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-Project Gutenberg's L'ultima primavera, by Ines Castellani Fantoni Benaglio
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and most
-other parts of the world at no cost and with almost no restrictions
-whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of
-the Project Gutenberg License included with this eBook or online at
-www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll have
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-
-Title: L'ultima primavera
-
-Author: Ines Castellani Fantoni Benaglio
-
-Release Date: December 11, 2019 [EBook #60905]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK L'ULTIMA PRIMAVERA ***
-
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-
-
-Produced by Barbara Magni and the Online Distributed
-Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was
-produced from images made available by The Internet Archive)
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- MEMINI
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-
- L'Ultima Primavera
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- ROMANZO
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- MILANO
- CASA EDITRICE BALDINI, CASTOLDI & C.º
- _Galleria Vittorio Emanuele, 17 e 80_
- —
- 1909
-
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-
- PROPRIETÀ LETTERARIA
-
- MILANO — TIP. PIROLA & CELLA DI P. CELLA
-
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-
-I.
-
-
-Ritta, immobile dinanzi al grande specchio a tre comparti, Marina
-Negroni aveva testè compiuta la sua elegante acconciatura di passeggio.
-Ma la giovane si indugiava, pensosa, dinanzi alla propria immagine.
-
-Sul volto suo, nessuna traccia di vanità, nè di compiacenza intima,
-non il sorriso trionfante della bellezza che si ravvisa. Pure, ell'era
-bellissima, Marina Negroni.
-
-Alta, di forme decise, tendenti alla maestà del tipo giunonico. Bionda,
-d'un biondo acceso, quasi fulvo. Fattezze armoniche, regolarissime, un
-bello palese, non mutevole, invariabilmente sereno. Se Marina avesse
-avuto dei nemici, questi, parlando di lei, avrebbero potuto insistere
-su quell'eccessiva immutabilità della sua bellezza. Avrebbero potuto
-dire altresì, che ella dimostrava tutti quanti i suoi venticinque anni.
-Ma non altro appunto avrebbero potuto movere all'aspetto di quella
-fanciulla. Nè maggiore appiglio avrebbero offerto alla loro critica il
-carattere ed il contegno di lei. Somigliavano, per l'appunto, alla sua
-formosa bellezza. Erano, al pari di questa, invariabilmente calmi e
-sereni.
-
-Ella dunque non si ammirava, si studiava soltanto.
-
-Era, non era ciò che doveva essere quel giorno, per quella data
-circostanza?
-
-La circostanza era grave, e Marina lo sapeva. Si passò
-coscienziosamente in rivista. Qualche ritocco ancora, qua e là; una
-ciocchettina di capelli un po' ribelle da rimovere, più assestata sul
-fianco la falda della giacchettina, meglio stretta al collo la striscia
-di finissima trina che s'alzava oltre il goletto alto dell'abito.
-
-Dopo un momento e stando sempre davanti allo specchio, Marina cominciò
-la sua esercitazione di sorrisi.
-
-Ne eseguì parecchi, leggiadri tutti e discreti, una scala semitonata,
-progressiva di sorrisi per bene. Uno fra essi non riesciva a modo
-suo, lo ripetè pazientemente, sinchè riescì a fissarlo, determinato,
-sulla fisonomia. Doveva significare una serenità intima con un'ombra
-di meraviglia, quasi un accenno al destarsi di un vago interessamento.
-Poi susseguì il sorriso più palesemente animato e subito dopo, con
-una abile, rapida transazione di espressioni, il ritorno alla perfetta
-calma della fisonomia, quella calma grandiosa che dava all'aspetto di
-Marina Negroni qualcosa dell'immagine di una Dea che, assorta in divini
-pensieri, movesse a diporto sulle nubi di un Olimpo.
-
-Un momento, tutto ciò venne meno. Marina tralasciò di esercitarsi.
-Aggrottò le ciglia e sorrise, ma sinceramente, involontariamente, per
-conto suo. E quel sorriso non narrava una lieta storia.
-
-Un lampo di stanchezza, d'intimo disgusto passò nei grandi occhi
-azzurrini, tutta la persona ebbe una espressione accasciata e piena di
-sconforto.
-
-— Ancora... sempre!... — mormorò la fanciulla. — E sempre per nulla.
-Son certa... lo sento che anche stavolta...
-
-Ebbe un piccolo brivido. La lunga serie dei disappunti, dei tanti
-falliti tentativi, tornò, crudele, alla sua memoria.
-
-Ma subito crollò le spalle.
-
-— Sciocchezze, tutto ciò! E ad ogni modo bisogna tentare. Una volta o
-l'altra, oggi o domani, la cosa deve pur accadere!
-
-Gettò sullo specchio un ultimo sguardo, si vide qual'era, bella, forte,
-risoluta. Ebbe un moto energico di approvazione. Prese un fine ombrello
-inglese (minacciava di piovere), il manicotto ed escì.
-
-La cameretta di donna Marina Negroni era al terzo piano del palazzo
-d'Accorsi. Il duca d'Accorsi, uno straricco gentiluomo napoletano,
-aveva sposata la madre di donna Marina, vedova del conte Negroni, morto
-giovane e non ricco. Il secondo matrimonio della madre aveva fatto alla
-giovane Negroni, in casa d'Accorsi, una posizione speciale, non facile,
-ch'ella sosteneva con dignità, a dispetto di certe ardue complicazioni.
-Molti la invidiavano, ed ella non sconosceva i vantaggi materiali della
-sua posizione. Ma pensava risolutamente a farsene un'altra.
-
-Donna Marina scese, per l'altezza di due piani, una stretta scala
-di servizio e giunse sul pianerottolo di un grande scalone di marmo
-bianco. Aprì uno dei grandi usci di noce riccamente intagliati, e
-si trovò in un'ampia e fastosa anticamera. Un piccolo crocchio di
-domestici avvertì il passaggio della fanciulla. S'alzarono, salutando
-rispettosamente, ma senza sperpero di umile ossequio. Ella rispose con
-un piccolo cenno del capo e passò, sollevando da sola la greve portiera
-di velluto che metteva alla sala vicina. Ne attraversò parecchie,
-ricchissime tutte, addobbate ed ornate colla più raffinata eleganza
-artistica. Celebre infatti, a Firenze, l'appartamento di gala della
-Duchessa d'Accorsi, splendide le feste da ballo che ella soleva dare e
-delle quali erano avidamente ricercati gli inviti. E così scelte... per
-l'appunto!
-
-Donna Marina gettò, passando, uno sguardo su una pendolina in _Vieux
-Sèvres_, e affrettò il passo. Non percorse tutto l'appartamento, ma
-svoltando a destra, ed evitando la sala da ballo, riescì in una specie
-di salotto-serra, piena d'azalee in fiore e di piante esotiche. Giunta
-ad una porticina a vetri, quasi celata da uno splendido drappeggio
-di stoffa orientale, s'arrestò, e battè sul vetro, discretamente, due
-colpi.
-
-Una voce non fresca, quasi roca, rispose: — Avanti.
-
-Donna Marina entrò nel salotto ove stava sua madre.
-
-Una strana fantasia quel salotto, la prima impressione n'era quasi
-funebre. Molto raso nero con un profluvio di trine bianche. E quasi
-a correttivo di quelle tinte macabre, un'invasione audace, pressochè
-brutale, di mobili e di tendaggi di damasco rosso, chiaro, splendido,
-un colore di sangue appena spicciato.
-
-La Duchessa sedeva allo scrittoio, un mobile antico, di stile Luigi
-XIV. Lo spazio n'era quasi tutto ingombrato da gingilli e da ritratti.
-
-Alzò il capo e depose la penna, interrompendo la lettera che stava
-scrivendo.
-
-Una donna sui quarantacinque, forse più. Non bella, non simulante
-la bellezza, non mascheratrice della propria età. Grande, un busto
-stupendo, questo sì. Due occhi grigi saettanti, pieni di fuoco, forti
-della scienza della vita. La bocca grande, sensuale, potente, il naso
-lungo, arcuato, colle nari larghe, palpitanti dei cavalli di razza.
-Nulla di leggiadro, di dolce nella fisonomia, ma una strana forza
-d'espressione. Violenti, perversi, forse, ma certo irresistibili, i
-voleri di quella donna. E sulla fronte ampia, il riflesso di un diadema
-invisibile; il bacio della cieca fortuna!
-
-Donna Marina venne lentamente a mettersi di fianco allo scrittoio della
-Duchessa e sostenne senza parlare, senza batter palpebra, l'esame che
-la Duchessa fece tosto, con un acuto, lungo sguardo, subire all'aspetto
-di lei.
-
-— Non c'è male — disse finalmente la madre, con quella sua voce roca,
-che si faceva talvolta stridente, ma che possedeva una infinita varietà
-di eloquenze — non c'è male davvero, sei veramente _ad hoc_.
-
-La giovane ebbe un freddo sorriso.
-
-— Ti pare?
-
-— Oserei persino dire una cosa. Come al solito, sei troppo bella.
-
-Donna Marina alzò alquanto le spalle.
-
-— Non è colpa mia — disse con lieve accento ironico — ed è il mio
-genere.
-
-— Infatti. Ma pare che pel momento non sia quello degli altri.
-
-La giovane non rispose, una piccola piega, duretta, anzi che no, si
-disegnò all'angolo destro della sua bocca.
-
-— La tua sviscerata amica tarda alquanto a venire — osservò la madre
-dopo un istante.
-
-— Oh! verrà! — disse Marina tranquillamente, essa non manca mai ad una
-promessa.
-
-— E questa cosa le sta molto a cuore, nevvero?
-
-— Pare.
-
-— Veramente è curiosa... Non so affatto comprendere la cagione di
-queste sue manie matrimoniali.
-
-— No? — ribattè Marina con una singolare, pacata ironia. — E se fosse
-semplicemente perchè mi vuol bene? La cosa sarebbe strana, lo ammetto.
-Pure...
-
-— Un affetto _gratis_... vuoi dire? Ebbene, infatti, perchè no?
-È capace di tutto quella contessa Elisa. Ti accerto che le sono
-riconoscentissima. E lo sarò più ancora se riesce nel suo pietoso
-intento, trovandoti cioè un marito. Il che dovrebbe esser fatto da
-parecchio tempo. Hai venticinque anni, mia cara figliuola.
-
-— Lo so — disse Marina con quella pacatezza sforzata che torna
-talvolta, nei giovani, sì penosa a vedersi. — Comprendo di esser molto
-indiscreta. Dovrei essere maritata da parecchio tempo, come dici. Mi
-par equo però l'aggiungere che, se non lo sono, non è tutta colpa mia.
-
-Mentre Marina diceva questo, il suo sguardo aveva errato di volo
-pei recessi del salotto. Ma, ad un tratto, s'arrestò sul ritratto
-fotografico di un bellissimo giovane. Il ritratto, incorniciato in una
-piccola quadratura di rose d'Olanda, stava su un tavolino di peluscio
-color fuoco, collocato assai presso allo scrittoio della Duchessa.
-
-Sul volto di questa passò rapidissima, appena visibile, una contrazione
-nervosa. Ci fu nel colloquio un momento di sosta, grave, penoso, pieno
-di minaccie d'uragano.
-
-Ma l'uragano non venne.
-
-La Duchessa appoggiò il capo alla spalliera della sua poltroncina ed
-osservò a lungo, con una specie di curiosità umoristica, la giovane che
-teneva chinati gli sguardi.
-
-— Marina, sta attenta — disse poscia Ginevra — tu diventi mordace,
-e questo è per l'appunto un difetto da zitellona. Non va, credimi.
-Ritorna al tuo sistema di amenità, ti sarà più giovevole.... per
-intenderci.
-
-Madre e figlia scambiarono uno sguardo, pieno di amara ironìa.
-
-— Hai ragione — disse Marina lentamente.
-
-Socchiuse gli occhi per un secondo. Quando li riaperse, era calma,
-padrona di sè stessa.
-
-— Dicevi, mamma?...
-
-— Dicevo, mia cara Marina, che non è il caso di perder tempo. Eccoci
-dinnanzi ad una nuova occasione. Speriamo che tutto andrà bene, che il
-giovane ti piacerà...
-
-— Mi piacerà — interruppe freddamente Marina.
-
-— Davvero?... Allora tanto meglio. Voglio sperare ch'egli non sarà meno
-determinato di te. Il partito è eccellente. Sono però, te ne avverto,
-gente dell'altro mondo. Vivono in provincia e hanno delle idee... Ti
-senti di adottarle?
-
-— O di farle mutare, — rispose Marina, dopo un istante di riflessione.
-
-La Duchessa guardò sua figlia con un sorriso enigmatico. — Tanto meglio
-— disse poscia — sarà un bene per loro. Ora, solo resta ad augurarsi
-che la cosa si faccia. Ti confesso però che vorrei vederla in altre
-mani. La contessa Elisa è un angiolo di donnina. Non sa come ammazzare
-il tempo, sa che non sei felice e...
-
-Un rossore passò sul volto di Marina.
-
-La Duchessa rideva.
-
-— Ma sì, cara, cosa importa? Tanto meglio se hai rappresentata bene
-la tua parte, muta s'intende, di vittima interessante. D'altronde, hai
-sempre avuta la manìa della brava gente. Te la contrasto forse? Anzi,
-può essere che abbi tutte le ragioni. A proposito, spero che avrai data
-un'occhiata alla Guida e che non ti lascerai prendere alla sprovvista
-in fatto di nozioni artistiche. Ed è inteso che ignori tutto, nevvero?
-che il vostro incontro è dovuto alla più fortuita delle coincidenze?
-
-Marina assentì con un cenno del capo.
-
-— Benissimo! Sta attenta, non perder mai di vista il tuo scopo. Non
-tradirti. Credo che potrai agevolmente condur lei, ma bada a quel suo
-amico milanese, mi pare di tutt'altra pasta. E comincia subito, se ti
-piace; ecco la tua utilissima protettrice.
-
-Un lieve strepito di passi veniva infatti dalle sale vicine. Poco dopo,
-un domestico annunziò la contessa di Serramonte.
-
-La Duchessa mosse ad incontrare e salutò la sopraggiunta, colla massima
-cordialità.
-
-Elisa Nardi, vedova Serramonte, era più bella e più giovane di donna
-Ginevra. Non toccava per anco la quarantina. Una figuretta fine,
-delicata, poco appariscente, distintissima d'aspetto e di modi. Il suo
-contegno era grave, riserbatissimo, privo di quella scioltezza un po'
-sprezzante che alle signore di oggidì sembra rappresentare l'ideale
-dell'effetto.
-
-Ella era timida, di una timidità singolare, di sensitiva, che cercava
-nascondere, senza punto riuscirvi e che molti battezzavano per
-orgoglio. Ma non era orgoglio. Viveva molto per conto proprio, in tutto
-fedele a' suoi principii ed ai proprii istinti, e non aveva ancora
-potuto riescire a non soffrire quando li sentiva urtati o quando si
-sentiva costretta a sopprimere, esternamente, l'effetto di quell'urto.
-Quando, per esempio, ella doveva dare una stretta di mano a Ginevra
-d'Accorsi, provava una curiosa sensazione di sforzo intimo!
-
-Pure, come non dargliela quella solita, superficiale stretta di mano?
-Il mondo diceva della Duchessa tutto ciò che si può dire di poco
-lusinghiero sul conto di una donna, ma perciò forse il mondo ristava
-dall'accoglierla, dal festeggiarla, dal correre alle sue feste?... Non
-era ella bene spesso chiamata a dare il suo verdetto (e un verdetto
-senza appello) sull'_expedit_, o meno, di ricevere una nuova arrivata,
-aspirante a penetrare nella migliore società fiorentina? Si scambiavano
-qualche visita, quelle due care signore, e ora la contessa Elisa di
-Serramonte non veniva forse a prendere la figlia di Ginevra d'Accorsi
-per condurla a passeggio?
-
-La Duchessa aveva talvolta avvertita la piccola nube rosea che passava
-sul volto della Serramonte, quando le loro destre s'incontravano.
-
-Ciò la divertiva... diceva ridendo a sè stessa. Ma in realtà... no.
-Quel piccolo rossore le dava noia.
-
-Aveva adottato, per vendicarsene, un curioso sistema. Quella donna che,
-senza volerlo, la condannava, ella la affascinava. Ginevra aveva per
-lei una cortesia speciale, piena di delicati sottintesi, di deferenza,
-non scevra d'una tinta di malinconia. La Contessa resisteva, non sempre
-però, e col segreto malessere di chi si sente strascinato. C'era bensì,
-fra quelle due donne, qualcosa d'indefinito e di latente, il germe
-forse di un'aspra lotta futura.
-
-La Duchessa era proprio desolata di non poter andare anche lei a
-visitare quella bella cappelletta. Marina si riprometteva un sì
-squisito godimento artistico!
-
-La contessa Elisa fu lì lì per arrossire come una colpevole, pensando
-al tranello che aveva preparato per quella povera Marina.
-
-La madre lanciò all'amica di sua figlia una rapida occhiata d'intesa
-e le strinse di soppiatto la mano. La faccia di Marina ignorava tutto,
-serenamente.
-
-La conversazione durava, tenuta viva dalla Duchessa. Quella donna
-sapeva parlar d'arte, quando voleva. E lo voleva ora, e riesciva
-a tener Elisa sotto il giogo della sua parola viva, smagliante,
-originale... Subito, entrò nel campo personale:
-
-Certo, ella invidiava profondamente la Contessa, che aveva il coraggio,
-l'indipendenza dei propri gusti. Che nobile esistenza aveva saputo
-creare a se stessa non immolandosi alla vita mondana che esige tanto e
-rende sì poco!
-
-Elisa guardava attonita la Duchessa. Ell'era già quasi impressionata da
-quelle parole inattese, che parevano quasi involontariamente sfuggire
-dalle labbra di quella donna.
-
-La Duchessa ebbe un lieve sospiro.
-
-— Ah!... perchè non tutte possono fare come lei! A volte, creda, siamo
-trascinate nostro malgrado nel vortice di questa esistenza. Si ha
-bisogno di stordirci... di scordare... Si sente il vuoto, la stanchezza
-di tutto ciò. E poi, col passar degli anni...
-
-Un bello spirito fiorentino aveva detto un giorno, della Duchessa
-Ginevra d'Accorsi, ch'ella aveva tutto canzonato nella vita,
-cominciando dal tempo. Ma con tutto ciò, Elisa sentiva levarsi in
-cuore un'insidiosa pietà di lei, del possibile stato d'animo che le
-strappava, in quel momento, quei lembi di confessione. Poichè, dopo
-tutto, il suo ingegno doveva pur qualche volta palesarle il vero,
-qualche buon sentimento doveva pur destarsi ogni tanto nell'animo di
-quella donna! E forse, coltivato, sorretto da un'amicizia sincera...
-
-— Duchessa, — disse timidamente, commossa, con una dubbiosità che
-faceva un po' tremula la sua voce, — la comprendo. So che non è sempre
-in poter nostro...
-
-Non finì la frase suggestiva e pietosa.
-
-Un uscio laterale, quello che metteva all'appartamento privato della
-Duchessa, s'aperse a un tratto con impeto e un bellissimo giovane entrò
-senza preamboli, seguito da un _mops_ corpulento.
-
-S'arrestò sulla soglia, perplesso, evidentemente confuso. Non si
-aspettava di trovar visite, a quell'ora, nel salotto della Duchessa.
-Quel giovane somigliava molto al ritratto sul quale lo sguardo di
-Marina Negroni si era posato sì efficacemente, nel colloquio di
-poc'anzi, colla madre sua. E davvero egli poteva somigliare a quel
-ritratto, n'era semplicemente l'originale.
-
-La contessa Elisa tacque ed arrossì. Sapeva... La sua testina ebbe un
-involontario moto di alterigia, ed ella s'alzò di scatto. Marina si
-abbottonava i guanti. La Duchessa aveva per un secondo fulminato il
-giovane collo sguardo. Ma già ella rideva, il più normale, schietto
-riso del mondo.
-
-— Ma bravo, Dino, che bella maniera di capitare così, come una bomba,
-con quel vostro orribile Brusco! Venite dalla scuderia, scommetto. Come
-sta Rudygore?
-
-— Rudygore?... Ah!... sicuro. Meglio, oh bene... bene — rispose il
-giovane, cercando di rimettersi in carreggiata, ed avanzandosi per
-salutare la Contessa, che pareva restringersi nella persona, con un
-moto involontario.
-
-— Ah! — sclamò la Duchessa con un sospiro di sollievo. — S'immagini —
-continuò vivacemente, rivolgendosi ad Elisa — uno dei nuovi cavalli da
-corsa, testè giunti da Londra, e che si era ammalato, ma sul serio,
-sa? Siamo stati tanto in pena! Pippo non si muove dalla scuderia, e
-ogni tanto mi manda le notizie. Bene dunque, Dino, proprio bene? Il
-veterinario è contento?
-
-Il giovane afferrò la pertica e si tenne a galla con bastante
-disinvoltura. Incominciò, infiorandola di termini tecnici, una
-confortante relazione sul verdetto del veterinario.
-
-Ma alla prima pausa, Elisa, che non si era rimessa a sedere, si rivolse
-quietamente a Marina.
-
-— Si fa tardi, cara, vogliamo andare?
-
-La giovane assentì, colla sua calma imperturbabile e le due signore si
-congedarono dalla Duchessa.
-
-— Ebbene... mie care, divertitevi, — disse questa maternamente — spero
-che il tempo non vi farà dei brutti scherzi. No, Dino, non vi lasciate
-venir la tentazione. Si tratta di arte, non ci capireste nulla, mio
-caro. Marina invece e la Contessa se la godranno un mezzo mondo.
-
-Le due signore si strinsero la mano, naturalmente. Ma forse più delle
-altre volte, quella di Elisa rimase fredda ed inerte nel momentaneo
-contatto. E la Duchessa se ne avvide.
-
-Fe' cenno a Dino che accompagnasse le due signore sino all'anticamera.
-Poi queste scesero sole, in silenzio, il grande scalone di marmo.
-
-Marina era alquanto pallida.
-
-L'elegante vittoria della Contessa attendeva dinanzi al portone. Presso
-i cavalli e tutto immerso nella sapiente contemplazione di essi, stava
-un uomo piccolo, d'aspetto triviale, vestito d'un _tout-de-même_ a
-larghi scacchi bianchi e neri e col volto ornato di due classiche
-fedine da cocchiere. Quell'uomo non era un cocchiere, era il duca Pippo
-d'Accorsi, il marito di Ginevra.
-
-Si scosse al sopraggiungere delle due signore, e le aiutò ad entrare in
-carrozza, con qualche frase di circostanza. Aveva, con un forte accento
-napoletano, l'abitudine dell'imitazione secca, concisa dell'accento
-inglese.
-
-— Dembo cattivo... ehm... pista rovinata... Omaggi, Condessa.
-
-La Contessa rispose in fretta con un cenno di capo. Marina si
-acconciava con garbo nel suo cantuccio.
-
-Dino, frattanto, tornava lentamente, trascinando il passo, verso il
-salotto della Duchessa, e il suo volto recava palese l'espressione
-di un intimo turbamento. — Ah! la Duchessa! Ora, bisognava sentirla!
-Capiva d'aver commesso un grosso marrone capitando così, poc'anzi,
-nel salotto. Temeva, più del fuoco, la collera imperiosa di quella
-donna ch'egli amava, poveretto. A modo suo s'intende, ma sinceramente,
-l'amava.
-
-Entrò adagino, procurando di non far strepito.
-
-Ella non parve avvertirlo. Continuò a scrivere senza degnare il giovane
-d'uno sguardo. Si udiva, sulla superficie della carta inglese, lo
-stridere della penna che correva, mossa da una mano irritata. Sulla
-fronte di quella donna stava una nube di scontento.
-
-Dino era più che mai sgomentato. Quel silenzio non prometteva nulla di
-buono ed egli avrebbe preferito di sentirla addirittura. Ma non osava
-parlare pel primo.
-
-Mutò più volte sedile, tentò la lettura d'un giornale. Finalmente si
-recò presso al caminetto e prese a considerare, come se li vedesse per
-la prima volta, gl'innumeri gingilli che ne ornavano il davanzale.
-Tolse in mano un aereo calice del Salviati, e nel riporlo a posto,
-l'urtò alquanto contro una bomboniera di Vieux-Vienne.
-
-La Duchessa alzò il capo, per muovere un acerbo rimbrotto a quel
-malaccorto. Ma Dino la guardava sì impensierito, la sua bella e stupida
-faccia recava un'espressione sì comica di timore, che la Duchessa si
-sentì quasi disarmata.
-
-— Ebbene, — disse bruscamente, — cosa fate costì?...
-
-— Non s'è sciupato niente... — s'affrettò a rispondere Dino, — tutto
-incolume... guardi.
-
-— Meno male. Mi pare che ne abbiate fatti abbastanza, oggi, dei guai!
-
-La Duchessa non era più adirata, internamente, con Dino, ma pensava che
-una lezione non sarebbe inutile.
-
-— Sì, davvero! Avete dimostrato un tatto... una delicatezza! Capitare
-a quel modo e da quella parte, con quel fare da ragazzaccio, col vostro
-cane alle calcagna. E cavarsela così bene, poi, con tanta destrezza!...
-
-Sferzato da quell'ironia, il giovane tentò un briciolo di difesa.
-
-— Non sapevo che aveste gente, così di buon'ora. So che siete sempre
-sola prima del mezzodì, o non vedete che le vostre amiche intime,
-quelle solite.
-
-— Non importa, bisognava sapere. È curioso, non ne azzeccate mai una,
-neppure per isbaglio.
-
-Egli chinò il capo, sospirando, e cercò un conforto nell'estremo
-splendore della vernice de' suoi stivaletti. La Duchessa si divertiva.
-
-— Le mie amiche, — continuò con quel suo accento stridente. — E che
-sapete voi delle mie amiche? E se per l'appunto volessi farmi un'amica
-intima di Elisa Serramonte?
-
-Colto all'improvviso, Dino non pensò a dissimulare la sua meraviglia
-e questa fu sì palese, sì schietta, che la Duchessa cessò affatto di
-divertirsi ed aggrottò le ciglia.
-
-— Ebbene, — disse duramente, con un'intima collera — perchè fate
-quell'aria grulla? Vi par forse impossibile la cosa?
-
-— Io? Oh no, no... anzi! — s'affrettò a rispondere Dino. — È solo
-perchè so ch'ella conduce una vita tanto... ritirata, e si vede
-pochissimo e mi pareva d'avervi sentito dire ch'ella è terribilmente
-noiosa. Solo per questo... e poi... già; insomma, non capisco.
-
-La Duchessa si mise a ridere, poichè la sua collera era già svaporata.
-
-— Oh! mio caro Dino, ora siamo d'accordo. È il vostro forte, il
-non capire. Suvvia, non fate quel viso intontito. Un'altra volta,
-accertatevi se ho gente prima d'entrare.
-
-— Ah! — diss'egli con trasporto — non siete più in collera?
-
-Di nuovo ella rise, con uno sguardo enigmatico.
-
-— No, non sono più in collera.
-
-Egli si mosse, coll'evidente intenzione di andarla a ringraziare più
-da vicino; ma ella aveva ripigliata la penna, ed il piccolo cric cric
-metallico ricominciava sul foglio che stava davanti alla Duchessa. Dino
-non osò disturbarla.
-
-Solo dopo una buona diecina di minuti, essa gli rivolse la parola.
-
-— Ordinate il mio _landeau_, per le quattro. E oggi venite a cavallo
-alle Cascine. L'americana, con Fitz Maurice. Badate meglio all'attacco.
-Ieri, sul Piazzone, Poniatowski ha osservato qualcosa. Almeno in
-questo, siate irreprensibile.
-
-— Farò quanto potrò. Stasera, alla Pergola, nevvero?
-
-— Non so se ci andrò. Passate in prima sera. Oggi ho la visita
-all'asilo, alle tre.
-
-— Devo venirvi a prendere?
-
-— Venite... se volete. Aspetterete; perchè non so quando riescirò a
-sbrigarmi dalle suore. Ora andate, mio caro, ho un monte di faccende.
-
-Egli obbedì... A malincuore, ma obbedì. Se ne andò chiotto,
-chiotto, senza ch'ella lo accompagnasse col saluto dello sguardo.
-Non lo reclamò, non voleva irritarla. Trovava d'essersela cavata a
-buon mercato, a paragone delle altre volte. Avrebbe dovuto invece
-impensierirsi di quella nuova indulgenza.
-
-Quando fu escito, la Duchessa depose la penna e rimase un istante
-inoperosa ed accigliata. Poi crollò irosamente le spalle.
-
-Ah! cominciava ad annoiarla colui... Dino di Follemare!
-
-
-
-
-II.
-
-
-— Vedi, cara. È lassù.
-
-La contessa Elisa accennava coll'ombrello ad una vecchia e semi
-diroccata chiesuola, eretta sulla vetta di un colle, dal quale poco
-distava ormai la carrozza. Il piccolo edificio era facilmente visibile,
-in mezzo alla boscaglia denudata dai recenti venti autunnali, ma,
-nell'estate, doveva a mala pena indicarsi nella ricchezza del frascato,
-nicchiandosi con un gentile aspetto di chiesetta idillica. Ma in
-quel giorno, sotto quel cielo triste, era triste anch'essa, la povera
-cappella abbandonata.
-
-La carrozza si fermò sul sagrato mentre dalla porticina ogivale esciva
-ad incontrare le due signore un gentiluomo di nobilissimo aspetto, di
-volto ancor fresco e di belle fattezze, a cui davano strano rilievo una
-bella capigliatura affatto bianca, e due baffi grigiastri lunghi ed a
-punte. Alto di statura, aveva nell'assieme dell'esser suo un'imponenza
-geniale, simile a quella che fa dire a Calibano, quando s'imbatte con
-Prospero, nell'isola dove questi è approdato, dopo la tempesta: — Avete
-qualcosa, signore, ch'io chiamerei volentieri padrone.
-
-Aiutò le signore a scendere di carrozza, complimentandole del loro
-coraggio a sfidar le minaccie della piova. Poi scambiò colla contessa
-Elisa un rapido sguardo d'intesa. Erano vecchi, eccellenti amici, quei
-due!
-
-Si fermarono un momento sul piccolo atrio a guardare la vista
-fantastica, sotto il suo disuguale velame di nebbia, mentre Marina
-girava assiduamente le rotelline del suo cannocchiale. Don Marcello
-Plana alla Contessa:
-
-— Mi sono presa una libertà. Ho condotto qui un mio amico. Mi
-permettete di presentarvelo?
-
-— Perchè no, Don Marcello? È un vostro concittadino?
-
-— No, è bresciano. Il marchese Maurizio Fedimari. — Conoscete la
-famiglia?
-
-— Oh benissimo... _Bonne souche_, certamente... E che fa? si trattiene
-a Firenze?
-
-L'abilità di quella donna, per recitar la commedia, era qualcosa di
-sublime; le tremava persin la voce.
-
-Ma Don Marcello l'ascoltava serio serio, e Donna Marina, che avea
-finalmente trovata la giusta misura del cannocchiale, guardava... oh
-lontano, lontano assai nel paesaggio.
-
-— Secondo, — rispose sagacemente Don Marcello. — È un tipo curioso
-quel mio amico. Forma la mia disperazione col volermi sempre obbligare
-a inventargli qualche nuova scoperta in fatto di arte. Si è divorato
-Firenze in un mese, colui! Ora, per dargli ancora un piccolo osso
-artistico da rodere, l'ho condotto qui. E, sentendomi al tutto
-esautorato, in fatto di musei e di gallerie, ho pensato egoisticamente
-di raccomandarlo a voi.
-
-— Ma è un tradimento — disse la Contessa ridendo. — Come potrò?...
-
-— Oh! con voi non c'è da sgomentarsi, in fatto d'arte. — Quando non ce
-n'è più, ce n'è ancora. Fatemi questa carità, lasciate che vi presenti
-il mio amico. E ora, entreremo in chiesa, se vi piace.
-
-Entrarono in chiesa; una bizzarra vetusta cappelletta, le cui pareti
-serbavano ancora qualche vestigio di due distinti stili di antica
-dipintura.
-
-Erano state evidentemente trattate a due riprese, e sotto la grossolana
-maniera di un mediocrissimo pittore del secolo scorso, emergeva
-l'austerità ideale ed ingenua di un pennello cinquecentista. Un
-tratto di processione sacra, coi suoi gruppi serrati, senza spazio,
-di profili bianchi, di testine rossiccie accatastate una a ridosso
-dell'altra, di bizzarre foggie medioevali d'abbigliamenti, era troncato
-bruscamente dai gonfi drappeggi del manto di una Giuditta, opera
-del pittore più recente, mentre la faccia apopletica di questa si
-perdeva alla sua volta in una nuvolaglia di salnitro del più nebuloso
-effetto. Ogni tanto il mistico stile antico tornava a far capolino,
-due delicatissimi nudi si rivelavano, nella loro squisita snellezza
-di forme, al disopra di una ondulatura verdognola che, nell'intenzione
-dell'autore, rappresentava le acque del Giordano, raffigurando così un
-battesimo di Cristo abbastanza riconoscibile. In una cappella laterale
-era alzata su un piedestallo una Madonna moderna, colla faccia di legno
-di grossa bambola fatticciona, vestita di broccato, con sei vezzi
-di granate al collo e con un paio di buccole a pendente, ma dietro
-all'altar maggiore, nel vecchio trittico dall'oro spento, azzurreggiava
-idealmente, cinta d'angioli esultanti, una Madonna di frate Angelico.
-
-In un angolo della chiesetta, presso all'uscio della piccolissima
-sacristia, il sacrestano aveva accatastato la sua scarsa raccolta di
-patate, ma a sommo dell'uscio stesso, nella sua cornice intrecciata
-di fiori e frutti, si sporgeva dal fondo cilestrino, in terra cotta
-verniciata di bianco, uno di quei dolcissimi gruppi di madre e bimbo
-ai quali si collega tuttora il pensiero di un caro nome, quello di Luca
-della Robbia.
-
-Tremolava lievemente, davanti all'altare, in un orribile lucernario
-d'ottone, la fiammella devota, ma il lucernario, era appeso ad
-una catena di leggerissimo fantastico lavoro in ferro battuto, una
-meraviglia di squisito disegno e di quasi aerea esecuzione.
-
-Il marchese Fedimari contemplava per l'appunto la catena del lucernario
-quando la piccola comitiva fece irruzione nella chiesetta. Si voltò
-naturalmente, e chiamato con un cenno da Marcello Plana, venne
-presentato alle signore. Prima alla contessa Nardi, poi a Donna Marina
-Negroni.
-
-Questa e lui si guardarono, rapidissimamente. Entrambi sapevano. Egli
-pensò: No. Ella pensò: Sì.
-
-La contessa Elisa gli parlò tosto di Brescia, di un'amica sua bresciana
-che... combinazione strana, era per l'appunto cugina di casa Fedimari.
-Poi mossero tutti assieme a visitare la chiesetta.
-
-Maurizio Fedimari era un giovane di aspetto fine e molto serio.
-Intelligente, studioso e di tempra eminentemente sensibile, aveva
-cercato, nell'assorbente influenza degli studi artistici, una
-distrazione benefica e quasi un rifugio contro l'eccessiva suscettività
-nervosa del suo temperamento ed il malessere continuo che formentavano
-in lui la coscienza di una quasi insana timidità. Appunto per reagire
-contro questa, si costringeva talvolta a prendere delle grandi
-risoluzioni. Così era venuto nel divisamento di prender moglie e aveva
-detto a Marcello Plana: — Trovamela tu — in una specie di accesso
-di coraggio disperato. Si riservava, naturalmente, la conferma della
-scelta dell'amico. Per tutte le circostanze secondarie, gli aveva data
-carta bianca.
-
-Povera Marina... Ella faceva serenamente, correttamente, il dover suo.
-Ammirava con perfetta misura quanto c'era da ammirare nella cappella,
-ascoltava con doverosa simpatia le elaborate spiegazioni del giovane.
-La timidità naturale di Fedimari era sopraffatta colà dall'assoluto
-bisogno di un contegno sciolto e il terrore del ridicolo gli faceva
-trovare delle forze ignorate. Non parve nè impacciato, nè inferiore a
-sè stesso, benchè soffrisse alquanto nell'intimo suo.
-
-Mentre egli parlava, Marina si ricordò della sua lezione di sorrisi.
-Uno dopo l'altro, con perfetta armonia di evoluzione, vennero sul suo
-volto e passarono. Ella ebbe un'attenzione sostenuta, una dignitosa
-personalità di apprezzamento. Non esagerò l'entusiasmo, ebbe solo
-alcune parole di fino commento. Quando credette giunto il momento
-opportuno, si rimosse alquanto dal gruppo e andò ad inginocchiarsi su
-un banco per farvi una breve preghiera. Ciò fece senza ostentazione
-di sorta, con una semplicità e una distinzione di mosse veramente
-mirabili. La figura spiccava, magnifica, sul banco isolato. La mossa,
-la posa, quella bella testina abbandonata per un istante fra le mani
-finemente inguantate, tutto fu artistico, nobile, riescito. E veramente
-in lui fu colpito l'artista. Ma Maurizio Fedimari restò freddo, ed egli
-ebbe degli strani pensieri d'indole curiosa e alquanto negativa, mentre
-la povera Marina diceva silenziosamente la sua piccola preghiera, appiè
-della Madonna bofficiona.
-
-Ognuno, del resto, faceva doverosamente la sua piccola parte in quella
-piccola commedia crudele. Anche la Contessa fu all'altezza della
-situazione. Si era imposta una disinvoltura grande e bisognava sentire
-come parlava del più e del meno, di Luca della Robbia e di Mino da
-Fiesole... Citò Winckelmann tanto a proposito, quella cara donnina,
-che Maurizio Fedimari ne rimase incantato. Ma con tutto ciò il core
-le batteva forte e un momento, mentre Fedimari si trovava alquanto
-in disparte, con Marina, intento a farle osservare il delicato lavoro
-della catena, ella chiese in fretta, a bassa voce, a Marcello Plana:
-
-— Ebbene, che vi pare?
-
-Marcello si strinse alquanto nelle spalle.
-
-— Eh! bisognerà sentire.
-
-— Quando? Verrete stasera, nevvero? Mi direte... No, caro Plana,
-scusate, ma non sono del vostro parere. Della scuola, forse, di Luca.
-Ma sua, non credo.
-
-Fedimari e Marina erano tornati lentamente indietro, giusto in tempo
-per udire l'opinione della Contessa su Luca della Robbia. Non avevano
-l'aria molto animata.
-
-La visita continuò e si compì secondo il programma. I due signori
-accompagnarono alla carrozza la Contessa e la signorina. E lì, proprio
-all'ultimo, la contessa Elisa si fe' un coraggio da leone e annunziò
-al marchese Fedimari che riceveva il sabato, dopo le cinque. Se ne
-rammentasse, se rimaneva a Firenze.
-
-Il giovane accolse l'invito colla più doverosa riconoscenza. Ma parlò
-vagamente di certi progetti per Napoli. Era indeciso. Certamente, se
-non partiva, approfitterebbe col massimo piacere.
-
-Marina si nicchiava nel suo cantuccio del legno, disponendo con
-grazia infinita sulle sue ginocchia l'elegante copertina foderata di
-pelliccia. La persona era ben riparata, ma un subito freddolino si fece
-strada sino al suo cuore. Il più squisito dei sorrisi, il sorriso della
-fine, non lasciò le sue labbra. Scomparve a tempo debito, quando non
-occorreva più, ma si cacciò dietro una effulgenza di serenità mirabile,
-mentre la giovane parlava, con sentita compiacenza, delle bellissime
-cose che aveva testè vedute.
-
-La Contessa invece non era niente affatto entusiasta. Sempre così, quel
-Plana. Credeva sempre di scovare dei tesori inediti... e poi... Quella
-Madonna?... Della scuola di Luca... se pure! E il Trittico! Ritoccato
-atrocemente, rovinato addirittura.
-
-Marina scoteva il capo placidamente. — Ma no... non mi pare. Mi sono
-piaciuti tanto quegli affreschi. E il luogo era così originale!
-
-— Originale davvero! — ribattè la Contessa con quanto malumore poteva
-tradire la sua dolce fisonomia.
-
-Sospirò, poi tacque, e Marina rispettò il suo silenzio. Ella pure
-aveva voglia di tacere. Pensava che anche _quella_ era andata male. Lo
-sentiva... n'era sicura. Quante?... Non le contava più!
-
-Sulla discesa i cavalli trottavano, Marina abbandonava la bella persona
-alle lievi scosse della carrozza, e pensava che la china degli anni si
-scende così, ch'ell'era stanca, inesprimibilmente stanca di... tante
-cose. E ogni tanto si presentava una probabilità, qualche cosa che
-pareva la fine... ma, sul punto di concretarsi, spariva. E il tempo
-passava...
-
-S'era levato un venticello malinconico che se la pigliava colle ultime
-foglie, scordate sugli alberi dal suo predecessore. Ella guardava,
-pensando ancora: Così! Ma aveva ripreso a chiacchierare quietamente
-colla Contessa.
-
-Andarono alle Cascine, ma il tempo inclemente aveva trattenuti in
-città molti dei soliti frequentatori. Poche carrozze al Piazzone. Le
-due signore non si fermarono molto alla passeggiata. La Contessa aveva
-premura di essere a casa e di chiedere a Plana come fossero realmente
-andate le cose. Poichè ella era sinceramente affezionata a Marina,
-e avrebbe voluto vederla maritata e fuori di quella benedetta casa
-d'Accorsi!...
-
-Ve la ricondusse, cionullameno, e la giovane, congedatasi
-affettuosamente dall'amica, scomparve nel vano del portone. Elisa le
-tenne dietro, sin che potè, collo sguardo.
-
-— Povera ragazza! — sospirò.
-
-— A casa! — disse poscia rapidamente al domestico che attendeva gli
-ordini.
-
-
-
-
-III.
-
-
-La casa della contessa Elisa non era un palazzone. Un bel fabbricato
-signorile di stile moderno, nicchiato, con una leggiadra modestia
-di villa, in mezzo ad un giardino tutto cintato, il che lo isolava
-piacevolmente dalla via e dalle case adiacenti. C'erano molti
-sempreverdi, molti fiori e le mura erano quasi tutte ammantate di
-edere, pareva d'essere in campagna. Ciò piaceva tanto alla contessa
-Elisa, e i suoi fedeli salivano volentieri quella piccola scalinata
-dell'atrio, coi grandi vasi bleu di maiolica di Ginori, cogli arum sì
-belli e sì alti e le macchie di begonie e le belle lampadine pensili
-coll'edere sì verdi, e il capilvenere sì minuto, per poi penetrare in
-quella piccola fuga di sale arredate semplicemente, ma con molto gusto,
-e andar finalmente a parare in quell'amore di salottino in broccatello
-antico; tutto mezze tinte e cose gentili, e tocchi femminilmente
-artistici di addobbo e d'adornamento.
-
-Appena scesa di carrozza, Elisa chiese al cameriere: — È venuto don
-Marcello?... — E udito che sì, mosse frettolosa a incontrarlo dove
-sapeva che l'avrebbe trovato.
-
-Egli era infatti nel salottino ultimo. Appena udì quel passetto
-frettoloso, depose il volume che stava leggendo e si alzò, appena in
-tempo per ricevere, in piedi, la buona stretta di mano dell'amica.
-
-— Ebbene? — le chiese questa impetuosamente.
-
-— Eh! che furia! — Toglietevi almeno il mantello. Vi sta così bene che
-è un peccato. Ma...
-
-— Via, per carità! — rispose Elisa sbottonandosi nervosamente.
-
-Egli la guardava, ridendo, ma subito fece una faccia lunga e contrita.
-
-— Bastonate il vostro servitore, Contessa. Egli è reduce da un fiasco.
-
-Ella rimase non sorpresa, ma accorata.
-
-— Me l'immaginavo — sospirò. — Che disdetta! Un così buon partito... Ma
-cosa le trova poi... colui? Non gli par bella forse?
-
-— Bellissima. Egli rende piena giustizia ai pregi fisici della vostra
-amica. Una sola cosa gli parve insufficiente in lei.
-
-— E cosa?
-
-— L'anima, cara Contessa.
-
-Elisa buttò dispettosamente il guanto, testè toltosi, sul tavolino
-prossimo.
-
-— E dàlli.... anche lui, con quest'anima! È una scusa così comoda,
-ora. Che anima volete che abbia una povera ragazza al giorno d'oggi,
-coll'educazione che le si dà, colle leggi assurde che ha fatto la
-società! Vi accerto che Marina è una giovane piena di cuore, e ha dei
-bellissimi sentimenti, e il vostro amico non capisce...
-
-Don Marcello incrociò le braccia sul petto in atto sì comicamente umile
-che la contessa dovette far bocca da ridere.
-
-— No, no, vi assicuro..., sono contrariatissima. È un giovane
-simpatico, intelligente.
-
-— Avete detto testè che non capisce niente.
-
-— Un eccellente partito!... Mi rincresce all'anima. Fortuna che Marina
-non ne sapeva nulla.
-
-— Uhm!...
-
-— Ma no, vi accerto. Non le abbiamo fatto il più lieve cenno...!
-
-— Tant'è.
-
-— Dio, che ostinato!... Se vi dico che non ne sapeva nulla. E dopo
-tutto egli poteva non piacere a lei. Non è mica un Adone, il vostro
-amico. Scommetto ch'ella non lo avrebbe voluto.
-
-— Perdereste la scommessa. — Ella sarebbe stata meno esigente di lui.
-
-— Oh bella questa! Perchè?
-
-— Perchè di sì... E se ci pensate un momento, converrete meco...
-
-La Contessa pensò un momento, e in cuor suo convenne ch'egli non aveva
-torto. Ma scosse ancora il capo, dubbiosamente.
-
-— Siete ingiusto per lei. Non l'avete mai potuta soffrire.
-
-— Perdonatemi; non è esatto. Ho di lei molta stima, non avrei, se
-fosse altrimenti, pensato a proporla in moglie ad un mio amico. La
-benevolenza di cui l'onorate è la sua più valida commendatizia. Nelle
-sue speciali circostanze ella ha sempre dimostrato un tatto ed un senno
-commendevoli. Ma se fossi stato al posto di Fedimari...
-
-— Avreste fatto come lui?
-
-— Precisamente, Contessa.
-
-Una pausa tenne dietro a questa schietta dichiarazione.
-
-— Ebbene — disse la Contessa dopo un momento, tutto ciò è molto triste.
-Io, vedete... detesto tutte queste cose, questa forma di progetti di
-combinazioni. Mi pare che sia quasi una profanazione.
-
-La sua bella fisonomia assunse inconsciamente un'espressione
-malinconica piena di sincerità e di sentimento. E continuò:
-
-— Mi direte: ma a queste combinazioni, tu pure presti mano, mentre
-le critichi. Che volete!... Se ne vedono tutti i giorni, e a volte
-finiscono bene... meglio degli altri matrimoni. Ma è così triste, tutto
-ciò... sì dissimile dall'amore!
-
-Modulò dolcemente, con dolcezza involontaria, l'arcana parola.
-
-— Ma è la vita, Contessa. Due cose molto distinte, come vedete.
-
-— Infatti. Si può vivere senza l'amore.
-
-— Certo. Ad un patto però. Di non aver cominciato a provarlo.
-
-— Non si comincia, ecco tutto; — rispose Elisa, sorridendo.
-
-Egli ebbe un impercettibile moto delle sopracciglia. Ella sorrise
-ancora e soggiunse:
-
-— E sopratutto non si comincia fuor di tempo.
-
-Marcello Plana prese il libro che aveva testè deposto: _Mad.
-Chrysanthème_ di Pierre Loti, e lo sfogliò un momento. Poi lo rimise
-sul tavolino.
-
-— Insomma, questa volta abbiamo proprio fatto un buco nell'acqua! Me ne
-dispiace, credete.
-
-— E a me pure, immensamente. Povera Marina!
-
-— E contate rimettervi in campagna?
-
-— Certo. In queste cose non bisogna mai fermarsi a contare i morti.
-Quella povera figliuola...
-
-— Non la compiangete tanto. Anzitutto, ha un'amica come voi. Poi ha
-un'altra amica, pure tenerissima, di lei... lei stessa, cioè, colla
-tenacità del suo proposito. Vi assicuro che riescirà; col vostro
-concorso o senza.
-
-— Dio lo voglia! Don Marcello. Vorrei vedere...
-
-— Tutte le pecore sul monte? Che valida sostenitrice del matrimonio.
-Peccato che non vi ricordiate che, in certi casi, _Cicero pro domo sua_
-sarebbe il migliore degli argomenti.
-
-Ella arrossì alquanto e scosse gravemente il capo.
-
-— Oh! non si tratta di questo. Marina...
-
-— Sì, lo so. Marina è abbastanza convinta, per conto suo, non siate in
-pena per ciò. Ma siete voi che...
-
-Si arrestò; ella aveva lievemente aggrottate le ciglia e una
-espressione di tristezza passava sul suo volto.
-
-— Voi... siete incorreggibile — completò Don Marcello. — Ed io
-pure, nel tormentarvi. Ma consolatevi, parto presto per Milano. Mi
-scriverete, nevvero, mi terrete a giorno dei vostri nuovi tentativi?
-
-— Certamente. Benchè, a dir vero, in questo momento, non saprei proprio
-a che santo raccomandarmi per trovare...
-
-— La _rara avis_? Il marito di Marina? Suvvia. Non v'inquietate. Verrà
-da sè... E ora rasserenate il vostro caro volto di missionario, e date
-un pensiero anche agli altri miseri mortali. Guardate la vostra posta
-che vi attende, chi sa da quanto.
-
-— Infatti. Permettete?
-
-Egli chinò il capo e tornò a recarsi fra le mani _Mad. Chrysanthème_,
-colle sue figurette birichine, mentre la Contessa andava rimestando in
-una piccola farraggine di carte, di giornali, di lettere che, giunte
-nella sua assenza, attendevano al posto solito, là dove il domestico
-aveva ordine di deporle, in una larga coppa di antico Giappone.
-
-Una viva esclamazione, sfuggita alla Contessa, fece alzare il capo a
-Don Marcello. Essa leggeva frettolosamente, con evidente sorpresa e
-crescente soddisfazione una lettera abbastanza voluminosa. Quando ebbe
-finito, si lasciò andare sulla poltroncina e cominciò a ridere, ma di
-gusto... quel suo bel riso sonoro, che pareva tornarla sì giovane.
-
-Egli la guardava, curioso, aspettando.
-
-— Oh! — diss'ella finalmente, non appena le venne fatto, e sollevando
-trionfalmente la lettera — quando si dice il destino!
-
-Guardate qui! Lo sapete voi cosa c'è in questa lettera?... Ebbene!
-Immaginate... C'è dentro nientemeno che... il marito di Marina!
-
-— _Amen!_... — disse gravemente Don Marcello Plana.
-
- *
- * *
-
-Era sola, oramai, e pensava!
-
-Addietro, addietro negli anni, nei remoti recessi della memoria,
-ella trovava i ricordi dell'amica che le aveva scritto ora sì
-confidenzialmente e sì a lungo, dopo tanti anni di silenzio. Rivedeva
-i due giardini confinanti delle ville paterne, teatro dei loro
-giuochi, il pianoforte sul quale solevano assieme eseguire, con
-tanto impegno le sonatine, applaudite dagli amici indulgenti. Tecla
-d'Oppado era maggiore di lei, di parecchi anni, e le faceva da mammina
-all'occasione, con grande disinvoltura.
-
-Ma la contessa Elisa rammentava senza rammarico alcuno, quella specie
-di amorosa supremazia esercitata su di lei; non solo per l'autorità
-di qualche anno di maggiore età ma anche per una speciale precocità
-del carattere di Tecla, precocità sì marcata, che pareva avere
-affrettato per lei il corso naturale del tempo e tutto arrecatole in
-anticipazione.
-
-Tutto: l'amore, il matrimonio, la maternità.
-
-A sedici anni, alla sua prima festa da ballo, Tecla d'Oppado era
-colpita in pieno cuore da una passione romantica ma sincera, per un
-brillante ufficiale, molto bello, molto nobile e molto rovinato. Pieno
-di spirito e di brio, disinvolto ed elegante come un moschettiere di
-Dumas, con un taglio d'occhi azzurri che metteva nelle loro orbite
-la profondità d'un mare, egli si accorse subito dell'impressione da
-lui esercitata su quel cuoricino. Tecla non era brutta ed egli la
-sapeva ricca, forse l'amò pure alquanto, a modo suo. Certo è che seppe
-convincerla ch'ella non poteva essere felice altrimenti che con lui
-e manovrò sì bene l'azzurro degli occhi suoi che la indusse a dire
-gravemente ai vecchi nonni, i quali sostituivano per Tecla i perduti
-genitori: O quello, o nessuno!
-
-I buoni vecchietti provarono bensì a ridere di quell'ultimatum; ma
-dopo cinque o sei mesi d'indugio, davanti a quella faccetta pallida
-e risoluta, su cui parevano andar segnandosi certe stimmate, della
-famiglia di quelle ch'erano un tempo impresse sul volto della madre di
-Tecla, morta a ventott'anni di mal sottile, i nonni mutaron parere,
-e un bel giorno la fanciulla entrando in salotto, vi trovò il conte
-Aynardo Rescuati Melli. Otto giorni dopo, i giovani erano fidanzati.
-
-Ella fu felice, inenarrabilmente felice. Subito si riebbe. Ci sono di
-quelle donnine così fatte, per le quali l'amore è simile alla selvaggia
-canzone dello zingaro fattucchiero che attira specialmente i bambini.
-Li chiama dai palagi, dalle case, dagli abituri, li toglie ai giuochi,
-alle gonne delle madri, irresistibilmente! Ed essi vengono giulivi,
-danzando, battendo le mani in cadenza colla canzone che li guida,
-dove sa lei, nei labirinti ciechi, nelle solitudini misteriose di una
-foresta senza fine, nelle strade perse, senza sbocco, della vita.
-
-Ella ubbidì a quell'appello e danzò, giuliva, correndo sulle traccie
-del fattucchiero!
-
-Dapprima, sul sentiero misterioso fu un incomparabile fioritura di
-gioie, ed ella tanto ritrovò della sua vita da poterne dare ad un altro
-essere, dieci mesi soltanto dopo essersi sposata. E le parve allora di
-poter gettare al destino un osanna di completa, assoluta gratitudine.
-
-Le parve.
-
-Poichè non è nostra la felicità che ci dona esclusivamente l'amore.
-Noi, col nostro facciamo assai, ma a tutto non si arriva e l'amore è
-zingaro e frequenta le strade disagevoli che rasentano gli abissi. Il
-conte Aynardo Rescuati Melli cominciò a sbadigliare un poco, passata
-quella prima festa di felicità coniugale e paterna. E un giorno, ahimè!
-s'avvide d'esser molto giovane per un marito ed un papà!
-
-Già... un po' lunghetta la storia! Le sue doti brillanti, l'acciaio
-terso del suo spirito si arrugginivano in quella cittaduzza di
-provincia, fra quelle due graziose foggie di bimbi che aveva in casa,
-la moglie cioè ed il figlio. Per non pensare a quelle malinconie
-cercava di distrarsi; poveretto! E per distrarsi, consumava molto della
-dote che gli aveva recato Tecla e sbocconcellava pure un poco di quella
-fede ch'egli aveva recato a Tecla. Il cambio non era generoso, Tecla
-se ne avvide e si destò ad un tratto, nel fitto della notte e della
-foresta. Sola, lo zingaro era scomparso! La canzone non aveva più che
-un ritornello; quello di Tecla.
-
-Ella era molto giovane, molto inesperta, attorniata da persone vecchie
-che avevano scordata la scienza della vita. Fu bene, mal consigliata
-da esse o dal suo cuore? Fu saggia nel suo risentimento? Aggravò la
-scissura, coll'impetuosità appassionata del suo dolore? Certo; aveva
-ragione la poveretta. Ma quando mai, in amore, aver ragione fu una
-ragione valida?
-
-Il conte rientrò al servizio militare ed ebbe la nomina di addetto
-ad un'ambasciata estera. Ella rimase nel suo vecchio palazzo, coi
-vecchi nonni e col bimbo. Non erano separati. Egli veniva ogni tanto
-in famiglia, e purchè non troppo prolungate, quelle visite erano
-piacevolissime per lui. Faceva un mondo di feste alla moglie e al
-bimbo, recava loro doni ricchissimi, di un gusto squisito, narrava
-dei piacevolissimi aneddoti ed alludeva volentieri al tempo in cui,
-stanco del servizio militare, verrebbe a casa a piantare i cavoli e far
-studiare quel birichino.
-
-Ma invece, un brutto giorno, a Vienna, se ne morì, stupidamente, in
-duello per una donna, che non valeva un'ora sola della vita più inutile
-di questo mondo. A Tecla, dissero ch'era morto di bronchite fulminante!
-
-Quando egli fu morto, ella seppe una cosa: che l'aveva sempre amato,
-anche offesa, anche lontana da lui. Ma di lui, ora non restava che
-Roberto. Ed ella amò Roberto per due, per lui e per il padre suo.
-
-Ci sono due maniere di amare le persone: A modo loro e a modo nostro.
-Coll'idea del come vorremmo essere amati noi, o del come esse amano
-d'essere amate. Il primo metodo, Tecla lo aveva applicato al matrimonio
-e non era stato coronato da un brillante successo. Perciò volle,
-col figliuolo, fare un nuovo esperimento, amarlo cioè a modo suo,
-contentandolo in tutto. A dir vero, ella corteggiava un fiasco, più
-colossale del primo, ma il destino, per questa volta almeno, chiuse
-un occhio sulla sua imprudenza. Nè ella, nè i nonni furono capaci di
-rovinare Robertino.
-
-Il ragazzo era nato col bernoccolo della resistenza ai metodi
-sperimentali. Profittava naturalmente di quella tempesta di amore,
-ma a dispetto di quella trinità d'idolatrie, cosa incredibile... non
-diventava un ragazzaccio!
-
-Era un ragazzo come gli altri, un po' più birichino forse, con una
-passione speciale per fare il chiasso ma comodamente, a casa sua. Non
-diceva bugìe, forse perchè non aveva mai avuto bisogno di dirne, voleva
-quel che voleva; spiattellato, senza rigiri. Tiranneggiava la mamma,
-questo va da sè, trattava i nonni con una disinvoltura notevole e
-dimostrava a loro riguardo una estrema libertà di spirito, ma era loro
-affezionato e stava volontieri in casa.
-
-Non era un'aquila d'ingegno e studiare gli parve sempre una cosa
-perfettamente inutile, ma egli strinse le più cordiali relazioni cogli
-innumeri maestri che la mamma, pur di non mandarlo a pervertirsi nelle
-scuole pubbliche, gli faceva pullulare in casa. Tutte queste brave
-e colte persone, egli finiva invariabilmente collo scoraggiarle come
-istruttori, ma se ne faceva degli eccellenti compagni di escursioni
-e di cavalcate, nonchè dei caldi amici personali. Andava a caccia col
-fattore, il quale lo adorava e lo derubava doverosamente e gli diceva
-sempre, accennando dei larghi tratti di paese: Vede, tutto questo è
-suo. Le piante, il grano, l'erba, i sassi, le bestie, tutto suo. E
-anche la roba dei vecchi, quelle belle tenute laggiù, sue anche quelle.
-Cosa vuol stare a rompersi il capo sui libri?... Lo lasci fare a noi,
-poveri disperati. E lei, stia allegro e se la goda.
-
-E lui... sfido io, non dava torto al fattore, quel diavolo di ragazzo.
-
-Elisa rammentava benissimo quel monello di Bertino. Doveva essere sugli
-otto anni quando ella e Tecla si separavano, ah! con quanto dolore di
-entrambe! Tecla, per andare a stabilirsi in un'orrenda cittaduzza delle
-Marche, ove uno zio canonico aveva testè lasciato una bella eredità
-a Bertino; Elisa per seguire il padre suo, in un giro scientifico in
-Sicilia.
-
-Veramente fu un dolore, quella separazione. Erano amiche nel senso
-reale, sì raro della parola, malgrado la non lieve differenza
-d'età, malgrado la non pari posizione. Due anime proprio fatte per
-simpatizzare, quella vedovina malinconica, non ancora scevra di
-tutte le sue ubbie di fanciulla, e quella fanciulla grave, posata
-come una piccola matrona. Per tanti anni non s'erano più vedute, la
-corrispondenza erasi mantenuta per un tempo non breve, ma poi era
-venuta meno. Tecla era assorbita dalle sue cure per Berto, ed Elisa
-aveva ormai delle mansioni speciali presso il padre suo.
-
-Afflitto da un inesorabile e progressivo indebolimento della vista,
-il barone Nardi, soffriva crudelmente di non potersi più dedicare ai
-severi studi storici, cui doveva la sua alta fama di scienziato. Ma
-questo dolore, la figlia alleviava quanto era in poter suo, prestando
-al padre i suoi begli occhi di Antigone, la sua armoniosa voce di
-lettrice e la chiara calligrafia, della quale la sua mano elegante
-rivestiva il dettato di lui sui fascicoli della sua grande opera: _Le
-rivoluzioni dei Comuni Italiani_. E una cosa soleva dire, serenamente,
-Elisa Nardi, (che le attirò un buon rabbuffo della zia Balbina,
-la testa forte della parentela): ch'ella, cioè, sposerebbe tanto
-volentieri un uomo che somigliasse al padre suo! E il bello è, che
-n'era proprio convinta, e aveva chiesto seria seria: perchè? quando la
-zia Balbina le aveva detto alzando le spalle:
-
-— Per amor di Dio, figliuola mia, non farti sentire a dire di queste
-corbellerie. Già! l'ho sempre detto, che tu vivi sempre nel mondo della
-luna.
-
-La zia Balbina, dal suo punto di vista non aveva tutti i torti;
-ma convien dire che nel mondo della luna non ci si stia poi tanto
-male, perchè Elisa, coi suoi bizzarri ideali e colle sue funzioni
-d'amanuense, pareva, ed era proprio felice, e in fatto di matrimonio
-non se la pigliava con quel fervore più o meno ben celato di molte
-fra le nostre belle signorine. In casa, la Signora era lei, suo padre
-l'adorava, attorno a loro s'era fatto un circolo, un po' esclusivo a
-dir vero, di vecchi amici di casa, quasi tutti assai colti.
-
-Fedele all'antica amicizia con Tecla, Elisa non ne aveva contratte
-altre, con giovani signore o signorine. Coi giovani era alquanto a
-disagio.
-
-Essa passava per una signorina eccezionalmente colta, ed alcuni
-giovinotti, che se ne sarebbero facilmente invaghiti, conoscendola
-sotto un altro nome, trovavano spiritoso di simulare un piccolo brivido
-di paura, o una smorfia di riverente sgomento, quando si parlava di
-lei.
-
-Fanciulletta ancora, aveva perduta la madre. Priva dei suoi consigli,
-entrata giovanissima nel gran mondo, non aveva saputo evitare qualcuno
-dei tanti scogli di quel mare infido. Non aveva toccato che delle
-piccole ferite, subito rimarginate dalla reazione del buon senso e
-dall'innata equità; ma di quelle che in certe anime ultra delicate,
-lasciano una traccia e anticipano di anni ed anni il segreto disgusto
-del mondo. Così: alle grandi riunioni, alle feste, Elisa preferiva di
-gran lunga la compagnia del padre e quella che gli chiamava d'attorno
-la sua larga ospitalità di scienziato gran signore. Intelligenza
-veramente eccezionale, coadiuvata da profonde cognizioni, il barone
-Nardi amava coltivare le serie doti mentali di sua figlia, addestrando
-lo spirito di questa al pregio tanto femminile della ricettività
-intellettuale.
-
-In quell'ambiente ove nulla penetrava di frivolo, in mezzo a studii
-prediletti e a persone simpatiche ed omogenee, padre e figlia erano
-felici ed Elisa non si rammentava che alla sua età, a 24 anni, ella
-avrebbe potuto essere da tempo maritata. Non ci pensava, ecco tutto.
-
-Ma qualcuno ci pensava per lei. La zia Balbina procurò un giorno di
-trovarsi sola col fratello e gli chiese, coll'intrepidità di chi sa di
-compiere un'opera meritoria, se contava di sacrificare definitivamente
-l'avvenire di sua figlia al piacere di averla a segretario dei suoi
-lavori storici.
-
-L'autore delle _Rivoluzioni dei Comuni Italiani_ cascò dalle nuvole.
-
-Lui! sacrificare sua figlia!
-
-Rimase senza parola, subitamente addolorato ed impensierito davanti
-alla categorica domanda di quella energica sorella. Il suo egoismo
-(se davvero n'era stato colpevole) era d'indole affatto inconscia,
-poichè gli era sempre parso che la figliuola fosse felice con lui,
-nè desiderasse di mutar vita. Così era infatti, per un assieme di
-circostanze affatto speciali; ma lo zelo della zia Balbina tanto seppe
-evocare l'immagine dell'avvenire e rammentare al barone quella tal
-legge di natura che sbarazza l'umanità della sua parte eccedente ed
-inutile (dei padri vecchi, per esempio) ch'egli cominciò a ricordarsi
-che infatti, da qualche tempo in qua, si sentiva alquanto deperire in
-salute. Già, veramente... era stato un grande egoista.
-
-Osservò umilmente alla sorella ch'egli, però, non aveva mai contrariata
-la figliuola. Elisa era perfettamente libera di scegliere chi più le
-piacesse per compagno della vita.
-
-Oh! come rise di cuore la zia Balbina quando udì queste parole! Come
-rivelavano lo scienziato, l'uomo che non aveva mai avuto, scusasse...
-un po' di senso pratico della vita. L'Elisa aveva avuta in retaggio da
-lui, la stessa assenza di sano positivismo; era una piccola marmotta
-che non sarebbe mai stata capace di pescarsi un marito, con tutte le
-sue doti trascendentali. Oltre a ciò, era una ragazza eccezionale,
-che uno dei soliti giovanotti mondani avrebbe resa infelicissima. Per
-Elisa ci voleva un uomo serio, coltissimo, di uno spirito superiore.
-Penserebbe lei, insomma, a trovarlo.
-
-A ciò non si oppose il barone. La zia Balbina lo aveva destato come da
-un sogno; e ora egli si chiedeva come avesse potuto farlo sì quieto,
-sì prolungato!... E giacchè c'era questa terribile necessità che le
-figlie dovessero prender marito e i padri rimaner soli, dopo averle
-tanto amate, dopo essersele tenute a fianco, sì care, per tanto tempo,
-compagne del cuore e della mente, luce e vita della casa... ebbene...
-facesse pure, la zia Balbina!...
-
-È d'uopo convenire che la zia Balbina, ispirata dal suo zelo, non
-operò per nulla colla testa nel sacco, e compì la sua missione
-coscienziosamente e secondo la sua più stretta idea del dovere e di ciò
-ch'ella giudicava più atto alle speciali esigenze di sua nipote. Non
-ebbe pace sicchè non ebbe trovato un uomo, che, a farlo apposta colle
-mani, non poteva esser più adatto a quella cara Elisa. Uno scienziato
-anche lui... come quel benedetto papà, meno che la sua malattia era
-la numismatica. Ricco, nobile, istruito, un pozzo di scienza! Sui
-quarant'anni, ma un bell'uomo ancora. E un carattere così solido...
-così calmo, una perla d'uomo.
-
-Insomma quello doveva essere proprio l'ideale di Elisa, quello che
-meglio rispondeva a tutte le sue idee, le sue abitudini, le sue
-tendenze! Zia Balbina sfidava chicchessia a trovare per Elisa un marito
-più _ad hoc_ del conte Emilio Serramonti!
-
-Tutto ciò era molto vero in sostanza e il cuore di Elisa era come una
-bella casettina nuova che non ha ancora avuto inquilini. Ella accettò
-fiduciosamente quello sposo, le cui qualità erano indiscutibili, e
-che aveva comuni con lei e col padre suo tante idee e tante simpatie.
-E quando, pochi anni dopo il matrimonio della figlia, il barone Nardi
-si sentì presso la sua fine (immatura dopo tutto, poichè non toccava
-i 50 anni) benedì in cuor suo il gran dolore che gli aveva imposto la
-zia Balbina. Oh! sì! poteva chiuder gli occhi in pace, contento del
-suo sacrificio. Lasciava la sua Elisa nel pieno possesso di una calma,
-di una ragionevole felicità. Di una cosa soltanto si rammaricava:
-che ella non avesse figli. Da qualche tempo, più specialmente, questa
-circostanza lo impensieriva.
-
-Ma zia Balbina, venuta in quei giorni dolorosi, a recare il conforto e
-l'aiuto della sua testa pratica, combattè colla più consolante energia
-quel rammarico del fratello.
-
-Ma che! Ubbie! Una donna intellettuale, come Elisa, dotata di sì grandi
-risorse di spirito, con un marito, quale glielo aveva procurato lei
-stessa, poteva benissimo far senza della distrazione dei marmocchi.
-Suo marito amava ricevere, essa lo coadiuvava mirabilmente, avevano un
-salone letterario frequentato dalle più alte intelligenze. Che poteva
-desiderare di più, coi suoi gusti, quella povera cara Elisa!
-
- *
- * *
-
-Veramente, quando, in capo a poche settimane, quella povera cara Elisa
-perdette il padre suo, una cosa soltanto desiderò con intenso desiderio
-e fu che la lasciassero sola col suo dolore. Provò una violenta
-gratitudine pel marito, il quale la sottrasse alle consolazioni e
-ai ragionamenti pratici di zia Balbina, conducendola seco a fare un
-lungo viaggio durante il quale egli si occupò assai colle sue medaglie
-e lasciò ch'ella si occupasse colle sue lagrime e col suo immenso
-rimpianto.
-
-Non mai, come in seguito a questo pietoso salvataggio, ella fu tentata
-di credersi ciò che tanto si applicava ad essere: una moglie felice. E
-quando suo marito ammalò alla sua volta d'una lunga e gravosa malattia
-che li trascinò per anni ed anni, in caldi e lontani paesi, unica
-infermiera del conte Emilio fu la moglie sua. Veramente affettuosa ed
-intima e dolcemente fraterna fu l'esistenza di quei due!
-
-Quando egli morì, dopo solo sei anni di matrimonio, di una dolce morte,
-confortata da sincere lagrime, ella si sentì veramente sventurata. Le
-parve che colla nuova si riaprisse in lei l'antica ferita. Nella sua
-completa solitudine morale, quelle due care memorie ella confuse in un
-culto di indole quasi pari, e le parve di sentir compiuta e chiusa la
-vita del suo cuore, nella duplice tristezza del suo lutto di figlia e
-di sposa...
-
- . . . . . . .
-
-A Costantinopoli ella aveva perduto suo marito, ed ella stessa ne
-ricondusse la salma in Europa.
-
-Per un anno intero abitò in una sua bellissima villa sulla Riviera. Più
-tardi comperò una casa a Firenze e fu per lei una gradita occupazione
-quella di metterla in ordine e di addobbarla, seguendo le ispirazioni
-del suo raro gusto artistico. In quella circostanza ella osò per la
-prima volta contrastare il parere di zia Balbina. La buona signora
-aveva avuto l'idea eminentemente pratica di invitare la giovane vedova
-a venir ad abitare in provincia presso di lei, allo scopo, diceva ella,
-di sconcertare le cattive lingue.
-
-Ma la contessa Elisa non si sentì il coraggio di pagare a sì caro
-prezzo lo sconcerto delle cattive lingue. E seppe tanto bene e con sì
-amabile dignità viver sola a Firenze, nella sua bella casa, ricevendo
-come aveva sempre fatto, occupandosi d'arte, di letteratura, di
-beneficenza, che le cattive lingue, dopo aver provato a pungere, a
-portar via un po' di pelle a quella purissima riputazione, dovettero
-smettere. A nessuno venne mai la più lontana idea di poter far la
-corte a quella signora così gentile e così austera. Alcuni ebbero
-bensì, nei primi tempi, un'idea assai migliore, quella cioè di
-chiederla in moglie, ma ella ricusò sì pertinacemente che gli aspiranti
-desistettero. Uno di essi, più stizzito degli altri per la toccata
-ripulsa, avendo detto che la contessa Elisa era una donna fredda,
-egoista e per di più, di una pedanteria insopportabile, molte persone
-trovarono comodo di adottare sul conto di quella signora un'opinione
-già fatta, invece di darsi la briga di formarsene una propria e così
-fu assodato che la Serramonti, con tutte le sue qualità, non era per
-nulla ciò che si chiama una persona attraente. E zia Balbina scrisse,
-ad alcune sue amiche di Firenze che le avevano chiesto ragguagli sulla
-nipote:
-
-«Un angelo, mie care, una donna sublime, ma ostinata all'estremo, e
-di una deplorevole riluttanza a seguire le buone e pratiche influenze
-delle persone esperimentate. L'ho sempre detto a quella cara Elisa,
-ch'essa abita un pochino nel mondo della luna. Fortunatamente per lei,
-ha circa quarantamila franchi di reddito _suoi_, per cui in complesso
-può vivere come le pare e piace, e questo è senza dubbio un gran
-conforto, nella sua difficile e delicata posizione.»
-
-Oh! un gran conforto, senza dubbio. E di quel conforto ella si giovava
-certamente, sopratutto facendo molto bene attorno a sè e soddisfacendo
-i suoi gusti raffinati di artista. Viveva molto quieta, sentendo
-i vantaggi della propria posizione, colla calma serena che le dava
-il convincimento, o giusto od erroneo, di essere entrata nella fase
-definitiva della propria esistenza.
-
-Vestiva molto seriamente, con severa eleganza, e non si tingeva i
-capelli, benchè fossero qua e là irregolarmente striati in bianco;
-il che, chi nol sapesse, è la più odiosa maniera d'incanutire che
-possa capitare ad una signora... Ma la forma della testina era tanto
-graziosa, e in quel momento per l'appunto, mentre stava leggendo la
-lettera di Tecla, la contessa Elisa, col volto dipinto dall'emozione
-intima di quella lettura, colla persona inconsciamente atteggiata ad
-una espressione veramente artistica di pensieroso abbandono, nella luce
-e nell'ambiente tanto omogeneo di quell'ora, formava un quadro gentile,
-pieno di una poesia fresca e squisita e davanti al quale nessuno certo
-avrebbe pensato di chiedere: Ma quella donna, quanti anni ha?
-
-Oh, quella lettera di Tecla! E da tanto ella non scriveva più!
-L'assidua corrispondenza dei primi anni della loro separazione era
-venuta meno, naturalmente, col volgere degli eventi. A rari intervalli
-avevano nuove una dall'altra. Ma in questa lettera tutta l'antica
-confidenza tornava in campo, tutta la tenerezza un po' sgomentata
-di Tecla, le sue angosciose apprensioni materne si rivelavano nella
-fiducia di un appello caldo e malinconico. Elisa si sentiva il cuore
-riboccante di memorie e di simpatia e dovette recarsi il fazzoletto
-agli occhi per poter proseguire nella lettura del seguente brano:
-
-«Il verdetto del dottore non mi ha sorpresa; da tempo avvertivo i
-prodromi del male che, affrettando ora il suo corso, farà in breve di
-me una povera inferma, inchiodata, Dio sa per quanto, su un seggiolone.
-Pure, non desidero di morire... Solo per _lui_, s'intende.
-
-«Tu sai, cara, ciò che Roberto fu sempre per me. Non fosti madre, ma
-il tuo cuore è degno di essere un cuore di madre, e perciò sento di
-poterti dir tutto e chiederti tanto pel mio figliuolo.
-
-«Premetto che, di tutto, la colpa è mia. Mia l'ostinazione di
-non volerlo allontanare da me. Cercai d'isolarlo da ogni fonte di
-contaminazione, sognando, follemente delusa anche dalla pieghevolezza
-del suo carattere, di poterlo tener sempre così, al riparo di
-tutto. Non seguì i corsi pubblici, fu educato privatamente. Credevo
-che avrebbe facilmente spiegata qualche attitudine ad una scienza
-qualsiasi, che si sarebbe volentieri occupato della gerenza del suo
-patrimonio. Se avesse spiegata qualche passione pei viaggi, l'avrei
-assecondata, accompagnandolo. Che vuoi? non seppi sviluppare in lui
-delle tendenze attive, e mi coglie a volte un acuto rimorso, poichè
-i risultati del metodo da me tenuto non sono certo soddisfacenti.
-Questa esistenza stagnante di piccola città di provincia, l'adulazione
-degli inferiori, l'esempio del più dei suoi pari, tutto insomma ha
-contribuito, non già a renderlo cattivo, nè corrotto... oh no!...
-questo sarebbe impossibile, col fondo aureo del suo carattere e col
-bene immenso che vuole a me; ma... egli è nulla... non fa nulla...
-e... ahimè, ha già soggiaciuto a qualcuna fra le più volgari seduzioni
-dell'ozio. Ora _ciò_ è finito, la Dio mercè, ma temo per un altro lato,
-e il ricordo di altre, di antiche sofferenze di quel genere mi tiene in
-uno stato di incredibile agitazione.
-
-«In una piazzetta remota della nostra piccola città abbiamo un sucido
-cafferuccio, nel cui retrobottega, in mezzo ad un crocchio di giocatori
-di professione, i giovani delle migliori famiglie sogliono passare
-lunghe ore del giorno e della notte. Puoi immaginare le angoscie
-mie da quando so che Roberto frequenta quel ritrovo, e quando gli
-leggo in volto, nel pallore delle scomposte fattezze, la traccia di
-_quelle_ emozioni, quelle che hanno trascinato, perso il padre suo...
-Ultimamente, ha subito perdite assai gravi. Ne ringrazio Iddio, e
-approfitto di un momento di disgusto da parte di Roberto per tentare
-un rimedio eroico. Cosa mi costa... ah! nessuno potrebbe dirlo! Ma non
-importa, se fu mia la colpa, la penitenza è giusta e deve esser mia!
-
-«Allontano mio figlio da casa sua, da me; lo mando solo, perchè non
-posso seguirlo, in un centro più vasto, più attivo, ove egli abbia
-_bisogno_ d'essere _qualcosa_ per essere _qualcuno_. Voglio che vada
-in società, bramo che prenda moglie. Avrei potuto dargliela qui, ma
-preferisco che i legami abbiano altrove un centro di richiamo. Poi, le
-signorine nostre ricevono anche oggidì un'educazione troppo ristretta e
-subordinata alle influenze religiose e politiche. La sposa di Roberto
-deve avere delle vedute proprie, un carattere deciso, ingenuo e una
-certa cognizione della vita. Non ho esigenza alcuna personale, o fuori
-di quelle che naturalmente importano la nostra posizione sociale. Mi
-basta che gli piaccia, che sia d'illibata condotta, di buona famiglia.
-Della dote non m'importa, è ricco abbastanza.
-
-«Mia cara Elisa, mi hai compresa, nevvero? Accetti la missione che ti
-do?... Vuoi far le mie veci presso mio figlio, assumere il pensiero del
-suo avvenire e della sua felicità?
-
-«Ho pensato a lungo; nessuno ho trovato più adatto di te. Il tuo
-senno, la tua posizione, l'alta stima di cui godi in società, le tue
-relazioni, tutto mi rassicura, tutto mi affida. È il mio solo conforto,
-nel dolore della separazione, il pensare che mio figlio è affidato
-a una donna come te. Fa per lui ciò che puoi, fa ch'egli trovi in te
-un'amica che gli tenga le veci di sua madre. E questa t'abbraccia con
-tutta l'anima, ti ringrazia e ti benedice.»
-
-Elisa non leggeva più da qualche minuto. Ma ancora, sul suo dolce
-occhio castano, si stendeva un lieve umidore. Quanto doveva aver
-sofferto Tecla per giungere a quella risoluzione! E quanto era _lei_
-in quella confessione, come appartenevano al suo carattere quell'impeto
-d'abnegazione materna, quella rinunzia, quella cieca fede nell'amicizia
-di una donna!... Oh no, Tecla non s'ingannava, Tecla aveva fatto
-bene a rivolgersi a lei con quella missione, con quell'appello al suo
-sentimento materno... E veramente ella la intendeva benchè non fosse
-mai stata madre!...
-
-Fece un piccolo esame di coscienza, rapido, sincero. — Sì... — pensò
-poscia umilmente — posso tentare. Farò quello che potrò...
-
- *
- * *
-
-Il martedì, pranzo di amici dalla contessa Elisa Serramonti. Cinque
-invitati, uomini ed attempati. Marcello Plana, quand'era a Firenze.
-Il professore Starni, il famoso naturalista. Il commendatore Gerra,
-l'autore del famoso quadro: «La battaglia di Hastings e il rinvenimento
-del cadavere del re Aroldo.» Poi il principe di Cannera, lo straricco
-siciliano, sì modesto, sì benefico, e la cui colossale filantropia è
-più che sufficiente a fargli perdonare i suoi versi, mentre la sua
-prosa storica si difende da sola più che onorevolmente. Il conte
-Guaralli, quel bel vecchio poeta dalle ispirazioni sì caste. E quel
-tipo sì strano, sì nordico ed orientalista, Maurizio Parri.
-
-Questi erano gli ospiti preferiti della Contessa, pei suoi delicati
-pranzetti del martedì. Ma ne aveva un altro piccolo crocchio, una
-specie di drappello di riserva, tutto dello stesso calibro, gente
-che pizzicava di lettere o notevole per qualche altro merito proprio.
-Dell'umanità, ella amava le api, non le vespe, e stava a disagio fra le
-persone frivole.
-
-Dopo il pranzo, nell'appartamento di gala, tutto illuminato, cominciava
-verso le dieci a capitare una brigatella composta d'una ventina a
-una trentina di amici e di amiche. Si faceva musica e molto buona,
-di genere sempre serio, e non di raro classica. L'ambiente stesso di
-quella conversazione, non mai prolungata oltre il tocco, era piuttosto
-grave. Non si faceva che il _minimum_ possibile della maldicenza,
-spesso vi si incontrava qualche autentica celebrità forestiera d'arte,
-di lettere. Erano assai ricercati gli inviti, che la contessa Elisa
-distribuiva molto parcamente.
-
-Quando non esciva la sera, il che le accadeva di frequente, gli amici
-più stretti erano benvenuti nel suo salottino intimo, quello dove
-soleva stare anche quando era sola. Un amore di nicchietta quel luogo,
-tutto piante esotiche, palme, fiori, ninnoli, ricordi di viaggi. In
-alto, sulle due pareti opposte, sul damasco pallido a mazzettini di
-fiori dalle tinte sbiadite, campeggiavano due splendidi ritratti: la
-testa profonda, geniale del padre di Elisa, e la fisonomia patita, un
-po' insignificante di suo marito.
-
-Colà venne a dirle addio, una sera, Don Marcello Plana. Partiva il
-domani per Milano.
-
-Qualcuno era testè escito dal salotto. La Contessa e Don Marcello,
-soli ormai, parlavano di quel «qualcuno». Don Marcello le chiedeva,
-sorridendo, che impressione le avesse fatto Roberto Rescuati: quel suo
-figliuolo.
-
-Accentuava, con una intonazione alquanto ironica, questa parola,
-godendo visibilmente del lieve imbarazzo che si dipingeva sul volto di
-lei e ch'ella tentò celare, spostando la domanda: — Piuttosto, che ne
-pare a voi?...
-
-Ma egli insistè:
-
-— Chiedo scusa, è la vostra opinione che occorre anzitutto. Suvvia,
-compromettetevi.
-
-Ella esitò un istante.
-
-— Non saprei — disse poscia. — Mi pare un giovane... come tutti gli
-altri.
-
-— Saggia risposta, degna di una sibilla indulgente. Ora vi darò la mia.
-Quel giovane è bello, più bello degli altri!
-
-— Trovate?... — chiese Elisa con sincera meraviglia.
-
-— Trovo. Ha bellissimo fattezze, un corpo da Antinoo. Appartiene ad una
-razza forte, non degenere fisicamente.
-
-Ella pensò un momento; poi disse: — Sì, è vero. Le fattezze sono
-regolari. Ma non mi sembra che la fisonomia esprima molto. Non è certo
-quello che si chiama una figura interessante.
-
-— No, per ora e nel vostro senso. Voi siete soprattutto, troppo forse,
-abituata ad apprezzare, nella fisonomia d'un uomo, solo ciò che vi è
-di intellettuale. Vi siete fatta una strana idea della bellezza. Siete
-troppo esclusiva in favore di un dato sistema delle sue manifestazioni.
-Permettete ch'io vi ripeta che il vostro figliuolo è bello, e che voi
-non lo sapete e, ciò ch'è più grave, che per ora non lo sa neppur lui.
-
-— Ebbene tanto meglio! non sarà uno dei soliti Narcisi, ed io potrò più
-facilmente adempiere la mia missione.
-
-Sulla nobile fisonomia di Don Marcello passò un'espressione rapida e
-bizzarra; un baleno, quasi tenero, di pietà.
-
-— Sì — disse lentamente — vi credo.
-
-Ella si mise a ridere: — Come siete grave!...
-
-Subito si fece grave ella stessa. — Povera Tecla! — disse con un
-sospiro.
-
-Egli ebbe una smorfia curiosa. — Uhm. L'amate molto, nevvero?
-
-— Oh tanto! È così cara, così infelice! E voi pure, se la conosceste,
-ne sareste entusiasta!
-
-— Perdonate, non ho l'entusiasmo facile. Mi pare che quella donna deva
-essere un po'... come dire?... avventata nelle sue imprese. Se foste
-a tempo, vi darei un consiglio. Anzi ve lo do, per ogni buon caso. Non
-accettate la missione che la vostra amica crede bene di affidarvi.
-
-Elisa lo guardò bene in viso per vedere se scherzava. Poi disse
-semplicemente, con schietta meraviglia:
-
-— Perchè?
-
-Don Marcello sorrise. Un sorriso tutto suo, che impartiva un piccolo
-moto sarcastico ai lunghi mustacchi bianchi onde aveva sì forte rilievo
-la sua fine ed ancor giovane fisonomia di gentiluomo. Elisa lo guardava
-attentamente, nell'attesa di una spiegazione, che non venne.
-
-— Perchè? — disse ancora serenamente. — Cosa sarebbe l'amicizia se non
-desse dei diritti e dei doveri? Tecla non mi dà forse la più alta prova
-di fiducia e d'affetto, credendomi degna di giovare a suo figlio?
-
-Egli sorrise ancora, a modo suo.
-
-— Oh... non abbiate paura. Ne siete degna e gli gioverete. Spero che
-avrete sufficiente influenza sull'animo suo per indurlo a mutar sarto,
-per esempio...
-
-— Oh, si veste orribilmente, è vero. Ero sulle spine, martedì sera.
-Avete veduto come sogghignavano quei giovani? Che volete! È triste a
-dirsi, ma scommetto che è il portiere del suo palazzo che lo ha vestito
-sino ad oggi.
-
-— Suvvia, coraggio. Non vi sgomentate così. Imparerà. Vi pare
-abbastanza intelligente per ciò e per il resto?
-
-— Oh Dio! A dir vero, non so... Pare che per lo studio non abbia mai
-avuto trasporto. Martedì, a pranzo, l'avevo messo tra il comm. Gerra
-e il principe di Cannera. Ho una gran paura che si sia annoiato. Certo
-non aveva l'aria di divertirsi. E quei due avevano fatto l'impossibile,
-glielo avevo tanto raccomandato! E alla sera, mentre si eseguiva il
-terzetto di Grieg... sapete, quella sublime cosa, in _fa minore_.
-Ebbene, lo credereste? lui, quel mio figliuolo, l'ho visto sbadigliare
-più volte dietro il _gibus_, e finalmente lemme lemme, nel più bel
-punto della suonata, si è rifugiato nel _fumoir_.
-
-— Orribile, infatti. Dunque per voi è stata una delusione?
-
-— Non potrei dire, coscienziosamente. Ero prevenuta. Ma lo speravo...
-che so io?... più fine, meno terra terra; speravo che somigliasse un
-pochino di più a sua madre.
-
-Egli fece un comico gesto di rammarico.
-
-— Anch'io vorrei che somigliasse assai più a sua madre... anche
-fisicamente... guardate.
-
-— Ah!... Ma se lo trovavate tanto bello poco fa?
-
-— Perdonate, lo trovo bello tuttora. Lasciate che si liberi dai suoi
-fracs esotici e che pigli un po' d'aria fiorentina. Sarà bello anche
-troppo, e se ne accorgeranno abbastanza e avrete del filo da torcere
-finchè vorrete, mia cara amica.
-
-Ella sorrise, colla sua dolcezza tanto pura e geniale.
-
-— Me lo immagino. Ma non si è mica mamme per nulla, nevvero?
-
-— No — rispose don Marcello — voi non sarete mamma per nulla, nè a
-mezzo. Questo è ciò che più mi irrita. Vedo il vostro programma, è
-bello, sublime, ma...
-
-— Avanti — diss'ella ridendo, vedendo che l'amico s'interrompeva.
-
-Egli scosse il capo e aggrottò alquanto le ciglia.
-
-— No, non ve lo dico, cos'è. Non potreste credermi e non sapreste
-mutarlo. Tutto sta, d'altronde, nel risultato finale. Può darsi che la
-vostra imperdonabile audacia faccia capo ad un esito fortunato, per
-qualcuno almeno e per qualche tempo. Non parlo che per un'induzione
-tutta mia, e non ho neppure il diritto di spiegarvi più esplicitamente
-il mio pensiero o la mia ubbia, come credete. Un avvertimento preciso
-potrebbe parere una nota falsa e lasciar poscia un'eco stuonata. Ora
-bisogna che vada. Mi scriverete di tutto ciò?
-
-— Ben inteso. Vi dirò dei nostri progressi, dei miei progetti...
-Sapete... il marito di Marina! Il coronamento dell'edificio!
-
-— Ah! — diss'egli vivacemente: — Ma certo; avete da farvi perdonare il
-fiasco di quindici giorni or sono. Do la mia speciale approvazione a
-questo progetto. Fate, per amor del cielo, ch'egli sposi al più presto
-la vostra bellissima, ammirabile amica.
-
-— Oh! — disse Elisa ridendo — vi ci ho colto. L'ammirate ora, vi siete
-convertito, eh? vi ha conquistato?
-
-Don Marcello Plana ebbe un energico moto di protesta, ma subito chinò
-il capo come assentendo.
-
-— Certo — disse — da qualche tempo, o, per essere più esatto, da
-qualche mezz'ora, è successa in me una reazione. Ma la mia conquista
-assoluta donna Marina Negroni la farà solo il giorno in cui vi libererà
-dalle vostre materne incombenze. E spero che sarà il più presto
-possibile.
-
-— Oh! — diss'ella — come correte! il matrimonio immediato non entra nel
-mio programma. Vorrei aver prima il tempo di fare un po' di bene a quel
-giovane.
-
-— Veramente? E quale?
-
-— Vorrei destare in lui un senso della responsabilità che gli danno
-il suo nome e la sua fortuna. Non avrà grande ingegno, ma un pochino,
-del suo ozio, ci hanno colpa l'affetto troppo esclusivo della madre
-ed altre circostanze. Mi pare impossibile che un po' di aiuto,
-d'indirizzo, di buona influenza non abbiano a convincerlo, ch'egli
-non avverta un momento o l'altro l'assoluta necessità di affermare
-in qualche modo la sua personalità, che egli non provi il bisogno di
-rendersi utile al suo paese e a sè stesso, più degno di considerazione
-e di stima.
-
-S'era animata, così parlando. La sincerità e il convincimento delle sue
-parole agivano su lei stessa, creandole in cuore un'emozione.
-
-— Vi pare, credete che ci riescirò? — soggiunse, vedendo che l'amico la
-fissava arricciando nervosamente i lunghi baffi. — E non vi sembra che,
-ad ogni modo, valga la pena di tentare, per la mia povera Tecla, se non
-altro?
-
-— Dio la benedica, la povera Tecla, — rispose un po' bruscamente don
-Marcello. — Credo che riuscirete, se ho a dirvelo, e forse al di là di
-quanto sperate.
-
-— Dunque tutto è per il meglio, nevvero?
-
-— Già, tutto per il meglio. Ora, se permettete, mi congederò da voi. Mi
-spiace quasi di partire domani, sapete? Avrei assistito volentieri allo
-svolgimento di quest'azione, diremo così, educativa.
-
-— Allora, quando è così, restate. Mi darete dei buoni consigli.
-
-— Perdonate. Non li prodigo, quando non sono accetti. Ve ne ho dato uno
-più volte... No, no, non fate la faccia seria, non insisto. Quello di
-oggi non l'avete ascoltato, forse non l'avete neppur guardato in faccia
-abbastanza per ravvisarlo. Ma ora è tardi, e voi dovete andare dalla
-signora Peruzzi, che vi deve presentare Gregorovius, non è vero?
-
-Essa lo lasciava dire, dubbiosa. Cercava di afferrare, attraverso
-la velatura del sorriso ironico, il pensiero ch'egli si ostinava a
-celarle.
-
-Sentì di esser meno forte di lui e rinunziò a penetrare quel segreto.
-
-Finalmente, egli si alzò per partire. Ma prima le ripetè una
-raccomandazione, quella di scrivergli. Ancora ella promise.
-
-— Tutto? — chiese quell'incredulo ostinato.
-
-— Tutto.
-
-— Anche le disillusioni possibili?
-
-— Anche quelle.
-
-— Sta bene. E mandatemi al più presto la notizia del matrimonio di
-donna Marina col vostro figliuolo.
-
-— Lo spero... con tutto il cuore.
-
-Dopo di che, don Marcello Plana le baciò la mano, come soleva, e se ne
-andò.
-
-
-
-
-IV.
-
-
-È giunta anche da noi ora questa moda di prolungare la dimora in
-villa sino ai primordi dell'inverno, e i primi freddi si soffrono
-coraggiosamente in campagna, nei casoni dai vasti ambienti, con sì
-provvida cura destinati dagli avi nostri a riparo e sollazzo pei tempi
-estivi. Ma di ciò ne conforta il pensiero di essere delle persone
-molto chic e di condurre vita inglese e per questo, forse, degli
-agi cittadini si lascia generosamente il monopolio ai forestieri
-e specialmente agli inglesi. Ma, in qualunque epoca avvenga, è
-sempre gaia la rientrata della società fiorentina nei suoi quartieri
-d'inverno. Subito, senza attendere la pedantesca epoca fissa del
-prossimo carnevale, s'inaugura l'êra di alcune piccole riunioni
-intime, ove ogni beltà regnante fa il novero dei suoi fedeli, e dove
-si dispongono le avvisaglie delle fazioni campali della stagione. Ma il
-luogo ove ferve più palese la nuova manifestazione della vita elegante
-fiorentina è indubbiamente: le Cascine.
-
-Quivi si tengono le prime riunioni, si fissano i giorni pei tiri a
-quattro, coi _drags_ o coi _mails_, quelli del tiro a quattro alla
-_Daumont_, quelli delle mezze gale o delle gran gale. Si rivedono
-zelantemente le buccie ai nuovi attacchi, e, ahimè, anche al contenuto
-dei nuovi attacchi! Si constata se la campagna ha data una ruga di più
-alla signora tale o dei colori troppo vivi alla signora tal'altra.
-Si segnala la comparsa di una nuova stella, l'americana o l'inglese
-dall'enorme assegno dotale, ovvero della piccina d'un'illustre famiglia
-paesana, che, a somiglianza d'una farfalluccia testè liberata dalla sua
-crisalide, ha lasciato in villa le gonnelline corte della ragazzetta e
-aspetta, con un gran batticuore, il primo gran ballo della stagione.
-
-Si è generalmente lieti di ritrovarsi in quell'epoca e tutti hanno
-fretta di farsi vivi. Nel viale a destra, quello che costeggia l'Arno,
-e dove si accaparra sì a lungo il tepore e la gaiezza del sole, aumenta
-ogni giorno il concorso dei legni e della folla. Oggi, per esempio,
-in questo giorno ch'è dei primi di dicembre e che non ha nè nubi, nè
-vento, nè freddo, sono quasi le Cascine delle grandi epoche, le più
-belle dell'anno. Sembra una rassegna della grande armata mondana, tanto
-il viale brulica di equipaggi. A destra le vecchie foglie morte ed
-accartocciate prolungano negli alberi il lutto del morto estate, mentre
-la tunica di Nesso dell'edere poderose dà loro la scalata, coll'ingordo
-verde che le riveste e le consuma. Lontano, sotto le arcate
-sforacchiate dei viali negletti, erra qualche coppia sentimentale cui
-la folla non attira; passa qualche chiuso brougham di convalescente,
-qualche carrozza signorile, il cui percorso è prestabilito da un marito
-vecchio e geloso, qualche equipaggio colle assise nere e un carico di
-bimbi e di governanti in lutto grave. E ogni tanto il trotto di qualche
-cavaliere solitario, che vuol gustare davvero, non distratto, il
-piacere di cavalcare, echeggia sonoro sul terreno.
-
-La banda militare suonava, sul piazzale c'era ingombro di carrozze.
-Quella della duchessa d'Accorsi stava ad uno dei posti migliori. Non
-l'equipaggio di gala, bensì la giardiniera colle stoffe e le vernici
-verde olivo. Poco lungi, dietro la giardiniera, era fermo parimenti
-un leggiadro _tandem_ da giovanotto, ma il _groom_ soltanto stava a
-custodia del magnifico _trotteur_; il padrone, Dino di Follemare, era
-sceso, appena aveva visto arrestarsi la giardiniera e stava ora alla
-portiera di questa.
-
-La duchessa Ginevra era sola nel legno. Donna Marina passeggiava
-nel viale dei pedoni, con una sua amica inglese. Sua madre l'avrebbe
-chiamata più tardi, all'ultimo giro.
-
-Il posto della giovane era attualmente occupato da un cane accovacciato
-in dormiveglia sur uno scialle persiano. Fido compagno della Duchessa,
-quell'orribile Tom era un piccolo _bull terrier_ bassotto, arcigno, dal
-muso nero, grottescamente feroce.
-
-Sul sedile dirimpetto giaceva un vaghissimo mazzo di _perus japonica_.
-Una primizia anche a Firenze, in dicembre, quei boccioli di un cupo
-scarlatto, che parevano mettere una chiazzatura sanguigna sul verde dei
-cuscini.
-
-La Duchessa era vestita di velluto grigio, con una guarnizione di
-_grèbe_, non di ultima moda, ma che pareva fatta apposta per lei,
-coi suoi riflessi splendidamente argentei. Il suo fitto velo di garza
-chiara, rialzato, le faceva quasi un diadema sul pallore giallastro
-della sua fronte.
-
-Presso alla sua portiera non stava solo Dino Follemare. Parecchi fra i
-più noti frequentatori del Club, alcune fra le più notevoli personalità
-dell'aristocrazia fiorentina le avevano già fatto d'attorno un po' di
-corteo. Anche là ella teneva circolo, dominando ed avvivando sempre
-la conversazione col mordace suo spirito, coll'impunità da tanto
-tempo acquisita anche ai suoi detti. La conversazione era libera,
-viva, non pietosa a chi n'era oggetto. E veramente, di fianco a quella
-formidabile giardiniera, gli altri equipaggi non facevano lunghe soste.
-Le signore paventavano per istinto e per esperienza i commenti spietati
-di quel crocchio, la libertà del linguaggio su tutto e per tutto, quei
-decreti senza appello sull'eleganza o sulla bellezza. Provavano lo
-sgomento istintivo dello sguardo, spesso sì beffardamente sagace di
-lei. E lo sentivano tanto da scordare il diritto che avrebbero avuto
-di giudicare lei. Ma che! Tutte s'erano abituate ormai a quell'eterno
-spettacolo del _tandem_ di Dino Follemare fermo, in attesa, dietro la
-carrozza della Duchessa. Al più, qualche mamma sospirava pensando che
-Dino sarebbe stato un sì bel partito, un tempo, prima che si fosse
-sì nobilmente rovinato per tener dietro al lusso di cavalli di casa
-d'Accorsi. E certamente, se n'erano fatti e se ne facevano sempre dei
-bei matrimoni alle splendide feste della Duchessa! E ci si divertiva
-tanto: erano, curioso a dirsi, tanto scelte! Perciò, quasi tutte le
-signore, passando, salutavano con grande spesa di sorrisi gentili.
-
-Varie carrozze s'erano già successe nello spazio prossimo alla
-giardiniera, quando giunse e si fermò un elegante _calèche_ inglese,
-dalle morbidissime oscillazioni, molto apprezzate dagli intelligenti.
-All'interno stava una signora vestita di bruno. L'occhialino della
-Duchessa fu tosto in moto, e nel crocchio fu uno scappellare rispettoso
-e generale.
-
-— La contessa Serramonti, che novità! — disse la Duchessa, dopo aver
-mandato ad Elena un saluto ed un sorriso, scelti nella gamma dei suoi
-migliori.
-
-— È vero, viene di rado, — osservò Gino Casabello.
-
-— Oh! — ribattè Gincora ridendo, — non è già una sfaccendata della
-nostra specie; ha meglio a fare, sapete.
-
-— Ma no, — disse Sacha Dzworkoff, un russo malato di petto che veniva
-ogni anno a svernare a Firenze ed era diventato più fiorentino del
-vero, — no, non ha nulla di meglio a fare, pur troppo.
-
-— Oh per quello! — osservò Guido d'Aspano, che non capiva perchè gli
-altri ridessero del patetico «pur troppo» di Dzworkoff — è una donna
-assai occupata, è una delle più assidue frequentatrici...
-
-— Del _monde où l'on s'ennuie_ — interruppe il piccolo russo con tanta
-foga, che la fine della sua frase gli morì in un lieve accesso di
-tosse.
-
-— Vi prego di osservare, — disse la Duchessa ridendo, — che viene
-sempre anche da me. Suvvia, Sacha, non calunniate una donna tanto
-esemplare. Fareste infinitamente meglio a tentare di farvi sposare da
-lei. Sarebbe una buona occasione per voi di far giudizio o di pagare i
-vostri debiti.
-
-— Oh, Duchessa! Sapete quanto il freddo mi è proibito per la mia
-salute, e mi suggerite il Polo Nord in moglie. Volete proprio la mia
-morte, allora?
-
-Là Duchessa rise di cuore a quell'uscita di quel capo scarico,
-dicendogli che era un monello incorreggibile, e ch'egli e tutti loro
-non sapevano nulla di nulla. Invece di dir tante freddure sul conto di
-quella cara Elisa, dovrebbero andare pietosamente a consolare la sua
-solitudine.
-
-— Uhm, — ribattè Dzworkoff, — saremmo un po' in ritardo, per l'appunto.
-Guardate. Un cavaliere si accosta alla sua portiera.
-
-— È vero, — sclamò Ginevra. — E un bel giovane anche! Curiosa!
-
-Per un momento nel crocchio fu silenzio. Tutti osservavano, attenti,
-il giovane che, montato su un morello di elegantissime forme, veniva
-a presentare i suoi omaggi alla Contessa. La salutò con una certa
-grazia innata e naturalmente distinta, trattenendo con molto garbo ed
-abitudine della sella, il cavallo irrequieto.
-
-Roberto Rescuati era ciò che si chiama un bel cavaliere, forte ed
-elegante ad un tempo. S'indovinava in lui una consuetudine antica e la
-passione di quell'esercizio.
-
-Elisa era venuta appositamente alle Cascine per vedere il suo protetto,
-a cavallo.
-
-Gli fece i suoi cordiali mirallegro, provando vero piacere a vederlo sì
-bello e sì disinvolto.
-
-— Lo scriverò alla mamma, — soggiunse con un sorriso di approvazione
-indulgente. — Siete sotto lo sguardo di giudici competenti, e vedo che
-vi approvano.
-
-Senza muovere il capo, colla coda dell'occhio accennò il gruppo di
-_sportsmen_ che stavano osservando Roberto.
-
-La fresca e rosea epidermide del volto del giovane si colorì vivamente,
-sotto l'impressione genuina dell'amor proprio soddisfatto.
-
-— Com'è fanciullo! — pensò Elisa con una specie di commossa indulgenza.
-
-La Duchessa frattanto aveva lasciato cadere il suo occhialino.
-
-— Una bella creatura, quel cavallo! — sentenziò.
-
-— Stupendo! — disse Guido d'Aspano. — Non sono venti giorni che è
-arrivato dall'Inghilterra. L'ho visto da Huber. Neri Speroni ne andava
-pazzo. Huber ne chiedeva cinquemila franchi. Ma Speroni l'avrebbe
-rovinato subito, mentre invece mi pare che il suo acquisitore sia un
-discreto cavaliere.
-
-— So chi è, — disse Dino di Follemare. — È alloggiato alla Pace e
-desina al Doney. Di provincia... delle Marche, che so io. Ressuati...
-Rescuati, o qualcosa di simile.
-
-— Rescuati Melli, forse? — chiese la Duchessa.
-
-— Precisamente.
-
-— Oh, conosco! Ho incontrato un Rescuati all'estero, in Germania!
-Simpaticissimo. Suo padre, mi figuro. Eccellente famiglia. Si
-trattiene?
-
-— Credo di sì. Ha preso una scuderia nella mia casa di via della
-Scala, — rispose Brandino Berardi. — Pare un giovane per bene, benchè
-discretamente provinciale.
-
-La Duchessa ebbe un sorriso silenzioso e passeggero. Ancora una volta,
-dietro il suo occhialino, il suo sguardo si trattenne, sagace, sul
-giovane.
-
-— Decisamente è una bella creatura quel morello. Neri è stato uno
-scimunito a non prenderlo. Coprite Tom, Dino, e dite al cocchiere
-che si muova. Fa freddo qui. A stasera, nevvero? — soggiunse con uno
-sguardo di saluto generale, mentre la carrozza si metteva in moto.
-
-Passando davanti al cocchio di Elisa, le mandò ancora uno dei suoi
-saluti speciali, che la Contessa ricevette senza nulla aggiungere alla
-correttezza un po' sostenuta di quello da lei reso. Poi Elisa disse
-dolcemente a Roberto:
-
-— E così, quando si fa questa presentazione alla duchessa d'Accorsi?
-
-— Come! — diss'egli altamente meravigliato — è _quella_ la duchessa
-d'Accorsi?
-
-— Sì, — disse Elisa, — ma perchè?
-
-Egli si mise a ridere.
-
-— Perchè, ecco. Avevo sentito certe storie! Scusi sa, ma proprio
-non capisco! Se è vecchia quanto il brodo, e brutta come.... Oh, lo
-direbbero così bene laggiù, da noi. Ma scusi, — soggiunse con un subito
-timore d'essere stato imprudente e scortese, — quella signora è forse
-una sua amica intima?
-
-Ella ebbe un rapido, altero cenno di diniego.
-
-— Oh no... no...
-
-S'avvide, dall'aria attonita di lui, di essere stata troppo vibrata nel
-suo: no.
-
-— Ci vediamo, — soggiunse con maggior pacatezza, — ci incontriamo di
-spesso, ma non siamo in relazione molto stretta. Ha una figlia alla
-quale sono molto affezionata, una cara giovane. La Duchessa riceve
-molto, ed ha molto spirito; vi sarà certamente utile per tutto ciò che
-riguarda la società. Per ciò avevo pensato di presentarvi.
-
-— Oh! quando crede — mormorò il giovane, ma con accento sì poco
-entusiasta che Elisa ne rimase un po' scoraggiata. Era a Firenze da un
-mese, Roberto, ed ella non aveva ancora potuto scrivere a Tecla ch'egli
-fosse il beniamino delle signore. Sino a quel tempo aveva frequentato
-più che altro le scuderie, e, certo in quei pressi, aveva acquistate le
-sue nozioni elementari sul conto della società fiorentina.
-
-— Ebbene, allora diciamo la settimana ventura, eh? Vi pare?
-
-Gli parlava dolcemente, dandogli del voi, mentre egli le dava del lei,
-come era convenuto tra loro.
-
-Egli s'inchinò pensando: Ouff! e non sapendolo ben nascondere. Proprio,
-non ne aveva voglia di quella presentazione. E quella cara Contessa ne
-aveva sempre una. O non l'aveva fatto trottare per tre ore, non più
-tardi di ieri, dagli Uffizi a Pitti per veder dei chilometri di tele
-dipinte! E l'altro giorno, quella lettura al Circolo... Misericordia!
-
-Ella s'accorse di qualcosa. Uno sgomento l'invase. Ma Dio mio! come
-fare con quel benedetto ragazzo, che non s'interessava a nulla!
-
-Sbagliava. Ma Roberto era abituato a far da sè, e quella specie di
-tutela, per quanto gentile, gli pesava alquanto. Glielo aveva detto la
-mamma, un po' troppo detto forse, che la contessa Elisa avrebbe fatto,
-detto, pensato per lui. Gli pareva finito, dopo tutto, il tempo dei
-precettori. E di _quello_ non se ne poteva fare certo un compagno.
-
-Contuttociò, la presentazione alla Duchessa ebbe luogo nella quindicina
-e Ginevra fu gentilissima per Roberto, che invitò subito ai suoi famosi
-lunedì sera. Il giovane ci andò una volta e non si divertì punto. Ci
-tornò, ma dopo parecchie settimane, una sera che si ballava e che c'era
-anche Elisa. Questa ebbe un momento di contentezza intima quando lo
-vide schierarsi al posto per i _lancieri_ vicino a Marina Negroni. —
-che bella coppia, pensò in cuor suo. — E se fosse il cominciamento?
-
-Una bella coppia veramente: alti entrambi di statura, robusti, freschi.
-Un'analogia, quasi, una somiglianza nella calma delle loro parole, dei
-loro gesti, delle mosse. A più d'uno colpì lo sguardo quella strana
-armonia d'aspetto e una vecchia amica della Duchessa si credette in
-dovere di fargliela rilevare.
-
-— Guarda un po', Ginevra, come stanno bene assieme tua figlia e quel
-nuovo. Chi è?
-
-— Chi? Ah! il protetto di Elisa Serramonti. Sì, non c'è male.
-
-— Pure, non ha l'aria di uno dei soliti suoi fidi. È ricco? Di buona
-famiglia?
-
-— Conte Rescuati. Cinquantamila franchi di rendita.
-
-— Ah! un partito, allora. Ma andrebbe benissimo per Marina.
-
-— Oh! sai che di ciò non m'impaccio. Marina sa il fatto suo... Ma non
-credo che sia il caso...
-
-Si arrestò, ridendo.
-
-L'altra rise pure, ma un po' incerta.
-
-— Come? — disse poscia con un sogghigno pieno di malizia interrogatrice.
-
-— È qui da qualche tempo? — soggiunse.
-
-— Oh, non so... un mese, due, tre... L'abbiamo trovato qui. Pare
-ch'ella faccia la sua educazione.
-
-— Oh! — disse l'altra.
-
-E di nuovo sulla sua bocca sdentata (era vecchietta assai quella cara
-contessa Flora Bandi Corvini) un lampo passò, maligno, fugace, ove
-pareva ricapitolarsi tutta la sua esperienza di tanti anni mondani.
-
-— Quella cara Marina! — disse, dopo un momento. — Ma sarebbe
-un'occasione eccellente, anzi un'opera buona!...
-
-— Mia cara Flora — rispose la Duchessa ridendo — Flora le opere buone
-le fa per conto suo e non di seconda mano. Del resto, come sai, la
-contessa Elisa è al disopra di ogni maligna interpretazione dei suoi
-atti. Ella santifica tutto ciò cui mette mano. Che direste di un'altra
-tazza di thè, mia cara Flora?
-
-La cara Flora prese il thè, che le recò per ordine superiore e colla
-sua solita grazia rassegnata, Dino di Follemare.
-
-Rimase ancora un'oretta, poi se ne andò. In anticamera vide la contessa
-Elisa, alla quale Roberto Rescuati offriva il braccio per scendere le
-scale.
-
-Tenne dietro da presso a quei due. Udì che Elisa rimproverava
-dolcemente Roberto.
-
-— Perchè venite via sì presto? Tornate.... Alla Duchessa dorrà di
-vedervi partire. V'accerto che posso benissimo rientrar sola. È la mia
-abitudine.
-
-— Ma mi annoio, sa? Tanta gente che non conosco! E quel dover
-ballare... Poi... ho un impegno.
-
-— Coi vostri nuovi amici?
-
-— Già... coi miei nuovi amici. Neri Speroni e... gli altri.
-
-Elisa ebbe un piccolo senso di contrarietà. Quel Neri Speroni... E gli
-altri... gli amici di Neri Speroni!...
-
-— Oggi mi ha scritto la mamma — disse a Roberto, con una dolcezza
-accentuata d'intonazione.
-
-— Davvero! — rispose il giovane. — Sta bene?
-
-— Sì, e mi domanda tanto di voi.
-
-— Ah! povera mamma! È un secolo che le devo scrivere. Anch'io, domani o
-doman l'altro senza fallo... Se le scrive, glielo dica.
-
-Ma Elisa sapeva che Tecla non avrebbe sì presto lettera di suo figlio.
-Roberto non era assiduo corrispondente. Come aveva detto, aveva spesso
-degli impegni.
-
-Ma dell'indole precisa di questi impegni non aveva creduto dover
-informare la sua protettrice. E questa pensava in cuor suo: Non è
-ancora il cominciamento, in ogni caso.
-
-E dietro loro, soletta (ah! non soleva esser così un tempo) la contessa
-Flora Bandi Corvini, col suo riso silenzioso, pensava: Contuttociò....
-voleva dir qualcosa Ginevra!
-
-
-
-
-V.
-
-
-La contessa Elisa Serramonti aveva, lo sappiamo, molti amici. Il
-migliore fra questi era indubbiamente Marcello Plana.
-
-Meglio di ogni altro, egli conosceva ed apprezzava quella donna. La
-sua ammirazione era più sagace di quella degli altri. Sapeva di lei
-qualcosa che essi e lei stessa ignoravano. La trovava troppo perfetta,
-troppo satura di saggezza e di ragione. Una volta le aveva detto
-ch'ella soleva esser giusta per tutti, meno che per una persona, la
-quale un giorno o l'altro avrebbe potuto vendicarsi. Elisa non era mai
-riescita a fargli dire chi fosse questa persona.
-
-Marcello Plana ed Elisa Serramonti non erano sempre d'accordo. Forse
-era provvidenziale per la prospera sorte dell'amicizia loro che non
-abitassero nello stesso luogo.
-
-Avrebbero finito col fraintendersi.
-
-Egli era talvolta pungente nei suoi apprezzamenti, mordace nei suoi
-giudizi; la singolare sua penetrazione rendeva formidabilmente indovino
-il suo spirito. Aveva per quella donna, che tanti invidiavano e che
-conduceva un'esistenza sì consona ai propri gusti, una specie di
-bizzarra pietà, ch'ella avvertiva bene spesso, provandone una vaga
-irritazione intima. Non amava d'essere compatita.
-
-Su un punto, più specialmente, s'accentuava il loro disaccordo. Egli
-la consigliava a rimaritarsi. Ma ciò per l'appunto, ella non voleva.
-Adduceva a sua difesa cento e una ragioni, tutte stimabilissime e molto
-logiche. La litania cominciava e finiva invariabilmente con una nota
-antifona: «Ho trentasette anni. È troppo tardi per ricominciare la
-vita».
-
-Ma anche in altri argomenti erano spesso di opinione opposta. Ed Elisa,
-seduta al suo scrittoio, una bella mattina, sulla fine del dicembre,
-mordeva lievemente la punta del suo artistico portapenne di tartaruga,
-pensando che ora doveva pure mantenere la sua promessa e parlargli di
-Roberto.
-
-L'argomento era ingrato. Ella non sapeva come dirgli, nè come celargli
-che il giovane, da qualche tempo in qua, non aveva fatti grandi
-progressi nella perfezione, anzi.... Aveva lasciato apposta poco spazio
-nel foglio per non poter dilungarsi sul soggetto.
-
-Depose la penna e sospirò.
-
-Che peccato!... Non era un cattivo giovane. Non si poteva chiamarlo
-corrotto, nè perverso. Buono, dopo tutto, senza boria, franco, con una
-certa disinvoltura e molta semplicità. Si vestiva meglio assai, ora,
-aveva perso subito, comprendendone tosto il ridicolo, alcune abitudini
-di vita di piccolo centro. Dimostrava un certo tatto, non aveva fatto
-passi falsi. Nella cricca esclusiva, diffidente, della gioventù dorata,
-aveva incontrate amicizie ed il minor novero possibile delle prove
-inevitabili ad un novellino. Era presto diventato uno dei loro. Pietro
-Galigay gli dava del _tu_, Cosimo Acciajoli lo aveva raccomandato
-al suo sarto di Londra e Dino Follemare faceva spesso colazione con
-lui da Giacosa, dietro quella grande invetriata che dà sulla via
-Tornabuoni, di faccia a palazzo Strozzi, il che significava a tutta
-Firenze come Roberto Rescuati fosse stato giudicato favorevolmente
-dal più schizzinoso e serenamente medioevale di tutti i gentiluomini
-fiorentini. Di Rescuati si parlava con simpatia, senza derisione.
-Uomini e donne avevano poi espresso con mirabile accordo l'opinione
-che Elisa aveva sì coscienziosamente combattuta quando l'aveva udita
-esternare da Marcello Plana.
-
-Tutti e tutte opinavano che Roberto era un bellissimo giovane.
-
-Questa bellezza, sulla quale alcune signore trovavano argomento di
-profonde osservazioni estetiche, non colpiva guari la Contessa. Non
-negava nè l'armonia delle fattezze, nè quella delle forme; pensava
-talvolta, vedendolo, ch'egli avrebbe potuto servir di modello per
-qualche statua di Antinoo, per qualche ritratto di Narciso al fonte.
-Cioè, no... Narciso era vano e Roberto no... Questo no! decisamente no!
-Bisognava rendergli giustizia.
-
-Riprese la penna e scrisse a Marcello Plana, come aveva promesso
-di fare, cioè sinceramente, sul conto di Rescuati. Gli disse che lo
-vedeva meno da qualche tempo, ch'egli frequentava molto la società dei
-giovani, poco quella delle signore, che, quanto al noto progetto, per
-ora non si potevano far pronostici.
-
-Chiuse così il paragrafo riguardante Roberto. Avrebbe potuto
-prolungarlo, riferire una vaga diceria sul conto del giovane, e di una
-stella d'operette... diceria che qualcuno si era preso il divertimento
-di riferire a lei. Ma ella non l'aveva creduta e perciò non si credeva
-in obbligo di citarla. Oh Dio! una delle rondinelle dell'_Augellin Bel
-Verde!_... al Politeama. Impossibile!
-
-Non accennò dunque all'_Augellin Bel Verde_, nella sua lettera a Plana,
-e credette di cader dalle nubi, quando nella pronta risposta dell'amico
-trovò una lontana sì, ma non dubbia allusione alle _distrazioni_
-musicali e drammatiche che il giovane provinciale aveva subito saputo
-trovare a Firenze. Ah! era vero, dunque!...
-
-Ebbe un sorriso triste. Oh, ella non si era ingannata giudicandolo
-tanto fanciullo, tanto: come gli altri!
-
-Pensò a Tecla, e sospirò. Povera donna... povera madre! L'_Augellin
-Bel Verde!_ E Marina Negroni? e tutti i suoi progetti, i suoi sogni?
-Invece, l'_Augellin Bel Verde!_... Non già che si meravigliasse
-tanto... Un po' di vita la conosceva, e la dimora in Firenze è
-piuttosto atta a capacitare anche le anime più ingenue di quanto esse
-potrebbero forse ignorare altrove. Ma così, per l'appunto...
-
-Un giorno, da Vieusseux, s'imbattè colla duchessa d'Accorsi, che
-cercava una pubblicazione d'arte industriale del 700, per certi suoi
-mobili d'un nuovo salotto. Le due signore non si vedevano da qualche
-tempo e la Duchessa ne espresse cortesemente il rammarico ad Elisa.
-
-— Sempre occupata, mia cara? E neppure quel caro Rescuati non si fa
-vivo! Gli ho fatto le più commoventi _avances_ per onorare la sua
-raccomandazione, ma mi ha dimostrata una nera ingratitudine. Peccato!
-un carissimo giovane. Ma una vera Pelle Rossa, per la sociabilità.
-Dovrebbe sgridarlo un tantino lei, Contessa... che ha tanta influenza
-sull'animo suo.
-
-La Duchessa non era di buon umore quel giorno. Quei terribili nervi
-agivano sì direttamente, talvolta, sulla sua lingua.
-
-Ma Elisa invece era molto calma e sorrise serenamente.
-
-— Infatti, Duchessa, il conte Rescuati è colpevole di molte negligenze.
-È ancora un po' selvaggio forse e stenta ad orientarsi. Bisogna
-perdonarlo.
-
-— Oh! — interruppe la Duchessa, — è imperdonabile, con una stella
-polare come quella che il destino ha messo a capo della sua vita!...
-
-Il complimento era detto con molto garbo; pure Elisa ebbe il senso di
-una puntura.
-
-Guardò in volto, fissa, la Duchessa.
-
-— È molto giovane — rispose con dolcezza — e in questi giorni sta
-organizzando la sua nuova dimora. Io stessa lo vedo assai poco.
-
-— Male, — disse la Duchessa ridendo. — Mi hanno detto ch'ella ha molto
-a cuore l'avvenire di quel giovane.
-
-— È vero — rispose Elisa. — È il figlio della mia migliore amica.
-
-— Oh! naturalissimo che abbia dell'interessamento per lui. Ebbene,
-giacchè è così, mi permetta un consiglio. Lo esorti a frequentare
-la buona società. Ciò lo salverà forse dai pericoli della cattiva.
-Pare, che sia già un pochino sulla via di questa. Noi, naturalmente,
-ignoriamo tutto ciò, e parlarne a lei è una vera profanazione; ma ho
-sentito da questi scioperati... Carina, sa... oh! ha buon gusto il suo
-protetto, una colonna della Compagnia Scalvini! Una cosa da nulla,
-s'intende! Questione di un po' di tempo e di quattrini sciupati. Il
-suo protetto se la caverà benissimo come gli altri e tornerà, da buon
-figliuol prodigo... all'ovile. Ma bisogna proprio che scappi, ho fatto
-tardi. Come son contenta d'averla veduta! Un amore quel suo mantello.
-Laferrière, nevvero? Si capisce lontano un miglio. Marina l'aspetta pel
-concerto martedì. Cara Contessa...
-
-Le strinse la mano calorosamente, e se ne andò contenta. Stava meglio,
-ora, dei suoi nervi.
-
- *
- * *
-
-Ah! quell'orribile _Augellin Bel Verde_! Non solo dovette udirne
-parlare quella povera Contessa, ma un giorno fu proprio costretta a
-vederlo.
-
-A tutt'altre sorti era stato predestinato quel giorno. Elisa lo aveva
-scelto, fra tanti, per la sua famosa gita a Vincigliata.
-
-Conosceva personalmente il proprietario dell'antica dimora medioevale,
-da lui ritornata, con sì profonda e splendida intelligenza della
-storia e dell'arte italiana, all'antico essere. Non aveva d'uopo, per
-penetrare in quella splendida residenza, del permesso, limitato pel
-volgo dei curiosi ad un solo giorno della settimana. Il proprietario
-di Vincigliata si reputava fortunato, quando poteva farne personalmente
-gli onori, alla contessa Serramonti ed a quanti amici suoi ella volesse
-far partecipi del privilegio. E di questi amici ella aveva fatto
-stavolta un'accuratissima scelta.
-
-Tre signore e quattro uomini. Lei, Marina Negroni e mad.e Cholet,
-la sapientissima moglie di un arcisapiente professore belga, venuto
-a Firenze per certe ricerche sui fasti Medicei e raccomandato alla
-Contessa da un vecchio collega del padre suo. Il comm. Gerra, il duca
-di Sant'Eremo e Roberto Rescuati.
-
-A questo ella aveva già fatta la proposta della gita il giorno prima.
-Roberto, preso così all'improvviso, accettò l'invito, senza però
-dimostrare un soverchio entusiasmo. Breve, non osò ricusare, benchè
-ne avesse una voglia terribile, che la Contessa o non ravvisò o
-coraggiosamente neglesse.
-
-Il convegno era per le otto in casa Serramonti. Si giungeva a
-Vincigliata alle nove e mezzo. Visita, _lunch_, due ore. Il ritorno
-poteva esser effettuato per il mezzodì.
-
-Ell'era molto fiera di aver combinato tutto ciò. Era riescita
-finalmente a riunire, per quella geniale trottata, Marina e il suo
-protetto. Possibile ch'egli potesse sottrarsi completamente al fascino
-della bellezza di lei? Già parecchie volte i due giovani s'erano
-incontrati in casa sua o nel suo palco alla Pergola e non parevano
-trovarsi male quand'erano insieme. Marina sapeva qualcosa dell'arte
-ippica, non era mai noiosa, non sfoggiava cognizioni inquietanti.
-Era seria, con una semplicità di modi e di frasi che parevano far
-fede d'una mente solida, scevra da preoccupazioni personali. Ella non
-pareva mai in causa. In realtà aveva un'unica, suprema preoccupazione:
-sè stessa e il suo avvenire; non si perdeva di vista, neppur per la
-frazione di un secondo. Aveva immediatamente subodorati i progetti
-della Contessa sul suo conto e sul conto di Roberto. Ma serbava
-accuratamente per sè quella cognizione. Istruita da una amara sequela
-di esperienze, non si faceva illusioni, ma stava in agguato degli
-eventi. Non aveva la fede, quella che salva, ma faceva lo stesso,
-coraggiosamente, il suo dovere.
-
-Il che è ammirabile, come sapete.
-
-La Contessa s'era alzata alle sette, ed era già pronta quando le
-recarono una letterina, testè consegnata ai suoi dal domestico di
-Roberto. Il conte Rescuati, dolentissimo, si scusava. Un violento
-raffreddore lo obbligava a letto. Mille scuse. Oh, un profluvio di
-scuse!
-
-Dolente, ma soprattutto inquieta, la Contessa volle interrogare il
-domestico latore del biglietto. Un fiorentino puro sangue, raccomandato
-a Roberto da Neri Speroni. Corretto, inappuntabile, con un par
-d'occhi scintillanti, che dovevano averne viste di vario colore.
-Aveva profittato dell'occasione per condurre a spasso Arnetto, il cane
-lupetto, tutto bianco, del suo padrone.
-
-Rassicurò rispettosamente la signora che lo interrogava.
-
-— Il signorino era venuto a casa per tempo la sera prima, e s'era
-coricato con un forte dolor di capo. Gli aveva detto di svegliarlo per
-tempo la mattina; poi quando si doveva alzare... insomma... non aveva
-potuto, per il grande raffreddore. Ma cosa da nulla. Un po' di letto e
-tutto passerebbe.
-
-Elisa congedò il domestico colla sua solita affabilità e rimase
-impensierita e mortificata. Che contrattempo per tutte le sue
-combinazioni!... E purchè davvero non fosse nulla quel raffreddore! A
-volte cominciavano così alcune malattie.
-
-Volontieri avrebbe rimessa la gita ad un altro giorno. Ma era tutto
-combinato e non si poteva. Chiamò Pietro, il suo vecchio domestico, e
-gli raccomandò che andasse verso le undici e mezzo a prender notizie
-del conte Rescuati. Le avrebbe così, recentissime, al suo ritorno.
-
-Gli altri invitati, non essendo stati colti dal menomo raffreddore,
-giunsero tutti all'ora indicata e udirono imperterriti l'annunzio dato
-loro dalla Contessa del mancato intervento del giovane Rescuati. La
-coppia esotica non lo conosceva. Gerra e Sant'Eremo non avevano per lui
-una simpatia molto pronunziata e Marina non parve affatto turbata da
-quell'annunzio. Sperò colla Contessa che fosse cosa da nulla.
-
-La comitiva si mise in moto, con tutta la buona voglia immaginabile
-di godersi la gita. La mattinata era freddina ma bella e nei due
-_landeaux_ la conversazione non languiva. Nulla avrebbe potuto far
-sospettare le materne apprensioni della Contessa e l'acerbo, il cocente
-disappunto di Marina Negroni.
-
-L'arrivo, la visita al Castello, il _lunch_, tutto ebbe luogo
-felicemente e nel modo più indicato. La coppia forestiera fu al colmo
-dell'ammirazione e dell'entusiasmo e tutti lasciarono quella strana e
-splendida dimora colla solita dose di trasporto per la bellezza delle
-cose vedute e per l'intensità dell'impressione generale. Al ritorno, la
-Contessa ebbe un'idea, anzi, ne ebbe due. Volle percorrere la strada
-dei Colli, per farne ammirare le bellezze ai suoi ospiti forestieri.
-La mattinata era sì bella che tutti ebbero voglia di una passeggiata.
-Scesero dalle carrozze e camminarono sino al Belvedere, ove fecero
-sosta per ammirare quella infinita vaghezza di prospettiva, quello
-spettacolo del quale sembra non potersi mai saziare l'occhio e l'animo
-di chi lo contempla.
-
-Ma, mentre s'indugiavano lassù, alla Contessa parve vedere un po' di
-pallore sul volto di Marina. L'interrogò con premura... Si sentiva
-male?... — Ma no... tutt'altro!... Era un po' di appetito.
-
-Si constatò il fatto, ridendo. Si constatò pure che, per una strana
-coincidenza, esso si riproduceva in varie proporzioni su parecchi fra i
-componenti la brigata. Il _lunch_ era stato copioso, ma un'ora e mezzo
-di trottata, quel po' di moto fatto a piedi, l'arietta frizzante...
-
-— Se si facesse colazione qui? — suggerì a un tratto la Contessa.
-
-La proposta fu accolta ad unanimità di voti. Solo si trattava di
-trovare un luogo atto a realizzare il progetto sì bene accolto.
-
-Il viale dei Colli è poco frequentato durante l'inverno.
-
-Bello, ideale qual'è, oggetto d'ammirazione e d'invidia pei forestieri
-che lo visitano, non gode, quanto meriterebbe di goderle, le simpatie
-dei Fiorentini. Per questi l'attrazione delle Cascine è tuttora senza
-rivali, poi non amano stancare, sulla lunga salita dei Colli, le loro
-celebri pariglie di cavalli. Neppur durante l'estate quest'incantevole
-passeggiata riesce ad accaparrare gran concorso di gente. I non molti
-caffè, _restaurants_, birrarie che si trovano sul suo percorso, fanno
-affari discreti, ma nell'inverno sono chiusi quasi tutti. Sant'Eremo
-rovistò alquanto nei suoi ricordi del luogo, poi si offerse quale
-esploratore. Si assentò per un quarto d'ora e tornò trionfante,
-gridando da lungi: _Eureka!_ Aveva trovato. Un piccolo _restaurant_
-civettuolo, a foggia di _châlet_, nicchiato in una specie di giardino.
-Un'abbondanza d'edere, di ligustri, di lauri, alternati a fitte e
-spesse macchie di bambù, davano a quel luogo una falsa, ma invitante
-apparenza di episodio estivo, in mezzo alla nudità jemale della
-campagna circostante. Perennemente aperto, quel piccolo stabilimento,
-filiale della casa Doney e nipoti, gode di una certa riputazione
-gastronomica, ed è spesso fatto scopo delle gite di gaie comitive
-fiorentine.
-
-Quella della Contessa fu premurosamente accolta dal personale
-disoccupato, nella vasta sala pressochè deserta, dove alcuni tavolini
-soltanto erano occupati da qualche esotica figura di touriste inglese
-o tedesco. Il duca di Sant'Eremo assunse la direzione degli eventi,
-e fece preparare un tavolo in disparte, in una specie di recesso,
-davanti ad una larga porta a vetri, che permetteva la vista del
-giardino e della vaghissima prospettiva sottostante. La colazione
-fu tosto imbandita, e già le chiacchiere s'incrociavano, quando un
-piccolo avvenimento venne a distrarre per un istante l'attenzione della
-comitiva. Un allegro schioccar di frusta echeggiò sul vialetto che
-faceva capo al _restaurant_ e subito si vide avanzarsi con trionfale
-rapidità un drag a quattro cavalli con un carico di giovanotti, Neri
-Speroni e consorti, fra i quali spiccavano due _toilettes_ femminili.
-Una di queste _toilettes_ sfoggiava tutti i suoi pregi di vistosità
-sgargiante sull'alto seggio del legno, a fianco dell'auriga. E l'auriga
-era Roberto Rescuati Melli.
-
-La contessa ravvisò tosto il suo «figliolo.» Indovinò (forse non era
-difficile il farlo, neppur per lei, tanto n'erano caratteristiche la
-bellezza e l'acconciatura) chi fosse quella specie di signorine ch'egli
-conduceva lassù, in sì gaia comitiva. Non era nè abbastanza giovane,
-nè inesperta del mondo per dare soverchia importanza a un fatto che
-l'amabile disinvoltura della gioventù fiorentina le aveva messo qualche
-altra volta sott'occhio! Pure, provò un senso impetuoso e indicibile di
-pena.
-
-Pensò a Tecla. Oh s'ella vedesse suo figlio così. E quella menzogna,
-così inutile, così bassa, del biglietto inviatole! Un violento
-rossore le salì alle gote, volse il capo con un atto involontario,
-affatto istintivo. Marina represse l'ombra di un sorriso e non battè
-palpebra. Gli uomini scambiarono un rapido sguardo d'intesa che si
-ripetè parecchie volte, quando Neri Speroni, recatosi a terra d'un
-salto, invitò con molta galanteria la bella compagna di Roberto a
-volersi gettare nelle sue braccia, se aveva la menoma idea di scendere
-e di far colazione. La signorina faceva delle difficoltà e mandava
-degli strillini da pavoncella spaventata, ma poi si decise e calò con
-mirabile arditezza, al conseguimento della quale non doveva essere
-estranea una certa abitudine dei ponti sospesi e d'altri praticabili
-della scena. Capitò dall'alto, come una vera rondinella ch'ell'era,
-mentre l'altra signora, evidentemente un olocausto al decoro della
-famiglia, fu laboriosamente calata a braccio da un domestico, in mezzo
-agli evviva incoraggianti di quei signori.
-
-La lieta brigata fe' irruzione nella sala del _restaurant_, dirigendosi
-verso un tavolo poco lontano da quello ove la Contessa presiedeva
-tranquillamente al suo _déjeuner_; ma, giunto presso a questa, Roberto
-ed i suoi compagni si arrestarono... e un momento di visibile imbarazzo
-si produsse nel gruppo. Una vampa di fuoco salì alle gote di Rescuati.
-Esitò, incerto, se dovesse salutare; poi salutò, ma, subito, mutando
-bruscamente direzione, condusse il suo drappello quanto più lungi potè,
-all'altra estremità della sala, dove l'Augellin Bel Verde cominciò
-tosto a discutere, a voce molto alta, il _menu_.
-
-La Contessa aveva già ripreso la sua conversazione con Madame Cholet
-sulle impressioni di Vincigliata. Donna Marina intratteneva gli
-uomini colla sua solita grazia riposata e la colazione procedeva
-tranquilla, nella serena ignoranza della più effusiva allegria,
-che si andava suscitando all'altra estremità della sala. Laggiù le
-risate echeggiavano, il _diapason_ delle voci si alzava alquanto;
-ad ogni minuto si andava producendo lo strepito caratteristico dello
-stappare d'una nuova bottiglia, benchè Neri Speroni dichiarasse, senza
-complimenti, di non aver mai visto così ingrullito quel caro Bertino.
-
-Finita la colazione, Sant'Eremo ebbe una idea felice. Chiamò uno dei
-camerieri, e fece aprire l'invetriata che metteva nel giardino. E
-di là, senza traversare la sala, abbreviando piacevolmente la via,
-escirono all'aperto la Contessa e i suoi amici.
-
-Il ritorno si effettuò felicemente e la brigata si divise col solito
-scambio di congratulazione per la riescitissima gita.
-
-La Contessa era appena rientrata nella sua camera, quando Pietro,
-fedele alle istruzioni ricevute, venne rispettosamente a darle conto
-della sua missione. Era stato, alle undici e mezzo precise, a prender
-notizie del signor conte Rescuati. Aveva parlato col suo cameriere,
-quello stesso ch'era venuto alla mattina. Il signor Conte era tuttora
-coricato, ma stava meglio e si alzerebbe per il pranzo. Faceva mille
-ringraziamenti.
-
-— Sta bene — interruppe tranquillamente la signora e congedò Pietro.
-
-Quando fu sola, si sentì, a un tratto, côlta da una grande malinconia.
-La volgarità brutale di quell'episodio le aveva fatto male. Oh lo
-sapeva bene che accadeva così... quasi per tutti: ch'era l'aria,
-l'atmosfera, l'immensa contagione della vita. Quelle piccole farfalle
-variopinte dall'esistenza effimera, quello sciametto di gaie tarme
-sotto il cui lievissimo morso, ripetuto all'infinito, finiva collo
-sbriciolarsi non ferito, no, solamente intignato, il cuore della
-gioventù!... Una passione, un'illusione, sincera per quanto errata,
-pazienza! Ma così!... E intanto, dall'altro lato, la schiera tacita,
-malinconica dei cuori condannati alla vana attesa, i poveri cuori
-assetati d'amore delle fanciulle, di quelle che vivono scordate,
-trascurate... a cagione delle altre! Ah! povera Marina! E sarebbe stata
-così adatta per lui!... Stavano così bene assieme!... Facevano una sì
-bella coppia! Bellissimi entrambi.
-
-Qui, un pensiero nuovo, inatteso, s'imbrancò fra quelli che irritavano
-la sua mente, e la fece sorridere. Si ricordò di ciò che le aveva detto
-Marcello Plana: lo troveranno bello e vi darà del filo da torcere.
-
-A proposito, doveva mantenere la sua promessa. Scrivergli di lui. Lo
-aveva fatto già, qualche volta... due, tre. Ma sempre con un lieve
-senso di contrarietà. Poichè, in coscienza, non poteva dargli splendide
-nuove del successo della sua missione. Ed egli rispondeva in un certo
-modo, così curioso! Stavolta però ella provò un subito desiderio di
-scrivere a Marcello Plana, di parlargli a lungo di quel suo indocile,
-ricalcitrante pupillo. Pensò a scrivergli dell'episodio del mattino. Si
-accinse a farlo, ma s'accorse, non senza una specie di sorpresa, che,
-mentre cercava il modo spiccio, geniale, svolazzante della relazione,
-questo modo per l'appunto pareva sfuggire di sotto alla sua penna.
-Provò, cancellò, tornò a provare... niente. Diventava una storiella da
-_Vie Parisienne_. Per scriver bene quelle storielle, bisogna ridere di
-cuore, scrivendole, ed ella non poteva.
-
-Tra lei e il suo solito buon umore c'era il pensiero di Tecla e quello
-di Marina... il senso, la pietà degli affetti condannati all'inerzia,
-il disgusto delle piccole cause, delle piccole volgari tentazioni,
-della strettissima gora d'acqua stagnante, in cui affondano talvolta,
-incoscienti, noncuranti le non forti anime.
-
-— Non posso — disse. — Scriverò un'altra volta. — E lacerò il foglio.
-Prese la _Revue des Deux Mondes_, si adagiò nella sua favorita
-poltroncina di velluto di Genova, e cominciò a tagliare i fogli di uno
-di quegli strani, dolci articoli di Renan sulle tradizioni bibliche
-e sulla vita degli Apostoli, quelle pagine ove l'autore sembra avere
-intinta la penna nella tavolozza sì umana e sì mistica a un tempo, del
-nostro Morelli.
-
-Ma due o tre volte, dallo sfondo luminoso del grande paesaggio
-orientale, balzò fuori insistente, importuna, come un moscherino
-che penetri nell'occhio, l'immagine di una personcina snella, di
-una faccetta pallida di _veloutine_ e di bianco mal tolto, con un
-cappellone impossibile e due immensi _accroche-cœurs_ che tracciavano
-sulle tempie come due gran punti d'interrogazione. E l'Augellin Bel
-Verde calava, ridendo e strillando, dall'alto del drag, dove se ne
-stava Roberto colle quattro redini in mano e col gaio sguardo chinato
-su di lei.
-
-
-
-
-VI.
-
-
-Di ritorno dalla famosa gita, donna Marina Negroni salì direttamente in
-camera sua.
-
-La cameriera venne a prestarle i suoi servigi. Ella lasciò fare, in
-silenzio, con una inerzia di tutto l'essere, che non le era solita.
-Quand'ebbe indossata la lunga vestaglia di flanella bianca, che metteva
-quando voleva rimanere sola nella quiete del suo appartamento, si
-diresse verso la sua lunga poltrona chinese. Ma, prima di adagiarvisi,
-si rivolse alquanto duramente alla cameriera, che rimaneva al suo posto
-in atteggiamento di attesa:
-
-— Ebbene, che c'è ancora?
-
-La Clelia aspettava gli ordini. A che ora doveva venire a pettinarla?
-Che abito comandava pel pranzo?
-
-Allora soltanto Marina si rammentò. Infatti, gran pranzo di gala quel
-giorno in casa d'Accorsi: ci sarebbero i d'Urbino, un ex-ministro
-inglese di passaggio a Firenze, gli sposi d'Argovano e Sua Altezza il
-principe Luitpoldo Hetzengenfeld.
-
-Un principe regnante, se vi piace. A dir vero, il suo Principato non
-era di una vastità ragguardevole; comprendeva un territorio le cui
-proporzioni erano una via di mezzo fra la Repubblica di S. Marino
-e quella di Val d'Andorra. Ma tant'è, anche in quel ritaglio di
-Principato ci capiva uno scampolo di Corte, un minuzzolo d'esercito e
-un campioncino di Sovrano... Incorreggibile, quella Germania!
-
-Donna Marina rimase un istante sopra pensieri.
-
-La cameriera attese ancora, attonita, tanto erano poco abituali nella
-sua padroncina l'indugio e la procrastinazione. Soleva discutere a
-lungo, diligentemente, ogni particolare della sua acconciatura, in
-siffatte occasioni. Ma stavolta disse soltanto: — Suonerò — con un
-gesto di commiato che non ammetteva repliche.
-
-La cameriera non osò insistere. Si eclissò in silenzio.
-
-Allora, quando fu sola, donna Marina fece qualcosa d'insolito.
-Venne meno alla perfetta moderazione della propria immagine. E
-inconsciamente, proprio senza pensarci, assunse una delle più belle
-e sincere attitudini che una mente d'artista abbia mai attribuito ad
-un'immagine di donna. Stette, come sta la Saffo di Pradier, seduta,
-col busto ripiegato su sè stesso, colle mani nervosamente intrecciate
-attorno al ginocchio destro rialzato. Il capo chino, il collo teso,
-le labbra compresse, le nari allargate. Nell'incavo marcato delle
-occhiaie, lo sguardo lungo, calmo e disperato; lo sguardo saturo del
-convincimento dell'indifferenza di Faone!
-
-Pure, donna Marina non aveva nulla di comune con Saffo. Era bella
-anzitutto e nessuno ignora che la storia ha ostinatamente negato
-questo privilegio all'infelice poetessa di Lesbo. Ma in quel momento,
-c'era un'identità. Anche lo sguardo di donna Marina vedeva qualcosa,
-qualcuno perdersi vagamente nelle brume dell'orizzonte. Non Faone per
-l'appunto... benchè... Oh! ma a ciò non bisognava badare... E quella
-che scompariva così, sempre così, era soltanto la solita larva!
-
-Aveva venticinque anni ormai, quasi ventisei...
-
-Oh! era terribile!... sentirsi bella, sapersi dotata di rare qualità
-di carattere e d'intelletto e colpita, ciò non ostante, dalla fatalità
-cieca di una condanna! Non poter essere amata, non saper destare una
-passione sincera, schietta, un desiderio acuto, irresistibile nel
-cuore di un uomo! Ma un uomo eleggibile, qualcuno ch'ella potesse
-sposare, che potesse darle una posizione normale, e toglierla a quella
-di ospite, di beneficata del Duca d'Accorsi. Ella che tutto sapeva,
-che tanto vedeva! Oh! sì, in quell'ambiente sì eletto, sì ricco,
-ove erano in apparenza sì largamente appagate tutte le vanità della
-donna, che continua flagellazione de' suoi più intimi e più sacri
-orgogli! E che brutale, che suprema necessità di non aver cuore, di
-difendersi sorridendo, senza allontanare, senza disgustare alcuno,
-sentendosi di fronte all'incredulità più o meno celata della vera
-rigidità dei suoi principii, all'ingenua meraviglia ch'ella non fosse
-abbastanza... figlia di sua madre! Marina aveva, tanto per suo conforto
-quanto per suo tormento, un'implacabile serenità di raziocinio, la
-visione precisa, netta, infallibile delle ferree necessità della
-vita. S'era prefissa uno scopo unico e nulla doveva distrarla da
-questa preoccupazione. Fare un buon matrimonio, che le procurasse
-una posizione larga, comoda, circondandola della stima, della
-considerazione generale: poichè di ciò sopratutto ell'era assetata. Lo
-sapeva bene ciò che il mondo vuole, per accordarvi il sorriso del suo
-_placeat_, il privilegio delle sue indulgenze! E in questa sua guerra
-di conquista, colla coscienza della mancanza del più valido dei mezzi,
-il dono di piacere, Marina aveva accuratamente, _a priori_, esclusa
-la possibilità di un altro intervento, quello dei proprii sentimenti,
-del suo cuore. A che le avrebbe servito, col suo sistema, colla sua
-volontà di riescire, in ogni modo, con una già preparata, sempre pronta
-immolazione dei propri sentimenti personali?
-
-Cominciava, però, a esser stanca. La lunga, interminabile attesa la
-snervava. Ogni tentativo fallito pareva lasciare una delusione sempre
-più dolorosa nell'intimo suo. Le pareva che ella e il tempo non
-lottassero più a condizioni uguali. Credeva sempre al suo sistema, lo
-riteneva il solo attuabile, nell'anormalità crudele delle circostanze.
-Ma i sorrisi sereni, la calma imperturbabile, la grazia perfetta,
-l'uguaglianza tanto amena del suo carattere, oh lei sola sapeva cosa le
-costavano ormai! E quel doversi prestare, con apparente incoscienza,
-senza convincimento della riescita, ma solo per debito di coscienza,
-alle benevoli imprese degli amici... Quest'ultima, per esempio, il
-tentativo di Elisa, la sua ingegnosa trovata perchè ella potesse
-trovarsi col giovane Rescuati!
-
-Non aveva mai creduto.... oh no.... neppure un momento. Non rammaricava
-che l'occasione perduta, s'intende.
-
-Pure, stavolta, le pareva più dura, più crudele delle altre delusioni!
-Forse perchè veniva appunto dopo tante altre!...
-
-Non volle chiedere altro al suo pensiero. S'indignava già seco stessa
-d'aver tanto sofferto per una cosa che non doveva tornarle nuova. Ma
-era stanca, stanca di tutto ciò; non ne poteva più!
-
-Scompose la sua inconscia posa di Saffo, e celò il volto fra le mani,
-mordendosi forte le labbra.
-
-Balzò in piedi ad un tratto! Qualcuno, senza aver avvertito nè
-chiamato, stava per aprir l'uscio della sua camera.
-
-— Non si può, — disse Marina con accento irritato e supponendo fosse la
-cameriera.
-
-Ma un tranquillo — Son io, — la colpì di meraviglia. L'uscio s'aperse
-senz'altro. Non era la cameriera, era qualcuno che non soleva fare
-frequenti visite al terzo piano del palazzo, la duchessa Ginevra
-d'Accorsi.
-
-— L'accoglienza non è troppo incoraggiante, per una persona che fa sei
-capi di scale per venirti a vedere. Bisognerà far mettere un ascensore
-anche da questa parte, a proposito!
-
-La figlia accostò premurosamente una seggiola alla madre, che vi si
-lasciò cadere, guardando Marina con quell'espressione di freddo esame,
-che aveva per effetto immediato di rendere Marina più che mai cauta e
-padrona di sè stessa.
-
-La giovane rimase in piedi silenziosa. La sua attitudine ora era
-pronta, vigile, difensiva.
-
-A modo loro, quelle due donne si amavano. Nei tempi passati — quei
-tempi di estreme, di valorosamente dissimulate strettezze, il cui
-ricordo non pareva neppur possibile in casa d'Accorsi — la vedova
-Negroni aveva fatto molto, sofferto pure qualcosa, per tener seco
-la figlia, reclamata dalla famiglia del marito. Condizione _sine qua
-non_ del suo matrimonio col duca d'Accorsi, che Marina fosse tenuta ed
-allevata in casa. E Marina non si era mostrata ingrata.
