udir mi parve un mormorar di fiume
+che scende chiaro giù di pietra in pietra,
+mostrando l’ubertà del suo cacume.
+
+E come suono al collo de la cetra
+prende sua forma, e sì com’ al pertugio
+de la sampogna vento che penètra,
+
+così, rimosso d’aspettare indugio,
+quel mormorar de l’aguglia salissi
+su per lo collo, come fosse bugio.
+
+Fecesi voce quivi, e quindi uscissi
+per lo suo becco in forma di parole,
+quali aspettava il core ov’ io le scrissi.
+
+«La parte in me che vede e pate il sole
+ne l’aguglie mortali», incominciommi,
+«or fisamente riguardar si vole,
+
+perché d’i fuochi ond’ io figura fommi,
+quelli onde l’occhio in testa mi scintilla,
+e’ di tutti lor gradi son li sommi.
+
+Colui che luce in mezzo per pupilla,
+fu il cantor de lo Spirito Santo,
+che l’arca traslatò di villa in villa:
+
+ora conosce il merto del suo canto,
+in quanto effetto fu del suo consiglio,
+per lo remunerar ch’è altrettanto.
+
+Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio,
+colui che più al becco mi s’accosta,
+la vedovella consolò del figlio:
+
+ora conosce quanto caro costa
+non seguir Cristo, per l’esperïenza
+di questa dolce vita e de l’opposta.
+
+E quel che segue in la circunferenza
+di che ragiono, per l’arco superno,
+morte indugiò per vera penitenza:
+
+ora conosce che ’l giudicio etterno
+non si trasmuta, quando degno preco
+fa crastino là giù de l’odïerno.
+
+L’altro che segue, con le leggi e meco,
+sotto buona intenzion che fé mal frutto,
+per cedere al pastor si fece greco:
+
+ora conosce come il mal dedutto
+dal suo bene operar non li è nocivo,
+avvegna che sia ’l mondo indi distrutto.
+
+E quel che vedi ne l’arco declivo,
+Guiglielmo fu, cui quella terra plora
+che piagne Carlo e Federigo vivo:
+
+ora conosce come s’innamora
+lo ciel del giusto rege, e al sembiante
+del suo fulgore il fa vedere ancora.
+
+Chi crederebbe giù nel mondo errante
+che Rifëo Troiano in questo tondo
+fosse la quinta de le luci sante?
+
+Ora conosce assai di quel che ’l mondo
+veder non può de la divina grazia,
+ben che sua vista non discerna il fondo».
+
+Quale allodetta che ’n aere si spazia
+prima cantando, e poi tace contenta
+de l’ultima dolcezza che la sazia,
+
+tal mi sembiò l’imago de la ’mprenta
+de l’etterno piacere, al cui disio
+ciascuna cosa qual ell’ è diventa.
+
+E avvegna ch’io fossi al dubbiar mio
+lì quasi vetro a lo color ch’el veste,
+tempo aspettar tacendo non patio,
+
+ma de la bocca, «Che cose son queste?»,
+mi pinse con la forza del suo peso:
+per ch’io di coruscar vidi gran feste.
+
+Poi appresso, con l’occhio più acceso,
+lo benedetto segno mi rispuose
+per non tenermi in ammirar sospeso:
+
+«Io veggio che tu credi queste cose
+perch’ io le dico, ma non vedi come;
+sì che, se son credute, sono ascose.
+
+Fai come quei che la cosa per nome
+apprende ben, ma la sua quiditate
+veder non può se altri non la prome.
+
+Regnum celorum vïolenza pate
+da caldo amore e da viva speranza,
+che vince la divina volontate:
+
+non a guisa che l’omo a l’om sobranza,
+ma vince lei perché vuole esser vinta,
+e, vinta, vince con sua beninanza.
+
+La prima vita del ciglio e la quinta
+ti fa maravigliar, perché ne vedi
+la regïon de li angeli dipinta.
+
+D’i corpi suoi non uscir, come credi,
+Gentili, ma Cristiani, in ferma fede
+quel d’i passuri e quel d’i passi piedi.
+
+Ché l’una de lo ’nferno, u’ non si riede
+già mai a buon voler, tornò a l’ossa;
+e ciò di viva spene fu mercede:
+
+di viva spene, che mise la possa
+ne’ prieghi fatti a Dio per suscitarla,
+sì che potesse sua voglia esser mossa.
+
+L’anima glorïosa onde si parla,
+tornata ne la carne, in che fu poco,
+credette in lui che potëa aiutarla;
+
+e credendo s’accese in tanto foco
+di vero amor, ch’a la morte seconda
+fu degna di venire a questo gioco.
+
+L’altra, per grazia che da sì profonda
+fontana stilla, che mai creatura
+non pinse l’occhio infino a la prima onda,
+
+tutto suo amor là giù pose a drittura:
+per che, di grazia in grazia, Dio li aperse
+l’occhio a la nostra redenzion futura;
+
+ond’ ei credette in quella, e non sofferse
+da indi il puzzo più del paganesmo;
+e riprendiene le genti perverse.
+
+Quelle tre donne li fur per battesmo
+che tu vedesti da la destra rota,
+dinanzi al battezzar più d’un millesmo.
+
+O predestinazion, quanto remota
+è la radice tua da quelli aspetti
+che la prima cagion non veggion tota!
+
+E voi, mortali, tenetevi stretti
+a giudicar: ché noi, che Dio vedemo,
+non conosciamo ancor tutti li eletti;
+
+ed ènne dolce così fatto scemo,
+perché il ben nostro in questo ben s’affina,
+che quel che vole Iddio, e noi volemo».
+
+Così da quella imagine divina,
+per farmi chiara la mia corta vista,
+data mi fu soave medicina.
+
+E come a buon cantor buon citarista
+fa seguitar lo guizzo de la corda,
+in che più di piacer lo canto acquista,
+
+sì, mentre ch’e’ parlò, sì mi ricorda
+ch’io vidi le due luci benedette,
+pur come batter d’occhi si concorda,
+
+con le parole mover le fiammette.
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXI
+
+
+Già eran li occhi miei rifissi al volto
+de la mia donna, e l’animo con essi,
+e da ogne altro intento s’era tolto.
+
+E quella non ridea; ma «S’io ridessi»,
+mi cominciò, «tu ti faresti quale
+fu Semelè quando di cener fessi:
+
+ché la bellezza mia, che per le scale
+de l’etterno palazzo più s’accende,
+com’ hai veduto, quanto più si sale,
+
+se non si temperasse, tanto splende,
+che ’l tuo mortal podere, al suo fulgore,
+sarebbe fronda che trono scoscende.
+
+Noi sem levati al settimo splendore,
+che sotto ’l petto del Leone ardente
+raggia mo misto giù del suo valore.
+
+Ficca di retro a li occhi tuoi la mente,
+e fa di quelli specchi a la figura
+che ’n questo specchio ti sarà parvente».
+
+Qual savesse qual era la pastura
+del viso mio ne l’aspetto beato
+quand’ io mi trasmutai ad altra cura,
+
+conoscerebbe quanto m’era a grato
+ubidire a la mia celeste scorta,
+contrapesando l’un con l’altro lato.
+
+Dentro al cristallo che ’l vocabol porta,
+cerchiando il mondo, del suo caro duce
+sotto cui giacque ogne malizia morta,
+
+di color d’oro in che raggio traluce
+vid’ io uno scaleo eretto in suso
+tanto, che nol seguiva la mia luce.
+
+Vidi anche per li gradi scender giuso
+tanti splendor, ch’io pensai ch’ogne lume
+che par nel ciel, quindi fosse diffuso.
+
+E come, per lo natural costume,
+le pole insieme, al cominciar del giorno,
+si movono a scaldar le fredde piume;
+
+poi altre vanno via sanza ritorno,
+altre rivolgon sé onde son mosse,
+e altre roteando fan soggiorno;
+
+tal modo parve me che quivi fosse
+in quello sfavillar che ’nsieme venne,
+sì come in certo grado si percosse.
+
+E quel che presso più ci si ritenne,
+si fé sì chiaro, ch’io dicea pensando:
+‘Io veggio ben l’amor che tu m’accenne.
+
+Ma quella ond’ io aspetto il come e ’l quando
+del dire e del tacer, si sta; ond’ io,
+contra ’l disio, fo ben ch’io non dimando’.
+
+Per ch’ella, che vedëa il tacer mio
+nel veder di colui che tutto vede,
+mi disse: «Solvi il tuo caldo disio».
+
+E io incominciai: «La mia mercede
+non mi fa degno de la tua risposta;
+ma per colei che ’l chieder mi concede,
+
+vita beata che ti stai nascosta
+dentro a la tua letizia, fammi nota
+la cagion che sì presso mi t’ha posta;
+
+e dì perché si tace in questa rota
+la dolce sinfonia di paradiso,
+che giù per l’altre suona sì divota».
+
+«Tu hai l’udir mortal sì come il viso»,
+rispuose a me; «onde qui non si canta
+per quel che Bëatrice non ha riso.
+
+Giù per li gradi de la scala santa
+discesi tanto sol per farti festa
+col dire e con la luce che mi ammanta;
+
+né più amor mi fece esser più presta,
+ché più e tanto amor quinci sù ferve,
+sì come il fiammeggiar ti manifesta.
+
+Ma l’alta carità, che ci fa serve
+pronte al consiglio che ’l mondo governa,
+sorteggia qui sì come tu osserve».
+
+«Io veggio ben», diss’ io, «sacra lucerna,
+come libero amore in questa corte
+basta a seguir la provedenza etterna;
+
+ma questo è quel ch’a cerner mi par forte,
+perché predestinata fosti sola
+a questo officio tra le tue consorte».
+
+Né venni prima a l’ultima parola,
+che del suo mezzo fece il lume centro,
+girando sé come veloce mola;
+
+poi rispuose l’amor che v’era dentro:
+«Luce divina sopra me s’appunta,
+penetrando per questa in ch’io m’inventro,
+
+la cui virtù, col mio veder congiunta,
+mi leva sopra me tanto, ch’i’ veggio
+la somma essenza de la quale è munta.
+
+Quinci vien l’allegrezza ond’ io fiammeggio;
+per ch’a la vista mia, quant’ ella è chiara,
+la chiarità de la fiamma pareggio.
+
+Ma quell’ alma nel ciel che più si schiara,
+quel serafin che ’n Dio più l’occhio ha fisso,
+a la dimanda tua non satisfara,
+
+però che sì s’innoltra ne lo abisso
+de l’etterno statuto quel che chiedi,
+che da ogne creata vista è scisso.
+
+E al mondo mortal, quando tu riedi,
+questo rapporta, sì che non presumma
+a tanto segno più mover li piedi.
+
+La mente, che qui luce, in terra fumma;
+onde riguarda come può là giùe
+quel che non pote perché ’l ciel l’assumma».
+
+Sì mi prescrisser le parole sue,
+ch’io lasciai la quistione e mi ritrassi
+a dimandarla umilmente chi fue.
+
+«Tra ’ due liti d’Italia surgon sassi,
+e non molto distanti a la tua patria,
+tanto che ’ troni assai suonan più bassi,
+
+e fanno un gibbo che si chiama Catria,
+di sotto al quale è consecrato un ermo,
+che suole esser disposto a sola latria».
+
+Così ricominciommi il terzo sermo;
+e poi, continüando, disse: «Quivi
+al servigio di Dio mi fe’ sì fermo,
+
+che pur con cibi di liquor d’ulivi
+lievemente passava caldi e geli,
+contento ne’ pensier contemplativi.
+
+Render solea quel chiostro a questi cieli
+fertilemente; e ora è fatto vano,
+sì che tosto convien che si riveli.
+
+In quel loco fu’ io Pietro Damiano,
+e Pietro Peccator fu’ ne la casa
+di Nostra Donna in sul lito adriano.
+
+Poca vita mortal m’era rimasa,
+quando fui chiesto e tratto a quel cappello,
+che pur di male in peggio si travasa.
+
+Venne Cefàs e venne il gran vasello
+de lo Spirito Santo, magri e scalzi,
+prendendo il cibo da qualunque ostello.
+
+Or voglion quinci e quindi chi rincalzi
+li moderni pastori e chi li meni,
+tanto son gravi, e chi di rietro li alzi.
+
+Cuopron d’i manti loro i palafreni,
+sì che due bestie van sott’ una pelle:
+oh pazïenza che tanto sostieni!».
+
+A questa voce vid’ io più fiammelle
+di grado in grado scendere e girarsi,
+e ogne giro le facea più belle.
+
+Dintorno a questa vennero e fermarsi,
+e fero un grido di sì alto suono,
+che non potrebbe qui assomigliarsi;
+
+né io lo ’ntesi, sì mi vinse il tuono.
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXII
+
+
+Oppresso di stupore, a la mia guida
+mi volsi, come parvol che ricorre
+sempre colà dove più si confida;
+
+e quella, come madre che soccorre
+sùbito al figlio palido e anelo
+con la sua voce, che ’l suol ben disporre,
+
+mi disse: «Non sai tu che tu se’ in cielo?
+e non sai tu che ’l cielo è tutto santo,
+e ciò che ci si fa vien da buon zelo?
+
+Come t’avrebbe trasmutato il canto,
+e io ridendo, mo pensar lo puoi,
+poscia che ’l grido t’ha mosso cotanto;
+
+nel qual, se ’nteso avessi i prieghi suoi,
+già ti sarebbe nota la vendetta
+che tu vedrai innanzi che tu muoi.
+
+La spada di qua sù non taglia in fretta
+né tardo, ma’ ch’al parer di colui
+che disïando o temendo l’aspetta.
+
+Ma rivolgiti omai inverso altrui;
+ch’assai illustri spiriti vedrai,
+se com’ io dico l’aspetto redui».
+
+Come a lei piacque, li occhi ritornai,
+e vidi cento sperule che ’nsieme
+più s’abbellivan con mutüi rai.
+
+Io stava come quei che ’n sé repreme
+la punta del disio, e non s’attenta
+di domandar, sì del troppo si teme;
+
+e la maggiore e la più luculenta
+di quelle margherite innanzi fessi,
+per far di sé la mia voglia contenta.
+
+Poi dentro a lei udi’: «Se tu vedessi
+com’ io la carità che tra noi arde,
+li tuoi concetti sarebbero espressi.
+
+Ma perché tu, aspettando, non tarde
+a l’alto fine, io ti farò risposta
+pur al pensier, da che sì ti riguarde.
+
+Quel monte a cui Cassino è ne la costa
+fu frequentato già in su la cima
+da la gente ingannata e mal disposta;
+
+e quel son io che sù vi portai prima
+lo nome di colui che ’n terra addusse
+la verità che tanto ci soblima;
+
+e tanta grazia sopra me relusse,
+ch’io ritrassi le ville circunstanti
+da l’empio cólto che ’l mondo sedusse.
+
+Questi altri fuochi tutti contemplanti
+uomini fuoro, accesi di quel caldo
+che fa nascere i fiori e ’ frutti santi.
+
+Qui è Maccario, qui è Romoaldo,
+qui son li frati miei che dentro ai chiostri
+fermar li piedi e tennero il cor saldo».
+
+E io a lui: «L’affetto che dimostri
+meco parlando, e la buona sembianza
+ch’io veggio e noto in tutti li ardor vostri,
+
+così m’ha dilatata mia fidanza,
+come ’l sol fa la rosa quando aperta
+tanto divien quant’ ell’ ha di possanza.
+
+Però ti priego, e tu, padre, m’accerta
+s’io posso prender tanta grazia, ch’io
+ti veggia con imagine scoverta».
+
+Ond’ elli: «Frate, il tuo alto disio
+s’adempierà in su l’ultima spera,
+ove s’adempion tutti li altri e ’l mio.
+
+Ivi è perfetta, matura e intera
+ciascuna disïanza; in quella sola
+è ogne parte là ove sempr’ era,
+
+perché non è in loco e non s’impola;
+e nostra scala infino ad essa varca,
+onde così dal viso ti s’invola.
+
+Infin là sù la vide il patriarca
+Iacobbe porger la superna parte,
+quando li apparve d’angeli sì carca.
+
+Ma, per salirla, mo nessun diparte
+da terra i piedi, e la regola mia
+rimasa è per danno de le carte.
+
+Le mura che solieno esser badia
+fatte sono spelonche, e le cocolle
+sacca son piene di farina ria.
+
+Ma grave usura tanto non si tolle
+contra ’l piacer di Dio, quanto quel frutto
+che fa il cor de’ monaci sì folle;
+
+ché quantunque la Chiesa guarda, tutto
+è de la gente che per Dio dimanda;
+non di parenti né d’altro più brutto.
+
+La carne d’i mortali è tanto blanda,
+che giù non basta buon cominciamento
+dal nascer de la quercia al far la ghianda.
+
+Pier cominciò sanz’ oro e sanz’ argento,
+e io con orazione e con digiuno,
+e Francesco umilmente il suo convento;
+
+e se guardi ’l principio di ciascuno,
+poscia riguardi là dov’ è trascorso,
+tu vederai del bianco fatto bruno.
+
+Veramente Iordan vòlto retrorso
+più fu, e ’l mar fuggir, quando Dio volse,
+mirabile a veder che qui ’l soccorso».
+
+Così mi disse, e indi si raccolse
+al suo collegio, e ’l collegio si strinse;
+poi, come turbo, in sù tutto s’avvolse.
+
+La dolce donna dietro a lor mi pinse
+con un sol cenno su per quella scala,
+sì sua virtù la mia natura vinse;
+
+né mai qua giù dove si monta e cala
+naturalmente, fu sì ratto moto
+ch’agguagliar si potesse a la mia ala.
+
+S’io torni mai, lettore, a quel divoto
+trïunfo per lo quale io piango spesso
+le mie peccata e ’l petto mi percuoto,
+
+tu non avresti in tanto tratto e messo
+nel foco il dito, in quant’ io vidi ’l segno
+che segue il Tauro e fui dentro da esso.
+
+O glorïose stelle, o lume pregno
+di gran virtù, dal quale io riconosco
+tutto, qual che si sia, il mio ingegno,
+
+con voi nasceva e s’ascondeva vosco
+quelli ch’è padre d’ogne mortal vita,
+quand’ io senti’ di prima l’aere tosco;
+
+e poi, quando mi fu grazia largita
+d’entrar ne l’alta rota che vi gira,
+la vostra regïon mi fu sortita.
+
+A voi divotamente ora sospira
+l’anima mia, per acquistar virtute
+al passo forte che a sé la tira.
+
+«Tu se’ sì presso a l’ultima salute»,
+cominciò Bëatrice, «che tu dei
+aver le luci tue chiare e acute;
+
+e però, prima che tu più t’inlei,
+rimira in giù, e vedi quanto mondo
+sotto li piedi già esser ti fei;
+
+sì che ’l tuo cor, quantunque può, giocondo
+s’appresenti a la turba trïunfante
+che lieta vien per questo etera tondo».
+
+Col viso ritornai per tutte quante
+le sette spere, e vidi questo globo
+tal, ch’io sorrisi del suo vil sembiante;
+
+e quel consiglio per migliore approbo
+che l’ha per meno; e chi ad altro pensa
+chiamar si puote veramente probo.
+
+Vidi la figlia di Latona incensa
+sanza quell’ ombra che mi fu cagione
+per che già la credetti rara e densa.
+
+L’aspetto del tuo nato, Iperïone,
+quivi sostenni, e vidi com’ si move
+circa e vicino a lui Maia e Dïone.
+
+Quindi m’apparve il temperar di Giove
+tra ’l padre e ’l figlio; e quindi mi fu chiaro
+il varïar che fanno di lor dove;
+
+e tutti e sette mi si dimostraro
+quanto son grandi e quanto son veloci
+e come sono in distante riparo.
+
+L’aiuola che ci fa tanto feroci,
+volgendom’ io con li etterni Gemelli,
+tutta m’apparve da’ colli a le foci;
+
+poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXIII
+
+
+Come l’augello, intra l’amate fronde,
+posato al nido de’ suoi dolci nati
+la notte che le cose ci nasconde,
+
+che, per veder li aspetti disïati
+e per trovar lo cibo onde li pasca,
+in che gravi labor li sono aggrati,
+
+previene il tempo in su aperta frasca,
+e con ardente affetto il sole aspetta,
+fiso guardando pur che l’alba nasca;
+
+così la donna mïa stava eretta
+e attenta, rivolta inver’ la plaga
+sotto la quale il sol mostra men fretta:
+
+sì che, veggendola io sospesa e vaga,
+fecimi qual è quei che disïando
+altro vorria, e sperando s’appaga.
+
+Ma poco fu tra uno e altro quando,
+del mio attender, dico, e del vedere
+lo ciel venir più e più rischiarando;
+
+e Bëatrice disse: «Ecco le schiere
+del trïunfo di Cristo e tutto ’l frutto
+ricolto del girar di queste spere!».
+
+Pariemi che ’l suo viso ardesse tutto,
+e li occhi avea di letizia sì pieni,
+che passarmen convien sanza costrutto.
+
+Quale ne’ plenilunïi sereni
+Trivïa ride tra le ninfe etterne
+che dipingon lo ciel per tutti i seni,
+
+vid’ i’ sopra migliaia di lucerne
+un sol che tutte quante l’accendea,
+come fa ’l nostro le viste superne;
+
+e per la viva luce trasparea
+la lucente sustanza tanto chiara
+nel viso mio, che non la sostenea.
+
+Oh Bëatrice, dolce guida e cara!
+Ella mi disse: «Quel che ti sobranza
+è virtù da cui nulla si ripara.
+
+Quivi è la sapïenza e la possanza
+ch’aprì le strade tra ’l cielo e la terra,
+onde fu già sì lunga disïanza».
+
+Come foco di nube si diserra
+per dilatarsi sì che non vi cape,
+e fuor di sua natura in giù s’atterra,
+
+la mente mia così, tra quelle dape
+fatta più grande, di sé stessa uscìo,
+e che si fesse rimembrar non sape.
+
+«Apri li occhi e riguarda qual son io;
+tu hai vedute cose, che possente
+se’ fatto a sostener lo riso mio».
+
+Io era come quei che si risente
+di visïone oblita e che s’ingegna
+indarno di ridurlasi a la mente,
+
+quand’ io udi’ questa proferta, degna
+di tanto grato, che mai non si stingue
+del libro che ’l preterito rassegna.
+
+Se mo sonasser tutte quelle lingue
+che Polimnïa con le suore fero
+del latte lor dolcissimo più pingue,
+
+per aiutarmi, al millesmo del vero
+non si verria, cantando il santo riso
+e quanto il santo aspetto facea mero;
+
+e così, figurando il paradiso,
+convien saltar lo sacrato poema,
+come chi trova suo cammin riciso.
+
+Ma chi pensasse il ponderoso tema
+e l’omero mortal che se ne carca,
+nol biasmerebbe se sott’ esso trema:
+
+non è pareggio da picciola barca
+quel che fendendo va l’ardita prora,
+né da nocchier ch’a sé medesmo parca.
+
+«Perché la faccia mia sì t’innamora,
+che tu non ti rivolgi al bel giardino
+che sotto i raggi di Cristo s’infiora?
+
+Quivi è la rosa in che ’l verbo divino
+carne si fece; quivi son li gigli
+al cui odor si prese il buon cammino».
+
+Così Beatrice; e io, che a’ suoi consigli
+tutto era pronto, ancora mi rendei
+a la battaglia de’ debili cigli.
+
+Come a raggio di sol, che puro mei
+per fratta nube, già prato di fiori
+vider, coverti d’ombra, li occhi miei;
+
+vid’ io così più turbe di splendori,
+folgorate di sù da raggi ardenti,
+sanza veder principio di folgóri.
+
+O benigna vertù che sì li ’mprenti,
+sù t’essaltasti, per largirmi loco
+a li occhi lì che non t’eran possenti.
+
+Il nome del bel fior ch’io sempre invoco
+e mane e sera, tutto mi ristrinse
+l’animo ad avvisar lo maggior foco;
+
+e come ambo le luci mi dipinse
+il quale e il quanto de la viva stella
+che là sù vince come qua giù vinse,
+
+per entro il cielo scese una facella,
+formata in cerchio a guisa di corona,
+e cinsela e girossi intorno ad ella.
+
+Qualunque melodia più dolce suona
+qua giù e più a sé l’anima tira,
+parrebbe nube che squarciata tona,
+
+comparata al sonar di quella lira
+onde si coronava il bel zaffiro
+del quale il ciel più chiaro s’inzaffira.
+
+«Io sono amore angelico, che giro
+l’alta letizia che spira del ventre
+che fu albergo del nostro disiro;
+
+e girerommi, donna del ciel, mentre
+che seguirai tuo figlio, e farai dia
+più la spera suprema perché lì entre».
+
+Così la circulata melodia
+si sigillava, e tutti li altri lumi
+facean sonare il nome di Maria.
+
+Lo real manto di tutti i volumi
+del mondo, che più ferve e più s’avviva
+ne l’alito di Dio e nei costumi,
+
+avea sopra di noi l’interna riva
+tanto distante, che la sua parvenza,
+là dov’ io era, ancor non appariva:
+
+però non ebber li occhi miei potenza
+di seguitar la coronata fiamma
+che si levò appresso sua semenza.
+
+E come fantolin che ’nver’ la mamma
+tende le braccia, poi che ’l latte prese,
+per l’animo che ’nfin di fuor s’infiamma;
+
+ciascun di quei candori in sù si stese
+con la sua cima, sì che l’alto affetto
+ch’elli avieno a Maria mi fu palese.
+
+Indi rimaser lì nel mio cospetto,
+‘Regina celi’ cantando sì dolce,
+che mai da me non si partì ’l diletto.
+
+Oh quanta è l’ubertà che si soffolce
+in quelle arche ricchissime che fuoro
+a seminar qua giù buone bobolce!
+
+Quivi si vive e gode del tesoro
+che s’acquistò piangendo ne lo essilio
+di Babillòn, ove si lasciò l’oro.
+
+Quivi trïunfa, sotto l’alto Filio
+di Dio e di Maria, di sua vittoria,
+e con l’antico e col novo concilio,
+
+colui che tien le chiavi di tal gloria.
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXIV
+
+
+«O sodalizio eletto a la gran cena
+del benedetto Agnello, il qual vi ciba
+sì, che la vostra voglia è sempre piena,
+
+se per grazia di Dio questi preliba
+di quel che cade de la vostra mensa,
+prima che morte tempo li prescriba,
+
+ponete mente a l’affezione immensa
+e roratelo alquanto: voi bevete
+sempre del fonte onde vien quel ch’ei pensa».
+
+Così Beatrice; e quelle anime liete
+si fero spere sopra fissi poli,
+fiammando, a volte, a guisa di comete.
+
+E come cerchi in tempra d’orïuoli
+si giran sì, che ’l primo a chi pon mente
+quïeto pare, e l’ultimo che voli;
+
+così quelle carole, differente-
+mente danzando, de la sua ricchezza
+mi facieno stimar, veloci e lente.
+
+Di quella ch’io notai di più carezza
+vid’ ïo uscire un foco sì felice,
+che nullo vi lasciò di più chiarezza;
+
+e tre fïate intorno di Beatrice
+si volse con un canto tanto divo,
+che la mia fantasia nol mi ridice.
+
+Però salta la penna e non lo scrivo:
+ché l’imagine nostra a cotai pieghe,
+non che ’l parlare, è troppo color vivo.
+
+«O santa suora mia che sì ne prieghe
+divota, per lo tuo ardente affetto
+da quella bella spera mi disleghe».
+
+Poscia fermato, il foco benedetto
+a la mia donna dirizzò lo spiro,
+che favellò così com’ i’ ho detto.
+
+Ed ella: «O luce etterna del gran viro
+a cui Nostro Segnor lasciò le chiavi,
+ch’ei portò giù, di questo gaudio miro,
+
+tenta costui di punti lievi e gravi,
+come ti piace, intorno de la fede,
+per la qual tu su per lo mare andavi.
+
+S’elli ama bene e bene spera e crede,
+non t’è occulto, perché ’l viso hai quivi
+dov’ ogne cosa dipinta si vede;
+
+ma perché questo regno ha fatto civi
+per la verace fede, a glorïarla,
+di lei parlare è ben ch’a lui arrivi».
+
+Sì come il baccialier s’arma e non parla
+fin che ’l maestro la question propone,
+per approvarla, non per terminarla,
+
+così m’armava io d’ogne ragione
+mentre ch’ella dicea, per esser presto
+a tal querente e a tal professione.
+
+«Dì, buon Cristiano, fatti manifesto:
+fede che è?». Ond’ io levai la fronte
+in quella luce onde spirava questo;
+
+poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte
+sembianze femmi perch’ ïo spandessi
+l’acqua di fuor del mio interno fonte.
+
+«La Grazia che mi dà ch’io mi confessi»,
+comincia’ io, «da l’alto primipilo,
+faccia li miei concetti bene espressi».
+
+E seguitai: «Come ’l verace stilo
+ne scrisse, padre, del tuo caro frate
+che mise teco Roma nel buon filo,
+
+fede è sustanza di cose sperate
+e argomento de le non parventi;
+e questa pare a me sua quiditate».
+
+Allora udi’: «Dirittamente senti,
+se bene intendi perché la ripuose
+tra le sustanze, e poi tra li argomenti».
+
+E io appresso: «Le profonde cose
+che mi largiscon qui la lor parvenza,
+a li occhi di là giù son sì ascose,
+
+che l’esser loro v’è in sola credenza,
+sopra la qual si fonda l’alta spene;
+e però di sustanza prende intenza.
+
+E da questa credenza ci convene
+silogizzar, sanz’ avere altra vista:
+però intenza d’argomento tene».
+
+Allora udi’: «Se quantunque s’acquista
+giù per dottrina, fosse così ’nteso,
+non lì avria loco ingegno di sofista».
+
+Così spirò di quello amore acceso;
+indi soggiunse: «Assai bene è trascorsa
+d’esta moneta già la lega e ’l peso;
+
+ma dimmi se tu l’hai ne la tua borsa».
+Ond’ io: «Sì ho, sì lucida e sì tonda,
+che nel suo conio nulla mi s’inforsa».
+
+Appresso uscì de la luce profonda
+che lì splendeva: «Questa cara gioia
+sopra la quale ogne virtù si fonda,
+
+onde ti venne?». E io: «La larga ploia
+de lo Spirito Santo, ch’è diffusa
+in su le vecchie e ’n su le nuove cuoia,
+
+è silogismo che la m’ha conchiusa
+acutamente sì, che ’nverso d’ella
+ogne dimostrazion mi pare ottusa».
+
+Io udi’ poi: «L’antica e la novella
+proposizion che così ti conchiude,
+perché l’hai tu per divina favella?».
+
+E io: «La prova che ’l ver mi dischiude,
+son l’opere seguite, a che natura
+non scalda ferro mai né batte incude».
+
+Risposto fummi: «Dì, chi t’assicura
+che quell’ opere fosser? Quel medesmo
+che vuol provarsi, non altri, il ti giura».
+
+«Se ’l mondo si rivolse al cristianesmo»,
+diss’ io, «sanza miracoli, quest’ uno
+è tal, che li altri non sono il centesmo:
+
+ché tu intrasti povero e digiuno
+in campo, a seminar la buona pianta
+che fu già vite e ora è fatta pruno».
+
+Finito questo, l’alta corte santa
+risonò per le spere un ‘Dio laudamo’
+ne la melode che là sù si canta.
+
+E quel baron che sì di ramo in ramo,
+essaminando, già tratto m’avea,
+che a l’ultime fronde appressavamo,
+
+ricominciò: «La Grazia, che donnea
+con la tua mente, la bocca t’aperse
+infino a qui come aprir si dovea,
+
+sì ch’io approvo ciò che fuori emerse;
+ma or convien espremer quel che credi,
+e onde a la credenza tua s’offerse».
+
+«O santo padre, e spirito che vedi
+ciò che credesti sì, che tu vincesti
+ver’ lo sepulcro più giovani piedi»,
+
+comincia’ io, «tu vuo’ ch’io manifesti
+la forma qui del pronto creder mio,
+e anche la cagion di lui chiedesti.
+
+E io rispondo: Io credo in uno Dio
+solo ed etterno, che tutto ’l ciel move,
+non moto, con amore e con disio;
+
+e a tal creder non ho io pur prove
+fisice e metafisice, ma dalmi
+anche la verità che quinci piove
+
+per Moïsè, per profeti e per salmi,
+per l’Evangelio e per voi che scriveste
+poi che l’ardente Spirto vi fé almi;
+
+e credo in tre persone etterne, e queste
+credo una essenza sì una e sì trina,
+che soffera congiunto ‘sono’ ed ‘este’.
+
+De la profonda condizion divina
+ch’io tocco mo, la mente mi sigilla
+più volte l’evangelica dottrina.
+
+Quest’ è ’l principio, quest’ è la favilla
+che si dilata in fiamma poi vivace,
+e come stella in cielo in me scintilla».
+
+Come ’l segnor ch’ascolta quel che i piace,
+da indi abbraccia il servo, gratulando
+per la novella, tosto ch’el si tace;
+
+così, benedicendomi cantando,
+tre volte cinse me, sì com’ io tacqui,
+l’appostolico lume al cui comando
+
+io avea detto: sì nel dir li piacqui!
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXV
+
+
+Se mai continga che ’l poema sacro
+al quale ha posto mano e cielo e terra,
+sì che m’ha fatto per molti anni macro,
+
+vinca la crudeltà che fuor mi serra
+del bello ovile ov’ io dormi’ agnello,
+nimico ai lupi che li danno guerra;
+
+con altra voce omai, con altro vello
+ritornerò poeta, e in sul fonte
+del mio battesmo prenderò ’l cappello;
+
+però che ne la fede, che fa conte
+l’anime a Dio, quivi intra’ io, e poi
+Pietro per lei sì mi girò la fronte.
+
+Indi si mosse un lume verso noi
+di quella spera ond’ uscì la primizia
+che lasciò Cristo d’i vicari suoi;
+
+e la mia donna, piena di letizia,
+mi disse: «Mira, mira: ecco il barone
+per cui là giù si vicita Galizia».
+
+Sì come quando il colombo si pone
+presso al compagno, l’uno a l’altro pande,
+girando e mormorando, l’affezione;
+
+così vid’ ïo l’un da l’altro grande
+principe glorïoso essere accolto,
+laudando il cibo che là sù li prande.
+
+Ma poi che ’l gratular si fu assolto,
+tacito coram me ciascun s’affisse,
+ignito sì che vincëa ’l mio volto.
+
+Ridendo allora Bëatrice disse:
+«Inclita vita per cui la larghezza
+de la nostra basilica si scrisse,
+
+fa risonar la spene in questa altezza:
+tu sai, che tante fiate la figuri,
+quante Iesù ai tre fé più carezza».
+
+«Leva la testa e fa che t’assicuri:
+che ciò che vien qua sù del mortal mondo,
+convien ch’ai nostri raggi si maturi».
+
+Questo conforto del foco secondo
+mi venne; ond’ io leväi li occhi a’ monti
+che li ’ncurvaron pria col troppo pondo.
+
+«Poi che per grazia vuol che tu t’affronti
+lo nostro Imperadore, anzi la morte,
+ne l’aula più secreta co’ suoi conti,
+
+sì che, veduto il ver di questa corte,
+la spene, che là giù bene innamora,
+in te e in altrui di ciò conforte,
+
+di’ quel ch’ell’ è, di’ come se ne ’nfiora
+la mente tua, e dì onde a te venne».
+Così seguì ’l secondo lume ancora.
+
+E quella pïa che guidò le penne
+de le mie ali a così alto volo,
+a la risposta così mi prevenne:
+
+«La Chiesa militante alcun figliuolo
+non ha con più speranza, com’ è scritto
+nel Sol che raggia tutto nostro stuolo:
+
+però li è conceduto che d’Egitto
+vegna in Ierusalemme per vedere,
+anzi che ’l militar li sia prescritto.
+
+Li altri due punti, che non per sapere
+son dimandati, ma perch’ ei rapporti
+quanto questa virtù t’è in piacere,
+
+a lui lasc’ io, ché non li saran forti
+né di iattanza; ed elli a ciò risponda,
+e la grazia di Dio ciò li comporti».
+
+Come discente ch’a dottor seconda
+pronto e libente in quel ch’elli è esperto,
+perché la sua bontà si disasconda,
+
+«Spene», diss’ io, «è uno attender certo
+de la gloria futura, il qual produce
+grazia divina e precedente merto.
+
+Da molte stelle mi vien questa luce;
+ma quei la distillò nel mio cor pria
+che fu sommo cantor del sommo duce.
+
+‘Sperino in te’, ne la sua tëodia
+dice, ‘color che sanno il nome tuo’:
+e chi nol sa, s’elli ha la fede mia?
+
+Tu mi stillasti, con lo stillar suo,
+ne la pistola poi; sì ch’io son pieno,
+e in altrui vostra pioggia repluo».
+
+Mentr’ io diceva, dentro al vivo seno
+di quello incendio tremolava un lampo
+sùbito e spesso a guisa di baleno.
+
+Indi spirò: «L’amore ond’ ïo avvampo
+ancor ver’ la virtù che mi seguette
+infin la palma e a l’uscir del campo,
+
+vuol ch’io respiri a te che ti dilette
+di lei; ed emmi a grato che tu diche
+quello che la speranza ti ’mpromette».
+
+E io: «Le nove e le scritture antiche
+pongon lo segno, ed esso lo mi addita,
+de l’anime che Dio s’ha fatte amiche.
+
+Dice Isaia che ciascuna vestita
+ne la sua terra fia di doppia vesta:
+e la sua terra è questa dolce vita;
+
+e ’l tuo fratello assai vie più digesta,
+là dove tratta de le bianche stole,
+questa revelazion ci manifesta».
+
+E prima, appresso al fin d’este parole,
+‘Sperent in te’ di sopr’ a noi s’udì;
+a che rispuoser tutte le carole.
+
+Poscia tra esse un lume si schiarì
+sì che, se ’l Cancro avesse un tal cristallo,
+l’inverno avrebbe un mese d’un sol dì.
+
+E come surge e va ed entra in ballo
+vergine lieta, sol per fare onore
+a la novizia, non per alcun fallo,
+
+così vid’ io lo schiarato splendore
+venire a’ due che si volgieno a nota
+qual conveniesi al loro ardente amore.
+
+Misesi lì nel canto e ne la rota;
+e la mia donna in lor tenea l’aspetto,
+pur come sposa tacita e immota.
+
+«Questi è colui che giacque sopra ’l petto
+del nostro pellicano, e questi fue
+di su la croce al grande officio eletto».
+
+La donna mia così; né però piùe
+mosser la vista sua di stare attenta
+poscia che prima le parole sue.
+
+Qual è colui ch’adocchia e s’argomenta
+di vedere eclissar lo sole un poco,
+che, per veder, non vedente diventa;
+
+tal mi fec’ ïo a quell’ ultimo foco
+mentre che detto fu: «Perché t’abbagli
+per veder cosa che qui non ha loco?
+
+In terra è terra il mio corpo, e saragli
+tanto con li altri, che ’l numero nostro
+con l’etterno proposito s’agguagli.
+
+Con le due stole nel beato chiostro
+son le due luci sole che saliro;
+e questo apporterai nel mondo vostro».
+
+A questa voce l’infiammato giro
+si quïetò con esso il dolce mischio
+che si facea nel suon del trino spiro,
+
+sì come, per cessar fatica o rischio,
+li remi, pria ne l’acqua ripercossi,
+tutti si posano al sonar d’un fischio.
+
+Ahi quanto ne la mente mi commossi,
+quando mi volsi per veder Beatrice,
+per non poter veder, benché io fossi
+
+presso di lei, e nel mondo felice!
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXVI
+
+
+Mentr’ io dubbiava per lo viso spento,
+de la fulgida fiamma che lo spense
+uscì un spiro che mi fece attento,
+
+dicendo: «Intanto che tu ti risense
+de la vista che haï in me consunta,
+ben è che ragionando la compense.
+
+Comincia dunque; e dì ove s’appunta
+l’anima tua, e fa ragion che sia
+la vista in te smarrita e non defunta:
+
+perché la donna che per questa dia
+regïon ti conduce, ha ne lo sguardo
+la virtù ch’ebbe la man d’Anania».
+
+Io dissi: «Al suo piacere e tosto e tardo
+vegna remedio a li occhi, che fuor porte
+quand’ ella entrò col foco ond’ io sempr’ ardo.
+
+Lo ben che fa contenta questa corte,
+Alfa e O è di quanta scrittura
+mi legge Amore o lievemente o forte».
+
+Quella medesma voce che paura
+tolta m’avea del sùbito abbarbaglio,
+di ragionare ancor mi mise in cura;
+
+e disse: «Certo a più angusto vaglio
+ti conviene schiarar: dicer convienti
+chi drizzò l’arco tuo a tal berzaglio».
+
+E io: «Per filosofici argomenti
+e per autorità che quinci scende
+cotale amor convien che in me si ’mprenti:
+
+ché ’l bene, in quanto ben, come s’intende,
+così accende amore, e tanto maggio
+quanto più di bontate in sé comprende.
+
+Dunque a l’essenza ov’ è tanto avvantaggio,
+che ciascun ben che fuor di lei si trova
+altro non è ch’un lume di suo raggio,
+
+più che in altra convien che si mova
+la mente, amando, di ciascun che cerne
+il vero in che si fonda questa prova.
+
+Tal vero a l’intelletto mïo sterne
+colui che mi dimostra il primo amore
+di tutte le sustanze sempiterne.
+
+Sternel la voce del verace autore,
+che dice a Moïsè, di sé parlando:
+‘Io ti farò vedere ogne valore’.
+
+Sternilmi tu ancora, incominciando
+l’alto preconio che grida l’arcano
+di qui là giù sovra ogne altro bando».
+
+E io udi’: «Per intelletto umano
+e per autoritadi a lui concorde
+d’i tuoi amori a Dio guarda il sovrano.
+
+Ma dì ancor se tu senti altre corde
+tirarti verso lui, sì che tu suone
+con quanti denti questo amor ti morde».
+
+Non fu latente la santa intenzione
+de l’aguglia di Cristo, anzi m’accorsi
+dove volea menar mia professione.
+
+Però ricominciai: «Tutti quei morsi
+che posson far lo cor volgere a Dio,
+a la mia caritate son concorsi:
+
+ché l’essere del mondo e l’esser mio,
+la morte ch’el sostenne perch’ io viva,
+e quel che spera ogne fedel com’ io,
+
+con la predetta conoscenza viva,
+tratto m’hanno del mar de l’amor torto,
+e del diritto m’han posto a la riva.
+
+Le fronde onde s’infronda tutto l’orto
+de l’ortolano etterno, am’ io cotanto
+quanto da lui a lor di bene è porto».
+
+Sì com’ io tacqui, un dolcissimo canto
+risonò per lo cielo, e la mia donna
+dicea con li altri: «Santo, santo, santo!».
+
+E come a lume acuto si disonna
+per lo spirto visivo che ricorre
+a lo splendor che va di gonna in gonna,
+
+e lo svegliato ciò che vede aborre,
+sì nescïa è la sùbita vigilia
+fin che la stimativa non soccorre;
+
+così de li occhi miei ogne quisquilia
+fugò Beatrice col raggio d’i suoi,
+che rifulgea da più di mille milia:
+
+onde mei che dinanzi vidi poi;
+e quasi stupefatto domandai
+d’un quarto lume ch’io vidi tra noi.
+
+E la mia donna: «Dentro da quei rai
+vagheggia il suo fattor l’anima prima
+che la prima virtù creasse mai».
+
+Come la fronda che flette la cima
+nel transito del vento, e poi si leva
+per la propria virtù che la soblima,
+
+fec’ io in tanto in quant’ ella diceva,
+stupendo, e poi mi rifece sicuro
+un disio di parlare ond’ ïo ardeva.
+
+E cominciai: «O pomo che maturo
+solo prodotto fosti, o padre antico
+a cui ciascuna sposa è figlia e nuro,
+
+divoto quanto posso a te supplìco
+perché mi parli: tu vedi mia voglia,
+e per udirti tosto non la dico».
+
+Talvolta un animal coverto broglia,
+sì che l’affetto convien che si paia
+per lo seguir che face a lui la ’nvoglia;
+
+e similmente l’anima primaia
+mi facea trasparer per la coverta
+quant’ ella a compiacermi venìa gaia.
+
+Indi spirò: «Sanz’ essermi proferta
+da te, la voglia tua discerno meglio
+che tu qualunque cosa t’è più certa;
+
+perch’ io la veggio nel verace speglio
+che fa di sé pareglio a l’altre cose,
+e nulla face lui di sé pareglio.
+
+Tu vuogli udir quant’ è che Dio mi puose
+ne l’eccelso giardino, ove costei
+a così lunga scala ti dispuose,
+
+e quanto fu diletto a li occhi miei,
+e la propria cagion del gran disdegno,
+e l’idïoma ch’usai e che fei.
+
+Or, figluol mio, non il gustar del legno
+fu per sé la cagion di tanto essilio,
+ma solamente il trapassar del segno.
+
+Quindi onde mosse tua donna Virgilio,
+quattromilia trecento e due volumi
+di sol desiderai questo concilio;
+
+e vidi lui tornare a tutt’ i lumi
+de la sua strada novecento trenta
+fïate, mentre ch’ïo in terra fu’mi.
+
+La lingua ch’io parlai fu tutta spenta
+innanzi che a l’ovra inconsummabile
+fosse la gente di Nembròt attenta:
+
+ché nullo effetto mai razïonabile,
+per lo piacere uman che rinovella
+seguendo il cielo, sempre fu durabile.
+
+Opera naturale è ch’uom favella;
+ma così o così, natura lascia
+poi fare a voi secondo che v’abbella.
+
+Pria ch’i’ scendessi a l’infernale ambascia,
+I s’appellava in terra il sommo bene
+onde vien la letizia che mi fascia;
+
+e El si chiamò poi: e ciò convene,
+ché l’uso d’i mortali è come fronda
+in ramo, che sen va e altra vene.
+
+Nel monte che si leva più da l’onda,
+fu’ io, con vita pura e disonesta,
+da la prim’ ora a quella che seconda,
+
+come ’l sol muta quadra, l’ora sesta».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXVII
+
+
+‘Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo’,
+cominciò, ‘gloria!’, tutto ’l paradiso,
+sì che m’inebrïava il dolce canto.
+
+Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso
+de l’universo; per che mia ebbrezza
+intrava per l’udire e per lo viso.
+
+Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!
+oh vita intègra d’amore e di pace!
+oh sanza brama sicura ricchezza!
+
+Dinanzi a li occhi miei le quattro face
+stavano accese, e quella che pria venne
+incominciò a farsi più vivace,
+
+e tal ne la sembianza sua divenne,
+qual diverrebbe Iove, s’elli e Marte
+fossero augelli e cambiassersi penne.
+
+La provedenza, che quivi comparte
+vice e officio, nel beato coro
+silenzio posto avea da ogne parte,
+
+quand’ ïo udi’: «Se io mi trascoloro,
+non ti maravigliar, ché, dicend’ io,
+vedrai trascolorar tutti costoro.
+
+Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio,
+il luogo mio, il luogo mio, che vaca
+ne la presenza del Figliuol di Dio,
+
+fatt’ ha del cimitero mio cloaca
+del sangue e de la puzza; onde ’l perverso
+che cadde di qua sù, là giù si placa».
+
+Di quel color che per lo sole avverso
+nube dipigne da sera e da mane,
+vid’ ïo allora tutto ’l ciel cosperso.
+
+E come donna onesta che permane
+di sé sicura, e per l’altrui fallanza,
+pur ascoltando, timida si fane,
+
+così Beatrice trasmutò sembianza;
+e tale eclissi credo che ’n ciel fue
+quando patì la supprema possanza.
+
+Poi procedetter le parole sue
+con voce tanto da sé trasmutata,
+che la sembianza non si mutò piùe:
+
+«Non fu la sposa di Cristo allevata
+del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,
+per essere ad acquisto d’oro usata;
+
+ma per acquisto d’esto viver lieto
+e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano
+sparser lo sangue dopo molto fleto.
+
+Non fu nostra intenzion ch’a destra mano
+d’i nostri successor parte sedesse,
+parte da l’altra del popol cristiano;
+
+né che le chiavi che mi fuor concesse,
+divenisser signaculo in vessillo
+che contra battezzati combattesse;
+
+né ch’io fossi figura di sigillo
+a privilegi venduti e mendaci,
+ond’ io sovente arrosso e disfavillo.
+
+In vesta di pastor lupi rapaci
+si veggion di qua sù per tutti i paschi:
+o difesa di Dio, perché pur giaci?
+
+Del sangue nostro Caorsini e Guaschi
+s’apparecchian di bere: o buon principio,
+a che vil fine convien che tu caschi!
+
+Ma l’alta provedenza, che con Scipio
+difese a Roma la gloria del mondo,
+soccorrà tosto, sì com’ io concipio;
+
+e tu, figliuol, che per lo mortal pondo
+ancor giù tornerai, apri la bocca,
+e non asconder quel ch’io non ascondo».
+
+Sì come di vapor gelati fiocca
+in giuso l’aere nostro, quando ’l corno
+de la capra del ciel col sol si tocca,
+
+in sù vid’ io così l’etera addorno
+farsi e fioccar di vapor trïunfanti
+che fatto avien con noi quivi soggiorno.
+
+Lo viso mio seguiva i suoi sembianti,
+e seguì fin che ’l mezzo, per lo molto,
+li tolse il trapassar del più avanti.
+
+Onde la donna, che mi vide assolto
+de l’attendere in sù, mi disse: «Adima
+il viso e guarda come tu se’ vòlto».
+
+Da l’ora ch’ïo avea guardato prima
+i’ vidi mosso me per tutto l’arco
+che fa dal mezzo al fine il primo clima;
+
+sì ch’io vedea di là da Gade il varco
+folle d’Ulisse, e di qua presso il lito
+nel qual si fece Europa dolce carco.
+
+E più mi fora discoverto il sito
+di questa aiuola; ma ’l sol procedea
+sotto i mie’ piedi un segno e più partito.
+
+La mente innamorata, che donnea
+con la mia donna sempre, di ridure
+ad essa li occhi più che mai ardea;
+
+e se natura o arte fé pasture
+da pigliare occhi, per aver la mente,
+in carne umana o ne le sue pitture,
+
+tutte adunate, parrebber nïente
+ver’ lo piacer divin che mi refulse,
+quando mi volsi al suo viso ridente.
+
+E la virtù che lo sguardo m’indulse,
+del bel nido di Leda mi divelse,
+e nel ciel velocissimo m’impulse.
+
+Le parti sue vivissime ed eccelse
+sì uniforme son, ch’i’ non so dire
+qual Bëatrice per loco mi scelse.
+
+Ma ella, che vedëa ’l mio disire,
+incominciò, ridendo tanto lieta,
+che Dio parea nel suo volto gioire:
+
+«La natura del mondo, che quïeta
+il mezzo e tutto l’altro intorno move,
+quinci comincia come da sua meta;
+
+e questo cielo non ha altro dove
+che la mente divina, in che s’accende
+l’amor che ’l volge e la virtù ch’ei piove.
+
+Luce e amor d’un cerchio lui comprende,
+sì come questo li altri; e quel precinto
+colui che ’l cinge solamente intende.
+
+Non è suo moto per altro distinto,
+ma li altri son mensurati da questo,
+sì come diece da mezzo e da quinto;
+
+e come il tempo tegna in cotal testo
+le sue radici e ne li altri le fronde,
+omai a te può esser manifesto.
+
+Oh cupidigia che i mortali affonde
+sì sotto te, che nessuno ha podere
+di trarre li occhi fuor de le tue onde!
+
+Ben fiorisce ne li uomini il volere;
+ma la pioggia continüa converte
+in bozzacchioni le sosine vere.
+
+Fede e innocenza son reperte
+solo ne’ parvoletti; poi ciascuna
+pria fugge che le guance sian coperte.
+
+Tale, balbuzïendo ancor, digiuna,
+che poi divora, con la lingua sciolta,
+qualunque cibo per qualunque luna;
+
+e tal, balbuzïendo, ama e ascolta
+la madre sua, che, con loquela intera,
+disïa poi di vederla sepolta.
+
+Così si fa la pelle bianca nera
+nel primo aspetto de la bella figlia
+di quel ch’apporta mane e lascia sera.
+
+Tu, perché non ti facci maraviglia,
+pensa che ’n terra non è chi governi;
+onde sì svïa l’umana famiglia.
+
+Ma prima che gennaio tutto si sverni
+per la centesma ch’è là giù negletta,
+raggeran sì questi cerchi superni,
+
+che la fortuna che tanto s’aspetta,
+le poppe volgerà u’ son le prore,
+sì che la classe correrà diretta;
+
+e vero frutto verrà dopo ’l fiore».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXVIII
+
+
+Poscia che ’ncontro a la vita presente
+d’i miseri mortali aperse ’l vero
+quella che ’mparadisa la mia mente,
+
+come in lo specchio fiamma di doppiero
+vede colui che se n’alluma retro,
+prima che l’abbia in vista o in pensiero,
+
+e sé rivolge per veder se ’l vetro
+li dice il vero, e vede ch’el s’accorda
+con esso come nota con suo metro;
+
+così la mia memoria si ricorda
+ch’io feci riguardando ne’ belli occhi
+onde a pigliarmi fece Amor la corda.
+
+E com’ io mi rivolsi e furon tocchi
+li miei da ciò che pare in quel volume,
+quandunque nel suo giro ben s’adocchi,
+
+un punto vidi che raggiava lume
+acuto sì, che ’l viso ch’elli affoca
+chiuder conviensi per lo forte acume;
+
+e quale stella par quinci più poca,
+parrebbe luna, locata con esso
+come stella con stella si collòca.
+
+Forse cotanto quanto pare appresso
+alo cigner la luce che ’l dipigne
+quando ’l vapor che ’l porta più è spesso,
+
+distante intorno al punto un cerchio d’igne
+si girava sì ratto, ch’avria vinto
+quel moto che più tosto il mondo cigne;
+
+e questo era d’un altro circumcinto,
+e quel dal terzo, e ’l terzo poi dal quarto,
+dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinto.
+
+Sopra seguiva il settimo sì sparto
+già di larghezza, che ’l messo di Iuno
+intero a contenerlo sarebbe arto.
+
+Così l’ottavo e ’l nono; e chiascheduno
+più tardo si movea, secondo ch’era
+in numero distante più da l’uno;
+
+e quello avea la fiamma più sincera
+cui men distava la favilla pura,
+credo, però che più di lei s’invera.
+
+La donna mia, che mi vedëa in cura
+forte sospeso, disse: «Da quel punto
+depende il cielo e tutta la natura.
+
+Mira quel cerchio che più li è congiunto;
+e sappi che ’l suo muovere è sì tosto
+per l’affocato amore ond’ elli è punto».
+
+E io a lei: «Se ’l mondo fosse posto
+con l’ordine ch’io veggio in quelle rote,
+sazio m’avrebbe ciò che m’è proposto;
+
+ma nel mondo sensibile si puote
+veder le volte tanto più divine,
+quant’ elle son dal centro più remote.
+
+Onde, se ’l mio disir dee aver fine
+in questo miro e angelico templo
+che solo amore e luce ha per confine,
+
+udir convienmi ancor come l’essemplo
+e l’essemplare non vanno d’un modo,
+ché io per me indarno a ciò contemplo».
+
+«Se li tuoi diti non sono a tal nodo
+sufficïenti, non è maraviglia:
+tanto, per non tentare, è fatto sodo!».
+
+Così la donna mia; poi disse: «Piglia
+quel ch’io ti dicerò, se vuo’ saziarti;
+e intorno da esso t’assottiglia.
+
+Li cerchi corporai sono ampi e arti
+secondo il più e ’l men de la virtute
+che si distende per tutte lor parti.
+
+Maggior bontà vuol far maggior salute;
+maggior salute maggior corpo cape,
+s’elli ha le parti igualmente compiute.
+
+Dunque costui che tutto quanto rape
+l’altro universo seco, corrisponde
+al cerchio che più ama e che più sape:
+
+per che, se tu a la virtù circonde
+la tua misura, non a la parvenza
+de le sustanze che t’appaion tonde,
+
+tu vederai mirabil consequenza
+di maggio a più e di minore a meno,
+in ciascun cielo, a süa intelligenza».
+
+Come rimane splendido e sereno
+l’emisperio de l’aere, quando soffia
+Borea da quella guancia ond’ è più leno,
+
+per che si purga e risolve la roffia
+che pria turbava, sì che ’l ciel ne ride
+con le bellezze d’ogne sua paroffia;
+
+così fec’ïo, poi che mi provide
+la donna mia del suo risponder chiaro,
+e come stella in cielo il ver si vide.
+
+E poi che le parole sue restaro,
+non altrimenti ferro disfavilla
+che bolle, come i cerchi sfavillaro.
+
+L’incendio suo seguiva ogne scintilla;
+ed eran tante, che ’l numero loro
+più che ’l doppiar de li scacchi s’inmilla.
+
+Io sentiva osannar di coro in coro
+al punto fisso che li tiene a li ubi,
+e terrà sempre, ne’ quai sempre fuoro.
+
+E quella che vedëa i pensier dubi
+ne la mia mente, disse: «I cerchi primi
+t’hanno mostrato Serafi e Cherubi.
+
+Così veloci seguono i suoi vimi,
+per somigliarsi al punto quanto ponno;
+e posson quanto a veder son soblimi.
+
+Quelli altri amori che ’ntorno li vonno,
+si chiaman Troni del divino aspetto,
+per che ’l primo ternaro terminonno;
+
+e dei saper che tutti hanno diletto
+quanto la sua veduta si profonda
+nel vero in che si queta ogne intelletto.
+
+Quinci si può veder come si fonda
+l’esser beato ne l’atto che vede,
+non in quel ch’ama, che poscia seconda;
+
+e del vedere è misura mercede,
+che grazia partorisce e buona voglia:
+così di grado in grado si procede.
+
+L’altro ternaro, che così germoglia
+in questa primavera sempiterna
+che notturno Arïete non dispoglia,
+
+perpetüalemente ‘Osanna’ sberna
+con tre melode, che suonano in tree
+ordini di letizia onde s’interna.
+
+In essa gerarcia son l’altre dee:
+prima Dominazioni, e poi Virtudi;
+l’ordine terzo di Podestadi èe.
+
+Poscia ne’ due penultimi tripudi
+Principati e Arcangeli si girano;
+l’ultimo è tutto d’Angelici ludi.
+
+Questi ordini di sù tutti s’ammirano,
+e di giù vincon sì, che verso Dio
+tutti tirati sono e tutti tirano.
+
+E Dïonisio con tanto disio
+a contemplar questi ordini si mise,
+che li nomò e distinse com’ io.
+
+Ma Gregorio da lui poi si divise;
+onde, sì tosto come li occhi aperse
+in questo ciel, di sé medesmo rise.
+
+E se tanto secreto ver proferse
+mortale in terra, non voglio ch’ammiri:
+ché chi ’l vide qua sù gliel discoperse
+
+con altro assai del ver di questi giri».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXIX
+
+
+Quando ambedue li figli di Latona,
+coperti del Montone e de la Libra,
+fanno de l’orizzonte insieme zona,
+
+quant’ è dal punto che ’l cenìt inlibra
+infin che l’uno e l’altro da quel cinto,
+cambiando l’emisperio, si dilibra,
+
+tanto, col volto di riso dipinto,
+si tacque Bëatrice, riguardando
+fiso nel punto che m’avëa vinto.
+
+Poi cominciò: «Io dico, e non dimando,
+quel che tu vuoli udir, perch’ io l’ho visto
+là ’ve s’appunta ogne ubi e ogne quando.
+
+Non per aver a sé di bene acquisto,
+ch’esser non può, ma perché suo splendore
+potesse, risplendendo, dir “Subsisto”,
+
+in sua etternità di tempo fore,
+fuor d’ogne altro comprender, come i piacque,
+s’aperse in nuovi amor l’etterno amore.
+
+Né prima quasi torpente si giacque;
+ché né prima né poscia procedette
+lo discorrer di Dio sovra quest’ acque.
+
+Forma e materia, congiunte e purette,
+usciro ad esser che non avia fallo,
+come d’arco tricordo tre saette.
+
+E come in vetro, in ambra o in cristallo
+raggio resplende sì, che dal venire
+a l’esser tutto non è intervallo,
+
+così ’l triforme effetto del suo sire
+ne l’esser suo raggiò insieme tutto
+sanza distinzïone in essordire.
+
+Concreato fu ordine e costrutto
+a le sustanze; e quelle furon cima
+nel mondo in che puro atto fu produtto;
+
+pura potenza tenne la parte ima;
+nel mezzo strinse potenza con atto
+tal vime, che già mai non si divima.
+
+Ieronimo vi scrisse lungo tratto
+di secoli de li angeli creati
+anzi che l’altro mondo fosse fatto;
+
+ma questo vero è scritto in molti lati
+da li scrittor de lo Spirito Santo,
+e tu te n’avvedrai se bene agguati;
+
+e anche la ragione il vede alquanto,
+che non concederebbe che ’ motori
+sanza sua perfezion fosser cotanto.
+
+Or sai tu dove e quando questi amori
+furon creati e come: sì che spenti
+nel tuo disïo già son tre ardori.
+
+Né giugneriesi, numerando, al venti
+sì tosto, come de li angeli parte
+turbò il suggetto d’i vostri alimenti.
+
+L’altra rimase, e cominciò quest’ arte
+che tu discerni, con tanto diletto,
+che mai da circüir non si diparte.
+
+Principio del cader fu il maladetto
+superbir di colui che tu vedesti
+da tutti i pesi del mondo costretto.
+
+Quelli che vedi qui furon modesti
+a riconoscer sé da la bontate
+che li avea fatti a tanto intender presti:
+
+per che le viste lor furo essaltate
+con grazia illuminante e con lor merto,
+si c’hanno ferma e piena volontate;
+
+e non voglio che dubbi, ma sia certo,
+che ricever la grazia è meritorio
+secondo che l’affetto l’è aperto.
+
+Omai dintorno a questo consistorio
+puoi contemplare assai, se le parole
+mie son ricolte, sanz’ altro aiutorio.
+
+Ma perché ’n terra per le vostre scole
+si legge che l’angelica natura
+è tal, che ’ntende e si ricorda e vole,
+
+ancor dirò, perché tu veggi pura
+la verità che là giù si confonde,
+equivocando in sì fatta lettura.
+
+Queste sustanze, poi che fur gioconde
+de la faccia di Dio, non volser viso
+da essa, da cui nulla si nasconde:
+
+però non hanno vedere interciso
+da novo obietto, e però non bisogna
+rememorar per concetto diviso;
+
+sì che là giù, non dormendo, si sogna,
+credendo e non credendo dicer vero;
+ma ne l’uno è più colpa e più vergogna.
+
+Voi non andate giù per un sentiero
+filosofando: tanto vi trasporta
+l’amor de l’apparenza e ’l suo pensiero!
+
+E ancor questo qua sù si comporta
+con men disdegno che quando è posposta
+la divina Scrittura o quando è torta.
+
+Non vi si pensa quanto sangue costa
+seminarla nel mondo e quanto piace
+chi umilmente con essa s’accosta.
+
+Per apparer ciascun s’ingegna e face
+sue invenzioni; e quelle son trascorse
+da’ predicanti e ’l Vangelio si tace.
+
+Un dice che la luna si ritorse
+ne la passion di Cristo e s’interpuose,
+per che ’l lume del sol giù non si porse;
+
+e mente, ché la luce si nascose
+da sé: però a li Spani e a l’Indi
+come a’ Giudei tale eclissi rispuose.
+
+Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindi
+quante sì fatte favole per anno
+in pergamo si gridan quinci e quindi:
+
+sì che le pecorelle, che non sanno,
+tornan del pasco pasciute di vento,
+e non le scusa non veder lo danno.
+
+Non disse Cristo al suo primo convento:
+‘Andate, e predicate al mondo ciance’;
+ma diede lor verace fondamento;
+
+e quel tanto sonò ne le sue guance,
+sì ch’a pugnar per accender la fede
+de l’Evangelio fero scudo e lance.
+
+Ora si va con motti e con iscede
+a predicare, e pur che ben si rida,
+gonfia il cappuccio e più non si richiede.
+
+Ma tale uccel nel becchetto s’annida,
+che se ’l vulgo il vedesse, vederebbe
+la perdonanza di ch’el si confida:
+
+per cui tanta stoltezza in terra crebbe,
+che, sanza prova d’alcun testimonio,
+ad ogne promession si correrebbe.
+
+Di questo ingrassa il porco sant’ Antonio,
+e altri assai che sono ancor più porci,
+pagando di moneta sanza conio.
+
+Ma perché siam digressi assai, ritorci
+li occhi oramai verso la dritta strada,
+sì che la via col tempo si raccorci.
+
+Questa natura sì oltre s’ingrada
+in numero, che mai non fu loquela
+né concetto mortal che tanto vada;
+
+e se tu guardi quel che si revela
+per Danïel, vedrai che ’n sue migliaia
+determinato numero si cela.
+
+La prima luce, che tutta la raia,
+per tanti modi in essa si recepe,
+quanti son li splendori a chi s’appaia.
+
+Onde, però che a l’atto che concepe
+segue l’affetto, d’amar la dolcezza
+diversamente in essa ferve e tepe.
+
+Vedi l’eccelso omai e la larghezza
+de l’etterno valor, poscia che tanti
+speculi fatti s’ha in che si spezza,
+
+uno manendo in sé come davanti».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXX
+
+
+Forse semilia miglia di lontano
+ci ferve l’ora sesta, e questo mondo
+china già l’ombra quasi al letto piano,
+
+quando ’l mezzo del cielo, a noi profondo,
+comincia a farsi tal, ch’alcuna stella
+perde il parere infino a questo fondo;
+
+e come vien la chiarissima ancella
+del sol più oltre, così ’l ciel si chiude
+di vista in vista infino a la più bella.
+
+Non altrimenti il trïunfo che lude
+sempre dintorno al punto che mi vinse,
+parendo inchiuso da quel ch’elli ’nchiude,
+
+a poco a poco al mio veder si stinse:
+per che tornar con li occhi a Bëatrice
+nulla vedere e amor mi costrinse.
+
+Se quanto infino a qui di lei si dice
+fosse conchiuso tutto in una loda,
+poca sarebbe a fornir questa vice.
+
+La bellezza ch’io vidi si trasmoda
+non pur di là da noi, ma certo io credo
+che solo il suo fattor tutta la goda.
+
+Da questo passo vinto mi concedo
+più che già mai da punto di suo tema
+soprato fosse comico o tragedo:
+
+ché, come sole in viso che più trema,
+così lo rimembrar del dolce riso
+la mente mia da me medesmo scema.
+
+Dal primo giorno ch’i’ vidi il suo viso
+in questa vita, infino a questa vista,
+non m’è il seguire al mio cantar preciso;
+
+ma or convien che mio seguir desista
+più dietro a sua bellezza, poetando,
+come a l’ultimo suo ciascuno artista.
+
+Cotal qual io lascio a maggior bando
+che quel de la mia tuba, che deduce
+l’ardüa sua matera terminando,
+
+con atto e voce di spedito duce
+ricominciò: «Noi siamo usciti fore
+del maggior corpo al ciel ch’è pura luce:
+
+luce intellettüal, piena d’amore;
+amor di vero ben, pien di letizia;
+letizia che trascende ogne dolzore.
+
+Qui vederai l’una e l’altra milizia
+di paradiso, e l’una in quelli aspetti
+che tu vedrai a l’ultima giustizia».
+
+Come sùbito lampo che discetti
+li spiriti visivi, sì che priva
+da l’atto l’occhio di più forti obietti,
+
+così mi circunfulse luce viva,
+e lasciommi fasciato di tal velo
+del suo fulgor, che nulla m’appariva.
+
+«Sempre l’amor che queta questo cielo
+accoglie in sé con sì fatta salute,
+per far disposto a sua fiamma il candelo».
+
+Non fur più tosto dentro a me venute
+queste parole brievi, ch’io compresi
+me sormontar di sopr’ a mia virtute;
+
+e di novella vista mi raccesi
+tale, che nulla luce è tanto mera,
+che li occhi miei non si fosser difesi;
+
+e vidi lume in forma di rivera
+fulvido di fulgore, intra due rive
+dipinte di mirabil primavera.
+
+Di tal fiumana uscian faville vive,
+e d’ogne parte si mettien ne’ fiori,
+quasi rubin che oro circunscrive;
+
+poi, come inebrïate da li odori,
+riprofondavan sé nel miro gurge,
+e s’una intrava, un’altra n’uscia fori.
+
+«L’alto disio che mo t’infiamma e urge,
+d’aver notizia di ciò che tu vei,
+tanto mi piace più quanto più turge;
+
+ma di quest’ acqua convien che tu bei
+prima che tanta sete in te si sazi»:
+così mi disse il sol de li occhi miei.
+
+Anche soggiunse: «Il fiume e li topazi
+ch’entrano ed escono e ’l rider de l’erbe
+son di lor vero umbriferi prefazi.
+
+Non che da sé sian queste cose acerbe;
+ma è difetto da la parte tua,
+che non hai viste ancor tanto superbe».
+
+Non è fantin che sì sùbito rua
+col volto verso il latte, se si svegli
+molto tardato da l’usanza sua,
+
+come fec’ io, per far migliori spegli
+ancor de li occhi, chinandomi a l’onda
+che si deriva perché vi s’immegli;
+
+e sì come di lei bevve la gronda
+de le palpebre mie, così mi parve
+di sua lunghezza divenuta tonda.
+
+Poi, come gente stata sotto larve,
+che pare altro che prima, se si sveste
+la sembianza non süa in che disparve,
+
+così mi si cambiaro in maggior feste
+li fiori e le faville, sì ch’io vidi
+ambo le corti del ciel manifeste.
+
+O isplendor di Dio, per cu’ io vidi
+l’alto trïunfo del regno verace,
+dammi virtù a dir com’ ïo il vidi!
+
+Lume è là sù che visibile face
+lo creatore a quella creatura
+che solo in lui vedere ha la sua pace.
+
+E’ si distende in circular figura,
+in tanto che la sua circunferenza
+sarebbe al sol troppo larga cintura.
+
+Fassi di raggio tutta sua parvenza
+reflesso al sommo del mobile primo,
+che prende quindi vivere e potenza.
+
+E come clivo in acqua di suo imo
+si specchia, quasi per vedersi addorno,
+quando è nel verde e ne’ fioretti opimo,
+
+sì, soprastando al lume intorno intorno,
+vidi specchiarsi in più di mille soglie
+quanto di noi là sù fatto ha ritorno.
+
+E se l’infimo grado in sé raccoglie
+sì grande lume, quanta è la larghezza
+di questa rosa ne l’estreme foglie!
+
+La vista mia ne l’ampio e ne l’altezza
+non si smarriva, ma tutto prendeva
+il quanto e ’l quale di quella allegrezza.
+
+Presso e lontano, lì, né pon né leva:
+ché dove Dio sanza mezzo governa,
+la legge natural nulla rileva.
+
+Nel giallo de la rosa sempiterna,
+che si digrada e dilata e redole
+odor di lode al sol che sempre verna,
+
+qual è colui che tace e dicer vole,
+mi trasse Bëatrice, e disse: «Mira
+quanto è ’l convento de le bianche stole!
+
+Vedi nostra città quant’ ella gira;
+vedi li nostri scanni sì ripieni,
+che poca gente più ci si disira.
+
+E ’n quel gran seggio a che tu li occhi tieni
+per la corona che già v’è sù posta,
+prima che tu a queste nozze ceni,
+
+sederà l’alma, che fia giù agosta,
+de l’alto Arrigo, ch’a drizzare Italia
+verrà in prima ch’ella sia disposta.
+
+La cieca cupidigia che v’ammalia
+simili fatti v’ha al fantolino
+che muor per fame e caccia via la balia.
+
+E fia prefetto nel foro divino
+allora tal, che palese e coverto
+non anderà con lui per un cammino.
+
+Ma poco poi sarà da Dio sofferto
+nel santo officio; ch’el sarà detruso
+là dove Simon mago è per suo merto,
+
+e farà quel d’Alagna intrar più giuso».
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXXI
+
+
+In forma dunque di candida rosa
+mi si mostrava la milizia santa
+che nel suo sangue Cristo fece sposa;
+
+ma l’altra, che volando vede e canta
+la gloria di colui che la ’nnamora
+e la bontà che la fece cotanta,
+
+sì come schiera d’ape che s’infiora
+una fïata e una si ritorna
+là dove suo laboro s’insapora,
+
+nel gran fior discendeva che s’addorna
+di tante foglie, e quindi risaliva
+là dove ’l süo amor sempre soggiorna.
+
+Le facce tutte avean di fiamma viva
+e l’ali d’oro, e l’altro tanto bianco,
+che nulla neve a quel termine arriva.
+
+Quando scendean nel fior, di banco in banco
+porgevan de la pace e de l’ardore
+ch’elli acquistavan ventilando il fianco.
+
+Né l’interporsi tra ’l disopra e ’l fiore
+di tanta moltitudine volante
+impediva la vista e lo splendore:
+
+ché la luce divina è penetrante
+per l’universo secondo ch’è degno,
+sì che nulla le puote essere ostante.
+
+Questo sicuro e gaudïoso regno,
+frequente in gente antica e in novella,
+viso e amore avea tutto ad un segno.
+
+O trina luce che ’n unica stella
+scintillando a lor vista, sì li appaga!
+guarda qua giuso a la nostra procella!
+
+Se i barbari, venendo da tal plaga
+che ciascun giorno d’Elice si cuopra,
+rotante col suo figlio ond’ ella è vaga,
+
+veggendo Roma e l’ardüa sua opra,
+stupefaciensi, quando Laterano
+a le cose mortali andò di sopra;
+
+ïo, che al divino da l’umano,
+a l’etterno dal tempo era venuto,
+e di Fiorenza in popol giusto e sano,
+
+di che stupor dovea esser compiuto!
+Certo tra esso e ’l gaudio mi facea
+libito non udire e starmi muto.
+
+E quasi peregrin che si ricrea
+nel tempio del suo voto riguardando,
+e spera già ridir com’ ello stea,
+
+su per la viva luce passeggiando,
+menava ïo li occhi per li gradi,
+mo sù, mo giù e mo recirculando.
+
+Vedëa visi a carità süadi,
+d’altrui lume fregiati e di suo riso,
+e atti ornati di tutte onestadi.
+
+La forma general di paradiso
+già tutta mïo sguardo avea compresa,
+in nulla parte ancor fermato fiso;
+
+e volgeami con voglia rïaccesa
+per domandar la mia donna di cose
+di che la mente mia era sospesa.
+
+Uno intendëa, e altro mi rispuose:
+credea veder Beatrice e vidi un sene
+vestito con le genti glorïose.
+
+Diffuso era per li occhi e per le gene
+di benigna letizia, in atto pio
+quale a tenero padre si convene.
+
+E «Ov’ è ella?», sùbito diss’ io.
+Ond’ elli: «A terminar lo tuo disiro
+mosse Beatrice me del loco mio;
+
+e se riguardi sù nel terzo giro
+dal sommo grado, tu la rivedrai
+nel trono che suoi merti le sortiro».
+
+Sanza risponder, li occhi sù levai,
+e vidi lei che si facea corona
+reflettendo da sé li etterni rai.
+
+Da quella regïon che più sù tona
+occhio mortale alcun tanto non dista,
+qualunque in mare più giù s’abbandona,
+
+quanto lì da Beatrice la mia vista;
+ma nulla mi facea, ché süa effige
+non discendëa a me per mezzo mista.
+
+«O donna in cui la mia speranza vige,
+e che soffristi per la mia salute
+in inferno lasciar le tue vestige,
+
+di tante cose quant’ i’ ho vedute,
+dal tuo podere e da la tua bontate
+riconosco la grazia e la virtute.
+
+Tu m’hai di servo tratto a libertate
+per tutte quelle vie, per tutt’ i modi
+che di ciò fare avei la potestate.
+
+La tua magnificenza in me custodi,
+sì che l’anima mia, che fatt’ hai sana,
+piacente a te dal corpo si disnodi».
+
+Così orai; e quella, sì lontana
+come parea, sorrise e riguardommi;
+poi si tornò a l’etterna fontana.
+
+E ’l santo sene: «Acciò che tu assommi
+perfettamente», disse, «il tuo cammino,
+a che priego e amor santo mandommi,
+
+vola con li occhi per questo giardino;
+ché veder lui t’acconcerà lo sguardo
+più al montar per lo raggio divino.
+
+E la regina del cielo, ond’ ïo ardo
+tutto d’amor, ne farà ogne grazia,
+però ch’i’ sono il suo fedel Bernardo».
+
+Qual è colui che forse di Croazia
+viene a veder la Veronica nostra,
+che per l’antica fame non sen sazia,
+
+ma dice nel pensier, fin che si mostra:
+‘Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace,
+or fu sì fatta la sembianza vostra?’;
+
+tal era io mirando la vivace
+carità di colui che ’n questo mondo,
+contemplando, gustò di quella pace.
+
+«Figliuol di grazia, quest’ esser giocondo»,
+cominciò elli, «non ti sarà noto,
+tenendo li occhi pur qua giù al fondo;
+
+ma guarda i cerchi infino al più remoto,
+tanto che veggi seder la regina
+cui questo regno è suddito e devoto».
+
+Io levai li occhi; e come da mattina
+la parte orïental de l’orizzonte
+soverchia quella dove ’l sol declina,
+
+così, quasi di valle andando a monte
+con li occhi, vidi parte ne lo stremo
+vincer di lume tutta l’altra fronte.
+
+E come quivi ove s’aspetta il temo
+che mal guidò Fetonte, più s’infiamma,
+e quinci e quindi il lume si fa scemo,
+
+così quella pacifica oriafiamma
+nel mezzo s’avvivava, e d’ogne parte
+per igual modo allentava la fiamma;
+
+e a quel mezzo, con le penne sparte,
+vid’ io più di mille angeli festanti,
+ciascun distinto di fulgore e d’arte.
+
+Vidi a lor giochi quivi e a lor canti
+ridere una bellezza, che letizia
+era ne li occhi a tutti li altri santi;
+
+e s’io avessi in dir tanta divizia
+quanta ad imaginar, non ardirei
+lo minimo tentar di sua delizia.
+
+Bernardo, come vide li occhi miei
+nel caldo suo caler fissi e attenti,
+li suoi con tanto affetto volse a lei,
+
+che ’ miei di rimirar fé più ardenti.
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXXII
+
+
+Affetto al suo piacer, quel contemplante
+libero officio di dottore assunse,
+e cominciò queste parole sante:
+
+«La piaga che Maria richiuse e unse,
+quella ch’è tanto bella da’ suoi piedi
+è colei che l’aperse e che la punse.
+
+Ne l’ordine che fanno i terzi sedi,
+siede Rachel di sotto da costei
+con Bëatrice, sì come tu vedi.
+
+Sarra e Rebecca, Iudìt e colei
+che fu bisava al cantor che per doglia
+del fallo disse ‘Miserere mei’,
+
+puoi tu veder così di soglia in soglia
+giù digradar, com’ io ch’a proprio nome
+vo per la rosa giù di foglia in foglia.
+
+E dal settimo grado in giù, sì come
+infino ad esso, succedono Ebree,
+dirimendo del fior tutte le chiome;
+
+perché, secondo lo sguardo che fée
+la fede in Cristo, queste sono il muro
+a che si parton le sacre scalee.
+
+Da questa parte onde ’l fiore è maturo
+di tutte le sue foglie, sono assisi
+quei che credettero in Cristo venturo;
+
+da l’altra parte onde sono intercisi
+di vòti i semicirculi, si stanno
+quei ch’a Cristo venuto ebber li visi.
+
+E come quinci il glorïoso scanno
+de la donna del cielo e li altri scanni
+di sotto lui cotanta cerna fanno,
+
+così di contra quel del gran Giovanni,
+che sempre santo ’l diserto e ’l martiro
+sofferse, e poi l’inferno da due anni;
+
+e sotto lui così cerner sortiro
+Francesco, Benedetto e Augustino
+e altri fin qua giù di giro in giro.
+
+Or mira l’alto proveder divino:
+ché l’uno e l’altro aspetto de la fede
+igualmente empierà questo giardino.
+
+E sappi che dal grado in giù che fiede
+a mezzo il tratto le due discrezioni,
+per nullo proprio merito si siede,
+
+ma per l’altrui, con certe condizioni:
+ché tutti questi son spiriti ascolti
+prima ch’avesser vere elezïoni.
+
+Ben te ne puoi accorger per li volti
+e anche per le voci püerili,
+se tu li guardi bene e se li ascolti.
+
+Or dubbi tu e dubitando sili;
+ma io discioglierò ’l forte legame
+in che ti stringon li pensier sottili.
+
+Dentro a l’ampiezza di questo reame
+casüal punto non puote aver sito,
+se non come tristizia o sete o fame:
+
+ché per etterna legge è stabilito
+quantunque vedi, sì che giustamente
+ci si risponde da l’anello al dito;
+
+e però questa festinata gente
+a vera vita non è sine causa
+intra sé qui più e meno eccellente.
+
+Lo rege per cui questo regno pausa
+in tanto amore e in tanto diletto,
+che nulla volontà è di più ausa,
+
+le menti tutte nel suo lieto aspetto
+creando, a suo piacer di grazia dota
+diversamente; e qui basti l’effetto.