-
-La Duchessa aveva ogni tanto delle malattie nervose, che non rendevano
-facili le mansioni dell'infermiera, e questa era invariabilmente ed
-esclusivamente sua figlia. Ma non avevano l'una per l'altra nè simpatie
-di vedute, nè omogeneità di carattere e di principî. Coll'andar del
-tempo, la vita in comune veniva offrendo ad entrambe delle gravi,
-odiose difficoltà!
-
-— Ebbene, — disse la Duchessa, allungandosi comodamente nel seggiolone,
-— come è andata questa gita?
-
-— Benissimo, — rispose Marina.
-
-— Ah! ti sei divertita?
-
-— Assai.
-
-— I cavalieri della brigata sono stati amabili?
-
-— Amabilissimi.
-
-— Specialmente il conte Rescuati, nevvero?
-
-Marina si morse le labbra. Il suo primo impulso era stato quello di
-lasciar credere alla madre che il giovane avesse preso parte alla
-gita, ma il sorriso ironico della Duchessa ammonì la giovane che il suo
-giuoco sarebbe stato facilmente smentito.
-
-— Ah! — disse con indifferenza — sai?...
-
-— Ma certo! — rispose la Duchessa, ridendo. — Mi fu narrata tutta la
-storia or ora da Dino, il quale l'aveva udita mezz'ora fa, al Club, da
-Neri Speroni. Il raffreddore, le notizie. Ah... ah! Un vero bozzetto di
-Gyp... E l'incontro al Restaurant, mentre egli vi credeva lassù, da sir
-Temple! Neri dice che era qualcosa d'impagabile la faccia di Rescuati.
-Ah! avrei voluto esserci! Dev'essere stata assai comica... Pare ch'egli
-ne sia innamorato davvero. Pel quarto d'ora.
-
-Marina non rispose. Alzò quasi impercettibilmente, con una mossa piena
-di moderazione e di filosofia, le bellissime spalle.
-
-— Bisogna convenire, — prosegui la madre, — che quella tua cara
-protettrice ed amica ha tutte le qualità di questo mondo, eccetto
-quella di riescire nell'esecuzione dei suoi benevoli intenti. Anche
-stavolta non ha avuto buona mano, come suol dirsi volgarmente. Me ne
-rincresce per te, benchè, a dir vero, non fosse un partito eccezionale.
-Ma per lei, ebbene, sì, ci ho un gusto matto!
-
-Rise ancora, mettendo in mostra una dentatura larga un po' ingiallita,
-ma forte e sana. Di quei denti che, se si mettessero a mordere nel
-vivo, porterebbero via agevolmente il loro pezzetto di carne.
-
-— Perchè? — chiese tranquillamente Marina. — Cosa ti ha fatto? Pensa
-che servigio ha tentato di renderti! Dovresti esserle grata, almeno
-della buona intenzione.
-
-— E chi ti dice che non lo sia, — ribattè la Duchessa, mettendo, nel
-sarcasmo della sua risposta, lo stesso accento di moderazione del quale
-s'era valsa la figliuola. — A me non ha fatto nulla. Ma una lezione la
-meritava, colla sua manìa di protezione, colle ridicole arie materne
-che si dà con quel giovane, il quale mi sembra, dopo tutto, un grande
-imbecille. Almeno suppongo. Potrebbe darsi invece che non lo fosse per
-nulla.
-
-Ebbe un sorriso enigmatico e bizzarro.
-
-Ma tosto mutò voce e maniera e assunse quel suo fare incisivo e
-determinato che non ammetteva tergiversazioni.
-
-— Marina, — disse alla figlia, — sono salita appositamente per parlare
-con te di qualcosa che preme. Ma la verità, nevvero? una volta tanto...
-
-Marina chinò il capo con un cenno di calmo assenso; ma era ben decisa
-a non dire, in fatto di verità, più di quel tanto che le parrebbe
-conveniente.
-
-— Non ti ho fatta una raccomandazione superflua, — insistè la Duchessa.
-— Ci sono dei casi in cui la semplice verità costituisce la migliore
-delle astuzie. Ma veniamo al fatto. Il conte Rescuati, per una ragione
-o per l'altra, non pensa a prender moglie e non pensa a te. Così è,
-nevvero?
-
-— Così è, infatti. E poi?
-
-— Allora tu, naturalmente, rinunzi...
-
-— Scusa. Il termine non è esatto. Non sono io che rinunzio, è lui che
-non ci ha mai pensato; io non sono in causa.
-
-— Sta bene. Ma (la domanda non ti sembri strana, non lo è) ti spiace
-questo fatto, più di quanto comporti lo svantaggio materiale della
-circostanza? Non hai provato per quel giovane.... No, non affrettare la
-risposta, pensa un momento, prima di rispondere.
-
-Marina attese, infatti, docilmente un momento. Ma solo per adottare,
-immutabile, una linea di condotta.
-
-— No, — disse poscia con tutta la voluta posatezza, — non ho provato
-nulla.
-
-Mentiva ora, alteramente, per un senso d'intimo orgoglio, perchè, anche
-se non era, _doveva_ esser così. Mentiva e a sè stessa ed alla madre
-sua. Roberto aveva avuto uno strano privilegio, senza saperlo e senza
-cercarlo. Aveva destata una segreta emozione, forse la prima, nel cuore
-di donna Marina Negroni.
-
-— No, dunque? — insistè la madre...
-
-— No, — rispose tranquillamente la figlia.
-
-— Ebbene, meglio per te, mia cara Marina. Allora, nè in questa, nè in
-altre occasioni, hai mai provato...
-
-— L'amore, vuoi dire?
-
-— Sì, l'amore, se credi. Oh Dio, ha tanti nomi, tante personificazioni!
-Sentimento, capriccio, distrazione, che so io....
-
-— Oh! Ha tanti nomi, infatti. Ma vedi; qualunque idea rappresentino
-questi nomi, essa non è fatta per me. Non ho, pare, il dono d'ispirare
-quest'amore, ma neppure, grazie a Dio, la capacità di sentirlo. È un
-divertimento che lascio ad altri.
-
-Quest'ultima frase le era escita, calma, dall'anima in tempesta.
-L'esasperazione gliela aveva strappata, quasi inconscia, dal labbro.
-
-Ma la Duchessa non parve avvertirne tutta l'acerba portata. Guardò
-sua figlia con una specie di benevolenza indulgente, che Marina non
-riusciva a spiegare a sè stessa.
-
-— Ah! così... proprio? Oh! non ti do torto per nulla; anzi. Ma
-ora che abbiamo assodato che il conte Rescuati ti è perfettamente
-indifferente... perchè è così nevvero? ti è perfettamente indifferente?
-
-— Paganini non ripete, — rispose la giovane. — È assodato tutto ciò che
-vuoi. Scusa... dicevi?
-
-— Dicevo, mia cara, soltanto questo. Cosa conti di fare stasera per
-la tua _toilette_? Abbiamo il principe di Hetzengenfeld... un uomo
-simpaticissimo, come sai.
-
-L'accento sottolineava la frase. Marina comprese.
-
-Una rapida, nuova specie di sofferenza le sfiorò rapidissima il cuore.
-
-— Un'altra impresa? — chiese alla Duchessa, con un sorriso che le costò
-un grande sforzo.
-
-— Un'altra impresa — rispose la Duchessa. — Ma la mia, questa volta.
-
-
-
-
-VII.
-
-
-Una cosa che a Firenze capita di raro, la neve. Era cominciata nella
-notte, ed ora, lì dalle quattro, s'era formato uno strato alto due
-buoni palmi e che dava un bizzarro aspetto travestito alla lieta città
-dei fiori. Un'uggia tetra e pallida incombeva sulle vie deserte, sui
-palazzoni severi e sui villini eleganti. I Lung'Arni erano vedovi della
-solita ressa di equipaggi e di pedoni; nelle vie interne, orribilmente
-infangate, passava frettolosa, sotto lo schermo dell'ombrello, qualche
-figura di forestiere o di affaccendato. Nella quieta, filosofica
-poveraglia fiorentina era lo stupore melanconico di quella novità, e il
-senso inquietante d'un freddo estraneo alle sue abitudini, un freddo
-cui non bastavano a riparare i soliti cenci, la sommaria e pittoresca
-divisa di chi sa di avere tutti i giorni un po' di sole in casa. Al
-Club i signorini sbadigliavano sonoramente. Che si farebbe oggi senza
-le Cascine? La sola persona che mostrasse un po' di buon umore era quel
-bel tomo di Neri Speroni. Aveva vinto la sera prima sei mila franchi,
-giocando con Berto Rescuati. Ordinariamente soleva sempre dir male
-delle persone colle quali vinceva al gioco, era un suo vezzo speciale.
-Ma stavolta fece una eccezione, si degnò persino di giurare che gli
-dispiaceva... parola d'onore. Era proprio un buon figliuolo, colui, e
-l'avrebbe sempre sostenuto a spada tratta, in ogni emergenza.
-
-Decisamente, il «provincialuzzo» era presto diventato uno dei loro. Il
-che non è tanto facile quanto potrebbe parerlo. La società fiorentina
-che prodiga veri tesori d'indulgenza e di ospitalità pel forestiero
-propriamente detto, non è di sì facile accontentatura sul conto
-degli ospiti piovuti da altre regioni italiane. Ha anch'ella i suoi
-capricci, le sue ubbie d'antipatia; certi noviziati li fa fare lunghi
-ed aspretti. Ma così non era avvenuto per Roberto. Era piaciuta a
-tutti la sua estrema semplicità, la franchezza bonaria ed accorta del
-suo carattere. Certo, non potevano trovargli nè grande ingegno, nè uno
-spirito al di sopra del comune. Ma a ciò ed a quant'altro gli mancava,
-suppliva con un'eguaglianza di umore piacevolissima e con una facoltà
-tutta istintiva di condursi prudentemente e di non mai ferire le
-suscettibilità d'alcuno, pur difendendo, in modo acconcio, le proprie.
-Per indole allegro, generoso, gentiluomo sempre, egoista forse, ma
-di un egoismo ragionevole, senza esitazioni e colla piena coscienza
-del potere simpatico che esercitava senza fatica, era stato subito
-battezzato per un buon ragazzo. Era nota la sua famiglia, conosciuta
-la prosperità del suo patrimonio. La sua bellezza gaia, tutta vita,
-gioventù e salute, rallegrava gli occhi e il cuore. E le signore!...
-
-Nell'Olimpo c'era già stato qualche tentativo d'accaparramento,
-non scoraggiato neppure dal poco misterioso riferto della storia
-dell'_Augellin Bel Verde_. Ma egli non sapeva ancora ravvisare il
-valore di certe mosse strategiche, eseguite a suo pro nelle alte
-sfere. Non era un'aquila quel caro Roberto e non aveva per anco
-acquistata la conoscenza completa di ciò che si potrebbe chiamare
-la sintomologia del futuro condizionale dell'amore. Ma forse questa
-ammirabile quanto involontaria ignoranza assumeva presso certi occhi
-interessati l'aspetto di una indifferenza o di una volontà che non ha
-fretta. Poichè suole talvolta la fortuna così maternamente e con tanta
-disinvoltura adoperare in pari tempo, in pro dei suoi favoriti, e le
-loro qualità e i loro difetti, ciò che possiedono e ciò che lor manca!
-
-Quel giorno dunque a Roberto Rescuati mancava... il sole... appunto
-perchè, come sappiamo, nevicava. E gli mancava tanto quel matto sole
-fiorentino, ispiratore e complice di tanta gaiezza di vita! Come
-spenderle quelle due ore solitamente date alle Cascine? Che fare sino
-all'ora del pranzo, con quella neve che cadeva così, senza smettere!...
-
-To'! E se andasse dalla contessa Elisa?...
-
-Non c'era più tornato dopo quello sciagurato incontro lassù ai Colli!
-Una bella figura aveva fatto! Infatti, quando s'erano incontrati
-poche sere dopo, in casa Corsini, essa l'aveva accolto, gentilmente
-sì, ma non più coll'affettuosità speciale dei primi giorni. È vero
-che, per compenso, non gli aveva più parlato di Gallerie, di Musei,
-nè di serate al Circolo Filologico. E sua madre, che lo tempestava
-di raccomandazioni! Va dalla contessa Elisa... Spero bene che non
-trascurerai di recarti dalla contessa Elisa... Ah!... quelle signore
-trascendentali, che tutte avevano al loro attivo qualche specialità
-intellettuale e che parevano sempre in attesa d'una sua manifestazione
-di qualche genere. Ed egli, al suo attivo, aveva per l'appunto la
-storia della gita di Vincigliata!
-
-Pure, sentì che, se non coglieva quella giornata favorevole, se
-indugiava ancora, non avrebbe più avuto il coraggio di presentarsi
-dalla sua protettrice ed avrebbe fatto, in _ultima ratio_, una figura
-da monellaccio. Perciò, si recò al palazzo di via S. Gallo, in carrozza
-e coltivando per tutto il tempo del tragitto un'intima e devota
-speranza che la Contessa fosse escita o non ricevesse.
-
-Ma no, a farla apposta! Era in casa e riceveva.
-
-Fu introdotto nell'ultimo salotto, quello dove ella soleva vivere la
-sua quieta vita intima. Elisa non aveva visite e stava leggendo. Le
-finestre erano chiuse e la camera illuminata da due lampade a becco
-solare, come se fosse di notte. Ma la luce era raddolcita e fatta
-rosea da due grandi paralumi di tulle bianco, su trasparenti d'un
-rosso chiarissimo. Un'invisibile bocca di calorifero dava all'ambiente
-un tiepore di primavera e nel piccolo caminetto d'angolo, dietro lo
-schermo d'un cristallo sul quale era inciso lo stemma della Contessa,
-scambiettava, viva e lieta allo sguardo, la vampa di una bella
-fiammata. Non oppressivo ma delicatissimo e sentito solo ad intervalli,
-l'olezzo misto di viole di Parma, di _calicanthus precox_ e di gaggie,
-distribuite qua e là in certe fine conchette di cristallo Baccarat,
-s'univa all'aroma lievissimo dei biscottini di vaniglia posati su un
-tavolino in disparte, accanto al piccolo Somovar che andava levando
-il bollore. La Contessa era in veste da camera, cioè in una di quelle
-sfoggiate vestaglie che hanno un'eleganza tutta intima e speciale e che
-a lei stavano tanto bene.
-
-Provò un senso di grata meraviglia, udendo annunziare Roberto, poichè
-cominciava ad essere inquieta sul conto del suo protetto e a discutere
-seco stessa se doveva o no scrivergli un biglietto. Volle compensarlo
-d'averla prevenuta e d'aver vinto l'imbarazzo del piccolo evento dei
-Colli. Lo accolse affettuosamente, con un sorriso dolce, che non si
-ricordava.
-
-Egli provò, entrando, l'impressione bizzarra dell'illuminazione a
-quell'ora e questa valse a distrarlo dall'apprensione intima del primo
-incontro. Chiese subito cosa fosse quella notte anticipata.
-
-Ella se ne scusò quasi. Ma era una vecchia, cattiva abitudine.
-
-La sua vista, non molto forte, soffriva del riflesso crudo della
-luce nivea e tutto quel bianco le metteva un po' di malinconia.
-Perciò lo escludeva... Era ridicolo, naturalmente, sperava di non
-scandalizzarlo...
-
-Oh!... scandalizzarlo... lui!...
-
-Si mise a ridere di gran cuore. Non era facile a scandalizzarsi. Perchè
-non si dovrebbe far sempre ciò che accomoda? Gli piaceva anzi, quella
-notte in pieno giorno. E com'era elegante, la Contessa, con quella
-bella _toilette_!...
-
-— Oh!... — diss'ella — è una satira questa?... Non è niente affatto
-regolare, la vesta da camera, a quest'ora. Ma mi sono alzata tardi e
-supponevo che, con questo tempo, nessuno avrebbe pensato a venirmi a
-visitare.
-
-— Non mi aspettava dunque? — chiese il giovane.
-
-Ella scosse il capo dolcemente.
-
-— Non vi aspettavo più — disse con un accento in cui suonava
-un'affettuosa nota di rimprovero.
-
-Egli arrossì e chinò la sua bella testina, dai finissimi ondulati
-capelli neri.
-
-— Ha ragione — disse — e io ho tutti i torti. Ma ora mi perdona?
-
-Aveva, così dicendo, una grazia insinuante, di bimbo abituato
-all'indulgenza, ma sincero nel pentimento.
-
-Ella crollò il capo, ma con un sorriso così buono, che Roberto proseguì
-con marcata intenzione:
-
-— Mi perdona... di tutto?
-
-Ella comprese: la scena dei Colli tornò presente al suo pensiero. Ebbe
-un piccolo cenno, grave, di assenso. E quando, subito dopo, ella chiese
-a Roberto se aveva notizie di sua madre, c'era nella sua voce una calma
-assoluta, una dignità delicata di voluto oblìo di _quell_'argomento.
-
-È sempre difficile, per una vera signora, il toccare certi
-tasti! Peggio per quelle che non hanno mai avvertito il valore di
-questa difficoltà. Molte hanno eletto di superarla e di ammettere
-_quell_'argomento. Non già che manchi plausibilità di motivi a
-questo sistema di concessione; sono tanto formidabili, ormai, _quelle
-altre_!... Si lasciano così poco ignorare! Ci può essere una specie
-di coraggio abile nella signora che si avventura su quel campo
-sdruccevole. Si può sfiorarlo, a rigore, senza insudiciare più in là
-che la suola delle scarpette e cavarsela con uno sfoggio guizzante di
-spirito e disinvoltura. Ma, per alcune signore, l'assoluta ignoranza,
-il _noli me tangere_ dell'argomento è qualcosa che s'addice loro
-specialmente e torna più armonico all'estetica morale del loro essere.
-Evitano per istinto, per una indefinita paura, per non farsi male alle
-labbra, consentendo loro quelle allusioni.
-
-Roberto si sentì tolto un gran peso dal cuore. Comprese, una volta
-per tutte, che ella non l'avrebbe mai annoiato, come temeva, su quel
-proposito. Ah! che brava donnina, quella lì!
-
-Si mise a chiacchierare, allegro, narrandole della sua vita, delle cose
-sue in quella maniera piana, semplice, senza pretesa alcuna, che gli
-era propria e colla quale, per una singolare dote di compensazione,
-egli suppliva alla mancanza di più brillanti facoltà discorsive.
-Non urtava mai le suscettività, anche appena accennate, d'altrui, ed
-evitava, come avvertito da un'intima cautela, tutto ciò che potesse
-tornar sgradito. Aveva molto tatto, assai più di quanto non paresse
-comportare la complessiva levatura del suo ingegno. Una maligna signora
-aveva detto di lui ch'egli era uno di quegli sciocchi che lasciano dire
-le sciocchezze alle persone di spirito.
-
-La signora maligna diceva solo parte del vero; Roberto non era uno
-sciocco!
-
-Quel giorno, forse per la contentezza di essersela cavata a buon
-mercato, forse per l'influenza combinata di quel tiepore pieno di
-quiete e di profumi discreti, il giovane si sentiva, colla Contessa,
-assai più ad agio di quanto nol fosse stato tempo addietro. Era
-alla mano, buona, semplice; gli chiedeva dei fatti suoi con un
-interessamento che, dopo tutto, egli non meritava guari!
-
-Ella sapeva tante cose di lui, dei suoi primi anni. Gli rammentò un
-episodio di quel tempo, quand'egli, piccino, ostinato, aveva fatto
-una bizza tremenda per un certo dolce che la nonna non gli aveva
-permesso di mangiare a tavola. Risero, ricordando assieme il cuffione
-della nonna e un certo vecchio domestico di casa Rescuati, un vecchio
-originale, che rispondeva in versi ai comandi dei padroni. Oh, Dio, sì,
-così buffo... nevvero? Era morto, ora, da un pezzo.
-
-Rovistarono a lungo, amichevolmente, nei ricordi del passato. A Roberto
-la cosa tornava naturale e non sgradita. E del paro gli tornava
-piacevole il parlare ad Elisa delle persone nuovamente conosciute,
-del soggiorno sì bene iniziato a Firenze. Di tutto ciò, il giovane era
-(come doveva essere) assai soddisfatto ed espresse la sua soddisfazione
-con quella semplicità di termini e quell'assenza di facoltà critica
-che gli erano speciali. Il giovane non era molto entusiasta, nè
-profondo nei suoi apprezzamenti; ma in essi era sincero, scevro al
-tutto di quella specie di timidità irritata che dà la coscienza della
-sproporzione fra la propria capacità di sentire e definire qualcosa e
-la necessità di presentare questa definizione, secondo l'aspettativa
-critica di chi ascolta.
-
-La contessa Elisa faceva in petto le sue riserve su quella
-incondizionata ammirazione della vita fiorentina. Un momento, provò la
-tentazione di discuterla con Roberto, di lasciarsi andare sulla china
-ed esporre i suoi fini e delicati perchè. Ma un istinto indulgente,
-squisitamente buono, la trattenne. Perchè annoiare quel ragazzo,
-togliergli delle illusioni, se ne aveva? Era così raro di trovare una
-persona contenta dei fatti propri, erano così stucchevoli i giovani
-che si davano delle arie annoiate, disilluse, a ventitrè anni! Così
-non discusse, assentì e la conversazione non languì per questo. Non
-vivacissima, ma quieta, cordiale, si potrasse oltre il solito limite
-di una visita e Roberto si era appena alzato per congedarsi, quando un
-domestico venne ad avvertire la Contessa che il pranzo era pronto.
-
-— Volete farmi compagnia? — disse questa a Roberto.
-
-Egli si scusò, aveva realmente un impegno. Ma con una fiducia nuova,
-venutagli lì per lì, soggiunse:
-
-— Se mi permette... un'altra volta.
-
-Si mise a ridere, colpito dalla meraviglia del suo ardire.
-
-— M'invito da me... eh!... questa è curiosa?
-
-— No; lo sapete che mi fate tanto piacere — rispose vivamente Elisa. —
-Venite martedì. Ho qualcuno, qualche amico.
-
-Sul franchissimo volto di lui passò una smorfia involontaria e questa
-smentiva così palesemente il suo cerimonioso chinar del capo, quale
-atto di assenso, che la Contessa diè in una bella risata.
-
-— No, no, dite pure, per me è precisamente lo stesso, un altro giorno o
-quello.
-
-— Ah! — diss'egli, incoraggiato — proprio... davvero? Un giorno, per
-esempio, ch'ella non avesse nessuno... per l'appunto.
-
-Ella lo guardò meravigliata.
-
-— Ma, vi annoierete — disse sincerissimamente.
-
-— No, — disse Roberto. — Delle persone forastiere ne vedo tutti i
-giorni al restaurant e la sua è tutta gente...
-
-— Nuova... per voi... — suggerì pietosamente Elisa, vedendo che
-il giovane s'arrestava, temendo di esser trascinato dalla propria
-sincerità. Ma certo. Ebbene, facciamo così. Venite quando volete. Se
-passate di qui a quest'ora, ricordatevi di me. Addio, Roberto.
-
-Egli baciò, con un certo suo atto gentile di omaggio, la mano che
-cordialmente ella gli porgeva. Quei baciamani che insegnano ancora
-le vecchie nonne, in provincia. Poi il giovane se ne andò, assai più
-contento di quando era venuto.
-
-Quando fu nella via, vide che non c'erano carrozze. Era venuta la
-sera e la neve calava tuttora, scaraventata da una brezza acuta e
-pungente, che investì il giovane sgradevolissimamente. Provò una
-subita tentazione, quella di tornare indietro, di rifugiarsi ancora
-presso quella signora così buona, con quel bell'abito da camera,
-in quel salottino così caldo e così ben rischiarato. Ma non cedette
-alla tentazione. Abbottonò con cura il soprabito, aperse l'ombrello e
-mosse in cerca di una carrozza, allontanandosi per la via, chiara di
-quell'albore speciale che dava tanta malinconia alla contessa Elisa.
-
- *
- * *
-
-Il fatto era vero e i commenti correvano, infiniti. Era accaduto un
-grosso guaio tra la duchessa Ginevra e il marchese Dino di Follemare.
-Egli non la seguiva più a cavallo, nè in legno alle Cascine. Lo
-si vedeva ancora la sera nel salottino bianco da gioco nel palazzo
-d'Accorsi o a Doney col Duca, ma con tutto ciò un freddo evidente
-esisteva nei rapporti del giovane colla famiglia. Egli era, a modo suo,
-assai malinconico, e sulla scipitezza fondamentale del suo bel volto si
-andava fissando una specie di perplessità dolorosa. Gli amici avevano
-bensì tentato di farlo parlare, ma Dino Follemare aveva sempre avuta
-una qualità, rara oggidì anche in chi dovrebbe avere il privilegio di
-essa: la discrezione nei fatti intimi e delicati del cuore.
-
-Finalmente gli amici credettero d'aver trovato. Dino si era allontanato
-a cagione di ciò che tutta Firenze cominciava a vedere; l'assiduità
-sempre crescente del principe di Hetzengenfeld presso la duchessa
-Ginevra d'Accorsi.
-
-Dapprima egli aveva solo annunziata una tappa a Firenze. In realtà,
-aveva avuta l'intenzione di svernare a Roma. Ma Firenze, la sirena,
-lo tratteneva e il dolore per la morte della virtuosa Principessa
-che aveva fornito dieci eredi al trono di Hetzengenfeld, cominciava a
-prendere un'attitudine più riposata. Non si può credere quale conforto
-andassero recando allo spirito abbattuto del Principe la discreta
-simpatia e le infinite risorse intellettuali della duchessa Ginevra
-d'Accorsi! Il sovrano viaggiava appunto allo scopo di distrarsi
-dal suo dolore. Agli occhi di una società che la Duchessa d'Accorsi
-aveva sì vittoriosamente addestrata ad esser testimone compiacente
-di tanti cambiamenti «a vista», il fatto della caduta del povero Dino
-non poteva suscitare estrema meraviglia. Se di qualcosa s'eran fatte
-le meraviglie, era piuttosto che la cosa fosse durata sì a lungo e
-malgrado tante piccole varianti (passeggiere, a onor del vero) dal lato
-della Duchessa. E certamente quest'ultima era una delle più brillanti
-fra le imprese di quella eccelsa signora. Una testa coronata, si ha un
-bel dire, è sempre una testa coronata, quand'anche, come quella del
-Principe regnante di Hetzengenfeld, rappresenti, nella sua caparbia
-esagerazione del tipo militare germanico, una lontana rassomiglianza
-con quella di un vecchio leone sdentato. Non era bello il Principe
-vedovo e i suoi cinquantasette anni suonati si accusavano, grevi nei
-forti solchi del volto e nella pinguedine floscia del corpo.
-
-Con tutto ciò, non era d'aspetto spiacevole. I modi avevano una gravità
-altera, l'occhio tra grigio ed azzurro tradiva allo sguardo molto acuto
-una specie di dolcezza intima, un misticismo recondito ed austero. Egli
-era abbastanza istruito, un po' pedante. Si diceva che avesse condotta,
-in massima, una vita molto casta. Ciò faceva sorridere alcuni. Oh! la
-virtù tedesca, l'amore ufficiale, per decreto! Il retroscena delle
-Corti esemplari in Germania! Intanto però e in ogni caso, un po' di
-rivincita si iniziava a Firenze. E Firenze sogghignava, chiedendosi
-se un giorno o l'altro la Duchessa d'Accorsi, non avrebbe preso il
-volo, per andare a porre le basi di una pseudo sovranità sul modello di
-quella di Mad.e de Maintenon, meno il matrimonio, s'intende... almeno
-sino a nuovo ordine. Ma la duchessa Ginevra aveva ideato qualcosa
-d'altro pel futuro bene del Principato di Hetzengenfeld.
-
-Dino Follemare aveva ricevuto un giorno un bigliettino di una ben nota
-calligrafia, che lo chiamava in una non meno nota località. Quivi il
-suo raziocinio era stato sottoposto ad una prova di fiducia, duretta
-anzichenò. Gli era stato proposto di non credere nè ai propri occhi,
-nè alle proprie orecchie e di trattare la _vox populi_ come un vano
-strepito. Erano venuti in campo dei gran personaggi, la generosità,
-l'abnegazione, ecc. A capo di quel nobile drappello stava l'amor
-materno, armato di tutto punto. Ciò che richiedeva assolutamente
-l'avvenire di quella povera Marina, ciò che imponeva a lei Ginevra...
-il più duro, il più crudele dei sacrifizi... temporanei.
-
-Il marchese Dino aveva durato una certa fatica per raggiungere l'alta
-regione di dovere e di sentimento in cui spaziava con sì ampio volo
-l'eloquenza materna della Duchessa. Era un elemento nuovo e del quale
-egli non aveva grande pratica.
-
-Stava immobile, taciturno, ascoltando.
-
-— Ed ora — gli disse la Duchessa, terminando la perorazione con un
-sorriso, il suo sorriso di domatrice d'uomini — ora che sei pienamente
-al fatto della cosa, tu parti, nevvero?
-
-Attese un istante, poi corrugò la fronte. Che!... esiterebbe forse...
-colui?
-
-Pur troppo, egli esitava. Nel suo sguardo, per quanto affascinato,
-perdurava una inquietudine. E, per una volta, il docile, supino spirito
-trovò il coraggio di una resistenza.
-
-— E se rimanessi, invece?
-
-Essa lo guardò, con serenità veramente olimpica. Rispose, adottando
-senza transazione il freddo voi ufficiale:
-
-— Padronissimo, mio caro. In fondo, ciò nulla muterebbe. Ma, come vi ho
-detto, ho d'uopo del campo libero. Vi sentite di non intralciare i miei
-progetti?
-
-La domanda era categorica. Dino alzò su Ginevra uno sguardo pieno
-d'angoscia.
-
-— Farò di tutto — mormorò.
-
-— Non basta far di tutto — ribattè recisamente la Duchessa — bisogna
-che così sia. Ciò che vi dissi è la verità. Peggio per voi se non la
-credete. Io non mi curo di mentire... per così poco.
-
-— Vi è facile chiamarlo così — rispose Dino. È poco infatti, per voi.
-Ma per me...
-
-Ella alzò lievemente le spalle.
-
-— Per voi, se aveste un po' di buon senso e un po' di pietà pel
-sacrificio di altri, sarebbe la cosa più adatta alla circostanza. Del
-resto, fate voi. Sapete che io non recedo da una presa risoluzione.
-Se vi piace di rimanere e di affrontare i benevoli giudizi dei comuni
-amici... padronissimo. Sarà un pochino più spiacevole per voi, ecco
-tutto.
-
-Egli aveva curvato la testa e stringeva fra le mani la fronte
-affaticata dal dubbio. Lo sguardo di lei cadeva imperioso e sprezzante
-su quella testa bruna e chinata. Dino aveva bellissimi capelli, fini
-come seta e ricciuti. Ginevra passò sbadatamente una mano fra quelle
-ciocche. Egli trasalì.
-
-Senza muoversi, come un fanciullo scorato, sussurrò: — Ginevra... non
-posso!
-
-Un lampo d'ira passò nello sguardo di quella donna, la collera crudele
-di chi non ama più e non riesce a liberarsi colla sollecitudine bramata
-dell'amore di chi ama ancora... sempre... malgrado tutto!
-
-Ma di nuovo, colle dita ella sfiorò i capelli del giovane: Bisogna
-potere, Dino. Io lo posso... eppure.
-
-Di repente egli alzò il capo, per guardarla. Ginevra sostenne,
-sorridendo, il suo sguardo. E colla poderosa, evocatrice malia del
-proprio, ella circuiva, afferrava la memoria, i pensieri, la volontà di
-lui, tutto lui, nella sincerità e nell'irremediabilità della passione
-ch'essa aveva saputo ispirargli.
-
-— Sia come volete — diss'egli finalmente. — Partirò... Ma non oggi, non
-subito, nevvero?
-
-Ella ebbe un gesto d'impazienza.
-
-— Oh Dio... che ragazzo. No.. quando vorrete. Suvvia... pensate che
-io pure, soffro tanto... Tornerete, ben inteso, subito dopo il grande
-evento. E allora... Si arrestò...
-
-Egli tentò di sorridere, ma il suo volto tradiva ancora una riluttanza
-dolorosa.
-
-— D'altronde... — disse allora quietamente Ginevra d'Accorsi — o questo
-o niente, figliuolo caro.
-
- *
- * *
-
-Dino Follemare non partì subito.
-
-Non gli reggeva il cuore di abbandonare quel luogo, ove pure soffriva
-tanto. Da dieci anni ormai viveva buona parte della sua vita in quella
-casa e le abitudini, l'atmosfera di essa erano diventate le sue. Erano
-innumeri i legami che lo stringevano a quell'ambiente. Nel lusso largo,
-diffusivo della famiglia, nella preponderanza sociale della quale essa
-godeva, nell'impianto della splendida ospitalità famigliare, Ginevra
-d'Accorsi aveva messo il violento riflesso della sua energia e della
-sua formidabile personalità. A tutto dava impulso ed irradiazione;
-qualcosa del suo fascino insolente si era comunicato alle mura stesse
-del palazzo. Vivere fra quelle mura, nel calore di quella irradiazione,
-era, per un uomo della tempra del marchese Follemare, la sola cosa
-possibile. Senza di lei, lungi da quelle mura, la vita non aveva pregio
-alcuno, tutto era un approssimativo, una larva di esistenza.
-
-Essa l'aveva preso così, tutto quanto, sin da otto anni addietro,
-nell'impetuosa sincerità di un violento capriccio dei sensi. Lo aveva
-tolto alla vita attiva, alla carriera militare, al matrimonio, alla
-famiglia.
-
-Non solo coll'amore e colla colpa, ma con mille altri mezzi di
-possesso, ella aveva incatenato a sè quel bellissimo giovane,
-dall'animo mite, dall'intelligenza limitata, fedele per temperamento
-e gentiluomo sino all'esagerazione. Egli si era rovinato per lei,
-solo per non allontanarsi da lei, per non far macchia nello sfoggio
-opulento della sua sfera. Ridotti ora ad una diecina di mila franchi i
-già cospicui redditi di casa Follemare, Dino sapeva, per una di quelle
-misteriose facoltà che chiamerei volentieri segreti di razza, vivere
-ancora da gentiluomo, senza mancare ai doveri e alle esigenze delle sue
-speciali circostanze di fronte alla Duchessa. Era buono, ben voluto da
-tutti; alcuni avevano di lui una pietà ch'egli ignorava. Non si credeva
-infelice. Era completamente d'accordo col proprio destino. Non pensava
-all'avvenire, nè si rammaricava del passato. Avrebbe voluto vivere e
-morire così.
-
-Quando si sparse la notizia della rottura (nessuno seppe mai come fosse
-avvenuta e chi ne avesse pel primo sparsa la nuova), ci fu nel pubblico
-la vaga attesa di qualche conseguenza. Ma nulla si produsse, non il
-più lieve scandalo. Allora fu un coro d'ammirazione per la Duchessa...
-s'intende! Che prudenza... che tatto, che profonda abilità di condotta!
-Certamente, il torto marcio doveva averlo lui. E, in ogni modo, che
-babbuino... lasciarsi «ringraziare» così... dopo tanti anni!
-
-Una bella mattina, Neri Speroni andò a fare una visitina a Dino
-Follemare, nel Lung'Arno Acciaioli. Un appartamento di poche camere,
-ma squisitamente mobiliato ed adorno. Alcuni vecchi capi d'arte di
-famiglia, la raffinatezza dei gusti di Dino e gli eccellenti consigli
-della Duchessa, tutto aveva contribuito a fare di quel quartierino, pur
-lasciando intatto il suo carattere di dimora mascolina e di scapolo, un
-nido di rara eleganza. Gli amici trovavano sempre colà un'ospitalità
-cheta e cordiale e il ricordo dei gusti speciali ad ognuno di loro in
-fatto di liquori, bevande, sigari e sigarette.
-
-Speroni, per esempio, amava il cognac e i _panatelas_. Davanti a lui,
-stava un vassoio con un bicchierino e una bottiglia del suo liquore
-preferito e il tepido salotto verde era già invaso dal fumo di un
-secondo di quei preziosi sigari, ma il giovane non aveva ancora trovato
-il destro di esaurire il mandato impostogli dalla curiosità universale.
-
-Finalmente gli parve d'aver trovato. Sulla scrivania dell'amico Dino
-stava, riccamente inquadrata, una fotografia della Duchessa.
-
-Neri l'afferrò con una gran risata e sclamò energicamente:
-
-— Come, ancor qui l'infida?
-
-Dino gli tolse tranquillamente di mano la cornice e la rimise al suo
-posto. Non aveva schiuso labbro, ma s'era fatto pallido e sulla sua
-fronte si venivano addensando certe linee che avrebbero facilmente
-ammonita una persona di buon senso o un vero amico.
-
-Ma Neri Speroni non voleva venir meno alla sua riputazione di stordito
-incorreggibile. Ci teneva caramente.
-
-— Lo sai — continuò con un ghignetto confidenziale — che oggi la
-Duchessa va a fargli vedere la villa Palmieri? Ceneranno, pare, lassù!
-Come mai hanno scordato d'invitarti?
-
-Si fe' più intenso il pallore sulla faccia di Dino. Ma egli si frenò.
-
-— La Duchessa — disse quietamente — è padrona d'invitare chi le pare e
-piace.
-
-Speroni depose il _panatelas_ e fece un grande inchino.
-
-— Corbezzoli! Vedo con piacere che sei molto filosofo. Del resto, tutto
-sommato, hai tutte le ragioni. Non sarebbe certo il caso di prendersela
-a cuore per una...
-
-Si scansò rapidissimamente, troncando di botto la frase, afferrando por
-aria, a pochi centimetri dal suo volto, la mano di Dino, che stava per
-piombargli addosso, con tutte le caratteristiche d'uno schiaffo.
-
-— Ohe!... ohe! — sclamò concitato...
-
-Ma subito si decise a prendere la cosa in scherzo, da buon amico.
-
-— Ohe, ripetè, sei matto... ti pare? Dicevo così per chiasso! Ma...
-ma... ma... abbiamo da vederne ancora... di queste!
-
-La memoria gli aveva suscitato proprio in quel momento il ricordo di un
-duello di Dino col conte d'Estonaz, un savoiardo che si batteva molto
-bene, ma che se n'era tornato in Savoia con tre quarti di naso, invece
-di quello che aveva portato, aquilino ed intero, sul terreno del parco
-Stibber a Montughi.
-
-Ci fu un momento di silenzio; poi Neri disse un: «andiamo... via!» così
-chiaramente propiziativo che Dino, alzate lievemente le spalle, tornò a
-sedere, pallidissimo sempre, ma calmo.
-
-Prese la bottiglia e versò un secondo bicchierino di cognac all'amico
-Speroni.
-
-— Una volta per tutte — disse con calma. — Non amo questi discorsi.
-
-— Oh infatti... — s'affrettò a protestare Neri Speroni, figurati se
-volevo!... Dicevo, così per dire... del resto... Sei un bel tipo...
-tu. Questo cognac è divino, parola d'onore. Sai che abbiamo presto la
-compagnia Ciniselli al Politeama? Non mi pare che ci deva essere gran
-che in fatto di cavalli... Ma una ginnasta, mio caro... una ginnasta!
-
- *
- * *
-
-In capo a due settimane, Dino Follemare si recò a casa d'Accorsi per
-fare la sua visita di congedo. Andava in Inghilterra, alla ricerca di
-un cavallo e di un fantino per le corse del venturo maggio.
-
-Trovò la Duchessa sola, nel salotto nero e rosso.
-
-Essa fece le meraviglie.
-
-— Come! partite davvero?
-
-Convien dire ch'ella avesse già scordato il consiglio datogli. Ad ogni
-modo, nei suoi occhi, dietro un velo di mestizia, ardeva un piccolo
-fuoco di gioia.
-
-— Ho provato a rimanere — disse Dino — ma non mi è possibile.
-
-Un tremore era nella voce di lui, una simulazione di tremore oscillò
-nelle parole della Duchessa.
-
-— Oh Dino... che dolore!
-
-La minima espressione di sentimento assumeva, in quella donna, un
-valore estremo, irresistibile.
-
-Più che mai, in quell'istante Dino credette al sacrificio della madre.
-Non aveva a sua disposizione le frasi che avrebbe potuto suggerirgli
-quel convincimento. Pure, nelle sue poche, interrotte parole, Ginevra
-avrebbe potuto trovare quell'ospite sì raro nelle umane espressioni,
-un sentimento vero ed assoluto. Ma Ginevra sapeva da tanto tempo ormai
-che quel giovane la amava. Ed ella non lo amava più e mentre metteva
-nell'addio la seduzione che sapeva infallibile, mentre nel cuore
-di lui si assodava il convincimento che l'amore di quella donna lo
-avrebbe accompagnato dovunque, che lo avrebbe accolto, festante, al suo
-ritorno, nel cuore di quella donna tumultuava sola e spietata la gioia
-di un pensiero:
-
-— Finalmente! Ah! finalmente!
-
-Mentre scendeva lo scalone a capo basso e con una leggera nebbiolina
-sugli occhi, Dino si accorse ad un tratto che doveva ritirarsi per
-cedere il passo a due persone che salivano e ch'egli conosceva. Si
-ritrasse dunque e salutò profondamente. Erano due suore di Carità.
-Appartenevano ad un conventino del vicinato, poverissimo di mezzi
-propri e in gran parte sostenuto dalle pie liberalità d'un Comitato di
-signore, del quale Ginevra d'Accorsi era presidentessa. Più volte egli
-era andato a prenderla al Conventino.
-
-Quando le due suore l'ebbero oltrepassato, egli si voltò per vederle
-ancora. Salivano con passo pari e misurato. Sul tappeto cremisi, che
-copriva i gradini, strisciavano i lembi delle stinte gonne azzurre.
-A seconda dei moti delle teste, tremolavano le falde penzolanti degli
-immensi cuffioni bianchi; i rosari battevano in cadenza, audibilmente,
-sui grembiali azzurri.
-
-All'ultima mano di scale, Dino fece un altro incontro. Lentamente,
-sbuffando alquanto, il principe di Hetzengenfeld solo, senza il minimo
-aiutante di campo, si dirigeva al piano superiore. Veniva a far visita
-alla Duchessa.
-
-Come aveva salutato le suore, così il marchese Dino di Follemare,
-traendosi in disparte, salutò colla voluta espressione di etichetta
-l'alto personaggio. Il Principe rispose con un saluto affabile e
-dignitoso. Una folla di pensieri passò turbinando nella testa del
-giovane, un misto di collera, d'odio, d'intimo trionfo. Attese
-ancora un istante, incosciente, immobile, sotto il peso dell'emozione
-indefinita che lo signoreggiava.
-
-Poi scese.
-
-
-
-
-VIII.
-
-
-Elisa scriveva a Don Marcello Plana.
-
-Non cercava le espressioni stavolta e mentre la penna correva veloce
-riempiendo un foglio dopo l'altro, un sorriso buono e lieto errava a
-sua insaputa sulle labbra di lei.
-
-«Lo vedo più di frequente; credo ch'egli cominci a provare ormai la
-reazione della febbre di divertimento che l'aveva colpito nei primi
-mesi del suo soggiorno a Firenze. Del resto, era tanto naturale, alla
-sua età, nevvero? E poi, immaginate che cosa curiosa! Mi ha detto che i
-primi tempi gli mettevo tanta soggezione... Ho fatto finta di credere,
-ma credo che fosse semplicemente perchè si trovasse meglio altrove che
-in casa mia. Se vogliamo esser sinceri, un po' di colpa l'ho avuta io.
-Avevo delle idee troppo ambiziose, volevo avviarlo a modo mio. Ora
-mi limito a procurare che non si annoi, quando è con me; mi studio
-di parlargli di cose che possano interessarlo. Sulle prime duravo
-una certa fatica e dovevo fare dei grandi sforzi d'immaginazione, ma
-a poco a poco mi sono abituata e adesso ridereste sentendomi parlare
-animatamente di cavalli, di mode, anche di pettegolezzi. Roberto non
-ha una conversazione brillante nè profonda, ma un buon senso, raro
-alla sua età, non gli permette mai di dire nè una sciocchezza, nè una
-cosa urtante. Forse perciò è ben voluto da tutti e ha tanti amici.
-Infatti è sempre di buon umore. Credo che un po' si lasci vivere. A
-volte m'impazienta e a volte mi riposa stranamente lo spirito quella
-specie di spensieratezza gaia, irresistibile. Penso che dopo tutto è la
-gioventù, la sacra, la sincera gioventù!...
-
-«Penso alla mia ch'è passata da tanto tempo e che è sì lontana,
-ormai, che non mi par quasi neppure d'averla vissuta!... E (vedete
-che sciocchezza) mi par quasi, quando sono con Roberto, ch'essa ancor
-si ricordi di me e mi saluti da lungi.... Direte che faccio delle
-digressioni, nevvero?... Infatti; è assurdo. Forse m'indugio apposta,
-per parlarvi il più tardi possibile di ciò che mi avete chiesto
-nell'ultima vostra, del mio famoso progetto per Marina. Ecco qua: un
-altro fiasco.
-
-«Non mi canzonate, non sarebbe generoso. Ne soffro già abbastanza. Fra
-quei due giovani non esiste simpatia di sorta. Invano ho tentato, con
-tutta la sincerità del mio buon volere...
-
-Si arrestò, mordicchiando l'estremità del portapenna. Ma subito
-proseguì:
-
-«Roberto non potrebbe in questo momento offrire a Marina un cuore
-degno di lei. Speriamo che si tratti di un capriccio passeggero, che
-più tardi, forse... Ma intanto io amo troppo Marina per non rinunziare
-provvisoriamente al mio sogno. Se foste qui, mi dareste ragione, ne son
-certa. Perchè non sarebbe decoroso, non sarebbe onesto! Nevvero ch'è
-impossibile, affatto impossibile?...
-
-«Firenze comincia a farsi animatissima. Ci sono molti forestieri.
-I ricevimenti sono cominciati dovunque. Non vi faccio l'elenco, lo
-conoscete e sapete che dovunque si vorrebbe vedere la vostra altiera
-figura di conte di Saint Bris. Io non esco molto alla sera. Ho sempre
-i miei soliti e in prima sera qualche volta Roberto mi sacrifica una
-mezz'ora. Si è un pochino abituato ai miei fedeli, ma è molto più
-carino quando è solo...»
-
-Si arrestò, udendo nelle sale vicine accostarsi un passo spedito,
-ch'ella conosceva ormai... tanto bene!
-
-Depose la penna e sollevò lo sguardo sul grande specchio inclinato
-che poggiava sulla caminiera di fronte all'uscio d'entrata. Colà
-vide riflettersi lo scompiglio della portiera, sollevata da una mano
-impaziente, poi sbucar fuori la testa giovanile, sorridente di un uomo
-che recava fra le mani qualche cosa di roseo e di bianco. E un olezzo
-delizioso si fe' strada nella sala, assieme a Roberto.
-
-Il giovane presentò alla Contessa un grosso mazzo di giacinti rosa e
-bianchi.
-
-— Per me?... — disse la Contessa attonita, ma con un'aria sì lieta
-ch'egli si mise a ridere.
-
-— Sì, signora, per lei. Li ho visti or ora, uscendo dal Club e mi
-son rammentato che un giorno mi disse che le piacevano. Non si sono
-sciupati... no? Tanto meglio. E adesso: un momentino e poi scappo.
-
-— Come, senza neppur lasciarmi il tempo di ringraziarvi, senza sedere?
-
-Egli sedette, ma senza lasciare il cappello.
-
-— No, no! ho premura! — Contuttociò, le lasciò il tempo di dir grazie e
-in modo ch'egli fu convinto d'averle fatto un immenso piacere. Sollevò
-verso di lei quel suo bellissimo volto, ove brillava la contentezza del
-suo successo e in pari tempo il convincimento della penetrante bontà
-di lei, quella bontà che aveva avuta, che serbava tanta pazienza, tanta
-tolleranza.
-
-Ed essa gli sorrise colla lieve emozione della sua sorpresa pel
-delicato pensiero. I giacinti avevano un olezzo acuto, di una
-freschezza inesprimibile!
-
-Egli non accennava ad andar via colla fretta preannunciata. Rovistava
-qua e là fra i gingilli, le mille bazzecole del tavolino, sfogliava i
-giornali, specialmente se illustrati.
-
-— Oh! — disse a un tratto, con evidente piacere, — l'ultimo _Fliegende
-Blätter_.
-
-Erano la sua passione le caricature del _Fliegende Blätter_, e la
-Contessa s'era abbonata a quel giornale e lo teneva sul tavolino
-per lui, per obbligarlo, senza parere, a fare un po' d'esercizio di
-tedesco. Quando la leggenda era troppo difficile, gliela spiegava lei e
-insieme ridevano di quelle scene sì umoristiche, sì finemente trattate
-e che hanno talvolta un senso squisitamente sagace della vita. Ella
-coglieva a volo la segreta filosofia di quei frizzi; egli non cercava
-tanto e si contentava dell'impressione piacevole, del senso comico,
-quale balzava di scatto allo sguardo e al pensiero di lui, ma entrambi
-si divertivano colla stessa freschezza d'impressione, benchè Roberto,
-per farla arrabbiare, dicesse di preferire di gran lunga la _Vie
-Parisienne_ a quelle pappolate tedesche.
-
-Stavano chinati entrambi ridendo, su una delle centomilionesime
-satire a matita contro la troppo calunniata istituzione delle suocere,
-quando l'annunzio repentino di una visita li fece trasalire come due
-colpevoli. Nientemeno che: Monsieur Cholet.
-
-Berto aveva avuto un'espressione di sgomento così palese, quando la
-Contessa s'era lasciato sfuggire: «Oh Dio! viene a leggermi dei brani
-del suo lavoro sui Fasti Medicei!» ch'ella dovette assolutamente dare
-in uno scoppio di risa! E l'entrata del Professore col suo scartafaccio
-fra le mani, con quel suo fare impacciato e un po' pedantesco e quella
-sua faccia da scienziato rischiarata dal sorriso amabile di chi
-si ripromette una delle più delicate soddisfazioni di amor proprio
-che possa capitare ad un autore, faceva un tal contrasto colle loro
-chiacchiere, coll'ambiente del momento prima, che pareva impossibile
-non dovesse palesarsi agli occhi stessi del sopraggiunto. Il quale
-dal canto suo trovò assolutamente intempestiva, pei suoi progetti, la
-presenza di quel _gamin_. E quando il _gamin_ si affrettò, pretestando
-un urgente impegno, a declinare l'invito di trattenersi, perfidamente
-fattogli dalla Contessa con un crudele e birichino ammiccare degli
-occhi, M. Cholet si sentì sollevato da un gran cruccio!
-
-Erano soli ormai, ella e l'illustre scienziato belga. Il Professore era
-troppo grande e grosso per sedere ad agio nella poltroncina che aveva
-avuta l'inavvertenza di scegliere quando la Contessa gli aveva fatto
-cenno di sedere, una galanteria di _peluche_ e di raso, ricamata a
-punto e fiamma, a tinte deliziosamente smorzate. E a farlo apposta, la
-poltroncina favorita di Roberto!
-
-Nel silenzio tepido e profumato del salottino suonava monotona ed
-istancabile la voce di lui, narrando dei Fasti Medicei. S'era agli
-inizi del pontificato di Leone X e la Contessa, che aveva dato pochi
-giorni prima una ripassatina al suo Roscoe, si attendeva a sentirsi
-straordinariamente attirata. Amava ella quel tipo e quei tempi sì
-splendidamente lumeggiati dallo splendore d'un torrente di luce
-artistica. Pure, cosa strana, quel giorno doveva fare uno sforzo intimo
-per applicarsi interamente all'audizione.
-
-Il Professore leggeva senza interrompersi, senza essere interrotto;
-i grandi eventi e i grandi nomi sfilavano altisonanti nel suono
-monotono delle sue parole. Ma un grande mazzo di fiori, di un bianco
-tenero, di un rosso languido, fresco come una epidermide di fanciullo,
-giaceva sciolto sul tavolino. Elisa era distratta dall'aspetto di
-quei fiori. Erano troppo vicini, troppo belli, così accatastati uno
-sull'altro, chiamavano irresistibilmente il suo desiderio e la sua
-mano! Avevano un'attrazione ineffabile di bellezza, erano così squisiti
-nell'arricciatura delicata delle pendule testine digradanti sino ad
-un voluttuoso morire del colore sui tessuti carnosi dei petali!... E
-dalle bocche misteriose celate nel cuore d'ogni fiore esalava un alito
-inebbriante, d'una violenza spietatamente suggestiva di sensazioni,
-che colla storia fiorentina non avevano assolutamente nulla a fare!
-Era un non so che d'aperti cieli, di calda primavera, di giardini
-ridenti. Era una carezza allo sguardo, una blandizia all'odorato, un
-senso indicibile di dolcezze vaghe ed indeterminate, così acute, così
-assorbenti, che la Contessa chiuse vagamente gli occhi in una specie
-di piccola estasi nervosa, senza avvertire che proprio in quel punto
-_Monsieur_ Cholet, giunto alla fine del capitolo iniziatorio, si
-arrestava per riposarsi (ne aveva il diritto, poveretto!) e un poco
-anche nell'attesa di quelle fine parole di commento e di elogio che
-avevano bene spesso nelle pause delle precedenti letture sì dolcemente
-solleticato il suo amor proprio di autore.
-
-A farla apposta, il capitolo era veramente interessante, uno dei
-migliori dell'opera. Ma che volete?... era così acuto l'odore dei
-giacinti, era così grata la Contessa al pensiero delicato del suo
-figliuolo!
-
-Gli elogi ed i commenti, vennero, oh se vennero! E furono intelligenti,
-come il solito; anzi più del solito. _Monsieur_ Cholet se ne andò;
-beato dei fatti suoi e veramente entusiasta di quella _étonnante
-Comtesse_!... Alla quale, però, per essere perfetta nell'estimazione
-dell'illustre autore dei «Fasti Medicei» (opera coronata dall'Accademia
-di Bruxelles), mancò da quel giorno in poi una cosa soltanto... ch'ella
-non patisse di distrazione. Oh, delle lievissime distrazioni... nulla
-più.
-
- *
- * *
-
-Nella corrente generale di simpatia che l'alta società fiorentina aveva
-sì prontamente manifestata a Roberto Rescuati, si andava da qualche
-tempo accentuando un'eccezione. Sacha Dzworoff non poteva soffrire il
-nostro eroe.
-
-Il giovane russo era anch'egli, e da più antica data, ben visto e
-careggiato nei circoli eleganti. Ma la cosa era affatto diversa.
-Da Sacha si tollerava moltissimo, cose da far strabiliare; frizzi
-sanguinosi, capricci ed esigenze, che avrebbero bastato all'espulsione
-di qualunque altro frequentatore di quegli stessi salotti. Una
-intelligenza vivace ed originale, uno spirito pungentissimo e una
-straordinaria attitudine a braccare il ridicolo, dovunque stesse
-rintanato, rendevano talvolta pericoloso l'accordo di tacita indulgenza
-onde tutti erano prodighi per Sacha, indulgenza le cui fonti risalivano
-però ad una pietosa considerazione. Egli era malato di petto,
-condannato dai medici a corta scadenza e conscio della sua condanna.
-
-Egli, che scherzava su tutti e di tutto, non risparmiava sè stesso nè
-il proprio destino. N'era un parlante programma il solo suo aspetto, la
-persona ridotta ai minimi termini, il pallor cereo della sua faccetta,
-la perpetua tosse che dilaniava l'esilissimo torace, la febbriciattola
-che lo assaliva ogni sera e che egli portava invariabilmente in piedi,
-colla reazione di un'altra febbre, quella d'un volere indomabile,
-ribelle ai consigli ed agli ammonimenti, sprezzante delle cupe
-minaccie di un peggioramento delle sue grame condizioni. Della sua
-prossima fine egli parlava con una disinvoltura canzonatrice, che
-aveva talvolta un valore di stoicismo filosofico e talvolta una grazia
-quasi cinica. Viveva frattanto intensamente, con una furia di attività,
-che palesava una lotta intima e disperata. Tornava dunque impossibile
-giudicare quel gaio infelice alla stregua universale. Era ricchissimo
-e le favolose ricchezze profondeva in ogni specie di modi, buoni e
-cattivi, in bagordi ed elemosine, ora con profonda intelligenza, ora
-con una carità inconsulta, senza fermarsi a discernere i parassiti
-dagli amici veri. Era così riboccante di vita il suo essere morale che
-la morte gli pareva nella sua minaccia un assurdo inammissibile e le
-immense ricchezze, un controsenso di più nella farsa tragica del suo
-destino. E così egli, motteggiandola di continuo, ne sfruttava la tetra
-anormalità. E nessuno osava punirlo, ed egli era a volte esasperato da
-quella pietà che invano cercava stancare ed in cui andava leggendo la
-conferma della sua condanna.
-
-Roberto non gli era mai andato a versi.
-
-Sacha aveva avuto, sulla visibile benevolenza che il giovane Rescuati
-ispirava alle signore, dei giudizi di un'acerbità squisita. Il
-Club tutto quanto aveva echeggiato a lungo delle risa ch'egli aveva
-suscitato, parlando dell'infelice foggia di vestire che Rescuati aveva
-poscia saputo abbandonare. Nessuna delle piccole inavvertenze commesse
-da Roberto per la mancanza di pratica in una società della quale egli
-cominciava a diventar famigliare, era sfuggita all'osservazione e ai
-mordaci commenti del Sacha.
-
-Più volte aveva apertamente preso di mira Roberto coll'insidia di
-equivoche osservazioni, tentando di trascinarlo verso un terreno di
-motteggio, sul quale Rescuati avrebbe probabilmente toccata la peggio.
-Ma questi si difendeva a furia di semplicità e di cautela astensiva,
-attenendosi con fortuna a quel sistema di indifferenza dei fatti altrui
-che gli consigliavano del pari la bonarietà e l'egoismo dell'indole
-sua.
-
-Sin dai primi tempi della sua dimora in Firenze e di fronte allo
-spettacolo di incredibile impertinenza che perennemente offriva Sacha
-Dzworoff, Berto Rescuati aveva candidamente espressa a Neri Speroni
-la sua meraviglia che nessuno avesse ancora trovato il tempo di dare
-un salato memento a quel piccolo calabrone nordico. Udito il perchè
-dell'indulgenza generale, non insistè sull'argomento e uniformandosi
-al prevalente andazzo, lasciò dire il piccolo russo, evitando di
-entrare con lui in polemiche o discussioni e non mostrando di avvertire
-la bizzarra antipatia che l'altro pareva invece farsi premura di
-addimostrargli in ogni plausibile e decente occasione.
-
-Forse quell'antipatia aveva le sue fonti segrete appunto nel contrasto
-fondamentale di quelle due nature, nell'intima ribellione che
-eccita talvolta nell'animo del malato e del debole, l'aspetto di un
-vigoroso rigoglio di forza fisica. La manifestazione di questa forza
-era spiccata, marcatissima nella persona del giovane Rescuati. Egli
-era, a ventitrè anni, nel fiore di una splendida gioventù virile. In
-mezzo ai tipi effemminati, troppo raffinati dei suoi nuovi compagni,
-prodotti di una razza esautorata dalla mancanza d'incrociamenti
-e dall'inerzia dalla molle vita fiorentina, il nostro marchigiano
-spiccava assai favorevolmente, esemplare raro e non dubbio di una razza
-più resistente. In lui la visibile gentilezza del sangue non andava
-disgiunta dall'integrità di un vigoroso temperamento.
-
-Si pensava involontariamente, vedendolo, ad uno di quei giovani Pari
-che cavalcavano al seguito di Carlomagno, sui campi da conquistarsi,
-e destinati ad esser guiderdone della forza di quei giovani prodi,
-ricompensa delle vittorie vinte in una lotta corpo a corpo, a colpi
-di spadoni giganteschi e di mazze ferrate, sotto il peso di quelle
-montagne di ferro che si chiamavano armature! E quando Sacha Dzworoff,
-quel gingillo di omiciattolo, sempre al tu per tu colla minaccia della
-bara, quel giovane che rideva, che mordeva per non pensare, si trovava
-accanto a quell'uomo sì bello, sì pieno di vita e di affidamento alla
-vita, a quell'uomo, la cui vecchiezza giungerebbe sì tarda e durerebbe
-sì lunga, mentre egli, suo coetaneo, sarebbe da tanti anni scancellato
-dal novero dei viventi, egli sentiva quasi di odiarlo, soffriva di un
-doloroso bisogno di tormentarlo. Provava un continuo sospetto della
-calma e dell'ostinato buon umore col quale Rescuati evitava ogni urto
-di parole, ogni occasione di discussione. Fosse pietà?... la terribile
-pietà ch'egli trovava sempre, così tenace, così insultante attorno
-a sè! Vedendolo, provava delle orripilazioni nervose, che Roberto
-ignorava serenamente.
-
-Quella moderazione non era stata fraintesa dagli amici di Roberto e
-tutti l'approvano in lui, benchè alcuni maligni pretendessero, sotto
-voce, che molti dei frizzi di Sacha, Roberto li tollerasse anche
-perchè non gli apprezzava sufficientemente. Era, per gli sfaccendati,
-un vero divertimento il vieppiù stuzzicare i sentimenti di Sacha su
-quel proposito! La duchessa d'Accorsi poi, pareva essersene fatta una
-missione speciale. Al sarcasmo esacerbato di Sacha univa talvolta il
-suo, più moderato e più ambiguo. Per Sacha era un immenso conforto ogni
-visita in casa d'Accorsi. Di raro vi incontrava Roberto e sempre poteva
-sparlare di lui.
-
-Una sera capitò, giubilante.
-
-Gliel'aveva fatta a colui! Portata via, soffiata, proprio sotto
-il naso, una stupenda cagna Newfoundland... oh una bestia enorme,
-gigantesca, adorabile!
-
-Per un caso provvidenziale aveva saputo che colui, l'Adone,
-si struggeva di comperarla. Figurarsi! Come se una bestia così
-intelligente dovesse aver l'umiliazione di appartenere ad un padrone
-così sciocco! Fortuna che quel tirchio era stato a tirar di prezzo
-e aveva indugiato un giorno. E lui... s'era preso il gusto di fargli
-trovare, l'indomani, un bel pugno di mosche!
-
-A dir vero, oltre il gusto d'averla fatta all'Adone, Sacha s'ebbe
-quello d'esser bellamente giuntato dal canattiere che aveva odorato
-il puntiglio e vendutagli la cagna pel valore circa di un discreto
-cavallo. Nè questo fu il solo profitto di Sacha, il quale, volendo far
-stizzire «colui», annunziò che avrebbe trionfalmente fatta alle Cascine
-la presentazione ufficiale della cagna, da lui battezzata Vittoria.
-Ma giunto il giorno prefisso, il tempo era pessimo, pioveva e una
-tramontana orribile scuoteva le cime delle alte piante con dei lugubri
-_ouh!... ouh!_... Certo, il medico non permetterebbe a Sacha, di uscire
-quel giorno, al più verrebbe nel suo _brougham_. Ma che! All'ora fissa
-apparve la solita vittoria di Sacha coi cavallini bai. All'interno, al
-posto della signora, stava, tutta avvolta in un gualdrappone di piuma,
-la cagna, enorme davvero e bellissima, e al suo fianco il padrone
-infagottato in non so quante pelliccie di volpe azzurra, frammezzo alle
-quali sbucava fuori la faccetta pallida e maliziosa illuminata dalla
-gioia della celia.
-
-Giunto al Piazzone, con quel po' po' di vento e di fresco, egli fece
-fermare la carrozza, presentò Vittoria agli amici, poi condusse tutti
-da Doney per un _lunch_ d'onore alla cagna. Al trionfo non mancò che la
-presenza dell'umiliato avversario, Berto, il quale avendo dei polmoni
-modello, non s'era curato quel giorno di andarli a compromettere
-alle Cascine e si era invece tranquillamente recato a far visita alla
-contessa Elisa.
-
-Sacha si divertì immensamente in quell'occasione, ma tornò a casa colla
-febbre e stette a letto quindici giorni. E Vittoria, ch'egli frustava a
-sangue per insegnarle delle grazie bojarde, gli scappò un bel mattino e
-il cocchiere, che sapeva dov'era, le serbò il segreto e la vendette poi
-ad un americano di passaggio a Firenze.
-
-Ma il cattivo esito della prova non scoraggiò l'animosità di Sacha.
-Quand'anche avesse voluto mitigarla nell'animo suo, c'era sempre la
-Duchessa a rinfrescargli la memoria con mille punzecchiature.
-
-— E così, Sacha... la vostra simpatia? Decisamente vi credevo più
-immaginoso! È vero che siete diventati Damone e Pizia, o i due fratelli
-siamesi?
-
-E ciò indifferentemente, a quattr'occhi, o davanti alla gente, tanto
-che Sacha si arrovellava sempre più e avrebbe dato dei tesori per
-poter dar sfogo alla stizza che lo rodeva e che tutti si divertivano a
-fomentare.
-
-Un giorno la duchessa si trovò sola con Sacha.
-
-Egli era in uno di quei momenti d'estrema irritabilità nervosa che in
-lui solevano avvicendarsi a lunghi periodi di prostrazione. Stava muto,
-accigliato... soffriva.
-
-— Ebbene, — diss'ella sbadatamente. — Cosa ne fate del vostro caro
-amico Rescuati?
-
-Sacha scattò sulla seggiolina.
-
-— Non me ne parlate. È un essere impossibile. Non c'è modo d'irritarlo.
-Quasi, quasi...
-
-— Rinunziate? — interruppe Ginevra con una intonazione sì sottilmente
-beffarda che egli trasalì, come se avesse toccato un colpo di
-scudiscio.
-
-— Non credo — disse poscia, con accento di assunta indifferenza. —
-Aspetto soltanto.
-
-— Oh! aspettate! E cosa di grazia?
-
-— Un'occasione. Ma non vorrei che arrivasse in ritardo per me. Ciò
-farebbe il giuoco di quell'imbecille.
-
-La Duchessa alzò le spalle.
-
-— Non dite corbellerie, Sacha. Volete invece un consiglio? Il consiglio
-di una buona amica?
-
-Egli ebbe un moto del capo sì espressivo, uno sguardo sì vivace,
-sì pieno di comica malizia interrogativa, che la Duchessa non potè
-reprimere uno scoppio di risa.
-
-— Grazie! — esclamò. — Ma ho voglia di consigliarvi e se il consiglio
-non vi pare da vera amica, non lo seguirete, ecco tutto. Ci tenete
-realmente a dar sui nervi a Roberto Rescuati?
-
-Un eloquente scintillar dello sguardo di Sacha fu la sua risposta.
-
-— Ebbene, udite. Avete portato via a quel giovine una bestia ch'egli
-voleva comprare, poi, mi fu detto, un appartamento che desiderava
-prendere a pigione. Non c'è male. Ma non avete pensato a un'altra
-cosa... qualcosa di molto più elementare.
-
-Egli non comprendeva ancora.
-
-— Sarebbe?... — chiese ansiosamente.
-
-Ella rise in modo bizzarro. — Andiamo, via. Che proprio, colla vita che
-avete fatta, non abbiate a supporre ciò che può premere ad un giovane,
-oltre i cani e la casa...
-
-Non essa, ma un lampo del suo occhio grigio completò la frase.
-
-— Ah, triplice imbecille che son io! — sclamò Sacha balzando in piedi.
-— Non averci pensato prima! Ma certo! l'Augellin Bel Verde!
-
-Ella assunse un'aria scandalizzata. — Oh... oh... Sacha! — Ma rovesciò
-il capo sul cuscino della poltrona, ridendo sonoramente.
-
- *
- * *
-
-— Ebbene? — gli chiese quindici sere dopo, quando furono soli per un
-momento nel palco di lei, al Niccolini.
-
-Egli era trionfante.
-
-— Colpo riescito! — rispose più drammaticamente dell'attore che agiva
-sulla scena in quell'istante. — Ma ce n'è voluta dell'eloquenza!
-Figuratevi; sosteneva d'esserne innamorata! E poi, vedete, credo che
-trovasse la mia proposta non troppo vantaggiosa, viste le probabilità
-di pronta recessione nell'avvenire. Ed io ho sì bene compresi i
-suoi sentimenti che le ho fatta una modesta rendita per clausola
-testamentaria. Ciò l'ha decisa e ora siamo eccellenti amici.
-
-— Sacha! — disse la Duchessa quasi severamente.
-
-Egli inarcò le ciglia, con una maligna aria ingenua.
-
-— Oh Duchessa! Siate giusta, mettetevi nei panni di quella povera
-ragazza!...
-
-E s'interruppe, come colpito dal suono di una enormità.
-
-— Ah! — s'affrettò poi a scongiurare — per pietà, Duchessa, non
-rilevate quest'atroce bestialità che mi è sfuggita. Perdonatemi e non
-avvelenate la gioia che provo pensando alla faccia che farà colui
-domani quando troverà vuota la gabbia e volato via l'Augellin Bel
-Verde. E se sapeste, Duchessa, che lettera commovente gli _abbiamo_
-scritta!
-
-Ella non avvelenò la gioia di Sacha. Lo guardò bensì con una bizzarra,
-indefinibile espressione. Ma non ebbe tempo di dirgli nulla. Il
-Principe di Hetzengenfeld sollevava la portiera del palco e veniva a
-far visita alla duchessa d'Accorsi.
-
- *
- * *
-
-Gli amici comuni erano naturalmente informati della nuova trovata di
-Sacha, il quale però non credette necessario, parlandone, di palesare
-che gli fosse stata suggerita da altri. C'era un'attesa, più o meno
-dissimulata, delle conseguenze di questo fatto. E Neri Speroni, punto
-scoraggiato dall'insuccesso della sua missione presso Dino Follemare
-in una circostanza non priva di analogia col caso di Berto Rescuati,
-non credette doversi privare del piacere di far qualche indagine presso
-l'amico marchigiano.
-
-Con garbo però, con una certa cautela. Lo aveva visto a un'accademia
-di scherma e doveva avere un polso... colui! Trattandosi poi di una
-personcina quale era Madamigella Augellin Bel Verde, l'argomento era
-meno difficile a intavolare e Neri non ebbe a pentirsi d'aver toccato
-quel tasto con Roberto. A dir vero questi non s'era dilungato in grandi
-spiegazioni e si vedeva che aveva presa la cosa in modo splendido, con
-filosofia non solo, ma con spirito.
-
-Qualcuno sostenne che quest'ultima espressione fosse un pochino
-arrischiata trattandosi di Roberto, ma Neri Speroni mantenne
-l'integrità del significato con spirito. Berto aveva mirabilmente
-celato il suo sdegno, dicendo con una frase felicissima, che il fatto
-accaduto era stato per lui un vero sollievo, visto il carattere e i
-capricci della bella infedele. Insomma, aveva perfettamente dissimulato
-il suo dispetto. Sacha aveva fatto un bel buco nell'acqua, malgrado la
-celebre clausola testamentaria e Berto era decisamente, assolutamente
-un ragazzo di spirito!
-
-No, Berto non era un ragazzo di spirito. Ma aveva avuta una grande
-accortezza, l'accortezza che più giova a burlare gli scettici e gli
-indiscreti, quella cioè di dire semplicemente la verità.
-
-
-
-
-IX.
-
-
-Una domenica mattina, la contessa Elisa era a messa a Santa Maria
-Novella. Stava inginocchiata divotamente nella Cappella dei Rucellai,
-appiè della gentile Madonna, ch'è un dei pochi dipinti autentici del
-Cimabue. La messa era sul finire, quando parve alla Contessa di udire,
-dietro a lei, raccostarsi di un passo che le era noto.
-
-Roberto! pensò meravigliata.
-
-All'_Ite Missa est_, mentre s'alzavano pochi divoti riuniti nella
-cappella, quel passo si accostò maggiormente ed Elisa non ebbe d'uopo
-che di una leggera flessione del capo per avvedersi che non s'era
-ingannata.
-
-Era Roberto infatti. Scambiarono un saluto ed un sorriso.
-
-Ella abbreviò alquanto il suo ringraziamento, si alzò e disse:
-
-— Che novità — con voce sommessa, lieta come era lieto in quel punto
-l'animo suo.
-
-Egli si scusò, quasi.
-
-— L'ho vista entrare... e non c'ero ancora stato in questa chiesa.
-
-— Oh! — diss'ella scandalizzata — volete vederla ora? volete che vi
-faccia un po' da cicerone? Oh, un poco solamente, le cose principali.
-
-Egli annuì con aria di comica rassegnazione.
-
-E non ebbe a pentirsene. Il cicerone non fu nè pedante, nè indiscreto.
-Non era noioso il procedere con lei per l'ampia navata, sotto
-quell'austera e meravigliosa intralciatura d'archi, che, scemando
-di dimensioni a misura che s'appressano all'altar maggiore, offrono
-all'occhio una prospettiva assai più prolungata del vero. Nello sfondo
-delusivamente lontano allo sguardo, dell'altar maggiore scintillavano
-tremule le facelle dei ceri e la melopea d'un canto corale, seguito
-in sordina da un velato accompagnamento d'organo, si diffondeva,
-austeramente armoniosa, pel lungo e divoto spazio. Ogni tanto si vedeva
-una virile figura claustrale, intonacata e incappucciata di bianco,
-passare rapida oltre le cappelle, andare o venire dalla sacristia,
-l'artistica e suggestiva figura del Domenicano...
-
-La Contessa accennò a Roberto solo le cose principali. Trattenuta da
-un benevolo desiderio di non annoiarlo, non si dilungava in quelle
-spiegazioni raffinate che le avrebbe permesso il suo vasto corredo
-di cognizioni storiche, ma i pochissimi particolari che diede al suo
-compagno erano improntati dell'intimo sentimento del soggetto e sul
-suo volto intelligente era il raggio del senso d'arte, in lei sì fine e
-comunicativo. Egli pensava ch'era bella... la Contessa e punto noiosa.
-
-Fecero insieme il giro della chiesa.
-
-All'altar maggiore, si fermarono ad osservare gli affreschi del
-Ghirlandajo, ed ella ebbe cura di accennare al suo compagno le figure
-in cui il pittore volle tramandate ai posteri le fattezze di due grandi
-suoi contemporanei, Marsilio Ficino ed Agnolo Poliziano; ma Berto trovò
-irriverentemente che avevano l'aria un po' rimminchionita tutti e due.
-Ma alla cappella dei Gondi, di fronte al Crocefisso del Brunellesco,
-quel pezzo d'anatomia, nero e incartapecorito come un vecchio cadavere
-e che sembra riassumere in sè tutto lo spirito del verismo ascetico
-del suo tempo, Roberto frugò nella memoria e vi rinvenne un brano delle
-Antologie che avevano infestata la pace della sua adolescenza.
-
-— Ah! — disse — quello della scommessa con Donatello!
-
-Elisa ebbe un piccolo trasporto di gioconda meraviglia.
-
-— Ah! sapete?
-
-— Questo sì... Ma nient'altro, sa; nient'altro!...
-
-Senz'avvedersene, avevano alquanto alzata la voce e una vecchia
-pinzochera, che labreggiava rosari lì accanto sui gradini dell'altare,
-si voltò a guardarli severamente.
-
-Era sì brutta quella vecchia, sì arcigna, c'era nella occhiataccia
-data a quei due una sì stizzosa acredine di riprensione ch'essi si
-guardarono come due fanciulli colti in fallo e subito si trovarono a
-vicenda sì comici nel loro momentaneo sgomento che, per non cedere alla
-voglia simultanea d'un violento scoppio di risa, dovettero fare un vero
-sforzo. E si allontanarono.
-
-L'incidente li aveva messi di buon umore.
-
-Uscirono dal piccolo chiostro che dà in via degli Avelli.
-
-Per un momento sostarono presso il lungo muro di cinta, incrostato
-di lapidi e di lastre di marmi bianchi e neri. Un gaio spettacolo si
-offriva ai loro sguardi.
-
-La giornata era bellissima, serena, punto fredda e il cielo d'un vago
-azzurro chiazzato da nuvole bianche che non parevano annunciare nessuna
-cattiva intenzione. La piazza, che si chiamò a lungo bizzarramente
-di S. Maria Novella Vecchia e che è attualmente quella dell'Unità
-italiana, era inondata dal mite sole jemale. Dalle arterie delle
-vie Valfonda, Banchi, Panzani, Sant'Antonino e del Giglio, affluiva
-una corrente non interrotta di persone. L'elemento elegante non
-primeggiava in quella folla pedestre, composta visibilmente di popolino
-e di minuta borghesia. Ma la parte femminile di queste classi ama i
-colori lieti e le pennellate di tinte tenere o vivaci, e chiazzava
-luminosamente il suo percorso, riassumendosi in una sgargiante sinfonia
-di festoso colore. Costeggiando la folla, tentandola cogli allegri
-richiami delle fruste, batteva strepitoso il selciato un via vai di
-carrozzelle eleganti e pulite, spesso arrestate, colmate d'avventori e
-che ripartivano tosto con un ohe! trionfale dei cocchieri. Venditori
-ambulanti di torroni e di aranci aprivano tra la folla dei varchi
-segnalati da una nota ancora più spiccata di colori fiammeggianti e
-qua e là si alzavano nell'aria, trattenuti dalle cordicelle, riunite
-nella mano del venditore ambulante, i palloni di vescica rossi, verdi,
-azzurrini, che danzavano in alto, urtandosi lievemente, in una molle
-ridda di evoluzioni.
-
-C'era in quello spettacolo qualche cosa che rallegrava gli occhi e il
-cuore della contessa Elisa. Ella si rivolse al suo compagno:
-
-— Quanta gente e che bella giornata, nevvero?
-
-— Sì, — rispose Roberto, senza entusiasmo alcuno. — Ella è avviata a
-casa? Mi permette di accompagnarla?
-
-— Oh! figuratevi... Ma non voglio trattenervi; avete certamente
-qualcosa da fare. E... non vorrei rientrare subito. È così splendido
-questo sole e tutto ciò è così lieto!
-
-La letizia di tutto ciò pareva riflessa sul suo volto, fresco, in quel
-momento, e sorridente come quello di una giovinetta.
-
-— Ah! — osservò Roberto, — le piace questo popolo festante? Io
-preferisco gli altri giorni. Ma, non importa. Ha dei progetti?
-
-— No... cioè sì... Ma veramente non voglio privarvi...
-
-— Non mi privo di nulla, cara Contessa. Vengo perchè mi fa piacere di
-venire. Se mi vuole, ben inteso. Dunque?...
-
-— Dunque, figuratevi che da tanto tempo ho voglia di andare a Boboli...
-Ci sarete stato, certamente.
-
-— Io? no, neanche per idea. È una buona pista per i cavalli?
-
-— Ma che, è un giardino delizioso.
-
-— Ah... sta bene. Boboli, dunque... È lontano?
-
-— Non tanto. Si va a palazzo Pitti.
-
-— Grazie. Non pensa certo di andare a piedi!
-
-Essa, a dir vero, avrebbe preferito di fare una passeggiata; ma non
-volle contraddire Roberto, il quale, senza aspettare la risposta,
-tanto era certo del tenore di questa, aveva fatto al conduttore di
-una carrozzella che passava uno di quei cenni quasi impercettibili
-che bastano a Firenze per attirarvi dattorno un nugolo di autodemonti,
-pronti a condurvi in capo al mondo, anche per mezzo prezzo, se avete il
-genio del contratto preventivo.
-
-Ella si nicchiò in carrozza ridendo, col senso di commettere una
-stramberia gustosa. Roberto salì al suo fianco. Era di buon umore
-anch'egli. Come le aveva detto, veniva appunto perchè gli faceva
-piacere di venire. Era il suo metodo, del resto; faceva sempre quanto
-gli accomodava di fare.
-
- *
- * *
-
-Boboli non gli dispiacque. Non c'era troppa gente, benchè fosse di
-festa. E la Contessa era di un umore così lieto, era così simpatica
-quel giorno!... S'arrampicarono su, proprio sino in cima al viale
-coperto, là dove si trova la statua dell'Abbondanza. Solo quando furono
-in cima, egli s'accorse ch'ella ansimava un poco per la fatica della
-salita che avevano fatta un po' troppo rapidamente per lei.
-
-Espresse il suo dispiacere. Era stato un gran balordo. Era andato così
-di corsa, senza pensare. Ma ella lo interruppe subito. Aveva in realtà
-provato in quella rapida corsa, fatta al fianco di quel giovane dal
-passo sì vibrato, sì elastico, una strana sensazione di incitamento
-al moto. Il senso di un'accelerazione del sangue, di una energia nuova
-deliziosa, correva in tutto l'esser suo. Le pareva di avere ritrovata
-l'integrità di una forza muscolare del corpo che ella ricordava
-ora come una delle sensazioni tutte proprie della sua gioventù: le
-lunghe passeggiate ch'ella soleva fare in campagna, leggera, svelta,
-instancabile, col bisogno di una reazione dopo le lunghe immobili
-dimore nella biblioteca di suo padre. Con un rapido gesto si tolse la
-veletta. La bianchezza dell'epidermide pareva essersi fatta più unita,
-più fusa sulle gentili fattezze, ed un roseo splendido e delicato si
-diffondeva sulle gote, dando agli occhi castani una lucentezza ed un
-risalto che li faceva sembrar neri.
-
-Egli sedette ai suoi piedi per terra, in modo da poter veder lei e ad
-un tempo il panorama vaghissimo della città. Su questo fecero mille
-osservazioni, niente affatto sublimi, puerili anzi, meravigliandosi
-di quella distesa, del formicolìo di quella folla, che raffigurava
-tanti sciami di insettucci neri. Il sereno del cielo era scorrazzato da
-larghe nubi, che gettavano or qua or là sulla festante città, inondata
-dal sole, delle larghe chiazze d'ombra. Più giù, sotto i piedi di quei
-due, costeggiato a destra e a sinistra dal lungo viale di sempreverdi,
-nel suo isolotto colmo di piante, stava, gigantesco e bonario, l'Oceano
-del Gian Bologna.
-
-Rimasero a lungo colà... senza avvertire che il tempo passava. Egli
-s'era un pochino allungato sul fianco, adagiandosi comodamente. Aveva
-gettato il cappello a terra e pareva completamente soddisfatto dei
-fatti suoi...
-
-Non era nè stanco, nè vibrante come la Contessa.
-
-Il suo volto aveva la mirabile freschezza rosea della gioventù. La
-Contessa ebbe ancora, guardandolo, l'impressione bizzarra di quel
-grosso mazzo di giacinti ch'egli stesso le aveva recati, il giorno in
-cui le era parsa così lunga la visita di monsieur Cholet.
-
-Boboli non era affollato. Pochi salivano sino all'Abbondanza e quei
-pochi non davano noia a loro due. Passavano gettando su quel gruppo
-uno sguardo curioso ma scevro da pettegolezzo. Elisa e Roberto
-s'indugiavano nel piacere della quiete, d'una vaga contemplazione e
-di qualche chiacchiera indifferente per sè stessa, ma dalla quale
-traspariva la confidenza e l'intesa che s'era venuta rapidamente
-stabilendo fra loro, un'affettuosa e geniale intimità, a cui
-contribuivano del pari l'indulgente benevolenza della signora e la
-franca accettazione di quella benevolenza da parte di Roberto.
-
-A un tratto, dopo una pausa di silenzio, la contessa Elisa ebbe,
-involontaria, incosciente, una piccola scossa del capo, che rispondeva
-ad un subito pensiero.
-
-— Che ora sarà? — chiese a Roberto. — Non ho qui l'orologio.
-
-Egli trasse il suo e lo guardò, ma non disse l'ora.
-
-— Cosa le importa? disse. — Non si sta bene qui?
-
-— Oh sì — rispose Elisa ridendo. — Ma deve esser tardi.
-
-— Ebbene, scusi, che obbligo ha di rientrare a ora fissa? Ovvero sta
-male qui?
-
-— Oh Berto!... Ma è tardi, me ne accorgo. E poi, guardate, mi pare che
-si guasti il tempo.
-
-Accennò col suo ombrellino una massa di nubi che andava formandosi
-compatta e che velava sui loro capi l'azzurro del cielo.
-
-Ma egli non se ne inquietò affatto. Non aveva sufficiente esperienza
-della rapidità colla quale si scapriccia il tempo fiorentino.
-
-— Passeranno! — disse con grande filosofia.
-
-Ella insistè, cionullameno. Le pareva che l'aria mossa, frizzante le
-dicesse all'orecchio: Andatevene, voi due.
-
-— Davvero, credo che sia un po' tardi. E poi, anche per voi... per le
-vostre occupazioni.
-
-S'alzò, con una mossa impercettibilmente nervosa.
-
-A un tratto, la colse vivido il pensiero di una persona che poteva
-attendere Roberto, meravigliarsi della sua lunga assenza... E, come
-per istinto, provò il desiderio acuto, sprezzante, di non esser causa
-dell'indugio. Ma in pari tempo una violenta ondata di sangue le affluì
-al volto, inondandolo di una splendida porpora.
-
-Roberto non si alzò, neppur vedendola in piedi.
-
-La guardava di sotto in su e nell'occhio di lui si destava
-un'attenzione bizzarra.
-
-— Le mie occupazioni? — disse dopo un momento.
-
-E subito si decise a farle una confidenza.
-
-— Le mie occupazioni, dice?... Ma non sa che da un mese non ne ho più e
-che son libero come l'aria?
-
-Ordinariamente, non si fanno a una signora di queste confidenze,
-specialmente se non sono sollecitate. Ma a una signora d'esperienza,
-che conosce il mondo e la vita, che ha parecchi anni più di voi e che
-vi tratta come un figliuolo... è un altro conto!
-
-Ella non finse di non capire! Aveva capito tanto bene! Così bene che la
-trasfigurazione di una gioia sublime era già sul suo volto!
-
-Sedette ancora e, forse senza accorgersene, porse una mano al giovane.
-
-— Oh Roberto! Roberto!
-
-Roberto prese quella mano ed ebbe il supremo buon senso di non entrare
-in particolari. Già; non avevano mai parlato di ciò. A che farlo ora?
-Poi a lui seccavano le spiegazioni. Non disse che fosse o no merito
-suo, questa libertà riacquistata. Così rimase solo ed incolume agli
-occhi di lei il fatto ch'egli era libero... come l'aria!
-
-Forse la sensazione di quell'aria di libertà le impedì di accorgersi
-che un'altra aria, quella del cielo, si divertiva dispettosamente a
-chiamar le nubi da tutte le parti per riunirla su Boboli. Ce l'aveva
-con Boboli il cielo, quel giorno. Laggiù, sui Lungarni, pieni di gente,
-sfolgorava il sole...
-
-Roberto non lasciò andare quella mano. Disse sommessamente, come un
-ragazzo che sa di essere stato buono e con quella musica curiosa che
-Dio aveva messo nella sua voce di monello ben educato:
-
-— È contenta?
-
-Ella, colla semplicità estrema che pareva a volte imparare da lui,
-rispose tranquillamente:
-
-— Sì!
-
-Oh! se lo era! Ah! quell'anima tanto raccomandata a lei, quella vita
-ch'ella aveva assunto di proteggere, quell'esistenza sulla quale ella
-imparava ch'era dolce il vegliare come è dolce il vegliare i sonni
-di un figliuolo, s'erano sciolti, liberati da un giogo indegno e
-triviale...
-
-— Sì — disse ancora, mentre l'interna emozione dava al suo accento
-un'intensità tremula:
-
-— Roberto, ciò non era degno di voi!
-
-Roberto, nella sua eletta sincerità, fece un piccolo esame di coscienza
-e pensò umilmente che... l'_Augellin_ dal volo infido non era poi
-neanche tanto da disprezzarsi, dopo tutto. In fondo non si considerava
-nè tanto colpevole, nè tanto privo di buon gusto!... Ma egli non
-contraddiceva mai le signore e la Contessa, in quel momento, era
-splendida di un misterioso splendore, che lo colpiva e gli faceva un
-effetto speciale.
-
-Un'emozione colse anche lui, un'emozione ch'egli ebbe il talento
-di non definire nè a sè stesso, nè a lei. Lasciò ch'essa ardesse
-tranquillamente nei suoi occhi, quei bellissimi occhi bruni un po'
-infossati nell'arco... cinti di una sfumatura d'ombra, qualcosa come
-un vago azzurro entro cui lo sguardo pareva incupire e tingersi di una
-squisita espressione d'indefinito.
-
-— Segga dunque, diss'egli tranquillamente.
-
-Ella aveva al collo un lungo boa di piume _bleu marin_. Egli tirò
-dolcemente a sè un'estremità di quel boa e si carezzò con esso le
-guance, con un piacere infantile di quel contatto tepido e leggero.
-
-Elisa sedette ancora, ma per rialzarsi vivacemente, dopo un minuto.
-
-Le nuvole, lassù, s'erano ad un tratto decise a una capricciosa crisi
-di piova. Sul terreno battevano con un picchiettìo secco, gaiamente
-sonoro, dei goccioloni radi.
-
-Egli s'alzò lentamente, come a malincuore, e guardò in aria con una
-smorfia.
-
-— È una nuvola che passa. Non vai la pena di muoversi.
-
-Ma Elisa si assestò il boa attorno al collo ed aprì l'ombrellino.
-
-— Sì... sì... vedrete fra poco. Bisogna far presto, se vogliamo trovar
-giù una carrozza libera.
-
-Egli si guardò d'attorno: — Allora, scendiamo pel viale; faremo più
-presto.
-
-Si misero a destra pel viale ormai solitario. Il subito velarsi
-dell'atmosfera metteva una penombra fresca nel lungo corritoio verde in
-discesa, costeggiato da due pareti di foglie, sotto una volta di uguale
-contesto. Ai goccioloni d'avanguardia era successa una pioggerella
-regolare, minuta, di una tonalità quasi musicale, nella moderazione
-sussurrata del suo accento.
-
-La discesa era piuttosto ripida. La Contessa rialzava con una mano
-la gonna che, un po' lunga, strisciava sul terreno. L'altra mano
-era impacciata dal manicotto, l'interno del quale era occupato dal
-fazzoletto e da un piccolo libro da messa, che minacciava sempre di
-scivolar via. Poi, c'era l'ombrellino, da reggere.
-
-Roberto si fermò un istante.
-
-— Permette?
-
-Le tolse il libro da messa che mise in tasca, le tolse l'ombrellino,
-poi le porse il braccio, ch'ella prese senza esitare.
-
-— Così... da brava, si appoggi.
-
-Elisa passò il suo in quel braccio sì giovane e sì forte. Egli le
-teneva aperto sul capo il piccolo _en tout cas_ e reggeva il suo passo
-nella discesa... La subita piova faceva sdrucciolevole il terreno;
-due o tre volte, la leggerissima calzatura di lei, urtando contro
-un sassolino, la fe' lievemente inciampare. Ma sempre il braccio di
-Roberto la sostenne, ed ella allora sollevava su di lui lo sguardo
-sorridente e grato. Ed egli ripeteva pure sorridendo: — Ma si appoggi
-dunque...
-
-Erano vicini vicini, sotto il piccolo ombrello, che a mala pena
-riparava le loro teste. Egli avvertiva il leggero, appena percettibile
-profumo di violetta giapponese che usciva dall'interno del manicotto.
-E da quell'interno sbucava pure sino all'avambraccio una mano lunga,
-elegante, coperta di pelle di Svezia, che poggiava, leggera leggera,
-sul braccio di Roberto.
-
-Un momento, senza saper come nè perchè, rallentarono il passo... Poi
-si fermarono... Roberto chiese alla Contessa s'ella fosse stanca...
-Ma ella scosse il capo senza parlare. Ascoltava il tac tac, lieve,
-misterioso delle goccioline che cadevano sulle foglie con una cadenza
-più affettata. Poi le sue finissime nari ebbero una lunga, quasi
-nervosa aspirazione, mentre i suoi occhi si socchiudevano alquanto.
-
-— Sentite, Roberto, l'odore della terra bagnata? È la mia passione.
-
-C'erano veramente nell'aria i vaghi sentori di quel profumo di buccaro,
-che il Medio Evo, nel bizzarro lusso della sua sensualità, ha saputo
-utilizzare. C'erano ancora delle esalazioni indefinite, qualcosa come
-un vago accenno di lontana primavera.
-
-Di nuovo si misero in via, ma senza affrettare il passo. Il volto di
-Elisa era tutto un sorriso dolce e affettuoso... Provava un senso
-affatto nuovo per lei... quasi il senso d'una protezione ricevuta,
-non data, l'impressione di sentirsi condotta e guidata da quel giovane
-sì forte, sì bello. Ed egli aveva saputo liberarsi da quella indegna
-schiavitù, ella poteva ora occuparsi di lui, influire sui suoi buoni
-istinti... adoperarsi per quell'anima che doveva aver tanto di buono,
-di suscettibile al bene. Libero ora... era libero!
-
-Lo guardò con una subita inconsulta espressione di tenerezza e
-d'orgoglio; il suo sguardo fu in quell'istante sì luminoso e sì dolce
-ch'egli provò una repentina, indefinibile sensazione... Strinse un
-pochino il braccio che posava sul suo e le sussurrò: — Cosa pensa...
-adesso?...
-
-Elisa provò una piccola scossa. Che domanda curiosa! Ma dopo tutto,
-perchè non dire il vero?...
-
-— Penso a voi — rispose dolcemente.
-
-Egli si fece ancora più presso.
-
-— E poi? — sussurrò con un'aria di monelleria, ove entrava una latente,
-esitante tenerezza.
-
-— E poi — continuò Elisa sorridendo — penso quanto sarebbe contenta...
-vostra madre.
-
-Aveva detto il vero, cioè quello che era, passato, colla parvenza
-del vero, nella purissima anima sua. Le aveva morso il cuore in
-quell'istante l'idea di quanto dovesse esser debole Tecla nel suo
-affetto materno, scusabile nella sua cieca adorazione del figlio. Così
-ella aveva velato a se stessa il suo pensiero!...
-
-Roberto non rispose. Si morse vivamente il labbro inferiore. Un rossore
-impetuoso salì alla sua fronte e una durezza si accese nel suo sguardo.
-
-— Ah! — disse brevemente — grazie tante!
-
-L'accento era scevro d'ogni suono di gratitudine; suonava anzi così
-acre ch'ella si voltò meravigliata a guardarlo.
-
-Lo vide sì rannuvolato in volto che gli chiese con sollecitudine:
-
-— Non vi sentite bene?... Che viso scontento!... Potrei quasi
-rivolgervi la domanda che mi avete fatto un momento fa: A cosa pensate?
-
-Roberto ebbe un piccolo riso nervoso. — Penso ora per l'appunto, cara
-Contessa, una cosa che avevo scordato un momento fa. Un appuntamento
-con Neri Speroni, alle tre.
-
-L'osservazione, fatta così, non aveva un'apparenza cortese e la
-Contessa n'ebbe un senso sgradito... il senso d'una puntura di spillo.
-Ma subito la sua bontà e la sua indulgenza ebbero il sopravvento:
-
-— Mi spiace di questa dimenticanza — disse affrettando il passo... — è
-colpa mia. Ma non sapevo; avreste dovuto dirmelo.
-
-— Oh! non importa. Infatti, avrei dovuto pensare... Scommetto ch'ella
-mi considera ora come un ragazzo male educato.
-
-— No... — diss'ella sorridendo. — Ma che andate pensando, Roberto?
-
-— La verità, Contessa. Ovvero — no... scommetto invece ch'ella ha per
-me dei tesori d'indulgenza, ispirata dal suo cuore... materno.
-
-L'accento aveva un'acrimonia bizzarra, una ironia alla quale la
-Contessa non era preparata. Avevano passate assieme così piacevolmente
-tutte quelle belle ore con tanta confidenza, così lieti! E adesso...
-
-Scosse il capo dolcemente e scherzando: — Niente affatto — disse:
-— sono in collera. — Ma andiamo un pochino più in fretta. Piove sul
-serio, sapete?
-
-Infatti la piccola piova prendeva l'aire d'un acquazzone, ed essi erano
-ancora lungi dall'uscita. Presero a camminare frettolosi e in silenzio,
-scambiando poche parole. E quando giunsero allo sbocco sotto il portone
-di Palazzo Pitti, Elisa era un pochino trafelata, perchè davvero aveva
-fatta una bella corsa. Pioveva ora che Dio la mandava.
-
-Nel momento in cui erano giunti a riparo, ella aveva spiccato il suo
-braccio da quello di lui. Con sua grande sorpresa aveva sentito un
-lievissimo moto di resistenza. Ma poi, subito, l'aveva lasciata libera.
-
-Roberto offrì d'andarle a cercare una carrozza e la lasciò sola per
-un momento. Tornò poco dopo colla carrozzella, che aveva agevolmente
-trovata. Nell'entrare in carrozza e vedendo ch'egli stava per
-accomiatarsi, Elisa gli chiese se volesse venire con lei. Lo lascerebbe
-al Club o a casa sua, come credeva.
-
-Egli ricusò; preferiva andare a piedi.
-
-— Con quest'acqua? Roberto, non vi farà male?... E poi, il vostro
-appuntamento?
-
-— Oh non importa. E non soffro dell'acqua.
-
-S'indugiava, come suo malgrado, presso la carrozzella. Elisa gli porse
-una mano.
-
-— Allora, addio Roberto... e grazie della cara compagnia. È stata una
-giornata piacevolissima, e... se sapeste come mi ha fatto piacere! Mi
-avete fatta rivivere una specie di gioventù... Non venite proprio?...
-Dunque, a rivederci presto, nevvero?...
-
-Egli s'inchinò, mormorando qualche parola cortese, poi si ritrasse con
-un cerimonioso saluto. La carrozza mosse celere verso via Toscanella.
-La Contessa frenò un impulso, quello di sporgere il capo fuor dal
-mantice calato per vedere ancora una volta quella bellissima faccia di
-Roberto Rescuati. Non lo fece; si spinse indietro, rannicchiandosi nel
-suo cantuccio.
-
-— Come è capriccioso; — pensò, — come si è stancato così ad un tratto!
-Ma... è libero, ora, è libero...
-
-Come strepitava lieta la piova sul lastricato, come trottava allegro
-il ronzino del fiaccheraio! Come echeggiavano sonore nell'aere le
-sue scudisciate! Perchè si era stizzito, all'ultimo, Roberto? Glielo
-chiederebbe subito la prima volta che verrebbe da lei: domani, forse...
-
-Ma nè l'indomani, nè dopo, Roberto venne da lei. Invano ella non uscì
-per attenderlo, invano, ad ogni oscillazione della portiera riflessa
-nello specchio, ella alzò il capo, quasi commossa, nell'attesa del noto
-e simpatico aspetto. Il suo capriccioso figliuolo pareva avere scordata
-la strada della palazzetta in via S. Gallo.
-
-Lo attese, stette in casa parecchi giorni, per non perdere la sua
-visita. Strano che le mancasse così... Perchè non veniva più? Se lo
-chiedeva ogni tanto con una specie di bizzarra angoscia. — Pure, ora...
-era libero. — Come occupava il suo tempo?
-
-La domanda la crucciava, iterandosi di frequente nel suo pensiero...
-Ora la riferiva a Tecla... ora al suo progetto per Marina. Sicuro;
-per Marina. — Perchè anche stavolta le cose non si mettevano bene.
-— E forse un pochino per colpa sua... perchè non s'era adoperata
-abbastanza. — E ora correva una voce strana, di uno strano
-matrimonio in vista per la giovane Negroni. E se fosse colpa sua quel
-matrimonio... colpa di una vendetta del destino sul suo poco zelo,
-sulla sua negligenza a procacciare il bene di Marina, la felicità di
-Roberto?
-
-Un timore la coglieva quando pensava a ciò.
-
-
-
-
-X.
-
-
-La duchessa d'Accorsi aveva dato il suo primo gran ballo della stagione
-subito dopo Natale e così splendidamente inaugurato il carnevale. Dino
-Follemare era tuttora in Inghilterra e il principe di Hetzengenfeld
-non accennava a partire. Era uno degli ospiti più assidui di casa
-d'Accorsi. Un fascino lo tratteneva evidentemente e nessuno discuteva
-questo fascino. Si era abituati ai miracoli della duchessa Ginevra.
-
-Sui primi dell'anno ci fu, per occupare le buone lingue, un altro
-piccolo avvenimento, il matrimonio di Luciano Carisi. Delle nozze era
-stata consigliatrice ed auspice la duchessa d'Accorsi. Oh! ella aveva
-sempre protetto Luciano Carisi.
-
-Da nove anni egli abitava a Firenze, in occasione d'un impieguccio
-conseguito. Era siciliano, piombato anzi dalla più lontana provincia
-del Mezzogiorno d'Italia.
-
-Quando venne aveva vent'anni, era povero e poeta. Ma poeta davvero. La
-sua lira aveva delle corde vergini, vibrate, stridenti di un'armonia
-genuina e selvaggia. Egli stesso somigliava alla sua lira, colla sua
-strana originalità d'aspetto e di modi, con un nonsochè di attonito,
-di eccitato nella bruna, nervosa faccetta dal tipo Arabo. Quando
-la Duchessa lo conobbe, per mero caso, indovinò in lui un avvenire
-e le piacque avviarlo e farlo conoscere in un mondo ove egli non
-avrebbe certo mai creduto di poter penetrare. Stentava la vita col
-prodotto dell'impiego e col suo lavoro letterario. Scriveva versi
-ardenti, saturi ancora dell'ispirazione locale del suo paese, delle
-calde passioni popolari. Una specie di brutalità grandiosa e sonora
-scaturiva, come una bolla irruente, dalla maschia originalità di uno
-stile primitivo, ma robusto. Scriveva anche in prosa articoli di polso,
-pieni di poesia, illustrando storicamente la sua Provincia. Ma poco ne
-ricavava. Era altiero e male avveduto.
-
-Le sue sorti mutarono quando la Duchessa si assunse caritatevolmente
-l'incarico di dare un più pratico indirizzo all'ingegno di quello
-ch'ella chiamava ridendo «il Figlio delle Selve.» Dire che l'opera
-buona non suscitasse qualche maligno commento sarebbe troppo asserire!
-Audace del pari tornerebbe l'asseverare che i maligni avessero tutti
-i torti... Certo è che una influenza pesò, benefica in un senso,
-deleteria nell'altro, sul carattere e sull'avvenire di quel giovane.
-Egli acquistò rapidamente disinvoltura, garbo, uso di società; imparò
-ciò che piace ai più, seppe ciò che lo spirito deve lasciarsi dietro
-come un bagaglio inutile, per correre più spedito sulla via del
-successo. La penna selvaggia, dagli acri vigori, si fe' gradatamente
-più gentile, più discreta, accettò l'innesto dell'articolo corrente
-in fatto d'arte e di modernità. La fiera, squillante lira del
-montanaro mise una sordina alle sue corde più vibranti. Queste si
-fecero sottili, argentine, il loro suono acquistò il timbro equivoco
-di un elegante cinismo stuzzicante. Il poeta e la sua musa divennero
-mondani, attillati, si tinsero d'un'ibrida tinta tra _heiniana_ e
-_d'annunziana_ che entusiasmò specialmente le signore. Il Figlio delle
-Selve divenne inappuntabile nei modi, si fe' quasi un gentiluomo.
-Era l'ospite obbligato di tutte le feste, di tutte le partite, i
-suoi volumi erano dedicati a parecchie fra le signore dell'Olimpo
-fiorentino. Ebbe delle avventure, dei duelli. Viveva da signore, dacchè
-gli editori lo pagavano bene. Imparò a distinguere gli amici utili da
-quelli che non lo erano, ad evitare i colleghi a cui il successo non
-sorrideva, a comporre commedie gentili, incipriate, che si recitavano
-nei salotti con immenso plauso e ch'egli metteva stupendamente in
-scena. Dirigeva i _cotillons_ artistici della Duchessa, dava alle
-signore dei preziosissimi lumi quando l'annunzio di un ballo in costume
-metteva sottosopra tutte le teste e le vanità femminili, insomma la
-Duchessa poteva esser fiera dell'opera sua. Aveva trovato un ingegno
-reale ma ineducato, lasciava un ingegno ammansato, civilizzato, assai
-più utilizzabile. Aveva realmente diritto alla gratitudine «del Figlio
-delle Selve.»
-
-Ma volle compiere l'opera sua.
-
-Il giovane non lavorava più come prima. Il lavoro suo era attualmente
-meglio retribuito, ma egli non si contentava più della semplicità
-parca del tempo in cui egli era rozzo e non conosceva la duchessa
-d'Accorsi. La vita del giovanotto elegante è cara, carucci anzichenò i
-successi _sicuri_ di un'operetta artistica, carissime poi le avventure,
-specialmente quando si tratta di persone per le quali deve essere
-naturalmente bandita ogni ignobile preoccupazione finanziaria. Egli
-s'era abituato ad un'esistenza signorile. Pur di continuarla seguì
-dolcemente, con mirabile abnegazione e libertà di spirito, i consigli
-della sua nobile protettrice. Chiese ed ottenne la mano di una giovane
-forestiera, sulla cui origine correvano voci poco favorevoli. Era
-bruttissima, ma assai ricca. E la Musa del poeta aveva d'uopo ormai
-ch'egli invocasse gli agi e le blandizie di una larga esistenza
-mondana.
-
-La festa era stupenda quella sera in casa d'Accorsi e Luciano vi aveva
-condotta la sua fidanzata: una tedesca d'una bruttezza odiosa. Lo sposo
-era pallido, ma disinvolto. Molto del suo ingegno era diventato spirito
-ed egli ne faceva in quella sera un consumo straordinario.
-
-Le sale erano stipate, ma tutto procedeva col mirabile ordine che aveva
-resi celebri i ricevimenti di casa d'Accorsi.
-
-Il fiore della società fiorentina e forestiera sfilava per lunga fuga
-di sale illuminate con un eccesso di luce ch'era per sè sola una festa.
-Si ballava nell'immenso salone bianco e oro, la _queue_ si formava
-all'uscio di destra, percorreva due sale processionalmente per giungere
-all'uscio parallelo a quello dond'era uscita e quivi sciogliersi nei
-meandri della danza, al suono dell'orchestrina celata nella galleria
-superiore in una nicchia di verdura. C'erano, quella sera, delle
-_toilettes_ splendide, uno sfarzo insolito di gioielli; le signore,
-come le acconciature, erano fresche, non stancate ancora dai faticosi
-piaceri del carnevale. Una immensa prodigalità di fiori colmava gli
-angoli, i vani, quanto nello spazio era disponibile, senza ingombrare.
-E dovunque, nelle sale, nei salotti, nei gabinetti erano combinati
-recessi, nicchiette suggestive d'isolamenti, propri alle chiacchiere
-intime. Colà e in quei pressi, mentre la gioventù danzava sotto gli
-sguardi delle mamme e dei curiosi, si aggiravano coppie dall'andatura
-lenta, dai piccoli scoppi di risa represse, dai colloqui sommessi
-e sussurrati. Roberto, il quale errava senza ballare e coll'aria
-discretamente annoiata, sostò improvvisamente in uno di quei salotti.
-
-Seduta su una delle tre poltrone circolarmente disposte di un _pâtè_,
-stava la contessa Elisa. Parve a Roberto che dallo schienale della
-poltrona appoggiata a quella di lei emergesse qualcosa di nero,
-forse un braccio mascolino; ma di ciò egli non fece caso. Si accostò
-premurosamente, meravigliando di trovarla sola.
-
-— E voi, come non ballate? — rispose ella — ciò è imperdonabile.
-
-— Per carità, non mi tradisca. Sono sfuggito alla Duchessa, che voleva
-utilizzarmi presso una signorina forestiera. Sono sfuggito al supplizio
-cedendola ad un inglese di sua conoscenza. Mi lasci star qui un poco in
-santa pace.
-
-Senza attender risposta, attirò a sè un morbido _pouff_, e sedette
-proprio dirimpetto alla Contessa.
-
-— Ma davvero non ballate, Roberto?
-
-— No, mi secca. E lei?
-
-— Oh io... Ma la festa è magnifica, nevvero?
-
-— Sì, splendida. Bisogna dire il vero. Tutto perfetto, riuscitissimo.
-È vero che la Duchessa fa le prove generali dei suoi balli, illumina le
-sale, dispone i domestici, i mobili, tutto insomma come dev'essere, due
-o tre sere prima?
-
-— Dicono. Così è sicura del fatto suo, in ogni modo.
-
-— Già... Per le feste e per tutto... nevvero?
-
-L'intonazione dell'accento era alquanto monella.
-
-Ma la contessa Elisa non incoraggiava le monellerie. Finse di non aver
-capito e fece ancora l'elogio del buon gusto e della speciale arte
-di ricevere nella quale decisamente la duchessa d'Accorsi non aveva
-rivali. Poi gli chiese dolcemente:
-
-— Avete visto come è splendida stasera Marina Negroni?
-
-— Ah! — rispose egli con indifferenza. — Infatti, un magnifico
-granatiere.
-
-— Avrete ballato con lei... spero?...
-
-— Naturalmente, come padroncina di casa. Ma non so mai cosa dirle. Ora
-balla una conversazione col Principe tedesco. A proposito, è vero quel
-che si dice, che la Duchessa voglia far di sua figlia una Principessa
-regnante? Sarebbe proprio il colmo, nevvero? Dopo...
-
-— Roberto! — interruppe vivamente Elisa con accento di rimprovero.
-
-Egli rise. — Ecco com'è lei... Non si può dir niente. Bene; sia per non
-detto. Una bellissima festa. Com'è carino qui!
-
-Era veramente carino: in quel gabinetto, tutto in raso azzurro pallido
-a riflessi perlacei nella luce discreta delle lampade dai globi velati
-di garze e di trine. Ci doveva essere negli angoli, nelle giardiniere,
-un'immensa quantità di mammole. Non si vedevano, ma un odore penetrante
-impregnava tutta l'atmosfera. A sommo del _pâtè_, sul quale sedeva
-la Contessa, un alto _camerus_ diffondeva la pompa verdeggiante dei
-suoi flabelli. Una di quelle foglie lambiva quasi la delicata testina
-col suo piccolo chou di piume bianche, in mezzo a cui scintillava
-tremolante, sulla montatura a spirale, un limpidissimo brillante.
-
-Ella era in bianco. Dietro, un lungo strascico di raso, davanti uno
-spumeggiare leggero di trine ricchissime, qua e là trattenute da
-grossi mazzi di piume bianche. Le trine salivano sino alla scollatura
-modesta, appena tracciata sulla bianchezza immacolata dell'epidermide.
-Il collo, d'una meravigliosa rotondità e di una freschezza quasi
-verginale, era cinto da una riviera di brillanti, non molto grossi, ma
-di una purissima acqua. Fra le mani ella teneva un piccolo mazzolino
-di giacinti rosa e un enorme ventaglio di madreperla coperto di piume
-bianche di struzzo. Forse non lo sapeva di essere così squisitamente
-attraente in quel momento, in quel luogo, colla dolcezza tenera del suo
-sguardo, al tutto accaparrata dall'attenzione ch'ella prestava a ciò
-che le andava dicendo quel suo figliuolo, che protestava d'annoiarsi.
-
-Veramente, in quell'istante, non aveva per l'appunto l'aria di un uomo
-annoiato. La guardava, sorridendo con una bizzarra espressione, che le
-ricordò Boboli... quella loro famosa gita!
-
-A un tratto le chiese: — Permettete?... — E s'impossessò della sua
-mano; voleva veder da vicino un braccialetto di minutissimo lavoro
-orientale, che cingeva il fine polso di lei. S'indugiò, come se
-studiasse quell'aurea manifattura.
-
-La sua testa era chinata e prossima al busto di lei. Da lontano, dalla
-sala da ballo, giungevano gli accordi giocondi, spensierati di un
-valzer di Marco Sala.
-
-Roberto ebbe un'idea curiosa. Senza lasciar quella mano, chiese alla
-Contessa: — Dica la verità, non è un pochino in collera con me?
-
-Ella sorrise, poi disse: — Sì. Perchè non siete più venuto a trovarmi?
-
-— Perchè? perchè temevo di seccarla. Perchè io so che è tanto buona
-e che ella mi trova un... — Si arrestò un momento, poi proseguì: —
-Ebbene, ha torto! L'accerto che ha torto.
-
-Ella non capiva bene il senso di quella inattesa sortita, non capiva
-neppure perchè un violento rossore imporporasse la fronte di lui,
-perchè nei suoi sguardi si accendesse una specie di collera e assieme a
-questa un'arcana specie di luccicore.
-
-— Come mai potete dir ciò, Roberto. Vi accerto...
-
-— No, lo so, non ha voluto farmi dispiacere. Ma non sono uno sciocco,
-sa... nè un fanciullo. E solo perchè... No, la lasci stare dov'è, la
-sua mano.
-
-Ella scosse il capo. — Ma, Roberto...
-
-— No, no, — proseguì concitato il giovane, — non quell'eterna
-indulgenza! Scommetto che, a momenti, uscirà a parlarmi della mamma e a
-dirmi che le ha scritto per darle nuove dei miei buoni diporti.
-
-Elisa aveva una gran voglia di ridere, ma una irritazione, qualunque
-ne fosse la causa, era visibile in lui e un istinto tutto femminile le
-fece intuire ch'era meglio non contraddire quel fanciullo.
-
-— Verrete domani a pranzo da me? — gli chiese dolcemente.
-
-— Ha gente? — ribattè Roberto, raddolcendo a un tratto la voce e lo
-sguardo.
-
-— No. Cioè.... potrei.
-
-— Mi fa questo santo piacere di non invitar nessuno? Allora... sì. Ma
-badi, non voglio tradimenti.
-
-— No — diss'ella, tentando ancora di ritirare la sua mano.
-
-Roberto la tratteneva, ridendo, ed ella picchiava la mano di lui colla
-punta del grande ventaglio bianco, ridendo anch'ella d'un piccolo riso
-tra spensierato e nervoso.
-
-A un tratto, alzando gli occhi, si accorsero che avevano vicina la
-padrona di casa.
-
-Ginevra era vestita semplicemente quella sera, colla semplicità
-richiesta dalla sua qualità di padrona di casa.
-
-Un velluto verde cupo cingeva, con audacissima scarsità di taglio, la
-forte persona, le ànche fortemente disegnate, il busto opulento, dalle
-arditissime curve. Ella pareva ondulare, sirena, nella spoglia di un
-serpente.
-
-— Ah! siete qui? — sclamò colla sua voce stridente. — Bravi! è questo
-il modo di far sciopero? A momenti finisce il valzer. Contessa, si
-ricordi che il Principe desidera di conoscerla. A proposito, avete
-visto Luciano Carisi?
-
-Un lievissimo movimento si produsse nella poltrona dietro quella in
-cui sedeva la contessa Elisa, ma nessuno venne fuori da quel recesso
-avvolto in una penombra olezzante.
-
-— No? — disse la Duchessa, vedendo che quei due movevano il capo ad
-un cenno di diniego. — Oh Dio... Dove si sarà cacciato? la signorina
-Helman lo va cercando. È molto _chic_ nevvero quella signorina?
-Basta, bisogna che io scappi... Il _buffet_ a momenti, cara Elisa...
-È un amore, stasera, splendida: badate, Rescuati, è una donna
-pericolosissima la Contessa; può far a meno di ogni _coquetterie_...
-Vi raccomando, in _visceribus_, se trovate Carisi, mandatemelo... Mi
-scusate, nevvero, se non mi trattengo?
-
-Lanciò come una freccia l'ironia mordente di quella scusa e s'allontanò
-rapida, trascinandosi dietro il lungo strascico flessuoso.
-
-Attraversò alcune sale e si fermò sulla soglia d'un salotto da giuoco,
-popolato soltanto di uomini. Socchiuse le palpebre per meglio acuire il
-formidabile sguardo e fece una rapida rivista.
-
-— Dzworoff! — chiamò poscia con accento vibrato.
-
-Il giovane buttò le carte sul tappetto verde e corse presso la signora.
-
-— Volete rendervi utile? — gli chiese questa colla sua enigmatica
-precisione d'accento. Ma non attese risposta: — Andate nel salottino
-azzurro — proseguì; — c'è della gente che si diverte... Disturbateli;
-ciò vi divertirà.
-
-Se ne andò senza voltarsi. Sapeva che Sacha avrebbe ubbidito.
-
-Infatti, dopo un secondo d'esitazione, Sacha si diresse verso il
-salottino azzurro. Ma non potè giungervi subito. Il valzer era giunto
-alla fine in quel momento e le coppie accaldate si sparpagliavano per
-l'appartamento ingombrando gli sbocchi.
-
-La contessa Elisa e Roberto erano rimasti immobili, dopo la rapida
-apparizione della Duchessa. Pareva ch'ella si fosse lasciato dietro
-un vago indefinibile sgomento, che Elisa tentò dissimulare dietro
-l'apparenza di una finta contrizione.
-
-— Avete sentito, Roberto? turbiamo l'ordine della festa. Lasciatemi
-tornare in sala e voi rendetevi utile, mettetevi alla ricerca di
-Luciano Carisi.
-
-— Grazie tante dell'incombenza. Come se ci tenessi a trovarlo, quel bel
-poeta colle sue arie tragiche. È un individuo che mi fa ribrezzo...
-
-— Oh Roberto... che parolone!
-
-— Ma sì, sì... — insistè il giovane, alzando la voce e dando sfogo
-ad un malumore che aveva forse tutt'altra causa. — Ha vista quella
-sua orribile sposa?... Un uomo che fa un matrimonio simile, nelle sue
-condizioni, è un uomo che si vende.
-
-Non proseguì.
-
-Un urto violento aveva scosso il _pâtè_; qualcuno era comparso, ad un
-tratto, fra quei due, gettandosi contro Roberto.
-
-Roberto si dibattè un istante sotto la cieca stretta di Luciano Carisi.
-Elisa esterrefatta emise un grido. Quasi nello stesso momento apparve
-all'uscio la pallida figura di Sacha Dzworoff in cerca del maligno
-piacere promessogli dalla Duchessa. Senza rendersi conto di ciò che
-succedeva, ebbe l'accortezza di far rapidamente ricadere dietro di sè
-l'ampia portiera di velluto, poi corse fra quei due.
-
-— Signori, — gridò — siete in casa d'Accorsi!
-
-Quei due si separarono. Con un colpo difensivo, bene assestato, Roberto
-aveva respinto l'aggressore. Si guardavano ora frementi, pallidi,
-consci della gravità dell'accaduto.
-
-— In nome di Dio, — sclamò Sacha frettolosamente... — non è questo il
-luogo. Una signora... la Duchessa...
-
-Luciano Carisi era livido.
-
-— Chiunque, al mio posto, avrebbe fatto così... Sono stato insultato...
-atrocemente.
-
-— E io sono stato aggredito da un...
-
-— Per carità... — interruppe Sacha — non uno scandalo... vien gente.
-
-Infatti, l'onda dei reduci dal valzer si faceva sentire sempre più
-vicina, stava per invadere il salotto.
-
-Quei due compresero. Compresero lo spavento col quale si dibatteva la
-contessa Elisa.
-
-— Allora, a domani! — disse Carisi con subita calma e rivolgendosi a
-Roberto.
-
-— A domani! — rispose questi con fredda alterigia.
-
-Sacha Dzworoff non esitò un secondo. Infilò il suo nel braccio di
-Carisi e lo trascinò via.
-
-Nell'uscire, sollevò la portiera e s'incontrò con una coppia che si
-dirigeva in cerca di riposo verso il salottino azzurro. La signora, che
-conosceva Dzworoff, lo salutò, ed egli la trattenne un istante, proprio
-sulla soglia, con un piccolo fuoco di fila dei suoi frizzi più gustosi,
-per impedire il passo quanto più si poteva e lasciar tempo a quegli
-altri due di riaversi.
-
-Ma l'espediente non poteva prolungarsi troppo, ed egli dovè lasciar
-libero il varco.
-
-Condusse Carisi in un corridoio, dove in quel momento non c'era nessuno.
-
-— E ora, cosa contate di fare? — gli chiese perentoriamente.
-
-— Di battermi — rispose l'altro — e all'ultimo sangue. — Volete esser
-mio padrino?
-
-— Perchè no? — disse Sacha ridendo. — Non ho mai potuto soffrire
-colui... Ma voi, perchè siete così accanito con lui?
-
-— Perchè ha detto la verità — rispose gravemente il montanaro.
-
- *
- * *
-
-La contessa Elisa non aveva frattanto seguito l'abitudine del più delle
-signore in siffatte emergenze; non era svenuta, nè si era lasciata
-sopraffare da una crisi nervosa. Il suo mento soltanto aveva un leggero
-fremito, ch'ella dominava, mordendosi il labbro inferiore.
-
-Guardava Roberto intensamente, ed egli tentava di esser disinvolto. Ma
-era invece turbatissimo.
-
-Una coppia era penetrata nel salotto, ma i due che la componevano erano
-molto occupati di loro stessi. Non così la susseguente. Guido d'Aspano
-e la sua ballerina andarono incontro alla contessa Elisa e bisognò
-ch'ella scambiasse con loro qualche frase. In quel mentre capitò Neri
-Speroni.
-
-— È aperto il _buffet_ — disse gaiamente. E scomparve.
-
-L'annunzio aveva prodotto un movimento generale verso l'altra parte
-dell'appartamento. Elisa e Roberto si trovarono soli.
-
-Per un momento, una suprema angoscia sconvolse le fattezze di Elisa.
-
-— Roberto... — sussurrò — Roberto...
-
-Egli strinse contro il suo il braccio di lei. — Mi rincresce per lei...
-Ma chi avrebbe pensato che fosse là dietro quell'imbecille. E ormai, è
-fatta.
-
-Tre giovanotti, al seguito di una brillantissima signora, passarono
-ridendo e motteggiando con lei. Uno dei giovani guardò Roberto e la
-Contessa, poi si chinò all'orecchio della signora:
-
-— È curioso; che aria tragica hanno quei due!
-
-Passarono. Elisa si chinò verso Roberto.
-
-— Consigliatevi con Geri Serristano... Non mettete di mezzo Neri
-Speroni. Siate calmo, ve ne scongiuro... Per... per vostra madre!
-
-— Non dubiti, Contessa. Voglio farle vedere che non sono ciò ch'ella
-mi ha creduto ier l'altro... poc'anzi; che non sono un ragazzo. E
-allora... forse...
-
-Tacque. Erano nella sala del _buffet_, splendidamente fornito e davanti
-al quale facevano sosta innumeri gruppi di convitati, fra i quali
-serpeggiava la Duchessa, col suo occhio di lince, accorta di tutti e di
-tutto. Uno spazio della sala era ingombro di tavolini, attorno ai quali
-sedevano le signore in attesa dei cavalieri che avrebbero conquistato
-per esse e per loro stessi il materiale della cena da farsi in comune,
-in un crocchio omogeneo. Il duca d'Accorsi si fe' presso ad Elisa.
-
-— Contessa, desidera?... _Consumé_... _Bordeaux_?...
-
-Ella stava per ricusare, quando le parve a un tratto di sentire che
-le venivano meno le forze sotto l'urto dell'interna emozione. Rispose
-affermativamente e mentre il padrone di casa si accostava al banco,
-ella disse a Roberto: — Lasciatemi ora. Laggiù c'è Serristano; andate a
-parlargli.
-
-Il Duca tornava col _consumé_, ch'ella accettò e sorbì col sentimento
-di dover essere forte ad ogni costo. E mentre tentava di rispondere
-alle laconiche osservazioni del Duca, seguiva collo sguardo quasi
-ipnotizzato Roberto, il quale aveva raggiunto Geri Serristano e
-attendeva per parlargli che avesse finito di servire la sua dama.
-
-Quasi simultaneamente vide Sacha farsi presso alla Duchessa e
-bisbigliarle qualcosa all'orecchio. La Duchessa aveva fortemente
-aggrottate le ciglia.
-
-Alla Contessa pareva ora di vivere come in uno stato d'allucinazione.
-La grande luce della sala, l'acciottolìo dei piatti, il tramestìo dei
-domestici, il brusìo delle voci, le risate, gli appelli alla cena, il
-gorgoglìo dei vini zampillanti nei bicchieri, tutto quel caleidoscopio
-di _toilettes_ femminili, a cui s'alternava il nero o il rosso delle
-giubbe mascoline, parevano determinare in lei la sensazione di una
-vertigine.
-
-S'allontanò, lasciando libero il suo tavolino, subito invaso da un
-crocchio giovanile... Alcuni dei suoi fedeli vennero ad incontrarla,
-ed ella si vide costretta a farsi presente a sè stessa, mentre una
-intollerabile angoscia pareva volerle spezzare il cuore.
-
-La Duchessa passò rapida, senza vederla, seguita da Sacha, che le
-parlava vivamente. Ella udì solo una parola di lei, concitata: — Non
-voglio... non voglio!
-
-Roberto raggiunse un istante la Contessa.
-
-— Ebbene! — disse questa, sforzandosi a sorridere.
-
-— Ho parlato con Geri. Accetta. Propone Guido San Firmino.
-
-— Ah! E giudica... crede?
-
-— Che domani Carisi manderà i secondi. Passerò da lei domani.
-
-— Sì. Intanto siate calmo, nevvero?
-
-— Altro che! — diss'egli ridendo. — Ma lei non si inquieti. Non è
-nulla. Anzi, è una cosa da prendere in ischerzo.
-
-— Sicuro! — diss'ella e tentò di ridere. Ma lo sforzo fu così visibile
-ch'ella dovette sedere su una poltroncina vicina per riaversi alquanto.
-
-L'orchestra ricominciava a suonare. Una nuova coppia passò
-rasentandoli. Il Principe di Hetzengenfeld dava il braccio a Marina
-Negroni e le parlava sommessamente. Ella era in bianco, pallida,
-correttamente splendida. Ascoltava ad occhi bassi le parole del suo
-compagno. Alzò gli sguardi freddi e luminosi solo quando fu davanti
-a quei due. Li fissò un momento, ma non tradì nè con una parola, nè
-con un batter di palpebra l'impressione ricevuta dall'aspetto dei
-loro volti. Rispose, in tedesco, con perfetta calma d'accento, ad una
-domanda testè fattale dal Principe.
-
-Il ballo procedeva allegrissimo, sempre più animato e brillante. La
-Duchessa, come sempre, pareva infondere nei suoi convitati una febbre
-di vivacità e di brio. Solo verso le tre, qualcuno disse vagamente
-ch'era accaduto qualcosa tra Carisi e Rescuati.
-
-Il segreto trapelava. Una indiscrezione, forse, qualche parola detta a
-voce non abbastanza sommessa.
-
-Non si sapeva. Cosa? Perchè?... Non bisognava dire... Le signore non
-dovevano sapere.
-
-— C'era di mezzo una signora... Chi? La contessa Serramonti.
-
-— No... Impossibile! Lei! Come?... A cagione di cosa?... Ma per lei...
-proprio per lei?
-
-Il sussurro si diffondeva e la curiosità s'era fatta cocente.
-
-Ma la gioventù danzava e la _flirtation_ alata non ristava. Roberto
-si era eclissato e Luciano Carisi stava facendo le sue scuse alla
-sua fidanzata per un malessere che lo obbligava a ritirarsi in
-casa. Sacha, a cui il medico proibiva di ballare e di fumare, si era
-fatto centro di un circolo di mamme ancor giovani, coll'incarico di
-impedir loro di richiamar le figliuole che danzavano e la celia era
-inesauribile in quel crocchio. La contessa Elisa attese sino all'ora
-in cui aveva ordinata la sua carrozza. Allora soltanto prese congedo,
-resistendo alle pressanti istanze della Duchessa. Quando questa si
-fu convinta che l'ospite voleva assolutamente partire, l'accompagnò
-sino alla anticamera assieme al Principe di Cannera, il quale doveva
-scortare Elisa sino alla carrozza. Mentre il vecchio gentiluomo si era
-allontanato per mettere il soprabito, Ginevra chinò rapidamente la sua
-bocca di serpente a livello dell'orecchio di Elisa.
-
-— Coraggio! — le fischiò sommessamente. — Non tema di nulla.
-
-Si ritrasse subito, con un sorriso amabile ed assestò meglio la
-pelliccia bianca al collo di Elisa. — Non pigli freddo, cara
-Contessa... Sono contenta che si divertano. Ora comincia il
-_cotillon_... A rivederci presto, nevvero?
-
-S'involò mentre l'orchestra preludiava il _cotillon_, la danza che
-riesciva sempre così splendidamente in casa d'Accorsi. E affranta,
-pallida, colpita da un turbamento che ella non definiva e che
-pareva sconvolgere tutto quanto l'esser suo, Elisa scendeva le scale
-lentamente al braccio del Principe di Cannera, ascoltando gli elogi
-che il vecchio gentiluomo prodigava ai padroni di casa... Ma quella
-Duchessa poi... quella Duchessa... nevvero?
-
-— Sì — disse quietamente Elisa.
-
-Quando fu in carrozza, svenne. Ma solo per cinque minuti. Scese con
-passo fermo, dinanzi alla _marquise_ della sua palazzetta.
-
-
-
-
-XI.
-
-
-I balli finivano sempre tardissimo in casa d'Accorsi. Battevano le
-dieci a Santa Trinità quando l'ultimo gruppo di convitati, gli intimi,
-rimasti per la colazione finale, si congedarono dalla Duchessa, dal
-Duca e da donna Marina.
-
-Il Duca s'avviò verso le scuderie e Ginevra rimase nell'appartamento
-ove una squadra di domestici spegneva i lumi e spalancava le finestre.
-
-Il passo della padrona di casa, il suo portamento non tradivano
-stanchezza alcuna, mentre ella passava per le sale in disordine,
-coi mobili fuori di luogo, coi tappeti sparsi di mille traccie della
-recente invasione di ospiti. Nella sala da ballo era un vero campo di
-battaglia: un polverìo roteante turbinava, dorato dai raggi del sole
-che entrava dalle finestre. Il pavimento era ingombro di lembi d'abiti,
-di fiori pesti, di coccarde, di reliquie del _cotillon_. Sotto il
-divano, una bella ciocchetta di capelli biondi rotolava leggermente,
-mossa dal vento fresco che alitava da un vicino balcone.
-
-Ginevra diede ancora qualche ordine colla sua voce imperiosa e temuta.
-Poi si avviò verso il suo appartamento privato. Ma prima di giungervi,
-alzando una portiera, si trovò faccia a faccia con sua figlia. Malgrado
-i suoi venticinque anni, la giovane non aveva impunemente perduta la
-notte. Il suo volto recava nella cruda luce mattutina le traccie di una
-grande stanchezza.
-
-— Che fai qui? — chiese attonita la Duchessa. — Perchè non sei
-coricata? Sai pure che alle tre abbiamo il concerto in casa Roscas. Hai
-bisogno di riposarti.
-
-— Mi riposerò. Volevo parlarti...
-
-— Allora ti prego di spicciarti. Non son di ferro neppur io, per tua
-regola. A meno che non fosse per darmi una buona notizia. A proposito,
-mi pare che la cosa abbia progredito stanotte. Il Principe viene al
-concerto, nevvero?
-
-— Verrà. Ma non si tratta di lui.
-
-— Ah! Allora si tratta...
-
-L'accento era perentorio. Marina ebbe un leggerissimo moto d'esitanza.
-
-— Si tratta — disse poscia — di qualcosa che è accaduto stanotte e che
-riguarda Luciano Carisi e Roberto Rescuati.
-
-La Duchessa ebbe un piccolo scoppio di risa.
-
-— Ah! quei due ragazzi. I miei complimenti, Marina, per esser così
-presto al fatto della cosa. Ti credevo meglio occupata. Infatti, c'è
-stato un pettegolezzo.
-
-— Che avrà conseguenze? — chiese Marina fissando sua madre.
-
-In quel salotto stesso, poche ore prima, la Duchessa aveva avuto con
-Sacha Dzworoff un breve, concitato colloquio appunto sulle conseguenze
-del pettegolezzo. Il giovane russo aveva ricevuto delle precise
-istruzioni, che lo avevano alquanto meravigliato.
-
-Ma la Duchessa alzò le spalle, sbadigliando lievemente.
-
-— Chi può saperlo, mia cara Marina? Speriamo di no. E d'altronde,
-queste cose non si raccontano alle signorine. Ed ora ti consiglio
-ancora, fortemente, un po' di riposo. Stanotte eri splendida, ma
-stamane non sei a prova di luce. E poichè hai finalmente un buon gioco
-fra le mani, vedi di non gettarlo via come gli altri.
-
-Si mosse per andare, ma la giovane la trattenne.
-
-— Allora... — disse lentamente — non vuoi darmi altri ragguagli?
-
-— Mia cara, sei decisamente curiosa. Non te ne do per la buona ragione
-che non ne ho io stessa. Oggi si saprà qualcosa. La tua amica intima,
-la contessa Serramonti, potrà forse essere più informata di me. Ma
-suppongo che non vorrai rivolgerti a lei. Davvero casco dal sonno. Buon
-giorno, mia cara.
-
-Passò oltre e la sua lunga coda di velluto sparve ondulando per la fuga
-delle sale.
-
-Marina rimase immobile per un istante, colle ciglia aggrottate,
-crudelmente perplessa. Strana, enigmatica, quella splendida figura di
-donna, così immobile, in abito da ballo, nella sala deserta e fredda,
-bianca d'invernale luce mattutina.
-
-Si scosse con un piccolo brivido ed ebbe un energico cenno affermativo
-del capo, riassunto visibile di un rapido soliloquio.
-
-Risalì nella sua stanza al terzo piano. Non chiamò la cameriera, si
-spogliò sola e si tuffò il volto ed il busto a più riprese in una
-vasca d'acqua fredda. Indossò poscia una corretta e scura _toilette_
-da mattino, una piccola giacchetta di panno grigio e si coprì il capo
-d'un cappellino nero, a cui sovrappose un velo. Poi scese una scaletta
-privata che metteva nella corte delle scuderie. Passò in una loggetta,
-ove sapeva che avrebbe trovata la figlia del portinaio. Benchè avesse
-vegliato tutta la notte, aggregata anch'essa al gruppo di cameriere che
-attendevano, in un salotto riservato, a riparare ai guasti avvertiti
-dalle signore nelle loro acconciature, la Gegia era tuttora alzata e
-narrava alla nonna gli splendori della notte trascorsa. Le accadeva
-qualche volta di accompagnare la signorina quando usciva la mattina per
-tempo. Non l'aspettava quel giorno e si meravigliò che non fosse andata
-a riposare; ma, senza muovere osservazioni, si approntò e fu ai comandi
-di donna Marina.
-
-Uscirono assieme. Ma la Gegia arguì che la padroncina fosse più stanca
-di quanto pareva, perchè, svoltato il canto di piazza Curtatone a S.
-Lucia, ella fe' cenno a una vettura da piazza chiusa. Udì che, prima di
-salire, dava al fiaccheraio l'indirizzo di casa Serramonti.
-
-Durante la corsa, Marina non aprì bocca. Giunte, ella scese sola e
-disse alla Gegia di aspettarla in carrozza. Al cameriere, che rispose
-alla sua energica scampanellata e che aveva l'aria alquanto incerta
-vedendola capitare sì per tempo, chiese se la Contesta era visibile.
-Vedendo ch'egli esitava, soggiunse:
-
-— Ditele che sono io e per cose di premura.
-
-Attese un istante immobile, pallida, sotto l'atrio di entrata. Aveva
-nelle ossa quel freddo speciale che si lascia dietro una nottata persa.
-Quando il cameriere tornò dicendole ossequiosamente che passasse pure,
-un'ondata di porpora salì sulla sua fronte e per un momento ella parve
-non aver capita bene la risposta. Ma subito tenne dietro al cameriere,
-che la precedeva.
-
-La contessa Elisa le venne incontro. Era in veste da camera, una
-_douilette_ di cachemire celeste. Doveva aver dormito poco. Aveva le
-labbra bianche, e un lividore sotto gli occhi li faceva parere quasi
-pesti e affaticati. Sulle guance non c'era vestigio di colore.
-
-La Contessa dimostrava tutta la sua età, quella mattina, forse anche
-qualche anno di più.
-
-Fece sedere la sua giovane amica, senza commentare la insolita venuta.
-Ma il suo sguardo aveva un'interrogazione angosciosa, che parve
-stranamente facilitare, per Marina, l'adempimento del suo proposito.
-
-— Stanotte — disse con voce calma e con accento preciso — è successo in
-casa nostra un avvenimento... un diverbio.
-
-— Ah! — interruppe Elisa — anche tu sai. E sai?...
-
-Si arrestò. Ansimava alquanto.
-
-— Non so. Vorrei sapere e per ciò sono venuta.
-
-Un profondo disappunto si rivelò sull'alterata fisonomia della Contessa.
-
-— Ah non sai?... E la Duchessa?
-
-— La mamma non sa... o non vuol dire. Ma mi è parso... avevano detto...
-ch'ella fosse presente.
-
-— Sì, infatti. Oh Marina che angoscia! Io parlavo con lui, e...
-
-Si arrestò ancora, accorgendosi che stava per rivelare un secreto non
-suo.
-
-— E...? — continuò Marina, curvandosi avidamente.
-
-— E...? Carisi, che stava dietro a me, scattò fuori, e... accadde...
-non so bene. Per fortuna capitò Dzworoff e impedì una colluttazione al
-momento, ma...
-
-— È inevitabile uno scontro — interruppe Marina.
-
-Elisa chinò il capo, stringendo con un lieve moto convulso la mano
-della fanciulla.
-
-Tacquero un istante, pallide, sotto l'oppressione di un pensiero che
-non dicevano.
-
-— È il suo primo scontro? — chiese poscia Marina.
-
-— Il primo.
-
-— Chi sono i suoi secondi?
-
-— Gli ho suggerito Serristano.
-
-— Ha fatto bene. È un uomo di cuore e d'esperienza. E delle condizioni
-non si sa nulla?
-
-— Ancora nulla. Aspetto. Ha promesso di scrivermi.
-
-Diede un'occhiata piena d'angoscia alla piccola pendola in _rocaille_
-del caminetto. Segnava le undici.
-
-— Ha ancora i suoi genitori? — chiese Marina.
-
-— La madre! — rispose Elisa.
-
-Di nuovo tacquero quelle due donne, assorte nella muta angoscia
-dell'attesa, senza che nè l'una, nè l'altra avvertissero quanto fosse
-strano, anormale il loro colloquio.
-
-A un tratto la contessa Elisa balzò in piedi.
-
-— È venuto qualcuno... ho sentito...
-
-Infatti veniva il domestico. Recava un biglietto, del quale Elisa
-strappò vivamente la busta.
-
-Lesse a voce alta e tremante:
-
- «_Cara Contessa_,
-
- «Pare che tutto sia disposto per domani. Per me, Serristano e San
- Firmino. Se posso, verrò un momento a dirle le condizioni. Sto
- benissimo, e le bacio le mani.
-
- «ROBERTO.»
-
-— Ecco — disse Elisa — è deciso.
-
-Era calma. Non l'aveva neppur detto a sè stessa che aveva sperato,
-follemente, una soluzione diversa.
-
-Ancora le due donne tacquero. Poi si guardarono, tentando di sorridere
-l'una all'altra, senza saper perchè.
-
-— Speriamo — disse poscia Marina, alzandosi con un subito ritorno al
-suo fare indifferente — che tutto vada bene.
-
-— Speriamo — ripetè Elisa. — Vai di già...?
-
-— Sì, devo andare. Abbiamo un concerto alle tre.
-
-— Ah! sicuro... Sarà bellissimo. Ti divertirai.
-
-Si avviarono lentamente verso l'uscio, scambiando, come per una subita,
-muta intesa, parole affatto estranee all'argomento di poc'anzi. Giunte
-all'uscio, si fermarono per un istante, con un nuovo indefinibile
-senso d'incertezza..., come se allora soltanto le colpisse l'ardua e
-pur già superata difficoltà di quel colloquio od un vago pentimento
-dell'emozione tradita.
-
-Pure, all'ultimo momento, scambiarono un bacio, breve, caldo... quasi
-appassionato.
-
- *
- * *
-
-Nel rientrare, sullo scalone, ancora ingombro della splendida
-decorazione della notte, Marina s'imbattè con Sacha Dzworoff.
-
-Il giovane scendeva sì frettolosamente, a capo chino, che Marina
-dovette scansarsi in fretta per non essere urtata.
-
-— Oh! oh! mille scuse — sciamò Sacha — sono un vero stordito. Ma la
-credevo a letto e nel primo sonno. Invece è già in giro... fresca come
-una rosa.
-
-In cuor suo pensava: Com'è smorta e sbattuta anche lei! Si scusò,
-adducendo gran premura.
-
-Marina ebbe per un secondo l'idea di trattenerlo. Ma nol fece ed egli
-scese in fretta e furia l'ultima mano di scale.
-
-Verso le due e mezzo, Marina era pronta per il concerto, e se l'avesse
-veduta Sacha in quel momento, non avrebbe formulata in cuor suo
-l'opinione di poc'anzi.
-
-Si recò calmissima, al tutto padrona di sè, nel gabinetto di sua madre.
-
-Anche la Duchessa era pronta e calzava i guanti.
-
-Fece come al solito la rivista dell'acconciatura di sua figlia.
-
-— Stavolta, cara Marina, sei all'altezza della situazione. Suggerisci
-assolutamente delle idee regali.
-
-Una lievissima contrazione passò sul volto di Marina, ma ella non
-rispose.
-
-— A proposito — disse la Duchessa improvvisamente, — com'è andata la
-tua visita alla contessa Serramonti? Ci hai trovato Roberto Rescuati?
-
-— No, — disse Marina, con superba calma.
-
-— No? Curiosa!... Ma hai avuti da lei i ragguagli che bramavi?
-
-— Sì, alcuni.
-
-— Davvero? Ma è impagabile quell'Elisa! E ti ha detto anche la causa
-del duello?
-
-Era sì ironico l'accento della Duchessa che Marina pensò, con un lampo
-di terrore, all'esitazione di Elisa.
-
-— No — disse poscia.
-
-— Ah! — rispose la Duchessa.
-
-Il suo sguardo scintillava una luce sì beffarda che di scatto,
-involontariamente, Marina chiese: — Perchè?
-
-— Perchè — rispose la Duchessa — perchè non poteva dirtela la vera
-causa del duello. E tu, mi spiace il dirtelo, ma hai fatta una
-singolare figura, per una signorina per bene. Nella tua curiosità
-di avere dei ragguagli sul duello di Roberto Rescuati, non ti sei
-contentata dei miei, ma sei andata giustamente a chiederli a...
-
-Esitò un secondo, il secondo indispensabile al più abile tiratore per
-colpire il punto centrale del bersaglio.
-
-— Alla sua amante — finì poscia tranquillamente. — Vuoi che andiamo,
-Marina? Si fa tardetto.
-
- *
- * *
-
-Sì... stavolta aveva oscillato davvero la portiera e l'immagine attesa
-s'era disegnata nello specchio. Lui!
-
-Elisa non si mosse. L'attesa di quelle ore aveva esaurite le sue forze.
-
-— Ebbene? — chiese.
-
-Egli sedette. Era un po' scolorito in volto, ma ilare, animato.
-
-— Tutto accomodato — rispose. — Domattina alle sette, in un certo
-parco, sulla strada di Fiesole... da un amico di Serristano... Un bravo
-giovane, quel Serristano.
-
-— Sì... diss'ella a voce bassa. — E le...
-
-— Le condizioni, vuol dire?... Oh discrete. Cioè, adesso... Ma stamane
-al primo abboccamento dei secondi, grazie! La pistola e venti passi di
-distanza. Frenetico quel Carlisi! E quell'altro, il suo padrino, più
-arrabbiato di lui. Ma ora l'hanno capita. Anzi, Serristano e Firmino
-non si rendevano ragione di quella subita arrendevolezza di Dzworoff.
-Adesso è ragionevole; si è scelta la sciabola. Almeno, non sarà una
-cosa illegale, se ci resto.
-
-Un brivido scosse tutto il corpo di Elisa.
-
-— Roberto! — disse con accento sì profondo e sì angosciato ch'egli ne
-rimase colpito.
-
-— Dicevo per scherzo... sa? Sono di quelle solite cose, che finiscono
-con un buon _déjeuner_, da Donney. Per conto mio, non ho nessuna voglia
-di far strage. D'altronde, un duello non sta mica male nella vita di un
-giovanotto. Bisognava pure che ci capitassi un giorno o l'altro. Certo,
-se avessi saputo ch'era vicino colui non me la sarei presa così calda
-per quel suo matrimonio. Non è mica antipatico quel giovane. Come mai è
-andato a finire così? È vero ch'è stata la Duchessa?
-
-— Sì, — disse Elisa, — queste sono le opere sue; così esercita il suo
-potere.
-
-Una condanna quasi sacra vibrava nelle sue parole.
-
-Ma subito tornò a Roberto colla calma apparente che ella si era imposta
-quale supremo dovere della contingenza.
-
-— Allora... Serristano consiglia?
-
-— Nulla pel momento. Ho fatto due ore di scherma e stasera tornerà il
-maestro a casa mia. Ah sì... dice di riposarmi.
-
-— Benissimo consigliato. Siete stato a casa? avete dormito?
-
-— No. Volevo, ma non mi è riuscito. Invece, ho...
-
-Stava per dire: — Ho fatto testamento. — Ma sostituì: Ho assestato
-alcune cose. Ho scritto alla mamma.
-
-— Ah! — esclamò Elisa, che si era fatta color di fiamma.
-
-— Per un caso soltanto. Perchè altrimenti, è meglio che non sappia
-niente. Sa, colle sue idee... Vuol dire... che, alla peggio... la
-commissione toccherà a lei, cara Contessa.
-
-Tolse di tasca una lettera sigillata e la porse ad Elisa.
-
-— Vuole?...
-
-Un sudore pungente si levava alla radice dei capelli di Elisa. Ma, con
-un sorriso, ella prese la lettera e la depose nel cassettino.
-
-— Per accendere il fuoco domattina.
-
-— Ben inteso. Ma se invece... dovesse... allora gliela porterebbe lei,
-nevvero?
-
-Ella non rispose; chinò solo il capo.
-
-Egli tacque un istante. Un'espressione grave, qualcosa d'indicibilmente
-triste ed affettuoso si dipinse nei suoi sguardi.
-
-— Povera mamma! disse Roberto a voce bassa e come smarrita. — Se avessi
-saputo! In fondo, non sono stato quello che avrei dovuto essere per
-lei... Intendo ciò ch'ella avrebbe voluto ch'io fossi, colle sue idee.
-No, non è mica solo per... per la circostanza che dico così. L'ho
-pensato delle altre volte, specialmente da che conosco lei. Voglio
-dire... È difficile a spiegarsi, ma lei capisce, nevvero?
-
-— Capisco... Credo di conoscervi meglio forse di quanto conosciate
-voi stesso. So di quanto sareste capace, solo volendolo. E di questi
-pensieri, di questo volere, bisogna ricordarsi poi, non è vero?
-
-La sua voce aveva un accento di infinita tenerezza.
-
-Egli l'ascoltava, sorridendo.
-
-— Com'è buona, — le disse poscia colla sommissione d'un fanciullo
-affettuoso. — Sa che le voglio tanto bene?
-
-— Anch'io, Roberto, vi voglio tanto bene.
-
-La voce moriva, incolore, sulle sue labbra.
-
-— Sì — diss'egli, balzando in piedi e con un atto quasi iroso, — mi
-vuol bene... lo so, come a un figlio!
-
-Senza attendere, nè avere risposta, prese a passeggiare in su e in giù
-pel salotto. Parlava ora concitatamente del suo duello, di quanto aveva
-combinato con Serristano; questo, quest'altro colpo. Aveva frequentato
-la scuola di scherma; parlava colla sicurezza di un buono scolaro, col
-sangue freddo di chi è sicuro del fatto suo.
-
-Ella ascoltava, pallida e in silenzio.
-
-A un tratto, Roberto, cessò di parlare. Girellò ancora più volte pel
-salotto, toccando distrattamente libri e gingilli.
-
-Poi con un piccolo brivido nervoso si fermò e disse come a malincuore:
-— Sono stanco!
-
-— Lo credo. Non avrete dormito molto stanotte?
-
-— Affatto. E l'altra notte e la notte avanti, avevo fatto tardi al Club.
-
-Prese il suo cappello, per congedarsi. Ma invece s'indugiò irrequieto;
-poi sedette sur una _chaise longue_, che gli era vicina.
-
-— Come si sta bene qui. Quasi, quasi...
-
-Era realmente stanchissimo, in quell'istante, sotto l'influenza di
-un'improvvisa reazione di nervi. Lo aveva colto un subito, imperioso
-bisogno di riposo e di sonno.
-
-Essa gli andò accanto.
-
-— Volete riposare qui? — gli chiese.
-
-Senz'attender risposta, abbassò alquanto un cuscino che giaceva sullo
-schienale; poi, con atto dolcemente autorevole, posò una mano sulla
-spalla di Roberto e gli disse:
-
-— Riposate.
-
-— Che, che! — replicò il giovane, tentando di reagire contro la
-tentazione dell'invito e la involontaria flessione delle membra. — Ma
-le pare?
-
-Ma poi, come vinto, ubbidì e si allungò alquanto su quel letto
-improvvisato.
-
-Elisa osservò che la guancia di Roberto era a un contatto disagevole
-col ricamo rilevato del cuscino. Con una rapida mossa, come avrebbe
-potuto fare una madre, passò il braccio dietro il capo di lui, lo
-sollevò alquanto, e stese rapidamente sul ricamo il suo fazzoletto di
-battizza.
-
-Poi adagiò sul cuscino la testa di Roberto e gli chiese sommessamente:
-
-— Va bene così?
-
-Egli era già mezzo assopito. Riaperse le palpebre un istante per
-mandare alla Contessa uno sguardo affermativo, pieno di languido
-benessere, mentre la bocca aveva un sorriso vago, quasi infantile. Poi
-si addormentò.
-
-Elisa stette immobile, ritta, accanto a lui, guardandolo.
-
-Un grande silenzio regnava nel salotto. Si udiva da lungi l'eco
-affievolito dei pochi strepiti di via S. Gallo e il sordo ronzìo di
-un moscone, smarrito nei labirinti di seta e di trina, fra le doppie
-cortine applicate alla finestra.
-
-Il respiro del dormente era sì lieve che la Contessa si chinò, per
-udirlo meglio, mentre un pensiero imperlava di sudore la sua fronte.
-Lentamente, inconsciamente, s'inginocchiò al suo fianco.
-
-Così sentiva il suo respiro. Vedeva, tranquilla nel sonno, la poderosa
-forma dai nobili e fini contorni. Il volto era idealmente bello... le
-parve più bello del solito, con quel lieve pallore di stanchezza, colle
-labbra socchiuse sul lucido smalto dei denti, e appena ombreggiate
-all'alto da un disegno più che da una forma di bruni mustacchi. Attorno
-alle lunghe palpebre calate si allargava più diffusa l'ombreggiatura
-delicata, così suggestiva di confusi sensi di passione e di
-sentimento...
-
-— Dio! — mormorò Elisa — com'è bello!...
-
-Non l'aveva mai veduto così bello, non aveva mai compreso come
-in quell'istante la poesia ed il fascino di una giovane e maschia
-bellezza!
-
-Pensò ciò che sarebbe quel volto improntato di un carattere tragico, in
-un sonno più greve, nel sonno che...
-
-Balzò in piedi, con un senso folle di raccapriccio e per un istante il
-suo seno non ebbe respiro.
-
-Scosse il capo, ridendo. Scacciò quell'impressione; poi, di nuovo,
-s'immerse nella contemplazione del dormente.
-
-Sì, era bello... Una festa per gli occhi quel suo aspetto, un calore
-pel cuore la sua compagnia, la sua gioventù, la giovanile allegria del
-suo carattere, delle sue parole. Ah! Dio, era stato crudele per lei!...
-Non le aveva dato nessuno ch'ella potesse amare così, come Tecla amava
-suo figlio. Pure, anche per lei Roberto era un oggetto di inesprimibile
-affetto, ormai! Certo, ella soffriva ora come se egli fosse stato un
-figlio suo, in pericolo di morte.
-
-Poichè era veramente in pericolo di morte, dopo tutto. Un momento,
-un colpo mal parato, una mossa abile di Carisi... Ah maledizione! Ma
-perchè, perchè?... E quegli sciagurati, Serristano e gli altri, che
-non avevano saputo impedire, che discutevano il modo di far ammazzare
-quel ragazzo... E tutto ciò... per una parola, un'inavvertenza! Ah non
-poteva... non doveva essere!
-
-Ebbe un impulso frenetico di far qualcosa, qualunque cosa, per stornare
-il pericolo. Mille confuse suggestioni si urtarono nel cervello di
-quella donna. Scrivere a Serristano, avvertir la Questura, telegrafare
-a Tecla. Ma tosto, per una inevitabile reazione di buon senso, sentì
-quanto tutto ciò fosse impossibile.
-
-Erano ancora i fantasmi della terribile notte insonne da lei passata,
-le insane idee che un istante arrecava e l'altro metteva in fuga.
-Sorrise con una beffarda ironia di sè stessa.
-
-No, la legge mondana voleva così; il pregiudizio, la voce pubblica.
-Se non si batteva, Roberto sarebbe stato un vigliacco. E non lo era...
-no... non lo era! Andrebbe sul terreno e in modo degno di lui, del suo
-nome, dell'amore di... sua madre.
-
-Con uno strano impulso di orgoglio, si chinò ancora su di lui, frenando
-un subito desiderio di accarezzare quella giovane fronte.
-
-Certo, l'avrebbe protetto il sangue freddo che ella aveva sempre
-rilevato nel suo contegno, quella padronanza di sè stesso che gli era
-propria e che pareva tutto propiziargli, tutto semplificare attorno a
-lui. Quella calma gaja dell'esistenza ch'egli pareva quasi comunicare
-anche a lei, mettendo come un riposo, un ambiente più aerato nella
-gravità complicata dei suoi pensieri e delle sue abitudini. Ah com'era
-mutata, in realtà, la sua vita, dacchè Roberto aveva cominciato a
-frequentar casa sua! Che raggio di sole, di gioventù aveva portato con
-sè! Qualcosa di così nuovo, di sì fresco... si dolce...
-
-S'arrestò ad un tratto, nella mente di quella donna, l'irruenza di quei
-pensieri. Le parve notare che Roberto non dormisse più quietamente,
-come poc'anzi.
-
-Così era. Il giovane si moveva di frequente: come se stesse a disagio.
-Lievi contrazioni agitavano i suoi muscoli e non andò guari che le sue
-fattezze assunsero un'espressione angosciata. Evidentemente, lottava
-con un incubo.
-
-Forse per l'inconscio sforzo d'una reazione, si destò ad un tratto.
-Balzò a sedere, aprendo due occhi sgomentati. Lo sguardo errò torbido,
-incerto per la sala, per fissarsi poscia, coll'espressione di chi trova
-uno scampo, sulla contessa Elisa.
-
-Colle mani calde, tremanti, afferrò quelle di lei.
-
-— Oh! son qui... È lei... Domani, nevvero?... domani?
-
-Ella non parve avvertire la confusa angoscia di quella frase. Gli disse
-solo dolcemente:
-
-— Siete qui, Roberto, da me, con me...
-
-Egli era al tutto desto ormai, e aveva raccapezzate le sue idee. Diede
-in un piccolo scoppio di riso.
-
-— Oh, curiosa! Niente, sa? Un sogno, una sciocchezza...
-
-Elisa aveva in quel frattempo liberata una delle sue mani dalle strette
-di Roberto, e tolto dal cuscino il fazzoletto, lo andava passando
-dolcemente sulla fronte del giovane, bagnata di qualche stilla di
-sudore. E l'amorosa voce, tremante, sussurrava quiete, ilari parole
-di conforto e di rimprovero. Certamente, aveva sognato. Bella cosa,
-turbarsi così per un nonnulla!...
-
-Egli ebbe ancora un piccolo brivido, subito vinto. Era stato terribile
-quel nonnulla. Ma era passato. Egli era lì, ora... con lei.
-
-Senza lasciare la destra d'Elisa, afferrò l'altra mano di lei, quella
-che teneva il fazzoletto, e di nuovo le strinse entrambe nelle sue.
-Poi sollevò il volto ed i loro sguardi s'incontrarono da presso.
-Ella, pallidissima, solo intenta a velare l'intima angoscia di quegli
-istanti, lasciava che l'animo suo parlasse dentro i suoi occhi,
-pieni di immensa tenerezza. Ed in quelli di lui era una ineffabile
-espressione di gratitudine e di fiducia, insieme ad una indecisa,
-patetica forma di appello...
-
-Lentamente, come sopraffatto dall'intensità delle lotte segrete
-ch'egli aveva sino a quell'istante saputo dissimulare, Roberto chiuse
-gli occhi, e, a guisa di uno stanco fanciullo, posò il capo sul petto
-della Contessa. Lo sguardo di quella donna ebbe lo smarrimento vago di
-un'estasi. Ella non si risentì nè si ritrasse. Tacque. Ma, sotto il
-morbido rialzo del seno, i violenti battiti del suo cuore giungevano
-all'orecchio di Roberto.
-
-— Ah!... — mormorò questi, quasi inconsciamente, — morire... non
-sarebbe niente. Ma così... nevvero?...
-
-— Così... — sussurrò Elisa, come un'eco lievissima, involontaria.
-
-Ci fu una lunga pausa, di quella pace, di quel silenzio. Niente altro.
-
-Lentamente, come lo aveva chinato, Roberto rialzò il capo. La stretta
-delle mani si sciolse. Egli si alzò e si allontanò. Elisa non lo
-trattenne.
-
-Roberto si recò alla finestra, e, sollevate le cortine, guardò a lungo
-nel giardino. Dal caminetto, dalla pendolina rococò, che tante gaie
-ore di colloquii aveva noverate colla sua voce argentina, venne ora
-l'accento dell'ora tarda, quasi serale, che doveva separare quei due.
-
-Egli tornò indietro e prese il cappello.
-
-— Le cinque, nevvero? Come sono venute presto! Serristano mi aspetterà
-a casa.
-
-— Certo, — disse lei — e vi sgriderà, perchè non avete seguito il suo
-consiglio.
-
-S'arrestò... Sentiva di non potersi più fidare del suono della propria
-voce. Ed era sì pallida ormai, durava a reggersi in piedi una fatica
-così evidente che Roberto ebbe la subita intuizione di ciò che quella
-donna soffriva per lui. Un lampo di fiero, beato orgoglio passò nei
-suoi occhi, ma nel suo cuore destossi in pari tempo una nobile e
-generosa pietà.
-
-— Ha ragione — disse dolcemente. — E Serristano pure. Vado a casa a
-riposarmi davvero. Ma, anche lei, deve promettermi d'esser buona. Non
-voglio che si senta male... sa?
-
-Una bizzarra metamorfosi della situazione pareva aver subitamente
-invertite le circostanze. Era il giovane ora che, colle parole e cogli
-sguardi, infondeva in lei il coraggio e la calma, ella che subiva
-l'impero del sangue freddo di lui.
-
-— Dunque — insistè Roberto — sarà buona?
-
-Elisa chinò il capo, docilmente.
-
-— A rivederci — diss'egli in tuono lieto.
-
-— A rivederci.
-
-Simultaneamente, diedero un rapido sguardo circolare attorno a loro,
-sulle pareti, alle cose del salotto.
-
-Egli proseguì: — Saprà subito, naturalmente, domani. Vedrà che tutto
-avrà un lieto fine. Verrò subito a vederla.
-
-— Certo... l'aspetto.
-
-Egli prese la mano di lei e curvandosi la baciò. Era l'atto solito
-e cortese in cui egli sapeva mettere tanta grazia di omaggio.
-Senonchè stavolta in esso parve riassumersi l'appassionata riverenza,
-tutto l'ardore di gratitudine e di adorazione che irrompevano in
-quell'istante nel cuore del giovane. Ella comprese il significato di
-quel bacio. E quella mano, così baciata, scese poscia lenta con un
-gesto di sublime benedizione, sulla testa chinata di Roberto.
-
-— Andate, Roberto — disse Elisa quietamente.
-
-Egli non rispose. Alzò il capo, la guardò, le sorrise, ed uscì.
-
- . . . . . . .
-
-Ghita, la cameriera della contessa Elisa, entrando la mattina
-susseguente alle otto nella camera della sua signora la trovò già
-alzata. Lo era da parecchie ore. Stava allo scrittoio, ma non scriveva,
-nè si occupava altrimenti. Aspettava, soltanto.
-
-Roberto le aveva detto: «alle sette.» Dunque, qualcosa doveva già
-essere accaduto.
-
-Ma solo verso le otto e tre quarti le fu recato un biglietto
-scarabocchiato a lapis e pressochè illeggibile. Pure, ella lesse:
-
- «Benissimo tutto, scalfittura per ridere. Verrò più tardi.
-
- «ROBERTO.»
-
-Al primo momento Elisa non avvertì di provar nulla; nè gioia, nè
-altro. Una ridda di confuse sensazioni sbalestrò lo spirito di quella
-donna nelle regioni di un cieco indefinito... Poi, d'improvviso, e
-sotto l'impressione di qualcosa che somigliava ad uno spasimo nervoso,
-strinse forte le mani sul petto anelante. E allora soltanto, quasi
-costretta da quell'atto inconsulto, si sprigionò l'esplosione di una
-gioia folle, ebbra! Un senso di trasporto inenarrabile si tradusse con
-un sol grido, con una sola parola:
-
-— Roberto!
-
-D'un balzo, Elisa fu allo scrittoio, ne strappò la lettera destinata a
-Tecla.
-
-Con un breve, rauco scoppio di risa la gettò nel caminetto, sulla
-brace incandescente. La lettera si contorse dapprima senza ardere, con
-degli scatti di vipera ferita a morte. Poi si avvolse d'un denso fumo
-bianchiccio, poi, con un subito lampeggiar di fiamma, si accese. Oh! lo
-splendore di quella vampa, di quelle lingue di fuoco che mordevano la
-carta, che cancellavano quelle parole...
-
-E allora bruscamente, improvvisamente del pari, qualcosa, un'altra
-luce, un'altra fiamma, divampò nel pensiero di Elisa. Qualcosa ch'era
-nella sua gioia, oltre la sua gioia, che rivelava al suo pensiero tutto
-un fatale mistero di sè stessa, che spiegava tutte le complicazioni
-dell'agonia ch'ella aveva vissuta nelle ore scorse. Nella mente,
-nell'animo si fecero strada una certezza, un istinto irrecusabili. Ella
-si dibattè un istante contro lo sgomento supremo di quella rivelazione,
-si rifiutò al terrore di quel vero, spietato, incalzante! Ma solo un
-istante. Comprese a un tratto, brutalmente, che ella amava Roberto, e
-_come_ lo amava.
-
-— Ah! — gridò — misera me!...
-
- *
- * *
-
-Verso le cinque di quello stesso giorno, invece di Roberto si fece
-annunziare dalla contessa Elisa il marchese Geri di Serristano. Elisa
-ebbe un secondo di terrore. Che c'era di nuovo? Perchè lui, anzichè
-Rescuati?
-
-Serristano la rassicurò. Roberto era in realtà lievemente ferito ad un
-braccio. Pel sorvenire di un piccolo accenno di infiammazione e solo
-per misura precauzionale, il dottore aveva ordinato qualche giorno di
-letto.
-
-Strano a dirsi; la Contessa provò quasi un senso di sollievo, udendo
-che non avrebbe avuta occasione di veder subito Roberto. Il cuore ha
-talvolta di questi bizzarri controsensi; li ha più spesso che non si
-creda.
-
-Elisa ascoltò con attenzione il particolareggiato racconto del
-duello. La vertenza era stata esaurita secondo le regole della più
-stretta cavalleria. Erano state bene interpretate le consuetudini e
-rigorosamente osservate; i due giovani s'erano condotti benissimo. Non
-era stato un duello facile; l'irritazione visibile di Carisi e la sua
-valentia di schermidore napoletano (era allievo di Parise) lo rendevano
-formidabile per l'inesperienza del giovane Rescuati. Ma questi aveva
-a suo pro un mirabile sangue freddo, e si era felicemente giovato
-delle sue cognizioni tecniche, rendendo all'avversario, pel colpo
-d'avambraccio ricevuto, un buon colpo di bandoliera.
-
-— Ma non grave... speriamo — disse vivacemente la Contessa.
-
-— Oh no! per fortuna. Un mesetto di cura e basta. E non è per cagion
-sua se non si è buscato di peggio. Si sarebbe detto che ci teneva a
-farsi accoppare... Forse ci teneva, per l'appunto.
-
-— Povero giovane! — mormorò Elisa.
-
-— Le prime trattative — continuò Serristano — dimostravano in lui
-l'intenzione che il duello avesse luogo in condizioni assai più
-gravi. E se le cose avevano potuto assumere un'indole più mite, non
-era difficile attribuirle all'intervento di una volontà benefica e...
-femminile.
-
-— Ah! — sclamò Elisa — la duchessa d'Accorsi!
-
-Subito si morse le labbra e una confusione penosa si fece palese sul
-suo volto.
-
-— Cioè, — mormorò — non voglio dire... è una mia supposizione...
-
-— No, — disse Serristano, sorridendo — è per molti, come per lei,
-un convincimento, che non manca di una base plausibile... Si può
-sbarazzarsi con spirito di un passato che non ha più ragione d'essere,
-e in pari tempo adoperarsi perchè di questo passato non rimanga il
-corollario di una tragedia. Ora, la curiosità pubblica sarà eccitata
-dalla probabilità della rottura delle nozze di Carisi.
-
-— Ah! ella crede?...
-
-— Lo desidero per Carisi. Il conte Rescuati ha espresso, nella frase
-sfuggitagli, l'opinione che sta in fondo a tutte le coscienze oneste. E
-la duchessa d'Accorsi assume facilmente delle gravi responsabilità.
-
-Elisa tacque un istante. Poi disse, come se parlasse a sè stessa,
-anzichè a Serristano:
-
-— L'amore è sempre una responsabilità.
-
-L'accento di Elisa era sì grave, ella pareva sì profondamente assorta
-nel senso di quelle parole che Serristano la guardò meravigliato. Ella,
-che non soleva mai parlare di queste cose.
-
-— Certo... — ripetè Elisa come un'eco, — se ama davvero.
-
-Ancora, nella sua voce sommessa, vibrava la peculiare, inesplicabile
-coloritura dell'accento.
-
-Serristano pensò un istante: — Cosa c'è in quella voce? Una curiosità o
-un segreto?
-
-Dopo un momento, s'alzò per congedarsi.
-
-— La contessa Rescuati — gli disse Elisa — non è ancora stata informata
-dell'accaduto. Il suo delicato stato di salute e la cognizione
-di alcune sue opinioni personali sul duello ci hanno dissuasi dal
-recarle sì grave scossa. Ma io credo di poter esprimere in suo nome
-il sentimento d'altissima gratitudine che ella, edotta del fatto,
-proverebbe per chi, come lei, ha, in così grave circostanza, sì
-amorevolmente assistito suo figlio.
-
-Serristano si chinò commosso: — Non ho fatto che il mio dovere. So di
-dovere a lei, Contessa, l'onore di essere stato scelto a padrino del
-conte Rescuati, e di cuore ne la ringrazio, poichè il suo consiglio
-mi ha procurato la compiacenza d'essere utile ad un giovane tanto
-simpatico e che ha saputo condursi tanto bene in questa prima e
-difficile prova.
-
-Essa chinò il capo, assentendo. E sul suo volto si diffuse una subita
-misteriosa bellezza, un non so che di ideale, che parve trasfigurarla.
-Non pensava a sè in quel momento, pensava solamente a Roberto.
-
-Ancora Serristano chiese a sè stesso: — Ma cos'ha quella donna?
-
-Questo aveva soltanto: l'amore!
-
- *
- * *
-
-Fu per tutta Firenze un grande avvenimento questo del duello fra
-Rescuati e Carisi, e ne accrebbe non poco la simpatia di cui già godeva
-il primo. Da qualche tempo in qua, il poeta montanaro aveva spiegato
-un carattere nuovo e sgradito, un fare beffardo, diverso dall'antica
-spigliatezza, che gli aveva conciliata dapprima tanta benevolenza.
-Lo spirito suo s'era mutato in critico e mordace, e bisognava stare
-attenti, quando si parlava con lui, per non farsi canzonare. E il
-suo progettato matrimonio, benchè non unico esempio di transazioni
-poco consentanee ad un vero sentimento di dignità e d'indipendenza
-personale, benchè alcuni trovassero, in qualche basso fondo delle
-proprie segrete aspirazioni, un sospiro d'invidia pei vantaggi
-materiali di esso, non era certo tale da conciliare a Carisi l'aperto
-plauso dei più. Che fosse opera della Duchessa, ciò non meravigliava
-guari. Anzi... era consono al suo carattere. Anche dopo aver spezzati
-i vecchi trastulli, ella si divertiva talvolta a serbare una certa
-tal quale giurisdizione sui rottami e a disporne a suo grado. Era anzi
-una delle sue speciali prerogative, e convien dire ch'ella avesse una
-straordinaria e prestigiosa abilità per coonestare la sistemazione
-di oggi coll'accaduto di ieri, poichè le cose finivano sempre
-coll'accomodarsi in un modo ovvio, ragionevole, vantaggioso insomma;
-quasi onorevole. Ed era tanto tempo che le cose camminavano così per
-quella privilegiata fra tutte le donne!
-
-Il torto marcio l'aveva avuto lui, Carisi, con quella sua
-improntitudine di saltar fuori, così a sproposito, dal suo
-nascondiglio!... C'era; poteva starci quieto sino alla fine, invece di
-disturbare la gente a quel modo. Lo doveva pur sapere cosa pensavano
-di lui e del suo matrimonio! Ed era imperdonabile di esser rimasto
-senza appalesarsi, celato in quel terzo di _pâtè_ traditore, testimonio
-indiscreto di un colloquio, (oh... la Duchessa aveva detto delle cose
-tanto carine, a questo proposito!) un colloquio che pareva assai bene
-avviato... E quella scenata in casa della Duchessa e quell'accanimento
-così sragionevole!... Mentre invece Rescuati era stato addirittura
-splendido. I padrini suoi e di Carisi n'erano rimasti incantati:
-Carisi stesso aveva resa giustizia all'inappuntabile contegno del suo
-avversario. Insomma, era un coro di lodi e un trasporto generale di
-simpatia e Roberto aveva toccati tutti gli onori della giornata.
-
-Speroni era, s'intende, a capo degli entusiasti. Già, l'aveva
-consigliato lui, benchè in forma non ufficiale. In realtà l'aveva
-seccato a morte coi suoi frivoli consigli, ma, ora che le cose erano
-andate bene, s'intende che il merito era suo. Infatti fu lui a proporre
-una piccola unione e sottoscrizione di amici per festeggiare il
-battesimo d'armi di quel caro Bertino, con un punch d'onore da Giacosa.
-
-La peregrina idea fu accolta con plauso, e riescì una cosa
-piacevolissima... per gli amici. Ma non da Giacosa ebbe luogo la
-geniale e chiassosa riunione, bensì nel piccolo appartamento occupato
-da Roberto in via dei Serragli. L'eroe della festa non poteva uscir
-di casa. La sua ferita, benchè già chiusa, s'era fatta rossa assai,
-e un gonfiore s'andava levando attorno alla cicatrice. Il braccio
-era dolente e doveva esser recato ad armacollo. Il medico volle che
-Roberto rimanesse a letto, poichè s'era dichiarata un po' di febbre.
-Nel salotto attiguo alla camera da letto, e accanto all'immenso
-_bol_ fiammeggiante, Speroni si investiva della sua duplice parte di
-iniziatore della festa e di rappresentante del festeggiato. Era un
-chiasso indiavolato, e Roberto avrebbe volentieri mandati al diavolo
-quegli allegri compagni, immemori del mal di capo che gli martellava le
-tempie. Non gli parve vero quando se ne andarono, rinnovando strette di
-mano, proteste d'ammirazione d'amicizia. E il male è che promettevano
-di tornare, alla spicciolata, per tener compagnia a quel simpaticone
-di Roberto. Ma il buon volere della gaia brigata si urtò l'indomani
-nel veto assoluto del medico, che esigeva pel malato la calma e la
-solitudine. S'era dichiarato un flemmone al braccio ferito.
-
-La sera stessa del giorno in cui aveva avuta da Serristano la relazione
-del duello di Roberto, la contessa Elisa aveva mandato il suo vecchio
-Andrea a prender notizie del conte Rescuati. E così di seguito sera e
-mattina, per parecchi giorni, sino a che le giunse il referto di questo
-flemmone... Quel nome le fece un senso bizzarro di terrore. Si ricordò
-di un domestico di suo padre, che, in seguito appunto ad un flemmone,
-era stato gravemente malato. E una grave lotta cominciò nel suo cuore,
-già tanto travagliato.
-
-La luce improvvisa che s'era fatta nell'animo suo l'aveva profondamente
-sconvolta. Ella si dibatteva in un mare di terrori e d'angoscie,
-dalle quali la sollevava solo a volte ed artificialmente l'illusione
-di essersi ingannata, o la determinazione presa con una specie di
-energia disperata di annientare coll'opera, col fatto, colla propria
-azione sull'animo suo l'effetto di quella funesta rivelazione... No...
-non sarebbe... perchè non doveva, non poteva essere! Ella vincerebbe
-prontamente quella inesplicabile, quella fatale debolezza, che l'aveva
-colta a tradimento! A volte un rossore profondo saliva alle sue gote,
-un'indignazione contro sè stessa le mordeva il cuore nel rimorso della
-sua imprudenza, nella coscienza della sua fiacchezza, nella derisione
-di ciò ch'ella aveva creduta la sua invulnerabilità! Sì, ella aveva
-passata una quasi intera esistenza scevra di passioni, di pericoli,
-nella calma austera d'un ambiente esclusivamente intellettuale, nello
-sprezzo tacito ed intimo di tutto ciò che si attiene al disordine,
-all'eccesso dei sentimenti, alla sregolatezza delle passioni, per
-giungere poi ora, in ritardo, tanto fuor di luogo, fuor di tempo... a
-soffrire così... in quel modo sì inatteso, sì terribile e, dopo tutto,
-sì inutile!
-
-Poichè a lei il sacrificio soltanto parve l'ultima parola di quella
-sciagurata scoperta. Non pensò ad altro...
-
-Iddio fa un dono immenso ad una donna quando le dà, per angioli
-custodi, il criterio ed il buon senso. Ma, quando la fatalità,
-l'imprudenza, ovvero la purezza stessa di questa donna, l'hanno esposta
-ad un pericolo ch'ella non ha saputo prevedere e ch'è più forte di
-lei, allora... oh, allora gli angioli custodi diventano due carnefici
-e i più spietati, che vendetta divina possa aver mai messi a fianco
-d'una umana esistenza. Con questi carnefici ella era dunque alle prese,
-quando una lettera di Tecla venne a vieppiù turbare l'animo suo.
-
- *
- * *
-
-La contessa Rescuati aveva avuto da suo figlio una lettera, in cui egli
-le diceva succintamente dell'accaduto e del suo malessere attuale.
-
-Malgrado le assicurazioni fattele da Roberto, ella era in grave
-pensiero per lui. Sarebbe venuta immediatamente a Firenze, ma
-l'infermità di cui soffriva ella stessa s'era siffattamente inacerbita
-in quel tempo che i medici non le permettevano di lasciare il letto.
-Supplicava Elisa di recarsi presso suo figlio, e di renderle esatto
-conto dello stato di Roberto. Se no... ella riterrebbe il silenzio
-di lei quale una tacita conferma dei suoi terrori, e partirebbe... a
-qualunque costo.
-
-La contessa Elisa aveva contezza precisa della malattia nervosa, che
-complicata da gravi affezioni reumatiche, aveva fatto della contessa
-Rescuati una povera invalida. Ravvisò nella lettera un'agitazione che
-Roberto non aveva certamente creduto di eccitare a tal grado, e pensò
-che, oltre ai rischi del viaggio per Tecla stessa, la visita di una
-donna sì evidentemente turbata d'animo non avrebbe certo giovato alla
-calma richiesta dallo stato di Roberto. Si ricordò che aveva promesso a
-Tecla di far le sue veci presso il figliuolo. Imprudente... ah, quanto
-imprudente... ma pur sacra, quella promessa!
-
-Passò un'ora, sola, in camera sua, in intima communione con sè stessa,
-di fronte all'esatta idea di ciò che doveva essere la sua linea di
-condotta. Alle più virili facoltà dell'animo suo chiese consiglio.
-L'ora susseguente la trovò calma e risoluta nella sua determinazione.
-
-Si vestì, e fece attaccare il suo _coupé_. Passò all'Ufficio
-telegrafico e vi lasciò un telegramma per Tecla, così concepito:
-
- «Rassicurati. Nessun pericolo. Mi reco presso Roberto; scriverò
- ogni giorno. In tutto e per tutto, abbi calma a fiducia.
-
- «ELISA.»
-
-Un quarto d'ora dopo, il suo _coupé_ si fermava al portone della casa
-ove dimorava Roberto. Ella diede ordine al cocchiere che ripassasse fra
-tre ore.
-
-Salì la scala angusta che metteva al piccolo appartamento di Roberto,
-indicatogli dalla portinaia. Non ebbe d'uopo di suonare il campanello.
-Il cameriere era uscito, lasciando l'uscio socchiuso. Ella penetrò
-in una piccola anticamera, e di là in un salottino; tipo, a lei nuovo
-affatto, dei salotti di appartamenti ammobigliati. Non era certo dei
-peggiori, poichè Roberto pagava una elevata pigione, ma allo squisito
-gusto della Contessa, alla sua assoluta abitudine di ricercate eleganze
-intime, tornò alquanto ingrata la vista di quella stanza senz'alcun
-carattere proprio, coi mobili di velluto stinto, col volgare addobbo,
-privo di stile, colla convenzionalità plateale degli accessori. Un
-odore stantìo di fumo di sigarette riempiva l'ambiente, oscurato dal
-giallore polveroso delle cortine. Nel caminetto era spento il fuoco;
-sui tavolini, sulle odiose _consolles_ dorate s'era adagiato un alto
-strato di polvere.
-
-Elisa si arrestò esitante, colpita da uno nuovo e bizzarro sgomento
-dinanzi ad una porta che suppose dovesse condurre alla camera da letto
-di Roberto. Il cuore le batteva forte, mentre ella batteva dolcemente a
-quell'uscio...
-
-Uno stizzoso abbaiare di piccolo cane le rispose dall'interno.
-Ella attese invano, ripetendo colla nocca delle dita guantate la
-domanda d'ammissione. Per un istante un desiderio la colse, quasi
-irresistibile, di non insistere, di tornare indietro. L'abbaiamento si
-ripetè più irritato che mai, ma ad esso si unì un fioco _avanti_, che
-troncò l'esitazione di Elisa.
-
-Aperse e s'inoltrò nella stanza.
-
-Roberto s'era rizzato a sedere sul letto. Era acceso in volto e si
-sosteneva penosamente sul braccio sano.
-
-Ella si fermò un secondo ancora sull'uscio... Ma egli aveva avuto,
-vedendola, un'esclamazione di gioia sì viva, sì irrompente che ogni
-dubbio cessò in lei. Si avanzò dolcemente sino al suo capezzale.
-
-— Sono qui — disse con grande semplicità. — La mamma è inquieta ed io
-le ho promesso di far le sue veci.
-
-Il cane, che Roberto aveva fatto tacere con una energica scopola, s'era
-rifugiato sul copripiede del padrone, e di là, raggomitolato nella
-sua bellissima pelliccia bianca di lupetto, guardava sagacemente,
-studiandola, quella nuova visita capitata al padrone. Ma dopo un
-istante, soddisfatto del suo esame, cessò di brontolare. Depose il muso
-appuntato fra le zampette e chiuse gli occhiuzzi sagaci, pensando che
-poteva dormire tranquillo. E non aveva torto quel monello di Arnetto.
-Il suo istinto non lo ingannava. Molti potrebbero trovare ch'egli fosse
-un cane stranamente illuso, giudicando dalle circostanze... Ma no, per
-l'appunto.
-
- *
- * *
-
-Il flemmone si dichiarò davvero e quel povero braccio di Roberto
-divenne enorme. Il giovane era vinto ormai, sbattuto da quella febbre
-che lo teneva desto talvolta per notti intere, lasciandolo poi in uno
-stato di abbattimento e di semi-torpore che contrastava stranamente
-coll'irrequietezza d'altri momenti. Non era un malato cattivo, nè
-intollerante del male, ma si seccava molto della forzata dimora a
-letto, delle ore solitarie che gli parevano sì lunghe, mentre le idee
-sfilavano rotte, confuse, come una processione scompigliata da un
-uragano, in quella sua bella testa febbricitante. Si trovava male, a
-disagio, in quell'appartamento ristretto, privo delle comodità, delle
-eleganze a cui era abituato a casa sua.
-
-In tempi normali egli passava ben poche ore della giornata in quelle
-stanze un po' scure, un po' malinconiche, ma ora soltanto, dacchè
-non poteva lasciarle, avvertiva quanto gli fossero antipatiche. Il
-suo domestico fiorentino lo serviva bene e con una certa specie di
-zelo, ma era giovanotto anche lui e colla testa un po' all'aria, e
-volentieri, quando lo supponeva addormentato, scendeva chiotto chiotto
-per andare a far quattro chiacchiere dal tabaccaio del canto o coi
-cocchieri di una vicina rimessa di vetture. Un altro domestico, fissato
-per la circostanza, era un fior d'imbecille. L'infermiere, mandato da
-Serristano, aveva una faccia color di gambero e dei capelli rossi. Ora,
-Roberto nutriva un odio speciale pei capelli rossi! Non voleva dirlo
-a Serristano e si faceva continuamente delle ammonizioni; ma tant'è,
-la notte, alla luce incerta della _veilleuse_, quella zazzera rossa
-chinata per lo più, perchè l'uomo scordava talvolta di star desto, gli
-faceva l'effetto di un incubo.
-
-Non aveva punto deplorato il veto opposto alla buona volontà di
-Speroni e C.i di tenerlo allegro durante la sua malattia. Le poche
-visite di quella lieta brigata gli avevano lasciata una testa tanto
-fatta. Ma paventava ancor più le visite che ogni tanto si credeva in
-dovere di fargli la sua padrona di casa, una vecchia pinzocchera, che
-voleva guarirlo a modo suo, facendogli fare una novena a S. Bobi, e
-consigliandogli perennemente i rimedi del dottor Pagliano.
-
-Serristano veniva ogni tanto a vederlo e le sue visite liete e
-confortanti erano care a Roberto. Anche il medico curante era un
-simpatico giovane, che sapeva il fatto suo e aveva presa grande
-simpatia per lui; ma aveva una clientela estesissima, non poteva
-fermarsi da lui che il tempo strettamente necessario e a Roberto le
-giornate, come le notti, parevano eterne. Non era stato mai malato
-fuori di casa, e, ricordando in quali condizioni si era altre volte
-presentato un tal caso, quante e quali cure gli avessero prodigate in
-famiglia la madre, i nonni, i dipendenti; un confronto si presentava,
-triste, alla sua immaginazione, e una grande malinconia s'impossessava
-di lui, mentre cercava dissimularla agli altri e a sè stesso quanto
-poteva. Pensava con infinito desiderio alle sue allegre passeggiate,
-ai lieti ritrovi fiorentini, ma più ancora al salotto della Contessa.
-Nella sua solitudine e nell'eccitamento della febbre, pensava molto
-anche a lei. Non avrebbe certo osato chiederle di venire, ma quando
-vide accostarsi al suo letto quella persona sì elegante e sì gentile,
-quando vide chinato maternamente sul suo quel volto un po' sbattuto
-dalle passate angosce, ma pur così dolce a vedersi, nella sollecitudine
-e nella tenera pietà dello sguardo, quando sentì posarsi sulla fronte
-greve ed accaldata quella mano morbida e fresca, dalla delicata
-epidermide, egli non la sgridò d'esser venuta. La ringraziò soltanto,
-baciandole la mano e si abbandonò come un figlio, col senso di una
-sicurezza, di un benessere al tutto nuovi in lui, alle cure di quella
-donna. Non pensò ad altro. Poi, lo sappiamo, pensare non era il suo
-forte.
-
- *
- * *
-
-La cosa fu presto organizzata e in questo modo:
-
-La mattina per tempo Elisa gli mandava Andrea, il quale, ammesso
-nella camera di Roberto, stava a sua disposizione per due ore circa,
-assistendo alla prima visita del medico, tanto da poter fare il suo
-rapporto alla Contessa. Verso le tre, capitava ella stessa e alle
-quattro veniva il dottore per la seconda visita, ed ella conferiva con
-lui.
-
-Poi il medico se ne andava ed ella prolungava la sua dimora per qualche
-po'.
-
-Roberto amava specialmente quei momenti, in cui egli sentiva tanto
-benefica, tanto placatrice l'influenza di quella donna. Ella parlava
-poco, si muoveva pochissimo, non aveva nessuno di quei zeli incomodi,
-di quelle insistenze crucciose che esasperano talvolta i malati, ma
-senza ch'ella facesse gran che, tutto pareva farsi più facilmente
-e meglio da che c'era lei. La camera stessa, quell'uggiosa camera
-volgare, pareva avere acquistato un nuovo carattere. Ella aveva fatta
-qualche alterazione nell'ordine dei mobili e degli accessori, recato
-qualche ninnolo, distribuita meglio la luce, disposto nei vasi qualche
-fiore senza profumo. Le sue visite erano inesprimibilmente care a
-Roberto, avrebbe voluto che non cessassero mai. Ma ella se ne andava
-invariabilmente quando nella camera calavano le prime ombre della
-sera. Ed egli, col rammarico di vederla partire, pensava dolcemente al
-domani. I suoi pensieri di malato non erano più inquieti, erano pieni
-d'abbandono e di una vaga spensieratezza beata.
-
-La sera veniva Serristano, ma neppur egli faceva tardi, e, uscendo
-dall'abitazione di Roberto, soleva per un istante recarsi da Elisa
-a darle un piccolo resoconto finale. Ovvero, lo faceva incontrandola
-in società dove la Contessa doveva pure qualche volta fare un po' di
-comparsa e dove udiva chiedere sempre con molto interessamento della
-salute di Roberto Rescuati.
-
-Prima di coricarsi, scriveva a Tecla. Era molto stanca quando si
-coricava. E dopo aver fatto uno stretto esame di coscienza, prima di
-addormentarsi e pur già come in sogno, pensava anch'ella dolcemente:
-domani....
-
- *
- * *
-
-— Oh! Oh! — esclamò Speroni un giorno in cui, uscendo dalla portineria
-ove era stato a chieder notizie di quel caro Roberto, si imbattè, sulla
-soglia, colla contessa Elisa; la quale era tranquillamente avviata, non
-alla portineria, ma verso le scale.
-
-La Contessa non faceva mistero alcuno delle sue visite. Non osservò
-neppure l'aria stolidamente attonita di Speroni, nè la mossa incerta
-ed imbarazzata colla quale egli la salutò. Aveva fretta di salire quel
-giorno; il riferto d'Andrea non l'aveva al tutto soddisfatta, e sapeva
-che il medico deciderebbe dell'opportunità di operare il flemmone.
-Salutò con evidente distrazione, e salì.
-
-Speroni la lasciò salire. Attese un istante per vedere se, avute
-informazioni più immediate dal domestico di Roberto, sarebbe ridiscesa.
-Attese a lungo anzi, con una gran paura che la Contessa ritornasse
-subito.
-
-Ma no... Trascorse quasi un quarto d'ora, ed egli cominciò a gongolare.
-Una soddisfazione sincera ed ignobile si dipinse sul suo volto... Ora,
-era certo del fatto suo. Ma che _toupet_ aveva quella donna!
-
-Speroni amava far visite. Era ciò che gli inglesi chiamano a _lady's
-man_, un uomo da signore. L'espressione è bizzarra e da noi assumerebbe
-troppa varietà d'aspetti per essere facilmente adottata. Nel caso
-di Speroni, per esempio, avrebbe definito un uomo che della società
-delle signore avesse esclusivamente assorbite e fatte sue tutte le
-piccole viltà, le piccole cattiverie, i piccoli ignobili accanimenti
-che potessero mai, per avventura, lievemente adombrare lo splendore
-complessivo del carattere femminile, considerato da tutti i lati del
-poliedro.
-
-Perciò Speroni provò subito un bisogno immenso di trovarsi fra delle
-signore e di farle divertire un pochino. Se si scandalizzavano, erano
-delle sciocche; se arrossivano, delle ingenue; se ridevano, delle donne
-di spirito. Se qualche volta toccava un'aspra o ben azzeccata risposta,
-rideva anche lui, ch'era un uomo di spirito alla sua volta. E, ad ogni
-modo, la novità era in corso e per merito suo.
-
-Quel giorno cominciò a far visite ad ore impossibili e siccome ad
-ognuna non dedicava che poco tempo, quello necessario per narrare la
-sua «novità» e raccogliere il primo fiore dei commenti che suscitava,
-è facile credere ch'egli fornì in quel giorno una discreta carriera di
-visite. Erano solo le cinque e mezzo quando giunse da Mrss Glengham e
-in tempo pel suo _five o clock tea_.
-
-Mrss Glengham era un'americana ultramilionaria alla quale non conferiva
-troppo l'aria circolante per tutta quanta l'atmosfera del Nuovo Mondo.
-Era un'aria troppo vibrata per i suoi polmoni, malati, poverini! La
-duchessa d'Accorsi le aveva accordata la sua protezione, e l'aveva
-sovvenuta dei suoi consigli sul modo da seguire perchè la società
-fiorentina aiutasse la buona signora a sbarazzarsi d'una incomoda
-pletora di quattrini, i quali non avrebbero forse, sul luogo della
-propria origine, osato mostrarsi sì bellamente alla luce del sole.
-
-Aveva già dato parecchi gran balli, dei pranzi di gala e delle
-_soirées_ intime, alle quali gli invitati si divertivano immensamente;
-anche un pochino per le _toilettes_ della padrona di casa e per
-gli spropositi che le facevano piacevolmente dire in italiano. Si
-divertivano assai delle malinconiche passeggiate, alla ricerca di
-un cantuccio quieto, del padrone di casa. Mr Glengham non capiva una
-parola di italiano, e aveva il «porter» malinconico e amico dell'ombra.
-Lo si trovava ordinariamente a cose finite, addormentato su un
-divano, o anche sotto qualche tavolo, d'onde poi era difficilissimo il
-persuaderlo ad uscire.
-
-I _five o clock teas_ di Mrss Glengham erano sempre molto frequentati.
-Quel giorno, c'era folla. C'era la duchessa d'Accorsi colla figlia,
-della quale si diceva ormai con molta insistenza che fosse davvero
-invaghito il Principe regnante di Hetzengenfeld; invaghito al punto
-di pensare sul serio a sposarla! Ah se faceva questo la Duchessa, se
-ci arrivava... chi avrebbe potuto negarle l'omaggio di una sconfinata
-ammirazione?
-
-Il salotto era affollato e ad ogni istante capitavano nuove visite,
-che rendevano necessari spostamenti di gruppi e allargamenti di
-circoli. In mezzo alle ricchissime, ma semplici e scure acconciature
-da passeggio delle visitatrici, spiccava la stravagante e fantastica
-_toilette d'intèrieur_ che Mrss Glengham si credeva in diritto di
-sfoggiare ai suoi ricevimenti di giorno. Era qualcosa di splendido e di
-grottesco ad un tempo e lo squisito taglio Vatteau di quella creazione
-di Worth faceva assolutamente a pugni colla tozza, enorme corpulenza
-della donna che l'indossava e che aveva creduto di completarne
-l'intonazione capricciosa colla innovazione d'un _foulard_ alla creola,
-negligentemente stretto attorno alla propria zazzera ribelle, che si
-ostinava a proclamarsi nera, sotto una generosa tintura d'aurocrome. Ma
-tutti stavano serii davanti a quella stonatura stridente, e il coraggio
-civile di fargliene i complimenti non mancò a qualcuno. Ed ella era
-felicissima, contenta di sè e degli altri, gongolante per il novero
-straordinario delle tazze di thè che avevano in quel giorno irrorati i
-petti di tanti rappresentanti dell'_high-life_ fiorentina.
-
-A questa gradita sì, ma accaparrante occupazione, ella doveva pure
-ogni tanto frapporre qualche pausa di riposo; ed allora la sostituiva
-al tavolo da thè, qualche visitatrice di buona volontà e fra le
-signorine specialmente si spiegava un gaio zelo di aiuto. Così fu
-che Marina Negroni, vedendo a un dato momento un po' intralciato il
-servizio, si offrì a far circolare le tazze e cominciò col recarne
-di qua e di là, secondo l'occorrenza: cosa non molto facile con tutta
-quell'agglomerazione di gente e di mobili. Ma ella seppe destreggiarsi
-benissimo, e aveva quasi sbrigato il suo incarico, quando giunse presso
-un gruppo di signore e di giovanotti, in mezzo ai quali Neri Speroni
-narrava, come già l'aveva narrata tante volte in quel giorno, la sua
-famosa avventura del mattino.
-
-Così n'ebbe piena contezza anche Marina Negroni, mentre aspettava,
-sorridendo, con una tazza di thè in una mano, con un adorabile
-bricchettino di Boemia, per la panna, nell'altra. E udì pure al centro
-del gruppo alzarsi la voce stridente di sua madre. Ella difendeva Elisa
-e canzonava Speroni.
-
-— Mio caro, siete uno sciocco. Da quando in qua si dicono di queste
-cose? Può essere una cosa naturalissima. Rescuati è stato raccomandato
-a quella cara Elisa, e lei, che gli ha fatto sin qui da istitutrice,
-ora gli fa da infermiera. È nell'ordine.
-
-— Ma come, come? — ribatteva energicamente Speroni, che per nulla al
-mondo avrebbe rinunziato a ciò che egli riteneva il valore intrinseco
-della sua novità — come interpretare altrimenti... E poi già, si sa,
-egli ci andava tutti i giorni sin da prima. Del duello, non si è mai
-potuto appurare la causa reale. E noi, che per tanto tempo abbiamo
-creduto... poveri gonzi!...
-
-— Parlate per voi, — interruppe Ginevra, con una sì insolente e fina
-espressione di canzonatura che tutti si misero a ridere — e lasciate
-stare Elisa Serramonti, se vi piace. Sapete che non vi può vedere
-dipinto. Ovvero, provate a battervi e rovinarvi un braccio per vedere
-se Elisa viene a farvi da suora di carità. Ha tanto buon cuore, sapete!
-
-La sortita della Duchessa ebbe un effetto di plauso e di risa che finì
-di annichilire il povero Speroni. Ma un altro effetto ebbe ancora. Che,
-pur difendendo generosamente la sua amica Elisa Serramonti, la duchessa
-d'Accorsi riuscì ad imprimere nell'animo de' suoi uditori l'impressione
-assoluta della realtà di ciò che egli, Speroni, aveva solo voluto
-insinuare.
-
-Una delle signore componenti il gruppo si voltò, avvertendo qualcuno
-dietro di sè.
-
-Era Marina colla sua tazza di thè, un po' oscillante, fra le mani, ma
-con un gentile sorriso d'invito.
-
-— Con panna, nevvero, cara Sofia?
-
- *
- * *
-
-— Adesso — disse Elisa lietamente — siete proprio guarito.
-
-— Le pare? — rispose Roberto dal seggiolone ove stava affondato,
-avvolto in una vesta da camera orientale, che gli dava un aspetto
-singolare, niente affatto disdicevole al suo tipo bruno e delicato.
-
-— Mi pare ed è — replicò la Contessa. — Lo ha proclamato il dottore. Un
-po' di pazienza ancora e il braccio al collo per un po' di tempo e poi
-starete benone e non vi sarà più traccia delle vostre campagne.
-
-Scherzava, ma aveva in cuore un'angoscia segreta, il pensiero che per
-l'ultima volta ella era venuta a trovare Roberto in casa sua.
-
-Roberto taceva. Sapeva anch'egli che, dopo quel giorno, non sarebbe più
-tornata.
-
-— Vorrei essere ancora malato!... — disse con un sospiro.
-
-— Bravo... Mi rallegro. Bell'onore fate alla vostra infermiera! al
-dottore, a tutti quanti. E non vi bastano trenta giorni di dolori,
-febbre, tagli, chinino e compagnia bella?
-
-— Sì... — diss'egli. — Ma c'era lei...
-
-Elisa scosse il capo ridendo.
-
-— Ma io ci sono sempre, Roberto; non scappo mica. Fra qualche giorno
-verrete a trovarmi, e riprenderete la vostra vita solita. A proposito,
-sapete che siete l'eroe del giorno? Vi preparano delle ovazioni. Sarete
-perseguitato dall'entusiasmo generale, non vi lasceranno in pace.
-
-— Mi pare ch'ella canzoni alquanto, cara Contessa, — disse placidamente
-Roberto.
-
-— Ma che, — protestò Elisa, — non canzono affatto. Ve ne accorgerete. E
-bisogna che vi spicciate di tornare all'onor del mondo. Il carnevale è
-agli sgoccioli.
-
-— Come... è già finito il carnevale?
-
-— Quasi; era breve quest'anno. Ma è stato brillantissimo. Lo pensavo
-sempre quando mi trovavo alla sera ad una festa: se ci fosse Roberto...
-
-— Ah! pensava... Allora dunque pensava a me anche quando era nel mondo,
-quando non era qui?
-
-Sul volto di lui era un sorriso tenero e beato, e la guardava con una
-espressione, involontaria forse, ma che a lei faceva sempre l'effetto
-di un brusco richiamo all'idea di un grande pericolo e di un grande
-dovere.
-
-Ella sentì un moto più rapido dei battiti del cuore. Ma si attenne al
-sistema adottato. Ignorare...
-
-— Certo, rispose semplicemente — Perchè no?
-
-E prese a narrargli, col suo fare sciolto e quieto, i particolari delle
-ultime feste, quanto aveva in esse attirata l'attenzione dei curiosi.
-Il pettegolezzo non era il suo forte, ma ella sapeva, narrandolo, dare
-all'episodio di società un colore originale e divertente.
-
-Egli l'ascoltò, interessandosi a quanto ella diceva. Senonchè, a
-volte l'attenzione dello sguardo pareva assorbita più dalla narratrice
-stessa, che dalla narrazione.
-
- *
- * *
-
-Egli stava bene ora, decisamente. Aveva superato, mercè la sua robusta
-costituzione, in un periodo relativamente breve, tutte le fasi di un
-male non lieve. Ma i dolori prolungati, le lunghe febbri prodotte dal
-processo d'infiammazione, la dieta prolungata l'avevano indebolito
-alquanto. La convalescenza era normale. E, cosa strana, egli non la
-affrettava, nè colla volontà, nè col desiderio, quei due sì validi
-efficienti al pronto ricupero delle forze giovanili. E in quel momento,
-per esempio, così mollemente adagiato nel suo seggiolone, colla
-bellissima testa appoggiata al grande guanciale di piuma, collo sguardo
-accarezzato da un non so quale riflesso di benessere intimo, egli
-pareva assorto in una bizzarra e languida contentezza infantile.
-
-Quando ella si alzò per andar via, egli non la trattenne. Lasciò
-che, per risparmiargli un moto incomodo al braccio tuttora fasciato
-e raccomandato ad un fazzoletto sospeso al collo, gli rialzasse il
-guanciale che s'era alquanto rimosso. Per fare ciò più speditamente,
-ella depose il suo manicotto sulle ginocchia di Roberto. Egli passò
-nell'interno di quel leggero batuffolo di trine e piume la mano che
-aveva libera, mentre, attorno alle cartilagini del suo naso affinato
-dalla malattia, si produceva una vibrazione, l'aspirazione d'un olezzo,
-sentito coll'acuità di sensazione speciale ai nervi delle persone
-convalescenti.
-
-Frugò alquanto, sinchè trovò e ne trasse qualcosa con un'esclamazione
-di gaio trionfo.
-
-— To'... cos'ha qui? dei misteri!
-
-I misteri erano due foglie di violetta che cingevano cinque viole, in
-numero. Ma viole comuni, la volgare mammoletta del prato.
-
-Si voltò verso Elisa:
-
-— Come, già le viole? È dunque passato l'inverno?
-
-— Oh non ancora. Siamo ai primi di marzo. Ma non è più l'inverno. L'ho
-avuto stamane, questo mazzolino, dal fattore delle Celle. Me le mandano
-sempre. È il mio messaggio di primavera.
-
-— Quando mi sono coricato nevicava, e adesso è primavera... — disse
-Roberto, con accento bizzarramente pensoso.
-
-— Quasi...
-
-Il giovane tacque, odorando il profumo delle viole. Poi chiese:
-
-— Fuori fa freddo?
-
-— No, affatto.
-
-Erano accanto alla finestra. Egli s'alzò e l'aprì. Era la prima volta,
-dopo tanti giorni.
-
-La Contessa aveva detto il vero; non faceva freddo affatto. L'aria
-aveva un tepore straordinario, come accade talvolta a Firenze prima
-ancora che vi giunga la buona stagione.
-
-Roberto aspirò quell'aria fortemente, con avidità. Era un'arietta
-vibrata, ma sciroccale. Veniva dai paesi caldi, era una di quelle arie
-inquiete, capricciose, che sembrano sature dei vaghi misteri della
-terra e del cielo.
-
-La finestra guardava su una corte cinta da tre lati dal fabbricato
-della casa, e al quarto lato dall'alto muraglione d'un giardino
-limitrofo. Dalla parte del giardino s'alzava, sovrastando d'alquanto
-al sommo del muraglione, un mandorlo, i cui rami, privi affatto di
-foglie, si andavano qua e là costellando di botoline bianche. E nello
-sfondo cupo di un'anticamera, nella casa dirimpetto, da una gabbia
-posata accanto a una finestra aperta, giungeva un acuto, giocondissimo
-gorgheggiare di canerini.
-
-In tutto l'essere di Roberto si operò quasi una trasformazione. Un
-subito colore roseo subentrò al suo pallore di convalescente. Si
-eresse sulla persona e le sue nari aspiravano a lungo voluttuosamente
-quell'aria, mentre un leggero tremore scorreva la sua persona.
-
-A un tratto, quasi inconsciamente, afferrò la mano di Elisa, ed ella
-se la sentì stretta come in una morsa, si sentì avvolta da uno sguardo
-di fuoco. Sentì da quella mano sprigionarsi un calore umido di febbre,
-vide sul volto di lui una rapida contrazione, il succedersi di violente
-indefinibili espressioni; ebbe il presentimento e il terrore di una
-esplosione.
-
-Ma egli s'era già dominato; aveva lasciata la mano di lei e chiudeva
-tranquillamente la finestra.
-
-— È la primavera, — disse, tornato al tutto padrone di sè. — Ecco il
-suo manicotto, Contessa. Le viole me le lascia, nevvero?
-
-— Se vi fanno piacere... Roberto.
-
-— Sì, tanto...
-
-Ella si dispose a partire e non permise che egli l'accompagnasse sino
-all'uscio. Volle vederlo seduto tranquillamente nel suo seggiolone. E
-gli mise accanto un giornale.
-
-— Sarete buono, — gli chiese — non farete imprudenze?
-
-— Sì — rispose il giovane asciugandosi la fronte ancora imperlata di un
-lieve sudore — io sarò buono... Ma ella non venga più, nevvero... non
-venga più!
-
- *
- * *
-
-Egli era affatto guarito: andava, veniva per conto suo, raccoglieva
-la sua messe a lungo differita di applausi, di mirallegro e di
-ammirazione. In tutti i salotti era accolto con grandi feste, poco
-meno che come un eroe. La duchessa d'Accorsi aveva saputo trovare e
-dirgli qualcosa di molto lusinghiero pel suo amor proprio, qualcosa
-di così francamente ed abilmente espresso ch'egli ne rimase incantato
-e dovette pur convenire seco stesso che, dopo tutto, la Duchessa era
-una persona di molto spirito e di una conversazione assai gradevole.
-Poi aveva saputo che aveva presa a cuore la cosa. Naturalmente, ciò si
-doveva attribuire all'interessamento per Carisi. Ma ella sorrise con
-sì fine ironia quando Roberto gli parlò di Carisi e del suo prossimo
-matrimonio... Ed il suo occhio grigio ebbe un'acuità finissima,
-improvvisa, che avrebbe potuto servir d'uncino ad una più lunga
-conversazione. Ma Rescuati non era, come sappiamo, molto avveduto, nè
-pronto a cogliere la palla al balzo. E la Duchessa, per così dire,
-rintascò il suo sguardo, con un sorriso paziente, che Roberto non
-avvertì.
-
-La contessa Elisa aveva riprese le sue abitudini. Riceveva i suoi
-amici, dava i suoi soliti pranzi, faceva le sue solite visite.
-S'era riavuta dal terribile sgomento della sua scoperta. Aveva detto
-alteramente a sè stessa che non era vero, ch'era stato il delirio,
-l'immaginazione di un istante, l'opera di una surrecitazione momentanea
-del pensiero. Una violenta ira beffarda le gonfiava il cuore, ora,
-quando pensava a ciò che l'era parso per un istante. La malattia di
-Roberto era venuta in buon punto per tranquillizzarla, per calmare la
-sua coscienza a torto allarmata. Ella amava Roberto... sì... ma come si
-amava un figlio, nulla più.
-
-A furia di dirsela, di ripetersela, quella soluzione ingegnosa delle
-sue terribili dubbiosità morali, Elisa se ne fece una specie di
-convincimento. Visto che non poteva assolutamente essere altrimenti,
-la cosa doveva esser _così_ per l'appunto. E così... poteva andare.
-Così infatti era andata per tutto il tempo della malattia di Roberto,
-così andava ancora... sinchè potrebbe andare. Il lato più pericoloso di
-tutto ciò era questo per l'appunto. La parte _vera_ di quella ch'era
-in complesso nulla più d'una povera menzogna. Poichè, realmente, nel
-cuore di una donna che non ha avuto figli e che ama, se ama un uomo
-più giovane di lei, il sentimento materno non può rimanere escluso,
-anzi ha una forma misteriosa, travestita finchè si vuole, ma pure
-irrecusabile, di partecipazione alla passione stessa, e reca all'amore
-un contingente speciale, che, pur fondendosi nella corrente di questo,
-gli imprime a volte l'esteriorità dei caratteri propri. Da questa
-non ravvisata fusione, dalla lotta dei due sentimenti, che, pur
-coadiuvandosi a vicenda, a vicenda pure si soverchiano e costituiscono
-la realtà relativa della situazione, fra l'urto ugualmente impetuoso
-di due tenerezze appassionate e che facilmente si scambiano i propri
-attributi, deve essere, ed è invero crudele il martirio di un cuore,
-non solo, ma di un nobile spirito femminile. È terribile essersi
-a lungo orgogliosamente ignorata donna e trovarsi a un tratto, per
-sorpresa, di fronte all'ignoto della propria femminilità, bruscamente
-destatasi... E, come per salvarsi da quella terribile visione di
-un paventato cielo... di un paradiso pieno di fiamme d'inferno...
-ecco l'illusione serena, calmante, rivestita di vero, di una
-pseudomaternità; ecco il primo, il supremo degli istinti... eccolo
-con tutta la sua purezza infinita, colla sua normalità di cure, di
-abnegazioni, di appassionato esclusivismo; ecco l'attrattiva ardente
-del sacrifizio... l'oblio assoluto di sè stessa, la tenerezza pura,
-paga di sè sola, senza esigenze, ignara dei suoi diritti. Ecco il
-vecchio eterno istinto della protezione dell'amore, che vigila,
-che tutela... a qualunque costo! Ed ecco ciò che forse talvolta più
-di tutto, nel cuore straziato di Elisa affascinava il suo volere,
-dicendole: Vinci... a qualunque costo... Domalo, a furia di sprezzo,
-quel tuo indegno rivale, soffocalo, calpestalo, regna tu in sua vece,
-senza ch'egli sappia e se ne avveda! Ci giungerai, purchè non discuta
-il prezzo dei tuoi sforzi. Elisa non discuteva infatti. Il suo volere
-era gagliardo e la sosteneva. E Roberto aveva potuto dire a sè stesso:
-Ella è stata per me veramente una madre... Ed alla sua gratitudine si
-univa un senso di bizzarra e quasi amara umiliazione, ch'egli sentiva
-senza cercare di definirla. Egli non soleva studiare, nè discutere
-i propri sentimenti, come faceva Elisa. Perciò questa era tanto più
-infelice di lui.
-
- *
- * *
-
-Le cose si erano rimesse sul piede di prima. Il carnevale, ormai agli
-sgoccioli, toccava uno zenit quasi tempestoso di divertimenti e la
-società fiorentina pareva mossa da un turbine irresistibile. S'erano
-dichiarati parecchi matrimoni, ma non nella misura quantitativa sognata
-dalle mamme, le quali trovavano che i risultati finali minacciavano di
-presentare una rubrica molto più abbondante dal lato deplorevolissimo
-delle _liaisons_ in cui il matrimonio non entra che per uscirne assai
-maltrattato. Due o tre scandaletti ben condizionati avevano data una
-speciale dose di piccante alla stagione. Altre novità di quel genere
-erano alle viste, difendendosi ancora, benchè sempre più debolmente,
-contro le denegazioni degli increduli.
-
-Oh! gli increduli di queste cose. Fortuna che sono pochi. Poichè, in
-realtà, chi più guastafeste di loro?
-
-Una mattina la contessa Elisa, che conservava l'abitudine di uscir per
-tempo a passeggiare, passava in via Cavour e si trovava dirimpetto al
-palazzo Riccardi. Camminava con lena, recando in mano dei fiori che
-aveva testè ella stessa comprati da un fioraio in piazza S. Maria.
-Fiori di campo, a dir vero, niente di raro, ma di colori vivaci,
-crochi, anemoni di campo. Voleva metterli in mezzo al tavolo, in sala
-da pranzo. Chi sa che Roberto non capitasse quel giorno a colazione?
-
-Sorrise. Ella amava quelle visite così improvvise, in cui egli,
-capitando, le diceva: — Ho fame, sa?...
-
-Mentre sorrideva così, ai suoi pensieri, vide avanzarsi dall'altra
-parte della via una signora di sua conoscenza, accompagnata dalle
-figlie, due leggiadre signorine, per le quali ella aveva una
-speciale simpatia e che la madre loro, la marchesa di San Terenzio,
-aveva educate rigidamente nell'atmosfera di una speciale austerità
-d'ambiente.
-
-Elisa, vedendole, ebbe un senso di rimorso... Soleva scambiare con
-esse, un tempo, frequenti visite. Ora, da qualche tempo le aveva
-trascurate. È vero che anche le San Terenzio da qualche tempo non
-s'erano fatte vive, ma certo, la colpa era sua. Le venne il desiderio,
-lì per lì, di andare a salutarle e a far loro le sue scuse. Fece un
-piccolo cenno da lungi coi suoi fiori e si disponeva ad attraversare
-la via, quando si fermò... a un tratto. Le tre signore non avevano
-avvertita la sua presenza e con un moto pronto, simultaneo, come
-obbedendo ad una parola d'ordine, invece di procedere per la via retta
-avevano improvvisamente svoltato l'angolo del palazzo Riccardi, filando
-strette, sollecite, per piazza S. Lorenzo.
-
-L'incontro era dunque mancato.
-
-Elisa restò alquanto perplessa. Non le era parso dapprima che le tre
-signore dovessero per l'appunto voltare da quella parte.
-
-E proprio non l'avevano veduta? Era stata così subitanea quella loro
-mossa... così brusca!
-
-Esitò un istante, stretto il cuore da un vago sgomento. Poi disse:
-— Non m'avranno veduta... La Marchesa è tanto miope infatti. Ma le
-figlie?...
-
-Procedeva lenta, a capo chino, cercando di persuadersi che
-decisamente esse non l'avevano veduta, e meravigliandosi in cuor
-suo dell'inquietudine di quel dubbio. E così non si avvide che
-qualcuno camminava rapidamente dietro a lei, per raggiungerla... Se
-ne avvide solo quando udì alle sue spalle una voce giovane, nota,
-inesprimibilmente cara al suo udito.
-
-— Contessa!
-
-— Ah! Roberto!
-
-Si fermò. Una subita, folle emozione l'aveva colta; un repentino oblìo
-di tutto ciò che non fosse quella voce.
-
-— Si può sapere dove va a quest'ora? — le chiese Roberto, mettendosele
-semplicemente a fianco.
-
-— Oh! vado a casa. E voi, Roberto?
-
-— Io?... vengo da lei, se me lo permette.
-
-— Certo... faremo colazione assieme.
-
-Egli s'inchinò. — Magari — disse. — Ho un appetito tremendo.
-
-Ella sorrise, contenta.
-
-Camminavano assieme, scendendo per Via Cavour, scambiando qualche
-parola, ma senza nessuno sforzo reciproco per mantenere la
-conversazione. Egli non aveva l'abitudine di spendere molte parole e
-non amava prendersi la briga d'intrattenere le persone colle quali si
-trovava. Una delle ragioni che gli rendeva sì cara la compagnia della
-Contessa era questa, che ella, nel suo squisito intuito di bontà,
-lo lasciava sempre a sè stesso, indovinando tutte le più riposte
-varietà della sua disposizione del momento, assecondandolo sempre,
-con una suprema delicatezza di indulgenza e di simpatia, ch'egli era
-troppo giovane e troppo inesperto per apprezzare al tasso reale del
-suo valore, ma di cui sinceramente approfittava, senza studiarla,
-contento che così fosse e ch'ella, stando con lui, non lo molestasse
-obbligandolo a parlare di scienze e arti e di quelle altre storie delle
-quali ella faceva il suo pane quotidiano.
-
-No... ella non parlava mai di ciò, con quel giovane, non lo seccava
-mai. Lo aveva accettato, lo amava qual'era, senza neppur studiarlo,
-imperfetto, mondano, fanciullo, lontano le mille e mille miglia dal
-suo ideale dell'uomo. Lo amava incondizionatamente, ciecamente, con
-una dedizione bizzarra e a lei stessa incomprensibile, di tutti i suoi
-vecchi sogni, di tutte le esigenze della sua immaginazione, della
-superfetazione della sua fantasia, tanto raffinata dal complicato,
-incessante lavoro della coltura. Forse tutto ciò non era che un'intima,
-crudele rivincita di quel destino di donna, lungamente offeso,
-disprezzato, rinnegato da lei.
-
-Perciò ella gli camminava allato, queta, senza obbligarlo a discorrere,
-misurando il proprio sul passo di lui, celere e spedito. Pensava solo
-ch'era con lui, che per qualche ora starebbe con lui. Ciò le bastava.
-Un vago sorriso errava sulle sue labbra, una dolcezza vaga, diffusa per
-tutte quante le facoltà dell'esser suo le teneva luogo di tutto, per
-quell'istante, come per tutti quelli ch'ella passava con lui.
-
-Sapristi! che appetito aveva quel Roberto!... Sparivano quei piattini
-leggeri, delicati di colazione da signora che formavano il solito
-_menu_ della Contessa; sparivano ch'era un piacere!
-
-Andrea, quel buon vecchio domestico il quale conosceva ormai così bene
-i gusti dell'ospite della sua signora, aveva servito un supplemento
-improvvisato, qualcosa di solido e di meglio adatto al robusto appetito
-d'un giovane. E l'idea e l'esecuzione di essa erano state ben accolte
-e il vecchio domestico, il quale subiva come tutti il fascino della
-bellezza, del fare sciolto e bonario di Roberto, lo serviva con un
-piacere quasi visibile attraverso la correttezza austera del contegno.
-
-Oh l'allegra colazione! e che gaiezza intima, squisita metteva la
-presenza di Roberto in quella sala, ove Elisa soleva talvolta trovare
-interminabili i pasti elaborati ch'ella consumava, sola, di fronte a
-quel lusso, nell'apparato austero, quasi oppressivo nel suo cerimoniale
-immutabile e silenzioso. C'erano i suoi pranzi di amici, è vero, i
-pranzi delicati, elegantissimi, tanto ricercati, in cui ella presiedeva
-un'accolta di persone intelligenti, celebri, che andavano a gara
-per farle provare tutte le compiacenze di un elettissimo ambiente,
-per darle tutte le soddisfazioni d'amor proprio che un ospite possa
-desiderare. Pure, cosa le parevano ora, di fronte alla bizzarra gioia
-che le procuravano quelle colazioni o quei pranzi con Roberto solo,
-lieto, affamato, che mangiava con tutto lo spensierato appetito della
-sua età, che rideva di tutto, dicendo tutto ciò che gli passava per la
-testa, come se fosse in casa sua!
-
-Non si accendeva più il fuoco in sala da pranzo. Era primavera
-ormai e dalle finestre aperte entrava un'arietta mite, in seno alla
-quale danzava sussurrando il traforo verde delle piccole fogliuzze
-nuove sugli alberi del giardino. Erano capitate di recente le prime
-rondinelle. C'erano dappertutto per la casa tante mammolette ed egli ne
-aveva sempre all'occhiello un mazzolino.
-
-Era guarito bene ora, stava benissimo. Non portava più il braccio
-al collo. Della sua malattia non gli rimaneva ora che un leggero
-dimagramento della persona e questo, affinando ancor più le sue
-fattezze, pareva averle rese più cesellate e più belle. E attorno alle
-palpebre, nell'incavo profondo come quello di certe statue greche,
-l'ombra diffusa, indefinibile pareva essersi più intensa tra il
-naso profilato e la forma alquanto smagrita dell'ovale. La fisonomia
-diveniva così più espressiva, assumendo quasi una nuova dolcezza di
-sentimento.
-
-Mentre egli sorseggiava tuttora il suo cognac, Elisa si alzò,
-pregandolo di rimanere per fumare la solita sigaretta. Ella darebbe
-frattanto un'occhiata alla posta del mattino, che aspettava da
-parecchie ore.
-
-Elisa passò nel suo salotto e trovò infatti giacenti al solito posto
-i giornali e parecchie lettere. Fra queste una da Milano, di Marcello
-Plana.
-
-— Ah! — pensò con uno schietto senso di rimorso, mentre apriva la busta
-con mano tra esitante e impaziente — e io che non gli scrivo più da
-tanto tempo!
-
-Infatti, era assai trascurata la sua corrispondenza da qualche tempo in
-qua.
-
-Marcello Plana scriveva breve, senza lagnarsi del suo silenzio. Non
-era una delle sue solite lettere briose; parve anzi ad Elisa che
-l'intonazione fosse un po' fredda. Rileggendola, si avvide di un
-poscritto:
-
-«E il marito di Marina: come sta?»
-
-La lettera le cadde sulle ginocchia, ed un senso di malessere la invase
-subitamente, mentre un rossore impetuoso le saliva alle guance.
-
-Un ricordo si fe' ad un tratto vivo, imperioso dinanzi a lei. Il
-ricordo del colloquio che avevano avuto cinque mesi prima, lei e
-Marcello, in quel salotto... Pensò al sorriso ironico di lui, alle
-velate parole in cui ella non aveva saputo ravvisare l'ammonimento...
-
-Per un secondo ebbe un vivo rancore verso l'amico, che non le aveva
-parlato più esplicitamente.
-
-Ma subito un senso di giustizia e di profonda umiliazione corresse
-in lei quel vago grido di rimprovero... Oh! come avrebbe egli
-potuto supporre ch'ella potesse dimenticare così la sua età, le
-convenienze, le circostanze per lasciarsi vincere da una sì insana, sì
-ingiustificabile, sì sciagurata debolezza?
-
-Visse un istante d'acuta angoscia intima, ripensando a ciò ch'era
-accaduto in quei cinque mesi, alla progressiva infatuazione del suo
-cuore, alla cecità colpevole, imperdonabile che l'aveva colpita. Per un
-minuto fu schiacciata dal senso della responsabilità che pareva essersi
-a un tratto aggravata su di lei. Poi, coll'intimo orgoglio di una
-reazione, quasi di una sfida:
-
-— Ebbene, — mormorò. — Soffrirò... ecco tutto... Ma nessuno saprà...
-nessuno!
-
-Squassò il capo, alteramente, gettando sul tavolino la lettera di
-Marcello Plana.
-
-Prese le altre non ancora aperte. Su una delle buste ravvisò la
-calligrafia di zia Balbina. Provò un senso disaggradevole di sorpresa.
-Zia Balbina scriveva assai di rado. Ma sempre, dalla sua lettera
-rimaneva qualcosa di spiacevole, un'impressione o dolorosa o umiliante.
-Stavolta, lì per lì, Elisa non ravvisò subito il carattere solito delle
-epistole di zia Balbina. Ella scriveva soltanto per invitare Elisa a
-recarsi per qualche tempo presso di lei.
-
-L'invito sorprese Elisa. Sapeva che zia Balbina le serbava tuttora
-un certo rancore pel suo rifiuto di andar ad abitare con lei, e le
-pareva strano che, dopo parecchi anni, dopo un lunghissimo periodo di
-silenzio, così ad un tratto, ella reiterasse l'invito in quella forma
-secca, quasi imperiosa:
-
- «Credo che il tuo buon senso non darà luogo ad esitazioni od
- indugi da parte tua. Ti aspetto dunque infallantemente. Il resto a
- voce; intanto spero ti sarai convinta che _non sempre_ va errato
- nei suoi giudizi e nelle sue previsioni il criterio della tua
- affezionatissima zia
-
- «BALBINA.»
-
-Per un momento ci fu un po' di caos nella mente di Elisa... Ma, poi, un
-raggio di fosca luce le penetrò nel cuore, col freddo di una lama. Si
-ricordò l'aspra profezia di zia Balbina: «Credi di cavartela così sola,
-senza un appoggio, un consiglio. Ma verrà un giorno che ti morderai le
-unghie e gli altri rideranno.»
-
-Balzò in piedi spaventata. Ridere... gli altri! Di chi? di lei! del suo
-soffrire!
-
-Strinse le tempia fra le mani... Le parve che una mano brutale, con un
-colpo subitaneo, la denudasse tutta da capo a piedi, in mezzo ad una
-piazza ingombra di una moltitudine.
-
-Pensò disperatamente:
-
-— Ma come? come?
-
-Si ricordò ad un tratto di una circostanza. La San Terenzio era
-intrinseca di zia Balbina. Le due signore mantenevano un nutrito
-carteggio a proposito di buone opere, di predicatori e simili. Sì,
-ora si ricordava senza equivoci, senza incertezze. Da qualche tempo in
-qua, le San Terenzio la trattavano con molta freddezza. Quella mattina
-stessa avevano, (non c'era dubbio ormai) evitato il suo incontro.
-
-Zia Balbina era stata informata da loro. Certo ella alludeva a Roberto!
-Ma interpretando sinistramente la familiarità, l'amicizia...
-
-Si arrestò, nella foga stessa dei suoi pensieri. Una voce si levò nella
-sua coscienza e ripetè come un'eco beffarda:
-
-— Amicizia?
-
-Ma dunque... si parlava di ciò, dunque quello ch'ella credeva il suo
-segreto era invece il segreto delle signore San Terenzio, di tanti, di
-tutti... Dunque credevano ch'ella fosse...
-
-Mille piccole futili circostanze a cui non aveva posto mente, che aveva
-disprezzate, nell'assorbimento della sua nuova esistenza, le tornarono
-ad un tratto, inesorabilmente, vive al pensiero. Le visite diradate
-degli amici, una indefinibile e pur sentita alterazione nel modo in
-cui le parlavano gli uomini, certi sguardi curiosi in cui la riverenza
-solita era come attenuata da una curiosità ironica, nuova, certi
-sguardi di signore... Non ne rammentò uno, speciale, velenoso, pieno di
-ironia, che le aveva rivolto pochi giorni prima la Duchessa d'Accorsi.
-
-Per un momento fu intollerabile l'angoscia di quella misera. E
-veramente terribile per una donna che, pur avendo scordato per un
-istante il mondo ed i suoi giudizii, li conosce e sa cosa possano. È
-terribile il sentirsi ad un tratto, a torto od a ragione, in balìa del
-mondo e dei suoi giudizii!
-
-— Contessa, — disse all'uscio la voce fresca e sonora di Roberto.
-
-Ma Elisa in quell'istante non l'udì; stava seduta accanto al tavolino,
-con la testa sprofondata tra le mani, rannicchiata su sè stessa,
-come inconsciamente ella volesse ridursi al minor spazio possibile,
-sopprimersi, annientarsi.
-
-La involontaria posa era rivelatrice di una così intima angoscia che
-Roberto si spaventò.
-
-Le venne presso rapidamente, si inginocchiò ai suoi piedi, e ripetè
-dolcemente, con un inquieto e tenero appello:
-
-— Contessa! cara Contessa!
-
-Colle mani, le sue belle mani morbide e nervose, cercava di rimuovere
-quelle di Elisa dalla fronte che esse celavano.
-
-Il volto di lei apparve; apparve anche una contrazione dolorosa, che
-voleva essere un sorriso, uno sguardo che voleva essere calmo, ma che
-si tradiva saturo di un dolore ineffabile.
-
-Egli era sempre inginocchiato ai suoi piedi. Una pietà turbata,
-crucciosa, gli gonfiava il cuore.
-
-— Mi dica cos'ha. Contessa, cos'è accaduto. Suvvia, mi dica... Oh non
-si crucci così. Sono state quelle letteracce, nevvero, che le hanno
-fatto pena, che le hanno recata qualche brutta notizia.
-
-Oh la pietà crudele di quella voce dolcemente imperiosa, pressante, che
-voleva sapere!...
-
-Ella scosse il capo.
-
-— No... no... Nulla, vi accerto.
-
-Ma egli era convinto... Prese la lettera di zia Balbina. Era caduta
-a terra; la gettò sul tavolino accanto alle altre, cacciandole tutte
-quante in un fascio.
-
-— Così... — disse. — E nuovamente si rimise come prima, trattenendo
-le mani che cercavano debolmente di ritirarsi, cercando colla pietà,
-coll'amore dei suoi sguardi, gli sguardi smarriti che volevano e non
-potevano fuggire.
-
-— Perchè è così triste? Era così contenta un momento fa... E ora...
-cosa è accaduto? chi le ha dato pena? perchè non vuol dirmelo?
-
-La voce aveva un tremore sempre più accentuato, una tristezza sempre
-più dolce, più incalzante.
-
-— Oh, parli, dica, posso far qualcosa? Perchè non mi vuol dire? perchè
-mi nega la sua confidenza? E lo sa pure, lo sa che io le sono tanto
-grato, che io le voglio tanto bene!
-
-Oh ella lo sapeva... Ella aveva ravvisata tardi, ma finalmente
-l'indole della simpatia, della gratitudine che Roberto aveva per lei.
-Si sentiva amata da lui, da quegli che ella adorava. E per un secondo
-una gioia intima, acuta le innondò il cuore. Ma tenne il capo chino,
-stette immobile, padrona di sè, sotto la carezza inebbriante di quella
-voce, di quelle parole, obbedendo al crudele ammonimento d'un supremo
-istinto: «Se alzi il capo ora, se rispondi in questo minuto, sei
-perduta.»
-
-Non si perdette... la calunnia non divenne una verità.
-
-Roberto l'amava; ma era inesperto della passione. Non comprese... non
-seppe...
-
-Quando rialzò il capo, ell'era già la più forte.
-
-— Si, — disse dolcemente, — queste lettere mi hanno fatto pena; hanno...
-
-Un dubbio colse Roberto. Egli stette perplesso un istante, guardandola
-non più teneramente, ma con un'aspra perentoria espressione, ch'era
-anche essa una conferma.
-
-Un nuovo, un immenso senso di gioia colmò l'animo di Elisa.
-
-— È geloso! — pensò.
-
-Gli sorrise con una dolcezza infinita, arrossendo come una fanciulla.
-
-— Oh! no — disse quasi inconsciamente... — no!
-
-Ma subito, subito dopo, si fece seria, pacata, in tutto presente a sè
-stessa.
-
-— In fondo — disse, alzando lievemente le spalle e rivolgendosi con
-grande semplicità a Roberto... — sono io che sono una sciocca e che ho
-torto... Si tratta di pettegolezzi, cose da nulla.
-
-— Sì? — chiese Roberto solo a mezzo convinto. — Ma allora... perchè se
-n'è crucciata così?
-
-— Appunto, perchè sono una sciocca...
-
-Roberto tacque un istante, guardandola fiso nel bianco degli occhi,
-mentre ella cercava di trattenere sotto il fuoco di quello sguardo la
-voluta quiete della sua fisonomia.
-
-— Lei, cara Contessa, è un angiolo, nè più nè meno. Ma ha un benedetto
-vizio. Di prendersela troppo facilmente per ciò che le dicono, o dicono
-gli altri.
-
-— Ma Roberto....
-
-— Sì, signora... è proprio così... Crede forse che, quando abbia fatto
-tanti sacrifici e contentata una massa d'imbecilli, questi le saranno
-grati o la compenseranno in qualche modo? Mai più. E così, tutto il
-bello e il buono della vita se ne va... per niente.
-
-— Per niente! — echeggiò una voce di supremo desiderio nel cuore di
-quella donna!
-
-— Guardi — proseguì Roberto... — faccia come me... faccia ciò che
-vuole, ciò che le pare. Io, vede, di quello che possano dire o far gli
-altri non m'importa affatto. È il mio metodo, e me ne trovo bene.
-
-— Ma voi siete un uomo. Roberto.
-
-— E lei è una donna. Ma dev'esser sempre una vittima perchè è una
-donna? Sacrificarsi sempre, perchè? Si vive una volta sola. Chi ce le
-ripaga le gioie che non abbiamo saputo godere?
-
-Negli occhi di Roberto s'era accesa una strana intensa luce; le sue
-mani serravano, tremanti, quelle della Contessa.
-
-Ma ella sorrise, e disse rapidamente, ridendo:
-
-— Oh Roberto, ma questo è un ricordo classico di scuola. Siete un vero
-epicureo.
-
-E rimase anelante, quasi convulsa, colla contrazione di quel riso fissa
-sulle labbra.
-
-Roberto arrossì violentemente sotto la sferza di quel ricordo di
-scuola, gettatogli in pieno volto.
-
-Neppur questa volta ravvisò l'estremo terrore che aveva suggerito a
-lei come uno scampo, quell'allusione. Un avvilimento lo colse, un'ira
-contro di lei, contro sè stesso. Con un atto violento afferrò il
-cappello.
-
-— Buon giorno — disse bruscamente, avviandosi verso l'uscio.
-
-Ma una subita vergogna lo colse a mezza via. Si fermò; guardò quella
-donna pallida, che gli teneva dietro collo sguardo angosciato, ansioso.
-
-Tornò indietro lentamente. Pareva ora davvero un fanciullo confuso,
-incerto del perdono.
-
-Quando le fu vicino, stette immobile, aspettando. Essa gli porse la
-mano senza parlare, ma con una grande dolcezza di sorriso.
-
-— A rivederci — gli disse.
-
-— Mi manda via? — sussurrò egli.
-
-— Oh no! Roberto. Ma è tardi e... devo vestirmi per uscire.
-
-— Oggi, alle Cascine?
-
-— No, non credo, ho molte visite da fare.
-
-— Allora stasera, alla Pergola...?
-
-— Sì... cioè non son certa. Sono un po' stanca. Ecco; domani.
-
-— Sino a domani? È lunga, sa, sino a domani.
-
-Ma non osò insistere. Se ne andò lasciando, ignaro, dietro a sè
-un'anima affranta da mille lotte contradditorie, e pur già penetrata
-tutta quanta dal desiderio febbrile, inebbriante di quel domani, che le
-avrebbe ricondotto Roberto...
-
-
-
-
-XII.
-
-
-La voce prendeva molta consistenza; non si poteva fare una visita,
-nè frammettersi in un crocchio, senza udir parlare di quel benedetto
-matrimonio... Non era per anco dichiarato ufficialmente, ma si dava per
-certo. Marina Negroni era fidanzata al principe di Hetzengenfeld.
-
-La duchessa d'Accorsi era portata a cielo. Un coro frenetico di
-entusiastico plauso si elevava da mille bocche, fatte turiboli. Poichè,
-indubbiamente, il merito della felice manovra era tutto suo. Marina
-non avrebbe mai saputo da sola, col suo mediocre fascino, tentare
-una impresa sì incredibilmente audace, raggiungere una sì portentosa
-fortuna. Ovvero ella aveva ingannati tutti quanti colla sua finta
-freddezza, colla sua calma imperturbabile. Si era abilmente riserbata
-per la sorte sognata dalla tacita ambizione. E se l'aveva raggiunta,
-buon per lei. Il mondo è di chi lo sa prendere.
-
-Se qualche timida voce si alzava per trovare che, dopo tutto, l'immensa
-ventura di Marina sarebbe stata più completa se si fosse trattato di
-uno sposo meno avanzato in età e di aspetto più aggradevole, la piccola
-nota andava tosto schiacciata nella sonorità incalzante del plauso
-generale e incondizionato. Fanciulle giovani, boccioli di rose appena
-sbocciate, invidiavano sinceramente Marina.
-
-Non parlo dell'immensa invidia che le madri stesse di quelle fanciulle
-portavano alla duchessa d'Accorsi.
-
-Pure, avrebbero dovuto tacere. Poichè sanno... le madri! Ma più di loro
-la sa lunga il criterio del mondo, la sua equità di estimazione dei
-sentimenti e dei fatti.
-
-Contuttociò, la notizia trovò un'incredula, una donna che si ostinava
-a dire, pensando ai venticinque anni di Marina e ai sessanta del
-principe: — È impossibile.
-
-E questa bizzarra ostinata era la contessa Elisa Serramonti.
-
-Aveva una specie di terrore di quell'idea, una confusa apprensione di
-un male cagionato da lei, dalla fiacchezza del suo operato, dalla sua
-mancanza di coraggio e di perseveranza. Un picciol verme rodeva forse
-celato, in non so quale ripostiglio della sua coscienza?
-
-Una mattina, dopo una notte insonne, Elisa s'alzò con un'idea fissa.
-Venire a capo del vero, a qualunque costo.
-
-Marina Negroni aggrottò forte le ciglia quando udì dalla sua cameriera
-che la contessa Serramonti chiedeva di lei e saliva per l'appunto le
-scale che conducevano al suo piccolo appartamento di signorina. Poi
-disse a sè stessa: — Meglio così — e si preparò a ricevere l'inattesa
-visitatrice. E quando questa coll'accento affettuoso, colla libertà a
-cui le davano pieno diritto l'antica amicizia e le prove di reciproco
-interessamento, le chiese semplicemente se avesse fondamento la
-voce che correva, Marina rispose, senza imbarazzo, senza ambagi, un
-semplice: Sì.
-
-— Da ier l'altro soltanto — proseguì poscia Marina — girando
-sull'anulare un grosso rubino contornato di brillanti di uno splendore
-degno di una fidanzata regale. — Non è ancora ufficialmente annunciato,
-ma la mamma le avrebbe scritto certamente quest'oggi. Il matrimonio si
-farà presto; Enrico desidera di ritornare in Germania.
-
-Parlava disinvolta e senza il menomo imbarazzo, come se tutto ciò fosse
-la cosa più semplice, più ovvia di questo mondo. Nè la fisonomia,
-nè l'accento tradivano la menoma emozione: la sua bellezza glaciale
-pareva già educata all'impassibilità serena di una sovrana. Non era
-mai stata molto espansiva, neppur con Elisa; ma Elisa, guardandola
-ora e udendola, provava come uno stringimento al cuore. Quell'immensa
-calma non era nuova in Marina; ma in quella novità di circostanze,
-nell'entità dell'avvenimento, pareva ad Elisa ch'ella assumesse un
-significato strano e inammissibile. Nel cuore suo era una indefinita
-tormentosa lotta d'incertezze; ma non mai, neppur pel più lieve
-spiraglio, Marina, nel corso della conversazione, diede campo ad una
-spiegazione, ad una domanda. Solo quando fu in piedi per accomiatarsi,
-Elisa trovò ad un tratto, in un parossismo di angoscia che si tradiva
-nel tremito della voce, nell'alterazione della fisonomia, il coraggio
-di una domanda: — Sei felice? — Colta all'improvviso, Marina trasalì.
-Un lampo d'ira passò nei suoi occhi, qualcosa come un odio, una bieca
-meraviglia. Ma subito si spense. — Si, — disse ad alta voce.
-
-— Lo ami? — insistè Elisa — lo ami? — sempre con quel cieco istinto di
-_dover_ dire, premunire. Una immensa pietà di quella fanciulla s'era
-levata impetuosa, risoluta, nel suo cuore.
-
-— Certamente, lo amo — ribattè Marina con una quieta determinatezza. Ma
-la menzogna appariva visibile nel moto stesso delle labbra. Con un vago
-senso di terrore Elisa pensò al suo passato, al giorno in cui s'era
-fatta sposa al conte Serramonti, alla strana realtà che aveva ad un
-tratto squarciato il velo delle sue caste ignoranze, e che non aveva ad
-ausiliario, a scusa... a ragione nulla più del convincimento del dovere
-ed un ragionato senso di stima e di omogeneità intellettuali. E ora,
-ora soltanto intuiva, comprendeva che tutto ciò era stato un sacrilegio
-e stava per compierlo anche Marina, quell'inconscio sacrilegio.
-
-— Marina, — le disse, con intensità profonda di sentimento — sei
-risoluta, lo vedo... Ma pensaci, per pietà, pensaci ancora. A un'altra
-non direi così... Ma io ti voglio bene... ti ho sempre voluto bene, ho
-sempre desiderato la tua felicità.
-
-— Lo so, — interruppe tranquillamente Marina — più volte mi ha dato
-prove del suo interessamento. Si è adoperata anzi più volte per
-procacciarmi un collocamento. E allora... non le pareva necessario che
-io ci pensassi tanto per prendere una risoluzione, nevvero?...
-
-Sotto l'ironia crudele di quell'allusione, Elisa si sentì di fronte
-ad un nuovo, inatteso ostacolo. Marina le appariva sotto un nuovo
-aspetto... un aspetto che non aveva mai sospettato in lei.
-
-— Marina, — le disse, con la serietà dolorosa di un animo che si sente
-ferito a un tratto da un'ingiustizia e da un'ingratitudine — in tutti
-_quei_ casi... tu avresti potuto amare. E ora? interroga il tuo cuore,
-Marina, interroga tutta te stessa.
-
-Davanti al puro e chiaro sguardo di Elisa si abbassò quello audace e
-aggressivo della fanciulla. Ella non osò ripetere la sua menzogna.
-
-— Ora, — disse tranquillamente, — la cosa è decisa, io ne sono
-contentissima... Non sia in pena per me, Contessa; questo matrimonio
-colma tutti i miei voti, e quelli di mia madre. Tutto a questo mondo
-non si può avere. E l'amore. Oh! l'amore!...
-
-Ebbe un bel riso perlato in cui suonava un amarissimo scherno.
-
-— Ci crede, lei, all'amore? — soggiunse poi accostandosi ad Elisa, e
-piantandole in faccia uno sguardo quale Elisa non aveva mai conosciuto
-nell'occhio di quella fanciulla. Qualcosa, un impulso misterioso e
-irresistibile costrinse la Contessa a rispondere gravemente:
-
-— Sì!
-
-Di nuovo nella bocca di Marina stridette il piccolo riso cristallino.
-
-— Ah! Contessa, meglio tardi che mai! nevvero?
-
-Un grande pallore coperse il volto di Elisa, un pallore sì intenso che
-Marina stessa ne rimase un istante sgomentata.
-
-Ma la contessa rimase immobile e quieta. Poi come dal profondo del
-cuore, dal profondo di un abisso di dolori e di lacrime, la risposta
-venne involontaria, precisa:
-
-— No, Marina, meglio mai che tardi!....
-
- . . . . . . .
-
-Marina non replicò. Stettero mute un istante, raccolte ognuna
-nell'intensità delle proprie angoscie. Così erano state un'altra volta
-nel salotto della Contessa, quel giorno in cui Marina era venuta a
-chieder ragguagli sul duello di Roberto. Ma allora non sapevano! Ora
-sì, sapevano, e forse in quel momento ebbero pietà l'una dell'altra!...
-
-Quando ricominciarono a parlare, il colloquio parve avere ad un tratto
-ritrovate le antiche basi calme e cordiali. Elisa non reiterò i suoi
-consigli e nessuna allusione venne fatta agli intimi sentimenti di
-entrambe. Marina diede tranquillamente le notizie di quanto si atteneva
-alla circostanza, ai progetti di viaggio, ecc.
-
-Nulla in Marina rivelava l'ubbriachezza del trionfo. Nulla dell'interno
-suo stato d'animo trapelò più in lei. Ell'era, adesso, quale era sempre
-stata, fredda, indifferente, intangibile..., padrona del suo destino.
-Senonchè, ora, nella serena normalità delle sue parole, c'era come una
-nuova dignità, una forma di riservatezza, un _noli me tangere_, che
-aveva veramente qualcosa di regale, che si elevava sovrano, imperante
-sulle confuse rovine d'una passata debolezza, rinnegata ora e dominata,
-per sempre...
-
- *
- * *
-
-Elisa stava dinanzi allo specchio e lo interrogava. Lentamente passò
-la mano sui proprii capelli, sulle piccole striature bianche che li
-chiazzavano. Ma la capigliatura era abbondante, morbida, finissima. Le
-sue mani ebbero l'impressione di una carezza.
-
-Guardò ancora attentamente, come si guarda negli occhi di un giudice.
-Si vide grande e snella. Le linee del suo corpo serbavano tuttora
-un'integrità giovanile, quasi virginea. Il collo era fresco, rotondo.
-Inalterato il fine ovale del volto, cesellate le fattezze. Una tinta
-delicata pareva dar loro un rilievo indefinito e brillante. E gli
-occhi suoi le parvero grandi, vivi di una luce diffusa, irradiante.
-Attorno ad essi le piccole rughe parevano essersi celate, fatte quasi
-invisibili.
-
-Una suprema compiacenza le penetrò nell'animo, una gioia tenera di
-quella bellezza sua, rivelata a lei stessa, constatata in uno di quei
-momenti in cui l'anima a tutto s'avvinghia di ciò che può salvarla da
-un terrore segreto, senza nome.
-
-— Sono bella, — mormorò Elisa, — sono bella!
-
-Lo era in quel momento, squisitamente. Era bella del suo amore segreto,
-combattuto, messo alla porta da lei stessa cento volte al giorno, ma
-che cento volte al giorno, insidioso, prepotente tornava.
-
-Si guardò ancora, e sorrise. Un senso di immensa gratitudine le irruppe
-dal cuore:
-
-— Roberto, — mormorò sottovoce — Roberto, tu sei la mia gioventù!...
-
-Si lasciò cadere come spossata nella poltrona e gli occhi, lentamente,
-si socchiusero. Una mano si levò, tremante con un inconscio gesto
-d'appello...
-
-Roberto!... mormorò ancora una voce semispenta!
-
-Ma Roberto non l'intese. Era al _Club_ cogli amici.
-
- *
- * *
-
-La duchessa d'Accorsi diede una grande _soirée extra_ per annunziare
-ufficialmente le nozze di sua figlia. Passò in persona, un momento,
-dalla contessa Serramonti per invitarla verbalmente, e rimase molto, ma
-molto attonita udendo da Elisa stessa ch'ella non avrebbe forse potuto
-approfittare del gentile invito. Partiva.
-
-Partire! Ma che! non poteva crederlo. Partire ora, sul finire del
-carnevale e nel più bel momento della stagione. Impossibile! Sarebbe
-un dispiacere immenso per lei e per Marina se la loro cara Elisa non
-assistesse a quella festa. E ora ch'era sì bella, sì brillante! Ah! non
-l'avevano mai vista così bella, così fresca. Era l'opinione di tutti;
-un vero incanto.
-
-La Duchessa ripeteva infatti ciò che da qualche tempo era la _vox Dei_
-della società fiorentina. Ma il complimento non era giustificato in
-quell'istante. Elisa non era nè giovane, nè bella. Dimostrava tutti i
-suoi anni, forse più dei suoi anni.
-
-— Parto, — disse ancora. — Vado da una mia zia, malata, alla quale ho
-da lungo tempo promessa una visita.
-
-— Malata... molto?... — chiese la Duchessa col suo formidabile sorriso.
-
-Elisa non sapeva mentire. Arrossì.
-
-— Sì... piuttosto gravemente.
-
-— Ah! davvero! Me ne spiace.
-
-Un sorriso stranamente equivoco schiuse le labbra di Ginevra. Ella si
-appressò con una mossa confidenziale, di compagna, alla poltroncina di
-Elisa.
-
-— Quella cara Contessa! Misteriosa sempre! sempre avvolta di un velo
-di poesia. Ah!... la comprendo... sa!... più di quanto ella creda.
-Per quanto ciò le sembri strano, forse audace da parte mia, ho sempre
-avuta l'intuizione, che, un giorno o l'altro, fra noi dovesse esistere
-un'intesa più intima, meno superficiale di quanto lo concede la nostra
-esistenza così agitata, così frivola... A volte, non ho mai osato
-dirglielo; poichè ella vive in una sfera tanto superiore alla mia. Ma
-se sapesse quanto ho pensato all'isolamento della sua vita, del suo
-cuore....
-
-La Duchessa seguiva attentamente sul volto di Elisa le tracce delle
-sue velate insinuazioni. Non invano era sì subdola e sì crudele. Voleva
-sapere e sapere da lei.
-
-Poichè era in dubbio; un dubbio curioso. Ella aveva bensì, senza mai
-formulare un'accusa precisa, scatenata la calunnia sui passi di quella
-donna; ma in fondo, per conto suo, non era sicura. Sapeva, lei, ciò che
-il mondo bene spesso ignora, cioè che si può lottare vittoriosamente
-anche con una passione vera, che spesso le apparenze ingannano, anche
-nel senso del male, che ci sono delle anime schiave di un principio,
-di un ideale di altera purezza, e per le quali, come per l'ermellino,
-l'idea della macchia è più dura... più crudele della morte stessa.
-
-Elisa sentiva l'oppressione incalzante di quella volontà imperiosa. Un
-ipnotismo pareva costringerla a subire il fascino malvagio di quello
-sguardo.
-
-Ginevra le si era fatta presso ora, assai presso. Il suo sguardo
-dardeggiava vicino, intollerabile. La mano della Duchessa accarezzava
-con un gesto furtivo, pieno di simpatia felina, la povera mano di
-Elisa. E un sorriso dolce, quasi amoroso pareva dire alla misera: —
-Suvvia, dunque, tradisciti; non vedi che son qui, che so, che voglio,
-che devi dirmi il tuo segreto?
-
-— Ella ha sofferto!... sì, deve aver sofferto tanto! — continuò
-Ginevra. — Il mondo non le sa queste cose. Pure, è tanto naturale. Ci
-sono delle fatalità, oh... così dolci, nevvero? E la vita è così breve,
-così pochi i compensi delle sue amarezze. E certi spauracchi, che
-spaventano le anime timide, insufficienti, non bisogna curarsene... mia
-cara amica. La questione è tutta lì, dominare o essere dominata. E lei,
-dopo tutto, è libera, è uno spirito forte, superiore a tante meschine
-considerazioni. La società si contenta di così poco, in realtà...
-basta una piccola, oh... una così piccola dose di _savoir faire_, per
-assicurarsi la sua indulgenza, la sua simpatia, anche nelle questioni
-che riguardano noi... il nostro povero cuore.
-
-Fu intollerabile per Elisa l'umiliazione di quell'istante. Comprese ciò
-che quella donna voleva dire, ciò che implicava la benevolenza del suo
-consiglio, l'allusione tacita che creava fra loro un'analogia... che le
-metteva entrambe, per un momento, allo stesso livello!
-
-E tosto, un istinto, un orgoglio la sovvenne liberandola da quel
-fascino abbietto.
-
-Non si mosse, non ritrasse la mano fredda e rigida dalla mano
-di Ginevra. Rialzò il capo con un moto impercettibile, che non
-l'allontanava più di dieci centimetri dal volto della duchessa, ma che
-parve ad un tratto mettere fra loro una distanza infinita. E la calma
-del suo sguardo parve scendere da una smisurata altezza e ricercare
-la mota di una bassura, mentre ella rispondeva con grande chiarezza e
-pacatezza di voce:
-
-— Duchessa, che intende dire?
-
-Per un istante, forse l'unica volta in vita, Ginevra si sentì vinta, e
-rimase interdetta. Ella aveva provocato un atto inconscio di debolezza,
-un tradimento della volontà disarmata. Voleva la confessione di una
-disfatta. Ma non una discussione, non quel calmo, altero sprezzo di
-sfida!... E la sua crudele curiosità rimaneva insoddisfatta e delusa.
-
-— Nulla — disse ridendo. — Ella, cara Contessa, è, e sarà sempre, un
-angelo, e queste cose profane non la riguarderanno mai personalmente.
-Contuttociò, non me ne voglia se ho osato darle... oh, non oserei mai
-dire un consiglio; e se ne rammenti, all'occasione, come io non mi
-scorderò certo...
-
-S'arrestò bruscamente. Elisa non l'ascoltava più. Il suo volto,
-poc'anzi sì pallido, era soffuso di un rossore squisito che non si
-riferiva a lei, che la metteva in disparte, subitamente.
-
-Un rapido passo virile si accostava all'uscio; la portiera si mosse, e
-Roberto entrò, baldo, spigliato.
-
-La Duchessa lo apostrofò vivamente.
-
-— Oh, Rescuati, bravo, bene ispirato! Qua subito, alla riscossa, in
-mio aiuto. Mi aiuti a scongiurare un grande pericolo, a convertire
-un'ostinata, una cattiva, che vuole, proprio alla vigilia del mio
-ultimo ballo, fuggire, lasciar Firenze.
-
-Sul volto del giovine si dipinse una intensa meraviglia. Si volse verso
-la Contessa, e le chiese con un impeto che non pensava a celare:
-
-— È vero, Contessa, è vero?...
-
-— Può essere. Credo infatti di dover recarmi a Foligno presso mia zia.
-
-— Come? perchè? — interruppe Roberto. — Ma se non mi ha detto niente!
-
-La frase gli era sfuggita imprudente... e la Duchessa l'aveva colta a
-volo. Si volse verso Elisa, ridendo:
-
-— Ha udito, mia cara Contessa? Non bisogna fare così... non bisogna
-mancare di confidenza verso gli amici. Vede cosa succede quando si
-vogliono tener per sè i segreti! Capita una stordita come me, che li
-tradisce ingenuamente, senza pensarci. Perchè, sicuro... non dovevate
-saper niente, voi, Rescuati! E adesso che ci penso... chissà che
-malanno ho fatto... eh, tra voi due?
-
-— Nessun malanno — rispose tranquillamente Elisa. La Duchessa ha detto
-nulla più di quanto avrei tosto annunziato io al conte Rescuati, nonchè
-a quanti amici miei avessi veduti quest'oggi.
-
-— Ma è deciso, proprio deciso? — chiese ansiosamente Roberto,
-avvolgendo la Contessa d'uno sguardo di sì calda ansietà che la
-Duchessa strinse alquanto, dietro le labbra sorridenti, quei tali
-larghi denti sì atti al morso.
-
-— Oh non dica che è deciso — supplicò Ginevra. — Speriamo che la zia
-si rimetta in salute, che non si effettui questa fuga. Marina sarebbe
-impicciatissima se non avesse i suoi consigli pel corredo.
-
-E s'alzò con una specie di grazia brusca, con un sorriso sagace e
-malizioso, come di persona memore ad un tratto che la sua presenza può
-essere inopportuna.
-
-— No, cara, no! — rispose ad Elisa, che, pur alzandosi di scatto e
-simultaneamente a lei, mormorava qualche frase cortese. — Non posso
-trattenermi davvero: ho venti visite da sbrigare, s'immagini! E questo
-matrimonio mi dà un da fare! Marina è così felice che non pensa a
-nulla! E potete immaginare se lo sono io! Contuttociò, pensate che
-fra un anno posso essere nonna. Orribile, n'è vero? Beata lei, cara
-Contessa, che non corre di questi pericoli, che si conserva così
-bella, così fresca, di persona, di cuore, di sentimenti, di affetti, di
-sensazioni...
-
-Le parole piovevano alate, leggere, in un'onda di chiacchiere
-amichevoli, colla volubilità, la grazia di un'effusione quasi tenera.
-Ma così talvolta percuote la grandine, a chicchi piccini piccini, un
-povero fiore, e lacera i lembi delicati dei suoi petali.
-
-Si voltò verso Roberto.
-
-— E voi? — gli chiese a bruciapelo, — vi assentate pure?
-
-Colto all'impensata, lì per lì, il giovine fu per tradirsi, esclamando
-ciò ch'era nel suo cuore. E solo un suo vago istinto salvò la donna
-ch'egli stava per compromettere agli occhi della sua nemica.
-
-— No, — disse tranquillamente, — rimango.
-
-— Ah! — disse la duchessa, dandogli una stretta di mano, che gliela
-lasciò indolenzita, — ecco un bravo figliuolo che non diserta al
-momento del pericolo.
-
-L'ambiguità di quella frase fu subito corretta: — Parlo del mio ballo,
-naturalmente. E ora decisamente vi lascio. Fate le mie parti, Rescuati,
-presso questa bella ostinata. Ragionatele, ammonitela, e sopratutto
-persuadetela a rimanere. La persuasione, oh... sono certa ch'è il
-vostro forte!
-
-Baciò Elisa teneramente. Mentre la baciava, le sussurrò a mezza voce:
-Adorabile!
-
-Elisa accompagnò la Duchessa sino all'uscio, e sostenne le sue frasi
-d'addio, un ultimo sforzo di lei, concretato in una rapida eloquente
-occhiata gettata verso il salotto ov'era rimasto Roberto, in attesa del
-ritorno di Elisa.
-
-Elisa era affranta. Ma la Duchessa si mordeva le labbra scendendo le
-scale.
-
- *
- * *
-
-— Il diavolo se la porti! — esclamò calorosamente Roberto, mentre Elisa
-tornava indietro. — Cos'aveva in capo con tutte quelle storie? Io non
-ci ho capito. E lei?
-
-— Credo, suppongo... Oh, Roberto è terribile quella donna!
-
-— Uhm!... Certo... ha uno spirito, un brio! Ma... mi dica ora,
-Contessa, è vero, è vero?
-
-Ella impallidì. — Vero? Ma cosa?
-
-— Ch'ella parte!
-
-Elisa ebbe un piccolo senso di spasimo — Forse... — mormorò.
-
-Egli insistè — Ma perchè?
-
-— Perchè? — Il perchè vero saliva impetuoso e appassionato alle pallide
-labbra di lei. Ma si dischiusero solo per accampare i motivi plausibili
-della partenza, la malattia, l'appello della zia.
-
-Egli disse irriverentemente: Al diavolo anche la zia!
-
-Non era persuaso. Prese però a riflettere e si ricordò.
-
-— Ah! — disse con accento iroso. — È stato quel giorno, quella lettera.
-Ho ben visto io...
-
-Rimase pensoso, cogli occhi adombrati da una tristezza tenera.
-
-— Quella lettera — disse Elisa — ha certamente contribuito. Ma da tempo
-si andavano realmente accumulando alcuni motivi e delle cause che...
-
-Egli l'interruppe col fare nervoso che da qualche tempo pareva talvolta
-sostituirsi alla sua placida calma:
-
-— Perchè non mi ha detto niente?
-
-Ma non attese risposta e un amaro sorriso sfiorò le sue labbra. —
-Capisco... Non ho nessun diritto alla sua confidenza.
-
-— Siete ingiusto... Roberto. Sapete pure quanto vi sono affezionata e
-il conto che faccio di voi. Vi accerto che siete nel novero... dei miei
-più cari amici.
-
-— Certo! — diss'egli, con una specie di acredine — nel novero, assieme
-agli altri. Ma capisco. Sono così giovane, nevvero?
-
-S'interruppe bruscamente. — È vero dunque che parte? — le chiese un
-momento dopo.
-
-Ella chinò il capo, assentendo.
-
-Roberto tacque, mordendo il pomo della sua mazza.
-
-Poi, con un accento quasi smarrito, fioco, dolcissimo: — E io? — chiese.
-
-La Contessa strinse le mani rigidamente. Le strinse così... per
-trattenerle, perchè non cingessero, appassionate, in un folle
-trasporto, il collo di Roberto.
-
-Sorrise e gli disse:
-
-— Oh! non vado mica via per sempre. Per un poco, così... Tornerò, mi
-scriverete... Andrò forse anche in campagna o da vostra madre e ci
-vedremo ancora presto.
-
-La sua voce era tremante, ed ella cercava di farla risoluta e gaia,
-lottando anche contro un malessere fisico che l'invadeva.
-
-Ma Roberto non era persuaso.. E colla crudeltà cieca, che è
-talvolta indivisibile dall'amore, insisteva, con quello sguardo, con
-quell'accento sempre più dolci, più teneri.
-
-— Ma lo sa, lo sa pure ch'io non posso... che ho tanto bisogno di
-vederla!... che voglio vederla sempre; che non potrei vivere senza di
-lei!
-
-Elisa volle ridere. Il riso indulgente di chi oda una gustosa
-corbelleria. Ma nella sua gola, subitamente stretta da uno spasimo, il
-riso, chiaro dapprima, assunse un suono sibilante. Si fe' persistente,
-convulso, mentre il corpo era scosso da violenti contrazioni e la testa
-si riversava come quella d'una morta sulla spalliera della poltroncina,
-mentre gli occhi assumevano uno sguardo fisso e indeterminato.
-
-Roberto non aveva esperienza di ciò che era, in realtà, nulla più che
-un semplice attacco nervoso.
-
-Era realmente spaventato, non sapeva che fare. Gettatosi in ginocchio
-al fianco di Elisa, le stringeva le mani, la chiamava, scongiurandola a
-dirgli cos'avesse, cosa volesse. Ma ella rideva sempre, senza udirlo,
-senza vederlo, dibattendosi; solo un istante fra due scoppi di quel
-riso pauroso, fra il gorgoglio di frasi indistinte, egli udì, mormorato
-come un appello, come uno scongiuro, il suo nome...
-
-Balzò in piedi. La guardò. Erano soli, ella era incosciente. Qualcosa,
-un'onda di sangue parve salire alla fronte di lui, qualcosa di simile
-al terrore di sè stesso che l'aveva assalito durante l'ultima visita di
-lei in casa sua, come infermiera. Per un minuto, come allora, larghe
-goccie di sudore imperlarono la fronte di Roberto, una confusione,
-un'onda di sensazioni lo scossero profondamente, in un rimescolìo di
-tutti i suoi buoni e cattivi istinti. Ma non invano s'alzò suprema
-un'altra voce, un senso di rispetto, di gratitudine, d'onore! Non
-invano il sangue freddo di lui reagì alla sua volta. Egli si mosse di
-là, andò dov'era il campanello elettrico e premette risolutamente il
-bottone.
-
-Al domestico che giunse frettoloso: — La signora si sente poco bene.
-Chiamate la cameriera — disse il giovane.
-
-Quasi subito, Elisa ricuperò la coscienza di sè stessa, e con un
-brusco repentino atto di volontà si riebbe. Volle alzarsi, in un impeto
-inconsulto, ma Roberto la trattenne.
-
-— No, no, si riposi.. Si è sentita male, nevvero? Ma non è nulla.
-Ho suonato... verrà la cameriera. Non si agiti, la prego, per farmi
-piacere!
-
-Ella ubbidì come una bambina a quella voce sì cara. I suoi nervi
-s'acquietarono. Sorrise e chiuse gli occhi, senza pensare a nulla, nel
-fascino di quella sollecitudine, nell'incanto di quella preghiera, in
-quella specie di assoluta prostrazione di forze che la toglieva tuttora
-alla responsabilità di sè stessa.
-
-La cameriera entrò in fretta, sgomentata, recando dei sali. Ma Elisa
-s'era già riavuta, la piccola crisi era passata.
-
- *
- * *
-
-Due settimane passarono e la contessa Serramonti non era partita.
-
-Aveva assistito al grande ultimo ballo in casa d'Accorsi, aveva veduta
-Marina, a fianco del suo fidanzato, ricevere gli omaggi di tutta la
-società, con una calma e una dignità che avevano formata l'ammirazione
-universale. Era di una bellezza squisita, più marmorea, più olimpica
-che mai. Il Principe era evidentemente sotto l'impero di un fascino
-e la sua vecchia faccia di soldato ad oltranza aveva dei luminosi
-riflessi di orgoglio; il suo busto si ergeva, dando alla persona una
-marziale rigidità di posa, quando il suo sguardo s'incontrava in quello
-limpido, grave della sua fidanzata. Si sussurrava di doni favolosi, di
-feste splendidissime che si preparavano nella piccola capitale in cui
-egli avrebbe condotta la fanciulla che il suo capriccio imponeva quale
-sovrana all'arcigna aristocrazia del suo piccolo regno.
-
-Contuttociò, il contrasto degli aspetti era pure spiccato fra quei
-due, e avrebbe dolorosamente colpito chiunque avesse potuto in quella
-sera giudicare a mente fredda la realtà brutale o semplicemente
-illogica di quelle nozze. Ma chi ci pensava?... Un momento la contessa
-Serramonti (che tutti trovavano molto bella quella sera), si senti
-il cuore stretto da un senso di compassione. Ma a chi avrebbe potuto
-comunicarlo? E chi avrebbe compreso quel sentimento, se invano ella
-aveva tentato di comunicarlo a Marina stessa?
-
-E ora, da qualche tempo in qua, non osava più giudicare, nè condannare.
-Si sentiva ella giudicata, malgrado il vero, dalla malevolenza, dal
-cinico scetticismo mondano. Indovinava la insolente curiosità dei
-più. Sentiva la indagatrice, la insultante nuova forma di ammirazione,
-tributatale da alcuni; avvertiva che le loro premure erano in realtà
-sollecitate da quel vago olezzo di scandalo ch'ella stessa sentiva
-aleggiarsi d'attorno. Capiva che le apparenze, per quanto innocue in sè
-stesse, militavano contro di lei, che l'accettazione universale della
-calunnia, sì sottilmente sparsa, la precipitava non solo dall'antico
-piedestallo, ma all'ipotesi della disfatta aggiungeva una spruzzatura
-di ridicolo per le speciali circostanze del caso, per la differenza
-d'età, per l'indole della missione che tutti sapevano esser stata
-assunta da lei... E tutto ciò gratuitamente, perchè il mondo giudica
-così, e se ride ha, per ridere, la ragione migliore, quella del più
-forte. Ed ella si sentiva in preda a questo. E sentivasi altresì
-ch'ella giocava ormai un gioco pericoloso e crudele, che più volte già
-s'era trovata bruscamente di fronte a delle eventualità, ch'ella non
-avrebbe certo, tempo addietro, credute possibili.
-
-Tentava bensì per quanto era in poter suo di attenuare le conseguenze
-della sua passata imprudenza, dell'incoscienza assoluta colla quale
-ella aveva dapprima fatalmente trascurata la situazione.
-
-Pure, non doveva dar nell'occhio questo segreto intento; l'intimità
-ch'ella aveva sdegnato un tempo di temere e di nascondere poi, non
-doveva parere alterata, bisognava continuare come si era cominciato.
-
-Roberto aveva certo, anch'egli, sentore del sospetto appena mitigato
-di dubbio, che molti intrattenevano circa l'indole delle sue
-relazioni colla Contessa. Non faceva nulla per avvalorarlo e i suoi
-istinti di vero gentiluomo si sarebbero indubbiamente ribellati
-contro una palese allusione, che nessuno d'altronde avrebbe tentata,
-davanti alla correttezza del suo contegno e al suo fare risoluto ed
-indipendente. Noi sappiamo che, nel suo schietto amore per Elisa,
-c'era quell'elemento di rispetto per la donna amata che sembra quasi
-il correttivo ed il freno della passione a cui si accompagna. A questo
-sentimento, nonchè alla disperata risoluzione di Elisa d'ignorare
-l'amore di lui, egli, o meglio ella, doveva l'eccezionalità delle cose
-quali erano realmente. Ma con tutto ciò, Roberto era giovane, inesperto
-dell'incredibile attitudine umana a braccare lo scandalo, ignaro
-dell'arte consumata colla quale le vecchie esperienze mondane sanno
-decorosamente, in casi simili, dare, come suol dirsi, della polvere
-negli occhi.
-
-Indifferente un po' per spensieratezza, un po' per logica naturale di
-_enfant gâté_, all'opinione altrui, egli non aveva della posizione sua
-in società, di fronte ad Elisa, quell'intuito preciso che avrebbe forse
-potuto meglio aiutare entrambi a difendere la situazione.
-
-Nel suo carattere non entrava quel morboso terrore del ridicolo che
-ha talvolta sulla gioventù un'azione sì bizzarramente paralizzatrice.
-Prima di conoscere la contessa Serramonti, non avrebbe forse ammessa la
-possibilità ch'egli, a ventitrè anni, si innamorasse di una donna che
-aveva sedici anni più di lui; ma dal momento che la cosa era accaduta
-così per l'appunto, che c'entravano gli altri? La contessa Elisa a
-trentanove anni era una donna che qualunque uomo sarebbe stato fiero
-d'amare. E se egli deplorava la differenza d'età, era solo pel timore
-(giustificato apparentemente dall'intuitivo sistema di difesa della
-Contessa) ch'ella lo trovasse troppo giovane, troppo ragazzo. Del
-resto, egli non pensava più che tanto; amava, semplicemente.
-
-Gli pareva dunque la cosa più naturale del mondo di trovarsi con
-lei quanto più gli tornava possibile, di recarsi in tutti i luoghi
-ove sapeva che l'avrebbe incontrata, di rimanere, sinchè gli fosse
-concesso, nel raggio di quella dolce bellezza, nell'agio e nella
-gioia di quella simpatia, di quell'indulgenza amorosa, che non lo
-fraintendeva, nè lo tormentava mai.
-
-Provava un senso di malumore quando in società la vedeva accaparrata
-da altri e non lo celava abbastanza, come non celava abbastanza il
-buon umore che susseguiva quando, poco dopo il suo sopraggiungere
-nel crocchio della Contessa, questo si andava talvolta gradatamente
-assottigliando, sino a lasciare, dopo un certo tempo, il campo
-libero. Tutto ciò era un poco egoista e crudele, ma in fondo non più
-biasimevole di quanto lo sia la contentezza di un piccolo naturalista
-che ha acchiappata una magnifica farfalla e la stringe alquanto perchè
-non gli voli via, a rischio di ammaccarle un poco le ali. E non lo ha
-forse detto Lafontaine:
-
- _Cet âge est sans pitié!_
-
- *
- * *
-
-Elisa soffriva naturalmente di tutto ciò. Era uno dei più gravi capi
-d'accusa che moveva a sè stessa, quello d'essersi fatta oggetto di
-siffatte sofferenze. E, a volte, ciò le pareva incomportabile e la
-causa più assoluta, più urgente della soluzione offertale... dell'unico
-scampo, la fuga!
-
-Sola, non aiutata, cercava di attenuare gli effetti di quella
-falsissima posizione. Manovrava dunque perchè egli, in pubblico, le
-fosse vicino il meno possibile. A furia di ragionamenti, accampando
-mille pretesti, lo costringeva ad allontanarsi, ora per aiutare la
-padrona di casa, ora per far ballare questa o quell'altra signora o
-signorina... Ma quando egli, borbottando, se n'era andato, quando
-ella da lungi lo vedeva fatto segno alle più festose accoglienze,
-accaparrato alla sua volta dal più brillante elemento della festa,
-quando vedeva fissarsi su di lui qualche acuto sguardo di donna, una
-nuova forma di sofferenza si sovrapponeva a quell'altra e una specie
-di smarrimento si metteva nei suoi pensieri, un confuso terrore delle
-possibilità stesse, che a volte ella invocava, quasi imponendo al
-suo cuore la rude disciplina di accettarle preventivamente!... E il
-suo ritorno accanto a lei, il primo sguardo in cui ella ritrovava
-l'imprudente passione, la prima parola che glielo rendeva premuroso,
-suo, come prima, le parevano una visione, una musica celeste, gettavano
-nel suo cuore un'intensità sì acuta di gioia che diventava un oblìo di
-tutto il resto!
-
-Era riuscita quella sera, in casa d'Accorsi, a tenerlo quasi sempre
-lontano. Non aveva ballato che due contraddanze e un lanciere, e non
-con lui. Era andata al _buffet_ col Conte e con Serristano, s'era
-trattenuta a lungo con alcune vecchie signore, e ora prolungava un fine
-colloquio con Sacha Dzworoff più tisico e più maligno che mai, e sempre
-incorreggibile nella sua antipatia per Roberto. Appunto in omaggio alla
-tenacità di questo sentimento, egli si era deliberatamente schierato
-fra gli ammiratori della contessa Serramonti.
-
-Ciò aveva fatto rider molti. Egli che l'aveva sempre chiamata il Polo
-nord!... Ma se lo faceva, era, a detta sua, solo per far dispetto a
-quel ragazzaccio, del quale diceva con sottilissima ironia:
-
- _Aux innocents les mains pleines!_
-
-Strano davvero. Ora Sacha trovava dello spirito in quella donna,
-un fascino che non aveva mai avvertito e che accendeva in lui delle
-bizzarre fantasie.
-
-Godeva, come si è detto, di una specie d'impunità. Ed egli usava,
-abusava anzi, dei suoi privilegi di eterno monello moribondo. E ciò che
-disse quella sera, con quel suo equivoco sorriso, all'orecchio della
-contessa Elisa, mentre la riconduceva al suo posto dopo il secondo
-lanciere, fu abbastanza ardito perchè un senso d'indignazione intima
-facesse salire alla fronte di Elisa una subita vampa, perchè ella,
-senza esitare, con una breve, ma non dubbia frase, con un lampo fiero
-dei suoi splendidi occhi, rimettesse a segno la mala ispirata audacia
-del giovane. E fu così bella, così nobile, così signora nel suo sdegno
-che la faccia, già sì pallida, del Russo assunse una tinta livida, ed
-egli dovette attendere un momento perchè il suo spirito gli suggerisse
-qualcosa di simile alla solita imperturbabile disinvoltura. Ma non
-fu un tratto di spirito ciò che gli salì alle labbra, fu una sola,
-sincera, profondamente detta parola:
-
-— Perdonatemi.
-
-Elisa abbassò su di lui la subita pietà del suo sguardo. Lo vide, qual
-era, coi segni della morte sul volto, si rammentò essere ormai poco
-lungi il termine che la scienza presumeva fissato ai giorni di lui. Ed
-egli disse ancora:
-
-— Perdonatemi. Sapete che muoio e siete così belle, la vita e voi!
-
-La salutò e se ne andò bruscamente. Ed Elisa non la vedrà mai, mai
-più quella pallida faccia, sulla quale ella sola, Dio sa da quanto
-tempo, aveva letta poc'anzi la espressione di un sentimento vero, di un
-sincero rammarico, non camuffato di sarcasmo mendace.
-
-Poichè egli morì quindici giorni dopo, quasi inaspettatamente e con
-moltissimo spirito!
-
-Ella era rimasta sola per un momento al posto dove Sacha l'aveva
-lasciata. La sua fisonomia recava visibile la traccia della recente
-eccitazione. Ma le parve ad un tratto d'essere investita da una
-corrente d'aria fredda. Si voltò e vide che l'aveva raggiunta la
-padrona di casa.
-
-Ginevra pareva contemplarla ironicamente.
-
-— Ebbene — le disse — ha messo in fuga anche il mio povero Sacha?...
-
-Era una sofferenza quasi intollerabile, per Elisa, il suono di quella
-voce stridente. E il solo aspetto di quella donna pareva fugare,
-irridere quanto nel cuore era il senso esclusivamente suo della vita,
-del dolore, di tutto ciò che è umano.
-
-Stava per rispondere, ma Ginevra non gliene lasciò il tempo.
-
-— Ah! come è stata carina di non mancarmi stasera; non me ne sarei mai
-data pace. Ecco Berto Rescuati che viene in cerca di lei.
-
-Il giovane veniva infatti in cerca di Elisa, e la Duchessa, con un
-sorriso discreto, si mosse per andar via. Ma tornò indietro un momento
-solo per dire: — A proposito, cara Contessa, la zia è completamente
-ristabilita, nevvero? Quanto ne sono lieta!
-
-Poi se ne andò, ridendo.
-
- *
- * *
-
-Elisa rientrava dopo una delle sue lunghe passeggiate mattutine.
-
-Aveva scelte in quel giorno le Cascine, ove non andava più da parecchie
-settimane, per non incontrarsi con Roberto, il quale soleva recarvisi
-ogni giorno a cavallo. Nei tempi «inconsci» erano stati per lei uno
-dei migliori momenti della giornata quegli incontri non concertati
-nei grandi viali così diversi, nella loro solitudine mattiniera,
-dell'ingombro chiassoso della passeggiata propriamente detta. S'era
-attardata laggiù... piena il cuore dell'immagine di lui, memore
-dell'intuito che, sollecitando i battiti del suo cuore, l'avvertiva
-quale fra i vari passi di cavalli, ch'ella udiva echeggiare nei viali
-laterali, fosse per l'appunto il passo di _Thor_, il cavallo favorito
-di Roberto. Sentiva quel passo farsi più veloce, ad un tratto, quando
-Roberto l'aveva ravvisata. In un attimo le era accanto, ed era una
-piccola fermata di chiacchiere. Quando egli ripartiva, faceva impennare
-il cavallo, lo costringeva a degli scambietti, si compiaceva di tutto
-ciò che lo faceva figurar bene in sella, nella vanità dolce d'esser
-così visto da lei, ben sapendo ch'ella gli terrebbe dietro collo
-sguardo... ma non sapendo ancora quanto ella mettesse, in quello
-sguardo, della illusa anima sua! A volte, egli mandava ad aspettarlo
-colà il suo palafreniere, e, raggiunta la Contessa, scavalcava e,
-affidato il cavallo all'uomo, veniva compagno ad Elisa pel resto della
-passeggiata. Ed ella _allora_ non sapeva, non temeva, credeva di poter
-vivere così nella gioia cieca e pura di quelle ore sì belle, in cui il
-solo accento delle parole di lui bastava per dare al suo orecchio la
-percezione di una ignota scienza, di tutto quanto havvi di bello, di
-gentile, di sacro nella primavera dell'umana esistenza, la gioventù!
-
-Ora, la lunga passeggiata l'aveva compita sola. Egli non era accanto
-a lei, si trovava con tutto il fiore della società mascolina di
-Firenze ai funerali di Sacha Dzworoff. Elisa rincasava col senso
-invano combattuto di un indefinibile vuoto, di una lassezza cagionata
-non solo dal lungo tratto di via percorso, ma anche dall'impressione
-deprimente della primavera che già si spiegava, mettendo nell'aria dei
-vaghi effluvi di campagna, degli olezzi indefiniti, che davano al corpo
-dei piccoli brividi nervosi, e alla mente una specie di assorbimento,
-d'inerzia, di disarmo. Sceglieva pel suo percorso, anche a costo
-di prolungarlo, le vie più isolate, per un istinto di solitudine,
-coll'idea che forse così potrebbe facilmente concretare la forma della
-decisione ch'essa _doveva_ prendere di fronte a sè stessa a qualunque
-costo!
-
-Dalla piazza degli Zuavi, costeggiò il viale Principe Umberto, poi si
-mise per via Luigi Alamanni. Senonchè, presso allo sbocco di questa
-sul Piazzale della Stazione, s'arrestò ad un tratto, e si ritrasse.
-Una musica funebre riempiva l'aria di note lamentose, una sfilata
-di persone vestite a bruno passava, formando corteo ad un carrozzone
-mortuario, sul quale, completamente affondata in mezzo ad una piramide
-di mazzi e di ghirlande di fiori freschi, stava la bara di Sacha
-Dzworoff. Davanti al carrozzone camminava il pope della sua chiesa,
-seguita da due accoliti e dai simboli del culto greco. Quando passò il
-feretro davanti allo sbocco della via Alamanni, un venticello fresco
-spinse in quella direzione un'acuta folata dell'olezzo di quei fiori,
-e quell'olezzo investì Elisa come se il povero Sacha volesse così,
-trovandola sul suo ultimo passaggio, salutarla ancora, fare omaggio
-di ammenda a quella donna che egli aveva offesa, ma di cui aveva sì
-umilmente implorato il perdono, dicendole ch'egli moriva e che erano
-così belle... lei e la vita.
-
-Gli occhi di quella donna si velarono di lacrime, ed ella ebbe un
-pensiero d'infinita pietà per quel morto, che stava per cominciare
-il suo lungo viaggio verso la Russia, verso il grande sepolcreto di
-famiglia, ove lo voleva vicino, a portata del suo disperato dolore, la
-donna che lo aveva partorito! Gelata dietro un crocchietto di popolane,
-ammirate dello spettacolo, Elisa assistè a tutta quanta la sfilata. E
-finalmente, quasi in coda al corteo, assieme ad altri giovani, ravvisò
-Roberto.
-
-Egli non la vide dapprima. Camminava grave, decoroso, col corretto
-contegno della circostanza. Ma di subito, per un impaccio di carrozze
-avvenuto alla testa del corteo, questo si fermò... e Roberto svagato,
-chiamato forse magneticamente dall'appello, dalla fissità rapita
-dello sguardo di Elisa, mosse il proprio verso di lei, e nel suo quasi
-nascondiglio... la ravvisò.
-
-Non si mosse, non la salutò. Parve intendere ch'ella non volesse essere
-avvertita da altri. Scambiò solo con lei un sorriso furtivo d'intesa,
-così luminoso, così pieno di gioconda sorpresa, di tenerezza, d'ardore
-che Elisa si sentì penetrata di una dolcezza ineffabile, di un senso
-folle di letizia cieca, assorbente, irresistibile. E nello sguardo col
-quale rispose a quello di Roberto... ella... obbliando per un secondo
-tutto ciò che era l'impressione del momento, mise tutta la sorpresa
-anima sua... tutta l'inconscia dedizione di sè stessa in un trasporto
-d'amore vittorioso, senza limiti...
-
-Roberto ebbe come un abbagliamento, le sue palpebre si socchiusero.
-
-Ma la sfilata ricominciava in quel punto, ed egli dovette rimettersi in
-via senza voltarsi. Dietro quel feretro, camminava lento, grave, colla
-gioia senza freno di ciò che gli era parsa una rivelazione suprema...
-una confusa, una appassionata confessione!... E Sacha se ne andava
-davanti a lui, verso il sepolcro che aveva tanto paventato, nel gelo
-eterno che fiamma d'amore non discioglie!... E la contessa Elisa,
-nel suo nascondiglio, palpitava smarrita... inebbriata, con un solo
-pensiero, un solo istinto!... Roberto.
-
-Collo sguardo folle, inebbriato anch'esso, seguiva nella sfilata
-il passo di Roberto. Di Sacha, morto, non si ricordava certo, in
-quell'istante, ma ancora alle sue orecchie, come un inno sonoro di
-gioventù, di felicità, vibravano quelle parole giustificatrici...
-assolvitrici di tutto: Siete tanto belle voi e la vita!
-
- . . . . . . .
-
-Quando giunse a casa, erano le undici e mezzo. Appena entrata udì una
-novità. Che, in assenza sua, un'ora prima, era giunta una signora che
-il portinaio, nuovo di casa, non conosceva.
-
-La signora aveva detto di mandare alla stazione a ritirare due bauli.
-Intanto aspettava in sala.
-
-Elisa, entrando, si trovò davanti a zia Balbina.
-
-— La montagna non veniva verso di me, ed io son venuta verso la
-montagna, — le disse tranquillamente la degna signora. — Spero che
-andremo subito a far colazione. Ho un appetito formidabile, mia cara
-Elisa!
-
-
-
-
-XIII.
-
-
-Per alcuni giorni non vi furono spiegazioni.
-
-La zia Balbina non aveva accennato comechessia ai perchè della sua
-venuta, non aveva neppure alluso alla sua lettera, rimasta senza
-risposta. Era venuta per dar battaglia, ma si limitava per ora a
-studiare il terreno.
-
-L'accoglienza di Elisa fu doverosa, nulla più. Ella aveva sempre avuta
-un'immensa considerazione pel famoso senno pratico di zia Balbina
-ed una sincera riconoscenza per le molte prove d'interessamento
-che n'aveva ricevute, ma in questi sentimenti non era mai entrata
-la simpatia. Ed un suo innato senso d'indipendenza si ribellava al
-despotismo un po' sprezzante che era sempre stato caratteristico della
-zia Balbina.
-
-E poi... sciocchezze, ubbie, ingratitudine forse; ma strano a dirsi,
-era sempre lei, zia Balbina, quella che veniva a scuotere le persone
-quando erano in preda al sonno d'un'illusione!... Era lei, sempre
-lei ad avvertire, a mettere il dito esattamente là dove la piaga era
-più dolorosa e più celata, lei ad insegnare il rimedio più amaro,
-la forma di rassegnazione più razionale, più consona al suo ideale
-di rassegnazione. Essa distribuiva benevolmente i tesori della sua
-farmacopea spirituale, ma coll'obbligo assoluto di trangugiarli, a
-tutte le persone che onorava della sua protezione.
-
-Elisa era sempre stata prima fra queste, specialmente all'epoca in cui
-aveva la buona abitudine di lasciarsi assolutamente consigliare da lei.
-
-A dir vero, questa preferenza aveva subìto una certa alterazione
-allorchè, rimasta vedova, la contessa Serramonti aveva opposto una
-imprudente opposizione alla magnanima offerta d'andare a star presso
-la zia. Ma la zia Balbina era tenace nel generoso proposito di voler
-far del bene alle persone che amava, anche se queste non fossero state
-completamente persuase della infallibile efficacia del suo intervento.
-Ella era assai ricca, e certi altri nipoti che accettavano devotamente
-i suoi consigli, anche correndo il rischio di una possibile delusione
-per l'avvenire, avrebbero dato di gran cuore molto del proprio perchè
-Elisa, con qualche amabile sproposito o in qualsiasi altra maniera,
-riescisse ad alienarsi un po' di quel formidabile bene che la zia
-Balbina non mancava di professarle, assieme ad un profluvio di elogi
-per quella nipote ammaestrata da lei. E quasi quasi, in fondo a quel
-cuore di benefica virago, c'era un lievito di pia soddisfazione che la
-profezia emanata dal suo alto senno si fosse un pochino avverata.
-
-Intendiamoci: un pochino, giusto quel tanto che ci voleva per rendere
-necessario il suo intervento, e persuadere Elisa che talvolta i
-consigli pratici possono tornare, dopo tutto, non inutili. Perchè in
-fondo sapeva benissimo, lei... ch'erano tutte ciarle. Figurarsi! Sua
-nipote! Una donna di tanto senno; educata da lei! Per i ciarlieri
-basterebbe la sua presenza... Per Elisa una sua parola!...
-
-Elisa la sentiva in aria quella parola sospesa sul suo capo... come la
-spada di Damocle. Il giorno stesso del suo arrivo, a zia Balbina era
-stato presentato Roberto Rescuati. Povero Roberto! che sorpresa per
-lui, trovarsi di fronte inevitabilmente, quella degna signora, che lo
-guardava attenta, paziente, servendosi qualche volta dell'occhialino,
-come se si trattasse di un grazioso insetto d'una nuova specie!
-Era stata piuttosto gentile per lui e s'era degnata di dire ch'era
-abbastanza distinto, ma c'era nel tuono della sua voce, quando gli
-parlava, qualcosa di così serenamente sprezzante nell'apparente
-bonarietà, che Elisa, più ancora di Roberto, ne risentiva delle vere
-trafitture. La zia Balbina aveva subito assunto con Rescuati un fare
-leggermente ironico, lo aveva chiamato talvolta: giovanotto, e c'era
-proprio voluto lo sguardo supplichevole di Elisa a lui rivolto, una
-specie di sorriso di semi confidenza, perchè egli mandasse giù, in
-santa pace, l'appellativo.
-
-Il giovane era, come può credersi, potentemente seccato; un'irritazione
-violenta lo coglieva a volte davanti a quell'intervento inatteso,
-ingrato, e in cui subodorava un'ostilità sistematica. Quando c'era
-gente da Elisa, la zia Balbina si permetteva qualche assenza dal
-salotto, ma non appena era libero il campo, ella, come avvertita da
-un dispettoso spirito familiare, compariva tosto, sempre elegante
-nella sua ricca austerità di vestiario, col suo occhialino, col suo
-ricamo di tappezzeria, colle sue lane. Aveva un vezzo tutto suo di
-non dare importanza alla presenza di Roberto, di costringere Elisa
-ad occuparsi con lei di cose alle quali egli non poteva o non sapeva
-interessarsi: ora le chiedeva il suo parere su un'opera scientifica,
-ora la intratteneva di vecchie conoscenze, di vecchi episodi. Altre
-volte, rivolgeva a Roberto una specie d'interrogatorio sugli studi
-fatti, sulle sue idee a proposito delle questioni sociali, e ascoltava
-le risposte con un mezzo sorriso distratto, come di un professore
-che pensa: Quanti punti dargli a quell'allievo? In modo che Roberto,
-esasperato, finiva per lo più coll'andarsene, recando in cuor suo
-un vero impeto d'esecrazione per quella donna che nulla lasciava
-d'intentato per farlo figurare come un ragazzo agli occhi di Elisa.
-Tale era veramente il piano della zia Balbina. In sè, non sarebbe stato
-un cattivo piano. Ma nell'attuarlo la donna superiore scordava due cose
-soltanto: il senso della misura e la forza della reazione.
-
-Roberto si schermiva come poteva, e... tornava.
-
-Il fascino che lo attirava presso Elisa pareva anzi fortificarsi
-nell'attrito dell'ostacolo. Gli pareva quasi una sfida l'insolenza
-di quella vecchia, in cui egli aveva subito odorata una nemica,
-e che, stuzzicandolo, destava in lui la fiera più o meno assopita
-nell'antro di ogni cuore umano, l'amor proprio. Dal contatto con
-quella arcigna aggressiva superiorità di virago, spiccava, per forza
-inevitabile di contrasto, quella sì squisitamente femminile di Elisa...
-quella superiorità pietosa, ignara di sè stessa, che pareva fondersi
-soverchiata, come un elemento assimilato, in una rivelazione diffusa
-dell'_amatività_ squisita di quella donna. Pochi, ben pochi l'avevano
-compreso, il cuore di Elisa, meno di tutti la zia Balbina... Roberto ne
-aveva un sentore. Ci credeva appunto perchè sentiva direttamente _egli_
-il riflesso di quel raggio e godeva del suo calore, senza chiedersi
-bene donde diramasse, nè qual grado di intensità potesse raggiungere.
-Ci credeva colla cieca sincerità del suo intuito e coll'audacia
-della sua stessa inesperienza. E l'ostacolo sollecitava il suo
-desiderio; Elisa gli pareva ora più bella, più attraente che mai, come
-ringiovanita da quella incresciosa tutela di guardiana.
-
-Essa aveva, per lui, quasi un segreto compenso per la cortese pazienza
-colla quale egli tollerava con apparente filosofia, il nuovo stato
-di cose, una specie di più confidenziale e in uno di più seria
-familiarità. Talvolta certi sorrisi, certi sguardi anche involontari
-tradivano, come una tacita connivenza coi suoi sentimenti, una
-birichina intesa della sua dissimulata tolleranza. E allora c'era come
-una malizia tenera nei suoi sguardi, qualcosa che lo rapiva come una
-intima gioia, e gli faceva battere il cuore di una vaga speranza. Nei
-brevi momenti in cui erano soli, quei frammenti d'intimità assumevano
-un'indole di strana intesa. Elisa e Roberto respiravano allora un'aria
-di sollievo, che pareva quasi comunicarli nella coscienza d'una cara
-complicità di ribellione, creare fra essi come un legame nuovo, che
-diminuiva le distanze, parificava i sentimenti.
-
-Pure quei momenti, quelle concessioni pietose di Elisa sortivano
-talvolta un effetto contrario. La reazione prendeva inaspettatamente
-un'indole pericolosa. Roberto si esaltava facilmente: c'era un
-pericolo, ravvisabile ora... nell'ardore con cui egli ne approfittava,
-e nell'esigenza con cui li voleva rinnovati, prolungati il più spesso
-possibile. Un non so che d'imperioso, di tormentato veniva sempre
-a galla, ora, in quei colloqui quasi furtivi e in cui Elisa, nel
-fanciullo tenero, amoroso, vedeva lampeggiare un altro essere, un
-uomo che soffriva, che si frenava, ma tormentosamente, alle prese
-con un segreto volere, con un'aspirazione impetuosa non determinata,
-no, ma prepotente. Egli diventava allora irrequieto nei modi, con un
-non so che di aspro e insieme di snervato, aveva delle mezze frasi
-amare, sragionevoli, che Elisa rintuzzava dolcemente come se non le
-prendesse sul serio, ma che lasciavano non solo nel suo cuore, ma in
-tutto l'esser suo, un'impressione acuta, scottante, un senso vagamente
-appassionato e pauroso.
-
-Intanto, zia Balbina non poteva trovare appiglio al contegno di
-loro due; era incensurabile.... ma, tant'è, quell'intimità, quella
-confidenza di lui, quella condiscendente bontà di lei... due o tre
-misteriosi sorrisi scambiati fra loro e colti a volo, le davano un
-certo pensiero.
-
-E anche nei suoi rapporti con lei, Elisa non era più la stessa. Sempre
-deferente e rispettosa, piena di premure pel suo benessere, docile a
-qualunque espresso o solo accennato desiderio, poteva dirsi tuttavia
-una nipote esemplare.
-
-Ma la remissività antica, l'adesione assoluta alle viste della zia
-erano scomparse. Elisa evitava con molta cura le discussioni che zia
-Balbina cercava talvolta d'intavolare su argomenti delicati e che
-avrebbero potuto condurla su un terreno scottante. Vigilante anch'ella,
-odorava l'agguato, e si sottraeva, per istinto più che per altro, per
-un vago, codardo terrore della brusca cessazione dei _suoi_ dubbi, per
-la paura di veder concretati, in forma precisa, i doveri assoluti della
-situazione. Il che non era eroico, certamente.
-
-Ma a retroguardia di questo, c'era un altro sentimento, una naturale
-reazione di amor proprio di donna, una ribellione segreta contro
-quell'intervento non chiesto, e quell'inquisizione, che l'offendeva
-anche nel pudore delicato di quell'amore ch'ella aveva voluto
-mascherare a tutti e persino a sè stessa, che era la sua gioia e la sua
-tortura, feconda di emozioni, di angoscie intimissime, appartenenti ad
-un genere pel quale il linguaggio non ha parole, nè analisi possibile
-la scienza psicologica, tanto sono misteriose ed indefinibili le sue
-vibrazioni.
-
-Pure, di queste emozioni, il mondo aveva avuto sentore prima ancora
-di lei, le aveva, colla brutalità logica de' suoi giudizi, spiate nel
-suo cuore. Snaturandole col solo alito suo, ne aveva fatto un balocco
-per suo uso speciale, uno scandaletto piccante, a cui alcuni non
-prestavano, altri fingevano di non prestar fede.
-
-Ma la storiella, coi suoi vari aspetti, correva pei salotti. Ed Elisa
-lo sapeva, ed era per quella donna uno strazio senza fine. Reagiva
-bensì colla coscienza della sua battaglia, ch'era ancora una vittoria.
-Nella superiorità del suo spirito sì forte, poteva trovarsi, assieme
-all'acuto dolore, anche il disprezzo della calunnia. Ella poteva, dopo
-tutto, ignorarla!
-
-Ma la cosa era diversa, ora, di fronte a zia Balbina.
-
- *
- * *
-
-Avevano recata la posta.
-
-Non c'era nulla per Elisa, e zia Balbina chiese il permesso di aprire
-le due lettere venute per lei. Si ritrasse a leggerle presso la
-finestra.
-
-Roberto approfittò di quella mossa per sedersi vicino alla contessa
-Elisa, e scambiare qualche parola con lei a bassa voce, naturalmente,
-per non disturbare la leggitrice.
-
-— Oh... guarda Elisa, — escì a dire improvvisamente la zia Balbina.
-— Mi scrive l'avvocato per quell'affare che sai... la lite coi
-Montestano. Bisogna che io parta uno di questi giorni.
-
-Chinò di nuovo sulla lettera il suo sguardo sagace. Ma questo aveva già
-fatto bottino di quello involontario, raggiante che s'erano scambiato
-in quell'attimo Elisa e Roberto. Già ella aveva veduta la subita
-alterazione del volto di sua nipote.
-
-Finalmente! pensò, chiudendo con diligenza la lettera che non era
-affatto del suo avvocato e che non la chiamava per nulla in luogo
-alcuno.
-
-Miserabile, lo stratagemma. Ma era riuscito. Ora poteva parlare ad
-Elisa.
-
- *
- * *
-
-Calmissime, entrambe.
-
-La zia Balbina era in funzione. Già da dieci minuti il suo dito
-s'addentrava sapientemente nella piaga.
-
-— Capirai che giudico per conto mio, senza preoccuparmi delle ciarle
-altrui. Sei mia nipote e tanto basta. Ma non avrei mai creduto che
-potesse nascere la necessità di tutelare il decoro di una donna della
-tua età e del tuo senno, di fronte ad un... scusami, monello di quella
-specie.
-
-La guardava dall'alto in basso, così dicendole, con una posa da grande
-inquisitrice.
-
-Elisa ricamava con molta diligenza.
-
-— Il mio decoro? — ripetè, guardando bene in volto, anch'ella, la sua
-interlocutrice. E nel suo accento c'era una vibrazione che zia Balbina
-udiva per la prima volta in quella voce.
-
-— Sì — ripetè severamente — il tuo decoro! Credi che faccia
-bell'effetto vederti quel _blanc bec_ sempre appiccicato alle tue
-gonne? La tua condotta, mia cara, è per lo meno assai leggera.
-
-Una lieve tinta di porpora salì alle gote di Elisa.
-
-— Le piace giudicarlo tale, — rispose pacatamente. — Me ne duole assai,
-ma mi permetterà di farle osservare, cara zia, che sinora...
-
-— Sinora, per l'appunto. Ma sinora non è tutto nella vita. Si è
-sempre a tempo per far ridere la gente. E tutto ciò, sai, ha un po' di
-ridicolo... non ti pare?
-
-Avanti, zia Balbina, coraggio. Un altro millimetro. A momenti ci siamo,
-al punto voluto. Guarda com'è già pallida la donna a cui stai parlando.
-
-— La prego, zia, — disse Elisa brevemente, — vogliamo lasciare
-quest'argomento?
-
-— No, — rispose zia Balbina, — bisogna esaurirlo anzi. Son venuta
-apposta per sincerarmi.
-
-— Ah! — disse Elisa, con un lieve accento ironico. — E adesso, si è
-sincerata?
-
-Voleva provarsi a giuocar d'audacia. Ma non era il suo forte. Un
-tremore nervoso agitava il suo labbro.
-
-— Mi sono sincerata — continuò tranquillamente l'altra — che hai avuto
-molto torto di non seguire i miei consigli, e che ti trovi adesso assai
-imbarazzata.
-
-— Io? — ribattè Elisa con un tentativo di allegra protesta.
-
-— Sì... lo sei. L'hai sbagliata sin dal principio. Colle tue ubbie
-di sviscerata amicizia per Tecla e coll'incaricarti di quel ragazzo
-impertinente, che, fra parentesi, mi pare abbia tutte le prerogative
-di un bellimbusto di provincia e sia indietro in parecchie, anzi in
-moltissime cose, hai presa la tua parte sul serio. Il ragazzo... si
-sa... si è montata la testa... ci vuol tanto, a quell'età! E tu invece
-di canzonarlo bellamente...
-
-Elisa depose il suo ricamo con uno sguardo che produsse una leggera
-alterazione nel piano del discorso di zia Balbina. L'egregia donna ebbe
-un piccolo impeto di tosse, esaurito il quale, proseguì:
-
-— Senz'accorgerti, dico, hai lasciato ch'egli si montasse la testa.
-Sfido io... la prima donna che si è occupata di lui. E poi, ben
-inteso, la donna... non una donna, come accade alla sua età. Sei ancora
-abbastanza conservata per piacere, e... insomma... è naturale sino ad
-un certo punto che egli sia innamorato di te. Ma s'egli è un ragazzo,
-tu non lo sei, mia cara. Hai per lo meno l'età della ragione! Hai
-trentanove anni, mia cara. Non si direbbe, certe volte, ma li hai. Oh!