+
+E ciò espresso e chiaro vi si nota
+ne la Scrittura santa in quei gemelli
+che ne la madre ebber l’ira commota.
+
+Però, secondo il color d’i capelli,
+di cotal grazia l’altissimo lume
+degnamente convien che s’incappelli.
+
+Dunque, sanza mercé di lor costume,
+locati son per gradi differenti,
+sol differendo nel primiero acume.
+
+Bastavasi ne’ secoli recenti
+con l’innocenza, per aver salute,
+solamente la fede d’i parenti;
+
+poi che le prime etadi fuor compiute,
+convenne ai maschi a l’innocenti penne
+per circuncidere acquistar virtute;
+
+ma poi che ’l tempo de la grazia venne,
+sanza battesmo perfetto di Cristo
+tale innocenza là giù si ritenne.
+
+Riguarda omai ne la faccia che a Cristo
+più si somiglia, ché la sua chiarezza
+sola ti può disporre a veder Cristo».
+
+Io vidi sopra lei tanta allegrezza
+piover, portata ne le menti sante
+create a trasvolar per quella altezza,
+
+che quantunque io avea visto davante,
+di tanta ammirazion non mi sospese,
+né mi mostrò di Dio tanto sembiante;
+
+e quello amor che primo lì discese,
+cantando ‘Ave, Maria, gratïa plena’,
+dinanzi a lei le sue ali distese.
+
+Rispuose a la divina cantilena
+da tutte parti la beata corte,
+sì ch’ogne vista sen fé più serena.
+
+«O santo padre, che per me comporte
+l’esser qua giù, lasciando il dolce loco
+nel qual tu siedi per etterna sorte,
+
+qual è quell’ angel che con tanto gioco
+guarda ne li occhi la nostra regina,
+innamorato sì che par di foco?».
+
+Così ricorsi ancora a la dottrina
+di colui ch’abbelliva di Maria,
+come del sole stella mattutina.
+
+Ed elli a me: «Baldezza e leggiadria
+quant’ esser puote in angelo e in alma,
+tutta è in lui; e sì volem che sia,
+
+perch’ elli è quelli che portò la palma
+giuso a Maria, quando ’l Figliuol di Dio
+carcar si volse de la nostra salma.
+
+Ma vieni omai con li occhi sì com’ io
+andrò parlando, e nota i gran patrici
+di questo imperio giustissimo e pio.
+
+Quei due che seggon là sù più felici
+per esser propinquissimi ad Agusta,
+son d’esta rosa quasi due radici:
+
+colui che da sinistra le s’aggiusta
+è il padre per lo cui ardito gusto
+l’umana specie tanto amaro gusta;
+
+dal destro vedi quel padre vetusto
+di Santa Chiesa a cui Cristo le chiavi
+raccomandò di questo fior venusto.
+
+E quei che vide tutti i tempi gravi,
+pria che morisse, de la bella sposa
+che s’acquistò con la lancia e coi clavi,
+
+siede lungh’ esso, e lungo l’altro posa
+quel duca sotto cui visse di manna
+la gente ingrata, mobile e retrosa.
+
+Di contr’ a Pietro vedi sedere Anna,
+tanto contenta di mirar sua figlia,
+che non move occhio per cantare osanna;
+
+e contro al maggior padre di famiglia
+siede Lucia, che mosse la tua donna
+quando chinavi, a rovinar, le ciglia.
+
+Ma perché ’l tempo fugge che t’assonna,
+qui farem punto, come buon sartore
+che com’ elli ha del panno fa la gonna;
+
+e drizzeremo li occhi al primo amore,
+sì che, guardando verso lui, penètri
+quant’ è possibil per lo suo fulgore.
+
+Veramente, ne forse tu t’arretri
+movendo l’ali tue, credendo oltrarti,
+orando grazia conven che s’impetri
+
+grazia da quella che puote aiutarti;
+e tu mi seguirai con l’affezione,
+sì che dal dicer mio lo cor non parti».
+
+E cominciò questa santa orazione:
+
+
+
+
+Paradiso
+Canto XXXIII
+
+
+«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
+umile e alta più che creatura,
+termine fisso d’etterno consiglio,
+
+tu se’ colei che l’umana natura
+nobilitasti sì, che ’l suo fattore
+non disdegnò di farsi sua fattura.
+
+Nel ventre tuo si raccese l’amore,
+per lo cui caldo ne l’etterna pace
+così è germinato questo fiore.
+
+Qui se’ a noi meridïana face
+di caritate, e giuso, intra ’ mortali,
+se’ di speranza fontana vivace.
+
+Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
+che qual vuol grazia e a te non ricorre,
+sua disïanza vuol volar sanz’ ali.
+
+La tua benignità non pur soccorre
+a chi domanda, ma molte fïate
+liberamente al dimandar precorre.
+
+In te misericordia, in te pietate,
+in te magnificenza, in te s’aduna
+quantunque in creatura è di bontate.
+
+Or questi, che da l’infima lacuna
+de l’universo infin qui ha vedute
+le vite spiritali ad una ad una,
+
+supplica a te, per grazia, di virtute
+tanto, che possa con li occhi levarsi
+più alto verso l’ultima salute.
+
+E io, che mai per mio veder non arsi
+più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
+ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
+
+perché tu ogne nube li disleghi
+di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
+sì che ’l sommo piacer li si dispieghi.
+
+Ancor ti priego, regina, che puoi
+ciò che tu vuoli, che conservi sani,
+dopo tanto veder, li affetti suoi.
+
+Vinca tua guardia i movimenti umani:
+vedi Beatrice con quanti beati
+per li miei prieghi ti chiudon le mani!».
+
+Li occhi da Dio diletti e venerati,
+fissi ne l’orator, ne dimostraro
+quanto i devoti prieghi le son grati;
+
+indi a l’etterno lume s’addrizzaro,
+nel qual non si dee creder che s’invii
+per creatura l’occhio tanto chiaro.
+
+E io ch’al fine di tutt’ i disii
+appropinquava, sì com’ io dovea,
+l’ardor del desiderio in me finii.
+
+Bernardo m’accennava, e sorridea,
+perch’ io guardassi suso; ma io era
+già per me stesso tal qual ei volea:
+
+ché la mia vista, venendo sincera,
+e più e più intrava per lo raggio
+de l’alta luce che da sé è vera.
+
+Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
+che ’l parlar mostra, ch’a tal vista cede,
+e cede la memoria a tanto oltraggio.
+
+Qual è colüi che sognando vede,
+che dopo ’l sogno la passione impressa
+rimane, e l’altro a la mente non riede,
+
+cotal son io, ché quasi tutta cessa
+mia visïone, e ancor mi distilla
+nel core il dolce che nacque da essa.
+
+Così la neve al sol si disigilla;
+così al vento ne le foglie levi
+si perdea la sentenza di Sibilla.
+
+O somma luce che tanto ti levi
+da’ concetti mortali, a la mia mente
+ripresta un poco di quel che parevi,
+
+e fa la lingua mia tanto possente,
+ch’una favilla sol de la tua gloria
+possa lasciare a la futura gente;
+
+ché, per tornare alquanto a mia memoria
+e per sonare un poco in questi versi,
+più si conceperà di tua vittoria.
+
+Io credo, per l’acume ch’io soffersi
+del vivo raggio, ch’i’ sarei smarrito,
+se li occhi miei da lui fossero aversi.
+
+E’ mi ricorda ch’io fui più ardito
+per questo a sostener, tanto ch’i’ giunsi
+l’aspetto mio col valore infinito.
+
+Oh abbondante grazia ond’ io presunsi
+ficcar lo viso per la luce etterna,
+tanto che la veduta vi consunsi!
+
+Nel suo profondo vidi che s’interna,
+legato con amore in un volume,
+ciò che per l’universo si squaderna:
+
+sustanze e accidenti e lor costume
+quasi conflati insieme, per tal modo
+che ciò ch’i’ dico è un semplice lume.
+
+La forma universal di questo nodo
+credo ch’i’ vidi, perché più di largo,
+dicendo questo, mi sento ch’i’ godo.
+
+Un punto solo m’è maggior letargo
+che venticinque secoli a la ’mpresa
+che fé Nettuno ammirar l’ombra d’Argo.
+
+Così la mente mia, tutta sospesa,
+mirava fissa, immobile e attenta,
+e sempre di mirar faceasi accesa.
+
+A quella luce cotal si diventa,
+che volgersi da lei per altro aspetto
+è impossibil che mai si consenta;
+
+però che ’l ben, ch’è del volere obietto,
+tutto s’accoglie in lei, e fuor di quella
+è defettivo ciò ch’è lì perfetto.
+
+Omai sarà più corta mia favella,
+pur a quel ch’io ricordo, che d’un fante
+che bagni ancor la lingua a la mammella.
+
+Non perché più ch’un semplice sembiante
+fosse nel vivo lume ch’io mirava,
+che tal è sempre qual s’era davante;
+
+ma per la vista che s’avvalorava
+in me guardando, una sola parvenza,
+mutandom’ io, a me si travagliava.
+
+Ne la profonda e chiara sussistenza
+de l’alto lume parvermi tre giri
+di tre colori e d’una contenenza;
+
+e l’un da l’altro come iri da iri
+parea reflesso, e ’l terzo parea foco
+che quinci e quindi igualmente si spiri.
+
+Oh quanto è corto il dire e come fioco
+al mio concetto! e questo, a quel ch’i’ vidi,
+è tanto, che non basta a dicer ‘poco’.
+
+O luce etterna che sola in te sidi,
+sola t’intendi, e da te intelletta
+e intendente te ami e arridi!
+
+Quella circulazion che sì concetta
+pareva in te come lume reflesso,
+da li occhi miei alquanto circunspetta,
+
+dentro da sé, del suo colore stesso,
+mi parve pinta de la nostra effige:
+per che ’l mio viso in lei tutto era messo.
+
+Qual è ’l geomètra che tutto s’affige
+per misurar lo cerchio, e non ritrova,
+pensando, quel principio ond’ elli indige,
+
+tal era io a quella vista nova:
+veder voleva come si convenne
+l’imago al cerchio e come vi s’indova;
+
+ma non eran da ciò le proprie penne:
+se non che la mia mente fu percossa
+da un fulgore in che sua voglia venne.
+
+A l’alta fantasia qui mancò possa;
+ma già volgeva il mio disio e ’l velle,
+sì come rota ch’igualmente è mossa,
+
+l’amor che move il sole e l’altre stelle.
+
+
+
+
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+
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+
+Project Gutenberg-tm is synonymous with the free distribution of
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+computers including obsolete, old, middle-aged and new computers. It
+exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations
+from people in all walks of life.
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+Volunteers and financial support to provide volunteers with the
+assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg-tm's
+goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will
+remain freely available for generations to come. In 2001, the Project
+Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure
+and permanent future for Project Gutenberg-tm and future
+generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary
+Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see
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+Archive Foundation
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+and official page at www.gutenberg.org/contact
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+Professor Michael S. Hart was the originator of the Project
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+edition.
+
+Most people start at our website which has the main PG search
+facility: www.gutenberg.org
+
+This website includes information about Project Gutenberg-tm,
+including how to make donations to the Project Gutenberg Literary
+Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to
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+
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+<div style='text-align:center; font-size:1.2em; font-weight:bold;'>The Project Gutenberg eBook of La Divina Commedia di Dante: Paradiso, by Dante Alighieri</div>
+<div style='display:block; margin:1em 0'>
+This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and
+most other parts of the world at no cost and with almost no restrictions
+whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms
+of the Project Gutenberg License included with this eBook or online
+at <a href="https://www.gutenberg.org">www.gutenberg.org</a>. If you
+are not located in the United States, you will have to check the laws of the
+country where you are located before using this eBook.
+</div>
+<div style='display:block; margin-top:1em; margin-bottom:1em; margin-left:2em; text-indent:-2em'>Title: La Divina Commedia di Dante<br />
+Paradiso</div>
+<div style='display:block; margin-top:1em; margin-bottom:1em; margin-left:2em; text-indent:-2em'>Author: Dante Alighieri</div>
+<div style='display:block;margin:1em 0'>Release Date: August, 1997 [eBook #999]<br />
+[Most recently updated: April 25, 2021]</div>
+<div style='display:block;margin:1em 0'>Language: Italian</div>
+<div style='display:block;margin:1em 0'>Character set encoding: UTF-8</div>
+<div style='margin-top:2em;margin-bottom:4em'>*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK LA DIVINA COMMEDIA ***</div>
+
+<h1>LA DIVINA COMMEDIA</h1>
+
+<h2 class="no-break">di Dante Alighieri</h2>
+
+<h3>CANTICA III: PARADISO</h3>
+
+<hr />
+
+<h2>Contents</h2>
+
+<table summary="" style="">
+
+<tr>
+<td> <a href="#paradiso"><b>PARADISO</b></a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto68">Canto I. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto69">Canto II. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto70">Canto III. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto71">Canto IV. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto72">Canto V. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto73">Canto VI. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto74">Canto VII. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto75">Canto VIII. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto76">Canto IX. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto77">Canto X. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto78">Canto XI. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto79">Canto XII. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto80">Canto XIII. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto81">Canto XIV. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto82">Canto XV. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto83">Canto XVI. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto84">Canto XVII. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
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+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto86">Canto XIX. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto87">Canto XX. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto88">Canto XXI. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto89">Canto XXII. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto90">Canto XXIII. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto91">Canto XXIV. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto92">Canto XXV. </a></td>
+</tr>
+
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+
+<tr>
+<td> <a href="#canto94">Canto XXVII. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
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+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto96">Canto XXIX. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto97">Canto XXX. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto98">Canto XXXI. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto99">Canto XXXII. </a></td>
+</tr>
+
+<tr>
+<td> <a href="#canto100">Canto XXXIII. </a><br /><br /></td>
+</tr>
+
+</table>
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="paradiso"></a>PARADISO</h2>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto68"></a>
+Paradiso<br />
+Canto I
+</h2>
+
+<p>
+La gloria di colui che tutto move<br />
+per l&rsquo;universo penetra, e risplende<br />
+in una parte più e meno altrove.
+</p>
+
+<p>
+Nel ciel che più de la sua luce prende<br />
+fu&rsquo; io, e vidi cose che ridire<br />
+né sa né può chi di là sù discende;
+</p>
+
+<p>
+perché appressando sé al suo disire,<br />
+nostro intelletto si profonda tanto,<br />
+che dietro la memoria non può ire.
+</p>
+
+<p>
+Veramente quant&rsquo; io del regno santo<br />
+ne la mia mente potei far tesoro,<br />
+sarà ora materia del mio canto.
+</p>
+
+<p>
+O buono Appollo, a l&rsquo;ultimo lavoro<br />
+fammi del tuo valor sì fatto vaso,<br />
+come dimandi a dar l&rsquo;amato alloro.
+</p>
+
+<p>
+Infino a qui l&rsquo;un giogo di Parnaso<br />
+assai mi fu; ma or con amendue<br />
+m&rsquo;è uopo intrar ne l&rsquo;aringo rimaso.
+</p>
+
+<p>
+Entra nel petto mio, e spira tue<br />
+sì come quando Marsïa traesti<br />
+de la vagina de le membra sue.
+</p>
+
+<p>
+O divina virtù, se mi ti presti<br />
+tanto che l&rsquo;ombra del beato regno<br />
+segnata nel mio capo io manifesti,
+</p>
+
+<p>
+vedra&rsquo;mi al piè del tuo diletto legno<br />
+venire, e coronarmi de le foglie<br />
+che la materia e tu mi farai degno.
+</p>
+
+<p>
+Sì rade volte, padre, se ne coglie<br />
+per trïunfare o cesare o poeta,<br />
+colpa e vergogna de l&rsquo;umane voglie,
+</p>
+
+<p>
+che parturir letizia in su la lieta<br />
+delfica deïtà dovria la fronda<br />
+peneia, quando alcun di sé asseta.
+</p>
+
+<p>
+Poca favilla gran fiamma seconda:<br />
+forse di retro a me con miglior voci<br />
+si pregherà perché Cirra risponda.
+</p>
+
+<p>
+Surge ai mortali per diverse foci<br />
+la lucerna del mondo; ma da quella<br />
+che quattro cerchi giugne con tre croci,
+</p>
+
+<p>
+con miglior corso e con migliore stella<br />
+esce congiunta, e la mondana cera<br />
+più a suo modo tempera e suggella.
+</p>
+
+<p>
+Fatto avea di là mane e di qua sera<br />
+tal foce, e quasi tutto era là bianco<br />
+quello emisperio, e l&rsquo;altra parte nera,
+</p>
+
+<p>
+quando Beatrice in sul sinistro fianco<br />
+vidi rivolta e riguardar nel sole:<br />
+aguglia sì non li s&rsquo;affisse unquanco.
+</p>
+
+<p>
+E sì come secondo raggio suole<br />
+uscir del primo e risalire in suso,<br />
+pur come pelegrin che tornar vuole,
+</p>
+
+<p>
+così de l&rsquo;atto suo, per li occhi infuso<br />
+ne l&rsquo;imagine mia, il mio si fece,<br />
+e fissi li occhi al sole oltre nostr&rsquo; uso.
+</p>
+
+<p>
+Molto è licito là, che qui non lece<br />
+a le nostre virtù, mercé del loco<br />
+fatto per proprio de l&rsquo;umana spece.
+</p>
+
+<p>
+Io nol soffersi molto, né sì poco,<br />
+ch&rsquo;io nol vedessi sfavillar dintorno,<br />
+com&rsquo; ferro che bogliente esce del foco;
+</p>
+
+<p>
+e di sùbito parve giorno a giorno<br />
+essere aggiunto, come quei che puote<br />
+avesse il ciel d&rsquo;un altro sole addorno.
+</p>
+
+<p>
+Beatrice tutta ne l&rsquo;etterne rote<br />
+fissa con li occhi stava; e io in lei<br />
+le luci fissi, di là sù rimote.
+</p>
+
+<p>
+Nel suo aspetto tal dentro mi fei,<br />
+qual si fé Glauco nel gustar de l&rsquo;erba<br />
+che &rsquo;l fé consorto in mar de li altri dèi.
+</p>
+
+<p>
+Trasumanar significar per verba<br />
+non si poria; però l&rsquo;essemplo basti<br />
+a cui esperïenza grazia serba.
+</p>
+
+<p>
+S&rsquo;i&rsquo; era sol di me quel che creasti<br />
+novellamente, amor che &rsquo;l ciel governi,<br />
+tu &rsquo;l sai, che col tuo lume mi levasti.
+</p>
+
+<p>
+Quando la rota che tu sempiterni<br />
+desiderato, a sé mi fece atteso<br />
+con l&rsquo;armonia che temperi e discerni,
+</p>
+
+<p>
+parvemi tanto allor del cielo acceso<br />
+de la fiamma del sol, che pioggia o fiume<br />
+lago non fece alcun tanto disteso.
+</p>
+
+<p>
+La novità del suono e &rsquo;l grande lume<br />
+di lor cagion m&rsquo;accesero un disio<br />
+mai non sentito di cotanto acume.
+</p>
+
+<p>
+Ond&rsquo; ella, che vedea me sì com&rsquo; io,<br />
+a quïetarmi l&rsquo;animo commosso,<br />
+pria ch&rsquo;io a dimandar, la bocca aprio
+</p>
+
+<p>
+e cominciò: «Tu stesso ti fai grosso<br />
+col falso imaginar, sì che non vedi<br />
+ciò che vedresti se l&rsquo;avessi scosso.
+</p>
+
+<p>
+Tu non se&rsquo; in terra, sì come tu credi;<br />
+ma folgore, fuggendo il proprio sito,<br />
+non corse come tu ch&rsquo;ad esso riedi».
+</p>
+
+<p>
+S&rsquo;io fui del primo dubbio disvestito<br />
+per le sorrise parolette brevi,<br />
+dentro ad un nuovo più fu&rsquo; inretito
+</p>
+
+<p>
+e dissi: «Già contento requïevi<br />
+di grande ammirazion; ma ora ammiro<br />
+com&rsquo; io trascenda questi corpi levi».
+</p>
+
+<p>
+Ond&rsquo; ella, appresso d&rsquo;un pïo sospiro,<br />
+li occhi drizzò ver&rsquo; me con quel sembiante<br />
+che madre fa sovra figlio deliro,
+</p>
+
+<p>
+e cominciò: «Le cose tutte quante<br />
+hanno ordine tra loro, e questo è forma<br />
+che l&rsquo;universo a Dio fa simigliante.
+</p>
+
+<p>
+Qui veggion l&rsquo;alte creature l&rsquo;orma<br />
+de l&rsquo;etterno valore, il qual è fine<br />
+al quale è fatta la toccata norma.
+</p>
+
+<p>
+Ne l&rsquo;ordine ch&rsquo;io dico sono accline<br />
+tutte nature, per diverse sorti,<br />
+più al principio loro e men vicine;
+</p>
+
+<p>
+onde si muovono a diversi porti<br />
+per lo gran mar de l&rsquo;essere, e ciascuna<br />
+con istinto a lei dato che la porti.
+</p>
+
+<p>
+Questi ne porta il foco inver&rsquo; la luna;<br />
+questi ne&rsquo; cor mortali è permotore;<br />
+questi la terra in sé stringe e aduna;
+</p>
+
+<p>
+né pur le creature che son fore<br />
+d&rsquo;intelligenza quest&rsquo; arco saetta,<br />
+ma quelle c&rsquo;hanno intelletto e amore.
+</p>
+
+<p>
+La provedenza, che cotanto assetta,<br />
+del suo lume fa &rsquo;l ciel sempre quïeto<br />
+nel qual si volge quel c&rsquo;ha maggior fretta;
+</p>
+
+<p>
+e ora lì, come a sito decreto,<br />
+cen porta la virtù di quella corda<br />
+che ciò che scocca drizza in segno lieto.
+</p>
+
+<p>
+Vero è che, come forma non s&rsquo;accorda<br />
+molte fïate a l&rsquo;intenzion de l&rsquo;arte,<br />
+perch&rsquo; a risponder la materia è sorda,
+</p>
+
+<p>
+così da questo corso si diparte<br />
+talor la creatura, c&rsquo;ha podere<br />
+di piegar, così pinta, in altra parte;
+</p>
+
+<p>
+e sì come veder si può cadere<br />
+foco di nube, sì l&rsquo;impeto primo<br />
+l&rsquo;atterra torto da falso piacere.
+</p>
+
+<p>
+Non dei più ammirar, se bene stimo,<br />
+lo tuo salir, se non come d&rsquo;un rivo<br />
+se d&rsquo;alto monte scende giuso ad imo.
+</p>
+
+<p>
+Maraviglia sarebbe in te se, privo<br />
+d&rsquo;impedimento, giù ti fossi assiso,<br />
+com&rsquo; a terra quïete in foco vivo».
+</p>
+
+<p>
+Quinci rivolse inver&rsquo; lo cielo il viso.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto69"></a>
+Paradiso<br />
+Canto II
+</h2>
+
+<p>
+O voi che siete in piccioletta barca,<br />
+desiderosi d&rsquo;ascoltar, seguiti<br />
+dietro al mio legno che cantando varca,
+</p>
+
+<p>
+tornate a riveder li vostri liti:<br />
+non vi mettete in pelago, ché forse,<br />
+perdendo me, rimarreste smarriti.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;acqua ch&rsquo;io prendo già mai non si corse;<br />
+Minerva spira, e conducemi Appollo,<br />
+e nove Muse mi dimostran l&rsquo;Orse.
+</p>
+
+<p>
+Voialtri pochi che drizzaste il collo<br />
+per tempo al pan de li angeli, del quale<br />
+vivesi qui ma non sen vien satollo,
+</p>
+
+<p>
+metter potete ben per l&rsquo;alto sale<br />
+vostro navigio, servando mio solco<br />
+dinanzi a l&rsquo;acqua che ritorna equale.
+</p>
+
+<p>
+Que&rsquo; glorïosi che passaro al Colco<br />
+non s&rsquo;ammiraron come voi farete,<br />
+quando Iasón vider fatto bifolco.
+</p>
+
+<p>
+La concreata e perpetüa sete<br />
+del deïforme regno cen portava<br />
+veloci quasi come &rsquo;l ciel vedete.
+</p>
+
+<p>
+Beatrice in suso, e io in lei guardava;<br />
+e forse in tanto in quanto un quadrel posa<br />
+e vola e da la noce si dischiava,
+</p>
+
+<p>
+giunto mi vidi ove mirabil cosa<br />
+mi torse il viso a sé; e però quella<br />
+cui non potea mia cura essere ascosa,
+</p>
+
+<p>
+volta ver&rsquo; me, sì lieta come bella,<br />
+«Drizza la mente in Dio grata», mi disse,<br />
+«che n&rsquo;ha congiunti con la prima stella».
+</p>
+
+<p>
+Parev&rsquo; a me che nube ne coprisse<br />
+lucida, spessa, solida e pulita,<br />
+quasi adamante che lo sol ferisse.
+</p>
+
+<p>
+Per entro sé l&rsquo;etterna margarita<br />
+ne ricevette, com&rsquo; acqua recepe<br />
+raggio di luce permanendo unita.
+</p>
+
+<p>
+S&rsquo;io era corpo, e qui non si concepe<br />
+com&rsquo; una dimensione altra patio,<br />
+ch&rsquo;esser convien se corpo in corpo repe,
+</p>
+
+<p>
+accender ne dovria più il disio<br />
+di veder quella essenza in che si vede<br />
+come nostra natura e Dio s&rsquo;unio.
+</p>
+
+<p>
+Lì si vedrà ciò che tenem per fede,<br />
+non dimostrato, ma fia per sé noto<br />
+a guisa del ver primo che l&rsquo;uom crede.
+</p>
+
+<p>
+Io rispuosi: «Madonna, sì devoto<br />
+com&rsquo; esser posso più, ringrazio lui<br />
+lo qual dal mortal mondo m&rsquo;ha remoto.
+</p>
+
+<p>
+Ma ditemi: che son li segni bui<br />
+di questo corpo, che là giuso in terra<br />
+fan di Cain favoleggiare altrui?».
+</p>
+
+<p>
+Ella sorrise alquanto, e poi «S&rsquo;elli erra<br />
+l&rsquo;oppinïon», mi disse, «d&rsquo;i mortali<br />
+dove chiave di senso non diserra,
+</p>
+
+<p>
+certo non ti dovrien punger li strali<br />
+d&rsquo;ammirazione omai, poi dietro ai sensi<br />
+vedi che la ragione ha corte l&rsquo;ali.
+</p>
+
+<p>
+Ma dimmi quel che tu da te ne pensi».<br />
+E io: «Ciò che n&rsquo;appar qua sù diverso<br />
+credo che fanno i corpi rari e densi».
+</p>
+
+<p>
+Ed ella: «Certo assai vedrai sommerso<br />
+nel falso il creder tuo, se bene ascolti<br />
+l&rsquo;argomentar ch&rsquo;io li farò avverso.
+</p>
+
+<p>
+La spera ottava vi dimostra molti<br />
+lumi, li quali e nel quale e nel quanto<br />
+notar si posson di diversi volti.
+</p>
+
+<p>
+Se raro e denso ciò facesser tanto,<br />
+una sola virtù sarebbe in tutti,<br />
+più e men distributa e altrettanto.
+</p>
+
+<p>
+Virtù diverse esser convegnon frutti<br />
+di princìpi formali, e quei, for ch&rsquo;uno,<br />
+seguiterieno a tua ragion distrutti.
+</p>
+
+<p>
+Ancor, se raro fosse di quel bruno<br />
+cagion che tu dimandi, o d&rsquo;oltre in parte<br />
+fora di sua materia sì digiuno
+</p>
+
+<p>
+esto pianeto, o, sì come comparte<br />
+lo grasso e &rsquo;l magro un corpo, così questo<br />
+nel suo volume cangerebbe carte.
+</p>
+
+<p>
+Se &rsquo;l primo fosse, fora manifesto<br />
+ne l&rsquo;eclissi del sol, per trasparere<br />
+lo lume come in altro raro ingesto.
+</p>
+
+<p>
+Questo non è: però è da vedere<br />
+de l&rsquo;altro; e s&rsquo;elli avvien ch&rsquo;io l&rsquo;altro cassi,<br />
+falsificato fia lo tuo parere.
+</p>
+
+<p>
+S&rsquo;elli è che questo raro non trapassi,<br />
+esser conviene un termine da onde<br />
+lo suo contrario più passar non lassi;
+</p>
+
+<p>
+e indi l&rsquo;altrui raggio si rifonde<br />
+così come color torna per vetro<br />
+lo qual di retro a sé piombo nasconde.
+</p>
+
+<p>
+Or dirai tu ch&rsquo;el si dimostra tetro<br />
+ivi lo raggio più che in altre parti,<br />
+per esser lì refratto più a retro.
+</p>
+
+<p>
+Da questa instanza può deliberarti<br />
+esperïenza, se già mai la provi,<br />
+ch&rsquo;esser suol fonte ai rivi di vostr&rsquo; arti.
+</p>
+
+<p>
+Tre specchi prenderai; e i due rimovi<br />
+da te d&rsquo;un modo, e l&rsquo;altro, più rimosso,<br />
+tr&rsquo;ambo li primi li occhi tuoi ritrovi.
+</p>
+
+<p>
+Rivolto ad essi, fa che dopo il dosso<br />
+ti stea un lume che i tre specchi accenda<br />
+e torni a te da tutti ripercosso.
+</p>
+
+<p>
+Ben che nel quanto tanto non si stenda<br />
+la vista più lontana, lì vedrai<br />
+come convien ch&rsquo;igualmente risplenda.
+</p>
+
+<p>
+Or, come ai colpi de li caldi rai<br />
+de la neve riman nudo il suggetto<br />
+e dal colore e dal freddo primai,
+</p>
+
+<p>
+così rimaso te ne l&rsquo;intelletto<br />
+voglio informar di luce sì vivace,<br />
+che ti tremolerà nel suo aspetto.
+</p>
+
+<p>
+Dentro dal ciel de la divina pace<br />
+si gira un corpo ne la cui virtute<br />
+l&rsquo;esser di tutto suo contento giace.
+</p>
+
+<p>
+Lo ciel seguente, c&rsquo;ha tante vedute,<br />
+quell&rsquo; esser parte per diverse essenze,<br />
+da lui distratte e da lui contenute.
+</p>
+
+<p>
+Li altri giron per varie differenze<br />
+le distinzion che dentro da sé hanno<br />
+dispongono a lor fini e lor semenze.
+</p>
+
+<p>
+Questi organi del mondo così vanno,<br />
+come tu vedi omai, di grado in grado,<br />
+che di sù prendono e di sotto fanno.
+</p>
+
+<p>
+Riguarda bene omai sì com&rsquo; io vado<br />
+per questo loco al vero che disiri,<br />
+sì che poi sappi sol tener lo guado.
+</p>
+
+<p>
+Lo moto e la virtù d&rsquo;i santi giri,<br />
+come dal fabbro l&rsquo;arte del martello,<br />
+da&rsquo; beati motor convien che spiri;
+</p>
+
+<p>
+e &rsquo;l ciel cui tanti lumi fanno bello,<br />
+de la mente profonda che lui volve<br />
+prende l&rsquo;image e fassene suggello.
+</p>
+
+<p>
+E come l&rsquo;alma dentro a vostra polve<br />
+per differenti membra e conformate<br />
+a diverse potenze si risolve,
+</p>
+
+<p>
+così l&rsquo;intelligenza sua bontate<br />
+multiplicata per le stelle spiega,<br />
+girando sé sovra sua unitate.
+</p>
+
+<p>
+Virtù diversa fa diversa lega<br />
+col prezïoso corpo ch&rsquo;ella avviva,<br />
+nel qual, sì come vita in voi, si lega.
+</p>
+
+<p>
+Per la natura lieta onde deriva,<br />
+la virtù mista per lo corpo luce<br />
+come letizia per pupilla viva.
+</p>
+
+<p>
+Da essa vien ciò che da luce a luce<br />
+par differente, non da denso e raro;<br />
+essa è formal principio che produce,
+</p>
+
+<p>
+conforme a sua bontà, lo turbo e &rsquo;l chiaro».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto70"></a>
+Paradiso<br />
+Canto III
+</h2>
+
+<p>
+Quel sol che pria d&rsquo;amor mi scaldò &rsquo;l petto,<br />
+di bella verità m&rsquo;avea scoverto,<br />
+provando e riprovando, il dolce aspetto;
+</p>
+
+<p>
+e io, per confessar corretto e certo<br />
+me stesso, tanto quanto si convenne<br />
+leva&rsquo; il capo a proferer più erto;
+</p>
+
+<p>
+ma visïone apparve che ritenne<br />
+a sé me tanto stretto, per vedersi,<br />
+che di mia confession non mi sovvenne.
+</p>
+
+<p>
+Quali per vetri trasparenti e tersi,<br />
+o ver per acque nitide e tranquille,<br />
+non sì profonde che i fondi sien persi,
+</p>
+
+<p>
+tornan d&rsquo;i nostri visi le postille<br />
+debili sì, che perla in bianca fronte<br />
+non vien men forte a le nostre pupille;
+</p>
+
+<p>
+tali vid&rsquo; io più facce a parlar pronte;<br />
+per ch&rsquo;io dentro a l&rsquo;error contrario corsi<br />
+a quel ch&rsquo;accese amor tra l&rsquo;omo e &rsquo;l fonte.
+</p>
+
+<p>
+Sùbito sì com&rsquo; io di lor m&rsquo;accorsi,<br />
+quelle stimando specchiati sembianti,<br />
+per veder di cui fosser, li occhi torsi;
+</p>
+
+<p>
+e nulla vidi, e ritorsili avanti<br />
+dritti nel lume de la dolce guida,<br />
+che, sorridendo, ardea ne li occhi santi.
+</p>
+
+<p>
+«Non ti maravigliar perch&rsquo; io sorrida»,<br />
+mi disse, «appresso il tuo püeril coto,<br />
+poi sopra &rsquo;l vero ancor lo piè non fida,
+</p>
+
+<p>
+ma te rivolve, come suole, a vòto:<br />
+vere sustanze son ciò che tu vedi,<br />
+qui rilegate per manco di voto.
+</p>
+
+<p>
+Però parla con esse e odi e credi;<br />
+ché la verace luce che le appaga<br />
+da sé non lascia lor torcer li piedi».
+</p>
+
+<p>
+E io a l&rsquo;ombra che parea più vaga<br />
+di ragionar, drizza&rsquo;mi, e cominciai,<br />
+quasi com&rsquo; uom cui troppa voglia smaga:
+</p>
+
+<p>
+«O ben creato spirito, che a&rsquo; rai<br />
+di vita etterna la dolcezza senti<br />
+che, non gustata, non s&rsquo;intende mai,
+</p>
+
+<p>
+grazïoso mi fia se mi contenti<br />
+del nome tuo e de la vostra sorte».<br />
+Ond&rsquo; ella, pronta e con occhi ridenti:
+</p>
+
+<p>
+«La nostra carità non serra porte<br />
+a giusta voglia, se non come quella<br />
+che vuol simile a sé tutta sua corte.
+</p>
+
+<p>
+I&rsquo; fui nel mondo vergine sorella;<br />
+e se la mente tua ben sé riguarda,<br />
+non mi ti celerà l&rsquo;esser più bella,
+</p>
+
+<p>
+ma riconoscerai ch&rsquo;i&rsquo; son Piccarda,<br />
+che, posta qui con questi altri beati,<br />
+beata sono in la spera più tarda.
+</p>
+
+<p>
+Li nostri affetti, che solo infiammati<br />
+son nel piacer de lo Spirito Santo,<br />
+letizian del suo ordine formati.
+</p>
+
+<p>
+E questa sorte che par giù cotanto,<br />
+però n&rsquo;è data, perché fuor negletti<br />
+li nostri voti, e vòti in alcun canto».
+</p>
+
+<p>
+Ond&rsquo; io a lei: «Ne&rsquo; mirabili aspetti<br />
+vostri risplende non so che divino<br />
+che vi trasmuta da&rsquo; primi concetti:
+</p>
+
+<p>
+però non fui a rimembrar festino;<br />
+ma or m&rsquo;aiuta ciò che tu mi dici,<br />
+sì che raffigurar m&rsquo;è più latino.
+</p>
+
+<p>
+Ma dimmi: voi che siete qui felici,<br />
+disiderate voi più alto loco<br />
+per più vedere e per più farvi amici?».
+</p>
+
+<p>
+Con quelle altr&rsquo; ombre pria sorrise un poco;<br />
+da indi mi rispuose tanto lieta,<br />
+ch&rsquo;arder parea d&rsquo;amor nel primo foco:
+</p>
+
+<p>
+«Frate, la nostra volontà quïeta<br />
+virtù di carità, che fa volerne<br />
+sol quel ch&rsquo;avemo, e d&rsquo;altro non ci asseta.
+</p>
+
+<p>
+Se disïassimo esser più superne,<br />
+foran discordi li nostri disiri<br />
+dal voler di colui che qui ne cerne;
+</p>
+
+<p>
+che vedrai non capere in questi giri,<br />
+s&rsquo;essere in carità è qui necesse,<br />
+e se la sua natura ben rimiri.
+</p>
+
+<p>
+Anzi è formale ad esto beato esse<br />
+tenersi dentro a la divina voglia,<br />
+per ch&rsquo;una fansi nostre voglie stesse;
+</p>
+
+<p>
+sì che, come noi sem di soglia in soglia<br />
+per questo regno, a tutto il regno piace<br />
+com&rsquo; a lo re che &rsquo;n suo voler ne &rsquo;nvoglia.
+</p>
+
+<p>
+E &rsquo;n la sua volontade è nostra pace:<br />
+ell&rsquo; è quel mare al qual tutto si move<br />
+ciò ch&rsquo;ella crïa o che natura face».
+</p>
+
+<p>
+Chiaro mi fu allor come ogne dove<br />
+in cielo è paradiso, etsi la grazia<br />
+del sommo ben d&rsquo;un modo non vi piove.
+</p>
+
+<p>
+Ma sì com&rsquo; elli avvien, s&rsquo;un cibo sazia<br />
+e d&rsquo;un altro rimane ancor la gola,<br />
+che quel si chere e di quel si ringrazia,
+</p>
+
+<p>
+così fec&rsquo; io con atto e con parola,<br />
+per apprender da lei qual fu la tela<br />
+onde non trasse infino a co la spuola.
+</p>
+
+<p>
+«Perfetta vita e alto merto inciela<br />
+donna più sù», mi disse, «a la cui norma<br />
+nel vostro mondo giù si veste e vela,
+</p>
+
+<p>
+perché fino al morir si vegghi e dorma<br />
+con quello sposo ch&rsquo;ogne voto accetta<br />
+che caritate a suo piacer conforma.
+</p>
+
+<p>
+Dal mondo, per seguirla, giovinetta<br />
+fuggi&rsquo;mi, e nel suo abito mi chiusi<br />
+e promisi la via de la sua setta.
+</p>
+
+<p>
+Uomini poi, a mal più ch&rsquo;a bene usi,<br />
+fuor mi rapiron de la dolce chiostra:<br />
+Iddio si sa qual poi mia vita fusi.
+</p>
+
+<p>
+E quest&rsquo; altro splendor che ti si mostra<br />
+da la mia destra parte e che s&rsquo;accende<br />
+di tutto il lume de la spera nostra,
+</p>
+
+<p>
+ciò ch&rsquo;io dico di me, di sé intende;<br />
+sorella fu, e così le fu tolta<br />
+di capo l&rsquo;ombra de le sacre bende.
+</p>
+
+<p>
+Ma poi che pur al mondo fu rivolta<br />
+contra suo grado e contra buona usanza,<br />
+non fu dal vel del cor già mai disciolta.
+</p>
+
+<p>
+Quest&rsquo; è la luce de la gran Costanza<br />
+che del secondo vento di Soave<br />
+generò &rsquo;l terzo e l&rsquo;ultima possanza».
+</p>
+
+<p>
+Così parlommi, e poi cominciò ‘Ave,<br />
+Maria&rsquo; cantando, e cantando vanio<br />
+come per acqua cupa cosa grave.
+</p>
+
+<p>
+La vista mia, che tanto lei seguio<br />
+quanto possibil fu, poi che la perse,<br />
+volsesi al segno di maggior disio,
+</p>
+
+<p>
+e a Beatrice tutta si converse;<br />
+ma quella folgorò nel mïo sguardo<br />
+sì che da prima il viso non sofferse;
+</p>
+
+<p>
+e ciò mi fece a dimandar più tardo.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto71"></a>
+Paradiso<br />
+Canto IV
+</h2>
+
+<p>
+Intra due cibi, distanti e moventi<br />
+d&rsquo;un modo, prima si morria di fame,<br />
+che liber&rsquo; omo l&rsquo;un recasse ai denti;
+</p>
+
+<p>
+sì si starebbe un agno intra due brame<br />
+di fieri lupi, igualmente temendo;<br />
+sì si starebbe un cane intra due dame:
+</p>
+
+<p>
+per che, s&rsquo;i&rsquo; mi tacea, me non riprendo,<br />
+da li miei dubbi d&rsquo;un modo sospinto,<br />
+poi ch&rsquo;era necessario, né commendo.
+</p>
+
+<p>
+Io mi tacea, ma &rsquo;l mio disir dipinto<br />
+m&rsquo;era nel viso, e &rsquo;l dimandar con ello,<br />
+più caldo assai che per parlar distinto.
+</p>
+
+<p>
+Fé sì Beatrice qual fé Danïello,<br />
+Nabuccodonosor levando d&rsquo;ira,<br />
+che l&rsquo;avea fatto ingiustamente fello;
+</p>
+
+<p>
+e disse: «Io veggio ben come ti tira<br />
+uno e altro disio, sì che tua cura<br />
+sé stessa lega sì che fuor non spira.
+</p>
+
+<p>
+Tu argomenti: “Se &rsquo;l buon voler dura,<br />
+la vïolenza altrui per qual ragione<br />
+di meritar mi scema la misura?”.
+</p>
+
+<p>
+Ancor di dubitar ti dà cagione<br />
+parer tornarsi l&rsquo;anime a le stelle,<br />
+secondo la sentenza di Platone.
+</p>
+
+<p>
+Queste son le question che nel tuo velle<br />
+pontano igualmente; e però pria<br />
+tratterò quella che più ha di felle.
+</p>
+
+<p>
+D&rsquo;i Serafin colui che più s&rsquo;india,<br />
+Moïsè, Samuel, e quel Giovanni<br />
+che prender vuoli, io dico, non Maria,
+</p>
+
+<p>
+non hanno in altro cielo i loro scanni<br />
+che questi spirti che mo t&rsquo;appariro,<br />
+né hanno a l&rsquo;esser lor più o meno anni;
+</p>
+
+<p>
+ma tutti fanno bello il primo giro,<br />
+e differentemente han dolce vita<br />
+per sentir più e men l&rsquo;etterno spiro.
+</p>
+
+<p>
+Qui si mostraro, non perché sortita<br />
+sia questa spera lor, ma per far segno<br />
+de la celestïal c&rsquo;ha men salita.
+</p>
+
+<p>
+Così parlar conviensi al vostro ingegno,<br />
+però che solo da sensato apprende<br />
+ciò che fa poscia d&rsquo;intelletto degno.
+</p>
+
+<p>
+Per questo la Scrittura condescende<br />
+a vostra facultate, e piedi e mano<br />
+attribuisce a Dio e altro intende;
+</p>
+
+<p>
+e Santa Chiesa con aspetto umano<br />
+Gabrïel e Michel vi rappresenta,<br />
+e l&rsquo;altro che Tobia rifece sano.
+</p>
+
+<p>
+Quel che Timeo de l&rsquo;anime argomenta<br />
+non è simile a ciò che qui si vede,<br />
+però che, come dice, par che senta.
+</p>
+
+<p>
+Dice che l&rsquo;alma a la sua stella riede,<br />
+credendo quella quindi esser decisa<br />
+quando natura per forma la diede;
+</p>
+
+<p>
+e forse sua sentenza è d&rsquo;altra guisa<br />
+che la voce non suona, ed esser puote<br />
+con intenzion da non esser derisa.
+</p>
+
+<p>
+S&rsquo;elli intende tornare a queste ruote<br />
+l&rsquo;onor de la influenza e &rsquo;l biasmo, forse<br />
+in alcun vero suo arco percuote.
+</p>
+
+<p>
+Questo principio, male inteso, torse<br />
+già tutto il mondo quasi, sì che Giove,<br />
+Mercurio e Marte a nominar trascorse.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;altra dubitazion che ti commove<br />
+ha men velen, però che sua malizia<br />
+non ti poria menar da me altrove.
+</p>
+
+<p>
+Parere ingiusta la nostra giustizia<br />
+ne li occhi d&rsquo;i mortali, è argomento<br />
+di fede e non d&rsquo;eretica nequizia.
+</p>
+
+<p>
+Ma perché puote vostro accorgimento<br />
+ben penetrare a questa veritate,<br />
+come disiri, ti farò contento.
+</p>
+
+<p>
+Se vïolenza è quando quel che pate<br />
+nïente conferisce a quel che sforza,<br />
+non fuor quest&rsquo; alme per essa scusate:
+</p>
+
+<p>
+ché volontà, se non vuol, non s&rsquo;ammorza,<br />
+ma fa come natura face in foco,<br />
+se mille volte vïolenza il torza.
+</p>
+
+<p>
+Per che, s&rsquo;ella si piega assai o poco,<br />
+segue la forza; e così queste fero<br />
+possendo rifuggir nel santo loco.
+</p>
+
+<p>
+Se fosse stato lor volere intero,<br />
+come tenne Lorenzo in su la grada,<br />
+e fece Muzio a la sua man severo,
+</p>
+
+<p>
+così l&rsquo;avria ripinte per la strada<br />
+ond&rsquo; eran tratte, come fuoro sciolte;<br />
+ma così salda voglia è troppo rada.
+</p>
+
+<p>
+E per queste parole, se ricolte<br />
+l&rsquo;hai come dei, è l&rsquo;argomento casso<br />
+che t&rsquo;avria fatto noia ancor più volte.
+</p>
+
+<p>
+Ma or ti s&rsquo;attraversa un altro passo<br />
+dinanzi a li occhi, tal che per te stesso<br />
+non usciresti: pria saresti lasso.
+</p>
+
+<p>
+Io t&rsquo;ho per certo ne la mente messo<br />
+ch&rsquo;alma beata non poria mentire,<br />
+però ch&rsquo;è sempre al primo vero appresso;
+</p>
+
+<p>
+e poi potesti da Piccarda udire<br />
+che l&rsquo;affezion del vel Costanza tenne;<br />
+sì ch&rsquo;ella par qui meco contradire.
+</p>
+
+<p>
+Molte fïate già, frate, addivenne<br />
+che, per fuggir periglio, contra grato<br />
+si fé di quel che far non si convenne;
+</p>
+
+<p>
+come Almeone, che, di ciò pregato<br />
+dal padre suo, la propria madre spense,<br />
+per non perder pietà si fé spietato.
+</p>
+
+<p>
+A questo punto voglio che tu pense<br />
+che la forza al voler si mischia, e fanno<br />
+sì che scusar non si posson l&rsquo;offense.
+</p>
+
+<p>
+Voglia assoluta non consente al danno;<br />
+ma consentevi in tanto in quanto teme,<br />
+se si ritrae, cadere in più affanno.
+</p>
+
+<p>
+Però, quando Piccarda quello spreme,<br />
+de la voglia assoluta intende, e io<br />
+de l&rsquo;altra; sì che ver diciamo insieme».
+</p>
+
+<p>
+Cotal fu l&rsquo;ondeggiar del santo rio<br />
+ch&rsquo;uscì del fonte ond&rsquo; ogne ver deriva;<br />
+tal puose in pace uno e altro disio.
+</p>
+
+<p>
+«O amanza del primo amante, o diva»,<br />
+diss&rsquo; io appresso, «il cui parlar m&rsquo;inonda<br />
+e scalda sì, che più e più m&rsquo;avviva,
+</p>
+
+<p>
+non è l&rsquo;affezion mia tanto profonda,<br />
+che basti a render voi grazia per grazia;<br />
+ma quei che vede e puote a ciò risponda.
+</p>
+
+<p>
+Io veggio ben che già mai non si sazia<br />
+nostro intelletto, se &rsquo;l ver non lo illustra<br />
+di fuor dal qual nessun vero si spazia.
+</p>
+
+<p>
+Posasi in esso, come fera in lustra,<br />
+tosto che giunto l&rsquo;ha; e giugner puollo:<br />
+se non, ciascun disio sarebbe frustra.
+</p>
+
+<p>
+Nasce per quello, a guisa di rampollo,<br />
+a piè del vero il dubbio; ed è natura<br />
+ch&rsquo;al sommo pinge noi di collo in collo.
+</p>
+
+<p>
+Questo m&rsquo;invita, questo m&rsquo;assicura<br />
+con reverenza, donna, a dimandarvi<br />
+d&rsquo;un&rsquo;altra verità che m&rsquo;è oscura.
+</p>
+
+<p>
+Io vo&rsquo; saper se l&rsquo;uom può sodisfarvi<br />
+ai voti manchi sì con altri beni,<br />
+ch&rsquo;a la vostra statera non sien parvi».
+</p>
+
+<p>
+Beatrice mi guardò con li occhi pieni<br />
+di faville d&rsquo;amor così divini,<br />
+che, vinta, mia virtute diè le reni,
+</p>
+
+<p>
+e quasi mi perdei con li occhi chini.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto72"></a>
+Paradiso<br />
+Canto V
+</h2>
+
+<p>
+«S&rsquo;io ti fiammeggio nel caldo d&rsquo;amore<br />
+di là dal modo che &rsquo;n terra si vede,<br />
+sì che del viso tuo vinco il valore,
+</p>
+
+<p>
+non ti maravigliar, ché ciò procede<br />
+da perfetto veder, che, come apprende,<br />
+così nel bene appreso move il piede.
+</p>
+
+<p>
+Io veggio ben sì come già resplende<br />
+ne l&rsquo;intelletto tuo l&rsquo;etterna luce,<br />
+che, vista, sola e sempre amore accende;
+</p>
+
+<p>
+e s&rsquo;altra cosa vostro amor seduce,<br />
+non è se non di quella alcun vestigio,<br />
+mal conosciuto, che quivi traluce.
+</p>
+
+<p>
+Tu vuo&rsquo; saper se con altro servigio,<br />
+per manco voto, si può render tanto<br />
+che l&rsquo;anima sicuri di letigio».
+</p>
+
+<p>
+Sì cominciò Beatrice questo canto;<br />
+e sì com&rsquo; uom che suo parlar non spezza,<br />
+continüò così &rsquo;l processo santo:
+</p>
+
+<p>
+«Lo maggior don che Dio per sua larghezza<br />
+fesse creando, e a la sua bontate<br />
+più conformato, e quel ch&rsquo;e&rsquo; più apprezza,
+</p>
+
+<p>
+fu de la volontà la libertate;<br />
+di che le creature intelligenti,<br />
+e tutte e sole, fuoro e son dotate.
+</p>
+
+<p>
+Or ti parrà, se tu quinci argomenti,<br />
+l&rsquo;alto valor del voto, s&rsquo;è sì fatto<br />
+che Dio consenta quando tu consenti;
+</p>
+
+<p>
+ché, nel fermar tra Dio e l&rsquo;omo il patto,<br />
+vittima fassi di questo tesoro,<br />
+tal quale io dico; e fassi col suo atto.
+</p>
+
+<p>
+Dunque che render puossi per ristoro?<br />
+Se credi bene usar quel c&rsquo;hai offerto,<br />
+di maltolletto vuo&rsquo; far buon lavoro.
+</p>
+
+<p>
+Tu se&rsquo; omai del maggior punto certo;<br />
+ma perché Santa Chiesa in ciò dispensa,<br />
+che par contra lo ver ch&rsquo;i&rsquo; t&rsquo;ho scoverto,
+</p>
+
+<p>
+convienti ancor sedere un poco a mensa,<br />
+però che &rsquo;l cibo rigido c&rsquo;hai preso,<br />
+richiede ancora aiuto a tua dispensa.
+</p>
+
+<p>
+Apri la mente a quel ch&rsquo;io ti paleso<br />
+e fermalvi entro; ché non fa scïenza,<br />
+sanza lo ritenere, avere inteso.
+</p>
+
+<p>
+Due cose si convegnono a l&rsquo;essenza<br />
+di questo sacrificio: l&rsquo;una è quella<br />
+di che si fa; l&rsquo;altr&rsquo; è la convenenza.
+</p>
+
+<p>
+Quest&rsquo; ultima già mai non si cancella<br />
+se non servata; e intorno di lei<br />
+sì preciso di sopra si favella:
+</p>
+
+<p>
+però necessitato fu a li Ebrei<br />
+pur l&rsquo;offerere, ancor ch&rsquo;alcuna offerta<br />
+sì permutasse, come saver dei.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;altra, che per materia t&rsquo;è aperta,<br />
+puote ben esser tal, che non si falla<br />
+se con altra materia si converta.
+</p>
+
+<p>
+Ma non trasmuti carco a la sua spalla<br />
+per suo arbitrio alcun, sanza la volta<br />
+e de la chiave bianca e de la gialla;
+</p>
+
+<p>
+e ogne permutanza credi stolta,<br />
+se la cosa dimessa in la sorpresa<br />
+come &rsquo;l quattro nel sei non è raccolta.
+</p>
+
+<p>
+Però qualunque cosa tanto pesa<br />
+per suo valor che tragga ogne bilancia,<br />
+sodisfar non si può con altra spesa.
+</p>
+
+<p>
+Non prendan li mortali il voto a ciancia;<br />
+siate fedeli, e a ciò far non bieci,<br />
+come Ieptè a la sua prima mancia;
+</p>
+
+<p>
+cui più si convenia dicer ‘Mal feci&rsquo;,<br />
+che, servando, far peggio; e così stolto<br />
+ritrovar puoi il gran duca de&rsquo; Greci,
+</p>
+
+<p>
+onde pianse Efigènia il suo bel volto,<br />
+e fé pianger di sé i folli e i savi<br />
+ch&rsquo;udir parlar di così fatto cólto.
+</p>
+
+<p>
+Siate, Cristiani, a muovervi più gravi:<br />
+non siate come penna ad ogne vento,<br />
+e non crediate ch&rsquo;ogne acqua vi lavi.
+</p>
+
+<p>
+Avete il novo e &rsquo;l vecchio Testamento,<br />
+e &rsquo;l pastor de la Chiesa che vi guida;<br />
+questo vi basti a vostro salvamento.
+</p>
+
+<p>
+Se mala cupidigia altro vi grida,<br />
+uomini siate, e non pecore matte,<br />
+sì che &rsquo;l Giudeo di voi tra voi non rida!
+</p>
+
+<p>
+Non fate com&rsquo; agnel che lascia il latte<br />
+de la sua madre, e semplice e lascivo<br />
+seco medesmo a suo piacer combatte!».
+</p>
+
+<p>
+Così Beatrice a me com&rsquo; ïo scrivo;<br />
+poi si rivolse tutta disïante<br />
+a quella parte ove &rsquo;l mondo è più vivo.
+</p>
+
+<p>
+Lo suo tacere e &rsquo;l trasmutar sembiante<br />
+puoser silenzio al mio cupido ingegno,<br />
+che già nuove questioni avea davante;
+</p>
+
+<p>
+e sì come saetta che nel segno<br />
+percuote pria che sia la corda queta,<br />
+così corremmo nel secondo regno.
+</p>
+
+<p>
+Quivi la donna mia vid&rsquo; io sì lieta,<br />
+come nel lume di quel ciel si mise,<br />
+che più lucente se ne fé &rsquo;l pianeta.
+</p>
+
+<p>
+E se la stella si cambiò e rise,<br />
+qual mi fec&rsquo; io che pur da mia natura<br />
+trasmutabile son per tutte guise!
+</p>
+
+<p>
+Come &rsquo;n peschiera ch&rsquo;è tranquilla e pura<br />
+traggonsi i pesci a ciò che vien di fori<br />
+per modo che lo stimin lor pastura,
+</p>
+
+<p>
+sì vid&rsquo; io ben più di mille splendori<br />
+trarsi ver&rsquo; noi, e in ciascun s&rsquo;udia:<br />
+«Ecco chi crescerà li nostri amori».
+</p>
+
+<p>
+E sì come ciascuno a noi venìa,<br />
+vedeasi l&rsquo;ombra piena di letizia<br />
+nel folgór chiaro che di lei uscia.
+</p>
+
+<p>
+Pensa, lettor, se quel che qui s&rsquo;inizia<br />
+non procedesse, come tu avresti<br />
+di più savere angosciosa carizia;
+</p>
+
+<p>
+e per te vederai come da questi<br />
+m&rsquo;era in disio d&rsquo;udir lor condizioni,<br />
+sì come a li occhi mi fur manifesti.
+</p>
+
+<p>
+«O bene nato a cui veder li troni<br />
+del trïunfo etternal concede grazia<br />
+prima che la milizia s&rsquo;abbandoni,
+</p>
+
+<p>
+del lume che per tutto il ciel si spazia<br />
+noi semo accesi; e però, se disii<br />
+di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia».
+</p>
+
+<p>
+Così da un di quelli spirti pii<br />
+detto mi fu; e da Beatrice: «Dì, dì<br />
+sicuramente, e credi come a dii».
+</p>
+
+<p>
+«Io veggio ben sì come tu t&rsquo;annidi<br />
+nel proprio lume, e che de li occhi il traggi,<br />
+perch&rsquo; e&rsquo; corusca sì come tu ridi;
+</p>
+
+<p>
+ma non so chi tu se&rsquo;, né perché aggi,<br />
+anima degna, il grado de la spera<br />
+che si vela a&rsquo; mortai con altrui raggi».
+</p>
+
+<p>
+Questo diss&rsquo; io diritto a la lumera<br />
+che pria m&rsquo;avea parlato; ond&rsquo; ella fessi<br />
+lucente più assai di quel ch&rsquo;ell&rsquo; era.
+</p>
+
+<p>
+Sì come il sol che si cela elli stessi<br />
+per troppa luce, come &rsquo;l caldo ha róse<br />
+le temperanze d&rsquo;i vapori spessi,
+</p>
+
+<p>
+per più letizia sì mi si nascose<br />
+dentro al suo raggio la figura santa;<br />
+e così chiusa chiusa mi rispuose
+</p>
+
+<p>
+nel modo che &rsquo;l seguente canto canta.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto73"></a>
+Paradiso<br />
+Canto VI
+</h2>
+
+<p>
+«Poscia che Costantin l&rsquo;aquila volse<br />
+contr&rsquo; al corso del ciel, ch&rsquo;ella seguio<br />
+dietro a l&rsquo;antico che Lavina tolse,
+</p>
+
+<p>
+cento e cent&rsquo; anni e più l&rsquo;uccel di Dio<br />
+ne lo stremo d&rsquo;Europa si ritenne,<br />
+vicino a&rsquo; monti de&rsquo; quai prima uscìo;
+</p>
+
+<p>
+e sotto l&rsquo;ombra de le sacre penne<br />
+governò &rsquo;l mondo lì di mano in mano,<br />
+e, sì cangiando, in su la mia pervenne.
+</p>
+
+<p>
+Cesare fui e son Iustinïano,<br />
+che, per voler del primo amor ch&rsquo;i&rsquo; sento,<br />
+d&rsquo;entro le leggi trassi il troppo e &rsquo;l vano.
+</p>
+
+<p>
+E prima ch&rsquo;io a l&rsquo;ovra fossi attento,<br />
+una natura in Cristo esser, non piùe,<br />
+credea, e di tal fede era contento;
+</p>
+
+<p>
+ma &rsquo;l benedetto Agapito, che fue<br />
+sommo pastore, a la fede sincera<br />
+mi dirizzò con le parole sue.
+</p>
+
+<p>
+Io li credetti; e ciò che &rsquo;n sua fede era,<br />
+vegg&rsquo; io or chiaro sì, come tu vedi<br />
+ogni contradizione e falsa e vera.
+</p>
+
+<p>
+Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,<br />
+a Dio per grazia piacque di spirarmi<br />
+l&rsquo;alto lavoro, e tutto &rsquo;n lui mi diedi;
+</p>
+
+<p>
+e al mio Belisar commendai l&rsquo;armi,<br />
+cui la destra del ciel fu sì congiunta,<br />
+che segno fu ch&rsquo;i&rsquo; dovessi posarmi.
+</p>
+
+<p>
+Or qui a la question prima s&rsquo;appunta<br />
+la mia risposta; ma sua condizione<br />
+mi stringe a seguitare alcuna giunta,
+</p>
+
+<p>
+perché tu veggi con quanta ragione<br />
+si move contr&rsquo; al sacrosanto segno<br />
+e chi &rsquo;l s&rsquo;appropria e chi a lui s&rsquo;oppone.
+</p>
+
+<p>
+Vedi quanta virtù l&rsquo;ha fatto degno<br />
+di reverenza; e cominciò da l&rsquo;ora<br />
+che Pallante morì per darli regno.
+</p>
+
+<p>
+Tu sai ch&rsquo;el fece in Alba sua dimora<br />
+per trecento anni e oltre, infino al fine<br />
+che i tre a&rsquo; tre pugnar per lui ancora.
+</p>
+
+<p>
+E sai ch&rsquo;el fé dal mal de le Sabine<br />
+al dolor di Lucrezia in sette regi,<br />
+vincendo intorno le genti vicine.
+</p>
+
+<p>
+Sai quel ch&rsquo;el fé portato da li egregi<br />
+Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,<br />
+incontro a li altri principi e collegi;
+</p>
+
+<p>
+onde Torquato e Quinzio, che dal cirro<br />
+negletto fu nomato, i Deci e &rsquo; Fabi<br />
+ebber la fama che volontier mirro.
+</p>
+
+<p>
+Esso atterrò l&rsquo;orgoglio de li Aràbi<br />
+che di retro ad Anibale passaro<br />
+l&rsquo;alpestre rocce, Po, di che tu labi.
+</p>
+
+<p>
+Sott&rsquo; esso giovanetti trïunfaro<br />
+Scipïone e Pompeo; e a quel colle<br />
+sotto &rsquo;l qual tu nascesti parve amaro.
+</p>
+
+<p>
+Poi, presso al tempo che tutto &rsquo;l ciel volle<br />
+redur lo mondo a suo modo sereno,<br />
+Cesare per voler di Roma il tolle.
+</p>
+
+<p>
+E quel che fé da Varo infino a Reno,<br />
+Isara vide ed Era e vide Senna<br />
+e ogne valle onde Rodano è pieno.
+</p>
+
+<p>
+Quel che fé poi ch&rsquo;elli uscì di Ravenna<br />
+e saltò Rubicon, fu di tal volo,<br />
+che nol seguiteria lingua né penna.
+</p>
+
+<p>
+Inver&rsquo; la Spagna rivolse lo stuolo,<br />
+poi ver&rsquo; Durazzo, e Farsalia percosse<br />
+sì ch&rsquo;al Nil caldo si sentì del duolo.
+</p>
+
+<p>
+Antandro e Simeonta, onde si mosse,<br />
+rivide e là dov&rsquo; Ettore si cuba;<br />
+e mal per Tolomeo poscia si scosse.
+</p>
+
+<p>
+Da indi scese folgorando a Iuba;<br />
+onde si volse nel vostro occidente,<br />
+ove sentia la pompeana tuba.
+</p>
+
+<p>
+Di quel che fé col baiulo seguente,<br />
+Bruto con Cassio ne l&rsquo;inferno latra,<br />
+e Modena e Perugia fu dolente.
+</p>
+
+<p>
+Piangene ancor la trista Cleopatra,<br />
+che, fuggendoli innanzi, dal colubro<br />
+la morte prese subitana e atra.
+</p>
+
+<p>
+Con costui corse infino al lito rubro;<br />
+con costui puose il mondo in tanta pace,<br />
+che fu serrato a Giano il suo delubro.
+</p>
+
+<p>
+Ma ciò che &rsquo;l segno che parlar mi face<br />
+fatto avea prima e poi era fatturo<br />
+per lo regno mortal ch&rsquo;a lui soggiace,
+</p>
+
+<p>
+diventa in apparenza poco e scuro,<br />
+se in mano al terzo Cesare si mira<br />
+con occhio chiaro e con affetto puro;
+</p>
+
+<p>
+ché la viva giustizia che mi spira,<br />
+li concedette, in mano a quel ch&rsquo;i&rsquo; dico,<br />
+gloria di far vendetta a la sua ira.
+</p>
+
+<p>
+Or qui t&rsquo;ammira in ciò ch&rsquo;io ti replìco:<br />
+poscia con Tito a far vendetta corse<br />
+de la vendetta del peccato antico.
+</p>
+
+<p>
+E quando il dente longobardo morse<br />
+la Santa Chiesa, sotto le sue ali<br />
+Carlo Magno, vincendo, la soccorse.
+</p>
+
+<p>
+Omai puoi giudicar di quei cotali<br />
+ch&rsquo;io accusai di sopra e di lor falli,<br />
+che son cagion di tutti vostri mali.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;uno al pubblico segno i gigli gialli<br />
+oppone, e l&rsquo;altro appropria quello a parte,<br />
+sì ch&rsquo;è forte a veder chi più si falli.
+</p>
+
+<p>
+Faccian li Ghibellin, faccian lor arte<br />
+sott&rsquo; altro segno, ché mal segue quello<br />
+sempre chi la giustizia e lui diparte;
+</p>
+
+<p>
+e non l&rsquo;abbatta esto Carlo novello<br />
+coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli<br />
+ch&rsquo;a più alto leon trasser lo vello.
+</p>
+
+<p>
+Molte fïate già pianser li figli<br />
+per la colpa del padre, e non si creda<br />
+che Dio trasmuti l&rsquo;armi per suoi gigli!
+</p>
+
+<p>
+Questa picciola stella si correda<br />
+d&rsquo;i buoni spirti che son stati attivi<br />
+perché onore e fama li succeda:
+</p>
+
+<p>
+e quando li disiri poggian quivi,<br />
+sì disvïando, pur convien che i raggi<br />
+del vero amore in sù poggin men vivi.
+</p>
+
+<p>
+Ma nel commensurar d&rsquo;i nostri gaggi<br />
+col merto è parte di nostra letizia,<br />
+perché non li vedem minor né maggi.
+</p>
+
+<p>
+Quindi addolcisce la viva giustizia<br />
+in noi l&rsquo;affetto sì, che non si puote<br />
+torcer già mai ad alcuna nequizia.
+</p>
+
+<p>
+Diverse voci fanno dolci note;<br />
+così diversi scanni in nostra vita<br />
+rendon dolce armonia tra queste rote.
+</p>
+
+<p>
+E dentro a la presente margarita<br />
+luce la luce di Romeo, di cui<br />
+fu l&rsquo;ovra grande e bella mal gradita.
+</p>
+
+<p>
+Ma i Provenzai che fecer contra lui<br />
+non hanno riso; e però mal cammina<br />
+qual si fa danno del ben fare altrui.
+</p>
+
+<p>
+Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina,<br />
+Ramondo Beringhiere, e ciò li fece<br />
+Romeo, persona umìle e peregrina.
+</p>
+
+<p>
+E poi il mosser le parole biece<br />
+a dimandar ragione a questo giusto,<br />
+che li assegnò sette e cinque per diece,
+</p>
+
+<p>
+indi partissi povero e vetusto;<br />
+e se &rsquo;l mondo sapesse il cor ch&rsquo;elli ebbe<br />
+mendicando sua vita a frusto a frusto,
+</p>
+
+<p>
+assai lo loda, e più lo loderebbe».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto74"></a>
+Paradiso<br />
+Canto VII
+</h2>
+
+<p>
+«Osanna, sanctus Deus sabaòth,<br />
+superillustrans claritate tua<br />
+felices ignes horum malacòth!».
+</p>
+
+<p>
+Così, volgendosi a la nota sua,<br />
+fu viso a me cantare essa sustanza,<br />
+sopra la qual doppio lume s&rsquo;addua;
+</p>
+
+<p>
+ed essa e l&rsquo;altre mossero a sua danza,<br />
+e quasi velocissime faville<br />
+mi si velar di sùbita distanza.
+</p>
+
+<p>
+Io dubitava e dicea ‘Dille, dille!&rsquo;<br />
+fra me, ‘dille&rsquo; dicea, ‘a la mia donna<br />
+che mi diseta con le dolci stille&rsquo;.
+</p>
+
+<p>
+Ma quella reverenza che s&rsquo;indonna<br />
+di tutto me, pur per Be e per ice,<br />
+mi richinava come l&rsquo;uom ch&rsquo;assonna.
+</p>
+
+<p>
+Poco sofferse me cotal Beatrice<br />
+e cominciò, raggiandomi d&rsquo;un riso<br />
+tal, che nel foco faria l&rsquo;uom felice:
+</p>
+
+<p>
+«Secondo mio infallibile avviso,<br />
+come giusta vendetta giustamente<br />
+punita fosse, t&rsquo;ha in pensier miso;
+</p>
+
+<p>
+ma io ti solverò tosto la mente;<br />
+e tu ascolta, ché le mie parole<br />
+di gran sentenza ti faran presente.
+</p>
+
+<p>
+Per non soffrire a la virtù che vole<br />
+freno a suo prode, quell&rsquo; uom che non nacque,<br />
+dannando sé, dannò tutta sua prole;
+</p>
+
+<p>
+onde l&rsquo;umana specie inferma giacque<br />
+giù per secoli molti in grande errore,<br />
+fin ch&rsquo;al Verbo di Dio discender piacque
+</p>
+
+<p>
+u&rsquo; la natura, che dal suo fattore<br />
+s&rsquo;era allungata, unì a sé in persona<br />
+con l&rsquo;atto sol del suo etterno amore.
+</p>
+
+<p>
+Or drizza il viso a quel ch&rsquo;or si ragiona:<br />
+questa natura al suo fattore unita,<br />
+qual fu creata, fu sincera e buona;
+</p>
+
+<p>
+ma per sé stessa pur fu ella sbandita<br />
+di paradiso, però che si torse<br />
+da via di verità e da sua vita.
+</p>
+
+<p>
+La pena dunque che la croce porse<br />
+s&rsquo;a la natura assunta si misura,<br />
+nulla già mai sì giustamente morse;
+</p>
+
+<p>
+e così nulla fu di tanta ingiura,<br />
+guardando a la persona che sofferse,<br />
+in che era contratta tal natura.
+</p>
+
+<p>
+Però d&rsquo;un atto uscir cose diverse:<br />
+ch&rsquo;a Dio e a&rsquo; Giudei piacque una morte;<br />
+per lei tremò la terra e &rsquo;l ciel s&rsquo;aperse.
+</p>
+
+<p>
+Non ti dee oramai parer più forte,<br />
+quando si dice che giusta vendetta<br />
+poscia vengiata fu da giusta corte.
+</p>
+
+<p>
+Ma io veggi&rsquo; or la tua mente ristretta<br />
+di pensiero in pensier dentro ad un nodo,<br />
+del qual con gran disio solver s&rsquo;aspetta.
+</p>
+
+<p>
+Tu dici: “Ben discerno ciò ch&rsquo;i&rsquo; odo;<br />
+ma perché Dio volesse, m&rsquo;è occulto,<br />
+a nostra redenzion pur questo modo”.
+</p>
+
+<p>
+Questo decreto, frate, sta sepulto<br />
+a li occhi di ciascuno il cui ingegno<br />
+ne la fiamma d&rsquo;amor non è adulto.
+</p>
+
+<p>
+Veramente, però ch&rsquo;a questo segno<br />
+molto si mira e poco si discerne,<br />
+dirò perché tal modo fu più degno.
+</p>
+
+<p>
+La divina bontà, che da sé sperne<br />
+ogne livore, ardendo in sé, sfavilla<br />
+sì che dispiega le bellezze etterne.
+</p>
+
+<p>
+Ciò che da lei sanza mezzo distilla<br />
+non ha poi fine, perché non si move<br />
+la sua imprenta quand&rsquo; ella sigilla.
+</p>
+
+<p>
+Ciò che da essa sanza mezzo piove<br />
+libero è tutto, perché non soggiace<br />
+a la virtute de le cose nove.
+</p>
+
+<p>
+Più l&rsquo;è conforme, e però più le piace;<br />
+ché l&rsquo;ardor santo ch&rsquo;ogne cosa raggia,<br />
+ne la più somigliante è più vivace.
+</p>
+
+<p>
+Di tutte queste dote s&rsquo;avvantaggia<br />
+l&rsquo;umana creatura, e s&rsquo;una manca,<br />
+di sua nobilità convien che caggia.
+</p>
+
+<p>
+Solo il peccato è quel che la disfranca<br />
+e falla dissimìle al sommo bene,<br />
+per che del lume suo poco s&rsquo;imbianca;
+</p>
+
+<p>
+e in sua dignità mai non rivene,<br />
+se non rïempie, dove colpa vòta,<br />
+contra mal dilettar con giuste pene.
+</p>
+
+<p>
+Vostra natura, quando peccò tota<br />
+nel seme suo, da queste dignitadi,<br />
+come di paradiso, fu remota;
+</p>
+
+<p>
+né ricovrar potiensi, se tu badi<br />
+ben sottilmente, per alcuna via,<br />
+sanza passar per un di questi guadi:
+</p>
+
+<p>
+o che Dio solo per sua cortesia<br />
+dimesso avesse, o che l&rsquo;uom per sé isso<br />
+avesse sodisfatto a sua follia.
+</p>
+
+<p>
+Ficca mo l&rsquo;occhio per entro l&rsquo;abisso<br />
+de l&rsquo;etterno consiglio, quanto puoi<br />
+al mio parlar distrettamente fisso.
+</p>
+
+<p>
+Non potea l&rsquo;uomo ne&rsquo; termini suoi<br />
+mai sodisfar, per non potere ir giuso<br />
+con umiltate obedïendo poi,
+</p>
+
+<p>
+quanto disobediendo intese ir suso;<br />
+e questa è la cagion per che l&rsquo;uom fue<br />
+da poter sodisfar per sé dischiuso.
+</p>
+
+<p>
+Dunque a Dio convenia con le vie sue<br />
+riparar l&rsquo;omo a sua intera vita,<br />
+dico con l&rsquo;una, o ver con amendue.
+</p>
+
+<p>
+Ma perché l&rsquo;ovra tanto è più gradita<br />
+da l&rsquo;operante, quanto più appresenta<br />
+de la bontà del core ond&rsquo; ell&rsquo; è uscita,
+</p>
+
+<p>
+la divina bontà che &rsquo;l mondo imprenta,<br />
+di proceder per tutte le sue vie,<br />
+a rilevarvi suso, fu contenta.
+</p>
+
+<p>
+Né tra l&rsquo;ultima notte e &rsquo;l primo die<br />
+sì alto o sì magnifico processo,<br />
+o per l&rsquo;una o per l&rsquo;altra, fu o fie:
+</p>
+
+<p>
+ché più largo fu Dio a dar sé stesso<br />
+per far l&rsquo;uom sufficiente a rilevarsi,<br />
+che s&rsquo;elli avesse sol da sé dimesso;
+</p>
+
+<p>
+e tutti li altri modi erano scarsi<br />
+a la giustizia, se &rsquo;l Figliuol di Dio<br />
+non fosse umilïato ad incarnarsi.
+</p>
+
+<p>
+Or per empierti bene ogne disio,<br />
+ritorno a dichiararti in alcun loco,<br />
+perché tu veggi lì così com&rsquo; io.
+</p>
+
+<p>
+Tu dici: “Io veggio l&rsquo;acqua, io veggio il foco,<br />
+l&rsquo;aere e la terra e tutte lor misture<br />
+venire a corruzione, e durar poco;
+</p>
+
+<p>
+e queste cose pur furon creature;<br />
+per che, se ciò ch&rsquo;è detto è stato vero,<br />
+esser dovrien da corruzion sicure”.
+</p>
+
+<p>
+Li angeli, frate, e &rsquo;l paese sincero<br />
+nel qual tu se&rsquo;, dir si posson creati,<br />
+sì come sono, in loro essere intero;
+</p>
+
+<p>
+ma li alimenti che tu hai nomati<br />
+e quelle cose che di lor si fanno<br />
+da creata virtù sono informati.
+</p>
+
+<p>
+Creata fu la materia ch&rsquo;elli hanno;<br />
+creata fu la virtù informante<br />
+in queste stelle che &rsquo;ntorno a lor vanno.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;anima d&rsquo;ogne bruto e de le piante<br />
+di complession potenzïata tira<br />
+lo raggio e &rsquo;l moto de le luci sante;
+</p>
+
+<p>
+ma vostra vita sanza mezzo spira<br />
+la somma beninanza, e la innamora<br />
+di sé sì che poi sempre la disira.
+</p>
+
+<p>
+E quinci puoi argomentare ancora<br />
+vostra resurrezion, se tu ripensi<br />
+come l&rsquo;umana carne fessi allora
+</p>
+
+<p>
+che li primi parenti intrambo fensi».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto75"></a>
+Paradiso<br />
+Canto VIII
+</h2>
+
+<p>
+Solea creder lo mondo in suo periclo<br />
+che la bella Ciprigna il folle amore<br />
+raggiasse, volta nel terzo epiciclo;
+</p>
+
+<p>
+per che non pur a lei faceano onore<br />
+di sacrificio e di votivo grido<br />
+le genti antiche ne l&rsquo;antico errore;
+</p>
+
+<p>
+ma Dïone onoravano e Cupido,<br />
+quella per madre sua, questo per figlio,<br />
+e dicean ch&rsquo;el sedette in grembo a Dido;
+</p>
+
+<p>
+e da costei ond&rsquo; io principio piglio<br />
+pigliavano il vocabol de la stella<br />
+che &rsquo;l sol vagheggia or da coppa or da ciglio.
+</p>
+
+<p>
+Io non m&rsquo;accorsi del salire in ella;<br />
+ma d&rsquo;esservi entro mi fé assai fede<br />
+la donna mia ch&rsquo;i&rsquo; vidi far più bella.
+</p>
+
+<p>
+E come in fiamma favilla si vede,<br />
+e come in voce voce si discerne,<br />
+quand&rsquo; una è ferma e altra va e riede,
+</p>
+
+<p>
+vid&rsquo; io in essa luce altre lucerne<br />
+muoversi in giro più e men correnti,<br />
+al modo, credo, di lor viste interne.
+</p>
+
+<p>
+Di fredda nube non disceser venti,<br />
+o visibili o no, tanto festini,<br />
+che non paressero impediti e lenti
+</p>
+
+<p>
+a chi avesse quei lumi divini<br />
+veduti a noi venir, lasciando il giro<br />
+pria cominciato in li alti Serafini;
+</p>
+
+<p>
+e dentro a quei che più innanzi appariro<br />
+sonava ‘Osanna&rsquo; sì, che unque poi<br />
+di rïudir non fui sanza disiro.
+</p>
+
+<p>
+Indi si fece l&rsquo;un più presso a noi<br />
+e solo incominciò: «Tutti sem presti<br />
+al tuo piacer, perché di noi ti gioi.
+</p>
+
+<p>
+Noi ci volgiam coi principi celesti<br />
+d&rsquo;un giro e d&rsquo;un girare e d&rsquo;una sete,<br />
+ai quali tu del mondo già dicesti:
+</p>
+
+<p>
+‘Voi che &rsquo;ntendendo il terzo ciel movete&rsquo;;<br />
+e sem sì pien d&rsquo;amor, che, per piacerti,<br />
+non fia men dolce un poco di quïete».
+</p>
+
+<p>
+Poscia che li occhi miei si fuoro offerti<br />
+a la mia donna reverenti, ed essa<br />
+fatti li avea di sé contenti e certi,
+</p>
+
+<p>
+rivolsersi a la luce che promessa<br />
+tanto s&rsquo;avea, e «Deh, chi siete?» fue<br />
+la voce mia di grande affetto impressa.
+</p>
+
+<p>
+E quanta e quale vid&rsquo; io lei far piùe<br />
+per allegrezza nova che s&rsquo;accrebbe,<br />
+quando parlai, a l&rsquo;allegrezze sue!
+</p>
+
+<p>
+Così fatta, mi disse: «Il mondo m&rsquo;ebbe<br />
+giù poco tempo; e se più fosse stato,<br />
+molto sarà di mal, che non sarebbe.
+</p>
+
+<p>
+La mia letizia mi ti tien celato<br />
+che mi raggia dintorno e mi nasconde<br />
+quasi animal di sua seta fasciato.
+</p>
+
+<p>
+Assai m&rsquo;amasti, e avesti ben onde;<br />
+che s&rsquo;io fossi giù stato, io ti mostrava<br />
+di mio amor più oltre che le fronde.
+</p>
+
+<p>
+Quella sinistra riva che si lava<br />
+di Rodano poi ch&rsquo;è misto con Sorga,<br />
+per suo segnore a tempo m&rsquo;aspettava,
+</p>
+
+<p>
+e quel corno d&rsquo;Ausonia che s&rsquo;imborga<br />
+di Bari e di Gaeta e di Catona,<br />
+da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
+</p>
+
+<p>
+Fulgeami già in fronte la corona<br />
+di quella terra che &rsquo;l Danubio riga<br />
+poi che le ripe tedesche abbandona.
+</p>
+
+<p>
+E la bella Trinacria, che caliga<br />
+tra Pachino e Peloro, sopra &rsquo;l golfo<br />
+che riceve da Euro maggior briga,
+</p>
+
+<p>
+non per Tifeo ma per nascente solfo,<br />
+attesi avrebbe li suoi regi ancora,<br />
+nati per me di Carlo e di Ridolfo,
+</p>
+
+<p>
+se mala segnoria, che sempre accora<br />
+li popoli suggetti, non avesse<br />
+mosso Palermo a gridar: “Mora, mora!”.