-li porti benissimo ed è una eccellente età, relativamente. L'ho sempre
-detto, anzi, che dovresti rimaritarti, e giacchè ho già una volta la
-mano così buona...
-
-— Zia, — interruppe Elisa con un movimento così vibrato che fece quasi
-trasalire la zia Balbina. Oh!... Oh! quella sua nipote, che vampe aveva
-gettate dagli occhi! che vibrazioni aveva in tutta la persona.
-
-— Oh, — ribattè zia Balbina, cercando di dissimulare col sarcasmo lo
-stizzoso stupore che l'invadeva, — non temere. Lo so che una fortuna
-come quella che dovesti a me non capita due volte ad una donna, neppure
-quando abbia il buon senso di apprezzarla. Ma ciò non entra nel mio
-argomento. E non discuto neppure sul resto, sai? Volevo solamente
-chiederti, e ti chiedo: cosa conti di fare?
-
-Finalmente aveva toccato il fondo, quel dito sagace. C'era e non si
-moveva più.
-
-Elisa incrociò le braccia con un calmo gesto di stanchezza.
-
-— Nulla! — rispose laconicamente.
-
-Un momento di cupo silenzio regnò nel salotto, e una nuvola calò
-visibilmente sulla fronte di zia Balbina. Le parve che pungesse un
-pochino, là dove aveva messo il dito. Prese una grande risoluzione.
-
-— È la tua ultima parola? — chiese categoricamente ad Elisa.
-
-— L'ultima.
-
-La zia Balbina si sgomentò. Aveva tentato il categorico imperativo di
-Kant, coll'assoluta certezza di vincere. Ma questa era una Elisa nuova,
-ch'ella non conosceva, che si difendeva con delle armi ed un volere
-inaspettato. Che fare ora? Battere in ritirata?
-
-Ebbe una subita ispirazione.
-
-— Quella che avresti risposto a tuo padre?
-
-Ora, aveva colpito giusto. Un estremo pallore sostituì sul volto di
-Elisa la fiamma della ribellione.
-
-Alzò il capo, e lo sguardo pieno di angoscia incontrò sulla parete il
-quadro entro cui campeggiava la bianca testa sì nobile, sì dolce.
-
-Un'onda di ricordi le si affollò al cuore, destandovi un subito
-ravvivarsi di appassionato rammarico, il senso di un supremo bisogno
-di simpatia, di consiglio, d'aiuto, quale lui, lui solo, avrebbe potuto
-darle.
-
-— Papà, — mormorò. — Oh!... padre mio!... — Ed era piena di lagrime,
-d'intimo ed umile sgomento, quell'unica frase. Ah! se fosse stata sola,
-con quale impeto Elisa si sarebbe gettata ai piedi di quel ritratto,
-quale ardente sfogo di pianto avrebbe sollevato il suo cuore, forse
-rischiarata la notte di incertezze crudeli in cui si dibatteva quella
-povera anima appassionata!
-
-Ma ciò non si poteva fare. C'era zia Balbina che detestava le scene. E
-quella sarebbe stata per l'appunto una scena...
-
-Elisa vinse dunque quell'impeto, e rivolse a zia Balbina uno sguardo
-calmo e quasi sottomesso.
-
-— Zia, la prego... lasciamo per ora questo argomento.
-
-— No, mia cara, — ribattè zia Balbina. — L'abbiamo intavolato, e voglio
-che ne tocchiamo il fondo. Sei mia nipote e devi ascoltarmi. Per questa
-volta... perchè poi sarò io che non te ne parlerò più. È necessario
-che tu prenda una decisione. Sei in una posizione falsa e ridicola,
-e ci sei per colpa tua, unicamente tua. Capirai che non discuterò con
-te le cause di un'infatuazione assurda da tutti i lati e sotto tutti
-i riguardi, e per la quale nelle tue circostanze non esiste una sola
-scusa plausibile, nè ammissibile. Ora, ciò deve cessare. È duopo far
-intendere a quel ragazzo che ormai le sue visite sono di troppo, e, se
-non vuoi farlo tu, me ne incarico io.
-
-Elisa andò diritta verso la zia. Una formidabile ira splendeva nei suoi
-occhi, qualcosa come un'irradiazione di magnifico orgoglio, sì fiero,
-sì determinato che zia Balbina indietreggiò involontariamente d'un
-passo, e s'accorse di aver commesso un errore.
-
-— Mia cara zia, — disse Elisa con somma calma, — lei non farà nulla,
-assolutamente nulla di simile. Le sono grata della sollecitudine che
-dimostra per ciò che mi riguarda, ma la prego di credere, al pari di
-me, che io sola ho il diritto di giudicare delle cose mie. E questo,
-zia Balbina, una volta per tutte.
-
-Zia Balbina non rispose. Sulla sua fronte rugosa, sulle magre gote era
-salito quel rossore cupo d'ira repressa ch'è così penoso a vedersi sul
-volto dei vecchi. Ella si sentiva vinta.
-
-— Sta bene — disse. — È quello che, si doveva, naturalmente, al
-mio zelo per il tuo decoro. Ma ti considero quale sei, una povera
-illusa. Come capirai, io non rimarrò qui a presenziare le assurde...
-sconvenienze sulle quali tu non ammetti discussioni. Parto domattina.
-
-Oh, l'inesprimibile sollievo per Elisa! Ma in pari tempo che improvviso
-senso di rimorso! Era sua zia, la sorella di suo padre, l'unica parente
-che avesse dopo tutto.
-
-— Oh no — mormorò sotto l'impero d'un subito pentimento e con un
-accento pieno di sincera emozione — non faccia questo... la prego!
-
-Zia Balbina dissimulò un sorriso di trionfo.
-
-— Lo farò infallibilmente, mia cara. Domattina colla prima corsa.
-
- *
- * *
-
-Era per tempo assai, la prima corsa. Ma sin dalla sera avanti la zia
-Balbina aveva fatto preparare il suo baule dalla cameriera. Il treno
-partiva alle sette e quaranta, ed erano testè scoccate le sei e mezzo.
-
-La luce mattina era ancora troppo fioca per rischiarare sola gli
-ultimi preparativi della partenza. Due candellieri accesi ardevano
-sul tavolino, e china su una grossa sacca da viaggio di zigrino nero,
-la grossa Viola, la cameriera di zia Balbina, insaccava colla massima
-diligenza l'immenso materiale che la padrona giudicava necessario al
-_comfort_ dei suoi viaggi. La delicata operazione era sorvegliata da
-lei col solito corredo di raccomandazioni e rimbrotti pel ritardo.
-
-Un lieve colpo, picchiato all'uscio, fe' volgere il capo a zia Balbina.
-
-— Avanti! — disse.
-
-L'uscio s'aprì e diè adito alla contessa Elisa.
-
-Era completamente vestita da viaggio, col cappello in capo. Dietro la
-veletta si vedeva una faccia pallida e sbattuta, la faccia di chi ha
-passata una notte insonne.
-
-Essa andò diritta verso zia Balbina.
-
-Qualcosa nello sforzo, nell'espressione affranta del passo della
-nipote, fece vibrare nell'animo della zia una corda che ben di rado
-soleva vibrare in lei. Ed era del pari stanca, come sfinita, la voce
-che disse tranquillamente:
-
-— Zia... parto con lei.
-
-La presenza di Viola rendeva impossibile una spiegazione.
-
-— Certo — disse soltanto zia Balbina — che bella sorpresa!
-
-E partirono assieme, veramente.
-
- *
- * *
-
-Solo più tardi, alla stazione di Pisa, quando la cameriera scese
-per andar a prendere qualcosa per le signore rimaste nel vagone, zia
-Balbina si rivolse ad Elisa:
-
-— Vieni da me — ben inteso!
-
-— Sì, per qualche giorno.
-
-La zia trattenne una smorfietta; avrebbe preferito una misura più
-radicale. Stava per dire. — E poi? — ma si trattenne con uno sforzo
-così tradito e così meritorio che Elisa ebbe un pallido sorriso.
-
-— Andrò alle Celle per una settimana o due. Poi farò un giretto a
-Milano, sui laghi, dai Plana forse, non so.
-
-Zia Balbina non fe' commenti. In fondo il suo scopo era ottenuto. E
-l'istinto del suo vero buon senso le suggeriva di lasciar in pace sua
-nipote e di non provocare spiegazioni.
-
-Il treno correva, celere, per l'ammirabile paesaggio alpestre della
-linea Firenze-Bologna.
-
-Le due signore e la cameriera occupavano una carrozza riservata, e
-non avevano a temere moleste intrusioni di viaggiatori. Nessuna di
-esse parlava. Viola per un eccellente motivo, perchè dormiva. La
-zia Balbina, comodamente rincantucciata in un angolo, soccombeva
-gradatamente alla stessa tentazione, ma la sua posa era dignificata dal
-giornale: _L'Univers_, che tuttora trattenuto fra il seno e le braccia
-incrociate, le copriva buona parte del volto.
-
-Il rombo cadenzato del treno scorrente sulle rotaie metteva nell'udito
-come l'impressione di una melopea, ripetuta all'infinito, il solfeggio
-ritmico di un eterno ritornello musicale.
-
-Sulle ginocchia di Elisa stavano libri e giornali, ma ella non
-leggeva. Voltata di fianco, nel suo angolo, teneva la fronte poggiata
-al cristallo della finestrina, seguendo collo sguardo abbandonato la
-vicenda incessante degli splendidi quadri del paesaggio, alternati
-ai bruschi periodi di oscurità prodotti dal passaggio nelle gallerie.
-Fuori, all'aperto, era la primavera montanina, ancora un po' in ritardo
-e in tutta la delicata poesia dei suoi primordi. Sui declivi dei vecchi
-sterri, sulle balze, dovunque, nell'intenso del primo verde, era una
-matta sterminata fioritura di primole, d'anemoni, di viole. Poi, ad un
-tratto, la notte soffocante, il cupo rimbombo delle gallerie, col loro
-senso di isolamento, di tenebra, di caos.
-
-Elisa aveva tanto pensato la notte scorsa, tanto ragionato, tanto
-predicato a sè stessa, che ora, nel suo cervello stanco, i pensieri
-non si concretavano più in forma definitiva. Ella aveva solo una vaga
-impressione di strazio sofferto, di suprema gioia rinunziata, le pareva
-che, quando il treno correva all'aperto, quel tal ritornello nella sua
-eterna canzone dicesse sommessamente: con lui, e quando entrava nel
-buio: senza di lui. E una volta o due, quando un attrito delle ruote
-sulle rotaie produsse nella carrozza una repentina scossa oscillatoria,
-una grossa lagrima che Elisa non sapeva di avere tremolante sul ciglio,
-se ne spiccò bruscamente, e andò a cadere sulle inerti mani di lei...
-
-
-
-
-XIV.
-
-
-La contessa Elisa Serramonti possedeva parecchie ville.
-
-La più importante, la vera tenuta della famiglia, era nella Liguria,
-sulla Riviera, ed ella soleva passarvi l'estate. L'autunno lo spendeva
-per lo più in qualche viaggetto all'estero, ma trovava sempre una
-ventina o trentina di giorni da dedicare alle Celle.
-
-Come possessione, le Celle non avevano grande importanza. Era
-un piccolo ed antico convento di suore, che il padre di Elisa
-aveva comperato, quasi a caso, per una subita simpatia del luogo
-pittoresco, lontano da cittadi e da villaggi, come la dimora del Sonno
-nell'_Orlando Furioso_. L'acquisto era stato fatto negli ultimi anni
-della sua vita e coll'idea di formarsene una specie di romitaggio,
-destinato all'assoluta quiete ch'egli desiderava pei suoi studi
-storici. Senonchè, un'altra quiete, la più assoluta, la più infallibile
-fra tutte, aveva tosto sopraggiunta quella gentile anima di gentiluomo.
-
-Egli aveva detto un giorno ad Elisa che le Celle dovevano essere
-lasciate così precisamente, col loro carattere di piccolo chiostro
-antico, e l'amoroso culto di tutto ciò che era stato un pensiero
-del padre era in questo caso l'avvaloramento di quanto le avrebbe
-inevitabilmente suggerito il proprio senso estetico.
-
-Non aveva recato alle Celle nulla dell'elemento mondano e della
-moderna eleganza di _comfort_, che soleva essere altrove come un
-indispensabile quadro della sua finissima personalità. L'antico
-chiostro colla sua cappella tuttora ufficiata da un cappellano,
-titolare del beneficio mantenuto dalla contessa, se ne stava in cima
-ad un'altura contornata da monti, che gli formavano al nord uno sfondo
-di severi profili alpestri, lasciando illimitata al sud ed all'est la
-vista di una immensa campagna, ove larghi spazi di piano si alternavano
-a concatenazioni di vaghissimi colli. La terra era toscana, uno di
-quei suoi lembi reconditi, ignoti, pieni d'intatti idillii, quali
-Ouida, in certi romanzi suoi, ha saputo trovare ed additare a noi
-italiani, sì freddi valutatori delle tante bellezze del paese nostro!
-Boschi immensi, quasi foreste, costeggianti immensi tratti di terreni
-coltivati con quell'immutabile amore estetico della terra ch'è come un
-retaggio tradizionale del sangue rusticano di quelle popolazioni.
-
-Da un lato dell'altura, ove si alzavano le Celle, una di queste
-boscaglie si arrampicava e veniva a finir quasi parallela al terrapieno
-sul quale poggiava il porticato che dalla casa metteva capo alla
-chiesina, quello che si chiamava ancora «la passeggiata delle suore.»
-Sulle praterie dal lato non boscoso, un viale di cipressi metteva la
-lunga striscia del suo verde cupo, e questa si arrestava all'orto,
-tuttora cinto da un muricciuolo.
-
-La salita era impraticabile alle carrozze, perciò Elisa non portava
-mai alle Celle il suo treno di scuderia, e solo una ristretta parte del
-personale di servizio l'accompagnava lassù.
-
-A dir vero, le Celle non erano per essi un soggiorno favorito. Non
-potevano capire come la signora potesse stare in quel luogo solitario,
-dove non capitavano mai visite, dove ella dormiva in una stanzona
-bianca, nuda, senza addobbi, senza specchi, con dei mobili vecchi,
-orribili, dove non si sentiva uno strepito, e dove, quando pioveva,
-non si poteva mettere il naso fuori di casa. Ci si andava d'autunno, e
-l'autunno veniva presto lassù, colle sue piove, colle sue nebbie, coi
-suoi venti che empivano l'orto di foglie morte, ed i vasti corridoi di
-ululati lugubri, da far venir la pelle d'oca. E ancora il primo, il più
-sentito rammarico, che non ci fosse «società.»
-
-No, di quella non ce n'era davvero. Si sarebbero dovute fare sei o
-sette miglia almeno per trovare un'abitazione che arieggiasse di villa.
-Solo quando il vento spirava forte, si poteva avere una leggerissima
-percezione del rombo della strada ferrata lungo la linea maremmana.
-Appiè del colle, c'era l'abitazione del cappellano e quella del
-fattore; per la spesa giornaliera bisognava andare al villaggio più
-vicino, circa tre chilometri di strada. E mai, mai una visita!
-
-Elisa amava quel soggiorno, e lo serbava tal quale. Le piaceva
-l'erma posizione, l'aspetto poetico, quel non so che di casa
-d'anime, il profumo religioso ed austero che s'era lasciato dietro in
-quell'ambiente, il passaggio successivo di tutte quelle donne velate
-e preganti. Anche nella stagione cattiva, colla pioggia e il vento,
-gustava, per un certo spazio di tempo, quella reclusione, in cui le
-pareva di ritrovare certi istinti contemplativi che la vita mondana
-attutiva, senza al tutto spegnerli, nell'animo suo. Aveva scelta,
-per sè, la cella dell'ultima badessa, aggiungendovi solo ciò che è
-strettamente indispensabile alle più semplici abitudini di una signora.
-Pranzava in refettorio, e quando pioveva, passeggiava a lungo pel largo
-corridoio, costeggiando gli usci chiusi degli stanzini che avevano dato
-il nome al luogo e ricetto a tante anime prigioniere, forse non sempre
-volontarie, forse a volte inconsciamente ribelli, ma che pure avevano
-vissuto colà obbedienti, rassegnate, ed erano morte in pace.
-
-Oh la pace... la pace! Elisa era venuta alle Celle solo in cerca
-di pace, coll'istinto di un uccellino ferito che cerca il più fitto
-dell'ombra per andarcisi a nascondere, perchè nessuno veda quanto egli
-ha male, perchè nessuno parli di lui... Si ricordava della malinconia
-dei giorni autunnali, di quel morir dell'anno, così grave lassù,
-così suggestivo di forti pensieri di sprezzo delle umane gioie, di
-alti e generosi oblii delle gioie terrene, in cui trovavano alimento
-i suoi più austeri istinti, la serietà d'intenti, di studio, a cui
-l'aveva abituata la sua costante unione d'anima col padre. Quando
-aveva presa quella brusca risoluzione di fuga, le era parsa questa
-l'unica soluzione possibile di uno stato di cose in cui sentiva quasi
-sommergere il suo criterio e naufragare l'animo suo! Dopo quella notte
-d'angosce indimenticabili — in cui ella aveva avvertito d'essersi
-ribellata contro le parole di zia Balbina solo perchè quelle parole
-erano il vero, e ripetevano come lampi brutali quelle confuse scintille
-di luce che erravano confuse, ma pur visibili, nella tenebra del suo
-cuore — Elisa aveva pensato alle Celle, come ad un rifugio. E v'era
-accorsa, dopo una breve sosta in casa della zia, sosta piena della
-intollerabile noia di quella dimora, centro di minuti pettegolezzi
-aristocratici di piccola città. C'era stata a disagio, coll'ardente
-cruccio di celare a qualunque costo quelle prime ribellioni, quei primi
-morsi del rammarico, il folle, assurdo pentimento del suo coraggio! Ed
-era riescita a dissimulare sì bene l'interno turbamento che zia Balbina
-aveva infatti tentato un piccolo cenno di lode per lo spirito, il buon
-senso di quella cara Elisa. A dir vero, questo era tutto un di più
-per zia Balbina... Non aveva mai ammesso neppur per un secondo che sua
-nipote potesse avere l'ombra di qualcosa di serio per quel bellimbusto.
-
-Diamine! queste cose non accadevano! non erano «nell'ordine!» L'unico
-torto di Elisa era quello di aver lasciato che s'impiantasse quella
-stupida familiarità che aveva fatto ciarlare i maligni. Ma del resto...
-Sciocchezze... ubbie! Ora che il suo amor proprio era stato placato
-dalla subita sommessione di sua nipote, ella considerava il rimanente
-come cosa di accessoria importanza. Elisa ripiglierebbe l'esistenza
-solita e buona notte.
-
-I primi giorni che Elisa passò alle Celle, padrona del suo tempo, dei
-suoi pensieri, furono quasi una felicità. Essa s'immerse nella piena
-reazione di quel contrasto. Poi, quando l'ebbe vissuta, esaurita (più
-presto, a dir vero, di quanto credeva) andò in cerca della pace, del
-santo regime d'anima che soleva offrirle ogni sua dimora alle Celle.
-
-Ma, strano a dirsi, stranissimo a constatare. Pareva che quella
-solitudine destasse ora in lei delle vaghe sensazioni nuove,
-indefinibilmente pericolose, anche quando parevano assopirla in una
-specie di relativa calma. Anzi; era la calma del luogo, quella che più
-le tornava formidabile!
-
-Ciò ch'ella obbliava lassù, ciò che le pareva ridursi ad una non
-entità di importanza, era per l'appunto ciò che aveva più paventato
-tempo addietro... l'opinione del suo mondo. Pareva che l'eco di quelle
-voci crudeli tentasse invano il limitare di quella solitudine. Quivi
-ella trovava più palesemente sè stessa e la verità delle cose. Invece
-dell'avversa atmosfera mondana, era una vaga complicità della vita
-esterna del luogo, del tempo, della stagione. Tutto pareva dirle
-semplicemente: ama. È il tuo cuore quello che ha ragione.
-
-S'alzava presto, ad un'ora che avrebbe fatto scandalo a Firenze. Nella
-freschezza dell'aria mattutina, ella provava una energia fisica della
-persona, un'elasticità delle membra che le davano la sensazione del
-possesso di un bene inestimabile! Aveva un orgoglio nuovo, quello della
-sua salute... una compiacenza di sentire bello di forma, di linee,
-di freschezza intatta, tutto il suo essere. Faceva lunghe, faticose
-camminate, senza mai sentirsi stanca, spinta da una specie di ebbrezza
-a cui tutto contribuiva, la gaiezza del sereno soleggiato, l'ombra
-indecisa delle piante, dal fogliame tenero, trasparente, il verde nuovo
-dell'erba, le tinte vive, determinate dei fiori.
-
-Ella non sapeva che la primavera fosse così bella, così formidabile!
-Lo imparava... ora con un vago terrore di comprendere questa scienza
-nuova, di avvertire quanto intimamente si collegasse, nell'intimo senso
-di lei, alla rivelazione di un'altra primavera, quella che in ritardo,
-a tradimento, le era spuntata, ineffabilmente dolce, nel cuore.
-
-Prima di partire, gli aveva scritto.
-
-Poche righe soltanto, per dirgli che una subita imprevedibile
-circostanza l'obbligava ad accompagnare sua zia a Foligno. Tornerebbe
-presto, scriverebbe. Scrivesse lui a Foligno, per dar sue nuove e
-quelle della madre...
-
-Sottoscrisse: _Affezionatissima amica Elisa_.
-
-A Foligno era venuta una lettera di lui, breve, che non era forse un
-campione di stile epistolare, e non somigliava, neppur da lontano,
-alle lettere ch'ella soleva ricevere dagli altri amici suoi, ma quella
-lettera l'aveva fatta passare per una rapida trafila di sensazioni.
-Il giovane le diceva semplicemente, (oh! quanto semplicemente),
-ch'era rimasto sì afflitto nel ricevere il suo biglietto... che era
-tanto triste! La pregava di tornare subito, perchè egli proprio
-desiderava di vederla e non poteva vedersi a Firenze... senza di
-lei... Che desiderava tanto di venirla a trovare! Ed era il sempre suo
-_Devotissimo amico Roberto_.
-
-Ora, erano passati dieci giorni, ed ella non aveva più scritto.
-
-Evitava di indugiarsi al tavolino. Sapeva quale tentazione l'assaliva
-colà, quale moto nervoso involontario pareva cacciare sotto la sua mano
-la penna, e costringerla a tracciare delle parole... Oh! sì poche, sì
-poche...
-
-Due righe, un indirizzo, e basta... E domani forse... posdomani
-Roberto sarebbe stato lì... con lei. Lì in quel luogo, lungi da
-tutti, senza molestie! Insieme avrebbero udito i sommessi preludii
-degli uccelli nelle macchie, assieme aspirato l'odor delle viole, gli
-olezzi penetranti del bosco in fiore, le brezze che parevano mettere
-ovunque, passando, un brivido di gioia nuova. Insieme avrebbero fatto
-lunghe passeggiate, visitati i luoghi ch'ella vedeva soletta ora,
-con quel tormentoso desiderio della sua compagnia. L'avrebbe seguito
-dovunque gli fosse piaciuto di andare, lieta, agile come lui, ridendo,
-scherzando, mettendosi al livello dei suoi pensieri, vivendo quella sua
-vita piana, elementare, senza torture di sofismi.
-
-Oh! che rivoluzione aveva fatto nel suo animo quel ragazzo! Come poteva
-ella aver percorsa tanta via senza accorgersene, per arrivare ad amarlo
-così... a soffrir tanto della sua assenza!... Tanto! Oh! ben più di
-quanto ella avrebbe creduto possibile... prendendo la risoluzione di
-partire.
-
-Un giorno che rientrava ebbra di quel fermento sottile che era fuori,
-nell'aria, nella terra, dovunque, gli scrisse. Ma non la mandò la
-lettera. Ne fece mille pezzi.
-
-Sì! Averlo lì... Rivivere!
-
-Ma! E poi?
-
- *
- * *
-
-Elisa era stata quasi tutto il giorno in casa per un vento impetuoso,
-che era impossibile, lì su quell'altura, affrontare. Ma, verso le
-quattro, il vento cadde bruscamente, e una gran pace si mise nella
-campagna. Ella prese il suo ombrellino ed uscì.
-
-Ora, era una giornata splendida. Il vento sciroccale s'era lasciato
-dietro nell'atmosfera un tepore estivo, insieme ad una tersità
-singolare, in seno alla quale l'assieme ed i dettagli del paesaggio
-parevano assumere un rilievo marcato. Ancora, di tanto in tanto, una
-brezza si levava non più impetuosa, leggiera. S'alzava, metteva un
-fruscio nell'aria, un tremore nelle foglie, una impressione come di
-bacio caldo sulla fronte di Elisa, poi scompariva.
-
-Ella camminava lentamente pel viale. Non aveva scopo. Sentiva solo
-bisogno di muoversi, di stancarsi. A mezzo il viale, le venne veduto
-un sentiero, che, tagliando di sbieco la discesa, la faceva più
-corta. Si mise per quel sentiero, dando le spalle al viale che aveva
-testè abbandonato. E così non vide subito qualcuno che, camminando
-frettolosamente pel viale, nella direzione contraria a quella da lei
-lasciata, si fermò improvvisamente scorgendola, e prese a seguire collo
-sguardo tutti i suoi movimenti
-
-Ella andava sempre, lentamente, per quel sentiero. Allora egli le tenne
-dietro, cautamente, senza fare strepito, camminando sull'erba, che
-dissimulava meglio i suoi passi giovanili, impazienti.
-
-Elisa sostò ad un tratto... Egli sostò pure, sorridendo...
-aspettando... Uno di quei lievi soffi d'aria calda passò fra loro.
-Elisa sentì un leggero brivido.
-
-Si voltò, e vide Roberto.
-
-Ebbe l'impressione d'un sogno, d'una visione. Mandò un piccolo grido,
-e protese inconscia ambo le mani, mentre la sua faccia tradiva tutto...
-tutto.
-
-Egli le aveva prese le mani in una stretta appassionata, mentre ella
-tremava come una foglia, con un sorriso vago. Poi, rapidamente, le
-loro labbra si erano unite... senza progetto... senza volere di alcuno
-dei due. Così... perchè si amavano. E in quel secondo, incosciente e
-supremo, Elisa ebbe il primo bacio d'amore della sua vita... il primo
-fiore dell'ultima primavera.
-
-Stettero le sue sulle labbra di Roberto... Stette ella così, stretta al
-cuore di quel fanciullo. Negli occhi di quella donna non c'era ira di
-sorta. Non fu in entrambi, per un istante, che una dolcezza ineffabile,
-la tenera, sacra gioia, di rivedersi, di ritrovarsi, d'essere ancora
-assieme, la confessione, il compenso di ciò che avevano entrambi
-sofferto, divisi...
-
-— Cara... — mormorò Roberto con profonda emozione — perchè sei andata
-via così? perchè non sei tornata? Lo sai pure che non posso stare senza
-di te... Lo sai pure che ti amo!
-
-Suonava la dolce, la suprema parola, la nuova, ardita formula
-confidenziale, nel tepore dell'aria sì mite, sì trasparente... L'udiva
-Elisa, rivolta a lei, l'udiva calda, vibrante, sincera... Vedeva quei
-grandi occhi bruni, cinti di appassionata penombra, versare nei suoi,
-a immensi fiotti, l'espressione di un sentimento, di una vita, di un
-mondo... l'amore!...
-
-Egli seguitava, colla voce quasi smorzata dall'intima emozione:
-
-— Perchè mi hai trattato così?... È stata quella vecchia che ti ha
-condotta via, nevvero?... Ma dopo, perchè non mi hai scritto che venivi
-qui?... Ma io ho fatto tanto che l'ho saputo, e ora... sono qui con
-te... con te...
-
-Se la strinse ancor più d'appresso al cuore, con un rapido, brusco
-movimento, in cui, senza saperlo, mise la forza dell'intima accensione
-che l'invadeva crescente.
-
-Un'abitudine, ch'era diventata un istinto, gridò all'animo di Elisa
-l'antico grido d'allarme...
-
-E si scosse... spaventata.
-
-— Roberto! — gridò con angoscia imperiosa, irresistibile.
-
-— Non temere — diss'egli. — Ma io ti amo... sai.
-
-Elisa s'era alquanto discosta da lui. Ma le loro mani erano ancora
-intrecciate.
-
-— Ti amo. Come sia avvenuto, non so. Ma tu devi saperlo... Mi hai
-trattato come un figlio, ma io non ti amo, no, come un figlio... Non
-te ne sei mai voluta accorgere, e mi hai fatto soffrire tanto. Poi sei
-andata via... Ma lo so... che anche tu forse, un poco, hai sofferto. E
-son venuto...
-
-Si arrestò, vinto anch'egli, lottando contro l'effervescenza della
-passione, contro il senso di rispetto che assieme all'amore gli aveva
-sempre ispirato Elisa, lottando contro la sua inesperienza dei supremi
-momenti della vita.
-
-— Ti amo, — disse ancora sommessamente... umilmente. Poi, ad un tratto,
-con un accento più alto, più imperioso: — Elisa... — gridò — vuoi esser
-mia?
-
-— Oh!... — gridò Elisa, esterrefatta — io?...
-
-— Sì... tu... Ti amo, ti voglio... ho bisogno di te, della tua vita,
-dei tuoi baci... Sei bella, ti amo. Come vuoi... tutto ciò che vuoi...
-purchè tu sia mia! Di'... vuoi?... vuoi fidarti di me?... sono giovane,
-ma non importa... Imparerò... saprò... Fammi, ciò che credi, tuo
-amante, tuo marito! Ma purchè tu mi appartenga, purchè io possa vivere
-con te... sempre...
-
-Un delirio lo invadeva, un'ardente esplosione, determinata dalle
-sofferenze reali ch'egli aveva provato negli scorsi giorni, dal vuoto
-incomportabile che l'assenza d'Elisa aveva messo nella sua vita.
-L'emozione di lei, la subita certezza che ella lo amasse, avevano fatto
-divampare l'incendio a lungo soffocato.
-
-Era sincero in quell'istante, sicuro di sè stesso, di tutto
-l'ardore dei suoi giovani anni, di tutto l'orgoglio audace della sua
-indipendenza, nell'impulso irresistibile del suo desiderio eccitato
-sino alla follia dal semi abbandono di lei, dall'estasi vaga in cui
-andava nuotando lo sguardo di quella donna.
-
-Di nuovo, bramosamente, con uno sguardo di febbre, con un brusco moto,
-la serrò sul suo petto, ricercò colle sue le labbra di lei. E con una
-specie di energia prepotente, quasi feroce:
-
-— Di' la verità... — gridò — dilla... mi ami?
-
-Essa lo guardò smarrita. Tentò un sorriso, un diniego, una parola
-evasiva. Ma come suo malgrado, come per una forza ineluttabile, le sue
-labbra mormorarono disperatamente: — Sì.
-
-Allora si sentì avvinghiata dalle braccia robuste di quel fanciullo,
-sentì una pioggia di baci piombarle sul volto, senti un roco grido di
-gioia, di trionfo.
-
-— Ah! dunque, sei mia!
-
-Ma, con un moto sì rapido ch'egli non ebbe il tempo di opporvisi, ella
-si liberò da quella stretta. Si accampò ritta, severa, davanti a lui.
-
-— Roberto! impazzite!
-
-Roberto si arrestò... Rimase, anelante, pallido, di fronte a lei, che
-lo guardava fissa, austera, colla suprema autorità di sguardo di un
-domatore di belve, quando è solo, senz'armi, di fronte a un leone.
-
-Entrambi rimasero così un istante. Si udiva l'alito rotto, affannoso,
-di Roberto... Si vedevano vibrare, come in un accesso di febbre, le
-vene del collo di lei, tremare le sue mani avvinghiate una all'altra,
-palpitare violentemente il suo seno... Ma ella non si mosse, ed egli
-non osò muoversi. Dopo un istante, egli chinò il capo e sussurrò:
-
-— Perdonami.
-
-Tacque un istante, come sopraffatto dalla stanchezza subitanea della
-violenza fatta a sè stesso... Terribili, a volte, queste vittorie della
-volontà nell'uomo!...
-
-— Dunque? — proseguì un momento dopo, non più colla foga di un
-fanciullo, ma con una specie di calma determinata, virile.
-
-— Roberto... ho trentanove anni! — rispose ella con profonda angoscia.
-
-Egli alzò le spalle sdegnosamente.
-
-— Roberto, ho i capelli bianchi!...
-
-Egli tese la mano, e una lunga, amorosa carezza passò su quei capelli
-brizzolati.
-
-— Se sapessi come sei bella, — mormorò.
-
-— Roberto! il mondo, l'opinione pubblica...
-
-Roberto ebbe un bel riso sonoro, echeggiante.
-
-— Il mondo?... ma lo sai pure che del mondo non mi è mai importato
-un bel niente. Quando siamo contenti noi, di lui cosa c'importa?...
-Facciamo quello che ci pare. Se son contento io, tocca a me a pensarci.
-Ti sembra?... Rideranno. Lasciamo ridere. Purchè siamo contenti,
-noi!... E se è vero che mi ami... — S'arrestò improvvisamente; poi
-continuò:
-
-— Ancora non posso crederlo che tu mi ami. È troppo... troppo! io non
-sono che un ragazzo. Ma, se lo vuoi, farai di me qualcosa che somigli
-di più alle tue idee. Non son mica cattivo, nè difficile da condurre...
-Tu mi hai fatto capire tante cose. No, degno, proprio degno di te non
-lo sarò mai; ma se tu vuoi, se tu vuoi... Oh Elisa, Elisa. Non vedi che
-non ne posso più di questo martirio!...
-
-Non ne poteva più, infatti. La sua voce veniva meno nell'intenso ardore
-di quella preghiera, nello sforzo di quel dominio sopra sè stesso, che
-lo esauriva.
-
-Ella anelava...
-
-— Lasciami pensare, — supplicò.
-
-Roberto sorrise tristamente.
-
-— Se mi amassi veramente, non parleresti così. Fa ciò che credi. Ciò
-che ti ho detto, lo ripeto: ti amo.
-
-Si appoggiò, pallido e spossato, contro un vicino tronco d'albero.
-
-— Ti scriverò, domani — sussurrò Elisa con un filo di voce. — Ora,
-parti.
-
-— Partire?..
-
-Un rossore quasi verginale si diffuse sul volto di lei.
-
-— Parti — ripetè. Ma nella sua voce c'era un tremore così giovanile,
-così eloquente, un sì profondo ed angoscioso senso d'amore, che
-un'ebbrezza di gioia invase il cuore di Roberto.
-
-— Elisa! — gridò Roberto con un appello appassionato, supremo.
-
-Ella non si fidò della sua voce. Fece un cenno di comando, d'addio...
-
-— Pensa, — gridò egli — pensa!
-
-Per un momento tutto nel suo essere ebbe ancora un impulso violento,
-verso di lei. Ma ancora lo vinse.
-
-Con una vibratissima mossa egli si spiccò da quel luogo. Si voltò
-un istante, ed ella vide la sua splendida faccia irradiata d'amore,
-sublime della vittoria riportata. Vide un appassionato gesto di addio,
-di preghiera, vide una visione di bellezza, di gioventù, d'amore che la
-salutava, che se ne andava, ch'ella stessa aveva mandato via. Un grido
-morì nella sua gola, stretta da una convulsione. Poi, non vide più
-nulla. Era andato a Firenze a attender lei o la sua risposta.
-
-
-
-
-XV.
-
-
-Venne la risposta:
-
- «_Carissimo Roberto_,
-
- «È impossibile... Vi amo, sì, ma come una madre. Non posso
- prendere la vostra vita. Avete diritto a un'altra, ad una più
- razionale felicità. Questo, anche a vostra insaputa, sarebbe un
- sacrificio. Non posso accettarlo. Rimango ciò che ero, la vostra
- migliore amica. Dirvi ciò che provo in questo momento non mi
- sarebbe possibile. Ma immaginatelo, se lo potete, per non serbarmi
- rancore. Iddio vi benedica e vi ripaghi ciò che mi hanno dato il
- vostro affetto, la vostra fiducia, la vostra offerta! Da questa
- prova uscite forte, temprato ai dolori della vita. Più tardi,
- quando un amore più normale parlerà al vostro cuore, e vi guiderà
- verso una fanciulla degna di voi e che possa darvi la felicità
- nel modo in cui non è concesso a me di farlo; parlate di me a
- quella fanciulla, conducetemela, perchè io la baci in fronte e la
- benedica. Allora, Roberto, sarete contento, e io pure. Ora soffrite
- forse... e anch'io... sapete, soffro anch'io. Ma ho fatto così per
- il meglio, e perchè è impossibile, nevvero, è impossibile che sia
- altrimenti?... Andate da vostra madre, ditele che non ho fallito
- alla mia missione, che più di questo nè Dio, nè lei potevano
- chiedermi... E voi, Roberto, ancora, perdonatemi e siate felice.
-
- «ELISA.»
-
-Questo fu tutto ciò che quella donna, (ch'era pure una donna
-d'ingegno), seppe trovare nella sua testa per scrivere a Roberto,
-per dirgli che non voleva esser sua. Così riescì quella povera cosa,
-urtata, fredda, contradditoria nella stessa sua intima disperazione.
-Forse saputa leggere, intuiva. Ma saper leggere una lettera tutta
-intera, colle parole scritte e colle altre, non è dato a tutti...
-È un'arte che s'impara tardi, quando si è già pagato lo scotto di
-parecchie altre ignoranze. E Roberto non aveva ancora aperta quella
-partita odiosa col destino, e lesse quella lettera, com'era scritta,
-soltanto. Provò due ferite: una, acuta di cuore; l'altra, acutissima,
-di amor proprio.
-
-— Ah! — stridette fra i denti. — Sono sempre stato un ragazzo per lei!
-
- *
- * *
-
-Ella non lasciò le Celle. Fu malata per una quindicina di giorni. Li
-passò quasi sempre sola nella sua stanzetta claustrale. Dall'unica
-finestra godeva di una grande latitudine di libero orizzonte. Attorno
-alla finestra si diramava, salito all'alto dal terreno, un cespo di
-gelsomini in fiore. Quando c'era il vento (e soffiava di frequente
-lassù) era una danza sfrenata nei rami arcuati. Questa era la sua
-distrazione. Ne aveva un'altra, la posta, che lassù capitava una
-sola volta al giorno. Nei primi giorni specialmente, l'arrivo della
-posta aveva il privilegio di scuoterla da quella specie di assoluta
-noncuranza di tutto che pareva invaderla ed assopirla. Si alzava sul
-letto, o dalla poltrona, e, fra le sue mani smagrite, i giornali e
-le lettere scorrevano più volte, in fretta. Poi, rifattasi pallida e
-quieta, lasciava per un momento intatto ed ammonticchiato quel gran
-fascio di carte, che pure le recava ricordi di amici, di persone
-simpatiche, notizie del suo mondo, del mondo dell'arte, della scienza,
-di tutto ciò ch'era stato un tempo la sua vita.
-
-Solo qualche ora dopo, sotto l'impero di una suggestione precisa della
-sua volontà, si dava tutta quanta alla lettura di quei fogli. Ma, in
-capo a qualche tempo, l'opuscolo, il giornale scivolava dalle mani
-inerti, ed Elisa stava immobile collo sguardo distratto, fisso su quei
-rami esterni, che facevano alla finestra una cornice verde e danzavano
-in molle cadenza sulla solfa del vento.
-
-Anche quando incominciò a star meglio, si limitò per qualche tempo
-a far moto, sulla passeggiata delle suore. La prima volta che uscì
-spingendosi sino all'estremità del viale, tornò a casa sì pallida, sì
-spossata che la Ghita se ne impensierì e ne fece motto con Andrea.
-
-— Eh! — disse Andrea, — sicuro che non sta bene adesso, la Signora. È
-questa vita che non le conferisce. C'è l'aria troppo fine per lei.
-
-Ammiccò leggermente... con un non so che di malizioso, che fece rimaner
-perplessa la Ghita e le chiamò sulle labbra una interrogazione.
-
-— Volete dire... Andrea? Ovvero che abbia qualche dispiacere in cuor
-suo, eh?
-
-— Ma! — disse Andrea, filosoficamente.
-
-E non ci fu verso di cavargli altro!
-
- *
- * *
-
-Elisa cessò d'aspettare la posta. Cessò di fissare lo sguardo intento,
-dalla finestra, nella direzione del viale. Roberto non rispose. Roberto
-non venne a muoverle rimprovero, a lagnarsi di lei... Allora — ella
-disse risolutamente — sono libera.
-
- *
- * *
-
-Certo, era libera. Libera e contenta di sè! Si sentiva attorno alla
-fronte un'aureola, quella d'una santa, fra le mani una palma, quella
-del martirio. Diceva a sè stessa di aver fatto il suo dovere, di aver
-agito bene, da signora, da donna onesta, da donna assennata. Aveva dato
-ragione al mondo, al buon senso, a zia Balbina, agli amici ragionevoli;
-aveva evitato due terribili cose, un intrigo ridicolo e un matrimonio
-che lo sarebbe stato del pari. Non aveva tradita la fiducia di Tecla,
-non aveva approfittato d'un momento di vertigine, di uno scaldamento di
-fantasia di un fanciullo per fabbricare egoisticamente, su quelle basi
-fittizie, un edificio di felicità... chimerica.
-
-Arrivata a questo _zenit_ di congratulazione con sè stessa, Elisa non
-andava più in là. Il suo pensiero si fermava raccapricciando davanti
-all'immagine di quella felicità. Una spasmodica confusione si metteva
-nelle idee di quella donna, nel suo cuore, in tutta lei. Non era
-precisamente il rammarico del suo operato, bensì un lontano equivoco
-senso di disperazione incongrua, in contraddizione flagrante coi suoi
-mirallegro, era forse ciò che può provare un suicida che non è morto
-subito come credeva, ma sa che morrà tra breve, e ora non sa più se
-ha fatto bene o male a voler morire! Più volte disse a sè stessa: —
-Partirò.
-
-Ma dove andare? L'idea di veder gente le dava delle acute orripilazioni
-di nervi. E in quella solitudine, ove pure soffriva tanto, c'era il
-ricordo, era rimasto il luogo ove s'erano incontrati.
-
-Poteva vederlo ogni giorno quel luogo, se voleva. Era sempre là quello
-spazio erboso, una piccola spianata, come una sosta sul sentiero in
-discesa. Era là tuttora quel tronco d'albero a cui egli, pallido,
-s'era appoggiato. Vi si appoggiava ora, ella, pallida alla sua volta,
-cogli occhi socchiusi, colla bocca semi aperta. Là egli era apparso,
-era venuto a cercarla, a offrirle l'amore, la vita, l'avvenire. Là le
-sue braccia l'avevano stretta, là le loro labbra s'erano unite... Ah!
-il ricordo di quel bacio, di quella tempesta di baci! Le pareva di
-sentirli ancora, di dibattersi, di ricusarli... Ma essi non volevano
-andar via, tornavano irruenti, scottanti come uno sciame di farfalle
-di fuoco, ch'ella era impotente ad allontanare, che le gridavano: «Ma
-non vedi che sei tu che ci chiami, che ci vuoi, malgrado tuo; non lo
-comprendi che è la rivincita, che è ciò che doveva essere, ciò che non
-sapevi, ciò che ancora vorresti, ma che non _puoi più_ ignorare?» E
-nella sua mente, nel suo spavento, nel suo sangue, l'eco di quei baci
-si ripercuoteva incessante sino a flagellarla nell'animo, nei sensi,
-sino a trarla di senno, sino a strapparle dalle labbra un grido in cui
-suonava, come un folle disperato richiamo, il nome di colui ch'ella
-aveva ricusato e respinto... il nome di Roberto. E finiva col fuggire,
-disperata ella stessa, da quel luogo.
-
-Ma per tornarci.
-
- *
- * *
-
-A volte non era più _quella_ sensazione. Era l'antica larva della
-tenerezza materna che tornava, il bisogno acuto di un essere da
-amare, da educare, da avviare al bene, il rammarico dell'opera, della
-missione incompiuta. Ora in una forma nuova, con una inattesa entità
-di strazio, la colpiva una nuova immagine della sua vita, vuota,
-arida, incompleta. Ella non era stata amante, non era stata madre. Era
-bensì stata sposa... ma come?... Un tempo ella aveva avuto una specie
-d'insano orgoglio di quella sua esistenza a parte, in cui l'elemento
-intellettuale predominava, imponendo il proprio giogo alla femminilità
-stessa di lei, costringendola a rinnegare sdegnosamente il resto e
-a ignorarlo. Così, in quella specie d'intangibile Dea, molti avevano
-scordato la donna. Ella stessa l'aveva scordata!
-
-Ed ecco ch'era venuto un uomo giovanissimo, senza esperienza, ignorante
-di una infinità di cose, nè più cattivo, nè migliore degli altri...,
-facile alle seduzioni, ma non corroso dallo scetticismo, indipendente
-dalle opinioni altrui, fedele a sè stesso e al suo desiderio, qualunque
-fosse. Era venuto fuor di tempo, fuor di proposito, ma senza cruccio
-alcuno di tempo o di proposito. Era bello, forte, sano di cuore,
-sventato..., irresistibilmente portato all'amore, creato per subire
-il fascino ed il giogo della donna. Aveva subìto quello di Elisa,
-quello che per l'appunto ella ignorava di avere... Coll'audacia e
-la serena imprudenza della sua età e dell'indole sua, egli aveva
-avuta un'accortezza, pur sì facile, ma che non avevano avuta gli
-altri: invece di studiare o di ammirare quella donna, l'aveva amata
-semplicemente, insegnandole così il vacuo errore di cui ella aveva
-finito coll'esser vittima, a spese di sè stessa.
-
-A un tratto e pur così tardi, all'undicesima ora dell'amore della
-donna, nella vita di Elisa aveva posto piede quel fanciullo, era andato
-diritto, coll'audacia dell'ignoranza, là dove i tesori di quel cuore
-giacevano inerti, inavvertiti. E nella Dea egli aveva semplicemente,
-ridendo, risvegliata la donna!
-
-Per compiere il sacrifizio del rifiuto, ella aveva tutto chiamato a
-raccolta; non solo il suo senno, ma anche il cuore. Era la gratitudine;
-era l'amore stesso che le avevan detto: «Non accettare.» Era anche
-una segreta viltà, il vago spavento di ciò che avrebbe potuto, dovuto
-forse soffrire più tardi... S'era immolata, perchè Roberto potesse
-esser felice con una sposa giovane, più bella, migliore di lei. Aveva
-sacrificato il suo amore, perchè il mondo non lo deridesse! Questo
-aveva fatto, in un parossismo di sgomento, coll'esaltazione, la cieca
-sete di martirio che sta talvolta in fondo al cuore della donna e che
-spesso e pur non sempre è la guida migliore del suo operato.
-
-L'aveva fatto... sta bene! Ma ora?
-
-Ora, soffriva. Sentiva _cosa_ aveva fatto, sacrificandosi. Sentiva
-insultante, beffardo il dubbio della presa risoluzione, cominciava
-a temere che fossero intollerabili per lei, forse per entrambi, le
-conseguenze del sacrificio...
-
-Egli aveva letta integralmente la sua lettera, non le aveva risposto,
-non era venuto... Naturale: l'aveva obbedita. Ora era sola, come aveva
-voluto, senza di lui. Sola, di fronte ad un incomportabile senso della
-solitudine... Erano le lunghe ore vuote della giornata, quelle ancor
-più formidabili della notte, in cui non osava spegnere il lume per
-non guardare in volto l'indole indefinita dei suoi pensieri. Era la
-quiete morta della Villa, l'austero rimprovero che pareva rivolgerle
-l'ambiente, pieno un tempo di Dio, servo ora e come profanato dal culto
-terreno di un cuore immerso nella follìa, nella sconfitta vergognosa di
-un culto idolatra; e tanto... oh tanto umano!
-
-Fuori, l'aprile infuriava. Elisa non l'aveva mai vissuta così, la
-primavera! Le pareva una legge vivente d'amore universale, sorda a
-tutto ciò che non era sè stessa, una gran voce solenne che le dicesse
-crudelmente: E tu... cosa fai? perchè ti sei scordata di me?
-
-Elisa si inebbriava di lunghe contemplazioni tenere della campagna,
-aveva delle emozioni assurde, puerili, pei più piccoli particolari
-dell'esistenza animale e vegetativa. A tutte le effervescenze
-misteriose della natura ella prestava un'attenzione nuova, tutto
-le pareva una rivelazione, uno stato nuovo di sè stessa, quasi il
-repentino guarire d'una antica cecità, di una cecità di nascita. E in
-quella nuova partecipazione ad una luce ignota si univa una sensazione
-folle e pura, che tutto questo fosse semplicemente _lui_, e che ormai
-ella non potesse più in nessun modo vivere senza questo e senza di
-lui...
-
-La coglieva una perplessità piena di strane angoscie. Doveva pur
-confessarlo a sè stessa, che non era forte, come aveva creduto di
-poterlo essere. Aveva calcolato di più sull'orgoglio e sul buon senso.
-Ora: quegli alleati infedeli, non la spalleggiavano più. Di fronte alla
-logica stessa a cui aveva dovuto il coraggio della sua risoluzione,
-s'alzava sottile, plausibile un'altra logica, che insidiosamente voleva
-da lei un'adesione.
-
-E se, dopo tutto... si fosse ingannata?
-
-Se, invece d'essere eroica, fosse stata nulla più che fredda e codarda?
-S'egli soffrisse _così_... al par di lei?
-
-E allora ella perdette l'unica cosa che la sostenesse, la _fede_ nel
-suo operato.
-
-Passò un mese così, di fronte a questo dubbio... V'erano dei giorni
-ch'ella passava aspettando Roberto, sentendo, che se fosse venuto ella
-gli avrebbe detto d'avere ingannato lui e sè stessa. Ma egli non venne,
-nè scrisse, ed ella ebbe dei momenti in cui chiese a sè stessa:
-
-— È così che s'impazzisce?
-
- *
- * *
-
-Un giorno, respinta da Firenze, le pervenne una lettera di Tecla.
-
-La contessa Rescuati ignorava che Elisa fosse alle Celle. Le scriveva,
-dicendole di sentirsi assai poco bene, e rimproverandola pel suo lungo
-silenzio.
-
-Anche Roberto non le scriveva quasi mai. Tempo addietro, circa un mese
-fa, aveva accennato alla possibilità di far ritorno a casa. Poi non
-aveva più scritto che all'agente per chiedere una forte rimessa di
-denaro. Nient'altro.
-
-Nella lettera di Tecla era evidente un'angoscia di madre che non osava
-appalesarsi tutta. Nel cuore della Serramonti ebbe un'eco d'indefiniti
-sgomenti, quasi di un rimorso... Roberto voleva forse partire?...
-
-— Partire... Viaggiare... Perchè... Forse?...
-
-Ella non reggeva più all'urto contradditorio dei suoi pensieri.
-
- *
- * *
-
-A un tratto, in quella notte d'anima, guizzò come un lampo di luce la
-possibilità d'un'ipotesi...
-
-Era la notte anche fuori, ma una notte divina, tra le ultime
-dell'aprile, immersa nel candore di un plenilunio tepente.
-
-Elisa stava sulla passeggiata delle monache.
-
-Attorno agli archi del porticato il gelsomino in fiore spiegava i suoi
-rami, i quali danzavano, cullandosi nella brezza.
-
-— Tanto, così non potrei vivere, — disse Elisa. Parlava ad alta voce,
-alla notte, come un'insensata. Attorno a lei l'erbette, mosse dal vento
-in un leggiero scompiglio, sussurravano urtandosi una contro l'altra:
-«Guarda lassù, come soffre... colei!» Dal seno bianco dei gelsomini si
-spiccò un olezzo. Le passò rasente, e le disse: «Va.»
-
-Dalla macchia vicina si levò, tremulo d'amore, un gorgheggio d'usignolo
-e disse parimenti: «Va.»
-
-Solo da lungi, dietro un colle, nero di cipressi e di abeti, un lungo,
-cupo strido d'assiolo echeggiò. Quello parve che dicesse: «Bada!»
-
-Ma Elisa non gli badò. Chinò il capo come se acconsentisse agli altri,
-alla maggioranza. La brezza notturna si quietò di repente, e qualcosa
-si quietò pure nello sfinito animo di lei. — Ha sofferto, — disse tra
-sè, ha sofferto tanto anche lei. Ha pure amato... Mi comprenderà!... Ed
-egli mi ama... E io... non posso più vivere così.
-
-Amen! disse la notte serena.
-
-
-
-
-XVI.
-
-
-La contessa Rescuati era sola in uno dei meno vasti fra i tanti saloni
-del palazzo.
-
-Stava sdraiata su un lungo divano verde di foggia Impero. Nella
-penombra di un angolo, dietro a lei, biancheggiava confusamente un
-busto di marmo bianco, l'effigie del fu conte Rescuati. Di fronte,
-sulla lucentezza fredda della parete rossiccia a scagliola, spiccava
-in una greve cornice dorata un quadro, pregiato lavoro di Adeodato
-Malatesta. Il ritratto di Roberto a dieci anni, uno splendore di
-fanciullo baldanzoso, in sella, su un piccolo cavallino sardo.
-
-A destra della Contessa e a portata della sua mano, un tavolino
-di certosina recava gli oggetti che potessero presumibilmente
-abbisognarle: libri, l'occorrente per scrivere, lavori incominciati...
-fialette di medicinali e d'essenze. E al centro, presso una
-minuscola statuetta d'argento dell'Immacolata, rigirata fra grani
-di madreperla d'un rosario, stava ancora un ritratto di Roberto, una
-fotografia-gabinetto: la testa soltanto, idealmente bella sulle larghe
-spalle che andavano smarrite nella sfumatura delicata del lavoro.
-
-In quella sala, fra quel busto e quei due ritratti, Tecla scendeva ogni
-mattino, quando poteva alzarsi. Alle sei del pomeriggio, sorretta da
-due domestici, passava nella vicina sala da pranzo, e quivi finiva la
-sera nell'ossequiosa compagnia del cappellano, del suo uomo d'affari e
-di qualche parente o amico di casa. Tardava quanto poteva a coricarsi,
-soffrendo di crudeli insonnie, cagionate da un quasi perenne stato
-nevralgico. Incomodi di lunga data l'avevano quasi al tutto privata
-dell'uso delle gambe. Aveva la cappella in casa, e non usciva, che due
-o tre volte all'anno.
-
-Una vecchia zitellona povera, lontana parente della casa, aveva assunte
-presso di lei le funzioni di dama di compagnia. Ma la Contessa non era
-molto loquace, e il garrulo cinguettìo, l'ampia messe di pettegolezzi
-di Donna Marietta non erano fatti per distrarre i forzati ozi della sua
-benefattrice e patrona. La buona zitellona aveva imparato a passare
-molte ore con Tecla, pronta ai suoi cenni, ma in disparte, lavorando
-silenziosamente per conto proprio, rispettando i tentativi di riposo
-assoluto mercè i quali la Contessa tentava di conciliarsi almeno per
-qualche minuto il sonno che, nella notte, visitava sì scarsamente il
-suo capezzale.
-
-Nella piccola contrada fuori mano, ove s'ergeva, grandioso e tetro, nel
-suo carattere medioevale, il palazzo Rescuati, nulla accadeva di atto
-a turbare la quiete dei vasti appartamenti deserti. Da quel silenzio
-malinconico, necessariamente uggioso ad un giovane, la Contessa aveva
-voluto allontanare il suo figliuolo.
-
-L'aveva fatto, e non se ne pentiva. Ma ora egli da tempo non scriveva.
-Ella pensava: — Se ci fosse qualcosa, me ne scriverebbe Elisa.
-
-Ma anche Elisa da un mese non scriveva. E a Tecla venivano dei pensieri
-strani su sè stessa, sull'esito della sua malattia, mentre riposava in
-silenzio, inerte, sul divano verde, facendosi sempre più pallida, più
-stanca, nella sua gran casa, taciturna anch'essa, senza luce, senza
-sole, senza gioventù, senza bambini, senza Roberto.
-
-Donna Marietta sollevò il capo dal suo lavoro, e diede un'occhiata alla
-signora. Vide che la Contessa teneva chiusi gli occhi e stava immobile.
-
-Allora la zitellona, con un piccolo sospiro di sollievo, si alzò,
-sgranchì la sua ossea personcina ritta e rigida come un paracqua, nella
-sua fodera di vestimenti semi monacali e chiotta chiotta, in punta di
-piedi, se la battè alla volta di recessi meno splendidi, ma dove almeno
-si potevan barattar parole colle cameriere o colla moglie dell'agente.
-
-Appena si sentì sola, Tecla aprì gli occhi con un pallido sorriso. Ah!
-gliel'aveva fatta a Donna Marietta! Ma tosto si distrasse dal pensiero
-di Donna Marietta. Coll'acuta percezione auditiva che è tutta propria
-degli ammalati, aveva udito, mentre era tuttora quasi impercettibile,
-uno strepito di passi che s'accostavano per la lunga fuga delle
-sale vicine. Riconobbe quello pesante e strascinato del suo vecchio
-servitore, ma non l'altro, un passo femminile leggero, ignoto, e che
-pure le andava suscitando una forte, crescente impressione. Il suo
-povero cuore prese a batterle forte in seno, come presago dell'alta
-angosciosa emozione che le strappò un grido, quando, apertosi l'uscio,
-udì annunziare e farsi avanti la contessa Serramonti.
-
-Non poteva alzarsi. Elisa le corse incontro colle braccia tese per
-abbracciarla. Ma nella mente di Tecla quell'arrivo improvviso parve
-talmente connettersi alle sue preoccupazioni di poc'anzi ch'ella ebbe
-un pensiero soltanto, un terrore, una domanda:
-
-— Roberto?
-
-— Sta bene, ti accerto — ripeteva Elisa, profondamente colpita da
-quell'angoscia, nonchè dal terribile deperimento di Tecla.
-
-— No, no — ripeteva Tecla ansante, ostinata nel suo spavento — cosa
-c'è?... cos'è accaduto? per pietà! dimmi.
-
-— Nulla, ti accerto, nulla — replicò Elisa. — Son io, soltanto io, che
-vengo a dirti...
-
-Cadde in ginocchio dinanzi alla madre di Roberto.
-
-E sul seno palpitante di questa, in uno scoppio irrefrenabile di
-amore e di pianto, celò il volto. — Perdonami... — sussurrò. Questo è
-accaduto, ch'io l'amo!
-
- *
- * *
-
-L'una di notte.
-
-Nel grande stanzone da letto, coi parati di damasco pallido, la luce
-velata della _veilleuse_ diffonde una luce sbiadita, insufficiente
-a rompere una penombra piena della confusa parvenza dei mobili e
-delle cose. Sul tavolino da notte, accanto al letto in cui giace
-Tecla Rescuati, la fiamma di una candela accesa in una piccola
-bugia d'argento rischiara, in una breve zona di riflessi, due forme
-femminili, vicine, quasi abbracciate, nell'intenso assorbimento di
-colloquio. Tecla, col capo affondato fra i guanciali, coi grandi occhi
-spalancati ascolta ciò che Elisa Serramonti, seduta su una poltroncina
-bassa e col busto appoggiato alla sponda del letto, le viene narrando
-sommessamente, per non destar la cameriera nella camera attigua. Un
-lieve odor d'etere si esala nell'ambiente. Il palazzo dorme silenzioso,
-nella grande pace notturna.
-
-Ed Elisa narra, coll'irresistibile effusione di uno sfogo troppo a
-lungo represso, la strana storia del suo cuore. Cerca, nella tempesta
-appassionata dei suoi ricordi, di riannodare le sparse fila dei
-dettagli di quel sentimento ch'ella ha lasciato giungere, nella sua
-ibrida forma, sino all'intero dominio di sè stessa. Ma, ogni inganno è
-scomparso ora; è la donna che parla, la donna che ama, che spasima, che
-sente vano ogni sforzo per tollerare ciò che ella stessa ha compiuto,
-che rinnega il suo eroismo e si confessa vinta e trascinata dal suo
-amore verso le vie, gli scopi, l'essenza di ogni vero amore!
-
-Tutto disse a Tecla di quanto era accaduto, di quanto le aveva
-dimostrato e detto Roberto, di ciò ch'egli le aveva chiesto. La
-confessione fu completa, senza ambagi, e mentre Elisa andava così
-denunziando l'animo suo, sentiva ella stessa l'impressione di una
-rivelazione... la sorpresa di ravvisare in sè, di toccar con mano la
-propria attitudine a tutte le facoltà caratteristiche della passione.
-Ella tremava, nell'angoscia di quella confessione che atterriva il
-suo orgoglio; ma un'altra specie di orgoglio subentrava al primo,
-l'orgoglio di sentirsi finalmente, completamente donna.
-
-Uno splendore d'intima fiamma irradiava il suo volto; l'occhio
-era umido, sfavillante di luce e di passione. Tecla comprendeva,
-vedendola così, il pericolo a cui, senza saperlo, aveva esposto suo
-figlio. Ascoltava, pallida, attenta. E quando Elisa ebbe finita la
-sua confessione, si lasciò scivolare in ginocchio, e con una completa
-remissività, con un appello supremo alla giustizia ed al cuore della
-madre, sussurrò, stringendo violentemente le mani di lei:
-
-— Ora ti ho detto tutto... Tu sei sua madre. Decidi.
-
-Tecla si raccolse un istante; pensò... Forse chiese a Dio, anch'ella,
-una forza. Non era stato quello il suo sogno di madre... Forse ella
-sentiva confusamente quanto è temerario ogni tentativo di felicità.
-Ma Roberto amava quella donna. Tecla sapeva ciò che ella era stata,
-ciò che saprebbe esser ancora per lui! Pensò che non glielo avrebbe
-portato via, per quel poco tempo ch'ella aveva ancora da vivere! E
-l'antico eroico spruzzo di tenero romanticismo, ch'era sempre stato nel
-suo cuore, disse anch'esso la sua parola! Elisa attendeva, bella...
-oh inesprimibilmente bella della sua passione e della sua fiducia
-disperata... Tecla risolse.
-
-— Elisa — mormorò — non piangere... Io ti comprendo... in tutto... Sei
-stata sublime; di più non potevi fare!... E ora, poichè lo ami ancora,
-se egli t'ama sempre, prendilo il mio figliuolo... Io, sua madre, te lo
-do!
-
- *
- * *
-
-Dagli spiragli delle chiuse imposte trapelava ora uno scialbo
-biancheggiare del mattino; la candela era pressochè consumata e sulla
-faccia di Tecla stava il pallore delle notti più cattive. Ma ella in
-quel momento non avvertiva di soffrire. La intensa concitazione di
-Elisa era passata anche in lei. Tecla si eccitava febbrilmente nei
-sogni di un avvenire che, dopo tutto, le rendeva suo figlio.
-
-Era una conversazione rotta, confusa tra quelle due donne, soggiogate
-dallo stesso sentimento, ed entrambe così atte a subirne l'impero.
-Tecla comprendeva ora l'appassionata infatuazione di Elisa, come Elisa
-aveva alla sua volta compreso l'ardente, il cieco amore materno di
-Tecla. Parlavano a scatti, con un'assoluta sincerità, certe che, ora,
-non potrebbero fraintendersi in nulla.
-
-— Bada, soffrirai! — aveva detto Tecla ad Elisa.
-
-— Lo so, è inevitabile... Ma non importa. Era una viltà la mia...
-quella di non voler soffrire! Naturalmente, sarà questione di pochi
-anni... Ma avrò tanta cura, lo amerò tanto che, per qualche tempo,
-tutto sarà compensato... E poi... quando verrà il momento... oh...
-non lo tormenterò, sai... saprò soffrire, tacere quanto occorre. Alla
-peggio, morirò... Ma intanto... intanto!
-
-Il delirio della sua gioia era in quel momento portato all'estremo.
-Pareva il trionfo di una rivendicazione... pareva quasi un diritto. E
-Tecla si accendeva anch'ella all'ardore di quel cuore amante che aveva,
-finalmente, trovata la sua via.
-
-— Sì, sarete felici. Egli ti ama, tu sei degna del suo amore.
-Vedendoti, comprenderanno... E non me lo porterai via, nevvero, il mio
-figliuolo? Egli sarà felice qui con noi. Tu che sei forte, che hai
-il suo amore, saprai indirizzarlo al bene, ispirargli il desiderio
-di una vita attiva, giovevole, lo spingerai a delle belle, a delle
-nobili occupazioni. Lo conosco, è il mio figliuolo... Son io che l'ho
-avvezzato un po' male, che l'ho fatto un po' pigro, un po' imperioso.
-Ma in fondo, per chi ama, egli è capace di sacrifici, di sforzi!
-Ha bisogno di affetto, di un ambiente suo, casalingo... Verrete qui
-nevvero... vivrete con me? Qui, vedi, le illusioni si possono serbare
-più a lungo, sono meno osteggiate dal genere di vita, si rimane
-indietro in tante cose; anche col tempo... E lo terremo qui con noi...
-veglieremo noi!... E tu farai in modo ch'egli sia sempre... sempre
-contento, nevvero?
-
-— Sì, sì... — ripeteva Elisa con trasporto... — Non temere, farò tutto
-ciò che mi dirai... tutto ciò che sarà necessario perchè egli non
-si penta, perchè non rimpianga ciò che ha rinunciato per me. E così
-isolati, a furia d'amore, saremo felici a lungo... e Dio... forse mi
-perdonerà la mia audacia.
-
-Tacque, vinta dall'emozione, sorridente, estatica fra le lacrime...
-Poi quelle due donne, per un impulso simultaneo, irresistibile, si
-strinsero in un abbraccio appassionato nel pensiero, nell'amore,
-nell'avvenire di Roberto!...
-
- *
- * *
-
-— Apri le imposte — disse Tecla ad Elisa.
-
-Elisa obbedì e la luce del giorno fatto rischiarò il volto alterato
-di Tecla. Un periodo di reazione era già successo all'eccitamento di
-poc'anzi, non impunemente subito da quel fragile organismo.
-
-— Vuoi che chiami la cameriera? non ti senti bene, mi pare — chiese
-Elisa.
-
-— Oh no... non è nulla. È solo la mia solita crisi. Non suonare,
-aspetta, fra un momento... Voglio dirti ancora una cosa.... Che conti
-di fare?... Vuoi che gli scriva io?...
-
-Un lieve cenno di Elisa l'avvertì che quel mezzo non le pareva adatto.
-
-— Vuoi scrivergli tu?
-
-Elisa arrossì violentemente.
-
-— Oh no... no...
-
-— Allora?...
-
-— Vorrei — disse Elisa, turbata, con una sincerità di pudore che
-pareva metterle sulla fronte l'aureola d'una vergine — vorrei... che la
-cosa venisse da sè, naturalmente. Ecco... io tornerei ora a Firenze.
-Giusto, ai primi di maggio ci son le corse, è un ritrovo generale.
-C'incontriamo così come per caso e... allora... allora!
-
-Tecla non pareva al tutto persuasa di questo ritardo. Ma comprendeva
-che Elisa volesse, per un sentimento delicatissimo d'orgoglio e d'amore
-ad un tempo, scegliere un terreno neutro ed un'occasione fortuita per
-ricondurre Roberto al punto delicatissimo della ripresa degli antichi
-rapporti... Pure... tant'è!
-
-Ma non seppe, lì per lì, concretare precisamente le proprie obbiezioni.
-E sentiva una confusione, cagionata dall'imminente crisi nervosa,
-mettersi nei suoi pensieri e scompigliarli.
-
-— Fa come credi. Ma non perder tempo. Per tanti motivi. E ora, vuoi
-chiamare la donna? Non ti sgomentare, sai... È solo... solo...
-
-Cadde inerte sul guanciale. Era solo la sua crisi. Ma, forse a cagione
-delle emozioni testè subite, l'aveva colta con una violenza che poteva
-realmente parer minacciosa ad Elisa, ignara di quanto può tollerare
-talvolta un fisico di donna nervosa, apparentemente inetto ad ogni
-sforzo di resistenza. Ci furono dei momenti di parossismo, in cui
-Elisa, raccapricciata, potè credere che fosse per spezzarsi, da un
-momento all'altro, il tenue filo di quell'esistenza.
-
-Ma il filo non si spezzò, e otto giorni dopo quella notte, piena per
-entrambe di sì vive emozioni, Tecla ed Elisa si dicevano addio. Elisa
-partiva per Firenze per ritrovarvi Roberto, per dirgli che s'era
-ingannata, che lo amava e che sarebbe sua.
-
-Tecla rimaneva, aspettando.
-
-Il medico aveva raccomandato di evitare a Tecla ogni forte impressione.
-L'addio fu dunque calmo. Solo all'ultimo momento, mentre Elisa si
-chinava per baciare l'amica coricata sul divano, questa si sollevò
-alquanto, e tracciò un piccolo segno di benedizione sulla fronte di
-Elisa. Ed Elisa ebbe un rapido ricordo di quella benedizione che aveva
-messa, lei, come una madre, sulla fronte di Roberto, quando egli doveva
-battersi con Carisi. Un lampo di terrore, il senso indefinito di un
-rischio, di un pericolo le attraversò l'anima, come un razzo che fende
-l'aria gioconda d'una notte di festa.
-
-Ma subito sorrise, libera da quel semi pensiero. Ah!... ma non eran
-passati due mesi!...
-
-
-
-
-XVII.
-
-
-Sulla piattaforma interna della stazione Elisa aspettava il diretto
-che, proveniente da Milano, doveva portarla a Firenze. Le pareva che
-non giungesse mai, benchè solo di tre minuti, quando giunse finalmente,
-fosse in ritardo dell'orario. Seguita da un domestico di Tecla, che
-l'aveva accompagnata alla stazione e recava il suo piccolo bagaglio,
-ella stava in attesa della discesa dei passeggieri dai carrozzoni
-di prima classe, sperando di scoprirne uno vuoto per compiervi sola,
-possibilmente, il suo viaggio, quando, dall'interno per l'appunto di
-uno dei carrozzoni, udì una esclamazione di grata sorpresa, e il suo
-nome pronunciato da una nota voce.
-
-Quasi in pari tempo, un viaggiatore balzò a terra. Era Marcello Plana.
-
-— Oh Contessa! che sorpresa, che piacere!
-
-— Andate a Firenze?
-
-— Certo. E voi?
-
-— Io pure. Volete salir qui?
-
-Senza rispondere, Elisa fece un cenno al domestico che depose la
-valigietta nel vagone. E dieci minuti dopo, Elisa e Don Marcello
-stavano seduti di fronte in quella carrozza, mentre il treno
-filava diritto verso Firenze. Erano soli, e Marcello guardava Elisa
-sorridendo, con quel suo inesorabile scrutinio dello sguardo.
-
-Elisa rideva, conscia, con dei rossori, cercando invano di negarsi a
-quella divinazione che la perseguitava.
-
-— Ebbene, cos'è avvenuto? Perchè siete così bella? Cosa c'è nell'animo
-vostro per avervi fatti sì splendidi gli occhi?
-
-Questo dicevano i suoi, mentre la voce aveva accenti e parole quasi
-indifferenti. Sotto l'insistenza di quell'intima indagine ella sentiva
-ricercato l'animo suo; era un appello diretto, giustificato dall'antica
-confidenza reciproca, ma Elisa provava in quel momento una strana
-sensazione. Quella, cioè, che del suo amore fosse più facile il viverne
-che il parlarne.
-
-Per qualche tempo, seguitarono così, con un battibecco di sorrisi, di
-parole, in cui penetrava una sottile incertezza di frasi accuratamente
-scevre d'ogni possibile appiglio alla non voluta interpretazione...
-
-Poi, a un tratto Elisa bruciò le sue navi.
-
-— Non mi chiedete da dove vengo?
-
-— Lo vedo. Da ***, una bella cittadina, n'è vero?
-
-— Sì, credo, non l'ho vista. Sono stata da...
-
-Si arrestò bruscamente. Marcello non sorrideva più. Sapeva.
-
-— Siete stata da Tecla Rescuati, nevvero?
-
-— Sì.
-
-Un filo di voce, sottilissimo per dir quel piccolo sì.
-
-— Elisa, mia cara amica... voi avete un segreto!
-
-Ella chinò il capo e gli occhi, come avrebbe potuto farlo da fanciulla,
-a vent'anni. E non era un anacronismo, non una stonatura. E c'era pure
-in quel moto una gravità nobile e dolce di donna matura alla vita.
-
-Non si contraddicevano quelle due sfumature sì eloquenti d'espressione.
-
-— Non me lo volete dire?
-
-Attese un istante; poi proseguì, sommessamente, come un confessore:
-
-— Volete che ve lo dica io? non volete proprio dirmelo, che io aveva
-indovinato?
-
-— Indovinato?... Ebbene, sì, avete indovinato.
-
-Il treno entrava in una galleria. Nel buio di quel transito egli le
-chiese:
-
-— L'amate?
-
-— L'amo!
-
-Tacquero. Al primo chiarore, Elisa alzò gli occhi su di lui. Era, non
-era, una specie di immensa, di malinconica pietà? un'interrogazione
-indistinta, forse gratuitamente attribuitagli, ma il cui solo pensiero
-fe' salire alla fronte di lei una altera fiamma?
-
-— Lo sposo, — disse semplicemente, come una risposta.
-
-— Certo, — assentì Marcello.
-
-E di nuovo, entrarono nel buio e nel silenzio delle viscere
-dell'Appennino.
-
- *
- * *
-
-Nel corso del viaggio, ella gli disse tutto. Da prima come a forza,
-per una violenza fattale dall'indole speciale e dal passato della
-loro amicizia. Poichè a lei pareva che le _sue_ ragioni, le sue
-incongruenze, le sue successive disfatte, dovessero parergli qualcosa
-di grottescamente puerile, che dovevano tornare inconcepibili al suo
-senno pratico. Ma, al suono della voce concitata, tremante di Elisa,
-davanti a quel fiore d'anima amante che sbocciava trepido innanzi a
-lui, si risvegliava l'attenzione tenera dell'uomo a cui sono noti,
-e sa quanto sono rari a trovarsi, i genuini tesori del cuore. Ogni
-traccia di sollazzevole celia era scomparsa dalla sua fisonomia, fatta
-subitamente grave e dolce, come quella di un padre. Sotto l'impero di
-quel mutamento s'acquietava l'indistinto timore di Tecla, la sua idea
-che in lui si dovesse estrinsecare lo sprezzante giudizio dei tanti
-che avrebbero condannata la sua felicità avvenire. Ed egli l'udì senza
-interromperla, e quando ebbe finito, le disse solo quasi teneramente:
-
-— Comprendo.
-
-— L'avevate preveduto forse? — chiese Elisa, con un'inflessione di voce
-che implorava l'assenso.
-
-— Presentito piuttosto. Sapete cosa mi ha fatto pensare al pericolo?
-L'assoluta vostra cecità nel volerlo ravvisare. Ma ciò poteva anche
-essere un elemento di salvezza per voi, perciò non volli precisare il
-mio consiglio. Più tardi, a misura che le vostre lettere si riempivano
-di lui, pensai che egli andava riempiendo il vostro cuore. Cessaste
-poscia, nelle vostre lettere, di parlarmi di lui. Vieppiù immaginai ciò
-che adesso mi è noto.
-
-— E — chiese Elisa con un piccolo riso nervoso — mi trovate una grande
-imprudente, un essere assurdo, illogico?
-
-— No, trovo anzi che tutto ciò, in un certo senso, è affatto logico.
-Non ve ne fo taccia alcuna. Avevate un immenso bisogno d'amore!...
-Dovete aver molto lottato, molto sofferto!
-
-— Molto — rispose semplicemente Elisa.
-
-— Ebbene, Dio benedica la vostra risoluzione! A me non resta che
-un'attesa soltanto; ch'egli sia degno di tutto ciò.
-
-— Oh! — disse Elisa, — il mio Roberto!
-
-E tutta la squisita passione del suo cuore, la cieca tenerezza di tutto
-l'esser suo, vibrò come una nota di paradiso nell'intonazione molle,
-sussurrata di quella parola.
-
-Marcello la guardava, attento. Poichè di rado nella vita è concessa
-questa sublime cosa, di vedere in faccia l'amore, l'amore solo, unico
-supremo signore di un animo!
-
- *
- * *
-
-Davanti all'atrio della palazzina in via S. Gallo il _landau_ nuovo
-della contessa Serramonti, coi due bellissimi _Mecklemburghesi_, stava
-in attesa della signora.
-
-Con grande meraviglia di Giacomo, il cocchiere, la Contessa aveva
-preso uno speciale interessamento ai dettagli ed all'assieme della
-delicata funzione dell'attacco. Ce n'era voluto, perchè si chiamasse
-soddisfatta. Del resto, avrebbe potuto benissimo risparmiarsi
-l'incomodo. Un cocchiere fiorentino e il giorno delle Corse! Quasi
-personale, la questione!
-
-Giacomo attendeva ora, e da un bel po', immobile nella maestà della
-sua classica posa di attesa. Un palafreniere stava ritto dinanzi ai
-cavalli, un po' snervati dall'indugio, e che protestavano a modo loro
-ora scalpicciando leggermente sul terreno, ora allungando il collo e
-stiracchiando i filetti. Pietro, il domestico, stava in piedi, pronto
-presso la portiera. In disparte, dietro una vicina macchia di oleandri,
-si dissimulavano le faccie curiose della moglie e della figlia del
-portinaio, mentre da una finestra a terreno si vedeva far cautamente
-capolino la berretta bianca e la faccia rubiconda del capo di cucina.
-
-Di solito, la Contessa, non fa aspettare la carrozza. Ma oggi! L'ha
-ordinata per le quattro, e sono quasi le cinque. Giacomo si rode un
-pochino in cuor suo. Ha paura di giunger tardi sul Prato, e che al suo
-equipaggio non tocchi un buon posto.
-
-A un tratto, si scuote, si erige sulla persona, stringe più saldamente
-le redini fra le mani. L'invetriata interna dell'atrio viene spalancata
-da Andrea, il quale si ritrae tosto per lasciar passare la Contessa.
-Elisa si trattiene un istante sulla soglia per dare qualche ordine al
-suo vecchio cameriere. Nel piccolo gruppo di quelli che attendono non
-si produce il minimo atto che si permetta una qualsiasi espressione. Ma
-i loro sguardi tradiscono una specie di abbagliamento. Ella lo avverte,
-lo constata, e un assurdo lampo di gioia attraversa il suo cuore di
-donna. È il primo effetto ch'ella fa. Ma dunque è bella... anche per
-loro! dunque ha raggiunto il suo scopo!...
-
-Lo ha raggiunto, perchè lo ha voluto, perchè, per raggiungerlo, ha
-riunite tutte le forze, perchè tutto ha contribuito docilmente a
-coadiuvarla. È bella in un modo nuovo, splendido, e pure indefinibile.
-La sua _toilette_ è un'opera d'arte, creata col concetto del genere
-speciale, compromesso — non sempre facile a toccare — tra la _toilette_
-di giorno e quella di sera, quale il cielo e le consuetudini fiorentine
-permettono di sfoggiare alle Corse. Una raffinata poesia di tinte
-neutre, una squisita indecisione fra il colore della perla e quello
-del fior d'elitropio, su cui corre una trasparente sfumatura di trine.
-La sapiente maestria del taglio ha secondata amorosamente la grazia
-femminile ed eletta delle forme.
-
-In capo Elisa reca un piccolo diadema di tulle della stessa tinta
-dell'abito, una specie di corona aerea che non cela la tinta un po'
-varia della capigliatura, ma che neppure adombra la purezza raggiante
-della fronte, la gloriosa luminosità di due occhi beati. Ogni più
-minuto dettaglio di quell'acconciatura è un contributo sommesso,
-intonato alla perfetta armonia dell'assieme: da tutta quella delicata
-squisitezza di foggie, di tinte d'accessori si sprigiona una seduzione
-vaga, irresistibile, penetrante come l'olezzo strano d'un preziosissimo
-fiore di serra. Sul volto di Elisa sta una misteriosa poesia, una
-tenerezza ineffabile di emozione velata. Poche volte nella vita
-la donna ha titolo ad esercitare _quella_ specie d'incanto; è solo
-quello dei grandi momenti, delle ore culminanti del suo destino. Per
-Elisa è una di quelle volte, per l'appunto! Entra in carrozza, si
-nicchia nel suo cantuccio in quella incosciente grazia di posa che
-le è tutta speciale. Andrea depone sui cuscini, di fronte a lei, un
-leggero _pardessus_, un piccolo panierino di paglia pieno di gallettine
-inglesi, di _langues de chat_, poi un grosso mazzo di vaniglia e di
-rose bianche. Il tempo non potrebbe essere più splendido, neppur esso,
-nè più complice di così. Elisa apre l'ombrellino grandissimo con un
-ampio _falbalà_ di trine spioventi, e la testina s'incornicia adorabile
-sulla marcellina bianca dell'interno. Consegna al domestico il
-biglietto speciale per l'entrata al recinto; quello lo ripone, chiude
-la portiera, d'un balzo è a cassetta, accanto al cocchiere che attende
-il cenno della partenza... Elisa indugia per un attimo, per un secondo.
-Ma tosto si decide:
-
-— Avanti, — dice quietamente al cocchiere.
-
- *
- * *
-
- . . . . . . .
-
-Testè compiuta la terza corsa. S'è appena estinto, nell'immensa folla,
-il lungo mormorio di acclamazione al fantino vincitore. Un triplice
-rango di equipaggi signorili ingombra il lungo tratto di via, appiè
-dell'altissimo terrapieno che regge il viale maggiore delle Cascine.
-A sinistra dello sbocco, l'altura è orlata d'una bassa siepe, dietro
-la quale si pigia e si protende un'altra e fittissima siepe di
-spettatori, giudici di lassù, al fresco ed all'ombra, delle vicende
-e della vaghezza dello spettacolo sottostante. Un'altra ressa di
-spettatori pedestri si è fatta strada abbasso tra il formicolio dei
-legni fermi al loro posto, e fa ala lungo il lato destro di questi,
-costeggiando il cordone che segna il percorso dei fantini. In fondo,
-a capo di quell'interminabile assembramento di pedoni e di carrozze,
-sventolano le bandiere e gli addobbi degli steccati eretti per la
-circostanza, il palco reale, le tribune dei soci, delle signore, le
-scuderie e il locale del Jury. Di là vengono dati i segnali, là si
-pronunciano i verdetti, si registrano le scommesse e si concretano le
-più genuine emozioni del vero _sportman_. Colà si riuniscono attorno ai
-_drags_, ai _breacks_ o ai _dogcarts_, dai quali sono stati staccati i
-cavalli, i membri più influenti della Società ippica. Quivi, all'alto
-di quei legni, che fanno pel momento ufficio di palchi, spiccano
-le più trionfanti bellezze del mondo fiorentino, le signore che più
-hanno o possono ostentare la passione dello _Sport_. Quivi s'accoglie
-il fior fiore della società mascolina, e, fra una corsa e l'altra,
-allegri pasti di sandwicks inaffiati di marsala o di _champagne_ si
-consumano a ristoro delle lunghe attese e delle varie emozioni della
-giornata. Alla parte opposta, al centro del tracciato della pista,
-nereggiano, fatte piccine all'occhio dalla distanza, le carrozze
-escluse dal recinto privilegiato dei soci, ed un più scarso convenire
-di spettatori che non hanno temuto, per trovarsi colà ad agio,
-quietamente, di percorrere un lunghissimo tratto di via circolare.
-Lontano lontano, nello sfondo dell'immensa prateria, si disegna,
-vaporosa, la linea ondulata delle colline, e qualche grande fienile
-mette isolata la sua nota di fabbricato rustico. Verso la stazione,
-dei rombi, dei fischi, affievoliti dalla distanza, e qualche rapido
-trasvolar di treni stridenti sulle rotaie, accennano, quasi importuni,
-al fervere di un'altra vita. Poichè chi può pensare a lasciar Firenze
-quel giorno, a spiccarsi da quel luogo ove tanta e sì varia gente
-è felice di trovarsi, in un solo impulso di sfoggio di godimento
-comune del paro ai grandi e ai piccini, all'aristocrazia regnante,
-ai forestieri, alla folla minuta del popolino, ricco di un magnifico
-senso estetico di ammirazione, pago della sua gaiezza filosofica di
-apprezzamento spruzzato d'umorismo critico... la folla, che ancora
-s'inorgoglisce dello sfoggio dei _suoi_ signori, che adora i cavalli,
-che si elettrizza per ogni corsa, anche se ridotta a due soli corsieri,
-appartenenti alla stessa scuderia?... E, sopra quello splendido
-spettacolo, azzurreggia uno splendido cielo: Maggio ride nell'aria. Le
-fioraie circolano costantemente sul luogo. Dall'interno delle carrozze,
-dagli occhielli de' soprabiti, una superba e delicata magnificenza di
-colori, un olezzo persistente ricordano il privilegio a cui deve il suo
-nome la città. Le Cascine verdeggiano immense, piene d'ombra. Su negli
-alberi, all'altezza dei nidi risuona, immemore del fruscio sottostante,
-una confusa dolcezza di gorgheggi e di pigolii; talvolta persino, in
-un momento d'attesa, quando la folla per meglio vedere sta immobile e
-frena le sonorità del suo alito, un lungo perlato a-solo di usignolo
-si fa audibile e si diffonde di lassù, chiaro, patetico, come nella
-mistica calma di una solitudine!
-
-Dall'alto del suo seggio, il cocchiere della contessa Serramonti
-scambiava, col domestico testè balzato a terra, degli sguardi di
-stizzosa costernazione. Poichè erano giunti assai in ritardo, e i
-posti migliori, quelli a fianco del cordone, erano occupati dalle
-carrozze più sollecite a giungere, ed egli aveva dovuto fermarsi,
-ignominiosamente, in terza fila. Ciò gli amareggiava la gioia del
-trionfo. Era stato veramente un trionfo il suo procedere al piccolo
-trotto dei _Mecklemburghesi_ corvettanti, mentre il sobbalzo leggero
-delle molle imprimeva al _landau_ una mossa squisita di lieve altalena.
-Aveva ben visto egli, sul suo passaggio, gli sguardi ammirativi
-degli intelligenti, dei camerati, di quelli che possono criticare! Oh
-potevano guardare per l'appunto... E anche la signora non guastava.
-
-No, Elisa non guastava. Nicchiata come la perla nell'astuccio,
-nell'eleganza inappuntabile del legno, consentendo la persona,
-con un'inconscia voluttà di abbandono, alla movenza morbidamente
-sussultante del carro, raccoglieva anch'ella sul suo passaggio la messe
-di un omaggio, che scendeva inesprimibilmente caro al nuovo orgoglio
-del suo cuore. Fra le molte conoscenze che, sorprese di vederla, così
-inattesa e così inattesamente bella, la salutavano ora, vivamente,
-come premurosi di ricordarsi a lei, fra i componenti di quei circoli
-che aveva sempre frequentati, ella passava quel giorno colla coscienza
-di una fiera battaglia combattuta e vinta, nell'audacia serena della
-sua ribellione. Rispondeva ai saluti colla grazia sorridente di una
-sovrana. Un po' pallida ora, ma di un pallore rosato, che pareva
-anch'esso una trasfigurazione.
-
-Ed ella si andava dicendo: — Ora, fra poco, da un momento all'altro.
-
-Quando aveva dato ordine al cocchiere di fermarsi, era perchè aveva
-visto Don Marcello Plana. Appena i loro sguardi s'incontrarono, egli
-venne a raggiungerla. Egli l'aspettava, da tempo e ansiosamente. Per
-un secondo, rimase immobile, muto, sotto l'impero di quel fascino a cui
-nessuno poteva sfuggire quel giorno.
-
-Elisa gli stese la mano; poi, colpita alla sua volta dall'espressione
-turbata del volto di lui, gli chiese affettuosamente:
-
-— Cosa avete?
-
-— Nulla... vi assicuro. Siete splendida. Usciste ieri? avete veduto
-gente?
-
-— No, sono stata in istretto incognito come una regina.
-
-— Ah! — fece Marcello, mordendosi le labbra.
-
-Parve prendere a un tratto una risoluzione, e si chinò per dir qualche
-cosa all'orecchio di Elisa; ma Elisa si volgeva in quel momento verso
-l'altra portiera, alla quale s'era testè accostato, raggiante della
-contentezza di rivederla, il vecchio duca di Sant'Eremo.
-
-Nè, da quel momento in poi, tornò possibile a Marcello intrattenere
-in disparte la contessa Serramonti. Attorno al _landau_ si assiepò,
-rinnovandosi perennemente, una corte di amici e di conoscenti.
-Nelle carrozze vicine si ammirava, si invidiava quella signora tanto
-attorniata, a cui veniva offerto visibilmente l'omaggio che meritava
-la sua bellezza, l'incanto della sua figura, della sua conversazione.
-Poichè ella, conscia del suo potere, lo esercitava liberamente in quel
-giorno con un segreto, amoroso desiderio che anche l'amor proprio di
-Roberto fosse beato di ritrovarla così potente di attrattive e di
-fascino, prima ch'egli si sentisse dire da lei: Prendimi ora, sono
-tua!... E mentre rideva, scherzava, guardando, aspettando, il cuore
-precipitava le sue pulsazioni, e un piccolo spasimo faceva sussultanti
-le vene del suo collo nelle diramazioni dell'aorta.
-
- *
- * *
-
-Anche Pippo Gerri, nel corteo della Contessa.
-
-Un buon figliuolo davvero quel bolognese spensierato, allegro, e che
-invecchia invano; sempre giovane nei gusti e nelle manìe. Fanatico di
-_Sport_, ha speso in cavalli il fiore del suo patrimonio e dei suoi
-anni. Non gli rimane ora che una magrissima rendita, da cui ritrae a
-stento quanto può consacrare a dei platonici pellegrinaggi sportivi
-nelle città d'Italia dove hanno luogo le corse. Capita ogni anno a
-Firenze all'epoca consacrata, per una diecina di giorni, durante i
-quali rivive cogli amici fiorentini un po' della sua vecchia vita
-elegante e scapatina, e fa incetta di tutti i fatti del giorno, per
-recarli poi con sè, come un bottino, a conforto della sua morta vita di
-nobile spiantato e di _sportman_ a piedi.
-
-Passando, ha trasecolato d'ammirazione davanti all'equipaggio della
-Contessa. Poi vedendo che anche ella è molto ammirata, si ricorda per
-l'appunto che da un anno all'altro ella è sempre stata gentile per lui
-e si reca immediatamente a farle omaggio. Ma non s'è trattenuto cinque
-minuti con lei che... drelin, drelin, ecco la campanella della quarta
-corsa, l'handicap!
-
-Ah cieli! come farà ora Pippo Gerri per vedere, per giudicare? Nella
-sua angoscia avverte che è vuoto il posto del domestico a cassetta. Con
-uno sguardo chiede il permesso; l'ottiene, s'arrampica, lesto, e su,
-brandisce la sua _patent lorgnette_, guarda, vede, è felice.
-
-Nell'eccitazione improvvisa del momento, il crocchio della Contessa si
-è sciolto attorno alla portiera; tutti si sono accostati al cordone.
-I fantini passano quasi paralleli nel corso frenato del primo giro,
-le teste si voltano, i busti si protendono nella loro direzione, si
-ode, nel gran silenzio generale, il passo dei cavalli sulla pista,
-simultaneo, rimbombante come il batter d'una piccola grandine, come un
-lungo fremito fischieggiante il fruscio dell'aria che gonfia le giubbe
-dei fantini. Tutti i canocchiali sono appuntati sovr'essi, li segue un
-lungo mormorìo della folla, le signore si alzano, stanno ritte in punta
-di piedi sui cuscini delle carrozze.
-
-Ma Elisa non volge neppure il capo, non guarda alla corsa. Non è una
-_sportwoman_ in quel momento. Non le par vero di poter riposare un
-secondo. È sola. Plana è testè andato per suo incarico a salutare
-un'amica comune.
-
-Ad un tratto, con un violento sobbalzo del cuore, ella si china a
-destra sul passaggio di un giovane che cerca frettolosamente di farsi
-strada fra un legno e l'altro per recarsi verso gli steccati. Ma egli
-si ferma a un tratto. Elisa lo ha chiamato dolcemente per nome:
-
-— Roberto.
-
-Egli pare colpito, come se avesse toccata una scossa elettrica. È lei,
-lei ch'egli credeva lontana, immemore di lui... Lei, quella che lo ha
-respinto, trattato come un fanciullo e che ora lo chiama così, con un
-cenno, con un sorriso.
-
-Si accosta alla portiera con un'esclamazione vaga, che gli muore in
-gola.
-
-Sono isolati, in quel momento, dallo spettacolo che avvince
-l'attenzione della folla. S'ode da lungi il galoppo precipitato dei
-fantini al secondo giro. Elisa sente che precipita la corsa, ormai
-sfrenata, del suo destino.
-
-Ancora si china, lo avvolge d'uno sguardo sublime, in cui ha messo
-tutto ciò che ha sofferto, tutto ciò che ha deciso, il suo amore, tutti
-i suoi amori per lui, la rinunzia, la piena offerta di sè stessa.
-
-— Venite stasera da me... Ho una cosa da dirvi.
-
-Roberto trasalisce, il suo volto s'imporpora, fa col capo un gesto
-vago, che può essere un cenno di adesione; nei suoi occhi si riflette
-un disperato smarrimento.
-
-È sempre bello come un Dio; ma quanto è smagrito! come son cerchiati,
-più di prima, i suoi occhi! Ah! grida il folle cuore di Elisa, ha
-sofferto dunque... anche lui!...
-
-Di nuovo i fantini passano nella foga delirante dell'ultimo sforzo.
-Passano come lampi, con un violento mulinello delle braccia che
-sferzano i cavalli, con un rauco gridìo di bestemmie, d'incitazioni
-e subito dopo, da lungi, il campanello proclama l'arrivo fra le
-acclamazioni della folla. Attorno al cordone cessa l'assiepamento,
-il crocchio della contessa Elisa si ricompone attorno a lei, il suo
-colloquio con Roberto è interrotto.
-
-Il giovane saluta i ritornati, cerca di prender parte ai commenti che
-s'incrociano vivaci sulla prova testè compiuta. Ma nella sua voce,
-nel suo sguardo c'è qualcosa che ispira ad Elisa un vago terrore,
-forse quello ch'egli possa tradire la propria intensa emozione. Non lo
-trattiene dunque quando egli in termini confusi, colla voce strozzata
-in gola, si congeda da lei.
-
-— A rivederci — dice Elisa. E gli porge una mano.
-
-Roberto esita un istante, poi prende quella mano, la stringe come se
-volesse spezzarla. Saluta profondamente e si allontana.
-
-S'è appena dilungato di pochi passi, quando Pippo Gerri, testè sceso
-dal suo pinnacolo, interrompe uno squarcio di eloquenza ippica per
-chiedere alla Contessa, col solito suo entusiasmo, chi sia quel bel
-giovane che è testè andato via.
-
-— Il conte Rescuati.
-
-Pippo Gerri si volta, per guardarlo ancora, quel bel giovane.
-
-— Ah! — esclama — è quello? Per Bacco! L'eroe del giorno, dunque? Eh,
-eh! non ha mica torto lei, quella signora. Pare impossibile! alla sua
-età! Saprà certo anche lei, Contessa.
-
-Ma la Contessa lo guarda attenta, calma, non sa...
-
-L'altro ride maliziosamente, ammiccando.
-
-— Povero Dino Follemare. È rimasto in Inghilterra. Ah! _les absents
-ont toujours tort_, nevvero? D'altronde doveva aspettarselo di essere
-_remplacé_. Era evidente, che da tempo la seccava. E ora, vedremo se
-questa sarà realmente l'ultima sorpresa della Duches...
-
-Si arresta a un tratto confuso, rammentando che la Serramonti è una
-signora austera, d'idee arretrate, che non ama neppur l'odore degli
-scandali e dei fatterelli di quel genere. Infatti ella non sorride, non
-chiede nulla.
-
-Ride egli, come un monello colto in fallo e muta abilmente
-conversazione mentre pensa in cuor suo:
-
-— Peccato, quella bella donnina, così elegante! Ma non all'altezza
-dei tempi. Con lei è inutile aver dello spirito. _Che danee traa via!_
-direbbe Ferravilla.
-
- *
- * *
-
-Quando Marcello Plana fu di ritorno dalla visita fatta gli bastò uno
-sguardo per capire a un dipresso cosa fosse avvenuto. Il mutamento
-di Elisa non era ancora percettibile agli occhi d'altri. Ma egli lo
-avvertì.
-
-Alla prima occasione propizia, ella lo chiamò.
-
-— È vero? — gli chiese.
-
-— Corre voce. Forse calunnie, pettegolezzi.
-
-Ma Elisa lo fissò in volto. Poi disse sommessamente: — È la verità?
-
-Era la verità. — Ginevra aveva saputo cogliere il momento migliore,
-quello in cui l'amor proprio dell'uomo che credeva di esser trattato
-come un fanciullo aveva bisogno immediato di una vendetta, d'una
-rivincita... pur che fosse. Essa lo aveva preso là dove Elisa l'aveva
-lasciato. Ciò ch'era stato per la Serramonti un terrore, un ostacolo,
-il perchè della reazione, era stato per Ginevra semplicemente il...
-punto di partenza. Così l'aveva preso, così era diventato suo, così
-s'era fatto, come un tempo Dino Follemare, l'amico intimo di casa
-d'Accorsi.
-
-Della contessa Serramonti non si parlava più. Era stato un episodio
-freddo, scipito, senza conclusione.
-
-Parecchi invidiavano Roberto, altri ne ridevano. Ma tutto ciò era
-perfettamente accettato dalla società.
-
-Un'altra pausa, un'altra occasione, e Marcello chiese sommessamente ad
-Elisa:
-
-— Volete partire?
-
-— No... rimango.
-
-Ed egli non insistè. Comprendeva cosa reggeva quella donna nell'ora più
-crudele della sua vita.
-
- *
- * *
-
-Più tardi, Elisa chiese a sè stessa cosa fosse accaduto nell'animo suo,
-in quei momenti. Non seppe mai definirlo bene. Forse l'intensità stessa
-del colpo toccato le intorpidì il pensiero, la sensazione. La sovvenne
-forse un istinto cieco d'altera verecondia.
-
-No! nessuno doveva sapere. Perciò non svenne, non si tradì comechessia.
-Così potè superare la vetta del suo calvario, il momento, cioè, in cui
-la Duchessa, camminando a piedi, seguita da un corteo di giovani fra
-i quali era Roberto, ravvisandola a un tratto, venne festosamente a
-salutare quella cara contessa Serramonti.
-
-Stava ella ora alla portiera a cui s'era poc'anzi accostato Roberto, le
-due signore scambiavano parole cortesi e indifferenti. Elisa era bianca
-come il marmo di un mausoleo, ma in pieno e guardingo possesso di sè
-stessa.
-
-La Duchessa aveva sdegnato in quel giorno di vestirsi come il più delle
-signore. Portava il vero costume di corse, inglese, di una tinta oscura
-quasi monacale.
-
-Ma era d'una sfrontata audacia, il suo modo di portarlo, l'aderenza
-assoluta delle stoffe sulle forti anche, sul celebre busto marmoreo,
-sulla cui violenta bellezza il tempo non aveva avuto presa. La
-faccia sempre uguale, brutta, sciupata, formidabile a vedersi, e pure
-attirante come quella di una sfinge.
-
-Stavano di fronte, chiacchierando come due eccellenti amiche. La
-Duchessa sapeva tutto ciò che quella donna aveva sofferto. Ginevra
-aveva saputo strappare dalle labbra di quel fanciullo le malcaute
-parole di confidenza in cui ella aveva indovinato ciò che Roberto
-stesso non aveva saputo indovinare, l'amore immenso nel sacrificio,
-l'immolazione nella rinunzia di Elisa. Ma essa non aveva creduto di
-illuminarlo su quel proposito; l'aveva solo... consolato.
-
-Così Elisa aveva tutto perduto, la battaglia e lo scopo di essa, il
-frutto della prima lotta e il fiore della seconda. Ora non le restava
-che di stare in piedi, ritta sul campo, acciocchè non si sapesse perchè
-era tornata, _quali_ ferite avesse toccate.
-
-La Duchessa, udendo di lei, e vistala così bella, aveva provato un
-vigliacco bisogno di stravincere. Per ciò solo era venuta a salutarla.
-Ma non era contenta, non stravinceva abbastanza. Un'irrisione crudele
-saettava dagli occhi di Ginevra, mentre ella andava accatastando lodi
-delicate della bellezza di Elisa, notizie della sbalorditoia felicità
-di Marina, relazioni di avvenimenti mondani, frizzi e commenti sulle
-corse, sul concorso della giornata. Ma l'acuto sottinteso dei suoi
-sguardi pareva spuntarsi davanti alla serenità invincibile di quelli
-di Elisa, davanti all'orgoglio di quella calma, che pareva risponderle
-soltanto: Ti comprendo, so chi sei.
-
-— Decisamente, — continuava Ginevra — ha avuto torto d'andar via, cara
-Contessa; il cielo l'ha punita della sua fuga.
-
-— Davvero, Duchessa? E come?
-
-— Oh! in tanti modi. Abbiamo avuto una Quaresima splendida. Mentre
-ella ci lasciava in abbandono, parlavamo sempre di lei, cogli amici
-comuni, vecchi e nuovi. Dio sa, quante volte si è sentita fischiare
-le orecchie! È stata in campagna, nevvero? Si vede, è fresca come
-una rosa. E ora si trattiene? Suppongo di no. Noi, in Svizzera, come
-il solito, coi nostri cavalli. Quest'anno abbiamo un rinforzo alla
-brigata, Roberto Rescuati colla sua quadriglia. L'ha veduta? Splendida,
-nevvero? Sarà piacevolissimo! A proposito, perchè non verrebbe anche
-lei?
-
-Senz'attender risposta e voltandosi, con un fare negligente e pur
-imperioso, chiamò forte: — Roberto.
-
-Il giovine ebbe un fremito, visibile. Ma lentamente, pallido, si
-accostò.
-
-Elisa lasciò cadere su di lui uno sguardo di immensa pietà.
-
-— Ebbene, — continuò la Duchessa, — cosa fate lì, come una marmotta?
-Venite ad ammirare la contessa Serramonti. Non è forse ammirabile?
-E voi, che foste sempre il suo beniamino, il suo protetto, fate una
-bella cosa, decidetela a venir con noi in Svizzera. Pensate che piacere
-farebbe a voi e a tutti quanti!
-
-La sua voce strideva ora, gettando, in tuono scherzoso e disinvolto,
-quest'ultimo sforzo d'ironico insulto. Elisa la lasciò dire. Poi
-rispose a tuono, semplicemente, scusandosi, come se l'avesse ricevuto
-sul serio, e in condizioni normali, di non poter accettare l'invito.
-
-E mentre così diceva, con una specie di calma quasi soprannaturale,
-il suo sguardo aveva ritrovata l'antica sfumatura di sprezzo quieto,
-triste, quasi involontario. E Ginevra fremeva, ritrovandolo in lei,
-intatto, malgrado l'amore, lo strazio, la disfatta! Poichè quello
-era il primato intangibile della donna pura e leale, il primato
-ch'ella serba eterno, dinanzi a quella che non lo è, qualunque sia
-la complicità, il favore, che la codardia dei tempi e la viltà degli
-uomini possano a questa prodigare!
-
-Ginevra ebbe una magnifica trovata di ultima parola, mentre si
-congedava dalla sua bellissima amica la contessa Serramonti. In realtà,
-quello sguardo di Elisa le aveva alquanto guastato il divertimento
-del trionfo. Ma a ciò non pensò Elisa. E quando la vide allontanarsi
-ridente, gaia, seguita da Roberto, non sentì più, ella, d'aver
-trionfato. Sentì solo che quella donna le aveva preso Roberto, che
-glielo aveva portato via definitivamente, per sempre...
-
- . . . . . . .
-
-Rimase sino alla fine delle corse.
-
-Marcello Plana le stette sempre accanto, e quando, compiuta anche
-la malinconica cerimonia della gara di consolazione, si produsse
-nell'agglomeramento degli equipaggi l'ondulamento diffuso che precede
-la partenza, Elisa invitò Plana con un cenno a salirle accanto.
-Ora, non era più costretta a parlare, e non diede neppure ordini al
-cocchiere.
-
-Ma Giacomo voleva rifarsi, voleva far vedere la sua pariglia in azione.
-Tenne dietro all'immensa sfilata degli attacchi che si mettevano
-pel viale delle Cascine. Poichè la folla si precipitava ancora colà,
-insaziabile di vedere. Per una tacita convenzione, tutti i cocchieri
-facevano assumere ai cavalli un moto più rapido, più brillante degli
-altri giorni; era ancora una festa e una gara. Gli innumerevoli
-legni passavano, s'incrociavano fragorosi per tutta la larghezza
-del viale coi loro carichi di servidorame in gran gala, di signore
-eleganti, briose, eccitate dalla coscienza dei propri trionfi. A quel
-nugolo di carrozze signorili s'era venuta ora accomunando la squadra
-leggera dei veicoli d'affitto, le carrozzelle intrepide, gli svelti
-baroccini, mettendo una nota ippica più democratica, più chiassona
-nell'assieme dell'accolta, e facendo anche, col contrasto, maggiormente
-spiccare lo sfarzo degli attacchi signorili, il valore ed il pregio
-dei cavalli fini. E in quel giorno, tra le famose pariglie sì care
-all'amor proprio dei Fiorentini, le sfarzose daumont e i molti tiri
-a quattro, condotti dai proprietari, primeggiava, segnalandosi tanto
-per l'assoluta perfezione dell'attacco quanto pel supremo _chic_ di
-quanti lo occupavano, il magnifico _drag_ di Roberto Rescuati. Lo
-guidava egli, e al suo fianco stava la duchessa Ginevra. Dietro, quasi
-subito dopo, veniva la splendida daumont di casa d'Accorsi, che aveva
-condotto Ginevra sul prato, e che occupavano, soli, il duca d'Accorsi
-e Neri Speroni. Roberto non parlava; stava accigliato, assorto, cogli
-guardi fissi sulle redini. Ginevra gli torreggiava accanto, ridente
-talvolta quando il _drag_ s'incrociava con altri legni siffatti
-occupati da conoscenti ed amici, fingendo d'aver paura, di non fidarsi
-dell'automedonte novellino, parodiando dei piccoli segni di croce
-spaventati, che provocavano le più matte risate. E così ancora, più
-volte, nelle vicende della corsa rapidissima, Elisa vide passare
-dinanzi a sè il _drag_ di Roberto, si vide guardata da Ginevra, così;
-dall'alto al basso. Ma non diede al cocchiere ordine di sorta.
-
-Finalmente, l'ombra si mise, umida, sotto la volta del densissimo
-verde, e l'immensa sfilata, decidendosi al ritorno, sboccò pel
-Lung'Arno, costringendosi nello spazio fra i due marciapiedi destinati
-ai pedoni e ancor tutti neri di folla. Le finestre eran tuttora gremite
-di gente; agli sbocchi delle vie, dietro le spallette dei ponti,
-si pigiava una moltitudine borghese infronzolita e una minutaglia
-clamorosa di popolino. Allo scalpitio ritmico dei cavalli pareva tener
-bordone lo scroscio perenne della pescaja d'Arno, una sola immensa
-forza di impulsione pareva trascinare come una valanga verso l'interno
-della città quella massa enorme di cavalli, di carrozze, di gente.
-Dietro di essa, in una nube di polviscoli dorati, che parevano a volte
-velarla d'una nebbia fosforescente, il sole l'accompagnava, seguendola
-con gli splendori di un lungo tramonto d'oro, accendendo da tergo,
-nei cristalli delle finestre e dei lampioni, nella lucentezza delle
-vernici, nei bottoni delle assise, negli ottoni e negli argenti delle
-bardature un'orgia, una confusione di riflessi abbaglianti, degli
-incendi di luci guizzanti, che davano agli occhi un senso di ebbrezza
-e di vertigine. Ed era uno spettacolo unico, eccitante, che pareva
-volere, glorificando così la sua fine, dare allo spettatore una matta
-violenza d'impressioni tumultuanti d'arte, di cielo, di sfarzo moderno,
-ippico, mondano, un'apoteosi insomma in pieno secolo decimonono,
-ma quale sola, esclusivamente, possono consentirla l'ambiente, le
-attitudini, i gusti, l'inesauribile incanto speciale della vita
-fiorentina!
-
- *
- * *
-
-Giunsero a casa.
-
-Marcello Plana offerse il braccio ad Elisa per salire la piccola
-gradinata dell'atrio. Sentì ch'ella si appoggiava a lui per non cadere.
-Aveva il passo fiacco, trascinato di una vecchia.
-
-— Posso venire a prendere vostre nuove, stasera?
-
-— Sì, certamente.
-
-E il timbro della voce era come spezzato.
-
-Egli le baciò la mano. Ma la sentì inerte, fredda sotto le sue labbra.
-E sul volto di lei la serenità voluta, ottenuta a furia di pudore e
-d'orgoglio, aveva dato luogo a un pallore, a un'alterazione che pareva
-aver subitamente disfatta la splendida e delicata visione di poc'anzi.
-E, mentre ella stava immobile sulla soglia, assorta nella subita
-visione di ciò che aveva avuto in cuore, lasciando quella casa, di ciò
-che aveva in cuore, tornandoci, egli ebbe l'impressione di qualcosa che
-somigliava allo spettacolo di una morte.
-
-Non fece parola, se ne andò.
-
-Quando venne, come aveva promesso, erano le dieci. Trovò la Contessa
-sola nel suo salottino. Non indossava più la _toilette_ delle
-Corse, era vestita semplicemente d'un abito da casa. Sul tavolino di
-peluche stava la lucernetta di argento a strisce ondulate col grande
-paralume rosso, che, raccogliendo l'intensità dei raggi sugli oggetti
-immediatamente sottostanti, lasciava le cose e gli aspetti più lontani
-nella semi penombra rosata della sua trasparenza. Per un po', parlarono
-distrattamente di cose indifferenti alternando le pallide frasi
-svogliate a lunghi periodi di silenzio. Forse avrebbero continuato più
-a lungo così, se a caso i loro sguardi non si fossero incontrati su un
-piccolo mucchio di giornali e di lettere; il tributo, ancora intatto,
-della posta serale che giaceva sul tavolino al solito angolo. E quella
-piccola circostanza ebbe uno strano effetto. Tornò vivo, presente
-ad entrambi, il ricordo di ciò ch'era stato il principio di tutta
-quella strana, assurda storia, la sera in cui ella, tenendo in mano
-trionfalmente la lettera di Tecla, aveva esclamato ridendo: Ah!... il
-marito di Marina!
-
-Si guardarono, memori. E sotto l'urto di quel ricordo, dopo aver
-invano tentato di sorridere, di non parlare, ella ebbe irresistibile
-un'esplosione ch'egli, che pur non l'aveva sollecitata, non
-contradisse. Trovava anzi ch'era tempo. Lasciò ch'ella dicesse,
-confusamente dapprima, poi con incalzante intensità d'immagini, la
-intollerabile angoscia del suo cuore.
-
-Poichè ella si sentiva in tutto colpita, oltraggiata, crudelmente
-punita. Poichè, dinanzi a lei, stava inesorabile la condanna di tutto
-ciò che aveva fatto, sentito, sofferto, la derisione irrecusabile di
-tutte le incongruenze e gli anacronismi dell'animo suo. Punita nella
-sua illusione di maternità, nella sua risurrezione all'amore, nel suo
-martirio, nei suoi scrupoli, nella debolezza del cedere finalmente a
-sè stessa, punita in tutte le contradditorie sincerità del suo cuore.
-E mentre ella diceva tutto ciò, Marcello l'ascoltava in silenzio, senza
-che un lampo di scetticismo passasse nel suo pensiero. Ah! egli sapeva
-la vita, egli conosceva la donna, la vera donna, quella che si serba,
-malgrado tutto, malgrado l'aria, il tempo, l'arte, il sangue di oggidì,
-oltre il livello della femmina, in un mondo che il mondo deride, che
-non comprende, la donna che il mondo soffoca talvolta, pur deridendola,
-nelle spire del suo bugiardo convenzionalismo, ma che rimane pur
-sempre, vinta o vincitrice, applaudita o fischiata, la donna del
-vero, di tutto il vero, egualmente donna, egualmente grande nel sogno,
-nell'errore, nella gioia, nel sacrifizio dell'amore.
-
-Elisa difendeva Roberto:
-
-— No — ripeteva angosciosamente, — non è colpa sua. Quando si è
-giovani, si può ingannarsi. Perchè avrebbe dovuto indovinare? Io,
-allora, quando gli scrissi, ero sicura, non sapevo di mentire a lui e a
-me stessa. Veramente credevo... Perchè l'amavo, l'amavo!...
-
-— Egli non meritava quell'amore, — disse gravemente Marcello Plana. —
-Pensate a ciò; provatevi.
-
-Ella si provò a pensare a questo, ad evocare il suo orgoglio, a
-sentirlo straziato sotto il peso di quella tremenda mistificazione.
-
-Inabissò il volto fra le mani, e stette muta a lungo, con una piccola
-contrazione nervosa delle spalle.
-
-Ma poi sollevò un volto grave, sicuro, e disse quietamente:
-
-— Non posso, Marcello. Egli più volte è stato forte e buono!... Più
-volte ha avuto pietà di me! Mi ha amata, malgrado la mia età, come
-comportava la sua; mi ha offerto il suo cuore, la sua vita, il suo
-nome! La colpa è tutta mia. Io, dovevo sapere.
-
-Il suo dolore, s'era fatto grave, tenero, indulgente, parlando di lui.
-Una dolcezza misteriosa di lagrime illuminava il suo sguardo.
-
-— No, lui! — esclamò... non posso... — E se anche in questo frattempo,
-anche in sì breve tempo io avessi indovinata nel suo cuore una
-passione, una simpatia per una donna giovane o una fanciulla, oh avrei
-saputo comprendere, continuare in silenzio, felice del mio sacrificio,
-del mio segreto non tradito, il mio primo sogno, quello della madre. Ma
-lei!... Marcello, lei!!...
-
-Ebbe un piccolo grido acuto, di quelli che può strappare anche una
-sensazione incomportabile di dolore fisico. E le sue lagrime si
-asciugarono, come se, rapidamente, le fosse passato un tizzone acceso
-dinanzi agli occhi.
-
-— Pensate, ah! pensate, cosa essa farà di lui, del mio Roberto!
-come saprà spegnere in lui ogni nobile germe, ogni aspirazione anche
-inconscia verso il bene, con qual cura sopprimerà nel suo cuore tutto
-ciò che io avrei rispettato, onorato... fatto fiorire. Essa farà di
-lui ciò che ha fatto di Follemare, di Carisi, degli altri, corroderà il
-fiore della sua gioventù nei lacci di un adulterio vile, abile, sereno,
-senza pericoli, come li accetta il mondo, come li approva la società.
-E credete forse che l'ami? che, esaurito il suo capriccio brutale, egli
-rimanga qualcosa per lei?... E pensate!... è vecchia, più di me! E io,
-io...
-
-S'alzò, nel cieco parossismo del suo dolore, percuotendosi la fronte
-coi pugni chiusi.
-
-Marcello afferrò quelle povere mani insensate, e accostando a sè quel
-corpo, convulso, sbattente, le piantò in volto l'austera serenità di un
-rimprovero. E poichè conosceva Elisa, poichè sapeva a quale altezza di
-sensi era nata quell'anima, egli osò, in quel momento, rivolgerle una
-strana domanda:
-
-— Ebbene, Contessa, vorreste esser voi ora, al suo posto?
-
-Sotto quello sguardo, che voleva una risposta, si calmò ad un tratto
-quel folle impeto di rivale sconfitta. Due correnti si urtarono un
-istante violentemente in lei; la carne e lo spirito. Ci fu un secondo,
-un lampo di lotta.
-
-Poi, ergendo il capo, assurgendo lentamente, con tutto quanto l'esser
-suo:
-
-— No... — disse tranquillamente. — Meglio così!
-
- *
- * *
-
-Una cosa ancora accadde prima ch'ella si allontanasse di lì, e mentre
-Marcello, per sorreggerla, teneva ancora strette nelle sue quelle mani
-tremanti. Egli sentì ad un tratto che le unghie di quella donna si
-configgevano penetranti nelle sue palme. Sentì (era aperta la finestra
-che dava sul giardino) risuonare all'uscio del cancello una breve,
-quasi timida scampanellata.
-
-Il corpo di Elisa ebbe un sussulto, un violento impeto verso quella
-direzione. Ma, con un'altra, con una forza più forte, ella si trattenne
-e rimase nella stretta delle mani di Marcello. Egli pure la tratteneva.
-Stettero in silenzio, in attesa; ella colla bocca semi aperta, colle
-pupille dilatate.
-
-Si udì il tardo passo del portiere che andava ad aprire; ci fu un
-minuto di conferenza con un visitatore. Il portiere aveva ordini
-precisi: la signora, indisposta, non riceveva. Il visitatore non
-insistè. Si udì un passo giovanile che si allontanava, si udì il
-cigolìo del cancello che si richiudeva, il passo tardo del portiere che
-rincasava.
-
-Elisa non si era mossa. Solo, tre volte, con un crescendo sommesso,
-stridente, echeggiò nella sala un nome, un appello, un addio, disperato
-come quello di un'agonia:
-
-Roberto! Roberto! Roberto!
-
-Poi... più niente... — Finita, l'ultima primavera!
-
-
- FINE.
-
-
-
-
-
-Nota del Trascrittore
-
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
-senza annotazione minimi errori tipografici.
-
-
-
-
-
-End of the Project Gutenberg EBook of L'ultima primavera, by
-Ines Castellani Fantoni Benaglio
-
-*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK L'ULTIMA PRIMAVERA ***
-
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-<body>
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-<pre>
-
-Project Gutenberg's L'ultima primavera, by Ines Castellani Fantoni Benaglio
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and most
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-
-Title: L'ultima primavera
-
-Author: Ines Castellani Fantoni Benaglio
-
-Release Date: December 11, 2019 [EBook #60905]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK L'ULTIMA PRIMAVERA ***
-
-
-
-
-Produced by Barbara Magni and the Online Distributed
-Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was
-produced from images made available by The Internet Archive)
-
-
-
-
-
-
-</pre>
-
-
-<div class="booktitle">
-<h1>
-L'Ultima Primavera
-</h1>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="titlepage">
-<p class="x-large">
-MEMINI
-</p>
-
-<p class="pad2 main-t">
-L'Ultima Primavera
-</p>
-
-<p class="pad2">
-ROMANZO
-</p>
-
-<p class="pad4">
-MILANO<br />
-<span class="smcap">Casa Editrice</span> BALDINI, CASTOLDI &amp; C.º<br />
-<span class="small"><i>Galleria Vittorio Emanuele, 17 e 80</i><br /></span>
-—<br />
-<span class="small">1909</span>
-</p>
-</div>
-
-<div class="verso">
-<hr class="mid" />
-<p>
-PROPRIETÀ LETTERARIA
-</p>
-
-<p>
-MILANO — TIP. PIROLA &amp; CELLA DI P. CELLA
-</p>
-<hr class="mid" />
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_1">[1]</span>
-</p>
-
-<h2>I.</h2>
-</div>
-
-<p>
-Ritta, immobile dinanzi al grande specchio a tre
-comparti, Marina Negroni aveva testè compiuta la
-sua elegante acconciatura di passeggio. Ma la giovane
-si indugiava, pensosa, dinanzi alla propria immagine.
-</p>
-
-<p>
-Sul volto suo, nessuna traccia di vanità, nè di
-compiacenza intima, non il sorriso trionfante della
-bellezza che si ravvisa. Pure, ell'era bellissima, Marina
-Negroni.
-</p>
-
-<p>
-Alta, di forme decise, tendenti alla maestà del tipo
-giunonico. Bionda, d'un biondo acceso, quasi fulvo.
-Fattezze armoniche, regolarissime, un bello palese,
-non mutevole, invariabilmente sereno. Se Marina
-avesse avuto dei nemici, questi, parlando di lei, avrebbero
-potuto insistere su quell'eccessiva immutabilità
-della sua bellezza. Avrebbero potuto dire altresì, che
-ella dimostrava tutti quanti i suoi venticinque anni.
-Ma non altro appunto avrebbero potuto movere all'aspetto
-di quella fanciulla. Nè maggiore appiglio avrebbero
-offerto alla loro critica il carattere ed il contegno
-<span class="pagenum" id="Page_2">[2]</span>
-di lei. Somigliavano, per l'appunto, alla sua
-formosa bellezza. Erano, al pari di questa, invariabilmente
-calmi e sereni.
-</p>
-
-<p>
-Ella dunque non si ammirava, si studiava soltanto.
-</p>
-
-<p>
-Era, non era ciò che doveva essere quel giorno,
-per quella data circostanza?
-</p>
-
-<p>
-La circostanza era grave, e Marina lo sapeva. Si
-passò coscienziosamente in rivista. Qualche ritocco
-ancora, qua e là; una ciocchettina di capelli un po'
-ribelle da rimovere, più assestata sul fianco la falda
-della giacchettina, meglio stretta al collo la striscia
-di finissima trina che s'alzava oltre il goletto alto
-dell'abito.
-</p>
-
-<p>
-Dopo un momento e stando sempre davanti allo
-specchio, Marina cominciò la sua esercitazione di
-sorrisi.
-</p>
-
-<p>
-Ne eseguì parecchi, leggiadri tutti e discreti, una
-scala semitonata, progressiva di sorrisi per bene. Uno
-fra essi non riesciva a modo suo, lo ripetè pazientemente,
-sinchè riescì a fissarlo, determinato, sulla
-fisonomia. Doveva significare una serenità intima
-con un'ombra di meraviglia, quasi un accenno al destarsi
-di un vago interessamento. Poi susseguì il sorriso
-più palesemente animato e subito dopo, con una
-abile, rapida transazione di espressioni, il ritorno alla
-perfetta calma della fisonomia, quella calma grandiosa
-che dava all'aspetto di Marina Negroni qualcosa
-dell'immagine di una Dea che, assorta in divini
-pensieri, movesse a diporto sulle nubi di un Olimpo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_3">[3]</span>
-</p>
-
-<p>
-Un momento, tutto ciò venne meno. Marina tralasciò
-di esercitarsi. Aggrottò le ciglia e sorrise, ma
-sinceramente, involontariamente, per conto suo. E
-quel sorriso non narrava una lieta storia.
-</p>
-
-<p>
-Un lampo di stanchezza, d'intimo disgusto passò
-nei grandi occhi azzurrini, tutta la persona ebbe una
-espressione accasciata e piena di sconforto.
-</p>
-
-<p>
-— Ancora... sempre!... — mormorò la fanciulla. — E
-sempre per nulla. Son certa... lo sento che
-anche stavolta...
-</p>
-
-<p>
-Ebbe un piccolo brivido. La lunga serie dei disappunti,
-dei tanti falliti tentativi, tornò, crudele, alla
-sua memoria.
-</p>
-
-<p>
-Ma subito crollò le spalle.
-</p>
-
-<p>
-— Sciocchezze, tutto ciò! E ad ogni modo bisogna
-tentare. Una volta o l'altra, oggi o domani, la cosa
-deve pur accadere!
-</p>
-
-<p>
-Gettò sullo specchio un ultimo sguardo, si vide
-qual'era, bella, forte, risoluta. Ebbe un moto energico
-di approvazione. Prese un fine ombrello inglese (minacciava
-di piovere), il manicotto ed escì.
-</p>
-
-<p>
-La cameretta di donna Marina Negroni era al
-terzo piano del palazzo d'Accorsi. Il duca d'Accorsi,
-uno straricco gentiluomo napoletano, aveva sposata
-la madre di donna Marina, vedova del conte Negroni,
-morto giovane e non ricco. Il secondo matrimonio
-della madre aveva fatto alla giovane Negroni, in
-casa d'Accorsi, una posizione speciale, non facile,
-<span class="pagenum" id="Page_4">[4]</span>
-ch'ella sosteneva con dignità, a dispetto di certe ardue
-complicazioni. Molti la invidiavano, ed ella non sconosceva
-i vantaggi materiali della sua posizione. Ma
-pensava risolutamente a farsene un'altra.
-</p>
-
-<p>
-Donna Marina scese, per l'altezza di due piani, una
-stretta scala di servizio e giunse sul pianerottolo di
-un grande scalone di marmo bianco. Aprì uno dei
-grandi usci di noce riccamente intagliati, e si trovò
-in un'ampia e fastosa anticamera. Un piccolo crocchio
-di domestici avvertì il passaggio della fanciulla. S'alzarono,
-salutando rispettosamente, ma senza sperpero
-di umile ossequio. Ella rispose con un piccolo cenno
-del capo e passò, sollevando da sola la greve portiera
-di velluto che metteva alla sala vicina. Ne attraversò
-parecchie, ricchissime tutte, addobbate ed ornate colla
-più raffinata eleganza artistica. Celebre infatti, a Firenze,
-l'appartamento di gala della Duchessa d'Accorsi,
-splendide le feste da ballo che ella soleva dare
-e delle quali erano avidamente ricercati gli inviti.
-E così scelte... per l'appunto!
-</p>
-
-<p>
-Donna Marina gettò, passando, uno sguardo su una
-pendolina in <i>Vieux Sèvres</i>, e affrettò il passo. Non
-percorse tutto l'appartamento, ma svoltando a destra,
-ed evitando la sala da ballo, riescì in una specie di
-salotto-serra, piena d'azalee in fiore e di piante esotiche.
-Giunta ad una porticina a vetri, quasi celata
-da uno splendido drappeggio di stoffa orientale, s'arrestò,
-e battè sul vetro, discretamente, due colpi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span>
-</p>
-
-<p>
-Una voce non fresca, quasi roca, rispose: — Avanti.
-</p>
-
-<p>
-Donna Marina entrò nel salotto ove stava sua
-madre.
-</p>
-
-<p>
-Una strana fantasia quel salotto, la prima impressione
-n'era quasi funebre. Molto raso nero con un
-profluvio di trine bianche. E quasi a correttivo di
-quelle tinte macabre, un'invasione audace, pressochè
-brutale, di mobili e di tendaggi di damasco rosso,
-chiaro, splendido, un colore di sangue appena spicciato.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa sedeva allo scrittoio, un mobile antico,
-di stile Luigi <span class="smcap lowercase">XIV</span>. Lo spazio n'era quasi tutto
-ingombrato da gingilli e da ritratti.
-</p>
-
-<p>
-Alzò il capo e depose la penna, interrompendo la
-lettera che stava scrivendo.
-</p>
-
-<p>
-Una donna sui quarantacinque, forse più. Non
-bella, non simulante la bellezza, non mascheratrice
-della propria età. Grande, un busto stupendo, questo
-sì. Due occhi grigi saettanti, pieni di fuoco, forti
-della scienza della vita. La bocca grande, sensuale,
-potente, il naso lungo, arcuato, colle nari larghe,
-palpitanti dei cavalli di razza. Nulla di leggiadro, di
-dolce nella fisonomia, ma una strana forza d'espressione.
-Violenti, perversi, forse, ma certo irresistibili,
-i voleri di quella donna. E sulla fronte ampia, il
-riflesso di un diadema invisibile; il bacio della cieca
-fortuna!
-</p>
-
-<p>
-Donna Marina venne lentamente a mettersi di
-fianco allo scrittoio della Duchessa e sostenne senza
-<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span>
-parlare, senza batter palpebra, l'esame che la Duchessa
-fece tosto, con un acuto, lungo sguardo, subire
-all'aspetto di lei.
-</p>
-
-<p>
-— Non c'è male — disse finalmente la madre, con
-quella sua voce roca, che si faceva talvolta stridente,
-ma che possedeva una infinita varietà di eloquenze — non
-c'è male davvero, sei veramente <i>ad hoc</i>.
-</p>
-
-<p>
-La giovane ebbe un freddo sorriso.
-</p>
-
-<p>
-— Ti pare?
-</p>
-
-<p>
-— Oserei persino dire una cosa. Come al solito,
-sei troppo bella.
-</p>
-
-<p>
-Donna Marina alzò alquanto le spalle.
-</p>
-
-<p>
-— Non è colpa mia — disse con lieve accento
-ironico — ed è il mio genere.
-</p>
-
-<p>
-— Infatti. Ma pare che pel momento non sia quello
-degli altri.
-</p>
-
-<p>
-La giovane non rispose, una piccola piega, duretta,
-anzi che no, si disegnò all'angolo destro della sua
-bocca.
-</p>
-
-<p>
-— La tua sviscerata amica tarda alquanto a venire — osservò
-la madre dopo un istante.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! verrà! — disse Marina tranquillamente,
-essa non manca mai ad una promessa.
-</p>
-
-<p>
-— E questa cosa le sta molto a cuore, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Pare.
-</p>
-
-<p>
-— Veramente è curiosa... Non so affatto comprendere
-la cagione di queste sue manie matrimoniali.
-</p>
-
-<p>
-— No? — ribattè Marina con una singolare, pacata
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-ironia. — E se fosse semplicemente perchè mi
-vuol bene? La cosa sarebbe strana, lo ammetto.
-Pure...
-</p>
-
-<p>
-— Un affetto <i>gratis</i>... vuoi dire? Ebbene, infatti,
-perchè no? È capace di tutto quella contessa Elisa.
-Ti accerto che le sono riconoscentissima. E lo sarò
-più ancora se riesce nel suo pietoso intento, trovandoti
-cioè un marito. Il che dovrebbe esser fatto da
-parecchio tempo. Hai venticinque anni, mia cara
-figliuola.
-</p>
-
-<p>
-— Lo so — disse Marina con quella pacatezza
-sforzata che torna talvolta, nei giovani, sì penosa a
-vedersi. — Comprendo di esser molto indiscreta. Dovrei
-essere maritata da parecchio tempo, come dici.
-Mi par equo però l'aggiungere che, se non lo sono,
-non è tutta colpa mia.
-</p>
-
-<p>
-Mentre Marina diceva questo, il suo sguardo aveva
-errato di volo pei recessi del salotto. Ma, ad un
-tratto, s'arrestò sul ritratto fotografico di un bellissimo
-giovane. Il ritratto, incorniciato in una piccola
-quadratura di rose d'Olanda, stava su un tavolino di
-peluscio color fuoco, collocato assai presso allo scrittoio
-della Duchessa.
-</p>
-
-<p>
-Sul volto di questa passò rapidissima, appena visibile,
-una contrazione nervosa. Ci fu nel colloquio
-un momento di sosta, grave, penoso, pieno di minaccie
-d'uragano.
-</p>
-
-<p>
-Ma l'uragano non venne.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span>
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa appoggiò il capo alla spalliera della
-sua poltroncina ed osservò a lungo, con una specie
-di curiosità umoristica, la giovane che teneva chinati
-gli sguardi.
-</p>
-
-<p>
-— Marina, sta attenta — disse poscia Ginevra — tu
-diventi mordace, e questo è per l'appunto un difetto
-da zitellona. Non va, credimi. Ritorna al tuo
-sistema di amenità, ti sarà più giovevole.... per intenderci.
-</p>
-
-<p>
-Madre e figlia scambiarono uno sguardo, pieno di
-amara ironìa.
-</p>
-
-<p>
-— Hai ragione — disse Marina lentamente.
-</p>
-
-<p>
-Socchiuse gli occhi per un secondo. Quando li riaperse,
-era calma, padrona di sè stessa.
-</p>
-
-<p>
-— Dicevi, mamma?...
-</p>
-
-<p>
-— Dicevo, mia cara Marina, che non è il caso di
-perder tempo. Eccoci dinnanzi ad una nuova occasione.
-Speriamo che tutto andrà bene, che il giovane
-ti piacerà...
-</p>
-
-<p>
-— Mi piacerà — interruppe freddamente Marina.
-</p>
-
-<p>
-— Davvero?... Allora tanto meglio. Voglio sperare
-ch'egli non sarà meno determinato di te. Il partito
-è eccellente. Sono però, te ne avverto, gente dell'altro
-mondo. Vivono in provincia e hanno delle
-idee... Ti senti di adottarle?
-</p>
-
-<p>
-— O di farle mutare, — rispose Marina, dopo un
-istante di riflessione.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa guardò sua figlia con un sorriso
-<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span>
-enigmatico. — Tanto meglio — disse poscia — sarà
-un bene per loro. Ora, solo resta ad augurarsi che
-la cosa si faccia. Ti confesso però che vorrei vederla
-in altre mani. La contessa Elisa è un angiolo di donnina.
-Non sa come ammazzare il tempo, sa che non
-sei felice e...
-</p>
-
-<p>
-Un rossore passò sul volto di Marina.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa rideva.
-</p>
-
-<p>
-— Ma sì, cara, cosa importa? Tanto meglio se hai
-rappresentata bene la tua parte, muta s'intende, di
-vittima interessante. D'altronde, hai sempre avuta
-la manìa della brava gente. Te la contrasto forse?
-Anzi, può essere che abbi tutte le ragioni. A proposito,
-spero che avrai data un'occhiata alla Guida e
-che non ti lascerai prendere alla sprovvista in fatto
-di nozioni artistiche. Ed è inteso che ignori tutto,
-nevvero? che il vostro incontro è dovuto alla più
-fortuita delle coincidenze?
-</p>
-
-<p>
-Marina assentì con un cenno del capo.
-</p>
-
-<p>
-— Benissimo! Sta attenta, non perder mai di vista
-il tuo scopo. Non tradirti. Credo che potrai agevolmente
-condur lei, ma bada a quel suo amico milanese,
-mi pare di tutt'altra pasta. E comincia subito,
-se ti piace; ecco la tua utilissima protettrice.
-</p>
-
-<p>
-Un lieve strepito di passi veniva infatti dalle sale
-vicine. Poco dopo, un domestico annunziò la contessa
-di Serramonte.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa mosse ad incontrare e salutò la sopraggiunta,
-colla massima cordialità.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span>
-</p>
-
-<p>
-Elisa Nardi, vedova Serramonte, era più bella e
-più giovane di donna Ginevra. Non toccava per anco
-la quarantina. Una figuretta fine, delicata, poco appariscente,
-distintissima d'aspetto e di modi. Il suo
-contegno era grave, riserbatissimo, privo di quella
-scioltezza un po' sprezzante che alle signore di oggidì
-sembra rappresentare l'ideale dell'effetto.
-</p>
-
-<p>
-Ella era timida, di una timidità singolare, di sensitiva,
-che cercava nascondere, senza punto riuscirvi
-e che molti battezzavano per orgoglio. Ma non era
-orgoglio. Viveva molto per conto proprio, in tutto
-fedele a' suoi principii ed ai proprii istinti, e non
-aveva ancora potuto riescire a non soffrire quando
-li sentiva urtati o quando si sentiva costretta a sopprimere,
-esternamente, l'effetto di quell'urto. Quando,
-per esempio, ella doveva dare una stretta di mano
-a Ginevra d'Accorsi, provava una curiosa sensazione
-di sforzo intimo!
-</p>
-
-<p>
-Pure, come non dargliela quella solita, superficiale
-stretta di mano? Il mondo diceva della Duchessa
-tutto ciò che si può dire di poco lusinghiero sul
-conto di una donna, ma perciò forse il mondo ristava
-dall'accoglierla, dal festeggiarla, dal correre alle sue
-feste?... Non era ella bene spesso chiamata a dare
-il suo verdetto (e un verdetto senza appello) sull'<i>expedit</i>,
-o meno, di ricevere una nuova arrivata, aspirante
-a penetrare nella migliore società fiorentina?
-Si scambiavano qualche visita, quelle due care signore,
-<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span>
-e ora la contessa Elisa di Serramonte non
-veniva forse a prendere la figlia di Ginevra d'Accorsi
-per condurla a passeggio?
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa aveva talvolta avvertita la piccola
-nube rosea che passava sul volto della Serramonte,
-quando le loro destre s'incontravano.
-</p>
-
-<p>
-Ciò la divertiva... diceva ridendo a sè stessa. Ma
-in realtà... no. Quel piccolo rossore le dava noia.
-</p>
-
-<p>
-Aveva adottato, per vendicarsene, un curioso sistema.
-Quella donna che, senza volerlo, la condannava,
-ella la affascinava. Ginevra aveva per lei una
-cortesia speciale, piena di delicati sottintesi, di deferenza,
-non scevra d'una tinta di malinconia. La Contessa
-resisteva, non sempre però, e col segreto malessere
-di chi si sente strascinato. C'era bensì, fra
-quelle due donne, qualcosa d'indefinito e di latente,
-il germe forse di un'aspra lotta futura.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa era proprio desolata di non poter
-andare anche lei a visitare quella bella cappelletta.
-Marina si riprometteva un sì squisito godimento artistico!
-</p>
-
-<p>
-La contessa Elisa fu lì lì per arrossire come una
-colpevole, pensando al tranello che aveva preparato
-per quella povera Marina.
-</p>
-
-<p>
-La madre lanciò all'amica di sua figlia una rapida
-occhiata d'intesa e le strinse di soppiatto la mano.
-La faccia di Marina ignorava tutto, serenamente.
-</p>
-
-<p>
-La conversazione durava, tenuta viva dalla Duchessa.
-<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span>
-Quella donna sapeva parlar d'arte, quando
-voleva. E lo voleva ora, e riesciva a tener Elisa
-sotto il giogo della sua parola viva, smagliante, originale...
-Subito, entrò nel campo personale:
-</p>
-
-<p>
-Certo, ella invidiava profondamente la Contessa,
-che aveva il coraggio, l'indipendenza dei propri gusti.
-Che nobile esistenza aveva saputo creare a se stessa
-non immolandosi alla vita mondana che esige tanto
-e rende sì poco!
-</p>
-
-<p>
-Elisa guardava attonita la Duchessa. Ell'era già
-quasi impressionata da quelle parole inattese, che
-parevano quasi involontariamente sfuggire dalle labbra
-di quella donna.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa ebbe un lieve sospiro.
-</p>
-
-<p>
-— Ah!... perchè non tutte possono fare come lei!
-A volte, creda, siamo trascinate nostro malgrado nel
-vortice di questa esistenza. Si ha bisogno di stordirci...
-di scordare... Si sente il vuoto, la stanchezza di tutto
-ciò. E poi, col passar degli anni...
-</p>
-
-<p>
-Un bello spirito fiorentino aveva detto un giorno,
-della Duchessa Ginevra d'Accorsi, ch'ella aveva tutto
-canzonato nella vita, cominciando dal tempo. Ma con
-tutto ciò, Elisa sentiva levarsi in cuore un'insidiosa
-pietà di lei, del possibile stato d'animo che le strappava,
-in quel momento, quei lembi di confessione.
-Poichè, dopo tutto, il suo ingegno doveva pur qualche
-volta palesarle il vero, qualche buon sentimento doveva
-pur destarsi ogni tanto nell'animo di quella
-<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span>
-donna! E forse, coltivato, sorretto da un'amicizia
-sincera...
-</p>
-
-<p>
-— Duchessa, — disse timidamente, commossa, con
-una dubbiosità che faceva un po' tremula la sua
-voce, — la comprendo. So che non è sempre in
-poter nostro...
-</p>
-
-<p>
-Non finì la frase suggestiva e pietosa.
-</p>
-
-<p>
-Un uscio laterale, quello che metteva all'appartamento
-privato della Duchessa, s'aperse a un tratto
-con impeto e un bellissimo giovane entrò senza preamboli,
-seguito da un <i>mops</i> corpulento.
-</p>
-
-<p>
-S'arrestò sulla soglia, perplesso, evidentemente
-confuso. Non si aspettava di trovar visite, a quell'ora,
-nel salotto della Duchessa. Quel giovane somigliava
-molto al ritratto sul quale lo sguardo di Marina Negroni
-si era posato sì efficacemente, nel colloquio di
-poc'anzi, colla madre sua. E davvero egli poteva
-somigliare a quel ritratto, n'era semplicemente l'originale.
-</p>
-
-<p>
-La contessa Elisa tacque ed arrossì. Sapeva... La
-sua testina ebbe un involontario moto di alterigia,
-ed ella s'alzò di scatto. Marina si abbottonava i guanti.
-La Duchessa aveva per un secondo fulminato il giovane
-collo sguardo. Ma già ella rideva, il più normale,
-schietto riso del mondo.
-</p>
-
-<p>
-— Ma bravo, Dino, che bella maniera di capitare
-così, come una bomba, con quel vostro orribile Brusco!
-Venite dalla scuderia, scommetto. Come sta Rudygore?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Rudygore?... Ah!... sicuro. Meglio, oh bene...
-bene — rispose il giovane, cercando di rimettersi in
-carreggiata, ed avanzandosi per salutare la Contessa,
-che pareva restringersi nella persona, con un moto
-involontario.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — sclamò la Duchessa con un sospiro di
-sollievo. — S'immagini — continuò vivacemente,
-rivolgendosi ad Elisa — uno dei nuovi cavalli da
-corsa, testè giunti da Londra, e che si era ammalato,
-ma sul serio, sa? Siamo stati tanto in pena! Pippo
-non si muove dalla scuderia, e ogni tanto mi manda
-le notizie. Bene dunque, Dino, proprio bene? Il veterinario
-è contento?
-</p>
-
-<p>
-Il giovane afferrò la pertica e si tenne a galla
-con bastante disinvoltura. Incominciò, infiorandola
-di termini tecnici, una confortante relazione sul
-verdetto del veterinario.
-</p>
-
-<p>
-Ma alla prima pausa, Elisa, che non si era rimessa
-a sedere, si rivolse quietamente a Marina.
-</p>
-
-<p>
-— Si fa tardi, cara, vogliamo andare?
-</p>
-
-<p>
-La giovane assentì, colla sua calma imperturbabile
-e le due signore si congedarono dalla Duchessa.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene... mie care, divertitevi, — disse questa
-maternamente — spero che il tempo non vi farà
-dei brutti scherzi. No, Dino, non vi lasciate venir
-la tentazione. Si tratta di arte, non ci capireste nulla,
-mio caro. Marina invece e la Contessa se la godranno
-un mezzo mondo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le due signore si strinsero la mano, naturalmente.
-Ma forse più delle altre volte, quella di Elisa rimase
-fredda ed inerte nel momentaneo contatto. E la Duchessa
-se ne avvide.
-</p>
-
-<p>
-Fe' cenno a Dino che accompagnasse le due signore
-sino all'anticamera. Poi queste scesero sole, in silenzio,
-il grande scalone di marmo.
-</p>
-
-<p>
-Marina era alquanto pallida.
-</p>
-
-<p>
-L'elegante vittoria della Contessa attendeva dinanzi
-al portone. Presso i cavalli e tutto immerso nella
-sapiente contemplazione di essi, stava un uomo
-piccolo, d'aspetto triviale, vestito d'un <i>tout-de-même</i>
-a larghi scacchi bianchi e neri e col volto ornato
-di due classiche fedine da cocchiere. Quell'uomo non
-era un cocchiere, era il duca Pippo d'Accorsi, il
-marito di Ginevra.
-</p>
-
-<p>
-Si scosse al sopraggiungere delle due signore, e
-le aiutò ad entrare in carrozza, con qualche frase
-di circostanza. Aveva, con un forte accento napoletano,
-l'abitudine dell'imitazione secca, concisa dell'accento
-inglese.
-</p>
-
-<p>
-— Dembo cattivo... ehm... pista rovinata... Omaggi,
-Condessa.
-</p>
-
-<p>
-La Contessa rispose in fretta con un cenno di
-capo. Marina si acconciava con garbo nel suo cantuccio.
-</p>
-
-<p>
-Dino, frattanto, tornava lentamente, trascinando
-il passo, verso il salotto della Duchessa, e il suo
-<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span>
-volto recava palese l'espressione di un intimo turbamento. — Ah!
-la Duchessa! Ora, bisognava sentirla!
-Capiva d'aver commesso un grosso marrone
-capitando così, poc'anzi, nel salotto. Temeva, più
-del fuoco, la collera imperiosa di quella donna ch'egli
-amava, poveretto. A modo suo s'intende, ma sinceramente,
-l'amava.
-</p>
-
-<p>
-Entrò adagino, procurando di non far strepito.
-</p>
-
-<p>
-Ella non parve avvertirlo. Continuò a scrivere
-senza degnare il giovane d'uno sguardo. Si udiva,
-sulla superficie della carta inglese, lo stridere della
-penna che correva, mossa da una mano irritata.
-Sulla fronte di quella donna stava una nube di
-scontento.
-</p>
-
-<p>
-Dino era più che mai sgomentato. Quel silenzio
-non prometteva nulla di buono ed egli avrebbe
-preferito di sentirla addirittura. Ma non osava parlare
-pel primo.
-</p>
-
-<p>
-Mutò più volte sedile, tentò la lettura d'un giornale.
-Finalmente si recò presso al caminetto e prese
-a considerare, come se li vedesse per la prima volta,
-gl'innumeri gingilli che ne ornavano il davanzale.
-Tolse in mano un aereo calice del Salviati, e nel
-riporlo a posto, l'urtò alquanto contro una bomboniera
-di Vieux-Vienne.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa alzò il capo, per muovere un acerbo
-rimbrotto a quel malaccorto. Ma Dino la guardava
-sì impensierito, la sua bella e stupida faccia recava
-<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span>
-un'espressione sì comica di timore, che la Duchessa
-si sentì quasi disarmata.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, — disse bruscamente, — cosa fate
-costì?...
-</p>
-
-<p>
-— Non s'è sciupato niente... — s'affrettò a rispondere
-Dino, — tutto incolume... guardi.
-</p>
-
-<p>
-— Meno male. Mi pare che ne abbiate fatti abbastanza,
-oggi, dei guai!
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa non era più adirata, internamente,
-con Dino, ma pensava che una lezione non sarebbe
-inutile.
-</p>
-
-<p>
-— Sì, davvero! Avete dimostrato un tatto... una
-delicatezza! Capitare a quel modo e da quella parte,
-con quel fare da ragazzaccio, col vostro cane alle
-calcagna. E cavarsela così bene, poi, con tanta destrezza!...
-</p>
-
-<p>
-Sferzato da quell'ironia, il giovane tentò un briciolo
-di difesa.
-</p>
-
-<p>
-— Non sapevo che aveste gente, così di buon'ora.
-So che siete sempre sola prima del mezzodì, o non
-vedete che le vostre amiche intime, quelle solite.
-</p>
-
-<p>
-— Non importa, bisognava sapere. È curioso, non
-ne azzeccate mai una, neppure per isbaglio.
-</p>
-
-<p>
-Egli chinò il capo, sospirando, e cercò un conforto
-nell'estremo splendore della vernice de' suoi stivaletti.
-La Duchessa si divertiva.
-</p>
-
-<p>
-— Le mie amiche, — continuò con quel suo accento
-stridente. — E che sapete voi delle mie amiche?
-<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span>
-E se per l'appunto volessi farmi un'amica intima di
-Elisa Serramonte?
-</p>
-
-<p>
-Colto all'improvviso, Dino non pensò a dissimulare
-la sua meraviglia e questa fu sì palese, sì
-schietta, che la Duchessa cessò affatto di divertirsi ed
-aggrottò le ciglia.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, — disse duramente, con un'intima
-collera — perchè fate quell'aria grulla? Vi par forse
-impossibile la cosa?
-</p>
-
-<p>
-— Io? Oh no, no... anzi! — s'affrettò a rispondere
-Dino. — È solo perchè so ch'ella conduce una vita
-tanto... ritirata, e si vede pochissimo e mi pareva
-d'avervi sentito dire ch'ella è terribilmente noiosa.
-Solo per questo... e poi... già; insomma, non capisco.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa si mise a ridere, poichè la sua collera
-era già svaporata.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! mio caro Dino, ora siamo d'accordo. È il
-vostro forte, il non capire. Suvvia, non fate quel
-viso intontito. Un'altra volta, accertatevi se ho gente
-prima d'entrare.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — diss'egli con trasporto — non siete più
-in collera?
-</p>
-
-<p>
-Di nuovo ella rise, con uno sguardo enigmatico.
-</p>
-
-<p>
-— No, non sono più in collera.
-</p>
-
-<p>
-Egli si mosse, coll'evidente intenzione di andarla
-a ringraziare più da vicino; ma ella aveva ripigliata
-la penna, ed il piccolo cric cric metallico ricominciava
-sul foglio che stava davanti alla Duchessa. Dino
-non osò disturbarla.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span>
-</p>
-
-<p>
-Solo dopo una buona diecina di minuti, essa gli
-rivolse la parola.
-</p>
-
-<p>
-— Ordinate il mio <i>landeau</i>, per le quattro. E oggi
-venite a cavallo alle Cascine. L'americana, con Fitz
-Maurice. Badate meglio all'attacco. Ieri, sul Piazzone,
-Poniatowski ha osservato qualcosa. Almeno in questo,
-siate irreprensibile.
-</p>
-
-<p>
-— Farò quanto potrò. Stasera, alla Pergola, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Non so se ci andrò. Passate in prima sera. Oggi
-ho la visita all'asilo, alle tre.
-</p>
-
-<p>
-— Devo venirvi a prendere?
-</p>
-
-<p>
-— Venite... se volete. Aspetterete; perchè non so
-quando riescirò a sbrigarmi dalle suore. Ora andate,
-mio caro, ho un monte di faccende.
-</p>
-
-<p>
-Egli obbedì... A malincuore, ma obbedì. Se ne
-andò chiotto, chiotto, senza ch'ella lo accompagnasse
-col saluto dello sguardo. Non lo reclamò, non voleva
-irritarla. Trovava d'essersela cavata a buon mercato,
-a paragone delle altre volte. Avrebbe dovuto
-invece impensierirsi di quella nuova indulgenza.
-</p>
-
-<p>
-Quando fu escito, la Duchessa depose la penna e
-rimase un istante inoperosa ed accigliata. Poi crollò
-irosamente le spalle.
-</p>
-
-<p>
-Ah! cominciava ad annoiarla colui... Dino di Follemare!
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span>
-</p>
-
-<h2>II.</h2>
-</div>
-
-<p>
-— Vedi, cara. È lassù.
-</p>
-
-<p>
-La contessa Elisa accennava coll'ombrello ad una
-vecchia e semi diroccata chiesuola, eretta sulla vetta
-di un colle, dal quale poco distava ormai la carrozza.
-Il piccolo edificio era facilmente visibile, in
-mezzo alla boscaglia denudata dai recenti venti autunnali,
-ma, nell'estate, doveva a mala pena indicarsi
-nella ricchezza del frascato, nicchiandosi con un
-gentile aspetto di chiesetta idillica. Ma in quel giorno,
-sotto quel cielo triste, era triste anch'essa, la povera
-cappella abbandonata.
-</p>
-
-<p>
-La carrozza si fermò sul sagrato mentre dalla
-porticina ogivale esciva ad incontrare le due signore
-un gentiluomo di nobilissimo aspetto, di volto ancor
-fresco e di belle fattezze, a cui davano strano rilievo
-una bella capigliatura affatto bianca, e due baffi grigiastri
-lunghi ed a punte. Alto di statura, aveva
-nell'assieme dell'esser suo un'imponenza geniale, simile
-a quella che fa dire a Calibano, quando s'imbatte
-con Prospero, nell'isola dove questi è approdato,
-<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span>
-dopo la tempesta: — Avete qualcosa, signore, ch'io
-chiamerei volentieri padrone.
-</p>
-
-<p>
-Aiutò le signore a scendere di carrozza, complimentandole
-del loro coraggio a sfidar le minaccie
-della piova. Poi scambiò colla contessa Elisa un rapido
-sguardo d'intesa. Erano vecchi, eccellenti amici,
-quei due!
-</p>
-
-<p>
-Si fermarono un momento sul piccolo atrio a
-guardare la vista fantastica, sotto il suo disuguale
-velame di nebbia, mentre Marina girava assiduamente
-le rotelline del suo cannocchiale. Don Marcello
-Plana alla Contessa:
-</p>
-
-<p>
-— Mi sono presa una libertà. Ho condotto qui un
-mio amico. Mi permettete di presentarvelo?
-</p>
-
-<p>
-— Perchè no, Don Marcello? È un vostro concittadino?
-</p>
-
-<p>
-— No, è bresciano. Il marchese Maurizio Fedimari. — Conoscete
-la famiglia?
-</p>
-
-<p>
-— Oh benissimo... <i>Bonne souche</i>, certamente... E
-che fa? si trattiene a Firenze?
-</p>
-
-<p>
-L'abilità di quella donna, per recitar la commedia,
-era qualcosa di sublime; le tremava persin
-la voce.
-</p>
-
-<p>
-Ma Don Marcello l'ascoltava serio serio, e Donna
-Marina, che avea finalmente trovata la giusta misura
-del cannocchiale, guardava... oh lontano, lontano assai
-nel paesaggio.
-</p>
-
-<p>
-— Secondo, — rispose sagacemente Don Marcello.
-<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span>
-— È un tipo curioso quel mio amico. Forma la mia
-disperazione col volermi sempre obbligare a inventargli
-qualche nuova scoperta in fatto di arte. Si è
-divorato Firenze in un mese, colui! Ora, per dargli
-ancora un piccolo osso artistico da rodere, l'ho condotto
-qui. E, sentendomi al tutto esautorato, in fatto
-di musei e di gallerie, ho pensato egoisticamente di
-raccomandarlo a voi.
-</p>
-
-<p>
-— Ma è un tradimento — disse la Contessa ridendo. — Come
-potrò?...
-</p>
-
-<p>
-— Oh! con voi non c'è da sgomentarsi, in fatto
-d'arte. — Quando non ce n'è più, ce n'è ancora.
-Fatemi questa carità, lasciate che vi presenti il mio
-amico. E ora, entreremo in chiesa, se vi piace.
-</p>
-
-<p>
-Entrarono in chiesa; una bizzarra vetusta cappelletta,
-le cui pareti serbavano ancora qualche vestigio
-di due distinti stili di antica dipintura.
-</p>
-
-<p>
-Erano state evidentemente trattate a due riprese,
-e sotto la grossolana maniera di un mediocrissimo
-pittore del secolo scorso, emergeva l'austerità ideale
-ed ingenua di un pennello cinquecentista. Un tratto
-di processione sacra, coi suoi gruppi serrati, senza
-spazio, di profili bianchi, di testine rossiccie accatastate
-una a ridosso dell'altra, di bizzarre foggie medioevali
-d'abbigliamenti, era troncato bruscamente
-dai gonfi drappeggi del manto di una Giuditta, opera
-del pittore più recente, mentre la faccia apopletica
-di questa si perdeva alla sua volta in una nuvolaglia
-<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span>
-di salnitro del più nebuloso effetto. Ogni tanto
-il mistico stile antico tornava a far capolino, due
-delicatissimi nudi si rivelavano, nella loro squisita
-snellezza di forme, al disopra di una ondulatura verdognola
-che, nell'intenzione dell'autore, rappresentava
-le acque del Giordano, raffigurando così un battesimo
-di Cristo abbastanza riconoscibile. In una cappella
-laterale era alzata su un piedestallo una Madonna
-moderna, colla faccia di legno di grossa bambola
-fatticciona, vestita di broccato, con sei vezzi di granate
-al collo e con un paio di buccole a pendente,
-ma dietro all'altar maggiore, nel vecchio trittico
-dall'oro spento, azzurreggiava idealmente, cinta d'angioli
-esultanti, una Madonna di frate Angelico.
-</p>
-
-<p>
-In un angolo della chiesetta, presso all'uscio della
-piccolissima sacristia, il sacrestano aveva accatastato
-la sua scarsa raccolta di patate, ma a sommo dell'uscio
-stesso, nella sua cornice intrecciata di fiori e
-frutti, si sporgeva dal fondo cilestrino, in terra cotta
-verniciata di bianco, uno di quei dolcissimi gruppi
-di madre e bimbo ai quali si collega tuttora il pensiero
-di un caro nome, quello di Luca della Robbia.
-</p>
-
-<p>
-Tremolava lievemente, davanti all'altare, in un
-orribile lucernario d'ottone, la fiammella devota, ma
-il lucernario, era appeso ad una catena di leggerissimo
-fantastico lavoro in ferro battuto, una meraviglia
-di squisito disegno e di quasi aerea esecuzione.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il marchese Fedimari contemplava per l'appunto
-la catena del lucernario quando la piccola comitiva
-fece irruzione nella chiesetta. Si voltò naturalmente,
-e chiamato con un cenno da Marcello Plana, venne
-presentato alle signore. Prima alla contessa Nardi,
-poi a Donna Marina Negroni.
-</p>
-
-<p>
-Questa e lui si guardarono, rapidissimamente. Entrambi
-sapevano. Egli pensò: No. Ella pensò: Sì.
-</p>
-
-<p>
-La contessa Elisa gli parlò tosto di Brescia, di
-un'amica sua bresciana che... combinazione strana,
-era per l'appunto cugina di casa Fedimari. Poi mossero
-tutti assieme a visitare la chiesetta.
-</p>
-
-<p>
-Maurizio Fedimari era un giovane di aspetto fine
-e molto serio. Intelligente, studioso e di tempra
-eminentemente sensibile, aveva cercato, nell'assorbente
-influenza degli studi artistici, una distrazione
-benefica e quasi un rifugio contro l'eccessiva suscettività
-nervosa del suo temperamento ed il malessere
-continuo che formentavano in lui la coscienza di
-una quasi insana timidità. Appunto per reagire contro
-questa, si costringeva talvolta a prendere delle grandi
-risoluzioni. Così era venuto nel divisamento di prender
-moglie e aveva detto a Marcello Plana: — Trovamela
-tu — in una specie di accesso di coraggio disperato.
-Si riservava, naturalmente, la conferma della
-scelta dell'amico. Per tutte le circostanze secondarie,
-gli aveva data carta bianca.
-</p>
-
-<p>
-Povera Marina... Ella faceva serenamente, correttamente,
-<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span>
-il dover suo. Ammirava con perfetta misura
-quanto c'era da ammirare nella cappella, ascoltava
-con doverosa simpatia le elaborate spiegazioni del
-giovane. La timidità naturale di Fedimari era sopraffatta
-colà dall'assoluto bisogno di un contegno
-sciolto e il terrore del ridicolo gli faceva trovare
-delle forze ignorate. Non parve nè impacciato, nè
-inferiore a sè stesso, benchè soffrisse alquanto nell'intimo
-suo.
-</p>
-
-<p>
-Mentre egli parlava, Marina si ricordò della sua
-lezione di sorrisi. Uno dopo l'altro, con perfetta
-armonia di evoluzione, vennero sul suo volto e
-passarono. Ella ebbe un'attenzione sostenuta, una
-dignitosa personalità di apprezzamento. Non esagerò
-l'entusiasmo, ebbe solo alcune parole di fino
-commento. Quando credette giunto il momento opportuno,
-si rimosse alquanto dal gruppo e andò ad
-inginocchiarsi su un banco per farvi una breve
-preghiera. Ciò fece senza ostentazione di sorta, con
-una semplicità e una distinzione di mosse veramente
-mirabili. La figura spiccava, magnifica, sul banco
-isolato. La mossa, la posa, quella bella testina abbandonata
-per un istante fra le mani finemente inguantate,
-tutto fu artistico, nobile, riescito. E veramente
-in lui fu colpito l'artista. Ma Maurizio Fedimari
-restò freddo, ed egli ebbe degli strani pensieri
-d'indole curiosa e alquanto negativa, mentre la povera
-Marina diceva silenziosamente la sua piccola preghiera,
-appiè della Madonna bofficiona.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ognuno, del resto, faceva doverosamente la sua
-piccola parte in quella piccola commedia crudele.
-Anche la Contessa fu all'altezza della situazione. Si
-era imposta una disinvoltura grande e bisognava
-sentire come parlava del più e del meno, di Luca
-della Robbia e di Mino da Fiesole... Citò Winckelmann
-tanto a proposito, quella cara donnina, che
-Maurizio Fedimari ne rimase incantato. Ma con tutto
-ciò il core le batteva forte e un momento, mentre
-Fedimari si trovava alquanto in disparte, con Marina,
-intento a farle osservare il delicato lavoro della
-catena, ella chiese in fretta, a bassa voce, a Marcello
-Plana:
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, che vi pare?
-</p>
-
-<p>
-Marcello si strinse alquanto nelle spalle.
-</p>
-
-<p>
-— Eh! bisognerà sentire.
-</p>
-
-<p>
-— Quando? Verrete stasera, nevvero? Mi direte...
-No, caro Plana, scusate, ma non sono del vostro
-parere. Della scuola, forse, di Luca. Ma sua, non
-credo.
-</p>
-
-<p>
-Fedimari e Marina erano tornati lentamente indietro,
-giusto in tempo per udire l'opinione della
-Contessa su Luca della Robbia. Non avevano l'aria
-molto animata.
-</p>
-
-<p>
-La visita continuò e si compì secondo il programma.
-I due signori accompagnarono alla carrozza la Contessa
-e la signorina. E lì, proprio all'ultimo, la contessa
-Elisa si fe' un coraggio da leone e annunziò
-<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span>
-al marchese Fedimari che riceveva il sabato, dopo
-le cinque. Se ne rammentasse, se rimaneva a Firenze.
-</p>
-
-<p>
-Il giovane accolse l'invito colla più doverosa riconoscenza.
-Ma parlò vagamente di certi progetti per
-Napoli. Era indeciso. Certamente, se non partiva,
-approfitterebbe col massimo piacere.
-</p>
-
-<p>
-Marina si nicchiava nel suo cantuccio del legno,
-disponendo con grazia infinita sulle sue ginocchia
-l'elegante copertina foderata di pelliccia. La persona
-era ben riparata, ma un subito freddolino si fece
-strada sino al suo cuore. Il più squisito dei sorrisi,
-il sorriso della fine, non lasciò le sue labbra. Scomparve
-a tempo debito, quando non occorreva più,
-ma si cacciò dietro una effulgenza di serenità mirabile,
-mentre la giovane parlava, con sentita compiacenza,
-delle bellissime cose che aveva testè vedute.
-</p>
-
-<p>
-La Contessa invece non era niente affatto entusiasta.
-Sempre così, quel Plana. Credeva sempre di
-scovare dei tesori inediti... e poi... Quella Madonna?...
-Della scuola di Luca... se pure! E il Trittico! Ritoccato
-atrocemente, rovinato addirittura.
-</p>
-
-<p>
-Marina scoteva il capo placidamente. — Ma no...
-non mi pare. Mi sono piaciuti tanto quegli affreschi.
-E il luogo era così originale!
-</p>
-
-<p>
-— Originale davvero! — ribattè la Contessa con
-quanto malumore poteva tradire la sua dolce fisonomia.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span>
-</p>
-
-<p>
-Sospirò, poi tacque, e Marina rispettò il suo silenzio.
-Ella pure aveva voglia di tacere. Pensava che
-anche <i>quella</i> era andata male. Lo sentiva... n'era
-sicura. Quante?... Non le contava più!
-</p>
-
-<p>
-Sulla discesa i cavalli trottavano, Marina abbandonava
-la bella persona alle lievi scosse della carrozza,
-e pensava che la china degli anni si scende
-così, ch'ell'era stanca, inesprimibilmente stanca di...
-tante cose. E ogni tanto si presentava una probabilità,
-qualche cosa che pareva la fine... ma, sul
-punto di concretarsi, spariva. E il tempo passava...
-</p>
-
-<p>
-S'era levato un venticello malinconico che se la
-pigliava colle ultime foglie, scordate sugli alberi dal
-suo predecessore. Ella guardava, pensando ancora:
-Così! Ma aveva ripreso a chiacchierare quietamente
-colla Contessa.
-</p>
-
-<p>
-Andarono alle Cascine, ma il tempo inclemente
-aveva trattenuti in città molti dei soliti frequentatori.
-Poche carrozze al Piazzone. Le due signore non
-si fermarono molto alla passeggiata. La Contessa
-aveva premura di essere a casa e di chiedere a Plana
-come fossero realmente andate le cose. Poichè ella
-era sinceramente affezionata a Marina, e avrebbe
-voluto vederla maritata e fuori di quella benedetta
-casa d'Accorsi!...
-</p>
-
-<p>
-Ve la ricondusse, cionullameno, e la giovane, congedatasi
-affettuosamente dall'amica, scomparve nel
-<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span>
-vano del portone. Elisa le tenne dietro, sin che potè,
-collo sguardo.
-</p>
-
-<p>
-— Povera ragazza! — sospirò.
-</p>
-
-<p>
-— A casa! — disse poscia rapidamente al domestico
-che attendeva gli ordini.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span>
-</p>
-
-<h2>III.</h2>
-</div>
-
-<p>
-La casa della contessa Elisa non era un palazzone.
-Un bel fabbricato signorile di stile moderno, nicchiato,
-con una leggiadra modestia di villa, in mezzo ad un
-giardino tutto cintato, il che lo isolava piacevolmente
-dalla via e dalle case adiacenti. C'erano molti sempreverdi,
-molti fiori e le mura erano quasi tutte
-ammantate di edere, pareva d'essere in campagna. Ciò
-piaceva tanto alla contessa Elisa, e i suoi fedeli salivano
-volentieri quella piccola scalinata dell'atrio,
-coi grandi vasi bleu di maiolica di Ginori, cogli arum
-sì belli e sì alti e le macchie di begonie e le belle
-lampadine pensili coll'edere sì verdi, e il capilvenere
-sì minuto, per poi penetrare in quella piccola fuga
-di sale arredate semplicemente, ma con molto gusto,
-e andar finalmente a parare in quell'amore di salottino
-in broccatello antico; tutto mezze tinte e cose
-gentili, e tocchi femminilmente artistici di addobbo
-e d'adornamento.
-</p>
-
-<p>
-Appena scesa di carrozza, Elisa chiese al cameriere: — È
-venuto don Marcello?... — E udito che
-<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span>
-sì, mosse frettolosa a incontrarlo dove sapeva che
-l'avrebbe trovato.
-</p>
-
-<p>
-Egli era infatti nel salottino ultimo. Appena udì
-quel passetto frettoloso, depose il volume che stava
-leggendo e si alzò, appena in tempo per ricevere,
-in piedi, la buona stretta di mano dell'amica.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene? — le chiese questa impetuosamente.
-</p>
-
-<p>
-— Eh! che furia! — Toglietevi almeno il mantello.
-Vi sta così bene che è un peccato. Ma...
-</p>
-
-<p>
-— Via, per carità! — rispose Elisa sbottonandosi
-nervosamente.
-</p>
-
-<p>
-Egli la guardava, ridendo, ma subito fece una faccia
-lunga e contrita.
-</p>
-
-<p>
-— Bastonate il vostro servitore, Contessa. Egli è
-reduce da un fiasco.
-</p>
-
-<p>
-Ella rimase non sorpresa, ma accorata.
-</p>
-
-<p>
-— Me l'immaginavo — sospirò. — Che disdetta!
-Un così buon partito... Ma cosa le trova poi... colui?
-Non gli par bella forse?
-</p>
-
-<p>
-— Bellissima. Egli rende piena giustizia ai pregi
-fisici della vostra amica. Una sola cosa gli parve insufficiente
-in lei.
-</p>
-
-<p>
-— E cosa?
-</p>
-
-<p>
-— L'anima, cara Contessa.
-</p>
-
-<p>
-Elisa buttò dispettosamente il guanto, testè toltosi,
-sul tavolino prossimo.
-</p>
-
-<p>
-— E dàlli.... anche lui, con quest'anima! È una
-scusa così comoda, ora. Che anima volete che abbia
-<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span>
-una povera ragazza al giorno d'oggi, coll'educazione
-che le si dà, colle leggi assurde che ha fatto la società!
-Vi accerto che Marina è una giovane piena
-di cuore, e ha dei bellissimi sentimenti, e il vostro
-amico non capisce...
-</p>
-
-<p>
-Don Marcello incrociò le braccia sul petto in atto
-sì comicamente umile che la contessa dovette far
-bocca da ridere.
-</p>
-
-<p>
-— No, no, vi assicuro..., sono contrariatissima. È
-un giovane simpatico, intelligente.
-</p>
-
-<p>
-— Avete detto testè che non capisce niente.
-</p>
-
-<p>
-— Un eccellente partito!... Mi rincresce all'anima.
-Fortuna che Marina non ne sapeva nulla.
-</p>
-
-<p>
-— Uhm!...
-</p>
-
-<p>
-— Ma no, vi accerto. Non le abbiamo fatto il più
-lieve cenno...!
-</p>
-
-<p>
-— Tant'è.
-</p>
-
-<p>
-— Dio, che ostinato!... Se vi dico che non ne sapeva
-nulla. E dopo tutto egli poteva non piacere a
-lei. Non è mica un Adone, il vostro amico. Scommetto
-ch'ella non lo avrebbe voluto.
-</p>
-
-<p>
-— Perdereste la scommessa. — Ella sarebbe stata
-meno esigente di lui.
-</p>
-
-<p>
-— Oh bella questa! Perchè?
-</p>
-
-<p>
-— Perchè di sì... E se ci pensate un momento,
-converrete meco...
-</p>
-
-<p>
-La Contessa pensò un momento, e in cuor suo convenne
-ch'egli non aveva torto. Ma scosse ancora il
-capo, dubbiosamente.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Siete ingiusto per lei. Non l'avete mai potuta
-soffrire.
-</p>
-
-<p>
-— Perdonatemi; non è esatto. Ho di lei molta
-stima, non avrei, se fosse altrimenti, pensato a proporla
-in moglie ad un mio amico. La benevolenza
-di cui l'onorate è la sua più valida commendatizia.
-Nelle sue speciali circostanze ella ha sempre dimostrato
-un tatto ed un senno commendevoli. Ma se
-fossi stato al posto di Fedimari...
-</p>
-
-<p>
-— Avreste fatto come lui?
-</p>
-
-<p>
-— Precisamente, Contessa.
-</p>
-
-<p>
-Una pausa tenne dietro a questa schietta dichiarazione.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene — disse la Contessa dopo un momento,
-tutto ciò è molto triste. Io, vedete... detesto tutte
-queste cose, questa forma di progetti di combinazioni.
-Mi pare che sia quasi una profanazione.
-</p>
-
-<p>
-La sua bella fisonomia assunse inconsciamente
-un'espressione malinconica piena di sincerità e di
-sentimento. E continuò:
-</p>
-
-<p>
-— Mi direte: ma a queste combinazioni, tu pure
-presti mano, mentre le critichi. Che volete!... Se ne
-vedono tutti i giorni, e a volte finiscono bene... meglio
-degli altri matrimoni. Ma è così triste, tutto ciò...
-sì dissimile dall'amore!
-</p>
-
-<p>
-Modulò dolcemente, con dolcezza involontaria, l'arcana
-parola.
-</p>
-
-<p>
-— Ma è la vita, Contessa. Due cose molto distinte,
-come vedete.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Infatti. Si può vivere senza l'amore.
-</p>
-
-<p>
-— Certo. Ad un patto però. Di non aver cominciato
-a provarlo.
-</p>
-
-<p>
-— Non si comincia, ecco tutto; — rispose Elisa,
-sorridendo.
-</p>
-
-<p>
-Egli ebbe un impercettibile moto delle sopracciglia.
-Ella sorrise ancora e soggiunse:
-</p>
-
-<p>
-— E sopratutto non si comincia fuor di tempo.
-</p>
-
-<p>
-Marcello Plana prese il libro che aveva testè deposto:
-<i>Mad. Chrysanthème</i> di Pierre Loti, e lo sfogliò
-un momento. Poi lo rimise sul tavolino.
-</p>
-
-<p>
-— Insomma, questa volta abbiamo proprio fatto
-un buco nell'acqua! Me ne dispiace, credete.
-</p>
-
-<p>
-— E a me pure, immensamente. Povera Marina!
-</p>
-
-<p>
-— E contate rimettervi in campagna?
-</p>
-
-<p>
-— Certo. In queste cose non bisogna mai fermarsi
-a contare i morti. Quella povera figliuola...
-</p>
-
-<p>
-— Non la compiangete tanto. Anzitutto, ha un'amica
-come voi. Poi ha un'altra amica, pure tenerissima,
-di lei... lei stessa, cioè, colla tenacità del suo
-proposito. Vi assicuro che riescirà; col vostro concorso
-o senza.
-</p>
-
-<p>
-— Dio lo voglia! Don Marcello. Vorrei vedere...
-</p>
-
-<p>
-— Tutte le pecore sul monte? Che valida sostenitrice
-del matrimonio. Peccato che non vi ricordiate
-che, in certi casi, <i>Cicero pro domo sua</i> sarebbe il
-migliore degli argomenti.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ella arrossì alquanto e scosse gravemente il
-capo.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! non si tratta di questo. Marina...
-</p>
-
-<p>
-— Sì, lo so. Marina è abbastanza convinta, per
-conto suo, non siate in pena per ciò. Ma siete
-voi che...
-</p>
-
-<p>
-Si arrestò; ella aveva lievemente aggrottate le
-ciglia e una espressione di tristezza passava sul suo
-volto.
-</p>
-
-<p>
-— Voi... siete incorreggibile — completò Don
-Marcello. — Ed io pure, nel tormentarvi. Ma consolatevi,
-parto presto per Milano. Mi scriverete,
-nevvero, mi terrete a giorno dei vostri nuovi tentativi?
-</p>
-
-<p>
-— Certamente. Benchè, a dir vero, in questo momento,
-non saprei proprio a che santo raccomandarmi
-per trovare...
-</p>
-
-<p>
-— La <i>rara avis</i>? Il marito di Marina? Suvvia.
-Non v'inquietate. Verrà da sè... E ora rasserenate il
-vostro caro volto di missionario, e date un pensiero
-anche agli altri miseri mortali. Guardate la vostra
-posta che vi attende, chi sa da quanto.
-</p>
-
-<p>
-— Infatti. Permettete?
-</p>
-
-<p>
-Egli chinò il capo e tornò a recarsi fra le mani
-<i>Mad. Chrysanthème</i>, colle sue figurette birichine,
-mentre la Contessa andava rimestando in una piccola
-farraggine di carte, di giornali, di lettere che,
-giunte nella sua assenza, attendevano al posto solito,
-<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span>
-là dove il domestico aveva ordine di deporle, in
-una larga coppa di antico Giappone.
-</p>
-
-<p>
-Una viva esclamazione, sfuggita alla Contessa, fece
-alzare il capo a Don Marcello. Essa leggeva frettolosamente,
-con evidente sorpresa e crescente soddisfazione
-una lettera abbastanza voluminosa. Quando
-ebbe finito, si lasciò andare sulla poltroncina e cominciò
-a ridere, ma di gusto... quel suo bel riso sonoro,
-che pareva tornarla sì giovane.
-</p>
-
-<p>
-Egli la guardava, curioso, aspettando.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! — diss'ella finalmente, non appena le
-venne fatto, e sollevando trionfalmente la lettera — quando
-si dice il destino!
-</p>
-
-<p>
-Guardate qui! Lo sapete voi cosa c'è in questa
-lettera?... Ebbene! Immaginate... C'è dentro nientemeno
-che... il marito di Marina!
-</p>
-
-<p>
-— <i>Amen!</i>... — disse gravemente Don Marcello
-Plana.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Era sola, oramai, e pensava!
-</p>
-
-<p>
-Addietro, addietro negli anni, nei remoti recessi
-della memoria, ella trovava i ricordi dell'amica che
-le aveva scritto ora sì confidenzialmente e sì a lungo,
-dopo tanti anni di silenzio. Rivedeva i due giardini
-confinanti delle ville paterne, teatro dei loro giuochi,
-il pianoforte sul quale solevano assieme eseguire, con
-<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span>
-tanto impegno le sonatine, applaudite dagli amici indulgenti.
-Tecla d'Oppado era maggiore di lei, di parecchi
-anni, e le faceva da mammina all'occasione,
-con grande disinvoltura.
-</p>
-
-<p>
-Ma la contessa Elisa rammentava senza rammarico
-alcuno, quella specie di amorosa supremazia
-esercitata su di lei; non solo per l'autorità di qualche
-anno di maggiore età ma anche per una speciale
-precocità del carattere di Tecla, precocità sì
-marcata, che pareva avere affrettato per lei il corso
-naturale del tempo e tutto arrecatole in anticipazione.
-</p>
-
-<p>
-Tutto: l'amore, il matrimonio, la maternità.
-</p>
-
-<p>
-A sedici anni, alla sua prima festa da ballo, Tecla
-d'Oppado era colpita in pieno cuore da una passione
-romantica ma sincera, per un brillante ufficiale,
-molto bello, molto nobile e molto rovinato. Pieno di
-spirito e di brio, disinvolto ed elegante come un
-moschettiere di Dumas, con un taglio d'occhi azzurri
-che metteva nelle loro orbite la profondità d'un
-mare, egli si accorse subito dell'impressione da lui
-esercitata su quel cuoricino. Tecla non era brutta
-ed egli la sapeva ricca, forse l'amò pure alquanto,
-a modo suo. Certo è che seppe convincerla ch'ella
-non poteva essere felice altrimenti che con lui e
-manovrò sì bene l'azzurro degli occhi suoi che la
-indusse a dire gravemente ai vecchi nonni, i quali
-sostituivano per Tecla i perduti genitori: O quello,
-o nessuno!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span>
-</p>
-
-<p>
-I buoni vecchietti provarono bensì a ridere di quell'ultimatum;
-ma dopo cinque o sei mesi d'indugio,
-davanti a quella faccetta pallida e risoluta, su cui
-parevano andar segnandosi certe stimmate, della famiglia
-di quelle ch'erano un tempo impresse sul
-volto della madre di Tecla, morta a ventott'anni di
-mal sottile, i nonni mutaron parere, e un bel giorno
-la fanciulla entrando in salotto, vi trovò il conte
-Aynardo Rescuati Melli. Otto giorni dopo, i giovani
-erano fidanzati.
-</p>
-
-<p>
-Ella fu felice, inenarrabilmente felice. Subito si
-riebbe. Ci sono di quelle donnine così fatte, per le
-quali l'amore è simile alla selvaggia canzone dello
-zingaro fattucchiero che attira specialmente i bambini.
-Li chiama dai palagi, dalle case, dagli abituri,
-li toglie ai giuochi, alle gonne delle madri, irresistibilmente!
-Ed essi vengono giulivi, danzando, battendo
-le mani in cadenza colla canzone che li guida, dove
-sa lei, nei labirinti ciechi, nelle solitudini misteriose
-di una foresta senza fine, nelle strade perse, senza
-sbocco, della vita.
-</p>
-
-<p>
-Ella ubbidì a quell'appello e danzò, giuliva, correndo
-sulle traccie del fattucchiero!
-</p>
-
-<p>
-Dapprima, sul sentiero misterioso fu un incomparabile
-fioritura di gioie, ed ella tanto ritrovò della sua
-vita da poterne dare ad un altro essere, dieci mesi
-soltanto dopo essersi sposata. E le parve allora di
-poter gettare al destino un osanna di completa, assoluta
-gratitudine.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le parve.
-</p>
-
-<p>
-Poichè non è nostra la felicità che ci dona esclusivamente
-l'amore. Noi, col nostro facciamo assai,
-ma a tutto non si arriva e l'amore è zingaro e frequenta
-le strade disagevoli che rasentano gli abissi.
-Il conte Aynardo Rescuati Melli cominciò a sbadigliare
-un poco, passata quella prima festa di felicità
-coniugale e paterna. E un giorno, ahimè! s'avvide
-d'esser molto giovane per un marito ed un papà!
-</p>
-
-<p>
-Già... un po' lunghetta la storia! Le sue doti brillanti,
-l'acciaio terso del suo spirito si arrugginivano
-in quella cittaduzza di provincia, fra quelle due graziose
-foggie di bimbi che aveva in casa, la moglie
-cioè ed il figlio. Per non pensare a quelle malinconie
-cercava di distrarsi; poveretto! E per distrarsi, consumava
-molto della dote che gli aveva recato Tecla
-e sbocconcellava pure un poco di quella fede ch'egli
-aveva recato a Tecla. Il cambio non era generoso,
-Tecla se ne avvide e si destò ad un tratto, nel
-fitto della notte e della foresta. Sola, lo zingaro era
-scomparso! La canzone non aveva più che un ritornello;
-quello di Tecla.
-</p>
-
-<p>
-Ella era molto giovane, molto inesperta, attorniata
-da persone vecchie che avevano scordata la scienza
-della vita. Fu bene, mal consigliata da esse o dal
-suo cuore? Fu saggia nel suo risentimento? Aggravò
-la scissura, coll'impetuosità appassionata del suo dolore?
-Certo; aveva ragione la poveretta. Ma quando
-mai, in amore, aver ragione fu una ragione valida?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il conte rientrò al servizio militare ed ebbe la nomina
-di addetto ad un'ambasciata estera. Ella rimase
-nel suo vecchio palazzo, coi vecchi nonni e col bimbo.
-Non erano separati. Egli veniva ogni tanto in famiglia,
-e purchè non troppo prolungate, quelle visite
-erano piacevolissime per lui. Faceva un mondo di
-feste alla moglie e al bimbo, recava loro doni ricchissimi,
-di un gusto squisito, narrava dei piacevolissimi
-aneddoti ed alludeva volentieri al tempo in
-cui, stanco del servizio militare, verrebbe a casa a
-piantare i cavoli e far studiare quel birichino.
-</p>
-
-<p>
-Ma invece, un brutto giorno, a Vienna, se ne morì,
-stupidamente, in duello per una donna, che non valeva
-un'ora sola della vita più inutile di questo
-mondo. A Tecla, dissero ch'era morto di bronchite
-fulminante!
-</p>
-
-<p>
-Quando egli fu morto, ella seppe una cosa: che
-l'aveva sempre amato, anche offesa, anche lontana
-da lui. Ma di lui, ora non restava che Roberto. Ed
-ella amò Roberto per due, per lui e per il padre suo.
-</p>
-
-<p>
-Ci sono due maniere di amare le persone: A modo
-loro e a modo nostro. Coll'idea del come vorremmo
-essere amati noi, o del come esse amano d'essere
-amate. Il primo metodo, Tecla lo aveva applicato
-al matrimonio e non era stato coronato da un brillante
-successo. Perciò volle, col figliuolo, fare un
-nuovo esperimento, amarlo cioè a modo suo, contentandolo
-in tutto. A dir vero, ella corteggiava un
-<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span>
-fiasco, più colossale del primo, ma il destino, per
-questa volta almeno, chiuse un occhio sulla sua imprudenza.
-Nè ella, nè i nonni furono capaci di rovinare
-Robertino.
-</p>
-
-<p>
-Il ragazzo era nato col bernoccolo della resistenza
-ai metodi sperimentali. Profittava naturalmente di
-quella tempesta di amore, ma a dispetto di quella
-trinità d'idolatrie, cosa incredibile... non diventava
-un ragazzaccio!
-</p>
-
-<p>
-Era un ragazzo come gli altri, un po' più birichino
-forse, con una passione speciale per fare il
-chiasso ma comodamente, a casa sua. Non diceva
-bugìe, forse perchè non aveva mai avuto bisogno
-di dirne, voleva quel che voleva; spiattellato, senza
-rigiri. Tiranneggiava la mamma, questo va da sè,
-trattava i nonni con una disinvoltura notevole e
-dimostrava a loro riguardo una estrema libertà di
-spirito, ma era loro affezionato e stava volontieri
-in casa.
-</p>
-
-<p>
-Non era un'aquila d'ingegno e studiare gli parve
-sempre una cosa perfettamente inutile, ma egli strinse
-le più cordiali relazioni cogli innumeri maestri che
-la mamma, pur di non mandarlo a pervertirsi nelle
-scuole pubbliche, gli faceva pullulare in casa. Tutte
-queste brave e colte persone, egli finiva invariabilmente
-collo scoraggiarle come istruttori, ma se ne
-faceva degli eccellenti compagni di escursioni e di
-cavalcate, nonchè dei caldi amici personali. Andava
-<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span>
-a caccia col fattore, il quale lo adorava e lo derubava
-doverosamente e gli diceva sempre, accennando
-dei larghi tratti di paese: Vede, tutto questo è suo.
-Le piante, il grano, l'erba, i sassi, le bestie, tutto
-suo. E anche la roba dei vecchi, quelle belle tenute
-laggiù, sue anche quelle. Cosa vuol stare a rompersi
-il capo sui libri?... Lo lasci fare a noi, poveri disperati.
-E lei, stia allegro e se la goda.
-</p>
-
-<p>
-E lui... sfido io, non dava torto al fattore, quel
-diavolo di ragazzo.
-</p>
-
-<p>
-Elisa rammentava benissimo quel monello di Bertino.
-Doveva essere sugli otto anni quando ella e
-Tecla si separavano, ah! con quanto dolore di entrambe!
-Tecla, per andare a stabilirsi in un'orrenda
-cittaduzza delle Marche, ove uno zio canonico aveva
-testè lasciato una bella eredità a Bertino; Elisa per
-seguire il padre suo, in un giro scientifico in Sicilia.
-</p>
-
-<p>
-Veramente fu un dolore, quella separazione. Erano
-amiche nel senso reale, sì raro della parola, malgrado
-la non lieve differenza d'età, malgrado la non
-pari posizione. Due anime proprio fatte per simpatizzare,
-quella vedovina malinconica, non ancora
-scevra di tutte le sue ubbie di fanciulla, e quella
-fanciulla grave, posata come una piccola matrona.
-Per tanti anni non s'erano più vedute, la corrispondenza
-erasi mantenuta per un tempo non breve, ma
-poi era venuta meno. Tecla era assorbita dalle sue
-<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span>
-cure per Berto, ed Elisa aveva ormai delle mansioni
-speciali presso il padre suo.
-</p>
-
-<p>
-Afflitto da un inesorabile e progressivo indebolimento
-della vista, il barone Nardi, soffriva crudelmente
-di non potersi più dedicare ai severi studi
-storici, cui doveva la sua alta fama di scienziato.
-Ma questo dolore, la figlia alleviava quanto era in
-poter suo, prestando al padre i suoi begli occhi di
-Antigone, la sua armoniosa voce di lettrice e la
-chiara calligrafia, della quale la sua mano elegante
-rivestiva il dettato di lui sui fascicoli della sua
-grande opera: <i>Le rivoluzioni dei Comuni Italiani</i>.
-E una cosa soleva dire, serenamente, Elisa Nardi,
-(che le attirò un buon rabbuffo della zia Balbina, la
-testa forte della parentela): ch'ella, cioè, sposerebbe
-tanto volentieri un uomo che somigliasse al padre
-suo! E il bello è, che n'era proprio convinta, e
-aveva chiesto seria seria: perchè? quando la zia
-Balbina le aveva detto alzando le spalle:
-</p>
-
-<p>
-— Per amor di Dio, figliuola mia, non farti sentire
-a dire di queste corbellerie. Già! l'ho sempre
-detto, che tu vivi sempre nel mondo della luna.
-</p>
-
-<p>
-La zia Balbina, dal suo punto di vista non aveva
-tutti i torti; ma convien dire che nel mondo della
-luna non ci si stia poi tanto male, perchè Elisa, coi
-suoi bizzarri ideali e colle sue funzioni d'amanuense,
-pareva, ed era proprio felice, e in fatto di matrimonio
-non se la pigliava con quel fervore più o meno ben
-<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span>
-celato di molte fra le nostre belle signorine. In casa,
-la Signora era lei, suo padre l'adorava, attorno a
-loro s'era fatto un circolo, un po' esclusivo a dir
-vero, di vecchi amici di casa, quasi tutti assai colti.
-</p>
-
-<p>
-Fedele all'antica amicizia con Tecla, Elisa non ne
-aveva contratte altre, con giovani signore o signorine.
-Coi giovani era alquanto a disagio.
-</p>
-
-<p>
-Essa passava per una signorina eccezionalmente
-colta, ed alcuni giovinotti, che se ne sarebbero facilmente
-invaghiti, conoscendola sotto un altro nome,
-trovavano spiritoso di simulare un piccolo brivido
-di paura, o una smorfia di riverente sgomento, quando
-si parlava di lei.
-</p>
-
-<p>
-Fanciulletta ancora, aveva perduta la madre. Priva
-dei suoi consigli, entrata giovanissima nel gran
-mondo, non aveva saputo evitare qualcuno dei tanti
-scogli di quel mare infido. Non aveva toccato che
-delle piccole ferite, subito rimarginate dalla reazione
-del buon senso e dall'innata equità; ma di quelle
-che in certe anime ultra delicate, lasciano una traccia
-e anticipano di anni ed anni il segreto disgusto
-del mondo. Così: alle grandi riunioni, alle feste,
-Elisa preferiva di gran lunga la compagnia del padre
-e quella che gli chiamava d'attorno la sua larga
-ospitalità di scienziato gran signore. Intelligenza veramente
-eccezionale, coadiuvata da profonde cognizioni,
-il barone Nardi amava coltivare le serie doti
-mentali di sua figlia, addestrando lo spirito di questa
-<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span>
-al pregio tanto femminile della ricettività intellettuale.
-</p>
-
-<p>
-In quell'ambiente ove nulla penetrava di frivolo,
-in mezzo a studii prediletti e a persone simpatiche
-ed omogenee, padre e figlia erano felici ed Elisa
-non si rammentava che alla sua età, a 24 anni, ella
-avrebbe potuto essere da tempo maritata. Non ci
-pensava, ecco tutto.
-</p>
-
-<p>
-Ma qualcuno ci pensava per lei. La zia Balbina
-procurò un giorno di trovarsi sola col fratello e gli
-chiese, coll'intrepidità di chi sa di compiere un'opera
-meritoria, se contava di sacrificare definitivamente
-l'avvenire di sua figlia al piacere di averla a segretario
-dei suoi lavori storici.
-</p>
-
-<p>
-L'autore delle <i>Rivoluzioni dei Comuni Italiani</i>
-cascò dalle nuvole.
-</p>
-
-<p>
-Lui! sacrificare sua figlia!
-</p>
-
-<p>
-Rimase senza parola, subitamente addolorato ed
-impensierito davanti alla categorica domanda di quella
-energica sorella. Il suo egoismo (se davvero n'era
-stato colpevole) era d'indole affatto inconscia, poichè
-gli era sempre parso che la figliuola fosse felice con
-lui, nè desiderasse di mutar vita. Così era infatti,
-per un assieme di circostanze affatto speciali; ma
-lo zelo della zia Balbina tanto seppe evocare l'immagine
-dell'avvenire e rammentare al barone quella
-tal legge di natura che sbarazza l'umanità della sua
-parte eccedente ed inutile (dei padri vecchi, per
-<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span>
-esempio) ch'egli cominciò a ricordarsi che infatti, da
-qualche tempo in qua, si sentiva alquanto deperire
-in salute. Già, veramente... era stato un grande
-egoista.
-</p>
-
-<p>
-Osservò umilmente alla sorella ch'egli, però, non
-aveva mai contrariata la figliuola. Elisa era perfettamente
-libera di scegliere chi più le piacesse per
-compagno della vita.
-</p>
-
-<p>
-Oh! come rise di cuore la zia Balbina quando udì
-queste parole! Come rivelavano lo scienziato, l'uomo
-che non aveva mai avuto, scusasse... un po' di senso
-pratico della vita. L'Elisa aveva avuta in retaggio
-da lui, la stessa assenza di sano positivismo; era
-una piccola marmotta che non sarebbe mai stata
-capace di pescarsi un marito, con tutte le sue doti
-trascendentali. Oltre a ciò, era una ragazza eccezionale,
-che uno dei soliti giovanotti mondani avrebbe
-resa infelicissima. Per Elisa ci voleva un uomo serio,
-coltissimo, di uno spirito superiore. Penserebbe lei,
-insomma, a trovarlo.
-</p>
-
-<p>
-A ciò non si oppose il barone. La zia Balbina lo
-aveva destato come da un sogno; e ora egli si chiedeva
-come avesse potuto farlo sì quieto, sì prolungato!...
-E giacchè c'era questa terribile necessità
-che le figlie dovessero prender marito e i padri rimaner
-soli, dopo averle tanto amate, dopo essersele
-tenute a fianco, sì care, per tanto tempo, compagne
-del cuore e della mente, luce e vita della casa... ebbene...
-facesse pure, la zia Balbina!...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span>
-</p>
-
-<p>
-È d'uopo convenire che la zia Balbina, ispirata
-dal suo zelo, non operò per nulla colla testa nel
-sacco, e compì la sua missione coscienziosamente e
-secondo la sua più stretta idea del dovere e di ciò
-ch'ella giudicava più atto alle speciali esigenze di
-sua nipote. Non ebbe pace sicchè non ebbe trovato
-un uomo, che, a farlo apposta colle mani, non poteva
-esser più adatto a quella cara Elisa. Uno
-scienziato anche lui... come quel benedetto papà,
-meno che la sua malattia era la numismatica. Ricco,
-nobile, istruito, un pozzo di scienza! Sui quarant'anni,
-ma un bell'uomo ancora. E un carattere così solido...
-così calmo, una perla d'uomo.
-</p>
-
-<p>
-Insomma quello doveva essere proprio l'ideale di
-Elisa, quello che meglio rispondeva a tutte le sue
-idee, le sue abitudini, le sue tendenze! Zia Balbina
-sfidava chicchessia a trovare per Elisa un marito
-più <i>ad hoc</i> del conte Emilio Serramonti!
-</p>
-
-<p>
-Tutto ciò era molto vero in sostanza e il cuore
-di Elisa era come una bella casettina nuova che
-non ha ancora avuto inquilini. Ella accettò fiduciosamente
-quello sposo, le cui qualità erano indiscutibili,
-e che aveva comuni con lei e col padre suo
-tante idee e tante simpatie. E quando, pochi anni
-dopo il matrimonio della figlia, il barone Nardi si
-sentì presso la sua fine (immatura dopo tutto, poichè
-non toccava i 50 anni) benedì in cuor suo il gran
-dolore che gli aveva imposto la zia Balbina. Oh!
-<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span>
-sì! poteva chiuder gli occhi in pace, contento del
-suo sacrificio. Lasciava la sua Elisa nel pieno possesso
-di una calma, di una ragionevole felicità. Di
-una cosa soltanto si rammaricava: che ella non
-avesse figli. Da qualche tempo, più specialmente,
-questa circostanza lo impensieriva.
-</p>
-
-<p>
-Ma zia Balbina, venuta in quei giorni dolorosi, a
-recare il conforto e l'aiuto della sua testa pratica,
-combattè colla più consolante energia quel rammarico
-del fratello.
-</p>
-
-<p>
-Ma che! Ubbie! Una donna intellettuale, come
-Elisa, dotata di sì grandi risorse di spirito, con un
-marito, quale glielo aveva procurato lei stessa, poteva
-benissimo far senza della distrazione dei marmocchi.
-Suo marito amava ricevere, essa lo coadiuvava
-mirabilmente, avevano un salone letterario
-frequentato dalle più alte intelligenze. Che poteva
-desiderare di più, coi suoi gusti, quella povera cara
-Elisa!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Veramente, quando, in capo a poche settimane,
-quella povera cara Elisa perdette il padre suo, una
-cosa soltanto desiderò con intenso desiderio e fu che
-la lasciassero sola col suo dolore. Provò una violenta
-gratitudine pel marito, il quale la sottrasse alle consolazioni
-e ai ragionamenti pratici di zia Balbina,
-<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span>
-conducendola seco a fare un lungo viaggio durante
-il quale egli si occupò assai colle sue medaglie e
-lasciò ch'ella si occupasse colle sue lagrime e col
-suo immenso rimpianto.
-</p>
-
-<p>
-Non mai, come in seguito a questo pietoso salvataggio,
-ella fu tentata di credersi ciò che tanto si
-applicava ad essere: una moglie felice. E quando
-suo marito ammalò alla sua volta d'una lunga e
-gravosa malattia che li trascinò per anni ed anni,
-in caldi e lontani paesi, unica infermiera del conte
-Emilio fu la moglie sua. Veramente affettuosa ed
-intima e dolcemente fraterna fu l'esistenza di quei due!
-</p>
-
-<p>
-Quando egli morì, dopo solo sei anni di matrimonio,
-di una dolce morte, confortata da sincere lagrime,
-ella si sentì veramente sventurata. Le parve
-che colla nuova si riaprisse in lei l'antica ferita.
-Nella sua completa solitudine morale, quelle due
-care memorie ella confuse in un culto di indole
-quasi pari, e le parve di sentir compiuta e chiusa
-la vita del suo cuore, nella duplice tristezza del suo
-lutto di figlia e di sposa...
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-A Costantinopoli ella aveva perduto suo marito,
-ed ella stessa ne ricondusse la salma in Europa.
-</p>
-
-<p>
-Per un anno intero abitò in una sua bellissima
-villa sulla Riviera. Più tardi comperò una casa a
-Firenze e fu per lei una gradita occupazione quella
-di metterla in ordine e di addobbarla, seguendo le
-<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span>
-ispirazioni del suo raro gusto artistico. In quella
-circostanza ella osò per la prima volta contrastare
-il parere di zia Balbina. La buona signora aveva
-avuto l'idea eminentemente pratica di invitare la
-giovane vedova a venir ad abitare in provincia
-presso di lei, allo scopo, diceva ella, di sconcertare
-le cattive lingue.
-</p>
-
-<p>
-Ma la contessa Elisa non si sentì il coraggio di
-pagare a sì caro prezzo lo sconcerto delle cattive
-lingue. E seppe tanto bene e con sì amabile dignità
-viver sola a Firenze, nella sua bella casa, ricevendo
-come aveva sempre fatto, occupandosi d'arte, di letteratura,
-di beneficenza, che le cattive lingue, dopo
-aver provato a pungere, a portar via un po' di
-pelle a quella purissima riputazione, dovettero smettere.
-A nessuno venne mai la più lontana idea di
-poter far la corte a quella signora così gentile e così
-austera. Alcuni ebbero bensì, nei primi tempi, un'idea
-assai migliore, quella cioè di chiederla in moglie,
-ma ella ricusò sì pertinacemente che gli aspiranti
-desistettero. Uno di essi, più stizzito degli altri per
-la toccata ripulsa, avendo detto che la contessa
-Elisa era una donna fredda, egoista e per di più, di
-una pedanteria insopportabile, molte persone trovarono
-comodo di adottare sul conto di quella signora
-un'opinione già fatta, invece di darsi la briga di formarsene
-una propria e così fu assodato che la Serramonti,
-con tutte le sue qualità, non era per nulla
-<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span>
-ciò che si chiama una persona attraente. E zia Balbina
-scrisse, ad alcune sue amiche di Firenze che le
-avevano chiesto ragguagli sulla nipote:
-</p>
-
-<p>
-«Un angelo, mie care, una donna sublime, ma
-ostinata all'estremo, e di una deplorevole riluttanza
-a seguire le buone e pratiche influenze delle persone
-esperimentate. L'ho sempre detto a quella cara Elisa,
-ch'essa abita un pochino nel mondo della luna. Fortunatamente
-per lei, ha circa quarantamila franchi
-di reddito <i>suoi</i>, per cui in complesso può vivere come
-le pare e piace, e questo è senza dubbio un gran
-conforto, nella sua difficile e delicata posizione.»
-</p>
-
-<p>
-Oh! un gran conforto, senza dubbio. E di quel
-conforto ella si giovava certamente, sopratutto facendo
-molto bene attorno a sè e soddisfacendo i
-suoi gusti raffinati di artista. Viveva molto quieta,
-sentendo i vantaggi della propria posizione, colla
-calma serena che le dava il convincimento, o giusto
-od erroneo, di essere entrata nella fase definitiva
-della propria esistenza.
-</p>
-
-<p>
-Vestiva molto seriamente, con severa eleganza, e
-non si tingeva i capelli, benchè fossero qua e là irregolarmente
-striati in bianco; il che, chi nol sapesse,
-è la più odiosa maniera d'incanutire che possa
-capitare ad una signora... Ma la forma della testina
-era tanto graziosa, e in quel momento per l'appunto,
-mentre stava leggendo la lettera di Tecla, la contessa
-Elisa, col volto dipinto dall'emozione intima di
-<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span>
-quella lettura, colla persona inconsciamente atteggiata
-ad una espressione veramente artistica di pensieroso
-abbandono, nella luce e nell'ambiente tanto
-omogeneo di quell'ora, formava un quadro gentile,
-pieno di una poesia fresca e squisita e davanti al
-quale nessuno certo avrebbe pensato di chiedere: Ma
-quella donna, quanti anni ha?
-</p>
-
-<p>
-Oh, quella lettera di Tecla! E da tanto ella non
-scriveva più! L'assidua corrispondenza dei primi
-anni della loro separazione era venuta meno, naturalmente,
-col volgere degli eventi. A rari intervalli
-avevano nuove una dall'altra. Ma in questa lettera
-tutta l'antica confidenza tornava in campo, tutta la
-tenerezza un po' sgomentata di Tecla, le sue angosciose
-apprensioni materne si rivelavano nella fiducia
-di un appello caldo e malinconico. Elisa si sentiva
-il cuore riboccante di memorie e di simpatia e
-dovette recarsi il fazzoletto agli occhi per poter
-proseguire nella lettura del seguente brano:
-</p>
-
-<p>
-«Il verdetto del dottore non mi ha sorpresa; da
-tempo avvertivo i prodromi del male che, affrettando
-ora il suo corso, farà in breve di me una
-povera inferma, inchiodata, Dio sa per quanto, su
-un seggiolone. Pure, non desidero di morire... Solo
-per <i>lui</i>, s'intende.
-</p>
-
-<p>
-«Tu sai, cara, ciò che Roberto fu sempre per me.
-Non fosti madre, ma il tuo cuore è degno di essere
-un cuore di madre, e perciò sento di poterti dir
-tutto e chiederti tanto pel mio figliuolo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span>
-</p>
-
-<p>
-«Premetto che, di tutto, la colpa è mia. Mia l'ostinazione
-di non volerlo allontanare da me. Cercai
-d'isolarlo da ogni fonte di contaminazione, sognando,
-follemente delusa anche dalla pieghevolezza del suo
-carattere, di poterlo tener sempre così, al riparo
-di tutto. Non seguì i corsi pubblici, fu educato
-privatamente. Credevo che avrebbe facilmente spiegata
-qualche attitudine ad una scienza qualsiasi,
-che si sarebbe volentieri occupato della gerenza
-del suo patrimonio. Se avesse spiegata qualche
-passione pei viaggi, l'avrei assecondata, accompagnandolo.
-Che vuoi? non seppi sviluppare in lui
-delle tendenze attive, e mi coglie a volte un acuto
-rimorso, poichè i risultati del metodo da me tenuto
-non sono certo soddisfacenti. Questa esistenza stagnante
-di piccola città di provincia, l'adulazione
-degli inferiori, l'esempio del più dei suoi pari, tutto
-insomma ha contribuito, non già a renderlo cattivo,
-nè corrotto... oh no!... questo sarebbe impossibile,
-col fondo aureo del suo carattere e col bene immenso
-che vuole a me; ma... egli è nulla... non
-fa nulla... e... ahimè, ha già soggiaciuto a qualcuna
-fra le più volgari seduzioni dell'ozio. Ora <i>ciò</i> è
-finito, la Dio mercè, ma temo per un altro lato, e
-il ricordo di altre, di antiche sofferenze di quel
-genere mi tiene in uno stato di incredibile agitazione.
-</p>
-
-<p>
-«In una piazzetta remota della nostra piccola
-<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span>
-città abbiamo un sucido cafferuccio, nel cui retrobottega,
-in mezzo ad un crocchio di giocatori di
-professione, i giovani delle migliori famiglie sogliono
-passare lunghe ore del giorno e della notte. Puoi
-immaginare le angoscie mie da quando so che
-Roberto frequenta quel ritrovo, e quando gli leggo
-in volto, nel pallore delle scomposte fattezze, la
-traccia di <i>quelle</i> emozioni, quelle che hanno trascinato,
-perso il padre suo... Ultimamente, ha subito
-perdite assai gravi. Ne ringrazio Iddio, e approfitto
-di un momento di disgusto da parte di
-Roberto per tentare un rimedio eroico. Cosa mi
-costa... ah! nessuno potrebbe dirlo! Ma non importa,
-se fu mia la colpa, la penitenza è giusta e
-deve esser mia!
-</p>
-
-<p>
-«Allontano mio figlio da casa sua, da me; lo
-mando solo, perchè non posso seguirlo, in un
-centro più vasto, più attivo, ove egli abbia <i>bisogno</i>
-d'essere <i>qualcosa</i> per essere <i>qualcuno</i>. Voglio
-che vada in società, bramo che prenda moglie.
-Avrei potuto dargliela qui, ma preferisco che i
-legami abbiano altrove un centro di richiamo. Poi,
-le signorine nostre ricevono anche oggidì un'educazione
-troppo ristretta e subordinata alle influenze
-religiose e politiche. La sposa di Roberto deve avere
-delle vedute proprie, un carattere deciso, ingenuo e
-una certa cognizione della vita. Non ho esigenza alcuna
-personale, o fuori di quelle che naturalmente
-<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span>
-importano la nostra posizione sociale. Mi basta che
-gli piaccia, che sia d'illibata condotta, di buona
-famiglia. Della dote non m'importa, è ricco abbastanza.
-</p>
-
-<p>
-«Mia cara Elisa, mi hai compresa, nevvero? Accetti
-la missione che ti do?... Vuoi far le mie veci
-presso mio figlio, assumere il pensiero del suo avvenire
-e della sua felicità?
-</p>
-
-<p>
-«Ho pensato a lungo; nessuno ho trovato più
-adatto di te. Il tuo senno, la tua posizione, l'alta
-stima di cui godi in società, le tue relazioni, tutto
-mi rassicura, tutto mi affida. È il mio solo conforto,
-nel dolore della separazione, il pensare che
-mio figlio è affidato a una donna come te. Fa per
-lui ciò che puoi, fa ch'egli trovi in te un'amica
-che gli tenga le veci di sua madre. E questa
-t'abbraccia con tutta l'anima, ti ringrazia e ti benedice.»
-</p>
-
-<p>
-Elisa non leggeva più da qualche minuto. Ma ancora,
-sul suo dolce occhio castano, si stendeva un
-lieve umidore. Quanto doveva aver sofferto Tecla
-per giungere a quella risoluzione! E quanto era <i>lei</i>
-in quella confessione, come appartenevano al suo carattere
-quell'impeto d'abnegazione materna, quella
-rinunzia, quella cieca fede nell'amicizia di una donna!...
-Oh no, Tecla non s'ingannava, Tecla aveva fatto
-bene a rivolgersi a lei con quella missione, con quell'appello
-al suo sentimento materno... E veramente
-<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span>
-ella la intendeva benchè non fosse mai stata madre!...
-</p>
-
-<p>
-Fece un piccolo esame di coscienza, rapido, sincero. — Sì... — pensò
-poscia umilmente — posso
-tentare. Farò quello che potrò...
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Il martedì, pranzo di amici dalla contessa Elisa
-Serramonti. Cinque invitati, uomini ed attempati.
-Marcello Plana, quand'era a Firenze. Il professore
-Starni, il famoso naturalista. Il commendatore Gerra,
-l'autore del famoso quadro: «La battaglia di Hastings
-e il rinvenimento del cadavere del re Aroldo.»
-Poi il principe di Cannera, lo straricco siciliano, sì
-modesto, sì benefico, e la cui colossale filantropia è
-più che sufficiente a fargli perdonare i suoi versi,
-mentre la sua prosa storica si difende da sola più
-che onorevolmente. Il conte Guaralli, quel bel vecchio
-poeta dalle ispirazioni sì caste. E quel tipo sì strano,
-sì nordico ed orientalista, Maurizio Parri.
-</p>
-
-<p>
-Questi erano gli ospiti preferiti della Contessa, pei
-suoi delicati pranzetti del martedì. Ma ne aveva un
-altro piccolo crocchio, una specie di drappello di
-riserva, tutto dello stesso calibro, gente che pizzicava
-di lettere o notevole per qualche altro merito proprio.
-Dell'umanità, ella amava le api, non le vespe, e
-stava a disagio fra le persone frivole.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span>
-</p>
-
-<p>
-Dopo il pranzo, nell'appartamento di gala, tutto
-illuminato, cominciava verso le dieci a capitare una
-brigatella composta d'una ventina a una trentina di
-amici e di amiche. Si faceva musica e molto buona,
-di genere sempre serio, e non di raro classica. L'ambiente
-stesso di quella conversazione, non mai prolungata
-oltre il tocco, era piuttosto grave. Non si
-faceva che il <i>minimum</i> possibile della maldicenza,
-spesso vi si incontrava qualche autentica celebrità
-forestiera d'arte, di lettere. Erano assai ricercati gli
-inviti, che la contessa Elisa distribuiva molto parcamente.
-</p>
-
-<p>
-Quando non esciva la sera, il che le accadeva di
-frequente, gli amici più stretti erano benvenuti nel
-suo salottino intimo, quello dove soleva stare anche
-quando era sola. Un amore di nicchietta quel luogo,
-tutto piante esotiche, palme, fiori, ninnoli, ricordi di
-viaggi. In alto, sulle due pareti opposte, sul damasco
-pallido a mazzettini di fiori dalle tinte sbiadite, campeggiavano
-due splendidi ritratti: la testa profonda,
-geniale del padre di Elisa, e la fisonomia patita, un
-po' insignificante di suo marito.
-</p>
-
-<p>
-Colà venne a dirle addio, una sera, Don Marcello
-Plana. Partiva il domani per Milano.
-</p>
-
-<p>
-Qualcuno era testè escito dal salotto. La Contessa
-e Don Marcello, soli ormai, parlavano di quel «qualcuno».
-Don Marcello le chiedeva, sorridendo, che impressione
-le avesse fatto Roberto Rescuati: quel suo
-figliuolo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span>
-</p>
-
-<p>
-Accentuava, con una intonazione alquanto ironica,
-questa parola, godendo visibilmente del lieve imbarazzo
-che si dipingeva sul volto di lei e ch'ella tentò
-celare, spostando la domanda: — Piuttosto, che ne
-pare a voi?...
-</p>
-
-<p>
-Ma egli insistè:
-</p>
-
-<p>
-— Chiedo scusa, è la vostra opinione che occorre
-anzitutto. Suvvia, compromettetevi.
-</p>
-
-<p>
-Ella esitò un istante.
-</p>
-
-<p>
-— Non saprei — disse poscia. — Mi pare un giovane...
-come tutti gli altri.
-</p>
-
-<p>
-— Saggia risposta, degna di una sibilla indulgente.
-Ora vi darò la mia. Quel giovane è bello, più bello
-degli altri!
-</p>
-
-<p>
-— Trovate?... — chiese Elisa con sincera meraviglia.
-</p>
-
-<p>
-— Trovo. Ha bellissimo fattezze, un corpo da Antinoo.
-Appartiene ad una razza forte, non degenere
-fisicamente.
-</p>
-
-<p>
-Ella pensò un momento; poi disse: — Sì, è vero.
-Le fattezze sono regolari. Ma non mi sembra che
-la fisonomia esprima molto. Non è certo quello che
-si chiama una figura interessante.
-</p>
-
-<p>
-— No, per ora e nel vostro senso. Voi siete soprattutto,
-troppo forse, abituata ad apprezzare, nella
-fisonomia d'un uomo, solo ciò che vi è di intellettuale.
-Vi siete fatta una strana idea della bellezza. Siete
-troppo esclusiva in favore di un dato sistema delle
-<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span>
-sue manifestazioni. Permettete ch'io vi ripeta che
-il vostro figliuolo è bello, e che voi non lo sapete
-e, ciò ch'è più grave, che per ora non lo sa neppur
-lui.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene tanto meglio! non sarà uno dei soliti
-Narcisi, ed io potrò più facilmente adempiere la mia
-missione.
-</p>
-
-<p>
-Sulla nobile fisonomia di Don Marcello passò un'espressione
-rapida e bizzarra; un baleno, quasi tenero,
-di pietà.
-</p>
-
-<p>
-— Sì — disse lentamente — vi credo.
-</p>
-
-<p>
-Ella si mise a ridere: — Come siete grave!...
-</p>
-
-<p>
-Subito si fece grave ella stessa. — Povera Tecla! — disse
-con un sospiro.
-</p>
-
-<p>
-Egli ebbe una smorfia curiosa. — Uhm. L'amate
-molto, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Oh tanto! È così cara, così infelice! E voi pure,
-se la conosceste, ne sareste entusiasta!
-</p>
-
-<p>
-— Perdonate, non ho l'entusiasmo facile. Mi pare
-che quella donna deva essere un po'... come dire?...
-avventata nelle sue imprese. Se foste a tempo, vi
-darei un consiglio. Anzi ve lo do, per ogni buon
-caso. Non accettate la missione che la vostra amica
-crede bene di affidarvi.
-</p>
-
-<p>
-Elisa lo guardò bene in viso per vedere se scherzava.
-Poi disse semplicemente, con schietta meraviglia:
-</p>
-
-<p>
-— Perchè?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span>
-</p>
-
-<p>
-Don Marcello sorrise. Un sorriso tutto suo, che
-impartiva un piccolo moto sarcastico ai lunghi mustacchi
-bianchi onde aveva sì forte rilievo la sua
-fine ed ancor giovane fisonomia di gentiluomo. Elisa
-lo guardava attentamente, nell'attesa di una spiegazione,
-che non venne.
-</p>
-
-<p>
-— Perchè? — disse ancora serenamente. — Cosa
-sarebbe l'amicizia se non desse dei diritti e dei
-doveri? Tecla non mi dà forse la più alta prova di
-fiducia e d'affetto, credendomi degna di giovare a
-suo figlio?
-</p>
-
-<p>
-Egli sorrise ancora, a modo suo.
-</p>
-
-<p>
-— Oh... non abbiate paura. Ne siete degna e gli
-gioverete. Spero che avrete sufficiente influenza sull'animo
-suo per indurlo a mutar sarto, per esempio...
-</p>
-
-<p>
-— Oh, si veste orribilmente, è vero. Ero sulle
-spine, martedì sera. Avete veduto come sogghignavano
-quei giovani? Che volete! È triste a dirsi, ma
-scommetto che è il portiere del suo palazzo che lo
-ha vestito sino ad oggi.
-</p>
-
-<p>
-— Suvvia, coraggio. Non vi sgomentate così. Imparerà.
-Vi pare abbastanza intelligente per ciò e per
-il resto?
-</p>
-
-<p>
-— Oh Dio! A dir vero, non so... Pare che per lo
-studio non abbia mai avuto trasporto. Martedì, a
-pranzo, l'avevo messo tra il comm. Gerra e il principe
-di Cannera. Ho una gran paura che si sia annoiato.
-Certo non aveva l'aria di divertirsi. E quei
-<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span>
-due avevano fatto l'impossibile, glielo avevo tanto
-raccomandato! E alla sera, mentre si eseguiva il
-terzetto di Grieg... sapete, quella sublime cosa, in <i>fa
-minore</i>. Ebbene, lo credereste? lui, quel mio figliuolo,
-l'ho visto sbadigliare più volte dietro il <i>gibus</i>, e finalmente
-lemme lemme, nel più bel punto della suonata,
-si è rifugiato nel <i>fumoir</i>.
-</p>
-
-<p>
-— Orribile, infatti. Dunque per voi è stata una delusione?
-</p>
-
-<p>
-— Non potrei dire, coscienziosamente. Ero prevenuta.
-Ma lo speravo... che so io?... più fine, meno
-terra terra; speravo che somigliasse un pochino
-di più a sua madre.
-</p>
-
-<p>
-Egli fece un comico gesto di rammarico.
-</p>
-
-<p>
-— Anch'io vorrei che somigliasse assai più a sua
-madre... anche fisicamente... guardate.
-</p>
-
-<p>
-— Ah!... Ma se lo trovavate tanto bello poco fa?
-</p>
-
-<p>
-— Perdonate, lo trovo bello tuttora. Lasciate che
-si liberi dai suoi fracs esotici e che pigli un po' d'aria
-fiorentina. Sarà bello anche troppo, e se ne accorgeranno
-abbastanza e avrete del filo da torcere finchè
-vorrete, mia cara amica.
-</p>
-
-<p>
-Ella sorrise, colla sua dolcezza tanto pura e geniale.
-</p>
-
-<p>
-— Me lo immagino. Ma non si è mica mamme
-per nulla, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— No — rispose don Marcello — voi non sarete
-mamma per nulla, nè a mezzo. Questo è ciò che più
-<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span>
-mi irrita. Vedo il vostro programma, è bello, sublime,
-ma...
-</p>
-
-<p>
-— Avanti — diss'ella ridendo, vedendo che l'amico
-s'interrompeva.
-</p>
-
-<p>
-Egli scosse il capo e aggrottò alquanto le ciglia.
-</p>
-
-<p>
-— No, non ve lo dico, cos'è. Non potreste credermi
-e non sapreste mutarlo. Tutto sta, d'altronde, nel risultato
-finale. Può darsi che la vostra imperdonabile
-audacia faccia capo ad un esito fortunato, per qualcuno
-almeno e per qualche tempo. Non parlo che
-per un'induzione tutta mia, e non ho neppure il diritto
-di spiegarvi più esplicitamente il mio pensiero
-o la mia ubbia, come credete. Un avvertimento preciso
-potrebbe parere una nota falsa e lasciar poscia
-un'eco stuonata. Ora bisogna che vada. Mi scriverete
-di tutto ciò?
-</p>
-
-<p>
-— Ben inteso. Vi dirò dei nostri progressi, dei
-miei progetti... Sapete... il marito di Marina! Il coronamento
-dell'edificio!
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — diss'egli vivacemente: — Ma certo;
-avete da farvi perdonare il fiasco di quindici giorni
-or sono. Do la mia speciale approvazione a questo progetto.
-Fate, per amor del cielo, ch'egli sposi al più
-presto la vostra bellissima, ammirabile amica.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! — disse Elisa ridendo — vi ci ho colto.
-L'ammirate ora, vi siete convertito, eh? vi ha conquistato?
-</p>
-
-<p>
-Don Marcello Plana ebbe un energico moto di protesta,
-ma subito chinò il capo come assentendo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Certo — disse — da qualche tempo, o, per essere
-più esatto, da qualche mezz'ora, è successa in
-me una reazione. Ma la mia conquista assoluta donna
-Marina Negroni la farà solo il giorno in cui vi libererà
-dalle vostre materne incombenze. E spero che
-sarà il più presto possibile.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! — diss'ella — come correte! il matrimonio
-immediato non entra nel mio programma.
-Vorrei aver prima il tempo di fare un po' di bene
-a quel giovane.
-</p>
-
-<p>
-— Veramente? E quale?
-</p>
-
-<p>
-— Vorrei destare in lui un senso della responsabilità
-che gli danno il suo nome e la sua fortuna.
-Non avrà grande ingegno, ma un pochino, del suo
-ozio, ci hanno colpa l'affetto troppo esclusivo della
-madre ed altre circostanze. Mi pare impossibile che
-un po' di aiuto, d'indirizzo, di buona influenza non
-abbiano a convincerlo, ch'egli non avverta un momento
-o l'altro l'assoluta necessità di affermare in
-qualche modo la sua personalità, che egli non provi
-il bisogno di rendersi utile al suo paese e a sè stesso,
-più degno di considerazione e di stima.
-</p>
-
-<p>
-S'era animata, così parlando. La sincerità e il convincimento
-delle sue parole agivano su lei stessa,
-creandole in cuore un'emozione.
-</p>
-
-<p>
-— Vi pare, credete che ci riescirò? — soggiunse,
-vedendo che l'amico la fissava arricciando nervosamente
-i lunghi baffi. — E non vi sembra che, ad
-<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span>
-ogni modo, valga la pena di tentare, per la mia povera
-Tecla, se non altro?
-</p>
-
-<p>
-— Dio la benedica, la povera Tecla, — rispose
-un po' bruscamente don Marcello. — Credo che riuscirete,
-se ho a dirvelo, e forse al di là di quanto sperate.
-</p>
-
-<p>
-— Dunque tutto è per il meglio, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Già, tutto per il meglio. Ora, se permettete,
-mi congederò da voi. Mi spiace quasi di partire domani,
-sapete? Avrei assistito volentieri allo svolgimento
-di quest'azione, diremo così, educativa.
-</p>
-
-<p>
-— Allora, quando è così, restate. Mi darete dei
-buoni consigli.
-</p>
-
-<p>
-— Perdonate. Non li prodigo, quando non sono
-accetti. Ve ne ho dato uno più volte... No, no, non
-fate la faccia seria, non insisto. Quello di oggi non
-l'avete ascoltato, forse non l'avete neppur guardato
-in faccia abbastanza per ravvisarlo. Ma ora è tardi,
-e voi dovete andare dalla signora Peruzzi, che vi
-deve presentare Gregorovius, non è vero?
-</p>
-
-<p>
-Essa lo lasciava dire, dubbiosa. Cercava di afferrare,
-attraverso la velatura del sorriso ironico, il
-pensiero ch'egli si ostinava a celarle.
-</p>
-
-<p>
-Sentì di esser meno forte di lui e rinunziò a penetrare
-quel segreto.
-</p>
-
-<p>
-Finalmente, egli si alzò per partire. Ma prima le
-ripetè una raccomandazione, quella di scrivergli. Ancora
-ella promise.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Tutto? — chiese quell'incredulo ostinato.
-</p>
-
-<p>
-— Tutto.
-</p>
-
-<p>
-— Anche le disillusioni possibili?
-</p>
-
-<p>
-— Anche quelle.
-</p>
-
-<p>
-— Sta bene. E mandatemi al più presto la notizia
-del matrimonio di donna Marina col vostro figliuolo.
-</p>
-
-<p>
-— Lo spero... con tutto il cuore.
-</p>
-
-<p>
-Dopo di che, don Marcello Plana le baciò la mano,
-come soleva, e se ne andò.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span>
-</p>
-
-<h2>IV.</h2>
-</div>
-
-<p>
-È giunta anche da noi ora questa moda di prolungare
-la dimora in villa sino ai primordi dell'inverno,
-e i primi freddi si soffrono coraggiosamente
-in campagna, nei casoni dai vasti ambienti,
-con sì provvida cura destinati dagli avi nostri a
-riparo e sollazzo pei tempi estivi. Ma di ciò ne conforta
-il pensiero di essere delle persone molto chic
-e di condurre vita inglese e per questo, forse, degli
-agi cittadini si lascia generosamente il monopolio ai
-forestieri e specialmente agli inglesi. Ma, in qualunque
-epoca avvenga, è sempre gaia la rientrata della società
-fiorentina nei suoi quartieri d'inverno. Subito,
-senza attendere la pedantesca epoca fissa del prossimo
-carnevale, s'inaugura l'êra di alcune piccole riunioni
-intime, ove ogni beltà regnante fa il novero
-dei suoi fedeli, e dove si dispongono le avvisaglie
-delle fazioni campali della stagione. Ma il luogo ove
-ferve più palese la nuova manifestazione della vita
-elegante fiorentina è indubbiamente: le Cascine.
-</p>
-
-<p>
-Quivi si tengono le prime riunioni, si fissano i
-<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span>
-giorni pei tiri a quattro, coi <i>drags</i> o coi <i>mails</i>,
-quelli del tiro a quattro alla <i>Daumont</i>, quelli delle
-mezze gale o delle gran gale. Si rivedono zelantemente
-le buccie ai nuovi attacchi, e, ahimè, anche
-al contenuto dei nuovi attacchi! Si constata se la
-campagna ha data una ruga di più alla signora tale
-o dei colori troppo vivi alla signora tal'altra. Si segnala
-la comparsa di una nuova stella, l'americana
-o l'inglese dall'enorme assegno dotale, ovvero della
-piccina d'un'illustre famiglia paesana, che, a somiglianza
-d'una farfalluccia testè liberata dalla sua crisalide,
-ha lasciato in villa le gonnelline corte della
-ragazzetta e aspetta, con un gran batticuore, il primo
-gran ballo della stagione.
-</p>
-
-<p>
-Si è generalmente lieti di ritrovarsi in quell'epoca
-e tutti hanno fretta di farsi vivi. Nel viale a destra,
-quello che costeggia l'Arno, e dove si accaparra sì
-a lungo il tepore e la gaiezza del sole, aumenta ogni
-giorno il concorso dei legni e della folla. Oggi, per
-esempio, in questo giorno ch'è dei primi di dicembre
-e che non ha nè nubi, nè vento, nè freddo, sono
-quasi le Cascine delle grandi epoche, le più belle
-dell'anno. Sembra una rassegna della grande armata
-mondana, tanto il viale brulica di equipaggi. A destra
-le vecchie foglie morte ed accartocciate prolungano
-negli alberi il lutto del morto estate, mentre
-la tunica di Nesso dell'edere poderose dà loro la scalata,
-coll'ingordo verde che le riveste e le consuma.
-<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span>
-Lontano, sotto le arcate sforacchiate dei viali negletti,
-erra qualche coppia sentimentale cui la folla
-non attira; passa qualche chiuso brougham di convalescente,
-qualche carrozza signorile, il cui percorso
-è prestabilito da un marito vecchio e geloso, qualche
-equipaggio colle assise nere e un carico di bimbi e
-di governanti in lutto grave. E ogni tanto il trotto di
-qualche cavaliere solitario, che vuol gustare davvero,
-non distratto, il piacere di cavalcare, echeggia sonoro
-sul terreno.
-</p>
-
-<p>
-La banda militare suonava, sul piazzale c'era ingombro
-di carrozze. Quella della duchessa d'Accorsi
-stava ad uno dei posti migliori. Non l'equipaggio di
-gala, bensì la giardiniera colle stoffe e le vernici
-verde olivo. Poco lungi, dietro la giardiniera, era
-fermo parimenti un leggiadro <i>tandem</i> da giovanotto,
-ma il <i>groom</i> soltanto stava a custodia del magnifico
-<i>trotteur</i>; il padrone, Dino di Follemare, era sceso,
-appena aveva visto arrestarsi la giardiniera e stava
-ora alla portiera di questa.
-</p>
-
-<p>
-La duchessa Ginevra era sola nel legno. Donna
-Marina passeggiava nel viale dei pedoni, con una
-sua amica inglese. Sua madre l'avrebbe chiamata
-più tardi, all'ultimo giro.
-</p>
-
-<p>
-Il posto della giovane era attualmente occupato da
-un cane accovacciato in dormiveglia sur uno scialle
-persiano. Fido compagno della Duchessa, quell'orribile
-Tom era un piccolo <i>bull terrier</i> bassotto, arcigno,
-dal muso nero, grottescamente feroce.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span>
-</p>
-
-<p>
-Sul sedile dirimpetto giaceva un vaghissimo mazzo
-di <i>perus japonica</i>. Una primizia anche a Firenze,
-in dicembre, quei boccioli di un cupo scarlatto, che
-parevano mettere una chiazzatura sanguigna sul
-verde dei cuscini.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa era vestita di velluto grigio, con una
-guarnizione di <i>grèbe</i>, non di ultima moda, ma che
-pareva fatta apposta per lei, coi suoi riflessi splendidamente
-argentei. Il suo fitto velo di garza chiara,
-rialzato, le faceva quasi un diadema sul pallore giallastro
-della sua fronte.
-</p>
-
-<p>
-Presso alla sua portiera non stava solo Dino Follemare.
-Parecchi fra i più noti frequentatori del Club,
-alcune fra le più notevoli personalità dell'aristocrazia
-fiorentina le avevano già fatto d'attorno un po' di
-corteo. Anche là ella teneva circolo, dominando ed
-avvivando sempre la conversazione col mordace suo
-spirito, coll'impunità da tanto tempo acquisita anche
-ai suoi detti. La conversazione era libera, viva, non
-pietosa a chi n'era oggetto. E veramente, di fianco
-a quella formidabile giardiniera, gli altri equipaggi
-non facevano lunghe soste. Le signore paventavano
-per istinto e per esperienza i commenti spietati di
-quel crocchio, la libertà del linguaggio su tutto e
-per tutto, quei decreti senza appello sull'eleganza o
-sulla bellezza. Provavano lo sgomento istintivo dello
-sguardo, spesso sì beffardamente sagace di lei. E lo
-sentivano tanto da scordare il diritto che avrebbero
-<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span>
-avuto di giudicare lei. Ma che! Tutte s'erano abituate
-ormai a quell'eterno spettacolo del <i>tandem</i> di Dino
-Follemare fermo, in attesa, dietro la carrozza della
-Duchessa. Al più, qualche mamma sospirava pensando
-che Dino sarebbe stato un sì bel partito, un
-tempo, prima che si fosse sì nobilmente rovinato per
-tener dietro al lusso di cavalli di casa d'Accorsi. E
-certamente, se n'erano fatti e se ne facevano sempre
-dei bei matrimoni alle splendide feste della Duchessa!
-E ci si divertiva tanto: erano, curioso a dirsi, tanto
-scelte! Perciò, quasi tutte le signore, passando, salutavano
-con grande spesa di sorrisi gentili.
-</p>
-
-<p>
-Varie carrozze s'erano già successe nello spazio
-prossimo alla giardiniera, quando giunse e si fermò
-un elegante <i>calèche</i> inglese, dalle morbidissime oscillazioni,
-molto apprezzate dagli intelligenti. All'interno
-stava una signora vestita di bruno. L'occhialino della
-Duchessa fu tosto in moto, e nel crocchio fu uno
-scappellare rispettoso e generale.
-</p>
-
-<p>
-— La contessa Serramonti, che novità! — disse
-la Duchessa, dopo aver mandato ad Elena un saluto
-ed un sorriso, scelti nella gamma dei suoi migliori.
-</p>
-
-<p>
-— È vero, viene di rado, — osservò Gino Casabello.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! — ribattè Gincora ridendo, — non è già
-una sfaccendata della nostra specie; ha meglio a
-fare, sapete.
-</p>
-
-<p>
-— Ma no, — disse Sacha Dzworkoff, un russo
-malato di petto che veniva ogni anno a svernare a
-<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span>
-Firenze ed era diventato più fiorentino del vero, — no,
-non ha nulla di meglio a fare, pur troppo.
-</p>
-
-<p>
-— Oh per quello! — osservò Guido d'Aspano, che
-non capiva perchè gli altri ridessero del patetico
-«pur troppo» di Dzworkoff — è una donna assai
-occupata, è una delle più assidue frequentatrici...
-</p>
-
-<p>
-— Del <i>monde où l'on s'ennuie</i> — interruppe il
-piccolo russo con tanta foga, che la fine della sua
-frase gli morì in un lieve accesso di tosse.
-</p>
-
-<p>
-— Vi prego di osservare, — disse la Duchessa
-ridendo, — che viene sempre anche da me. Suvvia,
-Sacha, non calunniate una donna tanto esemplare.
-Fareste infinitamente meglio a tentare di farvi sposare
-da lei. Sarebbe una buona occasione per voi
-di far giudizio o di pagare i vostri debiti.
-</p>
-
-<p>
-— Oh, Duchessa! Sapete quanto il freddo mi è
-proibito per la mia salute, e mi suggerite il Polo
-Nord in moglie. Volete proprio la mia morte, allora?
-</p>
-
-<p>
-Là Duchessa rise di cuore a quell'uscita di quel
-capo scarico, dicendogli che era un monello incorreggibile,
-e ch'egli e tutti loro non sapevano nulla
-di nulla. Invece di dir tante freddure sul conto di
-quella cara Elisa, dovrebbero andare pietosamente
-a consolare la sua solitudine.
-</p>
-
-<p>
-— Uhm, — ribattè Dzworkoff, — saremmo un
-po' in ritardo, per l'appunto. Guardate. Un cavaliere
-si accosta alla sua portiera.
-</p>
-
-<p>
-— È vero, — sclamò Ginevra. — E un bel giovane
-anche! Curiosa!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span>
-</p>
-
-<p>
-Per un momento nel crocchio fu silenzio. Tutti
-osservavano, attenti, il giovane che, montato su un
-morello di elegantissime forme, veniva a presentare
-i suoi omaggi alla Contessa. La salutò con una certa
-grazia innata e naturalmente distinta, trattenendo
-con molto garbo ed abitudine della sella, il cavallo
-irrequieto.
-</p>
-
-<p>
-Roberto Rescuati era ciò che si chiama un bel
-cavaliere, forte ed elegante ad un tempo. S'indovinava
-in lui una consuetudine antica e la passione di
-quell'esercizio.
-</p>
-
-<p>
-Elisa era venuta appositamente alle Cascine per
-vedere il suo protetto, a cavallo.
-</p>
-
-<p>
-Gli fece i suoi cordiali mirallegro, provando vero
-piacere a vederlo sì bello e sì disinvolto.
-</p>
-
-<p>
-— Lo scriverò alla mamma, — soggiunse con un
-sorriso di approvazione indulgente. — Siete sotto lo
-sguardo di giudici competenti, e vedo che vi approvano.
-</p>
-
-<p>
-Senza muovere il capo, colla coda dell'occhio accennò
-il gruppo di <i>sportsmen</i> che stavano osservando
-Roberto.
-</p>
-
-<p>
-La fresca e rosea epidermide del volto del giovane
-si colorì vivamente, sotto l'impressione genuina dell'amor
-proprio soddisfatto.
-</p>
-
-<p>
-— Com'è fanciullo! — pensò Elisa con una specie
-di commossa indulgenza.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa frattanto aveva lasciato cadere il suo
-occhialino.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Una bella creatura, quel cavallo! — sentenziò.
-</p>
-
-<p>
-— Stupendo! — disse Guido d'Aspano. — Non
-sono venti giorni che è arrivato dall'Inghilterra. L'ho
-visto da Huber. Neri Speroni ne andava pazzo. Huber
-ne chiedeva cinquemila franchi. Ma Speroni l'avrebbe
-rovinato subito, mentre invece mi pare che il suo
-acquisitore sia un discreto cavaliere.
-</p>
-
-<p>
-— So chi è, — disse Dino di Follemare. — È alloggiato
-alla Pace e desina al Doney. Di provincia...
-delle Marche, che so io. Ressuati... Rescuati, o qualcosa
-di simile.
-</p>
-
-<p>
-— Rescuati Melli, forse? — chiese la Duchessa.
-</p>
-
-<p>
-— Precisamente.
-</p>
-
-<p>
-— Oh, conosco! Ho incontrato un Rescuati all'estero,
-in Germania! Simpaticissimo. Suo padre, mi
-figuro. Eccellente famiglia. Si trattiene?
-</p>
-
-<p>
-— Credo di sì. Ha preso una scuderia nella mia
-casa di via della Scala, — rispose Brandino Berardi. — Pare
-un giovane per bene, benchè discretamente
-provinciale.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa ebbe un sorriso silenzioso e passeggero.
-Ancora una volta, dietro il suo occhialino, il
-suo sguardo si trattenne, sagace, sul giovane.
-</p>
-
-<p>
-— Decisamente è una bella creatura quel morello.
-Neri è stato uno scimunito a non prenderlo. Coprite
-Tom, Dino, e dite al cocchiere che si muova. Fa freddo
-qui. A stasera, nevvero? — soggiunse con uno sguardo
-di saluto generale, mentre la carrozza si metteva in
-moto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span>
-</p>
-
-<p>
-Passando davanti al cocchio di Elisa, le mandò
-ancora uno dei suoi saluti speciali, che la Contessa
-ricevette senza nulla aggiungere alla correttezza un
-po' sostenuta di quello da lei reso. Poi Elisa disse
-dolcemente a Roberto:
-</p>
-
-<p>
-— E così, quando si fa questa presentazione alla
-duchessa d'Accorsi?
-</p>
-
-<p>
-— Come! — diss'egli altamente meravigliato — è
-<i>quella</i> la duchessa d'Accorsi?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, — disse Elisa, — ma perchè?
-</p>
-
-<p>
-Egli si mise a ridere.
-</p>
-
-<p>
-— Perchè, ecco. Avevo sentito certe storie! Scusi
-sa, ma proprio non capisco! Se è vecchia quanto il
-brodo, e brutta come.... Oh, lo direbbero così bene
-laggiù, da noi. Ma scusi, — soggiunse con un subito
-timore d'essere stato imprudente e scortese, — quella
-signora è forse una sua amica intima?
-</p>
-
-<p>
-Ella ebbe un rapido, altero cenno di diniego.
-</p>
-
-<p>
-— Oh no... no...
-</p>
-
-<p>
-S'avvide, dall'aria attonita di lui, di essere stata
-troppo vibrata nel suo: no.
-</p>
-
-<p>
-— Ci vediamo, — soggiunse con maggior pacatezza, — ci
-incontriamo di spesso, ma non siamo in relazione
-molto stretta. Ha una figlia alla quale sono
-molto affezionata, una cara giovane. La Duchessa
-riceve molto, ed ha molto spirito; vi sarà certamente
-utile per tutto ciò che riguarda la società. Per ciò
-avevo pensato di presentarvi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Oh! quando crede — mormorò il giovane, ma
-con accento sì poco entusiasta che Elisa ne rimase
-un po' scoraggiata. Era a Firenze da un mese, Roberto,
-ed ella non aveva ancora potuto scrivere a
-Tecla ch'egli fosse il beniamino delle signore. Sino
-a quel tempo aveva frequentato più che altro le
-scuderie, e, certo in quei pressi, aveva acquistate le
-sue nozioni elementari sul conto della società fiorentina.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, allora diciamo la settimana ventura,
-eh? Vi pare?
-</p>
-
-<p>
-Gli parlava dolcemente, dandogli del voi, mentre
-egli le dava del lei, come era convenuto tra loro.
-</p>
-
-<p>
-Egli s'inchinò pensando: Ouff! e non sapendolo
-ben nascondere. Proprio, non ne aveva voglia di
-quella presentazione. E quella cara Contessa ne aveva
-sempre una. O non l'aveva fatto trottare per tre ore,
-non più tardi di ieri, dagli Uffizi a Pitti per veder
-dei chilometri di tele dipinte! E l'altro giorno, quella
-lettura al Circolo... Misericordia!
-</p>
-
-<p>
-Ella s'accorse di qualcosa. Uno sgomento l'invase.
-Ma Dio mio! come fare con quel benedetto ragazzo,
-che non s'interessava a nulla!
-</p>
-
-<p>
-Sbagliava. Ma Roberto era abituato a far da sè,
-e quella specie di tutela, per quanto gentile, gli pesava
-alquanto. Glielo aveva detto la mamma, un po'
-troppo detto forse, che la contessa Elisa avrebbe
-fatto, detto, pensato per lui. Gli pareva finito, dopo
-<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span>
-tutto, il tempo dei precettori. E di <i>quello</i> non se ne
-poteva fare certo un compagno.
-</p>
-
-<p>
-Contuttociò, la presentazione alla Duchessa ebbe
-luogo nella quindicina e Ginevra fu gentilissima per
-Roberto, che invitò subito ai suoi famosi lunedì sera.
-Il giovane ci andò una volta e non si divertì punto.
-Ci tornò, ma dopo parecchie settimane, una sera che
-si ballava e che c'era anche Elisa. Questa ebbe un
-momento di contentezza intima quando lo vide schierarsi
-al posto per i <i>lancieri</i> vicino a Marina Negroni. — che
-bella coppia, pensò in cuor suo. — E
-se fosse il cominciamento?
-</p>
-
-<p>
-Una bella coppia veramente: alti entrambi di statura,
-robusti, freschi. Un'analogia, quasi, una somiglianza
-nella calma delle loro parole, dei loro gesti,
-delle mosse. A più d'uno colpì lo sguardo quella
-strana armonia d'aspetto e una vecchia amica della
-Duchessa si credette in dovere di fargliela rilevare.
-</p>
-
-<p>
-— Guarda un po', Ginevra, come stanno bene assieme
-tua figlia e quel nuovo. Chi è?
-</p>
-
-<p>
-— Chi? Ah! il protetto di Elisa Serramonti. Sì,
-non c'è male.
-</p>
-
-<p>
-— Pure, non ha l'aria di uno dei soliti suoi fidi.
-È ricco? Di buona famiglia?
-</p>
-
-<p>
-— Conte Rescuati. Cinquantamila franchi di rendita.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! un partito, allora. Ma andrebbe benissimo
-per Marina.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! sai che di ciò non m'impaccio. Marina sa
-il fatto suo... Ma non credo che sia il caso...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span>
-</p>
-
-<p>
-Si arrestò, ridendo.
-</p>
-
-<p>
-L'altra rise pure, ma un po' incerta.
-</p>
-
-<p>
-— Come? — disse poscia con un sogghigno pieno
-di malizia interrogatrice.
-</p>
-
-<p>
-— È qui da qualche tempo? — soggiunse.
-</p>
-
-<p>
-— Oh, non so... un mese, due, tre... L'abbiamo
-trovato qui. Pare ch'ella faccia la sua educazione.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! — disse l'altra.
-</p>
-
-<p>
-E di nuovo sulla sua bocca sdentata (era vecchietta
-assai quella cara contessa Flora Bandi Corvini) un
-lampo passò, maligno, fugace, ove pareva ricapitolarsi
-tutta la sua esperienza di tanti anni mondani.
-</p>
-
-<p>
-— Quella cara Marina! — disse, dopo un momento. — Ma
-sarebbe un'occasione eccellente, anzi un'opera
-buona!...
-</p>
-
-<p>
-— Mia cara Flora — rispose la Duchessa ridendo — Flora
-le opere buone le fa per conto suo e non
-di seconda mano. Del resto, come sai, la contessa
-Elisa è al disopra di ogni maligna interpretazione
-dei suoi atti. Ella santifica tutto ciò cui mette mano.
-Che direste di un'altra tazza di thè, mia cara Flora?
-</p>
-
-<p>
-La cara Flora prese il thè, che le recò per ordine
-superiore e colla sua solita grazia rassegnata, Dino
-di Follemare.
-</p>
-
-<p>
-Rimase ancora un'oretta, poi se ne andò. In anticamera
-vide la contessa Elisa, alla quale Roberto
-Rescuati offriva il braccio per scendere le scale.
-</p>
-
-<p>
-Tenne dietro da presso a quei due. Udì che Elisa
-rimproverava dolcemente Roberto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Perchè venite via sì presto? Tornate.... Alla
-Duchessa dorrà di vedervi partire. V'accerto che
-posso benissimo rientrar sola. È la mia abitudine.
-</p>
-
-<p>
-— Ma mi annoio, sa? Tanta gente che non conosco!
-E quel dover ballare... Poi... ho un impegno.
-</p>
-
-<p>
-— Coi vostri nuovi amici?
-</p>
-
-<p>
-— Già... coi miei nuovi amici. Neri Speroni e...
-gli altri.
-</p>
-
-<p>
-Elisa ebbe un piccolo senso di contrarietà. Quel
-Neri Speroni... E gli altri... gli amici di Neri Speroni!...
-</p>
-
-<p>
-— Oggi mi ha scritto la mamma — disse a Roberto,
-con una dolcezza accentuata d'intonazione.
-</p>
-
-<p>
-— Davvero! — rispose il giovane. — Sta bene?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, e mi domanda tanto di voi.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! povera mamma! È un secolo che le devo
-scrivere. Anch'io, domani o doman l'altro senza fallo...
-Se le scrive, glielo dica.
-</p>
-
-<p>
-Ma Elisa sapeva che Tecla non avrebbe sì presto
-lettera di suo figlio. Roberto non era assiduo corrispondente.
-Come aveva detto, aveva spesso degli impegni.
-</p>
-
-<p>
-Ma dell'indole precisa di questi impegni non aveva
-creduto dover informare la sua protettrice. E questa
-pensava in cuor suo: Non è ancora il cominciamento,
-in ogni caso.
-</p>
-
-<p>
-E dietro loro, soletta (ah! non soleva esser così
-un tempo) la contessa Flora Bandi Corvini, col suo
-riso silenzioso, pensava: Contuttociò.... voleva dir
-qualcosa Ginevra!
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span>
-</p>
-
-<h2>V.</h2>
-</div>
-
-<p>
-La contessa Elisa Serramonti aveva, lo sappiamo,
-molti amici. Il migliore fra questi era indubbiamente
-Marcello Plana.
-</p>
-
-<p>
-Meglio di ogni altro, egli conosceva ed apprezzava
-quella donna. La sua ammirazione era più sagace
-di quella degli altri. Sapeva di lei qualcosa che essi
-e lei stessa ignoravano. La trovava troppo perfetta,
-troppo satura di saggezza e di ragione. Una volta
-le aveva detto ch'ella soleva esser giusta per tutti,
-meno che per una persona, la quale un giorno o
-l'altro avrebbe potuto vendicarsi. Elisa non era mai
-riescita a fargli dire chi fosse questa persona.
-</p>
-
-<p>
-Marcello Plana ed Elisa Serramonti non erano
-sempre d'accordo. Forse era provvidenziale per la
-prospera sorte dell'amicizia loro che non abitassero
-nello stesso luogo.
-</p>
-
-<p>
-Avrebbero finito col fraintendersi.
-</p>
-
-<p>
-Egli era talvolta pungente nei suoi apprezzamenti,
-mordace nei suoi giudizi; la singolare sua penetrazione
-rendeva formidabilmente indovino il suo spirito.
-<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span>
-Aveva per quella donna, che tanti invidiavano e
-che conduceva un'esistenza sì consona ai propri gusti,
-una specie di bizzarra pietà, ch'ella avvertiva bene
-spesso, provandone una vaga irritazione intima. Non
-amava d'essere compatita.
-</p>
-
-<p>
-Su un punto, più specialmente, s'accentuava il loro
-disaccordo. Egli la consigliava a rimaritarsi. Ma ciò
-per l'appunto, ella non voleva. Adduceva a sua difesa
-cento e una ragioni, tutte stimabilissime e molto logiche.
-La litania cominciava e finiva invariabilmente
-con una nota antifona: «Ho trentasette anni. È
-troppo tardi per ricominciare la vita».
-</p>
-
-<p>
-Ma anche in altri argomenti erano spesso di opinione
-opposta. Ed Elisa, seduta al suo scrittoio, una
-bella mattina, sulla fine del dicembre, mordeva lievemente
-la punta del suo artistico portapenne di
-tartaruga, pensando che ora doveva pure mantenere
-la sua promessa e parlargli di Roberto.
-</p>
-
-<p>
-L'argomento era ingrato. Ella non sapeva come
-dirgli, nè come celargli che il giovane, da qualche
-tempo in qua, non aveva fatti grandi progressi nella
-perfezione, anzi.... Aveva lasciato apposta poco
-spazio nel foglio per non poter dilungarsi sul soggetto.
-</p>
-
-<p>
-Depose la penna e sospirò.
-</p>
-
-<p>
-Che peccato!... Non era un cattivo giovane. Non
-si poteva chiamarlo corrotto, nè perverso. Buono,
-dopo tutto, senza boria, franco, con una certa disinvoltura
-<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span>
-e molta semplicità. Si vestiva meglio assai,
-ora, aveva perso subito, comprendendone tosto il
-ridicolo, alcune abitudini di vita di piccolo centro.
-Dimostrava un certo tatto, non aveva fatto passi
-falsi. Nella cricca esclusiva, diffidente, della gioventù
-dorata, aveva incontrate amicizie ed il minor novero
-possibile delle prove inevitabili ad un novellino. Era
-presto diventato uno dei loro. Pietro Galigay gli
-dava del <i>tu</i>, Cosimo Acciajoli lo aveva raccomandato
-al suo sarto di Londra e Dino Follemare faceva
-spesso colazione con lui da Giacosa, dietro quella
-grande invetriata che dà sulla via Tornabuoni, di
-faccia a palazzo Strozzi, il che significava a tutta
-Firenze come Roberto Rescuati fosse stato giudicato
-favorevolmente dal più schizzinoso e serenamente
-medioevale di tutti i gentiluomini fiorentini. Di Rescuati
-si parlava con simpatia, senza derisione. Uomini
-e donne avevano poi espresso con mirabile
-accordo l'opinione che Elisa aveva sì coscienziosamente
-combattuta quando l'aveva udita esternare da
-Marcello Plana.
-</p>
-
-<p>
-Tutti e tutte opinavano che Roberto era un bellissimo
-giovane.
-</p>
-
-<p>
-Questa bellezza, sulla quale alcune signore trovavano
-argomento di profonde osservazioni estetiche,
-non colpiva guari la Contessa. Non negava nè l'armonia
-delle fattezze, nè quella delle forme; pensava
-talvolta, vedendolo, ch'egli avrebbe potuto servir
-<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span>
-di modello per qualche statua di Antinoo, per qualche
-ritratto di Narciso al fonte. Cioè, no... Narciso
-era vano e Roberto no... Questo no! decisamente
-no! Bisognava rendergli giustizia.
-</p>
-
-<p>
-Riprese la penna e scrisse a Marcello Plana, come
-aveva promesso di fare, cioè sinceramente, sul
-conto di Rescuati. Gli disse che lo vedeva meno da
-qualche tempo, ch'egli frequentava molto la società
-dei giovani, poco quella delle signore, che,
-quanto al noto progetto, per ora non si potevano
-far pronostici.
-</p>
-
-<p>
-Chiuse così il paragrafo riguardante Roberto.
-Avrebbe potuto prolungarlo, riferire una vaga diceria
-sul conto del giovane, e di una stella d'operette...
-diceria che qualcuno si era preso il divertimento
-di riferire a lei. Ma ella non l'aveva creduta
-e perciò non si credeva in obbligo di citarla. Oh
-Dio! una delle rondinelle dell'<i>Augellin Bel Verde!</i>...
-al Politeama. Impossibile!
-</p>
-
-<p>
-Non accennò dunque all'<i>Augellin Bel Verde</i>,
-nella sua lettera a Plana, e credette di cader dalle
-nubi, quando nella pronta risposta dell'amico trovò
-una lontana sì, ma non dubbia allusione alle <i>distrazioni</i>
-musicali e drammatiche che il giovane provinciale
-aveva subito saputo trovare a Firenze. Ah!
-era vero, dunque!...
-</p>
-
-<p>
-Ebbe un sorriso triste. Oh, ella non si era ingannata
-giudicandolo tanto fanciullo, tanto: come gli
-altri!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span>
-</p>
-
-<p>
-Pensò a Tecla, e sospirò. Povera donna... povera
-madre! L'<i>Augellin Bel Verde!</i> E Marina Negroni?
-e tutti i suoi progetti, i suoi sogni? Invece, l'<i>Augellin
-Bel Verde!</i>... Non già che si meravigliasse tanto...
-Un po' di vita la conosceva, e la dimora in Firenze
-è piuttosto atta a capacitare anche le anime più ingenue
-di quanto esse potrebbero forse ignorare altrove.
-Ma così, per l'appunto...
-</p>
-
-<p>
-Un giorno, da Vieusseux, s'imbattè colla duchessa
-d'Accorsi, che cercava una pubblicazione d'arte industriale
-del 700, per certi suoi mobili d'un nuovo
-salotto. Le due signore non si vedevano da qualche
-tempo e la Duchessa ne espresse cortesemente il
-rammarico ad Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Sempre occupata, mia cara? E neppure quel
-caro Rescuati non si fa vivo! Gli ho fatto le più
-commoventi <i>avances</i> per onorare la sua raccomandazione,
-ma mi ha dimostrata una nera ingratitudine.
-Peccato! un carissimo giovane. Ma una vera
-Pelle Rossa, per la sociabilità. Dovrebbe sgridarlo
-un tantino lei, Contessa... che ha tanta influenza sull'animo
-suo.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa non era di buon umore quel giorno.
-Quei terribili nervi agivano sì direttamente, talvolta,
-sulla sua lingua.
-</p>
-
-<p>
-Ma Elisa invece era molto calma e sorrise serenamente.
-</p>
-
-<p>
-— Infatti, Duchessa, il conte Rescuati è colpevole
-<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span>
-di molte negligenze. È ancora un po' selvaggio forse
-e stenta ad orientarsi. Bisogna perdonarlo.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! — interruppe la Duchessa, — è imperdonabile,
-con una stella polare come quella che il
-destino ha messo a capo della sua vita!...
-</p>
-
-<p>
-Il complimento era detto con molto garbo; pure
-Elisa ebbe il senso di una puntura.
-</p>
-
-<p>
-Guardò in volto, fissa, la Duchessa.
-</p>
-
-<p>
-— È molto giovane — rispose con dolcezza — e
-in questi giorni sta organizzando la sua nuova dimora.
-Io stessa lo vedo assai poco.
-</p>
-
-<p>
-— Male, — disse la Duchessa ridendo. — Mi
-hanno detto ch'ella ha molto a cuore l'avvenire di
-quel giovane.
-</p>
-
-<p>
-— È vero — rispose Elisa. — È il figlio della mia
-migliore amica.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! naturalissimo che abbia dell'interessamento
-per lui. Ebbene, giacchè è così, mi permetta un consiglio.
-Lo esorti a frequentare la buona società. Ciò
-lo salverà forse dai pericoli della cattiva. Pare, che
-sia già un pochino sulla via di questa. Noi, naturalmente,
-ignoriamo tutto ciò, e parlarne a lei è una
-vera profanazione; ma ho sentito da questi scioperati...
-Carina, sa... oh! ha buon gusto il suo protetto,
-una colonna della Compagnia Scalvini! Una cosa da
-nulla, s'intende! Questione di un po' di tempo e di
-quattrini sciupati. Il suo protetto se la caverà benissimo
-come gli altri e tornerà, da buon figliuol prodigo...
-<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span>
-all'ovile. Ma bisogna proprio che scappi, ho
-fatto tardi. Come son contenta d'averla veduta! Un
-amore quel suo mantello. Laferrière, nevvero? Si
-capisce lontano un miglio. Marina l'aspetta pel concerto
-martedì. Cara Contessa...
-</p>
-
-<p>
-Le strinse la mano calorosamente, e se ne andò
-contenta. Stava meglio, ora, dei suoi nervi.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Ah! quell'orribile <i>Augellin Bel Verde</i>! Non solo
-dovette udirne parlare quella povera Contessa, ma
-un giorno fu proprio costretta a vederlo.
-</p>
-
-<p>
-A tutt'altre sorti era stato predestinato quel giorno.
-Elisa lo aveva scelto, fra tanti, per la sua famosa
-gita a Vincigliata.
-</p>
-
-<p>
-Conosceva personalmente il proprietario dell'antica
-dimora medioevale, da lui ritornata, con sì profonda
-e splendida intelligenza della storia e dell'arte italiana,
-all'antico essere. Non aveva d'uopo, per penetrare
-in quella splendida residenza, del permesso,
-limitato pel volgo dei curiosi ad un solo giorno della
-settimana. Il proprietario di Vincigliata si reputava
-fortunato, quando poteva farne personalmente gli
-onori, alla contessa Serramonti ed a quanti amici
-suoi ella volesse far partecipi del privilegio. E di
-questi amici ella aveva fatto stavolta un'accuratissima
-scelta.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span>
-</p>
-
-<p>
-Tre signore e quattro uomini. Lei, Marina Negroni
-e mad.<sup>e</sup> Cholet, la sapientissima moglie di un
-arcisapiente professore belga, venuto a Firenze per
-certe ricerche sui fasti Medicei e raccomandato alla
-Contessa da un vecchio collega del padre suo. Il
-comm. Gerra, il duca di Sant'Eremo e Roberto
-Rescuati.
-</p>
-
-<p>
-A questo ella aveva già fatta la proposta della
-gita il giorno prima. Roberto, preso così all'improvviso,
-accettò l'invito, senza però dimostrare un soverchio
-entusiasmo. Breve, non osò ricusare, benchè
-ne avesse una voglia terribile, che la Contessa o
-non ravvisò o coraggiosamente neglesse.
-</p>
-
-<p>
-Il convegno era per le otto in casa Serramonti.
-Si giungeva a Vincigliata alle nove e mezzo. Visita,
-<i>lunch</i>, due ore. Il ritorno poteva esser effettuato per
-il mezzodì.
-</p>
-
-<p>
-Ell'era molto fiera di aver combinato tutto ciò.
-Era riescita finalmente a riunire, per quella geniale
-trottata, Marina e il suo protetto. Possibile ch'egli
-potesse sottrarsi completamente al fascino della bellezza
-di lei? Già parecchie volte i due giovani s'erano
-incontrati in casa sua o nel suo palco alla
-Pergola e non parevano trovarsi male quand'erano
-insieme. Marina sapeva qualcosa dell'arte ippica, non
-era mai noiosa, non sfoggiava cognizioni inquietanti.
-Era seria, con una semplicità di modi e di frasi che
-parevano far fede d'una mente solida, scevra da
-<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span>
-preoccupazioni personali. Ella non pareva mai in
-causa. In realtà aveva un'unica, suprema preoccupazione:
-sè stessa e il suo avvenire; non si perdeva
-di vista, neppur per la frazione di un secondo.
-Aveva immediatamente subodorati i progetti della
-Contessa sul suo conto e sul conto di Roberto. Ma
-serbava accuratamente per sè quella cognizione.
-Istruita da una amara sequela di esperienze, non si
-faceva illusioni, ma stava in agguato degli eventi.
-Non aveva la fede, quella che salva, ma faceva lo
-stesso, coraggiosamente, il suo dovere.
-</p>
-
-<p>
-Il che è ammirabile, come sapete.
-</p>
-
-<p>
-La Contessa s'era alzata alle sette, ed era già
-pronta quando le recarono una letterina, testè consegnata
-ai suoi dal domestico di Roberto. Il conte
-Rescuati, dolentissimo, si scusava. Un violento raffreddore
-lo obbligava a letto. Mille scuse. Oh, un
-profluvio di scuse!
-</p>
-
-<p>
-Dolente, ma soprattutto inquieta, la Contessa volle
-interrogare il domestico latore del biglietto. Un fiorentino
-puro sangue, raccomandato a Roberto da
-Neri Speroni. Corretto, inappuntabile, con un par
-d'occhi scintillanti, che dovevano averne viste di
-vario colore. Aveva profittato dell'occasione per
-condurre a spasso Arnetto, il cane lupetto, tutto
-bianco, del suo padrone.
-</p>
-
-<p>
-Rassicurò rispettosamente la signora che lo interrogava.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Il signorino era venuto a casa per tempo la
-sera prima, e s'era coricato con un forte dolor di
-capo. Gli aveva detto di svegliarlo per tempo la
-mattina; poi quando si doveva alzare... insomma...
-non aveva potuto, per il grande raffreddore. Ma cosa
-da nulla. Un po' di letto e tutto passerebbe.
-</p>
-
-<p>
-Elisa congedò il domestico colla sua solita affabilità
-e rimase impensierita e mortificata. Che contrattempo
-per tutte le sue combinazioni!... E purchè
-davvero non fosse nulla quel raffreddore! A volte
-cominciavano così alcune malattie.
-</p>
-
-<p>
-Volontieri avrebbe rimessa la gita ad un altro
-giorno. Ma era tutto combinato e non si poteva.
-Chiamò Pietro, il suo vecchio domestico, e gli raccomandò
-che andasse verso le undici e mezzo a prender
-notizie del conte Rescuati. Le avrebbe così, recentissime,
-al suo ritorno.
-</p>
-
-<p>
-Gli altri invitati, non essendo stati colti dal menomo
-raffreddore, giunsero tutti all'ora indicata e
-udirono imperterriti l'annunzio dato loro dalla Contessa
-del mancato intervento del giovane Rescuati.
-La coppia esotica non lo conosceva. Gerra e Sant'Eremo
-non avevano per lui una simpatia molto
-pronunziata e Marina non parve affatto turbata da
-quell'annunzio. Sperò colla Contessa che fosse cosa
-da nulla.
-</p>
-
-<p>
-La comitiva si mise in moto, con tutta la buona
-voglia immaginabile di godersi la gita. La mattinata
-<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span>
-era freddina ma bella e nei due <i>landeaux</i> la conversazione
-non languiva. Nulla avrebbe potuto far
-sospettare le materne apprensioni della Contessa e
-l'acerbo, il cocente disappunto di Marina Negroni.
-</p>
-
-<p>
-L'arrivo, la visita al Castello, il <i>lunch</i>, tutto ebbe
-luogo felicemente e nel modo più indicato. La coppia
-forestiera fu al colmo dell'ammirazione e dell'entusiasmo
-e tutti lasciarono quella strana e splendida
-dimora colla solita dose di trasporto per la bellezza
-delle cose vedute e per l'intensità dell'impressione
-generale. Al ritorno, la Contessa ebbe un'idea, anzi,
-ne ebbe due. Volle percorrere la strada dei Colli,
-per farne ammirare le bellezze ai suoi ospiti forestieri.
-La mattinata era sì bella che tutti ebbero
-voglia di una passeggiata. Scesero dalle carrozze e
-camminarono sino al Belvedere, ove fecero sosta per
-ammirare quella infinita vaghezza di prospettiva,
-quello spettacolo del quale sembra non potersi mai
-saziare l'occhio e l'animo di chi lo contempla.
-</p>
-
-<p>
-Ma, mentre s'indugiavano lassù, alla Contessa
-parve vedere un po' di pallore sul volto di Marina.
-L'interrogò con premura... Si sentiva male?... — Ma
-no... tutt'altro!... Era un po' di appetito.
-</p>
-
-<p>
-Si constatò il fatto, ridendo. Si constatò pure che,
-per una strana coincidenza, esso si riproduceva in
-varie proporzioni su parecchi fra i componenti la
-brigata. Il <i>lunch</i> era stato copioso, ma un'ora e
-mezzo di trottata, quel po' di moto fatto a piedi,
-l'arietta frizzante...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Se si facesse colazione qui? — suggerì a un
-tratto la Contessa.
-</p>
-
-<p>
-La proposta fu accolta ad unanimità di voti. Solo
-si trattava di trovare un luogo atto a realizzare il
-progetto sì bene accolto.
-</p>
-
-<p>
-Il viale dei Colli è poco frequentato durante l'inverno.
-</p>
-
-<p>
-Bello, ideale qual'è, oggetto d'ammirazione e d'invidia
-pei forestieri che lo visitano, non gode, quanto
-meriterebbe di goderle, le simpatie dei Fiorentini.
-Per questi l'attrazione delle Cascine è tuttora senza
-rivali, poi non amano stancare, sulla lunga salita
-dei Colli, le loro celebri pariglie di cavalli. Neppur
-durante l'estate quest'incantevole passeggiata riesce
-ad accaparrare gran concorso di gente. I non molti
-caffè, <i>restaurants</i>, birrarie che si trovano sul suo
-percorso, fanno affari discreti, ma nell'inverno sono
-chiusi quasi tutti. Sant'Eremo rovistò alquanto nei
-suoi ricordi del luogo, poi si offerse quale esploratore.
-Si assentò per un quarto d'ora e tornò trionfante,
-gridando da lungi: <i>Eureka!</i> Aveva trovato.
-Un piccolo <i>restaurant</i> civettuolo, a foggia di <i>châlet</i>,
-nicchiato in una specie di giardino. Un'abbondanza
-d'edere, di ligustri, di lauri, alternati a fitte e spesse
-macchie di bambù, davano a quel luogo una falsa,
-ma invitante apparenza di episodio estivo, in mezzo
-alla nudità jemale della campagna circostante. Perennemente
-aperto, quel piccolo stabilimento, filiale
-<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span>
-della casa Doney e nipoti, gode di una certa riputazione
-gastronomica, ed è spesso fatto scopo delle gite
-di gaie comitive fiorentine.
-</p>
-
-<p>
-Quella della Contessa fu premurosamente accolta
-dal personale disoccupato, nella vasta sala pressochè
-deserta, dove alcuni tavolini soltanto erano occupati
-da qualche esotica figura di touriste inglese o tedesco.
-Il duca di Sant'Eremo assunse la direzione degli
-eventi, e fece preparare un tavolo in disparte, in una
-specie di recesso, davanti ad una larga porta a vetri,
-che permetteva la vista del giardino e della vaghissima
-prospettiva sottostante. La colazione fu tosto
-imbandita, e già le chiacchiere s'incrociavano, quando
-un piccolo avvenimento venne a distrarre per un
-istante l'attenzione della comitiva. Un allegro schioccar
-di frusta echeggiò sul vialetto che faceva capo
-al <i>restaurant</i> e subito si vide avanzarsi con trionfale
-rapidità un drag a quattro cavalli con un carico
-di giovanotti, Neri Speroni e consorti, fra i quali
-spiccavano due <i>toilettes</i> femminili. Una di queste
-<i>toilettes</i> sfoggiava tutti i suoi pregi di vistosità sgargiante
-sull'alto seggio del legno, a fianco dell'auriga.
-E l'auriga era Roberto Rescuati Melli.
-</p>
-
-<p>
-La contessa ravvisò tosto il suo «figliolo.» Indovinò
-(forse non era difficile il farlo, neppur per
-lei, tanto n'erano caratteristiche la bellezza e l'acconciatura)
-chi fosse quella specie di signorine ch'egli
-conduceva lassù, in sì gaia comitiva. Non era nè
-<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span>
-abbastanza giovane, nè inesperta del mondo per dare
-soverchia importanza a un fatto che l'amabile disinvoltura
-della gioventù fiorentina le aveva messo
-qualche altra volta sott'occhio! Pure, provò un senso
-impetuoso e indicibile di pena.
-</p>
-
-<p>
-Pensò a Tecla. Oh s'ella vedesse suo figlio così.
-E quella menzogna, così inutile, così bassa, del biglietto
-inviatole! Un violento rossore le salì alle
-gote, volse il capo con un atto involontario, affatto
-istintivo. Marina represse l'ombra di un sorriso e
-non battè palpebra. Gli uomini scambiarono un rapido
-sguardo d'intesa che si ripetè parecchie volte, quando
-Neri Speroni, recatosi a terra d'un salto, invitò con
-molta galanteria la bella compagna di Roberto a
-volersi gettare nelle sue braccia, se aveva la menoma
-idea di scendere e di far colazione. La signorina
-faceva delle difficoltà e mandava degli strillini
-da pavoncella spaventata, ma poi si decise e calò
-con mirabile arditezza, al conseguimento della quale
-non doveva essere estranea una certa abitudine dei
-ponti sospesi e d'altri praticabili della scena. Capitò
-dall'alto, come una vera rondinella ch'ell'era, mentre
-l'altra signora, evidentemente un olocausto al decoro
-della famiglia, fu laboriosamente calata a braccio da
-un domestico, in mezzo agli evviva incoraggianti di
-quei signori.
-</p>
-
-<p>
-La lieta brigata fe' irruzione nella sala del <i>restaurant</i>,
-dirigendosi verso un tavolo poco lontano da
-<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span>
-quello ove la Contessa presiedeva tranquillamente
-al suo <i>déjeuner</i>; ma, giunto presso a questa, Roberto
-ed i suoi compagni si arrestarono... e un momento
-di visibile imbarazzo si produsse nel gruppo.
-Una vampa di fuoco salì alle gote di Rescuati. Esitò,
-incerto, se dovesse salutare; poi salutò, ma, subito,
-mutando bruscamente direzione, condusse il suo
-drappello quanto più lungi potè, all'altra estremità
-della sala, dove l'Augellin Bel Verde cominciò tosto
-a discutere, a voce molto alta, il <i>menu</i>.
-</p>
-
-<p>
-La Contessa aveva già ripreso la sua conversazione
-con Madame Cholet sulle impressioni di Vincigliata.
-Donna Marina intratteneva gli uomini colla
-sua solita grazia riposata e la colazione procedeva
-tranquilla, nella serena ignoranza della più effusiva
-allegria, che si andava suscitando all'altra estremità
-della sala. Laggiù le risate echeggiavano, il <i>diapason</i>
-delle voci si alzava alquanto; ad ogni minuto si andava
-producendo lo strepito caratteristico dello stappare
-d'una nuova bottiglia, benchè Neri Speroni dichiarasse,
-senza complimenti, di non aver mai visto
-così ingrullito quel caro Bertino.
-</p>
-
-<p>
-Finita la colazione, Sant'Eremo ebbe una idea
-felice. Chiamò uno dei camerieri, e fece aprire l'invetriata
-che metteva nel giardino. E di là, senza
-traversare la sala, abbreviando piacevolmente la via,
-escirono all'aperto la Contessa e i suoi amici.
-</p>
-
-<p>
-Il ritorno si effettuò felicemente e la brigata si
-<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span>
-divise col solito scambio di congratulazione per la
-riescitissima gita.
-</p>
-
-<p>
-La Contessa era appena rientrata nella sua camera,
-quando Pietro, fedele alle istruzioni ricevute,
-venne rispettosamente a darle conto della sua missione.
-Era stato, alle undici e mezzo precise, a prender
-notizie del signor conte Rescuati. Aveva parlato col
-suo cameriere, quello stesso ch'era venuto alla mattina.
-Il signor Conte era tuttora coricato, ma stava
-meglio e si alzerebbe per il pranzo. Faceva mille
-ringraziamenti.
-</p>
-
-<p>
-— Sta bene — interruppe tranquillamente la signora
-e congedò Pietro.
-</p>
-
-<p>
-Quando fu sola, si sentì, a un tratto, côlta da una
-grande malinconia. La volgarità brutale di quell'episodio
-le aveva fatto male. Oh lo sapeva bene che
-accadeva così... quasi per tutti: ch'era l'aria, l'atmosfera,
-l'immensa contagione della vita. Quelle piccole
-farfalle variopinte dall'esistenza effimera, quello
-sciametto di gaie tarme sotto il cui lievissimo morso,
-ripetuto all'infinito, finiva collo sbriciolarsi non ferito,
-no, solamente intignato, il cuore della gioventù!...
-Una passione, un'illusione, sincera per quanto errata,
-pazienza! Ma così!... E intanto, dall'altro lato, la
-schiera tacita, malinconica dei cuori condannati alla
-vana attesa, i poveri cuori assetati d'amore delle
-fanciulle, di quelle che vivono scordate, trascurate...
-a cagione delle altre! Ah! povera Marina! E sarebbe
-<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span>
-stata così adatta per lui!... Stavano così bene
-assieme!... Facevano una sì bella coppia! Bellissimi
-entrambi.
-</p>
-
-<p>
-Qui, un pensiero nuovo, inatteso, s'imbrancò fra
-quelli che irritavano la sua mente, e la fece sorridere.
-Si ricordò di ciò che le aveva detto Marcello
-Plana: lo troveranno bello e vi darà del filo da
-torcere.
-</p>
-
-<p>
-A proposito, doveva mantenere la sua promessa.
-Scrivergli di lui. Lo aveva fatto già, qualche volta...
-due, tre. Ma sempre con un lieve senso di contrarietà.
-Poichè, in coscienza, non poteva dargli splendide
-nuove del successo della sua missione. Ed egli
-rispondeva in un certo modo, così curioso! Stavolta
-però ella provò un subito desiderio di scrivere a
-Marcello Plana, di parlargli a lungo di quel suo indocile,
-ricalcitrante pupillo. Pensò a scrivergli dell'episodio
-del mattino. Si accinse a farlo, ma s'accorse,
-non senza una specie di sorpresa, che, mentre
-cercava il modo spiccio, geniale, svolazzante della
-relazione, questo modo per l'appunto pareva sfuggire
-di sotto alla sua penna. Provò, cancellò, tornò a
-provare... niente. Diventava una storiella da <i>Vie Parisienne</i>.
-Per scriver bene quelle storielle, bisogna
-ridere di cuore, scrivendole, ed ella non poteva.
-</p>
-
-<p>
-Tra lei e il suo solito buon umore c'era il pensiero
-di Tecla e quello di Marina... il senso, la pietà degli
-affetti condannati all'inerzia, il disgusto delle piccole
-<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span>
-cause, delle piccole volgari tentazioni, della strettissima
-gora d'acqua stagnante, in cui affondano talvolta,
-incoscienti, noncuranti le non forti anime.
-</p>
-
-<p>
-— Non posso — disse. — Scriverò un'altra volta. — E
-lacerò il foglio. Prese la <i>Revue des Deux
-Mondes</i>, si adagiò nella sua favorita poltroncina di
-velluto di Genova, e cominciò a tagliare i fogli di
-uno di quegli strani, dolci articoli di Renan sulle
-tradizioni bibliche e sulla vita degli Apostoli, quelle
-pagine ove l'autore sembra avere intinta la penna
-nella tavolozza sì umana e sì mistica a un tempo,
-del nostro Morelli.
-</p>
-
-<p>
-Ma due o tre volte, dallo sfondo luminoso del
-grande paesaggio orientale, balzò fuori insistente,
-importuna, come un moscherino che penetri nell'occhio,
-l'immagine di una personcina snella, di una
-faccetta pallida di <i>veloutine</i> e di bianco mal tolto,
-con un cappellone impossibile e due immensi <i>accroche-cœurs</i>
-che tracciavano sulle tempie come due
-gran punti d'interrogazione. E l'Augellin Bel Verde
-calava, ridendo e strillando, dall'alto del drag, dove
-se ne stava Roberto colle quattro redini in mano e
-col gaio sguardo chinato su di lei.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span>
-</p>
-
-<h2>VI.</h2>
-</div>
-
-<p>
-Di ritorno dalla famosa gita, donna Marina Negroni
-salì direttamente in camera sua.
-</p>
-
-<p>
-La cameriera venne a prestarle i suoi servigi.
-Ella lasciò fare, in silenzio, con una inerzia di tutto
-l'essere, che non le era solita. Quand'ebbe indossata
-la lunga vestaglia di flanella bianca, che metteva
-quando voleva rimanere sola nella quiete del suo
-appartamento, si diresse verso la sua lunga poltrona
-chinese. Ma, prima di adagiarvisi, si rivolse alquanto
-duramente alla cameriera, che rimaneva al suo posto
-in atteggiamento di attesa:
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, che c'è ancora?
-</p>
-
-<p>
-La Clelia aspettava gli ordini. A che ora doveva
-venire a pettinarla? Che abito comandava pel pranzo?
-</p>
-
-<p>
-Allora soltanto Marina si rammentò. Infatti, gran
-pranzo di gala quel giorno in casa d'Accorsi: ci sarebbero
-i d'Urbino, un ex-ministro inglese di passaggio
-a Firenze, gli sposi d'Argovano e Sua Altezza
-il principe Luitpoldo Hetzengenfeld.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span>
-</p>
-
-<p>
-Un principe regnante, se vi piace. A dir vero, il
-suo Principato non era di una vastità ragguardevole;
-comprendeva un territorio le cui proporzioni erano
-una via di mezzo fra la Repubblica di S. Marino e
-quella di Val d'Andorra. Ma tant'è, anche in quel
-ritaglio di Principato ci capiva uno scampolo di Corte,
-un minuzzolo d'esercito e un campioncino di Sovrano...
-Incorreggibile, quella Germania!
-</p>
-
-<p>
-Donna Marina rimase un istante sopra pensieri.
-</p>
-
-<p>
-La cameriera attese ancora, attonita, tanto erano
-poco abituali nella sua padroncina l'indugio e la procrastinazione.
-Soleva discutere a lungo, diligentemente,
-ogni particolare della sua acconciatura, in
-siffatte occasioni. Ma stavolta disse soltanto: — Suonerò — con
-un gesto di commiato che non ammetteva
-repliche.
-</p>
-
-<p>
-La cameriera non osò insistere. Si eclissò in silenzio.
-</p>
-
-<p>
-Allora, quando fu sola, donna Marina fece qualcosa
-d'insolito. Venne meno alla perfetta moderazione della
-propria immagine. E inconsciamente, proprio senza
-pensarci, assunse una delle più belle e sincere attitudini
-che una mente d'artista abbia mai attribuito
-ad un'immagine di donna. Stette, come sta la Saffo
-di Pradier, seduta, col busto ripiegato su sè stesso,
-colle mani nervosamente intrecciate attorno al ginocchio
-destro rialzato. Il capo chino, il collo teso,
-le labbra compresse, le nari allargate. Nell'incavo
-marcato delle occhiaie, lo sguardo lungo, calmo e
-<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span>
-disperato; lo sguardo saturo del convincimento dell'indifferenza
-di Faone!
-</p>
-
-<p>
-Pure, donna Marina non aveva nulla di comune
-con Saffo. Era bella anzitutto e nessuno ignora che
-la storia ha ostinatamente negato questo privilegio
-all'infelice poetessa di Lesbo. Ma in quel momento,
-c'era un'identità. Anche lo sguardo di donna Marina
-vedeva qualcosa, qualcuno perdersi vagamente nelle
-brume dell'orizzonte. Non Faone per l'appunto...
-benchè... Oh! ma a ciò non bisognava badare... E
-quella che scompariva così, sempre così, era soltanto
-la solita larva!
-</p>
-
-<p>
-Aveva venticinque anni ormai, quasi ventisei...
-</p>
-
-<p>
-Oh! era terribile!... sentirsi bella, sapersi dotata
-di rare qualità di carattere e d'intelletto e colpita,
-ciò non ostante, dalla fatalità cieca di una condanna!
-Non poter essere amata, non saper destare una passione
-sincera, schietta, un desiderio acuto, irresistibile
-nel cuore di un uomo! Ma un uomo eleggibile, qualcuno
-ch'ella potesse sposare, che potesse darle una
-posizione normale, e toglierla a quella di ospite, di
-beneficata del Duca d'Accorsi. Ella che tutto sapeva,
-che tanto vedeva! Oh! sì, in quell'ambiente sì eletto,
-sì ricco, ove erano in apparenza sì largamente appagate
-tutte le vanità della donna, che continua flagellazione
-de' suoi più intimi e più sacri orgogli! E
-che brutale, che suprema necessità di non aver cuore,
-di difendersi sorridendo, senza allontanare, senza disgustare
-<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span>
-alcuno, sentendosi di fronte all'incredulità
-più o meno celata della vera rigidità dei suoi principii,
-all'ingenua meraviglia ch'ella non fosse abbastanza...
-figlia di sua madre! Marina aveva, tanto per
-suo conforto quanto per suo tormento, un'implacabile
-serenità di raziocinio, la visione precisa, netta, infallibile
-delle ferree necessità della vita. S'era prefissa
-uno scopo unico e nulla doveva distrarla da
-questa preoccupazione. Fare un buon matrimonio,
-che le procurasse una posizione larga, comoda, circondandola
-della stima, della considerazione generale:
-poichè di ciò sopratutto ell'era assetata. Lo sapeva
-bene ciò che il mondo vuole, per accordarvi il sorriso
-del suo <i>placeat</i>, il privilegio delle sue indulgenze!
-E in questa sua guerra di conquista, colla coscienza
-della mancanza del più valido dei mezzi, il dono di
-piacere, Marina aveva accuratamente, <i>a priori</i>,
-esclusa la possibilità di un altro intervento, quello
-dei proprii sentimenti, del suo cuore. A che le avrebbe
-servito, col suo sistema, colla sua volontà di riescire,
-in ogni modo, con una già preparata, sempre pronta
-immolazione dei propri sentimenti personali?
-</p>
-
-<p>
-Cominciava, però, a esser stanca. La lunga, interminabile
-attesa la snervava. Ogni tentativo fallito
-pareva lasciare una delusione sempre più dolorosa
-nell'intimo suo. Le pareva che ella e il tempo non
-lottassero più a condizioni uguali. Credeva sempre
-al suo sistema, lo riteneva il solo attuabile, nell'anormalità
-<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span>
-crudele delle circostanze. Ma i sorrisi sereni,
-la calma imperturbabile, la grazia perfetta, l'uguaglianza
-tanto amena del suo carattere, oh lei sola
-sapeva cosa le costavano ormai! E quel doversi prestare,
-con apparente incoscienza, senza convincimento
-della riescita, ma solo per debito di coscienza,
-alle benevoli imprese degli amici... Quest'ultima, per
-esempio, il tentativo di Elisa, la sua ingegnosa trovata
-perchè ella potesse trovarsi col giovane Rescuati!
-</p>
-
-<p>
-Non aveva mai creduto.... oh no.... neppure un
-momento. Non rammaricava che l'occasione perduta,
-s'intende.
-</p>
-
-<p>
-Pure, stavolta, le pareva più dura, più crudele
-delle altre delusioni! Forse perchè veniva appunto
-dopo tante altre!...
-</p>
-
-<p>
-Non volle chiedere altro al suo pensiero. S'indignava
-già seco stessa d'aver tanto sofferto per una
-cosa che non doveva tornarle nuova. Ma era stanca,
-stanca di tutto ciò; non ne poteva più!
-</p>
-
-<p>
-Scompose la sua inconscia posa di Saffo, e celò il
-volto fra le mani, mordendosi forte le labbra.
-</p>
-
-<p>
-Balzò in piedi ad un tratto! Qualcuno, senza aver
-avvertito nè chiamato, stava per aprir l'uscio della
-sua camera.
-</p>
-
-<p>
-— Non si può, — disse Marina con accento irritato
-e supponendo fosse la cameriera.
-</p>
-
-<p>
-Ma un tranquillo — Son io, — la colpì di meraviglia.
-L'uscio s'aperse senz'altro. Non era la cameriera,
-<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span>
-era qualcuno che non soleva fare frequenti
-visite al terzo piano del palazzo, la duchessa Ginevra
-d'Accorsi.
-</p>
-
-<p>
-— L'accoglienza non è troppo incoraggiante, per
-una persona che fa sei capi di scale per venirti a
-vedere. Bisognerà far mettere un ascensore anche
-da questa parte, a proposito!
-</p>
-
-<p>
-La figlia accostò premurosamente una seggiola
-alla madre, che vi si lasciò cadere, guardando Marina
-con quell'espressione di freddo esame, che aveva
-per effetto immediato di rendere Marina più che
-mai cauta e padrona di sè stessa.
-</p>
-
-<p>
-La giovane rimase in piedi silenziosa. La sua attitudine
-ora era pronta, vigile, difensiva.
-</p>
-
-<p>
-A modo loro, quelle due donne si amavano. Nei
-tempi passati — quei tempi di estreme, di valorosamente
-dissimulate strettezze, il cui ricordo non pareva
-neppur possibile in casa d'Accorsi — la vedova
-Negroni aveva fatto molto, sofferto pure qualcosa,
-per tener seco la figlia, reclamata dalla famiglia del
-marito. Condizione <i>sine qua non</i> del suo matrimonio
-col duca d'Accorsi, che Marina fosse tenuta ed allevata
-in casa. E Marina non si era mostrata ingrata.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa aveva ogni tanto delle malattie nervose,
-che non rendevano facili le mansioni dell'infermiera,
-e questa era invariabilmente ed esclusivamente
-sua figlia. Ma non avevano l'una per l'altra nè simpatie
-di vedute, nè omogeneità di carattere e di
-<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span>
-principî. Coll'andar del tempo, la vita in comune
-veniva offrendo ad entrambe delle gravi, odiose difficoltà!
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, — disse la Duchessa, allungandosi comodamente
-nel seggiolone, — come è andata questa
-gita?
-</p>
-
-<p>
-— Benissimo, — rispose Marina.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! ti sei divertita?
-</p>
-
-<p>
-— Assai.
-</p>
-
-<p>
-— I cavalieri della brigata sono stati amabili?
-</p>
-
-<p>
-— Amabilissimi.
-</p>
-
-<p>
-— Specialmente il conte Rescuati, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-Marina si morse le labbra. Il suo primo impulso
-era stato quello di lasciar credere alla madre che il
-giovane avesse preso parte alla gita, ma il sorriso
-ironico della Duchessa ammonì la giovane che il suo
-giuoco sarebbe stato facilmente smentito.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — disse con indifferenza — sai?...
-</p>
-
-<p>
-— Ma certo! — rispose la Duchessa, ridendo. — Mi
-fu narrata tutta la storia or ora da Dino, il quale l'aveva
-udita mezz'ora fa, al Club, da Neri Speroni. Il
-raffreddore, le notizie. Ah... ah! Un vero bozzetto
-di Gyp... E l'incontro al Restaurant, mentre egli vi
-credeva lassù, da sir Temple! Neri dice che era
-qualcosa d'impagabile la faccia di Rescuati. Ah! avrei
-voluto esserci! Dev'essere stata assai comica... Pare
-ch'egli ne sia innamorato davvero. Pel quarto d'ora.
-</p>
-
-<p>
-Marina non rispose. Alzò quasi impercettibilmente,
-<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span>
-con una mossa piena di moderazione e di filosofia,
-le bellissime spalle.
-</p>
-
-<p>
-— Bisogna convenire, — prosegui la madre, — che
-quella tua cara protettrice ed amica ha tutte le
-qualità di questo mondo, eccetto quella di riescire
-nell'esecuzione dei suoi benevoli intenti. Anche stavolta
-non ha avuto buona mano, come suol dirsi
-volgarmente. Me ne rincresce per te, benchè, a dir
-vero, non fosse un partito eccezionale. Ma per lei,
-ebbene, sì, ci ho un gusto matto!
-</p>
-
-<p>
-Rise ancora, mettendo in mostra una dentatura
-larga un po' ingiallita, ma forte e sana. Di quei
-denti che, se si mettessero a mordere nel vivo, porterebbero
-via agevolmente il loro pezzetto di carne.
-</p>
-
-<p>
-— Perchè? — chiese tranquillamente Marina. — Cosa
-ti ha fatto? Pensa che servigio ha tentato di
-renderti! Dovresti esserle grata, almeno della buona
-intenzione.
-</p>
-
-<p>
-— E chi ti dice che non lo sia, — ribattè la Duchessa,
-mettendo, nel sarcasmo della sua risposta, lo
-stesso accento di moderazione del quale s'era valsa
-la figliuola. — A me non ha fatto nulla. Ma una lezione
-la meritava, colla sua manìa di protezione,
-colle ridicole arie materne che si dà con quel giovane,
-il quale mi sembra, dopo tutto, un grande imbecille.
-Almeno suppongo. Potrebbe darsi invece che
-non lo fosse per nulla.
-</p>
-
-<p>
-Ebbe un sorriso enigmatico e bizzarro.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma tosto mutò voce e maniera e assunse quel suo
-fare incisivo e determinato che non ammetteva tergiversazioni.
-</p>
-
-<p>
-— Marina, — disse alla figlia, — sono salita appositamente
-per parlare con te di qualcosa che preme.
-Ma la verità, nevvero? una volta tanto...
-</p>
-
-<p>
-Marina chinò il capo con un cenno di calmo assenso;
-ma era ben decisa a non dire, in fatto di
-verità, più di quel tanto che le parrebbe conveniente.
-</p>
-
-<p>
-— Non ti ho fatta una raccomandazione superflua, — insistè
-la Duchessa. — Ci sono dei casi in cui la
-semplice verità costituisce la migliore delle astuzie.
-Ma veniamo al fatto. Il conte Rescuati, per una ragione
-o per l'altra, non pensa a prender moglie e
-non pensa a te. Così è, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Così è, infatti. E poi?
-</p>
-
-<p>
-— Allora tu, naturalmente, rinunzi...
-</p>
-
-<p>
-— Scusa. Il termine non è esatto. Non sono io
-che rinunzio, è lui che non ci ha mai pensato; io
-non sono in causa.
-</p>
-
-<p>
-— Sta bene. Ma (la domanda non ti sembri strana,
-non lo è) ti spiace questo fatto, più di quanto comporti
-lo svantaggio materiale della circostanza? Non
-hai provato per quel giovane.... No, non affrettare
-la risposta, pensa un momento, prima di rispondere.
-</p>
-
-<p>
-Marina attese, infatti, docilmente un momento. Ma
-solo per adottare, immutabile, una linea di condotta.
-</p>
-
-<p>
-— No, — disse poscia con tutta la voluta posatezza, — non
-ho provato nulla.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span>
-</p>
-
-<p>
-Mentiva ora, alteramente, per un senso d'intimo
-orgoglio, perchè, anche se non era, <i>doveva</i> esser
-così. Mentiva e a sè stessa ed alla madre sua. Roberto
-aveva avuto uno strano privilegio, senza saperlo
-e senza cercarlo. Aveva destata una segreta emozione,
-forse la prima, nel cuore di donna Marina Negroni.
-</p>
-
-<p>
-— No, dunque? — insistè la madre...
-</p>
-
-<p>
-— No, — rispose tranquillamente la figlia.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, meglio per te, mia cara Marina. Allora,
-nè in questa, nè in altre occasioni, hai mai provato...
-</p>
-
-<p>
-— L'amore, vuoi dire?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, l'amore, se credi. Oh Dio, ha tanti nomi,
-tante personificazioni! Sentimento, capriccio, distrazione,
-che so io....
-</p>
-
-<p>
-— Oh! Ha tanti nomi, infatti. Ma vedi; qualunque
-idea rappresentino questi nomi, essa non è fatta per
-me. Non ho, pare, il dono d'ispirare quest'amore,
-ma neppure, grazie a Dio, la capacità di sentirlo. È
-un divertimento che lascio ad altri.
-</p>
-
-<p>
-Quest'ultima frase le era escita, calma, dall'anima
-in tempesta. L'esasperazione gliela aveva strappata,
-quasi inconscia, dal labbro.
-</p>
-
-<p>
-Ma la Duchessa non parve avvertirne tutta l'acerba
-portata. Guardò sua figlia con una specie di
-benevolenza indulgente, che Marina non riusciva a
-spiegare a sè stessa.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! così... proprio? Oh! non ti do torto per
-nulla; anzi. Ma ora che abbiamo assodato che il
-<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span>
-conte Rescuati ti è perfettamente indifferente... perchè
-è così nevvero? ti è perfettamente indifferente?
-</p>
-
-<p>
-— Paganini non ripete, — rispose la giovane. — È
-assodato tutto ciò che vuoi. Scusa... dicevi?
-</p>
-
-<p>
-— Dicevo, mia cara, soltanto questo. Cosa conti
-di fare stasera per la tua <i>toilette</i>? Abbiamo il principe
-di Hetzengenfeld... un uomo simpaticissimo,
-come sai.
-</p>
-
-<p>
-L'accento sottolineava la frase. Marina comprese.
-</p>
-
-<p>
-Una rapida, nuova specie di sofferenza le sfiorò
-rapidissima il cuore.
-</p>
-
-<p>
-— Un'altra impresa? — chiese alla Duchessa, con
-un sorriso che le costò un grande sforzo.
-</p>
-
-<p>
-— Un'altra impresa — rispose la Duchessa. — Ma
-la mia, questa volta.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span>
-</p>
-
-<h2>VII.</h2>
-</div>
-
-<p>
-Una cosa che a Firenze capita di raro, la neve.
-Era cominciata nella notte, ed ora, lì dalle quattro,
-s'era formato uno strato alto due buoni palmi e che
-dava un bizzarro aspetto travestito alla lieta città
-dei fiori. Un'uggia tetra e pallida incombeva sulle
-vie deserte, sui palazzoni severi e sui villini eleganti.
-I Lung'Arni erano vedovi della solita ressa di equipaggi
-e di pedoni; nelle vie interne, orribilmente infangate,
-passava frettolosa, sotto lo schermo dell'ombrello,
-qualche figura di forestiere o di affaccendato.
-Nella quieta, filosofica poveraglia fiorentina era
-lo stupore melanconico di quella novità, e il senso
-inquietante d'un freddo estraneo alle sue abitudini,
-un freddo cui non bastavano a riparare i soliti cenci,
-la sommaria e pittoresca divisa di chi sa di avere
-tutti i giorni un po' di sole in casa. Al Club i signorini
-sbadigliavano sonoramente. Che si farebbe
-oggi senza le Cascine? La sola persona che mostrasse
-<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span>
-un po' di buon umore era quel bel tomo di Neri
-Speroni. Aveva vinto la sera prima sei mila franchi,
-giocando con Berto Rescuati. Ordinariamente soleva
-sempre dir male delle persone colle quali vinceva
-al gioco, era un suo vezzo speciale. Ma stavolta fece
-una eccezione, si degnò persino di giurare che gli
-dispiaceva... parola d'onore. Era proprio un buon figliuolo,
-colui, e l'avrebbe sempre sostenuto a spada
-tratta, in ogni emergenza.
-</p>
-
-<p>
-Decisamente, il «provincialuzzo» era presto diventato
-uno dei loro. Il che non è tanto facile quanto
-potrebbe parerlo. La società fiorentina che prodiga
-veri tesori d'indulgenza e di ospitalità pel forestiero
-propriamente detto, non è di sì facile accontentatura
-sul conto degli ospiti piovuti da altre regioni italiane.
-Ha anch'ella i suoi capricci, le sue ubbie d'antipatia;
-certi noviziati li fa fare lunghi ed aspretti. Ma così
-non era avvenuto per Roberto. Era piaciuta a tutti
-la sua estrema semplicità, la franchezza bonaria ed
-accorta del suo carattere. Certo, non potevano trovargli
-nè grande ingegno, nè uno spirito al di sopra
-del comune. Ma a ciò ed a quant'altro gli mancava,
-suppliva con un'eguaglianza di umore piacevolissima
-e con una facoltà tutta istintiva di condursi prudentemente
-e di non mai ferire le suscettibilità d'alcuno,
-pur difendendo, in modo acconcio, le proprie. Per
-indole allegro, generoso, gentiluomo sempre, egoista
-forse, ma di un egoismo ragionevole, senza esitazioni
-<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span>
-e colla piena coscienza del potere simpatico che esercitava
-senza fatica, era stato subito battezzato per
-un buon ragazzo. Era nota la sua famiglia, conosciuta
-la prosperità del suo patrimonio. La sua bellezza gaia,
-tutta vita, gioventù e salute, rallegrava gli occhi e
-il cuore. E le signore!...
-</p>
-
-<p>
-Nell'Olimpo c'era già stato qualche tentativo d'accaparramento,
-non scoraggiato neppure dal poco misterioso
-riferto della storia dell'<i>Augellin Bel Verde</i>.
-Ma egli non sapeva ancora ravvisare il valore di
-certe mosse strategiche, eseguite a suo pro nelle alte
-sfere. Non era un'aquila quel caro Roberto e non
-aveva per anco acquistata la conoscenza completa
-di ciò che si potrebbe chiamare la sintomologia del
-futuro condizionale dell'amore. Ma forse questa ammirabile
-quanto involontaria ignoranza assumeva
-presso certi occhi interessati l'aspetto di una indifferenza
-o di una volontà che non ha fretta. Poichè
-suole talvolta la fortuna così maternamente e con
-tanta disinvoltura adoperare in pari tempo, in pro
-dei suoi favoriti, e le loro qualità e i loro difetti,
-ciò che possiedono e ciò che lor manca!
-</p>
-
-<p>
-Quel giorno dunque a Roberto Rescuati mancava...
-il sole... appunto perchè, come sappiamo, nevicava.
-E gli mancava tanto quel matto sole fiorentino, ispiratore
-e complice di tanta gaiezza di vita! Come
-spenderle quelle due ore solitamente date alle Cascine?
-Che fare sino all'ora del pranzo, con quella
-neve che cadeva così, senza smettere!...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span>
-</p>
-
-<p>
-To'! E se andasse dalla contessa Elisa?...
-</p>
-
-<p>
-Non c'era più tornato dopo quello sciagurato incontro
-lassù ai Colli! Una bella figura aveva fatto!
-Infatti, quando s'erano incontrati poche sere dopo,
-in casa Corsini, essa l'aveva accolto, gentilmente sì,
-ma non più coll'affettuosità speciale dei primi giorni.
-È vero che, per compenso, non gli aveva più parlato
-di Gallerie, di Musei, nè di serate al Circolo Filologico.
-E sua madre, che lo tempestava di raccomandazioni!
-Va dalla contessa Elisa... Spero bene che
-non trascurerai di recarti dalla contessa Elisa... Ah!...
-quelle signore trascendentali, che tutte avevano al
-loro attivo qualche specialità intellettuale e che parevano
-sempre in attesa d'una sua manifestazione di
-qualche genere. Ed egli, al suo attivo, aveva per
-l'appunto la storia della gita di Vincigliata!
-</p>
-
-<p>
-Pure, sentì che, se non coglieva quella giornata
-favorevole, se indugiava ancora, non avrebbe più
-avuto il coraggio di presentarsi dalla sua protettrice
-ed avrebbe fatto, in <i>ultima ratio</i>, una figura da monellaccio.
-Perciò, si recò al palazzo di via S. Gallo,
-in carrozza e coltivando per tutto il tempo del tragitto
-un'intima e devota speranza che la Contessa
-fosse escita o non ricevesse.
-</p>
-
-<p>
-Ma no, a farla apposta! Era in casa e riceveva.
-</p>
-
-<p>
-Fu introdotto nell'ultimo salotto, quello dove ella
-soleva vivere la sua quieta vita intima. Elisa non
-aveva visite e stava leggendo. Le finestre erano
-<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span>
-chiuse e la camera illuminata da due lampade a
-becco solare, come se fosse di notte. Ma la luce era
-raddolcita e fatta rosea da due grandi paralumi di
-tulle bianco, su trasparenti d'un rosso chiarissimo.