+</p>
+
+<p>
+E se mio frate questo antivedesse,<br />
+l&rsquo;avara povertà di Catalogna<br />
+già fuggeria, perché non li offendesse;
+</p>
+
+<p>
+ché veramente proveder bisogna<br />
+per lui, o per altrui, sì ch&rsquo;a sua barca<br />
+carcata più d&rsquo;incarco non si pogna.
+</p>
+
+<p>
+La sua natura, che di larga parca<br />
+discese, avria mestier di tal milizia<br />
+che non curasse di mettere in arca».
+</p>
+
+<p>
+«Però ch&rsquo;i&rsquo; credo che l&rsquo;alta letizia<br />
+che &rsquo;l tuo parlar m&rsquo;infonde, segnor mio,<br />
+là &rsquo;ve ogne ben si termina e s&rsquo;inizia,
+</p>
+
+<p>
+per te si veggia come la vegg&rsquo; io,<br />
+grata m&rsquo;è più; e anco quest&rsquo; ho caro<br />
+perché &rsquo;l discerni rimirando in Dio.
+</p>
+
+<p>
+Fatto m&rsquo;hai lieto, e così mi fa chiaro,<br />
+poi che, parlando, a dubitar m&rsquo;hai mosso<br />
+com&rsquo; esser può, di dolce seme, amaro».
+</p>
+
+<p>
+Questo io a lui; ed elli a me: «S&rsquo;io posso<br />
+mostrarti un vero, a quel che tu dimandi<br />
+terrai lo viso come tien lo dosso.
+</p>
+
+<p>
+Lo ben che tutto il regno che tu scandi<br />
+volge e contenta, fa esser virtute<br />
+sua provedenza in questi corpi grandi.
+</p>
+
+<p>
+E non pur le nature provedute<br />
+sono in la mente ch&rsquo;è da sé perfetta,<br />
+ma esse insieme con la lor salute:
+</p>
+
+<p>
+per che quantunque quest&rsquo; arco saetta<br />
+disposto cade a proveduto fine,<br />
+sì come cosa in suo segno diretta.
+</p>
+
+<p>
+Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine<br />
+producerebbe sì li suoi effetti,<br />
+che non sarebbero arti, ma ruine;
+</p>
+
+<p>
+e ciò esser non può, se li &rsquo;ntelletti<br />
+che muovon queste stelle non son manchi,<br />
+e manco il primo, che non li ha perfetti.
+</p>
+
+<p>
+Vuo&rsquo; tu che questo ver più ti s&rsquo;imbianchi?».<br />
+E io: «Non già; ché impossibil veggio<br />
+che la natura, in quel ch&rsquo;è uopo, stanchi».
+</p>
+
+<p>
+Ond&rsquo; elli ancora: «Or dì: sarebbe il peggio<br />
+per l&rsquo;omo in terra, se non fosse cive?».<br />
+«Sì», rispuos&rsquo; io; «e qui ragion non cheggio».
+</p>
+
+<p>
+«E puot&rsquo; elli esser, se giù non si vive<br />
+diversamente per diversi offici?<br />
+Non, se &rsquo;l maestro vostro ben vi scrive».
+</p>
+
+<p>
+Sì venne deducendo infino a quici;<br />
+poscia conchiuse: «Dunque esser diverse<br />
+convien di vostri effetti le radici:
+</p>
+
+<p>
+per ch&rsquo;un nasce Solone e altro Serse,<br />
+altro Melchisedèch e altro quello<br />
+che, volando per l&rsquo;aere, il figlio perse.
+</p>
+
+<p>
+La circular natura, ch&rsquo;è suggello<br />
+a la cera mortal, fa ben sua arte,<br />
+ma non distingue l&rsquo;un da l&rsquo;altro ostello.
+</p>
+
+<p>
+Quinci addivien ch&rsquo;Esaù si diparte<br />
+per seme da Iacòb; e vien Quirino<br />
+da sì vil padre, che si rende a Marte.
+</p>
+
+<p>
+Natura generata il suo cammino<br />
+simil farebbe sempre a&rsquo; generanti,<br />
+se non vincesse il proveder divino.
+</p>
+
+<p>
+Or quel che t&rsquo;era dietro t&rsquo;è davanti:<br />
+ma perché sappi che di te mi giova,<br />
+un corollario voglio che t&rsquo;ammanti.
+</p>
+
+<p>
+Sempre natura, se fortuna trova<br />
+discorde a sé, com&rsquo; ogne altra semente<br />
+fuor di sua regïon, fa mala prova.
+</p>
+
+<p>
+E se &rsquo;l mondo là giù ponesse mente<br />
+al fondamento che natura pone,<br />
+seguendo lui, avria buona la gente.
+</p>
+
+<p>
+Ma voi torcete a la religïone<br />
+tal che fia nato a cignersi la spada,<br />
+e fate re di tal ch&rsquo;è da sermone;
+</p>
+
+<p>
+onde la traccia vostra è fuor di strada».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto76"></a>
+Paradiso<br />
+Canto IX
+</h2>
+
+<p>
+Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,<br />
+m&rsquo;ebbe chiarito, mi narrò li &rsquo;nganni<br />
+che ricever dovea la sua semenza;
+</p>
+
+<p>
+ma disse: «Taci e lascia muover li anni»;<br />
+sì ch&rsquo;io non posso dir se non che pianto<br />
+giusto verrà di retro ai vostri danni.
+</p>
+
+<p>
+E già la vita di quel lume santo<br />
+rivolta s&rsquo;era al Sol che la rïempie<br />
+come quel ben ch&rsquo;a ogne cosa è tanto.
+</p>
+
+<p>
+Ahi anime ingannate e fatture empie,<br />
+che da sì fatto ben torcete i cuori,<br />
+drizzando in vanità le vostre tempie!
+</p>
+
+<p>
+Ed ecco un altro di quelli splendori<br />
+ver&rsquo; me si fece, e &rsquo;l suo voler piacermi<br />
+significava nel chiarir di fori.
+</p>
+
+<p>
+Li occhi di Bëatrice, ch&rsquo;eran fermi<br />
+sovra me, come pria, di caro assenso<br />
+al mio disio certificato fermi.
+</p>
+
+<p>
+«Deh, metti al mio voler tosto compenso,<br />
+beato spirto», dissi, «e fammi prova<br />
+ch&rsquo;i&rsquo; possa in te refletter quel ch&rsquo;io penso!».
+</p>
+
+<p>
+Onde la luce che m&rsquo;era ancor nova,<br />
+del suo profondo, ond&rsquo; ella pria cantava,<br />
+seguette come a cui di ben far giova:
+</p>
+
+<p>
+«In quella parte de la terra prava<br />
+italica che siede tra Rïalto<br />
+e le fontane di Brenta e di Piava,
+</p>
+
+<p>
+si leva un colle, e non surge molt&rsquo; alto,<br />
+là onde scese già una facella<br />
+che fece a la contrada un grande assalto.
+</p>
+
+<p>
+D&rsquo;una radice nacqui e io ed ella:<br />
+Cunizza fui chiamata, e qui refulgo<br />
+perché mi vinse il lume d&rsquo;esta stella;
+</p>
+
+<p>
+ma lietamente a me medesma indulgo<br />
+la cagion di mia sorte, e non mi noia;<br />
+che parria forse forte al vostro vulgo.
+</p>
+
+<p>
+Di questa luculenta e cara gioia<br />
+del nostro cielo che più m&rsquo;è propinqua,<br />
+grande fama rimase; e pria che moia,
+</p>
+
+<p>
+questo centesimo anno ancor s&rsquo;incinqua:<br />
+vedi se far si dee l&rsquo;omo eccellente,<br />
+sì ch&rsquo;altra vita la prima relinqua.
+</p>
+
+<p>
+E ciò non pensa la turba presente<br />
+che Tagliamento e Adice richiude,<br />
+né per esser battuta ancor si pente;
+</p>
+
+<p>
+ma tosto fia che Padova al palude<br />
+cangerà l&rsquo;acqua che Vincenza bagna,<br />
+per essere al dover le genti crude;
+</p>
+
+<p>
+e dove Sile e Cagnan s&rsquo;accompagna,<br />
+tal signoreggia e va con la testa alta,<br />
+che già per lui carpir si fa la ragna.
+</p>
+
+<p>
+Piangerà Feltro ancora la difalta<br />
+de l&rsquo;empio suo pastor, che sarà sconcia<br />
+sì, che per simil non s&rsquo;entrò in malta.
+</p>
+
+<p>
+Troppo sarebbe larga la bigoncia<br />
+che ricevesse il sangue ferrarese,<br />
+e stanco chi &rsquo;l pesasse a oncia a oncia,
+</p>
+
+<p>
+che donerà questo prete cortese<br />
+per mostrarsi di parte; e cotai doni<br />
+conformi fieno al viver del paese.
+</p>
+
+<p>
+Sù sono specchi, voi dicete Troni,<br />
+onde refulge a noi Dio giudicante;<br />
+sì che questi parlar ne paion buoni».
+</p>
+
+<p>
+Qui si tacette; e fecemi sembiante<br />
+che fosse ad altro volta, per la rota<br />
+in che si mise com&rsquo; era davante.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;altra letizia, che m&rsquo;era già nota<br />
+per cara cosa, mi si fece in vista<br />
+qual fin balasso in che lo sol percuota.
+</p>
+
+<p>
+Per letiziar là sù fulgor s&rsquo;acquista,<br />
+sì come riso qui; ma giù s&rsquo;abbuia<br />
+l&rsquo;ombra di fuor, come la mente è trista.
+</p>
+
+<p>
+«Dio vede tutto, e tuo veder s&rsquo;inluia»,<br />
+diss&rsquo; io, «beato spirto, sì che nulla<br />
+voglia di sé a te puot&rsquo; esser fuia.
+</p>
+
+<p>
+Dunque la voce tua, che &rsquo;l ciel trastulla<br />
+sempre col canto di quei fuochi pii<br />
+che di sei ali facen la coculla,
+</p>
+
+<p>
+perché non satisface a&rsquo; miei disii?<br />
+Già non attendere&rsquo; io tua dimanda,<br />
+s&rsquo;io m&rsquo;intuassi, come tu t&rsquo;inmii».
+</p>
+
+<p>
+«La maggior valle in che l&rsquo;acqua si spanda»,<br />
+incominciaro allor le sue parole,<br />
+«fuor di quel mar che la terra inghirlanda,
+</p>
+
+<p>
+tra &rsquo; discordanti liti contra &rsquo;l sole<br />
+tanto sen va, che fa meridïano<br />
+là dove l&rsquo;orizzonte pria far suole.
+</p>
+
+<p>
+Di quella valle fu&rsquo; io litorano<br />
+tra Ebro e Macra, che per cammin corto<br />
+parte lo Genovese dal Toscano.
+</p>
+
+<p>
+Ad un occaso quasi e ad un orto<br />
+Buggea siede e la terra ond&rsquo; io fui,<br />
+che fé del sangue suo già caldo il porto.
+</p>
+
+<p>
+Folco mi disse quella gente a cui<br />
+fu noto il nome mio; e questo cielo<br />
+di me s&rsquo;imprenta, com&rsquo; io fe&rsquo; di lui;
+</p>
+
+<p>
+ché più non arse la figlia di Belo,<br />
+noiando e a Sicheo e a Creusa,<br />
+di me, infin che si convenne al pelo;
+</p>
+
+<p>
+né quella Rodopëa che delusa<br />
+fu da Demofoonte, né Alcide<br />
+quando Iole nel core ebbe rinchiusa.
+</p>
+
+<p>
+Non però qui si pente, ma si ride,<br />
+non de la colpa, ch&rsquo;a mente non torna,<br />
+ma del valor ch&rsquo;ordinò e provide.
+</p>
+
+<p>
+Qui si rimira ne l&rsquo;arte ch&rsquo;addorna<br />
+cotanto affetto, e discernesi &rsquo;l bene<br />
+per che &rsquo;l mondo di sù quel di giù torna.
+</p>
+
+<p>
+Ma perché tutte le tue voglie piene<br />
+ten porti che son nate in questa spera,<br />
+proceder ancor oltre mi convene.
+</p>
+
+<p>
+Tu vuo&rsquo; saper chi è in questa lumera<br />
+che qui appresso me così scintilla<br />
+come raggio di sole in acqua mera.
+</p>
+
+<p>
+Or sappi che là entro si tranquilla<br />
+Raab; e a nostr&rsquo; ordine congiunta,<br />
+di lei nel sommo grado si sigilla.
+</p>
+
+<p>
+Da questo cielo, in cui l&rsquo;ombra s&rsquo;appunta<br />
+che &rsquo;l vostro mondo face, pria ch&rsquo;altr&rsquo; alma<br />
+del trïunfo di Cristo fu assunta.
+</p>
+
+<p>
+Ben si convenne lei lasciar per palma<br />
+in alcun cielo de l&rsquo;alta vittoria<br />
+che s&rsquo;acquistò con l&rsquo;una e l&rsquo;altra palma,
+</p>
+
+<p>
+perch&rsquo; ella favorò la prima gloria<br />
+di Iosüè in su la Terra Santa,<br />
+che poco tocca al papa la memoria.
+</p>
+
+<p>
+La tua città, che di colui è pianta<br />
+che pria volse le spalle al suo fattore<br />
+e di cui è la &rsquo;nvidia tanto pianta,
+</p>
+
+<p>
+produce e spande il maladetto fiore<br />
+c&rsquo;ha disvïate le pecore e li agni,<br />
+però che fatto ha lupo del pastore.
+</p>
+
+<p>
+Per questo l&rsquo;Evangelio e i dottor magni<br />
+son derelitti, e solo ai Decretali<br />
+si studia, sì che pare a&rsquo; lor vivagni.
+</p>
+
+<p>
+A questo intende il papa e &rsquo; cardinali;<br />
+non vanno i lor pensieri a Nazarette,<br />
+là dove Gabrïello aperse l&rsquo;ali.
+</p>
+
+<p>
+Ma Vaticano e l&rsquo;altre parti elette<br />
+di Roma che son state cimitero<br />
+a la milizia che Pietro seguette,
+</p>
+
+<p>
+tosto libere fien de l&rsquo;avoltero».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto77"></a>
+Paradiso<br />
+Canto X
+</h2>
+
+<p>
+Guardando nel suo Figlio con l&rsquo;Amore<br />
+che l&rsquo;uno e l&rsquo;altro etternalmente spira,<br />
+lo primo e ineffabile Valore
+</p>
+
+<p>
+quanto per mente e per loco si gira<br />
+con tant&rsquo; ordine fé, ch&rsquo;esser non puote<br />
+sanza gustar di lui chi ciò rimira.
+</p>
+
+<p>
+Leva dunque, lettore, a l&rsquo;alte rote<br />
+meco la vista, dritto a quella parte<br />
+dove l&rsquo;un moto e l&rsquo;altro si percuote;
+</p>
+
+<p>
+e lì comincia a vagheggiar ne l&rsquo;arte<br />
+di quel maestro che dentro a sé l&rsquo;ama,<br />
+tanto che mai da lei l&rsquo;occhio non parte.
+</p>
+
+<p>
+Vedi come da indi si dirama<br />
+l&rsquo;oblico cerchio che i pianeti porta,<br />
+per sodisfare al mondo che li chiama.
+</p>
+
+<p>
+Che se la strada lor non fosse torta,<br />
+molta virtù nel ciel sarebbe in vano,<br />
+e quasi ogne potenza qua giù morta;
+</p>
+
+<p>
+e se dal dritto più o men lontano<br />
+fosse &rsquo;l partire, assai sarebbe manco<br />
+e giù e sù de l&rsquo;ordine mondano.
+</p>
+
+<p>
+Or ti riman, lettor, sovra &rsquo;l tuo banco,<br />
+dietro pensando a ciò che si preliba,<br />
+s&rsquo;esser vuoi lieto assai prima che stanco.
+</p>
+
+<p>
+Messo t&rsquo;ho innanzi: omai per te ti ciba;<br />
+ché a sé torce tutta la mia cura<br />
+quella materia ond&rsquo; io son fatto scriba.
+</p>
+
+<p>
+Lo ministro maggior de la natura,<br />
+che del valor del ciel lo mondo imprenta<br />
+e col suo lume il tempo ne misura,
+</p>
+
+<p>
+con quella parte che sù si rammenta<br />
+congiunto, si girava per le spire<br />
+in che più tosto ognora s&rsquo;appresenta;
+</p>
+
+<p>
+e io era con lui; ma del salire<br />
+non m&rsquo;accors&rsquo; io, se non com&rsquo; uom s&rsquo;accorge,<br />
+anzi &rsquo;l primo pensier, del suo venire.
+</p>
+
+<p>
+È Bëatrice quella che sì scorge<br />
+di bene in meglio, sì subitamente<br />
+che l&rsquo;atto suo per tempo non si sporge.
+</p>
+
+<p>
+Quant&rsquo; esser convenia da sé lucente<br />
+quel ch&rsquo;era dentro al sol dov&rsquo; io entra&rsquo;mi,<br />
+non per color, ma per lume parvente!
+</p>
+
+<p>
+Perch&rsquo; io lo &rsquo;ngegno e l&rsquo;arte e l&rsquo;uso chiami,<br />
+sì nol direi che mai s&rsquo;imaginasse;<br />
+ma creder puossi e di veder si brami.
+</p>
+
+<p>
+E se le fantasie nostre son basse<br />
+a tanta altezza, non è maraviglia;<br />
+ché sopra &rsquo;l sol non fu occhio ch&rsquo;andasse.
+</p>
+
+<p>
+Tal era quivi la quarta famiglia<br />
+de l&rsquo;alto Padre, che sempre la sazia,<br />
+mostrando come spira e come figlia.
+</p>
+
+<p>
+E Bëatrice cominciò: «Ringrazia,<br />
+ringrazia il Sol de li angeli, ch&rsquo;a questo<br />
+sensibil t&rsquo;ha levato per sua grazia».
+</p>
+
+<p>
+Cor di mortal non fu mai sì digesto<br />
+a divozione e a rendersi a Dio<br />
+con tutto &rsquo;l suo gradir cotanto presto,
+</p>
+
+<p>
+come a quelle parole mi fec&rsquo; io;<br />
+e sì tutto &rsquo;l mio amore in lui si mise,<br />
+che Bëatrice eclissò ne l&rsquo;oblio.
+</p>
+
+<p>
+Non le dispiacque; ma sì se ne rise,<br />
+che lo splendor de li occhi suoi ridenti<br />
+mia mente unita in più cose divise.
+</p>
+
+<p>
+Io vidi più folgór vivi e vincenti<br />
+far di noi centro e di sé far corona,<br />
+più dolci in voce che in vista lucenti:
+</p>
+
+<p>
+così cinger la figlia di Latona<br />
+vedem talvolta, quando l&rsquo;aere è pregno,<br />
+sì che ritenga il fil che fa la zona.
+</p>
+
+<p>
+Ne la corte del cielo, ond&rsquo; io rivegno,<br />
+si trovan molte gioie care e belle<br />
+tanto che non si posson trar del regno;
+</p>
+
+<p>
+e &rsquo;l canto di quei lumi era di quelle;<br />
+chi non s&rsquo;impenna sì che là sù voli,<br />
+dal muto aspetti quindi le novelle.
+</p>
+
+<p>
+Poi, sì cantando, quelli ardenti soli<br />
+si fuor girati intorno a noi tre volte,<br />
+come stelle vicine a&rsquo; fermi poli,
+</p>
+
+<p>
+donne mi parver, non da ballo sciolte,<br />
+ma che s&rsquo;arrestin tacite, ascoltando<br />
+fin che le nove note hanno ricolte.
+</p>
+
+<p>
+E dentro a l&rsquo;un senti&rsquo; cominciar: «Quando<br />
+lo raggio de la grazia, onde s&rsquo;accende<br />
+verace amore e che poi cresce amando,
+</p>
+
+<p>
+multiplicato in te tanto resplende,<br />
+che ti conduce su per quella scala<br />
+u&rsquo; sanza risalir nessun discende;
+</p>
+
+<p>
+qual ti negasse il vin de la sua fiala<br />
+per la tua sete, in libertà non fora<br />
+se non com&rsquo; acqua ch&rsquo;al mar non si cala.
+</p>
+
+<p>
+Tu vuo&rsquo; saper di quai piante s&rsquo;infiora<br />
+questa ghirlanda che &rsquo;ntorno vagheggia<br />
+la bella donna ch&rsquo;al ciel t&rsquo;avvalora.
+</p>
+
+<p>
+Io fui de li agni de la santa greggia<br />
+che Domenico mena per cammino<br />
+u&rsquo; ben s&rsquo;impingua se non si vaneggia.
+</p>
+
+<p>
+Questi che m&rsquo;è a destra più vicino,<br />
+frate e maestro fummi, ed esso Alberto<br />
+è di Cologna, e io Thomas d&rsquo;Aquino.
+</p>
+
+<p>
+Se sì di tutti li altri esser vuo&rsquo; certo,<br />
+di retro al mio parlar ten vien col viso<br />
+girando su per lo beato serto.
+</p>
+
+<p>
+Quell&rsquo; altro fiammeggiare esce del riso<br />
+di Grazïan, che l&rsquo;uno e l&rsquo;altro foro<br />
+aiutò sì che piace in paradiso.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;altro ch&rsquo;appresso addorna il nostro coro,<br />
+quel Pietro fu che con la poverella<br />
+offerse a Santa Chiesa suo tesoro.
+</p>
+
+<p>
+La quinta luce, ch&rsquo;è tra noi più bella,<br />
+spira di tale amor, che tutto &rsquo;l mondo<br />
+là giù ne gola di saper novella:
+</p>
+
+<p>
+entro v&rsquo;è l&rsquo;alta mente u&rsquo; sì profondo<br />
+saver fu messo, che, se &rsquo;l vero è vero,<br />
+a veder tanto non surse il secondo.
+</p>
+
+<p>
+Appresso vedi il lume di quel cero<br />
+che giù in carne più a dentro vide<br />
+l&rsquo;angelica natura e &rsquo;l ministero.
+</p>
+
+<p>
+Ne l&rsquo;altra piccioletta luce ride<br />
+quello avvocato de&rsquo; tempi cristiani<br />
+del cui latino Augustin si provide.
+</p>
+
+<p>
+Or se tu l&rsquo;occhio de la mente trani<br />
+di luce in luce dietro a le mie lode,<br />
+già de l&rsquo;ottava con sete rimani.
+</p>
+
+<p>
+Per vedere ogne ben dentro vi gode<br />
+l&rsquo;anima santa che &rsquo;l mondo fallace<br />
+fa manifesto a chi di lei ben ode.
+</p>
+
+<p>
+Lo corpo ond&rsquo; ella fu cacciata giace<br />
+giuso in Cieldauro; ed essa da martiro<br />
+e da essilio venne a questa pace.
+</p>
+
+<p>
+Vedi oltre fiammeggiar l&rsquo;ardente spiro<br />
+d&rsquo;Isidoro, di Beda e di Riccardo,<br />
+che a considerar fu più che viro.
+</p>
+
+<p>
+Questi onde a me ritorna il tuo riguardo,<br />
+è &rsquo;l lume d&rsquo;uno spirto che &rsquo;n pensieri<br />
+gravi a morir li parve venir tardo:
+</p>
+
+<p>
+essa è la luce etterna di Sigieri,<br />
+che, leggendo nel Vico de li Strami,<br />
+silogizzò invidïosi veri».
+</p>
+
+<p>
+Indi, come orologio che ne chiami<br />
+ne l&rsquo;ora che la sposa di Dio surge<br />
+a mattinar lo sposo perché l&rsquo;ami,
+</p>
+
+<p>
+che l&rsquo;una parte e l&rsquo;altra tira e urge,<br />
+tin tin sonando con sì dolce nota,<br />
+che &rsquo;l ben disposto spirto d&rsquo;amor turge;
+</p>
+
+<p>
+così vid&rsquo; ïo la gloriosa rota<br />
+muoversi e render voce a voce in tempra<br />
+e in dolcezza ch&rsquo;esser non pò nota
+</p>
+
+<p>
+se non colà dove gioir s&rsquo;insempra.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto78"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XI
+</h2>
+
+<p>
+O insensata cura de&rsquo; mortali,<br />
+quanto son difettivi silogismi<br />
+quei che ti fanno in basso batter l&rsquo;ali!
+</p>
+
+<p>
+Chi dietro a iura e chi ad amforismi<br />
+sen giva, e chi seguendo sacerdozio,<br />
+e chi regnar per forza o per sofismi,
+</p>
+
+<p>
+e chi rubare e chi civil negozio,<br />
+chi nel diletto de la carne involto<br />
+s&rsquo;affaticava e chi si dava a l&rsquo;ozio,
+</p>
+
+<p>
+quando, da tutte queste cose sciolto,<br />
+con Bëatrice m&rsquo;era suso in cielo<br />
+cotanto glorïosamente accolto.
+</p>
+
+<p>
+Poi che ciascuno fu tornato ne lo<br />
+punto del cerchio in che avanti s&rsquo;era,<br />
+fermossi, come a candellier candelo.
+</p>
+
+<p>
+E io senti&rsquo; dentro a quella lumera<br />
+che pria m&rsquo;avea parlato, sorridendo<br />
+incominciar, faccendosi più mera:
+</p>
+
+<p>
+«Così com&rsquo; io del suo raggio resplendo,<br />
+sì, riguardando ne la luce etterna,<br />
+li tuoi pensieri onde cagioni apprendo.
+</p>
+
+<p>
+Tu dubbi, e hai voler che si ricerna<br />
+in sì aperta e &rsquo;n sì distesa lingua<br />
+lo dicer mio, ch&rsquo;al tuo sentir si sterna,
+</p>
+
+<p>
+ove dinanzi dissi: “U&rsquo; ben s&rsquo;impingua”,<br />
+e là u&rsquo; dissi: “Non nacque il secondo”;<br />
+e qui è uopo che ben si distingua.
+</p>
+
+<p>
+La provedenza, che governa il mondo<br />
+con quel consiglio nel quale ogne aspetto<br />
+creato è vinto pria che vada al fondo,
+</p>
+
+<p>
+però che andasse ver&rsquo; lo suo diletto<br />
+la sposa di colui ch&rsquo;ad alte grida<br />
+disposò lei col sangue benedetto,
+</p>
+
+<p>
+in sé sicura e anche a lui più fida,<br />
+due principi ordinò in suo favore,<br />
+che quinci e quindi le fosser per guida.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;un fu tutto serafico in ardore;<br />
+l&rsquo;altro per sapïenza in terra fue<br />
+di cherubica luce uno splendore.
+</p>
+
+<p>
+De l&rsquo;un dirò, però che d&rsquo;amendue<br />
+si dice l&rsquo;un pregiando, qual ch&rsquo;om prende,<br />
+perch&rsquo; ad un fine fur l&rsquo;opere sue.
+</p>
+
+<p>
+Intra Tupino e l&rsquo;acqua che discende<br />
+del colle eletto dal beato Ubaldo,<br />
+fertile costa d&rsquo;alto monte pende,
+</p>
+
+<p>
+onde Perugia sente freddo e caldo<br />
+da Porta Sole; e di rietro le piange<br />
+per grave giogo Nocera con Gualdo.
+</p>
+
+<p>
+Di questa costa, là dov&rsquo; ella frange<br />
+più sua rattezza, nacque al mondo un sole,<br />
+come fa questo talvolta di Gange.
+</p>
+
+<p>
+Però chi d&rsquo;esso loco fa parole,<br />
+non dica Ascesi, ché direbbe corto,<br />
+ma Orïente, se proprio dir vuole.
+</p>
+
+<p>
+Non era ancor molto lontan da l&rsquo;orto,<br />
+ch&rsquo;el cominciò a far sentir la terra<br />
+de la sua gran virtute alcun conforto;
+</p>
+
+<p>
+ché per tal donna, giovinetto, in guerra<br />
+del padre corse, a cui, come a la morte,<br />
+la porta del piacer nessun diserra;
+</p>
+
+<p>
+e dinanzi a la sua spirital corte<br />
+et coram patre le si fece unito;<br />
+poscia di dì in dì l&rsquo;amò più forte.
+</p>
+
+<p>
+Questa, privata del primo marito,<br />
+millecent&rsquo; anni e più dispetta e scura<br />
+fino a costui si stette sanza invito;
+</p>
+
+<p>
+né valse udir che la trovò sicura<br />
+con Amiclate, al suon de la sua voce,<br />
+colui ch&rsquo;a tutto &rsquo;l mondo fé paura;
+</p>
+
+<p>
+né valse esser costante né feroce,<br />
+sì che, dove Maria rimase giuso,<br />
+ella con Cristo pianse in su la croce.
+</p>
+
+<p>
+Ma perch&rsquo; io non proceda troppo chiuso,<br />
+Francesco e Povertà per questi amanti<br />
+prendi oramai nel mio parlar diffuso.
+</p>
+
+<p>
+La lor concordia e i lor lieti sembianti,<br />
+amore e maraviglia e dolce sguardo<br />
+facieno esser cagion di pensier santi;
+</p>
+
+<p>
+tanto che &rsquo;l venerabile Bernardo<br />
+si scalzò prima, e dietro a tanta pace<br />
+corse e, correndo, li parve esser tardo.
+</p>
+
+<p>
+Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!<br />
+Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro<br />
+dietro a lo sposo, sì la sposa piace.
+</p>
+
+<p>
+Indi sen va quel padre e quel maestro<br />
+con la sua donna e con quella famiglia<br />
+che già legava l&rsquo;umile capestro.
+</p>
+
+<p>
+Né li gravò viltà di cuor le ciglia<br />
+per esser fi&rsquo; di Pietro Bernardone,<br />
+né per parer dispetto a maraviglia;
+</p>
+
+<p>
+ma regalmente sua dura intenzione<br />
+ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe<br />
+primo sigillo a sua religïone.
+</p>
+
+<p>
+Poi che la gente poverella crebbe<br />
+dietro a costui, la cui mirabil vita<br />
+meglio in gloria del ciel si canterebbe,
+</p>
+
+<p>
+di seconda corona redimita<br />
+fu per Onorio da l&rsquo;Etterno Spiro<br />
+la santa voglia d&rsquo;esto archimandrita.
+</p>
+
+<p>
+E poi che, per la sete del martiro,<br />
+ne la presenza del Soldan superba<br />
+predicò Cristo e li altri che &rsquo;l seguiro,
+</p>
+
+<p>
+e per trovare a conversione acerba<br />
+troppo la gente e per non stare indarno,<br />
+redissi al frutto de l&rsquo;italica erba,
+</p>
+
+<p>
+nel crudo sasso intra Tevero e Arno<br />
+da Cristo prese l&rsquo;ultimo sigillo,<br />
+che le sue membra due anni portarno.
+</p>
+
+<p>
+Quando a colui ch&rsquo;a tanto ben sortillo<br />
+piacque di trarlo suso a la mercede<br />
+ch&rsquo;el meritò nel suo farsi pusillo,
+</p>
+
+<p>
+a&rsquo; frati suoi, sì com&rsquo; a giuste rede,<br />
+raccomandò la donna sua più cara,<br />
+e comandò che l&rsquo;amassero a fede;
+</p>
+
+<p>
+e del suo grembo l&rsquo;anima preclara<br />
+mover si volle, tornando al suo regno,<br />
+e al suo corpo non volle altra bara.
+</p>
+
+<p>
+Pensa oramai qual fu colui che degno<br />
+collega fu a mantener la barca<br />
+di Pietro in alto mar per dritto segno;
+</p>
+
+<p>
+e questo fu il nostro patrïarca;<br />
+per che qual segue lui, com&rsquo; el comanda,<br />
+discerner puoi che buone merce carca.
+</p>
+
+<p>
+Ma &rsquo;l suo pecuglio di nova vivanda<br />
+è fatto ghiotto, sì ch&rsquo;esser non puote<br />
+che per diversi salti non si spanda;
+</p>
+
+<p>
+e quanto le sue pecore remote<br />
+e vagabunde più da esso vanno,<br />
+più tornano a l&rsquo;ovil di latte vòte.
+</p>
+
+<p>
+Ben son di quelle che temono &rsquo;l danno<br />
+e stringonsi al pastor; ma son sì poche,<br />
+che le cappe fornisce poco panno.
+</p>
+
+<p>
+Or, se le mie parole non son fioche,<br />
+se la tua audïenza è stata attenta,<br />
+se ciò ch&rsquo;è detto a la mente revoche,
+</p>
+
+<p>
+in parte fia la tua voglia contenta,<br />
+perché vedrai la pianta onde si scheggia,<br />
+e vedra&rsquo; il corrègger che argomenta
+</p>
+
+<p>
+“U&rsquo; ben s&rsquo;impingua, se non si vaneggia”».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto79"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XII
+</h2>
+
+<p>
+Sì tosto come l&rsquo;ultima parola<br />
+la benedetta fiamma per dir tolse,<br />
+a rotar cominciò la santa mola;
+</p>
+
+<p>
+e nel suo giro tutta non si volse<br />
+prima ch&rsquo;un&rsquo;altra di cerchio la chiuse,<br />
+e moto a moto e canto a canto colse;
+</p>
+
+<p>
+canto che tanto vince nostre muse,<br />
+nostre serene in quelle dolci tube,<br />
+quanto primo splendor quel ch&rsquo;e&rsquo; refuse.
+</p>
+
+<p>
+Come si volgon per tenera nube<br />
+due archi paralelli e concolori,<br />
+quando Iunone a sua ancella iube,
+</p>
+
+<p>
+nascendo di quel d&rsquo;entro quel di fori,<br />
+a guisa del parlar di quella vaga<br />
+ch&rsquo;amor consunse come sol vapori,
+</p>
+
+<p>
+e fanno qui la gente esser presaga,<br />
+per lo patto che Dio con Noè puose,<br />
+del mondo che già mai più non s&rsquo;allaga:
+</p>
+
+<p>
+così di quelle sempiterne rose<br />
+volgiensi circa noi le due ghirlande,<br />
+e sì l&rsquo;estrema a l&rsquo;intima rispuose.
+</p>
+
+<p>
+Poi che &rsquo;l tripudio e l&rsquo;altra festa grande,<br />
+sì del cantare e sì del fiammeggiarsi<br />
+luce con luce gaudïose e blande,
+</p>
+
+<p>
+insieme a punto e a voler quetarsi,<br />
+pur come li occhi ch&rsquo;al piacer che i move<br />
+conviene insieme chiudere e levarsi;
+</p>
+
+<p>
+del cor de l&rsquo;una de le luci nove<br />
+si mosse voce, che l&rsquo;ago a la stella<br />
+parer mi fece in volgermi al suo dove;
+</p>
+
+<p>
+e cominciò: «L&rsquo;amor che mi fa bella<br />
+mi tragge a ragionar de l&rsquo;altro duca<br />
+per cui del mio sì ben ci si favella.
+</p>
+
+<p>
+Degno è che, dov&rsquo; è l&rsquo;un, l&rsquo;altro s&rsquo;induca:<br />
+sì che, com&rsquo; elli ad una militaro,<br />
+così la gloria loro insieme luca.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;essercito di Cristo, che sì caro<br />
+costò a rïarmar, dietro a la &rsquo;nsegna<br />
+si movea tardo, sospeccioso e raro,
+</p>
+
+<p>
+quando lo &rsquo;mperador che sempre regna<br />
+provide a la milizia, ch&rsquo;era in forse,<br />
+per sola grazia, non per esser degna;
+</p>
+
+<p>
+e, come è detto, a sua sposa soccorse<br />
+con due campioni, al cui fare, al cui dire<br />
+lo popol disvïato si raccorse.
+</p>
+
+<p>
+In quella parte ove surge ad aprire<br />
+Zefiro dolce le novelle fronde<br />
+di che si vede Europa rivestire,
+</p>
+
+<p>
+non molto lungi al percuoter de l&rsquo;onde<br />
+dietro a le quali, per la lunga foga,<br />
+lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde,
+</p>
+
+<p>
+siede la fortunata Calaroga<br />
+sotto la protezion del grande scudo<br />
+in che soggiace il leone e soggioga:
+</p>
+
+<p>
+dentro vi nacque l&rsquo;amoroso drudo<br />
+de la fede cristiana, il santo atleta<br />
+benigno a&rsquo; suoi e a&rsquo; nemici crudo;
+</p>
+
+<p>
+e come fu creata, fu repleta<br />
+sì la sua mente di viva vertute<br />
+che, ne la madre, lei fece profeta.
+</p>
+
+<p>
+Poi che le sponsalizie fuor compiute<br />
+al sacro fonte intra lui e la Fede,<br />
+u&rsquo; si dotar di mutüa salute,
+</p>
+
+<p>
+la donna che per lui l&rsquo;assenso diede,<br />
+vide nel sonno il mirabile frutto<br />
+ch&rsquo;uscir dovea di lui e de le rede;
+</p>
+
+<p>
+e perché fosse qual era in costrutto,<br />
+quinci si mosse spirito a nomarlo<br />
+del possessivo di cui era tutto.
+</p>
+
+<p>
+Domenico fu detto; e io ne parlo<br />
+sì come de l&rsquo;agricola che Cristo<br />
+elesse a l&rsquo;orto suo per aiutarlo.
+</p>
+
+<p>
+Ben parve messo e famigliar di Cristo:<br />
+che &rsquo;l primo amor che &rsquo;n lui fu manifesto,<br />
+fu al primo consiglio che diè Cristo.
+</p>
+
+<p>
+Spesse fïate fu tacito e desto<br />
+trovato in terra da la sua nutrice,<br />
+come dicesse: ‘Io son venuto a questo&rsquo;.
+</p>
+
+<p>
+Oh padre suo veramente Felice!<br />
+oh madre sua veramente Giovanna,<br />
+se, interpretata, val come si dice!
+</p>
+
+<p>
+Non per lo mondo, per cui mo s&rsquo;affanna<br />
+di retro ad Ostïense e a Taddeo,<br />
+ma per amor de la verace manna
+</p>
+
+<p>
+in picciol tempo gran dottor si feo;<br />
+tal che si mise a circüir la vigna<br />
+che tosto imbianca, se &rsquo;l vignaio è reo.
+</p>
+
+<p>
+E a la sedia che fu già benigna<br />
+più a&rsquo; poveri giusti, non per lei,<br />
+ma per colui che siede, che traligna,
+</p>
+
+<p>
+non dispensare o due o tre per sei,<br />
+non la fortuna di prima vacante,<br />
+non decimas, quae sunt pauperum Dei,
+</p>
+
+<p>
+addimandò, ma contro al mondo errante<br />
+licenza di combatter per lo seme<br />
+del qual ti fascian ventiquattro piante.
+</p>
+
+<p>
+Poi, con dottrina e con volere insieme,<br />
+con l&rsquo;officio appostolico si mosse<br />
+quasi torrente ch&rsquo;alta vena preme;
+</p>
+
+<p>
+e ne li sterpi eretici percosse<br />
+l&rsquo;impeto suo, più vivamente quivi<br />
+dove le resistenze eran più grosse.
+</p>
+
+<p>
+Di lui si fecer poi diversi rivi<br />
+onde l&rsquo;orto catolico si riga,<br />
+sì che i suoi arbuscelli stan più vivi.
+</p>
+
+<p>
+Se tal fu l&rsquo;una rota de la biga<br />
+in che la Santa Chiesa si difese<br />
+e vinse in campo la sua civil briga,
+</p>
+
+<p>
+ben ti dovrebbe assai esser palese<br />
+l&rsquo;eccellenza de l&rsquo;altra, di cui Tomma<br />
+dinanzi al mio venir fu sì cortese.
+</p>
+
+<p>
+Ma l&rsquo;orbita che fé la parte somma<br />
+di sua circunferenza, è derelitta,<br />
+sì ch&rsquo;è la muffa dov&rsquo; era la gromma.
+</p>
+
+<p>
+La sua famiglia, che si mosse dritta<br />
+coi piedi a le sue orme, è tanto volta,<br />
+che quel dinanzi a quel di retro gitta;
+</p>
+
+<p>
+e tosto si vedrà de la ricolta<br />
+de la mala coltura, quando il loglio<br />
+si lagnerà che l&rsquo;arca li sia tolta.
+</p>
+
+<p>
+Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio<br />
+nostro volume, ancor troveria carta<br />
+u&rsquo; leggerebbe “I&rsquo; mi son quel ch&rsquo;i&rsquo; soglio”;
+</p>
+
+<p>
+ma non fia da Casal né d&rsquo;Acquasparta,<br />
+là onde vegnon tali a la scrittura,<br />
+ch&rsquo;uno la fugge e altro la coarta.
+</p>
+
+<p>
+Io son la vita di Bonaventura<br />
+da Bagnoregio, che ne&rsquo; grandi offici<br />
+sempre pospuosi la sinistra cura.
+</p>
+
+<p>
+Illuminato e Augustin son quici,<br />
+che fuor de&rsquo; primi scalzi poverelli<br />
+che nel capestro a Dio si fero amici.
+</p>
+
+<p>
+Ugo da San Vittore è qui con elli,<br />
+e Pietro Mangiadore e Pietro Spano,<br />
+lo qual giù luce in dodici libelli;
+</p>
+
+<p>
+Natàn profeta e &rsquo;l metropolitano<br />
+Crisostomo e Anselmo e quel Donato<br />
+ch&rsquo;a la prim&rsquo; arte degnò porre mano.
+</p>
+
+<p>
+Rabano è qui, e lucemi dallato<br />
+il calavrese abate Giovacchino<br />
+di spirito profetico dotato.
+</p>
+
+<p>
+Ad inveggiar cotanto paladino<br />
+mi mosse l&rsquo;infiammata cortesia<br />
+di fra Tommaso e &rsquo;l discreto latino;
+</p>
+
+<p>
+e mosse meco questa compagnia».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto80"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XIII
+</h2>
+
+<p>
+Imagini, chi bene intender cupe<br />
+quel ch&rsquo;i&rsquo; or vidi&mdash;e ritegna l&rsquo;image,<br />
+mentre ch&rsquo;io dico, come ferma rupe&mdash;,
+</p>
+
+<p>
+quindici stelle che &rsquo;n diverse plage<br />
+lo ciel avvivan di tanto sereno<br />
+che soperchia de l&rsquo;aere ogne compage;
+</p>
+
+<p>
+imagini quel carro a cu&rsquo; il seno<br />
+basta del nostro cielo e notte e giorno,<br />
+sì ch&rsquo;al volger del temo non vien meno;
+</p>
+
+<p>
+imagini la bocca di quel corno<br />
+che si comincia in punta de lo stelo<br />
+a cui la prima rota va dintorno,
+</p>
+
+<p>
+aver fatto di sé due segni in cielo,<br />
+qual fece la figliuola di Minoi<br />
+allora che sentì di morte il gelo;
+</p>
+
+<p>
+e l&rsquo;un ne l&rsquo;altro aver li raggi suoi,<br />
+e amendue girarsi per maniera<br />
+che l&rsquo;uno andasse al primo e l&rsquo;altro al poi;
+</p>
+
+<p>
+e avrà quasi l&rsquo;ombra de la vera<br />
+costellazione e de la doppia danza<br />
+che circulava il punto dov&rsquo; io era:
+</p>
+
+<p>
+poi ch&rsquo;è tanto di là da nostra usanza,<br />
+quanto di là dal mover de la Chiana<br />
+si move il ciel che tutti li altri avanza.
+</p>
+
+<p>
+Lì si cantò non Bacco, non Peana,<br />
+ma tre persone in divina natura,<br />
+e in una persona essa e l&rsquo;umana.
+</p>
+
+<p>
+Compié &rsquo;l cantare e &rsquo;l volger sua misura;<br />
+e attesersi a noi quei santi lumi,<br />
+felicitando sé di cura in cura.
+</p>
+
+<p>
+Ruppe il silenzio ne&rsquo; concordi numi<br />
+poscia la luce in che mirabil vita<br />
+del poverel di Dio narrata fumi,
+</p>
+
+<p>
+e disse: «Quando l&rsquo;una paglia è trita,<br />
+quando la sua semenza è già riposta,<br />
+a batter l&rsquo;altra dolce amor m&rsquo;invita.
+</p>
+
+<p>
+Tu credi che nel petto onde la costa<br />
+si trasse per formar la bella guancia<br />
+il cui palato a tutto &rsquo;l mondo costa,
+</p>
+
+<p>
+e in quel che, forato da la lancia,<br />
+e prima e poscia tanto sodisfece,<br />
+che d&rsquo;ogne colpa vince la bilancia,
+</p>
+
+<p>
+quantunque a la natura umana lece<br />
+aver di lume, tutto fosse infuso<br />
+da quel valor che l&rsquo;uno e l&rsquo;altro fece;
+</p>
+
+<p>
+e però miri a ciò ch&rsquo;io dissi suso,<br />
+quando narrai che non ebbe &rsquo;l secondo<br />
+lo ben che ne la quinta luce è chiuso.
+</p>
+
+<p>
+Or apri li occhi a quel ch&rsquo;io ti rispondo,<br />
+e vedräi il tuo credere e &rsquo;l mio dire<br />
+nel vero farsi come centro in tondo.
+</p>
+
+<p>
+Ciò che non more e ciò che può morire<br />
+non è se non splendor di quella idea<br />
+che partorisce, amando, il nostro Sire;
+</p>
+
+<p>
+ché quella viva luce che sì mea<br />
+dal suo lucente, che non si disuna<br />
+da lui né da l&rsquo;amor ch&rsquo;a lor s&rsquo;intrea,
+</p>
+
+<p>
+per sua bontate il suo raggiare aduna,<br />
+quasi specchiato, in nove sussistenze,<br />
+etternalmente rimanendosi una.
+</p>
+
+<p>
+Quindi discende a l&rsquo;ultime potenze<br />
+giù d&rsquo;atto in atto, tanto divenendo,<br />
+che più non fa che brevi contingenze;
+</p>
+
+<p>
+e queste contingenze essere intendo<br />
+le cose generate, che produce<br />
+con seme e sanza seme il ciel movendo.
+</p>
+
+<p>
+La cera di costoro e chi la duce<br />
+non sta d&rsquo;un modo; e però sotto &rsquo;l segno<br />
+idëale poi più e men traluce.
+</p>
+
+<p>
+Ond&rsquo; elli avvien ch&rsquo;un medesimo legno,<br />
+secondo specie, meglio e peggio frutta;<br />
+e voi nascete con diverso ingegno.
+</p>
+
+<p>
+Se fosse a punto la cera dedutta<br />
+e fosse il cielo in sua virtù supprema,<br />
+la luce del suggel parrebbe tutta;
+</p>
+
+<p>
+ma la natura la dà sempre scema,<br />
+similemente operando a l&rsquo;artista<br />
+ch&rsquo;a l&rsquo;abito de l&rsquo;arte ha man che trema.
+</p>
+
+<p>
+Però se &rsquo;l caldo amor la chiara vista<br />
+de la prima virtù dispone e segna,<br />
+tutta la perfezion quivi s&rsquo;acquista.
+</p>
+
+<p>
+Così fu fatta già la terra degna<br />
+di tutta l&rsquo;animal perfezïone;<br />
+così fu fatta la Vergine pregna;
+</p>
+
+<p>
+sì ch&rsquo;io commendo tua oppinïone,<br />
+che l&rsquo;umana natura mai non fue<br />
+né fia qual fu in quelle due persone.
+</p>
+
+<p>
+Or s&rsquo;i&rsquo; non procedesse avanti piùe,<br />
+‘Dunque, come costui fu sanza pare?&rsquo;<br />
+comincerebber le parole tue.
+</p>
+
+<p>
+Ma perché paia ben ciò che non pare,<br />
+pensa chi era, e la cagion che &rsquo;l mosse,<br />
+quando fu detto “Chiedi”, a dimandare.
+</p>
+
+<p>
+Non ho parlato sì, che tu non posse<br />
+ben veder ch&rsquo;el fu re, che chiese senno<br />
+acciò che re sufficïente fosse;
+</p>
+
+<p>
+non per sapere il numero in che enno<br />
+li motor di qua sù, o se necesse<br />
+con contingente mai necesse fenno;
+</p>
+
+<p>
+non si est dare primum motum esse,<br />
+o se del mezzo cerchio far si puote<br />
+trïangol sì ch&rsquo;un retto non avesse.
+</p>
+
+<p>
+Onde, se ciò ch&rsquo;io dissi e questo note,<br />
+regal prudenza è quel vedere impari<br />
+in che lo stral di mia intenzion percuote;
+</p>
+
+<p>
+e se al “surse” drizzi li occhi chiari,<br />
+vedrai aver solamente respetto<br />
+ai regi, che son molti, e &rsquo; buon son rari.
+</p>
+
+<p>
+Con questa distinzion prendi &rsquo;l mio detto;<br />
+e così puote star con quel che credi<br />
+del primo padre e del nostro Diletto.
+</p>
+
+<p>
+E questo ti sia sempre piombo a&rsquo; piedi,<br />
+per farti mover lento com&rsquo; uom lasso<br />
+e al sì e al no che tu non vedi:
+</p>
+
+<p>
+ché quelli è tra li stolti bene a basso,<br />
+che sanza distinzione afferma e nega<br />
+ne l&rsquo;un così come ne l&rsquo;altro passo;
+</p>
+
+<p>
+perch&rsquo; elli &rsquo;ncontra che più volte piega<br />
+l&rsquo;oppinïon corrente in falsa parte,<br />
+e poi l&rsquo;affetto l&rsquo;intelletto lega.
+</p>
+
+<p>
+Vie più che &rsquo;ndarno da riva si parte,<br />
+perché non torna tal qual e&rsquo; si move,<br />
+chi pesca per lo vero e non ha l&rsquo;arte.
+</p>
+
+<p>
+E di ciò sono al mondo aperte prove<br />
+Parmenide, Melisso e Brisso e molti,<br />
+li quali andaro e non sapëan dove;
+</p>
+
+<p>
+sì fé Sabellio e Arrio e quelli stolti<br />
+che furon come spade a le Scritture<br />
+in render torti li diritti volti.
+</p>
+
+<p>
+Non sien le genti, ancor, troppo sicure<br />
+a giudicar, sì come quei che stima<br />
+le biade in campo pria che sien mature;
+</p>
+
+<p>
+ch&rsquo;i&rsquo; ho veduto tutto &rsquo;l verno prima<br />
+lo prun mostrarsi rigido e feroce,<br />
+poscia portar la rosa in su la cima;
+</p>
+
+<p>
+e legno vidi già dritto e veloce<br />
+correr lo mar per tutto suo cammino,<br />
+perire al fine a l&rsquo;intrar de la foce.
+</p>
+
+<p>
+Non creda donna Berta e ser Martino,<br />
+per vedere un furare, altro offerere,<br />
+vederli dentro al consiglio divino;
+</p>
+
+<p>
+ché quel può surgere, e quel può cadere».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto81"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XIV
+</h2>
+
+<p>
+Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centro<br />
+movesi l&rsquo;acqua in un ritondo vaso,<br />
+secondo ch&rsquo;è percosso fuori o dentro:
+</p>
+
+<p>
+ne la mia mente fé sùbito caso<br />
+questo ch&rsquo;io dico, sì come si tacque<br />
+la glorïosa vita di Tommaso,
+</p>
+
+<p>
+per la similitudine che nacque<br />
+del suo parlare e di quel di Beatrice,<br />
+a cui sì cominciar, dopo lui, piacque:
+</p>
+
+<p>
+«A costui fa mestieri, e nol vi dice<br />
+né con la voce né pensando ancora,<br />
+d&rsquo;un altro vero andare a la radice.
+</p>
+
+<p>
+Diteli se la luce onde s&rsquo;infiora<br />
+vostra sustanza, rimarrà con voi<br />
+etternalmente sì com&rsquo; ell&rsquo; è ora;
+</p>
+
+<p>
+e se rimane, dite come, poi<br />
+che sarete visibili rifatti,<br />
+esser porà ch&rsquo;al veder non vi nòi».
+</p>
+
+<p>
+Come, da più letizia pinti e tratti,<br />
+a la fïata quei che vanno a rota<br />
+levan la voce e rallegrano li atti,
+</p>
+
+<p>
+così, a l&rsquo;orazion pronta e divota,<br />
+li santi cerchi mostrar nova gioia<br />
+nel torneare e ne la mira nota.
+</p>
+
+<p>
+Qual si lamenta perché qui si moia<br />
+per viver colà sù, non vide quive<br />
+lo refrigerio de l&rsquo;etterna ploia.
+</p>
+
+<p>
+Quell&rsquo; uno e due e tre che sempre vive<br />
+e regna sempre in tre e &rsquo;n due e &rsquo;n uno,<br />
+non circunscritto, e tutto circunscrive,
+</p>
+
+<p>
+tre volte era cantato da ciascuno<br />
+di quelli spirti con tal melodia,<br />
+ch&rsquo;ad ogne merto saria giusto muno.
+</p>
+
+<p>
+E io udi&rsquo; ne la luce più dia<br />
+del minor cerchio una voce modesta,<br />
+forse qual fu da l&rsquo;angelo a Maria,
+</p>
+
+<p>
+risponder: «Quanto fia lunga la festa<br />
+di paradiso, tanto il nostro amore<br />
+si raggerà dintorno cotal vesta.
+</p>
+
+<p>
+La sua chiarezza séguita l&rsquo;ardore;<br />
+l&rsquo;ardor la visïone, e quella è tanta,<br />
+quant&rsquo; ha di grazia sovra suo valore.
+</p>
+
+<p>
+Come la carne glorïosa e santa<br />
+fia rivestita, la nostra persona<br />
+più grata fia per esser tutta quanta;
+</p>
+
+<p>
+per che s&rsquo;accrescerà ciò che ne dona<br />
+di gratüito lume il sommo bene,<br />
+lume ch&rsquo;a lui veder ne condiziona;
+</p>
+
+<p>
+onde la visïon crescer convene,<br />
+crescer l&rsquo;ardor che di quella s&rsquo;accende,<br />
+crescer lo raggio che da esso vene.
+</p>
+
+<p>
+Ma sì come carbon che fiamma rende,<br />
+e per vivo candor quella soverchia,<br />
+sì che la sua parvenza si difende;
+</p>
+
+<p>
+così questo folgór che già ne cerchia<br />
+fia vinto in apparenza da la carne<br />
+che tutto dì la terra ricoperchia;
+</p>
+
+<p>
+né potrà tanta luce affaticarne:<br />
+ché li organi del corpo saran forti<br />
+a tutto ciò che potrà dilettarne».
+</p>
+
+<p>
+Tanto mi parver sùbiti e accorti<br />
+e l&rsquo;uno e l&rsquo;altro coro a dicer «Amme!»,<br />
+che ben mostrar disio d&rsquo;i corpi morti:
+</p>
+
+<p>
+forse non pur per lor, ma per le mamme,<br />
+per li padri e per li altri che fuor cari<br />
+anzi che fosser sempiterne fiamme.
+</p>
+
+<p>
+Ed ecco intorno, di chiarezza pari,<br />
+nascere un lustro sopra quel che v&rsquo;era,<br />
+per guisa d&rsquo;orizzonte che rischiari.
+</p>
+
+<p>
+E sì come al salir di prima sera<br />
+comincian per lo ciel nove parvenze,<br />
+sì che la vista pare e non par vera,
+</p>
+
+<p>
+parvemi lì novelle sussistenze<br />
+cominciare a vedere, e fare un giro<br />
+di fuor da l&rsquo;altre due circunferenze.
+</p>
+
+<p>
+Oh vero sfavillar del Santo Spiro!<br />
+come si fece sùbito e candente<br />
+a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!
+</p>
+
+<p>
+Ma Bëatrice sì bella e ridente<br />
+mi si mostrò, che tra quelle vedute<br />
+si vuol lasciar che non seguir la mente.
+</p>
+
+<p>
+Quindi ripreser li occhi miei virtute<br />
+a rilevarsi; e vidimi translato<br />
+sol con mia donna in più alta salute.
+</p>
+
+<p>
+Ben m&rsquo;accors&rsquo; io ch&rsquo;io era più levato,<br />
+per l&rsquo;affocato riso de la stella,<br />
+che mi parea più roggio che l&rsquo;usato.
+</p>
+
+<p>
+Con tutto &rsquo;l core e con quella favella<br />
+ch&rsquo;è una in tutti, a Dio feci olocausto,<br />
+qual conveniesi a la grazia novella.
+</p>
+
+<p>
+E non er&rsquo; anco del mio petto essausto<br />
+l&rsquo;ardor del sacrificio, ch&rsquo;io conobbi<br />
+esso litare stato accetto e fausto;
+</p>
+
+<p>
+ché con tanto lucore e tanto robbi<br />
+m&rsquo;apparvero splendor dentro a due raggi,<br />
+ch&rsquo;io dissi: «O Elïòs che sì li addobbi!».
+</p>
+
+<p>
+Come distinta da minori e maggi<br />
+lumi biancheggia tra &rsquo; poli del mondo<br />
+Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi;
+</p>
+
+<p>
+sì costellati facean nel profondo<br />
+Marte quei raggi il venerabil segno<br />
+che fan giunture di quadranti in tondo.
+</p>
+
+<p>
+Qui vince la memoria mia lo &rsquo;ngegno;<br />
+ché quella croce lampeggiava Cristo,<br />
+sì ch&rsquo;io non so trovare essempro degno;
+</p>
+
+<p>
+ma chi prende sua croce e segue Cristo,<br />
+ancor mi scuserà di quel ch&rsquo;io lasso,<br />
+vedendo in quell&rsquo; albor balenar Cristo.
+</p>
+
+<p>
+Di corno in corno e tra la cima e &rsquo;l basso<br />
+si movien lumi, scintillando forte<br />
+nel congiugnersi insieme e nel trapasso:
+</p>
+
+<p>
+così si veggion qui diritte e torte,<br />
+veloci e tarde, rinovando vista,<br />
+le minuzie d&rsquo;i corpi, lunghe e corte,
+</p>
+
+<p>
+moversi per lo raggio onde si lista<br />
+talvolta l&rsquo;ombra che, per sua difesa,<br />
+la gente con ingegno e arte acquista.
+</p>
+
+<p>
+E come giga e arpa, in tempra tesa<br />
+di molte corde, fa dolce tintinno<br />
+a tal da cui la nota non è intesa,
+</p>
+
+<p>
+così da&rsquo; lumi che lì m&rsquo;apparinno<br />
+s&rsquo;accogliea per la croce una melode<br />
+che mi rapiva, sanza intender l&rsquo;inno.
+</p>
+
+<p>
+Ben m&rsquo;accors&rsquo; io ch&rsquo;elli era d&rsquo;alte lode,<br />
+però ch&rsquo;a me venìa «Resurgi» e «Vinci»<br />
+come a colui che non intende e ode.
+</p>
+
+<p>
+Ïo m&rsquo;innamorava tanto quinci,<br />
+che &rsquo;nfino a lì non fu alcuna cosa<br />
+che mi legasse con sì dolci vinci.
+</p>
+
+<p>
+Forse la mia parola par troppo osa,<br />
+posponendo il piacer de li occhi belli,<br />
+ne&rsquo; quai mirando mio disio ha posa;
+</p>
+
+<p>
+ma chi s&rsquo;avvede che i vivi suggelli<br />
+d&rsquo;ogne bellezza più fanno più suso,<br />
+e ch&rsquo;io non m&rsquo;era lì rivolto a quelli,
+</p>
+
+<p>
+escusar puommi di quel ch&rsquo;io m&rsquo;accuso<br />
+per escusarmi, e vedermi dir vero:<br />
+ché &rsquo;l piacer santo non è qui dischiuso,
+</p>
+
+<p>
+perché si fa, montando, più sincero.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto82"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XV
+</h2>
+
+<p>
+Benigna volontade in che si liqua<br />
+sempre l&rsquo;amor che drittamente spira,<br />
+come cupidità fa ne la iniqua,
+</p>
+
+<p>
+silenzio puose a quella dolce lira,<br />
+e fece quïetar le sante corde<br />
+che la destra del cielo allenta e tira.
+</p>
+
+<p>
+Come saranno a&rsquo; giusti preghi sorde<br />
+quelle sustanze che, per darmi voglia<br />
+ch&rsquo;io le pregassi, a tacer fur concorde?
+</p>
+
+<p>
+Bene è che sanza termine si doglia<br />
+chi, per amor di cosa che non duri<br />
+etternalmente, quello amor si spoglia.
+</p>
+
+<p>
+Quale per li seren tranquilli e puri<br />
+discorre ad ora ad or sùbito foco,<br />
+movendo li occhi che stavan sicuri,
+</p>
+
+<p>
+e pare stella che tramuti loco,<br />
+se non che da la parte ond&rsquo; e&rsquo; s&rsquo;accende<br />
+nulla sen perde, ed esso dura poco:
+</p>
+
+<p>
+tale dal corno che &rsquo;n destro si stende<br />
+a piè di quella croce corse un astro<br />
+de la costellazion che lì resplende;
+</p>
+
+<p>
+né si partì la gemma dal suo nastro,<br />
+ma per la lista radïal trascorse,<br />
+che parve foco dietro ad alabastro.
+</p>
+
+<p>
+Sì pïa l&rsquo;ombra d&rsquo;Anchise si porse,<br />
+se fede merta nostra maggior musa,<br />
+quando in Eliso del figlio s&rsquo;accorse.
+</p>
+
+<p>
+«O sanguis meus, o superinfusa<br />
+gratïa Deï, sicut tibi cui<br />
+bis unquam celi ianüa reclusa?».
+</p>
+
+<p>
+Così quel lume: ond&rsquo; io m&rsquo;attesi a lui;<br />
+poscia rivolsi a la mia donna il viso,<br />
+e quinci e quindi stupefatto fui;
+</p>
+
+<p>
+ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso<br />
+tal, ch&rsquo;io pensai co&rsquo; miei toccar lo fondo<br />
+de la mia gloria e del mio paradiso.
+</p>
+
+<p>
+Indi, a udire e a veder giocondo,<br />
+giunse lo spirto al suo principio cose,<br />
+ch&rsquo;io non lo &rsquo;ntesi, sì parlò profondo;
+</p>
+
+<p>
+né per elezïon mi si nascose,<br />
+ma per necessità, ché &rsquo;l suo concetto<br />
+al segno d&rsquo;i mortal si soprapuose.
+</p>
+
+<p>
+E quando l&rsquo;arco de l&rsquo;ardente affetto<br />
+fu sì sfogato, che &rsquo;l parlar discese<br />
+inver&rsquo; lo segno del nostro intelletto,
+</p>
+
+<p>
+la prima cosa che per me s&rsquo;intese,<br />
+«Benedetto sia tu», fu, «trino e uno,<br />
+che nel mio seme se&rsquo; tanto cortese!».
+</p>
+
+<p>
+E seguì: «Grato e lontano digiuno,<br />
+tratto leggendo del magno volume<br />
+du&rsquo; non si muta mai bianco né bruno,
+</p>
+
+<p>
+solvuto hai, figlio, dentro a questo lume<br />
+in ch&rsquo;io ti parlo, mercè di colei<br />
+ch&rsquo;a l&rsquo;alto volo ti vestì le piume.
+</p>
+
+<p>
+Tu credi che a me tuo pensier mei<br />
+da quel ch&rsquo;è primo, così come raia<br />
+da l&rsquo;un, se si conosce, il cinque e &rsquo;l sei;
+</p>
+
+<p>
+e però ch&rsquo;io mi sia e perch&rsquo; io paia<br />
+più gaudïoso a te, non mi domandi,<br />
+che alcun altro in questa turba gaia.
+</p>
+
+<p>
+Tu credi &rsquo;l vero; ché i minori e &rsquo; grandi<br />
+di questa vita miran ne lo speglio<br />
+in che, prima che pensi, il pensier pandi;
+</p>
+
+<p>
+ma perché &rsquo;l sacro amore in che io veglio<br />
+con perpetüa vista e che m&rsquo;asseta<br />
+di dolce disïar, s&rsquo;adempia meglio,
+</p>
+
+<p>
+la voce tua sicura, balda e lieta<br />
+suoni la volontà, suoni &rsquo;l disio,<br />
+a che la mia risposta è già decreta!».
+</p>
+
+<p>
+Io mi volsi a Beatrice, e quella udio<br />
+pria ch&rsquo;io parlassi, e arrisemi un cenno<br />
+che fece crescer l&rsquo;ali al voler mio.
+</p>
+
+<p>
+Poi cominciai così: «L&rsquo;affetto e &rsquo;l senno,<br />
+come la prima equalità v&rsquo;apparse,<br />
+d&rsquo;un peso per ciascun di voi si fenno,
+</p>
+
+<p>
+però che &rsquo;l sol che v&rsquo;allumò e arse,<br />
+col caldo e con la luce è sì iguali,<br />
+che tutte simiglianze sono scarse.
+</p>
+
+<p>
+Ma voglia e argomento ne&rsquo; mortali,<br />
+per la cagion ch&rsquo;a voi è manifesta,<br />
+diversamente son pennuti in ali;
+</p>
+
+<p>
+ond&rsquo; io, che son mortal, mi sento in questa<br />
+disagguaglianza, e però non ringrazio<br />
+se non col core a la paterna festa.
+</p>
+
+<p>
+Ben supplico io a te, vivo topazio<br />
+che questa gioia prezïosa ingemmi,<br />
+perché mi facci del tuo nome sazio».
+</p>
+
+<p>
+«O fronda mia in che io compiacemmi<br />
+pur aspettando, io fui la tua radice»:<br />
+cotal principio, rispondendo, femmi.
+</p>
+
+<p>
+Poscia mi disse: «Quel da cui si dice<br />
+tua cognazione e che cent&rsquo; anni e piùe<br />
+girato ha &rsquo;l monte in la prima cornice,
+</p>
+
+<p>
+mio figlio fu e tuo bisavol fue:<br />
+ben si convien che la lunga fatica<br />
+tu li raccorci con l&rsquo;opere tue.
+</p>
+
+<p>
+Fiorenza dentro da la cerchia antica,<br />
+ond&rsquo; ella toglie ancora e terza e nona,<br />
+si stava in pace, sobria e pudica.
+</p>
+
+<p>
+Non avea catenella, non corona,<br />
+non gonne contigiate, non cintura<br />
+che fosse a veder più che la persona.
+</p>
+
+<p>
+Non faceva, nascendo, ancor paura<br />
+la figlia al padre, che &rsquo;l tempo e la dote<br />
+non fuggien quinci e quindi la misura.
+</p>
+
+<p>
+Non avea case di famiglia vòte;<br />
+non v&rsquo;era giunto ancor Sardanapalo<br />
+a mostrar ciò che &rsquo;n camera si puote.
+</p>
+
+<p>
+Non era vinto ancora Montemalo<br />
+dal vostro Uccellatoio, che, com&rsquo; è vinto<br />
+nel montar sù, così sarà nel calo.
+</p>
+
+<p>
+Bellincion Berti vid&rsquo; io andar cinto<br />
+di cuoio e d&rsquo;osso, e venir da lo specchio<br />
+la donna sua sanza &rsquo;l viso dipinto;
+</p>
+
+<p>
+e vidi quel d&rsquo;i Nerli e quel del Vecchio<br />
+esser contenti a la pelle scoperta,<br />
+e le sue donne al fuso e al pennecchio.
+</p>
+
+<p>
+Oh fortunate! ciascuna era certa<br />
+de la sua sepultura, e ancor nulla<br />
+era per Francia nel letto diserta.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;una vegghiava a studio de la culla,<br />
+e, consolando, usava l&rsquo;idïoma<br />
+che prima i padri e le madri trastulla;
+</p>
+
+<p>
+l&rsquo;altra, traendo a la rocca la chioma,<br />
+favoleggiava con la sua famiglia<br />
+d&rsquo;i Troiani, di Fiesole e di Roma.
+</p>
+
+<p>
+Saria tenuta allor tal maraviglia<br />
+una Cianghella, un Lapo Salterello,<br />
+qual or saria Cincinnato e Corniglia.
+</p>
+
+<p>
+A così riposato, a così bello<br />
+viver di cittadini, a così fida<br />
+cittadinanza, a così dolce ostello,
+</p>
+
+<p>
+Maria mi diè, chiamata in alte grida;<br />
+e ne l&rsquo;antico vostro Batisteo<br />
+insieme fui cristiano e Cacciaguida.
+</p>
+
+<p>
+Moronto fu mio frate ed Eliseo;<br />
+mia donna venne a me di val di Pado,<br />
+e quindi il sopranome tuo si feo.
+</p>
+
+<p>
+Poi seguitai lo &rsquo;mperador Currado;<br />
+ed el mi cinse de la sua milizia,<br />
+tanto per bene ovrar li venni in grado.
+</p>
+
+<p>
+Dietro li andai incontro a la nequizia<br />
+di quella legge il cui popolo usurpa,<br />
+per colpa d&rsquo;i pastor, vostra giustizia.
+</p>
+
+<p>
+Quivi fu&rsquo; io da quella gente turpa<br />
+disviluppato dal mondo fallace,<br />
+lo cui amor molt&rsquo; anime deturpa;
+</p>
+
+<p>
+e venni dal martiro a questa pace».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto83"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XVI
+</h2>
+
+<p>
+O poca nostra nobiltà di sangue,<br />
+se glorïar di te la gente fai<br />
+qua giù dove l&rsquo;affetto nostro langue,
+</p>
+
+<p>
+mirabil cosa non mi sarà mai:<br />
+ché là dove appetito non si torce,<br />
+dico nel cielo, io me ne gloriai.
+</p>
+
+<p>
+Ben se&rsquo; tu manto che tosto raccorce:<br />
+sì che, se non s&rsquo;appon di dì in die,<br />
+lo tempo va dintorno con le force.
+</p>
+
+<p>
+Dal ‘voi&rsquo; che prima a Roma s&rsquo;offerie,<br />
+in che la sua famiglia men persevra,<br />
+ricominciaron le parole mie;
+</p>
+
+<p>
+onde Beatrice, ch&rsquo;era un poco scevra,<br />
+ridendo, parve quella che tossio<br />
+al primo fallo scritto di Ginevra.
+</p>
+
+<p>
+Io cominciai: «Voi siete il padre mio;<br />
+voi mi date a parlar tutta baldezza;<br />
+voi mi levate sì, ch&rsquo;i&rsquo; son più ch&rsquo;io.
+</p>
+
+<p>
+Per tanti rivi s&rsquo;empie d&rsquo;allegrezza<br />
+la mente mia, che di sé fa letizia<br />
+perché può sostener che non si spezza.
+</p>
+
+<p>
+Ditemi dunque, cara mia primizia,<br />
+quai fuor li vostri antichi e quai fuor li anni<br />
+che si segnaro in vostra püerizia;
+</p>
+
+<p>
+ditemi de l&rsquo;ovil di San Giovanni<br />
+quanto era allora, e chi eran le genti<br />
+tra esso degne di più alti scanni».
+</p>
+
+<p>
+Come s&rsquo;avviva a lo spirar d&rsquo;i venti<br />
+carbone in fiamma, così vid&rsquo; io quella<br />
+luce risplendere a&rsquo; miei blandimenti;
+</p>
+
+<p>
+e come a li occhi miei si fé più bella,<br />
+così con voce più dolce e soave,<br />
+ma non con questa moderna favella,
+</p>
+
+<p>
+dissemi: «Da quel dì che fu detto ‘Ave&rsquo;<br />
+al parto in che mia madre, ch&rsquo;è or santa,<br />
+s&rsquo;allevïò di me ond&rsquo; era grave,
+</p>
+
+<p>
+al suo Leon cinquecento cinquanta<br />
+e trenta fiate venne questo foco<br />
+a rinfiammarsi sotto la sua pianta.
+</p>
+
+<p>
+Li antichi miei e io nacqui nel loco<br />
+dove si truova pria l&rsquo;ultimo sesto<br />
+da quei che corre il vostro annüal gioco.
+</p>
+
+<p>
+Basti d&rsquo;i miei maggiori udirne questo:<br />
+chi ei si fosser e onde venner quivi,<br />
+più è tacer che ragionare onesto.
+</p>
+
+<p>
+Tutti color ch&rsquo;a quel tempo eran ivi<br />
+da poter arme tra Marte e &rsquo;l Batista,<br />
+eran il quinto di quei ch&rsquo;or son vivi.
+</p>
+
+<p>
+Ma la cittadinanza, ch&rsquo;è or mista<br />
+di Campi, di Certaldo e di Fegghine,<br />
+pura vediesi ne l&rsquo;ultimo artista.
+</p>
+
+<p>
+Oh quanto fora meglio esser vicine<br />
+quelle genti ch&rsquo;io dico, e al Galluzzo<br />
+e a Trespiano aver vostro confine,
+</p>
+
+<p>
+che averle dentro e sostener lo puzzo<br />
+del villan d&rsquo;Aguglion, di quel da Signa,<br />
+che già per barattare ha l&rsquo;occhio aguzzo!
+</p>
+
+<p>
+Se la gente ch&rsquo;al mondo più traligna<br />
+non fosse stata a Cesare noverca,<br />
+ma come madre a suo figlio benigna,
+</p>
+
+<p>
+tal fatto è fiorentino e cambia e merca,<br />
+che si sarebbe vòlto a Simifonti,<br />
+là dove andava l&rsquo;avolo a la cerca;
+</p>
+
+<p>
+sariesi Montemurlo ancor de&rsquo; Conti;<br />
+sarieno i Cerchi nel piovier d&rsquo;Acone,<br />
+e forse in Valdigrieve i Buondelmonti.
+</p>
+
+<p>
+Sempre la confusion de le persone<br />
+principio fu del mal de la cittade,<br />
+come del vostro il cibo che s&rsquo;appone;
+</p>
+
+<p>
+e cieco toro più avaccio cade<br />
+che cieco agnello; e molte volte taglia<br />
+più e meglio una che le cinque spade.
+</p>
+
+<p>
+Se tu riguardi Luni e Orbisaglia<br />
+come sono ite, e come se ne vanno<br />
+di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia,
+</p>
+
+<p>
+udir come le schiatte si disfanno<br />
+non ti parrà nova cosa né forte,<br />
+poscia che le cittadi termine hanno.
+</p>
+
+<p>
+Le vostre cose tutte hanno lor morte,<br />
+sì come voi; ma celasi in alcuna<br />
+che dura molto, e le vite son corte.
+</p>
+
+<p>
+E come &rsquo;l volger del ciel de la luna<br />
+cuopre e discuopre i liti sanza posa,<br />
+così fa di Fiorenza la Fortuna:
+</p>
+
+<p>
+per che non dee parer mirabil cosa<br />
+ciò ch&rsquo;io dirò de li alti Fiorentini<br />
+onde è la fama nel tempo nascosa.
+</p>
+
+<p>
+Io vidi li Ughi e vidi i Catellini,<br />
+Filippi, Greci, Ormanni e Alberichi,<br />
+già nel calare, illustri cittadini;
+</p>
+
+<p>
+e vidi così grandi come antichi,<br />
+con quel de la Sannella, quel de l&rsquo;Arca,<br />
+e Soldanieri e Ardinghi e Bostichi.
+</p>
+
+<p>
+Sovra la porta ch&rsquo;al presente è carca<br />
+di nova fellonia di tanto peso<br />
+che tosto fia iattura de la barca,
+</p>
+
+<p>
+erano i Ravignani, ond&rsquo; è disceso<br />
+il conte Guido e qualunque del nome<br />
+de l&rsquo;alto Bellincione ha poscia preso.
+</p>
+
+<p>
+Quel de la Pressa sapeva già come<br />
+regger si vuole, e avea Galigaio<br />
+dorata in casa sua già l&rsquo;elsa e &rsquo;l pome.
+</p>
+
+<p>
+Grand&rsquo; era già la colonna del Vaio,<br />
+Sacchetti, Giuochi, Fifanti e Barucci<br />
+e Galli e quei ch&rsquo;arrossan per lo staio.
+</p>
+
+<p>
+Lo ceppo di che nacquero i Calfucci<br />
+era già grande, e già eran tratti<br />
+a le curule Sizii e Arrigucci.
+</p>
+
+<p>
+Oh quali io vidi quei che son disfatti<br />
+per lor superbia! e le palle de l&rsquo;oro<br />
+fiorian Fiorenza in tutt&rsquo; i suoi gran fatti.
+</p>
+
+<p>
+Così facieno i padri di coloro<br />
+che, sempre che la vostra chiesa vaca,<br />
+si fanno grassi stando a consistoro.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;oltracotata schiatta che s&rsquo;indraca<br />
+dietro a chi fugge, e a chi mostra &rsquo;l dente<br />
+o ver la borsa, com&rsquo; agnel si placa,
+</p>
+
+<p>
+già venìa sù, ma di picciola gente;<br />
+sì che non piacque ad Ubertin Donato<br />
+che poï il suocero il fé lor parente.
+</p>
+
+<p>
+Già era &rsquo;l Caponsacco nel mercato<br />
+disceso giù da Fiesole, e già era<br />
+buon cittadino Giuda e Infangato.
+</p>
+
+<p>
+Io dirò cosa incredibile e vera:<br />
+nel picciol cerchio s&rsquo;entrava per porta<br />
+che si nomava da quei de la Pera.
+</p>
+
+<p>
+Ciascun che de la bella insegna porta<br />
+del gran barone il cui nome e &rsquo;l cui pregio<br />
+la festa di Tommaso riconforta,
+</p>
+
+<p>
+da esso ebbe milizia e privilegio;<br />
+avvegna che con popol si rauni<br />
+oggi colui che la fascia col fregio.
+</p>
+
+<p>
+Già eran Gualterotti e Importuni;<br />
+e ancor saria Borgo più quïeto,<br />
+se di novi vicin fosser digiuni.
+</p>
+
+<p>
+La casa di che nacque il vostro fleto,<br />
+per lo giusto disdegno che v&rsquo;ha morti<br />
+e puose fine al vostro viver lieto,
+</p>
+
+<p>
+era onorata, essa e suoi consorti:<br />
+o Buondelmonte, quanto mal fuggisti<br />
+le nozze süe per li altrui conforti!
+</p>
+
+<p>
+Molti sarebber lieti, che son tristi,<br />
+se Dio t&rsquo;avesse conceduto ad Ema<br />
+la prima volta ch&rsquo;a città venisti.
+</p>
+
+<p>
+Ma conveniesi a quella pietra scema<br />
+che guarda &rsquo;l ponte, che Fiorenza fesse<br />
+vittima ne la sua pace postrema.
+</p>
+
+<p>
+Con queste genti, e con altre con esse,<br />
+vid&rsquo; io Fiorenza in sì fatto riposo,<br />
+che non avea cagione onde piangesse.
+</p>
+
+<p>
+Con queste genti vid&rsquo;io glorïoso<br />
+e giusto il popol suo, tanto che &rsquo;l giglio<br />
+non era ad asta mai posto a ritroso,
+</p>
+
+<p>
+né per divisïon fatto vermiglio».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto84"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XVII
+</h2>
+
+<p>
+Qual venne a Climenè, per accertarsi<br />
+di ciò ch&rsquo;avëa incontro a sé udito,<br />
+quei ch&rsquo;ancor fa li padri ai figli scarsi;
+</p>
+
+<p>
+tal era io, e tal era sentito<br />
+e da Beatrice e da la santa lampa<br />
+che pria per me avea mutato sito.
+</p>
+
+<p>
+Per che mia donna «Manda fuor la vampa<br />
+del tuo disio», mi disse, «sì ch&rsquo;ella esca<br />
+segnata bene de la interna stampa:
+</p>
+
+<p>
+non perché nostra conoscenza cresca<br />
+per tuo parlare, ma perché t&rsquo;ausi<br />
+a dir la sete, sì che l&rsquo;uom ti mesca».
+</p>
+
+<p>
+«O cara piota mia che sì t&rsquo;insusi,<br />
+che, come veggion le terrene menti<br />
+non capere in trïangol due ottusi,
+</p>
+
+<p>
+così vedi le cose contingenti<br />
+anzi che sieno in sé, mirando il punto<br />
+a cui tutti li tempi son presenti;
+</p>
+
+<p>
+mentre ch&rsquo;io era a Virgilio congiunto<br />
+su per lo monte che l&rsquo;anime cura<br />
+e discendendo nel mondo defunto,
+</p>
+
+<p>
+dette mi fuor di mia vita futura<br />
+parole gravi, avvegna ch&rsquo;io mi senta<br />
+ben tetragono ai colpi di ventura;
+</p>
+
+<p>
+per che la voglia mia saria contenta<br />
+d&rsquo;intender qual fortuna mi s&rsquo;appressa:<br />
+ché saetta previsa vien più lenta».
+</p>
+
+<p>
+Così diss&rsquo; io a quella luce stessa<br />
+che pria m&rsquo;avea parlato; e come volle<br />
+Beatrice, fu la mia voglia confessa.
+</p>
+
+<p>
+Né per ambage, in che la gente folle<br />
+già s&rsquo;inviscava pria che fosse anciso<br />
+l&rsquo;Agnel di Dio che le peccata tolle,
+</p>
+
+<p>
+ma per chiare parole e con preciso<br />
+latin rispuose quello amor paterno,<br />
+chiuso e parvente del suo proprio riso:
+</p>
+
+<p>
+«La contingenza, che fuor del quaderno<br />
+de la vostra matera non si stende,<br />
+tutta è dipinta nel cospetto etterno;
+</p>
+
+<p>
+necessità però quindi non prende<br />
+se non come dal viso in che si specchia<br />
+nave che per torrente giù discende.
+</p>
+
+<p>
+Da indi, sì come viene ad orecchia<br />
+dolce armonia da organo, mi viene<br />
+a vista il tempo che ti s&rsquo;apparecchia.
+</p>
+
+<p>
+Qual si partio Ipolito d&rsquo;Atene<br />
+per la spietata e perfida noverca,<br />
+tal di Fiorenza partir ti convene.
+</p>
+
+<p>
+Questo si vuole e questo già si cerca,<br />
+e tosto verrà fatto a chi ciò pensa<br />
+là dove Cristo tutto dì si merca.
+</p>
+
+<p>
+La colpa seguirà la parte offensa<br />
+in grido, come suol; ma la vendetta<br />
+fia testimonio al ver che la dispensa.
+</p>
+
+<p>
+Tu lascerai ogne cosa diletta<br />
+più caramente; e questo è quello strale<br />
+che l&rsquo;arco de lo essilio pria saetta.
+</p>
+
+<p>
+Tu proverai sì come sa di sale<br />
+lo pane altrui, e come è duro calle<br />
+lo scendere e &rsquo;l salir per l&rsquo;altrui scale.
+</p>
+
+<p>
+E quel che più ti graverà le spalle,<br />
+sarà la compagnia malvagia e scempia<br />
+con la qual tu cadrai in questa valle;
+</p>
+
+<p>
+che tutta ingrata, tutta matta ed empia<br />
+si farà contr&rsquo; a te; ma, poco appresso,<br />
+ella, non tu, n&rsquo;avrà rossa la tempia.
+</p>
+
+<p>
+Di sua bestialitate il suo processo<br />
+farà la prova; sì ch&rsquo;a te fia bello<br />
+averti fatta parte per te stesso.
+</p>
+
+<p>
+Lo primo tuo refugio e &rsquo;l primo ostello<br />
+sarà la cortesia del gran Lombardo<br />
+che &rsquo;n su la scala porta il santo uccello;
+</p>
+
+<p>
+ch&rsquo;in te avrà sì benigno riguardo,<br />
+che del fare e del chieder, tra voi due,<br />
+fia primo quel che tra li altri è più tardo.
+</p>
+
+<p>
+Con lui vedrai colui che &rsquo;mpresso fue,<br />
+nascendo, sì da questa stella forte,<br />
+che notabili fier l&rsquo;opere sue.
+</p>
+
+<p>
+Non se ne son le genti ancora accorte<br />
+per la novella età, ché pur nove anni<br />
+son queste rote intorno di lui torte;
+</p>
+
+<p>
+ma pria che &rsquo;l Guasco l&rsquo;alto Arrigo inganni,<br />
+parran faville de la sua virtute<br />
+in non curar d&rsquo;argento né d&rsquo;affanni.
+</p>
+
+<p>
+Le sue magnificenze conosciute<br />
+saranno ancora, sì che &rsquo; suoi nemici<br />
+non ne potran tener le lingue mute.
+</p>
+
+<p>
+A lui t&rsquo;aspetta e a&rsquo; suoi benefici;<br />
+per lui fia trasmutata molta gente,<br />
+cambiando condizion ricchi e mendici;
+</p>
+
+<p>
+e portera&rsquo;ne scritto ne la mente<br />
+di lui, e nol dirai»; e disse cose<br />
+incredibili a quei che fier presente.
+</p>
+
+<p>
+Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose<br />
+di quel che ti fu detto; ecco le &rsquo;nsidie<br />
+che dietro a pochi giri son nascose.
+</p>
+
+<p>
+Non vo&rsquo; però ch&rsquo;a&rsquo; tuoi vicini invidie,<br />
+poscia che s&rsquo;infutura la tua vita<br />
+vie più là che &rsquo;l punir di lor perfidie».
+</p>
+
+<p>
+Poi che, tacendo, si mostrò spedita<br />
+l&rsquo;anima santa di metter la trama<br />
+in quella tela ch&rsquo;io le porsi ordita,
+</p>
+
+<p>
+io cominciai, come colui che brama,<br />
+dubitando, consiglio da persona<br />
+che vede e vuol dirittamente e ama:
+</p>
+
+<p>
+«Ben veggio, padre mio, sì come sprona<br />
+lo tempo verso me, per colpo darmi<br />
+tal, ch&rsquo;è più grave a chi più s&rsquo;abbandona;
+</p>
+
+<p>
+per che di provedenza è buon ch&rsquo;io m&rsquo;armi,<br />
+sì che, se loco m&rsquo;è tolto più caro,<br />
+io non perdessi li altri per miei carmi.
+</p>
+
+<p>
+Giù per lo mondo sanza fine amaro,<br />
+e per lo monte del cui bel cacume<br />
+li occhi de la mia donna mi levaro,
+</p>
+
+<p>
+e poscia per lo ciel, di lume in lume,<br />
+ho io appreso quel che s&rsquo;io ridico,<br />
+a molti fia sapor di forte agrume;
+</p>
+
+<p>
+e s&rsquo;io al vero son timido amico,<br />
+temo di perder viver tra coloro<br />
+che questo tempo chiameranno antico».
+</p>
+
+<p>
+La luce in che rideva il mio tesoro<br />
+ch&rsquo;io trovai lì, si fé prima corusca,<br />
+quale a raggio di sole specchio d&rsquo;oro;
+</p>
+
+<p>
+indi rispuose: «Coscïenza fusca<br />
+o de la propria o de l&rsquo;altrui vergogna<br />
+pur sentirà la tua parola brusca.
+</p>
+
+<p>
+Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,<br />
+tutta tua visïon fa manifesta;<br />
+e lascia pur grattar dov&rsquo; è la rogna.
+</p>
+
+<p>
+Ché se la voce tua sarà molesta<br />
+nel primo gusto, vital nodrimento<br />
+lascerà poi, quando sarà digesta.
+</p>
+
+<p>
+Questo tuo grido farà come vento,<br />
+che le più alte cime più percuote;<br />
+e ciò non fa d&rsquo;onor poco argomento.
+</p>
+
+<p>
+Però ti son mostrate in queste rote,<br />
+nel monte e ne la valle dolorosa<br />
+pur l&rsquo;anime che son di fama note,
+</p>
+
+<p>
+che l&rsquo;animo di quel ch&rsquo;ode, non posa<br />
+né ferma fede per essempro ch&rsquo;aia<br />
+la sua radice incognita e ascosa,
+</p>
+
+<p>
+né per altro argomento che non paia».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto85"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XVIII
+</h2>
+
+<p>
+Già si godeva solo del suo verbo<br />
+quello specchio beato, e io gustava<br />
+lo mio, temprando col dolce l&rsquo;acerbo;
+</p>
+
+<p>
+e quella donna ch&rsquo;a Dio mi menava<br />
+disse: «Muta pensier; pensa ch&rsquo;i&rsquo; sono<br />
+presso a colui ch&rsquo;ogne torto disgrava».
+</p>
+
+<p>
+Io mi rivolsi a l&rsquo;amoroso suono<br />
+del mio conforto; e qual io allor vidi<br />
+ne li occhi santi amor, qui l&rsquo;abbandono:
+</p>
+
+<p>
+non perch&rsquo; io pur del mio parlar diffidi,<br />
+ma per la mente che non può redire<br />
+sovra sé tanto, s&rsquo;altri non la guidi.
+</p>
+
+<p>
+Tanto poss&rsquo; io di quel punto ridire,<br />
+che, rimirando lei, lo mio affetto<br />
+libero fu da ogne altro disire,
+</p>
+
+<p>
+fin che &rsquo;l piacere etterno, che diretto<br />
+raggiava in Bëatrice, dal bel viso<br />
+mi contentava col secondo aspetto.
+</p>
+
+<p>
+Vincendo me col lume d&rsquo;un sorriso,<br />
+ella mi disse: «Volgiti e ascolta;<br />
+ché non pur ne&rsquo; miei occhi è paradiso».
+</p>
+
+<p>
+Come si vede qui alcuna volta<br />
+l&rsquo;affetto ne la vista, s&rsquo;elli è tanto,<br />
+che da lui sia tutta l&rsquo;anima tolta,
+</p>
+
+<p>
+così nel fiammeggiar del folgór santo,<br />
+a ch&rsquo;io mi volsi, conobbi la voglia<br />
+in lui di ragionarmi ancora alquanto.
+</p>
+
+<p>
+El cominciò: «In questa quinta soglia<br />
+de l&rsquo;albero che vive de la cima<br />
+e frutta sempre e mai non perde foglia,
+</p>
+
+<p>
+spiriti son beati, che giù, prima<br />
+che venissero al ciel, fuor di gran voce,<br />
+sì ch&rsquo;ogne musa ne sarebbe opima.
+</p>
+
+<p>
+Però mira ne&rsquo; corni de la croce:<br />
+quello ch&rsquo;io nomerò, lì farà l&rsquo;atto<br />
+che fa in nube il suo foco veloce».
+</p>
+
+<p>
+Io vidi per la croce un lume tratto<br />
+dal nomar Iosuè, com&rsquo; el si feo;<br />
+né mi fu noto il dir prima che &rsquo;l fatto.
+</p>
+
+<p>
+E al nome de l&rsquo;alto Macabeo<br />
+vidi moversi un altro roteando,<br />
+e letizia era ferza del paleo.
+</p>
+
+<p>
+Così per Carlo Magno e per Orlando<br />
+due ne seguì lo mio attento sguardo,<br />
+com&rsquo; occhio segue suo falcon volando.
+</p>
+
+<p>
+Poscia trasse Guiglielmo e Rinoardo<br />
+e &rsquo;l duca Gottifredi la mia vista<br />
+per quella croce, e Ruberto Guiscardo.
+</p>
+
+<p>
+Indi, tra l&rsquo;altre luci mota e mista,<br />
+mostrommi l&rsquo;alma che m&rsquo;avea parlato<br />
+qual era tra i cantor del cielo artista.
+</p>
+
+<p>
+Io mi rivolsi dal mio destro lato<br />
+per vedere in Beatrice il mio dovere,<br />
+o per parlare o per atto, segnato;
+</p>
+
+<p>
+e vidi le sue luci tanto mere,<br />
+tanto gioconde, che la sua sembianza<br />
+vinceva li altri e l&rsquo;ultimo solere.
+</p>
+
+<p>
+E come, per sentir più dilettanza<br />
+bene operando, l&rsquo;uom di giorno in giorno<br />
+s&rsquo;accorge che la sua virtute avanza,
+</p>
+
+<p>
+sì m&rsquo;accors&rsquo; io che &rsquo;l mio girare intorno<br />
+col cielo insieme avea cresciuto l&rsquo;arco,<br />
+veggendo quel miracol più addorno.
+</p>
+
+<p>
+E qual è &rsquo;l trasmutare in picciol varco<br />
+di tempo in bianca donna, quando &rsquo;l volto<br />
+suo si discarchi di vergogna il carco,
+</p>
+
+<p>
+tal fu ne li occhi miei, quando fui vòlto,<br />
+per lo candor de la temprata stella<br />
+sesta, che dentro a sé m&rsquo;avea ricolto.
+</p>
+
+<p>
+Io vidi in quella giovïal facella<br />
+lo sfavillar de l&rsquo;amor che lì era<br />
+segnare a li occhi miei nostra favella.
+</p>
+
+<p>
+E come augelli surti di rivera,<br />
+quasi congratulando a lor pasture,<br />
+fanno di sé or tonda or altra schiera,
+</p>
+
+<p>
+sì dentro ai lumi sante creature<br />
+volitando cantavano, e faciensi<br />
+or D, or I, or L in sue figure.
+</p>
+
+<p>
+Prima, cantando, a sua nota moviensi;<br />
+poi, diventando l&rsquo;un di questi segni,<br />
+un poco s&rsquo;arrestavano e taciensi.
+</p>
+
+<p>
+O diva Pegasëa che li &rsquo;ngegni<br />
+fai glorïosi e rendili longevi,<br />
+ed essi teco le cittadi e &rsquo; regni,
+</p>
+
+<p>
+illustrami di te, sì ch&rsquo;io rilevi<br />
+le lor figure com&rsquo; io l&rsquo;ho concette:<br />
+paia tua possa in questi versi brevi!
+</p>
+
+<p>
+Mostrarsi dunque in cinque volte sette<br />
+vocali e consonanti; e io notai<br />
+le parti sì, come mi parver dette.
+</p>
+
+<p>
+‘DILIGITE IUSTITIAM&rsquo;, primai<br />
+fur verbo e nome di tutto &rsquo;l dipinto;<br />
+‘QUI IUDICATIS TERRAM&rsquo;, fur sezzai.
+</p>
+
+<p>
+Poscia ne l&rsquo;emme del vocabol quinto<br />
+rimasero ordinate; sì che Giove<br />
+pareva argento lì d&rsquo;oro distinto.
+</p>
+
+<p>
+E vidi scendere altre luci dove<br />
+era il colmo de l&rsquo;emme, e lì quetarsi<br />
+cantando, credo, il ben ch&rsquo;a sé le move.
+</p>
+
+<p>
+Poi, come nel percuoter d&rsquo;i ciocchi arsi<br />
+surgono innumerabili faville,<br />
+onde li stolti sogliono agurarsi,
+</p>
+
+<p>
+resurger parver quindi più di mille<br />
+luci e salir, qual assai e qual poco,<br />
+sì come &rsquo;l sol che l&rsquo;accende sortille;
+</p>
+
+<p>
+e quïetata ciascuna in suo loco,<br />
+la testa e &rsquo;l collo d&rsquo;un&rsquo;aguglia vidi<br />
+rappresentare a quel distinto foco.
+</p>
+
+<p>
+Quei che dipinge lì, non ha chi &rsquo;l guidi;<br />
+ma esso guida, e da lui si rammenta<br />
+quella virtù ch&rsquo;è forma per li nidi.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;altra bëatitudo, che contenta<br />
+pareva prima d&rsquo;ingigliarsi a l&rsquo;emme,<br />
+con poco moto seguitò la &rsquo;mprenta.
+</p>
+
+<p>
+O dolce stella, quali e quante gemme<br />
+mi dimostraro che nostra giustizia<br />
+effetto sia del ciel che tu ingemme!
+</p>
+
+<p>
+Per ch&rsquo;io prego la mente in che s&rsquo;inizia<br />
+tuo moto e tua virtute, che rimiri<br />
+ond&rsquo; esce il fummo che &rsquo;l tuo raggio vizia;
+</p>
+
+<p>
+sì ch&rsquo;un&rsquo;altra fïata omai s&rsquo;adiri<br />
+del comperare e vender dentro al templo<br />
+che si murò di segni e di martìri.
+</p>
+
+<p>
+O milizia del ciel cu&rsquo; io contemplo,<br />
+adora per color che sono in terra<br />
+tutti svïati dietro al malo essemplo!
+</p>
+
+<p>
+Già si solea con le spade far guerra;<br />
+ma or si fa togliendo or qui or quivi<br />
+lo pan che &rsquo;l pïo Padre a nessun serra.
+</p>
+
+<p>
+Ma tu che sol per cancellare scrivi,<br />
+pensa che Pietro e Paulo, che moriro<br />
+per la vigna che guasti, ancor son vivi.
+</p>
+
+<p>
+Ben puoi tu dire: «I&rsquo; ho fermo &rsquo;l disiro<br />
+sì a colui che volle viver solo<br />
+e che per salti fu tratto al martiro,
+</p>
+
+<p>
+ch&rsquo;io non conosco il pescator né Polo».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto86"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XIX
+</h2>
+
+<p>
+Parea dinanzi a me con l&rsquo;ali aperte<br />
+la bella image che nel dolce frui<br />
+liete facevan l&rsquo;anime conserte;
+</p>
+
+<p>
+parea ciascuna rubinetto in cui<br />
+raggio di sole ardesse sì acceso,<br />
+che ne&rsquo; miei occhi rifrangesse lui.
+</p>
+
+<p>
+E quel che mi convien ritrar testeso,<br />
+non portò voce mai, né scrisse incostro,<br />
+né fu per fantasia già mai compreso;
+</p>
+
+<p>
+ch&rsquo;io vidi e anche udi&rsquo; parlar lo rostro,<br />
+e sonar ne la voce e «io» e «mio»,<br />
+quand&rsquo; era nel concetto e ‘noi&rsquo; e ‘nostro&rsquo;.
+</p>
+
+<p>
+E cominciò: «Per esser giusto e pio<br />
+son io qui essaltato a quella gloria<br />
+che non si lascia vincere a disio;
+</p>
+
+<p>
+e in terra lasciai la mia memoria<br />
+sì fatta, che le genti lì malvage<br />
+commendan lei, ma non seguon la storia».
+</p>
+
+<p>
+Così un sol calor di molte brage<br />
+si fa sentir, come di molti amori<br />
+usciva solo un suon di quella image.
+</p>
+
+<p>
+Ond&rsquo; io appresso: «O perpetüi fiori<br />
+de l&rsquo;etterna letizia, che pur uno<br />
+parer mi fate tutti vostri odori,
+</p>
+
+<p>
+solvetemi, spirando, il gran digiuno<br />
+che lungamente m&rsquo;ha tenuto in fame,<br />
+non trovandoli in terra cibo alcuno.
+</p>
+
+<p>
+Ben so io che, se &rsquo;n cielo altro reame<br />
+la divina giustizia fa suo specchio,<br />
+che &rsquo;l vostro non l&rsquo;apprende con velame.
+</p>
+
+<p>
+Sapete come attento io m&rsquo;apparecchio<br />
+ad ascoltar; sapete qual è quello<br />
+dubbio che m&rsquo;è digiun cotanto vecchio».
+</p>
+
+<p>
+Quasi falcone ch&rsquo;esce del cappello,<br />
+move la testa e con l&rsquo;ali si plaude,<br />
+voglia mostrando e faccendosi bello,
+</p>
+
+<p>
+vid&rsquo; io farsi quel segno, che di laude<br />
+de la divina grazia era contesto,<br />
+con canti quai si sa chi là sù gaude.
+</p>
+
+<p>
+Poi cominciò: «Colui che volse il sesto<br />
+a lo stremo del mondo, e dentro ad esso<br />
+distinse tanto occulto e manifesto,
+</p>
+
+<p>
+non poté suo valor sì fare impresso<br />
+in tutto l&rsquo;universo, che &rsquo;l suo verbo<br />
+non rimanesse in infinito eccesso.
+</p>
+
+<p>
+E ciò fa certo che &rsquo;l primo superbo,<br />
+che fu la somma d&rsquo;ogne creatura,<br />
+per non aspettar lume, cadde acerbo;
+</p>
+
+<p>
+e quinci appar ch&rsquo;ogne minor natura<br />
+è corto recettacolo a quel bene<br />
+che non ha fine e sé con sé misura.
+</p>
+
+<p>
+Dunque vostra veduta, che convene<br />
+esser alcun de&rsquo; raggi de la mente<br />
+di che tutte le cose son ripiene,
+</p>
+
+<p>
+non pò da sua natura esser possente<br />
+tanto, che suo principio discerna<br />
+molto di là da quel che l&rsquo;è parvente.
+</p>
+
+<p>
+Però ne la giustizia sempiterna<br />
+la vista che riceve il vostro mondo,<br />
+com&rsquo; occhio per lo mare, entro s&rsquo;interna;
+</p>
+
+<p>
+che, ben che da la proda veggia il fondo,<br />
+in pelago nol vede; e nondimeno<br />
+èli, ma cela lui l&rsquo;esser profondo.
+</p>
+
+<p>
+Lume non è, se non vien dal sereno<br />
+che non si turba mai; anzi è tenèbra<br />
+od ombra de la carne o suo veleno.
+</p>
+
+<p>
+Assai t&rsquo;è mo aperta la latebra<br />
+che t&rsquo;ascondeva la giustizia viva,<br />
+di che facei question cotanto crebra;
+</p>
+
+<p>
+ché tu dicevi: “Un uom nasce a la riva<br />
+de l&rsquo;Indo, e quivi non è chi ragioni<br />
+di Cristo né chi legga né chi scriva;
+</p>
+
+<p>
+e tutti suoi voleri e atti buoni<br />
+sono, quanto ragione umana vede,<br />
+sanza peccato in vita o in sermoni.
+</p>
+
+<p>
+Muore non battezzato e sanza fede:<br />
+ov&rsquo; è questa giustizia che &rsquo;l condanna?<br />
+ov&rsquo; è la colpa sua, se ei non crede?”.
+</p>
+
+<p>
+Or tu chi se&rsquo;, che vuo&rsquo; sedere a scranna,<br />
+per giudicar di lungi mille miglia<br />
+con la veduta corta d&rsquo;una spanna?
+</p>
+
+<p>
+Certo a colui che meco s&rsquo;assottiglia,<br />
+se la Scrittura sovra voi non fosse,<br />
+da dubitar sarebbe a maraviglia.
+</p>
+
+<p>
+Oh terreni animali! oh menti grosse!<br />
+La prima volontà, ch&rsquo;è da sé buona,<br />
+da sé, ch&rsquo;è sommo ben, mai non si mosse.
+</p>
+
+<p>
+Cotanto è giusto quanto a lei consuona:<br />
+nullo creato bene a sé la tira,<br />
+ma essa, radïando, lui cagiona».
+</p>
+
+<p>
+Quale sovresso il nido si rigira<br />
+poi c&rsquo;ha pasciuti la cicogna i figli,<br />
+e come quel ch&rsquo;è pasto la rimira;
+</p>
+
+<p>
+cotal si fece, e sì leväi i cigli,<br />
+la benedetta imagine, che l&rsquo;ali<br />
+movea sospinte da tanti consigli.
+</p>
+
+<p>
+Roteando cantava, e dicea: «Quali<br />
+son le mie note a te, che non le &rsquo;ntendi,<br />
+tal è il giudicio etterno a voi mortali».
+</p>
+
+<p>
+Poi si quetaro quei lucenti incendi<br />
+de lo Spirito Santo ancor nel segno<br />
+che fé i Romani al mondo reverendi,
+</p>
+
+<p>
+esso ricominciò: «A questo regno<br />
+non salì mai chi non credette &rsquo;n Cristo,<br />
+né pria né poi ch&rsquo;el si chiavasse al legno.
+</p>
+
+<p>
+Ma vedi: molti gridan “Cristo, Cristo!”,<br />
+che saranno in giudicio assai men prope<br />
+a lui, che tal che non conosce Cristo;
+</p>
+
+<p>
+e tai Cristian dannerà l&rsquo;Etïòpe,<br />
+quando si partiranno i due collegi,<br />
+l&rsquo;uno in etterno ricco e l&rsquo;altro inòpe.
+</p>
+
+<p>
+Che poran dir li Perse a&rsquo; vostri regi,<br />
+come vedranno quel volume aperto<br />
+nel qual si scrivon tutti suoi dispregi?
+</p>
+
+<p>
+Lì si vedrà, tra l&rsquo;opere d&rsquo;Alberto,<br />
+quella che tosto moverà la penna,<br />
+per che &rsquo;l regno di Praga fia diserto.
+</p>
+
+<p>
+Lì si vedrà il duol che sovra Senna<br />
+induce, falseggiando la moneta,<br />
+quel che morrà di colpo di cotenna.
+</p>
+
+<p>
+Lì si vedrà la superbia ch&rsquo;asseta,<br />
+che fa lo Scotto e l&rsquo;Inghilese folle,<br />
+sì che non può soffrir dentro a sua meta.
+</p>
+
+<p>
+Vedrassi la lussuria e &rsquo;l viver molle<br />
+di quel di Spagna e di quel di Boemme,<br />
+che mai valor non conobbe né volle.
+</p>
+
+<p>
+Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme<br />
+segnata con un i la sua bontate,<br />
+quando &rsquo;l contrario segnerà un emme.
+</p>
+
+<p>
+Vedrassi l&rsquo;avarizia e la viltate<br />
+di quei che guarda l&rsquo;isola del foco,<br />
+ove Anchise finì la lunga etate;
+</p>
+
+<p>
+e a dare ad intender quanto è poco,<br />
+la sua scrittura fian lettere mozze,<br />
+che noteranno molto in parvo loco.
+</p>
+
+<p>
+E parranno a ciascun l&rsquo;opere sozze<br />
+del barba e del fratel, che tanto egregia<br />
+nazione e due corone han fatte bozze.
+</p>
+
+<p>
+E quel di Portogallo e di Norvegia<br />
+lì si conosceranno, e quel di Rascia<br />
+che male ha visto il conio di Vinegia.
+</p>
+
+<p>
+Oh beata Ungheria, se non si lascia<br />
+più malmenare! e beata Navarra,<br />
+se s&rsquo;armasse del monte che la fascia!
+</p>
+
+<p>
+E creder de&rsquo; ciascun che già, per arra<br />
+di questo, Niccosïa e Famagosta<br />
+per la lor bestia si lamenti e garra,
+</p>
+
+<p>
+che dal fianco de l&rsquo;altre non si scosta».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto87"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XX
+</h2>
+
+<p>
+Quando colui che tutto &rsquo;l mondo alluma<br />
+de l&rsquo;emisperio nostro sì discende,<br />
+che &rsquo;l giorno d&rsquo;ogne parte si consuma,
+</p>
+
+<p>
+lo ciel, che sol di lui prima s&rsquo;accende,<br />
+subitamente si rifà parvente<br />
+per molte luci, in che una risplende;
+</p>
+
+<p>
+e questo atto del ciel mi venne a mente,<br />
+come &rsquo;l segno del mondo e de&rsquo; suoi duci<br />
+nel benedetto rostro fu tacente;
+</p>
+
+<p>
+però che tutte quelle vive luci,<br />
+vie più lucendo, cominciaron canti<br />
+da mia memoria labili e caduci.
+</p>
+
+<p>
+O dolce amor che di riso t&rsquo;ammanti,<br />
+quanto parevi ardente in que&rsquo; flailli,<br />
+ch&rsquo;avieno spirto sol di pensier santi!
+</p>
+
+<p>
+Poscia che i cari e lucidi lapilli<br />
+ond&rsquo; io vidi ingemmato il sesto lume<br />
+puoser silenzio a li angelici squilli,
+</p>
+
+<p>
+udir mi parve un mormorar di fiume<br />
+che scende chiaro giù di pietra in pietra,<br />
+mostrando l&rsquo;ubertà del suo cacume.
+</p>
+
+<p>
+E come suono al collo de la cetra<br />
+prende sua forma, e sì com&rsquo; al pertugio<br />
+de la sampogna vento che penètra,
+</p>
+
+<p>
+così, rimosso d&rsquo;aspettare indugio,<br />
+quel mormorar de l&rsquo;aguglia salissi<br />
+su per lo collo, come fosse bugio.
+</p>
+
+<p>
+Fecesi voce quivi, e quindi uscissi<br />
+per lo suo becco in forma di parole,<br />
+quali aspettava il core ov&rsquo; io le scrissi.
+</p>
+
+<p>
+«La parte in me che vede e pate il sole<br />
+ne l&rsquo;aguglie mortali», incominciommi,<br />
+«or fisamente riguardar si vole,
+</p>
+
+<p>
+perché d&rsquo;i fuochi ond&rsquo; io figura fommi,<br />
+quelli onde l&rsquo;occhio in testa mi scintilla,<br />
+e&rsquo; di tutti lor gradi son li sommi.
+</p>
+
+<p>
+Colui che luce in mezzo per pupilla,<br />
+fu il cantor de lo Spirito Santo,<br />
+che l&rsquo;arca traslatò di villa in villa:
+</p>
+
+<p>
+ora conosce il merto del suo canto,<br />
+in quanto effetto fu del suo consiglio,<br />
+per lo remunerar ch&rsquo;è altrettanto.
+</p>
+
+<p>
+Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio,<br />
+colui che più al becco mi s&rsquo;accosta,<br />
+la vedovella consolò del figlio:
+</p>
+
+<p>
+ora conosce quanto caro costa<br />
+non seguir Cristo, per l&rsquo;esperïenza<br />
+di questa dolce vita e de l&rsquo;opposta.
+</p>
+
+<p>
+E quel che segue in la circunferenza<br />
+di che ragiono, per l&rsquo;arco superno,<br />
+morte indugiò per vera penitenza:
+</p>
+
+<p>
+ora conosce che &rsquo;l giudicio etterno<br />
+non si trasmuta, quando degno preco<br />
+fa crastino là giù de l&rsquo;odïerno.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;altro che segue, con le leggi e meco,<br />
+sotto buona intenzion che fé mal frutto,<br />
+per cedere al pastor si fece greco:
+</p>
+
+<p>
+ora conosce come il mal dedutto<br />
+dal suo bene operar non li è nocivo,<br />
+avvegna che sia &rsquo;l mondo indi distrutto.
+</p>
+
+<p>
+E quel che vedi ne l&rsquo;arco declivo,<br />
+Guiglielmo fu, cui quella terra plora<br />
+che piagne Carlo e Federigo vivo:
+</p>
+
+<p>
+ora conosce come s&rsquo;innamora<br />
+lo ciel del giusto rege, e al sembiante<br />
+del suo fulgore il fa vedere ancora.
+</p>
+
+<p>
+Chi crederebbe giù nel mondo errante<br />
+che Rifëo Troiano in questo tondo<br />
+fosse la quinta de le luci sante?
+</p>
+
+<p>
+Ora conosce assai di quel che &rsquo;l mondo<br />
+veder non può de la divina grazia,<br />
+ben che sua vista non discerna il fondo».
+</p>
+
+<p>
+Quale allodetta che &rsquo;n aere si spazia<br />
+prima cantando, e poi tace contenta<br />
+de l&rsquo;ultima dolcezza che la sazia,
+</p>
+
+<p>
+tal mi sembiò l&rsquo;imago de la &rsquo;mprenta<br />
+de l&rsquo;etterno piacere, al cui disio<br />
+ciascuna cosa qual ell&rsquo; è diventa.
+</p>
+
+<p>
+E avvegna ch&rsquo;io fossi al dubbiar mio<br />
+lì quasi vetro a lo color ch&rsquo;el veste,<br />
+tempo aspettar tacendo non patio,
+</p>
+
+<p>
+ma de la bocca, «Che cose son queste?»,<br />
+mi pinse con la forza del suo peso:<br />
+per ch&rsquo;io di coruscar vidi gran feste.
+</p>
+
+<p>
+Poi appresso, con l&rsquo;occhio più acceso,<br />
+lo benedetto segno mi rispuose<br />
+per non tenermi in ammirar sospeso:
+</p>
+
+<p>
+«Io veggio che tu credi queste cose<br />
+perch&rsquo; io le dico, ma non vedi come;<br />
+sì che, se son credute, sono ascose.
+</p>
+
+<p>
+Fai come quei che la cosa per nome<br />
+apprende ben, ma la sua quiditate<br />
+veder non può se altri non la prome.
+</p>
+
+<p>
+Regnum celorum vïolenza pate<br />
+da caldo amore e da viva speranza,<br />
+che vince la divina volontate:
+</p>
+
+<p>
+non a guisa che l&rsquo;omo a l&rsquo;om sobranza,<br />
+ma vince lei perché vuole esser vinta,<br />
+e, vinta, vince con sua beninanza.
+</p>
+
+<p>
+La prima vita del ciglio e la quinta<br />
+ti fa maravigliar, perché ne vedi<br />
+la regïon de li angeli dipinta.
+</p>
+
+<p>
+D&rsquo;i corpi suoi non uscir, come credi,<br />
+Gentili, ma Cristiani, in ferma fede<br />
+quel d&rsquo;i passuri e quel d&rsquo;i passi piedi.
+</p>
+
+<p>
+Ché l&rsquo;una de lo &rsquo;nferno, u&rsquo; non si riede<br />
+già mai a buon voler, tornò a l&rsquo;ossa;<br />
+e ciò di viva spene fu mercede:
+</p>
+
+<p>
+di viva spene, che mise la possa<br />
+ne&rsquo; prieghi fatti a Dio per suscitarla,<br />
+sì che potesse sua voglia esser mossa.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;anima glorïosa onde si parla,<br />
+tornata ne la carne, in che fu poco,<br />
+credette in lui che potëa aiutarla;
+</p>
+
+<p>
+e credendo s&rsquo;accese in tanto foco<br />
+di vero amor, ch&rsquo;a la morte seconda<br />
+fu degna di venire a questo gioco.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;altra, per grazia che da sì profonda<br />
+fontana stilla, che mai creatura<br />
+non pinse l&rsquo;occhio infino a la prima onda,
+</p>
+
+<p>
+tutto suo amor là giù pose a drittura:<br />
+per che, di grazia in grazia, Dio li aperse<br />
+l&rsquo;occhio a la nostra redenzion futura;
+</p>
+
+<p>
+ond&rsquo; ei credette in quella, e non sofferse<br />
+da indi il puzzo più del paganesmo;<br />
+e riprendiene le genti perverse.
+</p>
+
+<p>
+Quelle tre donne li fur per battesmo<br />
+che tu vedesti da la destra rota,<br />
+dinanzi al battezzar più d&rsquo;un millesmo.
+</p>
+
+<p>
+O predestinazion, quanto remota<br />
+è la radice tua da quelli aspetti<br />
+che la prima cagion non veggion tota!
+</p>
+
+<p>
+E voi, mortali, tenetevi stretti<br />
+a giudicar: ché noi, che Dio vedemo,<br />
+non conosciamo ancor tutti li eletti;
+</p>
+
+<p>
+ed ènne dolce così fatto scemo,<br />
+perché il ben nostro in questo ben s&rsquo;affina,<br />
+che quel che vole Iddio, e noi volemo».
+</p>
+
+<p>
+Così da quella imagine divina,<br />
+per farmi chiara la mia corta vista,<br />
+data mi fu soave medicina.
+</p>
+
+<p>
+E come a buon cantor buon citarista<br />
+fa seguitar lo guizzo de la corda,<br />
+in che più di piacer lo canto acquista,
+</p>
+
+<p>
+sì, mentre ch&rsquo;e&rsquo; parlò, sì mi ricorda<br />
+ch&rsquo;io vidi le due luci benedette,<br />
+pur come batter d&rsquo;occhi si concorda,
+</p>
+
+<p>
+con le parole mover le fiammette.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto88"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXI
+</h2>
+
+<p>
+Già eran li occhi miei rifissi al volto<br />
+de la mia donna, e l&rsquo;animo con essi,<br />
+e da ogne altro intento s&rsquo;era tolto.
+</p>
+
+<p>
+E quella non ridea; ma «S&rsquo;io ridessi»,<br />
+mi cominciò, «tu ti faresti quale<br />
+fu Semelè quando di cener fessi:
+</p>
+
+<p>
+ché la bellezza mia, che per le scale<br />
+de l&rsquo;etterno palazzo più s&rsquo;accende,<br />
+com&rsquo; hai veduto, quanto più si sale,
+</p>
+
+<p>
+se non si temperasse, tanto splende,<br />
+che &rsquo;l tuo mortal podere, al suo fulgore,<br />
+sarebbe fronda che trono scoscende.
+</p>
+
+<p>
+Noi sem levati al settimo splendore,<br />
+che sotto &rsquo;l petto del Leone ardente<br />
+raggia mo misto giù del suo valore.
+</p>
+
+<p>
+Ficca di retro a li occhi tuoi la mente,<br />
+e fa di quelli specchi a la figura<br />
+che &rsquo;n questo specchio ti sarà parvente».
+</p>
+
+<p>
+Qual savesse qual era la pastura<br />
+del viso mio ne l&rsquo;aspetto beato<br />
+quand&rsquo; io mi trasmutai ad altra cura,
+</p>
+
+<p>
+conoscerebbe quanto m&rsquo;era a grato<br />
+ubidire a la mia celeste scorta,<br />
+contrapesando l&rsquo;un con l&rsquo;altro lato.
+</p>
+
+<p>
+Dentro al cristallo che &rsquo;l vocabol porta,<br />
+cerchiando il mondo, del suo caro duce<br />
+sotto cui giacque ogne malizia morta,
+</p>
+
+<p>
+di color d&rsquo;oro in che raggio traluce<br />
+vid&rsquo; io uno scaleo eretto in suso<br />
+tanto, che nol seguiva la mia luce.
+</p>
+
+<p>
+Vidi anche per li gradi scender giuso<br />
+tanti splendor, ch&rsquo;io pensai ch&rsquo;ogne lume<br />
+che par nel ciel, quindi fosse diffuso.
+</p>
+
+<p>
+E come, per lo natural costume,<br />
+le pole insieme, al cominciar del giorno,<br />
+si movono a scaldar le fredde piume;
+</p>
+
+<p>
+poi altre vanno via sanza ritorno,<br />
+altre rivolgon sé onde son mosse,<br />
+e altre roteando fan soggiorno;
+</p>
+
+<p>
+tal modo parve me che quivi fosse<br />
+in quello sfavillar che &rsquo;nsieme venne,<br />
+sì come in certo grado si percosse.
+</p>
+
+<p>
+E quel che presso più ci si ritenne,<br />
+si fé sì chiaro, ch&rsquo;io dicea pensando:<br />
+‘Io veggio ben l&rsquo;amor che tu m&rsquo;accenne.
+</p>
+
+<p>
+Ma quella ond&rsquo; io aspetto il come e &rsquo;l quando<br />
+del dire e del tacer, si sta; ond&rsquo; io,<br />
+contra &rsquo;l disio, fo ben ch&rsquo;io non dimando&rsquo;.
+</p>
+
+<p>
+Per ch&rsquo;ella, che vedëa il tacer mio<br />
+nel veder di colui che tutto vede,<br />
+mi disse: «Solvi il tuo caldo disio».
+</p>
+
+<p>
+E io incominciai: «La mia mercede<br />
+non mi fa degno de la tua risposta;<br />
+ma per colei che &rsquo;l chieder mi concede,
+</p>
+
+<p>
+vita beata che ti stai nascosta<br />
+dentro a la tua letizia, fammi nota<br />
+la cagion che sì presso mi t&rsquo;ha posta;
+</p>
+
+<p>
+e dì perché si tace in questa rota<br />
+la dolce sinfonia di paradiso,<br />
+che giù per l&rsquo;altre suona sì divota».
+</p>
+
+<p>
+«Tu hai l&rsquo;udir mortal sì come il viso»,<br />
+rispuose a me; «onde qui non si canta<br />
+per quel che Bëatrice non ha riso.
+</p>
+
+<p>
+Giù per li gradi de la scala santa<br />
+discesi tanto sol per farti festa<br />
+col dire e con la luce che mi ammanta;
+</p>
+
+<p>
+né più amor mi fece esser più presta,<br />
+ché più e tanto amor quinci sù ferve,<br />
+sì come il fiammeggiar ti manifesta.
+</p>
+
+<p>
+Ma l&rsquo;alta carità, che ci fa serve<br />
+pronte al consiglio che &rsquo;l mondo governa,<br />
+sorteggia qui sì come tu osserve».
+</p>
+
+<p>
+«Io veggio ben», diss&rsquo; io, «sacra lucerna,<br />
+come libero amore in questa corte<br />
+basta a seguir la provedenza etterna;
+</p>
+
+<p>
+ma questo è quel ch&rsquo;a cerner mi par forte,<br />
+perché predestinata fosti sola<br />
+a questo officio tra le tue consorte».
+</p>
+
+<p>
+Né venni prima a l&rsquo;ultima parola,<br />
+che del suo mezzo fece il lume centro,<br />
+girando sé come veloce mola;
+</p>
+
+<p>
+poi rispuose l&rsquo;amor che v&rsquo;era dentro:<br />
+«Luce divina sopra me s&rsquo;appunta,<br />
+penetrando per questa in ch&rsquo;io m&rsquo;inventro,
+</p>
+
+<p>
+la cui virtù, col mio veder congiunta,<br />
+mi leva sopra me tanto, ch&rsquo;i&rsquo; veggio<br />
+la somma essenza de la quale è munta.
+</p>
+
+<p>
+Quinci vien l&rsquo;allegrezza ond&rsquo; io fiammeggio;<br />
+per ch&rsquo;a la vista mia, quant&rsquo; ella è chiara,<br />
+la chiarità de la fiamma pareggio.
+</p>
+
+<p>
+Ma quell&rsquo; alma nel ciel che più si schiara,<br />
+quel serafin che &rsquo;n Dio più l&rsquo;occhio ha fisso,<br />
+a la dimanda tua non satisfara,
+</p>
+
+<p>
+però che sì s&rsquo;innoltra ne lo abisso<br />
+de l&rsquo;etterno statuto quel che chiedi,<br />
+che da ogne creata vista è scisso.
+</p>
+
+<p>
+E al mondo mortal, quando tu riedi,<br />
+questo rapporta, sì che non presumma<br />
+a tanto segno più mover li piedi.
+</p>
+
+<p>
+La mente, che qui luce, in terra fumma;<br />
+onde riguarda come può là giùe<br />
+quel che non pote perché &rsquo;l ciel l&rsquo;assumma».
+</p>
+
+<p>
+Sì mi prescrisser le parole sue,<br />
+ch&rsquo;io lasciai la quistione e mi ritrassi<br />
+a dimandarla umilmente chi fue.
+</p>
+
+<p>
+«Tra &rsquo; due liti d&rsquo;Italia surgon sassi,<br />
+e non molto distanti a la tua patria,<br />
+tanto che &rsquo; troni assai suonan più bassi,
+</p>
+
+<p>
+e fanno un gibbo che si chiama Catria,<br />
+di sotto al quale è consecrato un ermo,<br />
+che suole esser disposto a sola latria».
+</p>
+
+<p>
+Così ricominciommi il terzo sermo;<br />
+e poi, continüando, disse: «Quivi<br />
+al servigio di Dio mi fe&rsquo; sì fermo,
+</p>
+
+<p>
+che pur con cibi di liquor d&rsquo;ulivi<br />
+lievemente passava caldi e geli,<br />
+contento ne&rsquo; pensier contemplativi.
+</p>
+
+<p>
+Render solea quel chiostro a questi cieli<br />
+fertilemente; e ora è fatto vano,<br />
+sì che tosto convien che si riveli.
+</p>
+
+<p>
+In quel loco fu&rsquo; io Pietro Damiano,<br />
+e Pietro Peccator fu&rsquo; ne la casa<br />
+di Nostra Donna in sul lito adriano.
+</p>
+
+<p>
+Poca vita mortal m&rsquo;era rimasa,<br />
+quando fui chiesto e tratto a quel cappello,<br />
+che pur di male in peggio si travasa.
+</p>
+
+<p>
+Venne Cefàs e venne il gran vasello<br />
+de lo Spirito Santo, magri e scalzi,<br />
+prendendo il cibo da qualunque ostello.
+</p>
+
+<p>
+Or voglion quinci e quindi chi rincalzi<br />
+li moderni pastori e chi li meni,<br />
+tanto son gravi, e chi di rietro li alzi.
+</p>
+
+<p>
+Cuopron d&rsquo;i manti loro i palafreni,<br />
+sì che due bestie van sott&rsquo; una pelle:<br />
+oh pazïenza che tanto sostieni!».
+</p>
+
+<p>
+A questa voce vid&rsquo; io più fiammelle<br />
+di grado in grado scendere e girarsi,<br />
+e ogne giro le facea più belle.
+</p>
+
+<p>
+Dintorno a questa vennero e fermarsi,<br />
+e fero un grido di sì alto suono,<br />
+che non potrebbe qui assomigliarsi;
+</p>
+
+<p>
+né io lo &rsquo;ntesi, sì mi vinse il tuono.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto89"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXII
+</h2>
+
+<p>
+Oppresso di stupore, a la mia guida<br />
+mi volsi, come parvol che ricorre<br />
+sempre colà dove più si confida;
+</p>
+
+<p>
+e quella, come madre che soccorre<br />
+sùbito al figlio palido e anelo<br />
+con la sua voce, che &rsquo;l suol ben disporre,
+</p>
+
+<p>
+mi disse: «Non sai tu che tu se&rsquo; in cielo?<br />
+e non sai tu che &rsquo;l cielo è tutto santo,<br />
+e ciò che ci si fa vien da buon zelo?
+</p>
+
+<p>
+Come t&rsquo;avrebbe trasmutato il canto,<br />
+e io ridendo, mo pensar lo puoi,<br />
+poscia che &rsquo;l grido t&rsquo;ha mosso cotanto;
+</p>
+
+<p>
+nel qual, se &rsquo;nteso avessi i prieghi suoi,<br />
+già ti sarebbe nota la vendetta<br />
+che tu vedrai innanzi che tu muoi.
+</p>
+
+<p>
+La spada di qua sù non taglia in fretta<br />
+né tardo, ma&rsquo; ch&rsquo;al parer di colui<br />
+che disïando o temendo l&rsquo;aspetta.
+</p>
+
+<p>
+Ma rivolgiti omai inverso altrui;<br />
+ch&rsquo;assai illustri spiriti vedrai,<br />
+se com&rsquo; io dico l&rsquo;aspetto redui».
+</p>
+
+<p>
+Come a lei piacque, li occhi ritornai,<br />
+e vidi cento sperule che &rsquo;nsieme<br />
+più s&rsquo;abbellivan con mutüi rai.
+</p>
+
+<p>
+Io stava come quei che &rsquo;n sé repreme<br />
+la punta del disio, e non s&rsquo;attenta<br />
+di domandar, sì del troppo si teme;
+</p>
+
+<p>
+e la maggiore e la più luculenta<br />
+di quelle margherite innanzi fessi,<br />
+per far di sé la mia voglia contenta.
+</p>
+
+<p>
+Poi dentro a lei udi&rsquo;: «Se tu vedessi<br />
+com&rsquo; io la carità che tra noi arde,<br />
+li tuoi concetti sarebbero espressi.
+</p>
+
+<p>
+Ma perché tu, aspettando, non tarde<br />
+a l&rsquo;alto fine, io ti farò risposta<br />
+pur al pensier, da che sì ti riguarde.
+</p>
+
+<p>
+Quel monte a cui Cassino è ne la costa<br />
+fu frequentato già in su la cima<br />
+da la gente ingannata e mal disposta;
+</p>
+
+<p>
+e quel son io che sù vi portai prima<br />
+lo nome di colui che &rsquo;n terra addusse<br />
+la verità che tanto ci soblima;
+</p>
+
+<p>
+e tanta grazia sopra me relusse,<br />
+ch&rsquo;io ritrassi le ville circunstanti<br />
+da l&rsquo;empio cólto che &rsquo;l mondo sedusse.
+</p>
+
+<p>
+Questi altri fuochi tutti contemplanti<br />
+uomini fuoro, accesi di quel caldo<br />
+che fa nascere i fiori e &rsquo; frutti santi.
+</p>
+
+<p>
+Qui è Maccario, qui è Romoaldo,<br />
+qui son li frati miei che dentro ai chiostri<br />
+fermar li piedi e tennero il cor saldo».
+</p>
+
+<p>
+E io a lui: «L&rsquo;affetto che dimostri<br />
+meco parlando, e la buona sembianza<br />
+ch&rsquo;io veggio e noto in tutti li ardor vostri,
+</p>
+
+<p>
+così m&rsquo;ha dilatata mia fidanza,<br />
+come &rsquo;l sol fa la rosa quando aperta<br />
+tanto divien quant&rsquo; ell&rsquo; ha di possanza.
+</p>
+
+<p>
+Però ti priego, e tu, padre, m&rsquo;accerta<br />
+s&rsquo;io posso prender tanta grazia, ch&rsquo;io<br />
+ti veggia con imagine scoverta».
+</p>
+
+<p>
+Ond&rsquo; elli: «Frate, il tuo alto disio<br />
+s&rsquo;adempierà in su l&rsquo;ultima spera,<br />
+ove s&rsquo;adempion tutti li altri e &rsquo;l mio.
+</p>
+
+<p>
+Ivi è perfetta, matura e intera<br />
+ciascuna disïanza; in quella sola<br />
+è ogne parte là ove sempr&rsquo; era,
+</p>
+
+<p>
+perché non è in loco e non s&rsquo;impola;<br />
+e nostra scala infino ad essa varca,<br />
+onde così dal viso ti s&rsquo;invola.
+</p>
+
+<p>
+Infin là sù la vide il patriarca<br />
+Iacobbe porger la superna parte,<br />
+quando li apparve d&rsquo;angeli sì carca.
+</p>
+
+<p>
+Ma, per salirla, mo nessun diparte<br />
+da terra i piedi, e la regola mia<br />
+rimasa è per danno de le carte.
+</p>
+
+<p>
+Le mura che solieno esser badia<br />
+fatte sono spelonche, e le cocolle<br />
+sacca son piene di farina ria.
+</p>
+
+<p>
+Ma grave usura tanto non si tolle<br />
+contra &rsquo;l piacer di Dio, quanto quel frutto<br />
+che fa il cor de&rsquo; monaci sì folle;
+</p>
+
+<p>
+ché quantunque la Chiesa guarda, tutto<br />
+è de la gente che per Dio dimanda;<br />
+non di parenti né d&rsquo;altro più brutto.
+</p>
+
+<p>
+La carne d&rsquo;i mortali è tanto blanda,<br />
+che giù non basta buon cominciamento<br />
+dal nascer de la quercia al far la ghianda.
+</p>
+
+<p>
+Pier cominciò sanz&rsquo; oro e sanz&rsquo; argento,<br />
+e io con orazione e con digiuno,<br />
+e Francesco umilmente il suo convento;
+</p>
+
+<p>
+e se guardi &rsquo;l principio di ciascuno,<br />
+poscia riguardi là dov&rsquo; è trascorso,<br />
+tu vederai del bianco fatto bruno.
+</p>
+
+<p>
+Veramente Iordan vòlto retrorso<br />
+più fu, e &rsquo;l mar fuggir, quando Dio volse,<br />
+mirabile a veder che qui &rsquo;l soccorso».
+</p>
+
+<p>
+Così mi disse, e indi si raccolse<br />
+al suo collegio, e &rsquo;l collegio si strinse;<br />
+poi, come turbo, in sù tutto s&rsquo;avvolse.
+</p>
+
+<p>
+La dolce donna dietro a lor mi pinse<br />
+con un sol cenno su per quella scala,<br />
+sì sua virtù la mia natura vinse;
+</p>
+
+<p>
+né mai qua giù dove si monta e cala<br />
+naturalmente, fu sì ratto moto<br />
+ch&rsquo;agguagliar si potesse a la mia ala.
+</p>
+
+<p>
+S&rsquo;io torni mai, lettore, a quel divoto<br />
+trïunfo per lo quale io piango spesso<br />
+le mie peccata e &rsquo;l petto mi percuoto,
+</p>
+
+<p>
+tu non avresti in tanto tratto e messo<br />
+nel foco il dito, in quant&rsquo; io vidi &rsquo;l segno<br />
+che segue il Tauro e fui dentro da esso.
+</p>
+
+<p>
+O glorïose stelle, o lume pregno<br />
+di gran virtù, dal quale io riconosco<br />
+tutto, qual che si sia, il mio ingegno,
+</p>
+
+<p>
+con voi nasceva e s&rsquo;ascondeva vosco<br />
+quelli ch&rsquo;è padre d&rsquo;ogne mortal vita,<br />
+quand&rsquo; io senti&rsquo; di prima l&rsquo;aere tosco;
+</p>
+
+<p>
+e poi, quando mi fu grazia largita<br />
+d&rsquo;entrar ne l&rsquo;alta rota che vi gira,<br />
+la vostra regïon mi fu sortita.
+</p>
+
+<p>
+A voi divotamente ora sospira<br />
+l&rsquo;anima mia, per acquistar virtute<br />
+al passo forte che a sé la tira.
+</p>
+
+<p>
+«Tu se&rsquo; sì presso a l&rsquo;ultima salute»,<br />
+cominciò Bëatrice, «che tu dei<br />
+aver le luci tue chiare e acute;
+</p>
+
+<p>
+e però, prima che tu più t&rsquo;inlei,<br />
+rimira in giù, e vedi quanto mondo<br />
+sotto li piedi già esser ti fei;
+</p>
+
+<p>
+sì che &rsquo;l tuo cor, quantunque può, giocondo<br />
+s&rsquo;appresenti a la turba trïunfante<br />
+che lieta vien per questo etera tondo».
+</p>
+
+<p>
+Col viso ritornai per tutte quante<br />
+le sette spere, e vidi questo globo<br />
+tal, ch&rsquo;io sorrisi del suo vil sembiante;
+</p>
+
+<p>
+e quel consiglio per migliore approbo<br />
+che l&rsquo;ha per meno; e chi ad altro pensa<br />
+chiamar si puote veramente probo.
+</p>
+
+<p>
+Vidi la figlia di Latona incensa<br />
+sanza quell&rsquo; ombra che mi fu cagione<br />
+per che già la credetti rara e densa.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;aspetto del tuo nato, Iperïone,<br />
+quivi sostenni, e vidi com&rsquo; si move<br />
+circa e vicino a lui Maia e Dïone.
+</p>
+
+<p>
+Quindi m&rsquo;apparve il temperar di Giove<br />
+tra &rsquo;l padre e &rsquo;l figlio; e quindi mi fu chiaro<br />
+il varïar che fanno di lor dove;
+</p>
+
+<p>
+e tutti e sette mi si dimostraro<br />
+quanto son grandi e quanto son veloci<br />
+e come sono in distante riparo.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;aiuola che ci fa tanto feroci,<br />
+volgendom&rsquo; io con li etterni Gemelli,<br />
+tutta m&rsquo;apparve da&rsquo; colli a le foci;
+</p>
+
+<p>
+poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto90"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXIII
+</h2>
+
+<p>
+Come l&rsquo;augello, intra l&rsquo;amate fronde,<br />
+posato al nido de&rsquo; suoi dolci nati<br />
+la notte che le cose ci nasconde,
+</p>
+
+<p>
+che, per veder li aspetti disïati<br />
+e per trovar lo cibo onde li pasca,<br />
+in che gravi labor li sono aggrati,
+</p>
+
+<p>
+previene il tempo in su aperta frasca,<br />
+e con ardente affetto il sole aspetta,<br />
+fiso guardando pur che l&rsquo;alba nasca;
+</p>
+
+<p>
+così la donna mïa stava eretta<br />
+e attenta, rivolta inver&rsquo; la plaga<br />
+sotto la quale il sol mostra men fretta:
+</p>
+
+<p>
+sì che, veggendola io sospesa e vaga,<br />
+fecimi qual è quei che disïando<br />
+altro vorria, e sperando s&rsquo;appaga.
+</p>
+
+<p>
+Ma poco fu tra uno e altro quando,<br />
+del mio attender, dico, e del vedere<br />
+lo ciel venir più e più rischiarando;
+</p>
+
+<p>
+e Bëatrice disse: «Ecco le schiere<br />
+del trïunfo di Cristo e tutto &rsquo;l frutto<br />
+ricolto del girar di queste spere!».
+</p>
+
+<p>
+Pariemi che &rsquo;l suo viso ardesse tutto,<br />
+e li occhi avea di letizia sì pieni,<br />
+che passarmen convien sanza costrutto.
+</p>
+
+<p>
+Quale ne&rsquo; plenilunïi sereni<br />
+Trivïa ride tra le ninfe etterne<br />
+che dipingon lo ciel per tutti i seni,
+</p>
+
+<p>
+vid&rsquo; i&rsquo; sopra migliaia di lucerne<br />
+un sol che tutte quante l&rsquo;accendea,<br />
+come fa &rsquo;l nostro le viste superne;
+</p>
+
+<p>
+e per la viva luce trasparea<br />
+la lucente sustanza tanto chiara<br />
+nel viso mio, che non la sostenea.
+</p>
+
+<p>
+Oh Bëatrice, dolce guida e cara!<br />
+Ella mi disse: «Quel che ti sobranza<br />
+è virtù da cui nulla si ripara.
+</p>
+
+<p>
+Quivi è la sapïenza e la possanza<br />
+ch&rsquo;aprì le strade tra &rsquo;l cielo e la terra,<br />
+onde fu già sì lunga disïanza».
+</p>
+
+<p>
+Come foco di nube si diserra<br />
+per dilatarsi sì che non vi cape,<br />
+e fuor di sua natura in giù s&rsquo;atterra,
+</p>
+
+<p>
+la mente mia così, tra quelle dape<br />
+fatta più grande, di sé stessa uscìo,<br />
+e che si fesse rimembrar non sape.
+</p>
+
+<p>
+«Apri li occhi e riguarda qual son io;<br />
+tu hai vedute cose, che possente<br />
+se&rsquo; fatto a sostener lo riso mio».
+</p>
+
+<p>
+Io era come quei che si risente<br />
+di visïone oblita e che s&rsquo;ingegna<br />
+indarno di ridurlasi a la mente,
+</p>
+
+<p>
+quand&rsquo; io udi&rsquo; questa proferta, degna<br />
+di tanto grato, che mai non si stingue<br />
+del libro che &rsquo;l preterito rassegna.
+</p>
+
+<p>
+Se mo sonasser tutte quelle lingue<br />
+che Polimnïa con le suore fero<br />
+del latte lor dolcissimo più pingue,
+</p>
+
+<p>
+per aiutarmi, al millesmo del vero<br />
+non si verria, cantando il santo riso<br />
+e quanto il santo aspetto facea mero;
+</p>
+
+<p>
+e così, figurando il paradiso,<br />
+convien saltar lo sacrato poema,<br />
+come chi trova suo cammin riciso.
+</p>
+
+<p>
+Ma chi pensasse il ponderoso tema<br />
+e l&rsquo;omero mortal che se ne carca,<br />
+nol biasmerebbe se sott&rsquo; esso trema:
+</p>
+
+<p>
+non è pareggio da picciola barca<br />
+quel che fendendo va l&rsquo;ardita prora,<br />
+né da nocchier ch&rsquo;a sé medesmo parca.
+</p>
+
+<p>
+«Perché la faccia mia sì t&rsquo;innamora,<br />
+che tu non ti rivolgi al bel giardino<br />
+che sotto i raggi di Cristo s&rsquo;infiora?
+</p>
+
+<p>
+Quivi è la rosa in che &rsquo;l verbo divino<br />
+carne si fece; quivi son li gigli<br />
+al cui odor si prese il buon cammino».
+</p>
+
+<p>
+Così Beatrice; e io, che a&rsquo; suoi consigli<br />
+tutto era pronto, ancora mi rendei<br />
+a la battaglia de&rsquo; debili cigli.
+</p>
+
+<p>
+Come a raggio di sol, che puro mei<br />
+per fratta nube, già prato di fiori<br />
+vider, coverti d&rsquo;ombra, li occhi miei;
+</p>
+
+<p>
+vid&rsquo; io così più turbe di splendori,<br />
+folgorate di sù da raggi ardenti,<br />
+sanza veder principio di folgóri.
+</p>
+
+<p>
+O benigna vertù che sì li &rsquo;mprenti,<br />
+sù t&rsquo;essaltasti, per largirmi loco<br />
+a li occhi lì che non t&rsquo;eran possenti.
+</p>
+
+<p>
+Il nome del bel fior ch&rsquo;io sempre invoco<br />
+e mane e sera, tutto mi ristrinse<br />
+l&rsquo;animo ad avvisar lo maggior foco;
+</p>
+
+<p>
+e come ambo le luci mi dipinse<br />
+il quale e il quanto de la viva stella<br />
+che là sù vince come qua giù vinse,
+</p>
+
+<p>
+per entro il cielo scese una facella,<br />
+formata in cerchio a guisa di corona,<br />
+e cinsela e girossi intorno ad ella.
+</p>
+
+<p>
+Qualunque melodia più dolce suona<br />
+qua giù e più a sé l&rsquo;anima tira,<br />
+parrebbe nube che squarciata tona,
+</p>
+
+<p>
+comparata al sonar di quella lira<br />
+onde si coronava il bel zaffiro<br />
+del quale il ciel più chiaro s&rsquo;inzaffira.
+</p>
+
+<p>
+«Io sono amore angelico, che giro<br />
+l&rsquo;alta letizia che spira del ventre<br />
+che fu albergo del nostro disiro;
+</p>
+
+<p>
+e girerommi, donna del ciel, mentre<br />
+che seguirai tuo figlio, e farai dia<br />
+più la spera suprema perché lì entre».
+</p>
+
+<p>
+Così la circulata melodia<br />
+si sigillava, e tutti li altri lumi<br />
+facean sonare il nome di Maria.
+</p>
+
+<p>
+Lo real manto di tutti i volumi<br />
+del mondo, che più ferve e più s&rsquo;avviva<br />
+ne l&rsquo;alito di Dio e nei costumi,
+</p>
+
+<p>
+avea sopra di noi l&rsquo;interna riva<br />
+tanto distante, che la sua parvenza,<br />
+là dov&rsquo; io era, ancor non appariva:
+</p>
+
+<p>
+però non ebber li occhi miei potenza<br />
+di seguitar la coronata fiamma<br />
+che si levò appresso sua semenza.
+</p>
+
+<p>
+E come fantolin che &rsquo;nver&rsquo; la mamma<br />
+tende le braccia, poi che &rsquo;l latte prese,<br />
+per l&rsquo;animo che &rsquo;nfin di fuor s&rsquo;infiamma;
+</p>
+
+<p>
+ciascun di quei candori in sù si stese<br />
+con la sua cima, sì che l&rsquo;alto affetto<br />
+ch&rsquo;elli avieno a Maria mi fu palese.
+</p>
+
+<p>
+Indi rimaser lì nel mio cospetto,<br />
+‘Regina celi&rsquo; cantando sì dolce,<br />
+che mai da me non si partì &rsquo;l diletto.
+</p>
+
+<p>
+Oh quanta è l&rsquo;ubertà che si soffolce<br />
+in quelle arche ricchissime che fuoro<br />
+a seminar qua giù buone bobolce!
+</p>
+
+<p>
+Quivi si vive e gode del tesoro<br />
+che s&rsquo;acquistò piangendo ne lo essilio<br />
+di Babillòn, ove si lasciò l&rsquo;oro.
+</p>
+
+<p>
+Quivi trïunfa, sotto l&rsquo;alto Filio<br />
+di Dio e di Maria, di sua vittoria,<br />
+e con l&rsquo;antico e col novo concilio,
+</p>
+
+<p>
+colui che tien le chiavi di tal gloria.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto91"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXIV
+</h2>
+
+<p>
+«O sodalizio eletto a la gran cena<br />
+del benedetto Agnello, il qual vi ciba<br />
+sì, che la vostra voglia è sempre piena,
+</p>
+
+<p>
+se per grazia di Dio questi preliba<br />
+di quel che cade de la vostra mensa,<br />
+prima che morte tempo li prescriba,
+</p>
+
+<p>
+ponete mente a l&rsquo;affezione immensa<br />
+e roratelo alquanto: voi bevete<br />
+sempre del fonte onde vien quel ch&rsquo;ei pensa».
+</p>
+
+<p>
+Così Beatrice; e quelle anime liete<br />
+si fero spere sopra fissi poli,<br />
+fiammando, a volte, a guisa di comete.
+</p>
+
+<p>
+E come cerchi in tempra d&rsquo;orïuoli<br />
+si giran sì, che &rsquo;l primo a chi pon mente<br />
+quïeto pare, e l&rsquo;ultimo che voli;
+</p>
+
+<p>
+così quelle carole, differente-<br />
+mente danzando, de la sua ricchezza<br />
+mi facieno stimar, veloci e lente.
+</p>
+
+<p>
+Di quella ch&rsquo;io notai di più carezza<br />
+vid&rsquo; ïo uscire un foco sì felice,<br />
+che nullo vi lasciò di più chiarezza;
+</p>
+
+<p>
+e tre fïate intorno di Beatrice<br />
+si volse con un canto tanto divo,<br />
+che la mia fantasia nol mi ridice.
+</p>
+
+<p>
+Però salta la penna e non lo scrivo:<br />
+ché l&rsquo;imagine nostra a cotai pieghe,<br />
+non che &rsquo;l parlare, è troppo color vivo.
+</p>
+
+<p>
+«O santa suora mia che sì ne prieghe<br />
+divota, per lo tuo ardente affetto<br />
+da quella bella spera mi disleghe».
+</p>
+
+<p>
+Poscia fermato, il foco benedetto<br />
+a la mia donna dirizzò lo spiro,<br />
+che favellò così com&rsquo; i&rsquo; ho detto.
+</p>
+
+<p>
+Ed ella: «O luce etterna del gran viro<br />
+a cui Nostro Segnor lasciò le chiavi,<br />
+ch&rsquo;ei portò giù, di questo gaudio miro,
+</p>
+
+<p>
+tenta costui di punti lievi e gravi,<br />
+come ti piace, intorno de la fede,<br />
+per la qual tu su per lo mare andavi.
+</p>
+
+<p>
+S&rsquo;elli ama bene e bene spera e crede,<br />
+non t&rsquo;è occulto, perché &rsquo;l viso hai quivi<br />
+dov&rsquo; ogne cosa dipinta si vede;
+</p>
+
+<p>
+ma perché questo regno ha fatto civi<br />
+per la verace fede, a glorïarla,<br />
+di lei parlare è ben ch&rsquo;a lui arrivi».
+</p>
+
+<p>
+Sì come il baccialier s&rsquo;arma e non parla<br />
+fin che &rsquo;l maestro la question propone,<br />
+per approvarla, non per terminarla,
+</p>
+
+<p>
+così m&rsquo;armava io d&rsquo;ogne ragione<br />
+mentre ch&rsquo;ella dicea, per esser presto<br />
+a tal querente e a tal professione.
+</p>
+
+<p>
+«Dì, buon Cristiano, fatti manifesto:<br />
+fede che è?». Ond&rsquo; io levai la fronte<br />
+in quella luce onde spirava questo;
+</p>
+
+<p>
+poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte<br />
+sembianze femmi perch&rsquo; ïo spandessi<br />
+l&rsquo;acqua di fuor del mio interno fonte.
+</p>
+
+<p>
+«La Grazia che mi dà ch&rsquo;io mi confessi»,<br />
+comincia&rsquo; io, «da l&rsquo;alto primipilo,<br />
+faccia li miei concetti bene espressi».
+</p>
+
+<p>
+E seguitai: «Come &rsquo;l verace stilo<br />
+ne scrisse, padre, del tuo caro frate<br />
+che mise teco Roma nel buon filo,
+</p>
+
+<p>
+fede è sustanza di cose sperate<br />
+e argomento de le non parventi;<br />
+e questa pare a me sua quiditate».
+</p>
+
+<p>
+Allora udi&rsquo;: «Dirittamente senti,<br />
+se bene intendi perché la ripuose<br />
+tra le sustanze, e poi tra li argomenti».
+</p>
+
+<p>
+E io appresso: «Le profonde cose<br />
+che mi largiscon qui la lor parvenza,<br />
+a li occhi di là giù son sì ascose,
+</p>
+
+<p>
+che l&rsquo;esser loro v&rsquo;è in sola credenza,<br />
+sopra la qual si fonda l&rsquo;alta spene;<br />
+e però di sustanza prende intenza.
+</p>
+
+<p>
+E da questa credenza ci convene<br />
+silogizzar, sanz&rsquo; avere altra vista:<br />
+però intenza d&rsquo;argomento tene».
+</p>
+
+<p>
+Allora udi&rsquo;: «Se quantunque s&rsquo;acquista<br />
+giù per dottrina, fosse così &rsquo;nteso,<br />
+non lì avria loco ingegno di sofista».
+</p>
+
+<p>
+Così spirò di quello amore acceso;<br />
+indi soggiunse: «Assai bene è trascorsa<br />
+d&rsquo;esta moneta già la lega e &rsquo;l peso;
+</p>
+
+<p>
+ma dimmi se tu l&rsquo;hai ne la tua borsa».<br />
+Ond&rsquo; io: «Sì ho, sì lucida e sì tonda,<br />
+che nel suo conio nulla mi s&rsquo;inforsa».
+</p>
+
+<p>
+Appresso uscì de la luce profonda<br />
+che lì splendeva: «Questa cara gioia<br />
+sopra la quale ogne virtù si fonda,
+</p>
+
+<p>
+onde ti venne?». E io: «La larga ploia<br />
+de lo Spirito Santo, ch&rsquo;è diffusa<br />
+in su le vecchie e &rsquo;n su le nuove cuoia,
+</p>
+
+<p>
+è silogismo che la m&rsquo;ha conchiusa<br />
+acutamente sì, che &rsquo;nverso d&rsquo;ella<br />
+ogne dimostrazion mi pare ottusa».
+</p>
+
+<p>
+Io udi&rsquo; poi: «L&rsquo;antica e la novella<br />
+proposizion che così ti conchiude,<br />
+perché l&rsquo;hai tu per divina favella?».
+</p>
+
+<p>
+E io: «La prova che &rsquo;l ver mi dischiude,<br />
+son l&rsquo;opere seguite, a che natura<br />
+non scalda ferro mai né batte incude».
+</p>
+
+<p>
+Risposto fummi: «Dì, chi t&rsquo;assicura<br />
+che quell&rsquo; opere fosser? Quel medesmo<br />
+che vuol provarsi, non altri, il ti giura».
+</p>
+
+<p>
+«Se &rsquo;l mondo si rivolse al cristianesmo»,<br />
+diss&rsquo; io, «sanza miracoli, quest&rsquo; uno<br />
+è tal, che li altri non sono il centesmo:
+</p>
+
+<p>
+ché tu intrasti povero e digiuno<br />
+in campo, a seminar la buona pianta<br />
+che fu già vite e ora è fatta pruno».
+</p>
+
+<p>
+Finito questo, l&rsquo;alta corte santa<br />
+risonò per le spere un ‘Dio laudamo&rsquo;<br />
+ne la melode che là sù si canta.
+</p>
+
+<p>
+E quel baron che sì di ramo in ramo,<br />
+essaminando, già tratto m&rsquo;avea,<br />
+che a l&rsquo;ultime fronde appressavamo,
+</p>
+
+<p>
+ricominciò: «La Grazia, che donnea<br />
+con la tua mente, la bocca t&rsquo;aperse<br />
+infino a qui come aprir si dovea,
+</p>
+
+<p>
+sì ch&rsquo;io approvo ciò che fuori emerse;<br />
+ma or convien espremer quel che credi,<br />
+e onde a la credenza tua s&rsquo;offerse».
+</p>
+
+<p>
+«O santo padre, e spirito che vedi<br />
+ciò che credesti sì, che tu vincesti<br />
+ver&rsquo; lo sepulcro più giovani piedi»,
+</p>
+
+<p>
+comincia&rsquo; io, «tu vuo&rsquo; ch&rsquo;io manifesti<br />
+la forma qui del pronto creder mio,<br />
+e anche la cagion di lui chiedesti.
+</p>
+
+<p>
+E io rispondo: Io credo in uno Dio<br />
+solo ed etterno, che tutto &rsquo;l ciel move,<br />
+non moto, con amore e con disio;
+</p>
+
+<p>
+e a tal creder non ho io pur prove<br />
+fisice e metafisice, ma dalmi<br />
+anche la verità che quinci piove
+</p>
+
+<p>
+per Moïsè, per profeti e per salmi,<br />
+per l&rsquo;Evangelio e per voi che scriveste<br />
+poi che l&rsquo;ardente Spirto vi fé almi;
+</p>
+
+<p>
+e credo in tre persone etterne, e queste<br />
+credo una essenza sì una e sì trina,<br />
+che soffera congiunto ‘sono&rsquo; ed ‘este&rsquo;.
+</p>
+
+<p>
+De la profonda condizion divina<br />
+ch&rsquo;io tocco mo, la mente mi sigilla<br />
+più volte l&rsquo;evangelica dottrina.
+</p>
+
+<p>
+Quest&rsquo; è &rsquo;l principio, quest&rsquo; è la favilla<br />
+che si dilata in fiamma poi vivace,<br />
+e come stella in cielo in me scintilla».
+</p>
+
+<p>
+Come &rsquo;l segnor ch&rsquo;ascolta quel che i piace,<br />
+da indi abbraccia il servo, gratulando<br />
+per la novella, tosto ch&rsquo;el si tace;
+</p>
+
+<p>
+così, benedicendomi cantando,<br />
+tre volte cinse me, sì com&rsquo; io tacqui,<br />
+l&rsquo;appostolico lume al cui comando
+</p>
+
+<p>
+io avea detto: sì nel dir li piacqui!
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto92"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXV
+</h2>
+
+<p>
+Se mai continga che &rsquo;l poema sacro<br />
+al quale ha posto mano e cielo e terra,<br />
+sì che m&rsquo;ha fatto per molti anni macro,
+</p>
+
+<p>
+vinca la crudeltà che fuor mi serra<br />
+del bello ovile ov&rsquo; io dormi&rsquo; agnello,<br />
+nimico ai lupi che li danno guerra;
+</p>
+
+<p>
+con altra voce omai, con altro vello<br />
+ritornerò poeta, e in sul fonte<br />
+del mio battesmo prenderò &rsquo;l cappello;
+</p>
+
+<p>
+però che ne la fede, che fa conte<br />
+l&rsquo;anime a Dio, quivi intra&rsquo; io, e poi<br />
+Pietro per lei sì mi girò la fronte.
+</p>
+
+<p>
+Indi si mosse un lume verso noi<br />
+di quella spera ond&rsquo; uscì la primizia<br />
+che lasciò Cristo d&rsquo;i vicari suoi;
+</p>
+
+<p>
+e la mia donna, piena di letizia,<br />
+mi disse: «Mira, mira: ecco il barone<br />
+per cui là giù si vicita Galizia».
+</p>
+
+<p>
+Sì come quando il colombo si pone<br />
+presso al compagno, l&rsquo;uno a l&rsquo;altro pande,<br />
+girando e mormorando, l&rsquo;affezione;
+</p>
+
+<p>
+così vid&rsquo; ïo l&rsquo;un da l&rsquo;altro grande<br />
+principe glorïoso essere accolto,<br />
+laudando il cibo che là sù li prande.
+</p>
+
+<p>
+Ma poi che &rsquo;l gratular si fu assolto,<br />
+tacito coram me ciascun s&rsquo;affisse,<br />
+ignito sì che vincëa &rsquo;l mio volto.
+</p>
+
+<p>
+Ridendo allora Bëatrice disse:<br />
+«Inclita vita per cui la larghezza<br />
+de la nostra basilica si scrisse,
+</p>
+
+<p>
+fa risonar la spene in questa altezza:<br />
+tu sai, che tante fiate la figuri,<br />
+quante Iesù ai tre fé più carezza».
+</p>
+
+<p>
+«Leva la testa e fa che t&rsquo;assicuri:<br />
+che ciò che vien qua sù del mortal mondo,<br />
+convien ch&rsquo;ai nostri raggi si maturi».
+</p>
+
+<p>
+Questo conforto del foco secondo<br />
+mi venne; ond&rsquo; io leväi li occhi a&rsquo; monti<br />
+che li &rsquo;ncurvaron pria col troppo pondo.
+</p>
+
+<p>
+«Poi che per grazia vuol che tu t&rsquo;affronti<br />
+lo nostro Imperadore, anzi la morte,<br />
+ne l&rsquo;aula più secreta co&rsquo; suoi conti,
+</p>
+
+<p>
+sì che, veduto il ver di questa corte,<br />
+la spene, che là giù bene innamora,<br />
+in te e in altrui di ciò conforte,
+</p>
+
+<p>
+di&rsquo; quel ch&rsquo;ell&rsquo; è, di&rsquo; come se ne &rsquo;nfiora<br />
+la mente tua, e dì onde a te venne».<br />
+Così seguì &rsquo;l secondo lume ancora.
+</p>
+
+<p>
+E quella pïa che guidò le penne<br />
+de le mie ali a così alto volo,<br />
+a la risposta così mi prevenne:
+</p>
+
+<p>
+«La Chiesa militante alcun figliuolo<br />
+non ha con più speranza, com&rsquo; è scritto<br />
+nel Sol che raggia tutto nostro stuolo:
+</p>
+
+<p>
+però li è conceduto che d&rsquo;Egitto<br />
+vegna in Ierusalemme per vedere,<br />
+anzi che &rsquo;l militar li sia prescritto.
+</p>
+
+<p>
+Li altri due punti, che non per sapere<br />
+son dimandati, ma perch&rsquo; ei rapporti<br />
+quanto questa virtù t&rsquo;è in piacere,
+</p>
+
+<p>
+a lui lasc&rsquo; io, ché non li saran forti<br />
+né di iattanza; ed elli a ciò risponda,<br />
+e la grazia di Dio ciò li comporti».
+</p>
+
+<p>
+Come discente ch&rsquo;a dottor seconda<br />
+pronto e libente in quel ch&rsquo;elli è esperto,<br />
+perché la sua bontà si disasconda,
+</p>
+
+<p>
+«Spene», diss&rsquo; io, «è uno attender certo<br />
+de la gloria futura, il qual produce<br />
+grazia divina e precedente merto.
+</p>
+
+<p>
+Da molte stelle mi vien questa luce;<br />
+ma quei la distillò nel mio cor pria<br />
+che fu sommo cantor del sommo duce.
+</p>
+
+<p>
+‘Sperino in te&rsquo;, ne la sua tëodia<br />
+dice, ‘color che sanno il nome tuo&rsquo;:<br />
+e chi nol sa, s&rsquo;elli ha la fede mia?
+</p>
+
+<p>
+Tu mi stillasti, con lo stillar suo,<br />
+ne la pistola poi; sì ch&rsquo;io son pieno,<br />
+e in altrui vostra pioggia repluo».
+</p>
+
+<p>
+Mentr&rsquo; io diceva, dentro al vivo seno<br />
+di quello incendio tremolava un lampo<br />
+sùbito e spesso a guisa di baleno.
+</p>
+
+<p>
+Indi spirò: «L&rsquo;amore ond&rsquo; ïo avvampo<br />
+ancor ver&rsquo; la virtù che mi seguette<br />
+infin la palma e a l&rsquo;uscir del campo,
+</p>
+
+<p>
+vuol ch&rsquo;io respiri a te che ti dilette<br />
+di lei; ed emmi a grato che tu diche<br />
+quello che la speranza ti &rsquo;mpromette».
+</p>
+
+<p>
+E io: «Le nove e le scritture antiche<br />
+pongon lo segno, ed esso lo mi addita,<br />
+de l&rsquo;anime che Dio s&rsquo;ha fatte amiche.
+</p>
+
+<p>
+Dice Isaia che ciascuna vestita<br />
+ne la sua terra fia di doppia vesta:<br />
+e la sua terra è questa dolce vita;
+</p>
+
+<p>
+e &rsquo;l tuo fratello assai vie più digesta,<br />
+là dove tratta de le bianche stole,<br />
+questa revelazion ci manifesta».
+</p>
+
+<p>
+E prima, appresso al fin d&rsquo;este parole,<br />
+‘Sperent in te&rsquo; di sopr&rsquo; a noi s&rsquo;udì;<br />
+a che rispuoser tutte le carole.
+</p>
+
+<p>
+Poscia tra esse un lume si schiarì<br />
+sì che, se &rsquo;l Cancro avesse un tal cristallo,<br />
+l&rsquo;inverno avrebbe un mese d&rsquo;un sol dì.
+</p>
+
+<p>
+E come surge e va ed entra in ballo<br />
+vergine lieta, sol per fare onore<br />
+a la novizia, non per alcun fallo,
+</p>
+
+<p>
+così vid&rsquo; io lo schiarato splendore<br />
+venire a&rsquo; due che si volgieno a nota<br />
+qual conveniesi al loro ardente amore.
+</p>
+
+<p>
+Misesi lì nel canto e ne la rota;<br />
+e la mia donna in lor tenea l&rsquo;aspetto,<br />
+pur come sposa tacita e immota.
+</p>
+
+<p>
+«Questi è colui che giacque sopra &rsquo;l petto<br />
+del nostro pellicano, e questi fue<br />
+di su la croce al grande officio eletto».
+</p>
+
+<p>
+La donna mia così; né però piùe<br />
+mosser la vista sua di stare attenta<br />
+poscia che prima le parole sue.
+</p>
+
+<p>
+Qual è colui ch&rsquo;adocchia e s&rsquo;argomenta<br />
+di vedere eclissar lo sole un poco,<br />
+che, per veder, non vedente diventa;
+</p>
+
+<p>
+tal mi fec&rsquo; ïo a quell&rsquo; ultimo foco<br />
+mentre che detto fu: «Perché t&rsquo;abbagli<br />
+per veder cosa che qui non ha loco?
+</p>
+
+<p>
+In terra è terra il mio corpo, e saragli<br />
+tanto con li altri, che &rsquo;l numero nostro<br />
+con l&rsquo;etterno proposito s&rsquo;agguagli.
+</p>
+
+<p>
+Con le due stole nel beato chiostro<br />
+son le due luci sole che saliro;<br />
+e questo apporterai nel mondo vostro».
+</p>
+
+<p>
+A questa voce l&rsquo;infiammato giro<br />
+si quïetò con esso il dolce mischio<br />
+che si facea nel suon del trino spiro,
+</p>
+
+<p>
+sì come, per cessar fatica o rischio,<br />
+li remi, pria ne l&rsquo;acqua ripercossi,<br />
+tutti si posano al sonar d&rsquo;un fischio.
+</p>
+
+<p>
+Ahi quanto ne la mente mi commossi,<br />
+quando mi volsi per veder Beatrice,<br />
+per non poter veder, benché io fossi
+</p>
+
+<p>
+presso di lei, e nel mondo felice!
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto93"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXVI
+</h2>
+
+<p>
+Mentr&rsquo; io dubbiava per lo viso spento,<br />
+de la fulgida fiamma che lo spense<br />
+uscì un spiro che mi fece attento,
+</p>
+
+<p>
+dicendo: «Intanto che tu ti risense<br />
+de la vista che haï in me consunta,<br />
+ben è che ragionando la compense.