-Un'invisibile bocca di calorifero dava all'ambiente un
-tiepore di primavera e nel piccolo caminetto d'angolo,
-dietro lo schermo d'un cristallo sul quale era
-inciso lo stemma della Contessa, scambiettava, viva
-e lieta allo sguardo, la vampa di una bella fiammata.
-Non oppressivo ma delicatissimo e sentito solo ad
-intervalli, l'olezzo misto di viole di Parma, di <i>calicanthus
-precox</i> e di gaggie, distribuite qua e là in
-certe fine conchette di cristallo Baccarat, s'univa all'aroma
-lievissimo dei biscottini di vaniglia posati su
-un tavolino in disparte, accanto al piccolo Somovar
-che andava levando il bollore. La Contessa era in
-veste da camera, cioè in una di quelle sfoggiate vestaglie
-che hanno un'eleganza tutta intima e speciale
-e che a lei stavano tanto bene.
-</p>
-
-<p>
-Provò un senso di grata meraviglia, udendo annunziare
-Roberto, poichè cominciava ad essere inquieta
-sul conto del suo protetto e a discutere seco
-stessa se doveva o no scrivergli un biglietto. Volle
-compensarlo d'averla prevenuta e d'aver vinto l'imbarazzo
-del piccolo evento dei Colli. Lo accolse affettuosamente,
-con un sorriso dolce, che non si ricordava.
-</p>
-
-<p>
-Egli provò, entrando, l'impressione bizzarra dell'illuminazione
-<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span>
-a quell'ora e questa valse a distrarlo
-dall'apprensione intima del primo incontro. Chiese
-subito cosa fosse quella notte anticipata.
-</p>
-
-<p>
-Ella se ne scusò quasi. Ma era una vecchia, cattiva
-abitudine.
-</p>
-
-<p>
-La sua vista, non molto forte, soffriva del riflesso
-crudo della luce nivea e tutto quel bianco le metteva
-un po' di malinconia. Perciò lo escludeva...
-Era ridicolo, naturalmente, sperava di non scandalizzarlo...
-</p>
-
-<p>
-Oh!... scandalizzarlo... lui!...
-</p>
-
-<p>
-Si mise a ridere di gran cuore. Non era facile a
-scandalizzarsi. Perchè non si dovrebbe far sempre
-ciò che accomoda? Gli piaceva anzi, quella notte
-in pieno giorno. E com'era elegante, la Contessa, con
-quella bella <i>toilette</i>!...
-</p>
-
-<p>
-— Oh!... — diss'ella — è una satira questa?...
-Non è niente affatto regolare, la vesta da camera, a
-quest'ora. Ma mi sono alzata tardi e supponevo che,
-con questo tempo, nessuno avrebbe pensato a venirmi
-a visitare.
-</p>
-
-<p>
-— Non mi aspettava dunque? — chiese il giovane.
-</p>
-
-<p>
-Ella scosse il capo dolcemente.
-</p>
-
-<p>
-— Non vi aspettavo più — disse con un accento
-in cui suonava un'affettuosa nota di rimprovero.
-</p>
-
-<p>
-Egli arrossì e chinò la sua bella testina, dai finissimi
-ondulati capelli neri.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Ha ragione — disse — e io ho tutti i torti. Ma
-ora mi perdona?
-</p>
-
-<p>
-Aveva, così dicendo, una grazia insinuante, di
-bimbo abituato all'indulgenza, ma sincero nel pentimento.
-</p>
-
-<p>
-Ella crollò il capo, ma con un sorriso così buono,
-che Roberto proseguì con marcata intenzione:
-</p>
-
-<p>
-— Mi perdona... di tutto?
-</p>
-
-<p>
-Ella comprese: la scena dei Colli tornò presente
-al suo pensiero. Ebbe un piccolo cenno, grave, di
-assenso. E quando, subito dopo, ella chiese a Roberto
-se aveva notizie di sua madre, c'era nella sua voce
-una calma assoluta, una dignità delicata di voluto
-oblìo di <i>quell</i>'argomento.
-</p>
-
-<p>
-È sempre difficile, per una vera signora, il toccare
-certi tasti! Peggio per quelle che non hanno
-mai avvertito il valore di questa difficoltà. Molte
-hanno eletto di superarla e di ammettere <i>quell</i>'argomento.
-Non già che manchi plausibilità di motivi
-a questo sistema di concessione; sono tanto formidabili,
-ormai, <i>quelle altre</i>!... Si lasciano così poco
-ignorare! Ci può essere una specie di coraggio abile
-nella signora che si avventura su quel campo sdruccevole.
-Si può sfiorarlo, a rigore, senza insudiciare
-più in là che la suola delle scarpette e cavarsela
-con uno sfoggio guizzante di spirito e disinvoltura.
-Ma, per alcune signore, l'assoluta ignoranza, il <i>noli
-me tangere</i> dell'argomento è qualcosa che s'addice
-<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span>
-loro specialmente e torna più armonico all'estetica
-morale del loro essere. Evitano per istinto, per una
-indefinita paura, per non farsi male alle labbra, consentendo
-loro quelle allusioni.
-</p>
-
-<p>
-Roberto si sentì tolto un gran peso dal cuore.
-Comprese, una volta per tutte, che ella non l'avrebbe
-mai annoiato, come temeva, su quel proposito. Ah!
-che brava donnina, quella lì!
-</p>
-
-<p>
-Si mise a chiacchierare, allegro, narrandole della
-sua vita, delle cose sue in quella maniera piana,
-semplice, senza pretesa alcuna, che gli era propria
-e colla quale, per una singolare dote di compensazione,
-egli suppliva alla mancanza di più brillanti
-facoltà discorsive. Non urtava mai le suscettività,
-anche appena accennate, d'altrui, ed evitava, come
-avvertito da un'intima cautela, tutto ciò che potesse
-tornar sgradito. Aveva molto tatto, assai più di
-quanto non paresse comportare la complessiva levatura
-del suo ingegno. Una maligna signora aveva
-detto di lui ch'egli era uno di quegli sciocchi che
-lasciano dire le sciocchezze alle persone di spirito.
-</p>
-
-<p>
-La signora maligna diceva solo parte del vero;
-Roberto non era uno sciocco!
-</p>
-
-<p>
-Quel giorno, forse per la contentezza di essersela
-cavata a buon mercato, forse per l'influenza combinata
-di quel tiepore pieno di quiete e di profumi
-discreti, il giovane si sentiva, colla Contessa, assai
-più ad agio di quanto nol fosse stato tempo addietro.
-<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span>
-Era alla mano, buona, semplice; gli chiedeva dei
-fatti suoi con un interessamento che, dopo tutto,
-egli non meritava guari!
-</p>
-
-<p>
-Ella sapeva tante cose di lui, dei suoi primi anni.
-Gli rammentò un episodio di quel tempo, quand'egli,
-piccino, ostinato, aveva fatto una bizza tremenda
-per un certo dolce che la nonna non gli aveva permesso
-di mangiare a tavola. Risero, ricordando assieme
-il cuffione della nonna e un certo vecchio
-domestico di casa Rescuati, un vecchio originale,
-che rispondeva in versi ai comandi dei padroni. Oh,
-Dio, sì, così buffo... nevvero? Era morto, ora, da un
-pezzo.
-</p>
-
-<p>
-Rovistarono a lungo, amichevolmente, nei ricordi
-del passato. A Roberto la cosa tornava naturale e
-non sgradita. E del paro gli tornava piacevole il
-parlare ad Elisa delle persone nuovamente conosciute,
-del soggiorno sì bene iniziato a Firenze. Di
-tutto ciò, il giovane era (come doveva essere) assai
-soddisfatto ed espresse la sua soddisfazione con quella
-semplicità di termini e quell'assenza di facoltà critica
-che gli erano speciali. Il giovane non era molto
-entusiasta, nè profondo nei suoi apprezzamenti; ma
-in essi era sincero, scevro al tutto di quella specie
-di timidità irritata che dà la coscienza della sproporzione
-fra la propria capacità di sentire e definire
-qualcosa e la necessità di presentare questa definizione,
-secondo l'aspettativa critica di chi ascolta.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span>
-</p>
-
-<p>
-La contessa Elisa faceva in petto le sue riserve
-su quella incondizionata ammirazione della vita fiorentina.
-Un momento, provò la tentazione di discuterla
-con Roberto, di lasciarsi andare sulla china ed
-esporre i suoi fini e delicati perchè. Ma un istinto
-indulgente, squisitamente buono, la trattenne. Perchè
-annoiare quel ragazzo, togliergli delle illusioni, se ne
-aveva? Era così raro di trovare una persona contenta
-dei fatti propri, erano così stucchevoli i giovani
-che si davano delle arie annoiate, disilluse, a
-ventitrè anni! Così non discusse, assentì e la conversazione
-non languì per questo. Non vivacissima,
-ma quieta, cordiale, si potrasse oltre il solito limite
-di una visita e Roberto si era appena alzato per
-congedarsi, quando un domestico venne ad avvertire
-la Contessa che il pranzo era pronto.
-</p>
-
-<p>
-— Volete farmi compagnia? — disse questa a
-Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Egli si scusò, aveva realmente un impegno. Ma
-con una fiducia nuova, venutagli lì per lì, soggiunse:
-</p>
-
-<p>
-— Se mi permette... un'altra volta.
-</p>
-
-<p>
-Si mise a ridere, colpito dalla meraviglia del suo
-ardire.
-</p>
-
-<p>
-— M'invito da me... eh!... questa è curiosa?
-</p>
-
-<p>
-— No; lo sapete che mi fate tanto piacere — rispose
-vivamente Elisa. — Venite martedì. Ho qualcuno,
-qualche amico.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span>
-</p>
-
-<p>
-Sul franchissimo volto di lui passò una smorfia
-involontaria e questa smentiva così palesemente il
-suo cerimonioso chinar del capo, quale atto di assenso,
-che la Contessa diè in una bella risata.
-</p>
-
-<p>
-— No, no, dite pure, per me è precisamente lo
-stesso, un altro giorno o quello.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — diss'egli, incoraggiato — proprio... davvero?
-Un giorno, per esempio, ch'ella non avesse
-nessuno... per l'appunto.
-</p>
-
-<p>
-Ella lo guardò meravigliata.
-</p>
-
-<p>
-— Ma, vi annoierete — disse sincerissimamente.
-</p>
-
-<p>
-— No, — disse Roberto. — Delle persone forastiere
-ne vedo tutti i giorni al restaurant e la sua
-è tutta gente...
-</p>
-
-<p>
-— Nuova... per voi... — suggerì pietosamente Elisa,
-vedendo che il giovane s'arrestava, temendo di esser
-trascinato dalla propria sincerità. Ma certo. Ebbene,
-facciamo così. Venite quando volete. Se passate di
-qui a quest'ora, ricordatevi di me. Addio, Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Egli baciò, con un certo suo atto gentile di omaggio,
-la mano che cordialmente ella gli porgeva. Quei
-baciamani che insegnano ancora le vecchie nonne,
-in provincia. Poi il giovane se ne andò, assai più
-contento di quando era venuto.
-</p>
-
-<p>
-Quando fu nella via, vide che non c'erano carrozze.
-Era venuta la sera e la neve calava tuttora,
-scaraventata da una brezza acuta e pungente, che
-investì il giovane sgradevolissimamente. Provò una
-<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span>
-subita tentazione, quella di tornare indietro, di rifugiarsi
-ancora presso quella signora così buona,
-con quel bell'abito da camera, in quel salottino così
-caldo e così ben rischiarato. Ma non cedette alla
-tentazione. Abbottonò con cura il soprabito, aperse
-l'ombrello e mosse in cerca di una carrozza, allontanandosi
-per la via, chiara di quell'albore speciale
-che dava tanta malinconia alla contessa Elisa.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Il fatto era vero e i commenti correvano, infiniti.
-Era accaduto un grosso guaio tra la duchessa Ginevra
-e il marchese Dino di Follemare. Egli non la
-seguiva più a cavallo, nè in legno alle Cascine. Lo
-si vedeva ancora la sera nel salottino bianco da
-gioco nel palazzo d'Accorsi o a Doney col Duca, ma
-con tutto ciò un freddo evidente esisteva nei rapporti
-del giovane colla famiglia. Egli era, a modo
-suo, assai malinconico, e sulla scipitezza fondamentale
-del suo bel volto si andava fissando una specie
-di perplessità dolorosa. Gli amici avevano bensì tentato
-di farlo parlare, ma Dino Follemare aveva sempre
-avuta una qualità, rara oggidì anche in chi dovrebbe
-avere il privilegio di essa: la discrezione nei fatti
-intimi e delicati del cuore.
-</p>
-
-<p>
-Finalmente gli amici credettero d'aver trovato. Dino
-si era allontanato a cagione di ciò che tutta Firenze
-<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span>
-cominciava a vedere; l'assiduità sempre crescente
-del principe di Hetzengenfeld presso la duchessa Ginevra
-d'Accorsi.
-</p>
-
-<p>
-Dapprima egli aveva solo annunziata una tappa
-a Firenze. In realtà, aveva avuta l'intenzione di
-svernare a Roma. Ma Firenze, la sirena, lo tratteneva
-e il dolore per la morte della virtuosa Principessa
-che aveva fornito dieci eredi al trono di
-Hetzengenfeld, cominciava a prendere un'attitudine
-più riposata. Non si può credere quale conforto
-andassero recando allo spirito abbattuto del Principe
-la discreta simpatia e le infinite risorse intellettuali
-della duchessa Ginevra d'Accorsi! Il sovrano viaggiava
-appunto allo scopo di distrarsi dal suo dolore.
-Agli occhi di una società che la Duchessa d'Accorsi
-aveva sì vittoriosamente addestrata ad esser testimone
-compiacente di tanti cambiamenti «a vista»,
-il fatto della caduta del povero Dino non poteva
-suscitare estrema meraviglia. Se di qualcosa s'eran
-fatte le meraviglie, era piuttosto che la cosa fosse
-durata sì a lungo e malgrado tante piccole varianti
-(passeggiere, a onor del vero) dal lato della Duchessa.
-E certamente quest'ultima era una delle più brillanti
-fra le imprese di quella eccelsa signora. Una testa
-coronata, si ha un bel dire, è sempre una testa coronata,
-quand'anche, come quella del Principe regnante
-di Hetzengenfeld, rappresenti, nella sua caparbia
-esagerazione del tipo militare germanico, una
-<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span>
-lontana rassomiglianza con quella di un vecchio
-leone sdentato. Non era bello il Principe vedovo e
-i suoi cinquantasette anni suonati si accusavano,
-grevi nei forti solchi del volto e nella pinguedine
-floscia del corpo.
-</p>
-
-<p>
-Con tutto ciò, non era d'aspetto spiacevole. I modi
-avevano una gravità altera, l'occhio tra grigio ed
-azzurro tradiva allo sguardo molto acuto una specie
-di dolcezza intima, un misticismo recondito ed austero.
-Egli era abbastanza istruito, un po' pedante. Si diceva
-che avesse condotta, in massima, una vita molto
-casta. Ciò faceva sorridere alcuni. Oh! la virtù tedesca,
-l'amore ufficiale, per decreto! Il retroscena
-delle Corti esemplari in Germania! Intanto però e in
-ogni caso, un po' di rivincita si iniziava a Firenze.
-E Firenze sogghignava, chiedendosi se un giorno o
-l'altro la Duchessa d'Accorsi, non avrebbe preso il
-volo, per andare a porre le basi di una pseudo sovranità
-sul modello di quella di Mad.<sup>e</sup> de Maintenon,
-meno il matrimonio, s'intende... almeno sino a nuovo
-ordine. Ma la duchessa Ginevra aveva ideato qualcosa
-d'altro pel futuro bene del Principato di Hetzengenfeld.
-</p>
-
-<p>
-Dino Follemare aveva ricevuto un giorno un bigliettino
-di una ben nota calligrafia, che lo chiamava
-in una non meno nota località. Quivi il suo raziocinio
-era stato sottoposto ad una prova di fiducia, duretta
-anzichenò. Gli era stato proposto di non credere nè
-<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span>
-ai propri occhi, nè alle proprie orecchie e di trattare
-la <i>vox populi</i> come un vano strepito. Erano venuti
-in campo dei gran personaggi, la generosità, l'abnegazione,
-ecc. A capo di quel nobile drappello stava
-l'amor materno, armato di tutto punto. Ciò che richiedeva
-assolutamente l'avvenire di quella povera
-Marina, ciò che imponeva a lei Ginevra... il più duro,
-il più crudele dei sacrifizi... temporanei.
-</p>
-
-<p>
-Il marchese Dino aveva durato una certa fatica
-per raggiungere l'alta regione di dovere e di sentimento
-in cui spaziava con sì ampio volo l'eloquenza
-materna della Duchessa. Era un elemento nuovo e
-del quale egli non aveva grande pratica.
-</p>
-
-<p>
-Stava immobile, taciturno, ascoltando.
-</p>
-
-<p>
-— Ed ora — gli disse la Duchessa, terminando
-la perorazione con un sorriso, il suo sorriso di domatrice
-d'uomini — ora che sei pienamente al fatto
-della cosa, tu parti, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-Attese un istante, poi corrugò la fronte. Che!...
-esiterebbe forse... colui?
-</p>
-
-<p>
-Pur troppo, egli esitava. Nel suo sguardo, per
-quanto affascinato, perdurava una inquietudine. E,
-per una volta, il docile, supino spirito trovò il coraggio
-di una resistenza.
-</p>
-
-<p>
-— E se rimanessi, invece?
-</p>
-
-<p>
-Essa lo guardò, con serenità veramente olimpica.
-Rispose, adottando senza transazione il freddo voi
-ufficiale:
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Padronissimo, mio caro. In fondo, ciò nulla
-muterebbe. Ma, come vi ho detto, ho d'uopo del
-campo libero. Vi sentite di non intralciare i miei
-progetti?
-</p>
-
-<p>
-La domanda era categorica. Dino alzò su Ginevra
-uno sguardo pieno d'angoscia.
-</p>
-
-<p>
-— Farò di tutto — mormorò.
-</p>
-
-<p>
-— Non basta far di tutto — ribattè recisamente
-la Duchessa — bisogna che così sia. Ciò che vi dissi
-è la verità. Peggio per voi se non la credete. Io
-non mi curo di mentire... per così poco.
-</p>
-
-<p>
-— Vi è facile chiamarlo così — rispose Dino. È
-poco infatti, per voi. Ma per me...
-</p>
-
-<p>
-Ella alzò lievemente le spalle.
-</p>
-
-<p>
-— Per voi, se aveste un po' di buon senso e un
-po' di pietà pel sacrificio di altri, sarebbe la cosa
-più adatta alla circostanza. Del resto, fate voi. Sapete
-che io non recedo da una presa risoluzione. Se vi
-piace di rimanere e di affrontare i benevoli giudizi
-dei comuni amici... padronissimo. Sarà un pochino
-più spiacevole per voi, ecco tutto.
-</p>
-
-<p>
-Egli aveva curvato la testa e stringeva fra le
-mani la fronte affaticata dal dubbio. Lo sguardo di
-lei cadeva imperioso e sprezzante su quella testa
-bruna e chinata. Dino aveva bellissimi capelli, fini
-come seta e ricciuti. Ginevra passò sbadatamente
-una mano fra quelle ciocche. Egli trasalì.
-</p>
-
-<p>
-Senza muoversi, come un fanciullo scorato, sussurrò: — Ginevra...
-non posso!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span>
-</p>
-
-<p>
-Un lampo d'ira passò nello sguardo di quella
-donna, la collera crudele di chi non ama più e non
-riesce a liberarsi colla sollecitudine bramata dell'amore
-di chi ama ancora... sempre... malgrado
-tutto!
-</p>
-
-<p>
-Ma di nuovo, colle dita ella sfiorò i capelli del
-giovane: Bisogna potere, Dino. Io lo posso... eppure.
-</p>
-
-<p>
-Di repente egli alzò il capo, per guardarla. Ginevra
-sostenne, sorridendo, il suo sguardo. E colla poderosa,
-evocatrice malia del proprio, ella circuiva,
-afferrava la memoria, i pensieri, la volontà di lui,
-tutto lui, nella sincerità e nell'irremediabilità della
-passione ch'essa aveva saputo ispirargli.
-</p>
-
-<p>
-— Sia come volete — diss'egli finalmente. — Partirò...
-Ma non oggi, non subito, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-Ella ebbe un gesto d'impazienza.
-</p>
-
-<p>
-— Oh Dio... che ragazzo. No.. quando vorrete.
-Suvvia... pensate che io pure, soffro tanto... Tornerete,
-ben inteso, subito dopo il grande evento. E
-allora... Si arrestò...
-</p>
-
-<p>
-Egli tentò di sorridere, ma il suo volto tradiva
-ancora una riluttanza dolorosa.
-</p>
-
-<p>
-— D'altronde... — disse allora quietamente Ginevra
-d'Accorsi — o questo o niente, figliuolo caro.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Dino Follemare non partì subito.
-</p>
-
-<p>
-Non gli reggeva il cuore di abbandonare quel
-<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span>
-luogo, ove pure soffriva tanto. Da dieci anni ormai
-viveva buona parte della sua vita in quella casa e
-le abitudini, l'atmosfera di essa erano diventate le
-sue. Erano innumeri i legami che lo stringevano a
-quell'ambiente. Nel lusso largo, diffusivo della famiglia,
-nella preponderanza sociale della quale essa
-godeva, nell'impianto della splendida ospitalità famigliare,
-Ginevra d'Accorsi aveva messo il violento
-riflesso della sua energia e della sua formidabile
-personalità. A tutto dava impulso ed irradiazione;
-qualcosa del suo fascino insolente si era comunicato
-alle mura stesse del palazzo. Vivere fra quelle mura,
-nel calore di quella irradiazione, era, per un uomo
-della tempra del marchese Follemare, la sola cosa
-possibile. Senza di lei, lungi da quelle mura, la vita
-non aveva pregio alcuno, tutto era un approssimativo,
-una larva di esistenza.
-</p>
-
-<p>
-Essa l'aveva preso così, tutto quanto, sin da otto
-anni addietro, nell'impetuosa sincerità di un violento
-capriccio dei sensi. Lo aveva tolto alla vita attiva,
-alla carriera militare, al matrimonio, alla famiglia.
-</p>
-
-<p>
-Non solo coll'amore e colla colpa, ma con mille
-altri mezzi di possesso, ella aveva incatenato a sè
-quel bellissimo giovane, dall'animo mite, dall'intelligenza
-limitata, fedele per temperamento e gentiluomo
-sino all'esagerazione. Egli si era rovinato per lei,
-solo per non allontanarsi da lei, per non far macchia
-nello sfoggio opulento della sua sfera. Ridotti ora ad
-<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span>
-una diecina di mila franchi i già cospicui redditi di
-casa Follemare, Dino sapeva, per una di quelle misteriose
-facoltà che chiamerei volentieri segreti di
-razza, vivere ancora da gentiluomo, senza mancare
-ai doveri e alle esigenze delle sue speciali circostanze
-di fronte alla Duchessa. Era buono, ben voluto da
-tutti; alcuni avevano di lui una pietà ch'egli ignorava.
-Non si credeva infelice. Era completamente
-d'accordo col proprio destino. Non pensava all'avvenire,
-nè si rammaricava del passato. Avrebbe voluto
-vivere e morire così.
-</p>
-
-<p>
-Quando si sparse la notizia della rottura (nessuno
-seppe mai come fosse avvenuta e chi ne avesse pel
-primo sparsa la nuova), ci fu nel pubblico la vaga
-attesa di qualche conseguenza. Ma nulla si produsse,
-non il più lieve scandalo. Allora fu un coro d'ammirazione
-per la Duchessa... s'intende! Che prudenza...
-che tatto, che profonda abilità di condotta!
-Certamente, il torto marcio doveva averlo lui. E, in
-ogni modo, che babbuino... lasciarsi «ringraziare»
-così... dopo tanti anni!
-</p>
-
-<p>
-Una bella mattina, Neri Speroni andò a fare una
-visitina a Dino Follemare, nel Lung'Arno Acciaioli.
-Un appartamento di poche camere, ma squisitamente
-mobiliato ed adorno. Alcuni vecchi capi d'arte di
-famiglia, la raffinatezza dei gusti di Dino e gli eccellenti
-consigli della Duchessa, tutto aveva contribuito
-a fare di quel quartierino, pur lasciando intatto il
-<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span>
-suo carattere di dimora mascolina e di scapolo, un
-nido di rara eleganza. Gli amici trovavano sempre
-colà un'ospitalità cheta e cordiale e il ricordo dei
-gusti speciali ad ognuno di loro in fatto di liquori,
-bevande, sigari e sigarette.
-</p>
-
-<p>
-Speroni, per esempio, amava il cognac e i <i>panatelas</i>.
-Davanti a lui, stava un vassoio con un bicchierino
-e una bottiglia del suo liquore preferito e
-il tepido salotto verde era già invaso dal fumo di
-un secondo di quei preziosi sigari, ma il giovane
-non aveva ancora trovato il destro di esaurire il
-mandato impostogli dalla curiosità universale.
-</p>
-
-<p>
-Finalmente gli parve d'aver trovato. Sulla scrivania
-dell'amico Dino stava, riccamente inquadrata,
-una fotografia della Duchessa.
-</p>
-
-<p>
-Neri l'afferrò con una gran risata e sclamò energicamente:
-</p>
-
-<p>
-— Come, ancor qui l'infida?
-</p>
-
-<p>
-Dino gli tolse tranquillamente di mano la cornice
-e la rimise al suo posto. Non aveva schiuso labbro,
-ma s'era fatto pallido e sulla sua fronte si venivano
-addensando certe linee che avrebbero facilmente ammonita
-una persona di buon senso o un vero amico.
-</p>
-
-<p>
-Ma Neri Speroni non voleva venir meno alla
-sua riputazione di stordito incorreggibile. Ci teneva
-caramente.
-</p>
-
-<p>
-— Lo sai — continuò con un ghignetto confidenziale — che
-oggi la Duchessa va a fargli vedere la
-<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span>
-villa Palmieri? Ceneranno, pare, lassù! Come mai
-hanno scordato d'invitarti?
-</p>
-
-<p>
-Si fe' più intenso il pallore sulla faccia di Dino.
-Ma egli si frenò.
-</p>
-
-<p>
-— La Duchessa — disse quietamente — è padrona
-d'invitare chi le pare e piace.
-</p>
-
-<p>
-Speroni depose il <i>panatelas</i> e fece un grande
-inchino.
-</p>
-
-<p>
-— Corbezzoli! Vedo con piacere che sei molto filosofo.
-Del resto, tutto sommato, hai tutte le ragioni.
-Non sarebbe certo il caso di prendersela a cuore
-per una...
-</p>
-
-<p>
-Si scansò rapidissimamente, troncando di botto
-la frase, afferrando por aria, a pochi centimetri dal
-suo volto, la mano di Dino, che stava per piombargli
-addosso, con tutte le caratteristiche d'uno
-schiaffo.
-</p>
-
-<p>
-— Ohe!... ohe! — sclamò concitato...
-</p>
-
-<p>
-Ma subito si decise a prendere la cosa in scherzo,
-da buon amico.
-</p>
-
-<p>
-— Ohe, ripetè, sei matto... ti pare? Dicevo così
-per chiasso! Ma... ma... ma... abbiamo da vederne
-ancora... di queste!
-</p>
-
-<p>
-La memoria gli aveva suscitato proprio in quel
-momento il ricordo di un duello di Dino col conte
-d'Estonaz, un savoiardo che si batteva molto bene,
-ma che se n'era tornato in Savoia con tre quarti
-di naso, invece di quello che aveva portato, aquilino
-<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span>
-ed intero, sul terreno del parco Stibber a
-Montughi.
-</p>
-
-<p>
-Ci fu un momento di silenzio; poi Neri disse un:
-«andiamo... via!» così chiaramente propiziativo che
-Dino, alzate lievemente le spalle, tornò a sedere,
-pallidissimo sempre, ma calmo.
-</p>
-
-<p>
-Prese la bottiglia e versò un secondo bicchierino
-di cognac all'amico Speroni.
-</p>
-
-<p>
-— Una volta per tutte — disse con calma. — Non
-amo questi discorsi.
-</p>
-
-<p>
-— Oh infatti... — s'affrettò a protestare Neri Speroni,
-figurati se volevo!... Dicevo, così per dire...
-del resto... Sei un bel tipo... tu. Questo cognac è
-divino, parola d'onore. Sai che abbiamo presto la
-compagnia Ciniselli al Politeama? Non mi pare che
-ci deva essere gran che in fatto di cavalli... Ma una
-ginnasta, mio caro... una ginnasta!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-In capo a due settimane, Dino Follemare si recò
-a casa d'Accorsi per fare la sua visita di congedo.
-Andava in Inghilterra, alla ricerca di un cavallo e
-di un fantino per le corse del venturo maggio.
-</p>
-
-<p>
-Trovò la Duchessa sola, nel salotto nero e rosso.
-</p>
-
-<p>
-Essa fece le meraviglie.
-</p>
-
-<p>
-— Come! partite davvero?
-</p>
-
-<p>
-Convien dire ch'ella avesse già scordato il consiglio
-<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span>
-datogli. Ad ogni modo, nei suoi occhi, dietro un velo
-di mestizia, ardeva un piccolo fuoco di gioia.
-</p>
-
-<p>
-— Ho provato a rimanere — disse Dino — ma
-non mi è possibile.
-</p>
-
-<p>
-Un tremore era nella voce di lui, una simulazione
-di tremore oscillò nelle parole della Duchessa.
-</p>
-
-<p>
-— Oh Dino... che dolore!
-</p>
-
-<p>
-La minima espressione di sentimento assumeva,
-in quella donna, un valore estremo, irresistibile.
-</p>
-
-<p>
-Più che mai, in quell'istante Dino credette al sacrificio
-della madre. Non aveva a sua disposizione
-le frasi che avrebbe potuto suggerirgli quel convincimento.
-Pure, nelle sue poche, interrotte parole,
-Ginevra avrebbe potuto trovare quell'ospite sì raro
-nelle umane espressioni, un sentimento vero ed assoluto.
-Ma Ginevra sapeva da tanto tempo ormai
-che quel giovane la amava. Ed ella non lo amava
-più e mentre metteva nell'addio la seduzione che
-sapeva infallibile, mentre nel cuore di lui si assodava
-il convincimento che l'amore di quella donna lo
-avrebbe accompagnato dovunque, che lo avrebbe accolto,
-festante, al suo ritorno, nel cuore di quella donna
-tumultuava sola e spietata la gioia di un pensiero:
-</p>
-
-<p>
-— Finalmente! Ah! finalmente!
-</p>
-
-<p>
-Mentre scendeva lo scalone a capo basso e con
-una leggera nebbiolina sugli occhi, Dino si accorse
-ad un tratto che doveva ritirarsi per cedere il passo
-a due persone che salivano e ch'egli conosceva. Si
-<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span>
-ritrasse dunque e salutò profondamente. Erano due
-suore di Carità. Appartenevano ad un conventino
-del vicinato, poverissimo di mezzi propri e in gran
-parte sostenuto dalle pie liberalità d'un Comitato di
-signore, del quale Ginevra d'Accorsi era presidentessa.
-Più volte egli era andato a prenderla al Conventino.
-</p>
-
-<p>
-Quando le due suore l'ebbero oltrepassato, egli si
-voltò per vederle ancora. Salivano con passo pari
-e misurato. Sul tappeto cremisi, che copriva i gradini,
-strisciavano i lembi delle stinte gonne azzurre.
-A seconda dei moti delle teste, tremolavano le falde
-penzolanti degli immensi cuffioni bianchi; i rosari battevano
-in cadenza, audibilmente, sui grembiali azzurri.
-</p>
-
-<p>
-All'ultima mano di scale, Dino fece un altro incontro.
-Lentamente, sbuffando alquanto, il principe
-di Hetzengenfeld solo, senza il minimo aiutante di
-campo, si dirigeva al piano superiore. Veniva a far
-visita alla Duchessa.
-</p>
-
-<p>
-Come aveva salutato le suore, così il marchese
-Dino di Follemare, traendosi in disparte, salutò colla
-voluta espressione di etichetta l'alto personaggio. Il
-Principe rispose con un saluto affabile e dignitoso.
-Una folla di pensieri passò turbinando nella testa
-del giovane, un misto di collera, d'odio, d'intimo
-trionfo. Attese ancora un istante, incosciente, immobile,
-sotto il peso dell'emozione indefinita che lo
-signoreggiava.
-</p>
-
-<p>
-Poi scese.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span>
-</p>
-
-<h2>VIII.</h2>
-</div>
-
-<p>
-Elisa scriveva a Don Marcello Plana.
-</p>
-
-<p>
-Non cercava le espressioni stavolta e mentre la
-penna correva veloce riempiendo un foglio dopo
-l'altro, un sorriso buono e lieto errava a sua insaputa
-sulle labbra di lei.
-</p>
-
-<p>
-«Lo vedo più di frequente; credo ch'egli cominci
-a provare ormai la reazione della febbre di divertimento
-che l'aveva colpito nei primi mesi del suo
-soggiorno a Firenze. Del resto, era tanto naturale,
-alla sua età, nevvero? E poi, immaginate che cosa
-curiosa! Mi ha detto che i primi tempi gli mettevo
-tanta soggezione... Ho fatto finta di credere, ma
-credo che fosse semplicemente perchè si trovasse
-meglio altrove che in casa mia. Se vogliamo esser
-sinceri, un po' di colpa l'ho avuta io. Avevo delle
-idee troppo ambiziose, volevo avviarlo a modo
-mio. Ora mi limito a procurare che non si annoi,
-quando è con me; mi studio di parlargli di cose
-<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span>
-che possano interessarlo. Sulle prime duravo una
-certa fatica e dovevo fare dei grandi sforzi d'immaginazione,
-ma a poco a poco mi sono abituata
-e adesso ridereste sentendomi parlare animatamente
-di cavalli, di mode, anche di pettegolezzi. Roberto
-non ha una conversazione brillante nè profonda,
-ma un buon senso, raro alla sua età, non gli permette
-mai di dire nè una sciocchezza, nè una cosa
-urtante. Forse perciò è ben voluto da tutti e ha
-tanti amici. Infatti è sempre di buon umore. Credo
-che un po' si lasci vivere. A volte m'impazienta
-e a volte mi riposa stranamente lo spirito quella
-specie di spensieratezza gaia, irresistibile. Penso
-che dopo tutto è la gioventù, la sacra, la sincera
-gioventù!...
-</p>
-
-<p>
-«Penso alla mia ch'è passata da tanto tempo e
-che è sì lontana, ormai, che non mi par quasi
-neppure d'averla vissuta!... E (vedete che sciocchezza)
-mi par quasi, quando sono con Roberto,
-ch'essa ancor si ricordi di me e mi saluti da
-lungi.... Direte che faccio delle digressioni, nevvero?...
-Infatti; è assurdo. Forse m'indugio apposta,
-per parlarvi il più tardi possibile di ciò
-che mi avete chiesto nell'ultima vostra, del mio
-famoso progetto per Marina. Ecco qua: un altro
-fiasco.
-</p>
-
-<p>
-«Non mi canzonate, non sarebbe generoso. Ne
-soffro già abbastanza. Fra quei due giovani non
-<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span>
-esiste simpatia di sorta. Invano ho tentato, con
-tutta la sincerità del mio buon volere...
-</p>
-
-<p>
-Si arrestò, mordicchiando l'estremità del portapenna.
-Ma subito proseguì:
-</p>
-
-<p>
-«Roberto non potrebbe in questo momento offrire
-a Marina un cuore degno di lei. Speriamo che si
-tratti di un capriccio passeggero, che più tardi,
-forse... Ma intanto io amo troppo Marina per non
-rinunziare provvisoriamente al mio sogno. Se foste
-qui, mi dareste ragione, ne son certa. Perchè non
-sarebbe decoroso, non sarebbe onesto! Nevvero
-ch'è impossibile, affatto impossibile?...
-</p>
-
-<p>
-«Firenze comincia a farsi animatissima. Ci sono
-molti forestieri. I ricevimenti sono cominciati dovunque.
-Non vi faccio l'elenco, lo conoscete e
-sapete che dovunque si vorrebbe vedere la vostra
-altiera figura di conte di Saint Bris. Io non esco
-molto alla sera. Ho sempre i miei soliti e in prima
-sera qualche volta Roberto mi sacrifica una mezz'ora.
-Si è un pochino abituato ai miei fedeli, ma
-è molto più carino quando è solo...»
-</p>
-
-<p>
-Si arrestò, udendo nelle sale vicine accostarsi un
-passo spedito, ch'ella conosceva ormai... tanto bene!
-</p>
-
-<p>
-Depose la penna e sollevò lo sguardo sul grande
-specchio inclinato che poggiava sulla caminiera di
-fronte all'uscio d'entrata. Colà vide riflettersi lo scompiglio
-della portiera, sollevata da una mano impaziente,
-poi sbucar fuori la testa giovanile, sorridente
-<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span>
-di un uomo che recava fra le mani qualche cosa di
-roseo e di bianco. E un olezzo delizioso si fe' strada
-nella sala, assieme a Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Il giovane presentò alla Contessa un grosso mazzo
-di giacinti rosa e bianchi.
-</p>
-
-<p>
-— Per me?... — disse la Contessa attonita, ma
-con un'aria sì lieta ch'egli si mise a ridere.
-</p>
-
-<p>
-— Sì, signora, per lei. Li ho visti or ora, uscendo
-dal Club e mi son rammentato che un giorno mi
-disse che le piacevano. Non si sono sciupati... no?
-Tanto meglio. E adesso: un momentino e poi scappo.
-</p>
-
-<p>
-— Come, senza neppur lasciarmi il tempo di ringraziarvi,
-senza sedere?
-</p>
-
-<p>
-Egli sedette, ma senza lasciare il cappello.
-</p>
-
-<p>
-— No, no! ho premura! — Contuttociò, le lasciò
-il tempo di dir grazie e in modo ch'egli fu convinto
-d'averle fatto un immenso piacere. Sollevò verso
-di lei quel suo bellissimo volto, ove brillava la contentezza
-del suo successo e in pari tempo il convincimento
-della penetrante bontà di lei, quella bontà
-che aveva avuta, che serbava tanta pazienza, tanta
-tolleranza.
-</p>
-
-<p>
-Ed essa gli sorrise colla lieve emozione della sua
-sorpresa pel delicato pensiero. I giacinti avevano un
-olezzo acuto, di una freschezza inesprimibile!
-</p>
-
-<p>
-Egli non accennava ad andar via colla fretta preannunciata.
-Rovistava qua e là fra i gingilli, le mille
-bazzecole del tavolino, sfogliava i giornali, specialmente
-se illustrati.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Oh! — disse a un tratto, con evidente piacere, — l'ultimo
-<i>Fliegende Blätter</i>.
-</p>
-
-<p>
-Erano la sua passione le caricature del <i>Fliegende
-Blätter</i>, e la Contessa s'era abbonata a quel giornale
-e lo teneva sul tavolino per lui, per obbligarlo, senza
-parere, a fare un po' d'esercizio di tedesco. Quando
-la leggenda era troppo difficile, gliela spiegava lei e
-insieme ridevano di quelle scene sì umoristiche, sì
-finemente trattate e che hanno talvolta un senso squisitamente
-sagace della vita. Ella coglieva a volo la
-segreta filosofia di quei frizzi; egli non cercava tanto
-e si contentava dell'impressione piacevole, del senso
-comico, quale balzava di scatto allo sguardo e al
-pensiero di lui, ma entrambi si divertivano colla
-stessa freschezza d'impressione, benchè Roberto, per
-farla arrabbiare, dicesse di preferire di gran lunga
-la <i>Vie Parisienne</i> a quelle pappolate tedesche.
-</p>
-
-<p>
-Stavano chinati entrambi ridendo, su una delle
-centomilionesime satire a matita contro la troppo
-calunniata istituzione delle suocere, quando l'annunzio
-repentino di una visita li fece trasalire come due
-colpevoli. Nientemeno che: Monsieur Cholet.
-</p>
-
-<p>
-Berto aveva avuto un'espressione di sgomento così
-palese, quando la Contessa s'era lasciato sfuggire:
-«Oh Dio! viene a leggermi dei brani del suo lavoro
-sui Fasti Medicei!» ch'ella dovette assolutamente
-dare in uno scoppio di risa! E l'entrata del Professore
-col suo scartafaccio fra le mani, con quel suo
-<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span>
-fare impacciato e un po' pedantesco e quella sua
-faccia da scienziato rischiarata dal sorriso amabile
-di chi si ripromette una delle più delicate soddisfazioni
-di amor proprio che possa capitare ad un autore,
-faceva un tal contrasto colle loro chiacchiere,
-coll'ambiente del momento prima, che pareva impossibile
-non dovesse palesarsi agli occhi stessi del
-sopraggiunto. Il quale dal canto suo trovò assolutamente
-intempestiva, pei suoi progetti, la presenza
-di quel <i>gamin</i>. E quando il <i>gamin</i> si affrettò, pretestando
-un urgente impegno, a declinare l'invito
-di trattenersi, perfidamente fattogli dalla Contessa
-con un crudele e birichino ammiccare degli occhi,
-M. Cholet si sentì sollevato da un gran cruccio!
-</p>
-
-<p>
-Erano soli ormai, ella e l'illustre scienziato belga.
-Il Professore era troppo grande e grosso per sedere
-ad agio nella poltroncina che aveva avuta l'inavvertenza
-di scegliere quando la Contessa gli aveva fatto
-cenno di sedere, una galanteria di <i>peluche</i> e di raso,
-ricamata a punto e fiamma, a tinte deliziosamente
-smorzate. E a farlo apposta, la poltroncina favorita
-di Roberto!
-</p>
-
-<p>
-Nel silenzio tepido e profumato del salottino suonava
-monotona ed istancabile la voce di lui, narrando
-dei Fasti Medicei. S'era agli inizi del pontificato di
-Leone X e la Contessa, che aveva dato pochi giorni
-prima una ripassatina al suo Roscoe, si attendeva
-a sentirsi straordinariamente attirata. Amava ella
-<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span>
-quel tipo e quei tempi sì splendidamente lumeggiati
-dallo splendore d'un torrente di luce artistica. Pure,
-cosa strana, quel giorno doveva fare uno sforzo intimo
-per applicarsi interamente all'audizione.
-</p>
-
-<p>
-Il Professore leggeva senza interrompersi, senza
-essere interrotto; i grandi eventi e i grandi nomi
-sfilavano altisonanti nel suono monotono delle sue
-parole. Ma un grande mazzo di fiori, di un bianco
-tenero, di un rosso languido, fresco come una epidermide
-di fanciullo, giaceva sciolto sul tavolino.
-Elisa era distratta dall'aspetto di quei fiori. Erano
-troppo vicini, troppo belli, così accatastati uno sull'altro,
-chiamavano irresistibilmente il suo desiderio e la sua
-mano! Avevano un'attrazione ineffabile di bellezza,
-erano così squisiti nell'arricciatura delicata delle
-pendule testine digradanti sino ad un voluttuoso morire
-del colore sui tessuti carnosi dei petali!... E dalle
-bocche misteriose celate nel cuore d'ogni fiore esalava
-un alito inebbriante, d'una violenza spietatamente
-suggestiva di sensazioni, che colla storia fiorentina
-non avevano assolutamente nulla a fare! Era
-un non so che d'aperti cieli, di calda primavera, di
-giardini ridenti. Era una carezza allo sguardo, una
-blandizia all'odorato, un senso indicibile di dolcezze
-vaghe ed indeterminate, così acute, così assorbenti,
-che la Contessa chiuse vagamente gli occhi in una
-specie di piccola estasi nervosa, senza avvertire che
-proprio in quel punto <i>Monsieur</i> Cholet, giunto alla
-<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span>
-fine del capitolo iniziatorio, si arrestava per riposarsi
-(ne aveva il diritto, poveretto!) e un poco anche
-nell'attesa di quelle fine parole di commento e di
-elogio che avevano bene spesso nelle pause delle
-precedenti letture sì dolcemente solleticato il suo
-amor proprio di autore.
-</p>
-
-<p>
-A farla apposta, il capitolo era veramente interessante,
-uno dei migliori dell'opera. Ma che volete?...
-era così acuto l'odore dei giacinti, era così
-grata la Contessa al pensiero delicato del suo figliuolo!
-</p>
-
-<p>
-Gli elogi ed i commenti, vennero, oh se vennero!
-E furono intelligenti, come il solito; anzi più del solito.
-<i>Monsieur</i> Cholet se ne andò; beato dei fatti
-suoi e veramente entusiasta di quella <i>étonnante
-Comtesse</i>!... Alla quale, però, per essere perfetta
-nell'estimazione dell'illustre autore dei «Fasti Medicei»
-(opera coronata dall'Accademia di Bruxelles),
-mancò da quel giorno in poi una cosa soltanto...
-ch'ella non patisse di distrazione. Oh, delle lievissime
-distrazioni... nulla più.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Nella corrente generale di simpatia che l'alta società
-fiorentina aveva sì prontamente manifestata a
-Roberto Rescuati, si andava da qualche tempo accentuando
-un'eccezione. Sacha Dzworoff non poteva
-soffrire il nostro eroe.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il giovane russo era anch'egli, e da più antica data,
-ben visto e careggiato nei circoli eleganti. Ma la cosa
-era affatto diversa. Da Sacha si tollerava moltissimo,
-cose da far strabiliare; frizzi sanguinosi, capricci ed
-esigenze, che avrebbero bastato all'espulsione di qualunque
-altro frequentatore di quegli stessi salotti.
-Una intelligenza vivace ed originale, uno spirito pungentissimo
-e una straordinaria attitudine a braccare
-il ridicolo, dovunque stesse rintanato, rendevano
-talvolta pericoloso l'accordo di tacita indulgenza onde
-tutti erano prodighi per Sacha, indulgenza le cui
-fonti risalivano però ad una pietosa considerazione.
-Egli era malato di petto, condannato dai medici a
-corta scadenza e conscio della sua condanna.
-</p>
-
-<p>
-Egli, che scherzava su tutti e di tutto, non risparmiava
-sè stesso nè il proprio destino. N'era un parlante
-programma il solo suo aspetto, la persona ridotta ai
-minimi termini, il pallor cereo della sua faccetta, la
-perpetua tosse che dilaniava l'esilissimo torace, la
-febbriciattola che lo assaliva ogni sera e che egli
-portava invariabilmente in piedi, colla reazione di
-un'altra febbre, quella d'un volere indomabile, ribelle
-ai consigli ed agli ammonimenti, sprezzante delle
-cupe minaccie di un peggioramento delle sue grame
-condizioni. Della sua prossima fine egli parlava con
-una disinvoltura canzonatrice, che aveva talvolta un
-valore di stoicismo filosofico e talvolta una grazia
-quasi cinica. Viveva frattanto intensamente, con una
-<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span>
-furia di attività, che palesava una lotta intima e disperata.
-Tornava dunque impossibile giudicare quel
-gaio infelice alla stregua universale. Era ricchissimo
-e le favolose ricchezze profondeva in ogni specie di
-modi, buoni e cattivi, in bagordi ed elemosine, ora
-con profonda intelligenza, ora con una carità inconsulta,
-senza fermarsi a discernere i parassiti dagli
-amici veri. Era così riboccante di vita il suo essere
-morale che la morte gli pareva nella sua minaccia
-un assurdo inammissibile e le immense ricchezze, un
-controsenso di più nella farsa tragica del suo destino.
-E così egli, motteggiandola di continuo, ne sfruttava
-la tetra anormalità. E nessuno osava punirlo, ed egli
-era a volte esasperato da quella pietà che invano
-cercava stancare ed in cui andava leggendo la conferma
-della sua condanna.
-</p>
-
-<p>
-Roberto non gli era mai andato a versi.
-</p>
-
-<p>
-Sacha aveva avuto, sulla visibile benevolenza che
-il giovane Rescuati ispirava alle signore, dei giudizi
-di un'acerbità squisita. Il Club tutto quanto aveva
-echeggiato a lungo delle risa ch'egli aveva suscitato,
-parlando dell'infelice foggia di vestire che Rescuati
-aveva poscia saputo abbandonare. Nessuna delle piccole
-inavvertenze commesse da Roberto per la mancanza
-di pratica in una società della quale egli cominciava
-a diventar famigliare, era sfuggita all'osservazione
-e ai mordaci commenti del Sacha.
-</p>
-
-<p>
-Più volte aveva apertamente preso di mira Roberto
-<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span>
-coll'insidia di equivoche osservazioni, tentando
-di trascinarlo verso un terreno di motteggio, sul
-quale Rescuati avrebbe probabilmente toccata la peggio.
-Ma questi si difendeva a furia di semplicità
-e di cautela astensiva, attenendosi con fortuna a
-quel sistema di indifferenza dei fatti altrui che gli
-consigliavano del pari la bonarietà e l'egoismo dell'indole
-sua.
-</p>
-
-<p>
-Sin dai primi tempi della sua dimora in Firenze
-e di fronte allo spettacolo di incredibile impertinenza
-che perennemente offriva Sacha Dzworoff, Berto Rescuati
-aveva candidamente espressa a Neri Speroni
-la sua meraviglia che nessuno avesse ancora trovato
-il tempo di dare un salato memento a quel piccolo
-calabrone nordico. Udito il perchè dell'indulgenza
-generale, non insistè sull'argomento e uniformandosi
-al prevalente andazzo, lasciò dire il piccolo russo,
-evitando di entrare con lui in polemiche o discussioni
-e non mostrando di avvertire la bizzarra antipatia
-che l'altro pareva invece farsi premura di addimostrargli
-in ogni plausibile e decente occasione.
-</p>
-
-<p>
-Forse quell'antipatia aveva le sue fonti segrete
-appunto nel contrasto fondamentale di quelle due
-nature, nell'intima ribellione che eccita talvolta nell'animo
-del malato e del debole, l'aspetto di un vigoroso
-rigoglio di forza fisica. La manifestazione di
-questa forza era spiccata, marcatissima nella persona
-del giovane Rescuati. Egli era, a ventitrè anni, nel
-<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span>
-fiore di una splendida gioventù virile. In mezzo ai
-tipi effemminati, troppo raffinati dei suoi nuovi compagni,
-prodotti di una razza esautorata dalla mancanza
-d'incrociamenti e dall'inerzia dalla molle vita
-fiorentina, il nostro marchigiano spiccava assai favorevolmente,
-esemplare raro e non dubbio di una
-razza più resistente. In lui la visibile gentilezza del
-sangue non andava disgiunta dall'integrità di un
-vigoroso temperamento.
-</p>
-
-<p>
-Si pensava involontariamente, vedendolo, ad uno
-di quei giovani Pari che cavalcavano al seguito di
-Carlomagno, sui campi da conquistarsi, e destinati ad
-esser guiderdone della forza di quei giovani prodi,
-ricompensa delle vittorie vinte in una lotta corpo
-a corpo, a colpi di spadoni giganteschi e di mazze
-ferrate, sotto il peso di quelle montagne di ferro
-che si chiamavano armature! E quando Sacha Dzworoff,
-quel gingillo di omiciattolo, sempre al tu per
-tu colla minaccia della bara, quel giovane che
-rideva, che mordeva per non pensare, si trovava
-accanto a quell'uomo sì bello, sì pieno di vita e di
-affidamento alla vita, a quell'uomo, la cui vecchiezza
-giungerebbe sì tarda e durerebbe sì lunga, mentre
-egli, suo coetaneo, sarebbe da tanti anni scancellato
-dal novero dei viventi, egli sentiva quasi di odiarlo,
-soffriva di un doloroso bisogno di tormentarlo. Provava
-un continuo sospetto della calma e dell'ostinato
-buon umore col quale Rescuati evitava ogni
-<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span>
-urto di parole, ogni occasione di discussione. Fosse
-pietà?... la terribile pietà ch'egli trovava sempre,
-così tenace, così insultante attorno a sè! Vedendolo,
-provava delle orripilazioni nervose, che Roberto ignorava
-serenamente.
-</p>
-
-<p>
-Quella moderazione non era stata fraintesa dagli
-amici di Roberto e tutti l'approvano in lui, benchè
-alcuni maligni pretendessero, sotto voce, che molti
-dei frizzi di Sacha, Roberto li tollerasse anche perchè
-non gli apprezzava sufficientemente. Era, per gli sfaccendati,
-un vero divertimento il vieppiù stuzzicare i
-sentimenti di Sacha su quel proposito! La duchessa
-d'Accorsi poi, pareva essersene fatta una missione
-speciale. Al sarcasmo esacerbato di Sacha univa talvolta
-il suo, più moderato e più ambiguo. Per Sacha
-era un immenso conforto ogni visita in casa d'Accorsi.
-Di raro vi incontrava Roberto e sempre poteva
-sparlare di lui.
-</p>
-
-<p>
-Una sera capitò, giubilante.
-</p>
-
-<p>
-Gliel'aveva fatta a colui! Portata via, soffiata,
-proprio sotto il naso, una stupenda cagna Newfoundland...
-oh una bestia enorme, gigantesca, adorabile!
-</p>
-
-<p>
-Per un caso provvidenziale aveva saputo che colui,
-l'Adone, si struggeva di comperarla. Figurarsi!
-Come se una bestia così intelligente dovesse aver
-l'umiliazione di appartenere ad un padrone così
-sciocco! Fortuna che quel tirchio era stato a tirar
-<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span>
-di prezzo e aveva indugiato un giorno. E lui... s'era
-preso il gusto di fargli trovare, l'indomani, un bel
-pugno di mosche!
-</p>
-
-<p>
-A dir vero, oltre il gusto d'averla fatta all'Adone,
-Sacha s'ebbe quello d'esser bellamente giuntato dal
-canattiere che aveva odorato il puntiglio e vendutagli
-la cagna pel valore circa di un discreto cavallo.
-Nè questo fu il solo profitto di Sacha, il quale,
-volendo far stizzire «colui», annunziò che avrebbe
-trionfalmente fatta alle Cascine la presentazione ufficiale
-della cagna, da lui battezzata Vittoria. Ma
-giunto il giorno prefisso, il tempo era pessimo, pioveva
-e una tramontana orribile scuoteva le cime
-delle alte piante con dei lugubri <i>ouh!... ouh!</i>...
-Certo, il medico non permetterebbe a Sacha, di uscire
-quel giorno, al più verrebbe nel suo <i>brougham</i>. Ma
-che! All'ora fissa apparve la solita vittoria di Sacha
-coi cavallini bai. All'interno, al posto della signora,
-stava, tutta avvolta in un gualdrappone di piuma,
-la cagna, enorme davvero e bellissima, e al suo fianco
-il padrone infagottato in non so quante pelliccie di
-volpe azzurra, frammezzo alle quali sbucava fuori
-la faccetta pallida e maliziosa illuminata dalla gioia
-della celia.
-</p>
-
-<p>
-Giunto al Piazzone, con quel po' po' di vento e
-di fresco, egli fece fermare la carrozza, presentò
-Vittoria agli amici, poi condusse tutti da Doney per
-un <i>lunch</i> d'onore alla cagna. Al trionfo non mancò
-<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span>
-che la presenza dell'umiliato avversario, Berto, il
-quale avendo dei polmoni modello, non s'era curato
-quel giorno di andarli a compromettere alle Cascine
-e si era invece tranquillamente recato a far visita
-alla contessa Elisa.
-</p>
-
-<p>
-Sacha si divertì immensamente in quell'occasione,
-ma tornò a casa colla febbre e stette a letto quindici
-giorni. E Vittoria, ch'egli frustava a sangue per
-insegnarle delle grazie bojarde, gli scappò un bel
-mattino e il cocchiere, che sapeva dov'era, le serbò
-il segreto e la vendette poi ad un americano di passaggio
-a Firenze.
-</p>
-
-<p>
-Ma il cattivo esito della prova non scoraggiò l'animosità
-di Sacha. Quand'anche avesse voluto mitigarla
-nell'animo suo, c'era sempre la Duchessa a
-rinfrescargli la memoria con mille punzecchiature.
-</p>
-
-<p>
-— E così, Sacha... la vostra simpatia? Decisamente
-vi credevo più immaginoso! È vero che siete
-diventati Damone e Pizia, o i due fratelli siamesi?
-</p>
-
-<p>
-E ciò indifferentemente, a quattr'occhi, o davanti
-alla gente, tanto che Sacha si arrovellava sempre
-più e avrebbe dato dei tesori per poter dar sfogo
-alla stizza che lo rodeva e che tutti si divertivano
-a fomentare.
-</p>
-
-<p>
-Un giorno la duchessa si trovò sola con Sacha.
-</p>
-
-<p>
-Egli era in uno di quei momenti d'estrema irritabilità
-nervosa che in lui solevano avvicendarsi a
-lunghi periodi di prostrazione. Stava muto, accigliato...
-soffriva.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, — diss'ella sbadatamente. — Cosa ne
-fate del vostro caro amico Rescuati?
-</p>
-
-<p>
-Sacha scattò sulla seggiolina.
-</p>
-
-<p>
-— Non me ne parlate. È un essere impossibile.
-Non c'è modo d'irritarlo. Quasi, quasi...
-</p>
-
-<p>
-— Rinunziate? — interruppe Ginevra con una intonazione
-sì sottilmente beffarda che egli trasalì, come
-se avesse toccato un colpo di scudiscio.
-</p>
-
-<p>
-— Non credo — disse poscia, con accento di assunta
-indifferenza. — Aspetto soltanto.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! aspettate! E cosa di grazia?
-</p>
-
-<p>
-— Un'occasione. Ma non vorrei che arrivasse in
-ritardo per me. Ciò farebbe il giuoco di quell'imbecille.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa alzò le spalle.
-</p>
-
-<p>
-— Non dite corbellerie, Sacha. Volete invece un
-consiglio? Il consiglio di una buona amica?
-</p>
-
-<p>
-Egli ebbe un moto del capo sì espressivo, uno
-sguardo sì vivace, sì pieno di comica malizia interrogativa,
-che la Duchessa non potè reprimere uno
-scoppio di risa.
-</p>
-
-<p>
-— Grazie! — esclamò. — Ma ho voglia di consigliarvi
-e se il consiglio non vi pare da vera amica,
-non lo seguirete, ecco tutto. Ci tenete realmente a
-dar sui nervi a Roberto Rescuati?
-</p>
-
-<p>
-Un eloquente scintillar dello sguardo di Sacha fu
-la sua risposta.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, udite. Avete portato via a quel giovine
-<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span>
-una bestia ch'egli voleva comprare, poi, mi fu detto,
-un appartamento che desiderava prendere a pigione.
-Non c'è male. Ma non avete pensato a un'altra cosa...
-qualcosa di molto più elementare.
-</p>
-
-<p>
-Egli non comprendeva ancora.
-</p>
-
-<p>
-— Sarebbe?... — chiese ansiosamente.
-</p>
-
-<p>
-Ella rise in modo bizzarro. — Andiamo, via. Che
-proprio, colla vita che avete fatta, non abbiate a
-supporre ciò che può premere ad un giovane, oltre
-i cani e la casa...
-</p>
-
-<p>
-Non essa, ma un lampo del suo occhio grigio completò
-la frase.
-</p>
-
-<p>
-— Ah, triplice imbecille che son io! — sclamò
-Sacha balzando in piedi. — Non averci pensato prima!
-Ma certo! l'Augellin Bel Verde!
-</p>
-
-<p>
-Ella assunse un'aria scandalizzata. — Oh... oh...
-Sacha! — Ma rovesciò il capo sul cuscino della poltrona,
-ridendo sonoramente.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-— Ebbene? — gli chiese quindici sere dopo, quando
-furono soli per un momento nel palco di lei, al Niccolini.
-</p>
-
-<p>
-Egli era trionfante.
-</p>
-
-<p>
-— Colpo riescito! — rispose più drammaticamente
-dell'attore che agiva sulla scena in quell'istante. — Ma
-ce n'è voluta dell'eloquenza! Figuratevi; sosteneva
-<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span>
-d'esserne innamorata! E poi, vedete, credo che
-trovasse la mia proposta non troppo vantaggiosa,
-viste le probabilità di pronta recessione nell'avvenire.
-Ed io ho sì bene compresi i suoi sentimenti che le
-ho fatta una modesta rendita per clausola testamentaria.
-Ciò l'ha decisa e ora siamo eccellenti amici.
-</p>
-
-<p>
-— Sacha! — disse la Duchessa quasi severamente.
-</p>
-
-<p>
-Egli inarcò le ciglia, con una maligna aria ingenua.
-</p>
-
-<p>
-— Oh Duchessa! Siate giusta, mettetevi nei panni
-di quella povera ragazza!...
-</p>
-
-<p>
-E s'interruppe, come colpito dal suono di una
-enormità.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — s'affrettò poi a scongiurare — per pietà,
-Duchessa, non rilevate quest'atroce bestialità che mi
-è sfuggita. Perdonatemi e non avvelenate la gioia
-che provo pensando alla faccia che farà colui domani
-quando troverà vuota la gabbia e volato via l'Augellin
-Bel Verde. E se sapeste, Duchessa, che lettera commovente
-gli <i>abbiamo</i> scritta!
-</p>
-
-<p>
-Ella non avvelenò la gioia di Sacha. Lo guardò
-bensì con una bizzarra, indefinibile espressione. Ma
-non ebbe tempo di dirgli nulla. Il Principe di Hetzengenfeld
-sollevava la portiera del palco e veniva
-a far visita alla duchessa d'Accorsi.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Gli amici comuni erano naturalmente informati
-della nuova trovata di Sacha, il quale però non credette
-<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span>
-necessario, parlandone, di palesare che gli fosse
-stata suggerita da altri. C'era un'attesa, più o meno
-dissimulata, delle conseguenze di questo fatto. E Neri
-Speroni, punto scoraggiato dall'insuccesso della sua
-missione presso Dino Follemare in una circostanza
-non priva di analogia col caso di Berto Rescuati,
-non credette doversi privare del piacere di far qualche
-indagine presso l'amico marchigiano.
-</p>
-
-<p>
-Con garbo però, con una certa cautela. Lo aveva
-visto a un'accademia di scherma e doveva avere un
-polso... colui! Trattandosi poi di una personcina quale
-era Madamigella Augellin Bel Verde, l'argomento
-era meno difficile a intavolare e Neri non ebbe a
-pentirsi d'aver toccato quel tasto con Roberto. A
-dir vero questi non s'era dilungato in grandi spiegazioni
-e si vedeva che aveva presa la cosa in modo
-splendido, con filosofia non solo, ma con spirito.
-</p>
-
-<p>
-Qualcuno sostenne che quest'ultima espressione
-fosse un pochino arrischiata trattandosi di Roberto,
-ma Neri Speroni mantenne l'integrità del significato
-con spirito. Berto aveva mirabilmente celato il suo
-sdegno, dicendo con una frase felicissima, che il fatto
-accaduto era stato per lui un vero sollievo, visto il
-carattere e i capricci della bella infedele. Insomma,
-aveva perfettamente dissimulato il suo dispetto. Sacha
-aveva fatto un bel buco nell'acqua, malgrado la celebre
-clausola testamentaria e Berto era decisamente,
-assolutamente un ragazzo di spirito!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span>
-</p>
-
-<p>
-No, Berto non era un ragazzo di spirito. Ma aveva
-avuta una grande accortezza, l'accortezza che più
-giova a burlare gli scettici e gli indiscreti, quella
-cioè di dire semplicemente la verità.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span>
-</p>
-
-<h2>IX.</h2>
-</div>
-
-<p>
-Una domenica mattina, la contessa Elisa era a
-messa a Santa Maria Novella. Stava inginocchiata
-divotamente nella Cappella dei Rucellai, appiè della
-gentile Madonna, ch'è un dei pochi dipinti autentici
-del Cimabue. La messa era sul finire, quando parve
-alla Contessa di udire, dietro a lei, raccostarsi di
-un passo che le era noto.
-</p>
-
-<p>
-Roberto! pensò meravigliata.
-</p>
-
-<p>
-All'<i>Ite Missa est</i>, mentre s'alzavano pochi divoti
-riuniti nella cappella, quel passo si accostò maggiormente
-ed Elisa non ebbe d'uopo che di una leggera
-flessione del capo per avvedersi che non s'era ingannata.
-</p>
-
-<p>
-Era Roberto infatti. Scambiarono un saluto ed un
-sorriso.
-</p>
-
-<p>
-Ella abbreviò alquanto il suo ringraziamento, si
-alzò e disse:
-</p>
-
-<p>
-— Che novità — con voce sommessa, lieta come
-era lieto in quel punto l'animo suo.
-</p>
-
-<p>
-Egli si scusò, quasi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span>
-</p>
-
-<p>
-— L'ho vista entrare... e non c'ero ancora stato
-in questa chiesa.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! — diss'ella scandalizzata — volete vederla
-ora? volete che vi faccia un po' da cicerone? Oh,
-un poco solamente, le cose principali.
-</p>
-
-<p>
-Egli annuì con aria di comica rassegnazione.
-</p>
-
-<p>
-E non ebbe a pentirsene. Il cicerone non fu nè
-pedante, nè indiscreto. Non era noioso il procedere
-con lei per l'ampia navata, sotto quell'austera e meravigliosa
-intralciatura d'archi, che, scemando di
-dimensioni a misura che s'appressano all'altar maggiore,
-offrono all'occhio una prospettiva assai più
-prolungata del vero. Nello sfondo delusivamente
-lontano allo sguardo, dell'altar maggiore scintillavano
-tremule le facelle dei ceri e la melopea d'un canto
-corale, seguito in sordina da un velato accompagnamento
-d'organo, si diffondeva, austeramente armoniosa,
-pel lungo e divoto spazio. Ogni tanto si vedeva
-una virile figura claustrale, intonacata e incappucciata
-di bianco, passare rapida oltre le cappelle, andare
-o venire dalla sacristia, l'artistica e suggestiva
-figura del Domenicano...
-</p>
-
-<p>
-La Contessa accennò a Roberto solo le cose principali.
-Trattenuta da un benevolo desiderio di non
-annoiarlo, non si dilungava in quelle spiegazioni raffinate
-che le avrebbe permesso il suo vasto corredo
-di cognizioni storiche, ma i pochissimi particolari
-che diede al suo compagno erano improntati dell'intimo
-<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span>
-sentimento del soggetto e sul suo volto intelligente
-era il raggio del senso d'arte, in lei sì fine e
-comunicativo. Egli pensava ch'era bella... la Contessa
-e punto noiosa.
-</p>
-
-<p>
-Fecero insieme il giro della chiesa.
-</p>
-
-<p>
-All'altar maggiore, si fermarono ad osservare gli
-affreschi del Ghirlandajo, ed ella ebbe cura di accennare
-al suo compagno le figure in cui il pittore volle
-tramandate ai posteri le fattezze di due grandi suoi
-contemporanei, Marsilio Ficino ed Agnolo Poliziano;
-ma Berto trovò irriverentemente che avevano l'aria
-un po' rimminchionita tutti e due. Ma alla cappella
-dei Gondi, di fronte al Crocefisso del Brunellesco,
-quel pezzo d'anatomia, nero e incartapecorito come
-un vecchio cadavere e che sembra riassumere in sè
-tutto lo spirito del verismo ascetico del suo tempo,
-Roberto frugò nella memoria e vi rinvenne un brano
-delle Antologie che avevano infestata la pace della
-sua adolescenza.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — disse — quello della scommessa con
-Donatello!
-</p>
-
-<p>
-Elisa ebbe un piccolo trasporto di gioconda meraviglia.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! sapete?
-</p>
-
-<p>
-— Questo sì... Ma nient'altro, sa; nient'altro!...
-</p>
-
-<p>
-Senz'avvedersene, avevano alquanto alzata la voce
-e una vecchia pinzochera, che labreggiava rosari
-lì accanto sui gradini dell'altare, si voltò a guardarli
-severamente.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span>
-</p>
-
-<p>
-Era sì brutta quella vecchia, sì arcigna, c'era nella
-occhiataccia data a quei due una sì stizzosa acredine
-di riprensione ch'essi si guardarono come due fanciulli
-colti in fallo e subito si trovarono a vicenda
-sì comici nel loro momentaneo sgomento che, per
-non cedere alla voglia simultanea d'un violento scoppio
-di risa, dovettero fare un vero sforzo. E si allontanarono.
-</p>
-
-<p>
-L'incidente li aveva messi di buon umore.
-</p>
-
-<p>
-Uscirono dal piccolo chiostro che dà in via degli
-Avelli.
-</p>
-
-<p>
-Per un momento sostarono presso il lungo muro
-di cinta, incrostato di lapidi e di lastre di marmi
-bianchi e neri. Un gaio spettacolo si offriva ai loro
-sguardi.
-</p>
-
-<p>
-La giornata era bellissima, serena, punto fredda
-e il cielo d'un vago azzurro chiazzato da nuvole
-bianche che non parevano annunciare nessuna cattiva
-intenzione. La piazza, che si chiamò a lungo
-bizzarramente di S. Maria Novella Vecchia e che è
-attualmente quella dell'Unità italiana, era inondata
-dal mite sole jemale. Dalle arterie delle vie Valfonda,
-Banchi, Panzani, Sant'Antonino e del Giglio, affluiva
-una corrente non interrotta di persone. L'elemento
-elegante non primeggiava in quella folla pedestre,
-composta visibilmente di popolino e di minuta borghesia.
-Ma la parte femminile di queste classi ama
-i colori lieti e le pennellate di tinte tenere o vivaci,
-<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span>
-e chiazzava luminosamente il suo percorso, riassumendosi
-in una sgargiante sinfonia di festoso colore.
-Costeggiando la folla, tentandola cogli allegri richiami
-delle fruste, batteva strepitoso il selciato un via vai
-di carrozzelle eleganti e pulite, spesso arrestate,
-colmate d'avventori e che ripartivano tosto con un
-ohe! trionfale dei cocchieri. Venditori ambulanti di
-torroni e di aranci aprivano tra la folla dei varchi
-segnalati da una nota ancora più spiccata di colori
-fiammeggianti e qua e là si alzavano nell'aria, trattenuti
-dalle cordicelle, riunite nella mano del venditore
-ambulante, i palloni di vescica rossi, verdi,
-azzurrini, che danzavano in alto, urtandosi lievemente,
-in una molle ridda di evoluzioni.
-</p>
-
-<p>
-C'era in quello spettacolo qualche cosa che rallegrava
-gli occhi e il cuore della contessa Elisa. Ella
-si rivolse al suo compagno:
-</p>
-
-<p>
-— Quanta gente e che bella giornata, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, — rispose Roberto, senza entusiasmo alcuno. — Ella
-è avviata a casa? Mi permette di accompagnarla?
-</p>
-
-<p>
-— Oh! figuratevi... Ma non voglio trattenervi;
-avete certamente qualcosa da fare. E... non vorrei
-rientrare subito. È così splendido questo sole e tutto
-ciò è così lieto!
-</p>
-
-<p>
-La letizia di tutto ciò pareva riflessa sul suo volto,
-fresco, in quel momento, e sorridente come quello
-di una giovinetta.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — osservò Roberto, — le piace questo
-popolo festante? Io preferisco gli altri giorni. Ma,
-non importa. Ha dei progetti?
-</p>
-
-<p>
-— No... cioè sì... Ma veramente non voglio privarvi...
-</p>
-
-<p>
-— Non mi privo di nulla, cara Contessa. Vengo
-perchè mi fa piacere di venire. Se mi vuole, ben
-inteso. Dunque?...
-</p>
-
-<p>
-— Dunque, figuratevi che da tanto tempo ho voglia
-di andare a Boboli... Ci sarete stato, certamente.
-</p>
-
-<p>
-— Io? no, neanche per idea. È una buona pista
-per i cavalli?
-</p>
-
-<p>
-— Ma che, è un giardino delizioso.
-</p>
-
-<p>
-— Ah... sta bene. Boboli, dunque... È lontano?
-</p>
-
-<p>
-— Non tanto. Si va a palazzo Pitti.
-</p>
-
-<p>
-— Grazie. Non pensa certo di andare a piedi!
-</p>
-
-<p>
-Essa, a dir vero, avrebbe preferito di fare una
-passeggiata; ma non volle contraddire Roberto, il
-quale, senza aspettare la risposta, tanto era certo
-del tenore di questa, aveva fatto al conduttore di
-una carrozzella che passava uno di quei cenni quasi
-impercettibili che bastano a Firenze per attirarvi
-dattorno un nugolo di autodemonti, pronti a condurvi
-in capo al mondo, anche per mezzo prezzo, se avete
-il genio del contratto preventivo.
-</p>
-
-<p>
-Ella si nicchiò in carrozza ridendo, col senso di
-commettere una stramberia gustosa. Roberto salì al
-suo fianco. Era di buon umore anch'egli. Come le
-<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span>
-aveva detto, veniva appunto perchè gli faceva piacere
-di venire. Era il suo metodo, del resto; faceva
-sempre quanto gli accomodava di fare.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Boboli non gli dispiacque. Non c'era troppa gente,
-benchè fosse di festa. E la Contessa era di un umore
-così lieto, era così simpatica quel giorno!... S'arrampicarono
-su, proprio sino in cima al viale coperto,
-là dove si trova la statua dell'Abbondanza. Solo
-quando furono in cima, egli s'accorse ch'ella ansimava
-un poco per la fatica della salita che avevano
-fatta un po' troppo rapidamente per lei.
-</p>
-
-<p>
-Espresse il suo dispiacere. Era stato un gran balordo.
-Era andato così di corsa, senza pensare. Ma
-ella lo interruppe subito. Aveva in realtà provato in
-quella rapida corsa, fatta al fianco di quel giovane
-dal passo sì vibrato, sì elastico, una strana sensazione
-di incitamento al moto. Il senso di un'accelerazione
-del sangue, di una energia nuova deliziosa, correva
-in tutto l'esser suo. Le pareva di avere ritrovata
-l'integrità di una forza muscolare del corpo che ella
-ricordava ora come una delle sensazioni tutte proprie
-della sua gioventù: le lunghe passeggiate ch'ella soleva
-fare in campagna, leggera, svelta, instancabile,
-col bisogno di una reazione dopo le lunghe immobili
-dimore nella biblioteca di suo padre. Con un rapido
-<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span>
-gesto si tolse la veletta. La bianchezza dell'epidermide
-pareva essersi fatta più unita, più fusa sulle
-gentili fattezze, ed un roseo splendido e delicato si
-diffondeva sulle gote, dando agli occhi castani una
-lucentezza ed un risalto che li faceva sembrar neri.
-</p>
-
-<p>
-Egli sedette ai suoi piedi per terra, in modo da
-poter veder lei e ad un tempo il panorama vaghissimo
-della città. Su questo fecero mille osservazioni,
-niente affatto sublimi, puerili anzi, meravigliandosi
-di quella distesa, del formicolìo di quella folla, che
-raffigurava tanti sciami di insettucci neri. Il sereno
-del cielo era scorrazzato da larghe nubi, che gettavano
-or qua or là sulla festante città, inondata dal
-sole, delle larghe chiazze d'ombra. Più giù, sotto i
-piedi di quei due, costeggiato a destra e a sinistra
-dal lungo viale di sempreverdi, nel suo isolotto colmo
-di piante, stava, gigantesco e bonario, l'Oceano del
-Gian Bologna.
-</p>
-
-<p>
-Rimasero a lungo colà... senza avvertire che il
-tempo passava. Egli s'era un pochino allungato sul
-fianco, adagiandosi comodamente. Aveva gettato il
-cappello a terra e pareva completamente soddisfatto
-dei fatti suoi...
-</p>
-
-<p>
-Non era nè stanco, nè vibrante come la Contessa.
-</p>
-
-<p>
-Il suo volto aveva la mirabile freschezza rosea
-della gioventù. La Contessa ebbe ancora, guardandolo,
-l'impressione bizzarra di quel grosso mazzo di giacinti
-ch'egli stesso le aveva recati, il giorno in cui
-le era parsa così lunga la visita di monsieur Cholet.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span>
-</p>
-
-<p>
-Boboli non era affollato. Pochi salivano sino all'Abbondanza
-e quei pochi non davano noia a loro due.
-Passavano gettando su quel gruppo uno sguardo
-curioso ma scevro da pettegolezzo. Elisa e Roberto
-s'indugiavano nel piacere della quiete, d'una vaga
-contemplazione e di qualche chiacchiera indifferente
-per sè stessa, ma dalla quale traspariva la confidenza
-e l'intesa che s'era venuta rapidamente stabilendo
-fra loro, un'affettuosa e geniale intimità, a cui contribuivano
-del pari l'indulgente benevolenza della
-signora e la franca accettazione di quella benevolenza
-da parte di Roberto.
-</p>
-
-<p>
-A un tratto, dopo una pausa di silenzio, la contessa
-Elisa ebbe, involontaria, incosciente, una piccola
-scossa del capo, che rispondeva ad un subito pensiero.
-</p>
-
-<p>
-— Che ora sarà? — chiese a Roberto. — Non ho
-qui l'orologio.
-</p>
-
-<p>
-Egli trasse il suo e lo guardò, ma non disse l'ora.
-</p>
-
-<p>
-— Cosa le importa? disse. — Non si sta bene qui?
-</p>
-
-<p>
-— Oh sì — rispose Elisa ridendo. — Ma deve
-esser tardi.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, scusi, che obbligo ha di rientrare a
-ora fissa? Ovvero sta male qui?
-</p>
-
-<p>
-— Oh Berto!... Ma è tardi, me ne accorgo. E poi,
-guardate, mi pare che si guasti il tempo.
-</p>
-
-<p>
-Accennò col suo ombrellino una massa di nubi
-che andava formandosi compatta e che velava sui
-loro capi l'azzurro del cielo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma egli non se ne inquietò affatto. Non aveva
-sufficiente esperienza della rapidità colla quale si
-scapriccia il tempo fiorentino.
-</p>
-
-<p>
-— Passeranno! — disse con grande filosofia.
-</p>
-
-<p>
-Ella insistè, cionullameno. Le pareva che l'aria
-mossa, frizzante le dicesse all'orecchio: Andatevene,
-voi due.
-</p>
-
-<p>
-— Davvero, credo che sia un po' tardi. E poi,
-anche per voi... per le vostre occupazioni.
-</p>
-
-<p>
-S'alzò, con una mossa impercettibilmente nervosa.
-</p>
-
-<p>
-A un tratto, la colse vivido il pensiero di una
-persona che poteva attendere Roberto, meravigliarsi
-della sua lunga assenza... E, come per istinto, provò
-il desiderio acuto, sprezzante, di non esser causa
-dell'indugio. Ma in pari tempo una violenta ondata
-di sangue le affluì al volto, inondandolo di una
-splendida porpora.
-</p>
-
-<p>
-Roberto non si alzò, neppur vedendola in piedi.
-</p>
-
-<p>
-La guardava di sotto in su e nell'occhio di lui si
-destava un'attenzione bizzarra.
-</p>
-
-<p>
-— Le mie occupazioni? — disse dopo un momento.
-</p>
-
-<p>
-E subito si decise a farle una confidenza.
-</p>
-
-<p>
-— Le mie occupazioni, dice?... Ma non sa che
-da un mese non ne ho più e che son libero come
-l'aria?
-</p>
-
-<p>
-Ordinariamente, non si fanno a una signora di
-queste confidenze, specialmente se non sono sollecitate.
-<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span>
-Ma a una signora d'esperienza, che conosce
-il mondo e la vita, che ha parecchi anni più di voi
-e che vi tratta come un figliuolo... è un altro conto!
-</p>
-
-<p>
-Ella non finse di non capire! Aveva capito tanto
-bene! Così bene che la trasfigurazione di una gioia
-sublime era già sul suo volto!
-</p>
-
-<p>
-Sedette ancora e, forse senza accorgersene, porse
-una mano al giovane.
-</p>
-
-<p>
-— Oh Roberto! Roberto!
-</p>
-
-<p>
-Roberto prese quella mano ed ebbe il supremo
-buon senso di non entrare in particolari. Già; non
-avevano mai parlato di ciò. A che farlo ora? Poi
-a lui seccavano le spiegazioni. Non disse che fosse
-o no merito suo, questa libertà riacquistata. Così
-rimase solo ed incolume agli occhi di lei il fatto
-ch'egli era libero... come l'aria!
-</p>
-
-<p>
-Forse la sensazione di quell'aria di libertà le impedì
-di accorgersi che un'altra aria, quella del cielo,
-si divertiva dispettosamente a chiamar le nubi da
-tutte le parti per riunirla su Boboli. Ce l'aveva con
-Boboli il cielo, quel giorno. Laggiù, sui Lungarni,
-pieni di gente, sfolgorava il sole...
-</p>
-
-<p>
-Roberto non lasciò andare quella mano. Disse sommessamente,
-come un ragazzo che sa di essere stato
-buono e con quella musica curiosa che Dio aveva
-messo nella sua voce di monello ben educato:
-</p>
-
-<p>
-— È contenta?
-</p>
-
-<p>
-Ella, colla semplicità estrema che pareva a volte
-imparare da lui, rispose tranquillamente:
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Sì!
-</p>
-
-<p>
-Oh! se lo era! Ah! quell'anima tanto raccomandata
-a lei, quella vita ch'ella aveva assunto di proteggere,
-quell'esistenza sulla quale ella imparava
-ch'era dolce il vegliare come è dolce il vegliare i
-sonni di un figliuolo, s'erano sciolti, liberati da un
-giogo indegno e triviale...
-</p>
-
-<p>
-— Sì — disse ancora, mentre l'interna emozione
-dava al suo accento un'intensità tremula:
-</p>
-
-<p>
-— Roberto, ciò non era degno di voi!
-</p>
-
-<p>
-Roberto, nella sua eletta sincerità, fece un piccolo
-esame di coscienza e pensò umilmente che... l'<i>Augellin</i>
-dal volo infido non era poi neanche tanto da
-disprezzarsi, dopo tutto. In fondo non si considerava
-nè tanto colpevole, nè tanto privo di buon gusto!...
-Ma egli non contraddiceva mai le signore e la Contessa,
-in quel momento, era splendida di un misterioso
-splendore, che lo colpiva e gli faceva un effetto
-speciale.
-</p>
-
-<p>
-Un'emozione colse anche lui, un'emozione ch'egli
-ebbe il talento di non definire nè a sè stesso, nè a
-lei. Lasciò ch'essa ardesse tranquillamente nei suoi
-occhi, quei bellissimi occhi bruni un po' infossati
-nell'arco... cinti di una sfumatura d'ombra, qualcosa
-come un vago azzurro entro cui lo sguardo pareva
-incupire e tingersi di una squisita espressione d'indefinito.
-</p>
-
-<p>
-— Segga dunque, diss'egli tranquillamente.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ella aveva al collo un lungo boa di piume <i>bleu
-marin</i>. Egli tirò dolcemente a sè un'estremità di
-quel boa e si carezzò con esso le guance, con un
-piacere infantile di quel contatto tepido e leggero.
-</p>
-
-<p>
-Elisa sedette ancora, ma per rialzarsi vivacemente,
-dopo un minuto.
-</p>
-
-<p>
-Le nuvole, lassù, s'erano ad un tratto decise a
-una capricciosa crisi di piova. Sul terreno battevano
-con un picchiettìo secco, gaiamente sonoro, dei goccioloni
-radi.
-</p>
-
-<p>
-Egli s'alzò lentamente, come a malincuore, e guardò
-in aria con una smorfia.
-</p>
-
-<p>
-— È una nuvola che passa. Non vai la pena di
-muoversi.
-</p>
-
-<p>
-Ma Elisa si assestò il boa attorno al collo ed aprì
-l'ombrellino.
-</p>
-
-<p>
-— Sì... sì... vedrete fra poco. Bisogna far presto,
-se vogliamo trovar giù una carrozza libera.
-</p>
-
-<p>
-Egli si guardò d'attorno: — Allora, scendiamo pel
-viale; faremo più presto.
-</p>
-
-<p>
-Si misero a destra pel viale ormai solitario. Il
-subito velarsi dell'atmosfera metteva una penombra
-fresca nel lungo corritoio verde in discesa, costeggiato
-da due pareti di foglie, sotto una volta di
-uguale contesto. Ai goccioloni d'avanguardia era
-successa una pioggerella regolare, minuta, di una
-tonalità quasi musicale, nella moderazione sussurrata
-del suo accento.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span>
-</p>
-
-<p>
-La discesa era piuttosto ripida. La Contessa rialzava
-con una mano la gonna che, un po' lunga,
-strisciava sul terreno. L'altra mano era impacciata
-dal manicotto, l'interno del quale era occupato dal
-fazzoletto e da un piccolo libro da messa, che minacciava
-sempre di scivolar via. Poi, c'era l'ombrellino,
-da reggere.
-</p>
-
-<p>
-Roberto si fermò un istante.
-</p>
-
-<p>
-— Permette?
-</p>
-
-<p>
-Le tolse il libro da messa che mise in tasca, le
-tolse l'ombrellino, poi le porse il braccio, ch'ella
-prese senza esitare.
-</p>
-
-<p>
-— Così... da brava, si appoggi.
-</p>
-
-<p>
-Elisa passò il suo in quel braccio sì giovane e sì
-forte. Egli le teneva aperto sul capo il piccolo <i>en
-tout cas</i> e reggeva il suo passo nella discesa... La
-subita piova faceva sdrucciolevole il terreno; due
-o tre volte, la leggerissima calzatura di lei, urtando
-contro un sassolino, la fe' lievemente inciampare.
-Ma sempre il braccio di Roberto la sostenne, ed ella
-allora sollevava su di lui lo sguardo sorridente e
-grato. Ed egli ripeteva pure sorridendo: — Ma si
-appoggi dunque...
-</p>
-
-<p>
-Erano vicini vicini, sotto il piccolo ombrello, che
-a mala pena riparava le loro teste. Egli avvertiva
-il leggero, appena percettibile profumo di violetta
-giapponese che usciva dall'interno del manicotto. E
-da quell'interno sbucava pure sino all'avambraccio
-<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span>
-una mano lunga, elegante, coperta di pelle di Svezia,
-che poggiava, leggera leggera, sul braccio di Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Un momento, senza saper come nè perchè, rallentarono
-il passo... Poi si fermarono... Roberto chiese
-alla Contessa s'ella fosse stanca... Ma ella scosse il
-capo senza parlare. Ascoltava il tac tac, lieve, misterioso
-delle goccioline che cadevano sulle foglie
-con una cadenza più affettata. Poi le sue finissime
-nari ebbero una lunga, quasi nervosa aspirazione,
-mentre i suoi occhi si socchiudevano alquanto.
-</p>
-
-<p>
-— Sentite, Roberto, l'odore della terra bagnata?
-È la mia passione.
-</p>
-
-<p>
-C'erano veramente nell'aria i vaghi sentori di
-quel profumo di buccaro, che il Medio Evo, nel
-bizzarro lusso della sua sensualità, ha saputo utilizzare.
-C'erano ancora delle esalazioni indefinite,
-qualcosa come un vago accenno di lontana primavera.
-</p>
-
-<p>
-Di nuovo si misero in via, ma senza affrettare il
-passo. Il volto di Elisa era tutto un sorriso dolce e
-affettuoso... Provava un senso affatto nuovo per lei...
-quasi il senso d'una protezione ricevuta, non data,
-l'impressione di sentirsi condotta e guidata da quel
-giovane sì forte, sì bello. Ed egli aveva saputo liberarsi
-da quella indegna schiavitù, ella poteva ora
-occuparsi di lui, influire sui suoi buoni istinti... adoperarsi
-per quell'anima che doveva aver tanto di
-<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span>
-buono, di suscettibile al bene. Libero ora... era
-libero!
-</p>
-
-<p>
-Lo guardò con una subita inconsulta espressione
-di tenerezza e d'orgoglio; il suo sguardo fu in quell'istante
-sì luminoso e sì dolce ch'egli provò una
-repentina, indefinibile sensazione... Strinse un pochino
-il braccio che posava sul suo e le sussurrò: — Cosa
-pensa... adesso?...
-</p>
-
-<p>
-Elisa provò una piccola scossa. Che domanda curiosa!
-Ma dopo tutto, perchè non dire il vero?...
-</p>
-
-<p>
-— Penso a voi — rispose dolcemente.
-</p>
-
-<p>
-Egli si fece ancora più presso.
-</p>
-
-<p>
-— E poi? — sussurrò con un'aria di monelleria,
-ove entrava una latente, esitante tenerezza.
-</p>
-
-<p>
-— E poi — continuò Elisa sorridendo — penso
-quanto sarebbe contenta... vostra madre.
-</p>
-
-<p>
-Aveva detto il vero, cioè quello che era, passato,
-colla parvenza del vero, nella purissima anima sua.
-Le aveva morso il cuore in quell'istante l'idea di
-quanto dovesse esser debole Tecla nel suo affetto
-materno, scusabile nella sua cieca adorazione del
-figlio. Così ella aveva velato a se stessa il suo
-pensiero!...
-</p>
-
-<p>
-Roberto non rispose. Si morse vivamente il labbro
-inferiore. Un rossore impetuoso salì alla sua fronte
-e una durezza si accese nel suo sguardo.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — disse brevemente — grazie tante!
-</p>
-
-<p>
-L'accento era scevro d'ogni suono di gratitudine;
-<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span>
-suonava anzi così acre ch'ella si voltò meravigliata
-a guardarlo.
-</p>
-
-<p>
-Lo vide sì rannuvolato in volto che gli chiese con
-sollecitudine:
-</p>
-
-<p>
-— Non vi sentite bene?... Che viso scontento!...
-Potrei quasi rivolgervi la domanda che mi avete
-fatto un momento fa: A cosa pensate?
-</p>
-
-<p>
-Roberto ebbe un piccolo riso nervoso. — Penso
-ora per l'appunto, cara Contessa, una cosa che avevo
-scordato un momento fa. Un appuntamento con Neri
-Speroni, alle tre.
-</p>
-
-<p>
-L'osservazione, fatta così, non aveva un'apparenza
-cortese e la Contessa n'ebbe un senso sgradito... il
-senso d'una puntura di spillo. Ma subito la sua bontà
-e la sua indulgenza ebbero il sopravvento:
-</p>
-
-<p>
-— Mi spiace di questa dimenticanza — disse affrettando
-il passo... — è colpa mia. Ma non sapevo;
-avreste dovuto dirmelo.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! non importa. Infatti, avrei dovuto pensare...
-Scommetto ch'ella mi considera ora come un
-ragazzo male educato.
-</p>
-
-<p>
-— No... — diss'ella sorridendo. — Ma che andate
-pensando, Roberto?
-</p>
-
-<p>
-— La verità, Contessa. Ovvero — no... scommetto
-invece ch'ella ha per me dei tesori d'indulgenza,
-ispirata dal suo cuore... materno.
-</p>
-
-<p>
-L'accento aveva un'acrimonia bizzarra, una ironia
-alla quale la Contessa non era preparata. Avevano
-<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span>
-passate assieme così piacevolmente tutte quelle belle
-ore con tanta confidenza, così lieti! E adesso...
-</p>
-
-<p>
-Scosse il capo dolcemente e scherzando: — Niente
-affatto — disse: — sono in collera. — Ma andiamo
-un pochino più in fretta. Piove sul serio, sapete?
-</p>
-
-<p>
-Infatti la piccola piova prendeva l'aire d'un acquazzone,
-ed essi erano ancora lungi dall'uscita. Presero
-a camminare frettolosi e in silenzio, scambiando
-poche parole. E quando giunsero allo sbocco sotto
-il portone di Palazzo Pitti, Elisa era un pochino
-trafelata, perchè davvero aveva fatta una bella corsa.
-Pioveva ora che Dio la mandava.
-</p>
-
-<p>
-Nel momento in cui erano giunti a riparo, ella
-aveva spiccato il suo braccio da quello di lui. Con
-sua grande sorpresa aveva sentito un lievissimo
-moto di resistenza. Ma poi, subito, l'aveva lasciata
-libera.
-</p>
-
-<p>
-Roberto offrì d'andarle a cercare una carrozza e
-la lasciò sola per un momento. Tornò poco dopo
-colla carrozzella, che aveva agevolmente trovata.
-Nell'entrare in carrozza e vedendo ch'egli stava per
-accomiatarsi, Elisa gli chiese se volesse venire con
-lei. Lo lascerebbe al Club o a casa sua, come credeva.
-</p>
-
-<p>
-Egli ricusò; preferiva andare a piedi.
-</p>
-
-<p>
-— Con quest'acqua? Roberto, non vi farà male?...
-E poi, il vostro appuntamento?
-</p>
-
-<p>
-— Oh non importa. E non soffro dell'acqua.
-</p>
-
-<p>
-S'indugiava, come suo malgrado, presso la carrozzella.
-Elisa gli porse una mano.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Allora, addio Roberto... e grazie della cara
-compagnia. È stata una giornata piacevolissima, e...
-se sapeste come mi ha fatto piacere! Mi avete fatta
-rivivere una specie di gioventù... Non venite proprio?...
-Dunque, a rivederci presto, nevvero?...
-</p>
-
-<p>
-Egli s'inchinò, mormorando qualche parola cortese,
-poi si ritrasse con un cerimonioso saluto. La
-carrozza mosse celere verso via Toscanella. La Contessa
-frenò un impulso, quello di sporgere il capo
-fuor dal mantice calato per vedere ancora una volta
-quella bellissima faccia di Roberto Rescuati. Non lo
-fece; si spinse indietro, rannicchiandosi nel suo
-cantuccio.
-</p>
-
-<p>
-— Come è capriccioso; — pensò, — come si
-è stancato così ad un tratto! Ma... è libero, ora, è
-libero...
-</p>
-
-<p>
-Come strepitava lieta la piova sul lastricato, come
-trottava allegro il ronzino del fiaccheraio! Come
-echeggiavano sonore nell'aere le sue scudisciate!
-Perchè si era stizzito, all'ultimo, Roberto? Glielo
-chiederebbe subito la prima volta che verrebbe da
-lei: domani, forse...
-</p>
-
-<p>
-Ma nè l'indomani, nè dopo, Roberto venne da lei.
-Invano ella non uscì per attenderlo, invano, ad ogni
-oscillazione della portiera riflessa nello specchio,
-ella alzò il capo, quasi commossa, nell'attesa del noto
-e simpatico aspetto. Il suo capriccioso figliuolo pareva
-avere scordata la strada della palazzetta in via
-S. Gallo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span>
-</p>
-
-<p>
-Lo attese, stette in casa parecchi giorni, per non
-perdere la sua visita. Strano che le mancasse così...
-Perchè non veniva più? Se lo chiedeva ogni tanto
-con una specie di bizzarra angoscia. — Pure, ora...
-era libero. — Come occupava il suo tempo?
-</p>
-
-<p>
-La domanda la crucciava, iterandosi di frequente
-nel suo pensiero... Ora la riferiva a Tecla... ora al
-suo progetto per Marina. Sicuro; per Marina. — Perchè
-anche stavolta le cose non si mettevano
-bene. — E forse un pochino per colpa sua... perchè
-non s'era adoperata abbastanza. — E ora correva
-una voce strana, di uno strano matrimonio in vista
-per la giovane Negroni. E se fosse colpa sua quel
-matrimonio... colpa di una vendetta del destino sul
-suo poco zelo, sulla sua negligenza a procacciare il
-bene di Marina, la felicità di Roberto?
-</p>
-
-<p>
-Un timore la coglieva quando pensava a ciò.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span>
-</p>
-
-<h2>X.</h2>
-</div>
-
-<p>
-La duchessa d'Accorsi aveva dato il suo primo
-gran ballo della stagione subito dopo Natale e così
-splendidamente inaugurato il carnevale. Dino Follemare
-era tuttora in Inghilterra e il principe di
-Hetzengenfeld non accennava a partire. Era uno
-degli ospiti più assidui di casa d'Accorsi. Un fascino
-lo tratteneva evidentemente e nessuno discuteva
-questo fascino. Si era abituati ai miracoli della duchessa
-Ginevra.
-</p>
-
-<p>
-Sui primi dell'anno ci fu, per occupare le buone
-lingue, un altro piccolo avvenimento, il matrimonio
-di Luciano Carisi. Delle nozze era stata consigliatrice
-ed auspice la duchessa d'Accorsi. Oh! ella
-aveva sempre protetto Luciano Carisi.
-</p>
-
-<p>
-Da nove anni egli abitava a Firenze, in occasione
-d'un impieguccio conseguito. Era siciliano, piombato
-anzi dalla più lontana provincia del Mezzogiorno
-d'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Quando venne aveva vent'anni, era povero e
-poeta. Ma poeta davvero. La sua lira aveva delle
-<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span>
-corde vergini, vibrate, stridenti di un'armonia genuina
-e selvaggia. Egli stesso somigliava alla sua
-lira, colla sua strana originalità d'aspetto e di modi,
-con un nonsochè di attonito, di eccitato nella bruna,
-nervosa faccetta dal tipo Arabo. Quando la Duchessa
-lo conobbe, per mero caso, indovinò in lui un avvenire
-e le piacque avviarlo e farlo conoscere in un
-mondo ove egli non avrebbe certo mai creduto di
-poter penetrare. Stentava la vita col prodotto dell'impiego
-e col suo lavoro letterario. Scriveva versi
-ardenti, saturi ancora dell'ispirazione locale del suo
-paese, delle calde passioni popolari. Una specie di
-brutalità grandiosa e sonora scaturiva, come una
-bolla irruente, dalla maschia originalità di uno stile
-primitivo, ma robusto. Scriveva anche in prosa articoli
-di polso, pieni di poesia, illustrando storicamente
-la sua Provincia. Ma poco ne ricavava. Era
-altiero e male avveduto.
-</p>
-
-<p>
-Le sue sorti mutarono quando la Duchessa si assunse
-caritatevolmente l'incarico di dare un più pratico
-indirizzo all'ingegno di quello ch'ella chiamava
-ridendo «il Figlio delle Selve.» Dire che l'opera
-buona non suscitasse qualche maligno commento sarebbe
-troppo asserire! Audace del pari tornerebbe
-l'asseverare che i maligni avessero tutti i torti...
-Certo è che una influenza pesò, benefica in un senso,
-deleteria nell'altro, sul carattere e sull'avvenire di
-quel giovane. Egli acquistò rapidamente disinvoltura,
-<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span>
-garbo, uso di società; imparò ciò che piace ai più,
-seppe ciò che lo spirito deve lasciarsi dietro come
-un bagaglio inutile, per correre più spedito sulla via
-del successo. La penna selvaggia, dagli acri vigori,
-si fe' gradatamente più gentile, più discreta, accettò
-l'innesto dell'articolo corrente in fatto d'arte e di
-modernità. La fiera, squillante lira del montanaro
-mise una sordina alle sue corde più vibranti. Queste
-si fecero sottili, argentine, il loro suono acquistò il
-timbro equivoco di un elegante cinismo stuzzicante.
-Il poeta e la sua musa divennero mondani, attillati,
-si tinsero d'un'ibrida tinta tra <i>heiniana</i> e <i>d'annunziana</i>
-che entusiasmò specialmente le signore. Il Figlio
-delle Selve divenne inappuntabile nei modi, si fe'
-quasi un gentiluomo. Era l'ospite obbligato di tutte
-le feste, di tutte le partite, i suoi volumi erano dedicati
-a parecchie fra le signore dell'Olimpo fiorentino.
-Ebbe delle avventure, dei duelli. Viveva da signore,
-dacchè gli editori lo pagavano bene. Imparò
-a distinguere gli amici utili da quelli che non lo
-erano, ad evitare i colleghi a cui il successo non
-sorrideva, a comporre commedie gentili, incipriate,
-che si recitavano nei salotti con immenso plauso e
-ch'egli metteva stupendamente in scena. Dirigeva i
-<i>cotillons</i> artistici della Duchessa, dava alle signore
-dei preziosissimi lumi quando l'annunzio di un ballo
-in costume metteva sottosopra tutte le teste e le vanità
-femminili, insomma la Duchessa poteva esser
-<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span>
-fiera dell'opera sua. Aveva trovato un ingegno reale
-ma ineducato, lasciava un ingegno ammansato, civilizzato,
-assai più utilizzabile. Aveva realmente diritto
-alla gratitudine «del Figlio delle Selve.»
-</p>
-
-<p>
-Ma volle compiere l'opera sua.
-</p>
-
-<p>
-Il giovane non lavorava più come prima. Il lavoro
-suo era attualmente meglio retribuito, ma egli non
-si contentava più della semplicità parca del tempo
-in cui egli era rozzo e non conosceva la duchessa
-d'Accorsi. La vita del giovanotto elegante è cara,
-carucci anzichenò i successi <i>sicuri</i> di un'operetta artistica,
-carissime poi le avventure, specialmente quando
-si tratta di persone per le quali deve essere naturalmente
-bandita ogni ignobile preoccupazione finanziaria.
-Egli s'era abituato ad un'esistenza signorile.
-Pur di continuarla seguì dolcemente, con mirabile
-abnegazione e libertà di spirito, i consigli della sua
-nobile protettrice. Chiese ed ottenne la mano di una
-giovane forestiera, sulla cui origine correvano voci
-poco favorevoli. Era bruttissima, ma assai ricca. E
-la Musa del poeta aveva d'uopo ormai ch'egli invocasse
-gli agi e le blandizie di una larga esistenza
-mondana.
-</p>
-
-<p>
-La festa era stupenda quella sera in casa d'Accorsi
-e Luciano vi aveva condotta la sua fidanzata:
-una tedesca d'una bruttezza odiosa. Lo sposo era
-pallido, ma disinvolto. Molto del suo ingegno era diventato
-spirito ed egli ne faceva in quella sera un
-consumo straordinario.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le sale erano stipate, ma tutto procedeva col mirabile
-ordine che aveva resi celebri i ricevimenti di
-casa d'Accorsi.
-</p>
-
-<p>
-Il fiore della società fiorentina e forestiera sfilava
-per lunga fuga di sale illuminate con un eccesso di
-luce ch'era per sè sola una festa. Si ballava nell'immenso
-salone bianco e oro, la <i>queue</i> si formava all'uscio
-di destra, percorreva due sale processionalmente
-per giungere all'uscio parallelo a quello dond'era
-uscita e quivi sciogliersi nei meandri della danza, al
-suono dell'orchestrina celata nella galleria superiore
-in una nicchia di verdura. C'erano, quella sera, delle
-<i>toilettes</i> splendide, uno sfarzo insolito di gioielli; le
-signore, come le acconciature, erano fresche, non
-stancate ancora dai faticosi piaceri del carnevale.
-Una immensa prodigalità di fiori colmava gli angoli,
-i vani, quanto nello spazio era disponibile, senza ingombrare.
-E dovunque, nelle sale, nei salotti, nei
-gabinetti erano combinati recessi, nicchiette suggestive
-d'isolamenti, propri alle chiacchiere intime. Colà
-e in quei pressi, mentre la gioventù danzava sotto
-gli sguardi delle mamme e dei curiosi, si aggiravano
-coppie dall'andatura lenta, dai piccoli scoppi di risa
-represse, dai colloqui sommessi e sussurrati. Roberto,
-il quale errava senza ballare e coll'aria discretamente
-annoiata, sostò improvvisamente in uno di
-quei salotti.
-</p>
-
-<p>
-Seduta su una delle tre poltrone circolarmente disposte
-<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span>
-di un <i>pâtè</i>, stava la contessa Elisa. Parve a
-Roberto che dallo schienale della poltrona appoggiata
-a quella di lei emergesse qualcosa di nero,
-forse un braccio mascolino; ma di ciò egli non fece
-caso. Si accostò premurosamente, meravigliando di
-trovarla sola.
-</p>
-
-<p>
-— E voi, come non ballate? — rispose ella — ciò
-è imperdonabile.
-</p>
-
-<p>
-— Per carità, non mi tradisca. Sono sfuggito alla
-Duchessa, che voleva utilizzarmi presso una signorina
-forestiera. Sono sfuggito al supplizio cedendola
-ad un inglese di sua conoscenza. Mi lasci star qui
-un poco in santa pace.
-</p>
-
-<p>
-Senza attender risposta, attirò a sè un morbido
-<i>pouff</i>, e sedette proprio dirimpetto alla Contessa.
-</p>
-
-<p>
-— Ma davvero non ballate, Roberto?
-</p>
-
-<p>
-— No, mi secca. E lei?
-</p>
-
-<p>
-— Oh io... Ma la festa è magnifica, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, splendida. Bisogna dire il vero. Tutto perfetto,
-riuscitissimo. È vero che la Duchessa fa le
-prove generali dei suoi balli, illumina le sale, dispone
-i domestici, i mobili, tutto insomma come dev'essere,
-due o tre sere prima?
-</p>
-
-<p>
-— Dicono. Così è sicura del fatto suo, in ogni
-modo.
-</p>
-
-<p>
-— Già... Per le feste e per tutto... nevvero?
-</p>
-
-<p>
-L'intonazione dell'accento era alquanto monella.
-</p>
-
-<p>
-Ma la contessa Elisa non incoraggiava le monellerie.
-<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span>
-Finse di non aver capito e fece ancora l'elogio
-del buon gusto e della speciale arte di ricevere nella
-quale decisamente la duchessa d'Accorsi non aveva
-rivali. Poi gli chiese dolcemente:
-</p>
-
-<p>
-— Avete visto come è splendida stasera Marina
-Negroni?
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — rispose egli con indifferenza. — Infatti,
-un magnifico granatiere.
-</p>
-
-<p>
-— Avrete ballato con lei... spero?...
-</p>
-
-<p>
-— Naturalmente, come padroncina di casa. Ma
-non so mai cosa dirle. Ora balla una conversazione
-col Principe tedesco. A proposito, è vero quel che
-si dice, che la Duchessa voglia far di sua figlia una
-Principessa regnante? Sarebbe proprio il colmo, nevvero?
-Dopo...
-</p>
-
-<p>
-— Roberto! — interruppe vivamente Elisa con
-accento di rimprovero.
-</p>
-
-<p>
-Egli rise. — Ecco com'è lei... Non si può dir
-niente. Bene; sia per non detto. Una bellissima festa.
-Com'è carino qui!
-</p>
-
-<p>
-Era veramente carino: in quel gabinetto, tutto in
-raso azzurro pallido a riflessi perlacei nella luce discreta
-delle lampade dai globi velati di garze e di
-trine. Ci doveva essere negli angoli, nelle giardiniere,
-un'immensa quantità di mammole. Non si vedevano,
-ma un odore penetrante impregnava tutta l'atmosfera.
-A sommo del <i>pâtè</i>, sul quale sedeva la Contessa,
-un alto <i>camerus</i> diffondeva la pompa verdeggiante
-<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span>
-dei suoi flabelli. Una di quelle foglie lambiva
-quasi la delicata testina col suo piccolo chou di
-piume bianche, in mezzo a cui scintillava tremolante,
-sulla montatura a spirale, un limpidissimo
-brillante.
-</p>
-
-<p>
-Ella era in bianco. Dietro, un lungo strascico di
-raso, davanti uno spumeggiare leggero di trine ricchissime,
-qua e là trattenute da grossi mazzi di piume
-bianche. Le trine salivano sino alla scollatura modesta,
-appena tracciata sulla bianchezza immacolata
-dell'epidermide. Il collo, d'una meravigliosa rotondità
-e di una freschezza quasi verginale, era cinto da
-una riviera di brillanti, non molto grossi, ma di una
-purissima acqua. Fra le mani ella teneva un piccolo
-mazzolino di giacinti rosa e un enorme ventaglio di
-madreperla coperto di piume bianche di struzzo.
-Forse non lo sapeva di essere così squisitamente
-attraente in quel momento, in quel luogo, colla dolcezza
-tenera del suo sguardo, al tutto accaparrata
-dall'attenzione ch'ella prestava a ciò che le andava
-dicendo quel suo figliuolo, che protestava d'annoiarsi.
-</p>
-
-<p>
-Veramente, in quell'istante, non aveva per l'appunto
-l'aria di un uomo annoiato. La guardava, sorridendo
-con una bizzarra espressione, che le ricordò
-Boboli... quella loro famosa gita!
-</p>
-
-<p>
-A un tratto le chiese: — Permettete?... — E s'impossessò
-della sua mano; voleva veder da vicino un
-<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span>
-braccialetto di minutissimo lavoro orientale, che cingeva
-il fine polso di lei. S'indugiò, come se studiasse
-quell'aurea manifattura.
-</p>
-
-<p>
-La sua testa era chinata e prossima al busto di
-lei. Da lontano, dalla sala da ballo, giungevano gli
-accordi giocondi, spensierati di un valzer di Marco
-Sala.
-</p>
-
-<p>
-Roberto ebbe un'idea curiosa. Senza lasciar quella
-mano, chiese alla Contessa: — Dica la verità, non
-è un pochino in collera con me?
-</p>
-
-<p>
-Ella sorrise, poi disse: — Sì. Perchè non siete più
-venuto a trovarmi?
-</p>
-
-<p>
-— Perchè? perchè temevo di seccarla. Perchè io
-so che è tanto buona e che ella mi trova un... — Si
-arrestò un momento, poi proseguì: — Ebbene, ha
-torto! L'accerto che ha torto.
-</p>
-
-<p>
-Ella non capiva bene il senso di quella inattesa
-sortita, non capiva neppure perchè un violento rossore
-imporporasse la fronte di lui, perchè nei suoi
-sguardi si accendesse una specie di collera e assieme
-a questa un'arcana specie di luccicore.
-</p>
-
-<p>
-— Come mai potete dir ciò, Roberto. Vi accerto...
-</p>
-
-<p>
-— No, lo so, non ha voluto farmi dispiacere. Ma
-non sono uno sciocco, sa... nè un fanciullo. E solo
-perchè... No, la lasci stare dov'è, la sua mano.
-</p>
-
-<p>
-Ella scosse il capo. — Ma, Roberto...
-</p>
-
-<p>
-— No, no, — proseguì concitato il giovane, — non
-quell'eterna indulgenza! Scommetto che, a momenti,
-<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span>
-uscirà a parlarmi della mamma e a dirmi che
-le ha scritto per darle nuove dei miei buoni diporti.
-</p>
-
-<p>
-Elisa aveva una gran voglia di ridere, ma una
-irritazione, qualunque ne fosse la causa, era visibile
-in lui e un istinto tutto femminile le fece intuire
-ch'era meglio non contraddire quel fanciullo.
-</p>
-
-<p>
-— Verrete domani a pranzo da me? — gli chiese
-dolcemente.
-</p>
-
-<p>
-— Ha gente? — ribattè Roberto, raddolcendo a
-un tratto la voce e lo sguardo.
-</p>
-
-<p>
-— No. Cioè.... potrei.
-</p>
-
-<p>
-— Mi fa questo santo piacere di non invitar nessuno?
-Allora... sì. Ma badi, non voglio tradimenti.
-</p>
-
-<p>
-— No — diss'ella, tentando ancora di ritirare la
-sua mano.
-</p>
-
-<p>
-Roberto la tratteneva, ridendo, ed ella picchiava
-la mano di lui colla punta del grande ventaglio bianco,
-ridendo anch'ella d'un piccolo riso tra spensierato e
-nervoso.
-</p>
-
-<p>
-A un tratto, alzando gli occhi, si accorsero che
-avevano vicina la padrona di casa.
-</p>
-
-<p>
-Ginevra era vestita semplicemente quella sera,
-colla semplicità richiesta dalla sua qualità di padrona
-di casa.
-</p>
-
-<p>
-Un velluto verde cupo cingeva, con audacissima
-scarsità di taglio, la forte persona, le ànche fortemente
-disegnate, il busto opulento, dalle arditissime
-<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span>
-curve. Ella pareva ondulare, sirena, nella spoglia di
-un serpente.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! siete qui? — sclamò colla sua voce stridente. — Bravi!
-è questo il modo di far sciopero?
-A momenti finisce il valzer. Contessa, si ricordi che
-il Principe desidera di conoscerla. A proposito, avete
-visto Luciano Carisi?
-</p>
-
-<p>
-Un lievissimo movimento si produsse nella poltrona
-dietro quella in cui sedeva la contessa Elisa, ma nessuno
-venne fuori da quel recesso avvolto in una penombra
-olezzante.
-</p>
-
-<p>
-— No? — disse la Duchessa, vedendo che quei
-due movevano il capo ad un cenno di diniego. — Oh
-Dio... Dove si sarà cacciato? la signorina Helman
-lo va cercando. È molto <i>chic</i> nevvero quella
-signorina? Basta, bisogna che io scappi... Il <i>buffet</i> a
-momenti, cara Elisa... È un amore, stasera, splendida:
-badate, Rescuati, è una donna pericolosissima la
-Contessa; può far a meno di ogni <i>coquetterie</i>... Vi
-raccomando, in <i>visceribus</i>, se trovate Carisi, mandatemelo...
-Mi scusate, nevvero, se non mi trattengo?
-</p>
-
-<p>
-Lanciò come una freccia l'ironia mordente di quella
-scusa e s'allontanò rapida, trascinandosi dietro il
-lungo strascico flessuoso.
-</p>
-
-<p>
-Attraversò alcune sale e si fermò sulla soglia d'un
-salotto da giuoco, popolato soltanto di uomini. Socchiuse
-le palpebre per meglio acuire il formidabile
-sguardo e fece una rapida rivista.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Dzworoff! — chiamò poscia con accento vibrato.
-</p>
-
-<p>
-Il giovane buttò le carte sul tappetto verde e corse
-presso la signora.
-</p>
-
-<p>
-— Volete rendervi utile? — gli chiese questa colla
-sua enigmatica precisione d'accento. Ma non attese
-risposta: — Andate nel salottino azzurro — proseguì; — c'è
-della gente che si diverte... Disturbateli; ciò
-vi divertirà.
-</p>
-
-<p>
-Se ne andò senza voltarsi. Sapeva che Sacha
-avrebbe ubbidito.
-</p>
-
-<p>
-Infatti, dopo un secondo d'esitazione, Sacha si diresse
-verso il salottino azzurro. Ma non potè giungervi
-subito. Il valzer era giunto alla fine in quel momento
-e le coppie accaldate si sparpagliavano per
-l'appartamento ingombrando gli sbocchi.
-</p>
-
-<p>
-La contessa Elisa e Roberto erano rimasti immobili,
-dopo la rapida apparizione della Duchessa. Pareva
-ch'ella si fosse lasciato dietro un vago indefinibile
-sgomento, che Elisa tentò dissimulare dietro
-l'apparenza di una finta contrizione.
-</p>
-
-<p>
-— Avete sentito, Roberto? turbiamo l'ordine della
-festa. Lasciatemi tornare in sala e voi rendetevi utile,
-mettetevi alla ricerca di Luciano Carisi.
-</p>
-
-<p>
-— Grazie tante dell'incombenza. Come se ci tenessi
-a trovarlo, quel bel poeta colle sue arie tragiche. È
-un individuo che mi fa ribrezzo...
-</p>
-
-<p>
-— Oh Roberto... che parolone!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Ma sì, sì... — insistè il giovane, alzando la voce
-e dando sfogo ad un malumore che aveva forse tutt'altra
-causa. — Ha vista quella sua orribile sposa?...
-Un uomo che fa un matrimonio simile, nelle sue condizioni,
-è un uomo che si vende.
-</p>
-
-<p>
-Non proseguì.
-</p>
-
-<p>
-Un urto violento aveva scosso il <i>pâtè</i>; qualcuno
-era comparso, ad un tratto, fra quei due, gettandosi
-contro Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Roberto si dibattè un istante sotto la cieca stretta
-di Luciano Carisi. Elisa esterrefatta emise un grido.
-Quasi nello stesso momento apparve all'uscio la pallida
-figura di Sacha Dzworoff in cerca del maligno
-piacere promessogli dalla Duchessa. Senza rendersi
-conto di ciò che succedeva, ebbe l'accortezza di far
-rapidamente ricadere dietro di sè l'ampia portiera di
-velluto, poi corse fra quei due.
-</p>
-
-<p>
-— Signori, — gridò — siete in casa d'Accorsi!
-</p>
-
-<p>
-Quei due si separarono. Con un colpo difensivo,
-bene assestato, Roberto aveva respinto l'aggressore.
-Si guardavano ora frementi, pallidi, consci della gravità
-dell'accaduto.
-</p>
-
-<p>
-— In nome di Dio, — sclamò Sacha frettolosamente... — non
-è questo il luogo. Una signora... la
-Duchessa...
-</p>
-
-<p>
-Luciano Carisi era livido.
-</p>
-
-<p>
-— Chiunque, al mio posto, avrebbe fatto così...
-Sono stato insultato... atrocemente.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span>
-</p>
-
-<p>
-— E io sono stato aggredito da un...
-</p>
-
-<p>
-— Per carità... — interruppe Sacha — non uno
-scandalo... vien gente.
-</p>
-
-<p>
-Infatti, l'onda dei reduci dal valzer si faceva sentire
-sempre più vicina, stava per invadere il salotto.
-</p>
-
-<p>
-Quei due compresero. Compresero lo spavento col
-quale si dibatteva la contessa Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Allora, a domani! — disse Carisi con subita
-calma e rivolgendosi a Roberto.
-</p>
-
-<p>
-— A domani! — rispose questi con fredda alterigia.
-</p>
-
-<p>
-Sacha Dzworoff non esitò un secondo. Infilò il suo
-nel braccio di Carisi e lo trascinò via.
-</p>
-
-<p>
-Nell'uscire, sollevò la portiera e s'incontrò con una
-coppia che si dirigeva in cerca di riposo verso il salottino
-azzurro. La signora, che conosceva Dzworoff,
-lo salutò, ed egli la trattenne un istante, proprio
-sulla soglia, con un piccolo fuoco di fila dei suoi
-frizzi più gustosi, per impedire il passo quanto più
-si poteva e lasciar tempo a quegli altri due di riaversi.
-</p>
-
-<p>
-Ma l'espediente non poteva prolungarsi troppo, ed
-egli dovè lasciar libero il varco.
-</p>
-
-<p>
-Condusse Carisi in un corridoio, dove in quel momento
-non c'era nessuno.
-</p>
-
-<p>
-— E ora, cosa contate di fare? — gli chiese perentoriamente.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Di battermi — rispose l'altro — e all'ultimo
-sangue. — Volete esser mio padrino?
-</p>
-
-<p>
-— Perchè no? — disse Sacha ridendo. — Non
-ho mai potuto soffrire colui... Ma voi, perchè siete
-così accanito con lui?
-</p>
-
-<p>
-— Perchè ha detto la verità — rispose gravemente
-il montanaro.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-La contessa Elisa non aveva frattanto seguito l'abitudine
-del più delle signore in siffatte emergenze;
-non era svenuta, nè si era lasciata sopraffare da una
-crisi nervosa. Il suo mento soltanto aveva un leggero
-fremito, ch'ella dominava, mordendosi il labbro inferiore.
-</p>
-
-<p>
-Guardava Roberto intensamente, ed egli tentava
-di esser disinvolto. Ma era invece turbatissimo.
-</p>
-
-<p>
-Una coppia era penetrata nel salotto, ma i due
-che la componevano erano molto occupati di loro
-stessi. Non così la susseguente. Guido d'Aspano e
-la sua ballerina andarono incontro alla contessa Elisa
-e bisognò ch'ella scambiasse con loro qualche frase.
-In quel mentre capitò Neri Speroni.
-</p>
-
-<p>
-— È aperto il <i>buffet</i> — disse gaiamente. E scomparve.
-</p>
-
-<p>
-L'annunzio aveva prodotto un movimento generale
-verso l'altra parte dell'appartamento. Elisa e Roberto
-si trovarono soli.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span>
-</p>
-
-<p>
-Per un momento, una suprema angoscia sconvolse
-le fattezze di Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Roberto... — sussurrò — Roberto...
-</p>
-
-<p>
-Egli strinse contro il suo il braccio di lei. — Mi
-rincresce per lei... Ma chi avrebbe pensato che fosse
-là dietro quell'imbecille. E ormai, è fatta.
-</p>
-
-<p>
-Tre giovanotti, al seguito di una brillantissima signora,
-passarono ridendo e motteggiando con lei. Uno
-dei giovani guardò Roberto e la Contessa, poi si
-chinò all'orecchio della signora:
-</p>
-
-<p>
-— È curioso; che aria tragica hanno quei due!
-</p>
-
-<p>
-Passarono. Elisa si chinò verso Roberto.
-</p>
-
-<p>
-— Consigliatevi con Geri Serristano... Non mettete
-di mezzo Neri Speroni. Siate calmo, ve ne scongiuro...
-Per... per vostra madre!
-</p>
-
-<p>
-— Non dubiti, Contessa. Voglio farle vedere che
-non sono ciò ch'ella mi ha creduto ier l'altro... poc'anzi;
-che non sono un ragazzo. E allora... forse...
-</p>
-
-<p>
-Tacque. Erano nella sala del <i>buffet</i>, splendidamente
-fornito e davanti al quale facevano sosta innumeri
-gruppi di convitati, fra i quali serpeggiava la Duchessa,
-col suo occhio di lince, accorta di tutti e di
-tutto. Uno spazio della sala era ingombro di tavolini,
-attorno ai quali sedevano le signore in attesa dei
-cavalieri che avrebbero conquistato per esse e per
-loro stessi il materiale della cena da farsi in comune,
-in un crocchio omogeneo. Il duca d'Accorsi si fe'
-presso ad Elisa.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Contessa, desidera?... <i>Consumé</i>... <i>Bordeaux</i>?...
-</p>
-
-<p>
-Ella stava per ricusare, quando le parve a un
-tratto di sentire che le venivano meno le forze sotto
-l'urto dell'interna emozione. Rispose affermativamente
-e mentre il padrone di casa si accostava al banco,
-ella disse a Roberto: — Lasciatemi ora. Laggiù c'è
-Serristano; andate a parlargli.
-</p>
-
-<p>
-Il Duca tornava col <i>consumé</i>, ch'ella accettò e
-sorbì col sentimento di dover essere forte ad ogni
-costo. E mentre tentava di rispondere alle laconiche
-osservazioni del Duca, seguiva collo sguardo quasi
-ipnotizzato Roberto, il quale aveva raggiunto Geri
-Serristano e attendeva per parlargli che avesse finito
-di servire la sua dama.
-</p>
-
-<p>
-Quasi simultaneamente vide Sacha farsi presso alla
-Duchessa e bisbigliarle qualcosa all'orecchio. La Duchessa
-aveva fortemente aggrottate le ciglia.
-</p>
-
-<p>
-Alla Contessa pareva ora di vivere come in uno
-stato d'allucinazione. La grande luce della sala, l'acciottolìo
-dei piatti, il tramestìo dei domestici, il brusìo
-delle voci, le risate, gli appelli alla cena, il gorgoglìo
-dei vini zampillanti nei bicchieri, tutto quel caleidoscopio
-di <i>toilettes</i> femminili, a cui s'alternava il nero
-o il rosso delle giubbe mascoline, parevano determinare
-in lei la sensazione di una vertigine.
-</p>
-
-<p>
-S'allontanò, lasciando libero il suo tavolino, subito
-invaso da un crocchio giovanile... Alcuni dei suoi
-fedeli vennero ad incontrarla, ed ella si vide costretta
-<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span>
-a farsi presente a sè stessa, mentre una intollerabile
-angoscia pareva volerle spezzare il cuore.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa passò rapida, senza vederla, seguita
-da Sacha, che le parlava vivamente. Ella udì solo
-una parola di lei, concitata: — Non voglio... non
-voglio!
-</p>
-
-<p>
-Roberto raggiunse un istante la Contessa.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene! — disse questa, sforzandosi a sorridere.
-</p>
-
-<p>
-— Ho parlato con Geri. Accetta. Propone Guido
-San Firmino.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! E giudica... crede?
-</p>
-
-<p>
-— Che domani Carisi manderà i secondi. Passerò
-da lei domani.
-</p>
-
-<p>
-— Sì. Intanto siate calmo, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Altro che! — diss'egli ridendo. — Ma lei non
-si inquieti. Non è nulla. Anzi, è una cosa da prendere
-in ischerzo.
-</p>
-
-<p>
-— Sicuro! — diss'ella e tentò di ridere. Ma lo
-sforzo fu così visibile ch'ella dovette sedere su una
-poltroncina vicina per riaversi alquanto.
-</p>
-
-<p>
-L'orchestra ricominciava a suonare. Una nuova
-coppia passò rasentandoli. Il Principe di Hetzengenfeld
-dava il braccio a Marina Negroni e le parlava
-sommessamente. Ella era in bianco, pallida, correttamente
-splendida. Ascoltava ad occhi bassi le parole
-del suo compagno. Alzò gli sguardi freddi e luminosi
-solo quando fu davanti a quei due. Li fissò un momento,
-ma non tradì nè con una parola, nè con un
-<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span>
-batter di palpebra l'impressione ricevuta dall'aspetto
-dei loro volti. Rispose, in tedesco, con perfetta calma
-d'accento, ad una domanda testè fattale dal Principe.
-</p>
-
-<p>
-Il ballo procedeva allegrissimo, sempre più animato
-e brillante. La Duchessa, come sempre, pareva infondere
-nei suoi convitati una febbre di vivacità e
-di brio. Solo verso le tre, qualcuno disse vagamente
-ch'era accaduto qualcosa tra Carisi e Rescuati.
-</p>
-
-<p>
-Il segreto trapelava. Una indiscrezione, forse,
-qualche parola detta a voce non abbastanza sommessa.
-</p>
-
-<p>
-Non si sapeva. Cosa? Perchè?... Non bisognava
-dire... Le signore non dovevano sapere.
-</p>
-
-<p>
-— C'era di mezzo una signora... Chi? La contessa
-Serramonti.
-</p>
-
-<p>
-— No... Impossibile! Lei! Come?... A cagione di
-cosa?... Ma per lei... proprio per lei?
-</p>
-
-<p>
-Il sussurro si diffondeva e la curiosità s'era fatta
-cocente.
-</p>
-
-<p>
-Ma la gioventù danzava e la <i>flirtation</i> alata non
-ristava. Roberto si era eclissato e Luciano Carisi
-stava facendo le sue scuse alla sua fidanzata per un
-malessere che lo obbligava a ritirarsi in casa. Sacha,
-a cui il medico proibiva di ballare e di fumare, si
-era fatto centro di un circolo di mamme ancor giovani,
-coll'incarico di impedir loro di richiamar le
-figliuole che danzavano e la celia era inesauribile
-in quel crocchio. La contessa Elisa attese sino all'ora
-in cui aveva ordinata la sua carrozza. Allora soltanto
-<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span>
-prese congedo, resistendo alle pressanti istanze della
-Duchessa. Quando questa si fu convinta che l'ospite
-voleva assolutamente partire, l'accompagnò sino alla
-anticamera assieme al Principe di Cannera, il quale
-doveva scortare Elisa sino alla carrozza. Mentre il
-vecchio gentiluomo si era allontanato per mettere il
-soprabito, Ginevra chinò rapidamente la sua bocca
-di serpente a livello dell'orecchio di Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Coraggio! — le fischiò sommessamente. — Non
-tema di nulla.
-</p>
-
-<p>
-Si ritrasse subito, con un sorriso amabile ed assestò
-meglio la pelliccia bianca al collo di Elisa. — Non
-pigli freddo, cara Contessa... Sono contenta che
-si divertano. Ora comincia il <i>cotillon</i>... A rivederci
-presto, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-S'involò mentre l'orchestra preludiava il <i>cotillon</i>,
-la danza che riesciva sempre così splendidamente in
-casa d'Accorsi. E affranta, pallida, colpita da un turbamento
-che ella non definiva e che pareva sconvolgere
-tutto quanto l'esser suo, Elisa scendeva le
-scale lentamente al braccio del Principe di Cannera,
-ascoltando gli elogi che il vecchio gentiluomo prodigava
-ai padroni di casa... Ma quella Duchessa poi...
-quella Duchessa... nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Sì — disse quietamente Elisa.
-</p>
-
-<p>
-Quando fu in carrozza, svenne. Ma solo per cinque
-minuti. Scese con passo fermo, dinanzi alla <i>marquise</i>
-della sua palazzetta.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span>
-</p>
-
-<h2>XI.</h2>
-</div>
-
-<p>
-I balli finivano sempre tardissimo in casa d'Accorsi.
-Battevano le dieci a Santa Trinità quando l'ultimo
-gruppo di convitati, gli intimi, rimasti per la colazione
-finale, si congedarono dalla Duchessa, dal Duca
-e da donna Marina.
-</p>
-
-<p>
-Il Duca s'avviò verso le scuderie e Ginevra rimase
-nell'appartamento ove una squadra di domestici spegneva
-i lumi e spalancava le finestre.
-</p>
-
-<p>
-Il passo della padrona di casa, il suo portamento
-non tradivano stanchezza alcuna, mentre ella passava
-per le sale in disordine, coi mobili fuori di luogo,
-coi tappeti sparsi di mille traccie della recente invasione
-di ospiti. Nella sala da ballo era un vero campo
-di battaglia: un polverìo roteante turbinava, dorato
-dai raggi del sole che entrava dalle finestre. Il pavimento
-era ingombro di lembi d'abiti, di fiori pesti,
-di coccarde, di reliquie del <i>cotillon</i>. Sotto il divano,
-una bella ciocchetta di capelli biondi rotolava leggermente,
-mossa dal vento fresco che alitava da un
-vicino balcone.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ginevra diede ancora qualche ordine colla sua
-voce imperiosa e temuta. Poi si avviò verso il suo
-appartamento privato. Ma prima di giungervi, alzando
-una portiera, si trovò faccia a faccia con sua figlia.
-Malgrado i suoi venticinque anni, la giovane non
-aveva impunemente perduta la notte. Il suo volto
-recava nella cruda luce mattutina le traccie di una
-grande stanchezza.
-</p>
-
-<p>
-— Che fai qui? — chiese attonita la Duchessa. — Perchè
-non sei coricata? Sai pure che alle tre abbiamo
-il concerto in casa Roscas. Hai bisogno di
-riposarti.
-</p>
-
-<p>
-— Mi riposerò. Volevo parlarti...
-</p>
-
-<p>
-— Allora ti prego di spicciarti. Non son di ferro
-neppur io, per tua regola. A meno che non fosse
-per darmi una buona notizia. A proposito, mi pare
-che la cosa abbia progredito stanotte. Il Principe
-viene al concerto, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Verrà. Ma non si tratta di lui.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! Allora si tratta...
-</p>
-
-<p>
-L'accento era perentorio. Marina ebbe un leggerissimo
-moto d'esitanza.
-</p>
-
-<p>
-— Si tratta — disse poscia — di qualcosa che è
-accaduto stanotte e che riguarda Luciano Carisi e
-Roberto Rescuati.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa ebbe un piccolo scoppio di risa.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! quei due ragazzi. I miei complimenti, Marina,
-per esser così presto al fatto della cosa. Ti
-<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span>
-credevo meglio occupata. Infatti, c'è stato un pettegolezzo.
-</p>
-
-<p>
-— Che avrà conseguenze? — chiese Marina fissando
-sua madre.
-</p>
-
-<p>
-In quel salotto stesso, poche ore prima, la Duchessa
-aveva avuto con Sacha Dzworoff un breve, concitato
-colloquio appunto sulle conseguenze del pettegolezzo.
-Il giovane russo aveva ricevuto delle precise istruzioni,
-che lo avevano alquanto meravigliato.
-</p>
-
-<p>
-Ma la Duchessa alzò le spalle, sbadigliando lievemente.
-</p>
-
-<p>
-— Chi può saperlo, mia cara Marina? Speriamo
-di no. E d'altronde, queste cose non si raccontano
-alle signorine. Ed ora ti consiglio ancora, fortemente,
-un po' di riposo. Stanotte eri splendida, ma stamane
-non sei a prova di luce. E poichè hai finalmente un
-buon gioco fra le mani, vedi di non gettarlo via
-come gli altri.
-</p>
-
-<p>
-Si mosse per andare, ma la giovane la trattenne.
-</p>
-
-<p>
-— Allora... — disse lentamente — non vuoi darmi
-altri ragguagli?
-</p>
-
-<p>
-— Mia cara, sei decisamente curiosa. Non te ne
-do per la buona ragione che non ne ho io stessa.
-Oggi si saprà qualcosa. La tua amica intima, la contessa
-Serramonti, potrà forse essere più informata
-di me. Ma suppongo che non vorrai rivolgerti a lei.
-Davvero casco dal sonno. Buon giorno, mia cara.
-</p>
-
-<p>
-Passò oltre e la sua lunga coda di velluto sparve
-ondulando per la fuga delle sale.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span>
-</p>
-
-<p>
-Marina rimase immobile per un istante, colle ciglia
-aggrottate, crudelmente perplessa. Strana, enigmatica,
-quella splendida figura di donna, così immobile, in
-abito da ballo, nella sala deserta e fredda, bianca
-d'invernale luce mattutina.
-</p>
-
-<p>
-Si scosse con un piccolo brivido ed ebbe un energico
-cenno affermativo del capo, riassunto visibile
-di un rapido soliloquio.
-</p>
-
-<p>
-Risalì nella sua stanza al terzo piano. Non chiamò
-la cameriera, si spogliò sola e si tuffò il volto ed il
-busto a più riprese in una vasca d'acqua fredda.
-Indossò poscia una corretta e scura <i>toilette</i> da mattino,
-una piccola giacchetta di panno grigio e si coprì
-il capo d'un cappellino nero, a cui sovrappose un
-velo. Poi scese una scaletta privata che metteva
-nella corte delle scuderie. Passò in una loggetta, ove
-sapeva che avrebbe trovata la figlia del portinaio.
-Benchè avesse vegliato tutta la notte, aggregata anch'essa
-al gruppo di cameriere che attendevano, in
-un salotto riservato, a riparare ai guasti avvertiti
-dalle signore nelle loro acconciature, la Gegia era
-tuttora alzata e narrava alla nonna gli splendori
-della notte trascorsa. Le accadeva qualche volta di
-accompagnare la signorina quando usciva la mattina
-per tempo. Non l'aspettava quel giorno e si meravigliò
-che non fosse andata a riposare; ma, senza
-muovere osservazioni, si approntò e fu ai comandi
-di donna Marina.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span>
-</p>
-
-<p>
-Uscirono assieme. Ma la Gegia arguì che la padroncina
-fosse più stanca di quanto pareva, perchè,
-svoltato il canto di piazza Curtatone a S. Lucia, ella
-fe' cenno a una vettura da piazza chiusa. Udì che,
-prima di salire, dava al fiaccheraio l'indirizzo di casa
-Serramonti.
-</p>
-
-<p>
-Durante la corsa, Marina non aprì bocca. Giunte,
-ella scese sola e disse alla Gegia di aspettarla in
-carrozza. Al cameriere, che rispose alla sua energica
-scampanellata e che aveva l'aria alquanto incerta
-vedendola capitare sì per tempo, chiese se la Contesta
-era visibile. Vedendo ch'egli esitava, soggiunse:
-</p>
-
-<p>
-— Ditele che sono io e per cose di premura.
-</p>
-
-<p>
-Attese un istante immobile, pallida, sotto l'atrio di
-entrata. Aveva nelle ossa quel freddo speciale che
-si lascia dietro una nottata persa. Quando il cameriere
-tornò dicendole ossequiosamente che passasse
-pure, un'ondata di porpora salì sulla sua fronte e
-per un momento ella parve non aver capita bene la
-risposta. Ma subito tenne dietro al cameriere, che
-la precedeva.
-</p>
-
-<p>
-La contessa Elisa le venne incontro. Era in veste
-da camera, una <i>douilette</i> di cachemire celeste. Doveva
-aver dormito poco. Aveva le labbra bianche, e
-un lividore sotto gli occhi li faceva parere quasi
-pesti e affaticati. Sulle guance non c'era vestigio di
-colore.
-</p>
-
-<p>
-La Contessa dimostrava tutta la sua età, quella
-mattina, forse anche qualche anno di più.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span>
-</p>
-
-<p>
-Fece sedere la sua giovane amica, senza commentare
-la insolita venuta. Ma il suo sguardo aveva
-un'interrogazione angosciosa, che parve stranamente
-facilitare, per Marina, l'adempimento del suo proposito.
-</p>
-
-<p>
-— Stanotte — disse con voce calma e con accento
-preciso — è successo in casa nostra un avvenimento...
-un diverbio.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — interruppe Elisa — anche tu sai. E sai?...
-</p>
-
-<p>
-Si arrestò. Ansimava alquanto.
-</p>
-
-<p>
-— Non so. Vorrei sapere e per ciò sono venuta.
-</p>
-
-<p>
-Un profondo disappunto si rivelò sull'alterata fisonomia
-della Contessa.
-</p>
-
-<p>
-— Ah non sai?... E la Duchessa?
-</p>
-
-<p>
-— La mamma non sa... o non vuol dire. Ma mi
-è parso... avevano detto... ch'ella fosse presente.
-</p>
-
-<p>
-— Sì, infatti. Oh Marina che angoscia! Io parlavo
-con lui, e...
-</p>
-
-<p>
-Si arrestò ancora, accorgendosi che stava per rivelare
-un secreto non suo.
-</p>
-
-<p>
-— E...? — continuò Marina, curvandosi avidamente.
-</p>
-
-<p>
-— E...? Carisi, che stava dietro a me, scattò fuori,
-e... accadde... non so bene. Per fortuna capitò Dzworoff
-e impedì una colluttazione al momento, ma...
-</p>
-
-<p>
-— È inevitabile uno scontro — interruppe Marina.
-</p>
-
-<p>
-Elisa chinò il capo, stringendo con un lieve moto
-convulso la mano della fanciulla.
-</p>
-
-<p>
-Tacquero un istante, pallide, sotto l'oppressione di
-un pensiero che non dicevano.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span>
-</p>
-
-<p>
-— È il suo primo scontro? — chiese poscia Marina.
-</p>
-
-<p>
-— Il primo.
-</p>
-
-<p>
-— Chi sono i suoi secondi?
-</p>
-
-<p>
-— Gli ho suggerito Serristano.
-</p>
-
-<p>
-— Ha fatto bene. È un uomo di cuore e d'esperienza.
-E delle condizioni non si sa nulla?
-</p>
-
-<p>
-— Ancora nulla. Aspetto. Ha promesso di scrivermi.
-</p>
-
-<p>
-Diede un'occhiata piena d'angoscia alla piccola pendola
-in <i>rocaille</i> del caminetto. Segnava le undici.
-</p>
-
-<p>
-— Ha ancora i suoi genitori? — chiese Marina.
-</p>
-
-<p>
-— La madre! — rispose Elisa.
-</p>
-
-<p>
-Di nuovo tacquero quelle due donne, assorte nella
-muta angoscia dell'attesa, senza che nè l'una, nè
-l'altra avvertissero quanto fosse strano, anormale il
-loro colloquio.
-</p>
-
-<p>
-A un tratto la contessa Elisa balzò in piedi.
-</p>
-
-<p>
-— È venuto qualcuno... ho sentito...
-</p>
-
-<p>
-Infatti veniva il domestico. Recava un biglietto,
-del quale Elisa strappò vivamente la busta.
-</p>
-
-<p>
-Lesse a voce alta e tremante:
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="indl">
-«<i>Cara Contessa</i>,
-</p>
-
-<p>
-«Pare che tutto sia disposto per domani. Per me,
-Serristano e San Firmino. Se posso, verrò un momento
-a dirle le condizioni. Sto benissimo, e le
-bacio le mani.
-</p>
-
-<p class="indr">
-«<span class="smcap">Roberto</span>.»
-</p>
-</div>
-
-<p>
-— Ecco — disse Elisa — è deciso.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span>
-</p>
-
-<p>
-Era calma. Non l'aveva neppur detto a sè stessa
-che aveva sperato, follemente, una soluzione diversa.
-</p>
-
-<p>
-Ancora le due donne tacquero. Poi si guardarono,
-tentando di sorridere l'una all'altra, senza saper
-perchè.
-</p>
-
-<p>
-— Speriamo — disse poscia Marina, alzandosi con
-un subito ritorno al suo fare indifferente — che
-tutto vada bene.
-</p>
-
-<p>
-— Speriamo — ripetè Elisa. — Vai di già...?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, devo andare. Abbiamo un concerto alle tre.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! sicuro... Sarà bellissimo. Ti divertirai.
-</p>
-
-<p>
-Si avviarono lentamente verso l'uscio, scambiando,
-come per una subita, muta intesa, parole affatto
-estranee all'argomento di poc'anzi. Giunte all'uscio,
-si fermarono per un istante, con un nuovo indefinibile
-senso d'incertezza..., come se allora soltanto le
-colpisse l'ardua e pur già superata difficoltà di quel
-colloquio od un vago pentimento dell'emozione tradita.
-</p>
-
-<p>
-Pure, all'ultimo momento, scambiarono un bacio,
-breve, caldo... quasi appassionato.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Nel rientrare, sullo scalone, ancora ingombro della
-splendida decorazione della notte, Marina s'imbattè
-con Sacha Dzworoff.
-</p>
-
-<p>
-Il giovane scendeva sì frettolosamente, a capo
-chino, che Marina dovette scansarsi in fretta per
-non essere urtata.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Oh! oh! mille scuse — sciamò Sacha — sono
-un vero stordito. Ma la credevo a letto e nel primo
-sonno. Invece è già in giro... fresca come una rosa.
-</p>
-
-<p>
-In cuor suo pensava: Com'è smorta e sbattuta
-anche lei! Si scusò, adducendo gran premura.
-</p>
-
-<p>
-Marina ebbe per un secondo l'idea di trattenerlo.
-Ma nol fece ed egli scese in fretta e furia l'ultima
-mano di scale.
-</p>
-
-<p>
-Verso le due e mezzo, Marina era pronta per il
-concerto, e se l'avesse veduta Sacha in quel momento,
-non avrebbe formulata in cuor suo l'opinione di
-poc'anzi.
-</p>
-
-<p>
-Si recò calmissima, al tutto padrona di sè, nel
-gabinetto di sua madre.
-</p>
-
-<p>
-Anche la Duchessa era pronta e calzava i guanti.
-</p>
-
-<p>
-Fece come al solito la rivista dell'acconciatura di
-sua figlia.
-</p>
-
-<p>
-— Stavolta, cara Marina, sei all'altezza della situazione.
-Suggerisci assolutamente delle idee regali.
-</p>
-
-<p>
-Una lievissima contrazione passò sul volto di Marina,
-ma ella non rispose.
-</p>
-
-<p>
-— A proposito — disse la Duchessa improvvisamente, — com'è
-andata la tua visita alla contessa
-Serramonti? Ci hai trovato Roberto Rescuati?
-</p>
-
-<p>
-— No, — disse Marina, con superba calma.
-</p>
-
-<p>
-— No? Curiosa!... Ma hai avuti da lei i ragguagli
-che bramavi?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, alcuni.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Davvero? Ma è impagabile quell'Elisa! E ti ha
-detto anche la causa del duello?
-</p>
-
-<p>
-Era sì ironico l'accento della Duchessa che Marina
-pensò, con un lampo di terrore, all'esitazione
-di Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— No — disse poscia.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — rispose la Duchessa.
-</p>
-
-<p>
-Il suo sguardo scintillava una luce sì beffarda
-che di scatto, involontariamente, Marina chiese: — Perchè?
-</p>
-
-<p>
-— Perchè — rispose la Duchessa — perchè non
-poteva dirtela la vera causa del duello. E tu, mi
-spiace il dirtelo, ma hai fatta una singolare figura,
-per una signorina per bene. Nella tua curiosità di
-avere dei ragguagli sul duello di Roberto Rescuati,
-non ti sei contentata dei miei, ma sei andata giustamente
-a chiederli a...
-</p>
-
-<p>
-Esitò un secondo, il secondo indispensabile al più
-abile tiratore per colpire il punto centrale del bersaglio.
-</p>
-
-<p>
-— Alla sua amante — finì poscia tranquillamente. — Vuoi
-che andiamo, Marina? Si fa tardetto.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Sì... stavolta aveva oscillato davvero la portiera
-e l'immagine attesa s'era disegnata nello specchio. Lui!
-</p>
-
-<p>
-Elisa non si mosse. L'attesa di quelle ore aveva
-esaurite le sue forze.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene? — chiese.
-</p>
-
-<p>
-Egli sedette. Era un po' scolorito in volto, ma
-ilare, animato.
-</p>
-
-<p>
-— Tutto accomodato — rispose. — Domattina
-alle sette, in un certo parco, sulla strada di Fiesole...
-da un amico di Serristano... Un bravo giovane,
-quel Serristano.
-</p>
-
-<p>
-— Sì... diss'ella a voce bassa. — E le...
-</p>
-
-<p>
-— Le condizioni, vuol dire?... Oh discrete. Cioè,
-adesso... Ma stamane al primo abboccamento dei
-secondi, grazie! La pistola e venti passi di distanza.
-Frenetico quel Carlisi! E quell'altro, il suo padrino,
-più arrabbiato di lui. Ma ora l'hanno capita. Anzi,
-Serristano e Firmino non si rendevano ragione di
-quella subita arrendevolezza di Dzworoff. Adesso è
-ragionevole; si è scelta la sciabola. Almeno, non sarà
-una cosa illegale, se ci resto.
-</p>
-
-<p>
-Un brivido scosse tutto il corpo di Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Roberto! — disse con accento sì profondo e sì
-angosciato ch'egli ne rimase colpito.
-</p>
-
-<p>
-— Dicevo per scherzo... sa? Sono di quelle solite
-cose, che finiscono con un buon <i>déjeuner</i>, da Donney.
-Per conto mio, non ho nessuna voglia di far
-strage. D'altronde, un duello non sta mica male nella
-vita di un giovanotto. Bisognava pure che ci capitassi
-un giorno o l'altro. Certo, se avessi saputo ch'era
-vicino colui non me la sarei presa così calda per
-quel suo matrimonio. Non è mica antipatico quel
-<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span>
-giovane. Come mai è andato a finire così? È vero
-ch'è stata la Duchessa?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, — disse Elisa, — queste sono le opere sue;
-così esercita il suo potere.
-</p>
-
-<p>
-Una condanna quasi sacra vibrava nelle sue parole.
-</p>
-
-<p>
-Ma subito tornò a Roberto colla calma apparente
-che ella si era imposta quale supremo dovere della
-contingenza.
-</p>
-
-<p>
-— Allora... Serristano consiglia?
-</p>
-
-<p>
-— Nulla pel momento. Ho fatto due ore di scherma
-e stasera tornerà il maestro a casa mia. Ah sì... dice
-di riposarmi.
-</p>
-
-<p>
-— Benissimo consigliato. Siete stato a casa? avete
-dormito?
-</p>
-
-<p>
-— No. Volevo, ma non mi è riuscito. Invece, ho...
-</p>
-
-<p>
-Stava per dire: — Ho fatto testamento. — Ma
-sostituì: Ho assestato alcune cose. Ho scritto alla
-mamma.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — esclamò Elisa, che si era fatta color
-di fiamma.
-</p>
-
-<p>
-— Per un caso soltanto. Perchè altrimenti, è meglio
-che non sappia niente. Sa, colle sue idee... Vuol
-dire... che, alla peggio... la commissione toccherà a
-lei, cara Contessa.
-</p>
-
-<p>
-Tolse di tasca una lettera sigillata e la porse
-ad Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Vuole?...
-</p>
-
-<p>
-Un sudore pungente si levava alla radice dei capelli
-<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span>
-di Elisa. Ma, con un sorriso, ella prese la lettera
-e la depose nel cassettino.
-</p>
-
-<p>
-— Per accendere il fuoco domattina.
-</p>
-
-<p>
-— Ben inteso. Ma se invece... dovesse... allora
-gliela porterebbe lei, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-Ella non rispose; chinò solo il capo.
-</p>
-
-<p>
-Egli tacque un istante. Un'espressione grave, qualcosa
-d'indicibilmente triste ed affettuoso si dipinse
-nei suoi sguardi.
-</p>
-
-<p>
-— Povera mamma! disse Roberto a voce bassa
-e come smarrita. — Se avessi saputo! In fondo, non
-sono stato quello che avrei dovuto essere per lei...
-Intendo ciò ch'ella avrebbe voluto ch'io fossi, colle
-sue idee. No, non è mica solo per... per la circostanza
-che dico così. L'ho pensato delle altre volte,
-specialmente da che conosco lei. Voglio dire... È
-difficile a spiegarsi, ma lei capisce, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Capisco... Credo di conoscervi meglio forse di
-quanto conosciate voi stesso. So di quanto sareste
-capace, solo volendolo. E di questi pensieri, di questo
-volere, bisogna ricordarsi poi, non è vero?
-</p>
-
-<p>
-La sua voce aveva un accento di infinita tenerezza.