+</p>
+
+<p>
+Comincia dunque; e dì ove s&rsquo;appunta<br />
+l&rsquo;anima tua, e fa ragion che sia<br />
+la vista in te smarrita e non defunta:
+</p>
+
+<p>
+perché la donna che per questa dia<br />
+regïon ti conduce, ha ne lo sguardo<br />
+la virtù ch&rsquo;ebbe la man d&rsquo;Anania».
+</p>
+
+<p>
+Io dissi: «Al suo piacere e tosto e tardo<br />
+vegna remedio a li occhi, che fuor porte<br />
+quand&rsquo; ella entrò col foco ond&rsquo; io sempr&rsquo; ardo.
+</p>
+
+<p>
+Lo ben che fa contenta questa corte,<br />
+Alfa e O è di quanta scrittura<br />
+mi legge Amore o lievemente o forte».
+</p>
+
+<p>
+Quella medesma voce che paura<br />
+tolta m&rsquo;avea del sùbito abbarbaglio,<br />
+di ragionare ancor mi mise in cura;
+</p>
+
+<p>
+e disse: «Certo a più angusto vaglio<br />
+ti conviene schiarar: dicer convienti<br />
+chi drizzò l&rsquo;arco tuo a tal berzaglio».
+</p>
+
+<p>
+E io: «Per filosofici argomenti<br />
+e per autorità che quinci scende<br />
+cotale amor convien che in me si &rsquo;mprenti:
+</p>
+
+<p>
+ché &rsquo;l bene, in quanto ben, come s&rsquo;intende,<br />
+così accende amore, e tanto maggio<br />
+quanto più di bontate in sé comprende.
+</p>
+
+<p>
+Dunque a l&rsquo;essenza ov&rsquo; è tanto avvantaggio,<br />
+che ciascun ben che fuor di lei si trova<br />
+altro non è ch&rsquo;un lume di suo raggio,
+</p>
+
+<p>
+più che in altra convien che si mova<br />
+la mente, amando, di ciascun che cerne<br />
+il vero in che si fonda questa prova.
+</p>
+
+<p>
+Tal vero a l&rsquo;intelletto mïo sterne<br />
+colui che mi dimostra il primo amore<br />
+di tutte le sustanze sempiterne.
+</p>
+
+<p>
+Sternel la voce del verace autore,<br />
+che dice a Moïsè, di sé parlando:<br />
+‘Io ti farò vedere ogne valore&rsquo;.
+</p>
+
+<p>
+Sternilmi tu ancora, incominciando<br />
+l&rsquo;alto preconio che grida l&rsquo;arcano<br />
+di qui là giù sovra ogne altro bando».
+</p>
+
+<p>
+E io udi&rsquo;: «Per intelletto umano<br />
+e per autoritadi a lui concorde<br />
+d&rsquo;i tuoi amori a Dio guarda il sovrano.
+</p>
+
+<p>
+Ma dì ancor se tu senti altre corde<br />
+tirarti verso lui, sì che tu suone<br />
+con quanti denti questo amor ti morde».
+</p>
+
+<p>
+Non fu latente la santa intenzione<br />
+de l&rsquo;aguglia di Cristo, anzi m&rsquo;accorsi<br />
+dove volea menar mia professione.
+</p>
+
+<p>
+Però ricominciai: «Tutti quei morsi<br />
+che posson far lo cor volgere a Dio,<br />
+a la mia caritate son concorsi:
+</p>
+
+<p>
+ché l&rsquo;essere del mondo e l&rsquo;esser mio,<br />
+la morte ch&rsquo;el sostenne perch&rsquo; io viva,<br />
+e quel che spera ogne fedel com&rsquo; io,
+</p>
+
+<p>
+con la predetta conoscenza viva,<br />
+tratto m&rsquo;hanno del mar de l&rsquo;amor torto,<br />
+e del diritto m&rsquo;han posto a la riva.
+</p>
+
+<p>
+Le fronde onde s&rsquo;infronda tutto l&rsquo;orto<br />
+de l&rsquo;ortolano etterno, am&rsquo; io cotanto<br />
+quanto da lui a lor di bene è porto».
+</p>
+
+<p>
+Sì com&rsquo; io tacqui, un dolcissimo canto<br />
+risonò per lo cielo, e la mia donna<br />
+dicea con li altri: «Santo, santo, santo!».
+</p>
+
+<p>
+E come a lume acuto si disonna<br />
+per lo spirto visivo che ricorre<br />
+a lo splendor che va di gonna in gonna,
+</p>
+
+<p>
+e lo svegliato ciò che vede aborre,<br />
+sì nescïa è la sùbita vigilia<br />
+fin che la stimativa non soccorre;
+</p>
+
+<p>
+così de li occhi miei ogne quisquilia<br />
+fugò Beatrice col raggio d&rsquo;i suoi,<br />
+che rifulgea da più di mille milia:
+</p>
+
+<p>
+onde mei che dinanzi vidi poi;<br />
+e quasi stupefatto domandai<br />
+d&rsquo;un quarto lume ch&rsquo;io vidi tra noi.
+</p>
+
+<p>
+E la mia donna: «Dentro da quei rai<br />
+vagheggia il suo fattor l&rsquo;anima prima<br />
+che la prima virtù creasse mai».
+</p>
+
+<p>
+Come la fronda che flette la cima<br />
+nel transito del vento, e poi si leva<br />
+per la propria virtù che la soblima,
+</p>
+
+<p>
+fec&rsquo; io in tanto in quant&rsquo; ella diceva,<br />
+stupendo, e poi mi rifece sicuro<br />
+un disio di parlare ond&rsquo; ïo ardeva.
+</p>
+
+<p>
+E cominciai: «O pomo che maturo<br />
+solo prodotto fosti, o padre antico<br />
+a cui ciascuna sposa è figlia e nuro,
+</p>
+
+<p>
+divoto quanto posso a te supplìco<br />
+perché mi parli: tu vedi mia voglia,<br />
+e per udirti tosto non la dico».
+</p>
+
+<p>
+Talvolta un animal coverto broglia,<br />
+sì che l&rsquo;affetto convien che si paia<br />
+per lo seguir che face a lui la &rsquo;nvoglia;
+</p>
+
+<p>
+e similmente l&rsquo;anima primaia<br />
+mi facea trasparer per la coverta<br />
+quant&rsquo; ella a compiacermi venìa gaia.
+</p>
+
+<p>
+Indi spirò: «Sanz&rsquo; essermi proferta<br />
+da te, la voglia tua discerno meglio<br />
+che tu qualunque cosa t&rsquo;è più certa;
+</p>
+
+<p>
+perch&rsquo; io la veggio nel verace speglio<br />
+che fa di sé pareglio a l&rsquo;altre cose,<br />
+e nulla face lui di sé pareglio.
+</p>
+
+<p>
+Tu vuogli udir quant&rsquo; è che Dio mi puose<br />
+ne l&rsquo;eccelso giardino, ove costei<br />
+a così lunga scala ti dispuose,
+</p>
+
+<p>
+e quanto fu diletto a li occhi miei,<br />
+e la propria cagion del gran disdegno,<br />
+e l&rsquo;idïoma ch&rsquo;usai e che fei.
+</p>
+
+<p>
+Or, figluol mio, non il gustar del legno<br />
+fu per sé la cagion di tanto essilio,<br />
+ma solamente il trapassar del segno.
+</p>
+
+<p>
+Quindi onde mosse tua donna Virgilio,<br />
+quattromilia trecento e due volumi<br />
+di sol desiderai questo concilio;
+</p>
+
+<p>
+e vidi lui tornare a tutt&rsquo; i lumi<br />
+de la sua strada novecento trenta<br />
+fïate, mentre ch&rsquo;ïo in terra fu&rsquo;mi.
+</p>
+
+<p>
+La lingua ch&rsquo;io parlai fu tutta spenta<br />
+innanzi che a l&rsquo;ovra inconsummabile<br />
+fosse la gente di Nembròt attenta:
+</p>
+
+<p>
+ché nullo effetto mai razïonabile,<br />
+per lo piacere uman che rinovella<br />
+seguendo il cielo, sempre fu durabile.
+</p>
+
+<p>
+Opera naturale è ch&rsquo;uom favella;<br />
+ma così o così, natura lascia<br />
+poi fare a voi secondo che v&rsquo;abbella.
+</p>
+
+<p>
+Pria ch&rsquo;i&rsquo; scendessi a l&rsquo;infernale ambascia,<br />
+I s&rsquo;appellava in terra il sommo bene<br />
+onde vien la letizia che mi fascia;
+</p>
+
+<p>
+e El si chiamò poi: e ciò convene,<br />
+ché l&rsquo;uso d&rsquo;i mortali è come fronda<br />
+in ramo, che sen va e altra vene.
+</p>
+
+<p>
+Nel monte che si leva più da l&rsquo;onda,<br />
+fu&rsquo; io, con vita pura e disonesta,<br />
+da la prim&rsquo; ora a quella che seconda,
+</p>
+
+<p>
+come &rsquo;l sol muta quadra, l&rsquo;ora sesta».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto94"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXVII
+</h2>
+
+<p>
+‘Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo&rsquo;,<br />
+cominciò, ‘gloria!&rsquo;, tutto &rsquo;l paradiso,<br />
+sì che m&rsquo;inebrïava il dolce canto.
+</p>
+
+<p>
+Ciò ch&rsquo;io vedeva mi sembiava un riso<br />
+de l&rsquo;universo; per che mia ebbrezza<br />
+intrava per l&rsquo;udire e per lo viso.
+</p>
+
+<p>
+Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!<br />
+oh vita intègra d&rsquo;amore e di pace!<br />
+oh sanza brama sicura ricchezza!
+</p>
+
+<p>
+Dinanzi a li occhi miei le quattro face<br />
+stavano accese, e quella che pria venne<br />
+incominciò a farsi più vivace,
+</p>
+
+<p>
+e tal ne la sembianza sua divenne,<br />
+qual diverrebbe Iove, s&rsquo;elli e Marte<br />
+fossero augelli e cambiassersi penne.
+</p>
+
+<p>
+La provedenza, che quivi comparte<br />
+vice e officio, nel beato coro<br />
+silenzio posto avea da ogne parte,
+</p>
+
+<p>
+quand&rsquo; ïo udi&rsquo;: «Se io mi trascoloro,<br />
+non ti maravigliar, ché, dicend&rsquo; io,<br />
+vedrai trascolorar tutti costoro.
+</p>
+
+<p>
+Quelli ch&rsquo;usurpa in terra il luogo mio,<br />
+il luogo mio, il luogo mio, che vaca<br />
+ne la presenza del Figliuol di Dio,
+</p>
+
+<p>
+fatt&rsquo; ha del cimitero mio cloaca<br />
+del sangue e de la puzza; onde &rsquo;l perverso<br />
+che cadde di qua sù, là giù si placa».
+</p>
+
+<p>
+Di quel color che per lo sole avverso<br />
+nube dipigne da sera e da mane,<br />
+vid&rsquo; ïo allora tutto &rsquo;l ciel cosperso.
+</p>
+
+<p>
+E come donna onesta che permane<br />
+di sé sicura, e per l&rsquo;altrui fallanza,<br />
+pur ascoltando, timida si fane,
+</p>
+
+<p>
+così Beatrice trasmutò sembianza;<br />
+e tale eclissi credo che &rsquo;n ciel fue<br />
+quando patì la supprema possanza.
+</p>
+
+<p>
+Poi procedetter le parole sue<br />
+con voce tanto da sé trasmutata,<br />
+che la sembianza non si mutò piùe:
+</p>
+
+<p>
+«Non fu la sposa di Cristo allevata<br />
+del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,<br />
+per essere ad acquisto d&rsquo;oro usata;
+</p>
+
+<p>
+ma per acquisto d&rsquo;esto viver lieto<br />
+e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano<br />
+sparser lo sangue dopo molto fleto.
+</p>
+
+<p>
+Non fu nostra intenzion ch&rsquo;a destra mano<br />
+d&rsquo;i nostri successor parte sedesse,<br />
+parte da l&rsquo;altra del popol cristiano;
+</p>
+
+<p>
+né che le chiavi che mi fuor concesse,<br />
+divenisser signaculo in vessillo<br />
+che contra battezzati combattesse;
+</p>
+
+<p>
+né ch&rsquo;io fossi figura di sigillo<br />
+a privilegi venduti e mendaci,<br />
+ond&rsquo; io sovente arrosso e disfavillo.
+</p>
+
+<p>
+In vesta di pastor lupi rapaci<br />
+si veggion di qua sù per tutti i paschi:<br />
+o difesa di Dio, perché pur giaci?
+</p>
+
+<p>
+Del sangue nostro Caorsini e Guaschi<br />
+s&rsquo;apparecchian di bere: o buon principio,<br />
+a che vil fine convien che tu caschi!
+</p>
+
+<p>
+Ma l&rsquo;alta provedenza, che con Scipio<br />
+difese a Roma la gloria del mondo,<br />
+soccorrà tosto, sì com&rsquo; io concipio;
+</p>
+
+<p>
+e tu, figliuol, che per lo mortal pondo<br />
+ancor giù tornerai, apri la bocca,<br />
+e non asconder quel ch&rsquo;io non ascondo».
+</p>
+
+<p>
+Sì come di vapor gelati fiocca<br />
+in giuso l&rsquo;aere nostro, quando &rsquo;l corno<br />
+de la capra del ciel col sol si tocca,
+</p>
+
+<p>
+in sù vid&rsquo; io così l&rsquo;etera addorno<br />
+farsi e fioccar di vapor trïunfanti<br />
+che fatto avien con noi quivi soggiorno.
+</p>
+
+<p>
+Lo viso mio seguiva i suoi sembianti,<br />
+e seguì fin che &rsquo;l mezzo, per lo molto,<br />
+li tolse il trapassar del più avanti.
+</p>
+
+<p>
+Onde la donna, che mi vide assolto<br />
+de l&rsquo;attendere in sù, mi disse: «Adima<br />
+il viso e guarda come tu se&rsquo; vòlto».
+</p>
+
+<p>
+Da l&rsquo;ora ch&rsquo;ïo avea guardato prima<br />
+i&rsquo; vidi mosso me per tutto l&rsquo;arco<br />
+che fa dal mezzo al fine il primo clima;
+</p>
+
+<p>
+sì ch&rsquo;io vedea di là da Gade il varco<br />
+folle d&rsquo;Ulisse, e di qua presso il lito<br />
+nel qual si fece Europa dolce carco.
+</p>
+
+<p>
+E più mi fora discoverto il sito<br />
+di questa aiuola; ma &rsquo;l sol procedea<br />
+sotto i mie&rsquo; piedi un segno e più partito.
+</p>
+
+<p>
+La mente innamorata, che donnea<br />
+con la mia donna sempre, di ridure<br />
+ad essa li occhi più che mai ardea;
+</p>
+
+<p>
+e se natura o arte fé pasture<br />
+da pigliare occhi, per aver la mente,<br />
+in carne umana o ne le sue pitture,
+</p>
+
+<p>
+tutte adunate, parrebber nïente<br />
+ver&rsquo; lo piacer divin che mi refulse,<br />
+quando mi volsi al suo viso ridente.
+</p>
+
+<p>
+E la virtù che lo sguardo m&rsquo;indulse,<br />
+del bel nido di Leda mi divelse,<br />
+e nel ciel velocissimo m&rsquo;impulse.
+</p>
+
+<p>
+Le parti sue vivissime ed eccelse<br />
+sì uniforme son, ch&rsquo;i&rsquo; non so dire<br />
+qual Bëatrice per loco mi scelse.
+</p>
+
+<p>
+Ma ella, che vedëa &rsquo;l mio disire,<br />
+incominciò, ridendo tanto lieta,<br />
+che Dio parea nel suo volto gioire:
+</p>
+
+<p>
+«La natura del mondo, che quïeta<br />
+il mezzo e tutto l&rsquo;altro intorno move,<br />
+quinci comincia come da sua meta;
+</p>
+
+<p>
+e questo cielo non ha altro dove<br />
+che la mente divina, in che s&rsquo;accende<br />
+l&rsquo;amor che &rsquo;l volge e la virtù ch&rsquo;ei piove.
+</p>
+
+<p>
+Luce e amor d&rsquo;un cerchio lui comprende,<br />
+sì come questo li altri; e quel precinto<br />
+colui che &rsquo;l cinge solamente intende.
+</p>
+
+<p>
+Non è suo moto per altro distinto,<br />
+ma li altri son mensurati da questo,<br />
+sì come diece da mezzo e da quinto;
+</p>
+
+<p>
+e come il tempo tegna in cotal testo<br />
+le sue radici e ne li altri le fronde,<br />
+omai a te può esser manifesto.
+</p>
+
+<p>
+Oh cupidigia che i mortali affonde<br />
+sì sotto te, che nessuno ha podere<br />
+di trarre li occhi fuor de le tue onde!
+</p>
+
+<p>
+Ben fiorisce ne li uomini il volere;<br />
+ma la pioggia continüa converte<br />
+in bozzacchioni le sosine vere.
+</p>
+
+<p>
+Fede e innocenza son reperte<br />
+solo ne&rsquo; parvoletti; poi ciascuna<br />
+pria fugge che le guance sian coperte.
+</p>
+
+<p>
+Tale, balbuzïendo ancor, digiuna,<br />
+che poi divora, con la lingua sciolta,<br />
+qualunque cibo per qualunque luna;
+</p>
+
+<p>
+e tal, balbuzïendo, ama e ascolta<br />
+la madre sua, che, con loquela intera,<br />
+disïa poi di vederla sepolta.
+</p>
+
+<p>
+Così si fa la pelle bianca nera<br />
+nel primo aspetto de la bella figlia<br />
+di quel ch&rsquo;apporta mane e lascia sera.
+</p>
+
+<p>
+Tu, perché non ti facci maraviglia,<br />
+pensa che &rsquo;n terra non è chi governi;<br />
+onde sì svïa l&rsquo;umana famiglia.
+</p>
+
+<p>
+Ma prima che gennaio tutto si sverni<br />
+per la centesma ch&rsquo;è là giù negletta,<br />
+raggeran sì questi cerchi superni,
+</p>
+
+<p>
+che la fortuna che tanto s&rsquo;aspetta,<br />
+le poppe volgerà u&rsquo; son le prore,<br />
+sì che la classe correrà diretta;
+</p>
+
+<p>
+e vero frutto verrà dopo &rsquo;l fiore».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto95"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXVIII
+</h2>
+
+<p>
+Poscia che &rsquo;ncontro a la vita presente<br />
+d&rsquo;i miseri mortali aperse &rsquo;l vero<br />
+quella che &rsquo;mparadisa la mia mente,
+</p>
+
+<p>
+come in lo specchio fiamma di doppiero<br />
+vede colui che se n&rsquo;alluma retro,<br />
+prima che l&rsquo;abbia in vista o in pensiero,
+</p>
+
+<p>
+e sé rivolge per veder se &rsquo;l vetro<br />
+li dice il vero, e vede ch&rsquo;el s&rsquo;accorda<br />
+con esso come nota con suo metro;
+</p>
+
+<p>
+così la mia memoria si ricorda<br />
+ch&rsquo;io feci riguardando ne&rsquo; belli occhi<br />
+onde a pigliarmi fece Amor la corda.
+</p>
+
+<p>
+E com&rsquo; io mi rivolsi e furon tocchi<br />
+li miei da ciò che pare in quel volume,<br />
+quandunque nel suo giro ben s&rsquo;adocchi,
+</p>
+
+<p>
+un punto vidi che raggiava lume<br />
+acuto sì, che &rsquo;l viso ch&rsquo;elli affoca<br />
+chiuder conviensi per lo forte acume;
+</p>
+
+<p>
+e quale stella par quinci più poca,<br />
+parrebbe luna, locata con esso<br />
+come stella con stella si collòca.
+</p>
+
+<p>
+Forse cotanto quanto pare appresso<br />
+alo cigner la luce che &rsquo;l dipigne<br />
+quando &rsquo;l vapor che &rsquo;l porta più è spesso,
+</p>
+
+<p>
+distante intorno al punto un cerchio d&rsquo;igne<br />
+si girava sì ratto, ch&rsquo;avria vinto<br />
+quel moto che più tosto il mondo cigne;
+</p>
+
+<p>
+e questo era d&rsquo;un altro circumcinto,<br />
+e quel dal terzo, e &rsquo;l terzo poi dal quarto,<br />
+dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinto.
+</p>
+
+<p>
+Sopra seguiva il settimo sì sparto<br />
+già di larghezza, che &rsquo;l messo di Iuno<br />
+intero a contenerlo sarebbe arto.
+</p>
+
+<p>
+Così l&rsquo;ottavo e &rsquo;l nono; e chiascheduno<br />
+più tardo si movea, secondo ch&rsquo;era<br />
+in numero distante più da l&rsquo;uno;
+</p>
+
+<p>
+e quello avea la fiamma più sincera<br />
+cui men distava la favilla pura,<br />
+credo, però che più di lei s&rsquo;invera.
+</p>
+
+<p>
+La donna mia, che mi vedëa in cura<br />
+forte sospeso, disse: «Da quel punto<br />
+depende il cielo e tutta la natura.
+</p>
+
+<p>
+Mira quel cerchio che più li è congiunto;<br />
+e sappi che &rsquo;l suo muovere è sì tosto<br />
+per l&rsquo;affocato amore ond&rsquo; elli è punto».
+</p>
+
+<p>
+E io a lei: «Se &rsquo;l mondo fosse posto<br />
+con l&rsquo;ordine ch&rsquo;io veggio in quelle rote,<br />
+sazio m&rsquo;avrebbe ciò che m&rsquo;è proposto;
+</p>
+
+<p>
+ma nel mondo sensibile si puote<br />
+veder le volte tanto più divine,<br />
+quant&rsquo; elle son dal centro più remote.
+</p>
+
+<p>
+Onde, se &rsquo;l mio disir dee aver fine<br />
+in questo miro e angelico templo<br />
+che solo amore e luce ha per confine,
+</p>
+
+<p>
+udir convienmi ancor come l&rsquo;essemplo<br />
+e l&rsquo;essemplare non vanno d&rsquo;un modo,<br />
+ché io per me indarno a ciò contemplo».
+</p>
+
+<p>
+«Se li tuoi diti non sono a tal nodo<br />
+sufficïenti, non è maraviglia:<br />
+tanto, per non tentare, è fatto sodo!».
+</p>
+
+<p>
+Così la donna mia; poi disse: «Piglia<br />
+quel ch&rsquo;io ti dicerò, se vuo&rsquo; saziarti;<br />
+e intorno da esso t&rsquo;assottiglia.
+</p>
+
+<p>
+Li cerchi corporai sono ampi e arti<br />
+secondo il più e &rsquo;l men de la virtute<br />
+che si distende per tutte lor parti.
+</p>
+
+<p>
+Maggior bontà vuol far maggior salute;<br />
+maggior salute maggior corpo cape,<br />
+s&rsquo;elli ha le parti igualmente compiute.
+</p>
+
+<p>
+Dunque costui che tutto quanto rape<br />
+l&rsquo;altro universo seco, corrisponde<br />
+al cerchio che più ama e che più sape:
+</p>
+
+<p>
+per che, se tu a la virtù circonde<br />
+la tua misura, non a la parvenza<br />
+de le sustanze che t&rsquo;appaion tonde,
+</p>
+
+<p>
+tu vederai mirabil consequenza<br />
+di maggio a più e di minore a meno,<br />
+in ciascun cielo, a süa intelligenza».
+</p>
+
+<p>
+Come rimane splendido e sereno<br />
+l&rsquo;emisperio de l&rsquo;aere, quando soffia<br />
+Borea da quella guancia ond&rsquo; è più leno,
+</p>
+
+<p>
+per che si purga e risolve la roffia<br />
+che pria turbava, sì che &rsquo;l ciel ne ride<br />
+con le bellezze d&rsquo;ogne sua paroffia;
+</p>
+
+<p>
+così fec&rsquo;ïo, poi che mi provide<br />
+la donna mia del suo risponder chiaro,<br />
+e come stella in cielo il ver si vide.
+</p>
+
+<p>
+E poi che le parole sue restaro,<br />
+non altrimenti ferro disfavilla<br />
+che bolle, come i cerchi sfavillaro.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;incendio suo seguiva ogne scintilla;<br />
+ed eran tante, che &rsquo;l numero loro<br />
+più che &rsquo;l doppiar de li scacchi s&rsquo;inmilla.
+</p>
+
+<p>
+Io sentiva osannar di coro in coro<br />
+al punto fisso che li tiene a li ubi,<br />
+e terrà sempre, ne&rsquo; quai sempre fuoro.
+</p>
+
+<p>
+E quella che vedëa i pensier dubi<br />
+ne la mia mente, disse: «I cerchi primi<br />
+t&rsquo;hanno mostrato Serafi e Cherubi.
+</p>
+
+<p>
+Così veloci seguono i suoi vimi,<br />
+per somigliarsi al punto quanto ponno;<br />
+e posson quanto a veder son soblimi.
+</p>
+
+<p>
+Quelli altri amori che &rsquo;ntorno li vonno,<br />
+si chiaman Troni del divino aspetto,<br />
+per che &rsquo;l primo ternaro terminonno;
+</p>
+
+<p>
+e dei saper che tutti hanno diletto<br />
+quanto la sua veduta si profonda<br />
+nel vero in che si queta ogne intelletto.
+</p>
+
+<p>
+Quinci si può veder come si fonda<br />
+l&rsquo;esser beato ne l&rsquo;atto che vede,<br />
+non in quel ch&rsquo;ama, che poscia seconda;
+</p>
+
+<p>
+e del vedere è misura mercede,<br />
+che grazia partorisce e buona voglia:<br />
+così di grado in grado si procede.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;altro ternaro, che così germoglia<br />
+in questa primavera sempiterna<br />
+che notturno Arïete non dispoglia,
+</p>
+
+<p>
+perpetüalemente ‘Osanna&rsquo; sberna<br />
+con tre melode, che suonano in tree<br />
+ordini di letizia onde s&rsquo;interna.
+</p>
+
+<p>
+In essa gerarcia son l&rsquo;altre dee:<br />
+prima Dominazioni, e poi Virtudi;<br />
+l&rsquo;ordine terzo di Podestadi èe.
+</p>
+
+<p>
+Poscia ne&rsquo; due penultimi tripudi<br />
+Principati e Arcangeli si girano;<br />
+l&rsquo;ultimo è tutto d&rsquo;Angelici ludi.
+</p>
+
+<p>
+Questi ordini di sù tutti s&rsquo;ammirano,<br />
+e di giù vincon sì, che verso Dio<br />
+tutti tirati sono e tutti tirano.
+</p>
+
+<p>
+E Dïonisio con tanto disio<br />
+a contemplar questi ordini si mise,<br />
+che li nomò e distinse com&rsquo; io.
+</p>
+
+<p>
+Ma Gregorio da lui poi si divise;<br />
+onde, sì tosto come li occhi aperse<br />
+in questo ciel, di sé medesmo rise.
+</p>
+
+<p>
+E se tanto secreto ver proferse<br />
+mortale in terra, non voglio ch&rsquo;ammiri:<br />
+ché chi &rsquo;l vide qua sù gliel discoperse
+</p>
+
+<p>
+con altro assai del ver di questi giri».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto96"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXIX
+</h2>
+
+<p>
+Quando ambedue li figli di Latona,<br />
+coperti del Montone e de la Libra,<br />
+fanno de l&rsquo;orizzonte insieme zona,
+</p>
+
+<p>
+quant&rsquo; è dal punto che &rsquo;l cenìt inlibra<br />
+infin che l&rsquo;uno e l&rsquo;altro da quel cinto,<br />
+cambiando l&rsquo;emisperio, si dilibra,
+</p>
+
+<p>
+tanto, col volto di riso dipinto,<br />
+si tacque Bëatrice, riguardando<br />
+fiso nel punto che m&rsquo;avëa vinto.
+</p>
+
+<p>
+Poi cominciò: «Io dico, e non dimando,<br />
+quel che tu vuoli udir, perch&rsquo; io l&rsquo;ho visto<br />
+là &rsquo;ve s&rsquo;appunta ogne ubi e ogne quando.
+</p>
+
+<p>
+Non per aver a sé di bene acquisto,<br />
+ch&rsquo;esser non può, ma perché suo splendore<br />
+potesse, risplendendo, dir “Subsisto”,
+</p>
+
+<p>
+in sua etternità di tempo fore,<br />
+fuor d&rsquo;ogne altro comprender, come i piacque,<br />
+s&rsquo;aperse in nuovi amor l&rsquo;etterno amore.
+</p>
+
+<p>
+Né prima quasi torpente si giacque;<br />
+ché né prima né poscia procedette<br />
+lo discorrer di Dio sovra quest&rsquo; acque.
+</p>
+
+<p>
+Forma e materia, congiunte e purette,<br />
+usciro ad esser che non avia fallo,<br />
+come d&rsquo;arco tricordo tre saette.
+</p>
+
+<p>
+E come in vetro, in ambra o in cristallo<br />
+raggio resplende sì, che dal venire<br />
+a l&rsquo;esser tutto non è intervallo,
+</p>
+
+<p>
+così &rsquo;l triforme effetto del suo sire<br />
+ne l&rsquo;esser suo raggiò insieme tutto<br />
+sanza distinzïone in essordire.
+</p>
+
+<p>
+Concreato fu ordine e costrutto<br />
+a le sustanze; e quelle furon cima<br />
+nel mondo in che puro atto fu produtto;
+</p>
+
+<p>
+pura potenza tenne la parte ima;<br />
+nel mezzo strinse potenza con atto<br />
+tal vime, che già mai non si divima.
+</p>
+
+<p>
+Ieronimo vi scrisse lungo tratto<br />
+di secoli de li angeli creati<br />
+anzi che l&rsquo;altro mondo fosse fatto;
+</p>
+
+<p>
+ma questo vero è scritto in molti lati<br />
+da li scrittor de lo Spirito Santo,<br />
+e tu te n&rsquo;avvedrai se bene agguati;
+</p>
+
+<p>
+e anche la ragione il vede alquanto,<br />
+che non concederebbe che &rsquo; motori<br />
+sanza sua perfezion fosser cotanto.
+</p>
+
+<p>
+Or sai tu dove e quando questi amori<br />
+furon creati e come: sì che spenti<br />
+nel tuo disïo già son tre ardori.
+</p>
+
+<p>
+Né giugneriesi, numerando, al venti<br />
+sì tosto, come de li angeli parte<br />
+turbò il suggetto d&rsquo;i vostri alimenti.
+</p>
+
+<p>
+L&rsquo;altra rimase, e cominciò quest&rsquo; arte<br />
+che tu discerni, con tanto diletto,<br />
+che mai da circüir non si diparte.
+</p>
+
+<p>
+Principio del cader fu il maladetto<br />
+superbir di colui che tu vedesti<br />
+da tutti i pesi del mondo costretto.
+</p>
+
+<p>
+Quelli che vedi qui furon modesti<br />
+a riconoscer sé da la bontate<br />
+che li avea fatti a tanto intender presti:
+</p>
+
+<p>
+per che le viste lor furo essaltate<br />
+con grazia illuminante e con lor merto,<br />
+si c&rsquo;hanno ferma e piena volontate;
+</p>
+
+<p>
+e non voglio che dubbi, ma sia certo,<br />
+che ricever la grazia è meritorio<br />
+secondo che l&rsquo;affetto l&rsquo;è aperto.
+</p>
+
+<p>
+Omai dintorno a questo consistorio<br />
+puoi contemplare assai, se le parole<br />
+mie son ricolte, sanz&rsquo; altro aiutorio.
+</p>
+
+<p>
+Ma perché &rsquo;n terra per le vostre scole<br />
+si legge che l&rsquo;angelica natura<br />
+è tal, che &rsquo;ntende e si ricorda e vole,
+</p>
+
+<p>
+ancor dirò, perché tu veggi pura<br />
+la verità che là giù si confonde,<br />
+equivocando in sì fatta lettura.
+</p>
+
+<p>
+Queste sustanze, poi che fur gioconde<br />
+de la faccia di Dio, non volser viso<br />
+da essa, da cui nulla si nasconde:
+</p>
+
+<p>
+però non hanno vedere interciso<br />
+da novo obietto, e però non bisogna<br />
+rememorar per concetto diviso;
+</p>
+
+<p>
+sì che là giù, non dormendo, si sogna,<br />
+credendo e non credendo dicer vero;<br />
+ma ne l&rsquo;uno è più colpa e più vergogna.
+</p>
+
+<p>
+Voi non andate giù per un sentiero<br />
+filosofando: tanto vi trasporta<br />
+l&rsquo;amor de l&rsquo;apparenza e &rsquo;l suo pensiero!
+</p>
+
+<p>
+E ancor questo qua sù si comporta<br />
+con men disdegno che quando è posposta<br />
+la divina Scrittura o quando è torta.
+</p>
+
+<p>
+Non vi si pensa quanto sangue costa<br />
+seminarla nel mondo e quanto piace<br />
+chi umilmente con essa s&rsquo;accosta.
+</p>
+
+<p>
+Per apparer ciascun s&rsquo;ingegna e face<br />
+sue invenzioni; e quelle son trascorse<br />
+da&rsquo; predicanti e &rsquo;l Vangelio si tace.
+</p>
+
+<p>
+Un dice che la luna si ritorse<br />
+ne la passion di Cristo e s&rsquo;interpuose,<br />
+per che &rsquo;l lume del sol giù non si porse;
+</p>
+
+<p>
+e mente, ché la luce si nascose<br />
+da sé: però a li Spani e a l&rsquo;Indi<br />
+come a&rsquo; Giudei tale eclissi rispuose.
+</p>
+
+<p>
+Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindi<br />
+quante sì fatte favole per anno<br />
+in pergamo si gridan quinci e quindi:
+</p>
+
+<p>
+sì che le pecorelle, che non sanno,<br />
+tornan del pasco pasciute di vento,<br />
+e non le scusa non veder lo danno.
+</p>
+
+<p>
+Non disse Cristo al suo primo convento:<br />
+‘Andate, e predicate al mondo ciance&rsquo;;<br />
+ma diede lor verace fondamento;
+</p>
+
+<p>
+e quel tanto sonò ne le sue guance,<br />
+sì ch&rsquo;a pugnar per accender la fede<br />
+de l&rsquo;Evangelio fero scudo e lance.
+</p>
+
+<p>
+Ora si va con motti e con iscede<br />
+a predicare, e pur che ben si rida,<br />
+gonfia il cappuccio e più non si richiede.
+</p>
+
+<p>
+Ma tale uccel nel becchetto s&rsquo;annida,<br />
+che se &rsquo;l vulgo il vedesse, vederebbe<br />
+la perdonanza di ch&rsquo;el si confida:
+</p>
+
+<p>
+per cui tanta stoltezza in terra crebbe,<br />
+che, sanza prova d&rsquo;alcun testimonio,<br />
+ad ogne promession si correrebbe.
+</p>
+
+<p>
+Di questo ingrassa il porco sant&rsquo; Antonio,<br />
+e altri assai che sono ancor più porci,<br />
+pagando di moneta sanza conio.
+</p>
+
+<p>
+Ma perché siam digressi assai, ritorci<br />
+li occhi oramai verso la dritta strada,<br />
+sì che la via col tempo si raccorci.
+</p>
+
+<p>
+Questa natura sì oltre s&rsquo;ingrada<br />
+in numero, che mai non fu loquela<br />
+né concetto mortal che tanto vada;
+</p>
+
+<p>
+e se tu guardi quel che si revela<br />
+per Danïel, vedrai che &rsquo;n sue migliaia<br />
+determinato numero si cela.
+</p>
+
+<p>
+La prima luce, che tutta la raia,<br />
+per tanti modi in essa si recepe,<br />
+quanti son li splendori a chi s&rsquo;appaia.
+</p>
+
+<p>
+Onde, però che a l&rsquo;atto che concepe<br />
+segue l&rsquo;affetto, d&rsquo;amar la dolcezza<br />
+diversamente in essa ferve e tepe.
+</p>
+
+<p>
+Vedi l&rsquo;eccelso omai e la larghezza<br />
+de l&rsquo;etterno valor, poscia che tanti<br />
+speculi fatti s&rsquo;ha in che si spezza,
+</p>
+
+<p>
+uno manendo in sé come davanti».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto97"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXX
+</h2>
+
+<p>
+Forse semilia miglia di lontano<br />
+ci ferve l&rsquo;ora sesta, e questo mondo<br />
+china già l&rsquo;ombra quasi al letto piano,
+</p>
+
+<p>
+quando &rsquo;l mezzo del cielo, a noi profondo,<br />
+comincia a farsi tal, ch&rsquo;alcuna stella<br />
+perde il parere infino a questo fondo;
+</p>
+
+<p>
+e come vien la chiarissima ancella<br />
+del sol più oltre, così &rsquo;l ciel si chiude<br />
+di vista in vista infino a la più bella.
+</p>
+
+<p>
+Non altrimenti il trïunfo che lude<br />
+sempre dintorno al punto che mi vinse,<br />
+parendo inchiuso da quel ch&rsquo;elli &rsquo;nchiude,
+</p>
+
+<p>
+a poco a poco al mio veder si stinse:<br />
+per che tornar con li occhi a Bëatrice<br />
+nulla vedere e amor mi costrinse.
+</p>
+
+<p>
+Se quanto infino a qui di lei si dice<br />
+fosse conchiuso tutto in una loda,<br />
+poca sarebbe a fornir questa vice.
+</p>
+
+<p>
+La bellezza ch&rsquo;io vidi si trasmoda<br />
+non pur di là da noi, ma certo io credo<br />
+che solo il suo fattor tutta la goda.
+</p>
+
+<p>
+Da questo passo vinto mi concedo<br />
+più che già mai da punto di suo tema<br />
+soprato fosse comico o tragedo:
+</p>
+
+<p>
+ché, come sole in viso che più trema,<br />
+così lo rimembrar del dolce riso<br />
+la mente mia da me medesmo scema.
+</p>
+
+<p>
+Dal primo giorno ch&rsquo;i&rsquo; vidi il suo viso<br />
+in questa vita, infino a questa vista,<br />
+non m&rsquo;è il seguire al mio cantar preciso;
+</p>
+
+<p>
+ma or convien che mio seguir desista<br />
+più dietro a sua bellezza, poetando,<br />
+come a l&rsquo;ultimo suo ciascuno artista.
+</p>
+
+<p>
+Cotal qual io lascio a maggior bando<br />
+che quel de la mia tuba, che deduce<br />
+l&rsquo;ardüa sua matera terminando,
+</p>
+
+<p>
+con atto e voce di spedito duce<br />
+ricominciò: «Noi siamo usciti fore<br />
+del maggior corpo al ciel ch&rsquo;è pura luce:
+</p>
+
+<p>
+luce intellettüal, piena d&rsquo;amore;<br />
+amor di vero ben, pien di letizia;<br />
+letizia che trascende ogne dolzore.
+</p>
+
+<p>
+Qui vederai l&rsquo;una e l&rsquo;altra milizia<br />
+di paradiso, e l&rsquo;una in quelli aspetti<br />
+che tu vedrai a l&rsquo;ultima giustizia».
+</p>
+
+<p>
+Come sùbito lampo che discetti<br />
+li spiriti visivi, sì che priva<br />
+da l&rsquo;atto l&rsquo;occhio di più forti obietti,
+</p>
+
+<p>
+così mi circunfulse luce viva,<br />
+e lasciommi fasciato di tal velo<br />
+del suo fulgor, che nulla m&rsquo;appariva.
+</p>
+
+<p>
+«Sempre l&rsquo;amor che queta questo cielo<br />
+accoglie in sé con sì fatta salute,<br />
+per far disposto a sua fiamma il candelo».
+</p>
+
+<p>
+Non fur più tosto dentro a me venute<br />
+queste parole brievi, ch&rsquo;io compresi<br />
+me sormontar di sopr&rsquo; a mia virtute;
+</p>
+
+<p>
+e di novella vista mi raccesi<br />
+tale, che nulla luce è tanto mera,<br />
+che li occhi miei non si fosser difesi;
+</p>
+
+<p>
+e vidi lume in forma di rivera<br />
+fulvido di fulgore, intra due rive<br />
+dipinte di mirabil primavera.
+</p>
+
+<p>
+Di tal fiumana uscian faville vive,<br />
+e d&rsquo;ogne parte si mettien ne&rsquo; fiori,<br />
+quasi rubin che oro circunscrive;
+</p>
+
+<p>
+poi, come inebrïate da li odori,<br />
+riprofondavan sé nel miro gurge,<br />
+e s&rsquo;una intrava, un&rsquo;altra n&rsquo;uscia fori.
+</p>
+
+<p>
+«L&rsquo;alto disio che mo t&rsquo;infiamma e urge,<br />
+d&rsquo;aver notizia di ciò che tu vei,<br />
+tanto mi piace più quanto più turge;
+</p>
+
+<p>
+ma di quest&rsquo; acqua convien che tu bei<br />
+prima che tanta sete in te si sazi»:<br />
+così mi disse il sol de li occhi miei.
+</p>
+
+<p>
+Anche soggiunse: «Il fiume e li topazi<br />
+ch&rsquo;entrano ed escono e &rsquo;l rider de l&rsquo;erbe<br />
+son di lor vero umbriferi prefazi.
+</p>
+
+<p>
+Non che da sé sian queste cose acerbe;<br />
+ma è difetto da la parte tua,<br />
+che non hai viste ancor tanto superbe».
+</p>
+
+<p>
+Non è fantin che sì sùbito rua<br />
+col volto verso il latte, se si svegli<br />
+molto tardato da l&rsquo;usanza sua,
+</p>
+
+<p>
+come fec&rsquo; io, per far migliori spegli<br />
+ancor de li occhi, chinandomi a l&rsquo;onda<br />
+che si deriva perché vi s&rsquo;immegli;
+</p>
+
+<p>
+e sì come di lei bevve la gronda<br />
+de le palpebre mie, così mi parve<br />
+di sua lunghezza divenuta tonda.
+</p>
+
+<p>
+Poi, come gente stata sotto larve,<br />
+che pare altro che prima, se si sveste<br />
+la sembianza non süa in che disparve,
+</p>
+
+<p>
+così mi si cambiaro in maggior feste<br />
+li fiori e le faville, sì ch&rsquo;io vidi<br />
+ambo le corti del ciel manifeste.
+</p>
+
+<p>
+O isplendor di Dio, per cu&rsquo; io vidi<br />
+l&rsquo;alto trïunfo del regno verace,<br />
+dammi virtù a dir com&rsquo; ïo il vidi!
+</p>
+
+<p>
+Lume è là sù che visibile face<br />
+lo creatore a quella creatura<br />
+che solo in lui vedere ha la sua pace.
+</p>
+
+<p>
+E&rsquo; si distende in circular figura,<br />
+in tanto che la sua circunferenza<br />
+sarebbe al sol troppo larga cintura.
+</p>
+
+<p>
+Fassi di raggio tutta sua parvenza<br />
+reflesso al sommo del mobile primo,<br />
+che prende quindi vivere e potenza.
+</p>
+
+<p>
+E come clivo in acqua di suo imo<br />
+si specchia, quasi per vedersi addorno,<br />
+quando è nel verde e ne&rsquo; fioretti opimo,
+</p>
+
+<p>
+sì, soprastando al lume intorno intorno,<br />
+vidi specchiarsi in più di mille soglie<br />
+quanto di noi là sù fatto ha ritorno.
+</p>
+
+<p>
+E se l&rsquo;infimo grado in sé raccoglie<br />
+sì grande lume, quanta è la larghezza<br />
+di questa rosa ne l&rsquo;estreme foglie!
+</p>
+
+<p>
+La vista mia ne l&rsquo;ampio e ne l&rsquo;altezza<br />
+non si smarriva, ma tutto prendeva<br />
+il quanto e &rsquo;l quale di quella allegrezza.
+</p>
+
+<p>
+Presso e lontano, lì, né pon né leva:<br />
+ché dove Dio sanza mezzo governa,<br />
+la legge natural nulla rileva.
+</p>
+
+<p>
+Nel giallo de la rosa sempiterna,<br />
+che si digrada e dilata e redole<br />
+odor di lode al sol che sempre verna,
+</p>
+
+<p>
+qual è colui che tace e dicer vole,<br />
+mi trasse Bëatrice, e disse: «Mira<br />
+quanto è &rsquo;l convento de le bianche stole!
+</p>
+
+<p>
+Vedi nostra città quant&rsquo; ella gira;<br />
+vedi li nostri scanni sì ripieni,<br />
+che poca gente più ci si disira.
+</p>
+
+<p>
+E &rsquo;n quel gran seggio a che tu li occhi tieni<br />
+per la corona che già v&rsquo;è sù posta,<br />
+prima che tu a queste nozze ceni,
+</p>
+
+<p>
+sederà l&rsquo;alma, che fia giù agosta,<br />
+de l&rsquo;alto Arrigo, ch&rsquo;a drizzare Italia<br />
+verrà in prima ch&rsquo;ella sia disposta.
+</p>
+
+<p>
+La cieca cupidigia che v&rsquo;ammalia<br />
+simili fatti v&rsquo;ha al fantolino<br />
+che muor per fame e caccia via la balia.
+</p>
+
+<p>
+E fia prefetto nel foro divino<br />
+allora tal, che palese e coverto<br />
+non anderà con lui per un cammino.
+</p>
+
+<p>
+Ma poco poi sarà da Dio sofferto<br />
+nel santo officio; ch&rsquo;el sarà detruso<br />
+là dove Simon mago è per suo merto,
+</p>
+
+<p>
+e farà quel d&rsquo;Alagna intrar più giuso».
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto98"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXXI
+</h2>
+
+<p>
+In forma dunque di candida rosa<br />
+mi si mostrava la milizia santa<br />
+che nel suo sangue Cristo fece sposa;
+</p>
+
+<p>
+ma l&rsquo;altra, che volando vede e canta<br />
+la gloria di colui che la &rsquo;nnamora<br />
+e la bontà che la fece cotanta,
+</p>
+
+<p>
+sì come schiera d&rsquo;ape che s&rsquo;infiora<br />
+una fïata e una si ritorna<br />
+là dove suo laboro s&rsquo;insapora,
+</p>
+
+<p>
+nel gran fior discendeva che s&rsquo;addorna<br />
+di tante foglie, e quindi risaliva<br />
+là dove &rsquo;l süo amor sempre soggiorna.
+</p>
+
+<p>
+Le facce tutte avean di fiamma viva<br />
+e l&rsquo;ali d&rsquo;oro, e l&rsquo;altro tanto bianco,<br />
+che nulla neve a quel termine arriva.
+</p>
+
+<p>
+Quando scendean nel fior, di banco in banco<br />
+porgevan de la pace e de l&rsquo;ardore<br />
+ch&rsquo;elli acquistavan ventilando il fianco.
+</p>
+
+<p>
+Né l&rsquo;interporsi tra &rsquo;l disopra e &rsquo;l fiore<br />
+di tanta moltitudine volante<br />
+impediva la vista e lo splendore:
+</p>
+
+<p>
+ché la luce divina è penetrante<br />
+per l&rsquo;universo secondo ch&rsquo;è degno,<br />
+sì che nulla le puote essere ostante.
+</p>
+
+<p>
+Questo sicuro e gaudïoso regno,<br />
+frequente in gente antica e in novella,<br />
+viso e amore avea tutto ad un segno.
+</p>
+
+<p>
+O trina luce che &rsquo;n unica stella<br />
+scintillando a lor vista, sì li appaga!<br />
+guarda qua giuso a la nostra procella!
+</p>
+
+<p>
+Se i barbari, venendo da tal plaga<br />
+che ciascun giorno d&rsquo;Elice si cuopra,<br />
+rotante col suo figlio ond&rsquo; ella è vaga,
+</p>
+
+<p>
+veggendo Roma e l&rsquo;ardüa sua opra,<br />
+stupefaciensi, quando Laterano<br />
+a le cose mortali andò di sopra;
+</p>
+
+<p>
+ïo, che al divino da l&rsquo;umano,<br />
+a l&rsquo;etterno dal tempo era venuto,<br />
+e di Fiorenza in popol giusto e sano,
+</p>
+
+<p>
+di che stupor dovea esser compiuto!<br />
+Certo tra esso e &rsquo;l gaudio mi facea<br />
+libito non udire e starmi muto.
+</p>
+
+<p>
+E quasi peregrin che si ricrea<br />
+nel tempio del suo voto riguardando,<br />
+e spera già ridir com&rsquo; ello stea,
+</p>
+
+<p>
+su per la viva luce passeggiando,<br />
+menava ïo li occhi per li gradi,<br />
+mo sù, mo giù e mo recirculando.
+</p>
+
+<p>
+Vedëa visi a carità süadi,<br />
+d&rsquo;altrui lume fregiati e di suo riso,<br />
+e atti ornati di tutte onestadi.
+</p>
+
+<p>
+La forma general di paradiso<br />
+già tutta mïo sguardo avea compresa,<br />
+in nulla parte ancor fermato fiso;
+</p>
+
+<p>
+e volgeami con voglia rïaccesa<br />
+per domandar la mia donna di cose<br />
+di che la mente mia era sospesa.
+</p>
+
+<p>
+Uno intendëa, e altro mi rispuose:<br />
+credea veder Beatrice e vidi un sene<br />
+vestito con le genti glorïose.
+</p>
+
+<p>
+Diffuso era per li occhi e per le gene<br />
+di benigna letizia, in atto pio<br />
+quale a tenero padre si convene.
+</p>
+
+<p>
+E «Ov&rsquo; è ella?», sùbito diss&rsquo; io.<br />
+Ond&rsquo; elli: «A terminar lo tuo disiro<br />
+mosse Beatrice me del loco mio;
+</p>
+
+<p>
+e se riguardi sù nel terzo giro<br />
+dal sommo grado, tu la rivedrai<br />
+nel trono che suoi merti le sortiro».
+</p>
+
+<p>
+Sanza risponder, li occhi sù levai,<br />
+e vidi lei che si facea corona<br />
+reflettendo da sé li etterni rai.
+</p>
+
+<p>
+Da quella regïon che più sù tona<br />
+occhio mortale alcun tanto non dista,<br />
+qualunque in mare più giù s&rsquo;abbandona,
+</p>
+
+<p>
+quanto lì da Beatrice la mia vista;<br />
+ma nulla mi facea, ché süa effige<br />
+non discendëa a me per mezzo mista.
+</p>
+
+<p>
+«O donna in cui la mia speranza vige,<br />
+e che soffristi per la mia salute<br />
+in inferno lasciar le tue vestige,
+</p>
+
+<p>
+di tante cose quant&rsquo; i&rsquo; ho vedute,<br />
+dal tuo podere e da la tua bontate<br />
+riconosco la grazia e la virtute.
+</p>
+
+<p>
+Tu m&rsquo;hai di servo tratto a libertate<br />
+per tutte quelle vie, per tutt&rsquo; i modi<br />
+che di ciò fare avei la potestate.
+</p>
+
+<p>
+La tua magnificenza in me custodi,<br />
+sì che l&rsquo;anima mia, che fatt&rsquo; hai sana,<br />
+piacente a te dal corpo si disnodi».
+</p>
+
+<p>
+Così orai; e quella, sì lontana<br />
+come parea, sorrise e riguardommi;<br />
+poi si tornò a l&rsquo;etterna fontana.
+</p>
+
+<p>
+E &rsquo;l santo sene: «Acciò che tu assommi<br />
+perfettamente», disse, «il tuo cammino,<br />
+a che priego e amor santo mandommi,
+</p>
+
+<p>
+vola con li occhi per questo giardino;<br />
+ché veder lui t&rsquo;acconcerà lo sguardo<br />
+più al montar per lo raggio divino.
+</p>
+
+<p>
+E la regina del cielo, ond&rsquo; ïo ardo<br />
+tutto d&rsquo;amor, ne farà ogne grazia,<br />
+però ch&rsquo;i&rsquo; sono il suo fedel Bernardo».
+</p>
+
+<p>
+Qual è colui che forse di Croazia<br />
+viene a veder la Veronica nostra,<br />
+che per l&rsquo;antica fame non sen sazia,
+</p>
+
+<p>
+ma dice nel pensier, fin che si mostra:<br />
+‘Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace,<br />
+or fu sì fatta la sembianza vostra?&rsquo;;
+</p>
+
+<p>
+tal era io mirando la vivace<br />
+carità di colui che &rsquo;n questo mondo,<br />
+contemplando, gustò di quella pace.
+</p>
+
+<p>
+«Figliuol di grazia, quest&rsquo; esser giocondo»,<br />
+cominciò elli, «non ti sarà noto,<br />
+tenendo li occhi pur qua giù al fondo;
+</p>
+
+<p>
+ma guarda i cerchi infino al più remoto,<br />
+tanto che veggi seder la regina<br />
+cui questo regno è suddito e devoto».
+</p>
+
+<p>
+Io levai li occhi; e come da mattina<br />
+la parte orïental de l&rsquo;orizzonte<br />
+soverchia quella dove &rsquo;l sol declina,
+</p>
+
+<p>
+così, quasi di valle andando a monte<br />
+con li occhi, vidi parte ne lo stremo<br />
+vincer di lume tutta l&rsquo;altra fronte.
+</p>
+
+<p>
+E come quivi ove s&rsquo;aspetta il temo<br />
+che mal guidò Fetonte, più s&rsquo;infiamma,<br />
+e quinci e quindi il lume si fa scemo,
+</p>
+
+<p>
+così quella pacifica oriafiamma<br />
+nel mezzo s&rsquo;avvivava, e d&rsquo;ogne parte<br />
+per igual modo allentava la fiamma;
+</p>
+
+<p>
+e a quel mezzo, con le penne sparte,<br />
+vid&rsquo; io più di mille angeli festanti,<br />
+ciascun distinto di fulgore e d&rsquo;arte.
+</p>
+
+<p>
+Vidi a lor giochi quivi e a lor canti<br />
+ridere una bellezza, che letizia<br />
+era ne li occhi a tutti li altri santi;
+</p>
+
+<p>
+e s&rsquo;io avessi in dir tanta divizia<br />
+quanta ad imaginar, non ardirei<br />
+lo minimo tentar di sua delizia.
+</p>
+
+<p>
+Bernardo, come vide li occhi miei<br />
+nel caldo suo caler fissi e attenti,<br />
+li suoi con tanto affetto volse a lei,
+</p>
+
+<p>
+che &rsquo; miei di rimirar fé più ardenti.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto99"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXXII
+</h2>
+
+<p>
+Affetto al suo piacer, quel contemplante<br />
+libero officio di dottore assunse,<br />
+e cominciò queste parole sante:
+</p>
+
+<p>
+«La piaga che Maria richiuse e unse,<br />
+quella ch&rsquo;è tanto bella da&rsquo; suoi piedi<br />
+è colei che l&rsquo;aperse e che la punse.
+</p>
+
+<p>
+Ne l&rsquo;ordine che fanno i terzi sedi,<br />
+siede Rachel di sotto da costei<br />
+con Bëatrice, sì come tu vedi.
+</p>
+
+<p>
+Sarra e Rebecca, Iudìt e colei<br />
+che fu bisava al cantor che per doglia<br />
+del fallo disse ‘Miserere mei&rsquo;,
+</p>
+
+<p>
+puoi tu veder così di soglia in soglia<br />
+giù digradar, com&rsquo; io ch&rsquo;a proprio nome<br />
+vo per la rosa giù di foglia in foglia.
+</p>
+
+<p>
+E dal settimo grado in giù, sì come<br />
+infino ad esso, succedono Ebree,<br />
+dirimendo del fior tutte le chiome;
+</p>
+
+<p>
+perché, secondo lo sguardo che fée<br />
+la fede in Cristo, queste sono il muro<br />
+a che si parton le sacre scalee.
+</p>
+
+<p>
+Da questa parte onde &rsquo;l fiore è maturo<br />
+di tutte le sue foglie, sono assisi<br />
+quei che credettero in Cristo venturo;
+</p>
+
+<p>
+da l&rsquo;altra parte onde sono intercisi<br />
+di vòti i semicirculi, si stanno<br />
+quei ch&rsquo;a Cristo venuto ebber li visi.
+</p>
+
+<p>
+E come quinci il glorïoso scanno<br />
+de la donna del cielo e li altri scanni<br />
+di sotto lui cotanta cerna fanno,
+</p>
+
+<p>
+così di contra quel del gran Giovanni,<br />
+che sempre santo &rsquo;l diserto e &rsquo;l martiro<br />
+sofferse, e poi l&rsquo;inferno da due anni;
+</p>
+
+<p>
+e sotto lui così cerner sortiro<br />
+Francesco, Benedetto e Augustino<br />
+e altri fin qua giù di giro in giro.
+</p>
+
+<p>
+Or mira l&rsquo;alto proveder divino:<br />
+ché l&rsquo;uno e l&rsquo;altro aspetto de la fede<br />
+igualmente empierà questo giardino.
+</p>
+
+<p>
+E sappi che dal grado in giù che fiede<br />
+a mezzo il tratto le due discrezioni,<br />
+per nullo proprio merito si siede,
+</p>
+
+<p>
+ma per l&rsquo;altrui, con certe condizioni:<br />
+ché tutti questi son spiriti ascolti<br />
+prima ch&rsquo;avesser vere elezïoni.
+</p>
+
+<p>
+Ben te ne puoi accorger per li volti<br />
+e anche per le voci püerili,<br />
+se tu li guardi bene e se li ascolti.
+</p>
+
+<p>
+Or dubbi tu e dubitando sili;<br />
+ma io discioglierò &rsquo;l forte legame<br />
+in che ti stringon li pensier sottili.
+</p>
+
+<p>
+Dentro a l&rsquo;ampiezza di questo reame<br />
+casüal punto non puote aver sito,<br />
+se non come tristizia o sete o fame:
+</p>
+
+<p>
+ché per etterna legge è stabilito<br />
+quantunque vedi, sì che giustamente<br />
+ci si risponde da l&rsquo;anello al dito;
+</p>
+
+<p>
+e però questa festinata gente<br />
+a vera vita non è sine causa<br />
+intra sé qui più e meno eccellente.
+</p>
+
+<p>
+Lo rege per cui questo regno pausa<br />
+in tanto amore e in tanto diletto,<br />
+che nulla volontà è di più ausa,
+</p>
+
+<p>
+le menti tutte nel suo lieto aspetto<br />
+creando, a suo piacer di grazia dota<br />
+diversamente; e qui basti l&rsquo;effetto.
+</p>
+
+<p>
+E ciò espresso e chiaro vi si nota<br />
+ne la Scrittura santa in quei gemelli<br />
+che ne la madre ebber l&rsquo;ira commota.
+</p>
+
+<p>
+Però, secondo il color d&rsquo;i capelli,<br />
+di cotal grazia l&rsquo;altissimo lume<br />
+degnamente convien che s&rsquo;incappelli.
+</p>
+
+<p>
+Dunque, sanza mercé di lor costume,<br />
+locati son per gradi differenti,<br />
+sol differendo nel primiero acume.
+</p>
+
+<p>
+Bastavasi ne&rsquo; secoli recenti<br />
+con l&rsquo;innocenza, per aver salute,<br />
+solamente la fede d&rsquo;i parenti;
+</p>
+
+<p>
+poi che le prime etadi fuor compiute,<br />
+convenne ai maschi a l&rsquo;innocenti penne<br />
+per circuncidere acquistar virtute;
+</p>
+
+<p>
+ma poi che &rsquo;l tempo de la grazia venne,<br />
+sanza battesmo perfetto di Cristo<br />
+tale innocenza là giù si ritenne.
+</p>
+
+<p>
+Riguarda omai ne la faccia che a Cristo<br />
+più si somiglia, ché la sua chiarezza<br />
+sola ti può disporre a veder Cristo».
+</p>
+
+<p>
+Io vidi sopra lei tanta allegrezza<br />
+piover, portata ne le menti sante<br />
+create a trasvolar per quella altezza,
+</p>
+
+<p>
+che quantunque io avea visto davante,<br />
+di tanta ammirazion non mi sospese,<br />
+né mi mostrò di Dio tanto sembiante;
+</p>
+
+<p>
+e quello amor che primo lì discese,<br />
+cantando ‘Ave, Maria, gratïa plena&rsquo;,<br />
+dinanzi a lei le sue ali distese.
+</p>
+
+<p>
+Rispuose a la divina cantilena<br />
+da tutte parti la beata corte,<br />
+sì ch&rsquo;ogne vista sen fé più serena.
+</p>
+
+<p>
+«O santo padre, che per me comporte<br />
+l&rsquo;esser qua giù, lasciando il dolce loco<br />
+nel qual tu siedi per etterna sorte,
+</p>
+
+<p>
+qual è quell&rsquo; angel che con tanto gioco<br />
+guarda ne li occhi la nostra regina,<br />
+innamorato sì che par di foco?».
+</p>
+
+<p>
+Così ricorsi ancora a la dottrina<br />
+di colui ch&rsquo;abbelliva di Maria,<br />
+come del sole stella mattutina.
+</p>
+
+<p>
+Ed elli a me: «Baldezza e leggiadria<br />
+quant&rsquo; esser puote in angelo e in alma,<br />
+tutta è in lui; e sì volem che sia,
+</p>
+
+<p>
+perch&rsquo; elli è quelli che portò la palma<br />
+giuso a Maria, quando &rsquo;l Figliuol di Dio<br />
+carcar si volse de la nostra salma.
+</p>
+
+<p>
+Ma vieni omai con li occhi sì com&rsquo; io<br />
+andrò parlando, e nota i gran patrici<br />
+di questo imperio giustissimo e pio.
+</p>
+
+<p>
+Quei due che seggon là sù più felici<br />
+per esser propinquissimi ad Agusta,<br />
+son d&rsquo;esta rosa quasi due radici:
+</p>
+
+<p>
+colui che da sinistra le s&rsquo;aggiusta<br />
+è il padre per lo cui ardito gusto<br />
+l&rsquo;umana specie tanto amaro gusta;
+</p>
+
+<p>
+dal destro vedi quel padre vetusto<br />
+di Santa Chiesa a cui Cristo le chiavi<br />
+raccomandò di questo fior venusto.
+</p>
+
+<p>
+E quei che vide tutti i tempi gravi,<br />
+pria che morisse, de la bella sposa<br />
+che s&rsquo;acquistò con la lancia e coi clavi,
+</p>
+
+<p>
+siede lungh&rsquo; esso, e lungo l&rsquo;altro posa<br />
+quel duca sotto cui visse di manna<br />
+la gente ingrata, mobile e retrosa.
+</p>
+
+<p>
+Di contr&rsquo; a Pietro vedi sedere Anna,<br />
+tanto contenta di mirar sua figlia,<br />
+che non move occhio per cantare osanna;
+</p>
+
+<p>
+e contro al maggior padre di famiglia<br />
+siede Lucia, che mosse la tua donna<br />
+quando chinavi, a rovinar, le ciglia.
+</p>
+
+<p>
+Ma perché &rsquo;l tempo fugge che t&rsquo;assonna,<br />
+qui farem punto, come buon sartore<br />
+che com&rsquo; elli ha del panno fa la gonna;
+</p>
+
+<p>
+e drizzeremo li occhi al primo amore,<br />
+sì che, guardando verso lui, penètri<br />
+quant&rsquo; è possibil per lo suo fulgore.
+</p>
+
+<p>
+Veramente, ne forse tu t&rsquo;arretri<br />
+movendo l&rsquo;ali tue, credendo oltrarti,<br />
+orando grazia conven che s&rsquo;impetri
+</p>
+
+<p>
+grazia da quella che puote aiutarti;<br />
+e tu mi seguirai con l&rsquo;affezione,<br />
+sì che dal dicer mio lo cor non parti».
+</p>
+
+<p>
+E cominciò questa santa orazione:
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div class="chapter">
+
+<h2><a name="canto100"></a>
+Paradiso<br />
+Canto XXXIII
+</h2>
+
+<p>
+«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,<br />
+umile e alta più che creatura,<br />
+termine fisso d&rsquo;etterno consiglio,
+</p>
+
+<p>
+tu se&rsquo; colei che l&rsquo;umana natura<br />
+nobilitasti sì, che &rsquo;l suo fattore<br />
+non disdegnò di farsi sua fattura.
+</p>
+
+<p>
+Nel ventre tuo si raccese l&rsquo;amore,<br />
+per lo cui caldo ne l&rsquo;etterna pace<br />
+così è germinato questo fiore.
+</p>
+
+<p>
+Qui se&rsquo; a noi meridïana face<br />
+di caritate, e giuso, intra &rsquo; mortali,<br />
+se&rsquo; di speranza fontana vivace.
+</p>
+
+<p>
+Donna, se&rsquo; tanto grande e tanto vali,<br />
+che qual vuol grazia e a te non ricorre,<br />
+sua disïanza vuol volar sanz&rsquo; ali.
+</p>
+
+<p>
+La tua benignità non pur soccorre<br />
+a chi domanda, ma molte fïate<br />
+liberamente al dimandar precorre.
+</p>
+
+<p>
+In te misericordia, in te pietate,<br />
+in te magnificenza, in te s&rsquo;aduna<br />
+quantunque in creatura è di bontate.
+</p>
+
+<p>
+Or questi, che da l&rsquo;infima lacuna<br />
+de l&rsquo;universo infin qui ha vedute<br />
+le vite spiritali ad una ad una,
+</p>
+
+<p>
+supplica a te, per grazia, di virtute<br />
+tanto, che possa con li occhi levarsi<br />
+più alto verso l&rsquo;ultima salute.
+</p>
+
+<p>
+E io, che mai per mio veder non arsi<br />
+più ch&rsquo;i&rsquo; fo per lo suo, tutti miei prieghi<br />
+ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
+</p>
+
+<p>
+perché tu ogne nube li disleghi<br />
+di sua mortalità co&rsquo; prieghi tuoi,<br />
+sì che &rsquo;l sommo piacer li si dispieghi.
+</p>
+
+<p>
+Ancor ti priego, regina, che puoi<br />
+ciò che tu vuoli, che conservi sani,<br />
+dopo tanto veder, li affetti suoi.
+</p>
+
+<p>
+Vinca tua guardia i movimenti umani:<br />
+vedi Beatrice con quanti beati<br />
+per li miei prieghi ti chiudon le mani!».
+</p>
+
+<p>
+Li occhi da Dio diletti e venerati,<br />
+fissi ne l&rsquo;orator, ne dimostraro<br />
+quanto i devoti prieghi le son grati;
+</p>
+
+<p>
+indi a l&rsquo;etterno lume s&rsquo;addrizzaro,<br />
+nel qual non si dee creder che s&rsquo;invii<br />
+per creatura l&rsquo;occhio tanto chiaro.
+</p>
+
+<p>
+E io ch&rsquo;al fine di tutt&rsquo; i disii<br />
+appropinquava, sì com&rsquo; io dovea,<br />
+l&rsquo;ardor del desiderio in me finii.
+</p>
+
+<p>
+Bernardo m&rsquo;accennava, e sorridea,<br />
+perch&rsquo; io guardassi suso; ma io era<br />
+già per me stesso tal qual ei volea:
+</p>
+
+<p>
+ché la mia vista, venendo sincera,<br />
+e più e più intrava per lo raggio<br />
+de l&rsquo;alta luce che da sé è vera.
+</p>
+
+<p>
+Da quinci innanzi il mio veder fu maggio<br />
+che &rsquo;l parlar mostra, ch&rsquo;a tal vista cede,<br />
+e cede la memoria a tanto oltraggio.
+</p>
+
+<p>
+Qual è colüi che sognando vede,<br />
+che dopo &rsquo;l sogno la passione impressa<br />
+rimane, e l&rsquo;altro a la mente non riede,
+</p>
+
+<p>
+cotal son io, ché quasi tutta cessa<br />
+mia visïone, e ancor mi distilla<br />
+nel core il dolce che nacque da essa.
+</p>
+
+<p>
+Così la neve al sol si disigilla;<br />
+così al vento ne le foglie levi<br />
+si perdea la sentenza di Sibilla.
+</p>
+
+<p>
+O somma luce che tanto ti levi<br />
+da&rsquo; concetti mortali, a la mia mente<br />
+ripresta un poco di quel che parevi,
+</p>
+
+<p>
+e fa la lingua mia tanto possente,<br />
+ch&rsquo;una favilla sol de la tua gloria<br />
+possa lasciare a la futura gente;
+</p>
+
+<p>
+ché, per tornare alquanto a mia memoria<br />
+e per sonare un poco in questi versi,<br />
+più si conceperà di tua vittoria.
+</p>
+
+<p>
+Io credo, per l&rsquo;acume ch&rsquo;io soffersi<br />
+del vivo raggio, ch&rsquo;i&rsquo; sarei smarrito,<br />
+se li occhi miei da lui fossero aversi.
+</p>
+
+<p>
+E&rsquo; mi ricorda ch&rsquo;io fui più ardito<br />
+per questo a sostener, tanto ch&rsquo;i&rsquo; giunsi<br />
+l&rsquo;aspetto mio col valore infinito.
+</p>
+
+<p>
+Oh abbondante grazia ond&rsquo; io presunsi<br />
+ficcar lo viso per la luce etterna,<br />
+tanto che la veduta vi consunsi!
+</p>
+
+<p>
+Nel suo profondo vidi che s&rsquo;interna,<br />
+legato con amore in un volume,<br />
+ciò che per l&rsquo;universo si squaderna:
+</p>
+
+<p>
+sustanze e accidenti e lor costume<br />
+quasi conflati insieme, per tal modo<br />
+che ciò ch&rsquo;i&rsquo; dico è un semplice lume.
+</p>
+
+<p>
+La forma universal di questo nodo<br />
+credo ch&rsquo;i&rsquo; vidi, perché più di largo,<br />
+dicendo questo, mi sento ch&rsquo;i&rsquo; godo.
+</p>
+
+<p>
+Un punto solo m&rsquo;è maggior letargo<br />
+che venticinque secoli a la &rsquo;mpresa<br />
+che fé Nettuno ammirar l&rsquo;ombra d&rsquo;Argo.
+</p>
+
+<p>
+Così la mente mia, tutta sospesa,<br />
+mirava fissa, immobile e attenta,<br />
+e sempre di mirar faceasi accesa.
+</p>
+
+<p>
+A quella luce cotal si diventa,<br />
+che volgersi da lei per altro aspetto<br />
+è impossibil che mai si consenta;
+</p>
+
+<p>
+però che &rsquo;l ben, ch&rsquo;è del volere obietto,<br />
+tutto s&rsquo;accoglie in lei, e fuor di quella<br />
+è defettivo ciò ch&rsquo;è lì perfetto.
+</p>
+
+<p>
+Omai sarà più corta mia favella,<br />
+pur a quel ch&rsquo;io ricordo, che d&rsquo;un fante<br />
+che bagni ancor la lingua a la mammella.
+</p>
+
+<p>
+Non perché più ch&rsquo;un semplice sembiante<br />
+fosse nel vivo lume ch&rsquo;io mirava,<br />
+che tal è sempre qual s&rsquo;era davante;
+</p>
+
+<p>
+ma per la vista che s&rsquo;avvalorava<br />
+in me guardando, una sola parvenza,<br />
+mutandom&rsquo; io, a me si travagliava.
+</p>
+
+<p>
+Ne la profonda e chiara sussistenza<br />
+de l&rsquo;alto lume parvermi tre giri<br />
+di tre colori e d&rsquo;una contenenza;
+</p>
+
+<p>
+e l&rsquo;un da l&rsquo;altro come iri da iri<br />
+parea reflesso, e &rsquo;l terzo parea foco<br />
+che quinci e quindi igualmente si spiri.
+</p>
+
+<p>
+Oh quanto è corto il dire e come fioco<br />
+al mio concetto! e questo, a quel ch&rsquo;i&rsquo; vidi,<br />
+è tanto, che non basta a dicer ‘poco&rsquo;.
+</p>
+
+<p>
+O luce etterna che sola in te sidi,<br />
+sola t&rsquo;intendi, e da te intelletta<br />
+e intendente te ami e arridi!
+</p>
+
+<p>
+Quella circulazion che sì concetta<br />
+pareva in te come lume reflesso,<br />
+da li occhi miei alquanto circunspetta,
+</p>
+
+<p>
+dentro da sé, del suo colore stesso,<br />
+mi parve pinta de la nostra effige:<br />
+per che &rsquo;l mio viso in lei tutto era messo.
+</p>
+
+<p>
+Qual è &rsquo;l geomètra che tutto s&rsquo;affige<br />
+per misurar lo cerchio, e non ritrova,<br />
+pensando, quel principio ond&rsquo; elli indige,
+</p>
+
+<p>
+tal era io a quella vista nova:<br />
+veder voleva come si convenne<br />
+l&rsquo;imago al cerchio e come vi s&rsquo;indova;
+</p>
+
+<p>
+ma non eran da ciò le proprie penne:<br />
+se non che la mia mente fu percossa<br />
+da un fulgore in che sua voglia venne.
+</p>
+
+<p>
+A l&rsquo;alta fantasia qui mancò possa;<br />
+ma già volgeva il mio disio e &rsquo;l velle,<br />
+sì come rota ch&rsquo;igualmente è mossa,
+</p>
+
+<p>
+l&rsquo;amor che move il sole e l&rsquo;altre stelle.
+</p>
+
+</div><!--end chapter-->
+
+<div style='display:block;margin-top:4em'>*** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK LA DIVINA COMMEDIA ***</div>
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+</div>
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+Project Gutenberg&#8482; is synonymous with the free distribution of
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+</div>
+
+<div style='display:block; margin:1em 0'>
+Volunteers and financial support to provide volunteers with the
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+goals and ensuring that the Project Gutenberg&#8482; collection will
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+generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary
+Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see
+Sections 3 and 4 and the Foundation information page at www.gutenberg.org.
+</div>
+
+<div style='display:block; font-size:1.1em; margin:1em 0; font-weight:bold'>
+Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation
+</div>
+
+<div style='display:block; margin:1em 0'>
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+and official page at www.gutenberg.org/contact
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+where we have not received written confirmation of compliance. To SEND
+DONATIONS or determine the status of compliance for any particular state
+visit <a href="https://www.gutenberg.org/donate/">www.gutenberg.org/donate</a>.
+</div>
+
+<div style='display:block; margin:1em 0'>
+While we cannot and do not solicit contributions from states where we
+have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition
+against accepting unsolicited donations from donors in such states who
+approach us with offers to donate.
+</div>
+
+<div style='display:block; margin:1em 0'>
+International donations are gratefully accepted, but we cannot make
+any statements concerning tax treatment of donations received from
+outside the United States. U.S. laws alone swamp our small staff.
+</div>
+
+<div style='display:block; margin:1em 0'>
+Please check the Project Gutenberg web pages for current donation
+methods and addresses. Donations are accepted in a number of other
+ways including checks, online payments and credit card donations. To
+donate, please visit: www.gutenberg.org/donate
+</div>
+
+<div style='display:block; font-size:1.1em; margin:1em 0; font-weight:bold'>
+Section 5. General Information About Project Gutenberg&#8482; electronic works
+</div>
+
+<div style='display:block; margin:1em 0'>
+Professor Michael S. Hart was the originator of the Project
+Gutenberg&#8482; concept of a library of electronic works that could be
+freely shared with anyone. For forty years, he produced and
+distributed Project Gutenberg&#8482; eBooks with only a loose network of
+volunteer support.
+</div>
+
+<div style='display:block; margin:1em 0'>
+Project Gutenberg&#8482; eBooks are often created from several printed
+editions, all of which are confirmed as not protected by copyright in
+the U.S. unless a copyright notice is included. Thus, we do not
+necessarily keep eBooks in compliance with any particular paper
+edition.
+</div>
+
+<div style='display:block; margin:1em 0'>
+Most people start at our website which has the main PG search
+facility: <a href="https://www.gutenberg.org">www.gutenberg.org</a>.
+</div>
+
+<div style='display:block; margin:1em 0'>
+This website includes information about Project Gutenberg&#8482;,
+including how to make donations to the Project Gutenberg Literary
+Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to
+subscribe to our email newsletter to hear about new eBooks.
+</div>
+
+</body>
+
+</html>
+
diff --git a/LICENSE.txt b/LICENSE.txt
new file mode 100644
index 0000000..6312041
--- /dev/null
+++ b/LICENSE.txt
@@ -0,0 +1,11 @@
+This eBook, including all associated images, markup, improvements,
+metadata, and any other content or labor, has been confirmed to be
+in the PUBLIC DOMAIN IN THE UNITED STATES.
+
+Procedures for determining public domain status are described in
+the "Copyright How-To" at https://www.gutenberg.org.
+
+No investigation has been made concerning possible copyrights in
+jurisdictions other than the United States. Anyone seeking to utilize
+this eBook outside of the United States should confirm copyright
+status under the laws that apply to them.
diff --git a/README.md b/README.md
new file mode 100644
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--- /dev/null
+++ b/README.md
@@ -0,0 +1,2 @@
+Project Gutenberg (https://www.gutenberg.org) public repository for
+eBook #999 (https://www.gutenberg.org/ebooks/999)
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index 0000000..b3f5fa8
--- /dev/null
+++ b/old/999.txt
@@ -0,0 +1,7027 @@
+The Project Gutenberg Etext Divina Commedia di Dante: Paradiso
+In Italian with no accents[7-bit text]
+Please see my notes about various versions beneath this header.
+
+Copyright laws are changing all over the world, be sure to check
+the copyright laws for your country before posting these files!!
+
+Please take a look at the important information in this header.
+We encourage you to keep this file on your own disk, keeping an
+electronic path open for the next readers. Do not remove this.
+
+
+**Welcome To The World of Free Plain Vanilla Electronic Texts**
+
+**Etexts Readable By Both Humans and By Computers, Since 1971**
+
+*These Etexts Prepared By Hundreds of Volunteers and Donations*
+
+Information on contacting Project Gutenberg to get Etexts, and
+further information is included below. We need your donations.
+
+
+Divina Commedia di Dante: Paradiso
+
+by Dante Alighieri
+
+August, 1997 [Etext #999]
+
+
+The Project Gutenberg Etext Divina Commedia di Dante: Paradiso
+*****This file should be named 999.txt or 999.zip*****
+
+
+We are now trying to release all our books one month in advance
+of the official release dates, for time for better editing.
+
+Please note: neither this list nor its contents are final till
+midnight of the last day of the month of any such announcement.
+The official release date of all Project Gutenberg Etexts is at
+Midnight, Central Time, of the last day of the stated month. A
+preliminary version may often be posted for suggestion, comment
+and editing by those who wish to do so. To be sure you have an
+up to date first edition [xxxxx10x.xxx] please check file sizes
+in the first week of the next month. Since our ftp program has
+a bug in it that scrambles the date [tried to fix and failed] a
+look at the file size will have to do, but we will try to see a
+new copy has at least one byte more or less.
+
+
+Information about Project Gutenberg (one page)
+
+We produce about two million dollars for each hour we work. The
+fifty hours is one conservative estimate for how long it we take
+to get any etext selected, entered, proofread, edited, copyright
+searched and analyzed, the copyright letters written, etc. This
+projected audience is one hundred million readers. If our value
+per text is nominally estimated at one dollar then we produce $2
+million dollars per hour this year as we release thirty-two text
+files per month: or 400 more Etexts in 1996 for a total of 800.
+If these reach just 10% of the computerized population, then the
+total should reach 80 billion Etexts.
+
+The Goal of Project Gutenberg is to Give Away One Trillion Etext
+Files by the December 31, 2001. [10,000 x 100,000,000=Trillion]
+This is ten thousand titles each to one hundred million readers,
+which is only 10% of the present number of computer users. 2001
+should have at least twice as many computer users as that, so it
+will require us reaching less than 5% of the users in 2001.
+
+
+We need your donations more than ever!
+
+
+All donations should be made to "Project Gutenberg/CMU": and are
+tax deductible to the extent allowable by law. (CMU = Carnegie-
+Mellon University).
+
+For these and other matters, please mail to:
+
+Project Gutenberg
+P. O. Box 2782
+Champaign, IL 61825
+
+When all other email fails try our Executive Director:
+Michael S. Hart <hart@pobox.com>
+
+We would prefer to send you this information by email
+(Internet, Bitnet, Compuserve, ATTMAIL or MCImail).
+
+******
+If you have an FTP program (or emulator), please
+FTP directly to the Project Gutenberg archives:
+[Mac users, do NOT point and click. . .type]
+
+ftp uiarchive.cso.uiuc.edu
+login: anonymous
+password: your@login
+cd etext/etext90 through /etext96
+or cd etext/articles [get suggest gut for more information]
+dir [to see files]
+get or mget [to get files. . .set bin for zip files]
+GET INDEX?00.GUT
+for a list of books
+and
+GET NEW GUT for general information
+and
+MGET GUT* for newsletters.
+
+**Information prepared by the Project Gutenberg legal advisor**
+(Three Pages)
+
+
+***START**THE SMALL PRINT!**FOR PUBLIC DOMAIN ETEXTS**START***
+Why is this "Small Print!" statement here? You know: lawyers.
+They tell us you might sue us if there is something wrong with
+your copy of this etext, even if you got it for free from
+someone other than us, and even if what's wrong is not our
+fault. So, among other things, this "Small Print!" statement
+disclaims most of our liability to you. It also tells you how
+you can distribute copies of this etext if you want to.
+
+*BEFORE!* YOU USE OR READ THIS ETEXT
+By using or reading any part of this PROJECT GUTENBERG-tm
+etext, you indicate that you understand, agree to and accept
+this "Small Print!" statement. If you do not, you can receive
+a refund of the money (if any) you paid for this etext by
+sending a request within 30 days of receiving it to the person
+you got it from. If you received this etext on a physical
+medium (such as a disk), you must return it with your request.
+
+ABOUT PROJECT GUTENBERG-TM ETEXTS
+This PROJECT GUTENBERG-tm etext, like most PROJECT GUTENBERG-
+tm etexts, is a "public domain" work distributed by Professor
+Michael S. Hart through the Project Gutenberg Association at
+Carnegie-Mellon University (the "Project"). Among other
+things, this means that no one owns a United States copyright
+on or for this work, so the Project (and you!) can copy and
+distribute it in the United States without permission and
+without paying copyright royalties. Special rules, set forth
+below, apply if you wish to copy and distribute this etext
+under the Project's "PROJECT GUTENBERG" trademark.
+
+To create these etexts, the Project expends considerable
+efforts to identify, transcribe and proofread public domain
+works. Despite these efforts, the Project's etexts and any
+medium they may be on may contain "Defects". Among other
+things, Defects may take the form of incomplete, inaccurate or
+corrupt data, transcription errors, a copyright or other
+intellectual property infringement, a defective or damaged
+disk or other etext medium, a computer virus, or computer
+codes that damage or cannot be read by your equipment.
+
+LIMITED WARRANTY; DISCLAIMER OF DAMAGES
+But for the "Right of Replacement or Refund" described below,
+[1] the Project (and any other party you may receive this
+etext from as a PROJECT GUTENBERG-tm etext) disclaims all
+liability to you for damages, costs and expenses, including
+legal fees, and [2] YOU HAVE NO REMEDIES FOR NEGLIGENCE OR
+UNDER STRICT LIABILITY, OR FOR BREACH OF WARRANTY OR CONTRACT,
+INCLUDING BUT NOT LIMITED TO INDIRECT, CONSEQUENTIAL, PUNITIVE
+OR INCIDENTAL DAMAGES, EVEN IF YOU GIVE NOTICE OF THE
+POSSIBILITY OF SUCH DAMAGES.
+
+If you discover a Defect in this etext within 90 days of
+receiving it, you can receive a refund of the money (if any)
+you paid for it by sending an explanatory note within that
+time to the person you received it from. If you received it
+on a physical medium, you must return it with your note, and
+such person may choose to alternatively give you a replacement
+copy. If you received it electronically, such person may
+choose to alternatively give you a second opportunity to
+receive it electronically.
+
+THIS ETEXT IS OTHERWISE PROVIDED TO YOU "AS-IS". NO OTHER
+WARRANTIES OF ANY KIND, EXPRESS OR IMPLIED, ARE MADE TO YOU AS
+TO THE ETEXT OR ANY MEDIUM IT MAY BE ON, INCLUDING BUT NOT
+LIMITED TO WARRANTIES OF MERCHANTABILITY OR FITNESS FOR A
+PARTICULAR PURPOSE.
+
+Some states do not allow disclaimers of implied warranties or
+the exclusion or limitation of consequential damages, so the
+above disclaimers and exclusions may not apply to you, and you
+may have other legal rights.
+
+INDEMNITY
+You will indemnify and hold the Project, its directors,
+officers, members and agents harmless from all liability, cost
+and expense, including legal fees, that arise directly or
+indirectly from any of the following that you do or cause:
+[1] distribution of this etext, [2] alteration, modification,
+or addition to the etext, or [3] any Defect.
+
+DISTRIBUTION UNDER "PROJECT GUTENBERG-tm"
+You may distribute copies of this etext electronically, or by
+disk, book or any other medium if you either delete this
+"Small Print!" and all other references to Project Gutenberg,
+or:
+
+[1] Only give exact copies of it. Among other things, this
+ requires that you do not remove, alter or modify the
+ etext or this "small print!" statement. You may however,
+ if you wish, distribute this etext in machine readable
+ binary, compressed, mark-up, or proprietary form,
+ including any form resulting from conversion by word pro-
+ cessing or hypertext software, but only so long as
+ *EITHER*:
+
+ [*] The etext, when displayed, is clearly readable, and
+ does *not* contain characters other than those
+ intended by the author of the work, although tilde
+ (~), asterisk (*) and underline (_) characters may
+ be used to convey punctuation intended by the
+ author, and additional characters may be used to
+ indicate hypertext links; OR
+
+ [*] The etext may be readily converted by the reader at
+ no expense into plain ASCII, EBCDIC or equivalent
+ form by the program that displays the etext (as is
+ the case, for instance, with most word processors);
+ OR
+
+ [*] You provide, or agree to also provide on request at
+ no additional cost, fee or expense, a copy of the
+ etext in its original plain ASCII form (or in EBCDIC
+ or other equivalent proprietary form).
+
+[2] Honor the etext refund and replacement provisions of this
+ "Small Print!" statement.
+
+[3] Pay a trademark license fee to the Project of 20% of the
+ net profits you derive calculated using the method you
+ already use to calculate your applicable taxes. If you
+ don't derive profits, no royalty is due. Royalties are
+ payable to "Project Gutenberg Association/Carnegie-Mellon
+ University" within the 60 days following each
+ date you prepare (or were legally required to prepare)
+ your annual (or equivalent periodic) tax return.
+
+WHAT IF YOU *WANT* TO SEND MONEY EVEN IF YOU DON'T HAVE TO?
+The Project gratefully accepts contributions in money, time,
+scanning machines, OCR software, public domain etexts, royalty
+free copyright licenses, and every other sort of contribution
+you can think of. Money should be paid to "Project Gutenberg
+Association / Carnegie-Mellon University".
+
+*END*THE SMALL PRINT! FOR PUBLIC DOMAIN ETEXTS*Ver.04.29.93*END*
+
+
+
+
+
+Dante's Divine Comedy marks the 1,000th Project Gutenberg Etext.
+We will be presenting this work in a wide variety of formats, in
+both English and Italian, and in translation by Longfellow, Cary
+and possibly more, to include HTML and/or the Italian accents.
+
+WE WOULD ***LOVE*** YOUR ASSISTANCE IN PROOFREADING THESE FILES!
+
+Right now we mostly need help with the Italian and Longfellow, I
+think we may have enough proofers for a first run at the Cary.
+
+We hope to have a decent versions of each one by August 31, 1997
+
+Because these are preliminary versions, they are named xxxxx09.*
+
+Also because they are so preliminary, I have not placed the names
+of the person working on the files in them, as I take my complete
+repsponsibility for all errors that need to be corrected. Credit
+will be completely given when we have the final version ready.
+
+Michael S. Hart
+July 31, 1997
+
+The Italian files with no accents appear as follows:
+
+La Divina Commedia di Dante in Italian, 7-bit text[0ddcd09x.xxx]1000
+Divina Commedia di Dante: Inferno, 7-bit Italian [1ddcd09x.xxx] 999
+Divina Commedia di Dante: Purgatorio 7-bit Italian[2ddcd09x.xxx] 998
+Divina Commedia di Dante: Paradiso, 7-bit Italian [3ddcd09x.xxx] 997
+
+followed by:
+
+La Divina Commedia di Dante in Italian, 8-bit text[0ddc8xxx.xxx]1012
+Divina Commedia di Dante: Inferno [8-bit text] [1ddc8xxx.xxx]1011
+Divina Commedia di Dante: Purgatorio [8-bit text] [2ddc8xxx.xxx]1010
+Divina Commedia di Dante: Paradiso [8-bit text] [3ddc8xxx.xxx]1009
+
+and
+
+H. F. Cary's Translation of Dante, Entire Comedy [0ddccxxx.xxx]1008
+H. F. Cary's T-anslation of Dante, The Inferno [1ddccxxx.xxx]1007
+H. F. Cary's Translation of Dante, Puragorty [2ddccxxx.xxx]1006
+H. F. Cary's Translation of Dante, Paradise [3ddccxxx.xxx]1005
+
+and
+
+Longfellow's Translation of Dante, Entire Comedy [0ddclxxx.xxx]1004
+Longfellow's Translation of Dante, The Inferno [1ddclxxx.xxx]1003
+Longfellow's Translation of Dante, Purgatory [2ddclxxx.xxx]1002
+Longfellow's Translation of Dante Paradise [3ddclxxx.xxx]1001
+
+in what I hope will be a timely manner.
+
+Thank you so much for your cooperation and your patience.
+This will be a LONG month of preparation.
+
+Michael S. Hart
+[hart@pobox.com]
+Project Gutenberg
+Executive Director
+
+
+
+
+
+LA DIVINA COMMEDIA
+
+DI DANTE ALIGHIERI
+
+
+CANTICA III: PARADISO
+
+
+
+
+La Divina Commedia
+di Dante Alighieri
+
+
+
+
+PARADISO
+
+
+
+Paradiso: Canto I
+
+
+La gloria di colui che tutto move
+ per l'universo penetra, e risplende
+ in una parte piu` e meno altrove.
+
+Nel ciel che piu` de la sua luce prende
+ fu' io, e vidi cose che ridire
+ ne' sa ne' puo` chi di la` su` discende;
+
+perche' appressando se' al suo disire,
+ nostro intelletto si profonda tanto,
+ che dietro la memoria non puo` ire.
+
+Veramente quant'io del regno santo
+ ne la mia mente potei far tesoro,
+ sara` ora materia del mio canto.
+
+O buono Appollo, a l'ultimo lavoro
+ fammi del tuo valor si` fatto vaso,
+ come dimandi a dar l'amato alloro.
+
+Infino a qui l'un giogo di Parnaso
+ assai mi fu; ma or con amendue
+ m'e` uopo intrar ne l'aringo rimaso.
+
+Entra nel petto mio, e spira tue
+ si` come quando Marsia traesti
+ de la vagina de le membra sue.
+
+O divina virtu`, se mi ti presti
+ tanto che l'ombra del beato regno
+ segnata nel mio capo io manifesti,
+
+vedra'mi al pie` del tuo diletto legno
+ venire, e coronarmi de le foglie
+ che la materia e tu mi farai degno.
+
+Si` rade volte, padre, se ne coglie
+ per triunfare o cesare o poeta,
+ colpa e vergogna de l'umane voglie,
+
+che parturir letizia in su la lieta
+ delfica deita` dovria la fronda
+ peneia, quando alcun di se' asseta.
+
+Poca favilla gran fiamma seconda:
+ forse di retro a me con miglior voci
+ si preghera` perche' Cirra risponda.
+
+Surge ai mortali per diverse foci
+ la lucerna del mondo; ma da quella
+ che quattro cerchi giugne con tre croci,
+
+con miglior corso e con migliore stella
+ esce congiunta, e la mondana cera
+ piu` a suo modo tempera e suggella.
+
+Fatto avea di la` mane e di qua sera
+ tal foce, e quasi tutto era la` bianco
+ quello emisperio, e l'altra parte nera,
+
+quando Beatrice in sul sinistro fianco
+ vidi rivolta e riguardar nel sole:
+ aquila si` non li s'affisse unquanco.
+
+E si` come secondo raggio suole
+ uscir del primo e risalire in suso,
+ pur come pelegrin che tornar vuole,
+
+cosi` de l'atto suo, per li occhi infuso
+ ne l'imagine mia, il mio si fece,
+ e fissi li occhi al sole oltre nostr'uso.
+
+Molto e` licito la`, che qui non lece
+ a le nostre virtu`, merce' del loco
+ fatto per proprio de l'umana spece.
+
+Io nol soffersi molto, ne' si` poco,
+ ch'io nol vedessi sfavillar dintorno,
+ com'ferro che bogliente esce del foco;
+
+e di subito parve giorno a giorno
+ essere aggiunto, come quei che puote
+ avesse il ciel d'un altro sole addorno.
+
+Beatrice tutta ne l'etterne rote
+ fissa con li occhi stava; e io in lei
+ le luci fissi, di la` su` rimote.
+
+Nel suo aspetto tal dentro mi fei,
+ qual si fe' Glauco nel gustar de l'erba
+ che 'l fe' consorto in mar de li altri dei.
+
+Trasumanar significar per verba
+ non si poria; pero` l'essemplo basti
+ a cui esperienza grazia serba.
+
+S'i' era sol di me quel che creasti
+ novellamente, amor che 'l ciel governi,
+ tu 'l sai, che col tuo lume mi levasti.
+
+Quando la rota che tu sempiterni
+ desiderato, a se' mi fece atteso
+ con l'armonia che temperi e discerni,
+
+parvemi tanto allor del cielo acceso
+ de la fiamma del sol, che pioggia o fiume
+ lago non fece alcun tanto disteso.
+
+La novita` del suono e 'l grande lume
+ di lor cagion m'accesero un disio
+ mai non sentito di cotanto acume.
+
+Ond'ella, che vedea me si` com'io,
+ a quietarmi l'animo commosso,
+ pria ch'io a dimandar, la bocca aprio,
+
+e comincio`: <<Tu stesso ti fai grosso
+ col falso imaginar, si` che non vedi
+ cio` che vedresti se l'avessi scosso.
+
+Tu non se' in terra, si` come tu credi;
+ ma folgore, fuggendo il proprio sito,
+ non corse come tu ch'ad esso riedi>>.
+
+S'io fui del primo dubbio disvestito
+ per le sorrise parolette brevi,
+ dentro ad un nuovo piu` fu' inretito,
+
+e dissi: <<Gia` contento requievi
+ di grande ammirazion; ma ora ammiro
+ com'io trascenda questi corpi levi>>.
+
+Ond'ella, appresso d'un pio sospiro,
+ li occhi drizzo` ver' me con quel sembiante
+ che madre fa sovra figlio deliro,
+
+e comincio`: <<Le cose tutte quante
+ hanno ordine tra loro, e questo e` forma
+ che l'universo a Dio fa simigliante.
+
+Qui veggion l'alte creature l'orma
+ de l'etterno valore, il qual e` fine
+ al quale e` fatta la toccata norma.
+
+Ne l'ordine ch'io dico sono accline
+ tutte nature, per diverse sorti,
+ piu` al principio loro e men vicine;
+
+onde si muovono a diversi porti
+ per lo gran mar de l'essere, e ciascuna
+ con istinto a lei dato che la porti.
+
+Questi ne porta il foco inver' la luna;
+ questi ne' cor mortali e` permotore;
+ questi la terra in se' stringe e aduna;
+
+ne' pur le creature che son fore
+ d'intelligenza quest'arco saetta
+ ma quelle c'hanno intelletto e amore.
+
+La provedenza, che cotanto assetta,
+ del suo lume fa 'l ciel sempre quieto
+ nel qual si volge quel c'ha maggior fretta;
+
+e ora li`, come a sito decreto,
+ cen porta la virtu` di quella corda
+ che cio` che scocca drizza in segno lieto.
+
+Vero e` che, come forma non s'accorda
+ molte fiate a l'intenzion de l'arte,
+ perch'a risponder la materia e` sorda,
+
+cosi` da questo corso si diparte
+ talor la creatura, c'ha podere
+ di piegar, cosi` pinta, in altra parte;
+
+e si` come veder si puo` cadere
+ foco di nube, si` l'impeto primo
+ l'atterra torto da falso piacere.
+
+Non dei piu` ammirar, se bene stimo,
+ lo tuo salir, se non come d'un rivo
+ se d'alto monte scende giuso ad imo.
+
+Maraviglia sarebbe in te se, privo
+ d'impedimento, giu` ti fossi assiso,
+ com'a terra quiete in foco vivo>>.
+
+Quinci rivolse inver' lo cielo il viso.
+
+
+
+Paradiso: Canto II
+
+
+O voi che siete in piccioletta barca,
+ desiderosi d'ascoltar, seguiti
+ dietro al mio legno che cantando varca,
+
+tornate a riveder li vostri liti:
+ non vi mettete in pelago, che' forse,
+ perdendo me, rimarreste smarriti.
+
+L'acqua ch'io prendo gia` mai non si corse;
+ Minerva spira, e conducemi Appollo,
+ e nove Muse mi dimostran l'Orse.
+
+Voialtri pochi che drizzaste il collo
+ per tempo al pan de li angeli, del quale
+ vivesi qui ma non sen vien satollo,
+
+metter potete ben per l'alto sale
+ vostro navigio, servando mio solco
+ dinanzi a l'acqua che ritorna equale.
+
+Que' gloriosi che passaro al Colco
+ non s'ammiraron come voi farete,
+ quando Iason vider fatto bifolco.
+
+La concreata e perpetua sete
+ del deiforme regno cen portava
+ veloci quasi come 'l ciel vedete.
+
+Beatrice in suso, e io in lei guardava;
+ e forse in tanto in quanto un quadrel posa
+ e vola e da la noce si dischiava,
+
+giunto mi vidi ove mirabil cosa
+ mi torse il viso a se'; e pero` quella
+ cui non potea mia cura essere ascosa,
+
+volta ver' me, si` lieta come bella,
+ <<Drizza la mente in Dio grata>>, mi disse,
+ <<che n'ha congiunti con la prima stella>>.
+
+Parev'a me che nube ne coprisse
+ lucida, spessa, solida e pulita,
+ quasi adamante che lo sol ferisse.
+
+Per entro se' l'etterna margarita
+ ne ricevette, com'acqua recepe
+ raggio di luce permanendo unita.
+
+S'io era corpo, e qui non si concepe
+ com'una dimensione altra patio,
+ ch'esser convien se corpo in corpo repe,
+
+accender ne dovria piu` il disio
+ di veder quella essenza in che si vede
+ come nostra natura e Dio s'unio.
+
+Li` si vedra` cio` che tenem per fede,
+ non dimostrato, ma fia per se' noto
+ a guisa del ver primo che l'uom crede.
+
+Io rispuosi: <<Madonna, si` devoto
+ com'esser posso piu`, ringrazio lui
+ lo qual dal mortal mondo m'ha remoto.
+
+Ma ditemi: che son li segni bui
+ di questo corpo, che la` giuso in terra
+ fan di Cain favoleggiare altrui?>>.
+
+Ella sorrise alquanto, e poi <<S'elli erra
+ l'oppinion>>, mi disse, <<d'i mortali
+ dove chiave di senso non diserra,
+
+certo non ti dovrien punger li strali
+ d'ammirazione omai, poi dietro ai sensi
+ vedi che la ragione ha corte l'ali.
+
+Ma dimmi quel che tu da te ne pensi>>.
+ E io: <<Cio` che n'appar qua su` diverso
+ credo che fanno i corpi rari e densi>>.
+
+Ed ella: <<Certo assai vedrai sommerso
+ nel falso il creder tuo, se bene ascolti
+ l'argomentar ch'io li faro` avverso.
+
+La spera ottava vi dimostra molti
+ lumi, li quali e nel quale e nel quanto
+ notar si posson di diversi volti.
+
+Se raro e denso cio` facesser tanto,
+ una sola virtu` sarebbe in tutti,
+ piu` e men distributa e altrettanto.
+
+Virtu` diverse esser convegnon frutti
+ di principi formali, e quei, for ch'uno,
+ seguiterieno a tua ragion distrutti.
+
+Ancor, se raro fosse di quel bruno
+ cagion che tu dimandi, o d'oltre in parte
+ fora di sua materia si` digiuno
+
+esto pianeto, o, si` come comparte
+ lo grasso e 'l magro un corpo, cosi` questo
+ nel suo volume cangerebbe carte.
+
+Se 'l primo fosse, fora manifesto
+ ne l'eclissi del sol per trasparere
+ lo lume come in altro raro ingesto.
+
+Questo non e`: pero` e` da vedere
+ de l'altro; e s'elli avvien ch'io l'altro cassi,
+ falsificato fia lo tuo parere.
+
+S'elli e` che questo raro non trapassi,
+ esser conviene un termine da onde
+ lo suo contrario piu` passar non lassi;
+
+e indi l'altrui raggio si rifonde
+ cosi` come color torna per vetro
+ lo qual di retro a se' piombo nasconde.
+
+Or dirai tu ch'el si dimostra tetro
+ ivi lo raggio piu` che in altre parti,
+ per esser li` refratto piu` a retro.
+
+Da questa instanza puo` deliberarti
+ esperienza, se gia` mai la provi,
+ ch'esser suol fonte ai rivi di vostr'arti.
+
+Tre specchi prenderai; e i due rimovi
+ da te d'un modo, e l'altro, piu` rimosso,
+ tr'ambo li primi li occhi tuoi ritrovi.
+
+Rivolto ad essi, fa che dopo il dosso
+ ti stea un lume che i tre specchi accenda
+ e torni a te da tutti ripercosso.
+
+Ben che nel quanto tanto non si stenda
+ la vista piu` lontana, li` vedrai
+ come convien ch'igualmente risplenda.
+
+Or, come ai colpi de li caldi rai
+ de la neve riman nudo il suggetto
+ e dal colore e dal freddo primai,
+
+cosi` rimaso te ne l'intelletto
+ voglio informar di luce si` vivace,
+ che ti tremolera` nel suo aspetto.
+
+Dentro dal ciel de la divina pace
+ si gira un corpo ne la cui virtute
+ l'esser di tutto suo contento giace.
+
+Lo ciel seguente, c'ha tante vedute,
+ quell'esser parte per diverse essenze,
+ da lui distratte e da lui contenute.
+
+Li altri giron per varie differenze
+ le distinzion che dentro da se' hanno
+ dispongono a lor fini e lor semenze.
+
+Questi organi del mondo cosi` vanno,
+ come tu vedi omai, di grado in grado,
+ che di su` prendono e di sotto fanno.
+
+Riguarda bene omai si` com'io vado
+ per questo loco al vero che disiri,
+ si` che poi sappi sol tener lo guado.
+
+Lo moto e la virtu` d'i santi giri,
+ come dal fabbro l'arte del martello,
+ da' beati motor convien che spiri;
+
+e 'l ciel cui tanti lumi fanno bello,
+ de la mente profonda che lui volve
+ prende l'image e fassene suggello.
+
+E come l'alma dentro a vostra polve
+ per differenti membra e conformate
+ a diverse potenze si risolve,
+
+cosi` l'intelligenza sua bontate
+ multiplicata per le stelle spiega,
+ girando se' sovra sua unitate.
+
+Virtu` diversa fa diversa lega
+ col prezioso corpo ch'ella avviva,
+ nel qual, si` come vita in voi, si lega.
+
+Per la natura lieta onde deriva,
+ la virtu` mista per lo corpo luce
+ come letizia per pupilla viva.
+
+Da essa vien cio` che da luce a luce
+ par differente, non da denso e raro;
+ essa e` formal principio che produce,
+
+conforme a sua bonta`, lo turbo e 'l chiaro>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto III
+
+
+Quel sol che pria d'amor mi scaldo` 'l petto,
+ di bella verita` m'avea scoverto,
+ provando e riprovando, il dolce aspetto;
+
+e io, per confessar corretto e certo
+ me stesso, tanto quanto si convenne
+ leva' il capo a proferer piu` erto;
+
+ma visione apparve che ritenne
+ a se' me tanto stretto, per vedersi,
+ che di mia confession non mi sovvenne.
+
+Quali per vetri trasparenti e tersi,
+ o ver per acque nitide e tranquille,
+ non si` profonde che i fondi sien persi,
+
+tornan d'i nostri visi le postille
+ debili si`, che perla in bianca fronte
+ non vien men forte a le nostre pupille;
+
+tali vid'io piu` facce a parlar pronte;
+ per ch'io dentro a l'error contrario corsi
+ a quel ch'accese amor tra l'omo e 'l fonte.
+
+Subito si` com'io di lor m'accorsi,
+ quelle stimando specchiati sembianti,
+ per veder di cui fosser, li occhi torsi;
+
+e nulla vidi, e ritorsili avanti
+ dritti nel lume de la dolce guida,
+ che, sorridendo, ardea ne li occhi santi.
+
+<<Non ti maravigliar perch'io sorrida>>,
+ mi disse, <<appresso il tuo pueril coto,
+ poi sopra 'l vero ancor lo pie` non fida,
+
+ma te rivolve, come suole, a voto:
+ vere sustanze son cio` che tu vedi,
+ qui rilegate per manco di voto.
+
+Pero` parla con esse e odi e credi;
+ che' la verace luce che li appaga
+ da se' non lascia lor torcer li piedi>>.
+
+E io a l'ombra che parea piu` vaga
+ di ragionar, drizza'mi, e cominciai,
+ quasi com'uom cui troppa voglia smaga:
+
+<<O ben creato spirito, che a' rai
+ di vita etterna la dolcezza senti
+ che, non gustata, non s'intende mai,
+
+grazioso mi fia se mi contenti
+ del nome tuo e de la vostra sorte>>.
+ Ond'ella, pronta e con occhi ridenti:
+
+<<La nostra carita` non serra porte
+ a giusta voglia, se non come quella
+ che vuol simile a se' tutta sua corte.
+
+I' fui nel mondo vergine sorella;
+ e se la mente tua ben se' riguarda,
+ non mi ti celera` l'esser piu` bella,
+
+ma riconoscerai ch'i' son Piccarda,
+ che, posta qui con questi altri beati,
+ beata sono in la spera piu` tarda.
+
+Li nostri affetti, che solo infiammati
+ son nel piacer de lo Spirito Santo,
+ letizian del suo ordine formati.
+
+E questa sorte che par giu` cotanto,
+ pero` n'e` data, perche' fuor negletti
+ li nostri voti, e voti in alcun canto>>.
+
+Ond'io a lei: <<Ne' mirabili aspetti
+ vostri risplende non so che divino
+ che vi trasmuta da' primi concetti:
+
+pero` non fui a rimembrar festino;
+ ma or m'aiuta cio` che tu mi dici,
+ si` che raffigurar m'e` piu` latino.
+
+Ma dimmi: voi che siete qui felici,
+ disiderate voi piu` alto loco
+ per piu` vedere e per piu` farvi amici?>>.
+
+Con quelle altr'ombre pria sorrise un poco;
+ da indi mi rispuose tanto lieta,
+ ch'arder parea d'amor nel primo foco:
+
+<<Frate, la nostra volonta` quieta
+ virtu` di carita`, che fa volerne
+ sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta.
+
+Se disiassimo esser piu` superne,
+ foran discordi li nostri disiri
+ dal voler di colui che qui ne cerne;
+
+che vedrai non capere in questi giri,
+ s'essere in carita` e` qui necesse,
+ e se la sua natura ben rimiri.
+
+Anzi e` formale ad esto beato esse
+ tenersi dentro a la divina voglia,
+ per ch'una fansi nostre voglie stesse;
+
+si` che, come noi sem di soglia in soglia
+ per questo regno, a tutto il regno piace
+ com'a lo re che 'n suo voler ne 'nvoglia.
+
+E 'n la sua volontade e` nostra pace:
+ ell'e` quel mare al qual tutto si move
+ cio` ch'ella cria o che natura face>>.
+
+Chiaro mi fu allor come ogne dove
+ in cielo e` paradiso, etsi la grazia
+ del sommo ben d'un modo non vi piove.
+
+Ma si` com'elli avvien, s'un cibo sazia
+ e d'un altro rimane ancor la gola,
+ che quel si chere e di quel si ringrazia,
+
+cosi` fec'io con atto e con parola,
+ per apprender da lei qual fu la tela
+ onde non trasse infino a co la spuola.
+
+<<Perfetta vita e alto merto inciela
+ donna piu` su`>>, mi disse, <<a la cui norma
+ nel vostro mondo giu` si veste e vela,
+
+perche' fino al morir si vegghi e dorma
+ con quello sposo ch'ogne voto accetta
+ che caritate a suo piacer conforma.
+
+Dal mondo, per seguirla, giovinetta
+ fuggi'mi, e nel suo abito mi chiusi
+ e promisi la via de la sua setta.
+
+Uomini poi, a mal piu` ch'a bene usi,
+ fuor mi rapiron de la dolce chiostra:
+ Iddio si sa qual poi mia vita fusi.
+
+E quest'altro splendor che ti si mostra
+ da la mia destra parte e che s'accende
+ di tutto il lume de la spera nostra,
+
+cio` ch'io dico di me, di se' intende;
+ sorella fu, e cosi` le fu tolta
+ di capo l'ombra de le sacre bende.
+
+Ma poi che pur al mondo fu rivolta
+ contra suo grado e contra buona usanza,
+ non fu dal vel del cor gia` mai disciolta.
+
+Quest'e` la luce de la gran Costanza
+ che del secondo vento di Soave
+ genero` 'l terzo e l'ultima possanza>>.
+
+Cosi` parlommi, e poi comincio` 'Ave,
+ Maria' cantando, e cantando vanio
+ come per acqua cupa cosa grave.
+
+La vista mia, che tanto lei seguio
+ quanto possibil fu, poi che la perse,
+ volsesi al segno di maggior disio,
+
+e a Beatrice tutta si converse;
+ ma quella folgoro` nel mio sguardo
+ si` che da prima il viso non sofferse;
+
+e cio` mi fece a dimandar piu` tardo.
+
+
+
+Paradiso: Canto IV
+
+
+Intra due cibi, distanti e moventi
+ d'un modo, prima si morria di fame,
+ che liber'omo l'un recasse ai denti;
+
+si` si starebbe un agno intra due brame
+ di fieri lupi, igualmente temendo;
+ si` si starebbe un cane intra due dame:
+
+per che, s'i' mi tacea, me non riprendo,
+ da li miei dubbi d'un modo sospinto,
+ poi ch'era necessario, ne' commendo.
+
+Io mi tacea, ma 'l mio disir dipinto
+ m'era nel viso, e 'l dimandar con ello,
+ piu` caldo assai che per parlar distinto.
+
+Fe' si` Beatrice qual fe' Daniello,
+ Nabuccodonosor levando d'ira,
+ che l'avea fatto ingiustamente fello;
+
+e disse: <<Io veggio ben come ti tira
+ uno e altro disio, si` che tua cura
+ se' stessa lega si` che fuor non spira.
+
+Tu argomenti: "Se 'l buon voler dura,
+ la violenza altrui per qual ragione
+ di meritar mi scema la misura?".
+
+Ancor di dubitar ti da` cagione
+ parer tornarsi l'anime a le stelle,
+ secondo la sentenza di Platone.
+
+Queste son le question che nel tuo velle
+ pontano igualmente; e pero` pria
+ trattero` quella che piu` ha di felle.
+
+D'i Serafin colui che piu` s'india,
+ Moise`, Samuel, e quel Giovanni
+ che prender vuoli, io dico, non Maria,
+
+non hanno in altro cielo i loro scanni
+ che questi spirti che mo t'appariro,
+ ne' hanno a l'esser lor piu` o meno anni;
+
+ma tutti fanno bello il primo giro,
+ e differentemente han dolce vita
+ per sentir piu` e men l'etterno spiro.
+
+Qui si mostraro, non perche' sortita
+ sia questa spera lor, ma per far segno
+ de la celestial c'ha men salita.
+
+Cosi` parlar conviensi al vostro ingegno,
+ pero` che solo da sensato apprende
+ cio` che fa poscia d'intelletto degno.
+
+Per questo la Scrittura condescende
+ a vostra facultate, e piedi e mano
+ attribuisce a Dio, e altro intende;
+
+e Santa Chiesa con aspetto umano
+ Gabriel e Michel vi rappresenta,
+ e l'altro che Tobia rifece sano.
+
+Quel che Timeo de l'anime argomenta
+ non e` simile a cio` che qui si vede,
+ pero` che, come dice, par che senta.
+
+Dice che l'alma a la sua stella riede,
+ credendo quella quindi esser decisa
+ quando natura per forma la diede;
+
+e forse sua sentenza e` d'altra guisa
+ che la voce non suona, ed esser puote
+ con intenzion da non esser derisa.
+
+S'elli intende tornare a queste ruote
+ l'onor de la influenza e 'l biasmo, forse
+ in alcun vero suo arco percuote.
+
+Questo principio, male inteso, torse
+ gia` tutto il mondo quasi, si` che Giove,
+ Mercurio e Marte a nominar trascorse.
+
+L'altra dubitazion che ti commove
+ ha men velen, pero` che sua malizia
+ non ti poria menar da me altrove.
+
+Parere ingiusta la nostra giustizia
+ ne li occhi d'i mortali, e` argomento
+ di fede e non d'eretica nequizia.
+
+Ma perche' puote vostro accorgimento
+ ben penetrare a questa veritate,
+ come disiri, ti faro` contento.
+
+Se violenza e` quando quel che pate
+ niente conferisce a quel che sforza,
+ non fuor quest'alme per essa scusate;
+
+che' volonta`, se non vuol, non s'ammorza,
+ ma fa come natura face in foco,
+ se mille volte violenza il torza.
+
+Per che, s'ella si piega assai o poco,
+ segue la forza; e cosi` queste fero
+ possendo rifuggir nel santo loco.
+
+Se fosse stato lor volere intero,
+ come tenne Lorenzo in su la grada,
+ e fece Muzio a la sua man severo,
+
+cosi` l'avria ripinte per la strada
+ ond'eran tratte, come fuoro sciolte;
+ ma cosi` salda voglia e` troppo rada.
+
+E per queste parole, se ricolte
+ l'hai come dei, e` l'argomento casso
+ che t'avria fatto noia ancor piu` volte.
+
+Ma or ti s'attraversa un altro passo
+ dinanzi a li occhi, tal che per te stesso
+ non usciresti: pria saresti lasso.
+
+Io t'ho per certo ne la mente messo
+ ch'alma beata non poria mentire,
+ pero` ch'e` sempre al primo vero appresso;
+
+e poi potesti da Piccarda udire
+ che l'affezion del vel Costanza tenne;
+ si` ch'ella par qui meco contradire.
+
+Molte fiate gia`, frate, addivenne
+ che, per fuggir periglio, contra grato
+ si fe' di quel che far non si convenne;
+
+come Almeone, che, di cio` pregato
+ dal padre suo, la propria madre spense,
+ per non perder pieta`, si fe' spietato.
+
+A questo punto voglio che tu pense
+ che la forza al voler si mischia, e fanno
+ si` che scusar non si posson l'offense.
+
+Voglia assoluta non consente al danno;
+ ma consentevi in tanto in quanto teme,
+ se si ritrae, cadere in piu` affanno.
+
+Pero`, quando Piccarda quello spreme,
+ de la voglia assoluta intende, e io
+ de l'altra; si` che ver diciamo insieme>>.
+
+Cotal fu l'ondeggiar del santo rio
+ ch'usci` del fonte ond'ogne ver deriva;
+ tal puose in pace uno e altro disio.
+
+<<O amanza del primo amante, o diva>>,
+ diss'io appresso, <<il cui parlar m'inonda
+ e scalda si`, che piu` e piu` m'avviva,
+
+non e` l'affezion mia tanto profonda,
+ che basti a render voi grazia per grazia;
+ ma quei che vede e puote a cio` risponda.
+
+Io veggio ben che gia` mai non si sazia
+ nostro intelletto, se 'l ver non lo illustra
+ di fuor dal qual nessun vero si spazia.
+
+Posasi in esso, come fera in lustra,
+ tosto che giunto l'ha; e giugner puollo:
+ se non, ciascun disio sarebbe frustra.
+
+Nasce per quello, a guisa di rampollo,
+ a pie` del vero il dubbio; ed e` natura
+ ch'al sommo pinge noi di collo in collo.
+
+Questo m'invita, questo m'assicura
+ con reverenza, donna, a dimandarvi
+ d'un'altra verita` che m'e` oscura.
+
+Io vo' saper se l'uom puo` sodisfarvi
+ ai voti manchi si` con altri beni,
+ ch'a la vostra statera non sien parvi>>.
+
+Beatrice mi guardo` con li occhi pieni
+ di faville d'amor cosi` divini,
+ che, vinta, mia virtute die` le reni,
+
+e quasi mi perdei con li occhi chini.
+
+
+
+Paradiso: Canto V
+
+
+<<S'io ti fiammeggio nel caldo d'amore
+ di la` dal modo che 'n terra si vede,
+ si` che del viso tuo vinco il valore,
+
+non ti maravigliar; che' cio` procede
+ da perfetto veder, che, come apprende,
+ cosi` nel bene appreso move il piede.
+
+Io veggio ben si` come gia` resplende
+ ne l'intelletto tuo l'etterna luce,
+ che, vista, sola e sempre amore accende;
+
+e s'altra cosa vostro amor seduce,
+ non e` se non di quella alcun vestigio,
+ mal conosciuto, che quivi traluce.
+
+Tu vuo' saper se con altro servigio,
+ per manco voto, si puo` render tanto
+ che l'anima sicuri di letigio>>.
+
+Si` comincio` Beatrice questo canto;
+ e si` com'uom che suo parlar non spezza,
+ continuo` cosi` 'l processo santo:
+
+<<Lo maggior don che Dio per sua larghezza
+ fesse creando, e a la sua bontate
+ piu` conformato, e quel ch'e' piu` apprezza,
+
+fu de la volonta` la libertate;
+ di che le creature intelligenti,
+ e tutte e sole, fuoro e son dotate.
+
+Or ti parra`, se tu quinci argomenti,
+ l'alto valor del voto, s'e` si` fatto
+ che Dio consenta quando tu consenti;
+
+che', nel fermar tra Dio e l'uomo il patto,
+ vittima fassi di questo tesoro,
+ tal quale io dico; e fassi col suo atto.
+
+Dunque che render puossi per ristoro?
+ Se credi bene usar quel c'hai offerto,
+ di maltolletto vuo' far buon lavoro.
+
+Tu se' omai del maggior punto certo;
+ ma perche' Santa Chiesa in cio` dispensa,
+ che par contra lo ver ch'i' t'ho scoverto,
+
+convienti ancor sedere un poco a mensa,
+ pero` che 'l cibo rigido c'hai preso,
+ richiede ancora aiuto a tua dispensa.
+
+Apri la mente a quel ch'io ti paleso
+ e fermalvi entro; che' non fa scienza,
+ sanza lo ritenere, avere inteso.
+
+Due cose si convegnono a l'essenza
+ di questo sacrificio: l'una e` quella
+ di che si fa; l'altr'e` la convenenza.
+
+Quest'ultima gia` mai non si cancella
+ se non servata; e intorno di lei
+ si` preciso di sopra si favella:
+
+pero` necessitato fu a li Ebrei
+ pur l'offerere, ancor ch'alcuna offerta
+ si` permutasse, come saver dei.
+
+L'altra, che per materia t'e` aperta,
+ puote ben esser tal, che non si falla
+ se con altra materia si converta.
+
+Ma non trasmuti carco a la sua spalla
+ per suo arbitrio alcun, sanza la volta
+ e de la chiave bianca e de la gialla;
+
+e ogne permutanza credi stolta,
+ se la cosa dimessa in la sorpresa
+ come 'l quattro nel sei non e` raccolta.
+
+Pero` qualunque cosa tanto pesa
+ per suo valor che tragga ogne bilancia,
+ sodisfar non si puo` con altra spesa.
+
+Non prendan li mortali il voto a ciancia;
+ siate fedeli, e a cio` far non bieci,
+ come Iepte` a la sua prima mancia;
+
+cui piu` si convenia dicer 'Mal feci',
+ che, servando, far peggio; e cosi` stolto
+ ritrovar puoi il gran duca de' Greci,
+
+onde pianse Efigenia il suo bel volto,
+ e fe' pianger di se' i folli e i savi
+ ch'udir parlar di cosi` fatto colto.
+
+Siate, Cristiani, a muovervi piu` gravi:
+ non siate come penna ad ogne vento,
+ e non crediate ch'ogne acqua vi lavi.
+
+Avete il novo e 'l vecchio Testamento,
+ e 'l pastor de la Chiesa che vi guida;
+ questo vi basti a vostro salvamento.
+
+Se mala cupidigia altro vi grida,
+ uomini siate, e non pecore matte,
+ si` che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!
+
+Non fate com'agnel che lascia il latte
+ de la sua madre, e semplice e lascivo
+ seco medesmo a suo piacer combatte!>>.
+
+Cosi` Beatrice a me com'io scrivo;
+ poi si rivolse tutta disiante
+ a quella parte ove 'l mondo e` piu` vivo.
+
+Lo suo tacere e 'l trasmutar sembiante
+ puoser silenzio al mio cupido ingegno,
+ che gia` nuove questioni avea davante;
+
+e si` come saetta che nel segno
+ percuote pria che sia la corda queta,
+ cosi` corremmo nel secondo regno.
+
+Quivi la donna mia vid'io si` lieta,
+ come nel lume di quel ciel si mise,
+ che piu` lucente se ne fe' 'l pianeta.
+
+E se la stella si cambio` e rise,
+ qual mi fec'io che pur da mia natura
+ trasmutabile son per tutte guise!
+
+Come 'n peschiera ch'e` tranquilla e pura
+ traggonsi i pesci a cio` che vien di fori
+ per modo che lo stimin lor pastura,
+
+si` vid'io ben piu` di mille splendori
+ trarsi ver' noi, e in ciascun s'udia:
+ <<Ecco chi crescera` li nostri amori>>.
+
+E si` come ciascuno a noi venia,
+ vedeasi l'ombra piena di letizia
+ nel folgor chiaro che di lei uscia.
+
+Pensa, lettor, se quel che qui s'inizia
+ non procedesse, come tu avresti
+ di piu` savere angosciosa carizia;
+
+e per te vederai come da questi
+ m'era in disio d'udir lor condizioni,
+ si` come a li occhi mi fur manifesti.
+
+<<O bene nato a cui veder li troni
+ del triunfo etternal concede grazia
+ prima che la milizia s'abbandoni,
+
+del lume che per tutto il ciel si spazia
+ noi semo accesi; e pero`, se disii
+ di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia>>.
+
+Cosi` da un di quelli spirti pii
+ detto mi fu; e da Beatrice: <<Di`, di`
+ sicuramente, e credi come a dii>>.
+
+<<Io veggio ben si` come tu t'annidi
+ nel proprio lume, e che de li occhi il traggi,
+ perch'e' corusca si` come tu ridi;
+
+ma non so chi tu se', ne' perche' aggi,
+ anima degna, il grado de la spera
+ che si vela a' mortai con altrui raggi>>.
+
+Questo diss'io diritto alla lumera
+ che pria m'avea parlato; ond'ella fessi
+ lucente piu` assai di quel ch'ell'era.
+
+Si` come il sol che si cela elli stessi
+ per troppa luce, come 'l caldo ha rose
+ le temperanze d'i vapori spessi,
+
+per piu` letizia si` mi si nascose
+ dentro al suo raggio la figura santa;
+ e cosi` chiusa chiusa mi rispuose
+
+nel modo che 'l seguente canto canta.
+
+
+
+Paradiso: Canto VI
+
+
+<<Poscia che Costantin l'aquila volse
+ contr'al corso del ciel, ch'ella seguio
+ dietro a l'antico che Lavina tolse,
+
+cento e cent'anni e piu` l'uccel di Dio
+ ne lo stremo d'Europa si ritenne,
+ vicino a' monti de' quai prima uscio;
+
+e sotto l'ombra de le sacre penne
+ governo` 'l mondo li` di mano in mano,
+ e, si` cangiando, in su la mia pervenne.
+
+Cesare fui e son Iustiniano,
+ che, per voler del primo amor ch'i' sento,
+ d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano.
+
+E prima ch'io a l'ovra fossi attento,
+ una natura in Cristo esser, non piue,
+ credea, e di tal fede era contento;
+
+ma 'l benedetto Agapito, che fue
+ sommo pastore, a la fede sincera
+ mi dirizzo` con le parole sue.
+
+Io li credetti; e cio` che 'n sua fede era,
+ vegg'io or chiaro si`, come tu vedi
+ ogni contradizione e falsa e vera.
+
+Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,
+ a Dio per grazia piacque di spirarmi
+ l'alto lavoro, e tutto 'n lui mi diedi;
+
+e al mio Belisar commendai l'armi,
+ cui la destra del ciel fu si` congiunta,
+ che segno fu ch'i' dovessi posarmi.
+
+Or qui a la question prima s'appunta
+ la mia risposta; ma sua condizione
+ mi stringe a seguitare alcuna giunta,
+
+perche' tu veggi con quanta ragione
+ si move contr'al sacrosanto segno
+ e chi 'l s'appropria e chi a lui s'oppone.
+
+Vedi quanta virtu` l'ha fatto degno
+ di reverenza; e comincio` da l'ora
+ che Pallante mori` per darli regno.
+
+Tu sai ch'el fece in Alba sua dimora
+ per trecento anni e oltre, infino al fine
+ che i tre a' tre pugnar per lui ancora.
+
+E sai ch'el fe' dal mal de le Sabine
+ al dolor di Lucrezia in sette regi,
+ vincendo intorno le genti vicine.
+
+Sai quel ch'el fe' portato da li egregi
+ Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,
+ incontro a li altri principi e collegi;
+
+onde Torquato e Quinzio, che dal cirro
+ negletto fu nomato, i Deci e ' Fabi
+ ebber la fama che volontier mirro.
+
+Esso atterro` l'orgoglio de li Arabi
+ che di retro ad Annibale passaro
+ l'alpestre rocce, Po, di che tu labi.
+
+Sott'esso giovanetti triunfaro
+ Scipione e Pompeo; e a quel colle
+ sotto 'l qual tu nascesti parve amaro.
+
+Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle
+ redur lo mondo a suo modo sereno,
+ Cesare per voler di Roma il tolle.
+
+E quel che fe' da Varo infino a Reno,
+ Isara vide ed Era e vide Senna
+ e ogne valle onde Rodano e` pieno.
+
+Quel che fe' poi ch'elli usci` di Ravenna
+ e salto` Rubicon, fu di tal volo,
+ che nol seguiteria lingua ne' penna.
+
+Inver' la Spagna rivolse lo stuolo,
+ poi ver' Durazzo, e Farsalia percosse
+ si` ch'al Nil caldo si senti` del duolo.
+
+Antandro e Simeonta, onde si mosse,
+ rivide e la` dov'Ettore si cuba;
+ e mal per Tolomeo poscia si scosse.
+
+Da indi scese folgorando a Iuba;
+ onde si volse nel vostro occidente,
+ ove sentia la pompeana tuba.
+
+Di quel che fe' col baiulo seguente,
+ Bruto con Cassio ne l'inferno latra,
+ e Modena e Perugia fu dolente.
+
+Piangene ancor la trista Cleopatra,
+ che, fuggendoli innanzi, dal colubro
+ la morte prese subitana e atra.
+
+Con costui corse infino al lito rubro;
+ con costui puose il mondo in tanta pace,
+ che fu serrato a Giano il suo delubro.
+
+Ma cio` che 'l segno che parlar mi face
+ fatto avea prima e poi era fatturo
+ per lo regno mortal ch'a lui soggiace,
+
+diventa in apparenza poco e scuro,
+ se in mano al terzo Cesare si mira
+ con occhio chiaro e con affetto puro;
+
+che' la viva giustizia che mi spira,
+ li concedette, in mano a quel ch'i' dico,
+ gloria di far vendetta a la sua ira.
+
+Or qui t'ammira in cio` ch'io ti replico:
+ poscia con Tito a far vendetta corse
+ de la vendetta del peccato antico.
+
+E quando il dente longobardo morse
+ la Santa Chiesa, sotto le sue ali
+ Carlo Magno, vincendo, la soccorse.
+
+Omai puoi giudicar di quei cotali
+ ch'io accusai di sopra e di lor falli,
+ che son cagion di tutti vostri mali.
+
+L'uno al pubblico segno i gigli gialli
+ oppone, e l'altro appropria quello a parte,
+ si` ch'e` forte a veder chi piu` si falli.
+
+Faccian li Ghibellin, faccian lor arte
+ sott'altro segno; che' mal segue quello
+ sempre chi la giustizia e lui diparte;
+
+e non l'abbatta esto Carlo novello
+ coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli
+ ch'a piu` alto leon trasser lo vello.
+
+Molte fiate gia` pianser li figli
+ per la colpa del padre, e non si creda
+ che Dio trasmuti l'arme per suoi gigli!
+
+Questa picciola stella si correda
+ di buoni spirti che son stati attivi
+ perche' onore e fama li succeda:
+
+e quando li disiri poggian quivi,
+ si` disviando, pur convien che i raggi
+ del vero amore in su` poggin men vivi.
+
+Ma nel commensurar d'i nostri gaggi
+ col merto e` parte di nostra letizia,
+ perche' non li vedem minor ne' maggi.
+
+Quindi addolcisce la viva giustizia
+ in noi l'affetto si`, che non si puote
+ torcer gia` mai ad alcuna nequizia.
+
+Diverse voci fanno dolci note;
+ cosi` diversi scanni in nostra vita
+ rendon dolce armonia tra queste rote.
+
+E dentro a la presente margarita
+ luce la luce di Romeo, di cui
+ fu l'ovra grande e bella mal gradita.
+
+Ma i Provenzai che fecer contra lui
+ non hanno riso; e pero` mal cammina
+ qual si fa danno del ben fare altrui.
+
+Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina,
+ Ramondo Beringhiere, e cio` li fece
+ Romeo, persona umile e peregrina.
+
+E poi il mosser le parole biece
+ a dimandar ragione a questo giusto,
+ che li assegno` sette e cinque per diece,
+
+indi partissi povero e vetusto;
+ e se 'l mondo sapesse il cor ch'elli ebbe
+ mendicando sua vita a frusto a frusto,
+
+assai lo loda, e piu` lo loderebbe>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto VII
+
+
+<<Osanna, sanctus Deus sabaoth,
+ superillustrans claritate tua
+ felices ignes horum malacoth!>>.
+
+Cosi`, volgendosi a la nota sua,
+ fu viso a me cantare essa sustanza,
+ sopra la qual doppio lume s'addua:
+
+ed essa e l'altre mossero a sua danza,
+ e quasi velocissime faville,
+ mi si velar di subita distanza.
+
+Io dubitava e dicea 'Dille, dille!'
+ fra me, 'dille', dicea, 'a la mia donna
+ che mi diseta con le dolci stille'.
+
+Ma quella reverenza che s'indonna
+ di tutto me, pur per Be e per ice,
+ mi richinava come l'uom ch'assonna.
+
+Poco sofferse me cotal Beatrice
+ e comincio`, raggiandomi d'un riso
+ tal, che nel foco faria l'uom felice:
+
+<<Secondo mio infallibile avviso,
+ come giusta vendetta giustamente
+ punita fosse, t'ha in pensier miso;
+
+ma io ti solvero` tosto la mente;
+ e tu ascolta, che' le mie parole
+ di gran sentenza ti faran presente.
+
+Per non soffrire a la virtu` che vole
+ freno a suo prode, quell'uom che non nacque,
+ dannando se', danno` tutta sua prole;
+
+onde l'umana specie inferma giacque
+ giu` per secoli molti in grande errore,
+ fin ch'al Verbo di Dio discender piacque
+
+u' la natura, che dal suo fattore
+ s'era allungata, uni` a se' in persona
+ con l'atto sol del suo etterno amore.
+
+Or drizza il viso a quel ch'or si ragiona:
+ questa natura al suo fattore unita,
+ qual fu creata, fu sincera e buona;
+
+ma per se' stessa pur fu ella sbandita
+ di paradiso, pero` che si torse
+ da via di verita` e da sua vita.
+
+La pena dunque che la croce porse
+ s'a la natura assunta si misura,
+ nulla gia` mai si` giustamente morse;
+
+e cosi` nulla fu di tanta ingiura,
+ guardando a la persona che sofferse,
+ in che era contratta tal natura.
+
+Pero` d'un atto uscir cose diverse:
+ ch'a Dio e a' Giudei piacque una morte;
+ per lei tremo` la terra e 'l ciel s'aperse.
+
+Non ti dee oramai parer piu` forte,
+ quando si dice che giusta vendetta
+ poscia vengiata fu da giusta corte.
+
+Ma io veggi' or la tua mente ristretta
+ di pensiero in pensier dentro ad un nodo,
+ del qual con gran disio solver s'aspetta.
+
+Tu dici: "Ben discerno cio` ch'i' odo;
+ ma perche' Dio volesse, m'e` occulto,
+ a nostra redenzion pur questo modo".
+
+Questo decreto, frate, sta sepulto
+ a li occhi di ciascuno il cui ingegno
+ ne la fiamma d'amor non e` adulto.
+
+Veramente, pero` ch'a questo segno
+ molto si mira e poco si discerne,
+ diro` perche' tal modo fu piu` degno.
+
+La divina bonta`, che da se' sperne
+ ogne livore, ardendo in se', sfavilla
+ si` che dispiega le bellezze etterne.
+
+Cio` che da lei sanza mezzo distilla
+ non ha poi fine, perche' non si move
+ la sua imprenta quand'ella sigilla.
+
+Cio` che da essa sanza mezzo piove
+ libero e` tutto, perche' non soggiace
+ a la virtute de le cose nove.
+
+Piu` l'e` conforme, e pero` piu` le piace;
+ che' l'ardor santo ch'ogne cosa raggia,
+ ne la piu` somigliante e` piu` vivace.
+
+Di tutte queste dote s'avvantaggia
+ l'umana creatura; e s'una manca,
+ di sua nobilita` convien che caggia.
+
+Solo il peccato e` quel che la disfranca
+ e falla dissimile al sommo bene,
+ per che del lume suo poco s'imbianca;
+
+e in sua dignita` mai non rivene,
+ se non riempie, dove colpa vota,
+ contra mal dilettar con giuste pene.
+
+Vostra natura, quando pecco` tota
+ nel seme suo, da queste dignitadi,
+ come di paradiso, fu remota;
+
+ne' ricovrar potiensi, se tu badi
+ ben sottilmente, per alcuna via,
+ sanza passar per un di questi guadi:
+
+o che Dio solo per sua cortesia
+ dimesso avesse, o che l'uom per se' isso
+ avesse sodisfatto a sua follia.
+
+Ficca mo l'occhio per entro l'abisso
+ de l'etterno consiglio, quanto puoi
+ al mio parlar distrettamente fisso.
+
+Non potea l'uomo ne' termini suoi
+ mai sodisfar, per non potere ir giuso
+ con umiltate obediendo poi,
+
+quanto disobediendo intese ir suso;
+ e questa e` la cagion per che l'uom fue
+ da poter sodisfar per se' dischiuso.
+
+Dunque a Dio convenia con le vie sue
+ riparar l'omo a sua intera vita,
+ dico con l'una, o ver con amendue.
+
+Ma perche' l'ovra tanto e` piu` gradita
+ da l'operante, quanto piu` appresenta
+ de la bonta` del core ond'ell'e` uscita,
+
+la divina bonta` che 'l mondo imprenta,
+ di proceder per tutte le sue vie,
+ a rilevarvi suso, fu contenta.
+
+Ne' tra l'ultima notte e 'l primo die
+ si` alto o si` magnifico processo,
+ o per l'una o per l'altra, fu o fie:
+
+che' piu` largo fu Dio a dar se' stesso
+ per far l'uom sufficiente a rilevarsi,
+ che s'elli avesse sol da se' dimesso;
+
+e tutti li altri modi erano scarsi
+ a la giustizia, se 'l Figliuol di Dio
+ non fosse umiliato ad incarnarsi.
+
+Or per empierti bene ogni disio,
+ ritorno a dichiararti in alcun loco,
+ perche' tu veggi li` cosi` com'io.
+
+Tu dici: "Io veggio l'acqua, io veggio il foco,
+ l'aere e la terra e tutte lor misture
+ venire a corruzione, e durar poco;
+
+e queste cose pur furon creature;
+ per che, se cio` ch'e` detto e` stato vero,
+ esser dovrien da corruzion sicure".
+
+Li angeli, frate, e 'l paese sincero
+ nel qual tu se', dir si posson creati,
+ si` come sono, in loro essere intero;
+
+ma li elementi che tu hai nomati
+ e quelle cose che di lor si fanno
+ da creata virtu` sono informati.
+
+Creata fu la materia ch'elli hanno;
+ creata fu la virtu` informante
+ in queste stelle che 'ntorno a lor vanno.
+
+L'anima d'ogne bruto e de le piante
+ di complession potenziata tira
+ lo raggio e 'l moto de le luci sante;
+
+ma vostra vita sanza mezzo spira
+ la somma beninanza, e la innamora
+ di se' si` che poi sempre la disira.
+
+E quinci puoi argomentare ancora
+ vostra resurrezion, se tu ripensi
+ come l'umana carne fessi allora
+
+che li primi parenti intrambo fensi>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto VIII
+
+
+Solea creder lo mondo in suo periclo
+ che la bella Ciprigna il folle amore
+ raggiasse, volta nel terzo epiciclo;
+
+per che non pur a lei faceano onore
+ di sacrificio e di votivo grido
+ le genti antiche ne l'antico errore;
+
+ma Dione onoravano e Cupido,
+ quella per madre sua, questo per figlio,
+ e dicean ch'el sedette in grembo a Dido;
+
+e da costei ond'io principio piglio
+ pigliavano il vocabol de la stella
+ che 'l sol vagheggia or da coppa or da ciglio.
+
+Io non m'accorsi del salire in ella;
+ ma d'esservi entro mi fe' assai fede
+ la donna mia ch'i' vidi far piu` bella.
+
+E come in fiamma favilla si vede,
+ e come in voce voce si discerne,
+ quand'una e` ferma e altra va e riede,
+
+vid'io in essa luce altre lucerne
+ muoversi in giro piu` e men correnti,
+ al modo, credo, di lor viste interne.
+
+Di fredda nube non disceser venti,
+ o visibili o no, tanto festini,
+ che non paressero impediti e lenti
+
+a chi avesse quei lumi divini
+ veduti a noi venir, lasciando il giro
+ pria cominciato in li alti Serafini;
+
+e dentro a quei che piu` innanzi appariro
+ sonava 'Osanna' si`, che unque poi
+ di riudir non fui sanza disiro.
+
+Indi si fece l'un piu` presso a noi
+ e solo incomincio`: <<Tutti sem presti
+ al tuo piacer, perche' di noi ti gioi.
+
+Noi ci volgiam coi principi celesti
+ d'un giro e d'un girare e d'una sete,
+ ai quali tu del mondo gia` dicesti:
+
+'Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete';
+ e sem si` pien d'amor, che, per piacerti,
+ non fia men dolce un poco di quiete>>.
+
+Poscia che li occhi miei si fuoro offerti
+ a la mia donna reverenti, ed essa
+ fatti li avea di se' contenti e certi,
+
+rivolsersi a la luce che promessa
+ tanto s'avea, e <<Deh, chi siete?>> fue
+ la voce mia di grande affetto impressa.
+
+E quanta e quale vid'io lei far piue
+ per allegrezza nova che s'accrebbe,
+ quando parlai, a l'allegrezze sue!
+
+Cosi` fatta, mi disse: <<Il mondo m'ebbe
+ giu` poco tempo; e se piu` fosse stato,
+ molto sara` di mal, che non sarebbe.
+
+La mia letizia mi ti tien celato
+ che mi raggia dintorno e mi nasconde
+ quasi animal di sua seta fasciato.
+
+Assai m'amasti, e avesti ben onde;
+ che s'io fossi giu` stato, io ti mostrava
+ di mio amor piu` oltre che le fronde.
+
+Quella sinistra riva che si lava
+ di Rodano poi ch'e` misto con Sorga,
+ per suo segnore a tempo m'aspettava,
+
+e quel corno d'Ausonia che s'imborga
+ di Bari e di Gaeta e di Catona
+ da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
+
+Fulgeami gia` in fronte la corona
+ di quella terra che 'l Danubio riga
+ poi che le ripe tedesche abbandona.
+
+E la bella Trinacria, che caliga
+ tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo
+ che riceve da Euro maggior briga,
+
+non per Tifeo ma per nascente solfo,
+ attesi avrebbe li suoi regi ancora,
+ nati per me di Carlo e di Ridolfo,
+
+se mala segnoria, che sempre accora
+ li popoli suggetti, non avesse
+ mosso Palermo a gridar: "Mora, mora!".
+
+E se mio frate questo antivedesse,
+ l'avara poverta` di Catalogna
+ gia` fuggeria, perche' non li offendesse;
+
+che' veramente proveder bisogna
+ per lui, o per altrui, si` ch'a sua barca
+ carcata piu` d'incarco non si pogna.
+
+La sua natura, che di larga parca
+ discese, avria mestier di tal milizia
+ che non curasse di mettere in arca>>.
+
+<<Pero` ch'i' credo che l'alta letizia
+ che 'l tuo parlar m'infonde, segnor mio,
+ la` 've ogne ben si termina e s'inizia,
+
+per te si veggia come la vegg'io,
+ grata m'e` piu`; e anco quest'ho caro
+ perche' 'l discerni rimirando in Dio.
+
+Fatto m'hai lieto, e cosi` mi fa chiaro,
+ poi che, parlando, a dubitar m'hai mosso
+ com'esser puo`, di dolce seme, amaro>>.
+
+Questo io a lui; ed elli a me: <<S'io posso
+ mostrarti un vero, a quel che tu dimandi
+ terrai lo viso come tien lo dosso.
+
+Lo ben che tutto il regno che tu scandi
+ volge e contenta, fa esser virtute
+ sua provedenza in questi corpi grandi.
+
+E non pur le nature provedute
+ sono in la mente ch'e` da se' perfetta,
+ ma esse insieme con la lor salute:
+
+per che quantunque quest'arco saetta
+ disposto cade a proveduto fine,
+ si` come cosa in suo segno diretta.
+
+Se cio` non fosse, il ciel che tu cammine
+ producerebbe si` li suoi effetti,
+ che non sarebbero arti, ma ruine;
+
+e cio` esser non puo`, se li 'ntelletti
+ che muovon queste stelle non son manchi,
+ e manco il primo, che non li ha perfetti.
+
+Vuo' tu che questo ver piu` ti s'imbianchi?>>.
+ E io: <<Non gia`; che' impossibil veggio
+ che la natura, in quel ch'e` uopo, stanchi>>.
+
+Ond'elli ancora: <<Or di': sarebbe il peggio
+ per l'omo in terra, se non fosse cive?>>.
+ <<Si`>>, rispuos'io; <<e qui ragion non cheggio>>.
+
+<<E puot'elli esser, se giu` non si vive
+ diversamente per diversi offici?
+ Non, se 'l maestro vostro ben vi scrive>>.
+
+Si` venne deducendo infino a quici;
+ poscia conchiuse: <<Dunque esser diverse
+ convien di vostri effetti le radici:
+
+per ch'un nasce Solone e altro Serse,
+ altro Melchisedech e altro quello
+ che, volando per l'aere, il figlio perse.
+
+La circular natura, ch'e` suggello
+ a la cera mortal, fa ben sua arte,
+ ma non distingue l'un da l'altro ostello.
+
+Quinci addivien ch'Esau` si diparte
+ per seme da Iacob; e vien Quirino
+ da si` vil padre, che si rende a Marte.
+
+Natura generata il suo cammino
+ simil farebbe sempre a' generanti,
+ se non vincesse il proveder divino.
+
+Or quel che t'era dietro t'e` davanti:
+ ma perche' sappi che di te mi giova,
+ un corollario voglio che t'ammanti.
+
+Sempre natura, se fortuna trova
+ discorde a se', com'ogne altra semente
+ fuor di sua region, fa mala prova.
+
+E se 'l mondo la` giu` ponesse mente
+ al fondamento che natura pone,
+ seguendo lui, avria buona la gente.
+
+Ma voi torcete a la religione
+ tal che fia nato a cignersi la spada,
+ e fate re di tal ch'e` da sermone;
+
+onde la traccia vostra e` fuor di strada>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto IX
+
+
+Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,
+ m'ebbe chiarito, mi narro` li 'nganni
+ che ricever dovea la sua semenza;
+
+ma disse: <<Taci e lascia muover li anni>>;
+ si` ch'io non posso dir se non che pianto
+ giusto verra` di retro ai vostri danni.
+
+E gia` la vita di quel lume santo
+ rivolta s'era al Sol che la riempie
+ come quel ben ch'a ogne cosa e` tanto.
+
+Ahi anime ingannate e fatture empie,
+ che da si` fatto ben torcete i cuori,
+ drizzando in vanita` le vostre tempie!
+
+Ed ecco un altro di quelli splendori
+ ver' me si fece, e 'l suo voler piacermi
+ significava nel chiarir di fori.
+
+Li occhi di Beatrice, ch'eran fermi
+ sovra me, come pria, di caro assenso
+ al mio disio certificato fermi.
+
+<<Deh, metti al mio voler tosto compenso,
+ beato spirto>>, dissi, <<e fammi prova
+ ch'i' possa in te refletter quel ch'io penso!>>.
+
+Onde la luce che m'era ancor nova,
+ del suo profondo, ond'ella pria cantava,
+ seguette come a cui di ben far giova:
+
+<<In quella parte de la terra prava
+ italica che siede tra Rialto
+ e le fontane di Brenta e di Piava,
+
+si leva un colle, e non surge molt'alto,
+ la` onde scese gia` una facella
+ che fece a la contrada un grande assalto.
+
+D'una radice nacqui e io ed ella:
+ Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
+ perche' mi vinse il lume d'esta stella;
+
+ma lietamente a me medesma indulgo
+ la cagion di mia sorte, e non mi noia;
+ che parria forse forte al vostro vulgo.
+
+Di questa luculenta e cara gioia
+ del nostro cielo che piu` m'e` propinqua,
+ grande fama rimase; e pria che moia,
+
+questo centesimo anno ancor s'incinqua:
+ vedi se far si dee l'omo eccellente,
+ si` ch'altra vita la prima relinqua.
+
+E cio` non pensa la turba presente
+ che Tagliamento e Adice richiude,
+ ne' per esser battuta ancor si pente;
+
+ma tosto fia che Padova al palude
+ cangera` l'acqua che Vincenza bagna,
+ per essere al dover le genti crude;
+
+e dove Sile e Cagnan s'accompagna,
+ tal signoreggia e va con la testa alta,
+ che gia` per lui carpir si fa la ragna.
+
+Piangera` Feltro ancora la difalta
+ de l'empio suo pastor, che sara` sconcia
+ si`, che per simil non s'entro` in malta.
+
+Troppo sarebbe larga la bigoncia
+ che ricevesse il sangue ferrarese,
+ e stanco chi 'l pesasse a oncia a oncia,
+
+che donera` questo prete cortese
+ per mostrarsi di parte; e cotai doni
+ conformi fieno al viver del paese.
+
+Su` sono specchi, voi dicete Troni,
+ onde refulge a noi Dio giudicante;
+ si` che questi parlar ne paion buoni>>.
+
+Qui si tacette; e fecemi sembiante
+ che fosse ad altro volta, per la rota
+ in che si mise com'era davante.
+
+L'altra letizia, che m'era gia` nota
+ per cara cosa, mi si fece in vista
+ qual fin balasso in che lo sol percuota.
+
+Per letiziar la` su` fulgor s'acquista,
+ si` come riso qui; ma giu` s'abbuia
+ l'ombra di fuor, come la mente e` trista.
+
+<<Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia>>,
+ diss'io, <<beato spirto, si` che nulla
+ voglia di se' a te puot'esser fuia.
+
+Dunque la voce tua, che 'l ciel trastulla
+ sempre col canto di quei fuochi pii
+ che di sei ali facen la coculla,
+
+perche' non satisface a' miei disii?
+ Gia` non attendere' io tua dimanda,
+ s'io m'intuassi, come tu t'inmii>>.
+
+<<La maggior valle in che l'acqua si spanda>>,
+ incominciaro allor le sue parole,
+ <<fuor di quel mar che la terra inghirlanda,
+
+tra ' discordanti liti contra 'l sole
+ tanto sen va, che fa meridiano
+ la` dove l'orizzonte pria far suole.
+
+Di quella valle fu' io litorano
+ tra Ebro e Macra, che per cammin corto
+ parte lo Genovese dal Toscano.
+
+Ad un occaso quasi e ad un orto
+ Buggea siede e la terra ond'io fui,
+ che fe' del sangue suo gia` caldo il porto.
+
+Folco mi disse quella gente a cui
+ fu noto il nome mio; e questo cielo
+ di me s'imprenta, com'io fe' di lui;
+
+che' piu` non arse la figlia di Belo,
+ noiando e a Sicheo e a Creusa,
+ di me, infin che si convenne al pelo;
+
+ne' quella Rodopea che delusa
+ fu da Demofoonte, ne' Alcide
+ quando Iole nel core ebbe rinchiusa.
+
+Non pero` qui si pente, ma si ride,
+ non de la colpa, ch'a mente non torna,
+ ma del valor ch'ordino` e provide.
+
+Qui si rimira ne l'arte ch'addorna
+ cotanto affetto, e discernesi 'l bene
+ per che 'l mondo di su` quel di giu` torna.
+
+Ma perche' tutte le tue voglie piene
+ ten porti che son nate in questa spera,
+ proceder ancor oltre mi convene.
+
+Tu vuo' saper chi e` in questa lumera
+ che qui appresso me cosi` scintilla,
+ come raggio di sole in acqua mera.
+
+Or sappi che la` entro si tranquilla
+ Raab; e a nostr'ordine congiunta,
+ di lei nel sommo grado si sigilla.
+
+Da questo cielo, in cui l'ombra s'appunta
+ che 'l vostro mondo face, pria ch'altr'alma
+ del triunfo di Cristo fu assunta.
+
+Ben si convenne lei lasciar per palma
+ in alcun cielo de l'alta vittoria
+ che s'acquisto` con l'una e l'altra palma,
+
+perch'ella favoro` la prima gloria
+ di Iosue` in su la Terra Santa,
+ che poco tocca al papa la memoria.
+
+La tua citta`, che di colui e` pianta
+ che pria volse le spalle al suo fattore
+ e di cui e` la 'nvidia tanto pianta,
+
+produce e spande il maladetto fiore
+ c'ha disviate le pecore e li agni,
+ pero` che fatto ha lupo del pastore.
+
+Per questo l'Evangelio e i dottor magni
+ son derelitti, e solo ai Decretali
+ si studia, si` che pare a' lor vivagni.
+
+A questo intende il papa e ' cardinali;
+ non vanno i lor pensieri a Nazarette,
+ la` dove Gabriello aperse l'ali.
+
+Ma Vaticano e l'altre parti elette
+ di Roma che son state cimitero
+ a la milizia che Pietro seguette,
+
+tosto libere fien de l'avoltero>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto X
+
+
+Guardando nel suo Figlio con l'Amore
+ che l'uno e l'altro etternalmente spira,
+ lo primo e ineffabile Valore
+
+quanto per mente e per loco si gira
+ con tant'ordine fe', ch'esser non puote
+ sanza gustar di lui chi cio` rimira.
+
+Leva dunque, lettore, a l'alte rote
+ meco la vista, dritto a quella parte
+ dove l'un moto e l'altro si percuote;
+
+e li` comincia a vagheggiar ne l'arte
+ di quel maestro che dentro a se' l'ama,
+ tanto che mai da lei l'occhio non parte.
+
+Vedi come da indi si dirama
+ l'oblico cerchio che i pianeti porta,
+ per sodisfare al mondo che li chiama.
+
+Che se la strada lor non fosse torta,
+ molta virtu` nel ciel sarebbe in vano,
+ e quasi ogne potenza qua giu` morta;
+
+e se dal dritto piu` o men lontano
+ fosse 'l partire, assai sarebbe manco
+ e giu` e su` de l'ordine mondano.
+
+Or ti riman, lettor, sovra 'l tuo banco,
+ dietro pensando a cio` che si preliba,
+ s'esser vuoi lieto assai prima che stanco.
+
+Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba;
+ che' a se' torce tutta la mia cura
+ quella materia ond'io son fatto scriba.
+
+Lo ministro maggior de la natura,
+ che del valor del ciel lo mondo imprenta
+ e col suo lume il tempo ne misura,
+
+con quella parte che su` si rammenta
+ congiunto, si girava per le spire
+ in che piu` tosto ognora s'appresenta;
+
+e io era con lui; ma del salire
+ non m'accors'io, se non com'uom s'accorge,
+ anzi 'l primo pensier, del suo venire.
+
+E' Beatrice quella che si` scorge
+ di bene in meglio, si` subitamente
+ che l'atto suo per tempo non si sporge.
+
+Quant'esser convenia da se' lucente
+ quel ch'era dentro al sol dov'io entra'mi,
+ non per color, ma per lume parvente!
+
+Perch'io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami,
+ si` nol direi che mai s'imaginasse;
+ ma creder puossi e di veder si brami.
+
+E se le fantasie nostre son basse
+ a tanta altezza, non e` maraviglia;
+ che' sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse.
+
+Tal era quivi la quarta famiglia
+ de l'alto Padre, che sempre la sazia,
+ mostrando come spira e come figlia.
+
+E Beatrice comincio`: <<Ringrazia,
+ ringrazia il Sol de li angeli, ch'a questo
+ sensibil t'ha levato per sua grazia>>.
+
+Cor di mortal non fu mai si` digesto
+ a divozione e a rendersi a Dio
+ con tutto 'l suo gradir cotanto presto,
+
+come a quelle parole mi fec'io;
+ e si` tutto 'l mio amore in lui si mise,
+ che Beatrice eclisso` ne l'oblio.
+
+Non le dispiacque; ma si` se ne rise,
+ che lo splendor de li occhi suoi ridenti
+ mia mente unita in piu` cose divise.
+
+Io vidi piu` folgor vivi e vincenti
+ far di noi centro e di se' far corona,
+ piu` dolci in voce che in vista lucenti:
+
+cosi` cinger la figlia di Latona
+ vedem talvolta, quando l'aere e` pregno,
+ si` che ritenga il fil che fa la zona.
+
+Ne la corte del cielo, ond'io rivegno,
+ si trovan molte gioie care e belle
+ tanto che non si posson trar del regno;
+
+e 'l canto di quei lumi era di quelle;
+ chi non s'impenna si` che la` su` voli,
+ dal muto aspetti quindi le novelle.
+
+Poi, si` cantando, quelli ardenti soli
+ si fuor girati intorno a noi tre volte,
+ come stelle vicine a' fermi poli,
+
+donne mi parver, non da ballo sciolte,
+ ma che s'arrestin tacite, ascoltando
+ fin che le nove note hanno ricolte.
+
+E dentro a l'un senti' cominciar: <<Quando
+ lo raggio de la grazia, onde s'accende
+ verace amore e che poi cresce amando,
+
+multiplicato in te tanto resplende,
+ che ti conduce su per quella scala
+ u' sanza risalir nessun discende;
+
+qual ti negasse il vin de la sua fiala
+ per la tua sete, in liberta` non fora
+ se non com'acqua ch'al mar non si cala.
+
+Tu vuo' saper di quai piante s'infiora
+ questa ghirlanda che 'ntorno vagheggia
+ la bella donna ch'al ciel t'avvalora.
+
+Io fui de li agni de la santa greggia
+ che Domenico mena per cammino
+ u' ben s'impingua se non si vaneggia.
+
+Questi che m'e` a destra piu` vicino,
+ frate e maestro fummi, ed esso Alberto
+ e` di Cologna, e io Thomas d'Aquino.
+
+Se si` di tutti li altri esser vuo' certo,
+ di retro al mio parlar ten vien col viso
+ girando su per lo beato serto.
+
+Quell'altro fiammeggiare esce del riso
+ di Grazian, che l'uno e l'altro foro
+ aiuto` si` che piace in paradiso.
+
+L'altro ch'appresso addorna il nostro coro,
+ quel Pietro fu che con la poverella
+ offerse a Santa Chiesa suo tesoro.
+
+La quinta luce, ch'e` tra noi piu` bella,
+ spira di tal amor, che tutto 'l mondo
+ la` giu` ne gola di saper novella:
+
+entro v'e` l'alta mente u' si` profondo
+ saver fu messo, che, se 'l vero e` vero
+ a veder tanto non surse il secondo.
+
+Appresso vedi il lume di quel cero
+ che giu` in carne piu` a dentro vide
+ l'angelica natura e 'l ministero.
+
+Ne l'altra piccioletta luce ride
+ quello avvocato de' tempi cristiani
+ del cui latino Augustin si provide.
+
+Or se tu l'occhio de la mente trani
+ di luce in luce dietro a le mie lode,
+ gia` de l'ottava con sete rimani.
+
+Per vedere ogni ben dentro vi gode
+ l'anima santa che 'l mondo fallace
+ fa manifesto a chi di lei ben ode.
+
+Lo corpo ond'ella fu cacciata giace
+ giuso in Cieldauro; ed essa da martiro
+ e da essilio venne a questa pace.
+
+Vedi oltre fiammeggiar l'ardente spiro
+ d'Isidoro, di Beda e di Riccardo,
+ che a considerar fu piu` che viro.
+
+Questi onde a me ritorna il tuo riguardo,
+ e` 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri
+ gravi a morir li parve venir tardo:
+
+essa e` la luce etterna di Sigieri,
+ che, leggendo nel Vico de li Strami,
+ silogizzo` invidiosi veri>>.
+
+Indi, come orologio che ne chiami
+ ne l'ora che la sposa di Dio surge
+ a mattinar lo sposo perche' l'ami,
+
+che l'una parte e l'altra tira e urge,
+ tin tin sonando con si` dolce nota,
+ che 'l ben disposto spirto d'amor turge;
+
+cosi` vid'io la gloriosa rota
+ muoversi e render voce a voce in tempra
+ e in dolcezza ch'esser non po` nota
+
+se non cola` dove gioir s'insempra.
+
+
+
+Paradiso: Canto XI
+
+
+O insensata cura de' mortali,
+ quanto son difettivi silogismi
+ quei che ti fanno in basso batter l'ali!
+
+Chi dietro a iura, e chi ad amforismi
+ sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
+ e chi regnar per forza o per sofismi,
+
+e chi rubare, e chi civil negozio,
+ chi nel diletto de la carne involto
+ s'affaticava e chi si dava a l'ozio,
+
+quando, da tutte queste cose sciolto,
+ con Beatrice m'era suso in cielo
+ cotanto gloriosamente accolto.
+
+Poi che ciascuno fu tornato ne lo
+ punto del cerchio in che avanti s'era,
+ fermossi, come a candellier candelo.
+
+E io senti' dentro a quella lumera
+ che pria m'avea parlato, sorridendo
+ incominciar, faccendosi piu` mera:
+
+<<Cosi` com'io del suo raggio resplendo,
+ si`, riguardando ne la luce etterna,
+ li tuoi pensieri onde cagioni apprendo.
+
+Tu dubbi, e hai voler che si ricerna
+ in si` aperta e 'n si` distesa lingua
+ lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna,
+
+ove dinanzi dissi "U' ben s'impingua",
+ e la` u' dissi "Non nacque il secondo";
+ e qui e` uopo che ben si distingua.
+
+La provedenza, che governa il mondo
+ con quel consiglio nel quale ogne aspetto
+ creato e` vinto pria che vada al fondo,
+
+pero` che andasse ver' lo suo diletto
+ la sposa di colui ch'ad alte grida
+ disposo` lei col sangue benedetto,
+
+in se' sicura e anche a lui piu` fida,
+ due principi ordino` in suo favore,
+ che quinci e quindi le fosser per guida.
+
+L'un fu tutto serafico in ardore;
+ l'altro per sapienza in terra fue
+ di cherubica luce uno splendore.
+
+De l'un diro`, pero` che d'amendue
+ si dice l'un pregiando, qual ch'om prende,
+ perch'ad un fine fur l'opere sue.
+
+Intra Tupino e l'acqua che discende
+ del colle eletto dal beato Ubaldo,
+ fertile costa d'alto monte pende,
+
+onde Perugia sente freddo e caldo
+ da Porta Sole; e di rietro le piange
+ per grave giogo Nocera con Gualdo.
+
+Di questa costa, la` dov'ella frange
+ piu` sua rattezza, nacque al mondo un sole,
+ come fa questo tal volta di Gange.
+
+Pero` chi d'esso loco fa parole,
+ non dica Ascesi, che' direbbe corto,
+ ma Oriente, se proprio dir vuole.
+
+Non era ancor molto lontan da l'orto,
+ ch'el comincio` a far sentir la terra
+ de la sua gran virtute alcun conforto;
+
+che' per tal donna, giovinetto, in guerra
+ del padre corse, a cui, come a la morte,
+ la porta del piacer nessun diserra;
+
+e dinanzi a la sua spirital corte
+ et coram patre le si fece unito;
+ poscia di di` in di` l'amo` piu` forte.
+
+Questa, privata del primo marito,
+ millecent'anni e piu` dispetta e scura
+ fino a costui si stette sanza invito;
+
+ne' valse udir che la trovo` sicura
+ con Amiclate, al suon de la sua voce,
+ colui ch'a tutto 'l mondo fe' paura;
+
+ne' valse esser costante ne' feroce,
+ si` che, dove Maria rimase giuso,
+ ella con Cristo pianse in su la croce.
+
+Ma perch'io non proceda troppo chiuso,
+ Francesco e Poverta` per questi amanti
+ prendi oramai nel mio parlar diffuso.
+
+La lor concordia e i lor lieti sembianti,
+ amore e maraviglia e dolce sguardo
+ facieno esser cagion di pensier santi;
+
+tanto che 'l venerabile Bernardo
+ si scalzo` prima, e dietro a tanta pace
+ corse e, correndo, li parve esser tardo.
+
+Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!
+ Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
+ dietro a lo sposo, si` la sposa piace.
+
+Indi sen va quel padre e quel maestro
+ con la sua donna e con quella famiglia
+ che gia` legava l'umile capestro.
+
+Ne' li gravo` vilta` di cuor le ciglia
+ per esser fi' di Pietro Bernardone,
+ ne' per parer dispetto a maraviglia;
+
+ma regalmente sua dura intenzione
+ ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
+ primo sigillo a sua religione.