-</p>
-
-<p>
-Egli l'ascoltava, sorridendo.
-</p>
-
-<p>
-— Com'è buona, — le disse poscia colla sommissione
-d'un fanciullo affettuoso. — Sa che le voglio
-tanto bene?
-</p>
-
-<p>
-— Anch'io, Roberto, vi voglio tanto bene.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span>
-</p>
-
-<p>
-La voce moriva, incolore, sulle sue labbra.
-</p>
-
-<p>
-— Sì — diss'egli, balzando in piedi e con un
-atto quasi iroso, — mi vuol bene... lo so, come a
-un figlio!
-</p>
-
-<p>
-Senza attendere, nè avere risposta, prese a passeggiare
-in su e in giù pel salotto. Parlava ora concitatamente
-del suo duello, di quanto aveva combinato
-con Serristano; questo, quest'altro colpo. Aveva
-frequentato la scuola di scherma; parlava colla sicurezza
-di un buono scolaro, col sangue freddo di
-chi è sicuro del fatto suo.
-</p>
-
-<p>
-Ella ascoltava, pallida e in silenzio.
-</p>
-
-<p>
-A un tratto, Roberto, cessò di parlare. Girellò ancora
-più volte pel salotto, toccando distrattamente
-libri e gingilli.
-</p>
-
-<p>
-Poi con un piccolo brivido nervoso si fermò e
-disse come a malincuore: — Sono stanco!
-</p>
-
-<p>
-— Lo credo. Non avrete dormito molto stanotte?
-</p>
-
-<p>
-— Affatto. E l'altra notte e la notte avanti, avevo
-fatto tardi al Club.
-</p>
-
-<p>
-Prese il suo cappello, per congedarsi. Ma invece
-s'indugiò irrequieto; poi sedette sur una <i>chaise
-longue</i>, che gli era vicina.
-</p>
-
-<p>
-— Come si sta bene qui. Quasi, quasi...
-</p>
-
-<p>
-Era realmente stanchissimo, in quell'istante, sotto
-l'influenza di un'improvvisa reazione di nervi. Lo
-aveva colto un subito, imperioso bisogno di riposo e
-di sonno.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span>
-</p>
-
-<p>
-Essa gli andò accanto.
-</p>
-
-<p>
-— Volete riposare qui? — gli chiese.
-</p>
-
-<p>
-Senz'attender risposta, abbassò alquanto un cuscino
-che giaceva sullo schienale; poi, con atto
-dolcemente autorevole, posò una mano sulla spalla
-di Roberto e gli disse:
-</p>
-
-<p>
-— Riposate.
-</p>
-
-<p>
-— Che, che! — replicò il giovane, tentando di
-reagire contro la tentazione dell'invito e la involontaria
-flessione delle membra. — Ma le pare?
-</p>
-
-<p>
-Ma poi, come vinto, ubbidì e si allungò alquanto
-su quel letto improvvisato.
-</p>
-
-<p>
-Elisa osservò che la guancia di Roberto era a un
-contatto disagevole col ricamo rilevato del cuscino.
-Con una rapida mossa, come avrebbe potuto fare
-una madre, passò il braccio dietro il capo di lui, lo
-sollevò alquanto, e stese rapidamente sul ricamo il
-suo fazzoletto di battizza.
-</p>
-
-<p>
-Poi adagiò sul cuscino la testa di Roberto e gli
-chiese sommessamente:
-</p>
-
-<p>
-— Va bene così?
-</p>
-
-<p>
-Egli era già mezzo assopito. Riaperse le palpebre
-un istante per mandare alla Contessa uno sguardo
-affermativo, pieno di languido benessere, mentre la
-bocca aveva un sorriso vago, quasi infantile. Poi si
-addormentò.
-</p>
-
-<p>
-Elisa stette immobile, ritta, accanto a lui, guardandolo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span>
-</p>
-
-<p>
-Un grande silenzio regnava nel salotto. Si udiva
-da lungi l'eco affievolito dei pochi strepiti di via
-S. Gallo e il sordo ronzìo di un moscone, smarrito
-nei labirinti di seta e di trina, fra le doppie cortine
-applicate alla finestra.
-</p>
-
-<p>
-Il respiro del dormente era sì lieve che la Contessa
-si chinò, per udirlo meglio, mentre un pensiero
-imperlava di sudore la sua fronte. Lentamente, inconsciamente,
-s'inginocchiò al suo fianco.
-</p>
-
-<p>
-Così sentiva il suo respiro. Vedeva, tranquilla nel
-sonno, la poderosa forma dai nobili e fini contorni.
-Il volto era idealmente bello... le parve più bello
-del solito, con quel lieve pallore di stanchezza, colle
-labbra socchiuse sul lucido smalto dei denti, e appena
-ombreggiate all'alto da un disegno più che da una
-forma di bruni mustacchi. Attorno alle lunghe palpebre
-calate si allargava più diffusa l'ombreggiatura
-delicata, così suggestiva di confusi sensi di passione
-e di sentimento...
-</p>
-
-<p>
-— Dio! — mormorò Elisa — com'è bello!...
-</p>
-
-<p>
-Non l'aveva mai veduto così bello, non aveva mai
-compreso come in quell'istante la poesia ed il fascino
-di una giovane e maschia bellezza!
-</p>
-
-<p>
-Pensò ciò che sarebbe quel volto improntato di
-un carattere tragico, in un sonno più greve, nel
-sonno che...
-</p>
-
-<p>
-Balzò in piedi, con un senso folle di raccapriccio
-e per un istante il suo seno non ebbe respiro.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span>
-</p>
-
-<p>
-Scosse il capo, ridendo. Scacciò quell'impressione;
-poi, di nuovo, s'immerse nella contemplazione del
-dormente.
-</p>
-
-<p>
-Sì, era bello... Una festa per gli occhi quel suo
-aspetto, un calore pel cuore la sua compagnia, la
-sua gioventù, la giovanile allegria del suo carattere,
-delle sue parole. Ah! Dio, era stato crudele per lei!...
-Non le aveva dato nessuno ch'ella potesse amare
-così, come Tecla amava suo figlio. Pure, anche per
-lei Roberto era un oggetto di inesprimibile affetto,
-ormai! Certo, ella soffriva ora come se egli fosse
-stato un figlio suo, in pericolo di morte.
-</p>
-
-<p>
-Poichè era veramente in pericolo di morte, dopo
-tutto. Un momento, un colpo mal parato, una mossa
-abile di Carisi... Ah maledizione! Ma perchè, perchè?...
-E quegli sciagurati, Serristano e gli altri, che non
-avevano saputo impedire, che discutevano il modo
-di far ammazzare quel ragazzo... E tutto ciò... per
-una parola, un'inavvertenza! Ah non poteva... non
-doveva essere!
-</p>
-
-<p>
-Ebbe un impulso frenetico di far qualcosa, qualunque
-cosa, per stornare il pericolo. Mille confuse
-suggestioni si urtarono nel cervello di quella donna.
-Scrivere a Serristano, avvertir la Questura, telegrafare
-a Tecla. Ma tosto, per una inevitabile reazione
-di buon senso, sentì quanto tutto ciò fosse impossibile.
-</p>
-
-<p>
-Erano ancora i fantasmi della terribile notte insonne
-<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span>
-da lei passata, le insane idee che un istante
-arrecava e l'altro metteva in fuga. Sorrise con una
-beffarda ironia di sè stessa.
-</p>
-
-<p>
-No, la legge mondana voleva così; il pregiudizio,
-la voce pubblica. Se non si batteva, Roberto sarebbe
-stato un vigliacco. E non lo era... no... non lo era!
-Andrebbe sul terreno e in modo degno di lui, del
-suo nome, dell'amore di... sua madre.
-</p>
-
-<p>
-Con uno strano impulso di orgoglio, si chinò ancora
-su di lui, frenando un subito desiderio di accarezzare
-quella giovane fronte.
-</p>
-
-<p>
-Certo, l'avrebbe protetto il sangue freddo che ella
-aveva sempre rilevato nel suo contegno, quella padronanza
-di sè stesso che gli era propria e che pareva
-tutto propiziargli, tutto semplificare attorno a
-lui. Quella calma gaja dell'esistenza ch'egli pareva
-quasi comunicare anche a lei, mettendo come un
-riposo, un ambiente più aerato nella gravità complicata
-dei suoi pensieri e delle sue abitudini. Ah com'era
-mutata, in realtà, la sua vita, dacchè Roberto
-aveva cominciato a frequentar casa sua! Che raggio
-di sole, di gioventù aveva portato con sè! Qualcosa
-di così nuovo, di sì fresco... si dolce...
-</p>
-
-<p>
-S'arrestò ad un tratto, nella mente di quella donna,
-l'irruenza di quei pensieri. Le parve notare che
-Roberto non dormisse più quietamente, come poc'anzi.
-</p>
-
-<p>
-Così era. Il giovane si moveva di frequente: come
-se stesse a disagio. Lievi contrazioni agitavano i
-<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span>
-suoi muscoli e non andò guari che le sue fattezze
-assunsero un'espressione angosciata. Evidentemente,
-lottava con un incubo.
-</p>
-
-<p>
-Forse per l'inconscio sforzo d'una reazione, si
-destò ad un tratto. Balzò a sedere, aprendo due occhi
-sgomentati. Lo sguardo errò torbido, incerto per la
-sala, per fissarsi poscia, coll'espressione di chi trova
-uno scampo, sulla contessa Elisa.
-</p>
-
-<p>
-Colle mani calde, tremanti, afferrò quelle di lei.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! son qui... È lei... Domani, nevvero?...
-domani?
-</p>
-
-<p>
-Ella non parve avvertire la confusa angoscia di
-quella frase. Gli disse solo dolcemente:
-</p>
-
-<p>
-— Siete qui, Roberto, da me, con me...
-</p>
-
-<p>
-Egli era al tutto desto ormai, e aveva raccapezzate
-le sue idee. Diede in un piccolo scoppio di riso.
-</p>
-
-<p>
-— Oh, curiosa! Niente, sa? Un sogno, una sciocchezza...
-</p>
-
-<p>
-Elisa aveva in quel frattempo liberata una delle
-sue mani dalle strette di Roberto, e tolto dal cuscino
-il fazzoletto, lo andava passando dolcemente sulla
-fronte del giovane, bagnata di qualche stilla di sudore.
-E l'amorosa voce, tremante, sussurrava quiete,
-ilari parole di conforto e di rimprovero. Certamente,
-aveva sognato. Bella cosa, turbarsi così per un
-nonnulla!...
-</p>
-
-<p>
-Egli ebbe ancora un piccolo brivido, subito vinto.
-Era stato terribile quel nonnulla. Ma era passato.
-Egli era lì, ora... con lei.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span>
-</p>
-
-<p>
-Senza lasciare la destra d'Elisa, afferrò l'altra
-mano di lei, quella che teneva il fazzoletto, e di
-nuovo le strinse entrambe nelle sue. Poi sollevò il
-volto ed i loro sguardi s'incontrarono da presso.
-Ella, pallidissima, solo intenta a velare l'intima angoscia
-di quegli istanti, lasciava che l'animo suo
-parlasse dentro i suoi occhi, pieni di immensa tenerezza.
-Ed in quelli di lui era una ineffabile espressione
-di gratitudine e di fiducia, insieme ad una indecisa,
-patetica forma di appello...
-</p>
-
-<p>
-Lentamente, come sopraffatto dall'intensità delle
-lotte segrete ch'egli aveva sino a quell'istante saputo
-dissimulare, Roberto chiuse gli occhi, e, a guisa di
-uno stanco fanciullo, posò il capo sul petto della
-Contessa. Lo sguardo di quella donna ebbe lo smarrimento
-vago di un'estasi. Ella non si risentì nè si
-ritrasse. Tacque. Ma, sotto il morbido rialzo del seno,
-i violenti battiti del suo cuore giungevano all'orecchio
-di Roberto.
-</p>
-
-<p>
-— Ah!... — mormorò questi, quasi inconsciamente, — morire...
-non sarebbe niente. Ma così... nevvero?...
-</p>
-
-<p>
-— Così... — sussurrò Elisa, come un'eco lievissima,
-involontaria.
-</p>
-
-<p>
-Ci fu una lunga pausa, di quella pace, di quel silenzio.
-Niente altro.
-</p>
-
-<p>
-Lentamente, come lo aveva chinato, Roberto rialzò
-il capo. La stretta delle mani si sciolse. Egli si alzò
-e si allontanò. Elisa non lo trattenne.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span>
-</p>
-
-<p>
-Roberto si recò alla finestra, e, sollevate le cortine,
-guardò a lungo nel giardino. Dal caminetto,
-dalla pendolina rococò, che tante gaie ore di colloquii
-aveva noverate colla sua voce argentina, venne
-ora l'accento dell'ora tarda, quasi serale, che doveva
-separare quei due.
-</p>
-
-<p>
-Egli tornò indietro e prese il cappello.
-</p>
-
-<p>
-— Le cinque, nevvero? Come sono venute presto!
-Serristano mi aspetterà a casa.
-</p>
-
-<p>
-— Certo, — disse lei — e vi sgriderà, perchè non
-avete seguito il suo consiglio.
-</p>
-
-<p>
-S'arrestò... Sentiva di non potersi più fidare del
-suono della propria voce. Ed era sì pallida ormai,
-durava a reggersi in piedi una fatica così evidente
-che Roberto ebbe la subita intuizione di ciò che
-quella donna soffriva per lui. Un lampo di fiero,
-beato orgoglio passò nei suoi occhi, ma nel suo
-cuore destossi in pari tempo una nobile e generosa
-pietà.
-</p>
-
-<p>
-— Ha ragione — disse dolcemente. — E Serristano
-pure. Vado a casa a riposarmi davvero. Ma,
-anche lei, deve promettermi d'esser buona. Non voglio
-che si senta male... sa?
-</p>
-
-<p>
-Una bizzarra metamorfosi della situazione pareva
-aver subitamente invertite le circostanze. Era il
-giovane ora che, colle parole e cogli sguardi, infondeva
-in lei il coraggio e la calma, ella che subiva
-l'impero del sangue freddo di lui.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Dunque — insistè Roberto — sarà buona?
-</p>
-
-<p>
-Elisa chinò il capo, docilmente.
-</p>
-
-<p>
-— A rivederci — diss'egli in tuono lieto.
-</p>
-
-<p>
-— A rivederci.
-</p>
-
-<p>
-Simultaneamente, diedero un rapido sguardo circolare
-attorno a loro, sulle pareti, alle cose del
-salotto.
-</p>
-
-<p>
-Egli proseguì: — Saprà subito, naturalmente, domani.
-Vedrà che tutto avrà un lieto fine. Verrò subito
-a vederla.
-</p>
-
-<p>
-— Certo... l'aspetto.
-</p>
-
-<p>
-Egli prese la mano di lei e curvandosi la baciò.
-Era l'atto solito e cortese in cui egli sapeva mettere
-tanta grazia di omaggio. Senonchè stavolta in
-esso parve riassumersi l'appassionata riverenza, tutto
-l'ardore di gratitudine e di adorazione che irrompevano
-in quell'istante nel cuore del giovane. Ella
-comprese il significato di quel bacio. E quella mano,
-così baciata, scese poscia lenta con un gesto di sublime
-benedizione, sulla testa chinata di Roberto.
-</p>
-
-<p>
-— Andate, Roberto — disse Elisa quietamente.
-</p>
-
-<p>
-Egli non rispose. Alzò il capo, la guardò, le sorrise,
-ed uscì.
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-Ghita, la cameriera della contessa Elisa, entrando
-la mattina susseguente alle otto nella camera della
-sua signora la trovò già alzata. Lo era da parecchie
-ore. Stava allo scrittoio, ma non scriveva, nè si occupava
-altrimenti. Aspettava, soltanto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span>
-</p>
-
-<p>
-Roberto le aveva detto: «alle sette.» Dunque,
-qualcosa doveva già essere accaduto.
-</p>
-
-<p>
-Ma solo verso le otto e tre quarti le fu recato un
-biglietto scarabocchiato a lapis e pressochè illeggibile.
-Pure, ella lesse:
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p>
-«Benissimo tutto, scalfittura per ridere. Verrò
-più tardi.
-</p>
-
-<p class="indr">
-«<span class="smcap">Roberto.</span>»
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Al primo momento Elisa non avvertì di provar
-nulla; nè gioia, nè altro. Una ridda di confuse sensazioni
-sbalestrò lo spirito di quella donna nelle regioni
-di un cieco indefinito... Poi, d'improvviso, e
-sotto l'impressione di qualcosa che somigliava ad
-uno spasimo nervoso, strinse forte le mani sul petto
-anelante. E allora soltanto, quasi costretta da quell'atto
-inconsulto, si sprigionò l'esplosione di una gioia
-folle, ebbra! Un senso di trasporto inenarrabile si
-tradusse con un sol grido, con una sola parola:
-</p>
-
-<p>
-— Roberto!
-</p>
-
-<p>
-D'un balzo, Elisa fu allo scrittoio, ne strappò la
-lettera destinata a Tecla.
-</p>
-
-<p>
-Con un breve, rauco scoppio di risa la gettò nel
-caminetto, sulla brace incandescente. La lettera si
-contorse dapprima senza ardere, con degli scatti di
-vipera ferita a morte. Poi si avvolse d'un denso fumo
-bianchiccio, poi, con un subito lampeggiar di fiamma,
-si accese. Oh! lo splendore di quella vampa, di quelle
-<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span>
-lingue di fuoco che mordevano la carta, che cancellavano
-quelle parole...
-</p>
-
-<p>
-E allora bruscamente, improvvisamente del pari,
-qualcosa, un'altra luce, un'altra fiamma, divampò nel
-pensiero di Elisa. Qualcosa ch'era nella sua gioia,
-oltre la sua gioia, che rivelava al suo pensiero tutto
-un fatale mistero di sè stessa, che spiegava tutte le
-complicazioni dell'agonia ch'ella aveva vissuta nelle
-ore scorse. Nella mente, nell'animo si fecero strada
-una certezza, un istinto irrecusabili. Ella si dibattè
-un istante contro lo sgomento supremo di quella rivelazione,
-si rifiutò al terrore di quel vero, spietato,
-incalzante! Ma solo un istante. Comprese a un tratto,
-brutalmente, che ella amava Roberto, e <i>come</i> lo
-amava.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — gridò — misera me!...
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Verso le cinque di quello stesso giorno, invece di
-Roberto si fece annunziare dalla contessa Elisa il
-marchese Geri di Serristano. Elisa ebbe un secondo
-di terrore. Che c'era di nuovo? Perchè lui, anzichè
-Rescuati?
-</p>
-
-<p>
-Serristano la rassicurò. Roberto era in realtà lievemente
-ferito ad un braccio. Pel sorvenire di un
-piccolo accenno di infiammazione e solo per misura
-precauzionale, il dottore aveva ordinato qualche
-giorno di letto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span>
-</p>
-
-<p>
-Strano a dirsi; la Contessa provò quasi un senso
-di sollievo, udendo che non avrebbe avuta occasione
-di veder subito Roberto. Il cuore ha talvolta di
-questi bizzarri controsensi; li ha più spesso che non
-si creda.
-</p>
-
-<p>
-Elisa ascoltò con attenzione il particolareggiato
-racconto del duello. La vertenza era stata esaurita
-secondo le regole della più stretta cavalleria. Erano
-state bene interpretate le consuetudini e rigorosamente
-osservate; i due giovani s'erano condotti benissimo.
-Non era stato un duello facile; l'irritazione
-visibile di Carisi e la sua valentia di schermidore
-napoletano (era allievo di Parise) lo rendevano formidabile
-per l'inesperienza del giovane Rescuati. Ma
-questi aveva a suo pro un mirabile sangue freddo,
-e si era felicemente giovato delle sue cognizioni tecniche,
-rendendo all'avversario, pel colpo d'avambraccio
-ricevuto, un buon colpo di bandoliera.
-</p>
-
-<p>
-— Ma non grave... speriamo — disse vivacemente
-la Contessa.
-</p>
-
-<p>
-— Oh no! per fortuna. Un mesetto di cura e basta.
-E non è per cagion sua se non si è buscato di peggio.
-Si sarebbe detto che ci teneva a farsi accoppare...
-Forse ci teneva, per l'appunto.
-</p>
-
-<p>
-— Povero giovane! — mormorò Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Le prime trattative — continuò Serristano — dimostravano
-in lui l'intenzione che il duello avesse
-luogo in condizioni assai più gravi. E se le cose avevano
-<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span>
-potuto assumere un'indole più mite, non era
-difficile attribuirle all'intervento di una volontà benefica
-e... femminile.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — sclamò Elisa — la duchessa d'Accorsi!
-</p>
-
-<p>
-Subito si morse le labbra e una confusione penosa
-si fece palese sul suo volto.
-</p>
-
-<p>
-— Cioè, — mormorò — non voglio dire... è una
-mia supposizione...
-</p>
-
-<p>
-— No, — disse Serristano, sorridendo — è per
-molti, come per lei, un convincimento, che non manca
-di una base plausibile... Si può sbarazzarsi con spirito
-di un passato che non ha più ragione d'essere,
-e in pari tempo adoperarsi perchè di questo passato
-non rimanga il corollario di una tragedia. Ora, la
-curiosità pubblica sarà eccitata dalla probabilità della
-rottura delle nozze di Carisi.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! ella crede?...
-</p>
-
-<p>
-— Lo desidero per Carisi. Il conte Rescuati ha
-espresso, nella frase sfuggitagli, l'opinione che sta
-in fondo a tutte le coscienze oneste. E la duchessa
-d'Accorsi assume facilmente delle gravi responsabilità.
-</p>
-
-<p>
-Elisa tacque un istante. Poi disse, come se parlasse
-a sè stessa, anzichè a Serristano:
-</p>
-
-<p>
-— L'amore è sempre una responsabilità.
-</p>
-
-<p>
-L'accento di Elisa era sì grave, ella pareva sì profondamente
-assorta nel senso di quelle parole che
-<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span>
-Serristano la guardò meravigliato. Ella, che non soleva
-mai parlare di queste cose.
-</p>
-
-<p>
-— Certo... — ripetè Elisa come un'eco, — se ama
-davvero.
-</p>
-
-<p>
-Ancora, nella sua voce sommessa, vibrava la peculiare,
-inesplicabile coloritura dell'accento.
-</p>
-
-<p>
-Serristano pensò un istante: — Cosa c'è in quella
-voce? Una curiosità o un segreto?
-</p>
-
-<p>
-Dopo un momento, s'alzò per congedarsi.
-</p>
-
-<p>
-— La contessa Rescuati — gli disse Elisa — non
-è ancora stata informata dell'accaduto. Il suo delicato
-stato di salute e la cognizione di alcune sue opinioni
-personali sul duello ci hanno dissuasi dal recarle
-sì grave scossa. Ma io credo di poter esprimere
-in suo nome il sentimento d'altissima gratitudine che
-ella, edotta del fatto, proverebbe per chi, come lei,
-ha, in così grave circostanza, sì amorevolmente assistito
-suo figlio.
-</p>
-
-<p>
-Serristano si chinò commosso: — Non ho fatto
-che il mio dovere. So di dovere a lei, Contessa, l'onore
-di essere stato scelto a padrino del conte Rescuati,
-e di cuore ne la ringrazio, poichè il suo consiglio
-mi ha procurato la compiacenza d'essere utile
-ad un giovane tanto simpatico e che ha saputo
-condursi tanto bene in questa prima e difficile
-prova.
-</p>
-
-<p>
-Essa chinò il capo, assentendo. E sul suo volto si
-diffuse una subita misteriosa bellezza, un non so che
-<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span>
-di ideale, che parve trasfigurarla. Non pensava a sè
-in quel momento, pensava solamente a Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Ancora Serristano chiese a sè stesso: — Ma cos'ha
-quella donna?
-</p>
-
-<p>
-Questo aveva soltanto: l'amore!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Fu per tutta Firenze un grande avvenimento questo
-del duello fra Rescuati e Carisi, e ne accrebbe non
-poco la simpatia di cui già godeva il primo. Da qualche
-tempo in qua, il poeta montanaro aveva spiegato un
-carattere nuovo e sgradito, un fare beffardo, diverso
-dall'antica spigliatezza, che gli aveva conciliata dapprima
-tanta benevolenza. Lo spirito suo s'era mutato
-in critico e mordace, e bisognava stare attenti,
-quando si parlava con lui, per non farsi canzonare.
-E il suo progettato matrimonio, benchè non unico
-esempio di transazioni poco consentanee ad un vero
-sentimento di dignità e d'indipendenza personale,
-benchè alcuni trovassero, in qualche basso fondo delle
-proprie segrete aspirazioni, un sospiro d'invidia pei
-vantaggi materiali di esso, non era certo tale da
-conciliare a Carisi l'aperto plauso dei più. Che fosse
-opera della Duchessa, ciò non meravigliava guari.
-Anzi... era consono al suo carattere. Anche dopo
-aver spezzati i vecchi trastulli, ella si divertiva talvolta
-a serbare una certa tal quale giurisdizione sui
-rottami e a disporne a suo grado. Era anzi una delle
-<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span>
-sue speciali prerogative, e convien dire ch'ella avesse
-una straordinaria e prestigiosa abilità per coonestare
-la sistemazione di oggi coll'accaduto di ieri, poichè
-le cose finivano sempre coll'accomodarsi in un modo
-ovvio, ragionevole, vantaggioso insomma; quasi onorevole.
-Ed era tanto tempo che le cose camminavano
-così per quella privilegiata fra tutte le donne!
-</p>
-
-<p>
-Il torto marcio l'aveva avuto lui, Carisi, con quella
-sua improntitudine di saltar fuori, così a sproposito,
-dal suo nascondiglio!... C'era; poteva starci quieto
-sino alla fine, invece di disturbare la gente a quel
-modo. Lo doveva pur sapere cosa pensavano di lui
-e del suo matrimonio! Ed era imperdonabile di esser
-rimasto senza appalesarsi, celato in quel terzo di
-<i>pâtè</i> traditore, testimonio indiscreto di un colloquio,
-(oh... la Duchessa aveva detto delle cose tanto carine,
-a questo proposito!) un colloquio che pareva
-assai bene avviato... E quella scenata in casa della
-Duchessa e quell'accanimento così sragionevole!...
-Mentre invece Rescuati era stato addirittura splendido.
-I padrini suoi e di Carisi n'erano rimasti incantati:
-Carisi stesso aveva resa giustizia all'inappuntabile
-contegno del suo avversario. Insomma,
-era un coro di lodi e un trasporto generale di simpatia
-e Roberto aveva toccati tutti gli onori della
-giornata.
-</p>
-
-<p>
-Speroni era, s'intende, a capo degli entusiasti. Già,
-l'aveva consigliato lui, benchè in forma non ufficiale.
-<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span>
-In realtà l'aveva seccato a morte coi suoi frivoli
-consigli, ma, ora che le cose erano andate bene,
-s'intende che il merito era suo. Infatti fu lui a proporre
-una piccola unione e sottoscrizione di amici
-per festeggiare il battesimo d'armi di quel caro Bertino,
-con un punch d'onore da Giacosa.
-</p>
-
-<p>
-La peregrina idea fu accolta con plauso, e riescì
-una cosa piacevolissima... per gli amici. Ma non da
-Giacosa ebbe luogo la geniale e chiassosa riunione,
-bensì nel piccolo appartamento occupato da Roberto
-in via dei Serragli. L'eroe della festa non poteva
-uscir di casa. La sua ferita, benchè già chiusa, s'era
-fatta rossa assai, e un gonfiore s'andava levando attorno
-alla cicatrice. Il braccio era dolente e doveva
-esser recato ad armacollo. Il medico volle che Roberto
-rimanesse a letto, poichè s'era dichiarata un
-po' di febbre. Nel salotto attiguo alla camera da letto,
-e accanto all'immenso <i>bol</i> fiammeggiante, Speroni si
-investiva della sua duplice parte di iniziatore della
-festa e di rappresentante del festeggiato. Era un
-chiasso indiavolato, e Roberto avrebbe volentieri
-mandati al diavolo quegli allegri compagni, immemori
-del mal di capo che gli martellava le tempie.
-Non gli parve vero quando se ne andarono, rinnovando
-strette di mano, proteste d'ammirazione d'amicizia.
-E il male è che promettevano di tornare,
-alla spicciolata, per tener compagnia a quel simpaticone
-di Roberto. Ma il buon volere della gaia brigata
-<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span>
-si urtò l'indomani nel veto assoluto del medico,
-che esigeva pel malato la calma e la solitudine. S'era
-dichiarato un flemmone al braccio ferito.
-</p>
-
-<p>
-La sera stessa del giorno in cui aveva avuta da
-Serristano la relazione del duello di Roberto, la contessa
-Elisa aveva mandato il suo vecchio Andrea a
-prender notizie del conte Rescuati. E così di seguito
-sera e mattina, per parecchi giorni, sino a che le giunse
-il referto di questo flemmone... Quel nome le fece un
-senso bizzarro di terrore. Si ricordò di un domestico
-di suo padre, che, in seguito appunto ad un flemmone,
-era stato gravemente malato. E una grave lotta
-cominciò nel suo cuore, già tanto travagliato.
-</p>
-
-<p>
-La luce improvvisa che s'era fatta nell'animo suo
-l'aveva profondamente sconvolta. Ella si dibatteva
-in un mare di terrori e d'angoscie, dalle quali la
-sollevava solo a volte ed artificialmente l'illusione
-di essersi ingannata, o la determinazione presa con
-una specie di energia disperata di annientare coll'opera,
-col fatto, colla propria azione sull'animo suo
-l'effetto di quella funesta rivelazione... No... non sarebbe...
-perchè non doveva, non poteva essere! Ella
-vincerebbe prontamente quella inesplicabile, quella
-fatale debolezza, che l'aveva colta a tradimento! A
-volte un rossore profondo saliva alle sue gote, un'indignazione
-contro sè stessa le mordeva il cuore nel
-rimorso della sua imprudenza, nella coscienza della
-sua fiacchezza, nella derisione di ciò ch'ella aveva
-<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span>
-creduta la sua invulnerabilità! Sì, ella aveva passata
-una quasi intera esistenza scevra di passioni, di pericoli,
-nella calma austera d'un ambiente esclusivamente
-intellettuale, nello sprezzo tacito ed intimo di
-tutto ciò che si attiene al disordine, all'eccesso dei
-sentimenti, alla sregolatezza delle passioni, per giungere
-poi ora, in ritardo, tanto fuor di luogo, fuor di
-tempo... a soffrire così... in quel modo sì inatteso, sì
-terribile e, dopo tutto, sì inutile!
-</p>
-
-<p>
-Poichè a lei il sacrificio soltanto parve l'ultima
-parola di quella sciagurata scoperta. Non pensò ad
-altro...
-</p>
-
-<p>
-Iddio fa un dono immenso ad una donna quando
-le dà, per angioli custodi, il criterio ed il buon senso.
-Ma, quando la fatalità, l'imprudenza, ovvero la purezza
-stessa di questa donna, l'hanno esposta ad un
-pericolo ch'ella non ha saputo prevedere e ch'è più
-forte di lei, allora... oh, allora gli angioli custodi diventano
-due carnefici e i più spietati, che vendetta
-divina possa aver mai messi a fianco d'una umana
-esistenza. Con questi carnefici ella era dunque alle
-prese, quando una lettera di Tecla venne a vieppiù
-turbare l'animo suo.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-La contessa Rescuati aveva avuto da suo figlio
-una lettera, in cui egli le diceva succintamente dell'accaduto
-e del suo malessere attuale.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span>
-</p>
-
-<p>
-Malgrado le assicurazioni fattele da Roberto, ella
-era in grave pensiero per lui. Sarebbe venuta immediatamente
-a Firenze, ma l'infermità di cui soffriva
-ella stessa s'era siffattamente inacerbita in quel
-tempo che i medici non le permettevano di lasciare
-il letto. Supplicava Elisa di recarsi presso suo figlio,
-e di renderle esatto conto dello stato di Roberto. Se
-no... ella riterrebbe il silenzio di lei quale una tacita
-conferma dei suoi terrori, e partirebbe... a qualunque
-costo.
-</p>
-
-<p>
-La contessa Elisa aveva contezza precisa della malattia
-nervosa, che complicata da gravi affezioni reumatiche,
-aveva fatto della contessa Rescuati una
-povera invalida. Ravvisò nella lettera un'agitazione
-che Roberto non aveva certamente creduto di eccitare
-a tal grado, e pensò che, oltre ai rischi del
-viaggio per Tecla stessa, la visita di una donna sì
-evidentemente turbata d'animo non avrebbe certo
-giovato alla calma richiesta dallo stato di Roberto.
-Si ricordò che aveva promesso a Tecla di far le sue
-veci presso il figliuolo. Imprudente... ah, quanto imprudente...
-ma pur sacra, quella promessa!
-</p>
-
-<p>
-Passò un'ora, sola, in camera sua, in intima communione
-con sè stessa, di fronte all'esatta idea di
-ciò che doveva essere la sua linea di condotta. Alle
-più virili facoltà dell'animo suo chiese consiglio.
-L'ora susseguente la trovò calma e risoluta nella sua
-determinazione.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span>
-</p>
-
-<p>
-Si vestì, e fece attaccare il suo <i>coupé</i>. Passò all'Ufficio
-telegrafico e vi lasciò un telegramma per
-Tecla, così concepito:
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p>
-«Rassicurati. Nessun pericolo. Mi reco presso Roberto;
-scriverò ogni giorno. In tutto e per tutto,
-abbi calma a fiducia.
-</p>
-
-<p class="indr">
-«<span class="smcap">Elisa</span>.»
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Un quarto d'ora dopo, il suo <i>coupé</i> si fermava al
-portone della casa ove dimorava Roberto. Ella diede
-ordine al cocchiere che ripassasse fra tre ore.
-</p>
-
-<p>
-Salì la scala angusta che metteva al piccolo appartamento
-di Roberto, indicatogli dalla portinaia.
-Non ebbe d'uopo di suonare il campanello. Il cameriere
-era uscito, lasciando l'uscio socchiuso. Ella penetrò
-in una piccola anticamera, e di là in un salottino;
-tipo, a lei nuovo affatto, dei salotti di appartamenti
-ammobigliati. Non era certo dei peggiori,
-poichè Roberto pagava una elevata pigione, ma allo
-squisito gusto della Contessa, alla sua assoluta abitudine
-di ricercate eleganze intime, tornò alquanto
-ingrata la vista di quella stanza senz'alcun carattere
-proprio, coi mobili di velluto stinto, col volgare addobbo,
-privo di stile, colla convenzionalità plateale
-degli accessori. Un odore stantìo di fumo di sigarette
-riempiva l'ambiente, oscurato dal giallore polveroso
-delle cortine. Nel caminetto era spento il fuoco; sui
-tavolini, sulle odiose <i>consolles</i> dorate s'era adagiato
-un alto strato di polvere.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span>
-</p>
-
-<p>
-Elisa si arrestò esitante, colpita da uno nuovo e
-bizzarro sgomento dinanzi ad una porta che suppose
-dovesse condurre alla camera da letto di Roberto. Il
-cuore le batteva forte, mentre ella batteva dolcemente
-a quell'uscio...
-</p>
-
-<p>
-Uno stizzoso abbaiare di piccolo cane le rispose
-dall'interno. Ella attese invano, ripetendo colla nocca
-delle dita guantate la domanda d'ammissione. Per un
-istante un desiderio la colse, quasi irresistibile, di
-non insistere, di tornare indietro. L'abbaiamento si
-ripetè più irritato che mai, ma ad esso si unì un
-fioco <i>avanti</i>, che troncò l'esitazione di Elisa.
-</p>
-
-<p>
-Aperse e s'inoltrò nella stanza.
-</p>
-
-<p>
-Roberto s'era rizzato a sedere sul letto. Era acceso
-in volto e si sosteneva penosamente sul braccio
-sano.
-</p>
-
-<p>
-Ella si fermò un secondo ancora sull'uscio... Ma
-egli aveva avuto, vedendola, un'esclamazione di gioia
-sì viva, sì irrompente che ogni dubbio cessò in lei.
-Si avanzò dolcemente sino al suo capezzale.
-</p>
-
-<p>
-— Sono qui — disse con grande semplicità. — La
-mamma è inquieta ed io le ho promesso di far le
-sue veci.
-</p>
-
-<p>
-Il cane, che Roberto aveva fatto tacere con una
-energica scopola, s'era rifugiato sul copripiede del
-padrone, e di là, raggomitolato nella sua bellissima
-pelliccia bianca di lupetto, guardava sagacemente,
-studiandola, quella nuova visita capitata al padrone.
-<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span>
-Ma dopo un istante, soddisfatto del suo esame, cessò
-di brontolare. Depose il muso appuntato fra le zampette
-e chiuse gli occhiuzzi sagaci, pensando che poteva
-dormire tranquillo. E non aveva torto quel
-monello di Arnetto. Il suo istinto non lo ingannava.
-Molti potrebbero trovare ch'egli fosse un cane stranamente
-illuso, giudicando dalle circostanze... Ma no,
-per l'appunto.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Il flemmone si dichiarò davvero e quel povero
-braccio di Roberto divenne enorme. Il giovane era
-vinto ormai, sbattuto da quella febbre che lo teneva
-desto talvolta per notti intere, lasciandolo poi in uno
-stato di abbattimento e di semi-torpore che contrastava
-stranamente coll'irrequietezza d'altri momenti.
-Non era un malato cattivo, nè intollerante del male,
-ma si seccava molto della forzata dimora a letto,
-delle ore solitarie che gli parevano sì lunghe, mentre
-le idee sfilavano rotte, confuse, come una processione
-scompigliata da un uragano, in quella sua bella testa
-febbricitante. Si trovava male, a disagio, in quell'appartamento
-ristretto, privo delle comodità, delle eleganze
-a cui era abituato a casa sua.
-</p>
-
-<p>
-In tempi normali egli passava ben poche ore della
-giornata in quelle stanze un po' scure, un po' malinconiche,
-ma ora soltanto, dacchè non poteva lasciarle,
-<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span>
-avvertiva quanto gli fossero antipatiche. Il
-suo domestico fiorentino lo serviva bene e con una
-certa specie di zelo, ma era giovanotto anche lui e
-colla testa un po' all'aria, e volentieri, quando lo
-supponeva addormentato, scendeva chiotto chiotto
-per andare a far quattro chiacchiere dal tabaccaio
-del canto o coi cocchieri di una vicina rimessa di
-vetture. Un altro domestico, fissato per la circostanza,
-era un fior d'imbecille. L'infermiere, mandato da
-Serristano, aveva una faccia color di gambero e dei
-capelli rossi. Ora, Roberto nutriva un odio speciale
-pei capelli rossi! Non voleva dirlo a Serristano e si
-faceva continuamente delle ammonizioni; ma tant'è,
-la notte, alla luce incerta della <i>veilleuse</i>, quella zazzera
-rossa chinata per lo più, perchè l'uomo scordava
-talvolta di star desto, gli faceva l'effetto di un
-incubo.
-</p>
-
-<p>
-Non aveva punto deplorato il veto opposto alla
-buona volontà di Speroni e C.<sup>i</sup> di tenerlo allegro durante
-la sua malattia. Le poche visite di quella lieta
-brigata gli avevano lasciata una testa tanto fatta.
-Ma paventava ancor più le visite che ogni tanto si
-credeva in dovere di fargli la sua padrona di casa,
-una vecchia pinzocchera, che voleva guarirlo a modo
-suo, facendogli fare una novena a S. Bobi, e consigliandogli
-perennemente i rimedi del dottor Pagliano.
-</p>
-
-<p>
-Serristano veniva ogni tanto a vederlo e le sue
-visite liete e confortanti erano care a Roberto. Anche
-<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span>
-il medico curante era un simpatico giovane, che sapeva
-il fatto suo e aveva presa grande simpatia per
-lui; ma aveva una clientela estesissima, non poteva
-fermarsi da lui che il tempo strettamente necessario
-e a Roberto le giornate, come le notti, parevano
-eterne. Non era stato mai malato fuori di casa, e,
-ricordando in quali condizioni si era altre volte presentato
-un tal caso, quante e quali cure gli avessero
-prodigate in famiglia la madre, i nonni, i dipendenti;
-un confronto si presentava, triste, alla sua immaginazione,
-e una grande malinconia s'impossessava di
-lui, mentre cercava dissimularla agli altri e a sè
-stesso quanto poteva. Pensava con infinito desiderio
-alle sue allegre passeggiate, ai lieti ritrovi fiorentini,
-ma più ancora al salotto della Contessa. Nella sua
-solitudine e nell'eccitamento della febbre, pensava
-molto anche a lei. Non avrebbe certo osato chiederle
-di venire, ma quando vide accostarsi al suo letto
-quella persona sì elegante e sì gentile, quando vide
-chinato maternamente sul suo quel volto un po' sbattuto
-dalle passate angosce, ma pur così dolce a vedersi,
-nella sollecitudine e nella tenera pietà dello
-sguardo, quando sentì posarsi sulla fronte greve ed
-accaldata quella mano morbida e fresca, dalla delicata
-epidermide, egli non la sgridò d'esser venuta.
-La ringraziò soltanto, baciandole la mano e si abbandonò
-come un figlio, col senso di una sicurezza, di
-un benessere al tutto nuovi in lui, alle cure di quella
-<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span>
-donna. Non pensò ad altro. Poi, lo sappiamo, pensare
-non era il suo forte.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-La cosa fu presto organizzata e in questo modo:
-</p>
-
-<p>
-La mattina per tempo Elisa gli mandava Andrea,
-il quale, ammesso nella camera di Roberto, stava a
-sua disposizione per due ore circa, assistendo alla
-prima visita del medico, tanto da poter fare il suo
-rapporto alla Contessa. Verso le tre, capitava ella
-stessa e alle quattro veniva il dottore per la seconda
-visita, ed ella conferiva con lui.
-</p>
-
-<p>
-Poi il medico se ne andava ed ella prolungava la
-sua dimora per qualche po'.
-</p>
-
-<p>
-Roberto amava specialmente quei momenti, in cui
-egli sentiva tanto benefica, tanto placatrice l'influenza
-di quella donna. Ella parlava poco, si muoveva pochissimo,
-non aveva nessuno di quei zeli incomodi,
-di quelle insistenze crucciose che esasperano talvolta
-i malati, ma senza ch'ella facesse gran che, tutto
-pareva farsi più facilmente e meglio da che c'era
-lei. La camera stessa, quell'uggiosa camera volgare,
-pareva avere acquistato un nuovo carattere. Ella
-aveva fatta qualche alterazione nell'ordine dei mobili
-e degli accessori, recato qualche ninnolo, distribuita
-meglio la luce, disposto nei vasi qualche fiore senza
-profumo. Le sue visite erano inesprimibilmente care
-<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span>
-a Roberto, avrebbe voluto che non cessassero mai.
-Ma ella se ne andava invariabilmente quando nella
-camera calavano le prime ombre della sera. Ed egli,
-col rammarico di vederla partire, pensava dolcemente
-al domani. I suoi pensieri di malato non erano più
-inquieti, erano pieni d'abbandono e di una vaga spensieratezza
-beata.
-</p>
-
-<p>
-La sera veniva Serristano, ma neppur egli faceva
-tardi, e, uscendo dall'abitazione di Roberto, soleva
-per un istante recarsi da Elisa a darle un piccolo
-resoconto finale. Ovvero, lo faceva incontrandola in
-società dove la Contessa doveva pure qualche volta
-fare un po' di comparsa e dove udiva chiedere
-sempre con molto interessamento della salute di Roberto
-Rescuati.
-</p>
-
-<p>
-Prima di coricarsi, scriveva a Tecla. Era molto
-stanca quando si coricava. E dopo aver fatto uno
-stretto esame di coscienza, prima di addormentarsi
-e pur già come in sogno, pensava anch'ella dolcemente:
-domani....
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-— Oh! Oh! — esclamò Speroni un giorno in cui,
-uscendo dalla portineria ove era stato a chieder notizie
-di quel caro Roberto, si imbattè, sulla soglia,
-colla contessa Elisa; la quale era tranquillamente
-avviata, non alla portineria, ma verso le scale.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span>
-</p>
-
-<p>
-La Contessa non faceva mistero alcuno delle sue
-visite. Non osservò neppure l'aria stolidamente attonita
-di Speroni, nè la mossa incerta ed imbarazzata
-colla quale egli la salutò. Aveva fretta di salire quel
-giorno; il riferto d'Andrea non l'aveva al tutto soddisfatta,
-e sapeva che il medico deciderebbe dell'opportunità
-di operare il flemmone. Salutò con evidente
-distrazione, e salì.
-</p>
-
-<p>
-Speroni la lasciò salire. Attese un istante per vedere
-se, avute informazioni più immediate dal domestico
-di Roberto, sarebbe ridiscesa. Attese a lungo
-anzi, con una gran paura che la Contessa ritornasse
-subito.
-</p>
-
-<p>
-Ma no... Trascorse quasi un quarto d'ora, ed egli
-cominciò a gongolare. Una soddisfazione sincera ed
-ignobile si dipinse sul suo volto... Ora, era certo del
-fatto suo. Ma che <i>toupet</i> aveva quella donna!
-</p>
-
-<p>
-Speroni amava far visite. Era ciò che gli inglesi
-chiamano a <i>lady's man</i>, un uomo da signore. L'espressione
-è bizzarra e da noi assumerebbe troppa
-varietà d'aspetti per essere facilmente adottata. Nel
-caso di Speroni, per esempio, avrebbe definito un
-uomo che della società delle signore avesse esclusivamente
-assorbite e fatte sue tutte le piccole viltà,
-le piccole cattiverie, i piccoli ignobili accanimenti
-che potessero mai, per avventura, lievemente adombrare
-lo splendore complessivo del carattere femminile,
-considerato da tutti i lati del poliedro.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span>
-</p>
-
-<p>
-Perciò Speroni provò subito un bisogno immenso
-di trovarsi fra delle signore e di farle divertire un
-pochino. Se si scandalizzavano, erano delle sciocche;
-se arrossivano, delle ingenue; se ridevano, delle donne
-di spirito. Se qualche volta toccava un'aspra o ben
-azzeccata risposta, rideva anche lui, ch'era un uomo
-di spirito alla sua volta. E, ad ogni modo, la novità
-era in corso e per merito suo.
-</p>
-
-<p>
-Quel giorno cominciò a far visite ad ore impossibili
-e siccome ad ognuna non dedicava che poco tempo,
-quello necessario per narrare la sua «novità» e
-raccogliere il primo fiore dei commenti che suscitava,
-è facile credere ch'egli fornì in quel giorno una discreta
-carriera di visite. Erano solo le cinque e mezzo
-quando giunse da Mrss Glengham e in tempo pel
-suo <i>five o clock tea</i>.
-</p>
-
-<p>
-Mrss Glengham era un'americana ultramilionaria
-alla quale non conferiva troppo l'aria circolante per
-tutta quanta l'atmosfera del Nuovo Mondo. Era un'aria
-troppo vibrata per i suoi polmoni, malati, poverini!
-La duchessa d'Accorsi le aveva accordata la
-sua protezione, e l'aveva sovvenuta dei suoi consigli
-sul modo da seguire perchè la società fiorentina aiutasse
-la buona signora a sbarazzarsi d'una incomoda
-pletora di quattrini, i quali non avrebbero forse, sul
-luogo della propria origine, osato mostrarsi sì bellamente
-alla luce del sole.
-</p>
-
-<p>
-Aveva già dato parecchi gran balli, dei pranzi di
-<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span>
-gala e delle <i>soirées</i> intime, alle quali gli invitati si
-divertivano immensamente; anche un pochino per
-le <i>toilettes</i> della padrona di casa e per gli spropositi
-che le facevano piacevolmente dire in italiano. Si
-divertivano assai delle malinconiche passeggiate, alla
-ricerca di un cantuccio quieto, del padrone di casa.
-Mr Glengham non capiva una parola di italiano, e
-aveva il «porter» malinconico e amico dell'ombra.
-Lo si trovava ordinariamente a cose finite, addormentato
-su un divano, o anche sotto qualche tavolo,
-d'onde poi era difficilissimo il persuaderlo ad uscire.
-</p>
-
-<p>
-I <i>five o clock teas</i> di Mrss Glengham erano sempre
-molto frequentati. Quel giorno, c'era folla. C'era la
-duchessa d'Accorsi colla figlia, della quale si diceva
-ormai con molta insistenza che fosse davvero invaghito
-il Principe regnante di Hetzengenfeld; invaghito
-al punto di pensare sul serio a sposarla! Ah
-se faceva questo la Duchessa, se ci arrivava... chi
-avrebbe potuto negarle l'omaggio di una sconfinata
-ammirazione?
-</p>
-
-<p>
-Il salotto era affollato e ad ogni istante capitavano
-nuove visite, che rendevano necessari spostamenti
-di gruppi e allargamenti di circoli. In mezzo alle
-ricchissime, ma semplici e scure acconciature da
-passeggio delle visitatrici, spiccava la stravagante e
-fantastica <i>toilette d'intèrieur</i> che Mrss Glengham
-si credeva in diritto di sfoggiare ai suoi ricevimenti
-di giorno. Era qualcosa di splendido e di grottesco
-<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span>
-ad un tempo e lo squisito taglio Vatteau di quella
-creazione di Worth faceva assolutamente a pugni
-colla tozza, enorme corpulenza della donna che l'indossava
-e che aveva creduto di completarne l'intonazione
-capricciosa colla innovazione d'un <i>foulard</i>
-alla creola, negligentemente stretto attorno alla propria
-zazzera ribelle, che si ostinava a proclamarsi
-nera, sotto una generosa tintura d'aurocrome. Ma
-tutti stavano serii davanti a quella stonatura stridente,
-e il coraggio civile di fargliene i complimenti non
-mancò a qualcuno. Ed ella era felicissima, contenta
-di sè e degli altri, gongolante per il novero straordinario
-delle tazze di thè che avevano in quel giorno
-irrorati i petti di tanti rappresentanti dell'<i>high-life</i>
-fiorentina.
-</p>
-
-<p>
-A questa gradita sì, ma accaparrante occupazione,
-ella doveva pure ogni tanto frapporre qualche pausa
-di riposo; ed allora la sostituiva al tavolo da thè,
-qualche visitatrice di buona volontà e fra le signorine
-specialmente si spiegava un gaio zelo di aiuto. Così
-fu che Marina Negroni, vedendo a un dato momento
-un po' intralciato il servizio, si offrì a far circolare
-le tazze e cominciò col recarne di qua e di là, secondo
-l'occorrenza: cosa non molto facile con tutta
-quell'agglomerazione di gente e di mobili. Ma ella
-seppe destreggiarsi benissimo, e aveva quasi sbrigato
-il suo incarico, quando giunse presso un gruppo di
-signore e di giovanotti, in mezzo ai quali Neri Speroni
-<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span>
-narrava, come già l'aveva narrata tante volte
-in quel giorno, la sua famosa avventura del mattino.
-</p>
-
-<p>
-Così n'ebbe piena contezza anche Marina Negroni,
-mentre aspettava, sorridendo, con una tazza di thè
-in una mano, con un adorabile bricchettino di Boemia,
-per la panna, nell'altra. E udì pure al centro
-del gruppo alzarsi la voce stridente di sua madre.
-Ella difendeva Elisa e canzonava Speroni.
-</p>
-
-<p>
-— Mio caro, siete uno sciocco. Da quando in qua
-si dicono di queste cose? Può essere una cosa naturalissima.
-Rescuati è stato raccomandato a quella
-cara Elisa, e lei, che gli ha fatto sin qui da istitutrice,
-ora gli fa da infermiera. È nell'ordine.
-</p>
-
-<p>
-— Ma come, come? — ribatteva energicamente
-Speroni, che per nulla al mondo avrebbe rinunziato
-a ciò che egli riteneva il valore intrinseco della sua
-novità — come interpretare altrimenti... E poi già,
-si sa, egli ci andava tutti i giorni sin da prima. Del
-duello, non si è mai potuto appurare la causa reale.
-E noi, che per tanto tempo abbiamo creduto... poveri
-gonzi!...
-</p>
-
-<p>
-— Parlate per voi, — interruppe Ginevra, con
-una sì insolente e fina espressione di canzonatura
-che tutti si misero a ridere — e lasciate stare Elisa
-Serramonti, se vi piace. Sapete che non vi può vedere
-dipinto. Ovvero, provate a battervi e rovinarvi
-un braccio per vedere se Elisa viene a farvi da
-suora di carità. Ha tanto buon cuore, sapete!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span>
-</p>
-
-<p>
-La sortita della Duchessa ebbe un effetto di plauso
-e di risa che finì di annichilire il povero Speroni.
-Ma un altro effetto ebbe ancora. Che, pur difendendo
-generosamente la sua amica Elisa Serramonti, la duchessa
-d'Accorsi riuscì ad imprimere nell'animo de'
-suoi uditori l'impressione assoluta della realtà di ciò
-che egli, Speroni, aveva solo voluto insinuare.
-</p>
-
-<p>
-Una delle signore componenti il gruppo si voltò,
-avvertendo qualcuno dietro di sè.
-</p>
-
-<p>
-Era Marina colla sua tazza di thè, un po' oscillante,
-fra le mani, ma con un gentile sorriso d'invito.
-</p>
-
-<p>
-— Con panna, nevvero, cara Sofia?
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-— Adesso — disse Elisa lietamente — siete proprio
-guarito.
-</p>
-
-<p>
-— Le pare? — rispose Roberto dal seggiolone
-ove stava affondato, avvolto in una vesta da camera
-orientale, che gli dava un aspetto singolare, niente
-affatto disdicevole al suo tipo bruno e delicato.
-</p>
-
-<p>
-— Mi pare ed è — replicò la Contessa. — Lo ha
-proclamato il dottore. Un po' di pazienza ancora e
-il braccio al collo per un po' di tempo e poi starete
-benone e non vi sarà più traccia delle vostre campagne.
-</p>
-
-<p>
-Scherzava, ma aveva in cuore un'angoscia segreta,
-il pensiero che per l'ultima volta ella era venuta a
-trovare Roberto in casa sua.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span>
-</p>
-
-<p>
-Roberto taceva. Sapeva anch'egli che, dopo quel
-giorno, non sarebbe più tornata.
-</p>
-
-<p>
-— Vorrei essere ancora malato!... — disse con un
-sospiro.
-</p>
-
-<p>
-— Bravo... Mi rallegro. Bell'onore fate alla vostra
-infermiera! al dottore, a tutti quanti. E non vi bastano
-trenta giorni di dolori, febbre, tagli, chinino e
-compagnia bella?
-</p>
-
-<p>
-— Sì... — diss'egli. — Ma c'era lei...
-</p>
-
-<p>
-Elisa scosse il capo ridendo.
-</p>
-
-<p>
-— Ma io ci sono sempre, Roberto; non scappo
-mica. Fra qualche giorno verrete a trovarmi, e riprenderete
-la vostra vita solita. A proposito, sapete
-che siete l'eroe del giorno? Vi preparano delle ovazioni.
-Sarete perseguitato dall'entusiasmo generale,
-non vi lasceranno in pace.
-</p>
-
-<p>
-— Mi pare ch'ella canzoni alquanto, cara Contessa, — disse
-placidamente Roberto.
-</p>
-
-<p>
-— Ma che, — protestò Elisa, — non canzono
-affatto. Ve ne accorgerete. E bisogna che vi spicciate
-di tornare all'onor del mondo. Il carnevale è
-agli sgoccioli.
-</p>
-
-<p>
-— Come... è già finito il carnevale?
-</p>
-
-<p>
-— Quasi; era breve quest'anno. Ma è stato brillantissimo.
-Lo pensavo sempre quando mi trovavo
-alla sera ad una festa: se ci fosse Roberto...
-</p>
-
-<p>
-— Ah! pensava... Allora dunque pensava a me
-anche quando era nel mondo, quando non era qui?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span>
-</p>
-
-<p>
-Sul volto di lui era un sorriso tenero e beato, e
-la guardava con una espressione, involontaria forse,
-ma che a lei faceva sempre l'effetto di un brusco
-richiamo all'idea di un grande pericolo e di un grande
-dovere.
-</p>
-
-<p>
-Ella sentì un moto più rapido dei battiti del cuore.
-Ma si attenne al sistema adottato. Ignorare...
-</p>
-
-<p>
-— Certo, rispose semplicemente — Perchè no?
-</p>
-
-<p>
-E prese a narrargli, col suo fare sciolto e quieto,
-i particolari delle ultime feste, quanto aveva in esse
-attirata l'attenzione dei curiosi. Il pettegolezzo non
-era il suo forte, ma ella sapeva, narrandolo, dare
-all'episodio di società un colore originale e divertente.
-</p>
-
-<p>
-Egli l'ascoltò, interessandosi a quanto ella diceva.
-Senonchè, a volte l'attenzione dello sguardo pareva
-assorbita più dalla narratrice stessa, che dalla narrazione.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Egli stava bene ora, decisamente. Aveva superato,
-mercè la sua robusta costituzione, in un periodo
-relativamente breve, tutte le fasi di un male non
-lieve. Ma i dolori prolungati, le lunghe febbri prodotte
-dal processo d'infiammazione, la dieta prolungata
-l'avevano indebolito alquanto. La convalescenza
-era normale. E, cosa strana, egli non la affrettava,
-nè colla volontà, nè col desiderio, quei due sì validi
-efficienti al pronto ricupero delle forze giovanili. E
-<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span>
-in quel momento, per esempio, così mollemente
-adagiato nel suo seggiolone, colla bellissima testa
-appoggiata al grande guanciale di piuma, collo
-sguardo accarezzato da un non so quale riflesso di
-benessere intimo, egli pareva assorto in una bizzarra
-e languida contentezza infantile.
-</p>
-
-<p>
-Quando ella si alzò per andar via, egli non la
-trattenne. Lasciò che, per risparmiargli un moto incomodo
-al braccio tuttora fasciato e raccomandato
-ad un fazzoletto sospeso al collo, gli rialzasse il
-guanciale che s'era alquanto rimosso. Per fare ciò
-più speditamente, ella depose il suo manicotto sulle
-ginocchia di Roberto. Egli passò nell'interno di quel
-leggero batuffolo di trine e piume la mano che
-aveva libera, mentre, attorno alle cartilagini del suo
-naso affinato dalla malattia, si produceva una vibrazione,
-l'aspirazione d'un olezzo, sentito coll'acuità di
-sensazione speciale ai nervi delle persone convalescenti.
-</p>
-
-<p>
-Frugò alquanto, sinchè trovò e ne trasse qualcosa
-con un'esclamazione di gaio trionfo.
-</p>
-
-<p>
-— To'... cos'ha qui? dei misteri!
-</p>
-
-<p>
-I misteri erano due foglie di violetta che cingevano
-cinque viole, in numero. Ma viole comuni, la
-volgare mammoletta del prato.
-</p>
-
-<p>
-Si voltò verso Elisa:
-</p>
-
-<p>
-— Come, già le viole? È dunque passato l'inverno?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Oh non ancora. Siamo ai primi di marzo. Ma
-non è più l'inverno. L'ho avuto stamane, questo
-mazzolino, dal fattore delle Celle. Me le mandano
-sempre. È il mio messaggio di primavera.
-</p>
-
-<p>
-— Quando mi sono coricato nevicava, e adesso è
-primavera... — disse Roberto, con accento bizzarramente
-pensoso.
-</p>
-
-<p>
-— Quasi...
-</p>
-
-<p>
-Il giovane tacque, odorando il profumo delle viole.
-Poi chiese:
-</p>
-
-<p>
-— Fuori fa freddo?
-</p>
-
-<p>
-— No, affatto.
-</p>
-
-<p>
-Erano accanto alla finestra. Egli s'alzò e l'aprì.
-Era la prima volta, dopo tanti giorni.
-</p>
-
-<p>
-La Contessa aveva detto il vero; non faceva freddo
-affatto. L'aria aveva un tepore straordinario, come
-accade talvolta a Firenze prima ancora che vi giunga
-la buona stagione.
-</p>
-
-<p>
-Roberto aspirò quell'aria fortemente, con avidità.
-Era un'arietta vibrata, ma sciroccale. Veniva dai
-paesi caldi, era una di quelle arie inquiete, capricciose,
-che sembrano sature dei vaghi misteri della
-terra e del cielo.
-</p>
-
-<p>
-La finestra guardava su una corte cinta da tre
-lati dal fabbricato della casa, e al quarto lato dall'alto
-muraglione d'un giardino limitrofo. Dalla parte
-del giardino s'alzava, sovrastando d'alquanto al
-sommo del muraglione, un mandorlo, i cui rami,
-<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span>
-privi affatto di foglie, si andavano qua e là costellando
-di botoline bianche. E nello sfondo cupo di
-un'anticamera, nella casa dirimpetto, da una gabbia
-posata accanto a una finestra aperta, giungeva un
-acuto, giocondissimo gorgheggiare di canerini.
-</p>
-
-<p>
-In tutto l'essere di Roberto si operò quasi una
-trasformazione. Un subito colore roseo subentrò al
-suo pallore di convalescente. Si eresse sulla persona
-e le sue nari aspiravano a lungo voluttuosamente
-quell'aria, mentre un leggero tremore scorreva la
-sua persona.
-</p>
-
-<p>
-A un tratto, quasi inconsciamente, afferrò la mano
-di Elisa, ed ella se la sentì stretta come in una
-morsa, si sentì avvolta da uno sguardo di fuoco.
-Sentì da quella mano sprigionarsi un calore umido
-di febbre, vide sul volto di lui una rapida contrazione,
-il succedersi di violente indefinibili espressioni;
-ebbe il presentimento e il terrore di una
-esplosione.
-</p>
-
-<p>
-Ma egli s'era già dominato; aveva lasciata la
-mano di lei e chiudeva tranquillamente la finestra.
-</p>
-
-<p>
-— È la primavera, — disse, tornato al tutto padrone
-di sè. — Ecco il suo manicotto, Contessa. Le
-viole me le lascia, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Se vi fanno piacere... Roberto.
-</p>
-
-<p>
-— Sì, tanto...
-</p>
-
-<p>
-Ella si dispose a partire e non permise che egli
-l'accompagnasse sino all'uscio. Volle vederlo seduto
-<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span>
-tranquillamente nel suo seggiolone. E gli mise accanto
-un giornale.
-</p>
-
-<p>
-— Sarete buono, — gli chiese — non farete imprudenze?
-</p>
-
-<p>
-— Sì — rispose il giovane asciugandosi la fronte
-ancora imperlata di un lieve sudore — io sarò
-buono... Ma ella non venga più, nevvero... non
-venga più!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Egli era affatto guarito: andava, veniva per conto
-suo, raccoglieva la sua messe a lungo differita di
-applausi, di mirallegro e di ammirazione. In tutti i
-salotti era accolto con grandi feste, poco meno che
-come un eroe. La duchessa d'Accorsi aveva saputo
-trovare e dirgli qualcosa di molto lusinghiero pel
-suo amor proprio, qualcosa di così francamente ed
-abilmente espresso ch'egli ne rimase incantato e
-dovette pur convenire seco stesso che, dopo tutto,
-la Duchessa era una persona di molto spirito e di
-una conversazione assai gradevole. Poi aveva saputo
-che aveva presa a cuore la cosa. Naturalmente, ciò
-si doveva attribuire all'interessamento per Carisi.
-Ma ella sorrise con sì fine ironia quando Roberto
-gli parlò di Carisi e del suo prossimo matrimonio...
-Ed il suo occhio grigio ebbe un'acuità finissima, improvvisa,
-che avrebbe potuto servir d'uncino ad una
-<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span>
-più lunga conversazione. Ma Rescuati non era, come
-sappiamo, molto avveduto, nè pronto a cogliere la
-palla al balzo. E la Duchessa, per così dire, rintascò
-il suo sguardo, con un sorriso paziente, che Roberto
-non avvertì.
-</p>
-
-<p>
-La contessa Elisa aveva riprese le sue abitudini.
-Riceveva i suoi amici, dava i suoi soliti pranzi, faceva
-le sue solite visite. S'era riavuta dal terribile
-sgomento della sua scoperta. Aveva detto alteramente
-a sè stessa che non era vero, ch'era stato il delirio,
-l'immaginazione di un istante, l'opera di una surrecitazione
-momentanea del pensiero. Una violenta ira
-beffarda le gonfiava il cuore, ora, quando pensava
-a ciò che l'era parso per un istante. La malattia di
-Roberto era venuta in buon punto per tranquillizzarla,
-per calmare la sua coscienza a torto allarmata.
-Ella amava Roberto... sì... ma come si amava
-un figlio, nulla più.
-</p>
-
-<p>
-A furia di dirsela, di ripetersela, quella soluzione
-ingegnosa delle sue terribili dubbiosità morali, Elisa
-se ne fece una specie di convincimento. Visto che
-non poteva assolutamente essere altrimenti, la cosa
-doveva esser <i>così</i> per l'appunto. E così... poteva andare.
-Così infatti era andata per tutto il tempo della
-malattia di Roberto, così andava ancora... sinchè
-potrebbe andare. Il lato più pericoloso di tutto ciò
-era questo per l'appunto. La parte <i>vera</i> di quella
-ch'era in complesso nulla più d'una povera menzogna.
-<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span>
-Poichè, realmente, nel cuore di una donna che non
-ha avuto figli e che ama, se ama un uomo più giovane
-di lei, il sentimento materno non può rimanere
-escluso, anzi ha una forma misteriosa, travestita finchè
-si vuole, ma pure irrecusabile, di partecipazione alla
-passione stessa, e reca all'amore un contingente speciale,
-che, pur fondendosi nella corrente di questo,
-gli imprime a volte l'esteriorità dei caratteri propri.
-Da questa non ravvisata fusione, dalla lotta dei due
-sentimenti, che, pur coadiuvandosi a vicenda, a vicenda
-pure si soverchiano e costituiscono la realtà
-relativa della situazione, fra l'urto ugualmente impetuoso
-di due tenerezze appassionate e che facilmente
-si scambiano i propri attributi, deve essere, ed è
-invero crudele il martirio di un cuore, non solo, ma
-di un nobile spirito femminile. È terribile essersi a
-lungo orgogliosamente ignorata donna e trovarsi a
-un tratto, per sorpresa, di fronte all'ignoto della
-propria femminilità, bruscamente destatasi... E, come
-per salvarsi da quella terribile visione di un paventato
-cielo... di un paradiso pieno di fiamme d'inferno...
-ecco l'illusione serena, calmante, rivestita di vero,
-di una pseudomaternità; ecco il primo, il supremo
-degli istinti... eccolo con tutta la sua purezza infinita,
-colla sua normalità di cure, di abnegazioni, di appassionato
-esclusivismo; ecco l'attrattiva ardente del
-sacrifizio... l'oblio assoluto di sè stessa, la tenerezza
-pura, paga di sè sola, senza esigenze, ignara dei suoi
-<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span>
-diritti. Ecco il vecchio eterno istinto della protezione
-dell'amore, che vigila, che tutela... a qualunque costo!
-Ed ecco ciò che forse talvolta più di tutto, nel cuore
-straziato di Elisa affascinava il suo volere, dicendole:
-Vinci... a qualunque costo... Domalo, a furia di sprezzo,
-quel tuo indegno rivale, soffocalo, calpestalo, regna
-tu in sua vece, senza ch'egli sappia e se ne avveda!
-Ci giungerai, purchè non discuta il prezzo dei tuoi
-sforzi. Elisa non discuteva infatti. Il suo volere era
-gagliardo e la sosteneva. E Roberto aveva potuto
-dire a sè stesso: Ella è stata per me veramente una
-madre... Ed alla sua gratitudine si univa un senso
-di bizzarra e quasi amara umiliazione, ch'egli sentiva
-senza cercare di definirla. Egli non soleva studiare,
-nè discutere i propri sentimenti, come faceva Elisa.
-Perciò questa era tanto più infelice di lui.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Le cose si erano rimesse sul piede di prima. Il
-carnevale, ormai agli sgoccioli, toccava uno zenit
-quasi tempestoso di divertimenti e la società fiorentina
-pareva mossa da un turbine irresistibile. S'erano
-dichiarati parecchi matrimoni, ma non nella misura
-quantitativa sognata dalle mamme, le quali trovavano
-che i risultati finali minacciavano di presentare
-una rubrica molto più abbondante dal lato deplorevolissimo
-delle <i>liaisons</i> in cui il matrimonio non
-<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span>
-entra che per uscirne assai maltrattato. Due o tre
-scandaletti ben condizionati avevano data una speciale
-dose di piccante alla stagione. Altre novità di quel
-genere erano alle viste, difendendosi ancora, benchè
-sempre più debolmente, contro le denegazioni degli
-increduli.
-</p>
-
-<p>
-Oh! gli increduli di queste cose. Fortuna che
-sono pochi. Poichè, in realtà, chi più guastafeste
-di loro?
-</p>
-
-<p>
-Una mattina la contessa Elisa, che conservava
-l'abitudine di uscir per tempo a passeggiare, passava
-in via Cavour e si trovava dirimpetto al palazzo
-Riccardi. Camminava con lena, recando in mano dei
-fiori che aveva testè ella stessa comprati da un fioraio
-in piazza S. Maria. Fiori di campo, a dir vero,
-niente di raro, ma di colori vivaci, crochi, anemoni
-di campo. Voleva metterli in mezzo al tavolo, in sala
-da pranzo. Chi sa che Roberto non capitasse quel
-giorno a colazione?
-</p>
-
-<p>
-Sorrise. Ella amava quelle visite così improvvise,
-in cui egli, capitando, le diceva: — Ho fame, sa?...
-</p>
-
-<p>
-Mentre sorrideva così, ai suoi pensieri, vide avanzarsi
-dall'altra parte della via una signora di sua
-conoscenza, accompagnata dalle figlie, due leggiadre
-signorine, per le quali ella aveva una speciale simpatia
-e che la madre loro, la marchesa di San Terenzio,
-aveva educate rigidamente nell'atmosfera di
-una speciale austerità d'ambiente.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span>
-</p>
-
-<p>
-Elisa, vedendole, ebbe un senso di rimorso... Soleva
-scambiare con esse, un tempo, frequenti visite.
-Ora, da qualche tempo le aveva trascurate. È vero
-che anche le San Terenzio da qualche tempo non s'erano
-fatte vive, ma certo, la colpa era sua. Le venne
-il desiderio, lì per lì, di andare a salutarle e a far
-loro le sue scuse. Fece un piccolo cenno da lungi
-coi suoi fiori e si disponeva ad attraversare la via,
-quando si fermò... a un tratto. Le tre signore non
-avevano avvertita la sua presenza e con un moto
-pronto, simultaneo, come obbedendo ad una parola
-d'ordine, invece di procedere per la via retta avevano
-improvvisamente svoltato l'angolo del palazzo Riccardi,
-filando strette, sollecite, per piazza S. Lorenzo.
-</p>
-
-<p>
-L'incontro era dunque mancato.
-</p>
-
-<p>
-Elisa restò alquanto perplessa. Non le era parso
-dapprima che le tre signore dovessero per l'appunto
-voltare da quella parte.
-</p>
-
-<p>
-E proprio non l'avevano veduta? Era stata così
-subitanea quella loro mossa... così brusca!
-</p>
-
-<p>
-Esitò un istante, stretto il cuore da un vago sgomento.
-Poi disse: — Non m'avranno veduta... La
-Marchesa è tanto miope infatti. Ma le figlie?...
-</p>
-
-<p>
-Procedeva lenta, a capo chino, cercando di persuadersi
-che decisamente esse non l'avevano veduta,
-e meravigliandosi in cuor suo dell'inquietudine di
-quel dubbio. E così non si avvide che qualcuno camminava
-rapidamente dietro a lei, per raggiungerla...
-<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span>
-Se ne avvide solo quando udì alle sue spalle una
-voce giovane, nota, inesprimibilmente cara al suo
-udito.
-</p>
-
-<p>
-— Contessa!
-</p>
-
-<p>
-— Ah! Roberto!
-</p>
-
-<p>
-Si fermò. Una subita, folle emozione l'aveva colta;
-un repentino oblìo di tutto ciò che non fosse quella
-voce.
-</p>
-
-<p>
-— Si può sapere dove va a quest'ora? — le
-chiese Roberto, mettendosele semplicemente a fianco.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! vado a casa. E voi, Roberto?
-</p>
-
-<p>
-— Io?... vengo da lei, se me lo permette.
-</p>
-
-<p>
-— Certo... faremo colazione assieme.
-</p>
-
-<p>
-Egli s'inchinò. — Magari — disse. — Ho un appetito
-tremendo.
-</p>
-
-<p>
-Ella sorrise, contenta.
-</p>
-
-<p>
-Camminavano assieme, scendendo per Via Cavour,
-scambiando qualche parola, ma senza nessuno sforzo
-reciproco per mantenere la conversazione. Egli non
-aveva l'abitudine di spendere molte parole e non
-amava prendersi la briga d'intrattenere le persone
-colle quali si trovava. Una delle ragioni che gli rendeva
-sì cara la compagnia della Contessa era questa,
-che ella, nel suo squisito intuito di bontà, lo lasciava
-sempre a sè stesso, indovinando tutte le più riposte
-varietà della sua disposizione del momento, assecondandolo
-sempre, con una suprema delicatezza di indulgenza
-e di simpatia, ch'egli era troppo giovane
-<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span>
-e troppo inesperto per apprezzare al tasso reale del
-suo valore, ma di cui sinceramente approfittava,
-senza studiarla, contento che così fosse e ch'ella,
-stando con lui, non lo molestasse obbligandolo a
-parlare di scienze e arti e di quelle altre storie delle
-quali ella faceva il suo pane quotidiano.
-</p>
-
-<p>
-No... ella non parlava mai di ciò, con quel giovane,
-non lo seccava mai. Lo aveva accettato, lo
-amava qual'era, senza neppur studiarlo, imperfetto,
-mondano, fanciullo, lontano le mille e mille miglia
-dal suo ideale dell'uomo. Lo amava incondizionatamente,
-ciecamente, con una dedizione bizzarra e a
-lei stessa incomprensibile, di tutti i suoi vecchi sogni,
-di tutte le esigenze della sua immaginazione,
-della superfetazione della sua fantasia, tanto raffinata
-dal complicato, incessante lavoro della coltura. Forse
-tutto ciò non era che un'intima, crudele rivincita
-di quel destino di donna, lungamente offeso, disprezzato,
-rinnegato da lei.
-</p>
-
-<p>
-Perciò ella gli camminava allato, queta, senza obbligarlo
-a discorrere, misurando il proprio sul passo
-di lui, celere e spedito. Pensava solo ch'era con lui,
-che per qualche ora starebbe con lui. Ciò le bastava.
-Un vago sorriso errava sulle sue labbra, una dolcezza
-vaga, diffusa per tutte quante le facoltà dell'esser
-suo le teneva luogo di tutto, per quell'istante,
-come per tutti quelli ch'ella passava con lui.
-</p>
-
-<p>
-Sapristi! che appetito aveva quel Roberto!... Sparivano
-<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span>
-quei piattini leggeri, delicati di colazione da
-signora che formavano il solito <i>menu</i> della Contessa;
-sparivano ch'era un piacere!
-</p>
-
-<p>
-Andrea, quel buon vecchio domestico il quale conosceva
-ormai così bene i gusti dell'ospite della sua
-signora, aveva servito un supplemento improvvisato,
-qualcosa di solido e di meglio adatto al robusto appetito
-d'un giovane. E l'idea e l'esecuzione di essa
-erano state ben accolte e il vecchio domestico, il
-quale subiva come tutti il fascino della bellezza, del
-fare sciolto e bonario di Roberto, lo serviva con un
-piacere quasi visibile attraverso la correttezza austera
-del contegno.
-</p>
-
-<p>
-Oh l'allegra colazione! e che gaiezza intima, squisita
-metteva la presenza di Roberto in quella sala,
-ove Elisa soleva talvolta trovare interminabili i pasti
-elaborati ch'ella consumava, sola, di fronte a quel
-lusso, nell'apparato austero, quasi oppressivo nel suo
-cerimoniale immutabile e silenzioso. C'erano i suoi
-pranzi di amici, è vero, i pranzi delicati, elegantissimi,
-tanto ricercati, in cui ella presiedeva un'accolta
-di persone intelligenti, celebri, che andavano a gara
-per farle provare tutte le compiacenze di un elettissimo
-ambiente, per darle tutte le soddisfazioni
-d'amor proprio che un ospite possa desiderare. Pure,
-cosa le parevano ora, di fronte alla bizzarra gioia
-che le procuravano quelle colazioni o quei pranzi
-con Roberto solo, lieto, affamato, che mangiava con
-<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span>
-tutto lo spensierato appetito della sua età, che rideva
-di tutto, dicendo tutto ciò che gli passava per la
-testa, come se fosse in casa sua!
-</p>
-
-<p>
-Non si accendeva più il fuoco in sala da pranzo.
-Era primavera ormai e dalle finestre aperte entrava
-un'arietta mite, in seno alla quale danzava sussurrando
-il traforo verde delle piccole fogliuzze nuove
-sugli alberi del giardino. Erano capitate di recente
-le prime rondinelle. C'erano dappertutto per la casa
-tante mammolette ed egli ne aveva sempre all'occhiello
-un mazzolino.
-</p>
-
-<p>
-Era guarito bene ora, stava benissimo. Non portava
-più il braccio al collo. Della sua malattia non gli
-rimaneva ora che un leggero dimagramento della
-persona e questo, affinando ancor più le sue fattezze,
-pareva averle rese più cesellate e più belle. E attorno
-alle palpebre, nell'incavo profondo come quello
-di certe statue greche, l'ombra diffusa, indefinibile
-pareva essersi più intensa tra il naso profilato e la
-forma alquanto smagrita dell'ovale. La fisonomia
-diveniva così più espressiva, assumendo quasi una
-nuova dolcezza di sentimento.
-</p>
-
-<p>
-Mentre egli sorseggiava tuttora il suo cognac,
-Elisa si alzò, pregandolo di rimanere per fumare la
-solita sigaretta. Ella darebbe frattanto un'occhiata
-alla posta del mattino, che aspettava da parecchie
-ore.
-</p>
-
-<p>
-Elisa passò nel suo salotto e trovò infatti giacenti
-<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span>
-al solito posto i giornali e parecchie lettere. Fra
-queste una da Milano, di Marcello Plana.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — pensò con uno schietto senso di rimorso,
-mentre apriva la busta con mano tra esitante
-e impaziente — e io che non gli scrivo più da tanto
-tempo!
-</p>
-
-<p>
-Infatti, era assai trascurata la sua corrispondenza
-da qualche tempo in qua.
-</p>
-
-<p>
-Marcello Plana scriveva breve, senza lagnarsi del
-suo silenzio. Non era una delle sue solite lettere
-briose; parve anzi ad Elisa che l'intonazione fosse
-un po' fredda. Rileggendola, si avvide di un poscritto:
-</p>
-
-<p>
-«E il marito di Marina: come sta?»
-</p>
-
-<p>
-La lettera le cadde sulle ginocchia, ed un senso
-di malessere la invase subitamente, mentre un rossore
-impetuoso le saliva alle guance.
-</p>
-
-<p>
-Un ricordo si fe' ad un tratto vivo, imperioso dinanzi
-a lei. Il ricordo del colloquio che avevano
-avuto cinque mesi prima, lei e Marcello, in quel salotto...
-Pensò al sorriso ironico di lui, alle velate
-parole in cui ella non aveva saputo ravvisare l'ammonimento...
-</p>
-
-<p>
-Per un secondo ebbe un vivo rancore verso l'amico,
-che non le aveva parlato più esplicitamente.
-</p>
-
-<p>
-Ma subito un senso di giustizia e di profonda
-umiliazione corresse in lei quel vago grido di rimprovero...
-Oh! come avrebbe egli potuto supporre
-<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span>
-ch'ella potesse dimenticare così la sua età, le convenienze,
-le circostanze per lasciarsi vincere da
-una sì insana, sì ingiustificabile, sì sciagurata debolezza?
-</p>
-
-<p>
-Visse un istante d'acuta angoscia intima, ripensando
-a ciò ch'era accaduto in quei cinque mesi,
-alla progressiva infatuazione del suo cuore, alla
-cecità colpevole, imperdonabile che l'aveva colpita.
-Per un minuto fu schiacciata dal senso della responsabilità
-che pareva essersi a un tratto aggravata
-su di lei. Poi, coll'intimo orgoglio di una reazione,
-quasi di una sfida:
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, — mormorò. — Soffrirò... ecco tutto...
-Ma nessuno saprà... nessuno!
-</p>
-
-<p>
-Squassò il capo, alteramente, gettando sul tavolino
-la lettera di Marcello Plana.
-</p>
-
-<p>
-Prese le altre non ancora aperte. Su una delle
-buste ravvisò la calligrafia di zia Balbina. Provò un
-senso disaggradevole di sorpresa. Zia Balbina scriveva
-assai di rado. Ma sempre, dalla sua lettera
-rimaneva qualcosa di spiacevole, un'impressione o
-dolorosa o umiliante. Stavolta, lì per lì, Elisa non
-ravvisò subito il carattere solito delle epistole di zia
-Balbina. Ella scriveva soltanto per invitare Elisa a
-recarsi per qualche tempo presso di lei.
-</p>
-
-<p>
-L'invito sorprese Elisa. Sapeva che zia Balbina le
-serbava tuttora un certo rancore pel suo rifiuto di
-andar ad abitare con lei, e le pareva strano che,
-<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span>
-dopo parecchi anni, dopo un lunghissimo periodo di
-silenzio, così ad un tratto, ella reiterasse l'invito in
-quella forma secca, quasi imperiosa:
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p>
-«Credo che il tuo buon senso non darà luogo ad
-esitazioni od indugi da parte tua. Ti aspetto dunque
-infallantemente. Il resto a voce; intanto spero
-ti sarai convinta che <i>non sempre</i> va errato nei
-suoi giudizi e nelle sue previsioni il criterio della
-tua affezionatissima zia
-</p>
-
-<p class="indr">
-«<span class="smcap">Balbina.</span>»
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Per un momento ci fu un po' di caos nella mente
-di Elisa... Ma, poi, un raggio di fosca luce le penetrò
-nel cuore, col freddo di una lama. Si ricordò
-l'aspra profezia di zia Balbina: «Credi di cavartela
-così sola, senza un appoggio, un consiglio. Ma verrà
-un giorno che ti morderai le unghie e gli altri rideranno.»
-</p>
-
-<p>
-Balzò in piedi spaventata. Ridere... gli altri! Di
-chi? di lei! del suo soffrire!
-</p>
-
-<p>
-Strinse le tempia fra le mani... Le parve che una
-mano brutale, con un colpo subitaneo, la denudasse
-tutta da capo a piedi, in mezzo ad una piazza ingombra
-di una moltitudine.
-</p>
-
-<p>
-Pensò disperatamente:
-</p>
-
-<p>
-— Ma come? come?
-</p>
-
-<p>
-Si ricordò ad un tratto di una circostanza. La San
-Terenzio era intrinseca di zia Balbina. Le due signore
-<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span>
-mantenevano un nutrito carteggio a proposito
-di buone opere, di predicatori e simili. Sì, ora si ricordava
-senza equivoci, senza incertezze. Da qualche
-tempo in qua, le San Terenzio la trattavano con
-molta freddezza. Quella mattina stessa avevano, (non
-c'era dubbio ormai) evitato il suo incontro.
-</p>
-
-<p>
-Zia Balbina era stata informata da loro. Certo ella
-alludeva a Roberto! Ma interpretando sinistramente
-la familiarità, l'amicizia...
-</p>
-
-<p>
-Si arrestò, nella foga stessa dei suoi pensieri. Una
-voce si levò nella sua coscienza e ripetè come un'eco
-beffarda:
-</p>
-
-<p>
-— Amicizia?
-</p>
-
-<p>
-Ma dunque... si parlava di ciò, dunque quello ch'ella
-credeva il suo segreto era invece il segreto delle signore
-San Terenzio, di tanti, di tutti... Dunque credevano
-ch'ella fosse...
-</p>
-
-<p>
-Mille piccole futili circostanze a cui non aveva
-posto mente, che aveva disprezzate, nell'assorbimento
-della sua nuova esistenza, le tornarono ad un tratto,
-inesorabilmente, vive al pensiero. Le visite diradate
-degli amici, una indefinibile e pur sentita alterazione
-nel modo in cui le parlavano gli uomini, certi sguardi
-curiosi in cui la riverenza solita era come attenuata
-da una curiosità ironica, nuova, certi sguardi di signore...
-Non ne rammentò uno, speciale, velenoso,
-pieno di ironia, che le aveva rivolto pochi giorni
-prima la Duchessa d'Accorsi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span>
-</p>
-
-<p>
-Per un momento fu intollerabile l'angoscia di quella
-misera. E veramente terribile per una donna che,
-pur avendo scordato per un istante il mondo ed i
-suoi giudizii, li conosce e sa cosa possano. È terribile
-il sentirsi ad un tratto, a torto od a ragione, in balìa
-del mondo e dei suoi giudizii!
-</p>
-
-<p>
-— Contessa, — disse all'uscio la voce fresca e sonora
-di Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Ma Elisa in quell'istante non l'udì; stava seduta
-accanto al tavolino, con la testa sprofondata tra le
-mani, rannicchiata su sè stessa, come inconsciamente
-ella volesse ridursi al minor spazio possibile, sopprimersi,
-annientarsi.
-</p>
-
-<p>
-La involontaria posa era rivelatrice di una così
-intima angoscia che Roberto si spaventò.
-</p>
-
-<p>
-Le venne presso rapidamente, si inginocchiò ai suoi
-piedi, e ripetè dolcemente, con un inquieto e tenero
-appello:
-</p>
-
-<p>
-— Contessa! cara Contessa!
-</p>
-
-<p>
-Colle mani, le sue belle mani morbide e nervose,
-cercava di rimuovere quelle di Elisa dalla fronte
-che esse celavano.
-</p>
-
-<p>
-Il volto di lei apparve; apparve anche una contrazione
-dolorosa, che voleva essere un sorriso, uno
-sguardo che voleva essere calmo, ma che si tradiva
-saturo di un dolore ineffabile.
-</p>
-
-<p>
-Egli era sempre inginocchiato ai suoi piedi. Una
-pietà turbata, crucciosa, gli gonfiava il cuore.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Mi dica cos'ha. Contessa, cos'è accaduto. Suvvia,
-mi dica... Oh non si crucci così. Sono state quelle
-letteracce, nevvero, che le hanno fatto pena, che le
-hanno recata qualche brutta notizia.
-</p>
-
-<p>
-Oh la pietà crudele di quella voce dolcemente imperiosa,
-pressante, che voleva sapere!...
-</p>
-
-<p>
-Ella scosse il capo.
-</p>
-
-<p>
-— No... no... Nulla, vi accerto.
-</p>
-
-<p>
-Ma egli era convinto... Prese la lettera di zia Balbina.
-Era caduta a terra; la gettò sul tavolino accanto
-alle altre, cacciandole tutte quante in un
-fascio.
-</p>
-
-<p>
-— Così... — disse. — E nuovamente si rimise
-come prima, trattenendo le mani che cercavano debolmente
-di ritirarsi, cercando colla pietà, coll'amore
-dei suoi sguardi, gli sguardi smarriti che volevano
-e non potevano fuggire.
-</p>
-
-<p>
-— Perchè è così triste? Era così contenta un momento
-fa... E ora... cosa è accaduto? chi le ha dato
-pena? perchè non vuol dirmelo?
-</p>
-
-<p>
-La voce aveva un tremore sempre più accentuato,
-una tristezza sempre più dolce, più incalzante.
-</p>
-
-<p>
-— Oh, parli, dica, posso far qualcosa? Perchè non
-mi vuol dire? perchè mi nega la sua confidenza? E
-lo sa pure, lo sa che io le sono tanto grato, che io
-le voglio tanto bene!
-</p>
-
-<p>
-Oh ella lo sapeva... Ella aveva ravvisata tardi,
-ma finalmente l'indole della simpatia, della gratitudine
-<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span>
-che Roberto aveva per lei. Si sentiva amata da
-lui, da quegli che ella adorava. E per un secondo
-una gioia intima, acuta le innondò il cuore. Ma tenne
-il capo chino, stette immobile, padrona di sè, sotto
-la carezza inebbriante di quella voce, di quelle parole,
-obbedendo al crudele ammonimento d'un supremo
-istinto: «Se alzi il capo ora, se rispondi in
-questo minuto, sei perduta.»
-</p>
-
-<p>
-Non si perdette... la calunnia non divenne una
-verità.
-</p>
-
-<p>
-Roberto l'amava; ma era inesperto della passione.
-Non comprese... non seppe...
-</p>
-
-<p>
-Quando rialzò il capo, ell'era già la più forte.
-</p>
-
-<p>
-— Si, — disse dolcemente, — queste lettere mi
-hanno fatto pena; hanno...
-</p>
-
-<p>
-Un dubbio colse Roberto. Egli stette perplesso un
-istante, guardandola non più teneramente, ma con
-un'aspra perentoria espressione, ch'era anche essa
-una conferma.
-</p>
-
-<p>
-Un nuovo, un immenso senso di gioia colmò l'animo
-di Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— È geloso! — pensò.
-</p>
-
-<p>
-Gli sorrise con una dolcezza infinita, arrossendo
-come una fanciulla.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! no — disse quasi inconsciamente... — no!
-</p>
-
-<p>
-Ma subito, subito dopo, si fece seria, pacata, in
-tutto presente a sè stessa.
-</p>
-
-<p>
-— In fondo — disse, alzando lievemente le spalle
-<span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span>
-e rivolgendosi con grande semplicità a Roberto... — sono
-io che sono una sciocca e che ho torto... Si tratta
-di pettegolezzi, cose da nulla.
-</p>
-
-<p>
-— Sì? — chiese Roberto solo a mezzo convinto. — Ma
-allora... perchè se n'è crucciata così?
-</p>
-
-<p>
-— Appunto, perchè sono una sciocca...
-</p>
-
-<p>
-Roberto tacque un istante, guardandola fiso nel
-bianco degli occhi, mentre ella cercava di trattenere
-sotto il fuoco di quello sguardo la voluta quiete della
-sua fisonomia.
-</p>
-
-<p>
-— Lei, cara Contessa, è un angiolo, nè più nè
-meno. Ma ha un benedetto vizio. Di prendersela
-troppo facilmente per ciò che le dicono, o dicono gli
-altri.
-</p>
-
-<p>
-— Ma Roberto....
-</p>
-
-<p>
-— Sì, signora... è proprio così... Crede forse che,
-quando abbia fatto tanti sacrifici e contentata una
-massa d'imbecilli, questi le saranno grati o la compenseranno
-in qualche modo? Mai più. E così, tutto
-il bello e il buono della vita se ne va... per niente.
-</p>
-
-<p>
-— Per niente! — echeggiò una voce di supremo
-desiderio nel cuore di quella donna!
-</p>
-
-<p>
-— Guardi — proseguì Roberto... — faccia come
-me... faccia ciò che vuole, ciò che le pare. Io, vede,
-di quello che possano dire o far gli altri non m'importa
-affatto. È il mio metodo, e me ne trovo bene.
-</p>
-
-<p>
-— Ma voi siete un uomo. Roberto.
-</p>
-
-<p>
-— E lei è una donna. Ma dev'esser sempre una
-<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span>
-vittima perchè è una donna? Sacrificarsi sempre,
-perchè? Si vive una volta sola. Chi ce le ripaga le
-gioie che non abbiamo saputo godere?
-</p>
-
-<p>
-Negli occhi di Roberto s'era accesa una strana intensa
-luce; le sue mani serravano, tremanti, quelle
-della Contessa.
-</p>
-
-<p>
-Ma ella sorrise, e disse rapidamente, ridendo:
-</p>
-
-<p>
-— Oh Roberto, ma questo è un ricordo classico
-di scuola. Siete un vero epicureo.
-</p>
-
-<p>
-E rimase anelante, quasi convulsa, colla contrazione
-di quel riso fissa sulle labbra.
-</p>
-
-<p>
-Roberto arrossì violentemente sotto la sferza di
-quel ricordo di scuola, gettatogli in pieno volto.
-</p>
-
-<p>
-Neppur questa volta ravvisò l'estremo terrore che
-aveva suggerito a lei come uno scampo, quell'allusione.
-Un avvilimento lo colse, un'ira contro di lei,
-contro sè stesso. Con un atto violento afferrò il cappello.
-</p>
-
-<p>
-— Buon giorno — disse bruscamente, avviandosi
-verso l'uscio.
-</p>
-
-<p>
-Ma una subita vergogna lo colse a mezza via. Si
-fermò; guardò quella donna pallida, che gli teneva
-dietro collo sguardo angosciato, ansioso.
-</p>
-
-<p>
-Tornò indietro lentamente. Pareva ora davvero un
-fanciullo confuso, incerto del perdono.
-</p>
-
-<p>
-Quando le fu vicino, stette immobile, aspettando.
-Essa gli porse la mano senza parlare, ma con una
-grande dolcezza di sorriso.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span>
-</p>
-
-<p>
-— A rivederci — gli disse.
-</p>
-
-<p>
-— Mi manda via? — sussurrò egli.
-</p>
-
-<p>
-— Oh no! Roberto. Ma è tardi e... devo vestirmi
-per uscire.
-</p>
-
-<p>
-— Oggi, alle Cascine?
-</p>
-
-<p>
-— No, non credo, ho molte visite da fare.
-</p>
-
-<p>
-— Allora stasera, alla Pergola...?
-</p>
-
-<p>
-— Sì... cioè non son certa. Sono un po' stanca.
-Ecco; domani.
-</p>
-
-<p>
-— Sino a domani? È lunga, sa, sino a domani.
-</p>
-
-<p>
-Ma non osò insistere. Se ne andò lasciando, ignaro,
-dietro a sè un'anima affranta da mille lotte contradditorie,
-e pur già penetrata tutta quanta dal desiderio
-febbrile, inebbriante di quel domani, che le
-avrebbe ricondotto Roberto...
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span>
-</p>
-
-<h2>XII.</h2>
-</div>
-
-<p>
-La voce prendeva molta consistenza; non si poteva
-fare una visita, nè frammettersi in un crocchio,
-senza udir parlare di quel benedetto matrimonio...
-Non era per anco dichiarato ufficialmente, ma si
-dava per certo. Marina Negroni era fidanzata al
-principe di Hetzengenfeld.
-</p>
-
-<p>
-La duchessa d'Accorsi era portata a cielo. Un coro
-frenetico di entusiastico plauso si elevava da mille
-bocche, fatte turiboli. Poichè, indubbiamente, il merito
-della felice manovra era tutto suo. Marina non
-avrebbe mai saputo da sola, col suo mediocre fascino,
-tentare una impresa sì incredibilmente audace, raggiungere
-una sì portentosa fortuna. Ovvero ella aveva
-ingannati tutti quanti colla sua finta freddezza, colla
-sua calma imperturbabile. Si era abilmente riserbata
-per la sorte sognata dalla tacita ambizione. E se l'aveva
-raggiunta, buon per lei. Il mondo è di chi lo
-sa prendere.
-</p>
-
-<p>
-Se qualche timida voce si alzava per trovare che,
-dopo tutto, l'immensa ventura di Marina sarebbe
-<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span>
-stata più completa se si fosse trattato di uno sposo
-meno avanzato in età e di aspetto più aggradevole,
-la piccola nota andava tosto schiacciata nella sonorità
-incalzante del plauso generale e incondizionato.
-Fanciulle giovani, boccioli di rose appena sbocciate,
-invidiavano sinceramente Marina.
-</p>
-
-<p>
-Non parlo dell'immensa invidia che le madri
-stesse di quelle fanciulle portavano alla duchessa
-d'Accorsi.
-</p>
-
-<p>
-Pure, avrebbero dovuto tacere. Poichè sanno...
-le madri! Ma più di loro la sa lunga il criterio del
-mondo, la sua equità di estimazione dei sentimenti
-e dei fatti.
-</p>
-
-<p>
-Contuttociò, la notizia trovò un'incredula, una donna
-che si ostinava a dire, pensando ai venticinque anni
-di Marina e ai sessanta del principe: — È impossibile.
-</p>
-
-<p>
-E questa bizzarra ostinata era la contessa Elisa
-Serramonti.
-</p>
-
-<p>
-Aveva una specie di terrore di quell'idea, una confusa
-apprensione di un male cagionato da lei, dalla
-fiacchezza del suo operato, dalla sua mancanza di coraggio
-e di perseveranza. Un picciol verme rodeva
-forse celato, in non so quale ripostiglio della sua coscienza?
-</p>
-
-<p>
-Una mattina, dopo una notte insonne, Elisa s'alzò
-con un'idea fissa. Venire a capo del vero, a qualunque
-costo.
-</p>
-
-<p>
-Marina Negroni aggrottò forte le ciglia quando
-<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span>
-udì dalla sua cameriera che la contessa Serramonti
-chiedeva di lei e saliva per l'appunto le scale che
-conducevano al suo piccolo appartamento di signorina.
-Poi disse a sè stessa: — Meglio così — e si
-preparò a ricevere l'inattesa visitatrice. E quando
-questa coll'accento affettuoso, colla libertà a cui le
-davano pieno diritto l'antica amicizia e le prove di
-reciproco interessamento, le chiese semplicemente se
-avesse fondamento la voce che correva, Marina rispose,
-senza imbarazzo, senza ambagi, un semplice:
-Sì.
-</p>
-
-<p>
-— Da ier l'altro soltanto — proseguì poscia Marina — girando
-sull'anulare un grosso rubino contornato
-di brillanti di uno splendore degno di una
-fidanzata regale. — Non è ancora ufficialmente annunciato,
-ma la mamma le avrebbe scritto certamente
-quest'oggi. Il matrimonio si farà presto; Enrico desidera
-di ritornare in Germania.
-</p>
-
-<p>
-Parlava disinvolta e senza il menomo imbarazzo,
-come se tutto ciò fosse la cosa più semplice, più
-ovvia di questo mondo. Nè la fisonomia, nè l'accento
-tradivano la menoma emozione: la sua bellezza glaciale
-pareva già educata all'impassibilità serena di
-una sovrana. Non era mai stata molto espansiva,
-neppur con Elisa; ma Elisa, guardandola ora e udendola,
-provava come uno stringimento al cuore. Quell'immensa
-calma non era nuova in Marina; ma in
-quella novità di circostanze, nell'entità dell'avvenimento,
-<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span>
-pareva ad Elisa ch'ella assumesse un significato
-strano e inammissibile. Nel cuore suo era una
-indefinita tormentosa lotta d'incertezze; ma non mai,
-neppur pel più lieve spiraglio, Marina, nel corso
-della conversazione, diede campo ad una spiegazione,
-ad una domanda. Solo quando fu in piedi per accomiatarsi,
-Elisa trovò ad un tratto, in un parossismo
-di angoscia che si tradiva nel tremito della voce,
-nell'alterazione della fisonomia, il coraggio di una
-domanda: — Sei felice? — Colta all'improvviso, Marina
-trasalì. Un lampo d'ira passò nei suoi occhi,
-qualcosa come un odio, una bieca meraviglia. Ma subito
-si spense. — Si, — disse ad alta voce.
-</p>
-
-<p>
-— Lo ami? — insistè Elisa — lo ami? — sempre
-con quel cieco istinto di <i>dover</i> dire, premunire. Una
-immensa pietà di quella fanciulla s'era levata impetuosa,
-risoluta, nel suo cuore.
-</p>
-
-<p>
-— Certamente, lo amo — ribattè Marina con una
-quieta determinatezza. Ma la menzogna appariva visibile
-nel moto stesso delle labbra. Con un vago senso
-di terrore Elisa pensò al suo passato, al giorno in
-cui s'era fatta sposa al conte Serramonti, alla strana
-realtà che aveva ad un tratto squarciato il velo delle
-sue caste ignoranze, e che non aveva ad ausiliario,
-a scusa... a ragione nulla più del convincimento del
-dovere ed un ragionato senso di stima e di omogeneità
-intellettuali. E ora, ora soltanto intuiva, comprendeva
-che tutto ciò era stato un sacrilegio e stava
-<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span>
-per compierlo anche Marina, quell'inconscio sacrilegio.
-</p>
-
-<p>
-— Marina, — le disse, con intensità profonda di
-sentimento — sei risoluta, lo vedo... Ma pensaci, per
-pietà, pensaci ancora. A un'altra non direi così... Ma
-io ti voglio bene... ti ho sempre voluto bene, ho
-sempre desiderato la tua felicità.
-</p>
-
-<p>
-— Lo so, — interruppe tranquillamente Marina — più
-volte mi ha dato prove del suo interessamento.
-Si è adoperata anzi più volte per procacciarmi
-un collocamento. E allora... non le pareva necessario
-che io ci pensassi tanto per prendere una
-risoluzione, nevvero?...
-</p>
-
-<p>
-Sotto l'ironia crudele di quell'allusione, Elisa si
-sentì di fronte ad un nuovo, inatteso ostacolo. Marina
-le appariva sotto un nuovo aspetto... un aspetto che
-non aveva mai sospettato in lei.
-</p>
-
-<p>
-— Marina, — le disse, con la serietà dolorosa di
-un animo che si sente ferito a un tratto da un'ingiustizia
-e da un'ingratitudine — in tutti <i>quei</i> casi...
-tu avresti potuto amare. E ora? interroga il tuo
-cuore, Marina, interroga tutta te stessa.
-</p>
-
-<p>
-Davanti al puro e chiaro sguardo di Elisa si abbassò
-quello audace e aggressivo della fanciulla. Ella
-non osò ripetere la sua menzogna.
-</p>
-
-<p>
-— Ora, — disse tranquillamente, — la cosa è decisa,
-io ne sono contentissima... Non sia in pena per
-me, Contessa; questo matrimonio colma tutti i miei
-<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span>
-voti, e quelli di mia madre. Tutto a questo mondo
-non si può avere. E l'amore. Oh! l'amore!...
-</p>
-
-<p>
-Ebbe un bel riso perlato in cui suonava un amarissimo
-scherno.
-</p>
-
-<p>
-— Ci crede, lei, all'amore? — soggiunse poi accostandosi
-ad Elisa, e piantandole in faccia uno
-sguardo quale Elisa non aveva mai conosciuto nell'occhio
-di quella fanciulla. Qualcosa, un impulso misterioso
-e irresistibile costrinse la Contessa a rispondere
-gravemente:
-</p>
-
-<p>
-— Sì!
-</p>
-
-<p>
-Di nuovo nella bocca di Marina stridette il piccolo
-riso cristallino.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! Contessa, meglio tardi che mai! nevvero?
-</p>
-
-<p>
-Un grande pallore coperse il volto di Elisa, un
-pallore sì intenso che Marina stessa ne rimase un
-istante sgomentata.
-</p>
-
-<p>
-Ma la contessa rimase immobile e quieta. Poi come
-dal profondo del cuore, dal profondo di un abisso
-di dolori e di lacrime, la risposta venne involontaria,
-precisa:
-</p>
-
-<p>
-— No, Marina, meglio mai che tardi!....
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-Marina non replicò. Stettero mute un istante, raccolte
-ognuna nell'intensità delle proprie angoscie.
-Così erano state un'altra volta nel salotto della Contessa,
-quel giorno in cui Marina era venuta a chieder
-ragguagli sul duello di Roberto. Ma allora non sapevano!
-<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span>
-Ora sì, sapevano, e forse in quel momento
-ebbero pietà l'una dell'altra!...
-</p>
-
-<p>
-Quando ricominciarono a parlare, il colloquio parve
-avere ad un tratto ritrovate le antiche basi calme
-e cordiali. Elisa non reiterò i suoi consigli e nessuna
-allusione venne fatta agli intimi sentimenti di entrambe.
-Marina diede tranquillamente le notizie di
-quanto si atteneva alla circostanza, ai progetti di
-viaggio, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Nulla in Marina rivelava l'ubbriachezza del trionfo.
-Nulla dell'interno suo stato d'animo trapelò più in
-lei. Ell'era, adesso, quale era sempre stata, fredda,
-indifferente, intangibile..., padrona del suo destino.
-Senonchè, ora, nella serena normalità delle sue parole,
-c'era come una nuova dignità, una forma di
-riservatezza, un <i>noli me tangere</i>, che aveva veramente
-qualcosa di regale, che si elevava sovrano,
-imperante sulle confuse rovine d'una passata debolezza,
-rinnegata ora e dominata, per sempre...
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Elisa stava dinanzi allo specchio e lo interrogava.
-Lentamente passò la mano sui proprii capelli, sulle
-piccole striature bianche che li chiazzavano. Ma la
-capigliatura era abbondante, morbida, finissima. Le
-sue mani ebbero l'impressione di una carezza.
-</p>
-
-<p>
-Guardò ancora attentamente, come si guarda negli
-<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span>
-occhi di un giudice. Si vide grande e snella. Le
-linee del suo corpo serbavano tuttora un'integrità
-giovanile, quasi virginea. Il collo era fresco, rotondo.
-Inalterato il fine ovale del volto, cesellate le fattezze.
-Una tinta delicata pareva dar loro un rilievo indefinito
-e brillante. E gli occhi suoi le parvero grandi,
-vivi di una luce diffusa, irradiante. Attorno ad essi
-le piccole rughe parevano essersi celate, fatte quasi
-invisibili.
-</p>
-
-<p>
-Una suprema compiacenza le penetrò nell'animo,
-una gioia tenera di quella bellezza sua, rivelata a
-lei stessa, constatata in uno di quei momenti in cui
-l'anima a tutto s'avvinghia di ciò che può salvarla
-da un terrore segreto, senza nome.
-</p>
-
-<p>
-— Sono bella, — mormorò Elisa, — sono bella!
-</p>
-
-<p>
-Lo era in quel momento, squisitamente. Era bella
-del suo amore segreto, combattuto, messo alla porta
-da lei stessa cento volte al giorno, ma che cento
-volte al giorno, insidioso, prepotente tornava.
-</p>
-
-<p>
-Si guardò ancora, e sorrise. Un senso di immensa
-gratitudine le irruppe dal cuore:
-</p>
-
-<p>
-— Roberto, — mormorò sottovoce — Roberto, tu
-sei la mia gioventù!...
-</p>
-
-<p>
-Si lasciò cadere come spossata nella poltrona e
-gli occhi, lentamente, si socchiusero. Una mano si
-levò, tremante con un inconscio gesto d'appello...
-</p>
-
-<p>
-Roberto!... mormorò ancora una voce semispenta!
-</p>
-
-<p>
-Ma Roberto non l'intese. Era al <i>Club</i> cogli amici.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-La duchessa d'Accorsi diede una grande <i>soirée
-extra</i> per annunziare ufficialmente le nozze di sua
-figlia. Passò in persona, un momento, dalla contessa
-Serramonti per invitarla verbalmente, e rimase molto,
-ma molto attonita udendo da Elisa stessa ch'ella
-non avrebbe forse potuto approfittare del gentile invito.
-Partiva.
-</p>
-
-<p>
-Partire! Ma che! non poteva crederlo. Partire ora,
-sul finire del carnevale e nel più bel momento della
-stagione. Impossibile! Sarebbe un dispiacere immenso
-per lei e per Marina se la loro cara Elisa non assistesse
-a quella festa. E ora ch'era sì bella, sì brillante!
-Ah! non l'avevano mai vista così bella, così
-fresca. Era l'opinione di tutti; un vero incanto.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa ripeteva infatti ciò che da qualche
-tempo era la <i>vox Dei</i> della società fiorentina. Ma
-il complimento non era giustificato in quell'istante.
-Elisa non era nè giovane, nè bella. Dimostrava tutti
-i suoi anni, forse più dei suoi anni.
-</p>
-
-<p>
-— Parto, — disse ancora. — Vado da una mia
-zia, malata, alla quale ho da lungo tempo promessa
-una visita.
-</p>
-
-<p>
-— Malata... molto?... — chiese la Duchessa col
-suo formidabile sorriso.
-</p>
-
-<p>
-Elisa non sapeva mentire. Arrossì.
-</p>
-
-<p>
-— Sì... piuttosto gravemente.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Ah! davvero! Me ne spiace.
-</p>
-
-<p>
-Un sorriso stranamente equivoco schiuse le labbra
-di Ginevra. Ella si appressò con una mossa confidenziale,
-di compagna, alla poltroncina di Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Quella cara Contessa! Misteriosa sempre! sempre
-avvolta di un velo di poesia. Ah!... la comprendo...
-sa!... più di quanto ella creda. Per quanto ciò le
-sembri strano, forse audace da parte mia, ho sempre
-avuta l'intuizione, che, un giorno o l'altro, fra noi
-dovesse esistere un'intesa più intima, meno superficiale
-di quanto lo concede la nostra esistenza così
-agitata, così frivola... A volte, non ho mai osato
-dirglielo; poichè ella vive in una sfera tanto superiore
-alla mia. Ma se sapesse quanto ho pensato all'isolamento
-della sua vita, del suo cuore....
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa seguiva attentamente sul volto di
-Elisa le tracce delle sue velate insinuazioni. Non
-invano era sì subdola e sì crudele. Voleva sapere e
-sapere da lei.
-</p>
-
-<p>
-Poichè era in dubbio; un dubbio curioso. Ella
-aveva bensì, senza mai formulare un'accusa precisa,
-scatenata la calunnia sui passi di quella donna; ma
-in fondo, per conto suo, non era sicura. Sapeva, lei,
-ciò che il mondo bene spesso ignora, cioè che si può
-lottare vittoriosamente anche con una passione vera,
-che spesso le apparenze ingannano, anche nel senso
-del male, che ci sono delle anime schiave di un principio,
-di un ideale di altera purezza, e per le quali,
-<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span>
-come per l'ermellino, l'idea della macchia è più dura...
-più crudele della morte stessa.
-</p>
-
-<p>
-Elisa sentiva l'oppressione incalzante di quella volontà
-imperiosa. Un ipnotismo pareva costringerla a
-subire il fascino malvagio di quello sguardo.
-</p>
-
-<p>
-Ginevra le si era fatta presso ora, assai presso. Il
-suo sguardo dardeggiava vicino, intollerabile. La
-mano della Duchessa accarezzava con un gesto furtivo,
-pieno di simpatia felina, la povera mano di
-Elisa. E un sorriso dolce, quasi amoroso pareva dire
-alla misera: — Suvvia, dunque, tradisciti; non vedi
-che son qui, che so, che voglio, che devi dirmi il
-tuo segreto?
-</p>
-
-<p>
-— Ella ha sofferto!... sì, deve aver sofferto tanto! — continuò
-Ginevra. — Il mondo non le sa queste
-cose. Pure, è tanto naturale. Ci sono delle fatalità,
-oh... così dolci, nevvero? E la vita è così breve,
-così pochi i compensi delle sue amarezze. E certi
-spauracchi, che spaventano le anime timide, insufficienti,
-non bisogna curarsene... mia cara amica. La
-questione è tutta lì, dominare o essere dominata. E
-lei, dopo tutto, è libera, è uno spirito forte, superiore
-a tante meschine considerazioni. La società si contenta
-di così poco, in realtà... basta una piccola, oh... una
-così piccola dose di <i>savoir faire</i>, per assicurarsi la
-sua indulgenza, la sua simpatia, anche nelle questioni
-che riguardano noi... il nostro povero cuore.
-</p>
-
-<p>
-Fu intollerabile per Elisa l'umiliazione di quell'istante.
-<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span>
-Comprese ciò che quella donna voleva dire,
-ciò che implicava la benevolenza del suo consiglio,
-l'allusione tacita che creava fra loro un'analogia...
-che le metteva entrambe, per un momento, allo stesso
-livello!
-</p>
-
-<p>
-E tosto, un istinto, un orgoglio la sovvenne liberandola
-da quel fascino abbietto.
-</p>
-
-<p>
-Non si mosse, non ritrasse la mano fredda e
-rigida dalla mano di Ginevra. Rialzò il capo con un
-moto impercettibile, che non l'allontanava più di
-dieci centimetri dal volto della duchessa, ma che
-parve ad un tratto mettere fra loro una distanza infinita.
-E la calma del suo sguardo parve scendere da
-una smisurata altezza e ricercare la mota di una
-bassura, mentre ella rispondeva con grande chiarezza
-e pacatezza di voce:
-</p>
-
-<p>
-— Duchessa, che intende dire?
-</p>
-
-<p>
-Per un istante, forse l'unica volta in vita, Ginevra
-si sentì vinta, e rimase interdetta. Ella aveva provocato
-un atto inconscio di debolezza, un tradimento
-della volontà disarmata. Voleva la confessione
-di una disfatta. Ma non una discussione, non quel
-calmo, altero sprezzo di sfida!... E la sua crudele
-curiosità rimaneva insoddisfatta e delusa.
-</p>
-
-<p>
-— Nulla — disse ridendo. — Ella, cara Contessa,
-è, e sarà sempre, un angelo, e queste cose profane
-non la riguarderanno mai personalmente. Contuttociò,
-non me ne voglia se ho osato darle... oh, non oserei
-<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span>
-mai dire un consiglio; e se ne rammenti, all'occasione,
-come io non mi scorderò certo...
-</p>
-
-<p>
-S'arrestò bruscamente. Elisa non l'ascoltava più.
-Il suo volto, poc'anzi sì pallido, era soffuso di un
-rossore squisito che non si riferiva a lei, che la
-metteva in disparte, subitamente.
-</p>
-
-<p>
-Un rapido passo virile si accostava all'uscio; la
-portiera si mosse, e Roberto entrò, baldo, spigliato.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa lo apostrofò vivamente.
-</p>
-
-<p>
-— Oh, Rescuati, bravo, bene ispirato! Qua subito,
-alla riscossa, in mio aiuto. Mi aiuti a scongiurare un
-grande pericolo, a convertire un'ostinata, una cattiva,
-che vuole, proprio alla vigilia del mio ultimo
-ballo, fuggire, lasciar Firenze.
-</p>
-
-<p>
-Sul volto del giovine si dipinse una intensa meraviglia.
-Si volse verso la Contessa, e le chiese con
-un impeto che non pensava a celare:
-</p>
-
-<p>
-— È vero, Contessa, è vero?...
-</p>
-
-<p>
-— Può essere. Credo infatti di dover recarmi a
-Foligno presso mia zia.
-</p>
-
-<p>
-— Come? perchè? — interruppe Roberto. — Ma
-se non mi ha detto niente!
-</p>
-
-<p>
-La frase gli era sfuggita imprudente... e la Duchessa
-l'aveva colta a volo. Si volse verso Elisa, ridendo:
-</p>
-
-<p>
-— Ha udito, mia cara Contessa? Non bisogna fare
-così... non bisogna mancare di confidenza verso gli
-<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span>
-amici. Vede cosa succede quando si vogliono tener
-per sè i segreti! Capita una stordita come me, che
-li tradisce ingenuamente, senza pensarci. Perchè,
-sicuro... non dovevate saper niente, voi, Rescuati! E
-adesso che ci penso... chissà che malanno ho fatto...
-eh, tra voi due?
-</p>
-
-<p>
-— Nessun malanno — rispose tranquillamente
-Elisa. La Duchessa ha detto nulla più di quanto avrei
-tosto annunziato io al conte Rescuati, nonchè a quanti
-amici miei avessi veduti quest'oggi.
-</p>
-
-<p>
-— Ma è deciso, proprio deciso? — chiese ansiosamente
-Roberto, avvolgendo la Contessa d'uno
-sguardo di sì calda ansietà che la Duchessa strinse
-alquanto, dietro le labbra sorridenti, quei tali larghi
-denti sì atti al morso.
-</p>
-
-<p>
-— Oh non dica che è deciso — supplicò Ginevra. — Speriamo
-che la zia si rimetta in salute, che non
-si effettui questa fuga. Marina sarebbe impicciatissima
-se non avesse i suoi consigli pel corredo.
-</p>
-
-<p>
-E s'alzò con una specie di grazia brusca, con un
-sorriso sagace e malizioso, come di persona memore
-ad un tratto che la sua presenza può essere inopportuna.
-</p>
-
-<p>
-— No, cara, no! — rispose ad Elisa, che, pur alzandosi
-di scatto e simultaneamente a lei, mormorava
-qualche frase cortese. — Non posso trattenermi
-davvero: ho venti visite da sbrigare, s'immagini! E
-questo matrimonio mi dà un da fare! Marina è così
-<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span>
-felice che non pensa a nulla! E potete immaginare
-se lo sono io! Contuttociò, pensate che fra
-un anno posso essere nonna. Orribile, n'è vero?
-Beata lei, cara Contessa, che non corre di questi pericoli,
-che si conserva così bella, così fresca, di persona,
-di cuore, di sentimenti, di affetti, di sensazioni...
-</p>
-
-<p>
-Le parole piovevano alate, leggere, in un'onda di
-chiacchiere amichevoli, colla volubilità, la grazia di
-un'effusione quasi tenera. Ma così talvolta percuote
-la grandine, a chicchi piccini piccini, un povero fiore,
-e lacera i lembi delicati dei suoi petali.
-</p>
-
-<p>
-Si voltò verso Roberto.
-</p>
-
-<p>
-— E voi? — gli chiese a bruciapelo, — vi assentate
-pure?
-</p>
-
-<p>
-Colto all'impensata, lì per lì, il giovine fu per tradirsi,
-esclamando ciò ch'era nel suo cuore. E solo
-un suo vago istinto salvò la donna ch'egli stava per
-compromettere agli occhi della sua nemica.
-</p>
-
-<p>
-— No, — disse tranquillamente, — rimango.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — disse la duchessa, dandogli una stretta
-di mano, che gliela lasciò indolenzita, — ecco un
-bravo figliuolo che non diserta al momento del pericolo.
-</p>
-
-<p>
-L'ambiguità di quella frase fu subito corretta: — Parlo
-del mio ballo, naturalmente. E ora decisamente
-vi lascio. Fate le mie parti, Rescuati, presso
-questa bella ostinata. Ragionatele, ammonitela, e
-<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span>
-sopratutto persuadetela a rimanere. La persuasione,
-oh... sono certa ch'è il vostro forte!
-</p>
-
-<p>
-Baciò Elisa teneramente. Mentre la baciava, le
-sussurrò a mezza voce: Adorabile!
-</p>
-
-<p>
-Elisa accompagnò la Duchessa sino all'uscio, e sostenne
-le sue frasi d'addio, un ultimo sforzo di lei,
-concretato in una rapida eloquente occhiata gettata
-verso il salotto ov'era rimasto Roberto, in attesa del
-ritorno di Elisa.
-</p>
-
-<p>
-Elisa era affranta. Ma la Duchessa si mordeva le
-labbra scendendo le scale.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-— Il diavolo se la porti! — esclamò calorosamente
-Roberto, mentre Elisa tornava indietro. — Cos'aveva
-in capo con tutte quelle storie? Io non ci ho
-capito. E lei?
-</p>
-
-<p>
-— Credo, suppongo... Oh, Roberto è terribile quella
-donna!
-</p>
-
-<p>
-— Uhm!... Certo... ha uno spirito, un brio! Ma...
-mi dica ora, Contessa, è vero, è vero?
-</p>
-
-<p>
-Ella impallidì. — Vero? Ma cosa?
-</p>
-
-<p>
-— Ch'ella parte!
-</p>
-
-<p>
-Elisa ebbe un piccolo senso di spasimo — Forse... — mormorò.
-</p>
-
-<p>
-Egli insistè — Ma perchè?
-</p>
-
-<p>
-— Perchè? — Il perchè vero saliva impetuoso e
-appassionato alle pallide labbra di lei. Ma si dischiusero
-<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span>
-solo per accampare i motivi plausibili della partenza,
-la malattia, l'appello della zia.
-</p>
-
-<p>
-Egli disse irriverentemente: Al diavolo anche
-la zia!
-</p>
-
-<p>
-Non era persuaso. Prese però a riflettere e si ricordò.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — disse con accento iroso. — È stato quel
-giorno, quella lettera. Ho ben visto io...
-</p>
-
-<p>
-Rimase pensoso, cogli occhi adombrati da una tristezza
-tenera.
-</p>
-
-<p>
-— Quella lettera — disse Elisa — ha certamente
-contribuito. Ma da tempo si andavano realmente accumulando
-alcuni motivi e delle cause che...
-</p>
-
-<p>
-Egli l'interruppe col fare nervoso che da qualche
-tempo pareva talvolta sostituirsi alla sua placida
-calma:
-</p>
-
-<p>
-— Perchè non mi ha detto niente?
-</p>
-
-<p>
-Ma non attese risposta e un amaro sorriso sfiorò
-le sue labbra. — Capisco... Non ho nessun diritto alla
-sua confidenza.
-</p>
-
-<p>
-— Siete ingiusto... Roberto. Sapete pure quanto vi
-sono affezionata e il conto che faccio di voi. Vi accerto
-che siete nel novero... dei miei più cari
-amici.
-</p>
-
-<p>
-— Certo! — diss'egli, con una specie di acredine — nel
-novero, assieme agli altri. Ma capisco. Sono
-così giovane, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-S'interruppe bruscamente. — È vero dunque che
-parte? — le chiese un momento dopo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ella chinò il capo, assentendo.
-</p>
-
-<p>
-Roberto tacque, mordendo il pomo della sua
-mazza.
-</p>
-
-<p>
-Poi, con un accento quasi smarrito, fioco, dolcissimo: — E
-io? — chiese.
-</p>
-
-<p>
-La Contessa strinse le mani rigidamente. Le strinse
-così... per trattenerle, perchè non cingessero, appassionate,
-in un folle trasporto, il collo di Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Sorrise e gli disse:
-</p>
-
-<p>
-— Oh! non vado mica via per sempre. Per un
-poco, così... Tornerò, mi scriverete... Andrò forse anche
-in campagna o da vostra madre e ci vedremo
-ancora presto.
-</p>
-
-<p>
-La sua voce era tremante, ed ella cercava di farla
-risoluta e gaia, lottando anche contro un malessere
-fisico che l'invadeva.
-</p>
-
-<p>
-Ma Roberto non era persuaso.. E colla crudeltà
-cieca, che è talvolta indivisibile dall'amore, insisteva,
-con quello sguardo, con quell'accento sempre più
-dolci, più teneri.
-</p>
-
-<p>
-— Ma lo sa, lo sa pure ch'io non posso... che ho
-tanto bisogno di vederla!... che voglio vederla sempre;
-che non potrei vivere senza di lei!
-</p>
-
-<p>
-Elisa volle ridere. Il riso indulgente di chi oda una
-gustosa corbelleria. Ma nella sua gola, subitamente
-stretta da uno spasimo, il riso, chiaro dapprima, assunse
-un suono sibilante. Si fe' persistente, convulso,
-mentre il corpo era scosso da violenti contrazioni e
-<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span>
-la testa si riversava come quella d'una morta sulla
-spalliera della poltroncina, mentre gli occhi assumevano
-uno sguardo fisso e indeterminato.
-</p>
-
-<p>
-Roberto non aveva esperienza di ciò che era, in
-realtà, nulla più che un semplice attacco nervoso.
-</p>
-
-<p>
-Era realmente spaventato, non sapeva che fare.
-Gettatosi in ginocchio al fianco di Elisa, le stringeva
-le mani, la chiamava, scongiurandola a dirgli cos'avesse,
-cosa volesse. Ma ella rideva sempre, senza
-udirlo, senza vederlo, dibattendosi; solo un istante
-fra due scoppi di quel riso pauroso, fra il gorgoglio
-di frasi indistinte, egli udì, mormorato come un appello,
-come uno scongiuro, il suo nome...
-</p>
-
-<p>
-Balzò in piedi. La guardò. Erano soli, ella era
-incosciente. Qualcosa, un'onda di sangue parve salire
-alla fronte di lui, qualcosa di simile al terrore di
-sè stesso che l'aveva assalito durante l'ultima visita
-di lei in casa sua, come infermiera. Per un minuto,
-come allora, larghe goccie di sudore imperlarono la
-fronte di Roberto, una confusione, un'onda di sensazioni
-lo scossero profondamente, in un rimescolìo di
-tutti i suoi buoni e cattivi istinti. Ma non invano
-s'alzò suprema un'altra voce, un senso di rispetto,
-di gratitudine, d'onore! Non invano il sangue freddo
-di lui reagì alla sua volta. Egli si mosse di là, andò
-dov'era il campanello elettrico e premette risolutamente
-il bottone.
-</p>
-
-<p>
-Al domestico che giunse frettoloso: — La signora
-<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span>
-si sente poco bene. Chiamate la cameriera — disse
-il giovane.
-</p>
-
-<p>
-Quasi subito, Elisa ricuperò la coscienza di sè
-stessa, e con un brusco repentino atto di volontà si
-riebbe. Volle alzarsi, in un impeto inconsulto, ma
-Roberto la trattenne.
-</p>
-
-<p>
-— No, no, si riposi.. Si è sentita male, nevvero?
-Ma non è nulla. Ho suonato... verrà la cameriera.
-Non si agiti, la prego, per farmi piacere!
-</p>
-
-<p>
-Ella ubbidì come una bambina a quella voce sì
-cara. I suoi nervi s'acquietarono. Sorrise e chiuse
-gli occhi, senza pensare a nulla, nel fascino di quella
-sollecitudine, nell'incanto di quella preghiera, in quella
-specie di assoluta prostrazione di forze che la toglieva
-tuttora alla responsabilità di sè stessa.
-</p>
-
-<p>
-La cameriera entrò in fretta, sgomentata, recando
-dei sali. Ma Elisa s'era già riavuta, la piccola crisi
-era passata.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Due settimane passarono e la contessa Serramonti
-non era partita.
-</p>
-
-<p>
-Aveva assistito al grande ultimo ballo in casa
-d'Accorsi, aveva veduta Marina, a fianco del suo
-fidanzato, ricevere gli omaggi di tutta la società, con
-una calma e una dignità che avevano formata l'ammirazione
-universale. Era di una bellezza squisita,
-più marmorea, più olimpica che mai. Il Principe
-<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span>
-era evidentemente sotto l'impero di un fascino e la
-sua vecchia faccia di soldato ad oltranza aveva dei
-luminosi riflessi di orgoglio; il suo busto si ergeva,
-dando alla persona una marziale rigidità di posa,
-quando il suo sguardo s'incontrava in quello limpido,
-grave della sua fidanzata. Si sussurrava di doni favolosi,
-di feste splendidissime che si preparavano
-nella piccola capitale in cui egli avrebbe condotta la
-fanciulla che il suo capriccio imponeva quale sovrana
-all'arcigna aristocrazia del suo piccolo regno.
-</p>
-
-<p>
-Contuttociò, il contrasto degli aspetti era pure
-spiccato fra quei due, e avrebbe dolorosamente colpito
-chiunque avesse potuto in quella sera giudicare
-a mente fredda la realtà brutale o semplicemente
-illogica di quelle nozze. Ma chi ci pensava?... Un
-momento la contessa Serramonti (che tutti trovavano
-molto bella quella sera), si senti il cuore stretto da
-un senso di compassione. Ma a chi avrebbe potuto
-comunicarlo? E chi avrebbe compreso quel sentimento,
-se invano ella aveva tentato di comunicarlo
-a Marina stessa?
-</p>
-
-<p>
-E ora, da qualche tempo in qua, non osava più
-giudicare, nè condannare. Si sentiva ella giudicata,
-malgrado il vero, dalla malevolenza, dal cinico scetticismo
-mondano. Indovinava la insolente curiosità
-dei più. Sentiva la indagatrice, la insultante nuova
-forma di ammirazione, tributatale da alcuni; avvertiva
-che le loro premure erano in realtà sollecitate da
-<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span>
-quel vago olezzo di scandalo ch'ella stessa sentiva
-aleggiarsi d'attorno. Capiva che le apparenze, per
-quanto innocue in sè stesse, militavano contro di
-lei, che l'accettazione universale della calunnia, sì
-sottilmente sparsa, la precipitava non solo dall'antico
-piedestallo, ma all'ipotesi della disfatta aggiungeva
-una spruzzatura di ridicolo per le speciali circostanze
-del caso, per la differenza d'età, per l'indole della
-missione che tutti sapevano esser stata assunta da
-lei... E tutto ciò gratuitamente, perchè il mondo giudica
-così, e se ride ha, per ridere, la ragione migliore,
-quella del più forte. Ed ella si sentiva in preda a
-questo. E sentivasi altresì ch'ella giocava ormai un
-gioco pericoloso e crudele, che più volte già s'era
-trovata bruscamente di fronte a delle eventualità,
-ch'ella non avrebbe certo, tempo addietro, credute
-possibili.
-</p>
-
-<p>
-Tentava bensì per quanto era in poter suo di attenuare
-le conseguenze della sua passata imprudenza,
-dell'incoscienza assoluta colla quale ella aveva dapprima
-fatalmente trascurata la situazione.
-</p>
-
-<p>
-Pure, non doveva dar nell'occhio questo segreto
-intento; l'intimità ch'ella aveva sdegnato un tempo
-di temere e di nascondere poi, non doveva parere
-alterata, bisognava continuare come si era cominciato.
-</p>
-
-<p>
-Roberto aveva certo, anch'egli, sentore del sospetto
-appena mitigato di dubbio, che molti intrattenevano
-circa l'indole delle sue relazioni colla Contessa. Non
-<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span>
-faceva nulla per avvalorarlo e i suoi istinti di vero
-gentiluomo si sarebbero indubbiamente ribellati contro
-una palese allusione, che nessuno d'altronde
-avrebbe tentata, davanti alla correttezza del suo contegno
-e al suo fare risoluto ed indipendente. Noi
-sappiamo che, nel suo schietto amore per Elisa, c'era
-quell'elemento di rispetto per la donna amata che
-sembra quasi il correttivo ed il freno della passione
-a cui si accompagna. A questo sentimento, nonchè
-alla disperata risoluzione di Elisa d'ignorare l'amore
-di lui, egli, o meglio ella, doveva l'eccezionalità delle
-cose quali erano realmente. Ma con tutto ciò, Roberto
-era giovane, inesperto dell'incredibile attitudine umana
-a braccare lo scandalo, ignaro dell'arte consumata
-colla quale le vecchie esperienze mondane sanno
-decorosamente, in casi simili, dare, come suol dirsi,
-della polvere negli occhi.
-</p>
-
-<p>
-Indifferente un po' per spensieratezza, un po' per
-logica naturale di <i>enfant gâté</i>, all'opinione altrui,
-egli non aveva della posizione sua in società, di
-fronte ad Elisa, quell'intuito preciso che avrebbe
-forse potuto meglio aiutare entrambi a difendere la
-situazione.
-</p>
-
-<p>
-Nel suo carattere non entrava quel morboso terrore
-del ridicolo che ha talvolta sulla gioventù un'azione
-sì bizzarramente paralizzatrice. Prima di conoscere
-la contessa Serramonti, non avrebbe forse
-ammessa la possibilità ch'egli, a ventitrè anni, si
-<span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span>
-innamorasse di una donna che aveva sedici anni più
-di lui; ma dal momento che la cosa era accaduta
-così per l'appunto, che c'entravano gli altri? La
-contessa Elisa a trentanove anni era una donna che
-qualunque uomo sarebbe stato fiero d'amare. E se
-egli deplorava la differenza d'età, era solo pel timore
-(giustificato apparentemente dall'intuitivo sistema di
-difesa della Contessa) ch'ella lo trovasse troppo giovane,
-troppo ragazzo. Del resto, egli non pensava
-più che tanto; amava, semplicemente.
-</p>
-
-<p>
-Gli pareva dunque la cosa più naturale del mondo
-di trovarsi con lei quanto più gli tornava possibile,
-di recarsi in tutti i luoghi ove sapeva che l'avrebbe
-incontrata, di rimanere, sinchè gli fosse concesso,
-nel raggio di quella dolce bellezza, nell'agio e nella
-gioia di quella simpatia, di quell'indulgenza amorosa,
-che non lo fraintendeva, nè lo tormentava mai.
-</p>
-
-<p>
-Provava un senso di malumore quando in società
-la vedeva accaparrata da altri e non lo celava abbastanza,
-come non celava abbastanza il buon umore
-che susseguiva quando, poco dopo il suo sopraggiungere
-nel crocchio della Contessa, questo si andava
-talvolta gradatamente assottigliando, sino a lasciare,
-dopo un certo tempo, il campo libero. Tutto ciò era
-un poco egoista e crudele, ma in fondo non più biasimevole
-di quanto lo sia la contentezza di un piccolo
-naturalista che ha acchiappata una magnifica farfalla
-e la stringe alquanto perchè non gli voli via,
-<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span>
-a rischio di ammaccarle un poco le ali. E non lo ha
-forse detto Lafontaine:
-</p>
-
-<div class="poem">
-<p>
-<i>Cet âge est sans pitié!</i>
-</p>
-</div>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Elisa soffriva naturalmente di tutto ciò. Era uno
-dei più gravi capi d'accusa che moveva a sè stessa,
-quello d'essersi fatta oggetto di siffatte sofferenze. E,
-a volte, ciò le pareva incomportabile e la causa più
-assoluta, più urgente della soluzione offertale... dell'unico
-scampo, la fuga!
-</p>
-
-<p>
-Sola, non aiutata, cercava di attenuare gli effetti
-di quella falsissima posizione. Manovrava dunque
-perchè egli, in pubblico, le fosse vicino il meno
-possibile. A furia di ragionamenti, accampando mille
-pretesti, lo costringeva ad allontanarsi, ora per aiutare
-la padrona di casa, ora per far ballare questa
-o quell'altra signora o signorina... Ma quando egli,
-borbottando, se n'era andato, quando ella da lungi
-lo vedeva fatto segno alle più festose accoglienze,
-accaparrato alla sua volta dal più brillante elemento
-della festa, quando vedeva fissarsi su di lui qualche
-acuto sguardo di donna, una nuova forma di sofferenza
-si sovrapponeva a quell'altra e una specie di
-smarrimento si metteva nei suoi pensieri, un confuso
-terrore delle possibilità stesse, che a volte ella invocava,
-quasi imponendo al suo cuore la rude disciplina
-<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span>
-di accettarle preventivamente!... E il suo ritorno
-accanto a lei, il primo sguardo in cui ella ritrovava
-l'imprudente passione, la prima parola che
-glielo rendeva premuroso, suo, come prima, le parevano
-una visione, una musica celeste, gettavano
-nel suo cuore un'intensità sì acuta di gioia che diventava
-un oblìo di tutto il resto!
-</p>
-
-<p>
-Era riuscita quella sera, in casa d'Accorsi, a tenerlo
-quasi sempre lontano. Non aveva ballato che due
-contraddanze e un lanciere, e non con lui. Era andata
-al <i>buffet</i> col Conte e con Serristano, s'era trattenuta
-a lungo con alcune vecchie signore, e ora
-prolungava un fine colloquio con Sacha Dzworoff
-più tisico e più maligno che mai, e sempre incorreggibile
-nella sua antipatia per Roberto. Appunto in
-omaggio alla tenacità di questo sentimento, egli si
-era deliberatamente schierato fra gli ammiratori della
-contessa Serramonti.
-</p>
-
-<p>
-Ciò aveva fatto rider molti. Egli che l'aveva sempre
-chiamata il Polo nord!... Ma se lo faceva, era,
-a detta sua, solo per far dispetto a quel ragazzaccio,
-del quale diceva con sottilissima ironia:
-</p>
-
-<div class="poem">
-<p>
-<i>Aux innocents les mains pleines!</i>
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Strano davvero. Ora Sacha trovava dello spirito
-in quella donna, un fascino che non aveva mai avvertito
-e che accendeva in lui delle bizzarre fantasie.
-</p>
-
-<p>
-Godeva, come si è detto, di una specie d'impunità.
-<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span>
-Ed egli usava, abusava anzi, dei suoi privilegi di
-eterno monello moribondo. E ciò che disse quella
-sera, con quel suo equivoco sorriso, all'orecchio della
-contessa Elisa, mentre la riconduceva al suo posto
-dopo il secondo lanciere, fu abbastanza ardito perchè
-un senso d'indignazione intima facesse salire alla
-fronte di Elisa una subita vampa, perchè ella, senza
-esitare, con una breve, ma non dubbia frase, con
-un lampo fiero dei suoi splendidi occhi, rimettesse
-a segno la mala ispirata audacia del giovane. E fu
-così bella, così nobile, così signora nel suo sdegno
-che la faccia, già sì pallida, del Russo assunse una
-tinta livida, ed egli dovette attendere un momento
-perchè il suo spirito gli suggerisse qualcosa di simile
-alla solita imperturbabile disinvoltura. Ma non fu un
-tratto di spirito ciò che gli salì alle labbra, fu una
-sola, sincera, profondamente detta parola:
-</p>
-
-<p>
-— Perdonatemi.
-</p>
-
-<p>
-Elisa abbassò su di lui la subita pietà del suo
-sguardo. Lo vide, qual era, coi segni della morte
-sul volto, si rammentò essere ormai poco lungi il
-termine che la scienza presumeva fissato ai giorni
-di lui. Ed egli disse ancora:
-</p>
-
-<p>
-— Perdonatemi. Sapete che muoio e siete così
-belle, la vita e voi!
-</p>
-
-<p>
-La salutò e se ne andò bruscamente. Ed Elisa
-non la vedrà mai, mai più quella pallida faccia, sulla
-<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span>
-quale ella sola, Dio sa da quanto tempo, aveva letta
-poc'anzi la espressione di un sentimento vero, di un
-sincero rammarico, non camuffato di sarcasmo
-mendace.
-</p>
-
-<p>
-Poichè egli morì quindici giorni dopo, quasi inaspettatamente
-e con moltissimo spirito!
-</p>
-
-<p>
-Ella era rimasta sola per un momento al posto
-dove Sacha l'aveva lasciata. La sua fisonomia recava
-visibile la traccia della recente eccitazione. Ma
-le parve ad un tratto d'essere investita da una corrente
-d'aria fredda. Si voltò e vide che l'aveva raggiunta
-la padrona di casa.
-</p>
-
-<p>
-Ginevra pareva contemplarla ironicamente.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene — le disse — ha messo in fuga anche
-il mio povero Sacha?...
-</p>
-
-<p>
-Era una sofferenza quasi intollerabile, per Elisa,
-il suono di quella voce stridente. E il solo aspetto
-di quella donna pareva fugare, irridere quanto nel
-cuore era il senso esclusivamente suo della vita, del
-dolore, di tutto ciò che è umano.
-</p>
-
-<p>
-Stava per rispondere, ma Ginevra non gliene lasciò
-il tempo.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! come è stata carina di non mancarmi stasera;
-non me ne sarei mai data pace. Ecco Berto
-Rescuati che viene in cerca di lei.
-</p>
-
-<p>
-Il giovane veniva infatti in cerca di Elisa, e la
-Duchessa, con un sorriso discreto, si mosse per andar
-via. Ma tornò indietro un momento solo per dire:
-<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span>
-— A proposito, cara Contessa, la zia è completamente
-ristabilita, nevvero? Quanto ne sono lieta!
-</p>
-
-<p>
-Poi se ne andò, ridendo.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Elisa rientrava dopo una delle sue lunghe passeggiate
-mattutine.
-</p>
-
-<p>
-Aveva scelte in quel giorno le Cascine, ove non
-andava più da parecchie settimane, per non incontrarsi
-con Roberto, il quale soleva recarvisi ogni
-giorno a cavallo. Nei tempi «inconsci» erano stati
-per lei uno dei migliori momenti della giornata quegli
-incontri non concertati nei grandi viali così diversi,
-nella loro solitudine mattiniera, dell'ingombro chiassoso
-della passeggiata propriamente detta. S'era attardata
-laggiù... piena il cuore dell'immagine di lui,
-memore dell'intuito che, sollecitando i battiti del suo
-cuore, l'avvertiva quale fra i vari passi di cavalli,
-ch'ella udiva echeggiare nei viali laterali, fosse per
-l'appunto il passo di <i>Thor</i>, il cavallo favorito di Roberto.
-Sentiva quel passo farsi più veloce, ad un
-tratto, quando Roberto l'aveva ravvisata. In un attimo
-le era accanto, ed era una piccola fermata di
-chiacchiere. Quando egli ripartiva, faceva impennare
-il cavallo, lo costringeva a degli scambietti, si compiaceva
-di tutto ciò che lo faceva figurar bene in
-sella, nella vanità dolce d'esser così visto da lei, ben
-<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span>
-sapendo ch'ella gli terrebbe dietro collo sguardo...
-ma non sapendo ancora quanto ella mettesse, in
-quello sguardo, della illusa anima sua! A volte, egli
-mandava ad aspettarlo colà il suo palafreniere, e,
-raggiunta la Contessa, scavalcava e, affidato il cavallo
-all'uomo, veniva compagno ad Elisa pel resto della
-passeggiata. Ed ella <i>allora</i> non sapeva, non temeva,
-credeva di poter vivere così nella gioia cieca e pura
-di quelle ore sì belle, in cui il solo accento delle
-parole di lui bastava per dare al suo orecchio la
-percezione di una ignota scienza, di tutto quanto
-havvi di bello, di gentile, di sacro nella primavera
-dell'umana esistenza, la gioventù!
-</p>
-
-<p>
-Ora, la lunga passeggiata l'aveva compita sola.
-Egli non era accanto a lei, si trovava con tutto il
-fiore della società mascolina di Firenze ai funerali
-di Sacha Dzworoff. Elisa rincasava col senso invano
-combattuto di un indefinibile vuoto, di una lassezza
-cagionata non solo dal lungo tratto di via percorso,
-ma anche dall'impressione deprimente della primavera
-che già si spiegava, mettendo nell'aria dei vaghi
-effluvi di campagna, degli olezzi indefiniti, che davano
-al corpo dei piccoli brividi nervosi, e alla mente una
-specie di assorbimento, d'inerzia, di disarmo. Sceglieva
-pel suo percorso, anche a costo di prolungarlo,
-le vie più isolate, per un istinto di solitudine,
-coll'idea che forse così potrebbe facilmente concretare
-la forma della decisione ch'essa <i>doveva</i> prendere
-di fronte a sè stessa a qualunque costo!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span>
-</p>
-
-<p>
-Dalla piazza degli Zuavi, costeggiò il viale Principe
-Umberto, poi si mise per via Luigi Alamanni.
-Senonchè, presso allo sbocco di questa sul Piazzale
-della Stazione, s'arrestò ad un tratto, e si ritrasse.
-Una musica funebre riempiva l'aria di note lamentose,
-una sfilata di persone vestite a bruno passava,
-formando corteo ad un carrozzone mortuario, sul
-quale, completamente affondata in mezzo ad una piramide
-di mazzi e di ghirlande di fiori freschi, stava
-la bara di Sacha Dzworoff. Davanti al carrozzone
-camminava il pope della sua chiesa, seguita da due
-accoliti e dai simboli del culto greco. Quando passò
-il feretro davanti allo sbocco della via Alamanni, un
-venticello fresco spinse in quella direzione un'acuta
-folata dell'olezzo di quei fiori, e quell'olezzo investì
-Elisa come se il povero Sacha volesse così, trovandola
-sul suo ultimo passaggio, salutarla ancora, fare
-omaggio di ammenda a quella donna che egli aveva
-offesa, ma di cui aveva sì umilmente implorato il
-perdono, dicendole ch'egli moriva e che erano così
-belle... lei e la vita.
-</p>
-
-<p>
-Gli occhi di quella donna si velarono di lacrime,
-ed ella ebbe un pensiero d'infinita pietà per quel
-morto, che stava per cominciare il suo lungo viaggio
-verso la Russia, verso il grande sepolcreto di famiglia,
-ove lo voleva vicino, a portata del suo disperato
-dolore, la donna che lo aveva partorito! Gelata dietro
-un crocchietto di popolane, ammirate dello spettacolo,
-<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span>
-Elisa assistè a tutta quanta la sfilata. E finalmente,
-quasi in coda al corteo, assieme ad altri giovani,
-ravvisò Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Egli non la vide dapprima. Camminava grave,
-decoroso, col corretto contegno della circostanza. Ma
-di subito, per un impaccio di carrozze avvenuto alla
-testa del corteo, questo si fermò... e Roberto svagato,
-chiamato forse magneticamente dall'appello, dalla
-fissità rapita dello sguardo di Elisa, mosse il proprio
-verso di lei, e nel suo quasi nascondiglio... la ravvisò.
-</p>
-
-<p>
-Non si mosse, non la salutò. Parve intendere ch'ella
-non volesse essere avvertita da altri. Scambiò solo
-con lei un sorriso furtivo d'intesa, così luminoso, così
-pieno di gioconda sorpresa, di tenerezza, d'ardore che
-Elisa si sentì penetrata di una dolcezza ineffabile,
-di un senso folle di letizia cieca, assorbente, irresistibile.
-E nello sguardo col quale rispose a quello
-di Roberto... ella... obbliando per un secondo tutto
-ciò che era l'impressione del momento, mise tutta la
-sorpresa anima sua... tutta l'inconscia dedizione di sè
-stessa in un trasporto d'amore vittorioso, senza limiti...
-</p>
-
-<p>
-Roberto ebbe come un abbagliamento, le sue palpebre
-si socchiusero.
-</p>
-
-<p>
-Ma la sfilata ricominciava in quel punto, ed egli
-dovette rimettersi in via senza voltarsi. Dietro quel
-feretro, camminava lento, grave, colla gioia senza
-freno di ciò che gli era parsa una rivelazione suprema...
-una confusa, una appassionata confessione!...
-<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span>
-E Sacha se ne andava davanti a lui, verso il sepolcro
-che aveva tanto paventato, nel gelo eterno che fiamma
-d'amore non discioglie!... E la contessa Elisa, nel suo
-nascondiglio, palpitava smarrita... inebbriata, con un
-solo pensiero, un solo istinto!... Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Collo sguardo folle, inebbriato anch'esso, seguiva
-nella sfilata il passo di Roberto. Di Sacha, morto,
-non si ricordava certo, in quell'istante, ma ancora
-alle sue orecchie, come un inno sonoro di gioventù,
-di felicità, vibravano quelle parole giustificatrici...
-assolvitrici di tutto: Siete tanto belle voi e la vita!
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-Quando giunse a casa, erano le undici e mezzo.
-Appena entrata udì una novità. Che, in assenza sua,
-un'ora prima, era giunta una signora che il portinaio,
-nuovo di casa, non conosceva.
-</p>
-
-<p>
-La signora aveva detto di mandare alla stazione
-a ritirare due bauli. Intanto aspettava in sala.
-</p>
-
-<p>
-Elisa, entrando, si trovò davanti a zia Balbina.
-</p>
-
-<p>
-— La montagna non veniva verso di me, ed io
-son venuta verso la montagna, — le disse tranquillamente
-la degna signora. — Spero che andremo
-subito a far colazione. Ho un appetito formidabile,
-mia cara Elisa!
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span>
-</p>
-
-<h2>XIII.</h2>
-</div>
-
-<p>
-Per alcuni giorni non vi furono spiegazioni.
-</p>
-
-<p>
-La zia Balbina non aveva accennato comechessia
-ai perchè della sua venuta, non aveva neppure alluso
-alla sua lettera, rimasta senza risposta. Era venuta
-per dar battaglia, ma si limitava per ora a studiare
-il terreno.
-</p>
-
-<p>
-L'accoglienza di Elisa fu doverosa, nulla più. Ella
-aveva sempre avuta un'immensa considerazione pel
-famoso senno pratico di zia Balbina ed una sincera
-riconoscenza per le molte prove d'interessamento
-che n'aveva ricevute, ma in questi sentimenti non
-era mai entrata la simpatia. Ed un suo innato senso
-d'indipendenza si ribellava al despotismo un po' sprezzante
-che era sempre stato caratteristico della zia
-Balbina.
-</p>
-
-<p>
-E poi... sciocchezze, ubbie, ingratitudine forse; ma
-strano a dirsi, era sempre lei, zia Balbina, quella
-che veniva a scuotere le persone quando erano in
-preda al sonno d'un'illusione!... Era lei, sempre lei
-<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span>
-ad avvertire, a mettere il dito esattamente là dove
-la piaga era più dolorosa e più celata, lei ad insegnare
-il rimedio più amaro, la forma di rassegnazione
-più razionale, più consona al suo ideale di
-rassegnazione. Essa distribuiva benevolmente i tesori
-della sua farmacopea spirituale, ma coll'obbligo assoluto
-di trangugiarli, a tutte le persone che onorava
-della sua protezione.