+
+Poi che la gente poverella crebbe
+ dietro a costui, la cui mirabil vita
+ meglio in gloria del ciel si canterebbe,
+
+di seconda corona redimita
+ fu per Onorio da l'Etterno Spiro
+ la santa voglia d'esto archimandrita.
+
+E poi che, per la sete del martiro,
+ ne la presenza del Soldan superba
+ predico` Cristo e li altri che 'l seguiro,
+
+e per trovare a conversione acerba
+ troppo la gente e per non stare indarno,
+ redissi al frutto de l'italica erba,
+
+nel crudo sasso intra Tevero e Arno
+ da Cristo prese l'ultimo sigillo,
+ che le sue membra due anni portarno.
+
+Quando a colui ch'a tanto ben sortillo
+ piacque di trarlo suso a la mercede
+ ch'el merito` nel suo farsi pusillo,
+
+a' frati suoi, si` com'a giuste rede,
+ raccomando` la donna sua piu` cara,
+ e comando` che l'amassero a fede;
+
+e del suo grembo l'anima preclara
+ mover si volle, tornando al suo regno,
+ e al suo corpo non volle altra bara.
+
+Pensa oramai qual fu colui che degno
+ collega fu a mantener la barca
+ di Pietro in alto mar per dritto segno;
+
+e questo fu il nostro patriarca;
+ per che qual segue lui, com'el comanda,
+ discerner puoi che buone merce carca.
+
+Ma 'l suo pecuglio di nova vivanda
+ e` fatto ghiotto, si` ch'esser non puote
+ che per diversi salti non si spanda;
+
+e quanto le sue pecore remote
+ e vagabunde piu` da esso vanno,
+ piu` tornano a l'ovil di latte vote.
+
+Ben son di quelle che temono 'l danno
+ e stringonsi al pastor; ma son si` poche,
+ che le cappe fornisce poco panno.
+
+Or, se le mie parole non son fioche,
+ se la tua audienza e` stata attenta,
+ se cio` ch'e` detto a la mente revoche,
+
+in parte fia la tua voglia contenta,
+ perche' vedrai la pianta onde si scheggia,
+ e vedra' il corregger che argomenta
+
+"U' ben s'impingua, se non si vaneggia">>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XII
+
+
+Si` tosto come l'ultima parola
+ la benedetta fiamma per dir tolse,
+ a rotar comincio` la santa mola;
+
+e nel suo giro tutta non si volse
+ prima ch'un'altra di cerchio la chiuse,
+ e moto a moto e canto a canto colse;
+
+canto che tanto vince nostre muse,
+ nostre serene in quelle dolci tube,
+ quanto primo splendor quel ch'e' refuse.
+
+Come si volgon per tenera nube
+ due archi paralelli e concolori,
+ quando Iunone a sua ancella iube,
+
+nascendo di quel d'entro quel di fori,
+ a guisa del parlar di quella vaga
+ ch'amor consunse come sol vapori;
+
+e fanno qui la gente esser presaga,
+ per lo patto che Dio con Noe` puose,
+ del mondo che gia` mai piu` non s'allaga:
+
+cosi` di quelle sempiterne rose
+ volgiensi circa noi le due ghirlande,
+ e si` l'estrema a l'intima rispuose.
+
+Poi che 'l tripudio e l'altra festa grande,
+ si` del cantare e si` del fiammeggiarsi
+ luce con luce gaudiose e blande,
+
+insieme a punto e a voler quetarsi,
+ pur come li occhi ch'al piacer che i move
+ conviene insieme chiudere e levarsi;
+
+del cor de l'una de le luci nove
+ si mosse voce, che l'ago a la stella
+ parer mi fece in volgermi al suo dove;
+
+e comincio`: <<L'amor che mi fa bella
+ mi tragge a ragionar de l'altro duca
+ per cui del mio si` ben ci si favella.
+
+Degno e` che, dov'e` l'un, l'altro s'induca:
+ si` che, com'elli ad una militaro,
+ cosi` la gloria loro insieme luca.
+
+L'essercito di Cristo, che si` caro
+ costo` a riarmar, dietro a la 'nsegna
+ si movea tardo, sospeccioso e raro,
+
+quando lo 'mperador che sempre regna
+ provide a la milizia, ch'era in forse,
+ per sola grazia, non per esser degna;
+
+e, come e` detto, a sua sposa soccorse
+ con due campioni, al cui fare, al cui dire
+ lo popol disviato si raccorse.
+
+In quella parte ove surge ad aprire
+ Zefiro dolce le novelle fronde
+ di che si vede Europa rivestire,
+
+non molto lungi al percuoter de l'onde
+ dietro a le quali, per la lunga foga,
+ lo sol talvolta ad ogne uom si nasconde,
+
+siede la fortunata Calaroga
+ sotto la protezion del grande scudo
+ in che soggiace il leone e soggioga:
+
+dentro vi nacque l'amoroso drudo
+ de la fede cristiana, il santo atleta
+ benigno a' suoi e a' nemici crudo;
+
+e come fu creata, fu repleta
+ si` la sua mente di viva vertute,
+ che, ne la madre, lei fece profeta.
+
+Poi che le sponsalizie fuor compiute
+ al sacro fonte intra lui e la Fede,
+ u' si dotar di mutua salute,
+
+la donna che per lui l'assenso diede,
+ vide nel sonno il mirabile frutto
+ ch'uscir dovea di lui e de le rede;
+
+e perche' fosse qual era in costrutto,
+ quinci si mosse spirito a nomarlo
+ del possessivo di cui era tutto.
+
+Domenico fu detto; e io ne parlo
+ si` come de l'agricola che Cristo
+ elesse a l'orto suo per aiutarlo.
+
+Ben parve messo e famigliar di Cristo:
+ che 'l primo amor che 'n lui fu manifesto,
+ fu al primo consiglio che die` Cristo.
+
+Spesse fiate fu tacito e desto
+ trovato in terra da la sua nutrice,
+ come dicesse: 'Io son venuto a questo'.
+
+Oh padre suo veramente Felice!
+ oh madre sua veramente Giovanna,
+ se, interpretata, val come si dice!
+
+Non per lo mondo, per cui mo s'affanna
+ di retro ad Ostiense e a Taddeo,
+ ma per amor de la verace manna
+
+in picciol tempo gran dottor si feo;
+ tal che si mise a circuir la vigna
+ che tosto imbianca, se 'l vignaio e` reo.
+
+E a la sedia che fu gia` benigna
+ piu` a' poveri giusti, non per lei,
+ ma per colui che siede, che traligna,
+
+non dispensare o due o tre per sei,
+ non la fortuna di prima vacante,
+ non decimas, quae sunt pauperum Dei,
+
+addimando`, ma contro al mondo errante
+ licenza di combatter per lo seme
+ del qual ti fascian ventiquattro piante.
+
+Poi, con dottrina e con volere insieme,
+ con l'officio appostolico si mosse
+ quasi torrente ch'alta vena preme;
+
+e ne li sterpi eretici percosse
+ l'impeto suo, piu` vivamente quivi
+ dove le resistenze eran piu` grosse.
+
+Di lui si fecer poi diversi rivi
+ onde l'orto catolico si riga,
+ si` che i suoi arbuscelli stan piu` vivi.
+
+Se tal fu l'una rota de la biga
+ in che la Santa Chiesa si difese
+ e vinse in campo la sua civil briga,
+
+ben ti dovrebbe assai esser palese
+ l'eccellenza de l'altra, di cui Tomma
+ dinanzi al mio venir fu si` cortese.
+
+Ma l'orbita che fe' la parte somma
+ di sua circunferenza, e` derelitta,
+ si` ch'e` la muffa dov'era la gromma.
+
+La sua famiglia, che si mosse dritta
+ coi piedi a le sue orme, e` tanto volta,
+ che quel dinanzi a quel di retro gitta;
+
+e tosto si vedra` de la ricolta
+ de la mala coltura, quando il loglio
+ si lagnera` che l'arca li sia tolta.
+
+Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio
+ nostro volume, ancor troveria carta
+ u' leggerebbe "I' mi son quel ch'i' soglio";
+
+ma non fia da Casal ne' d'Acquasparta,
+ la` onde vegnon tali a la scrittura,
+ ch'uno la fugge e altro la coarta.
+
+Io son la vita di Bonaventura
+ da Bagnoregio, che ne' grandi offici
+ sempre pospuosi la sinistra cura.
+
+Illuminato e Augustin son quici,
+ che fuor de' primi scalzi poverelli
+ che nel capestro a Dio si fero amici.
+
+Ugo da San Vittore e` qui con elli,
+ e Pietro Mangiadore e Pietro Spano,
+ lo qual giu` luce in dodici libelli;
+
+Natan profeta e 'l metropolitano
+ Crisostomo e Anselmo e quel Donato
+ ch'a la prim'arte degno` porre mano.
+
+Rabano e` qui, e lucemi dallato
+ il calavrese abate Giovacchino,
+ di spirito profetico dotato.
+
+Ad inveggiar cotanto paladino
+ mi mosse l'infiammata cortesia
+ di fra Tommaso e 'l discreto latino;
+
+e mosse meco questa compagnia>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XIII
+
+
+Imagini, chi bene intender cupe
+ quel ch'i' or vidi - e ritegna l'image,
+ mentre ch'io dico, come ferma rupe -,
+
+quindici stelle che 'n diverse plage
+ lo ciel avvivan di tanto sereno
+ che soperchia de l'aere ogne compage;
+
+imagini quel carro a cu' il seno
+ basta del nostro cielo e notte e giorno,
+ si` ch'al volger del temo non vien meno;
+
+imagini la bocca di quel corno
+ che si comincia in punta de lo stelo
+ a cui la prima rota va dintorno,
+
+aver fatto di se' due segni in cielo,
+ qual fece la figliuola di Minoi
+ allora che senti` di morte il gelo;
+
+e l'un ne l'altro aver li raggi suoi,
+ e amendue girarsi per maniera
+ che l'uno andasse al primo e l'altro al poi;
+
+e avra` quasi l'ombra de la vera
+ costellazione e de la doppia danza
+ che circulava il punto dov'io era:
+
+poi ch'e` tanto di la` da nostra usanza,
+ quanto di la` dal mover de la Chiana
+ si move il ciel che tutti li altri avanza.
+
+Li` si canto` non Bacco, non Peana,
+ ma tre persone in divina natura,
+ e in una persona essa e l'umana.
+
+Compie' 'l cantare e 'l volger sua misura;
+ e attesersi a noi quei santi lumi,
+ felicitando se' di cura in cura.
+
+Ruppe il silenzio ne' concordi numi
+ poscia la luce in che mirabil vita
+ del poverel di Dio narrata fumi,
+
+e disse: <<Quando l'una paglia e` trita,
+ quando la sua semenza e` gia` riposta,
+ a batter l'altra dolce amor m'invita.
+
+Tu credi che nel petto onde la costa
+ si trasse per formar la bella guancia
+ il cui palato a tutto 'l mondo costa,
+
+e in quel che, forato da la lancia,
+ e prima e poscia tanto sodisfece,
+ che d'ogne colpa vince la bilancia,
+
+quantunque a la natura umana lece
+ aver di lume, tutto fosse infuso
+ da quel valor che l'uno e l'altro fece;
+
+e pero` miri a cio` ch'io dissi suso,
+ quando narrai che non ebbe 'l secondo
+ lo ben che ne la quinta luce e` chiuso.
+
+Or apri li occhi a quel ch'io ti rispondo,
+ e vedrai il tuo credere e 'l mio dire
+ nel vero farsi come centro in tondo.
+
+Cio` che non more e cio` che puo` morire
+ non e` se non splendor di quella idea
+ che partorisce, amando, il nostro Sire;
+
+che' quella viva luce che si` mea
+ dal suo lucente, che non si disuna
+ da lui ne' da l'amor ch'a lor s'intrea,
+
+per sua bontate il suo raggiare aduna,
+ quasi specchiato, in nove sussistenze,
+ etternalmente rimanendosi una.
+
+Quindi discende a l'ultime potenze
+ giu` d'atto in atto, tanto divenendo,
+ che piu` non fa che brevi contingenze;
+
+e queste contingenze essere intendo
+ le cose generate, che produce
+ con seme e sanza seme il ciel movendo.
+
+La cera di costoro e chi la duce
+ non sta d'un modo; e pero` sotto 'l segno
+ ideale poi piu` e men traluce.
+
+Ond'elli avvien ch'un medesimo legno,
+ secondo specie, meglio e peggio frutta;
+ e voi nascete con diverso ingegno.
+
+Se fosse a punto la cera dedutta
+ e fosse il cielo in sua virtu` supprema,
+ la luce del suggel parrebbe tutta;
+
+ma la natura la da` sempre scema,
+ similemente operando a l'artista
+ ch'a l'abito de l'arte ha man che trema.
+
+Pero` se 'l caldo amor la chiara vista
+ de la prima virtu` dispone e segna,
+ tutta la perfezion quivi s'acquista.
+
+Cosi` fu fatta gia` la terra degna
+ di tutta l'animal perfezione;
+ cosi` fu fatta la Vergine pregna;
+
+si` ch'io commendo tua oppinione,
+ che l'umana natura mai non fue
+ ne' fia qual fu in quelle due persone.
+
+Or s'i' non procedesse avanti piue,
+ 'Dunque, come costui fu sanza pare?'
+ comincerebber le parole tue.
+
+Ma perche' paia ben cio` che non pare,
+ pensa chi era, e la cagion che 'l mosse,
+ quando fu detto "Chiedi", a dimandare.
+
+Non ho parlato si`, che tu non posse
+ ben veder ch'el fu re, che chiese senno
+ accio` che re sufficiente fosse;
+
+non per sapere il numero in che enno
+ li motor di qua su`, o se necesse
+ con contingente mai necesse fenno;
+
+non si est dare primum motum esse,
+ o se del mezzo cerchio far si puote
+ triangol si` ch'un retto non avesse.
+
+Onde, se cio` ch'io dissi e questo note,
+ regal prudenza e` quel vedere impari
+ in che lo stral di mia intenzion percuote;
+
+e se al "surse" drizzi li occhi chiari,
+ vedrai aver solamente respetto
+ ai regi, che son molti, e ' buon son rari.
+
+Con questa distinzion prendi 'l mio detto;
+ e cosi` puote star con quel che credi
+ del primo padre e del nostro Diletto.
+
+E questo ti sia sempre piombo a' piedi,
+ per farti mover lento com'uom lasso
+ e al si` e al no che tu non vedi:
+
+che' quelli e` tra li stolti bene a basso,
+ che sanza distinzione afferma e nega
+ ne l'un cosi` come ne l'altro passo;
+
+perch'elli 'ncontra che piu` volte piega
+ l'oppinion corrente in falsa parte,
+ e poi l'affetto l'intelletto lega.
+
+Vie piu` che 'ndarno da riva si parte,
+ perche' non torna tal qual e' si move,
+ chi pesca per lo vero e non ha l'arte.
+
+E di cio` sono al mondo aperte prove
+ Parmenide, Melisso e Brisso e molti,
+ li quali andaro e non sapean dove;
+
+si` fe' Sabellio e Arrio e quelli stolti
+ che furon come spade a le Scritture
+ in render torti li diritti volti.
+
+Non sien le genti, ancor, troppo sicure
+ a giudicar, si` come quei che stima
+ le biade in campo pria che sien mature;
+
+ch'i' ho veduto tutto 'l verno prima
+ lo prun mostrarsi rigido e feroce;
+ poscia portar la rosa in su la cima;
+
+e legno vidi gia` dritto e veloce
+ correr lo mar per tutto suo cammino,
+ perire al fine a l'intrar de la foce.
+
+Non creda donna Berta e ser Martino,
+ per vedere un furare, altro offerere,
+ vederli dentro al consiglio divino;
+
+che' quel puo` surgere, e quel puo` cadere>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XIV
+
+
+Dal centro al cerchio, e si` dal cerchio al centro
+ movesi l'acqua in un ritondo vaso,
+ secondo ch'e` percosso fuori o dentro:
+
+ne la mia mente fe' subito caso
+ questo ch'io dico, si` come si tacque
+ la gloriosa vita di Tommaso,
+
+per la similitudine che nacque
+ del suo parlare e di quel di Beatrice,
+ a cui si` cominciar, dopo lui, piacque:
+
+<<A costui fa mestieri, e nol vi dice
+ ne' con la voce ne' pensando ancora,
+ d'un altro vero andare a la radice.
+
+Diteli se la luce onde s'infiora
+ vostra sustanza, rimarra` con voi
+ etternalmente si` com'ell'e` ora;
+
+e se rimane, dite come, poi
+ che sarete visibili rifatti,
+ esser pora` ch'al veder non vi noi>>.
+
+Come, da piu` letizia pinti e tratti,
+ a la fiata quei che vanno a rota
+ levan la voce e rallegrano li atti,
+
+cosi`, a l'orazion pronta e divota,
+ li santi cerchi mostrar nova gioia
+ nel torneare e ne la mira nota.
+
+Qual si lamenta perche' qui si moia
+ per viver cola` su`, non vide quive
+ lo refrigerio de l'etterna ploia.
+
+Quell'uno e due e tre che sempre vive
+ e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno,
+ non circunscritto, e tutto circunscrive,
+
+tre volte era cantato da ciascuno
+ di quelli spirti con tal melodia,
+ ch'ad ogne merto saria giusto muno.
+
+E io udi' ne la luce piu` dia
+ del minor cerchio una voce modesta,
+ forse qual fu da l'angelo a Maria,
+
+risponder: <<Quanto fia lunga la festa
+ di paradiso, tanto il nostro amore
+ si raggera` dintorno cotal vesta.
+
+La sua chiarezza seguita l'ardore;
+ l'ardor la visione, e quella e` tanta,
+ quant'ha di grazia sovra suo valore.
+
+Come la carne gloriosa e santa
+ fia rivestita, la nostra persona
+ piu` grata fia per esser tutta quanta;
+
+per che s'accrescera` cio` che ne dona
+ di gratuito lume il sommo bene,
+ lume ch'a lui veder ne condiziona;
+
+onde la vision crescer convene,
+ crescer l'ardor che di quella s'accende,
+ crescer lo raggio che da esso vene.
+
+Ma si` come carbon che fiamma rende,
+ e per vivo candor quella soverchia,
+ si` che la sua parvenza si difende;
+
+cosi` questo folgor che gia` ne cerchia
+ fia vinto in apparenza da la carne
+ che tutto di` la terra ricoperchia;
+
+ne' potra` tanta luce affaticarne:
+ che' li organi del corpo saran forti
+ a tutto cio` che potra` dilettarne>>.
+
+Tanto mi parver subiti e accorti
+ e l'uno e l'altro coro a dicer <<Amme!>>,
+ che ben mostrar disio d'i corpi morti:
+
+forse non pur per lor, ma per le mamme,
+ per li padri e per li altri che fuor cari
+ anzi che fosser sempiterne fiamme.
+
+Ed ecco intorno, di chiarezza pari,
+ nascere un lustro sopra quel che v'era,
+ per guisa d'orizzonte che rischiari.
+
+E si` come al salir di prima sera
+ comincian per lo ciel nove parvenze,
+ si` che la vista pare e non par vera,
+
+parvemi li` novelle sussistenze
+ cominciare a vedere, e fare un giro
+ di fuor da l'altre due circunferenze.
+
+Oh vero sfavillar del Santo Spiro!
+ come si fece subito e candente
+ a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!
+
+Ma Beatrice si` bella e ridente
+ mi si mostro`, che tra quelle vedute
+ si vuol lasciar che non seguir la mente.
+
+Quindi ripreser li occhi miei virtute
+ a rilevarsi; e vidimi translato
+ sol con mia donna in piu` alta salute.
+
+Ben m'accors'io ch'io era piu` levato,
+ per l'affocato riso de la stella,
+ che mi parea piu` roggio che l'usato.
+
+Con tutto 'l core e con quella favella
+ ch'e` una in tutti, a Dio feci olocausto,
+ qual conveniesi a la grazia novella.
+
+E non er'anco del mio petto essausto
+ l'ardor del sacrificio, ch'io conobbi
+ esso litare stato accetto e fausto;
+
+che' con tanto lucore e tanto robbi
+ m'apparvero splendor dentro a due raggi,
+ ch'io dissi: <<O Elios che si` li addobbi!>>.
+
+Come distinta da minori e maggi
+ lumi biancheggia tra ' poli del mondo
+ Galassia si`, che fa dubbiar ben saggi;
+
+si` costellati facean nel profondo
+ Marte quei raggi il venerabil segno
+ che fan giunture di quadranti in tondo.
+
+Qui vince la memoria mia lo 'ngegno;
+ che' quella croce lampeggiava Cristo,
+ si` ch'io non so trovare essempro degno;
+
+ma chi prende sua croce e segue Cristo,
+ ancor mi scusera` di quel ch'io lasso,
+ vedendo in quell'albor balenar Cristo.
+
+Di corno in corno e tra la cima e 'l basso
+ si movien lumi, scintillando forte
+ nel congiugnersi insieme e nel trapasso:
+
+cosi` si veggion qui diritte e torte,
+ veloci e tarde, rinovando vista,
+ le minuzie d'i corpi, lunghe e corte,
+
+moversi per lo raggio onde si lista
+ talvolta l'ombra che, per sua difesa,
+ la gente con ingegno e arte acquista.
+
+E come giga e arpa, in tempra tesa
+ di molte corde, fa dolce tintinno
+ a tal da cui la nota non e` intesa,
+
+cosi` da' lumi che li` m'apparinno
+ s'accogliea per la croce una melode
+ che mi rapiva, sanza intender l'inno.
+
+Ben m'accors'io ch'elli era d'alte lode,
+ pero` ch'a me venia <<Resurgi>> e <<Vinci>>
+ come a colui che non intende e ode.
+
+Io m'innamorava tanto quinci,
+ che 'nfino a li` non fu alcuna cosa
+ che mi legasse con si` dolci vinci.
+
+Forse la mia parola par troppo osa,
+ posponendo il piacer de li occhi belli,
+ ne' quai mirando mio disio ha posa;
+
+ma chi s'avvede che i vivi suggelli
+ d'ogne bellezza piu` fanno piu` suso,
+ e ch'io non m'era li` rivolto a quelli,
+
+escusar puommi di quel ch'io m'accuso
+ per escusarmi, e vedermi dir vero:
+ che' 'l piacer santo non e` qui dischiuso,
+
+perche' si fa, montando, piu` sincero.
+
+
+
+Paradiso: Canto XV
+
+
+Benigna volontade in che si liqua
+ sempre l'amor che drittamente spira,
+ come cupidita` fa ne la iniqua,
+
+silenzio puose a quella dolce lira,
+ e fece quietar le sante corde
+ che la destra del cielo allenta e tira.
+
+Come saranno a' giusti preghi sorde
+ quelle sustanze che, per darmi voglia
+ ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?
+
+Bene e` che sanza termine si doglia
+ chi, per amor di cosa che non duri,
+ etternalmente quello amor si spoglia.
+
+Quale per li seren tranquilli e puri
+ discorre ad ora ad or subito foco,
+ movendo li occhi che stavan sicuri,
+
+e pare stella che tramuti loco,
+ se non che da la parte ond'e' s'accende
+ nulla sen perde, ed esso dura poco:
+
+tale dal corno che 'n destro si stende
+ a pie` di quella croce corse un astro
+ de la costellazion che li` resplende;
+
+ne' si parti` la gemma dal suo nastro,
+ ma per la lista radial trascorse,
+ che parve foco dietro ad alabastro.
+
+Si` pia l'ombra d'Anchise si porse,
+ se fede merta nostra maggior musa,
+ quando in Eliso del figlio s'accorse.
+
+<<O sanguis meus, o superinfusa
+ gratia Dei, sicut tibi cui
+ bis unquam celi ianua reclusa?>>.
+
+Cosi` quel lume: ond'io m'attesi a lui;
+ poscia rivolsi a la mia donna il viso,
+ e quinci e quindi stupefatto fui;
+
+che' dentro a li occhi suoi ardeva un riso
+ tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
+ de la mia gloria e del mio paradiso.
+
+Indi, a udire e a veder giocondo,
+ giunse lo spirto al suo principio cose,
+ ch'io non lo 'ntesi, si` parlo` profondo;
+
+ne' per elezion mi si nascose,
+ ma per necessita`, che' 'l suo concetto
+ al segno d'i mortal si soprapuose.
+
+E quando l'arco de l'ardente affetto
+ fu si` sfogato, che 'l parlar discese
+ inver' lo segno del nostro intelletto,
+
+la prima cosa che per me s'intese,
+ <<Benedetto sia tu>>, fu, <<trino e uno,
+ che nel mio seme se' tanto cortese!>>.
+
+E segui`: <<Grato e lontano digiuno,
+ tratto leggendo del magno volume
+ du' non si muta mai bianco ne' bruno,
+
+solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
+ in ch'io ti parlo, merce` di colei
+ ch'a l'alto volo ti vesti` le piume.
+
+Tu credi che a me tuo pensier mei
+ da quel ch'e` primo, cosi` come raia
+ da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;
+
+e pero` ch'io mi sia e perch'io paia
+ piu` gaudioso a te, non mi domandi,
+ che alcun altro in questa turba gaia.
+
+Tu credi 'l vero; che' i minori e ' grandi
+ di questa vita miran ne lo speglio
+ in che, prima che pensi, il pensier pandi;
+
+ma perche' 'l sacro amore in che io veglio
+ con perpetua vista e che m'asseta
+ di dolce disiar, s'adempia meglio,
+
+la voce tua sicura, balda e lieta
+ suoni la volonta`, suoni 'l disio,
+ a che la mia risposta e` gia` decreta!>>.
+
+Io mi volsi a Beatrice, e quella udio
+ pria ch'io parlassi, e arrisemi un cenno
+ che fece crescer l'ali al voler mio.
+
+Poi cominciai cosi`: <<L'affetto e 'l senno,
+ come la prima equalita` v'apparse,
+ d'un peso per ciascun di voi si fenno,
+
+pero` che 'l sol che v'allumo` e arse,
+ col caldo e con la luce e` si` iguali,
+ che tutte simiglianze sono scarse.
+
+Ma voglia e argomento ne' mortali,
+ per la cagion ch'a voi e` manifesta,
+ diversamente son pennuti in ali;
+
+ond'io, che son mortal, mi sento in questa
+ disagguaglianza, e pero` non ringrazio
+ se non col core a la paterna festa.
+
+Ben supplico io a te, vivo topazio
+ che questa gioia preziosa ingemmi,
+ perche' mi facci del tuo nome sazio>>.
+
+<<O fronda mia in che io compiacemmi
+ pur aspettando, io fui la tua radice>>:
+ cotal principio, rispondendo, femmi.
+
+Poscia mi disse: <<Quel da cui si dice
+ tua cognazione e che cent'anni e piue
+ girato ha 'l monte in la prima cornice,
+
+mio figlio fu e tuo bisavol fue:
+ ben si convien che la lunga fatica
+ tu li raccorci con l'opere tue.
+
+Fiorenza dentro da la cerchia antica,
+ ond'ella toglie ancora e terza e nona,
+ si stava in pace, sobria e pudica.
+
+Non avea catenella, non corona,
+ non gonne contigiate, non cintura
+ che fosse a veder piu` che la persona.
+
+Non faceva, nascendo, ancor paura
+ la figlia al padre, che 'l tempo e la dote
+ non fuggien quinci e quindi la misura.
+
+Non avea case di famiglia vote;
+ non v'era giunto ancor Sardanapalo
+ a mostrar cio` che 'n camera si puote.
+
+Non era vinto ancora Montemalo
+ dal vostro Uccellatoio, che, com'e` vinto
+ nel montar su`, cosi` sara` nel calo.
+
+Bellincion Berti vid'io andar cinto
+ di cuoio e d'osso, e venir da lo specchio
+ la donna sua sanza 'l viso dipinto;
+
+e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio
+ esser contenti a la pelle scoperta,
+ e le sue donne al fuso e al pennecchio.
+
+Oh fortunate! ciascuna era certa
+ de la sua sepultura, e ancor nulla
+ era per Francia nel letto diserta.
+
+L'una vegghiava a studio de la culla,
+ e, consolando, usava l'idioma
+ che prima i padri e le madri trastulla;
+
+l'altra, traendo a la rocca la chioma,
+ favoleggiava con la sua famiglia
+ d'i Troiani, di Fiesole e di Roma.
+
+Saria tenuta allor tal maraviglia
+ una Cianghella, un Lapo Salterello,
+ qual or saria Cincinnato e Corniglia.
+
+A cosi` riposato, a cosi` bello
+ viver di cittadini, a cosi` fida
+ cittadinanza, a cosi` dolce ostello,
+
+Maria mi die`, chiamata in alte grida;
+ e ne l'antico vostro Batisteo
+ insieme fui cristiano e Cacciaguida.
+
+Moronto fu mio frate ed Eliseo;
+ mia donna venne a me di val di Pado,
+ e quindi il sopranome tuo si feo.
+
+Poi seguitai lo 'mperador Currado;
+ ed el mi cinse de la sua milizia,
+ tanto per bene ovrar li venni in grado.
+
+Dietro li andai incontro a la nequizia
+ di quella legge il cui popolo usurpa,
+ per colpa d'i pastor, vostra giustizia.
+
+Quivi fu' io da quella gente turpa
+ disviluppato dal mondo fallace,
+ lo cui amor molt'anime deturpa;
+
+e venni dal martiro a questa pace>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XVI
+
+
+O poca nostra nobilta` di sangue,
+ se gloriar di te la gente fai
+ qua giu` dove l'affetto nostro langue,
+
+mirabil cosa non mi sara` mai:
+ che' la` dove appetito non si torce,
+ dico nel cielo, io me ne gloriai.
+
+Ben se' tu manto che tosto raccorce:
+ si` che, se non s'appon di di` in die,
+ lo tempo va dintorno con le force.
+
+Dal 'voi' che prima a Roma s'offerie,
+ in che la sua famiglia men persevra,
+ ricominciaron le parole mie;
+
+onde Beatrice, ch'era un poco scevra,
+ ridendo, parve quella che tossio
+ al primo fallo scritto di Ginevra.
+
+Io cominciai: <<Voi siete il padre mio;
+ voi mi date a parlar tutta baldezza;
+ voi mi levate si`, ch'i' son piu` ch'io.
+
+Per tanti rivi s'empie d'allegrezza
+ la mente mia, che di se' fa letizia
+ perche' puo` sostener che non si spezza.
+
+Ditemi dunque, cara mia primizia,
+ quai fuor li vostri antichi e quai fuor li anni
+ che si segnaro in vostra puerizia;
+
+ditemi de l'ovil di San Giovanni
+ quanto era allora, e chi eran le genti
+ tra esso degne di piu` alti scanni>>.
+
+Come s'avviva a lo spirar d'i venti
+ carbone in fiamma, cosi` vid'io quella
+ luce risplendere a' miei blandimenti;
+
+e come a li occhi miei si fe' piu` bella,
+ cosi` con voce piu` dolce e soave,
+ ma non con questa moderna favella,
+
+dissemi: <<Da quel di` che fu detto 'Ave'
+ al parto in che mia madre, ch'e` or santa,
+ s'allevio` di me ond'era grave,
+
+al suo Leon cinquecento cinquanta
+ e trenta fiate venne questo foco
+ a rinfiammarsi sotto la sua pianta.
+
+Li antichi miei e io nacqui nel loco
+ dove si truova pria l'ultimo sesto
+ da quei che corre il vostro annual gioco.
+
+Basti d'i miei maggiori udirne questo:
+ chi ei si fosser e onde venner quivi,
+ piu` e` tacer che ragionare onesto.
+
+Tutti color ch'a quel tempo eran ivi
+ da poter arme tra Marte e 'l Batista,
+ eran il quinto di quei ch'or son vivi.
+
+Ma la cittadinanza, ch'e` or mista
+ di Campi, di Certaldo e di Fegghine,
+ pura vediesi ne l'ultimo artista.
+
+Oh quanto fora meglio esser vicine
+ quelle genti ch'io dico, e al Galluzzo
+ e a Trespiano aver vostro confine,
+
+che averle dentro e sostener lo puzzo
+ del villan d'Aguglion, di quel da Signa,
+ che gia` per barattare ha l'occhio aguzzo!
+
+Se la gente ch'al mondo piu` traligna
+ non fosse stata a Cesare noverca,
+ ma come madre a suo figlio benigna,
+
+tal fatto e` fiorentino e cambia e merca,
+ che si sarebbe volto a Simifonti,
+ la` dove andava l'avolo a la cerca;
+
+sariesi Montemurlo ancor de' Conti;
+ sarieno i Cerchi nel piovier d'Acone,
+ e forse in Valdigrieve i Buondelmonti.
+
+Sempre la confusion de le persone
+ principio fu del mal de la cittade,
+ come del vostro il cibo che s'appone;
+
+e cieco toro piu` avaccio cade
+ che cieco agnello; e molte volte taglia
+ piu` e meglio una che le cinque spade.
+
+Se tu riguardi Luni e Orbisaglia
+ come sono ite, e come se ne vanno
+ di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia,
+
+udir come le schiatte si disfanno
+ non ti parra` nova cosa ne' forte,
+ poscia che le cittadi termine hanno.
+
+Le vostre cose tutte hanno lor morte,
+ si` come voi; ma celasi in alcuna
+ che dura molto, e le vite son corte.
+
+E come 'l volger del ciel de la luna
+ cuopre e discuopre i liti sanza posa,
+ cosi` fa di Fiorenza la Fortuna:
+
+per che non dee parer mirabil cosa
+ cio` ch'io diro` de li alti Fiorentini
+ onde e` la fama nel tempo nascosa.
+
+Io vidi li Ughi e vidi i Catellini,
+ Filippi, Greci, Ormanni e Alberichi,
+ gia` nel calare, illustri cittadini;
+
+e vidi cosi` grandi come antichi,
+ con quel de la Sannella, quel de l'Arca,
+ e Soldanieri e Ardinghi e Bostichi.
+
+Sovra la porta ch'al presente e` carca
+ di nova fellonia di tanto peso
+ che tosto fia iattura de la barca,
+
+erano i Ravignani, ond'e` disceso
+ il conte Guido e qualunque del nome
+ de l'alto Bellincione ha poscia preso.
+
+Quel de la Pressa sapeva gia` come
+ regger si vuole, e avea Galigaio
+ dorata in casa sua gia` l'elsa e 'l pome.
+
+Grand'era gia` la colonna del Vaio,
+ Sacchetti, Giuochi, Fifanti e Barucci
+ e Galli e quei ch'arrossan per lo staio.
+
+Lo ceppo di che nacquero i Calfucci
+ era gia` grande, e gia` eran tratti
+ a le curule Sizii e Arrigucci.
+
+Oh quali io vidi quei che son disfatti
+ per lor superbia! e le palle de l'oro
+ fiorian Fiorenza in tutt'i suoi gran fatti.
+
+Cosi` facieno i padri di coloro
+ che, sempre che la vostra chiesa vaca,
+ si fanno grassi stando a consistoro.
+
+L'oltracotata schiatta che s'indraca
+ dietro a chi fugge, e a chi mostra 'l dente
+ o ver la borsa, com'agnel si placa,
+
+gia` venia su`, ma di picciola gente;
+ si` che non piacque ad Ubertin Donato
+ che poi il suocero il fe' lor parente.
+
+Gia` era 'l Caponsacco nel mercato
+ disceso giu` da Fiesole, e gia` era
+ buon cittadino Giuda e Infangato.
+
+Io diro` cosa incredibile e vera:
+ nel picciol cerchio s'entrava per porta
+ che si nomava da quei de la Pera.
+
+Ciascun che de la bella insegna porta
+ del gran barone il cui nome e 'l cui pregio
+ la festa di Tommaso riconforta,
+
+da esso ebbe milizia e privilegio;
+ avvegna che con popol si rauni
+ oggi colui che la fascia col fregio.
+
+Gia` eran Gualterotti e Importuni;
+ e ancor saria Borgo piu` quieto,
+ se di novi vicin fosser digiuni.
+
+La casa di che nacque il vostro fleto,
+ per lo giusto disdegno che v'ha morti,
+ e puose fine al vostro viver lieto,
+
+era onorata, essa e suoi consorti:
+ o Buondelmonte, quanto mal fuggisti
+ le nozze sue per li altrui conforti!
+
+Molti sarebber lieti, che son tristi,
+ se Dio t'avesse conceduto ad Ema
+ la prima volta ch'a citta` venisti.
+
+Ma conveniesi a quella pietra scema
+ che guarda 'l ponte, che Fiorenza fesse
+ vittima ne la sua pace postrema.
+
+Con queste genti, e con altre con esse,
+ vid'io Fiorenza in si` fatto riposo,
+ che non avea cagione onde piangesse:
+
+con queste genti vid'io glorioso
+ e giusto il popol suo, tanto che 'l giglio
+ non era ad asta mai posto a ritroso,
+
+ne' per division fatto vermiglio>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XVII
+
+
+Qual venne a Climene', per accertarsi
+ di cio` ch'avea incontro a se' udito,
+ quei ch'ancor fa li padri ai figli scarsi;
+
+tal era io, e tal era sentito
+ e da Beatrice e da la santa lampa
+ che pria per me avea mutato sito.
+
+Per che mia donna <<Manda fuor la vampa
+ del tuo disio>>, mi disse, <<si` ch'ella esca
+ segnata bene de la interna stampa;
+
+non perche' nostra conoscenza cresca
+ per tuo parlare, ma perche' t'ausi
+ a dir la sete, si` che l'uom ti mesca>>.
+
+<<O cara piota mia che si` t'insusi,
+ che, come veggion le terrene menti
+ non capere in triangol due ottusi,
+
+cosi` vedi le cose contingenti
+ anzi che sieno in se', mirando il punto
+ a cui tutti li tempi son presenti;
+
+mentre ch'io era a Virgilio congiunto
+ su per lo monte che l'anime cura
+ e discendendo nel mondo defunto,
+
+dette mi fuor di mia vita futura
+ parole gravi, avvegna ch'io mi senta
+ ben tetragono ai colpi di ventura;
+
+per che la voglia mia saria contenta
+ d'intender qual fortuna mi s'appressa;
+ che' saetta previsa vien piu` lenta>>.
+
+Cosi` diss'io a quella luce stessa
+ che pria m'avea parlato; e come volle
+ Beatrice, fu la mia voglia confessa.
+
+Ne' per ambage, in che la gente folle
+ gia` s'inviscava pria che fosse anciso
+ l'Agnel di Dio che le peccata tolle,
+
+ma per chiare parole e con preciso
+ latin rispuose quello amor paterno,
+ chiuso e parvente del suo proprio riso:
+
+<<La contingenza, che fuor del quaderno
+ de la vostra matera non si stende,
+ tutta e` dipinta nel cospetto etterno:
+
+necessita` pero` quindi non prende
+ se non come dal viso in che si specchia
+ nave che per torrente giu` discende.
+
+Da indi, si` come viene ad orecchia
+ dolce armonia da organo, mi viene
+ a vista il tempo che ti s'apparecchia.
+
+Qual si partio Ipolito d'Atene
+ per la spietata e perfida noverca,
+ tal di Fiorenza partir ti convene.
+
+Questo si vuole e questo gia` si cerca,
+ e tosto verra` fatto a chi cio` pensa
+ la` dove Cristo tutto di` si merca.
+
+La colpa seguira` la parte offensa
+ in grido, come suol; ma la vendetta
+ fia testimonio al ver che la dispensa.
+
+Tu lascerai ogne cosa diletta
+ piu` caramente; e questo e` quello strale
+ che l'arco de lo essilio pria saetta.
+
+Tu proverai si` come sa di sale
+ lo pane altrui, e come e` duro calle
+ lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.
+
+E quel che piu` ti gravera` le spalle,
+ sara` la compagnia malvagia e scempia
+ con la qual tu cadrai in questa valle;
+
+che tutta ingrata, tutta matta ed empia
+ si fara` contr'a te; ma, poco appresso,
+ ella, non tu, n'avra` rossa la tempia.
+
+Di sua bestialitate il suo processo
+ fara` la prova; si` ch'a te fia bello
+ averti fatta parte per te stesso.
+
+Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello
+ sara` la cortesia del gran Lombardo
+ che 'n su la scala porta il santo uccello;
+
+ch'in te avra` si` benigno riguardo,
+ che del fare e del chieder, tra voi due,
+ fia primo quel che tra li altri e` piu` tardo.
+
+Con lui vedrai colui che 'mpresso fue,
+ nascendo, si` da questa stella forte,
+ che notabili fier l'opere sue.
+
+Non se ne son le genti ancora accorte
+ per la novella eta`, che' pur nove anni
+ son queste rote intorno di lui torte;
+
+ma pria che 'l Guasco l'alto Arrigo inganni,
+ parran faville de la sua virtute
+ in non curar d'argento ne' d'affanni.
+
+Le sue magnificenze conosciute
+ saranno ancora, si` che ' suoi nemici
+ non ne potran tener le lingue mute.
+
+A lui t'aspetta e a' suoi benefici;
+ per lui fia trasmutata molta gente,
+ cambiando condizion ricchi e mendici;
+
+e portera'ne scritto ne la mente
+ di lui, e nol dirai>>; e disse cose
+ incredibili a quei che fier presente.
+
+Poi giunse: <<Figlio, queste son le chiose
+ di quel che ti fu detto; ecco le 'nsidie
+ che dietro a pochi giri son nascose.
+
+Non vo' pero` ch'a' tuoi vicini invidie,
+ poscia che s'infutura la tua vita
+ vie piu` la` che 'l punir di lor perfidie>>.
+
+Poi che, tacendo, si mostro` spedita
+ l'anima santa di metter la trama
+ in quella tela ch'io le porsi ordita,
+
+io cominciai, come colui che brama,
+ dubitando, consiglio da persona
+ che vede e vuol dirittamente e ama:
+
+<<Ben veggio, padre mio, si` come sprona
+ lo tempo verso me, per colpo darmi
+ tal, ch'e` piu` grave a chi piu` s'abbandona;
+
+per che di provedenza e` buon ch'io m'armi,
+ si` che, se loco m'e` tolto piu` caro,
+ io non perdessi li altri per miei carmi.
+
+Giu` per lo mondo sanza fine amaro,
+ e per lo monte del cui bel cacume
+ li occhi de la mia donna mi levaro,
+
+e poscia per lo ciel, di lume in lume,
+ ho io appreso quel che s'io ridico,
+ a molti fia sapor di forte agrume;
+
+e s'io al vero son timido amico,
+ temo di perder viver tra coloro
+ che questo tempo chiameranno antico>>.
+
+La luce in che rideva il mio tesoro
+ ch'io trovai li`, si fe' prima corusca,
+ quale a raggio di sole specchio d'oro;
+
+indi rispuose: <<Coscienza fusca
+ o de la propria o de l'altrui vergogna
+ pur sentira` la tua parola brusca.
+
+Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
+ tutta tua vision fa manifesta;
+ e lascia pur grattar dov'e` la rogna.
+
+Che' se la voce tua sara` molesta
+ nel primo gusto, vital nodrimento
+ lascera` poi, quando sara` digesta.
+
+Questo tuo grido fara` come vento,
+ che le piu` alte cime piu` percuote;
+ e cio` non fa d'onor poco argomento.
+
+Pero` ti son mostrate in queste rote,
+ nel monte e ne la valle dolorosa
+ pur l'anime che son di fama note,
+
+che l'animo di quel ch'ode, non posa
+ ne' ferma fede per essempro ch'aia
+ la sua radice incognita e ascosa,
+
+ne' per altro argomento che non paia>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XVIII
+
+
+Gia` si godeva solo del suo verbo
+ quello specchio beato, e io gustava
+ lo mio, temprando col dolce l'acerbo;
+
+e quella donna ch'a Dio mi menava
+ disse: <<Muta pensier; pensa ch'i' sono
+ presso a colui ch'ogne torto disgrava>>.
+
+Io mi rivolsi a l'amoroso suono
+ del mio conforto; e qual io allor vidi
+ ne li occhi santi amor, qui l'abbandono:
+
+non perch'io pur del mio parlar diffidi,
+ ma per la mente che non puo` redire
+ sovra se' tanto, s'altri non la guidi.
+
+Tanto poss'io di quel punto ridire,
+ che, rimirando lei, lo mio affetto
+ libero fu da ogne altro disire,
+
+fin che 'l piacere etterno, che diretto
+ raggiava in Beatrice, dal bel viso
+ mi contentava col secondo aspetto.
+
+Vincendo me col lume d'un sorriso,
+ ella mi disse: <<Volgiti e ascolta;
+ che' non pur ne' miei occhi e` paradiso>>.
+
+Come si vede qui alcuna volta
+ l'affetto ne la vista, s'elli e` tanto,
+ che da lui sia tutta l'anima tolta,
+
+cosi` nel fiammeggiar del folgor santo,
+ a ch'io mi volsi, conobbi la voglia
+ in lui di ragionarmi ancora alquanto.
+
+El comincio`: <<In questa quinta soglia
+ de l'albero che vive de la cima
+ e frutta sempre e mai non perde foglia,
+
+spiriti son beati, che giu`, prima
+ che venissero al ciel, fuor di gran voce,
+ si` ch'ogne musa ne sarebbe opima.
+
+Pero` mira ne' corni de la croce:
+ quello ch'io nomero`, li` fara` l'atto
+ che fa in nube il suo foco veloce>>.
+
+Io vidi per la croce un lume tratto
+ dal nomar Iosue`, com'el si feo;
+ ne' mi fu noto il dir prima che 'l fatto.
+
+E al nome de l'alto Macabeo
+ vidi moversi un altro roteando,
+ e letizia era ferza del paleo.
+
+Cosi` per Carlo Magno e per Orlando
+ due ne segui` lo mio attento sguardo,
+ com'occhio segue suo falcon volando.
+
+Poscia trasse Guiglielmo e Rinoardo
+ e 'l duca Gottifredi la mia vista
+ per quella croce, e Ruberto Guiscardo.
+
+Indi, tra l'altre luci mota e mista,
+ mostrommi l'alma che m'avea parlato
+ qual era tra i cantor del cielo artista.
+
+Io mi rivolsi dal mio destro lato
+ per vedere in Beatrice il mio dovere,
+ o per parlare o per atto, segnato;
+
+e vidi le sue luci tanto mere,
+ tanto gioconde, che la sua sembianza
+ vinceva li altri e l'ultimo solere.
+
+E come, per sentir piu` dilettanza
+ bene operando, l'uom di giorno in giorno
+ s'accorge che la sua virtute avanza,
+
+si` m'accors'io che 'l mio girare intorno
+ col cielo insieme avea cresciuto l'arco,
+ veggendo quel miracol piu` addorno.
+
+E qual e` 'l trasmutare in picciol varco
+ di tempo in bianca donna, quando 'l volto
+ suo si discarchi di vergogna il carco,
+
+tal fu ne li occhi miei, quando fui volto,
+ per lo candor de la temprata stella
+ sesta, che dentro a se' m'avea ricolto.
+
+Io vidi in quella giovial facella
+ lo sfavillar de l'amor che li` era,
+ segnare a li occhi miei nostra favella.
+
+E come augelli surti di rivera,
+ quasi congratulando a lor pasture,
+ fanno di se' or tonda or altra schiera,
+
+si` dentro ai lumi sante creature
+ volitando cantavano, e faciensi
+ or D, or I, or L in sue figure.
+
+Prima, cantando, a sua nota moviensi;
+ poi, diventando l'un di questi segni,
+ un poco s'arrestavano e taciensi.
+
+O diva Pegasea che li 'ngegni
+ fai gloriosi e rendili longevi,
+ ed essi teco le cittadi e ' regni,
+
+illustrami di te, si` ch'io rilevi
+ le lor figure com'io l'ho concette:
+ paia tua possa in questi versi brevi!
+
+Mostrarsi dunque in cinque volte sette
+ vocali e consonanti; e io notai
+ le parti si`, come mi parver dette.
+
+'DILIGITE IUSTITIAM', primai
+ fur verbo e nome di tutto 'l dipinto;
+ 'QUI IUDICATIS TERRAM', fur sezzai.
+
+Poscia ne l'emme del vocabol quinto
+ rimasero ordinate; si` che Giove
+ pareva argento li` d'oro distinto.
+
+E vidi scendere altre luci dove
+ era il colmo de l'emme, e li` quetarsi
+ cantando, credo, il ben ch'a se' le move.
+
+Poi, come nel percuoter d'i ciocchi arsi
+ surgono innumerabili faville,
+ onde li stolti sogliono agurarsi,
+
+resurger parver quindi piu` di mille
+ luci e salir, qual assai e qual poco,
+ si` come 'l sol che l'accende sortille;
+
+e quietata ciascuna in suo loco,
+ la testa e 'l collo d'un'aguglia vidi
+ rappresentare a quel distinto foco.
+
+Quei che dipinge li`, non ha chi 'l guidi;
+ ma esso guida, e da lui si rammenta
+ quella virtu` ch'e` forma per li nidi.
+
+L'altra beatitudo, che contenta
+ pareva prima d'ingigliarsi a l'emme,
+ con poco moto seguito` la 'mprenta.
+
+O dolce stella, quali e quante gemme
+ mi dimostraro che nostra giustizia
+ effetto sia del ciel che tu ingemme!
+
+Per ch'io prego la mente in che s'inizia
+ tuo moto e tua virtute, che rimiri
+ ond'esce il fummo che 'l tuo raggio vizia;
+
+si` ch'un'altra fiata omai s'adiri
+ del comperare e vender dentro al templo
+ che si muro` di segni e di martiri.
+
+O milizia del ciel cu' io contemplo,
+ adora per color che sono in terra
+ tutti sviati dietro al malo essemplo!
+
+Gia` si solea con le spade far guerra;
+ ma or si fa togliendo or qui or quivi
+ lo pan che 'l pio Padre a nessun serra.
+
+Ma tu che sol per cancellare scrivi,
+ pensa che Pietro e Paulo, che moriro
+ per la vigna che guasti, ancor son vivi.
+
+Ben puoi tu dire: <<I' ho fermo 'l disiro
+ si` a colui che volle viver solo
+ e che per salti fu tratto al martiro,
+
+ch'io non conosco il pescator ne' Polo>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XIX
+
+
+Parea dinanzi a me con l'ali aperte
+ la bella image che nel dolce frui
+ liete facevan l'anime conserte;
+
+parea ciascuna rubinetto in cui
+ raggio di sole ardesse si` acceso,
+ che ne' miei occhi rifrangesse lui.
+
+E quel che mi convien ritrar testeso,
+ non porto` voce mai, ne' scrisse incostro,
+ ne' fu per fantasia gia` mai compreso;
+
+ch'io vidi e anche udi' parlar lo rostro,
+ e sonar ne la voce e <<io>> e <<mio>>,
+ quand'era nel concetto e 'noi' e 'nostro'.
+
+E comincio`: <<Per esser giusto e pio
+ son io qui essaltato a quella gloria
+ che non si lascia vincere a disio;
+
+e in terra lasciai la mia memoria
+ si` fatta, che le genti li` malvage
+ commendan lei, ma non seguon la storia>>.
+
+Cosi` un sol calor di molte brage
+ si fa sentir, come di molti amori
+ usciva solo un suon di quella image.
+
+Ond'io appresso: <<O perpetui fiori
+ de l'etterna letizia, che pur uno
+ parer mi fate tutti vostri odori,
+
+solvetemi, spirando, il gran digiuno
+ che lungamente m'ha tenuto in fame,
+ non trovandoli in terra cibo alcuno.
+
+Ben so io che, se 'n cielo altro reame
+ la divina giustizia fa suo specchio,
+ che 'l vostro non l'apprende con velame.
+
+Sapete come attento io m'apparecchio
+ ad ascoltar; sapete qual e` quello
+ dubbio che m'e` digiun cotanto vecchio>>.
+
+Quasi falcone ch'esce del cappello,
+ move la testa e con l'ali si plaude,
+ voglia mostrando e faccendosi bello,
+
+vid'io farsi quel segno, che di laude
+ de la divina grazia era contesto,
+ con canti quai si sa chi la` su` gaude.
+
+Poi comincio`: <<Colui che volse il sesto
+ a lo stremo del mondo, e dentro ad esso
+ distinse tanto occulto e manifesto,
+
+non pote' suo valor si` fare impresso
+ in tutto l'universo, che 'l suo verbo
+ non rimanesse in infinito eccesso.
+
+E cio` fa certo che 'l primo superbo,
+ che fu la somma d'ogne creatura,
+ per non aspettar lume, cadde acerbo;
+
+e quinci appar ch'ogne minor natura
+ e` corto recettacolo a quel bene
+ che non ha fine e se' con se' misura.
+
+Dunque vostra veduta, che convene
+ esser alcun de' raggi de la mente
+ di che tutte le cose son ripiene,
+
+non po` da sua natura esser possente
+ tanto, che suo principio discerna
+ molto di la` da quel che l'e` parvente.
+
+Pero` ne la giustizia sempiterna
+ la vista che riceve il vostro mondo,
+ com'occhio per lo mare, entro s'interna;
+
+che, ben che da la proda veggia il fondo,
+ in pelago nol vede; e nondimeno
+ eli, ma cela lui l'esser profondo.
+
+Lume non e`, se non vien dal sereno
+ che non si turba mai; anzi e` tenebra
+ od ombra de la carne o suo veleno.
+
+Assai t'e` mo aperta la latebra
+ che t'ascondeva la giustizia viva,
+ di che facei question cotanto crebra;
+
+che' tu dicevi: "Un uom nasce a la riva
+ de l'Indo, e quivi non e` chi ragioni
+ di Cristo ne' chi legga ne' chi scriva;
+
+e tutti suoi voleri e atti buoni
+ sono, quanto ragione umana vede,
+ sanza peccato in vita o in sermoni.
+
+Muore non battezzato e sanza fede:
+ ov'e` questa giustizia che 'l condanna?
+ ov'e` la colpa sua, se ei non crede?"
+
+Or tu chi se', che vuo' sedere a scranna,
+ per giudicar di lungi mille miglia
+ con la veduta corta d'una spanna?
+
+Certo a colui che meco s'assottiglia,
+ se la Scrittura sovra voi non fosse,
+ da dubitar sarebbe a maraviglia.
+
+Oh terreni animali! oh menti grosse!
+ La prima volonta`, ch'e` da se' buona,
+ da se', ch'e` sommo ben, mai non si mosse.
+
+Cotanto e` giusto quanto a lei consuona:
+ nullo creato bene a se' la tira,
+ ma essa, radiando, lui cagiona>>.
+
+Quale sovresso il nido si rigira
+ poi c'ha pasciuti la cicogna i figli,
+ e come quel ch'e` pasto la rimira;
+
+cotal si fece, e si` levai i cigli,
+ la benedetta imagine, che l'ali
+ movea sospinte da tanti consigli.
+
+Roteando cantava, e dicea: <<Quali
+ son le mie note a te, che non le 'ntendi,
+ tal e` il giudicio etterno a voi mortali>>.
+
+Poi si quetaro quei lucenti incendi
+ de lo Spirito Santo ancor nel segno
+ che fe' i Romani al mondo reverendi,
+
+esso ricomincio`: <<A questo regno
+ non sali` mai chi non credette 'n Cristo,
+ ne' pria ne' poi ch'el si chiavasse al legno.
+
+Ma vedi: molti gridan "Cristo, Cristo!",
+ che saranno in giudicio assai men prope
+ a lui, che tal che non conosce Cristo;
+
+e tai Cristian dannera` l'Etiope,
+ quando si partiranno i due collegi,
+ l'uno in etterno ricco e l'altro inope.
+
+Che poran dir li Perse a' vostri regi,
+ come vedranno quel volume aperto
+ nel qual si scrivon tutti suoi dispregi?
+
+Li` si vedra`, tra l'opere d'Alberto,
+ quella che tosto movera` la penna,
+ per che 'l regno di Praga fia diserto.
+
+Li` si vedra` il duol che sovra Senna
+ induce, falseggiando la moneta,
+ quel che morra` di colpo di cotenna.
+
+Li` si vedra` la superbia ch'asseta,
+ che fa lo Scotto e l'Inghilese folle,
+ si` che non puo` soffrir dentro a sua meta.
+
+Vedrassi la lussuria e 'l viver molle
+ di quel di Spagna e di quel di Boemme,
+ che mai valor non conobbe ne' volle.
+
+Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme
+ segnata con un i la sua bontate,
+ quando 'l contrario segnera` un emme.
+
+Vedrassi l'avarizia e la viltate
+ di quei che guarda l'isola del foco,
+ ove Anchise fini` la lunga etate;
+
+e a dare ad intender quanto e` poco,
+ la sua scrittura fian lettere mozze,
+ che noteranno molto in parvo loco.
+
+E parranno a ciascun l'opere sozze
+ del barba e del fratel, che tanto egregia
+ nazione e due corone han fatte bozze.
+
+E quel di Portogallo e di Norvegia
+ li` si conosceranno, e quel di Rascia
+ che male ha visto il conio di Vinegia.
+
+Oh beata Ungheria, se non si lascia
+ piu` malmenare! e beata Navarra,
+ se s'armasse del monte che la fascia!
+
+E creder de' ciascun che gia`, per arra
+ di questo, Niccosia e Famagosta
+ per la lor bestia si lamenti e garra,
+
+che dal fianco de l'altre non si scosta>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XX
+
+
+Quando colui che tutto 'l mondo alluma
+ de l'emisperio nostro si` discende,
+ che 'l giorno d'ogne parte si consuma,
+
+lo ciel, che sol di lui prima s'accende,
+ subitamente si rifa` parvente
+ per molte luci, in che una risplende;
+
+e questo atto del ciel mi venne a mente,
+ come 'l segno del mondo e de' suoi duci
+ nel benedetto rostro fu tacente;
+
+pero` che tutte quelle vive luci,
+ vie piu` lucendo, cominciaron canti
+ da mia memoria labili e caduci.
+
+O dolce amor che di riso t'ammanti,
+ quanto parevi ardente in que' flailli,
+ ch'avieno spirto sol di pensier santi!
+
+Poscia che i cari e lucidi lapilli
+ ond'io vidi ingemmato il sesto lume
+ puoser silenzio a li angelici squilli,
+
+udir mi parve un mormorar di fiume
+ che scende chiaro giu` di pietra in pietra,
+ mostrando l'uberta` del suo cacume.
+
+E come suono al collo de la cetra
+ prende sua forma, e si` com'al pertugio
+ de la sampogna vento che penetra,
+
+cosi`, rimosso d'aspettare indugio,
+ quel mormorar de l'aguglia salissi
+ su per lo collo, come fosse bugio.
+
+Fecesi voce quivi, e quindi uscissi
+ per lo suo becco in forma di parole,
+ quali aspettava il core ov'io le scrissi.
+
+<<La parte in me che vede e pate il sole
+ ne l'aguglie mortali>>, incominciommi,
+ <<or fisamente riguardar si vole,
+
+perche' d'i fuochi ond'io figura fommi,
+ quelli onde l'occhio in testa mi scintilla,
+ e' di tutti lor gradi son li sommi.
+
+Colui che luce in mezzo per pupilla,
+ fu il cantor de lo Spirito Santo,
+ che l'arca traslato` di villa in villa:
+
+ora conosce il merto del suo canto,
+ in quanto effetto fu del suo consiglio,
+ per lo remunerar ch'e` altrettanto.
+
+Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio,
+ colui che piu` al becco mi s'accosta,
+ la vedovella consolo` del figlio:
+
+ora conosce quanto caro costa
+ non seguir Cristo, per l'esperienza
+ di questa dolce vita e de l'opposta.
+
+E quel che segue in la circunferenza
+ di che ragiono, per l'arco superno,
+ morte indugio` per vera penitenza:
+
+ora conosce che 'l giudicio etterno
+ non si trasmuta, quando degno preco
+ fa crastino la` giu` de l'odierno.
+
+L'altro che segue, con le leggi e meco,
+ sotto buona intenzion che fe' mal frutto,
+ per cedere al pastor si fece greco:
+
+ora conosce come il mal dedutto
+ dal suo bene operar non li e` nocivo,
+ avvegna che sia 'l mondo indi distrutto.
+
+E quel che vedi ne l'arco declivo,
+ Guiglielmo fu, cui quella terra plora
+ che piagne Carlo e Federigo vivo:
+
+ora conosce come s'innamora
+ lo ciel del giusto rege, e al sembiante
+ del suo fulgore il fa vedere ancora.
+
+Chi crederebbe giu` nel mondo errante,
+ che Rifeo Troiano in questo tondo
+ fosse la quinta de le luci sante?
+
+Ora conosce assai di quel che 'l mondo
+ veder non puo` de la divina grazia,
+ ben che sua vista non discerna il fondo>>.
+
+Quale allodetta che 'n aere si spazia
+ prima cantando, e poi tace contenta
+ de l'ultima dolcezza che la sazia,
+
+tal mi sembio` l'imago de la 'mprenta
+ de l'etterno piacere, al cui disio
+ ciascuna cosa qual ell'e` diventa.
+
+E avvegna ch'io fossi al dubbiar mio
+ li` quasi vetro a lo color ch'el veste,
+ tempo aspettar tacendo non patio,
+
+ma de la bocca, <<Che cose son queste?>>,
+ mi pinse con la forza del suo peso:
+ per ch'io di coruscar vidi gran feste.
+
+Poi appresso, con l'occhio piu` acceso,
+ lo benedetto segno mi rispuose
+ per non tenermi in ammirar sospeso:
+
+<<Io veggio che tu credi queste cose
+ perch'io le dico, ma non vedi come;
+ si` che, se son credute, sono ascose.
+
+Fai come quei che la cosa per nome
+ apprende ben, ma la sua quiditate
+ veder non puo` se altri non la prome.
+
+Regnum celorum violenza pate
+ da caldo amore e da viva speranza,
+ che vince la divina volontate:
+
+non a guisa che l'omo a l'om sobranza,
+ ma vince lei perche' vuole esser vinta,
+ e, vinta, vince con sua beninanza.
+
+La prima vita del ciglio e la quinta
+ ti fa maravigliar, perche' ne vedi
+ la region de li angeli dipinta.
+
+D'i corpi suoi non uscir, come credi,
+ Gentili, ma Cristiani, in ferma fede
+ quel d'i passuri e quel d'i passi piedi.
+
+Che' l'una de lo 'nferno, u' non si riede
+ gia` mai a buon voler, torno` a l'ossa;
+ e cio` di viva spene fu mercede:
+
+di viva spene, che mise la possa
+ ne' prieghi fatti a Dio per suscitarla,
+ si` che potesse sua voglia esser mossa.
+
+L'anima gloriosa onde si parla,
+ tornata ne la carne, in che fu poco,
+ credette in lui che potea aiutarla;
+
+e credendo s'accese in tanto foco
+ di vero amor, ch'a la morte seconda
+ fu degna di venire a questo gioco.
+
+L'altra, per grazia che da si` profonda
+ fontana stilla, che mai creatura
+ non pinse l'occhio infino a la prima onda,
+
+tutto suo amor la` giu` pose a drittura:
+ per che, di grazia in grazia, Dio li aperse
+ l'occhio a la nostra redenzion futura;
+
+ond'ei credette in quella, e non sofferse
+ da indi il puzzo piu` del paganesmo;
+ e riprendiene le genti perverse.
+
+Quelle tre donne li fur per battesmo
+ che tu vedesti da la destra rota,
+ dinanzi al battezzar piu` d'un millesmo.
+
+O predestinazion, quanto remota
+ e` la radice tua da quelli aspetti
+ che la prima cagion non veggion tota!
+
+E voi, mortali, tenetevi stretti
+ a giudicar; che' noi, che Dio vedemo,
+ non conosciamo ancor tutti li eletti;
+
+ed enne dolce cosi` fatto scemo,
+ perche' il ben nostro in questo ben s'affina,
+ che quel che vole Iddio, e noi volemo>>.
+
+Cosi` da quella imagine divina,
+ per farmi chiara la mia corta vista,
+ data mi fu soave medicina.
+
+E come a buon cantor buon citarista
+ fa seguitar lo guizzo de la corda,
+ in che piu` di piacer lo canto acquista,
+
+si`, mentre ch'e' parlo`, si` mi ricorda
+ ch'io vidi le due luci benedette,
+ pur come batter d'occhi si concorda,
+
+con le parole mover le fiammette.
+
+
+
+Paradiso: Canto XXI
+
+
+Gia` eran li occhi miei rifissi al volto
+ de la mia donna, e l'animo con essi,
+ e da ogne altro intento s'era tolto.
+
+E quella non ridea; ma <<S'io ridessi>>,
+ mi comincio`, <<tu ti faresti quale
+ fu Semele` quando di cener fessi;
+
+che' la bellezza mia, che per le scale
+ de l'etterno palazzo piu` s'accende,
+ com'hai veduto, quanto piu` si sale,
+
+se non si temperasse, tanto splende,
+ che 'l tuo mortal podere, al suo fulgore,
+ sarebbe fronda che trono scoscende.
+
+Noi sem levati al settimo splendore,
+ che sotto 'l petto del Leone ardente
+ raggia mo misto giu` del suo valore.
+
+Ficca di retro a li occhi tuoi la mente,
+ e fa di quelli specchi a la figura
+ che 'n questo specchio ti sara` parvente>>.
+
+Qual savesse qual era la pastura
+ del viso mio ne l'aspetto beato
+ quand'io mi trasmutai ad altra cura,
+
+conoscerebbe quanto m'era a grato
+ ubidire a la mia celeste scorta,
+ contrapesando l'un con l'altro lato.
+
+Dentro al cristallo che 'l vocabol porta,
+ cerchiando il mondo, del suo caro duce
+ sotto cui giacque ogne malizia morta,
+
+di color d'oro in che raggio traluce
+ vid'io uno scaleo eretto in suso
+ tanto, che nol seguiva la mia luce.
+
+Vidi anche per li gradi scender giuso
+ tanti splendor, ch'io pensai ch'ogne lume
+ che par nel ciel, quindi fosse diffuso.
+
+E come, per lo natural costume,
+ le pole insieme, al cominciar del giorno,
+ si movono a scaldar le fredde piume;
+
+poi altre vanno via sanza ritorno,
+ altre rivolgon se' onde son mosse,
+ e altre roteando fan soggiorno;
+
+tal modo parve me che quivi fosse
+ in quello sfavillar che 'nsieme venne,
+ si` come in certo grado si percosse.
+
+E quel che presso piu` ci si ritenne,
+ si fe' si` chiaro, ch'io dicea pensando:
+ 'Io veggio ben l'amor che tu m'accenne.
+
+Ma quella ond'io aspetto il come e 'l quando
+ del dire e del tacer, si sta; ond'io,
+ contra 'l disio, fo ben ch'io non dimando'.
+
+Per ch'ella, che vedea il tacer mio
+ nel veder di colui che tutto vede,
+ mi disse: <<Solvi il tuo caldo disio>>.
+
+E io incominciai: <<La mia mercede
+ non mi fa degno de la tua risposta;
+ ma per colei che 'l chieder mi concede,
+
+vita beata che ti stai nascosta
+ dentro a la tua letizia, fammi nota
+ la cagion che si` presso mi t'ha posta;
+
+e di' perche' si tace in questa rota
+ la dolce sinfonia di paradiso,
+ che giu` per l'altre suona si` divota>>.
+
+<<Tu hai l'udir mortal si` come il viso>>,
+ rispuose a me; <<onde qui non si canta
+ per quel che Beatrice non ha riso.
+
+Giu` per li gradi de la scala santa
+ discesi tanto sol per farti festa
+ col dire e con la luce che mi ammanta;
+
+ne' piu` amor mi fece esser piu` presta;
+ che' piu` e tanto amor quinci su` ferve,
+ si` come il fiammeggiar ti manifesta.
+
+Ma l'alta carita`, che ci fa serve
+ pronte al consiglio che 'l mondo governa,
+ sorteggia qui si` come tu osserve>>.
+
+<<Io veggio ben>>, diss'io, <<sacra lucerna,
+ come libero amore in questa corte
+ basta a seguir la provedenza etterna;
+
+ma questo e` quel ch'a cerner mi par forte,
+ perche' predestinata fosti sola
+ a questo officio tra le tue consorte>>.
+
+Ne' venni prima a l'ultima parola,
+ che del suo mezzo fece il lume centro,
+ girando se' come veloce mola;
+
+poi rispuose l'amor che v'era dentro:
+ <<Luce divina sopra me s'appunta,
+ penetrando per questa in ch'io m'inventro,
+
+la cui virtu`, col mio veder congiunta,
+ mi leva sopra me tanto, ch'i' veggio
+ la somma essenza de la quale e` munta.
+
+Quinci vien l'allegrezza ond'io fiammeggio;
+ per ch'a la vista mia, quant'ella e` chiara,
+ la chiarita` de la fiamma pareggio.
+
+Ma quell'alma nel ciel che piu` si schiara,
+ quel serafin che 'n Dio piu` l'occhio ha fisso,
+ a la dimanda tua non satisfara,
+
+pero` che si` s'innoltra ne lo abisso
+ de l'etterno statuto quel che chiedi,
+ che da ogne creata vista e` scisso.
+
+E al mondo mortal, quando tu riedi,
+ questo rapporta, si` che non presumma
+ a tanto segno piu` mover li piedi.
+
+La mente, che qui luce, in terra fumma;
+ onde riguarda come puo` la` giue
+ quel che non pote perche' 'l ciel l'assumma>>.
+
+Si` mi prescrisser le parole sue,
+ ch'io lasciai la quistione e mi ritrassi
+ a dimandarla umilmente chi fue.
+
+<<Tra ' due liti d'Italia surgon sassi,
+ e non molto distanti a la tua patria,
+ tanto che ' troni assai suonan piu` bassi,
+
+e fanno un gibbo che si chiama Catria,
+ di sotto al quale e` consecrato un ermo,
+ che suole esser disposto a sola latria>>.
+
+Cosi` ricominciommi il terzo sermo;
+ e poi, continuando, disse: <<Quivi
+ al servigio di Dio mi fe' si` fermo,
+
+che pur con cibi di liquor d'ulivi
+ lievemente passava caldi e geli,
+ contento ne' pensier contemplativi.
+
+Render solea quel chiostro a questi cieli
+ fertilemente; e ora e` fatto vano,
+ si` che tosto convien che si riveli.
+
+In quel loco fu' io Pietro Damiano,
+ e Pietro Peccator fu' ne la casa
+ di Nostra Donna in sul lito adriano.
+
+Poca vita mortal m'era rimasa,
+ quando fui chiesto e tratto a quel cappello,
+ che pur di male in peggio si travasa.
+
+Venne Cefas e venne il gran vasello
+ de lo Spirito Santo, magri e scalzi,
+ prendendo il cibo da qualunque ostello.
+
+Or voglion quinci e quindi chi rincalzi
+ li moderni pastori e chi li meni,
+ tanto son gravi, e chi di rietro li alzi.
+
+Cuopron d'i manti loro i palafreni,
+ si` che due bestie van sott'una pelle:
+ oh pazienza che tanto sostieni!>>.
+
+A questa voce vid'io piu` fiammelle
+ di grado in grado scendere e girarsi,
+ e ogne giro le facea piu` belle.
+
+Dintorno a questa vennero e fermarsi,
+ e fero un grido di si` alto suono,
+ che non potrebbe qui assomigliarsi;
+
+ne' io lo 'ntesi, si` mi vinse il tuono.
+
+
+
+Paradiso: Canto XXII
+
+
+Oppresso di stupore, a la mia guida
+ mi volsi, come parvol che ricorre
+ sempre cola` dove piu` si confida;
+
+e quella, come madre che soccorre
+ subito al figlio palido e anelo
+ con la sua voce, che 'l suol ben disporre,
+
+mi disse: <<Non sai tu che tu se' in cielo?
+ e non sai tu che 'l cielo e` tutto santo,
+ e cio` che ci si fa vien da buon zelo?
+
+Come t'avrebbe trasmutato il canto,
+ e io ridendo, mo pensar lo puoi,
+ poscia che 'l grido t'ha mosso cotanto;
+
+nel qual, se 'nteso avessi i prieghi suoi,
+ gia` ti sarebbe nota la vendetta
+ che tu vedrai innanzi che tu muoi.
+
+La spada di qua su` non taglia in fretta
+ ne' tardo, ma' ch'al parer di colui
+ che disiando o temendo l'aspetta.
+
+Ma rivolgiti omai inverso altrui;
+ ch'assai illustri spiriti vedrai,
+ se com'io dico l'aspetto redui>>.
+
+Come a lei piacque, li occhi ritornai,
+ e vidi cento sperule che 'nsieme
+ piu` s'abbellivan con mutui rai.
+
+Io stava come quei che 'n se' repreme
+ la punta del disio, e non s'attenta
+ di domandar, si` del troppo si teme;
+
+e la maggiore e la piu` luculenta
+ di quelle margherite innanzi fessi,
+ per far di se' la mia voglia contenta.
+
+Poi dentro a lei udi': <<Se tu vedessi
+ com'io la carita` che tra noi arde,
+ li tuoi concetti sarebbero espressi.
+
+Ma perche' tu, aspettando, non tarde
+ a l'alto fine, io ti faro` risposta
+ pur al pensier, da che si` ti riguarde.
+
+Quel monte a cui Cassino e` ne la costa
+ fu frequentato gia` in su la cima
+ da la gente ingannata e mal disposta;
+
+e quel son io che su` vi portai prima
+ lo nome di colui che 'n terra addusse
+ la verita` che tanto ci soblima;
+
+e tanta grazia sopra me relusse,
+ ch'io ritrassi le ville circunstanti
+ da l'empio colto che 'l mondo sedusse.
+
+Questi altri fuochi tutti contemplanti
+ uomini fuoro, accesi di quel caldo
+ che fa nascere i fiori e ' frutti santi.
+
+Qui e` Maccario, qui e` Romoaldo,
+ qui son li frati miei che dentro ai chiostri
+ fermar li piedi e tennero il cor saldo>>.
+
+E io a lui: <<L'affetto che dimostri
+ meco parlando, e la buona sembianza
+ ch'io veggio e noto in tutti li ardor vostri,
+
+cosi` m'ha dilatata mia fidanza,
+ come 'l sol fa la rosa quando aperta
+ tanto divien quant'ell'ha di possanza.
+
+Pero` ti priego, e tu, padre, m'accerta
+ s'io posso prender tanta grazia, ch'io
+ ti veggia con imagine scoverta>>.
+
+Ond'elli: <<Frate, il tuo alto disio
+ s'adempiera` in su l'ultima spera,
+ ove s'adempion tutti li altri e 'l mio.
+
+Ivi e` perfetta, matura e intera
+ ciascuna disianza; in quella sola
+ e` ogne parte la` ove sempr'era,
+
+perche' non e` in loco e non s'impola;
+ e nostra scala infino ad essa varca,
+ onde cosi` dal viso ti s'invola.
+
+Infin la` su` la vide il patriarca
+ Iacobbe porger la superna parte,
+ quando li apparve d'angeli si` carca.
+
+Ma, per salirla, mo nessun diparte
+ da terra i piedi, e la regola mia
+ rimasa e` per danno de le carte.
+
+Le mura che solieno esser badia
+ fatte sono spelonche, e le cocolle
+ sacca son piene di farina ria.
+
+Ma grave usura tanto non si tolle
+ contra 'l piacer di Dio, quanto quel frutto
+ che fa il cor de' monaci si` folle;
+
+che' quantunque la Chiesa guarda, tutto
+ e` de la gente che per Dio dimanda;
+ non di parenti ne' d'altro piu` brutto.
+
+La carne d'i mortali e` tanto blanda,
+ che giu` non basta buon cominciamento
+ dal nascer de la quercia al far la ghianda.
+
+Pier comincio` sanz'oro e sanz'argento,
+ e io con orazione e con digiuno,
+ e Francesco umilmente il suo convento;
+
+e se guardi 'l principio di ciascuno,
+ poscia riguardi la` dov'e` trascorso,
+ tu vederai del bianco fatto bruno.
+
+Veramente Iordan volto retrorso
+ piu` fu, e 'l mar fuggir, quando Dio volse,
+ mirabile a veder che qui 'l soccorso>>.
+
+Cosi` mi disse, e indi si raccolse
+ al suo collegio, e 'l collegio si strinse;
+ poi, come turbo, in su` tutto s'avvolse.
+
+La dolce donna dietro a lor mi pinse
+ con un sol cenno su per quella scala,
+ si` sua virtu` la mia natura vinse;
+
+ne' mai qua giu` dove si monta e cala
+ naturalmente, fu si` ratto moto
+ ch'agguagliar si potesse a la mia ala.
+
+S'io torni mai, lettore, a quel divoto
+ triunfo per lo quale io piango spesso
+ le mie peccata e 'l petto mi percuoto,
+
+tu non avresti in tanto tratto e messo
+ nel foco il dito, in quant'io vidi 'l segno
+ che segue il Tauro e fui dentro da esso.
+
+O gloriose stelle, o lume pregno
+ di gran virtu`, dal quale io riconosco
+ tutto, qual che si sia, il mio ingegno,
+
+con voi nasceva e s'ascondeva vosco
+ quelli ch'e` padre d'ogne mortal vita,
+ quand'io senti' di prima l'aere tosco;
+
+e poi, quando mi fu grazia largita
+ d'entrar ne l'alta rota che vi gira,
+ la vostra region mi fu sortita.
+
+A voi divotamente ora sospira
+ l'anima mia, per acquistar virtute
+ al passo forte che a se' la tira.
+
+<<Tu se' si` presso a l'ultima salute>>,
+ comincio` Beatrice, <<che tu dei
+ aver le luci tue chiare e acute;
+
+e pero`, prima che tu piu` t'inlei,
+ rimira in giu`, e vedi quanto mondo
+ sotto li piedi gia` esser ti fei;
+
+si` che 'l tuo cor, quantunque puo`, giocondo
+ s'appresenti a la turba triunfante
+ che lieta vien per questo etera tondo>>.
+
+Col viso ritornai per tutte quante
+ le sette spere, e vidi questo globo
+ tal, ch'io sorrisi del suo vil sembiante;
+
+e quel consiglio per migliore approbo
+ che l'ha per meno; e chi ad altro pensa
+ chiamar si puote veramente probo.
+
+Vidi la figlia di Latona incensa
+ sanza quell'ombra che mi fu cagione
+ per che gia` la credetti rara e densa.
+
+L'aspetto del tuo nato, Iperione,
+ quivi sostenni, e vidi com'si move
+ circa e vicino a lui Maia e Dione.
+
+Quindi m'apparve il temperar di Giove
+ tra 'l padre e 'l figlio: e quindi mi fu chiaro
+ il variar che fanno di lor dove;
+
+e tutti e sette mi si dimostraro
+ quanto son grandi e quanto son veloci
+ e come sono in distante riparo.
+
+L'aiuola che ci fa tanto feroci,
+ volgendom'io con li etterni Gemelli,
+ tutta m'apparve da' colli a le foci;
+
+poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.
+
+
+
+Paradiso: Canto XXIII
+
+
+Come l'augello, intra l'amate fronde,
+ posato al nido de' suoi dolci nati
+ la notte che le cose ci nasconde,
+
+che, per veder li aspetti disiati
+ e per trovar lo cibo onde li pasca,
+ in che gravi labor li sono aggrati,
+
+previene il tempo in su aperta frasca,
+ e con ardente affetto il sole aspetta,
+ fiso guardando pur che l'alba nasca;
+
+cosi` la donna mia stava eretta
+ e attenta, rivolta inver' la plaga
+ sotto la quale il sol mostra men fretta:
+
+si` che, veggendola io sospesa e vaga,
+ fecimi qual e` quei che disiando
+ altro vorria, e sperando s'appaga.
+
+Ma poco fu tra uno e altro quando,
+ del mio attender, dico, e del vedere
+ lo ciel venir piu` e piu` rischiarando;
+
+e Beatrice disse: <<Ecco le schiere
+ del triunfo di Cristo e tutto 'l frutto
+ ricolto del girar di queste spere!>>.
+
+Pariemi che 'l suo viso ardesse tutto,
+ e li occhi avea di letizia si` pieni,
+ che passarmen convien sanza costrutto.
+
+Quale ne' plenilunii sereni
+ Trivia ride tra le ninfe etterne
+ che dipingon lo ciel per tutti i seni,
+
+vid'i' sopra migliaia di lucerne
+ un sol che tutte quante l'accendea,
+ come fa 'l nostro le viste superne;
+
+e per la viva luce trasparea
+ la lucente sustanza tanto chiara
+ nel viso mio, che non la sostenea.
+
+Oh Beatrice, dolce guida e cara!
+ Ella mi disse: <<Quel che ti sobranza
+ e` virtu` da cui nulla si ripara.
+
+Quivi e` la sapienza e la possanza
+ ch'apri` le strade tra 'l cielo e la terra,
+ onde fu gia` si` lunga disianza>>.
+
+Come foco di nube si diserra
+ per dilatarsi si` che non vi cape,
+ e fuor di sua natura in giu` s'atterra,
+
+la mente mia cosi`, tra quelle dape
+ fatta piu` grande, di se' stessa uscio,
+ e che si fesse rimembrar non sape.
+
+<<Apri li occhi e riguarda qual son io;
+ tu hai vedute cose, che possente
+ se' fatto a sostener lo riso mio>>.
+
+Io era come quei che si risente
+ di visione oblita e che s'ingegna
+ indarno di ridurlasi a la mente,
+
+quand'io udi' questa proferta, degna
+ di tanto grato, che mai non si stingue
+ del libro che 'l preterito rassegna.
+
+Se mo sonasser tutte quelle lingue
+ che Polimnia con le suore fero
+ del latte lor dolcissimo piu` pingue,
+
+per aiutarmi, al millesmo del vero
+ non si verria, cantando il santo riso
+ e quanto il santo aspetto facea mero;
+
+e cosi`, figurando il paradiso,
+ convien saltar lo sacrato poema,
+ come chi trova suo cammin riciso.
+
+Ma chi pensasse il ponderoso tema
+ e l'omero mortal che se ne carca,
+ nol biasmerebbe se sott'esso trema:
+
+non e` pareggio da picciola barca
+ quel che fendendo va l'ardita prora,
+ ne' da nocchier ch'a se' medesmo parca.
+
+<<Perche' la faccia mia si` t'innamora,
+ che tu non ti rivolgi al bel giardino
+ che sotto i raggi di Cristo s'infiora?
+
+Quivi e` la rosa in che 'l verbo divino
+ carne si fece; quivi son li gigli
+ al cui odor si prese il buon cammino>>.
+
+Cosi` Beatrice; e io, che a' suoi consigli
+ tutto era pronto, ancora mi rendei
+ a la battaglia de' debili cigli.
+
+Come a raggio di sol che puro mei
+ per fratta nube, gia` prato di fiori
+ vider, coverti d'ombra, li occhi miei;
+
+vid'io cosi` piu` turbe di splendori,
+ folgorate di su` da raggi ardenti,
+ sanza veder principio di folgori.
+
+O benigna vertu` che si` li 'mprenti,
+ su` t'essaltasti, per largirmi loco
+ a li occhi li` che non t'eran possenti.
+
+Il nome del bel fior ch'io sempre invoco
+ e mane e sera, tutto mi ristrinse
+ l'animo ad avvisar lo maggior foco;
+
+e come ambo le luci mi dipinse
+ il quale e il quanto de la viva stella
+ che la` su` vince come qua giu` vinse,
+
+per entro il cielo scese una facella,
+ formata in cerchio a guisa di corona,
+ e cinsela e girossi intorno ad ella.
+
+Qualunque melodia piu` dolce suona
+ qua giu` e piu` a se' l'anima tira,
+ parrebbe nube che squarciata tona,
+
+comparata al sonar di quella lira
+ onde si coronava il bel zaffiro
+ del quale il ciel piu` chiaro s'inzaffira.
+
+<<Io sono amore angelico, che giro
+ l'alta letizia che spira del ventre
+ che fu albergo del nostro disiro;
+
+e girerommi, donna del ciel, mentre
+ che seguirai tuo figlio, e farai dia
+ piu` la spera suprema perche' li` entre>>.
+
+Cosi` la circulata melodia
+ si sigillava, e tutti li altri lumi
+ facean sonare il nome di Maria.
+
+Lo real manto di tutti i volumi
+ del mondo, che piu` ferve e piu` s'avviva
+ ne l'alito di Dio e nei costumi,
+
+avea sopra di noi l'interna riva
+ tanto distante, che la sua parvenza,
+ la` dov'io era, ancor non appariva:
+
+pero` non ebber li occhi miei potenza
+ di seguitar la coronata fiamma
+ che si levo` appresso sua semenza.
+
+E come fantolin che 'nver' la mamma
+ tende le braccia, poi che 'l latte prese,
+ per l'animo che 'nfin di fuor s'infiamma;
+
+ciascun di quei candori in su` si stese
+ con la sua cima, si` che l'alto affetto
+ ch'elli avieno a Maria mi fu palese.
+
+Indi rimaser li` nel mio cospetto,
+ 'Regina celi' cantando si` dolce,
+ che mai da me non si parti` 'l diletto.
+
+Oh quanta e` l'uberta` che si soffolce
+ in quelle arche ricchissime che fuoro
+ a seminar qua giu` buone bobolce!
+
+Quivi si vive e gode del tesoro
+ che s'acquisto` piangendo ne lo essilio
+ di Babillon, ove si lascio` l'oro.
+
+Quivi triunfa, sotto l'alto Filio
+ di Dio e di Maria, di sua vittoria,
+ e con l'antico e col novo concilio,
+
+colui che tien le chiavi di tal gloria.
+
+
+
+Paradiso: Canto XXIV
+
+
+<<O sodalizio eletto a la gran cena
+ del benedetto Agnello, il qual vi ciba
+ si`, che la vostra voglia e` sempre piena,
+
+se per grazia di Dio questi preliba
+ di quel che cade de la vostra mensa,
+ prima che morte tempo li prescriba,
+
+ponete mente a l'affezione immensa
+ e roratelo alquanto: voi bevete
+ sempre del fonte onde vien quel ch'ei pensa>>.
+
+Cosi` Beatrice; e quelle anime liete
+ si fero spere sopra fissi poli,
+ fiammando, a volte, a guisa di comete.
+
+E come cerchi in tempra d'oriuoli
+ si giran si`, che 'l primo a chi pon mente
+ quieto pare, e l'ultimo che voli;
+
+cosi` quelle carole, differente-
+ mente danzando, de la sua ricchezza
+ mi facieno stimar, veloci e lente.
+
+Di quella ch'io notai di piu` carezza
+ vid'io uscire un foco si` felice,
+ che nullo vi lascio` di piu` chiarezza;
+
+e tre fiate intorno di Beatrice
+ si volse con un canto tanto divo,
+ che la mia fantasia nol mi ridice.
+
+Pero` salta la penna e non lo scrivo:
+ che' l'imagine nostra a cotai pieghe,
+ non che 'l parlare, e` troppo color vivo.
+
+<<O santa suora mia che si` ne prieghe
+ divota, per lo tuo ardente affetto
+ da quella bella spera mi disleghe>>.
+
+Poscia fermato, il foco benedetto
+ a la mia donna dirizzo` lo spiro,
+ che favello` cosi` com'i' ho detto.
+
+Ed ella: <<O luce etterna del gran viro
+ a cui Nostro Segnor lascio` le chiavi,
+ ch'ei porto` giu`, di questo gaudio miro,
+
+tenta costui di punti lievi e gravi,
+ come ti piace, intorno de la fede,
+ per la qual tu su per lo mare andavi.
+
+S'elli ama bene e bene spera e crede,
+ non t'e` occulto, perche' 'l viso hai quivi
+ dov'ogne cosa dipinta si vede;
+
+ma perche' questo regno ha fatto civi
+ per la verace fede, a gloriarla,
+ di lei parlare e` ben ch'a lui arrivi>>.
+
+Si` come il baccialier s'arma e non parla
+ fin che 'l maestro la question propone,
+ per approvarla, non per terminarla,
+
+cosi` m'armava io d'ogne ragione
+ mentre ch'ella dicea, per esser presto
+ a tal querente e a tal professione.
+
+<<Di', buon Cristiano, fatti manifesto:
+ fede che e`?>>. Ond'io levai la fronte
+ in quella luce onde spirava questo;
+
+poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte
+ sembianze femmi perch'io spandessi
+ l'acqua di fuor del mio interno fonte.
+
+<<La Grazia che mi da` ch'io mi confessi>>,
+ comincia' io, <<da l'alto primipilo,
+ faccia li miei concetti bene espressi>>.
+
+E seguitai: <<Come 'l verace stilo
+ ne scrisse, padre, del tuo caro frate
+ che mise teco Roma nel buon filo,
+
+fede e` sustanza di cose sperate
+ e argomento de le non parventi;
+ e questa pare a me sua quiditate>>.
+
+Allora udi': <<Dirittamente senti,
+ se bene intendi perche' la ripuose
+ tra le sustanze, e poi tra li argomenti>>.
+
+E io appresso: <<Le profonde cose
+ che mi largiscon qui la lor parvenza,
+ a li occhi di la` giu` son si` ascose,
+
+che l'esser loro v'e` in sola credenza,
+ sopra la qual si fonda l'alta spene;
+ e pero` di sustanza prende intenza.
+
+E da questa credenza ci convene
+ silogizzar, sanz'avere altra vista:
+ pero` intenza d'argomento tene>>.
+
+Allora udi': <<Se quantunque s'acquista
+ giu` per dottrina, fosse cosi` 'nteso,
+ non li` avria loco ingegno di sofista>>.
+
+Cosi` spiro` di quello amore acceso;
+ indi soggiunse: <<Assai bene e` trascorsa
+ d'esta moneta gia` la lega e 'l peso;
+
+ma dimmi se tu l'hai ne la tua borsa>>.
+ Ond'io: <<Si` ho, si` lucida e si` tonda,
+ che nel suo conio nulla mi s'inforsa>>.
+
+Appresso usci` de la luce profonda
+ che li` splendeva: <<Questa cara gioia
+ sopra la quale ogne virtu` si fonda,
+
+onde ti venne?>>. E io: <<La larga ploia
+ de lo Spirito Santo, ch'e` diffusa
+ in su le vecchie e 'n su le nuove cuoia,
+
+e` silogismo che la m'ha conchiusa
+ acutamente si`, che 'nverso d'ella
+ ogne dimostrazion mi pare ottusa>>.
+
+Io udi' poi: <<L'antica e la novella
+ proposizion che cosi` ti conchiude,
+ perche' l'hai tu per divina favella?>>.
+
+E io: <<La prova che 'l ver mi dischiude,
+ son l'opere seguite, a che natura
+ non scalda ferro mai ne' batte incude>>.
+
+Risposto fummi: <<Di', chi t'assicura
+ che quell'opere fosser? Quel medesmo
+ che vuol provarsi, non altri, il ti giura>>.
+
+<<Se 'l mondo si rivolse al cristianesmo>>,
+ diss'io, <<sanza miracoli, quest'uno
+ e` tal, che li altri non sono il centesmo:
+
+che' tu intrasti povero e digiuno
+ in campo, a seminar la buona pianta
+ che fu gia` vite e ora e` fatta pruno>>.
+
+Finito questo, l'alta corte santa
+ risono` per le spere un 'Dio laudamo'
+ ne la melode che la` su` si canta.
+
+E quel baron che si` di ramo in ramo,
+ essaminando, gia` tratto m'avea,
+ che a l'ultime fronde appressavamo,
+
+ricomincio`: <<La Grazia, che donnea
+ con la tua mente, la bocca t'aperse
+ infino a qui come aprir si dovea,
+
+si` ch'io approvo cio` che fuori emerse;
+ ma or conviene espremer quel che credi,
+ e onde a la credenza tua s'offerse>>.
+
+<<O santo padre, e spirito che vedi
+ cio` che credesti si`, che tu vincesti
+ ver' lo sepulcro piu` giovani piedi>>,
+
+comincia' io, <<tu vuo' ch'io manifesti
+ la forma qui del pronto creder mio,
+ e anche la cagion di lui chiedesti.
+
+E io rispondo: Io credo in uno Dio
+ solo ed etterno, che tutto 'l ciel move,
+ non moto, con amore e con disio;
+
+e a tal creder non ho io pur prove
+ fisice e metafisice, ma dalmi
+ anche la verita` che quinci piove
+
+per Moise`, per profeti e per salmi,
+ per l'Evangelio e per voi che scriveste
+ poi che l'ardente Spirto vi fe' almi;
+
+e credo in tre persone etterne, e queste
+ credo una essenza si` una e si` trina,
+ che soffera congiunto 'sono' ed 'este'.
+
+De la profonda condizion divina
+ ch'io tocco mo, la mente mi sigilla
+ piu` volte l'evangelica dottrina.
+
+Quest'e` 'l principio, quest'e` la favilla
+ che si dilata in fiamma poi vivace,
+ e come stella in cielo in me scintilla>>.
+
+Come 'l segnor ch'ascolta quel che i piace,
+ da indi abbraccia il servo, gratulando
+ per la novella, tosto ch'el si tace;
+
+cosi`, benedicendomi cantando,
+ tre volte cinse me, si` com'io tacqui,
+ l'appostolico lume al cui comando
+
+io avea detto: si` nel dir li piacqui!
+
+
+
+Paradiso: Canto XXV
+
+
+Se mai continga che 'l poema sacro
+ al quale ha posto mano e cielo e terra,
+ si` che m'ha fatto per molti anni macro,
+
+vinca la crudelta` che fuor mi serra
+ del bello ovile ov'io dormi' agnello,
+ nimico ai lupi che li danno guerra;
+
+con altra voce omai, con altro vello
+ ritornero` poeta, e in sul fonte
+ del mio battesmo prendero` 'l cappello;
+
+pero` che ne la fede, che fa conte
+ l'anime a Dio, quivi intra' io, e poi
+ Pietro per lei si` mi giro` la fronte.
+
+Indi si mosse un lume verso noi
+ di quella spera ond'usci` la primizia
+ che lascio` Cristo d'i vicari suoi;
+
+e la mia donna, piena di letizia,
+ mi disse: <<Mira, mira: ecco il barone
+ per cui la` giu` si vicita Galizia>>.
+
+Si` come quando il colombo si pone
+ presso al compagno, l'uno a l'altro pande,
+ girando e mormorando, l'affezione;
+
+cosi` vid'io l'un da l'altro grande
+ principe glorioso essere accolto,
+ laudando il cibo che la` su` li prande.
+
+Ma poi che 'l gratular si fu assolto,
+ tacito coram me ciascun s'affisse,
+ ignito si` che vincea 'l mio volto.
+
+Ridendo allora Beatrice disse:
+ <<Inclita vita per cui la larghezza
+ de la nostra basilica si scrisse,
+
+fa risonar la spene in questa altezza:
+ tu sai, che tante fiate la figuri,
+ quante Iesu` ai tre fe' piu` carezza>>.
+
+<<Leva la testa e fa che t'assicuri:
+ che cio` che vien qua su` del mortal mondo,
+ convien ch'ai nostri raggi si maturi>>.
+
+Questo conforto del foco secondo
+ mi venne; ond'io levai li occhi a' monti
+ che li 'ncurvaron pria col troppo pondo.
+
+<<Poi che per grazia vuol che tu t'affronti
+ lo nostro Imperadore, anzi la morte,
+ ne l'aula piu` secreta co' suoi conti,
+
+si` che, veduto il ver di questa corte,
+ la spene, che la` giu` bene innamora,
+ in te e in altrui di cio` conforte,
+
+di' quel ch'ell'e`, di' come se ne 'nfiora
+ la mente tua, e di` onde a te venne>>.
+ Cosi` segui` 'l secondo lume ancora.
+
+E quella pia che guido` le penne
+ de le mie ali a cosi` alto volo,
+ a la risposta cosi` mi prevenne:
+
+<<La Chiesa militante alcun figliuolo
+ non ha con piu` speranza, com'e` scritto
+ nel Sol che raggia tutto nostro stuolo:
+
+pero` li e` conceduto che d'Egitto
+ vegna in Ierusalemme per vedere,
+ anzi che 'l militar li sia prescritto.
+
+Li altri due punti, che non per sapere
+ son dimandati, ma perch'ei rapporti
+ quanto questa virtu` t'e` in piacere,
+
+a lui lasc'io, che' non li saran forti
+ ne' di iattanza; ed elli a cio` risponda,
+ e la grazia di Dio cio` li comporti>>.
+
+Come discente ch'a dottor seconda
+ pronto e libente in quel ch'elli e` esperto,
+ perche' la sua bonta` si disasconda,
+
+<<Spene>>, diss'io, <<e` uno attender certo
+ de la gloria futura, il qual produce
+ grazia divina e precedente merto.
+
+Da molte stelle mi vien questa luce;
+ ma quei la distillo` nel mio cor pria
+ che fu sommo cantor del sommo duce.
+
+'Sperino in te', ne la sua teodia
+ dice, 'color che sanno il nome tuo':
+ e chi nol sa, s'elli ha la fede mia?
+
+Tu mi stillasti, con lo stillar suo,
+ ne la pistola poi; si` ch'io son pieno,
+ e in altrui vostra pioggia repluo>>.
+
+Mentr' io diceva, dentro al vivo seno
+ di quello incendio tremolava un lampo
+ subito e spesso a guisa di baleno.
+
+Indi spiro`: <<L'amore ond'io avvampo
+ ancor ver' la virtu` che mi seguette
+ infin la palma e a l'uscir del campo,
+
+vuol ch'io respiri a te che ti dilette
+ di lei; ed emmi a grato che tu diche
+ quello che la speranza ti 'mpromette>>.
+
+E io: <<Le nove e le scritture antiche
+ pongon lo segno, ed esso lo mi addita,
+ de l'anime che Dio s'ha fatte amiche.
+
+Dice Isaia che ciascuna vestita
+ ne la sua terra fia di doppia vesta:
+ e la sua terra e` questa dolce vita;
+
+e 'l tuo fratello assai vie piu` digesta,
+ la` dove tratta de le bianche stole,
+ questa revelazion ci manifesta>>.
+
+E prima, appresso al fin d'este parole,
+ 'Sperent in te' di sopr'a noi s'udi`;
+ a che rispuoser tutte le carole.
+
+Poscia tra esse un lume si schiari`
+ si` che, se 'l Cancro avesse un tal cristallo,
+ l'inverno avrebbe un mese d'un sol di`.
+
+E come surge e va ed entra in ballo
+ vergine lieta, sol per fare onore
+ a la novizia, non per alcun fallo,
+
+cosi` vid'io lo schiarato splendore
+ venire a' due che si volgieno a nota
+ qual conveniesi al loro ardente amore.
+
+Misesi li` nel canto e ne la rota;
+ e la mia donna in lor tenea l'aspetto,
+ pur come sposa tacita e immota.
+
+<<Questi e` colui che giacque sopra 'l petto
+ del nostro pellicano, e questi fue
+ di su la croce al grande officio eletto>>.
+
+La donna mia cosi`; ne' pero` piue
+ mosser la vista sua di stare attenta
+ poscia che prima le parole sue.
+
+Qual e` colui ch'adocchia e s'argomenta
+ di vedere eclissar lo sole un poco,
+ che, per veder, non vedente diventa;
+
+tal mi fec'io a quell'ultimo foco
+ mentre che detto fu: <<Perche' t'abbagli
+ per veder cosa che qui non ha loco?
+
+In terra e` terra il mio corpo, e saragli
+ tanto con li altri, che 'l numero nostro
+ con l'etterno proposito s'agguagli.
+
+Con le due stole nel beato chiostro
+ son le due luci sole che saliro;
+ e questo apporterai nel mondo vostro>>.
+
+A questa voce l'infiammato giro
+ si quieto` con esso il dolce mischio
+ che si facea nel suon del trino spiro,
+
+si` come, per cessar fatica o rischio,
+ li remi, pria ne l'acqua ripercossi,
+ tutti si posano al sonar d'un fischio.
+
+Ahi quanto ne la mente mi commossi,
+ quando mi volsi per veder Beatrice,
+ per non poter veder, benche' io fossi
+
+presso di lei, e nel mondo felice!
+
+
+
+Paradiso: Canto XXVI
+
+
+Mentr'io dubbiava per lo viso spento,
+ de la fulgida fiamma che lo spense
+ usci` un spiro che mi fece attento,
+
+dicendo: <<Intanto che tu ti risense
+ de la vista che hai in me consunta,
+ ben e` che ragionando la compense.
+
+Comincia dunque; e di' ove s'appunta
+ l'anima tua, e fa' ragion che sia
+ la vista in te smarrita e non defunta:
+
+perche' la donna che per questa dia
+ region ti conduce, ha ne lo sguardo
+ la virtu` ch'ebbe la man d'Anania>>.
+
+Io dissi: <<Al suo piacere e tosto e tardo
+ vegna remedio a li occhi, che fuor porte
+ quand'ella entro` col foco ond'io sempr'ardo.
+
+Lo ben che fa contenta questa corte,
+ Alfa e O e` di quanta scrittura
+ mi legge Amore o lievemente o forte>>.
+
+Quella medesma voce che paura
+ tolta m'avea del subito abbarbaglio,
+ di ragionare ancor mi mise in cura;
+
+e disse: <<Certo a piu` angusto vaglio
+ ti conviene schiarar: dicer convienti
+ chi drizzo` l'arco tuo a tal berzaglio>>.
+
+E io: <<Per filosofici argomenti
+ e per autorita` che quinci scende
+ cotale amor convien che in me si 'mprenti:
+
+che' 'l bene, in quanto ben, come s'intende,
+ cosi` accende amore, e tanto maggio
+ quanto piu` di bontate in se' comprende.
+
+Dunque a l'essenza ov'e` tanto avvantaggio,
+ che ciascun ben che fuor di lei si trova
+ altro non e` ch'un lume di suo raggio,
+
+piu` che in altra convien che si mova
+ la mente, amando, di ciascun che cerne
+ il vero in che si fonda questa prova.
+
+Tal vero a l'intelletto mio sterne
+ colui che mi dimostra il primo amore
+ di tutte le sustanze sempiterne.
+
+Sternel la voce del verace autore,
+ che dice a Moise`, di se' parlando:
+ 'Io ti faro` vedere ogne valore'.
+
+Sternilmi tu ancora, incominciando
+ l'alto preconio che grida l'arcano
+ di qui la` giu` sovra ogne altro bando>>.
+
+E io udi': <<Per intelletto umano
+ e per autoritadi a lui concorde
+ d'i tuoi amori a Dio guarda il sovrano.
+
+Ma di' ancor se tu senti altre corde
+ tirarti verso lui, si` che tu suone
+ con quanti denti questo amor ti morde>>.
+
+Non fu latente la santa intenzione
+ de l'aguglia di Cristo, anzi m'accorsi
+ dove volea menar mia professione.
+
+Pero` ricominciai: <<Tutti quei morsi
+ che posson far lo cor volgere a Dio,
+ a la mia caritate son concorsi:
+
+che' l'essere del mondo e l'esser mio,
+ la morte ch'el sostenne perch'io viva,
+ e quel che spera ogne fedel com'io,
+
+con la predetta conoscenza viva,
+ tratto m'hanno del mar de l'amor torto,
+ e del diritto m'han posto a la riva.
+
+Le fronde onde s'infronda tutto l'orto
+ de l'ortolano etterno, am'io cotanto
+ quanto da lui a lor di bene e` porto>>.
+
+Si` com'io tacqui, un dolcissimo canto
+ risono` per lo cielo, e la mia donna
+ dicea con li altri: <<Santo, santo, santo!>>.
+
+E come a lume acuto si disonna
+ per lo spirto visivo che ricorre
+ a lo splendor che va di gonna in gonna,
+
+e lo svegliato cio` che vede aborre,
+ si` nescia e` la subita vigilia
+ fin che la stimativa non soccorre;
+
+cosi` de li occhi miei ogni quisquilia
+ fugo` Beatrice col raggio d'i suoi,
+ che rifulgea da piu` di mille milia:
+
+onde mei che dinanzi vidi poi;
+ e quasi stupefatto domandai
+ d'un quarto lume ch'io vidi tra noi.
+
+E la mia donna: <<Dentro da quei rai
+ vagheggia il suo fattor l'anima prima
+ che la prima virtu` creasse mai>>.
+
+Come la fronda che flette la cima
+ nel transito del vento, e poi si leva
+ per la propria virtu` che la soblima,
+
+fec'io in tanto in quant'ella diceva,
+ stupendo, e poi mi rifece sicuro
+ un disio di parlare ond'io ardeva.
+
+E cominciai: <<O pomo che maturo
+ solo prodotto fosti, o padre antico
+ a cui ciascuna sposa e` figlia e nuro,
+
+divoto quanto posso a te supplico
+ perche' mi parli: tu vedi mia voglia,
+ e per udirti tosto non la dico>>.
+
+Talvolta un animal coverto broglia,
+ si` che l'affetto convien che si paia
+ per lo seguir che face a lui la 'nvoglia;
+
+e similmente l'anima primaia
+ mi facea trasparer per la coverta
+ quant'ella a compiacermi venia gaia.
+
+Indi spiro`: <<Sanz'essermi proferta
+ da te, la voglia tua discerno meglio
+ che tu qualunque cosa t'e` piu` certa;
+
+perch'io la veggio nel verace speglio
+ che fa di se' pareglio a l'altre cose,
+ e nulla face lui di se' pareglio.
+
+Tu vuogli udir quant'e` che Dio mi puose
+ ne l'eccelso giardino, ove costei
+ a cosi` lunga scala ti dispuose,
+
+e quanto fu diletto a li occhi miei,
+ e la propria cagion del gran disdegno,
+ e l'idioma ch'usai e che fei.
+
+Or, figluol mio, non il gustar del legno
+ fu per se' la cagion di tanto essilio,
+ ma solamente il trapassar del segno.
+
+Quindi onde mosse tua donna Virgilio,
+ quattromilia trecento e due volumi
+ di sol desiderai questo concilio;
+
+e vidi lui tornare a tutt'i lumi
+ de la sua strada novecento trenta
+ fiate, mentre ch'io in terra fu' mi.
+
+La lingua ch'io parlai fu tutta spenta
+ innanzi che a l'ovra inconsummabile
+ fosse la gente di Nembrot attenta:
+
+che' nullo effetto mai razionabile,
+ per lo piacere uman che rinovella
+ seguendo il cielo, sempre fu durabile.
+
+Opera naturale e` ch'uom favella;
+ ma cosi` o cosi`, natura lascia
+ poi fare a voi secondo che v'abbella.
+
+Pria ch'i' scendessi a l'infernale ambascia,
+ I s'appellava in terra il sommo bene
+ onde vien la letizia che mi fascia;
+
+e El si chiamo` poi: e cio` convene,
+ che' l'uso d'i mortali e` come fronda
+ in ramo, che sen va e altra vene.
+
+Nel monte che si leva piu` da l'onda,
+ fu' io, con vita pura e disonesta,
+ da la prim'ora a quella che seconda,
+
+come 'l sol muta quadra, l'ora sesta>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XXVII
+
+
+'Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo',
+ comincio`, 'gloria!', tutto 'l paradiso,
+ si` che m'inebriava il dolce canto.
+
+Cio` ch'io vedeva mi sembiava un riso
+ de l'universo; per che mia ebbrezza
+ intrava per l'udire e per lo viso.
+
+Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!
+ oh vita integra d'amore e di pace!
+ oh sanza brama sicura ricchezza!
+
+Dinanzi a li occhi miei le quattro face
+ stavano accese, e quella che pria venne
+ incomincio` a farsi piu` vivace,
+
+e tal ne la sembianza sua divenne,
+ qual diverrebbe Iove, s'elli e Marte
+ fossero augelli e cambiassersi penne.
+
+La provedenza, che quivi comparte
+ vice e officio, nel beato coro
+ silenzio posto avea da ogne parte,
+
+quand'io udi': <<Se io mi trascoloro,
+ non ti maravigliar, che', dicend'io,
+ vedrai trascolorar tutti costoro.
+
+Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio,
+ il luogo mio, il luogo mio, che vaca
+ ne la presenza del Figliuol di Dio,
+
+fatt'ha del cimitero mio cloaca
+ del sangue e de la puzza; onde 'l perverso
+ che cadde di qua su`, la` giu` si placa>>.
+
+Di quel color che per lo sole avverso
+ nube dipigne da sera e da mane,
+ vid'io allora tutto 'l ciel cosperso.
+
+E come donna onesta che permane
+ di se' sicura, e per l'altrui fallanza,
+ pur ascoltando, timida si fane,
+
+cosi` Beatrice trasmuto` sembianza;
+ e tale eclissi credo che 'n ciel fue,
+ quando pati` la supprema possanza.
+
+Poi procedetter le parole sue
+ con voce tanto da se' trasmutata,
+ che la sembianza non si muto` piue:
+
+<<Non fu la sposa di Cristo allevata
+ del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,
+ per essere ad acquisto d'oro usata;
+
+ma per acquisto d'esto viver lieto
+ e Sisto e Pio e Calisto e Urbano
+ sparser lo sangue dopo molto fleto.
+
+Non fu nostra intenzion ch'a destra mano
+ d'i nostri successor parte sedesse,
+ parte da l'altra del popol cristiano;
+
+ne' che le chiavi che mi fuor concesse,
+ divenisser signaculo in vessillo
+ che contra battezzati combattesse;
+
+ne' ch'io fossi figura di sigillo
+ a privilegi venduti e mendaci,
+ ond'io sovente arrosso e disfavillo.
+
+In vesta di pastor lupi rapaci
+ si veggion di qua su` per tutti i paschi:
+ o difesa di Dio, perche' pur giaci?
+
+Del sangue nostro Caorsini e Guaschi
+ s'apparecchian di bere: o buon principio,
+ a che vil fine convien che tu caschi!
+
+Ma l'alta provedenza, che con Scipio
+ difese a Roma la gloria del mondo,
+ soccorra` tosto, si` com'io concipio;
+
+e tu, figliuol, che per lo mortal pondo
+ ancor giu` tornerai, apri la bocca,
+ e non asconder quel ch'io non ascondo>>.
+
+Si` come di vapor gelati fiocca
+ in giuso l'aere nostro, quando 'l corno
+ de la capra del ciel col sol si tocca,
+
+in su` vid'io cosi` l'etera addorno
+ farsi e fioccar di vapor triunfanti
+ che fatto avien con noi quivi soggiorno.
+
+Lo viso mio seguiva i suoi sembianti,
+ e segui` fin che 'l mezzo, per lo molto,
+ li tolse il trapassar del piu` avanti.
+
+Onde la donna, che mi vide assolto
+ de l'attendere in su`, mi disse: <<Adima
+ il viso e guarda come tu se' volto>>.
+
+Da l'ora ch'io avea guardato prima
+ i' vidi mosso me per tutto l'arco
+ che fa dal mezzo al fine il primo clima;
+
+si` ch'io vedea di la` da Gade il varco
+ folle d'Ulisse, e di qua presso il lito
+ nel qual si fece Europa dolce carco.
+
+E piu` mi fora discoverto il sito
+ di questa aiuola; ma 'l sol procedea
+ sotto i mie' piedi un segno e piu` partito.
+
+La mente innamorata, che donnea
+ con la mia donna sempre, di ridure
+ ad essa li occhi piu` che mai ardea;
+
+e se natura o arte fe' pasture
+ da pigliare occhi, per aver la mente,
+ in carne umana o ne le sue pitture,
+
+tutte adunate, parrebber niente
+ ver' lo piacer divin che mi refulse,
+ quando mi volsi al suo viso ridente.
+
+E la virtu` che lo sguardo m'indulse,
+ del bel nido di Leda mi divelse,
+ e nel ciel velocissimo m'impulse.
+
+Le parti sue vivissime ed eccelse
+ si` uniforme son, ch'i' non so dire
+ qual Beatrice per loco mi scelse.
+
+Ma ella, che vedea 'l mio disire,
+ incomincio`, ridendo tanto lieta,
+ che Dio parea nel suo volto gioire:
+
+<<La natura del mondo, che quieta
+ il mezzo e tutto l'altro intorno move,
+ quinci comincia come da sua meta;
+
+e questo cielo non ha altro dove
+ che la mente divina, in che s'accende
+ l'amor che 'l volge e la virtu` ch'ei piove.
+
+Luce e amor d'un cerchio lui comprende,
+ si` come questo li altri; e quel precinto
+ colui che 'l cinge solamente intende.
+
+Non e` suo moto per altro distinto,
+ ma li altri son mensurati da questo,
+ si` come diece da mezzo e da quinto;
+
+e come il tempo tegna in cotal testo
+ le sue radici e ne li altri le fronde,
+ omai a te puo` esser manifesto.
+
+Oh cupidigia che i mortali affonde
+ si` sotto te, che nessuno ha podere
+ di trarre li occhi fuor de le tue onde!
+
+Ben fiorisce ne li uomini il volere;
+ ma la pioggia continua converte
+ in bozzacchioni le sosine vere.
+
+Fede e innocenza son reperte
+ solo ne' parvoletti; poi ciascuna
+ pria fugge che le guance sian coperte.
+
+Tale, balbuziendo ancor, digiuna,
+ che poi divora, con la lingua sciolta,
+ qualunque cibo per qualunque luna;
+
+e tal, balbuziendo, ama e ascolta
+ la madre sua, che, con loquela intera,
+ disia poi di vederla sepolta.
+
+Cosi` si fa la pelle bianca nera
+ nel primo aspetto de la bella figlia
+ di quel ch'apporta mane e lascia sera.
+
+Tu, perche' non ti facci maraviglia,
+ pensa che 'n terra non e` chi governi;
+ onde si` svia l'umana famiglia.
+
+Ma prima che gennaio tutto si sverni
+ per la centesma ch'e` la` giu` negletta,
+ raggeran si` questi cerchi superni,
+
+che la fortuna che tanto s'aspetta,
+ le poppe volgera` u' son le prore,
+ si` che la classe correra` diretta;
+
+e vero frutto verra` dopo 'l fiore>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XXVIII
+
+
+Poscia che 'ncontro a la vita presente
+ d'i miseri mortali aperse 'l vero
+ quella che 'mparadisa la mia mente,
+
+come in lo specchio fiamma di doppiero
+ vede colui che se n'alluma retro,
+ prima che l'abbia in vista o in pensiero,
+
+e se' rivolge per veder se 'l vetro
+ li dice il vero, e vede ch'el s'accorda
+ con esso come nota con suo metro;
+
+cosi` la mia memoria si ricorda
+ ch'io feci riguardando ne' belli occhi
+ onde a pigliarmi fece Amor la corda.
+
+E com'io mi rivolsi e furon tocchi
+ li miei da cio` che pare in quel volume,
+ quandunque nel suo giro ben s'adocchi,
+
+un punto vidi che raggiava lume
+ acuto si`, che 'l viso ch'elli affoca
+ chiuder conviensi per lo forte acume;
+
+e quale stella par quinci piu` poca,
+ parrebbe luna, locata con esso
+ come stella con stella si colloca.
+
+Forse cotanto quanto pare appresso
+ alo cigner la luce che 'l dipigne
+ quando 'l vapor che 'l porta piu` e` spesso,
+
+distante intorno al punto un cerchio d'igne
+ si girava si` ratto, ch'avria vinto
+ quel moto che piu` tosto il mondo cigne;
+
+e questo era d'un altro circumcinto,
+ e quel dal terzo, e 'l terzo poi dal quarto,
+ dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinto.
+
+Sopra seguiva il settimo si` sparto
+ gia` di larghezza, che 'l messo di Iuno
+ intero a contenerlo sarebbe arto.
+
+Cosi` l'ottavo e 'l nono; e chiascheduno
+ piu` tardo si movea, secondo ch'era
+ in numero distante piu` da l'uno;
+
+e quello avea la fiamma piu` sincera
+ cui men distava la favilla pura,
+ credo, pero` che piu` di lei s'invera.
+
+La donna mia, che mi vedea in cura
+ forte sospeso, disse: <<Da quel punto
+ depende il cielo e tutta la natura.
+
+Mira quel cerchio che piu` li e` congiunto;
+ e sappi che 'l suo muovere e` si` tosto
+ per l'affocato amore ond'elli e` punto>>.
+
+E io a lei: <<Se 'l mondo fosse posto
+ con l'ordine ch'io veggio in quelle rote,
+ sazio m'avrebbe cio` che m'e` proposto;
+
+ma nel mondo sensibile si puote
+ veder le volte tanto piu` divine,
+ quant'elle son dal centro piu` remote.
+
+Onde, se 'l mio disir dee aver fine
+ in questo miro e angelico templo
+ che solo amore e luce ha per confine,
+
+udir convienmi ancor come l'essemplo
+ e l'essemplare non vanno d'un modo,
+ che' io per me indarno a cio` contemplo>>.
+
+<<Se li tuoi diti non sono a tal nodo
+ sufficienti, non e` maraviglia:
+ tanto, per non tentare, e` fatto sodo!>>.
+
+Cosi` la donna mia; poi disse: <<Piglia
+ quel ch'io ti dicero`, se vuo' saziarti;
+ e intorno da esso t'assottiglia.
+
+Li cerchi corporai sono ampi e arti
+ secondo il piu` e 'l men de la virtute
+ che si distende per tutte lor parti.
+
+Maggior bonta` vuol far maggior salute;
+ maggior salute maggior corpo cape,
+ s'elli ha le parti igualmente compiute.
+
+Dunque costui che tutto quanto rape
+ l'altro universo seco, corrisponde
+ al cerchio che piu` ama e che piu` sape:
+
+per che, se tu a la virtu` circonde
+ la tua misura, non a la parvenza
+ de le sustanze che t'appaion tonde,
+
+tu vederai mirabil consequenza
+ di maggio a piu` e di minore a meno,
+ in ciascun cielo, a sua intelligenza>>.
+
+Come rimane splendido e sereno
+ l'emisperio de l'aere, quando soffia
+ Borea da quella guancia ond'e` piu` leno,
+
+per che si purga e risolve la roffia
+ che pria turbava, si` che 'l ciel ne ride
+ con le bellezze d'ogne sua paroffia;
+
+cosi` fec'io, poi che mi provide
+ la donna mia del suo risponder chiaro,
+ e come stella in cielo il ver si vide.
+
+E poi che le parole sue restaro,
+ non altrimenti ferro disfavilla
+ che bolle, come i cerchi sfavillaro.
+
+L'incendio suo seguiva ogne scintilla;
+ ed eran tante, che 'l numero loro
+ piu` che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla.
+
+Io sentiva osannar di coro in coro
+ al punto fisso che li tiene a li ubi,
+ e terra` sempre, ne' quai sempre fuoro.
+
+E quella che vedea i pensier dubi
+ ne la mia mente, disse: <<I cerchi primi
+ t'hanno mostrato Serafi e Cherubi.
+
+Cosi` veloci seguono i suoi vimi,
+ per somigliarsi al punto quanto ponno;
+ e posson quanto a veder son soblimi.
+
+Quelli altri amori che 'ntorno li vonno,
+ si chiaman Troni del divino aspetto,
+ per che 'l primo ternaro terminonno;
+
+e dei saper che tutti hanno diletto
+ quanto la sua veduta si profonda
+ nel vero in che si queta ogne intelletto.
+
+Quinci si puo` veder come si fonda
+ l'essere beato ne l'atto che vede,
+ non in quel ch'ama, che poscia seconda;
+
+e del vedere e` misura mercede,
+ che grazia partorisce e buona voglia:
+ cosi` di grado in grado si procede.
+
+L'altro ternaro, che cosi` germoglia
+ in questa primavera sempiterna
+ che notturno Ariete non dispoglia,
+
+perpetualemente 'Osanna' sberna
+ con tre melode, che suonano in tree
+ ordini di letizia onde s'interna.
+
+In essa gerarcia son l'altre dee:
+ prima Dominazioni, e poi Virtudi;
+ l'ordine terzo di Podestadi ee.
+
+Poscia ne' due penultimi tripudi
+ Principati e Arcangeli si girano;
+ l'ultimo e` tutto d'Angelici ludi.
+
+Questi ordini di su` tutti s'ammirano,
+ e di giu` vincon si`, che verso Dio
+ tutti tirati sono e tutti tirano.
+
+E Dionisio con tanto disio
+ a contemplar questi ordini si mise,
+ che li nomo` e distinse com'io.
+
+Ma Gregorio da lui poi si divise;
+ onde, si` tosto come li occhi aperse
+ in questo ciel, di se' medesmo rise.
+
+E se tanto secreto ver proferse
+ mortale in terra, non voglio ch'ammiri;
+ che' chi 'l vide qua su` gliel discoperse
+
+con altro assai del ver di questi giri>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XXIX
+
+
+Quando ambedue li figli di Latona,
+ coperti del Montone e de la Libra,
+ fanno de l'orizzonte insieme zona,
+
+quant'e` dal punto che 'l cenit inlibra
+ infin che l'uno e l'altro da quel cinto,
+ cambiando l'emisperio, si dilibra,
+
+tanto, col volto di riso dipinto,
+ si tacque Beatrice, riguardando
+ fiso nel punto che m'avea vinto.
+
+Poi comincio`: <<Io dico, e non dimando,
+ quel che tu vuoli udir, perch'io l'ho visto
+ la` 've s'appunta ogne ubi e ogne quando.
+
+Non per aver a se' di bene acquisto,
+ ch'esser non puo`, ma perche' suo splendore
+ potesse, risplendendo, dir "Subsisto",
+
+in sua etternita` di tempo fore,
+ fuor d'ogne altro comprender, come i piacque,
+ s'aperse in nuovi amor l'etterno amore.
+
+Ne' prima quasi torpente si giacque;
+ che' ne' prima ne' poscia procedette
+ lo discorrer di Dio sovra quest'acque.
+
+Forma e materia, congiunte e purette,
+ usciro ad esser che non avia fallo,
+ come d'arco tricordo tre saette.
+
+E come in vetro, in ambra o in cristallo
+ raggio resplende si`, che dal venire
+ a l'esser tutto non e` intervallo,
+
+cosi` 'l triforme effetto del suo sire
+ ne l'esser suo raggio` insieme tutto
+ sanza distinzione in essordire.
+
+Concreato fu ordine e costrutto
+ a le sustanze; e quelle furon cima
+ nel mondo in che puro atto fu produtto;
+
+pura potenza tenne la parte ima;
+ nel mezzo strinse potenza con atto
+ tal vime, che gia` mai non si divima.
+
+Ieronimo vi scrisse lungo tratto
+ di secoli de li angeli creati
+ anzi che l'altro mondo fosse fatto;
+
+ma questo vero e` scritto in molti lati
+ da li scrittor de lo Spirito Santo,
+ e tu te n'avvedrai se bene agguati;
+
+e anche la ragione il vede alquanto,
+ che non concederebbe che ' motori
+ sanza sua perfezion fosser cotanto.
+
+Or sai tu dove e quando questi amori
+ furon creati e come: si` che spenti
+ nel tuo disio gia` son tre ardori.
+
+Ne' giugneriesi, numerando, al venti
+ si` tosto, come de li angeli parte
+ turbo` il suggetto d'i vostri alementi.
+
+L'altra rimase, e comincio` quest'arte
+ che tu discerni, con tanto diletto,
+ che mai da circuir non si diparte.
+
+Principio del cader fu il maladetto
+ superbir di colui che tu vedesti
+ da tutti i pesi del mondo costretto.
+
+Quelli che vedi qui furon modesti
+ a riconoscer se' da la bontate
+ che li avea fatti a tanto intender presti:
+
+per che le viste lor furo essaltate
+ con grazia illuminante e con lor merto,
+ si c'hanno ferma e piena volontate;
+
+e non voglio che dubbi, ma sia certo,
+ che ricever la grazia e` meritorio
+ secondo che l'affetto l'e` aperto.
+
+Omai dintorno a questo consistorio
+ puoi contemplare assai, se le parole
+ mie son ricolte, sanz'altro aiutorio.
+
+Ma perche' 'n terra per le vostre scole
+ si legge che l'angelica natura
+ e` tal, che 'ntende e si ricorda e vole,
+
+ancor diro`, perche' tu veggi pura
+ la verita` che la` giu` si confonde,
+ equivocando in si` fatta lettura.
+
+Queste sustanze, poi che fur gioconde
+ de la faccia di Dio, non volser viso
+ da essa, da cui nulla si nasconde:
+
+pero` non hanno vedere interciso
+ da novo obietto, e pero` non bisogna
+ rememorar per concetto diviso;
+
+si` che la` giu`, non dormendo, si sogna,
+ credendo e non credendo dicer vero;
+ ma ne l'uno e` piu` colpa e piu` vergogna.
+
+Voi non andate giu` per un sentiero
+ filosofando: tanto vi trasporta
+ l'amor de l'apparenza e 'l suo pensiero!
+
+E ancor questo qua su` si comporta
+ con men disdegno che quando e` posposta
+ la divina Scrittura o quando e` torta.
+
+Non vi si pensa quanto sangue costa
+ seminarla nel mondo e quanto piace
+ chi umilmente con essa s'accosta.
+
+Per apparer ciascun s'ingegna e face
+ sue invenzioni; e quelle son trascorse
+ da' predicanti e 'l Vangelio si tace.
+
+Un dice che la luna si ritorse
+ ne la passion di Cristo e s'interpuose,
+ per che 'l lume del sol giu` non si porse;
+
+e mente, che' la luce si nascose
+ da se': pero` a li Spani e a l'Indi
+ come a' Giudei tale eclissi rispuose.
+
+Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindi
+ quante si` fatte favole per anno
+ in pergamo si gridan quinci e quindi;
+
+si` che le pecorelle, che non sanno,
+ tornan del pasco pasciute di vento,
+ e non le scusa non veder lo danno.
+
+Non disse Cristo al suo primo convento:
+ 'Andate, e predicate al mondo ciance';
+ ma diede lor verace fondamento;
+
+e quel tanto sono` ne le sue guance,
+ si` ch'a pugnar per accender la fede
+ de l'Evangelio fero scudo e lance.
+
+Ora si va con motti e con iscede
+ a predicare, e pur che ben si rida,
+ gonfia il cappuccio e piu` non si richiede.
+
+Ma tale uccel nel becchetto s'annida,
+ che se 'l vulgo il vedesse, vederebbe
+ la perdonanza di ch'el si confida;
+
+per cui tanta stoltezza in terra crebbe,
+ che, sanza prova d'alcun testimonio,
+ ad ogne promession si correrebbe.
+
+Di questo ingrassa il porco sant'Antonio,
+ e altri assai che sono ancor piu` porci,
+ pagando di moneta sanza conio.
+
+Ma perche' siam digressi assai, ritorci
+ li occhi oramai verso la dritta strada,
+ si` che la via col tempo si raccorci.
+
+Questa natura si` oltre s'ingrada
+ in numero, che mai non fu loquela
+ ne' concetto mortal che tanto vada;
+
+e se tu guardi quel che si revela
+ per Daniel, vedrai che 'n sue migliaia
+ determinato numero si cela.
+
+La prima luce, che tutta la raia,
+ per tanti modi in essa si recepe,
+ quanti son li splendori a chi s'appaia.
+
+Onde, pero` che a l'atto che concepe
+ segue l'affetto, d'amar la dolcezza
+ diversamente in essa ferve e tepe.
+
+Vedi l'eccelso omai e la larghezza
+ de l'etterno valor, poscia che tanti
+ speculi fatti s'ha in che si spezza,
+
+uno manendo in se' come davanti>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XXX
+
+
+Forse semilia miglia di lontano
+ ci ferve l'ora sesta, e questo mondo
+ china gia` l'ombra quasi al letto piano,
+
+quando 'l mezzo del cielo, a noi profondo,
+ comincia a farsi tal, ch'alcuna stella
+ perde il parere infino a questo fondo;
+
+e come vien la chiarissima ancella
+ del sol piu` oltre, cosi` 'l ciel si chiude
+ di vista in vista infino a la piu` bella.
+
+Non altrimenti il triunfo che lude
+ sempre dintorno al punto che mi vinse,
+ parendo inchiuso da quel ch'elli 'nchiude,
+
+a poco a poco al mio veder si stinse:
+ per che tornar con li occhi a Beatrice
+ nulla vedere e amor mi costrinse.
+
+Se quanto infino a qui di lei si dice
+ fosse conchiuso tutto in una loda,
+ poca sarebbe a fornir questa vice.
+
+La bellezza ch'io vidi si trasmoda
+ non pur di la` da noi, ma certo io credo
+ che solo il suo fattor tutta la goda.
+
+Da questo passo vinto mi concedo
+ piu` che gia` mai da punto di suo tema
+ soprato fosse comico o tragedo:
+
+che', come sole in viso che piu` trema,
+ cosi` lo rimembrar del dolce riso
+ la mente mia da me medesmo scema.
+
+Dal primo giorno ch'i' vidi il suo viso
+ in questa vita, infino a questa vista,
+ non m'e` il seguire al mio cantar preciso;
+
+ma or convien che mio seguir desista
+ piu` dietro a sua bellezza, poetando,
+ come a l'ultimo suo ciascuno artista.
+
+Cotal qual io lascio a maggior bando
+ che quel de la mia tuba, che deduce
+ l'ardua sua matera terminando,
+
+con atto e voce di spedito duce
+ ricomincio`: <<Noi siamo usciti fore
+ del maggior corpo al ciel ch'e` pura luce:
+
+luce intellettual, piena d'amore;
+ amor di vero ben, pien di letizia;
+ letizia che trascende ogne dolzore.
+
+Qui vederai l'una e l'altra milizia
+ di paradiso, e l'una in quelli aspetti
+ che tu vedrai a l'ultima giustizia>>.
+
+Come subito lampo che discetti
+ li spiriti visivi, si` che priva
+ da l'atto l'occhio di piu` forti obietti,
+
+cosi` mi circunfulse luce viva,
+ e lasciommi fasciato di tal velo
+ del suo fulgor, che nulla m'appariva.
+
+<<Sempre l'amor che queta questo cielo
+ accoglie in se' con si` fatta salute,
+ per far disposto a sua fiamma il candelo>>.
+
+Non fur piu` tosto dentro a me venute
+ queste parole brievi, ch'io compresi
+ me sormontar di sopr'a mia virtute;
+
+e di novella vista mi raccesi
+ tale, che nulla luce e` tanto mera,
+ che li occhi miei non si fosser difesi;
+
+e vidi lume in forma di rivera
+ fulvido di fulgore, intra due rive
+ dipinte di mirabil primavera.
+
+Di tal fiumana uscian faville vive,
+ e d'ogne parte si mettien ne' fiori,
+ quasi rubin che oro circunscrive;
+
+poi, come inebriate da li odori,
+ riprofondavan se' nel miro gurge;
+ e s'una intrava, un'altra n'uscia fori.
+
+<<L'alto disio che mo t'infiamma e urge,
+ d'aver notizia di cio` che tu vei,
+ tanto mi piace piu` quanto piu` turge;
+
+ma di quest'acqua convien che tu bei
+ prima che tanta sete in te si sazi>>:
+ cosi` mi disse il sol de li occhi miei.
+
+Anche soggiunse: <<Il fiume e li topazi
+ ch'entrano ed escono e 'l rider de l'erbe
+ son di lor vero umbriferi prefazi.
+
+Non che da se' sian queste cose acerbe;
+ ma e` difetto da la parte tua,
+ che non hai viste ancor tanto superbe>>.
+
+Non e` fantin che si` subito rua
+ col volto verso il latte, se si svegli
+ molto tardato da l'usanza sua,
+
+come fec'io, per far migliori spegli
+ ancor de li occhi, chinandomi a l'onda
+ che si deriva perche' vi s'immegli;
+
+e si` come di lei bevve la gronda
+ de le palpebre mie, cosi` mi parve
+ di sua lunghezza divenuta tonda.
+
+Poi, come gente stata sotto larve,
+ che pare altro che prima, se si sveste
+ la sembianza non sua in che disparve,
+
+cosi` mi si cambiaro in maggior feste
+ li fiori e le faville, si` ch'io vidi
+ ambo le corti del ciel manifeste.
+
+O isplendor di Dio, per cu' io vidi
+ l'alto triunfo del regno verace,
+ dammi virtu` a dir com'io il vidi!
+
+Lume e` la` su` che visibile face
+ lo creatore a quella creatura
+ che solo in lui vedere ha la sua pace.
+
+E' si distende in circular figura,
+ in tanto che la sua circunferenza
+ sarebbe al sol troppo larga cintura.
+
+Fassi di raggio tutta sua parvenza
+ reflesso al sommo del mobile primo,
+ che prende quindi vivere e potenza.
+
+E come clivo in acqua di suo imo
+ si specchia, quasi per vedersi addorno,
+ quando e` nel verde e ne' fioretti opimo,
+
+si`, soprastando al lume intorno intorno,
+ vidi specchiarsi in piu` di mille soglie
+ quanto di noi la` su` fatto ha ritorno.
+
+E se l'infimo grado in se' raccoglie
+ si` grande lume, quanta e` la larghezza
+ di questa rosa ne l'estreme foglie!
+
+La vista mia ne l'ampio e ne l'altezza
+ non si smarriva, ma tutto prendeva
+ il quanto e 'l quale di quella allegrezza.
+
+Presso e lontano, li`, ne' pon ne' leva:
+ che' dove Dio sanza mezzo governa,
+ la legge natural nulla rileva.
+
+Nel giallo de la rosa sempiterna,
+ che si digrada e dilata e redole
+ odor di lode al sol che sempre verna,
+
+qual e` colui che tace e dicer vole,
+ mi trasse Beatrice, e disse: <<Mira
+ quanto e` 'l convento de le bianche stole!
+
+Vedi nostra citta` quant'ella gira;
+ vedi li nostri scanni si` ripieni,
+ che poca gente piu` ci si disira.
+
+E 'n quel gran seggio a che tu li occhi tieni
+ per la corona che gia` v'e` su` posta,
+ prima che tu a queste nozze ceni,
+
+sedera` l'alma, che fia giu` agosta,
+ de l'alto Arrigo, ch'a drizzare Italia
+ verra` in prima ch'ella sia disposta.
+
+La cieca cupidigia che v'ammalia
+ simili fatti v'ha al fantolino
+ che muor per fame e caccia via la balia.
+
+E fia prefetto nel foro divino
+ allora tal, che palese e coverto
+ non andera` con lui per un cammino.
+
+Ma poco poi sara` da Dio sofferto
+ nel santo officio; ch'el sara` detruso
+ la` dove Simon mago e` per suo merto,
+
+e fara` quel d'Alagna intrar piu` giuso>>.
+
+
+
+Paradiso: Canto XXXI
+
+
+In forma dunque di candida rosa
+ mi si mostrava la milizia santa
+ che nel suo sangue Cristo fece sposa;
+
+ma l'altra, che volando vede e canta
+ la gloria di colui che la 'nnamora
+ e la bonta` che la fece cotanta,
+
+si` come schiera d'ape, che s'infiora
+ una fiata e una si ritorna
+ la` dove suo laboro s'insapora,
+
+nel gran fior discendeva che s'addorna
+ di tante foglie, e quindi risaliva
+ la` dove 'l suo amor sempre soggiorna.
+
+Le facce tutte avean di fiamma viva,
+ e l'ali d'oro, e l'altro tanto bianco,
+ che nulla neve a quel termine arriva.
+
+Quando scendean nel fior, di banco in banco
+ porgevan de la pace e de l'ardore
+ ch'elli acquistavan ventilando il fianco.
+
+Ne' l'interporsi tra 'l disopra e 'l fiore
+ di tanta moltitudine volante
+ impediva la vista e lo splendore:
+
+che' la luce divina e` penetrante
+ per l'universo secondo ch'e` degno,
+ si` che nulla le puote essere ostante.
+
+Questo sicuro e gaudioso regno,
+ frequente in gente antica e in novella,
+ viso e amore avea tutto ad un segno.
+
+O trina luce, che 'n unica stella
+ scintillando a lor vista, si` li appaga!
+ guarda qua giuso a la nostra procella!
+
+Se i barbari, venendo da tal plaga
+ che ciascun giorno d'Elice si cuopra,
+ rotante col suo figlio ond'ella e` vaga,
+
+veggendo Roma e l'ardua sua opra,
+ stupefaciensi, quando Laterano
+ a le cose mortali ando` di sopra;
+
+io, che al divino da l'umano,
+ a l'etterno dal tempo era venuto,
+ e di Fiorenza in popol giusto e sano
+
+di che stupor dovea esser compiuto!
+ Certo tra esso e 'l gaudio mi facea
+ libito non udire e starmi muto.
+
+E quasi peregrin che si ricrea
+ nel tempio del suo voto riguardando,
+ e spera gia` ridir com'ello stea,
+
+su per la viva luce passeggiando,
+ menava io li occhi per li gradi,
+ mo su`, mo giu` e mo recirculando.
+
+Vedea visi a carita` suadi,
+ d'altrui lume fregiati e di suo riso,
+ e atti ornati di tutte onestadi.
+
+La forma general di paradiso
+ gia` tutta mio sguardo avea compresa,
+ in nulla parte ancor fermato fiso;
+
+e volgeami con voglia riaccesa
+ per domandar la mia donna di cose
+ di che la mente mia era sospesa.
+
+Uno intendea, e altro mi rispuose:
+ credea veder Beatrice e vidi un sene
+ vestito con le genti gloriose.
+
+Diffuso era per li occhi e per le gene
+ di benigna letizia, in atto pio
+ quale a tenero padre si convene.
+
+E <<Ov'e` ella?>>, subito diss'io.
+ Ond'elli: <<A terminar lo tuo disiro
+ mosse Beatrice me del loco mio;
+
+e se riguardi su` nel terzo giro
+ dal sommo grado, tu la rivedrai
+ nel trono che suoi merti le sortiro>>.
+
+Sanza risponder, li occhi su` levai,
+ e vidi lei che si facea corona
+ reflettendo da se' li etterni rai.
+
+Da quella region che piu` su` tona
+ occhio mortale alcun tanto non dista,
+ qualunque in mare piu` giu` s'abbandona,
+
+quanto li` da Beatrice la mia vista;
+ ma nulla mi facea, che' sua effige
+ non discendea a me per mezzo mista.
+
+<<O donna in cui la mia speranza vige,
+ e che soffristi per la mia salute
+ in inferno lasciar le tue vestige,
+
+di tante cose quant'i' ho vedute,
+ dal tuo podere e da la tua bontate
+ riconosco la grazia e la virtute.
+
+Tu m'hai di servo tratto a libertate
+ per tutte quelle vie, per tutt'i modi
+ che di cio` fare avei la potestate.
+
+La tua magnificenza in me custodi,
+ si` che l'anima mia, che fatt'hai sana,
+ piacente a te dal corpo si disnodi>>.
+
+Cosi` orai; e quella, si` lontana
+ come parea, sorrise e riguardommi;
+ poi si torno` a l'etterna fontana.
+
+E 'l santo sene: <<Accio` che tu assommi
+ perfettamente>>, disse, <<il tuo cammino,
+ a che priego e amor santo mandommi,
+
+vola con li occhi per questo giardino;
+ che' veder lui t'acconcera` lo sguardo
+ piu` al montar per lo raggio divino.
+
+E la regina del cielo, ond'io ardo
+ tutto d'amor, ne fara` ogne grazia,
+ pero` ch'i' sono il suo fedel Bernardo>>.
+
+Qual e` colui che forse di Croazia
+ viene a veder la Veronica nostra,
+ che per l'antica fame non sen sazia,
+
+ma dice nel pensier, fin che si mostra:
+ 'Segnor mio Iesu` Cristo, Dio verace,
+ or fu si` fatta la sembianza vostra?';
+
+tal era io mirando la vivace
+ carita` di colui che 'n questo mondo,
+ contemplando, gusto` di quella pace.
+
+<<Figliuol di grazia, quest'esser giocondo>>,
+ comincio` elli, <<non ti sara` noto,
+ tenendo li occhi pur qua giu` al fondo;
+
+ma guarda i cerchi infino al piu` remoto,
+ tanto che veggi seder la regina
+ cui questo regno e` suddito e devoto>>.
+
+Io levai li occhi; e come da mattina
+ la parte oriental de l'orizzonte
+ soverchia quella dove 'l sol declina,
+
+cosi`, quasi di valle andando a monte
+ con li occhi, vidi parte ne lo stremo
+ vincer di lume tutta l'altra fronte.
+
+E come quivi ove s'aspetta il temo
+ che mal guido` Fetonte, piu` s'infiamma,
+ e quinci e quindi il lume si fa scemo,
+
+cosi` quella pacifica oriafiamma
+ nel mezzo s'avvivava, e d'ogne parte
+ per igual modo allentava la fiamma;
+
+e a quel mezzo, con le penne sparte,
+ vid'io piu` di mille angeli festanti,
+ ciascun distinto di fulgore e d'arte.
+
+Vidi a lor giochi quivi e a lor canti
+ ridere una bellezza, che letizia
+ era ne li occhi a tutti li altri santi;
+
+e s'io avessi in dir tanta divizia
+ quanta ad imaginar, non ardirei
+ lo minimo tentar di sua delizia.
+
+Bernardo, come vide li occhi miei
+ nel caldo suo caler fissi e attenti,
+ li suoi con tanto affetto volse a lei,
+
+che ' miei di rimirar fe' piu` ardenti.
+
+
+
+Paradiso: Canto XXXII
+
+
+Affetto al suo piacer, quel contemplante
+ libero officio di dottore assunse,
+ e comincio` queste parole sante:
+
+<<La piaga che Maria richiuse e unse,
+ quella ch'e` tanto bella da' suoi piedi
+ e` colei che l'aperse e che la punse.
+
+Ne l'ordine che fanno i terzi sedi,
+ siede Rachel di sotto da costei
+ con Beatrice, si` come tu vedi.
+
+Sarra e Rebecca, Iudit e colei
+ che fu bisava al cantor che per doglia
+ del fallo disse 'Miserere mei',
+
+puoi tu veder cosi` di soglia in soglia
+ giu` digradar, com'io ch'a proprio nome
+ vo per la rosa giu` di foglia in foglia.
+
+E dal settimo grado in giu`, si` come
+ infino ad esso, succedono Ebree,
+ dirimendo del fior tutte le chiome;
+
+perche', secondo lo sguardo che fee
+ la fede in Cristo, queste sono il muro
+ a che si parton le sacre scalee.
+
+Da questa parte onde 'l fiore e` maturo
+ di tutte le sue foglie, sono assisi
+ quei che credettero in Cristo venturo;
+
+da l'altra parte onde sono intercisi
+ di voti i semicirculi, si stanno
+ quei ch'a Cristo venuto ebber li visi.
+
+E come quinci il glorioso scanno
+ de la donna del cielo e li altri scanni
+ di sotto lui cotanta cerna fanno,
+
+cosi` di contra quel del gran Giovanni,
+ che sempre santo 'l diserto e 'l martiro
+ sofferse, e poi l'inferno da due anni;
+
+e sotto lui cosi` cerner sortiro
+ Francesco, Benedetto e Augustino
+ e altri fin qua giu` di giro in giro.
+
+Or mira l'alto proveder divino:
+ che' l'uno e l'altro aspetto de la fede
+ igualmente empiera` questo giardino.
+
+E sappi che dal grado in giu` che fiede
+ a mezzo il tratto le due discrezioni,
+ per nullo proprio merito si siede,
+
+ma per l'altrui, con certe condizioni:
+ che' tutti questi son spiriti ascolti
+ prima ch'avesser vere elezioni.
+
+Ben te ne puoi accorger per li volti
+ e anche per le voci puerili,
+ se tu li guardi bene e se li ascolti.
+
+Or dubbi tu e dubitando sili;
+ ma io disciogliero` 'l forte legame
+ in che ti stringon li pensier sottili.
+
+Dentro a l'ampiezza di questo reame
+ casual punto non puote aver sito,
+ se non come tristizia o sete o fame:
+
+che' per etterna legge e` stabilito
+ quantunque vedi, si` che giustamente
+ ci si risponde da l'anello al dito;
+
+e pero` questa festinata gente
+ a vera vita non e` sine causa
+ intra se' qui piu` e meno eccellente.
+
+Lo rege per cui questo regno pausa
+ in tanto amore e in tanto diletto,
+ che nulla volonta` e` di piu` ausa,
+
+le menti tutte nel suo lieto aspetto
+ creando, a suo piacer di grazia dota
+ diversamente; e qui basti l'effetto.
+
+E cio` espresso e chiaro vi si nota
+ ne la Scrittura santa in quei gemelli
+ che ne la madre ebber l'ira commota.
+
+Pero`, secondo il color d'i capelli,
+ di cotal grazia l'altissimo lume
+ degnamente convien che s'incappelli.
+
+Dunque, sanza merce' di lor costume,
+ locati son per gradi differenti,
+ sol differendo nel primiero acume.
+
+Bastavasi ne' secoli recenti
+ con l'innocenza, per aver salute,
+ solamente la fede d'i parenti;
+
+poi che le prime etadi fuor compiute,
+ convenne ai maschi a l'innocenti penne
+ per circuncidere acquistar virtute;
+
+ma poi che 'l tempo de la grazia venne,
+ sanza battesmo perfetto di Cristo
+ tale innocenza la` giu` si ritenne.
+
+Riguarda omai ne la faccia che a Cristo
+ piu` si somiglia, che' la sua chiarezza
+ sola ti puo` disporre a veder Cristo>>.
+
+Io vidi sopra lei tanta allegrezza
+ piover, portata ne le menti sante
+ create a trasvolar per quella altezza,
+
+che quantunque io avea visto davante,
+ di tanta ammirazion non mi sospese,
+ ne' mi mostro` di Dio tanto sembiante;
+
+e quello amor che primo li` discese,
+ cantando 'Ave, Maria, gratia plena',
+ dinanzi a lei le sue ali distese.
+
+Rispuose a la divina cantilena
+ da tutte parti la beata corte,
+ si` ch'ogne vista sen fe' piu` serena.
+
+<<O santo padre, che per me comporte
+ l'esser qua giu`, lasciando il dolce loco
+ nel qual tu siedi per etterna sorte,
+
+qual e` quell'angel che con tanto gioco
+ guarda ne li occhi la nostra regina,
+ innamorato si` che par di foco?>>.
+
+Cosi` ricorsi ancora a la dottrina
+ di colui ch'abbelliva di Maria,
+ come del sole stella mattutina.
+
+Ed elli a me: <<Baldezza e leggiadria
+ quant'esser puote in angelo e in alma,
+ tutta e` in lui; e si` volem che sia,
+
+perch'elli e` quelli che porto` la palma
+ giuso a Maria, quando 'l Figliuol di Dio
+ carcar si volse de la nostra salma.
+
+Ma vieni omai con li occhi si` com'io
+ andro` parlando, e nota i gran patrici
+ di questo imperio giustissimo e pio.
+
+Quei due che seggon la` su` piu` felici
+ per esser propinquissimi ad Augusta,
+ son d'esta rosa quasi due radici:
+
+colui che da sinistra le s'aggiusta
+ e` il padre per lo cui ardito gusto
+ l'umana specie tanto amaro gusta;
+
+dal destro vedi quel padre vetusto
+ di Santa Chiesa a cui Cristo le clavi
+ raccomando` di questo fior venusto.
+
+E quei che vide tutti i tempi gravi,
+ pria che morisse, de la bella sposa
+ che s'acquisto` con la lancia e coi clavi,
+
+siede lungh'esso, e lungo l'altro posa
+ quel duca sotto cui visse di manna
+ la gente ingrata, mobile e retrosa.
+
+Di contr'a Pietro vedi sedere Anna,
+ tanto contenta di mirar sua figlia,
+ che non move occhio per cantare osanna;
+
+e contro al maggior padre di famiglia
+ siede Lucia, che mosse la tua donna,
+ quando chinavi, a rovinar, le ciglia.
+
+Ma perche' 'l tempo fugge che t'assonna,
+ qui farem punto, come buon sartore
+ che com'elli ha del panno fa la gonna;
+
+e drizzeremo li occhi al primo amore,
+ si` che, guardando verso lui, penetri
+ quant'e` possibil per lo suo fulgore.
+
+Veramente, ne forse tu t'arretri
+ movendo l'ali tue, credendo oltrarti,
+ orando grazia conven che s'impetri
+
+grazia da quella che puote aiutarti;
+ e tu mi seguirai con l'affezione,
+ si` che dal dicer mio lo cor non parti>>.
+
+E comincio` questa santa orazione:
+
+
+
+Paradiso: Canto XXXIII
+
+
+<<Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
+ umile e alta piu` che creatura,
+ termine fisso d'etterno consiglio,
+
+tu se' colei che l'umana natura
+ nobilitasti si`, che 'l suo fattore
+ non disdegno` di farsi sua fattura.
+
+Nel ventre tuo si raccese l'amore,
+ per lo cui caldo ne l'etterna pace
+ cosi` e` germinato questo fiore.
+
+Qui se' a noi meridiana face
+ di caritate, e giuso, intra ' mortali,
+ se' di speranza fontana vivace.
+
+Donna, se' tanto grande e tanto vali,
+ che qual vuol grazia e a te non ricorre
+ sua disianza vuol volar sanz'ali.
+
+La tua benignita` non pur soccorre
+ a chi domanda, ma molte fiate
+ liberamente al dimandar precorre.
+
+In te misericordia, in te pietate,
+ in te magnificenza, in te s'aduna
+ quantunque in creatura e` di bontate.
+
+Or questi, che da l'infima lacuna
+ de l'universo infin qui ha vedute
+ le vite spiritali ad una ad una,
+
+supplica a te, per grazia, di virtute
+ tanto, che possa con li occhi levarsi
+ piu` alto verso l'ultima salute.
+
+E io, che mai per mio veder non arsi
+ piu` ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi
+ ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
+
+perche' tu ogne nube li disleghi
+ di sua mortalita` co' prieghi tuoi,
+ si` che 'l sommo piacer li si dispieghi.
+
+Ancor ti priego, regina, che puoi
+ cio` che tu vuoli, che conservi sani,
+ dopo tanto veder, li affetti suoi.
+
+Vinca tua guardia i movimenti umani:
+ vedi Beatrice con quanti beati
+ per li miei prieghi ti chiudon le mani!>>.
+
+Li occhi da Dio diletti e venerati,
+ fissi ne l'orator, ne dimostraro
+ quanto i devoti prieghi le son grati;
+
+indi a l'etterno lume s'addrizzaro,
+ nel qual non si dee creder che s'invii
+ per creatura l'occhio tanto chiaro.
+
+E io ch'al fine di tutt'i disii
+ appropinquava, si` com'io dovea,
+ l'ardor del desiderio in me finii.
+
+Bernardo m'accennava, e sorridea,
+ perch'io guardassi suso; ma io era
+ gia` per me stesso tal qual ei volea:
+
+che' la mia vista, venendo sincera,
+ e piu` e piu` intrava per lo raggio
+ de l'alta luce che da se' e` vera.
+
+Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
+ che 'l parlar mostra, ch'a tal vista cede,
+ e cede la memoria a tanto oltraggio.
+
+Qual e` colui che sognando vede,
+ che dopo 'l sogno la passione impressa
+ rimane, e l'altro a la mente non riede,
+
+cotal son io, che' quasi tutta cessa
+ mia visione, e ancor mi distilla
+ nel core il dolce che nacque da essa.
+
+Cosi` la neve al sol si disigilla;
+ cosi` al vento ne le foglie levi
+ si perdea la sentenza di Sibilla.
+
+O somma luce che tanto ti levi
+ da' concetti mortali, a la mia mente
+ ripresta un poco di quel che parevi,
+
+e fa la lingua mia tanto possente,
+ ch'una favilla sol de la tua gloria
+ possa lasciare a la futura gente;
+
+che', per tornare alquanto a mia memoria
+ e per sonare un poco in questi versi,
+ piu` si concepera` di tua vittoria.
+
+Io credo, per l'acume ch'io soffersi
+ del vivo raggio, ch'i' sarei smarrito,
+ se li occhi miei da lui fossero aversi.
+
+E' mi ricorda ch'io fui piu` ardito
+ per questo a sostener, tanto ch'i' giunsi
+ l'aspetto mio col valore infinito.
+
+Oh abbondante grazia ond'io presunsi
+ ficcar lo viso per la luce etterna,
+ tanto che la veduta vi consunsi!
+
+Nel suo profondo vidi che s'interna
+ legato con amore in un volume,
+ cio` che per l'universo si squaderna:
+
+sustanze e accidenti e lor costume,
+ quasi conflati insieme, per tal modo
+ che cio` ch'i' dico e` un semplice lume.
+
+La forma universal di questo nodo
+ credo ch'i' vidi, perche' piu` di largo,
+ dicendo questo, mi sento ch'i' godo.
+
+Un punto solo m'e` maggior letargo
+ che venticinque secoli a la 'mpresa,
+ che fe' Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.
+
+Cosi` la mente mia, tutta sospesa,
+ mirava fissa, immobile e attenta,
+ e sempre di mirar faceasi accesa.
+
+A quella luce cotal si diventa,
+ che volgersi da lei per altro aspetto
+ e` impossibil che mai si consenta;
+
+pero` che 'l ben, ch'e` del volere obietto,
+ tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella
+ e` defettivo cio` ch'e` li` perfetto.
+
+Omai sara` piu` corta mia favella,
+ pur a quel ch'io ricordo, che d'un fante
+ che bagni ancor la lingua a la mammella.
+
+Non perche' piu` ch'un semplice sembiante
+ fosse nel vivo lume ch'io mirava,
+ che tal e` sempre qual s'era davante;
+
+ma per la vista che s'avvalorava
+ in me guardando, una sola parvenza,
+ mutandom'io, a me si travagliava.
+
+Ne la profonda e chiara sussistenza
+ de l'alto lume parvermi tre giri
+ di tre colori e d'una contenenza;
+
+e l'un da l'altro come iri da iri
+ parea reflesso, e 'l terzo parea foco
+ che quinci e quindi igualmente si spiri.
+
+Oh quanto e` corto il dire e come fioco
+ al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi,
+ e` tanto, che non basta a dicer 'poco'.
+
+O luce etterna che sola in te sidi,
+ sola t'intendi, e da te intelletta
+ e intendente te ami e arridi!
+
+Quella circulazion che si` concetta
+ pareva in te come lume reflesso,
+ da li occhi miei alquanto circunspetta,
+
+dentro da se', del suo colore stesso,
+ mi parve pinta de la nostra effige:
+ per che 'l mio viso in lei tutto era messo.
+
+Qual e` 'l geometra che tutto s'affige
+ per misurar lo cerchio, e non ritrova,
+ pensando, quel principio ond'elli indige,
+
+tal era io a quella vista nova:
+ veder voleva come si convenne
+ l'imago al cerchio e come vi s'indova;
+
+ma non eran da cio` le proprie penne:
+ se non che la mia mente fu percossa
+ da un fulgore in che sua voglia venne.
+
+A l'alta fantasia qui manco` possa;
+ ma gia` volgeva il mio disio e 'l velle,
+ si` come rota ch'igualmente e` mossa,
+
+l'amor che move il sole e l'altre stelle.
+
+
+
+
+POSTSCRIPT
+
+
+ 'Ich habe unter meinen Papieren ein Blatt gefunden,
+ wo ich die Baukunst eine erstarrte Musik nenne.'
+ (Johann Wolfgang Goethe, 1829 March 23)
+
+I found Dante in a bar. The Poet had indeed lost the True Way to be found
+reduced to party chatter in a Capitol Hill basement, but I had found him at
+last. I must have been drinking in the Dark Tavern of Error, for I did not
+even realize I had begun the dolorous path followed by many since the
+Poet's journey of A.D. 1300. Actually no one spoke a word about Dante or
+his Divine Comedy, rather I heard a second-hand Goethe call architecture
+"frozen music." Soon I took my second step through the gate to a people
+lost; this time on a more respectable occasion--a lecture at the Catholic
+University of America. Clio, the muse of history, must have been aiding
+Prof. Schumacher that evening, because it sustained my full three-hour
+attention, even after I had just presented an all-night project. There I
+heard of a most astonishing Italian translation of 'la Divina Commedia' di
+Dante Alighieri. An Italian architect, Giuseppi Terragni, had translated
+the Comedy into the 'Danteum,' a projected stone and glass monument to Poet
+and Poem near the Basilica of Maxentius in Rome.
+
+Do not look for the Danteum in the Eternal City. In true Dantean form,
+politics stood in the way of its construction in 1938. Ironically this
+literature-inspired building can itself most easily be found in book form.
+Reading this book I remembered Goethe's quote about frozen music. Did
+Terragni try to freeze Dante's medieval miracle of song? Certainly a
+cold-poem seems artistically repulsive. Unflattering comparisons to the
+lake of Cocytus spring to mind too. While I cannot read Italian, I can read
+some German. After locating the original quotation I discovered that
+'frozen' is a problematic (though common) translation of Goethe's original
+'erstarrte.' The verb 'erstarren' more properly means 'to solidify' or 'to
+stiffen.' This suggests a chemical reaction in which the art does not
+necessarily chill in the transformation. Nor can simple thawing yield the
+original work. Like a chemical reaction it requires an artistic catalyst, a
+muse. Indeed the Danteum is not a physical translation of the Poem.
+Terragni thought it inappropriate to translate the Comedy literally into a
+non-literary work. The Danteum would not be a stage set, rather Terragni
+generated his design from the Comedy's structure, not its finishes.
+
+ The poem is divided into three canticles of thirty-three cantos
+ each, plus one extra in the first, the Inferno, making a total of
+ one hundred cantos. Each canto is composed of three-line tercets,
+ the first and third lines rhyme, the second line rhymes with the
+ beginning of the next tercet, establishing a kind of overlap,
+ reflected in the overlapping motif of the Danteum design. Dante's
+ realms are further subdivided: the Inferno is composed of nine
+ levels, the vestibule makes a tenth. Purgatory has seven
+ terraces, plus two ledges in an ante-purgatory; adding these to
+ the Earthly Paradise yields ten zones. Paradise is composed of
+ nine heavens; Empyrean makes the tenth. In the Inferno, sinners
+ are organized by three vices--Incontinence, Violence, and
+ Fraud--and further subdivided by the seven deadly sins. In
+ Purgatory, penance is ordered on the basis of three types of
+ natural love. Paradise is organized on the basis of three types
+ of Divine Love, and further subdivided according to the three
+ theological and four cardinal virtues.
+ (Thomas Schumacher, "The Danteum,"
+ Princeton Architectural Press, 1993)
+
+By translating the structure, Terragni could then layer the literal and the
+spiritual meanings of the Poem without allowing either to dominate. These
+layers of meaning are native to the Divine Comedy as they are native to
+much medieval literature, although modern readers and tourists may not be
+so familiar with them. They are literal, allegorical, moral, and
+anagogical. I offer you St. Thomas of Aquinas' definition of these last
+three as they relate to Sacred Scripture:
+
+ . . .this spiritual sense has a threefold division. . .so far as
+ the things of the Old Law signify the things of the New Law,
+ there is the allegorical sense; so far as the things done in
+ Christ, or so far as the things which signify Christ, are types
+ of what we ought to do, there is the moral sense. But so far as
+ they signify what relates to eternal glory, there is the
+ anagogical sense. (Summa Theologica I, 1, 10)
+
+Within the Danteum the Poet's meanings lurk in solid form. An example: the
+Danteum design does have spaces literally associated with the Comedy--the
+Dark Wood of Error, Inferno, Purgatorio, and the Paradiso--but these spaces
+also relate among themselves spiritually. Dante often highlights a virtue
+by first condemning its corruption. Within Dante's system Justice is the
+greatest of the cardinal virtues; its corruption, Fraud, is the most
+contemptible of vices. Because Dante saw the papacy as the most precious of
+sacred institutions, corrupt popes figure prominently among the damned in
+the Poet's Inferno. In the Danteum the materiality of the worldly Dark Wood
+directly opposes the transcendence of the Paradiso. In the realm of error
+every thought is lost and secular, while in heaven every soul's intent is
+directed toward God. The shadowy Inferno of the Danteum mirrors the
+Purgatorio's illuminated ascent to heaven. Purgatory embodies hope and
+growth where hell chases its own dark inertia. Such is the cosmography
+shared by Terragni and Dante.
+
+In this postscript I intend neither to fully examine the meaning nor the
+plan of the Danteum, but rather to evince the power that art has acted as a
+catalyst to other artists. The Danteum, a modern design inspired by a
+medieval poem, is but one example. Dante's poem is filled with characters
+epitomizing the full range of vices and virtues of human personalities.
+Dante's characters come from his present and literature's past; they are
+mythological, biblical, classical, ancient, and medieval. They, rather than
+Calliope and her sisters, were Dante's muses.
+
+'La Divina Commedia' seems a natural candidate to complete Project
+Gutenberg's first milleditio and to begin its second thousand e-texts.
+Although distinctly medieval, its continuum of influence spans the
+Renaissance and modernity. Terragni saw his place within the Comedy as
+surely as Dante saw his own. We too fit within Dante's understanding of the
+human condition; we differ less from our past than we might like to
+believe. T. S. Eliot understood this when he wrote "Dante and Shakespeare
+divide the modern world between them, there is no third." So now Dante
+joins Shakespeare (e-text #100) in the Project Gutenberg collection. Two
+works that influenced Dante are also part of the collection: The Bible
+(#10) and Virgil's Aeneid (#227). Other major influences--St. Thomas of
+Aquinas' Summa Theologica, The Metamorphoses of Ovid, and Aristotle's
+Nicomachean Ethics--are available in electronic form at other Internet
+sites. If one searches enough he may even find a computer rendering of the
+Danteum on the Internet. By presenting this electronic text to Project
+Gutenberg it is my hope that in will not rest in a computer unknown and
+unread; it is my hope that artists will see themselves in the Divine Comedy
+and be inspired, just as Dante ran the paths left by Virgil and St. Thomas
+that lead him to the stars.
+
+Dennis McCarthy, July 1997
+Atlanta, Georgia USA
+imprimatur@juno.com
+
+
+
+
+TECHNICAL NOTES
+
+
+This edition has been rendered in 7-bit ASCII. Special Italian characters
+that require an 8-bit format have been transcribed into multiple characters.
+Below is a chart with the 8-bit character (which may not display properly),
+its written description, and how it has been rendered in this 7-bit version.
+
+ guillemot left <<
+ guillemot right >>
+ a grave accent a` (at the end of a word, otherwise: a)
+ e grave accent e` (at the end of a word, otherwise: e)
+ e acute accent e' (at the end of a word, otherwise: e)
+ i grave accent i` (at the end of a word, otherwise: i)
+ i diaresis/umlaut ii
+ o grave accent o` (at the end of a word, otherwise: o)
+ o acute accent o' (at the end of a word, otherwise: o)
+ u grave accent u` (at the end of a word, otherwise: u)
+
+Italic text, displayed with mark-up tags (<I>italic</I>) in the 8-bit
+version, has has not been rendered here. To view the italics and
+special characters please refer to the 8-bit or HTML version of this
+e-text.
+
+
+
+
+
+End of this Project Gutenberg E-text of
+Divina Commedia di Dante: Paradiso [7-bit text]
+
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