-</p>
-
-<p>
-Elisa era sempre stata prima fra queste, specialmente
-all'epoca in cui aveva la buona abitudine di
-lasciarsi assolutamente consigliare da lei.
-</p>
-
-<p>
-A dir vero, questa preferenza aveva subìto una
-certa alterazione allorchè, rimasta vedova, la contessa
-Serramonti aveva opposto una imprudente opposizione
-alla magnanima offerta d'andare a star presso
-la zia. Ma la zia Balbina era tenace nel generoso
-proposito di voler far del bene alle persone che amava,
-anche se queste non fossero state completamente
-persuase della infallibile efficacia del suo intervento.
-Ella era assai ricca, e certi altri nipoti che accettavano
-devotamente i suoi consigli, anche correndo il rischio
-di una possibile delusione per l'avvenire, avrebbero
-dato di gran cuore molto del proprio perchè Elisa,
-con qualche amabile sproposito o in qualsiasi altra
-maniera, riescisse ad alienarsi un po' di quel formidabile
-bene che la zia Balbina non mancava di professarle,
-assieme ad un profluvio di elogi per quella
-nipote ammaestrata da lei. E quasi quasi, in fondo
-<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span>
-a quel cuore di benefica virago, c'era un lievito di
-pia soddisfazione che la profezia emanata dal suo
-alto senno si fosse un pochino avverata.
-</p>
-
-<p>
-Intendiamoci: un pochino, giusto quel tanto che
-ci voleva per rendere necessario il suo intervento, e
-persuadere Elisa che talvolta i consigli pratici possono
-tornare, dopo tutto, non inutili. Perchè in fondo
-sapeva benissimo, lei... ch'erano tutte ciarle. Figurarsi!
-Sua nipote! Una donna di tanto senno; educata da
-lei! Per i ciarlieri basterebbe la sua presenza... Per
-Elisa una sua parola!...
-</p>
-
-<p>
-Elisa la sentiva in aria quella parola sospesa sul
-suo capo... come la spada di Damocle. Il giorno
-stesso del suo arrivo, a zia Balbina era stato presentato
-Roberto Rescuati. Povero Roberto! che sorpresa
-per lui, trovarsi di fronte inevitabilmente,
-quella degna signora, che lo guardava attenta, paziente,
-servendosi qualche volta dell'occhialino, come
-se si trattasse di un grazioso insetto d'una nuova
-specie! Era stata piuttosto gentile per lui e s'era
-degnata di dire ch'era abbastanza distinto, ma c'era
-nel tuono della sua voce, quando gli parlava, qualcosa
-di così serenamente sprezzante nell'apparente
-bonarietà, che Elisa, più ancora di Roberto, ne risentiva
-delle vere trafitture. La zia Balbina aveva
-subito assunto con Rescuati un fare leggermente
-ironico, lo aveva chiamato talvolta: giovanotto, e
-c'era proprio voluto lo sguardo supplichevole di Elisa
-<span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span>
-a lui rivolto, una specie di sorriso di semi confidenza,
-perchè egli mandasse giù, in santa pace, l'appellativo.
-</p>
-
-<p>
-Il giovane era, come può credersi, potentemente
-seccato; un'irritazione violenta lo coglieva a volte
-davanti a quell'intervento inatteso, ingrato, e in cui
-subodorava un'ostilità sistematica. Quando c'era gente
-da Elisa, la zia Balbina si permetteva qualche assenza
-dal salotto, ma non appena era libero il campo, ella,
-come avvertita da un dispettoso spirito familiare,
-compariva tosto, sempre elegante nella sua ricca
-austerità di vestiario, col suo occhialino, col suo ricamo
-di tappezzeria, colle sue lane. Aveva un vezzo
-tutto suo di non dare importanza alla presenza di
-Roberto, di costringere Elisa ad occuparsi con lei di
-cose alle quali egli non poteva o non sapeva interessarsi:
-ora le chiedeva il suo parere su un'opera
-scientifica, ora la intratteneva di vecchie conoscenze,
-di vecchi episodi. Altre volte, rivolgeva a Roberto
-una specie d'interrogatorio sugli studi fatti, sulle
-sue idee a proposito delle questioni sociali, e ascoltava
-le risposte con un mezzo sorriso distratto, come di
-un professore che pensa: Quanti punti dargli a quell'allievo?
-In modo che Roberto, esasperato, finiva
-per lo più coll'andarsene, recando in cuor suo un
-vero impeto d'esecrazione per quella donna che nulla
-lasciava d'intentato per farlo figurare come un ragazzo
-agli occhi di Elisa. Tale era veramente il piano
-della zia Balbina. In sè, non sarebbe stato un cattivo
-<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span>
-piano. Ma nell'attuarlo la donna superiore scordava
-due cose soltanto: il senso della misura e la forza
-della reazione.
-</p>
-
-<p>
-Roberto si schermiva come poteva, e... tornava.
-</p>
-
-<p>
-Il fascino che lo attirava presso Elisa pareva anzi
-fortificarsi nell'attrito dell'ostacolo. Gli pareva quasi
-una sfida l'insolenza di quella vecchia, in cui egli
-aveva subito odorata una nemica, e che, stuzzicandolo,
-destava in lui la fiera più o meno assopita
-nell'antro di ogni cuore umano, l'amor proprio. Dal
-contatto con quella arcigna aggressiva superiorità di
-virago, spiccava, per forza inevitabile di contrasto,
-quella sì squisitamente femminile di Elisa... quella
-superiorità pietosa, ignara di sè stessa, che pareva
-fondersi soverchiata, come un elemento assimilato,
-in una rivelazione diffusa dell'<i>amatività</i> squisita di
-quella donna. Pochi, ben pochi l'avevano compreso,
-il cuore di Elisa, meno di tutti la zia Balbina... Roberto
-ne aveva un sentore. Ci credeva appunto perchè
-sentiva direttamente <i>egli</i> il riflesso di quel raggio e
-godeva del suo calore, senza chiedersi bene donde
-diramasse, nè qual grado di intensità potesse raggiungere.
-Ci credeva colla cieca sincerità del suo
-intuito e coll'audacia della sua stessa inesperienza.
-E l'ostacolo sollecitava il suo desiderio; Elisa gli pareva
-ora più bella, più attraente che mai, come ringiovanita
-da quella incresciosa tutela di guardiana.
-</p>
-
-<p>
-Essa aveva, per lui, quasi un segreto compenso
-<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span>
-per la cortese pazienza colla quale egli tollerava con
-apparente filosofia, il nuovo stato di cose, una specie
-di più confidenziale e in uno di più seria familiarità.
-Talvolta certi sorrisi, certi sguardi anche involontari
-tradivano, come una tacita connivenza coi suoi sentimenti,
-una birichina intesa della sua dissimulata
-tolleranza. E allora c'era come una malizia tenera
-nei suoi sguardi, qualcosa che lo rapiva come una
-intima gioia, e gli faceva battere il cuore di una
-vaga speranza. Nei brevi momenti in cui erano soli,
-quei frammenti d'intimità assumevano un'indole di
-strana intesa. Elisa e Roberto respiravano allora
-un'aria di sollievo, che pareva quasi comunicarli
-nella coscienza d'una cara complicità di ribellione,
-creare fra essi come un legame nuovo, che diminuiva
-le distanze, parificava i sentimenti.
-</p>
-
-<p>
-Pure quei momenti, quelle concessioni pietose di
-Elisa sortivano talvolta un effetto contrario. La reazione
-prendeva inaspettatamente un'indole pericolosa.
-Roberto si esaltava facilmente: c'era un pericolo,
-ravvisabile ora... nell'ardore con cui egli ne approfittava,
-e nell'esigenza con cui li voleva rinnovati,
-prolungati il più spesso possibile. Un non so che
-d'imperioso, di tormentato veniva sempre a galla,
-ora, in quei colloqui quasi furtivi e in cui Elisa, nel
-fanciullo tenero, amoroso, vedeva lampeggiare un
-altro essere, un uomo che soffriva, che si frenava,
-ma tormentosamente, alle prese con un segreto volere,
-<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span>
-con un'aspirazione impetuosa non determinata,
-no, ma prepotente. Egli diventava allora irrequieto
-nei modi, con un non so che di aspro e insieme di
-snervato, aveva delle mezze frasi amare, sragionevoli,
-che Elisa rintuzzava dolcemente come se non le
-prendesse sul serio, ma che lasciavano non solo nel
-suo cuore, ma in tutto l'esser suo, un'impressione
-acuta, scottante, un senso vagamente appassionato e
-pauroso.
-</p>
-
-<p>
-Intanto, zia Balbina non poteva trovare appiglio
-al contegno di loro due; era incensurabile.... ma,
-tant'è, quell'intimità, quella confidenza di lui, quella
-condiscendente bontà di lei... due o tre misteriosi
-sorrisi scambiati fra loro e colti a volo, le davano
-un certo pensiero.
-</p>
-
-<p>
-E anche nei suoi rapporti con lei, Elisa non era
-più la stessa. Sempre deferente e rispettosa, piena
-di premure pel suo benessere, docile a qualunque
-espresso o solo accennato desiderio, poteva dirsi tuttavia
-una nipote esemplare.
-</p>
-
-<p>
-Ma la remissività antica, l'adesione assoluta alle
-viste della zia erano scomparse. Elisa evitava con
-molta cura le discussioni che zia Balbina cercava
-talvolta d'intavolare su argomenti delicati e che avrebbero
-potuto condurla su un terreno scottante.
-Vigilante anch'ella, odorava l'agguato, e si sottraeva,
-per istinto più che per altro, per un vago, codardo
-terrore della brusca cessazione dei <i>suoi</i> dubbi, per
-<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span>
-la paura di veder concretati, in forma precisa, i doveri
-assoluti della situazione. Il che non era eroico,
-certamente.
-</p>
-
-<p>
-Ma a retroguardia di questo, c'era un altro sentimento,
-una naturale reazione di amor proprio di
-donna, una ribellione segreta contro quell'intervento
-non chiesto, e quell'inquisizione, che l'offendeva anche
-nel pudore delicato di quell'amore ch'ella aveva
-voluto mascherare a tutti e persino a sè stessa, che
-era la sua gioia e la sua tortura, feconda di emozioni,
-di angoscie intimissime, appartenenti ad un
-genere pel quale il linguaggio non ha parole, nè
-analisi possibile la scienza psicologica, tanto sono
-misteriose ed indefinibili le sue vibrazioni.
-</p>
-
-<p>
-Pure, di queste emozioni, il mondo aveva avuto
-sentore prima ancora di lei, le aveva, colla brutalità
-logica de' suoi giudizi, spiate nel suo cuore. Snaturandole
-col solo alito suo, ne aveva fatto un balocco
-per suo uso speciale, uno scandaletto piccante, a cui
-alcuni non prestavano, altri fingevano di non prestar
-fede.
-</p>
-
-<p>
-Ma la storiella, coi suoi vari aspetti, correva pei
-salotti. Ed Elisa lo sapeva, ed era per quella donna
-uno strazio senza fine. Reagiva bensì colla coscienza
-della sua battaglia, ch'era ancora una vittoria. Nella
-superiorità del suo spirito sì forte, poteva trovarsi,
-assieme all'acuto dolore, anche il disprezzo della calunnia.
-Ella poteva, dopo tutto, ignorarla!
-</p>
-
-<p>
-Ma la cosa era diversa, ora, di fronte a zia Balbina.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Avevano recata la posta.
-</p>
-
-<p>
-Non c'era nulla per Elisa, e zia Balbina chiese il
-permesso di aprire le due lettere venute per lei. Si
-ritrasse a leggerle presso la finestra.
-</p>
-
-<p>
-Roberto approfittò di quella mossa per sedersi
-vicino alla contessa Elisa, e scambiare qualche parola
-con lei a bassa voce, naturalmente, per non disturbare
-la leggitrice.
-</p>
-
-<p>
-— Oh... guarda Elisa, — escì a dire improvvisamente
-la zia Balbina. — Mi scrive l'avvocato per
-quell'affare che sai... la lite coi Montestano. Bisogna
-che io parta uno di questi giorni.
-</p>
-
-<p>
-Chinò di nuovo sulla lettera il suo sguardo sagace.
-Ma questo aveva già fatto bottino di quello involontario,
-raggiante che s'erano scambiato in quell'attimo
-Elisa e Roberto. Già ella aveva veduta la subita
-alterazione del volto di sua nipote.
-</p>
-
-<p>
-Finalmente! pensò, chiudendo con diligenza la lettera
-che non era affatto del suo avvocato e che non
-la chiamava per nulla in luogo alcuno.
-</p>
-
-<p>
-Miserabile, lo stratagemma. Ma era riuscito. Ora
-poteva parlare ad Elisa.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Calmissime, entrambe.
-</p>
-
-<p>
-La zia Balbina era in funzione. Già da dieci minuti
-il suo dito s'addentrava sapientemente nella piaga.
-</p>
-
-<p>
-— Capirai che giudico per conto mio, senza preoccuparmi
-delle ciarle altrui. Sei mia nipote e tanto
-basta. Ma non avrei mai creduto che potesse nascere
-la necessità di tutelare il decoro di una donna della
-tua età e del tuo senno, di fronte ad un... scusami,
-monello di quella specie.
-</p>
-
-<p>
-La guardava dall'alto in basso, così dicendole, con
-una posa da grande inquisitrice.
-</p>
-
-<p>
-Elisa ricamava con molta diligenza.
-</p>
-
-<p>
-— Il mio decoro? — ripetè, guardando bene in
-volto, anch'ella, la sua interlocutrice. E nel suo accento
-c'era una vibrazione che zia Balbina udiva
-per la prima volta in quella voce.
-</p>
-
-<p>
-— Sì — ripetè severamente — il tuo decoro!
-Credi che faccia bell'effetto vederti quel <i>blanc bec</i>
-sempre appiccicato alle tue gonne? La tua condotta,
-mia cara, è per lo meno assai leggera.
-</p>
-
-<p>
-Una lieve tinta di porpora salì alle gote di Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Le piace giudicarlo tale, — rispose pacatamente. — Me
-ne duole assai, ma mi permetterà di
-farle osservare, cara zia, che sinora...
-</p>
-
-<p>
-— Sinora, per l'appunto. Ma sinora non è tutto
-<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span>
-nella vita. Si è sempre a tempo per far ridere la
-gente. E tutto ciò, sai, ha un po' di ridicolo... non
-ti pare?
-</p>
-
-<p>
-Avanti, zia Balbina, coraggio. Un altro millimetro.
-A momenti ci siamo, al punto voluto. Guarda com'è
-già pallida la donna a cui stai parlando.
-</p>
-
-<p>
-— La prego, zia, — disse Elisa brevemente, — vogliamo
-lasciare quest'argomento?
-</p>
-
-<p>
-— No, — rispose zia Balbina, — bisogna esaurirlo
-anzi. Son venuta apposta per sincerarmi.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — disse Elisa, con un lieve accento ironico. — E
-adesso, si è sincerata?
-</p>
-
-<p>
-Voleva provarsi a giuocar d'audacia. Ma non era
-il suo forte. Un tremore nervoso agitava il suo
-labbro.
-</p>
-
-<p>
-— Mi sono sincerata — continuò tranquillamente
-l'altra — che hai avuto molto torto di non seguire
-i miei consigli, e che ti trovi adesso assai imbarazzata.
-</p>
-
-<p>
-— Io? — ribattè Elisa con un tentativo di allegra
-protesta.
-</p>
-
-<p>
-— Sì... lo sei. L'hai sbagliata sin dal principio.
-Colle tue ubbie di sviscerata amicizia per Tecla e
-coll'incaricarti di quel ragazzo impertinente, che, fra
-parentesi, mi pare abbia tutte le prerogative di un
-bellimbusto di provincia e sia indietro in parecchie,
-anzi in moltissime cose, hai presa la tua parte sul
-serio. Il ragazzo... si sa... si è montata la testa... ci
-<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span>
-vuol tanto, a quell'età! E tu invece di canzonarlo
-bellamente...
-</p>
-
-<p>
-Elisa depose il suo ricamo con uno sguardo che
-produsse una leggera alterazione nel piano del discorso
-di zia Balbina. L'egregia donna ebbe un piccolo
-impeto di tosse, esaurito il quale, proseguì:
-</p>
-
-<p>
-— Senz'accorgerti, dico, hai lasciato ch'egli si montasse
-la testa. Sfido io... la prima donna che si è occupata
-di lui. E poi, ben inteso, la donna... non una
-donna, come accade alla sua età. Sei ancora abbastanza
-conservata per piacere, e... insomma... è naturale
-sino ad un certo punto che egli sia innamorato
-di te. Ma s'egli è un ragazzo, tu non lo sei, mia
-cara. Hai per lo meno l'età della ragione! Hai trentanove
-anni, mia cara. Non si direbbe, certe volte,
-ma li hai. Oh! li porti benissimo ed è una eccellente
-età, relativamente. L'ho sempre detto, anzi, che dovresti
-rimaritarti, e giacchè ho già una volta la mano
-così buona...
-</p>
-
-<p>
-— Zia, — interruppe Elisa con un movimento
-così vibrato che fece quasi trasalire la zia Balbina.
-Oh!... Oh! quella sua nipote, che vampe aveva gettate
-dagli occhi! che vibrazioni aveva in tutta la
-persona.
-</p>
-
-<p>
-— Oh, — ribattè zia Balbina, cercando di dissimulare
-col sarcasmo lo stizzoso stupore che l'invadeva, — non
-temere. Lo so che una fortuna come quella
-che dovesti a me non capita due volte ad una donna,
-<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span>
-neppure quando abbia il buon senso di apprezzarla.
-Ma ciò non entra nel mio argomento. E non discuto
-neppure sul resto, sai? Volevo solamente chiederti,
-e ti chiedo: cosa conti di fare?
-</p>
-
-<p>
-Finalmente aveva toccato il fondo, quel dito sagace.
-C'era e non si moveva più.
-</p>
-
-<p>
-Elisa incrociò le braccia con un calmo gesto di
-stanchezza.
-</p>
-
-<p>
-— Nulla! — rispose laconicamente.
-</p>
-
-<p>
-Un momento di cupo silenzio regnò nel salotto, e
-una nuvola calò visibilmente sulla fronte di zia Balbina.
-Le parve che pungesse un pochino, là dove
-aveva messo il dito. Prese una grande risoluzione.
-</p>
-
-<p>
-— È la tua ultima parola? — chiese categoricamente
-ad Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— L'ultima.
-</p>
-
-<p>
-La zia Balbina si sgomentò. Aveva tentato il categorico
-imperativo di Kant, coll'assoluta certezza di
-vincere. Ma questa era una Elisa nuova, ch'ella non
-conosceva, che si difendeva con delle armi ed un volere
-inaspettato. Che fare ora? Battere in ritirata?
-</p>
-
-<p>
-Ebbe una subita ispirazione.
-</p>
-
-<p>
-— Quella che avresti risposto a tuo padre?
-</p>
-
-<p>
-Ora, aveva colpito giusto. Un estremo pallore sostituì
-sul volto di Elisa la fiamma della ribellione.
-</p>
-
-<p>
-Alzò il capo, e lo sguardo pieno di angoscia incontrò
-sulla parete il quadro entro cui campeggiava
-la bianca testa sì nobile, sì dolce.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span>
-</p>
-
-<p>
-Un'onda di ricordi le si affollò al cuore, destandovi
-un subito ravvivarsi di appassionato rammarico, il
-senso di un supremo bisogno di simpatia, di consiglio,
-d'aiuto, quale lui, lui solo, avrebbe potuto
-darle.
-</p>
-
-<p>
-— Papà, — mormorò. — Oh!... padre mio!... — Ed
-era piena di lagrime, d'intimo ed umile sgomento,
-quell'unica frase. Ah! se fosse stata sola, con quale
-impeto Elisa si sarebbe gettata ai piedi di quel ritratto,
-quale ardente sfogo di pianto avrebbe sollevato
-il suo cuore, forse rischiarata la notte di incertezze
-crudeli in cui si dibatteva quella povera anima
-appassionata!
-</p>
-
-<p>
-Ma ciò non si poteva fare. C'era zia Balbina che
-detestava le scene. E quella sarebbe stata per l'appunto
-una scena...
-</p>
-
-<p>
-Elisa vinse dunque quell'impeto, e rivolse a zia
-Balbina uno sguardo calmo e quasi sottomesso.
-</p>
-
-<p>
-— Zia, la prego... lasciamo per ora questo argomento.
-</p>
-
-<p>
-— No, mia cara, — ribattè zia Balbina. — L'abbiamo
-intavolato, e voglio che ne tocchiamo il fondo.
-Sei mia nipote e devi ascoltarmi. Per questa volta...
-perchè poi sarò io che non te ne parlerò più. È necessario
-che tu prenda una decisione. Sei in una posizione
-falsa e ridicola, e ci sei per colpa tua, unicamente
-tua. Capirai che non discuterò con te le
-cause di un'infatuazione assurda da tutti i lati e sotto
-<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span>
-tutti i riguardi, e per la quale nelle tue circostanze
-non esiste una sola scusa plausibile, nè ammissibile.
-Ora, ciò deve cessare. È duopo far intendere a
-quel ragazzo che ormai le sue visite sono di troppo,
-e, se non vuoi farlo tu, me ne incarico io.
-</p>
-
-<p>
-Elisa andò diritta verso la zia. Una formidabile ira
-splendeva nei suoi occhi, qualcosa come un'irradiazione
-di magnifico orgoglio, sì fiero, sì determinato
-che zia Balbina indietreggiò involontariamente d'un
-passo, e s'accorse di aver commesso un errore.
-</p>
-
-<p>
-— Mia cara zia, — disse Elisa con somma calma, — lei
-non farà nulla, assolutamente nulla di simile.
-Le sono grata della sollecitudine che dimostra per ciò
-che mi riguarda, ma la prego di credere, al pari di
-me, che io sola ho il diritto di giudicare delle
-cose mie. E questo, zia Balbina, una volta per
-tutte.
-</p>
-
-<p>
-Zia Balbina non rispose. Sulla sua fronte rugosa,
-sulle magre gote era salito quel rossore cupo d'ira
-repressa ch'è così penoso a vedersi sul volto dei
-vecchi. Ella si sentiva vinta.
-</p>
-
-<p>
-— Sta bene — disse. — È quello che, si doveva,
-naturalmente, al mio zelo per il tuo decoro. Ma ti
-considero quale sei, una povera illusa. Come capirai,
-io non rimarrò qui a presenziare le assurde... sconvenienze
-sulle quali tu non ammetti discussioni. Parto
-domattina.
-</p>
-
-<p>
-Oh, l'inesprimibile sollievo per Elisa! Ma in pari
-<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span>
-tempo che improvviso senso di rimorso! Era sua
-zia, la sorella di suo padre, l'unica parente che
-avesse dopo tutto.
-</p>
-
-<p>
-— Oh no — mormorò sotto l'impero d'un subito
-pentimento e con un accento pieno di sincera emozione — non
-faccia questo... la prego!
-</p>
-
-<p>
-Zia Balbina dissimulò un sorriso di trionfo.
-</p>
-
-<p>
-— Lo farò infallibilmente, mia cara. Domattina
-colla prima corsa.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Era per tempo assai, la prima corsa. Ma sin dalla
-sera avanti la zia Balbina aveva fatto preparare il
-suo baule dalla cameriera. Il treno partiva alle
-sette e quaranta, ed erano testè scoccate le sei e
-mezzo.
-</p>
-
-<p>
-La luce mattina era ancora troppo fioca per rischiarare
-sola gli ultimi preparativi della partenza.
-Due candellieri accesi ardevano sul tavolino, e china
-su una grossa sacca da viaggio di zigrino nero, la
-grossa Viola, la cameriera di zia Balbina, insaccava
-colla massima diligenza l'immenso materiale che la
-padrona giudicava necessario al <i>comfort</i> dei suoi
-viaggi. La delicata operazione era sorvegliata da
-lei col solito corredo di raccomandazioni e rimbrotti
-pel ritardo.
-</p>
-
-<p>
-Un lieve colpo, picchiato all'uscio, fe' volgere il
-capo a zia Balbina.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Avanti! — disse.
-</p>
-
-<p>
-L'uscio s'aprì e diè adito alla contessa Elisa.
-</p>
-
-<p>
-Era completamente vestita da viaggio, col cappello
-in capo. Dietro la veletta si vedeva una faccia
-pallida e sbattuta, la faccia di chi ha passata una
-notte insonne.
-</p>
-
-<p>
-Essa andò diritta verso zia Balbina.
-</p>
-
-<p>
-Qualcosa nello sforzo, nell'espressione affranta del
-passo della nipote, fece vibrare nell'animo della zia
-una corda che ben di rado soleva vibrare in lei. Ed
-era del pari stanca, come sfinita, la voce che disse
-tranquillamente:
-</p>
-
-<p>
-— Zia... parto con lei.
-</p>
-
-<p>
-La presenza di Viola rendeva impossibile una spiegazione.
-</p>
-
-<p>
-— Certo — disse soltanto zia Balbina — che bella
-sorpresa!
-</p>
-
-<p>
-E partirono assieme, veramente.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Solo più tardi, alla stazione di Pisa, quando la cameriera
-scese per andar a prendere qualcosa per
-le signore rimaste nel vagone, zia Balbina si rivolse
-ad Elisa:
-</p>
-
-<p>
-— Vieni da me — ben inteso!
-</p>
-
-<p>
-— Sì, per qualche giorno.
-</p>
-
-<p>
-La zia trattenne una smorfietta; avrebbe preferito
-<span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span>
-una misura più radicale. Stava per dire. — E poi? — ma
-si trattenne con uno sforzo così tradito e così
-meritorio che Elisa ebbe un pallido sorriso.
-</p>
-
-<p>
-— Andrò alle Celle per una settimana o due. Poi
-farò un giretto a Milano, sui laghi, dai Plana forse,
-non so.
-</p>
-
-<p>
-Zia Balbina non fe' commenti. In fondo il suo scopo
-era ottenuto. E l'istinto del suo vero buon senso le
-suggeriva di lasciar in pace sua nipote e di non provocare
-spiegazioni.
-</p>
-
-<p>
-Il treno correva, celere, per l'ammirabile paesaggio
-alpestre della linea Firenze-Bologna.
-</p>
-
-<p>
-Le due signore e la cameriera occupavano una
-carrozza riservata, e non avevano a temere moleste
-intrusioni di viaggiatori. Nessuna di esse parlava.
-Viola per un eccellente motivo, perchè dormiva. La
-zia Balbina, comodamente rincantucciata in un angolo,
-soccombeva gradatamente alla stessa tentazione,
-ma la sua posa era dignificata dal giornale:
-<i>L'Univers</i>, che tuttora trattenuto fra il seno e le
-braccia incrociate, le copriva buona parte del volto.
-</p>
-
-<p>
-Il rombo cadenzato del treno scorrente sulle rotaie
-metteva nell'udito come l'impressione di una melopea,
-ripetuta all'infinito, il solfeggio ritmico di un
-eterno ritornello musicale.
-</p>
-
-<p>
-Sulle ginocchia di Elisa stavano libri e giornali,
-ma ella non leggeva. Voltata di fianco, nel suo angolo,
-teneva la fronte poggiata al cristallo della finestrina,
-<span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span>
-seguendo collo sguardo abbandonato la vicenda
-incessante degli splendidi quadri del paesaggio,
-alternati ai bruschi periodi di oscurità prodotti dal
-passaggio nelle gallerie. Fuori, all'aperto, era la primavera
-montanina, ancora un po' in ritardo e in
-tutta la delicata poesia dei suoi primordi. Sui declivi
-dei vecchi sterri, sulle balze, dovunque, nell'intenso
-del primo verde, era una matta sterminata fioritura
-di primole, d'anemoni, di viole. Poi, ad un tratto, la
-notte soffocante, il cupo rimbombo delle gallerie, col
-loro senso di isolamento, di tenebra, di caos.
-</p>
-
-<p>
-Elisa aveva tanto pensato la notte scorsa, tanto
-ragionato, tanto predicato a sè stessa, che ora, nel
-suo cervello stanco, i pensieri non si concretavano
-più in forma definitiva. Ella aveva solo una vaga
-impressione di strazio sofferto, di suprema gioia rinunziata,
-le pareva che, quando il treno correva all'aperto,
-quel tal ritornello nella sua eterna canzone
-dicesse sommessamente: con lui, e quando entrava
-nel buio: senza di lui. E una volta o due, quando
-un attrito delle ruote sulle rotaie produsse nella carrozza
-una repentina scossa oscillatoria, una grossa
-lagrima che Elisa non sapeva di avere tremolante
-sul ciglio, se ne spiccò bruscamente, e andò a cadere
-sulle inerti mani di lei...
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span>
-</p>
-
-<h2>XIV.</h2>
-</div>
-
-<p>
-La contessa Elisa Serramonti possedeva parecchie
-ville.
-</p>
-
-<p>
-La più importante, la vera tenuta della famiglia,
-era nella Liguria, sulla Riviera, ed ella soleva passarvi
-l'estate. L'autunno lo spendeva per lo più in
-qualche viaggetto all'estero, ma trovava sempre
-una ventina o trentina di giorni da dedicare alle
-Celle.
-</p>
-
-<p>
-Come possessione, le Celle non avevano grande
-importanza. Era un piccolo ed antico convento di
-suore, che il padre di Elisa aveva comperato, quasi
-a caso, per una subita simpatia del luogo pittoresco,
-lontano da cittadi e da villaggi, come la dimora del
-Sonno nell'<i>Orlando Furioso</i>. L'acquisto era stato
-fatto negli ultimi anni della sua vita e coll'idea di
-formarsene una specie di romitaggio, destinato all'assoluta
-quiete ch'egli desiderava pei suoi studi storici.
-Senonchè, un'altra quiete, la più assoluta, la più infallibile
-fra tutte, aveva tosto sopraggiunta quella
-gentile anima di gentiluomo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span>
-</p>
-
-<p>
-Egli aveva detto un giorno ad Elisa che le Celle
-dovevano essere lasciate così precisamente, col loro
-carattere di piccolo chiostro antico, e l'amoroso culto
-di tutto ciò che era stato un pensiero del padre era
-in questo caso l'avvaloramento di quanto le avrebbe
-inevitabilmente suggerito il proprio senso estetico.
-</p>
-
-<p>
-Non aveva recato alle Celle nulla dell'elemento
-mondano e della moderna eleganza di <i>comfort</i>, che
-soleva essere altrove come un indispensabile quadro
-della sua finissima personalità. L'antico chiostro colla
-sua cappella tuttora ufficiata da un cappellano, titolare
-del beneficio mantenuto dalla contessa, se ne
-stava in cima ad un'altura contornata da monti, che
-gli formavano al nord uno sfondo di severi profili
-alpestri, lasciando illimitata al sud ed all'est la vista
-di una immensa campagna, ove larghi spazi di piano
-si alternavano a concatenazioni di vaghissimi colli.
-La terra era toscana, uno di quei suoi lembi reconditi,
-ignoti, pieni d'intatti idillii, quali Ouida, in certi
-romanzi suoi, ha saputo trovare ed additare a noi
-italiani, sì freddi valutatori delle tante bellezze del
-paese nostro! Boschi immensi, quasi foreste, costeggianti
-immensi tratti di terreni coltivati con quell'immutabile
-amore estetico della terra ch'è come un
-retaggio tradizionale del sangue rusticano di quelle
-popolazioni.
-</p>
-
-<p>
-Da un lato dell'altura, ove si alzavano le Celle,
-una di queste boscaglie si arrampicava e veniva a
-<span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span>
-finir quasi parallela al terrapieno sul quale poggiava
-il porticato che dalla casa metteva capo alla chiesina,
-quello che si chiamava ancora «la passeggiata
-delle suore.» Sulle praterie dal lato non boscoso,
-un viale di cipressi metteva la lunga striscia del suo
-verde cupo, e questa si arrestava all'orto, tuttora
-cinto da un muricciuolo.
-</p>
-
-<p>
-La salita era impraticabile alle carrozze, perciò
-Elisa non portava mai alle Celle il suo treno di scuderia,
-e solo una ristretta parte del personale di servizio
-l'accompagnava lassù.
-</p>
-
-<p>
-A dir vero, le Celle non erano per essi un soggiorno
-favorito. Non potevano capire come la signora
-potesse stare in quel luogo solitario, dove non capitavano
-mai visite, dove ella dormiva in una stanzona
-bianca, nuda, senza addobbi, senza specchi, con dei
-mobili vecchi, orribili, dove non si sentiva uno strepito,
-e dove, quando pioveva, non si poteva mettere
-il naso fuori di casa. Ci si andava d'autunno, e l'autunno
-veniva presto lassù, colle sue piove, colle sue
-nebbie, coi suoi venti che empivano l'orto di foglie
-morte, ed i vasti corridoi di ululati lugubri, da far
-venir la pelle d'oca. E ancora il primo, il più sentito
-rammarico, che non ci fosse «società.»
-</p>
-
-<p>
-No, di quella non ce n'era davvero. Si sarebbero
-dovute fare sei o sette miglia almeno per trovare
-un'abitazione che arieggiasse di villa. Solo quando il
-vento spirava forte, si poteva avere una leggerissima
-<span class="pagenum" id="Page_318">[318]</span>
-percezione del rombo della strada ferrata lungo la
-linea maremmana. Appiè del colle, c'era l'abitazione
-del cappellano e quella del fattore; per la spesa giornaliera
-bisognava andare al villaggio più vicino, circa
-tre chilometri di strada. E mai, mai una visita!
-</p>
-
-<p>
-Elisa amava quel soggiorno, e lo serbava tal quale.
-Le piaceva l'erma posizione, l'aspetto poetico, quel
-non so che di casa d'anime, il profumo religioso ed
-austero che s'era lasciato dietro in quell'ambiente, il
-passaggio successivo di tutte quelle donne velate e
-preganti. Anche nella stagione cattiva, colla pioggia
-e il vento, gustava, per un certo spazio di tempo,
-quella reclusione, in cui le pareva di ritrovare certi
-istinti contemplativi che la vita mondana attutiva,
-senza al tutto spegnerli, nell'animo suo. Aveva scelta,
-per sè, la cella dell'ultima badessa, aggiungendovi
-solo ciò che è strettamente indispensabile alle più
-semplici abitudini di una signora. Pranzava in refettorio,
-e quando pioveva, passeggiava a lungo pel
-largo corridoio, costeggiando gli usci chiusi degli
-stanzini che avevano dato il nome al luogo e ricetto
-a tante anime prigioniere, forse non sempre volontarie,
-forse a volte inconsciamente ribelli, ma che
-pure avevano vissuto colà obbedienti, rassegnate, ed
-erano morte in pace.
-</p>
-
-<p>
-Oh la pace... la pace! Elisa era venuta alle Celle
-solo in cerca di pace, coll'istinto di un uccellino ferito
-che cerca il più fitto dell'ombra per andarcisi a
-<span class="pagenum" id="Page_319">[319]</span>
-nascondere, perchè nessuno veda quanto egli ha male,
-perchè nessuno parli di lui... Si ricordava della malinconia
-dei giorni autunnali, di quel morir dell'anno,
-così grave lassù, così suggestivo di forti pensieri di
-sprezzo delle umane gioie, di alti e generosi oblii
-delle gioie terrene, in cui trovavano alimento i suoi
-più austeri istinti, la serietà d'intenti, di studio, a cui
-l'aveva abituata la sua costante unione d'anima col
-padre. Quando aveva presa quella brusca risoluzione
-di fuga, le era parsa questa l'unica soluzione possibile
-di uno stato di cose in cui sentiva quasi sommergere
-il suo criterio e naufragare l'animo suo! Dopo quella
-notte d'angosce indimenticabili — in cui ella aveva
-avvertito d'essersi ribellata contro le parole di zia Balbina
-solo perchè quelle parole erano il vero, e ripetevano
-come lampi brutali quelle confuse scintille di
-luce che erravano confuse, ma pur visibili, nella tenebra
-del suo cuore — Elisa aveva pensato alle
-Celle, come ad un rifugio. E v'era accorsa, dopo una
-breve sosta in casa della zia, sosta piena della intollerabile
-noia di quella dimora, centro di minuti
-pettegolezzi aristocratici di piccola città. C'era stata
-a disagio, coll'ardente cruccio di celare a qualunque
-costo quelle prime ribellioni, quei primi morsi del
-rammarico, il folle, assurdo pentimento del suo coraggio!
-Ed era riescita a dissimulare sì bene l'interno
-turbamento che zia Balbina aveva infatti tentato
-un piccolo cenno di lode per lo spirito, il buon
-<span class="pagenum" id="Page_320">[320]</span>
-senso di quella cara Elisa. A dir vero, questo era
-tutto un di più per zia Balbina... Non aveva mai
-ammesso neppur per un secondo che sua nipote potesse
-avere l'ombra di qualcosa di serio per quel
-bellimbusto.
-</p>
-
-<p>
-Diamine! queste cose non accadevano! non erano
-«nell'ordine!» L'unico torto di Elisa era quello di
-aver lasciato che s'impiantasse quella stupida familiarità
-che aveva fatto ciarlare i maligni. Ma del
-resto... Sciocchezze... ubbie! Ora che il suo amor
-proprio era stato placato dalla subita sommessione
-di sua nipote, ella considerava il rimanente come
-cosa di accessoria importanza. Elisa ripiglierebbe
-l'esistenza solita e buona notte.
-</p>
-
-<p>
-I primi giorni che Elisa passò alle Celle, padrona
-del suo tempo, dei suoi pensieri, furono quasi una
-felicità. Essa s'immerse nella piena reazione di quel
-contrasto. Poi, quando l'ebbe vissuta, esaurita (più
-presto, a dir vero, di quanto credeva) andò in cerca
-della pace, del santo regime d'anima che soleva offrirle
-ogni sua dimora alle Celle.
-</p>
-
-<p>
-Ma, strano a dirsi, stranissimo a constatare. Pareva
-che quella solitudine destasse ora in lei delle vaghe
-sensazioni nuove, indefinibilmente pericolose, anche
-quando parevano assopirla in una specie di relativa
-calma. Anzi; era la calma del luogo, quella che più
-le tornava formidabile!
-</p>
-
-<p>
-Ciò ch'ella obbliava lassù, ciò che le pareva ridursi
-<span class="pagenum" id="Page_321">[321]</span>
-ad una non entità di importanza, era per l'appunto
-ciò che aveva più paventato tempo addietro... l'opinione
-del suo mondo. Pareva che l'eco di quelle voci
-crudeli tentasse invano il limitare di quella solitudine.
-Quivi ella trovava più palesemente sè stessa e la
-verità delle cose. Invece dell'avversa atmosfera mondana,
-era una vaga complicità della vita esterna del
-luogo, del tempo, della stagione. Tutto pareva dirle
-semplicemente: ama. È il tuo cuore quello che ha
-ragione.
-</p>
-
-<p>
-S'alzava presto, ad un'ora che avrebbe fatto scandalo
-a Firenze. Nella freschezza dell'aria mattutina,
-ella provava una energia fisica della persona, un'elasticità
-delle membra che le davano la sensazione
-del possesso di un bene inestimabile! Aveva un
-orgoglio nuovo, quello della sua salute... una compiacenza
-di sentire bello di forma, di linee, di freschezza
-intatta, tutto il suo essere. Faceva lunghe,
-faticose camminate, senza mai sentirsi stanca, spinta
-da una specie di ebbrezza a cui tutto contribuiva, la
-gaiezza del sereno soleggiato, l'ombra indecisa delle
-piante, dal fogliame tenero, trasparente, il verde
-nuovo dell'erba, le tinte vive, determinate dei fiori.
-</p>
-
-<p>
-Ella non sapeva che la primavera fosse così bella,
-così formidabile! Lo imparava... ora con un vago
-terrore di comprendere questa scienza nuova, di avvertire
-quanto intimamente si collegasse, nell'intimo
-senso di lei, alla rivelazione di un'altra primavera,
-<span class="pagenum" id="Page_322">[322]</span>
-quella che in ritardo, a tradimento, le era spuntata,
-ineffabilmente dolce, nel cuore.
-</p>
-
-<p>
-Prima di partire, gli aveva scritto.
-</p>
-
-<p>
-Poche righe soltanto, per dirgli che una subita
-imprevedibile circostanza l'obbligava ad accompagnare
-sua zia a Foligno. Tornerebbe presto, scriverebbe.
-Scrivesse lui a Foligno, per dar sue nuove e quelle
-della madre...
-</p>
-
-<p>
-Sottoscrisse: <i>Affezionatissima amica Elisa</i>.
-</p>
-
-<p>
-A Foligno era venuta una lettera di lui, breve,
-che non era forse un campione di stile epistolare, e
-non somigliava, neppur da lontano, alle lettere ch'ella
-soleva ricevere dagli altri amici suoi, ma quella lettera
-l'aveva fatta passare per una rapida trafila di
-sensazioni. Il giovane le diceva semplicemente, (oh!
-quanto semplicemente), ch'era rimasto sì afflitto nel
-ricevere il suo biglietto... che era tanto triste! La
-pregava di tornare subito, perchè egli proprio desiderava
-di vederla e non poteva vedersi a Firenze...
-senza di lei... Che desiderava tanto di venirla a trovare!
-Ed era il sempre suo <i>Devotissimo amico
-Roberto</i>.
-</p>
-
-<p>
-Ora, erano passati dieci giorni, ed ella non aveva
-più scritto.
-</p>
-
-<p>
-Evitava di indugiarsi al tavolino. Sapeva quale
-tentazione l'assaliva colà, quale moto nervoso involontario
-pareva cacciare sotto la sua mano la penna,
-e costringerla a tracciare delle parole... Oh! sì poche,
-sì poche...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_323">[323]</span>
-</p>
-
-<p>
-Due righe, un indirizzo, e basta... E domani forse...
-posdomani Roberto sarebbe stato lì... con lei. Lì in
-quel luogo, lungi da tutti, senza molestie! Insieme
-avrebbero udito i sommessi preludii degli uccelli
-nelle macchie, assieme aspirato l'odor delle viole,
-gli olezzi penetranti del bosco in fiore, le brezze che
-parevano mettere ovunque, passando, un brivido di
-gioia nuova. Insieme avrebbero fatto lunghe passeggiate,
-visitati i luoghi ch'ella vedeva soletta ora, con
-quel tormentoso desiderio della sua compagnia. L'avrebbe
-seguito dovunque gli fosse piaciuto di andare,
-lieta, agile come lui, ridendo, scherzando, mettendosi
-al livello dei suoi pensieri, vivendo quella sua vita
-piana, elementare, senza torture di sofismi.
-</p>
-
-<p>
-Oh! che rivoluzione aveva fatto nel suo animo
-quel ragazzo! Come poteva ella aver percorsa tanta
-via senza accorgersene, per arrivare ad amarlo così...
-a soffrir tanto della sua assenza!... Tanto! Oh! ben
-più di quanto ella avrebbe creduto possibile... prendendo
-la risoluzione di partire.
-</p>
-
-<p>
-Un giorno che rientrava ebbra di quel fermento
-sottile che era fuori, nell'aria, nella terra, dovunque,
-gli scrisse. Ma non la mandò la lettera. Ne fece
-mille pezzi.
-</p>
-
-<p>
-Sì! Averlo lì... Rivivere!
-</p>
-
-<p>
-Ma! E poi?
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_324">[324]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Elisa era stata quasi tutto il giorno in casa per
-un vento impetuoso, che era impossibile, lì su quell'altura,
-affrontare. Ma, verso le quattro, il vento
-cadde bruscamente, e una gran pace si mise nella
-campagna. Ella prese il suo ombrellino ed uscì.
-</p>
-
-<p>
-Ora, era una giornata splendida. Il vento sciroccale
-s'era lasciato dietro nell'atmosfera un tepore
-estivo, insieme ad una tersità singolare, in seno alla
-quale l'assieme ed i dettagli del paesaggio parevano
-assumere un rilievo marcato. Ancora, di tanto in
-tanto, una brezza si levava non più impetuosa, leggiera.
-S'alzava, metteva un fruscio nell'aria, un tremore
-nelle foglie, una impressione come di bacio
-caldo sulla fronte di Elisa, poi scompariva.
-</p>
-
-<p>
-Ella camminava lentamente pel viale. Non aveva
-scopo. Sentiva solo bisogno di muoversi, di stancarsi.
-A mezzo il viale, le venne veduto un sentiero,
-che, tagliando di sbieco la discesa, la faceva più
-corta. Si mise per quel sentiero, dando le spalle al
-viale che aveva testè abbandonato. E così non vide
-subito qualcuno che, camminando frettolosamente
-pel viale, nella direzione contraria a quella da lei
-lasciata, si fermò improvvisamente scorgendola, e
-prese a seguire collo sguardo tutti i suoi movimenti
-</p>
-
-<p>
-Ella andava sempre, lentamente, per quel sentiero.
-<span class="pagenum" id="Page_325">[325]</span>
-Allora egli le tenne dietro, cautamente, senza fare
-strepito, camminando sull'erba, che dissimulava meglio
-i suoi passi giovanili, impazienti.
-</p>
-
-<p>
-Elisa sostò ad un tratto... Egli sostò pure, sorridendo...
-aspettando... Uno di quei lievi soffi d'aria
-calda passò fra loro. Elisa sentì un leggero brivido.
-</p>
-
-<p>
-Si voltò, e vide Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Ebbe l'impressione d'un sogno, d'una visione.
-Mandò un piccolo grido, e protese inconscia ambo
-le mani, mentre la sua faccia tradiva tutto... tutto.
-</p>
-
-<p>
-Egli le aveva prese le mani in una stretta appassionata,
-mentre ella tremava come una foglia, con
-un sorriso vago. Poi, rapidamente, le loro labbra
-si erano unite... senza progetto... senza volere di
-alcuno dei due. Così... perchè si amavano. E in quel
-secondo, incosciente e supremo, Elisa ebbe il primo
-bacio d'amore della sua vita... il primo fiore dell'ultima
-primavera.
-</p>
-
-<p>
-Stettero le sue sulle labbra di Roberto... Stette
-ella così, stretta al cuore di quel fanciullo. Negli
-occhi di quella donna non c'era ira di sorta. Non
-fu in entrambi, per un istante, che una dolcezza
-ineffabile, la tenera, sacra gioia, di rivedersi, di ritrovarsi,
-d'essere ancora assieme, la confessione, il
-compenso di ciò che avevano entrambi sofferto, divisi...
-</p>
-
-<p>
-— Cara... — mormorò Roberto con profonda emozione — perchè
-sei andata via così? perchè non sei
-tornata? Lo sai pure che non posso stare senza di
-te... Lo sai pure che ti amo!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_326">[326]</span>
-</p>
-
-<p>
-Suonava la dolce, la suprema parola, la nuova,
-ardita formula confidenziale, nel tepore dell'aria sì
-mite, sì trasparente... L'udiva Elisa, rivolta a lei,
-l'udiva calda, vibrante, sincera... Vedeva quei grandi
-occhi bruni, cinti di appassionata penombra, versare
-nei suoi, a immensi fiotti, l'espressione di un sentimento,
-di una vita, di un mondo... l'amore!...
-</p>
-
-<p>
-Egli seguitava, colla voce quasi smorzata dall'intima
-emozione:
-</p>
-
-<p>
-— Perchè mi hai trattato così?... È stata quella
-vecchia che ti ha condotta via, nevvero?... Ma dopo,
-perchè non mi hai scritto che venivi qui?... Ma io
-ho fatto tanto che l'ho saputo, e ora... sono qui con
-te... con te...
-</p>
-
-<p>
-Se la strinse ancor più d'appresso al cuore, con
-un rapido, brusco movimento, in cui, senza saperlo,
-mise la forza dell'intima accensione che l'invadeva
-crescente.
-</p>
-
-<p>
-Un'abitudine, ch'era diventata un istinto, gridò
-all'animo di Elisa l'antico grido d'allarme...
-</p>
-
-<p>
-E si scosse... spaventata.
-</p>
-
-<p>
-— Roberto! — gridò con angoscia imperiosa, irresistibile.
-</p>
-
-<p>
-— Non temere — diss'egli. — Ma io ti amo... sai.
-</p>
-
-<p>
-Elisa s'era alquanto discosta da lui. Ma le loro
-mani erano ancora intrecciate.
-</p>
-
-<p>
-— Ti amo. Come sia avvenuto, non so. Ma tu devi
-saperlo... Mi hai trattato come un figlio, ma io non
-<span class="pagenum" id="Page_327">[327]</span>
-ti amo, no, come un figlio... Non te ne sei mai voluta
-accorgere, e mi hai fatto soffrire tanto. Poi sei
-andata via... Ma lo so... che anche tu forse, un poco,
-hai sofferto. E son venuto...
-</p>
-
-<p>
-Si arrestò, vinto anch'egli, lottando contro l'effervescenza
-della passione, contro il senso di rispetto
-che assieme all'amore gli aveva sempre ispirato
-Elisa, lottando contro la sua inesperienza dei supremi
-momenti della vita.
-</p>
-
-<p>
-— Ti amo, — disse ancora sommessamente... umilmente.
-Poi, ad un tratto, con un accento più alto,
-più imperioso: — Elisa... — gridò — vuoi esser mia?
-</p>
-
-<p>
-— Oh!... — gridò Elisa, esterrefatta — io?...
-</p>
-
-<p>
-— Sì... tu... Ti amo, ti voglio... ho bisogno di te,
-della tua vita, dei tuoi baci... Sei bella, ti amo. Come
-vuoi... tutto ciò che vuoi... purchè tu sia mia! Di'...
-vuoi?... vuoi fidarti di me?... sono giovane, ma non
-importa... Imparerò... saprò... Fammi, ciò che credi,
-tuo amante, tuo marito! Ma purchè tu mi appartenga,
-purchè io possa vivere con te... sempre...
-</p>
-
-<p>
-Un delirio lo invadeva, un'ardente esplosione, determinata
-dalle sofferenze reali ch'egli aveva provato
-negli scorsi giorni, dal vuoto incomportabile che
-l'assenza d'Elisa aveva messo nella sua vita. L'emozione
-di lei, la subita certezza che ella lo amasse,
-avevano fatto divampare l'incendio a lungo soffocato.
-</p>
-
-<p>
-Era sincero in quell'istante, sicuro di sè stesso, di
-tutto l'ardore dei suoi giovani anni, di tutto l'orgoglio
-<span class="pagenum" id="Page_328">[328]</span>
-audace della sua indipendenza, nell'impulso irresistibile
-del suo desiderio eccitato sino alla follia dal
-semi abbandono di lei, dall'estasi vaga in cui andava
-nuotando lo sguardo di quella donna.
-</p>
-
-<p>
-Di nuovo, bramosamente, con uno sguardo di
-febbre, con un brusco moto, la serrò sul suo petto,
-ricercò colle sue le labbra di lei. E con una specie
-di energia prepotente, quasi feroce:
-</p>
-
-<p>
-— Di' la verità... — gridò — dilla... mi ami?
-</p>
-
-<p>
-Essa lo guardò smarrita. Tentò un sorriso, un diniego,
-una parola evasiva. Ma come suo malgrado,
-come per una forza ineluttabile, le sue labbra mormorarono
-disperatamente: — Sì.
-</p>
-
-<p>
-Allora si sentì avvinghiata dalle braccia robuste
-di quel fanciullo, sentì una pioggia di baci piombarle
-sul volto, senti un roco grido di gioia, di trionfo.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! dunque, sei mia!
-</p>
-
-<p>
-Ma, con un moto sì rapido ch'egli non ebbe il
-tempo di opporvisi, ella si liberò da quella stretta.
-Si accampò ritta, severa, davanti a lui.
-</p>
-
-<p>
-— Roberto! impazzite!
-</p>
-
-<p>
-Roberto si arrestò... Rimase, anelante, pallido, di
-fronte a lei, che lo guardava fissa, austera, colla
-suprema autorità di sguardo di un domatore di belve,
-quando è solo, senz'armi, di fronte a un leone.
-</p>
-
-<p>
-Entrambi rimasero così un istante. Si udiva l'alito
-rotto, affannoso, di Roberto... Si vedevano vibrare,
-come in un accesso di febbre, le vene del collo di
-<span class="pagenum" id="Page_329">[329]</span>
-lei, tremare le sue mani avvinghiate una all'altra,
-palpitare violentemente il suo seno... Ma ella non
-si mosse, ed egli non osò muoversi. Dopo un istante,
-egli chinò il capo e sussurrò:
-</p>
-
-<p>
-— Perdonami.
-</p>
-
-<p>
-Tacque un istante, come sopraffatto dalla stanchezza
-subitanea della violenza fatta a sè stesso... Terribili,
-a volte, queste vittorie della volontà nell'uomo!...
-</p>
-
-<p>
-— Dunque? — proseguì un momento dopo, non
-più colla foga di un fanciullo, ma con una specie
-di calma determinata, virile.
-</p>
-
-<p>
-— Roberto... ho trentanove anni! — rispose ella
-con profonda angoscia.
-</p>
-
-<p>
-Egli alzò le spalle sdegnosamente.
-</p>
-
-<p>
-— Roberto, ho i capelli bianchi!...
-</p>
-
-<p>
-Egli tese la mano, e una lunga, amorosa carezza
-passò su quei capelli brizzolati.
-</p>
-
-<p>
-— Se sapessi come sei bella, — mormorò.
-</p>
-
-<p>
-— Roberto! il mondo, l'opinione pubblica...
-</p>
-
-<p>
-Roberto ebbe un bel riso sonoro, echeggiante.
-</p>
-
-<p>
-— Il mondo?... ma lo sai pure che del mondo non
-mi è mai importato un bel niente. Quando siamo
-contenti noi, di lui cosa c'importa?... Facciamo quello
-che ci pare. Se son contento io, tocca a me a pensarci.
-Ti sembra?... Rideranno. Lasciamo ridere.
-Purchè siamo contenti, noi!... E se è vero che mi
-ami... — S'arrestò improvvisamente; poi continuò:
-</p>
-
-<p>
-— Ancora non posso crederlo che tu mi ami. È
-<span class="pagenum" id="Page_330">[330]</span>
-troppo... troppo! io non sono che un ragazzo. Ma,
-se lo vuoi, farai di me qualcosa che somigli di più
-alle tue idee. Non son mica cattivo, nè difficile da
-condurre... Tu mi hai fatto capire tante cose. No,
-degno, proprio degno di te non lo sarò mai; ma se
-tu vuoi, se tu vuoi... Oh Elisa, Elisa. Non vedi che
-non ne posso più di questo martirio!...
-</p>
-
-<p>
-Non ne poteva più, infatti. La sua voce veniva
-meno nell'intenso ardore di quella preghiera, nello
-sforzo di quel dominio sopra sè stesso, che lo esauriva.
-</p>
-
-<p>
-Ella anelava...
-</p>
-
-<p>
-— Lasciami pensare, — supplicò.
-</p>
-
-<p>
-Roberto sorrise tristamente.
-</p>
-
-<p>
-— Se mi amassi veramente, non parleresti così.
-Fa ciò che credi. Ciò che ti ho detto, lo ripeto:
-ti amo.
-</p>
-
-<p>
-Si appoggiò, pallido e spossato, contro un vicino
-tronco d'albero.
-</p>
-
-<p>
-— Ti scriverò, domani — sussurrò Elisa con un
-filo di voce. — Ora, parti.
-</p>
-
-<p>
-— Partire?..
-</p>
-
-<p>
-Un rossore quasi verginale si diffuse sul volto
-di lei.
-</p>
-
-<p>
-— Parti — ripetè. Ma nella sua voce c'era un
-tremore così giovanile, così eloquente, un sì profondo
-ed angoscioso senso d'amore, che un'ebbrezza di gioia
-invase il cuore di Roberto.
-</p>
-
-<p>
-— Elisa! — gridò Roberto con un appello appassionato,
-supremo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_331">[331]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ella non si fidò della sua voce. Fece un cenno di
-comando, d'addio...
-</p>
-
-<p>
-— Pensa, — gridò egli — pensa!
-</p>
-
-<p>
-Per un momento tutto nel suo essere ebbe ancora
-un impulso violento, verso di lei. Ma ancora lo vinse.
-</p>
-
-<p>
-Con una vibratissima mossa egli si spiccò da quel
-luogo. Si voltò un istante, ed ella vide la sua splendida
-faccia irradiata d'amore, sublime della vittoria
-riportata. Vide un appassionato gesto di addio, di
-preghiera, vide una visione di bellezza, di gioventù,
-d'amore che la salutava, che se ne andava, ch'ella
-stessa aveva mandato via. Un grido morì nella sua
-gola, stretta da una convulsione. Poi, non vide più
-nulla. Era andato a Firenze a attender lei o la sua
-risposta.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_332">[332]</span>
-</p>
-
-<h2>XV.</h2>
-</div>
-
-<p>
-Venne la risposta:
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="indl">
-«<i>Carissimo Roberto</i>,
-</p>
-
-<p>
-«È impossibile... Vi amo, sì, ma come una madre.
-Non posso prendere la vostra vita. Avete diritto
-a un'altra, ad una più razionale felicità. Questo,
-anche a vostra insaputa, sarebbe un sacrificio.
-Non posso accettarlo. Rimango ciò che ero, la
-vostra migliore amica. Dirvi ciò che provo in
-questo momento non mi sarebbe possibile. Ma immaginatelo,
-se lo potete, per non serbarmi rancore.
-Iddio vi benedica e vi ripaghi ciò che mi hanno
-dato il vostro affetto, la vostra fiducia, la vostra
-offerta! Da questa prova uscite forte, temprato
-ai dolori della vita. Più tardi, quando un amore
-più normale parlerà al vostro cuore, e vi guiderà
-verso una fanciulla degna di voi e che possa darvi
-la felicità nel modo in cui non è concesso a me
-di farlo; parlate di me a quella fanciulla, conducetemela,
-perchè io la baci in fronte e la benedica.
-<span class="pagenum" id="Page_333">[333]</span>
-Allora, Roberto, sarete contento, e io pure. Ora
-soffrite forse... e anch'io... sapete, soffro anch'io.
-Ma ho fatto così per il meglio, e perchè è impossibile,
-nevvero, è impossibile che sia altrimenti?...
-Andate da vostra madre, ditele che non ho fallito
-alla mia missione, che più di questo nè Dio, nè
-lei potevano chiedermi... E voi, Roberto, ancora,
-perdonatemi e siate felice.
-</p>
-
-<p class="indr">
-«<span class="smcap">Elisa.</span>»
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Questo fu tutto ciò che quella donna, (ch'era pure
-una donna d'ingegno), seppe trovare nella sua testa
-per scrivere a Roberto, per dirgli che non voleva
-esser sua. Così riescì quella povera cosa, urtata,
-fredda, contradditoria nella stessa sua intima disperazione.
-Forse saputa leggere, intuiva. Ma saper
-leggere una lettera tutta intera, colle parole scritte
-e colle altre, non è dato a tutti... È un'arte che s'impara
-tardi, quando si è già pagato lo scotto di parecchie
-altre ignoranze. E Roberto non aveva ancora
-aperta quella partita odiosa col destino, e lesse quella
-lettera, com'era scritta, soltanto. Provò due ferite:
-una, acuta di cuore; l'altra, acutissima, di amor
-proprio.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — stridette fra i denti. — Sono sempre
-stato un ragazzo per lei!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_334">[334]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Ella non lasciò le Celle. Fu malata per una quindicina
-di giorni. Li passò quasi sempre sola nella
-sua stanzetta claustrale. Dall'unica finestra godeva
-di una grande latitudine di libero orizzonte. Attorno
-alla finestra si diramava, salito all'alto dal terreno,
-un cespo di gelsomini in fiore. Quando c'era il vento
-(e soffiava di frequente lassù) era una danza sfrenata
-nei rami arcuati. Questa era la sua distrazione. Ne
-aveva un'altra, la posta, che lassù capitava una sola
-volta al giorno. Nei primi giorni specialmente, l'arrivo
-della posta aveva il privilegio di scuoterla da
-quella specie di assoluta noncuranza di tutto che
-pareva invaderla ed assopirla. Si alzava sul letto, o
-dalla poltrona, e, fra le sue mani smagrite, i giornali
-e le lettere scorrevano più volte, in fretta. Poi, rifattasi
-pallida e quieta, lasciava per un momento
-intatto ed ammonticchiato quel gran fascio di carte,
-che pure le recava ricordi di amici, di persone simpatiche,
-notizie del suo mondo, del mondo dell'arte,
-della scienza, di tutto ciò ch'era stato un tempo
-la sua vita.
-</p>
-
-<p>
-Solo qualche ora dopo, sotto l'impero di una suggestione
-precisa della sua volontà, si dava tutta
-quanta alla lettura di quei fogli. Ma, in capo a
-qualche tempo, l'opuscolo, il giornale scivolava dalle
-<span class="pagenum" id="Page_335">[335]</span>
-mani inerti, ed Elisa stava immobile collo sguardo
-distratto, fisso su quei rami esterni, che facevano
-alla finestra una cornice verde e danzavano in molle
-cadenza sulla solfa del vento.
-</p>
-
-<p>
-Anche quando incominciò a star meglio, si limitò
-per qualche tempo a far moto, sulla passeggiata
-delle suore. La prima volta che uscì spingendosi
-sino all'estremità del viale, tornò a casa sì pallida,
-sì spossata che la Ghita se ne impensierì e ne fece
-motto con Andrea.
-</p>
-
-<p>
-— Eh! — disse Andrea, — sicuro che non sta
-bene adesso, la Signora. È questa vita che non le
-conferisce. C'è l'aria troppo fine per lei.
-</p>
-
-<p>
-Ammiccò leggermente... con un non so che di malizioso,
-che fece rimaner perplessa la Ghita e le
-chiamò sulle labbra una interrogazione.
-</p>
-
-<p>
-— Volete dire... Andrea? Ovvero che abbia qualche
-dispiacere in cuor suo, eh?
-</p>
-
-<p>
-— Ma! — disse Andrea, filosoficamente.
-</p>
-
-<p>
-E non ci fu verso di cavargli altro!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Elisa cessò d'aspettare la posta. Cessò di fissare
-lo sguardo intento, dalla finestra, nella direzione del
-viale. Roberto non rispose. Roberto non venne a
-muoverle rimprovero, a lagnarsi di lei... Allora — ella
-disse risolutamente — sono libera.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_336">[336]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Certo, era libera. Libera e contenta di sè! Si
-sentiva attorno alla fronte un'aureola, quella d'una
-santa, fra le mani una palma, quella del martirio. Diceva
-a sè stessa di aver fatto il suo dovere, di aver agito
-bene, da signora, da donna onesta, da donna assennata.
-Aveva dato ragione al mondo, al buon senso,
-a zia Balbina, agli amici ragionevoli; aveva evitato
-due terribili cose, un intrigo ridicolo e un matrimonio
-che lo sarebbe stato del pari. Non aveva tradita la
-fiducia di Tecla, non aveva approfittato d'un momento
-di vertigine, di uno scaldamento di fantasia
-di un fanciullo per fabbricare egoisticamente, su
-quelle basi fittizie, un edificio di felicità... chimerica.
-</p>
-
-<p>
-Arrivata a questo <i>zenit</i> di congratulazione con sè
-stessa, Elisa non andava più in là. Il suo pensiero
-si fermava raccapricciando davanti all'immagine di
-quella felicità. Una spasmodica confusione si metteva
-nelle idee di quella donna, nel suo cuore, in tutta
-lei. Non era precisamente il rammarico del suo
-operato, bensì un lontano equivoco senso di disperazione
-incongrua, in contraddizione flagrante coi
-suoi mirallegro, era forse ciò che può provare un
-suicida che non è morto subito come credeva, ma
-sa che morrà tra breve, e ora non sa più se ha
-fatto bene o male a voler morire! Più volte disse a
-sè stessa: — Partirò.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_337">[337]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma dove andare? L'idea di veder gente le dava
-delle acute orripilazioni di nervi. E in quella solitudine,
-ove pure soffriva tanto, c'era il ricordo, era
-rimasto il luogo ove s'erano incontrati.
-</p>
-
-<p>
-Poteva vederlo ogni giorno quel luogo, se voleva.
-Era sempre là quello spazio erboso, una piccola
-spianata, come una sosta sul sentiero in discesa. Era
-là tuttora quel tronco d'albero a cui egli, pallido,
-s'era appoggiato. Vi si appoggiava ora, ella, pallida
-alla sua volta, cogli occhi socchiusi, colla bocca semi
-aperta. Là egli era apparso, era venuto a cercarla,
-a offrirle l'amore, la vita, l'avvenire. Là le sue braccia
-l'avevano stretta, là le loro labbra s'erano unite...
-Ah! il ricordo di quel bacio, di quella tempesta di
-baci! Le pareva di sentirli ancora, di dibattersi, di
-ricusarli... Ma essi non volevano andar via, tornavano
-irruenti, scottanti come uno sciame di farfalle
-di fuoco, ch'ella era impotente ad allontanare, che
-le gridavano: «Ma non vedi che sei tu che ci chiami,
-che ci vuoi, malgrado tuo; non lo comprendi che è
-la rivincita, che è ciò che doveva essere, ciò che
-non sapevi, ciò che ancora vorresti, ma che non
-<i>puoi più</i> ignorare?» E nella sua mente, nel suo
-spavento, nel suo sangue, l'eco di quei baci si ripercuoteva
-incessante sino a flagellarla nell'animo, nei
-sensi, sino a trarla di senno, sino a strapparle dalle
-labbra un grido in cui suonava, come un folle disperato
-richiamo, il nome di colui ch'ella aveva ricusato
-<span class="pagenum" id="Page_338">[338]</span>
-e respinto... il nome di Roberto. E finiva col
-fuggire, disperata ella stessa, da quel luogo.
-</p>
-
-<p>
-Ma per tornarci.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-A volte non era più <i>quella</i> sensazione. Era l'antica
-larva della tenerezza materna che tornava, il bisogno
-acuto di un essere da amare, da educare, da avviare
-al bene, il rammarico dell'opera, della missione incompiuta.
-Ora in una forma nuova, con una inattesa
-entità di strazio, la colpiva una nuova immagine
-della sua vita, vuota, arida, incompleta. Ella non era
-stata amante, non era stata madre. Era bensì stata
-sposa... ma come?... Un tempo ella aveva avuto una
-specie d'insano orgoglio di quella sua esistenza a
-parte, in cui l'elemento intellettuale predominava,
-imponendo il proprio giogo alla femminilità stessa di
-lei, costringendola a rinnegare sdegnosamente il resto
-e a ignorarlo. Così, in quella specie d'intangibile
-Dea, molti avevano scordato la donna. Ella stessa
-l'aveva scordata!
-</p>
-
-<p>
-Ed ecco ch'era venuto un uomo giovanissimo,
-senza esperienza, ignorante di una infinità di cose,
-nè più cattivo, nè migliore degli altri..., facile alle
-seduzioni, ma non corroso dallo scetticismo, indipendente
-dalle opinioni altrui, fedele a sè stesso e al
-suo desiderio, qualunque fosse. Era venuto fuor di
-<span class="pagenum" id="Page_339">[339]</span>
-tempo, fuor di proposito, ma senza cruccio alcuno
-di tempo o di proposito. Era bello, forte, sano di
-cuore, sventato..., irresistibilmente portato all'amore,
-creato per subire il fascino ed il giogo della donna.
-Aveva subìto quello di Elisa, quello che per l'appunto
-ella ignorava di avere... Coll'audacia e la serena
-imprudenza della sua età e dell'indole sua, egli
-aveva avuta un'accortezza, pur sì facile, ma che non
-avevano avuta gli altri: invece di studiare o di ammirare
-quella donna, l'aveva amata semplicemente,
-insegnandole così il vacuo errore di cui ella aveva
-finito coll'esser vittima, a spese di sè stessa.
-</p>
-
-<p>
-A un tratto e pur così tardi, all'undicesima ora
-dell'amore della donna, nella vita di Elisa aveva
-posto piede quel fanciullo, era andato diritto, coll'audacia
-dell'ignoranza, là dove i tesori di quel cuore
-giacevano inerti, inavvertiti. E nella Dea egli aveva
-semplicemente, ridendo, risvegliata la donna!
-</p>
-
-<p>
-Per compiere il sacrifizio del rifiuto, ella aveva
-tutto chiamato a raccolta; non solo il suo senno, ma
-anche il cuore. Era la gratitudine; era l'amore stesso
-che le avevan detto: «Non accettare.» Era anche
-una segreta viltà, il vago spavento di ciò che avrebbe
-potuto, dovuto forse soffrire più tardi... S'era immolata,
-perchè Roberto potesse esser felice con una
-sposa giovane, più bella, migliore di lei. Aveva sacrificato
-il suo amore, perchè il mondo non lo deridesse!
-Questo aveva fatto, in un parossismo di sgomento,
-<span class="pagenum" id="Page_340">[340]</span>
-coll'esaltazione, la cieca sete di martirio che
-sta talvolta in fondo al cuore della donna e che
-spesso e pur non sempre è la guida migliore del
-suo operato.
-</p>
-
-<p>
-L'aveva fatto... sta bene! Ma ora?
-</p>
-
-<p>
-Ora, soffriva. Sentiva <i>cosa</i> aveva fatto, sacrificandosi.
-Sentiva insultante, beffardo il dubbio della
-presa risoluzione, cominciava a temere che fossero
-intollerabili per lei, forse per entrambi, le conseguenze
-del sacrificio...
-</p>
-
-<p>
-Egli aveva letta integralmente la sua lettera, non
-le aveva risposto, non era venuto... Naturale: l'aveva
-obbedita. Ora era sola, come aveva voluto,
-senza di lui. Sola, di fronte ad un incomportabile
-senso della solitudine... Erano le lunghe ore vuote
-della giornata, quelle ancor più formidabili della
-notte, in cui non osava spegnere il lume per non
-guardare in volto l'indole indefinita dei suoi pensieri.
-Era la quiete morta della Villa, l'austero rimprovero
-che pareva rivolgerle l'ambiente, pieno un
-tempo di Dio, servo ora e come profanato dal culto
-terreno di un cuore immerso nella follìa, nella sconfitta
-vergognosa di un culto idolatra; e tanto... oh
-tanto umano!
-</p>
-
-<p>
-Fuori, l'aprile infuriava. Elisa non l'aveva mai
-vissuta così, la primavera! Le pareva una legge
-vivente d'amore universale, sorda a tutto ciò che
-non era sè stessa, una gran voce solenne che le
-<span class="pagenum" id="Page_341">[341]</span>
-dicesse crudelmente: E tu... cosa fai? perchè ti sei
-scordata di me?
-</p>
-
-<p>
-Elisa si inebbriava di lunghe contemplazioni tenere
-della campagna, aveva delle emozioni assurde,
-puerili, pei più piccoli particolari dell'esistenza animale
-e vegetativa. A tutte le effervescenze misteriose
-della natura ella prestava un'attenzione nuova, tutto
-le pareva una rivelazione, uno stato nuovo di sè
-stessa, quasi il repentino guarire d'una antica cecità,
-di una cecità di nascita. E in quella nuova
-partecipazione ad una luce ignota si univa una sensazione
-folle e pura, che tutto questo fosse semplicemente
-<i>lui</i>, e che ormai ella non potesse più in
-nessun modo vivere senza questo e senza di lui...
-</p>
-
-<p>
-La coglieva una perplessità piena di strane angoscie.
-Doveva pur confessarlo a sè stessa, che non
-era forte, come aveva creduto di poterlo essere.
-Aveva calcolato di più sull'orgoglio e sul buon senso.
-Ora: quegli alleati infedeli, non la spalleggiavano
-più. Di fronte alla logica stessa a cui aveva dovuto
-il coraggio della sua risoluzione, s'alzava sottile,
-plausibile un'altra logica, che insidiosamente voleva
-da lei un'adesione.
-</p>
-
-<p>
-E se, dopo tutto... si fosse ingannata?
-</p>
-
-<p>
-Se, invece d'essere eroica, fosse stata nulla più
-che fredda e codarda? S'egli soffrisse <i>così</i>... al par
-di lei?
-</p>
-
-<p>
-E allora ella perdette l'unica cosa che la sostenesse,
-la <i>fede</i> nel suo operato.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_342">[342]</span>
-</p>
-
-<p>
-Passò un mese così, di fronte a questo dubbio...
-V'erano dei giorni ch'ella passava aspettando Roberto,
-sentendo, che se fosse venuto ella gli avrebbe
-detto d'avere ingannato lui e sè stessa. Ma egli non
-venne, nè scrisse, ed ella ebbe dei momenti in cui
-chiese a sè stessa:
-</p>
-
-<p>
-— È così che s'impazzisce?
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Un giorno, respinta da Firenze, le pervenne una
-lettera di Tecla.
-</p>
-
-<p>
-La contessa Rescuati ignorava che Elisa fosse alle
-Celle. Le scriveva, dicendole di sentirsi assai poco
-bene, e rimproverandola pel suo lungo silenzio.
-</p>
-
-<p>
-Anche Roberto non le scriveva quasi mai. Tempo
-addietro, circa un mese fa, aveva accennato alla
-possibilità di far ritorno a casa. Poi non aveva più
-scritto che all'agente per chiedere una forte rimessa
-di denaro. Nient'altro.
-</p>
-
-<p>
-Nella lettera di Tecla era evidente un'angoscia di
-madre che non osava appalesarsi tutta. Nel cuore
-della Serramonti ebbe un'eco d'indefiniti sgomenti,
-quasi di un rimorso... Roberto voleva forse partire?...
-</p>
-
-<p>
-— Partire... Viaggiare... Perchè... Forse?...
-</p>
-
-<p>
-Ella non reggeva più all'urto contradditorio dei
-suoi pensieri.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-A un tratto, in quella notte d'anima, guizzò come
-un lampo di luce la possibilità d'un'ipotesi...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_343">[343]</span>
-</p>
-
-<p>
-Era la notte anche fuori, ma una notte divina,
-tra le ultime dell'aprile, immersa nel candore di un
-plenilunio tepente.
-</p>
-
-<p>
-Elisa stava sulla passeggiata delle monache.
-</p>
-
-<p>
-Attorno agli archi del porticato il gelsomino in
-fiore spiegava i suoi rami, i quali danzavano, cullandosi
-nella brezza.
-</p>
-
-<p>
-— Tanto, così non potrei vivere, — disse Elisa.
-Parlava ad alta voce, alla notte, come un'insensata.
-Attorno a lei l'erbette, mosse dal vento in un leggiero
-scompiglio, sussurravano urtandosi una contro
-l'altra: «Guarda lassù, come soffre... colei!» Dal
-seno bianco dei gelsomini si spiccò un olezzo. Le
-passò rasente, e le disse: «Va.»
-</p>
-
-<p>
-Dalla macchia vicina si levò, tremulo d'amore, un
-gorgheggio d'usignolo e disse parimenti: «Va.»
-</p>
-
-<p>
-Solo da lungi, dietro un colle, nero di cipressi e
-di abeti, un lungo, cupo strido d'assiolo echeggiò.
-Quello parve che dicesse: «Bada!»
-</p>
-
-<p>
-Ma Elisa non gli badò. Chinò il capo come se
-acconsentisse agli altri, alla maggioranza. La brezza
-notturna si quietò di repente, e qualcosa si quietò
-pure nello sfinito animo di lei. — Ha sofferto, — disse
-tra sè, ha sofferto tanto anche lei. Ha pure
-amato... Mi comprenderà!... Ed egli mi ama... E io...
-non posso più vivere così.
-</p>
-
-<p>
-Amen! disse la notte serena.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_344">[344]</span>
-</p>
-
-<h2>XVI.</h2>
-</div>
-
-<p>
-La contessa Rescuati era sola in uno dei meno
-vasti fra i tanti saloni del palazzo.
-</p>
-
-<p>
-Stava sdraiata su un lungo divano verde di foggia
-Impero. Nella penombra di un angolo, dietro a lei,
-biancheggiava confusamente un busto di marmo
-bianco, l'effigie del fu conte Rescuati. Di fronte, sulla
-lucentezza fredda della parete rossiccia a scagliola,
-spiccava in una greve cornice dorata un quadro,
-pregiato lavoro di Adeodato Malatesta. Il ritratto di
-Roberto a dieci anni, uno splendore di fanciullo
-baldanzoso, in sella, su un piccolo cavallino sardo.
-</p>
-
-<p>
-A destra della Contessa e a portata della sua
-mano, un tavolino di certosina recava gli oggetti
-che potessero presumibilmente abbisognarle: libri,
-l'occorrente per scrivere, lavori incominciati... fialette
-di medicinali e d'essenze. E al centro, presso
-una minuscola statuetta d'argento dell'Immacolata,
-rigirata fra grani di madreperla d'un rosario, stava
-ancora un ritratto di Roberto, una fotografia-gabinetto:
-la testa soltanto, idealmente bella sulle larghe
-<span class="pagenum" id="Page_345">[345]</span>
-spalle che andavano smarrite nella sfumatura delicata
-del lavoro.
-</p>
-
-<p>
-In quella sala, fra quel busto e quei due ritratti,
-Tecla scendeva ogni mattino, quando poteva alzarsi.
-Alle sei del pomeriggio, sorretta da due domestici,
-passava nella vicina sala da pranzo, e quivi finiva
-la sera nell'ossequiosa compagnia del cappellano, del
-suo uomo d'affari e di qualche parente o amico di
-casa. Tardava quanto poteva a coricarsi, soffrendo
-di crudeli insonnie, cagionate da un quasi perenne
-stato nevralgico. Incomodi di lunga data l'avevano
-quasi al tutto privata dell'uso delle gambe. Aveva
-la cappella in casa, e non usciva, che due o tre
-volte all'anno.
-</p>
-
-<p>
-Una vecchia zitellona povera, lontana parente della
-casa, aveva assunte presso di lei le funzioni di dama
-di compagnia. Ma la Contessa non era molto loquace,
-e il garrulo cinguettìo, l'ampia messe di pettegolezzi
-di Donna Marietta non erano fatti per distrarre i
-forzati ozi della sua benefattrice e patrona. La buona
-zitellona aveva imparato a passare molte ore con
-Tecla, pronta ai suoi cenni, ma in disparte, lavorando
-silenziosamente per conto proprio, rispettando i tentativi
-di riposo assoluto mercè i quali la Contessa
-tentava di conciliarsi almeno per qualche minuto il
-sonno che, nella notte, visitava sì scarsamente il suo
-capezzale.
-</p>
-
-<p>
-Nella piccola contrada fuori mano, ove s'ergeva,
-<span class="pagenum" id="Page_346">[346]</span>
-grandioso e tetro, nel suo carattere medioevale, il
-palazzo Rescuati, nulla accadeva di atto a turbare la
-quiete dei vasti appartamenti deserti. Da quel silenzio
-malinconico, necessariamente uggioso ad un
-giovane, la Contessa aveva voluto allontanare il suo
-figliuolo.
-</p>
-
-<p>
-L'aveva fatto, e non se ne pentiva. Ma ora egli
-da tempo non scriveva. Ella pensava: — Se ci fosse
-qualcosa, me ne scriverebbe Elisa.
-</p>
-
-<p>
-Ma anche Elisa da un mese non scriveva. E a
-Tecla venivano dei pensieri strani su sè stessa, sull'esito
-della sua malattia, mentre riposava in silenzio,
-inerte, sul divano verde, facendosi sempre più pallida,
-più stanca, nella sua gran casa, taciturna anch'essa,
-senza luce, senza sole, senza gioventù, senza
-bambini, senza Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Donna Marietta sollevò il capo dal suo lavoro, e
-diede un'occhiata alla signora. Vide che la Contessa
-teneva chiusi gli occhi e stava immobile.
-</p>
-
-<p>
-Allora la zitellona, con un piccolo sospiro di sollievo,
-si alzò, sgranchì la sua ossea personcina ritta
-e rigida come un paracqua, nella sua fodera di vestimenti
-semi monacali e chiotta chiotta, in punta
-di piedi, se la battè alla volta di recessi meno splendidi,
-ma dove almeno si potevan barattar parole
-colle cameriere o colla moglie dell'agente.
-</p>
-
-<p>
-Appena si sentì sola, Tecla aprì gli occhi con un
-pallido sorriso. Ah! gliel'aveva fatta a Donna Marietta!
-<span class="pagenum" id="Page_347">[347]</span>
-Ma tosto si distrasse dal pensiero di Donna
-Marietta. Coll'acuta percezione auditiva che è tutta
-propria degli ammalati, aveva udito, mentre era
-tuttora quasi impercettibile, uno strepito di passi che
-s'accostavano per la lunga fuga delle sale vicine.
-Riconobbe quello pesante e strascinato del suo vecchio
-servitore, ma non l'altro, un passo femminile
-leggero, ignoto, e che pure le andava suscitando una
-forte, crescente impressione. Il suo povero cuore
-prese a batterle forte in seno, come presago dell'alta
-angosciosa emozione che le strappò un grido, quando,
-apertosi l'uscio, udì annunziare e farsi avanti la contessa
-Serramonti.
-</p>
-
-<p>
-Non poteva alzarsi. Elisa le corse incontro colle
-braccia tese per abbracciarla. Ma nella mente di
-Tecla quell'arrivo improvviso parve talmente connettersi
-alle sue preoccupazioni di poc'anzi ch'ella
-ebbe un pensiero soltanto, un terrore, una domanda:
-</p>
-
-<p>
-— Roberto?
-</p>
-
-<p>
-— Sta bene, ti accerto — ripeteva Elisa, profondamente
-colpita da quell'angoscia, nonchè dal terribile
-deperimento di Tecla.
-</p>
-
-<p>
-— No, no — ripeteva Tecla ansante, ostinata nel
-suo spavento — cosa c'è?... cos'è accaduto? per
-pietà! dimmi.
-</p>
-
-<p>
-— Nulla, ti accerto, nulla — replicò Elisa. — Son
-io, soltanto io, che vengo a dirti...
-</p>
-
-<p>
-Cadde in ginocchio dinanzi alla madre di Roberto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_348">[348]</span>
-</p>
-
-<p>
-E sul seno palpitante di questa, in uno scoppio
-irrefrenabile di amore e di pianto, celò il volto. — Perdonami... — sussurrò.
-Questo è accaduto, ch'io
-l'amo!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-L'una di notte.
-</p>
-
-<p>
-Nel grande stanzone da letto, coi parati di damasco
-pallido, la luce velata della <i>veilleuse</i> diffonde
-una luce sbiadita, insufficiente a rompere una penombra
-piena della confusa parvenza dei mobili e
-delle cose. Sul tavolino da notte, accanto al letto in
-cui giace Tecla Rescuati, la fiamma di una candela
-accesa in una piccola bugia d'argento rischiara, in
-una breve zona di riflessi, due forme femminili, vicine,
-quasi abbracciate, nell'intenso assorbimento di
-colloquio. Tecla, col capo affondato fra i guanciali,
-coi grandi occhi spalancati ascolta ciò che Elisa Serramonti,
-seduta su una poltroncina bassa e col busto
-appoggiato alla sponda del letto, le viene narrando
-sommessamente, per non destar la cameriera nella
-camera attigua. Un lieve odor d'etere si esala nell'ambiente.
-Il palazzo dorme silenzioso, nella grande
-pace notturna.
-</p>
-
-<p>
-Ed Elisa narra, coll'irresistibile effusione di uno
-sfogo troppo a lungo represso, la strana storia del
-suo cuore. Cerca, nella tempesta appassionata dei
-suoi ricordi, di riannodare le sparse fila dei dettagli
-<span class="pagenum" id="Page_349">[349]</span>
-di quel sentimento ch'ella ha lasciato giungere, nella
-sua ibrida forma, sino all'intero dominio di sè stessa.
-Ma, ogni inganno è scomparso ora; è la donna che
-parla, la donna che ama, che spasima, che sente
-vano ogni sforzo per tollerare ciò che ella stessa
-ha compiuto, che rinnega il suo eroismo e si confessa
-vinta e trascinata dal suo amore verso le vie,
-gli scopi, l'essenza di ogni vero amore!
-</p>
-
-<p>
-Tutto disse a Tecla di quanto era accaduto, di
-quanto le aveva dimostrato e detto Roberto, di ciò
-ch'egli le aveva chiesto. La confessione fu completa,
-senza ambagi, e mentre Elisa andava così denunziando
-l'animo suo, sentiva ella stessa l'impressione
-di una rivelazione... la sorpresa di ravvisare in sè,
-di toccar con mano la propria attitudine a tutte le
-facoltà caratteristiche della passione. Ella tremava,
-nell'angoscia di quella confessione che atterriva il
-suo orgoglio; ma un'altra specie di orgoglio subentrava
-al primo, l'orgoglio di sentirsi finalmente, completamente
-donna.
-</p>
-
-<p>
-Uno splendore d'intima fiamma irradiava il suo
-volto; l'occhio era umido, sfavillante di luce e di
-passione. Tecla comprendeva, vedendola così, il pericolo
-a cui, senza saperlo, aveva esposto suo figlio.
-Ascoltava, pallida, attenta. E quando Elisa ebbe finita
-la sua confessione, si lasciò scivolare in ginocchio,
-e con una completa remissività, con un appello
-supremo alla giustizia ed al cuore della madre, sussurrò,
-stringendo violentemente le mani di lei:
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_350">[350]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Ora ti ho detto tutto... Tu sei sua madre. Decidi.
-</p>
-
-<p>
-Tecla si raccolse un istante; pensò... Forse chiese
-a Dio, anch'ella, una forza. Non era stato quello il
-suo sogno di madre... Forse ella sentiva confusamente
-quanto è temerario ogni tentativo di felicità. Ma
-Roberto amava quella donna. Tecla sapeva ciò che
-ella era stata, ciò che saprebbe esser ancora per
-lui! Pensò che non glielo avrebbe portato via, per
-quel poco tempo ch'ella aveva ancora da vivere! E
-l'antico eroico spruzzo di tenero romanticismo, ch'era
-sempre stato nel suo cuore, disse anch'esso la sua
-parola! Elisa attendeva, bella... oh inesprimibilmente
-bella della sua passione e della sua fiducia disperata...
-Tecla risolse.
-</p>
-
-<p>
-— Elisa — mormorò — non piangere... Io ti comprendo...
-in tutto... Sei stata sublime; di più non
-potevi fare!... E ora, poichè lo ami ancora, se egli
-t'ama sempre, prendilo il mio figliuolo... Io, sua madre,
-te lo do!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Dagli spiragli delle chiuse imposte trapelava ora
-uno scialbo biancheggiare del mattino; la candela era
-pressochè consumata e sulla faccia di Tecla stava il
-pallore delle notti più cattive. Ma ella in quel momento
-non avvertiva di soffrire. La intensa concitazione
-di Elisa era passata anche in lei. Tecla si eccitava
-<span class="pagenum" id="Page_351">[351]</span>
-febbrilmente nei sogni di un avvenire che,
-dopo tutto, le rendeva suo figlio.
-</p>
-
-<p>
-Era una conversazione rotta, confusa tra quelle due
-donne, soggiogate dallo stesso sentimento, ed entrambe
-così atte a subirne l'impero. Tecla comprendeva
-ora l'appassionata infatuazione di Elisa, come
-Elisa aveva alla sua volta compreso l'ardente, il cieco
-amore materno di Tecla. Parlavano a scatti, con
-un'assoluta sincerità, certe che, ora, non potrebbero
-fraintendersi in nulla.
-</p>
-
-<p>
-— Bada, soffrirai! — aveva detto Tecla ad Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Lo so, è inevitabile... Ma non importa. Era una
-viltà la mia... quella di non voler soffrire! Naturalmente,
-sarà questione di pochi anni... Ma avrò tanta
-cura, lo amerò tanto che, per qualche tempo, tutto
-sarà compensato... E poi... quando verrà il momento...
-oh... non lo tormenterò, sai... saprò soffrire, tacere
-quanto occorre. Alla peggio, morirò... Ma intanto...
-intanto!
-</p>
-
-<p>
-Il delirio della sua gioia era in quel momento portato
-all'estremo. Pareva il trionfo di una rivendicazione...
-pareva quasi un diritto. E Tecla si accendeva
-anch'ella all'ardore di quel cuore amante che aveva,
-finalmente, trovata la sua via.
-</p>
-
-<p>
-— Sì, sarete felici. Egli ti ama, tu sei degna del
-suo amore. Vedendoti, comprenderanno... E non me
-lo porterai via, nevvero, il mio figliuolo? Egli sarà
-felice qui con noi. Tu che sei forte, che hai il suo
-<span class="pagenum" id="Page_352">[352]</span>
-amore, saprai indirizzarlo al bene, ispirargli il desiderio
-di una vita attiva, giovevole, lo spingerai a
-delle belle, a delle nobili occupazioni. Lo conosco, è
-il mio figliuolo... Son io che l'ho avvezzato un po'
-male, che l'ho fatto un po' pigro, un po' imperioso.
-Ma in fondo, per chi ama, egli è capace di sacrifici,
-di sforzi! Ha bisogno di affetto, di un ambiente suo,
-casalingo... Verrete qui nevvero... vivrete con me?
-Qui, vedi, le illusioni si possono serbare più a lungo,
-sono meno osteggiate dal genere di vita, si rimane
-indietro in tante cose; anche col tempo... E lo terremo
-qui con noi... veglieremo noi!... E tu farai in
-modo ch'egli sia sempre... sempre contento, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, sì... — ripeteva Elisa con trasporto... — Non
-temere, farò tutto ciò che mi dirai... tutto ciò che
-sarà necessario perchè egli non si penta, perchè non
-rimpianga ciò che ha rinunciato per me. E così isolati,
-a furia d'amore, saremo felici a lungo... e Dio...
-forse mi perdonerà la mia audacia.
-</p>
-
-<p>
-Tacque, vinta dall'emozione, sorridente, estatica fra
-le lacrime... Poi quelle due donne, per un impulso
-simultaneo, irresistibile, si strinsero in un abbraccio
-appassionato nel pensiero, nell'amore, nell'avvenire
-di Roberto!...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_353">[353]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-— Apri le imposte — disse Tecla ad Elisa.
-</p>
-
-<p>
-Elisa obbedì e la luce del giorno fatto rischiarò il
-volto alterato di Tecla. Un periodo di reazione era
-già successo all'eccitamento di poc'anzi, non impunemente
-subito da quel fragile organismo.
-</p>
-
-<p>
-— Vuoi che chiami la cameriera? non ti senti bene,
-mi pare — chiese Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Oh no... non è nulla. È solo la mia solita crisi.
-Non suonare, aspetta, fra un momento... Voglio dirti
-ancora una cosa.... Che conti di fare?... Vuoi che
-gli scriva io?...
-</p>
-
-<p>
-Un lieve cenno di Elisa l'avvertì che quel mezzo
-non le pareva adatto.
-</p>
-
-<p>
-— Vuoi scrivergli tu?
-</p>
-
-<p>
-Elisa arrossì violentemente.
-</p>
-
-<p>
-— Oh no... no...
-</p>
-
-<p>
-— Allora?...
-</p>
-
-<p>
-— Vorrei — disse Elisa, turbata, con una sincerità
-di pudore che pareva metterle sulla fronte l'aureola
-d'una vergine — vorrei... che la cosa venisse
-da sè, naturalmente. Ecco... io tornerei ora a Firenze.
-Giusto, ai primi di maggio ci son le corse, è un ritrovo
-generale. C'incontriamo così come per caso e...
-allora... allora!
-</p>
-
-<p>
-Tecla non pareva al tutto persuasa di questo ritardo.
-<span class="pagenum" id="Page_354">[354]</span>
-Ma comprendeva che Elisa volesse, per un
-sentimento delicatissimo d'orgoglio e d'amore ad un
-tempo, scegliere un terreno neutro ed un'occasione
-fortuita per ricondurre Roberto al punto delicatissimo
-della ripresa degli antichi rapporti... Pure...
-tant'è!
-</p>
-
-<p>
-Ma non seppe, lì per lì, concretare precisamente
-le proprie obbiezioni. E sentiva una confusione, cagionata
-dall'imminente crisi nervosa, mettersi nei suoi
-pensieri e scompigliarli.
-</p>
-
-<p>
-— Fa come credi. Ma non perder tempo. Per tanti
-motivi. E ora, vuoi chiamare la donna? Non ti sgomentare,
-sai... È solo... solo...
-</p>
-
-<p>
-Cadde inerte sul guanciale. Era solo la sua crisi.
-Ma, forse a cagione delle emozioni testè subite, l'aveva
-colta con una violenza che poteva realmente
-parer minacciosa ad Elisa, ignara di quanto può tollerare
-talvolta un fisico di donna nervosa, apparentemente
-inetto ad ogni sforzo di resistenza. Ci furono
-dei momenti di parossismo, in cui Elisa, raccapricciata,
-potè credere che fosse per spezzarsi, da un
-momento all'altro, il tenue filo di quell'esistenza.
-</p>
-
-<p>
-Ma il filo non si spezzò, e otto giorni dopo quella
-notte, piena per entrambe di sì vive emozioni, Tecla
-ed Elisa si dicevano addio. Elisa partiva per Firenze
-per ritrovarvi Roberto, per dirgli che s'era ingannata,
-che lo amava e che sarebbe sua.
-</p>
-
-<p>
-Tecla rimaneva, aspettando.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_355">[355]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il medico aveva raccomandato di evitare a Tecla
-ogni forte impressione. L'addio fu dunque calmo.
-Solo all'ultimo momento, mentre Elisa si chinava per
-baciare l'amica coricata sul divano, questa si sollevò
-alquanto, e tracciò un piccolo segno di benedizione
-sulla fronte di Elisa. Ed Elisa ebbe un rapido ricordo
-di quella benedizione che aveva messa, lei, come
-una madre, sulla fronte di Roberto, quando egli doveva
-battersi con Carisi. Un lampo di terrore, il
-senso indefinito di un rischio, di un pericolo le attraversò
-l'anima, come un razzo che fende l'aria gioconda
-d'una notte di festa.
-</p>
-
-<p>
-Ma subito sorrise, libera da quel semi pensiero. Ah!...
-ma non eran passati due mesi!...
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_356">[356]</span>
-</p>
-
-<h2>XVII.</h2>
-</div>
-
-<p>
-Sulla piattaforma interna della stazione Elisa aspettava
-il diretto che, proveniente da Milano, doveva
-portarla a Firenze. Le pareva che non giungesse mai,
-benchè solo di tre minuti, quando giunse finalmente,
-fosse in ritardo dell'orario. Seguita da un domestico di
-Tecla, che l'aveva accompagnata alla stazione e recava
-il suo piccolo bagaglio, ella stava in attesa della
-discesa dei passeggieri dai carrozzoni di prima classe,
-sperando di scoprirne uno vuoto per compiervi sola,
-possibilmente, il suo viaggio, quando, dall'interno per
-l'appunto di uno dei carrozzoni, udì una esclamazione
-di grata sorpresa, e il suo nome pronunciato
-da una nota voce.
-</p>
-
-<p>
-Quasi in pari tempo, un viaggiatore balzò a terra.
-Era Marcello Plana.
-</p>
-
-<p>
-— Oh Contessa! che sorpresa, che piacere!
-</p>
-
-<p>
-— Andate a Firenze?
-</p>
-
-<p>
-— Certo. E voi?
-</p>
-
-<p>
-— Io pure. Volete salir qui?
-</p>
-
-<p>
-Senza rispondere, Elisa fece un cenno al domestico
-<span class="pagenum" id="Page_357">[357]</span>
-che depose la valigietta nel vagone. E dieci minuti
-dopo, Elisa e Don Marcello stavano seduti di fronte
-in quella carrozza, mentre il treno filava diritto verso
-Firenze. Erano soli, e Marcello guardava Elisa sorridendo,
-con quel suo inesorabile scrutinio dello
-sguardo.
-</p>
-
-<p>
-Elisa rideva, conscia, con dei rossori, cercando invano
-di negarsi a quella divinazione che la perseguitava.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, cos'è avvenuto? Perchè siete così bella?
-Cosa c'è nell'animo vostro per avervi fatti sì splendidi
-gli occhi?
-</p>
-
-<p>
-Questo dicevano i suoi, mentre la voce aveva accenti
-e parole quasi indifferenti. Sotto l'insistenza di
-quell'intima indagine ella sentiva ricercato l'animo
-suo; era un appello diretto, giustificato dall'antica
-confidenza reciproca, ma Elisa provava in quel momento
-una strana sensazione. Quella, cioè, che del
-suo amore fosse più facile il viverne che il parlarne.
-</p>
-
-<p>
-Per qualche tempo, seguitarono così, con un battibecco
-di sorrisi, di parole, in cui penetrava una
-sottile incertezza di frasi accuratamente scevre d'ogni
-possibile appiglio alla non voluta interpretazione...
-</p>
-
-<p>
-Poi, a un tratto Elisa bruciò le sue navi.
-</p>
-
-<p>
-— Non mi chiedete da dove vengo?
-</p>
-
-<p>
-— Lo vedo. Da ***, una bella cittadina, n'è vero?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, credo, non l'ho vista. Sono stata da...
-</p>
-
-<p>
-Si arrestò bruscamente. Marcello non sorrideva
-più. Sapeva.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_358">[358]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Siete stata da Tecla Rescuati, nevvero?
-</p>
-
-<p>
-— Sì.
-</p>
-
-<p>
-Un filo di voce, sottilissimo per dir quel piccolo
-sì.
-</p>
-
-<p>
-— Elisa, mia cara amica... voi avete un segreto!
-</p>
-
-<p>
-Ella chinò il capo e gli occhi, come avrebbe potuto
-farlo da fanciulla, a vent'anni. E non era un
-anacronismo, non una stonatura. E c'era pure in
-quel moto una gravità nobile e dolce di donna matura
-alla vita.
-</p>
-
-<p>
-Non si contraddicevano quelle due sfumature sì
-eloquenti d'espressione.
-</p>
-
-<p>
-— Non me lo volete dire?
-</p>
-
-<p>
-Attese un istante; poi proseguì, sommessamente,
-come un confessore:
-</p>
-
-<p>
-— Volete che ve lo dica io? non volete proprio
-dirmelo, che io aveva indovinato?
-</p>
-
-<p>
-— Indovinato?... Ebbene, sì, avete indovinato.
-</p>
-
-<p>
-Il treno entrava in una galleria. Nel buio di quel
-transito egli le chiese:
-</p>
-
-<p>
-— L'amate?
-</p>
-
-<p>
-— L'amo!
-</p>
-
-<p>
-Tacquero. Al primo chiarore, Elisa alzò gli occhi
-su di lui. Era, non era, una specie di immensa, di
-malinconica pietà? un'interrogazione indistinta, forse
-gratuitamente attribuitagli, ma il cui solo pensiero
-fe' salire alla fronte di lei una altera fiamma?
-</p>
-
-<p>
-— Lo sposo, — disse semplicemente, come una
-risposta.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_359">[359]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Certo, — assentì Marcello.
-</p>
-
-<p>
-E di nuovo, entrarono nel buio e nel silenzio delle
-viscere dell'Appennino.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Nel corso del viaggio, ella gli disse tutto. Da prima
-come a forza, per una violenza fattale dall'indole
-speciale e dal passato della loro amicizia. Poichè a
-lei pareva che le <i>sue</i> ragioni, le sue incongruenze,
-le sue successive disfatte, dovessero parergli qualcosa
-di grottescamente puerile, che dovevano tornare
-inconcepibili al suo senno pratico. Ma, al suono
-della voce concitata, tremante di Elisa, davanti a
-quel fiore d'anima amante che sbocciava trepido
-innanzi a lui, si risvegliava l'attenzione tenera dell'uomo
-a cui sono noti, e sa quanto sono rari a
-trovarsi, i genuini tesori del cuore. Ogni traccia di
-sollazzevole celia era scomparsa dalla sua fisonomia,
-fatta subitamente grave e dolce, come quella di un
-padre. Sotto l'impero di quel mutamento s'acquietava
-l'indistinto timore di Tecla, la sua idea che in lui si
-dovesse estrinsecare lo sprezzante giudizio dei tanti
-che avrebbero condannata la sua felicità avvenire.
-Ed egli l'udì senza interromperla, e quando ebbe finito,
-le disse solo quasi teneramente:
-</p>
-
-<p>
-— Comprendo.
-</p>
-
-<p>
-— L'avevate preveduto forse? — chiese Elisa, con
-un'inflessione di voce che implorava l'assenso.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_360">[360]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Presentito piuttosto. Sapete cosa mi ha fatto
-pensare al pericolo? L'assoluta vostra cecità nel volerlo
-ravvisare. Ma ciò poteva anche essere un elemento
-di salvezza per voi, perciò non volli precisare
-il mio consiglio. Più tardi, a misura che le vostre
-lettere si riempivano di lui, pensai che egli andava
-riempiendo il vostro cuore. Cessaste poscia, nelle vostre
-lettere, di parlarmi di lui. Vieppiù immaginai
-ciò che adesso mi è noto.
-</p>
-
-<p>
-— E — chiese Elisa con un piccolo riso nervoso — mi
-trovate una grande imprudente, un essere assurdo,
-illogico?
-</p>
-
-<p>
-— No, trovo anzi che tutto ciò, in un certo senso,
-è affatto logico. Non ve ne fo taccia alcuna. Avevate
-un immenso bisogno d'amore!... Dovete aver
-molto lottato, molto sofferto!
-</p>
-
-<p>
-— Molto — rispose semplicemente Elisa.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, Dio benedica la vostra risoluzione! A
-me non resta che un'attesa soltanto; ch'egli sia degno
-di tutto ciò.
-</p>
-
-<p>
-— Oh! — disse Elisa, — il mio Roberto!
-</p>
-
-<p>
-E tutta la squisita passione del suo cuore, la cieca
-tenerezza di tutto l'esser suo, vibrò come una nota
-di paradiso nell'intonazione molle, sussurrata di quella
-parola.
-</p>
-
-<p>
-Marcello la guardava, attento. Poichè di rado nella
-vita è concessa questa sublime cosa, di vedere in
-faccia l'amore, l'amore solo, unico supremo signore
-di un animo!
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_361">[361]</span>
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Davanti all'atrio della palazzina in via S. Gallo il
-<i>landau</i> nuovo della contessa Serramonti, coi due
-bellissimi <i>Mecklemburghesi</i>, stava in attesa della
-signora.
-</p>
-
-<p>
-Con grande meraviglia di Giacomo, il cocchiere,
-la Contessa aveva preso uno speciale interessamento
-ai dettagli ed all'assieme della delicata funzione dell'attacco.
-Ce n'era voluto, perchè si chiamasse soddisfatta.
-Del resto, avrebbe potuto benissimo risparmiarsi
-l'incomodo. Un cocchiere fiorentino e il giorno
-delle Corse! Quasi personale, la questione!
-</p>
-
-<p>
-Giacomo attendeva ora, e da un bel po', immobile
-nella maestà della sua classica posa di attesa. Un
-palafreniere stava ritto dinanzi ai cavalli, un po'
-snervati dall'indugio, e che protestavano a modo
-loro ora scalpicciando leggermente sul terreno, ora
-allungando il collo e stiracchiando i filetti. Pietro,
-il domestico, stava in piedi, pronto presso la portiera.
-In disparte, dietro una vicina macchia di oleandri,
-si dissimulavano le faccie curiose della moglie e
-della figlia del portinaio, mentre da una finestra a
-terreno si vedeva far cautamente capolino la berretta
-bianca e la faccia rubiconda del capo di cucina.
-</p>
-
-<p>
-Di solito, la Contessa, non fa aspettare la carrozza.
-Ma oggi! L'ha ordinata per le quattro, e sono quasi
-<span class="pagenum" id="Page_362">[362]</span>
-le cinque. Giacomo si rode un pochino in cuor suo.
-Ha paura di giunger tardi sul Prato, e che al suo
-equipaggio non tocchi un buon posto.
-</p>
-
-<p>
-A un tratto, si scuote, si erige sulla persona, stringe
-più saldamente le redini fra le mani. L'invetriata
-interna dell'atrio viene spalancata da Andrea, il
-quale si ritrae tosto per lasciar passare la Contessa.
-Elisa si trattiene un istante sulla soglia per dare
-qualche ordine al suo vecchio cameriere. Nel piccolo
-gruppo di quelli che attendono non si produce il
-minimo atto che si permetta una qualsiasi espressione.
-Ma i loro sguardi tradiscono una specie di abbagliamento.
-Ella lo avverte, lo constata, e un assurdo
-lampo di gioia attraversa il suo cuore di donna. È
-il primo effetto ch'ella fa. Ma dunque è bella... anche
-per loro! dunque ha raggiunto il suo scopo!...
-</p>
-
-<p>
-Lo ha raggiunto, perchè lo ha voluto, perchè, per
-raggiungerlo, ha riunite tutte le forze, perchè tutto
-ha contribuito docilmente a coadiuvarla. È bella in
-un modo nuovo, splendido, e pure indefinibile. La
-sua <i>toilette</i> è un'opera d'arte, creata col concetto
-del genere speciale, compromesso — non sempre
-facile a toccare — tra la <i>toilette</i> di giorno e quella
-di sera, quale il cielo e le consuetudini fiorentine
-permettono di sfoggiare alle Corse. Una raffinata
-poesia di tinte neutre, una squisita indecisione fra
-il colore della perla e quello del fior d'elitropio, su
-cui corre una trasparente sfumatura di trine. La sapiente
-<span class="pagenum" id="Page_363">[363]</span>
-maestria del taglio ha secondata amorosamente
-la grazia femminile ed eletta delle forme.
-</p>
-
-<p>
-In capo Elisa reca un piccolo diadema di tulle
-della stessa tinta dell'abito, una specie di corona aerea
-che non cela la tinta un po' varia della capigliatura,
-ma che neppure adombra la purezza raggiante della
-fronte, la gloriosa luminosità di due occhi beati.
-Ogni più minuto dettaglio di quell'acconciatura è un
-contributo sommesso, intonato alla perfetta armonia
-dell'assieme: da tutta quella delicata squisitezza di
-foggie, di tinte d'accessori si sprigiona una seduzione
-vaga, irresistibile, penetrante come l'olezzo strano
-d'un preziosissimo fiore di serra. Sul volto di Elisa
-sta una misteriosa poesia, una tenerezza ineffabile
-di emozione velata. Poche volte nella vita la donna
-ha titolo ad esercitare <i>quella</i> specie d'incanto; è
-solo quello dei grandi momenti, delle ore culminanti
-del suo destino. Per Elisa è una di quelle volte, per
-l'appunto! Entra in carrozza, si nicchia nel suo cantuccio
-in quella incosciente grazia di posa che le è
-tutta speciale. Andrea depone sui cuscini, di fronte
-a lei, un leggero <i>pardessus</i>, un piccolo panierino di
-paglia pieno di gallettine inglesi, di <i>langues de chat</i>,
-poi un grosso mazzo di vaniglia e di rose bianche.
-Il tempo non potrebbe essere più splendido, neppur
-esso, nè più complice di così. Elisa apre l'ombrellino
-grandissimo con un ampio <i>falbalà</i> di trine spioventi,
-e la testina s'incornicia adorabile sulla marcellina
-<span class="pagenum" id="Page_364">[364]</span>
-bianca dell'interno. Consegna al domestico il biglietto
-speciale per l'entrata al recinto; quello lo ripone,
-chiude la portiera, d'un balzo è a cassetta, accanto
-al cocchiere che attende il cenno della partenza...
-Elisa indugia per un attimo, per un secondo. Ma
-tosto si decide:
-</p>
-
-<p>
-— Avanti, — dice quietamente al cocchiere.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-Testè compiuta la terza corsa. S'è appena estinto,
-nell'immensa folla, il lungo mormorio di acclamazione
-al fantino vincitore. Un triplice rango di equipaggi
-signorili ingombra il lungo tratto di via, appiè dell'altissimo
-terrapieno che regge il viale maggiore
-delle Cascine. A sinistra dello sbocco, l'altura è orlata
-d'una bassa siepe, dietro la quale si pigia e si protende
-un'altra e fittissima siepe di spettatori, giudici
-di lassù, al fresco ed all'ombra, delle vicende e della
-vaghezza dello spettacolo sottostante. Un'altra ressa
-di spettatori pedestri si è fatta strada abbasso tra
-il formicolio dei legni fermi al loro posto, e fa ala
-lungo il lato destro di questi, costeggiando il cordone
-che segna il percorso dei fantini. In fondo, a capo
-di quell'interminabile assembramento di pedoni e di
-carrozze, sventolano le bandiere e gli addobbi degli
-<span class="pagenum" id="Page_365">[365]</span>
-steccati eretti per la circostanza, il palco reale, le
-tribune dei soci, delle signore, le scuderie e il locale
-del Jury. Di là vengono dati i segnali, là si pronunciano
-i verdetti, si registrano le scommesse e si concretano
-le più genuine emozioni del vero <i>sportman</i>.
-Colà si riuniscono attorno ai <i>drags</i>, ai <i>breacks</i> o ai
-<i>dogcarts</i>, dai quali sono stati staccati i cavalli, i
-membri più influenti della Società ippica. Quivi,
-all'alto di quei legni, che fanno pel momento ufficio
-di palchi, spiccano le più trionfanti bellezze del mondo
-fiorentino, le signore che più hanno o possono ostentare
-la passione dello <i>Sport</i>. Quivi s'accoglie il fior
-fiore della società mascolina, e, fra una corsa e l'altra,
-allegri pasti di sandwicks inaffiati di marsala o di
-<i>champagne</i> si consumano a ristoro delle lunghe
-attese e delle varie emozioni della giornata. Alla
-parte opposta, al centro del tracciato della pista,
-nereggiano, fatte piccine all'occhio dalla distanza, le
-carrozze escluse dal recinto privilegiato dei soci, ed
-un più scarso convenire di spettatori che non hanno
-temuto, per trovarsi colà ad agio, quietamente, di
-percorrere un lunghissimo tratto di via circolare.
-Lontano lontano, nello sfondo dell'immensa prateria,
-si disegna, vaporosa, la linea ondulata delle colline,
-e qualche grande fienile mette isolata la sua nota di
-fabbricato rustico. Verso la stazione, dei rombi, dei
-fischi, affievoliti dalla distanza, e qualche rapido trasvolar
-di treni stridenti sulle rotaie, accennano, quasi
-<span class="pagenum" id="Page_366">[366]</span>
-importuni, al fervere di un'altra vita. Poichè chi
-può pensare a lasciar Firenze quel giorno, a spiccarsi
-da quel luogo ove tanta e sì varia gente è felice di
-trovarsi, in un solo impulso di sfoggio di godimento
-comune del paro ai grandi e ai piccini, all'aristocrazia
-regnante, ai forestieri, alla folla minuta del popolino,
-ricco di un magnifico senso estetico di ammirazione,
-pago della sua gaiezza filosofica di apprezzamento
-spruzzato d'umorismo critico... la folla, che ancora
-s'inorgoglisce dello sfoggio dei <i>suoi</i> signori, che adora
-i cavalli, che si elettrizza per ogni corsa, anche se
-ridotta a due soli corsieri, appartenenti alla stessa
-scuderia?... E, sopra quello splendido spettacolo, azzurreggia
-uno splendido cielo: Maggio ride nell'aria.
-Le fioraie circolano costantemente sul luogo. Dall'interno
-delle carrozze, dagli occhielli de' soprabiti, una
-superba e delicata magnificenza di colori, un olezzo
-persistente ricordano il privilegio a cui deve il suo
-nome la città. Le Cascine verdeggiano immense, piene
-d'ombra. Su negli alberi, all'altezza dei nidi risuona,
-immemore del fruscio sottostante, una confusa dolcezza
-di gorgheggi e di pigolii; talvolta persino, in
-un momento d'attesa, quando la folla per meglio
-vedere sta immobile e frena le sonorità del suo alito,
-un lungo perlato a-solo di usignolo si fa audibile e
-si diffonde di lassù, chiaro, patetico, come nella mistica
-calma di una solitudine!
-</p>
-
-<p>
-Dall'alto del suo seggio, il cocchiere della contessa
-<span class="pagenum" id="Page_367">[367]</span>
-Serramonti scambiava, col domestico testè balzato a
-terra, degli sguardi di stizzosa costernazione. Poichè
-erano giunti assai in ritardo, e i posti migliori, quelli
-a fianco del cordone, erano occupati dalle carrozze
-più sollecite a giungere, ed egli aveva dovuto fermarsi,
-ignominiosamente, in terza fila. Ciò gli amareggiava
-la gioia del trionfo. Era stato veramente
-un trionfo il suo procedere al piccolo trotto dei
-<i>Mecklemburghesi</i> corvettanti, mentre il sobbalzo leggero
-delle molle imprimeva al <i>landau</i> una mossa
-squisita di lieve altalena. Aveva ben visto egli, sul
-suo passaggio, gli sguardi ammirativi degli intelligenti,
-dei camerati, di quelli che possono criticare! Oh potevano
-guardare per l'appunto... E anche la signora
-non guastava.
-</p>
-
-<p>
-No, Elisa non guastava. Nicchiata come la perla
-nell'astuccio, nell'eleganza inappuntabile del legno,
-consentendo la persona, con un'inconscia voluttà di
-abbandono, alla movenza morbidamente sussultante
-del carro, raccoglieva anch'ella sul suo passaggio la
-messe di un omaggio, che scendeva inesprimibilmente
-caro al nuovo orgoglio del suo cuore. Fra le molte
-conoscenze che, sorprese di vederla, così inattesa e
-così inattesamente bella, la salutavano ora, vivamente,
-come premurosi di ricordarsi a lei, fra i componenti
-di quei circoli che aveva sempre frequentati, ella
-passava quel giorno colla coscienza di una fiera battaglia
-combattuta e vinta, nell'audacia serena della
-<span class="pagenum" id="Page_368">[368]</span>
-sua ribellione. Rispondeva ai saluti colla grazia sorridente
-di una sovrana. Un po' pallida ora, ma di
-un pallore rosato, che pareva anch'esso una trasfigurazione.
-</p>
-
-<p>
-Ed ella si andava dicendo: — Ora, fra poco, da
-un momento all'altro.
-</p>
-
-<p>
-Quando aveva dato ordine al cocchiere di fermarsi,
-era perchè aveva visto Don Marcello Plana. Appena
-i loro sguardi s'incontrarono, egli venne a raggiungerla.
-Egli l'aspettava, da tempo e ansiosamente. Per
-un secondo, rimase immobile, muto, sotto l'impero
-di quel fascino a cui nessuno poteva sfuggire quel
-giorno.
-</p>
-
-<p>
-Elisa gli stese la mano; poi, colpita alla sua volta
-dall'espressione turbata del volto di lui, gli chiese
-affettuosamente:
-</p>
-
-<p>
-— Cosa avete?
-</p>
-
-<p>
-— Nulla... vi assicuro. Siete splendida. Usciste ieri?
-avete veduto gente?
-</p>
-
-<p>
-— No, sono stata in istretto incognito come una
-regina.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — fece Marcello, mordendosi le labbra.
-</p>
-
-<p>
-Parve prendere a un tratto una risoluzione, e si
-chinò per dir qualche cosa all'orecchio di Elisa; ma
-Elisa si volgeva in quel momento verso l'altra portiera,
-alla quale s'era testè accostato, raggiante della
-contentezza di rivederla, il vecchio duca di Sant'Eremo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_369">[369]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nè, da quel momento in poi, tornò possibile a Marcello
-intrattenere in disparte la contessa Serramonti.
-Attorno al <i>landau</i> si assiepò, rinnovandosi perennemente,
-una corte di amici e di conoscenti. Nelle
-carrozze vicine si ammirava, si invidiava quella signora
-tanto attorniata, a cui veniva offerto visibilmente
-l'omaggio che meritava la sua bellezza, l'incanto
-della sua figura, della sua conversazione. Poichè ella,
-conscia del suo potere, lo esercitava liberamente in
-quel giorno con un segreto, amoroso desiderio che
-anche l'amor proprio di Roberto fosse beato di ritrovarla
-così potente di attrattive e di fascino, prima
-ch'egli si sentisse dire da lei: Prendimi ora, sono
-tua!... E mentre rideva, scherzava, guardando, aspettando,
-il cuore precipitava le sue pulsazioni, e un
-piccolo spasimo faceva sussultanti le vene del suo
-collo nelle diramazioni dell'aorta.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Anche Pippo Gerri, nel corteo della Contessa.
-</p>
-
-<p>
-Un buon figliuolo davvero quel bolognese spensierato,
-allegro, e che invecchia invano; sempre giovane
-nei gusti e nelle manìe. Fanatico di <i>Sport</i>, ha
-speso in cavalli il fiore del suo patrimonio e dei suoi
-anni. Non gli rimane ora che una magrissima rendita,
-da cui ritrae a stento quanto può consacrare a
-dei platonici pellegrinaggi sportivi nelle città d'Italia
-<span class="pagenum" id="Page_370">[370]</span>
-dove hanno luogo le corse. Capita ogni anno a Firenze
-all'epoca consacrata, per una diecina di giorni,
-durante i quali rivive cogli amici fiorentini un po'
-della sua vecchia vita elegante e scapatina, e fa incetta
-di tutti i fatti del giorno, per recarli poi con
-sè, come un bottino, a conforto della sua morta vita
-di nobile spiantato e di <i>sportman</i> a piedi.
-</p>
-
-<p>
-Passando, ha trasecolato d'ammirazione davanti
-all'equipaggio della Contessa. Poi vedendo che anche
-ella è molto ammirata, si ricorda per l'appunto che
-da un anno all'altro ella è sempre stata gentile per
-lui e si reca immediatamente a farle omaggio. Ma
-non s'è trattenuto cinque minuti con lei che... drelin,
-drelin, ecco la campanella della quarta corsa, l'handicap!
-</p>
-
-<p>
-Ah cieli! come farà ora Pippo Gerri per vedere,
-per giudicare? Nella sua angoscia avverte che è
-vuoto il posto del domestico a cassetta. Con uno
-sguardo chiede il permesso; l'ottiene, s'arrampica,
-lesto, e su, brandisce la sua <i>patent lorgnette</i>, guarda,
-vede, è felice.
-</p>
-
-<p>
-Nell'eccitazione improvvisa del momento, il crocchio
-della Contessa si è sciolto attorno alla portiera;
-tutti si sono accostati al cordone. I fantini passano
-quasi paralleli nel corso frenato del primo giro, le
-teste si voltano, i busti si protendono nella loro direzione,
-si ode, nel gran silenzio generale, il passo dei
-cavalli sulla pista, simultaneo, rimbombante come il
-<span class="pagenum" id="Page_371">[371]</span>
-batter d'una piccola grandine, come un lungo fremito
-fischieggiante il fruscio dell'aria che gonfia le giubbe
-dei fantini. Tutti i canocchiali sono appuntati sovr'essi,
-li segue un lungo mormorìo della folla, le signore
-si alzano, stanno ritte in punta di piedi sui cuscini
-delle carrozze.
-</p>
-
-<p>
-Ma Elisa non volge neppure il capo, non guarda
-alla corsa. Non è una <i>sportwoman</i> in quel momento.
-Non le par vero di poter riposare un secondo. È
-sola. Plana è testè andato per suo incarico a salutare
-un'amica comune.
-</p>
-
-<p>
-Ad un tratto, con un violento sobbalzo del cuore,
-ella si china a destra sul passaggio di un giovane
-che cerca frettolosamente di farsi strada fra un legno
-e l'altro per recarsi verso gli steccati. Ma egli si
-ferma a un tratto. Elisa lo ha chiamato dolcemente
-per nome:
-</p>
-
-<p>
-— Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Egli pare colpito, come se avesse toccata una
-scossa elettrica. È lei, lei ch'egli credeva lontana,
-immemore di lui... Lei, quella che lo ha respinto,
-trattato come un fanciullo e che ora lo chiama così,
-con un cenno, con un sorriso.
-</p>
-
-<p>
-Si accosta alla portiera con un'esclamazione vaga,
-che gli muore in gola.
-</p>
-
-<p>
-Sono isolati, in quel momento, dallo spettacolo che
-avvince l'attenzione della folla. S'ode da lungi il galoppo
-precipitato dei fantini al secondo giro. Elisa
-<span class="pagenum" id="Page_372">[372]</span>
-sente che precipita la corsa, ormai sfrenata, del suo
-destino.
-</p>
-
-<p>
-Ancora si china, lo avvolge d'uno sguardo sublime,
-in cui ha messo tutto ciò che ha sofferto, tutto ciò
-che ha deciso, il suo amore, tutti i suoi amori per
-lui, la rinunzia, la piena offerta di sè stessa.
-</p>
-
-<p>
-— Venite stasera da me... Ho una cosa da dirvi.
-</p>
-
-<p>
-Roberto trasalisce, il suo volto s'imporpora, fa col
-capo un gesto vago, che può essere un cenno di
-adesione; nei suoi occhi si riflette un disperato smarrimento.
-</p>
-
-<p>
-È sempre bello come un Dio; ma quanto è smagrito!
-come son cerchiati, più di prima, i suoi occhi!
-Ah! grida il folle cuore di Elisa, ha sofferto dunque...
-anche lui!...
-</p>
-
-<p>
-Di nuovo i fantini passano nella foga delirante
-dell'ultimo sforzo. Passano come lampi, con un violento
-mulinello delle braccia che sferzano i cavalli,
-con un rauco gridìo di bestemmie, d'incitazioni e
-subito dopo, da lungi, il campanello proclama l'arrivo
-fra le acclamazioni della folla. Attorno al cordone
-cessa l'assiepamento, il crocchio della contessa Elisa
-si ricompone attorno a lei, il suo colloquio con Roberto
-è interrotto.
-</p>
-
-<p>
-Il giovane saluta i ritornati, cerca di prender parte
-ai commenti che s'incrociano vivaci sulla prova testè
-compiuta. Ma nella sua voce, nel suo sguardo c'è
-qualcosa che ispira ad Elisa un vago terrore, forse
-<span class="pagenum" id="Page_373">[373]</span>
-quello ch'egli possa tradire la propria intensa emozione.
-Non lo trattiene dunque quando egli in termini
-confusi, colla voce strozzata in gola, si congeda
-da lei.
-</p>
-
-<p>
-— A rivederci — dice Elisa. E gli porge una
-mano.
-</p>
-
-<p>
-Roberto esita un istante, poi prende quella mano,
-la stringe come se volesse spezzarla. Saluta profondamente
-e si allontana.
-</p>
-
-<p>
-S'è appena dilungato di pochi passi, quando Pippo
-Gerri, testè sceso dal suo pinnacolo, interrompe uno
-squarcio di eloquenza ippica per chiedere alla Contessa,
-col solito suo entusiasmo, chi sia quel bel giovane
-che è testè andato via.
-</p>
-
-<p>
-— Il conte Rescuati.
-</p>
-
-<p>
-Pippo Gerri si volta, per guardarlo ancora, quel
-bel giovane.
-</p>
-
-<p>
-— Ah! — esclama — è quello? Per Bacco! L'eroe
-del giorno, dunque? Eh, eh! non ha mica torto lei,
-quella signora. Pare impossibile! alla sua età! Saprà
-certo anche lei, Contessa.
-</p>
-
-<p>
-Ma la Contessa lo guarda attenta, calma, non sa...
-</p>
-
-<p>
-L'altro ride maliziosamente, ammiccando.
-</p>
-
-<p>
-— Povero Dino Follemare. È rimasto in Inghilterra.
-Ah! <i>les absents ont toujours tort</i>, nevvero? D'altronde
-doveva aspettarselo di essere <i>remplacé</i>. Era
-evidente, che da tempo la seccava. E ora, vedremo
-se questa sarà realmente l'ultima sorpresa della
-Duches...
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_374">[374]</span>
-</p>
-
-<p>
-Si arresta a un tratto confuso, rammentando che
-la Serramonti è una signora austera, d'idee arretrate,
-che non ama neppur l'odore degli scandali e dei
-fatterelli di quel genere. Infatti ella non sorride, non
-chiede nulla.
-</p>
-
-<p>
-Ride egli, come un monello colto in fallo e muta
-abilmente conversazione mentre pensa in cuor suo:
-</p>
-
-<p>
-— Peccato, quella bella donnina, così elegante!
-Ma non all'altezza dei tempi. Con lei è inutile aver
-dello spirito. <i>Che danee traa via!</i> direbbe Ferravilla.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Quando Marcello Plana fu di ritorno dalla visita
-fatta gli bastò uno sguardo per capire a un dipresso
-cosa fosse avvenuto. Il mutamento di Elisa non era
-ancora percettibile agli occhi d'altri. Ma egli lo
-avvertì.
-</p>
-
-<p>
-Alla prima occasione propizia, ella lo chiamò.
-</p>
-
-<p>
-— È vero? — gli chiese.
-</p>
-
-<p>
-— Corre voce. Forse calunnie, pettegolezzi.
-</p>
-
-<p>
-Ma Elisa lo fissò in volto. Poi disse sommessamente: — È
-la verità?
-</p>
-
-<p>
-Era la verità. — Ginevra aveva saputo cogliere
-il momento migliore, quello in cui l'amor proprio
-dell'uomo che credeva di esser trattato come un
-fanciullo aveva bisogno immediato di una vendetta,
-d'una rivincita... pur che fosse. Essa lo aveva preso
-<span class="pagenum" id="Page_375">[375]</span>
-là dove Elisa l'aveva lasciato. Ciò ch'era stato per
-la Serramonti un terrore, un ostacolo, il perchè della
-reazione, era stato per Ginevra semplicemente il...
-punto di partenza. Così l'aveva preso, così era diventato
-suo, così s'era fatto, come un tempo Dino
-Follemare, l'amico intimo di casa d'Accorsi.
-</p>
-
-<p>
-Della contessa Serramonti non si parlava più. Era
-stato un episodio freddo, scipito, senza conclusione.
-</p>
-
-<p>
-Parecchi invidiavano Roberto, altri ne ridevano.
-Ma tutto ciò era perfettamente accettato dalla società.
-</p>
-
-<p>
-Un'altra pausa, un'altra occasione, e Marcello
-chiese sommessamente ad Elisa:
-</p>
-
-<p>
-— Volete partire?
-</p>
-
-<p>
-— No... rimango.
-</p>
-
-<p>
-Ed egli non insistè. Comprendeva cosa reggeva
-quella donna nell'ora più crudele della sua vita.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Più tardi, Elisa chiese a sè stessa cosa fosse accaduto
-nell'animo suo, in quei momenti. Non seppe
-mai definirlo bene. Forse l'intensità stessa del colpo
-toccato le intorpidì il pensiero, la sensazione. La
-sovvenne forse un istinto cieco d'altera verecondia.
-</p>
-
-<p>
-No! nessuno doveva sapere. Perciò non svenne,
-non si tradì comechessia. Così potè superare la vetta
-del suo calvario, il momento, cioè, in cui la Duchessa,
-camminando a piedi, seguita da un corteo di giovani
-<span class="pagenum" id="Page_376">[376]</span>
-fra i quali era Roberto, ravvisandola a un tratto,
-venne festosamente a salutare quella cara contessa
-Serramonti.
-</p>
-
-<p>
-Stava ella ora alla portiera a cui s'era poc'anzi
-accostato Roberto, le due signore scambiavano parole
-cortesi e indifferenti. Elisa era bianca come il marmo
-di un mausoleo, ma in pieno e guardingo possesso
-di sè stessa.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa aveva sdegnato in quel giorno di
-vestirsi come il più delle signore. Portava il vero
-costume di corse, inglese, di una tinta oscura quasi
-monacale.
-</p>
-
-<p>
-Ma era d'una sfrontata audacia, il suo modo di
-portarlo, l'aderenza assoluta delle stoffe sulle forti
-anche, sul celebre busto marmoreo, sulla cui violenta
-bellezza il tempo non aveva avuto presa. La faccia
-sempre uguale, brutta, sciupata, formidabile a vedersi,
-e pure attirante come quella di una sfinge.
-</p>
-
-<p>
-Stavano di fronte, chiacchierando come due eccellenti
-amiche. La Duchessa sapeva tutto ciò che
-quella donna aveva sofferto. Ginevra aveva saputo
-strappare dalle labbra di quel fanciullo le malcaute
-parole di confidenza in cui ella aveva indovinato ciò
-che Roberto stesso non aveva saputo indovinare,
-l'amore immenso nel sacrificio, l'immolazione nella
-rinunzia di Elisa. Ma essa non aveva creduto di
-illuminarlo su quel proposito; l'aveva solo... consolato.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_377">[377]</span>
-</p>
-
-<p>
-Così Elisa aveva tutto perduto, la battaglia e lo
-scopo di essa, il frutto della prima lotta e il fiore
-della seconda. Ora non le restava che di stare in
-piedi, ritta sul campo, acciocchè non si sapesse perchè
-era tornata, <i>quali</i> ferite avesse toccate.
-</p>
-
-<p>
-La Duchessa, udendo di lei, e vistala così bella,
-aveva provato un vigliacco bisogno di stravincere.
-Per ciò solo era venuta a salutarla. Ma non era
-contenta, non stravinceva abbastanza. Un'irrisione
-crudele saettava dagli occhi di Ginevra, mentre ella
-andava accatastando lodi delicate della bellezza di
-Elisa, notizie della sbalorditoia felicità di Marina, relazioni
-di avvenimenti mondani, frizzi e commenti
-sulle corse, sul concorso della giornata. Ma l'acuto
-sottinteso dei suoi sguardi pareva spuntarsi davanti
-alla serenità invincibile di quelli di Elisa, davanti
-all'orgoglio di quella calma, che pareva risponderle
-soltanto: Ti comprendo, so chi sei.
-</p>
-
-<p>
-— Decisamente, — continuava Ginevra — ha
-avuto torto d'andar via, cara Contessa; il cielo l'ha
-punita della sua fuga.
-</p>
-
-<p>
-— Davvero, Duchessa? E come?
-</p>
-
-<p>
-— Oh! in tanti modi. Abbiamo avuto una Quaresima
-splendida. Mentre ella ci lasciava in abbandono,
-parlavamo sempre di lei, cogli amici comuni,
-vecchi e nuovi. Dio sa, quante volte si è sentita fischiare
-le orecchie! È stata in campagna, nevvero?
-Si vede, è fresca come una rosa. E ora si trattiene?
-<span class="pagenum" id="Page_378">[378]</span>
-Suppongo di no. Noi, in Svizzera, come il solito, coi
-nostri cavalli. Quest'anno abbiamo un rinforzo alla
-brigata, Roberto Rescuati colla sua quadriglia. L'ha
-veduta? Splendida, nevvero? Sarà piacevolissimo! A
-proposito, perchè non verrebbe anche lei?
-</p>
-
-<p>
-Senz'attender risposta e voltandosi, con un fare
-negligente e pur imperioso, chiamò forte: — Roberto.
-</p>
-
-<p>
-Il giovine ebbe un fremito, visibile. Ma lentamente,
-pallido, si accostò.
-</p>
-
-<p>
-Elisa lasciò cadere su di lui uno sguardo di immensa
-pietà.
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, — continuò la Duchessa, — cosa fate
-lì, come una marmotta? Venite ad ammirare la contessa
-Serramonti. Non è forse ammirabile? E voi,
-che foste sempre il suo beniamino, il suo protetto,
-fate una bella cosa, decidetela a venir con noi in
-Svizzera. Pensate che piacere farebbe a voi e a
-tutti quanti!
-</p>
-
-<p>
-La sua voce strideva ora, gettando, in tuono scherzoso
-e disinvolto, quest'ultimo sforzo d'ironico insulto.
-Elisa la lasciò dire. Poi rispose a tuono, semplicemente,
-scusandosi, come se l'avesse ricevuto
-sul serio, e in condizioni normali, di non poter accettare
-l'invito.
-</p>
-
-<p>
-E mentre così diceva, con una specie di calma
-quasi soprannaturale, il suo sguardo aveva ritrovata
-l'antica sfumatura di sprezzo quieto, triste, quasi
-involontario. E Ginevra fremeva, ritrovandolo in lei,
-<span class="pagenum" id="Page_379">[379]</span>
-intatto, malgrado l'amore, lo strazio, la disfatta!
-Poichè quello era il primato intangibile della donna
-pura e leale, il primato ch'ella serba eterno, dinanzi
-a quella che non lo è, qualunque sia la complicità,
-il favore, che la codardia dei tempi e la viltà degli
-uomini possano a questa prodigare!
-</p>
-
-<p>
-Ginevra ebbe una magnifica trovata di ultima parola,
-mentre si congedava dalla sua bellissima amica
-la contessa Serramonti. In realtà, quello sguardo di
-Elisa le aveva alquanto guastato il divertimento del
-trionfo. Ma a ciò non pensò Elisa. E quando la vide
-allontanarsi ridente, gaia, seguita da Roberto, non
-sentì più, ella, d'aver trionfato. Sentì solo che quella
-donna le aveva preso Roberto, che glielo aveva
-portato via definitivamente, per sempre...
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-Rimase sino alla fine delle corse.
-</p>
-
-<p>
-Marcello Plana le stette sempre accanto, e quando,
-compiuta anche la malinconica cerimonia della gara
-di consolazione, si produsse nell'agglomeramento degli
-equipaggi l'ondulamento diffuso che precede la partenza,
-Elisa invitò Plana con un cenno a salirle accanto.
-Ora, non era più costretta a parlare, e non
-diede neppure ordini al cocchiere.
-</p>
-
-<p>
-Ma Giacomo voleva rifarsi, voleva far vedere la
-sua pariglia in azione. Tenne dietro all'immensa
-sfilata degli attacchi che si mettevano pel viale delle
-Cascine. Poichè la folla si precipitava ancora colà,
-<span class="pagenum" id="Page_380">[380]</span>
-insaziabile di vedere. Per una tacita convenzione,
-tutti i cocchieri facevano assumere ai cavalli un
-moto più rapido, più brillante degli altri giorni; era
-ancora una festa e una gara. Gli innumerevoli legni
-passavano, s'incrociavano fragorosi per tutta la larghezza
-del viale coi loro carichi di servidorame in
-gran gala, di signore eleganti, briose, eccitate dalla
-coscienza dei propri trionfi. A quel nugolo di carrozze
-signorili s'era venuta ora accomunando la
-squadra leggera dei veicoli d'affitto, le carrozzelle
-intrepide, gli svelti baroccini, mettendo una nota
-ippica più democratica, più chiassona nell'assieme
-dell'accolta, e facendo anche, col contrasto, maggiormente
-spiccare lo sfarzo degli attacchi signorili, il
-valore ed il pregio dei cavalli fini. E in quel giorno,
-tra le famose pariglie sì care all'amor proprio dei
-Fiorentini, le sfarzose daumont e i molti tiri a quattro,
-condotti dai proprietari, primeggiava, segnalandosi
-tanto per l'assoluta perfezione dell'attacco quanto
-pel supremo <i>chic</i> di quanti lo occupavano, il magnifico
-<i>drag</i> di Roberto Rescuati. Lo guidava egli, e
-al suo fianco stava la duchessa Ginevra. Dietro,
-quasi subito dopo, veniva la splendida daumont di
-casa d'Accorsi, che aveva condotto Ginevra sul prato,
-e che occupavano, soli, il duca d'Accorsi e Neri
-Speroni. Roberto non parlava; stava accigliato, assorto,
-cogli guardi fissi sulle redini. Ginevra gli torreggiava
-accanto, ridente talvolta quando il <i>drag</i>
-<span class="pagenum" id="Page_381">[381]</span>
-s'incrociava con altri legni siffatti occupati da conoscenti
-ed amici, fingendo d'aver paura, di non fidarsi
-dell'automedonte novellino, parodiando dei piccoli
-segni di croce spaventati, che provocavano le più
-matte risate. E così ancora, più volte, nelle vicende
-della corsa rapidissima, Elisa vide passare dinanzi
-a sè il <i>drag</i> di Roberto, si vide guardata da Ginevra,
-così; dall'alto al basso. Ma non diede al cocchiere
-ordine di sorta.
-</p>
-
-<p>
-Finalmente, l'ombra si mise, umida, sotto la volta
-del densissimo verde, e l'immensa sfilata, decidendosi
-al ritorno, sboccò pel Lung'Arno, costringendosi nello
-spazio fra i due marciapiedi destinati ai pedoni e
-ancor tutti neri di folla. Le finestre eran tuttora
-gremite di gente; agli sbocchi delle vie, dietro le
-spallette dei ponti, si pigiava una moltitudine borghese
-infronzolita e una minutaglia clamorosa di
-popolino. Allo scalpitio ritmico dei cavalli pareva
-tener bordone lo scroscio perenne della pescaja
-d'Arno, una sola immensa forza di impulsione pareva
-trascinare come una valanga verso l'interno della
-città quella massa enorme di cavalli, di carrozze, di
-gente. Dietro di essa, in una nube di polviscoli dorati,
-che parevano a volte velarla d'una nebbia fosforescente,
-il sole l'accompagnava, seguendola con
-gli splendori di un lungo tramonto d'oro, accendendo
-da tergo, nei cristalli delle finestre e dei lampioni,
-nella lucentezza delle vernici, nei bottoni delle assise,
-<span class="pagenum" id="Page_382">[382]</span>
-negli ottoni e negli argenti delle bardature un'orgia,
-una confusione di riflessi abbaglianti, degli incendi
-di luci guizzanti, che davano agli occhi un senso di
-ebbrezza e di vertigine. Ed era uno spettacolo unico,
-eccitante, che pareva volere, glorificando così la sua
-fine, dare allo spettatore una matta violenza d'impressioni
-tumultuanti d'arte, di cielo, di sfarzo moderno,
-ippico, mondano, un'apoteosi insomma in pieno
-secolo decimonono, ma quale sola, esclusivamente,
-possono consentirla l'ambiente, le attitudini, i gusti,
-l'inesauribile incanto speciale della vita fiorentina!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Giunsero a casa.
-</p>
-
-<p>
-Marcello Plana offerse il braccio ad Elisa per salire
-la piccola gradinata dell'atrio. Sentì ch'ella si
-appoggiava a lui per non cadere. Aveva il passo
-fiacco, trascinato di una vecchia.
-</p>
-
-<p>
-— Posso venire a prendere vostre nuove, stasera?
-</p>
-
-<p>
-— Sì, certamente.
-</p>
-
-<p>
-E il timbro della voce era come spezzato.
-</p>
-
-<p>
-Egli le baciò la mano. Ma la sentì inerte, fredda
-sotto le sue labbra. E sul volto di lei la serenità
-voluta, ottenuta a furia di pudore e d'orgoglio, aveva
-dato luogo a un pallore, a un'alterazione che pareva
-aver subitamente disfatta la splendida e delicata
-visione di poc'anzi. E, mentre ella stava immobile
-sulla soglia, assorta nella subita visione di ciò che
-<span class="pagenum" id="Page_383">[383]</span>
-aveva avuto in cuore, lasciando quella casa, di ciò
-che aveva in cuore, tornandoci, egli ebbe l'impressione
-di qualcosa che somigliava allo spettacolo di
-una morte.
-</p>
-
-<p>
-Non fece parola, se ne andò.
-</p>
-
-<p>
-Quando venne, come aveva promesso, erano le
-dieci. Trovò la Contessa sola nel suo salottino. Non
-indossava più la <i>toilette</i> delle Corse, era vestita
-semplicemente d'un abito da casa. Sul tavolino di
-peluche stava la lucernetta di argento a strisce
-ondulate col grande paralume rosso, che, raccogliendo
-l'intensità dei raggi sugli oggetti immediatamente
-sottostanti, lasciava le cose e gli aspetti più lontani
-nella semi penombra rosata della sua trasparenza.
-Per un po', parlarono distrattamente di cose indifferenti
-alternando le pallide frasi svogliate a lunghi
-periodi di silenzio. Forse avrebbero continuato più
-a lungo così, se a caso i loro sguardi non si fossero
-incontrati su un piccolo mucchio di giornali e di
-lettere; il tributo, ancora intatto, della posta serale
-che giaceva sul tavolino al solito angolo. E quella
-piccola circostanza ebbe uno strano effetto. Tornò
-vivo, presente ad entrambi, il ricordo di ciò ch'era
-stato il principio di tutta quella strana, assurda
-storia, la sera in cui ella, tenendo in mano trionfalmente
-la lettera di Tecla, aveva esclamato ridendo:
-Ah!... il marito di Marina!
-</p>
-
-<p>
-Si guardarono, memori. E sotto l'urto di quel
-<span class="pagenum" id="Page_384">[384]</span>
-ricordo, dopo aver invano tentato di sorridere, di
-non parlare, ella ebbe irresistibile un'esplosione ch'egli,
-che pur non l'aveva sollecitata, non contradisse.
-Trovava anzi ch'era tempo. Lasciò ch'ella dicesse,
-confusamente dapprima, poi con incalzante intensità
-d'immagini, la intollerabile angoscia del suo cuore.
-</p>
-
-<p>
-Poichè ella si sentiva in tutto colpita, oltraggiata,
-crudelmente punita. Poichè, dinanzi a lei, stava inesorabile
-la condanna di tutto ciò che aveva fatto,
-sentito, sofferto, la derisione irrecusabile di tutte le
-incongruenze e gli anacronismi dell'animo suo. Punita
-nella sua illusione di maternità, nella sua risurrezione
-all'amore, nel suo martirio, nei suoi scrupoli,
-nella debolezza del cedere finalmente a sè stessa,
-punita in tutte le contradditorie sincerità del suo
-cuore. E mentre ella diceva tutto ciò, Marcello l'ascoltava
-in silenzio, senza che un lampo di scetticismo
-passasse nel suo pensiero. Ah! egli sapeva la vita,
-egli conosceva la donna, la vera donna, quella che
-si serba, malgrado tutto, malgrado l'aria, il tempo,
-l'arte, il sangue di oggidì, oltre il livello della femmina,
-in un mondo che il mondo deride, che non
-comprende, la donna che il mondo soffoca talvolta,
-pur deridendola, nelle spire del suo bugiardo convenzionalismo,
-ma che rimane pur sempre, vinta o
-vincitrice, applaudita o fischiata, la donna del vero,
-di tutto il vero, egualmente donna, egualmente grande
-nel sogno, nell'errore, nella gioia, nel sacrifizio dell'amore.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_385">[385]</span>
-</p>
-
-<p>
-Elisa difendeva Roberto:
-</p>
-
-<p>
-— No — ripeteva angosciosamente, — non è colpa
-sua. Quando si è giovani, si può ingannarsi. Perchè
-avrebbe dovuto indovinare? Io, allora, quando gli
-scrissi, ero sicura, non sapevo di mentire a lui e a
-me stessa. Veramente credevo... Perchè l'amavo,
-l'amavo!...
-</p>
-
-<p>
-— Egli non meritava quell'amore, — disse gravemente
-Marcello Plana. — Pensate a ciò; provatevi.
-</p>
-
-<p>
-Ella si provò a pensare a questo, ad evocare il
-suo orgoglio, a sentirlo straziato sotto il peso di
-quella tremenda mistificazione.
-</p>
-
-<p>
-Inabissò il volto fra le mani, e stette muta a lungo,
-con una piccola contrazione nervosa delle spalle.
-</p>
-
-<p>
-Ma poi sollevò un volto grave, sicuro, e disse
-quietamente:
-</p>
-
-<p>
-— Non posso, Marcello. Egli più volte è stato
-forte e buono!... Più volte ha avuto pietà di me!
-Mi ha amata, malgrado la mia età, come comportava
-la sua; mi ha offerto il suo cuore, la sua vita,
-il suo nome! La colpa è tutta mia. Io, dovevo sapere.
-</p>
-
-<p>
-Il suo dolore, s'era fatto grave, tenero, indulgente,
-parlando di lui. Una dolcezza misteriosa di lagrime
-illuminava il suo sguardo.
-</p>
-
-<p>
-— No, lui! — esclamò... non posso... — E se
-anche in questo frattempo, anche in sì breve tempo
-io avessi indovinata nel suo cuore una passione, una
-<span class="pagenum" id="Page_386">[386]</span>
-simpatia per una donna giovane o una fanciulla,
-oh avrei saputo comprendere, continuare in silenzio,
-felice del mio sacrificio, del mio segreto non tradito,
-il mio primo sogno, quello della madre. Ma lei!...
-Marcello, lei!!...
-</p>
-
-<p>
-Ebbe un piccolo grido acuto, di quelli che può
-strappare anche una sensazione incomportabile di
-dolore fisico. E le sue lagrime si asciugarono, come
-se, rapidamente, le fosse passato un tizzone acceso
-dinanzi agli occhi.
-</p>
-
-<p>
-— Pensate, ah! pensate, cosa essa farà di lui, del
-mio Roberto! come saprà spegnere in lui ogni nobile
-germe, ogni aspirazione anche inconscia verso
-il bene, con qual cura sopprimerà nel suo cuore
-tutto ciò che io avrei rispettato, onorato... fatto fiorire.
-Essa farà di lui ciò che ha fatto di Follemare,
-di Carisi, degli altri, corroderà il fiore della sua
-gioventù nei lacci di un adulterio vile, abile, sereno,
-senza pericoli, come li accetta il mondo, come li approva
-la società. E credete forse che l'ami? che,
-esaurito il suo capriccio brutale, egli rimanga qualcosa
-per lei?... E pensate!... è vecchia, più di me!
-E io, io...
-</p>
-
-<p>
-S'alzò, nel cieco parossismo del suo dolore, percuotendosi
-la fronte coi pugni chiusi.
-</p>
-
-<p>
-Marcello afferrò quelle povere mani insensate,
-e accostando a sè quel corpo, convulso, sbattente,
-le piantò in volto l'austera serenità di un rimprovero.
-<span class="pagenum" id="Page_387">[387]</span>
-E poichè conosceva Elisa, poichè sapeva a
-quale altezza di sensi era nata quell'anima, egli
-osò, in quel momento, rivolgerle una strana domanda:
-</p>
-
-<p>
-— Ebbene, Contessa, vorreste esser voi ora, al
-suo posto?
-</p>
-
-<p>
-Sotto quello sguardo, che voleva una risposta,
-si calmò ad un tratto quel folle impeto di rivale
-sconfitta. Due correnti si urtarono un istante violentemente
-in lei; la carne e lo spirito. Ci fu un
-secondo, un lampo di lotta.
-</p>
-
-<p>
-Poi, ergendo il capo, assurgendo lentamente, con
-tutto quanto l'esser suo:
-</p>
-
-<p>
-— No... — disse tranquillamente. — Meglio così!
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-Una cosa ancora accadde prima ch'ella si allontanasse
-di lì, e mentre Marcello, per sorreggerla, teneva
-ancora strette nelle sue quelle mani tremanti.
-Egli sentì ad un tratto che le unghie di quella donna
-si configgevano penetranti nelle sue palme. Sentì
-(era aperta la finestra che dava sul giardino) risuonare
-all'uscio del cancello una breve, quasi timida
-scampanellata.
-</p>
-
-<p>
-Il corpo di Elisa ebbe un sussulto, un violento
-impeto verso quella direzione. Ma, con un'altra,
-con una forza più forte, ella si trattenne e rimase
-<span class="pagenum" id="Page_388">[388]</span>
-nella stretta delle mani di Marcello. Egli pure la
-tratteneva. Stettero in silenzio, in attesa; ella colla
-bocca semi aperta, colle pupille dilatate.
-</p>
-
-<p>
-Si udì il tardo passo del portiere che andava ad
-aprire; ci fu un minuto di conferenza con un visitatore.
-Il portiere aveva ordini precisi: la signora,
-indisposta, non riceveva. Il visitatore non insistè.
-Si udì un passo giovanile che si allontanava, si udì
-il cigolìo del cancello che si richiudeva, il passo
-tardo del portiere che rincasava.
-</p>
-
-<p>
-Elisa non si era mossa. Solo, tre volte, con un
-crescendo sommesso, stridente, echeggiò nella sala
-un nome, un appello, un addio, disperato come quello
-di un'agonia:
-</p>
-
-<p>
-Roberto! Roberto! Roberto!
-</p>
-
-<p>
-Poi... più niente... — Finita, l'ultima primavera!
-</p>
-
-<p class="pad2 center large">
-<span class="smcap">Fine.</span>
-</p>
-
-<div class="tnote">
-<p class="tntitle">
-Nota del Trascrittore
-</p>
-
-<p>
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione
-minimi errori tipografici.
-</p>
-
-<p class="covernote">
-Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.
-</p>
-</div>
-
-
-
-
-
-
-
-
-<pre>
-
-
-
-
-
-End of the Project Gutenberg EBook of L'ultima primavera, by
-Ines Castellani Fantoni Benaglio
-
-*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK L'ULTIMA PRIMAVERA ***
-
-***** This file should be named 60905-h.htm or 60905-h.zip *****
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-
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-
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